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Regole del processo di esecuzione forzata, Appunti di Diritto Processuale Civile

Le regole e i procedimenti del processo di esecuzione forzata in materia di crediti e debiti. Il documento copre temi come la notifica del titolo esecutivo, il precetto, la distribuzione del denaro, la vendita dei beni e le opposizioni agli atti esecutivi. Il pm (procuratore della repubblica) e i soggetti coinvolti sono descritti, insieme alle caratteristiche strutturali comuni a ogni tipo di processo esecutivo.

Tipologia: Appunti

2010/2011

Caricato il 22/08/2011

edoardo81
edoardo81 🇮🇹

4.3

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Scarica Regole del processo di esecuzione forzata e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! PRINCIPI GENERALI 1. La giurisdizione La giurisdizione consiste nella potestà pubblica diretta a garantire la concreta applicazione delle norme; permette l’attuazione del diritto soggettivo che si fa valere (art. 24 Cost.). La giurisdizione si distingue in: • Ordinaria: attiene a tutte le materie che la legge non attribuisce alla giurisdizione speciale; • Speciale: è quella a cui sono demandate soltanto determinate materie espressamente indicate. (L’art. 102 Cost. vieta l’istituzione di essi, al fine di garantire l’unità della giurisdizione e per evitare che venga aggirato il principio del giudice naturale di cui all’art. 25 Cost.) Diverso è il discorso delle sezioni specializzate: queste sono inquadrate all’interno della giurisdizione ordinaria e si occupano di precise materie (es. sezione specializzata agraria; sezione specializzata in materia di proprietà industriale ed intellettuale). (limiti alla giurisdizione civile: vedi internazionale privato) In alcuni casi, l’ordinamento, per ragioni di economicità, affida alle parti la facoltà di decidere personalmente, o far decidere da terzi, le controversie sorte tra loro. Le figure di sostituzione della giurisdizione sono: • Transazione: è un contratto con il quale le parti, facendosi reciproche concessioni, si accordano per porre fine ad una lite già iniziata o per prevenire una lite che potrebbe insorgere; figure analoghe sono la rinuncia all’azione e il riconoscimento dell’azione, che si distinguono dalla transazione (negozio bilaterale) in quanto negozi unilaterali. La transazione, la rinuncia all’azione e il riconoscimento del debito sono sostitutivi della giurisdizione se intervengono prima che l’azione sia intrapresa o la causa instaurata; se intervengono lite pendente costituiscono cause di estinzione del processo. • Conciliazione: è l’accordo raggiungo fra le parti su loro libera iniziativa ovvero a mezzo di appositi organi o uffici pubblici (es. comm.prov.lavoro). Essa sostituisce la giurisdizione se interviene prima che la causa sia instaurata ed in luogo di essa, in sede non contenziosa. • Arbitrato: è il mezzo attraverso cui le parti affidano la decisione della controversia a soggetti terzi che non appartengono all’ordine giudiziario, sostituendo in tal modo il giudice civile ordinario. La decisione prende il nome di “lodo”, ha efficacia di sentenza e il suo deposito in cancelleria serve per farne dichiarare l’esecutività • Alternative Dispute Resolution: società specializzate nella risoluzione di controversie civile e commerciali in forma privata Si aggiunge che il d.lgs. n. 28/2010 ha introdotto norme in materia di mediazione in ambito civile e commerciale. L’ambito di applicazione è individuato nelle seguenti materie: • Condominio • Diritti reali • Divisioni e successioni ereditarie • Patti di famiglia • Comodato • Affitto d’azienda • Risarcimento danni derivanti da circolazione di veicolo e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità • Contratto assicurativi, bancari e finanziari pende la causa soltanto se non ritiene l’istanza manifestamente inammissibile o la contestazione della giurisdizione manifestamente infondata; è deciso dalla Cassazione con ordinanza. Si deve precisare che il regolamento di giurisdizione non è un mezzo di impugnazione, poiché non presuppone una pronuncia, neppure sulla giurisdizione, ma solo una contestazione della giurisdizione. L’ordinanza deve indicare quale sia il giudice ritenuto munito di giurisdizione; la riassunzione nel termine di tre mesi innanzi a detto giudice fa salvi gli effetti processuali e sostanziali: in mancanza di riassunzione, il processo si estingue impedendo qualunque conservazione. La pronuncia delle SS.UU è vincolante per ogni giudice e per le parte anche in altro processo. La giurisdizione civile può essere, inoltre: a) Giurisdizione di diritto: in ossequio al principio di cui all’art. 101 cost. secondo il quale il giudice è soggetto alla legge, la realizzazione degli interessi è operata dal giudice con l’applicazione delle norme giuridiche; b) Giurisdizione di equità: in alcuni casi, la legge autorizza il giudice a decidere utilizzando criteri di convenienza (o equità), consentendogli di ricercare la giustizia del caso concreto sulla base di criteri diversi da quelli normativi. Ciò avviene quando: • La legge gli attribuisce espressamente tale potere (v. art. 113 in materia di GdP) • La causa ha ad oggetto diritti disponibili delle parti e queste ne facciano concorde richiesta • Si verte in controversie di lavoro dove sia certo il diritto ma non l’ammontare dovuto Nb: le sentenza pronunciate secondo equità non sono appellabili; è ammesso solo il ricorso in cassazione per errores in procedendo c) Giurisdizione contenziosa: il giudice interviene per risolvere una controversia d) Giurisdizione volontaria: l’intervento del giudice è necessario per gestire e concludere un negozio (es. nomina dei rappresentanti di minori, interdetti, inabilitati); il provvedimento è revocabile mediante reclamo innanzi alla Cassazione e) Giurisdizione esecutiva: permette di realizzare coattivamente lo stesso risultato che si avrebbe avuto se il debitore avesse adempiuto spontaneamente. 2. La competenza La competenza è la misura della giurisdizione spettante a ciascun organo giudiziale. Rappresenta un requisito di procedibilità e si determina con riferimento alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della preposizione della domanda. (c.d. principio della perpetuatio iurisdictio). Il codice distingue tra tipi di competenza: • Per valore • Per materia • Per territorio • (dottrina prevede anche quella funzionale, facendo riferimento alle funzioni esercitate da ciascun organo giudiziario). Competenza per valore: è quella che si determina sulla base del valore economico della causa. L’art. 10 dispone che il valore della causa si determina, ai fini della competenza, dalla domanda. In caso di cumulo delle domande il codice distingue due ipotesi: • Cumulo oggettivo: più domande proposte nello stesso processo sono rivolte nei confronti della stessa persona. Il valore sarà dato dalla somma de domande • Cumulo soggettivo: più persone chiedono l’adempimento per quote di un’unica obbligazione. Il valore sarà dato dall’intera obbligazione. Per tutte le altre ipotesi di connessione, il legislatore detta il generale principio per il quale il giudice superiore è competente a conoscere la trattazione congiunta di procedimenti connessi. I limiti della competenza per valore sono i seguenti: - GdP: euro 5.000,00; euro 20.000,00 per le controversie in materia di risarcimento da circolazione; - Tribunale: competenza residua. Competenza per materia: si determina sulla base della natura del rapporto giuridico dedotti in giudizio. Il criterio della prevalenza prevale su quello del valore. GdP: • Apposizione di termini ed osservanza delle distanze • Misura e modalità d’uso dei servizi di condominio di case • Rapporti tra proprietario o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità • Altro (leggi speciali: es. interessi e accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali) Tribunale: • Competenza residuale • Competenza esclusiva in materia di: a) imposte e tasse; b) stato e capacità delle persone; c) querela di falso; d) esecuzione forzata; e) valore indeterminabile Competenza per territorio: si determina in base al rapporto tra territorio e giudice che ivi esercita la propria giurisdizione. E’ generalmente derogabile con convenzione scritta delle parti. Non è derogabile nei seguenti casi: • Esecuzione forzata e opposizione alla stessa; • Procedimenti cautelari e possessori; • Procedimenti in camera di consiglio; • Procedimenti in cui interviene il PM; L’incompetenza per materia, per valore e per territorio (deve essere indicato il giudice) deve essere eccepita, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta tempestivamente depositata; la stessa deve indicare anche il giudice ritenuto competente. La medesima incompetenza può essere rilevata dal giudice non oltre la prima udienza di comparizione e trattazione ex art. 183 c.p.c. Si ha regolamento di competenza in tutti i casi in cui sorga un conflitto fra due o più giudici in ordine alla competenza a trattare una determinata lite. Per legge, la giurisdizione e la competenza devono essere accertate dal giudice adito, il quale può giudicare sulla propria competenza e puà dunque dichiararsi incompetente o, ritenendosi competente, pronunciare sentenza in tal senso, ovvero pronunciare sul merito (e riconoscere la sua competenza). E’ possibile che sorga un conflitto di competenza (più giudice adottano lo stesso atteggiamento). Il conflitto può essere reale o virtuale (a seconda che siano già state emanate pronunce sulla competenza), oppure positive o negative (a seconda che i due giudici si siano ritenuti entrambi competenti o incompetenti). Il regolamento di competenza può essere proposto in due modi: • Su istanza di parte: può essere: a) necessario (entro 30 gg dalla comunicazione), qualora l’ordinanza non ha deciso il merito ma solo la competenza; b) facoltativo, qualora il provvedimento abbia deciso anche il merito (si dice facoltativo perché la contestazione può avvenire anche con i normali mezzi di impugnazione) • D’ufficio: presuppone un conflitto tra due o più giudici e si verifica qualora il primo si dichiari incompetente ed il secondo (ritenutosi ugualmente incompetente) deve chiedere d’ufficio il regolamento. La decisione su di esso è emessa dalla Corte di Cassazione, che decide con ordinanza in camera di consiglio. Si pronuncia la Cassazione con ordinanza nella quale è indicato il termine entro cui il processo va riassunto (in mancanza il termine è di tre mesi). 3. L’azione L’azione è il diritto di provocare l’esercizio della funzione giurisdizionale facente capo ad ogni singolo soggetto; si tratta di un vero e propria potestà in capo all’istante. Gli elementi dell’azione sono: • Le parti: attore e convenuto; • Causa petenti: il fatto giuridico sul quale l’attore fonda la domanda: • Il petitum: l’oggetto della domanda, che si divide in: petitum immediato (cioè il provvedimento che si chiede al giudice) e petitum mediato (cioè il bene o l’utilità che si intende ottenere attraverso il provvedimento). L’azione, per produrre tutti gli effetti che si propone, deve presentare determinati requisiti. Al riguardo occorre distinguere tra due categorie fondamentali: a) Presupposti processuali: sono quelli elementi che debbono sussistere prima della proposizione della domanda (es. competenza e legittimazione processuale) b) Condizioni dell’azione: costituiscono i requisiti di esistenza dell’azione che devono essere accertati prima di procedere all’esame del merito. Qualora, anche uno di essi dovessero mancare, si determina la carenza di azione, rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, anche d’ufficio. Le condizioni d’azione sono: • Interesse ad agire (art. 100), inteso come interesse alla tutela giurisdizionale che emerge dall’affermazione dei fatti lesivi o costitutivi del diritto; • Legittimazione ad agire: nel senso che vi deve esser coincidenza tra colui che ha proposto la domanda e colui che nella domanda stessa è affermato titolare del diritto; costituisce la titolarità del potere e del dovere di promuovere o di subire un giudizio in ordine al rapporto dedotti in causa (il difetto di legittimazione determina l’inammissibilità della domanda); • Esistenza del diritto: indica la necessità che la fattispecie dedotta in giudizio si trovi oggettivamente a coincidere con una fattispecie astrattamente prevista e tutelata da una norma di legge. In base alla diversa natura del provvedimento giurisdizionale richiesto, si distinguono: A) Azioni di cognizione: oggetto della cognizione è l’esame del merito della causa. Sono: • Azione di accertamento (tende ad ottenere una sentenza che accerti l’esistenza o meno di un rapporto giuridico incerto o controverso) • Azione di condanna (previo accertamento, tendono ad ottenere un comando del giudice rivolto al soccombente affinché esegua in favore dell’attore la prestazione dedotta in giudizio) • Azione costitutiva (tende all’emanazione di una sentenza che costituisca, modifichi o estingua un rapporto giuridico – es. azione di annullamento; azione di risoluzione) B) Azioni esecutive: sono dirette ad ottenere l’applicazione di misure o mezzi esecutivi diretti a soddisfare concretamente la pretesa dell’avente diritto, così da adeguare la situazione di fatto al comando giuridico contenuto nella sentenza. Presuppongono il possesso da parte del creditore di un titolo esecutivo, da cui risulta l’esistenza del diritto dell’attore. Si suddividono in tre specie: espropriazione, spossessamento e trasformazione. C) Azioni cautelari: hanno finalità sussidiaria ed accessoria, in quanto dirette ad assicurare e garantire l’efficace svolgimento e il proficuo risultato delle azioni di cognizione ed esecutive. Esse sono rivolte ad evitare che, prima o durante lo svolgimento del processo, i mezzi necessari per le prove o i beni vengano sottratti alla disponibilità della giustizia. Hanno carattere provvisorio e vengono meno una volta esaurita la loro funzione. Le condizioni per il loro esercizio sono: • la probabile esistenza del diritto di cui si chiede la tutela (fumus boni iuris) • il fondato timore che, mentre si attende la tutela, la situazione soggettiva su cui si fonda la richiesta di tutela cautelare sia irrimediabilmente compromessa (periculum in mora). Le principali misure cautelari sono: a) il sequestro giudiziario ed il sequestro conservativo; b) l’atp; c) i provvedimenti d’urgenza ex art. 700 cpc Il convenuto può: a) limitarsi a resistere alla domanda attorea; b) eccepire fatti che, senza modificare il tema decisionale fissato dalla domanda, hanno la capacità di estinguere, modificare o impedire l’efficacia dei fatti introdotti dall’attore (se detto fatto sono un termine non inferiore a 20 giorni e non superiore a 40 giorni dalla comunicazione per il deposito di memorie sulla questione rilevata d’ufficio. C) Corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato: (art. 112) il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa; e non può pronunciare d’ufficio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle parti (c.d. vizio di ultrapetizione) D) Obbligo di decidere secondo diritto: (art. 113) tale norma costituisce applicazione del principio di legalità. Gli artt. 113/2 e 114 permettono una deroga in quanto consentono un giudizio secondo equità (cause il cui valore non eccede € 1.100; richiesta delle parti in quanto diritti disponibili) E) Principio dispositivo: (art. 115) il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal PM. Al potere di porre la domanda si aggiunge l’onere di fornire la prova dei fatti che giustificano le ragioni della domanda nonché l’onere della prova dei fatti a fondamento delle eccezioni. La legge vieta (salvo rare eccezioni) di esperire indagini d’ufficio, sicché la raccolta del materiale probatorio è nella disponibilità delle parti. Inoltre, è previsto il dover porre a fondamento della decisione del giudice i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita. Invariata resta, invece, la possibilità per il giudice di porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza (c.d. fatti notori). F) Libera valutazione delle prove: (art. 116) il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti; vale a dire che il giudice trae le conclusioni da una massima di esperienza seguendo un criterio razionale, salvo che non si tratti, appunto, di prova legale. G) Onere della prova: (art. 2697 c.c.) chi vuol far valere un diritto in giudizio, deve provarne i fatti che ne costituiscono il fondamento. Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda. Ne consegue che: se l’attore non prova la sussistenza del suo diritto il giudice dovrà rigettare la domanda (indipendentemente dalle attività processuali del convenuto); se l’attore prova la sussistenza del suo diritto, sarà onere del convenuto provare i fatti in base ai quali eccepisce la domanda attorea) H) Giusto processo: (art. 111 cost) la norma prevede che la giurisdizione si attui mediante il giusto processo regolato dalla legge. Si tratta di una clausola generale destinata a funzionare come norma di apertura del sistema delle garanzie costituzionali della giurisdizione, in forza della quale è destinato a trovare ingresso all’interno del processo qualsiasi principio o potere processuale ritenuto necessario per un’effettiva e completa tutela delle ragioni delle parti. I corollari di questo principio sono: 1) il processo deve svolgersi nel pieno contraddittorio tra le parti; 2) le parti devono essere in condizioni di assoluta parità; 3) il giudice deve essere terzo ed imparziale; 4) il processo deve avere una durata ragionevole (pena il diritto ad un’equa riparazione); 5) tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati I) Garanzia del giudice naturale: (art. 25 cost) è naturale il giudice scelto in virtù di criteri preesistenti alla nascita del processo. Il principio è strettamente collegato a quello dell’art. 102 cost che impone il divieto di istituire giudici straordinari J) Difesa legale dei non abbienti: (art. 24 cost) è regola che trae fondamento dall’art. 24 cost. il quale dispone che sono assicurati ai non abbienti i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. Il dpr n. 115/2002ha dato attuazione al patrocinio a spese delle Stato nel processo civile. Prevede come condizione di reddito la soglia di € 10.628,16. I SOGGETTI 1. Gli organi giudiziari Il Giudice è l’organo investito del potere giurisdizionale. L’applicazione del principio di imparzialità è costituito da due istituti: l’astensione e la ricusazione. A) L’astensione del giudice: è un procedimento interno di carattere amministrativo, che riguarda il solo organo giudiziario, e non le parti in causa. L’art. 51 stabilisce che il giudice ha l’obbligo di astenersi nei seguenti casi tassativi (è facoltativa in caso di gravi ragioni di opportunità): • Se ha interesse nella causa o in altra vertente su identica questione di diritto; • Se egli stesso o il coniuge è parente fino al IV grado o è legato da vincoli di affiliazione o è convivente o commensale abituale di una delle parti o di alcuno dei difensori; • Se egli stesso o il coniuge ha causa pendente o grave inimicizia, o rapporti di credito o debito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori; • Se ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa o ha deposto in essa come testimone, oppure ne ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo o come arbitro o vi ha prestato assistenza come c.t.; • Se è tutore, curatore, procuratore, agente o datore di lavoro di una delle parti; se, inoltre, è amministratore o gerente di un ente, di un’associazione anche non riconosciuta, di un comitato, di una società o stabilimento che interesse nella causa • Ogni altro caso in cui esistono gravi ragioni di convenienza. B) La ricusazione del giudice: l’art. 52 dispone che solo nei casi in cui l’astensione è obbligatoria, ciascuna delle parti può proporre la ricusazione del giudice o di uno dei giudici componenti del collegio. La ricusazione si propone mediante ricorso contenente i motivi specifici e i mezzi di prova. Il procedimento viene sospeso. A decidere è il P.del Trib. se è ricusato il GdP; il collegio se è ricusato uno dei componenti del Tribunale. Il provvedimento non è impugnabile e le eventuali doglianze potranno trovare spazio nella sentenza che abbia deciso il merito. E’ possibile esercitare l’azione risarcitoria avverso la responsabilità civile dei giudici solo nelle ipotesi di dolo o colpa grave, o di diniego di giustizia. Costituiscono dolo o colpa grave la grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile, l’affermazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza è esclusa dagli atti del procedimento, l’emissione di un provvedimento concernente la libertà della persona fuori dei casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione. Ricorre il diniego di giustizia in caso di rifiuto, omissione o ritardo del magistrato nel compimento di atti del suo ufficio quando, trascorso il termine di legge per il compimento dell’atto, la parte ha presentato istanza per ottenere il provvedimento e sono decorsi inutilmente, senza giustificato motivo, trenta giorni dalla data di deposito in cancelleria. La parte ha una serie di oneri: • Iniziativa/domanda • Impulso processuale • Prova Per quanto concernano gli obblighi, essi consistono: • Comportarsi in giudizio con lealtà e probità • La parte soccombente è obbligata a rimborsare alla controparte tutte le spese da questa sostenute per agire o resistere in giudizio, compreso l’onorario spettante al difensore dell’altra parte o quello spettante ad eventuali ausiliari del giudice. Qualora vi sia soccombenza reciproca o concorrano altri giusti motivi, il giudice può compensare le spese. • Condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, qualora venga accertata una responsabilità aggravata ex art. 96 cpc Per poter assumere validamente la qualità di parte, il soggetto deve possedere la capacità di essere parte (v. capacità giuridica) e la capacità processuale (v. capacità di agire). Figura a sé stante è il sostituto processuale, ossia un soggetto che agisce nel processo in nome proprio, ma per un diritto altrui; egli, cioè, è parte, ma non è titolare del diritto fatto valere in giudizio. E’ possibile solo nei casi previsti dalla legge (es. azione surrogatoria). Il difensore è colui che sta in giudizio in luogo della parte, con la quale instaura un rapporto che rientra in quello del mandato con rappresentanza, per cui egli agisce nel nome e per conto di essa, ma è sulla parte che ricadono direttamente gli effetti dell’agire del difensore. La parte può stare in giudizio da sola solo in casi eccezionali: • GdP quando il valore non eccede € 516, 46 • Cause di lavoro e locative, se il valore non eccede € 129,11 Il difensore è nominato dalla parte attraverso la procura, che può essere generale o speciale. La procura deve essere conferita con atto pubblico ovvero con scrittura privata autentica. La procura speciale può essere apposta in calce o a margine dell’atto. In tali casi, l’autografia della sottoscrizione della parte deve essere certificata dal difensore. Si ha litisconsorzio quando nel processo vi è una pluralità di parti. La sua previsione è diretta applicazione del principio dell’economia dei giudizi e della non contraddittorietà dei giudizi. Il litisconsorzio, rispetto al rapporto che lega le parti tra loro, può essere: a) Necessario: quando la decisione non può essere pronunciata che in confronto di più parti, cioè quando il rapporto sostanziale che si fa valere è unico rispetto a più soggetti (in alcuni casi è la legge a stabilire la necessità del litisconsorzio – es. disconoscimento di paternità). Il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio in un termine perentorio da lui stabilito; se tale onere non viene adempiuto, il processo si estingue. b) Facoltativo: quando per ragioni di opportunità pratica più azioi vengono esercitate nello stesso processo (stesso titolo, oggetto, o la soluzione delle cause dipendono dalla soluzione di identiche questioni). Può venir meno per estromissione o per separazione delle cause. L’intervento si ha quando, in un processo già iniziato (fino alla precisazione delle conclusioni) subentra un soggetto estraneo, diverso dalle originarie parti; ciò in ragione del fatto che i terzi potrebbero trovarsi a subire indirettamente le conseguenze di quella data sentenza. L’intervento può essere di tre specie: a) Volontario: è l’intervento dovuto all’iniziativa spontanea del terzo. Può essere: • Principale: l’interveniente afferma un diritto proprio in contrasto sia con l’attore sia con il convenuto • Adesivo autonomo: l’interveniente, pur facendo valere un diritto autonomo, assume una posizione uguale o parallela a quelle di una delle parti; • Adesivo dipendente: l’interveniente, avendo interesse aalla vittoria di una delle parti in causa, e per non subire gli effetti riflessi di una sentenza sfavorevole, partecipa al giudizio per sostenere le ragioni di tale parte: per tale ragione, egli non può proporre impugnazione autonoma se la parte adiuvata vi abbia rinunciato; b) Su istanza di parte (106): ciascuna parte npuò chiamare nel processo un terzo al quale ritiene comune la causa o dal quale pretende essere garantito. La chiamata può essere: in senso proprio (perché si ritiene che il terzo abbia in comune la causa), o in garanzia (di modo che in caso di soccombenza, la parte possa esercitare nei suoi confronti azione di regresso) c) Per ordine del giudice (107): il giudice quando ritiene che il processo si debba svolgere anche nei confronti di un terzo, al quale la causa è comune, può disporre il suo intervento. L’ordine è diretto alla parte che, avendo interesse alla prosecuzione del processo, deve provvedere alla chiamata. Se la parte non ottempera all’ordine di chiamata nel termine assegnato dal giudice, la causa viene cancella dal ruolo. Durante lo svolgimento del processo possono intervenire vicende che portano al mutamento di una o più parti. I casi sono: a) Successione a titolo universale (art. 110): se una parte viene meno per morte o per altra causa, il successore a titolo universale subentra nel rapporto processuale. La successione è automatica solo nel processo esecutivo. In quello di cognizione, vi è l’interruzione. b) Successione a titolo particolare (art. 111) bisogna distinguere: • Se il trasferimento è per atto tra vivi, il processo prosegue tra le parti originarie e i suoi effetti si estendono anche al successore: • Se il trasferimento avviene mortis causa il processo è proseguito dal successore universale; tuttavia, il successore a titolo particolare può intervenire o essere chiamato. In ogni caso, la sentenza sarà efficace anche nei suoi confronti. dal giudice entro cui poteva essere utilmente realizzato. Quando la decadenza si verifica è irrevocabile, tranne la previsione della rimessione in termini concessa dal giudice. Gli atti del giudice prendono il nome di provvedimenti, e si distinguono in: sentenza, ordinanza, decreto. La legge stabilisce i modelli e gli schemi di provvedimenti e fissa i requisiti minimi necessari di contenuto e forma. Tutti i provvedimenti sono impugnabili con ricorso in Cassazione. La Sentenza: è un provvedimento decisorio che statuisce sul merito della causa e definisce, quindi, la controversia. Essa è pronunciata “in nome del popolo italiano” e deve contenere l’indicazione del giudice e delle parti, le conclusioni delle parti, la concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei motivi della decisione, il dispositivo, la data e la sottoscrizione del giudice. L’obbligo di motivazione viene assolto anche mediante il semplice richiamo a procedenti statuizioni relativi a casi analoghi. Le sentenze possono essere: a) di mero accertamento; b) di condanna; c) costitutiva, modificativa o estintiva di una situazione giuridica. Sotto altro profilo, si distingue: a) sentenza definitiva, che chiude il giudizio; b) sentenza non definitiva, che non chiude il giudizio perché il giudice decide il merito solo parzialmente o risolve una questione pregiudiziale o preliminare in un senso che consente la prosecuzione del processo (es. respinge l’eccezione di incompetenza, rigetta le eccezioni pregiudiziali o preliminari di merito, accerta l’esistenza generica di un diritto ad una prestazione e rimette la causa per l’accertamento del quantum, investito della decisione su più domande emette sentenze non definitive su alcune domande già maturate e quindi dispone con separata ordinanza, i provvedimenti istruttori che reputa necessari per le altre domande). L’ordinanza: è un provvedimento di natura prevalentemente ordinatoria che il giudice emana nel corso del procedimento per regolarne lo svolgimento e per risolvere le questioni che sorgono nel corso di esso (es. ammissione prove). Può essere emessa in udienza o fuori udienza (con comunicazione della cancelleria). Deve essere succintamente motivata ed è sempre revocabile e modificabile. Non sono modificabili le ordinanze pronunciate su accordo delle parti in materia della quale queste possono disporre, le ordinanze dichiarate espressamente non impugnabili dalla legge, le ordinanze per le quali la legge prevede uno specifico mezzo di reclamo. Il decreto: è un provvedimento che corrisponde ad una attività preparatoria del processo o di vari atti del processo (es. nomina del custode), utilizzato, di solito, senza il contraddittorio delle parti. E’ pronunciato d’ufficio o su ricorso; normalmente non è motivato, salvo i casi previsti dalla legge, ed, inoltre, non è revocabile, né impugnabile. Disciplina della notifica: Art. 137: procedimento generale L’ufficiale giudiziario, se non è altrimenti disposto, esegue le notifiche su istanza di parte, del PM e del cancelliere. Di regola, la notifica avviene mediante consegna di copia in mani del destinatario nella casa di abitazione o, se non è possibile, dovunque lo trovi nella circoscrizione cui è addetto. Se il destinatario rifiuta la copia, l’U.G. ne dà atto nella relata di notifica. Se la notifica non è fatta al destinatario, l’U.G. consegna o deposita copia dell’atto in busta sigillata priva di indicazioni da cui possa desumersi il contenuto dell’atto. Se non avviene in mani proprie, la notifica è fatta (art. 139): • nel comune di residenza cercando il destinatario • nella casa di abitazione • dove ha l’ufficio, l’azienda o il commercio Se il destinatario non è trovato in tali luoghi, l’U.G. consegna copia dell’atto: • a persona di famiglia • addetto alla casa, ufficio o azienda (purché non siano soggetti minori di anni 14 o palesemente incapaci) In mancanza , copia è data al portiere dello stabile o a vicino che lo accetti. (se il destinatario vive su nave mercantile, l’atto può consegnarsi al capitano o a chi ne fa le veci) Se è ignoto il comune di residenza, si notifica nel comune di dimora e, se anch’esso ignoto, in quello di domicilio. La notifica si ha per compiuta nel 20ç giorno successivo a quello di compimento di tali formalità. In caso di irreperibilità o rifiuto della copia (art. 140): l’ U.G. deposita la copia nella casa comunale del luogo di notifica; affigge avviso in busta sigillata alla porta di casa ufficio o azienda e ne dà comunicazione al destinatario con raccomandata a/R Notifica al domicilio eletto (art. 141): la notificazione a chi ha eletto domicilio presso una persona o un ufficio può farsi alla persona o al capo dell’ufficio. La consegna a mani di costoro equivale a consegna a mani del destinatario. Tale modalità non è utilizzabile se: richiesta dal domiciliatario, questi è morto o è trasferito, è cessato dall’ufficio Notifica a persona non residente, dimorata o domiciliata in Italia (e non sono applicabili il reg. CE n. 1393/2007 e le convenzioni in materia) (art. 142): l’atto è notificato con spedizione a mezzo raccomandata al destinatario, e consegna di altra copia al PM che ne cura la trasmissione al Ministero degli esteri per la consegna al destinatario In caso di residenza, domicilio o dimora sconosciuti (e assenza di procuratore ex art. 77) (art. 143): l’U.G. deposita copia dell’atto nel municipio dell’ultima residenza, o se sconosciuta, del luogo di nascita del destinatario, o se sconosciuto, esegue la notifica con consegna copia al PM. La notifica si ha per eseguita nel 20 giorno successivo a quello di compimento di tali formalità Notifica alle persone giuridiche (art. 145): la notifica si esegue nella loro sede con consegna dell’atto al rappresentante o ad altro incaricato o addetto o al portiere dello stabile. La notifica può effettuarsi al rappresentarsi in mani proprie, o nella sua residenza, dimora o domicilio eletto (se nell’atto ne risulti tale qualità e la residenza, domicilio e dimora abituale). La notifica alle società prive di responsabilità giuridica, alle associazioni non riconosciute o ai comitati si effettua nella loro sede o al loro rappresentante (se nell’atto ne risultino la qualità e la residenza, domicilio o dimora abituale). Notifica a mezzo del servizio postale (l.n. 890/1982): è possibile tutte le volte in cui non vi è espresso divieto di legge. L’U.G. scrive la relata di notifica sull’originale e sulla copia dell’atto, con • La nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa, o da chi ha rinunciato anche tacitamente a proporla. Tra le nullità assolute si deve tenere conto dell’art. 158 che riguarda la costituzione del giudice o l’intervento del PM: tale nullità è insanabile e sopravvive alla cosa giudicata. La nullità della sentenza, invece, può essere fatta nei limiti e nelle forme dei relativi mezzi di impugnazione (cd conversione delle nullità in motivi di impugnazione). In ogni caso, il giudicato sana la nullità. La nullità può essere assoluta (deve essere dichiarata dal giudice e può essere rilevata d’ufficio in qualunque grado e stato del giudizio) e relativa (non può essere rilevata d’ufficio, ma solo su istanza di parte e, in particolare, solo di quella parte che ha interesse alla pronuncia e non abbia dato causa alla nullità stessa e non vi abbia rinunciato. La nullità di un atto non importa quella degli atti precedenti, né di quelli successivi che ne sono indipendenti (c.d. limiti esterni della nullità). La nullità di una parte dell’atto non colpisce le altre parti che ne sono indipendenti (c.d. limiti interni della nullità). Se il vizio impedisce un determinato effetto, l’atto può tuttavia produrre gli altri effetti ai quali è idoneo. Pertanto, la nullità insanabile o non sanata colpirà solo gli atti successivi all’atto nullo e che, quindi, lo presuppongono. L’irregolarità: l’atto presenta un difetto che non dà luogo a nullità, privo di sanzione, e sempre sanabile. Ai sensi dell’art. 162, il giudice che pronuncia la nullità deve disporre, se possibile, la rinnovazione degli atti ai quali la nullità si estende, tranne si versi nell’ipotesi di decadenza del soggetto dal potere di compiere l’atto. La decadenza è una causa particolare d’invalidità dell’atto processuale, che si verifica nelle ipotesi di inosservanza di termini perentori. Infatti, l’atto compiuto dopo la scadenza di un termine perentorio è inefficace, essendosi estinto per decadenza il diritto a compierlo. L’invalidità è assoluta ed insanabile, salvi i casi eccezionali in cui è ammessa una rimessione in termini. IL PROCESSO DI COGNIZIONE 1 – 2. IL PROCEDIMENTO INNANZI AL TRIBUNALE E L’INTRODUZIONE DELLA CAUSA Il processo di cognizione consta di quell’attività con cui si accertano le condizioni ed i presupposti di diritto e di fatto per pervenire all’accoglimento o al rigetto della domanda. Si distinguono tre fasi: • Preparatoria / introduttiva • Istruttoria: divisa in trattazione e istruzione probatoria (eventuale) • Decisoria Il processo ha inizio con la proposizione della domanda giudiziale, la quale ha realizza un duplice funzione: la vocatio in ius (chiamata in giudizio del convenuto) e l’editio actionis (domanda al giudice e conseguente determinazione dell’oggetto( La domanda giudiziale si propone mediante l’atto di citazione che, ai sensi dell’art. 163, deve contenere: • Indicazione ufficio giudiziario • Estremi anagrafici del convenuto • Oggetto della domanda (petitum) • Esposizione dei fatti e degli elementi di diritto che costituiscono le ragioni della domanda (causa petendi), nonché l’indicazione esatta del provvedimento che si vuole ottenere (c.d. petitum immediato, rispetto al bene da tutelare, che è il petitum mediato) • Indicazione dei mezzi di prova e dei documenti di cui l’attore intende valersi • Nome e cognome del procuratore dell’attore e l’indicazione della procura • L’invito al convenuto di costituirsi in giudizio e di comparire all’udienza fissata • Firma sottoscritta del procuratore (o della parte se può stare in giudizio da sé) • Invito rivolto al convenuto a costituirsi nel termine di 20 giorni prima dell’udienza di comparizione, con l’espressa avvertenza che la mancata costituzione nei termini implica le decadenze di cui all’art. 167, nonché l’impossibilità di contestare la competenza del giudice adito ai sensi dell’art. 38. Con la notifica della citazione si crea il contraddittorio, ovvero si verifica la cd litispendenza. Se la notifica incorre in qualche nullità, queste sono sanate se il convenuto si costituisce ugualmente. Se, invece, il convenuto non si costituisce ed il giudice rileva la nullità della notifica dell’atto di citazione deve essere disposta la rinotifica di quest’ultimo. Con la litispendenza si genera il rapporto processuale, da cui scaturiscono effetti processuali (la litispendenza e cristallizza l’oggetto della domanda) e sostanziali (interruzione della prescrizione, impedisce la decadenza, costituisce in mora il debitore senza termine). I termini per comparire sono fissati in 90 (se il convenuto è residente in Italia) 150 (se il convenuto è residente all’estero). In caso di urgenza il Presidente del Tribunale può disporre l’abbreviazione dei termini fino alla metà. Ai sensi dell’art. 164 la citazione è nulla quando: • Vi è omissione p incertezza assoluta sulla indicazione del giudice, sulla individuazione delle parti o sull’oggetto della domanda • È assegnato al convenuto un termine di comparizione inferiore a quello stabilito dalla legge • È stata omessa l’indicazione della data dell’udienza • È estato omesso l’avvertimento al convenuto delle decadenze determinate dalla costituzione oltre i termini • Manca l’esposizione dei fatti a fondamento della domanda e manca la determinazione della cosa oggetto della domanda È quella fase del procedimento finalizzata alla raccolta degli elementi di giudizio che consentono la decisione. Si compone di due fasi: a) Trattazione della causa: nella quale è possibile distinguere un momento preparatorio, in cui il G.I. verifica la regolare costituzione delle parti, e la trattazione vera e propria, in cui le parti svolgono e precisano le rispettive domande ed eccezioni b) Istruzione probatoria: nella quale vengono raccolte le prove necessarie alla decisione 4. LA TRATTAZIONE DELLA CAUSA Abbraccia un lasso di tempo che va dalla prima udienza fino al momento in cui la causa è rimessa per la decisione All’udienza fissata per la comparizione e la trattazione il G.I. verifica d’ufficio la regolarità del contraddittorio e, se occorre: • Ordina l’integrazione in caso di litisconsorzio necessario • Ordina la rinnovazione della citazione nulla • Ordina l’integrazione della riconvenzionale nulla • Ordina la rinnovazione della notifica nulla • Fisa una nuova udienza a seguito di chiamata di terzi da parte del convenuto • Ordina l’integrazione di atti e documenti difettosi e, se rileva difetti di rappresentanza, autorizzazione o vizi della procura alle liti, fissa un termine per gli adempimenti previsti Solo su richiesta congiunta, convoca le parti per l’interrogatorio libero e il tentativo di conciliazione e fissa all’uopo udienza successiva. In ogni caso richiede alle parti, sulla base delle allegazioni, i chiarimenti necessari ed indica le questioni rilevabili d’ufficio che intende trattare. L’attore può proporre le domande ed eccezioni conseguenza della riconvenzionale e delle eccezioni del convenuto e chiamare terzi in seguito alle difese del convenuto. Entrambe le parti possono precisare e modificare le domande, eccezioni e conclusioni già formulate. Se richiesto, il giudice fissa: • un termine perentorio massimo di 30 giorni per memorie recanti precisazione e modificazione di domande, eccezioni e conclusioni • ulteriori termine non superiore a 30 giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove o modificate; per eccezioni conseguenziali; per mezzi di prova • un ulteriore termine di 20 giorni per prova contraria Il giudice provvede fissando l’udienza di assunzione dei mezzi di prova. Se sono disposti d’ufficio mezzi di prova, ciascuna parte può dedurre, in un termine perentorio, i mezzi di prova necessari e presentare memorie di replica in ulteriori termini perentori Art. 184: udienza di assunzione di mezzi di prova: all’udienza fissata con l’ordinanza che ammette i mezzi di prova, il G.I. assume i mezzi ammessi. Provvedimenti anticipatori di condanna: funzione essenziale è quella di soddisfare esigenze immediate di tutela scoraggiando la prosecuzione di giudizi dettati da finalità dilatorie. A) Ordinanza per il pagamento di somme non contestate Su istanza di parte, il G.I. può disporre, prima della PC, il pagamento delle somme non contestate dalle parti in causa. L’ordinanza è revocabile, modificabile e costituisce titolo esecutivo anche in caso di estinzione del processo. B) Ingiunzione di pagamento o di consegna Il G.I. può adottare ordinanza-ingiunzione di pagamento o di consegna se vi sia istanza di parte, prima della PC e se l’istante è creditore di una somma liquida di denaro, oppure di quantità di cose fungibili, o ha diritto alla consegna di cosa mobile determinata; se il diritto dipende da una condizione o da una controprestazione, deve fornire elementi atti a far presumere l’avveramento della condizione o l’adempimento della controprestazione e fornisce del diritto prova scritta (v. quelli del D.I.). L’ordinanza deve contenere la liquidazione delle spese e delle competenze e l’ingiunzione al relativo pagamento; deve essere notificata all’ingiunto contumace entro 60 gg a pena di inefficacia e diviene esecutiva se questi non si costituisce entro 20 gg dalla notifica. L’ordinanza può essere dichiarata provvisoriamente esecutiva per gli stessi motivi del D.I. con l’aggiunta del mancato disconoscimento della scrittura privata o mancata proposizione della querela di falso. L’ordinanza è revocabile e modificabile sia con successiva ordinanza, sia con la sentenza che definisce il giudizio; sopravvive all’estinzione del processo, acquistando efficacia esecutiva. In tutti i casi in cui sia dichiarata esecutiva, è titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. C) Ordinanza post-istruttoria anticipatoria di condanna. Il G.I. può pronunciare ordinanza anticipatoria di condanna se: • Vi sia istanza della parte che nel giudizio ha già proposto domanda di condanna al pagamento di somme o condanna alla consegna o al rilascio di beni; • Sia già esaurita l’istruzione o perché già espletati i mezzi di prova, o perché la causa è già matura per la decisione senza attività istruttoria Il G.I. emette ordinanza la quale è titolo esecutivo ed è revocabile con la sentenza che definisce il giudizio. Inoltre, acquista efficacia di sentenza impugnabile sull’oggetto dell’istanza se il processo si estingue, o se la parte intimata non manifesta entro 30 gg dalla pronuncia la volontà che sia pronunciata la sentenza. La prova documentale: ai fini della determinazione del convincimento del giudice, sono rilevanti: a) il contenuto del documento; b) la sua provenienza, cioè il fatto che le asserzioni siano riconducibili all’autore dell’atto Il c.c. distingue due tipi di prova documentale: • Atto pubblico È il documento redatto, con le formalità stabilite dalla legge, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l’atto è formato. Esso fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato e delle dichiarazioni e dei fatti che questi attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti (non della veridicità intrinseca delle dichiarazioni rese innanzi al medesimo) • Scrittura privata È qualunque documento sottoscritto dalla parte. Essa fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha sottoscritta, soltanto se colui contro il quale la scritta è prodotta in giudizio ne riconosce come propria la sottoscrizione, ovvero se tale sottoscrizione è legalmente considerata come riconosciuta. Ciò si verifica: nel caso in cui la sottoscrizione è stata autenticata da notaio o altro pubblico ufficiale e nel caso di riconoscimento tacito. In particolare, la scrittura privata prodotta in giudizio si ha per riconosciuta: 1) se la parte, alla quale la scrittura è attribuita o contro la quale è prodotta, è contumace, di disconoscere la scrittura prodotta; 2) se la parte comparsa non la disconosce o non dichiara di non conoscerla nella prima udienza o nella prima risposta successiva. Particolari ipotesi di scritture private sono: a) il telegramma (se l’originale è sottoscritto dal mittente); b) le carte ed i registri domestici (fanno prova contro chi li ha scritti); c) le scritture contabili (fanno prova contro l’imprenditore); d) riproduzioni meccaniche; e) le copie degli atti spedite nelle forme prescritte; f) atti di ricognizione o rinnovazione. Salva l’ipotesi di autenticazione, la scrittura privata non ha in sé la prova della sua provenienza: da ciò nasce la necessità di accertarne l’autenticità della sottoscrizione, attraverso il procedimento di verificazione giudiziale. La legge pone l’onere del disconoscimento a carico di colui contro il quale la scrittura è prodotta, in mancanza del aule si ha il cd riconoscimento tacito o presunto. Dopo il disconoscimento, la parte che intende ancora valersi della scrittura privata deve chiederne in ogni tempo la verificazione, ossia l’accertamento dell’autenticità della scrittura o della sottoscrizione (competente è il collegio). La querela di falso è l’istanza diretta ad ottenere l’accertamento della falsità di un atto pubblico o di una scrittura privata riconosciuta, autenticata o verificata. La querela di falso può essere proposta da colui contro il quale si vuol far valere l’atto in qualsiasi stato e grado della causa. Può essere proposta in via principale con citazione, ovvero in via incidentale con dichiarazione da unirsi al verbale di udienza, contente a pena di nullità l’indicazione degli elementi e delle prove della falsità. E’ obbligatorio l’intervento del PM (non anche nella fase preliminare). Il giudice, prima di autorizzare la presentazione della querela proposta in corso di causa, interpella la parte che ha prodotto il documento chiedendole se intende valersene in giudizio; se la risposta è negativa, il documento non è utilizzabile nel processo. (sulla querela decide il collegio). Il collegio, se rigetta la querela di falso, ordina la restituzione del documento e dispone che della sentenza sia fatta menzione nel documento stesso, condannando il querelante ad una pena pecuniaria; se accerta la falsità, dà le disposizioni di cancellazione, ripristinazione, rinnovazione o riforma del documento). Le prove costituende sono quelle che vengono formate soltanto nel processo mediante l’assunzione del mezzo di prova. Le tre figure principali sono: la confessione, il giuramento e la testimonianza. La confessione è la dichiarazione che una parte fa della verità di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli all’altra parte. Può essere spontanea o provocata mediante interrogatorio formale. La confessione deve essere prestata personalmente dalla parte, con la sua prestazione viene a cadere l’onere della prova perché essa è una dichiarazione che contiene una notizia e forma piena prova contro colui che l’ha fatta. La confessione è inefficace se proviene da persona incapace di disporre diritto a cui si riferiscono i fatti confessato (es. fallito, il difensore) La confessione può essere: • Stragiudiziale: quando è fatta fuori del giudizio e in tal caso per produrre la sua efficacia probatoria deve essere provata in giudizio • Giudiziale: è resa in giudizio e la sua efficacia è quella delle prove legali. Il comportamento della parte, cui è stato deferito l’interrogatorio formale, di non presentarsi o di non rispondere è liberamente valutabile dal giudice nel senso che si possono considerare ammessi i fatti dedotti, valutato ogni altro elemento di prova. Il giuramento è la dichiarazione con cui una parte asserisce come vero un fatto, nella forma solenne prevista dalla legge: esso si differenzia dalla confessione perché è prestato dalla parte cui i fatti oggetto della dichiarazione giovano. Il giuramento può essere di due specie: • Decisorio: quello che una parte deferisce all’altra per farne dipendere la decisione totale o parziale della causa • Suppletorio: quello deferito d’ufficio ad una delle parti al fine di decidere la causa, quando la domanda o le eccezioni non sono pienamente provate, ma non sono del tutto sfornite di prova (un caso è il giuramento estimatorio). Il giuramento decisorio può essere deferito in qualunque stato della causa (anche in appello); mentre non può essere deferito nei seguenti casi: • Cause relative a diritti indisponibili per le parti • Fatto illecito • Fatto per cui sia richiesta la forma scritta ad substantiam • Per negare un fatto risultante da atto pubblico La parte cui è stato deferito il giuramento può riferirlo all’avversario, cioè invitare il deferente a giurare fino a quando la parte stessa non abbia dichiarato di essere pronta a giurare. La revoca è consentita soltanto se, nell’ammettere il giuramento decisorio, il giudice modifica la formula proposta dalla parte. Il giudice dichiara vittoriosa la parte che ha giurato. Il giuramento suppletorio deferito ad una delle parti non può essere da questa riferito all’atra. Le dichiarazioni rese dalle parti non possono assumere valore confessorio, ma il giudice se ne po’ avvalere come argomenti di prova. L’ispezione È l’attività istruttoria disposta, anche d’ufficio, dal giudice diretta ad esaminare luoghi, persone, cose mobili e immobili, oggetti cioè che non possono entrare nel processo come documenti, ma solo come risultato di una osservazione. L’ordine può essere rivolta alla parate o ad un terzo (purché non ne consegua un grave danno). Se la parte rifiuta di eseguire l’ordine senza giustificato motivo, il suo comportamento può essere valutato dal giudice come argomento di prova; se è il terzo a rifiutare, il giudice lo condanna ad una pena pecuniaria. Viene redatto un processo verbale. Il G.I. può farsi assistere da un C.T.. Possono compiersi rilievi, calchi, riproduzione, esperimenti, nonché sentire testimoni senza le formalità previste per la prova testimoniale. L’esibizione Il giudice, su istanza di parte, ha il potere di ordinare alla parte o ad un terzo di esibire il giudizio un documento o altra cosa di cui ritenga necessaria l’acquisizione e di cui sia certa o non contestata l’esistenza in natura, purché ciò possa avvenire senza grave danno della parte o del terzo e senza costringere gli stessi a violare il segreto d’ufficio o professionale. Se la parte rifiuta di eseguire l’ordine senza giustificato motivo, il suo comportamento può essere valutato dal giudice come argomento di prova; il terzo può opporsi. La consulenza tecnica Non può essere considerata un mezzo di prova, poiché la sua funzione è essenzialmente non quella di accertare la verità dei fatti affermati dalle parti, ma quella di offrire al giudice l’ausilio di cognizioni tecniche che questi non possiede. Il CTU è un ausiliario del giudice: infatti, il risultato della sua indagine (relazione) è fonte di prova laddove l’oggetto dell’indagine possa essere accertato solo mediante il possesso di particolari cognizioni tecniche (es. accertamento nesso causale nella responsabilità medica), mentre costituisce uno strumento di valutazione del giudice nell’ipotesi in cui occorra valutare delle prove già acquisite ma che necessitano di un’intermediazione di carattere tecnico (es. quantificazione del danno). Il CTU è nominato, con ordinanza, dal G.I.; contestualmente, formula i quesiti e fissa l’udienza di giuramento. Il CTU compie le sue indagini ed esprime il suo parere in udienza o anche fuori, depositando una relazione scritta. In ogni caso è assicurata la partecipazione delle parti, mediante i propri CTP La relazione del CTU deve essere trasmessa dal CTU alle parti nel termine stabilito dal giudice con l’ordinanza con la quale ha conferito l’incarico. Nel rispetto dei termini indicati in ordinanza, le parti possono trasmettere al CTU proprie osservazioni, alle quali, entro i termini indicati dal giudice e, comunque prima dell’udienza, il CTU replica con proprie osservazioni. Ai sensi dell’art. 194, il CTU può essere autorizzato a domandare chiarimenti alle parti, ad assumere informazioni da terzi e ad eseguire piante, calchi e quanto necessario. La prova delegata Si verifica quando si devono assumere mezzi di prova fuori dalla circoscrizione del Tribunale; in questi casi, il G.I. delega a procedervi il G.I. del luogo in cui deve essere assunta la prova (competenza istruttoria temporanea) I provvedimenti istruttori che non contengono la fissazione dell’udienza successiva o del termine entro il quale le parti devono compiere gli atti processuali, possono essere integrati, su istanza di parte o d’ufficio, entro il termine di perentorio di 6 mesi dall’ultima udienza o dalla loro notificazione. L’integrazione avviene con decreto comunicato dalla cancelleria. LA DECISIONE DELLA CAUSA Quando il G.I. ritiene la causa matura per la decisione, invita le parti a precisare le conclusioni nei limiti di quelle formulate nei rispettivi atti introduttivi, tenendo presente le eventuali risultanze istruttorie e quindi rimette la causa in decisione. Da tale ultima data cominciano a decorrere i 60 gg entro i quali le parti devono depositare le comparse conclusionali e le memorie di replica nei 20 gg successivi. L’udienza di discussione è solo eventuale: si celebra solo se almeno una delle parti lo chieda al momento della precisazione delle conclusioni riproponendo la richiesta alla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica. Quando la causa è di competenza del collegio, la decisione viene deliberata in camera di consiglio, con votazione a maggioranza. La sentenza è sottoscritta dall’estensore e dal presidente e viene pubblicata mediante il deposito entro il termine di 60 giorni dall’udienza. Dell’avvenuto deposito si da notizia con comunicazione. Quando la causa è di competenza del giudice unico, nel caso in cui le parti chiedano la discussione orale, non è previsto lo scambio delle memorie di replica, potendo le parti rispondere alle conclusionali oralmente. Le sentenze di primo grado sono provvisoriamente esecutive tra le parti. La provvisoria esecutività può essere sospesa se ricorrono gravi e fondati motivi. Gli errori materiali, le omissioni materiali ed i meri errori di calcolo dovuti ad una semplice distrazione o svista del giudice nella redazione del provvedimento possono essere corretti mediante il procedimento di correzione. Su istanza di parte, provvede, con decreto o con ordinanza, lo stesso giudice che ha redatto la sentenza (possono essere corrette anche le sentenze della Cassazione). LE VICENDE ANOMALE NELLO SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Sospensione: è l’arresto temporaneo dello svolgimento del processo, disposto dal giudice quando si verificano determinati eventi stabiliti dalla legge. Il processo riprenderà il suo corso quando sarà scaduto il termine fissato dal giudice o quando sarà cessato il motivo che lo ha determinato. Il codice prevede due forme di sospensione: verificarsi immediatamente o dopo un periodo di quiescenza del processo. La prima ipotesi ricorre quando, ad es. nella mancata comparizione delle parti alla prima udienza, alla quale esse non erano intervenute. La seconda ipotesi, ad es. quando vi è la mancata citazione del terzo per ordine del giudice. In questi casi la causa viene cancellata dal ruolo e, solo se non viene riassunta davanti allo stesso giudice nel termine perentorio di tre mesi, il processo si estingue. L’estinzione può essere dichiarato anche d’ufficio con ordinanza. Riunione dei processi: per i provvedimenti relativi alla stessa causa o per i procedimenti relativi a cause connesse. Separazione dei processi: per istanza di tutte le parti o quando la continuazione della loro riunione ritarderebbe o renderebbe più gravoso il processo. IL GIUDICE DI PACE Si tratta di un procedimento introdotto con il D.lgs. 51/1998 ispirato ai principi di oralità, concentrazione e semplificazione. Il procedimento si svolge secondo le regole generali del procedimento di primo grado, salvo le seguenti eccezioni: • La domanda introduttiva può essere proposta anche verbalmente: di essa il GdP fa redigere processo verbale che, a cura dell’attore , è notificato con citazione a comparire a udienza fissa; • Le parti possono stare in giudizio personalmente nelle cause di valore fino a € 516, 46 (su autorizzazione del giudice, anche nelle cause di valore superiore); • Tra il giorno della notificazione a quello della comparizione devono intercorrere non meno di 45 giorni liberi (75 se fuori Italia) • La costituzione è semplificata: è inapplicabile il regime di preclusioni e decadenze; • Nel corso della prima udienza il GdP procede ad un eventuale interrogatorio libero; se la conciliazione non riesce, il GdP invita le parti a precisare definitivamente i fatti che pone a fondamento della domanda, difese ed eccezioni; se lo richiede l’attività svolta dalle parti nella prima udienza, il giudice fissa, per una sola volta, una nuova udienza per ulteriori produzioni e richieste di prova; il regime di preclusioni che caratterizza il tribunale è previsto anche per il GdP. • Il GdP può disporre d’ufficio la prova testimoniale quando le parti si sono riferite a persone che appaiono in grado di conoscere la verità; • Quando ritiene che la causa sia matura per la decisione, il GdP invita le parti a precisare le proprie conclusioni e a discutere la causa e, nel termine di 15 giorni, deposita la sentenza in cancelleria; • Il GdP decide secondo equità per le cause di valore fino a € 1.100 (con esclusione delle cause relative ai contratti di massa); • La sentenza è appellabile innanzi al Tribunale; le sentenze decise secondo equità sono appellabili per violazione di norme costituzionali o comunitarie ovvero dei principi regolatori della materia. In ogni caso non sono appellabili le sentenze pronunciate secondo equità a norma dell’art. 114. Al GdP è attribuito anche il compito di tentare la preventiva composizione delle controversie in materia civile: c.d. attività conciliativa extragiudiziale. • Se la controversia rientra tra quelle su cui vi è la competenza del GdP il verbale di conciliazione ha valore di titolo esecutivo; • Se la controversia non rientra nella competenza del GdP, il verbale ha valore di scrittura privata riconosciuta in giudizio. Tale procedimento è autonomo rispetto all’eventuale giudizio, è preventivo rispetto a quest’ultimo e facoltativo. PARTE SESTA: IL PROCESSO DI ESECUZIONE CAP. 1 IL PROCEDIMENTO DI ESECUZIONE IN GENERALE 1. Nozione. L’esecuzione forzata tende a realizzare coattivamente il soddisfacimento della pretesa del creditore, pretesa che ha a suo fondamento una sentenza o altro titolo esecutivo (c.d. adeguamento dello stato di diritto allo stato di fatto). 2. I vari tipi di processo di esecuzione. A seconda che il diritto sia stato accertato nella sua specificità oppure come eseguibile nella forma generica, che consegue alla sua trasformazione in denaro o al suo sorgere direttamente come credito di denaro, il processo di esecuzione si atteggia come: a) Espropriazione forzata per crediti di denaro, ovvero esecuzione forzata in forma generica, consistente nel procedimento esecutivo diretto a sottrarre coattivamente al debitore determinati beni facenti parte del suo patrimonio ed a trasformali, coattivamente, in denaro, per destinarlo alla soddisfazione del creditore; ovvero all’assegnazione coattiva della titolarità dei crediti del debitore al credito, sempre a soddisfacimento delle sue pretese. Essa si suddivide in: • Esp. Mob. Presso il debitore (art. 513 – 542) • Esp. Presso terzi (art. 543 – 554) • Esp. Imm. (art. 555 – 598) • Esp. Di beni indivisi (art. 599 – 601) • Esp. Contro il terzo proprietario (art. 602 – 604) b) Esecuzione forzata in forma specifica, che si suddivide in: • Esecuzione per consegna di cose mobili o rilascio di immobili (art. 605 – 611), consistente nel procedimento esecutivo diretto a far conseguire al creditore la materiale Presupposto fondamentale del processo esecutivo è l’esistenza di un titolo esecutivo. L’art. 474 dispone infatti che l’esecuzione forzata non può aver luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un credito certo, liquido ed esigibile. Più precisamente, il titolo esecutivo è il documento con cui viene accertato o costituito il diritto del creditore da realizzarsi in via esecutiva, e da cui risulti un diritto di credito certo, liquido (determinato), esigibile (non sottoposto né a condizione, né a termine). Senza titolo esecutivo non è possibile iniziare l’esecuzione; mentre con il titolo esecutivo si ha il potere di iniziarla, senza bisogno di provare la sussistenza del diritto sottostante, fino a quando il titolo stesso non venga impugnato. Ai sensi del secondo comma dell’art. 474 cpc, sono titoli esecutivi: 1. Sentenze 2. Altri provvedimenti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva (es. verbali di conciliazione, decreti ingiuntivi, licenze e sfratti convalidati) 3. Cambiali ed altri titoli di credito, nonché altri atti negoziali ai quali la legge attribuisce la stessa efficacia 4. Scritture private autenticate, relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in esse contenute 5. Atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli. I tioli esecutivi di cui ai punti 1 e 2 sono titoli giudiziali; gli altri, sono titoli stragiudiziali. Si aggiunge, inoltre, il cd titolo esecutivo europeo, ossia quegli atti e provvedimenti che – disciplinati dal reg. ce 805/2004 – integrano l’elenco di cui all’art. 474 e permettono l’esecuzione forzata. Può assumere natura giudiziale o stragiudiziale. L’art. 475 dispone che le sentenze, gli altri provvedimenti dell’autorità giudiziaria, e gli atti ricevuti da notaio, per valere come titolo esecutivo, devono essere muniti della formula esecutiva, salvo che la legge disponga diversamente. L’apposizione di tale formula costituisce la cd spedizione del titolo in forma esecutiva e può essere rilasciata soltanto alla parte a favore del quale fu pronunciato il provvedimento o stipulata l’obbligazione, o ai suoi successori, e che viene indicata in calce. Essa consiste nell’intestazione “Repubblica italiana – in nome della legge” e nell’apposizione da parte del cancelliere o notaio o altro pubblico ufficiale, sull’originale o sulla copia della formula “Comandiamo a tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti….”. Non può spedirsi senza giusto motivo più di una copia in forma esecutiva alla stessa parte. L’art. 479 prescrive che l’esecuzione forzata deve essere proceduta dalla notificazione del titolo in forma esecutiva e del precetto: tale atto consiste nella notifica fatta alla parte personalmente, a norma degli artt. 137 e ss di una copia autentica del titolo esecutivo, eseguita da parte dell’ufficiale giudiziario a seguito di richiesta del creditore. La notifica del titolo esecutivo normalmente precede la notifica del precetto; tuttavia la legge ammette che il precetto sia redatto di seguito al titolo esecutivo e che venga notificato insieme con esso, purché la notificazione sia fatta alla parte personalmente. Proprio per quanto detto, la dottrina sostiene che la notifica del titolo, la formazione del precetto e la sua notificazione sono fuori del processo esecutivo vero e proprio, e ciò in conformità alla norma dell’art. 491, secondo la quale l’espropriazione forzata si inizia col pignoramento. 6. Il precetto. L’art. 480 afferma che il precetto consiste nella formale intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo entro un termine non minore di dieci giorni, con l’avvertimento che, mancando l’adempimento, si procederà ad esecuzione forzata. Tale avvertimento è generico, se si limita a preannunciare la espropriazione; è specifico, se preannuncia l’esecuzione in forma specifica. Il precetto è un atto recettizio in quanto non produce alcun effetto se non è portato previamente a conoscenza del suo destinatario mediante notifica. Esso deve contenere a pena di nullità: • L’indicazione delle parti • La data di notificazione del titolo esecutivo (se è fatta separatamente) • La trascrizione integrale del titolo, se è richiesta dalla legge (es. cambiale o titolo esecutivo rappresentato da un scrittura privata autenticata; in questo caso l’ufficiale giudiziario, prima della relazione di notifica, deve certificare di avere riscontrato che la trascrizione corrisponde esattamente al titolo originale). Altro requisito richiesto, ma non a pena di nullità, è la dichiarazione di residenza o elezione di domicilio della parte istante nel comune ove ha sede il giudice dell’esecuzione. In mancanza, le opposizioni al precetto si propongono davanti al giudice del luogo in cui è stato notificato, e le notificazioni alla parte istante si fanno presso la cancelleria del giudice stesso. Non contenendo alcuna domanda giudiziale, il precetto può essere sottoscritta dalla parte personalmente, da un mandatario ad negotia o da un mandatario ad litem (quando manca la sottoscrizione, l’atto è affetto da nullità). Il precetto deve essere notificato alla parte personalmente a norma degli artt. 137 e ss, successivamente o contestualmente alla notificazione del titolo esecutivo. La nullità della notificazione del titolo esecutivo e del precetto non possono mai comportare esclusione del diritto alla esecuzione, ma, eventualmente, solo la necessità di nuova rituale notificazione. Il precetto diviene inefficace se l’esecuzione non è iniziata entro 90 giorni dalla sua notificazione (il termine si sospende in caso di opposizione al precetto). Ai sensi dell’art. 482, l’esecuzione forzata non si può iniziare prima che sia decorso il termine indicato nel precetto e in ogni caso non prima che siano decorsi 10 giorni dalla notificazione di esso, ma il Presidente del tribunale competente per l’esecuzione (o un giudice da lui delegato) se vi è pericolo nel ritardo, può autorizzare l’esecuzione immediatamente, con cauzione o senza. L’autorizzazione è data con decreto scritto in calce al precetto e trascritto a cura dell’ufficiale giudiziario nella copia da notificarsi. CAP. 2 L’ESPROPRIAZIONE FORZATA. REGOLE GENERALI. 1. Nozione e caratteri L’espropriazione forzata consiste nel complesso di atti diretti a sottrarre coattivamente al debitore determinati beni facenti parte del suo patrimonio ed a convertirli in danaro , con cui soddisfare il creditore procedente. Si tratta di una esecuzione indiretta, liquidativa e satisfativa, con cui possono essere soddisfatti coattivamente i crediti aventi ad oggetto una somma di denaro, sia che questo fosse il loro oggetto originario, sia che l’oggetto del credito sia divenuto tale in vista della sua soddisfazione coattiva. A seconda del suo oggetto, l’espropriazione forzata può essere: • Mobiliare (denaro, beni mobili e beni mobili iscritti in pubblici registri); Il pignoramento consiste in una ingiunzione che l’ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito, esattamente indicato, i beni che vi si assoggettano e i frutti di essi (art. 492). Dunque, sul piano soggettivo, il pignoramento è un atto dell’ufficiale giudiziario; sul piano oggettivo, è un ingiunzione previa indicazione esatta dei beni o crediti soggetti alla espropriazione. La funzione del pignoramento (che ricomprende gli accessori, le pertinenze e i frutti civili e naturali della cosa pignorata) è quella di vincolare i beni da assoggettare all’esecuzione, ossia di assicurare i beni del debitore alla soddisfazione del creditore. Tale vincolo giuridico produce l’effetto di rendere inefficaci nei confronti del creditore procedente e dei creditori intervenuti gli atti di alienazione o di disposizione compiuti dal debitore ed aventi ad oggetto i beni pignorati. Si tratta di inefficacia relativa, poiché l’atto è di per sé valido ma non produce effetti soltanto nei confronti dell’espropriazione o degli intervenuti. (restano, salvi gli effetti del possesso di buona fede per i mobili non iscritti in pubblici registri). La tutela contro gli atti di disposizione materiale è costituita: preventivamente dalla custodia e successivamente dalle sanzioni penali. Nel caso in cui i beni pignorati appaiano insufficienti ovvero per essi appaia manifesta la lunga durata della liquidazione, l’ufficiale giudiziario invita il debitore ad indicare altri beni suscettibili di pignoramento ed i luoghi in cui si trovano ovvero le generalità dei terzi debitori. In caso di risposta positiva (data con sottoscrizione del processo verbale) il pignoramento si intende esteso anche ai diversi beni indicati (in caso di omissione di risposta nel termine di 15 giorni, il debitore è soggetto alla sanzione penale di cui all’art. 388 cp). In ogni caso, quando l’ufficiale giudiziario non individua beni utilmente pignorabili oppure le cose e i crediti pignorati o indicati dal debitore appaiono insufficienti a soddisfare il creditore procedente e i creditori intervenuti, su richiesta del creditore procedente, rivolte richiesta ai soggetti gestori dell’anagrafe tributaria e di altre banche dati pubbliche, potendo richiedere, ove ritenuto necessario, l’intervento della forza pubblica. Se il debitore è un imprenditore commerciale, l’ufficiale giudiziario potrà farsi indicare e consegnare le scritture contabili che saranno analizzate da professionisti nominati dall’ufficiale giudiziario stesso. Il professionista redigerà apposita relazione con i risultati della verifica. L’ufficiale giudiziario provvederà alla liquidazione delle spese e del compenso. 5. Oggetto del pignoramento e procedimento. Oggetto del pignoramento possono essere: • Beni determinati (purché facenti parte del patrimonio del debitore) • Beni appartenenti a terzi, quando sono vincolati a garanzia del credito o quando sono oggetto di un atto che è stato revocato perché compiuto in pregiudizio del creditore Non sono pignorabili: • (perché non suscettibili di espropriazione): Beni demaniali; beni che fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato; edifici destinati all’esercizio del culto; cose sacre; beni di Stati con destinazione pubblica; usufrutto legale degli ascendenti; diritti di uso e di abitazione; beni del fondo patrimoniale destinato a far fronte ai bisogni della famiglia e i frutti di esso; • (perché sottratti all’espropriazione): Anello nuziale, vesti, biancheria, letti; commestibili e combustibili per un mese; armi e oggetti che il debitore ha l’obbligo di conservare per l’adempimento di un pubblico servizio; decorazioni al valore, lettere, scritti di famiglia; crediti alimentari; sussidi di grazia e di sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri. Sono relativamente pignorabili: • Sono pignorabili solo in mancanza di altri mobili le cose che il proprietario di un fondo vi tiene per il servizio e la coltivazione del medesimo • Sono pignorabili gli strumenti, gli oggetti e i libri indispensabili per l’esercizio della professione, dell’arte o del mestiere del debitore nei limiti di un quinto quando il presumibile valore di realizza degli altri beni rinvenuti dall’ufficiale giudiziario o indicati dal debitore non appare sufficiente per soddisfazione del credito; detto limite non si applica per i debitori costituiti in forma societaria e in ogni caso se nelle attività del debitore risulta una prevalenza del capitale investito sul lavoro. Sono previsti beni pignorabili solo in particolari circostanze di tempo: • I frutti non ancora raccolti o separati, i quali non possono essere pignorati separatamente dall’immobile cui accedono, se non nelle ultime 6 settimane anteriori al tempo ordinario della loro maturazione; • I bachi da seta solo quando sono nella maggior parte sui rami per formare il bozzolo. Procedimento: Il creditore può liberamente scegliere i singoli beni da pignorare; l’unica eccezione a tale facoltà è prevista nel caso in cui egli sia titolare di pegno o di ipoteca: in tal caso, egli non può pignorare altri beni del debitore medesimo, se non sottopone ad esecuzione i beni gravati da ipoteca, pegno o privilegio (art. 2911 c.c.). Il creditore procedente presenta l’istanza all’ufficiale giudiziario competente il quale compie il pignoramento. Il debitore esecutato può: • Evitare il pignoramento, versando nelle mani dell’ufficiale giudiziario l’importo del credito e delle spese o per consegnarlo al creditore o perché detta somma rimanga depositata come oggetto del pignoramento (in questo secondo caso la somma viene aumentata di due decimi) (effetto liberatorio immediato). • Chiedere la conversione del pignoramento, prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione, sostituendo alle cose pignorate una somma di denaro pari all’importo delle spese e dei crediti (comprensivi di capitale e interessi). Precisamente il pignoramento deve contenere l’avvertimento che il debitore, ai sensi dell’art. 495, può chiedere di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro pari all’importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese, oltre che delle spese di esecuzione (cd conversione del pignoramento), sempre che, a pena di inammissibilità, sia da lui depositata in cancelleria, prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione, la relativa istanza unitamente ad una somma dell’importo di seguito indicato. Nulla dice la legge in caso di omesso avvertimento. Le modalità della conversione sono le seguenti: a) Il debitore deve depositare istanza munita di una somma non inferiore ad un quinto dell’importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori intervenuti, dedotti i versamenti effettuati (di cui deve essere data prova documentale) b) È possibile la rateizzazione (massimo 18 mesi) Tale udienza di comparizione del debitore e dei creditori intervenuti non muniti di titolo esecutivo è fissata dal G.E. con la stessa ordinanza con cui è disposta la vendita o l’assegnazione e deve essere tenuta non oltre sessanta giorni dalla data dell’ordinanza, previa notifica al debitore a cura di una delle parti indicata dallo stesso G.E.. Nel caso di omessa notifica al debitore, non potrà avvenire alcun riconoscimento (tacito o espresso) con conseguente necessità dell’istanza di accantonamento e del promovimento della separata azione di cognizione, salva l’ipotesi di spontanea comparizione dell’esecutato. L’art. 499, comma 6 prevede che il debitore debba dichiarare all’udienza di comparizione quale dei crediti, per i quali hanno avuto luogo gli interventi, egli intende riconoscere (in tutto o in parte, specificando la relativa misura). Se il debitore non compare, si intendono riconosciuti tutti i crediti per i quali hanno avuto luogo interventi in senza di titolo esecutivo: da tale comportamento consegue implicita ammissione dell’esistenza del credito. Il riconoscimento del credito da parte del debitore ha efficacia solo all’interno del processo esecutivo. In caso di disconoscimento del credito, il creditore ha l’onere di munirsi di titolo esecutivo e, prima di tutto, deve proporre istanza di accantonamento delle somme eventualmente spettanti in sede di distribuzione (secondo il grado di distribuzione) e dimostrare di avere proposto nei trenta giorni successivi all’udienza in cui il disconoscimento è avvenuto l’azione necessaria per conseguire il titolo. Se non si attiva tale procedura, il creditore non potrà partecipare alla procedura di riparto. L’accantonamento non può durare oltre tre anni, trascorso il quale il G.E., d’ufficio o su istanza di una delle parti, deve fissare una nuova udienza per la distribuzione della somma accantonata, in favore di coloro che nel frattempo si siano muniti del titolo esecutivo. Per quanto concerne i creditori titolari di un diritto di prelazione, l’art. 498 impone che costoro, se il loro diritto risulti da pubblici registri, debbano essere avvertiti dell’espropriazione in corso, a mezzo notifica, a cura del creditore pignorante, entro 15 giorni dal pignoramento; del credito per il quale si procede; del titolo e delle cose pignorate. In mancanza di tale avviso il creditore non può dare seguito all’istanza di vendita. Si distingue tra intervento tempestivo (l’istanza è depositata prima dell’udienza in cui è disposta la vendita o l’assegnazione, oppure non oltre la presentazione della relativa istanza di vendita o assegnazione in caso di piccola espropriazione mobiliare) e intervento tardivo (se avviene oltre i termini previsti per l’intervento tempestivo, ma prima del provvedimento di distribuzione). La distinzione ha riguardo tutte le tipologie di creditori. La distinzione, inoltre, rileva ai fini della collocazione dei creditori in sede di distribuzione della somma o dei beni; difatti, il creditore intervenuto tempestivamente è soddisfatto prima di quello chirografaro intervenuto tardivamente. I creditori privilegiati, anche se tardivi, sono sempre soddisfatti con preferenza sugli altri. 7. La vendita e l’assegnazione. La realizzazione concreta del credito avviene attraverso la liquidazione dei beni oggetto di espropriazione. Vi sono due possibilità: • Fare istanza per la vendita dei beni pignorati • Fare istanza per l’assegnazione in pagamento. Tale alternativa è possibile: • In via preventiva, solo nell’espropriazione mobiliare di titoli di credito o di quelle cose aventi un valore determinato o determinabile da listini di borsa o mercato; • In via successiva, dopo che siano falliti gli esperimenti di vendita. L’istanza non può essere proposta prima di 10 giorni dal pignoramento (tranne che si tratti di cose deteriorabili) e non oltre 90 giorni dal pignoramento stesso (nel caso di cose date in pegno o di mobili registrati soggetti ad ipoteca, il termine decorre dal giorno del precetto, mancando la fase del pignoramento). Il G.E. fissa l’udienza per l’autorizzazione della vendita o per l’assegnazione. Questa udienza è importante poiché fissa il termine preclusivo per l’intervento tempestivo, nonché fissa il termine ultimo per proporre le opposizioni agli atti esecutivi. La vendita può avvenire: • All’incanto (ossia con offerte successive in aumento) • Senza incanto o a mezzo di commissario Il creditore può chiedere l’assegnazione dei beni pignorati, vale a dire l’attribuzione diretta del bene pignorato al creditore sulla base di un determinato valore al fine di soddisfare il suo credito. Con l’assegnazione, inoltre, il bene viene trasferito al credito, per un valore che non può essere inferiore alle spese di esecuzione e ai crediti aventi diritto a prelazione anteriori al credito dell’offerente. Se sono intervenuti altri creditori, l’assegnazione può essere chiesta a vantaggio di uno solo o di più, d’accordo fra tutti. L’assegnazione, che è forzata come la vendita, è un atto liquidativo e satisfattivo immediato. L’assegnazione può essere chiesta: • Espropriazione mobiliare: sin dall’inizio per i titoli di credito o per quei beni il cui valore risulti da listino di borsa o di mercato • Espropriazione immobiliare: dieci giorni prima della data dell’incanto per il caso in cui la vendita non abbia luogo per mancanza di offerte; nel qual caso concorre con l’amministrazione giudiziale o con un nuovo incanto; • Presso terzi: l’assegnazione è l’unica forma satisfattoria prevista, quando il terzo si dichiara (o è dichiarato) debitore di somme esigibili immediatamente o in termine non maggiore di novanta giorni. Tali crediti vengono assegnati in pagamento al creditore, salvo buon fine, ai creditori concorrenti. (discussa natura giuridica dell’assegnazione: datio in solutum o datio pro solvendo). La vendita e l’assegnazione sono considerati atti sottoposti a condizione sospensiva. Precisamente: • Nel caso della vendita, condizione è l’effettivo versamento del prezzo nel modo e nel tempo fissato; • Nel caso dell’assegnazione, condizione è il deposito della parte di prezzo eccedente il credito dell’assegnatario o del versamento della somma non inferiore al valore minimo del bene, o del prezzo determinato dal valore dell’immobile. Il trasferimento definitivo del bene è collegato ad un provvedimento del giudice dal quale derivano effetti sostanziale e processuali. Sotto il profilo sostanziale, si osservi che: • L’effetto traslativo (il passaggio della proprietà) si verifica, nella espropriazione mobiliare, al momento dell’aggiudicazione e del pagamento del prezzo; in quella mobiliare e nell’assegnazione, al momento del decreto di trasferimento; • L’effetto estintivo (o purgativo) consiste nell’ordine del giudice che si cancellino le trascrizioni dei pignoramenti e le iscrizioni ipotecarie (il bene si trasferisce libero da pesi e vincoli). L’ufficiale giudiziario, munito di titolo esecutivo e di precetto, può ricercare le cose da pignorare (art. 513): • Nella casa del debitore; • Negli altri luoghi a lui appartenenti; • Sulla stessa persona del debitore (osservando le opportune cautele per rispettarne il decoro). Sempre l’ufficiale giudiziario, se autorizzato dal P. del Tribunale, può pignorare anche cose determinate che non si trovano in luoghi del debitore, ma delle quali il debitore stesso possa direttamente disporre. Il pignoramento può avvenire solo nei giorni feriali e nelle ore di cui all’art. 147. Se è necessario, l’ufficiale giudiziario può chiedere l’assistenza della forza pubblica. Nella scelta delle cose da pignorare, l’ufficiale giudiziario deve preferire le cose che ritiene di più facile e pronta liquidazione (senza tener conto del debitore esecutato), nel limite di un presumibile valore di realizzo pari all’importo del credito precettato aumentato della metà e, in ogni caso, il denaro contante, gli oggetti preziosi e i titoli di credito e ogni altro bene che appaia di sicura realizzazione. 2. Il pignoramento. Il pignoramento è compiuto dall’ufficiale giudiziario, il quale vi procedere munito di titolo esecutivo e precetto. Gli elementi del pignoramento sono: • Ricerca del bene da pignorare; • Scelta degli oggetti; • Apprensione del bene: che consiste nella descrizione delle cose nel verbale he l’ufficiale giudiziario compila nel corso delle sue operazioni, e nella determinazione approssimativa del valore (sentito, se occorre, uno stimatore); • Ingiunzione di astenersi dal compiere qualunque atto di disposizione fatta al debitore o a persona presente della famiglia o addetta alla casa comunque non minore degli anni 14; • Nomina del custode, che può essere un terzo o lo stesso debitore. Nel caso che il pignoramento abbia ad oggetto danaro, titoli di credito o oggetti preziosi, questi sono consegnati al cancelliere del tribunale, che provvede alla custodia del denaro nelle forme dei depositi giudiziari, e degli oggetti preziosi. Per la conservazione delle altre cose, l’ufficiale giudiziario, quando il creditore ne fa richiesta, provvede trasportandole presso un luogo di pubblico deposito oppure affidandole a un custode diverso da debitore (nei casi di urgenza affida la custodia agli istituti autorizzati). Il custode assume l’obbligo di conservazione ed eventualmente di amministrazione delle cose pignorate. Egli non può usare le cose pignorate senza l’autorizzazione del giudice e deve rendere il conto a norma dell’art. 593. L’ufficiale giudiziario può nominare custode il creditore o il coniuge, con il consenso del debitore, ovvero il debitore o persona della sua famiglia, con consenso del creditore. Il custode sottoscrive il processo verbale dal quale risulta la sua nomina. Quando è depositata l’istanza di vendita dei beni pignorati, il giudice dispone obbligatoriamente la sostituzione del custode nominando l’istituto di cui all’art. 534 che entro trenta giorni, previo invio di comunicazione contente la data e l’orario approssimativo dell’accesso, provvede al trasporto dei beni pignorati presso la propria sede o altri locali nella propria disponibilità. Secondo la più autorevole dottrina, il custode è un ausiliario del processo; egli è investito di un potere-dovere pubblico, ed ha la rappresentanza di interessi parzialmente pubblici: la conservazione e la produttività dei beni. Il custode non ha diritto a compenso se non l’ha richiesto e se non gli è stato riconosciuto dall’ufficiale giudiziario all’atto della nomina. Ultimate le operazioni di pignoramento, il processo verbale, il titolo esecutivo ed il precetto devono essere depositati in cancelleria entro le ventiquattro ore dal compimento delle operazioni. Il cancelliere al momento del deposito forma il fascicolo dell’esecuzione. (nb: l’ufficiale giudiziario quando ritiene opportuno differire le operazioni si stima, redige un primo verbale di pignoramento, procedendo senza indugio, e comunque entro il termine perentorio di trenta giorni, alla definitiva individuazione dei beni da assoggettare al pignoramento sulla base di valori indicati da un esperto. Il G.E. liquida le spese ed il compenso spettanti all’esperto). L’unione dei pignoramenti si verifica quando l’ufficiale giudiziario trova un pignoramento già iniziato da altro pubblico ufficiale. In tal caso l’ufficiale giudiziario continua le operazioni insieme con lui, redigendo un unico processo verbale. Il pignoramento successivo, invece, si verifica quando l’ufficiale giudiziario rileva che sugli stessi beni è stato già eseguito un pignoramento. In questa ipotesi, l’ufficiale giudiziario ne dà atto nel processo verbale descrivendo i mobili precedentemente pignorati e, quindi, procede al pignoramento degli altri beni o fa constatare nel processo verbale che non ve ne sono altri. Il processo verbale è depositato in cancelleria e inserito nel fascicolo formato in base al primo pignoramento, se quello successivo è compiuto anteriormente all’udienza fissata per l’assegnazione o la vendita, ovvero prima della presentazione del ricorso per l’assegnazione o la vendita dei beni pignorati il cui valore non superi € 20.000. In tal caso, l’ufficiale giudiziario ne dà notizia al creditore pignorante e l’esecuzione si svolge in un unico processo. 3. L’ intervento dei creditori L’intervento può essere effettuato da tutti i creditori che abbiamo i requisiti di cui all’art. 499 (v. cap. 2 par. 6). Tale intervento deve avere luogo entro e non oltre la prima udienza fissata per l’autorizzazione della vendita o dell’assegnazione. Oltre tale termine, l’intervento si considera tardivo, ed i creditori chirografari, purché intervenuti prima della distribuzione, partecipano a quest’ultima solo per la parte di somma ricavata che avanza all’esito del soddisfacimento del creditore pignorante, di quelli privilegiati e di quelli intervenuti tempestivamente. 4. L’assegnazione e la vendita. Trascorsi 10 giorni dal pignoramento il creditore pignorante o uno degli intervenuti munito di titolo esecutivo, con apposita istanza possono chiedere: • La distribuzione del danaro • L’assegnazione dei titoli di credito (e di altre cose il cui valore risulti da listino di borsa e mercato) • Vendita dei beni A seguito dell’istanza, il giudice fissa l’udienza per l’audizione delle parti (in questa sede, le parti possono fare osservazioni circa l’assegnazione e circa il tempo e le modalità della vendita e debbono, a penda di decadenza, proporre le opposizioni agli atti esecutivi per le quali non si sia già decaduti dal diritto di opporle). Competente è il Tribunale in funzione di G.E. del luogo ove risiede il terzo debitore. Mediante questa procedura è possibile procedere al pignoramento di crediti non immediatamente esigibili, condizionati o futuri e persino eventuali o incerti. E’ possibile anche pignorare: • Quote di srl (non di società di persone); • Somme depositate su libretto postale o in libretti di deposito bancario; • Stipendi, salari ed altre indennità dovute da privati per rapporto di lavoro, per alimenti, nella misura fissata dal PdT; per i tributi dovuti allo Stato, nella misura di un quinto; Non sono pignorabili nelle forme del pignoramento presso terzi: • Crediti aventi ad oggetto una prestazione o un bene diversi dal denaro; • Crediti incorporati in un titolo cambiario per il principio dell’incorporazione. 2. Il pignoramento. Il pignoramento p.t. ha un duplice scopo: • Impedire al terzo di pagare o consegnare la cosa al debitore; • Accertare l’effettiva esistenza del credito del debitore o della cosa di proprietà dello stesso. La procedura ha inizio con la notifica dell’atto fatta personalmente al terzo e al debitore, contenente: a) Indicazione del credito per cui si procede, del titolo esecutivo e del precetto; b) Indicazione, almeno generica, delle cose o somme dovute dal terzo; c) Intimazione al terzo di non disporre, senza ordine del giudice, delle cose o somme dovute al debitore; d) Ingiunzione al debitore di astenersi da ogni atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato, i beni che si assoggettano ad espropriazione e i frutti di essi; e) Dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il Tribunale competente; f) Citazione del terzo e del debitore a comparire davanti a G.E. del luogo di residenza del terzo affinché questi faccia la dichiarazione di cui all’art. 547 (cd dichiarazione di quantità), e il debitore sia presente alla dichiarazione e agli atti ulteriori, con invito al terzo a comparire quando il pignoramento riguarda i crediti per stipendio, salario o altre indennità relative a rapporto di lavoro o di impiego e negli altri casi a comunicare la dichiarazione di cui all’art. 547 (relativa alle cose o alle somme di cui il terzo è debitore o si trava in possesso con l’indicazione del momento in cui deve essere eseguito il pagamento o la consegna e con la specificazione dei sequestri eventualmente eseguiti in precedenza o delle cessioni notificate o accettate) al creditore procedente entro dieci giorni a mezzo raccomandata. L’ufficiale giudiziario deve depositare, immediatamente dopo la notifica, l’originale dell’atto nella cancelleria del Tribunale, per la formazione del fascicolo dell’esecuzione: in questo saranno inseriti il titolo esecutivo ed il precetto, che il creditore pignorante deve depositare in cancelleria al momento della costituzione in giudizio. A seguito della notifica dell’atto di pignoramento, il terzo è soggetto agli obblighi del custode relativamente alle cose o somme dovute, e nei limiti dell’importo del credito precettato aumentato della metà, assumendo quindi una responsabilità personale verso il creditore pignorante. Laddove il pignoramento sia eseguito presso più terzi, il debitore può chiedere la riduzione proporzionale dei singoli pignoramenti, o l’inefficacia di taluno. Il G.E. provvederà entro 20 giorni con ordinanza previa convocazione delle parti. L’impignorabilità dei crediti può essere rilevata anche d’ufficio (mancando una condizione dell’azione esecutiva). 3. La dichiarazione del terzo. La dichiarazione del terzo è fondamentale, poiché attraverso questa è possibile accertare se egli è veramente debitore dell’esecutato, in che misura e con quali modalità e termini. Egli deve quindi rendere una dichiarazione ufficiale ed impegnativa all’ufficio esecutivo. Tale dichiarazione avviene in udienza o, nei casi indicati sopra, a mezzo raccomandata; il terzo può comparire personalmente o mediante mandatario speciale o difensore munito di procura speciale. Il terzo deve specificare: • Le somme di cui è debitore e di quali cose è in possesso e quando ne deve eseguire la consegna o il pagamento • I sequestri e i pignoramenti precedentemente eseguiti presso di lui e le cessioni che gli sono state notificate o che ha accettato La dichiarazione del terzo è un elemento integrativo del pignoramento, in quanto senza di essa quest’ultimo non si perfeziona. Se il terzo non compare in udienza o, pur comparendo, rifiuta la dichiarazione, ovvero, sulla dichiarazione sorgano contestazioni, il processo esecutivo si arresta “oper legis” e si apre, su istanza di parte, un processo di cognizione la cui competenza, tuttavia, spetta ugualmente al G.E. (competenza funzionale). Nel processo di cognizione, se il terzo non fa la dichiarazione, può essere applicata nei suoi confronti la norma di cui all’art. 232 secondo cui, in caso di mancata risposta all’interrogatorio, i fatti oggetto dell’interrogatorio medesimo possono ritenersi ammessi. Una volta definito il giudizio, se il diritto del debitore nei confronti del terzo risulta accertato, il giudice fissa alle parte un termine perentorio per la prosecuzione del processo esecutivo. 4. L’intervento, l’assegnazione e la vendita. Intervento creditori: v. sopra Vendita / assegnazione: v. sopra Peculiarità dell’assegnazione: • Per somme esigibili immediatamente o in un termine non maggiore di 90 giorni, il G.E. le assegna in pagamento, salvo buon fine; • Per somme esigibili in termini maggiori o relative a censi o rendite, se i creditori non ne chiedono concordemente l’assegnazione, i crediti si vendono nelle forme disposte per la vendita di cose mobili. • Se è compiuto anteriormente alla prima udienza fissata per l’autorizzazione della vendita, esso è riunito agli altri pignoramenti e l’esecuzione si svolge in un unico processo; • Se è compiuto dopo, allora hai il solo effetto di un intervento tardivo rispetto ai beni colpiti dal primo pignoramento; Il pignoramento diviene inefficace, trascorsi 90 giorni senza che siano stati compiuti atti esecutivi: in tal caso il processo si estingue ed il giudice con la stessa ordinanza con cui dichiara l’estinzione dispone, sentite le parti, che sia cancellata la trascrizione. 3. Intervento dei creditori: v. sopra (art. 499) 4. La vendita e l’assegnazione. Trascorsi 10 giorni dal pignoramento, il creditore pignorante e quelli intervenuti, muniti di titolo esecutivo, possono chiedere la vendita dell’immobile pignorato. La richiesta deve essere preceduta dalla notifica, da parte del creditore pignorante, dell’avviso ai creditori che sul bene hanno un diritto di prelazione risultante dai pubblici registri. All’atto del deposito del ricorso con cui il creditore chiede la vendita del bene, cominciano a decorrere 120 giorni entro i quali lo stesso dovrà allegare: • Estratto del catasto; • Certificati di iscrizioni e trascrizioni relative all’immobile pignorato effettuate nei vent’anni anteriori alla trascrizione del pignoramento. Tale documentazione può essere sostituita da un certificato notarile attestante le risultanze delle visure catastali e dei registri immobiliari. Il termine in questione (120 giorni) può essere prorogato per giusti motivi una sola volta e per non più di altri 120 giorni. Se la proroga non è concessa o non è richiesta, in assenza di detta documentazione, il G.E., con ordinanza, dichiara il pignoramento inefficace e dispone la cancellazione della trascrizione con estinzione del processo esecutivo (se non ci sono altri beni pignorati). Se, al contrario, avviene il deposito della documentazione, il G.E., entra 30 giorni, fissa l’udienza di audizione delle parti (creditore procedente e creditori privilegiati). L’udienza non può essere fissata oltre 120 giorni. Contestualmente, nomina un esperto che procede alla stima del bene e offra una fedele fotografia della situazione giuridica al fine di garantire i terzi interessati alla trasparenza delle operazioni. Almeno 45 giorni prima dell’udienza di audizione delle parti, l’esperto invia ai creditori una propria relazione; in udienza, i creditori potranno depositare all’udienza note critiche, purché presentate in anticipo all’esperto che interverrà in udienza per fare chiarimenti. Sempre in udienza, le parti possono fare osservazioni e proporre, a pena di decadenza, le opposizioni agli atti esecutivi che siano ancora proponibili. Se non ci sono opposizioni o se si raggiunge un accordo, il G.E. ordine di procedersi alla vendita senza incanto assegnando un termine per la presentazione delle offerte non inferiore a 90 giorni e non superiore ai 120 giorni. Contestualmente, fissa una nuova udienza nella quale si valuterà l’offerta o i provvedimenti da adottare in mancanza di offerte. In presenza di opposizioni, se non si raggiunge l’accordo tra le parti, le stesse sono decise dal tribunale con sentenza inappellabile. In ogni caso, la vendita è disposta dal giudice con ordinanza. Vendita con incanto (art. 570-575): Ha inizio con la pubblicazione, a cura del cancelliere, dell’avviso di vendita, contenente l’indicazione del debitore, degli estremi relativi all’immobili come richiesto dal c.c., del valore dell’immobile, del sito internet sul quale è possibile reperire la relazione di stima, del nome e del recapito telefonico del custode, con l’avvertimento che ogni ulteriori informazioni possono essere fornite dalla cancelleria. Chiunque (ad eccezione del debitore e del custode) fosse interessato all’acquisto può procedere con dichiarazione scritta, compilata personalmente o a mezzo di avvocato, in busta chiusa sulla quale vengono apposti gli estremi della procedura, in cui si indica il prezzo, il tempo, il modo del pagamento ed ogni altro elemento utile ai fini della valutazione dell’offerta. Unitamente all’offerta (da presentarsi a pena di inefficacia nel termine fissato con l’ordinanza di vendita) deve essere presentata una cauzione non inferiore ad un decimo del prezzo proposto. L’offerta è irrevocabile, salvo che il G.E. disponga l’incanto o siano decorsi 120 giorni entro i quali l’offerta non sia stata accettata. All’udienza, disposta l’apertura delle buste, il G.E. dispone quanto segue: se il prezzo è superiore di un quinto, l’offerta è senz’altro accolta; se il prezzo non supera tale limite, il G.E. dispone la vendita solo se vi è il consenso del creditore, ovvero se pensa che non sia possibile ottenere una vendita a migliori condizioni. Rifiutando l’offerta, dà luogo all’incanto. Qualora le offerte sono molteplici può disporre la gara fra gli offerenti; in mancanza di adesioni procede alla vendita al miglior offerenti o all’incanto. La vendita ha luogo con decreto in cui è determinato il modo ed il termine del versamento del prezzo. Se non si rispettano tali condizioni, il G.E. dichiara la decadenza dell’aggiudicatario. Vendita con incanto (artt. 576-591): Il primo atto è l’ordinanza che dispone le modalità con le quali deve svolgersi l’incanto. Gli offerenti devono presentare una cauzione pari al 10% del prezzo base. Nel caso in cui l’offerente non divenga aggiudicatario avrà la restituzione della cauzione; mentre se ometta di partecipare, senza documentato e giustificato motivo, viene trattenuta un decimo dall’importo della cauzione da restituire. La vendita è caratterizzata dalla gara pubblica dei concorrenti; è fissato il tempo di 3 minuti dall’offerta per poter aggiudicare l’immobile. L’aggiudicazione è fatta all’ultimo maggiore offerente. Tuttavia, l’aggiudicazione non diviene definitiva poiché la legge ammette che entro 10 giorni dall’aggiudicazione (termine perentorio) possano essere fatte nuove offerte, purché superiori di un quinto al prezzo raggiunto nell’incanto. Se ciò avviene si fa luogo ad una gara fra coloro che abbiano fatto le nuove offerte ed il primo aggiudicatario, alla quale si applicano le norme della vendita senza incanto. A tale gara possono partecipare anche agli offerenti al precedente incanto. In caso di diserzione della gara, l’offerta diviene definitiva e gli offerenti in aumento perdono la cauzione (il cui importo è pari al doppio della cauzione fissata per l’originario incanto). La procedura si chiude con il decreto di trasferimento che viene emanato solo dopo il versamento del prezzo e con il quale il giudice trasferisce la proprietà del bene. Peraltro, in luogo della pronuncia del decreto di trasferimento, fino a quando quest’ultimo non venga emesso, il G.E. può anche sospendere la vendita quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto con ordinanza impugnabile. Avvenuta la divisione, la vendita e l’aggiudicazione seguono le norme sull’espropriazione in generale. 2. Espropriazione contro il terzo proprietario: si ha quando un terzo, proprietario del bene espropriato, è responsabile patrimonialmente per un debito altrui. Ciò avviene nei seguenti casi: • Allorché il terzo ha concesso che su un proprio bene fosse costituita, per un debito altrui, un ipoteca (datore di ipoteca) o un diritto di pegno (datore di pegno) • Allorché il terzo ha acquistato beni gravati da ipoteca o cose date in pegno • Allorché l’alienazione del bene da parte del debitore è stata revocata per frode ai sensi dell’art. 2901 (azione revocatoria) In tutti questi caso, l’espropriazione colpisce un soggetto diverso dal debitore. Si prevede che: • Il titolo esecutivo ed il precetto (nel quale deve essere fatta espressa menzione del bene del terzo che si intende espropriare) vadano notificati anche al terzo; nei confronti di quest’ultimo devono essere compiuti gli atti di pignoramento e di espropriazione; • Il terzo è sentito ogni volta che deve essere sentito il debitore; • Il terzo debitore può fare offerte alla vendita all’incanto dei beni esecutati, in quanto non vige per lui il divieto di cui all’art. 579. CAP. 7 L’ESECUZIONE IN FORMA SPECIFICA 1. Nozione. L’esecuzione forzata in forma specifica si ha in tutti i casi in cui il diritto del creditore può essere realizzato nella sua identità specifica, e cioè mediante la consegna del bene o il compimento dell’attività che ne costituisce lo specifico oggetto (non è sempre attuabile a causa di possibili impedimenti materiali). I due tipi di esecuzione forzata previsti dalla legge sono: • Esecuzione per consegna o rilascio (artt. 605 – 611) • Esecuzione forzata di obblighi di fare e di non fare (artt. 612 – 614) 2. L’esecuzione per consegna o rilascio. L’esecuzione per consegna o rilascio è diretta a far conseguire al creditore la disponibilità materiale di una determinata cosa, mobile o immobile, oggetto del suo diritto. Caratteristiche: • L’organo preposto è l’ufficiale giudiziario (il G.E. interviene solo in caso di particolare difficoltà nel corso dell’esecuzione) • La mancanza di un fascicolo d’ufficio L’esecuzione viene preceduta da un precetto contente oltre ai requisiti di cui all’art. 480, anche la descrizione sommaria dei beni stessi. Decorso il termine per adempiere, l’ufficiale giudiziario si reca sul posto dove si trovano le cose mobili, le ricerca e le consegna alla parte istante (quest’ultima ha l’onere di essere presente, ma può anche farsi sostituire). Se le cose da consegnare risultano pignorate, l’ufficiale giudiziale non può consegnarle e la parte potrà fare proporre opposizione di terzi. Se il bene è costituito da un immobile, l’ufficiale giudiziario comunica almeno dieci giorni prima alla parte, il giorno e l’ora in cui procederà (cd avviso di rilascio). Il giorno stabilito, munito del titolo esecutivo e del precetto, l’ufficiale giudiziario immette la parte istante nel possesso dell’immobile, del quale consegna le chiavi, ingiungendo al detentore di riconoscere il nuovo possessore. Caso di estinzione è la rinuncia del creditore da notificare alla parte esecutata e da consegnare all’ufficiale giudiziario. L’ufficiale giudiziario redige processo verbale nel quale sono indicate le spese che saranno liquidate dal G.E. Quest’ultimo interverrà nel corso dell’esecuzione solo se sorgeranno difficoltà che non ammettono dilazione e che richiedono, pertanto, imminenti provvedimenti (come questioni attinenti al diritto a procedere). 3. L’esecuzione forzata degli obblighi di fare e non fare. L’esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare è diretta a far conseguire al creditore la medesima prestazione specifica di fare oggetto del suo diritto, ovvero la eliminazione di quanto posto in essere dal debitore in violazione del suo obbligo di non fare. In questo caso, il titolo esecutivo è costituito da un provvedimento giudiziale (sentenza di condanna o provvedimenti ad essa equiparati). La procedura ha inizio con il ricorso, con cui il creditore istante, notificato il precetto, chiede che siano determinate le modalità dell’esecuzione. Il G.E., sentita la parte obbligata, provvede con ordinanza a determinare tempo e modalità della esecuzione, designa l’ufficiale giudiziario che deve procedere all’esecuzione, nonché le persone che devono materialmente agire. Il G.E., con decreto, inoltre, può pronunciarsi sulle spese presentate dalla parte istante e vistate dall’ufficiale giudiziario. Merita attenzione l’art. 614 bis in tema di attuazione degli obblighi di fare infungibili e di non fare (es. reintegra nel posto di lavoro). Parte della dottrina, al fine di dare attuazione ai menzionati obblighi, ha elaborato la categoria dei mezzi di coarcizione indiretta, rintracciabili nella sanzione penale di cui agli art. 388 e 650 cp. L’attuazione di tale tipologia di obblighi avviene solo indirettamente, cioè solo attraverso la determinazione di una certa somma di danaro che l’obbligato è costretto a pagare in caso di inosservanza, violazione o ritardata esecuzione del provvedimento. Invero, il giudice, su richiesta della parte, fissa la somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, salvo che ciò sia manifestamente iniquo (tale provvedimento costituisce titolo esecutivo). Per espressa previsione di legge, l’art. 614 bis non si applica alle controversie di lavoro subordinato e a tutte le forme di collaborazione ex art. 409 cpc. L’opposizione agli atti esecutivi consiste nella contestazione del quomodo dell’esecuzione. (regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto; della notificazione; dei singoli atti di esecuzione). Per questo, non è l’esecuzione in sé l’oggetto dell’opposizione ma il singolo atto esecutivo del quale si postula l’invalidità. L’opposizione deve essere proposta entro il termine di 20 giorni dal momento in cui è stato compiuto o notificato l’atto contro il quale essa si dirige. Procedimento: • Se l’opposizione è proposta prima dell’inizio dell’esecuzione dovrà farsi con citazione davanti al G.E. • Se l’opposizione è proposta dopo l’inizio dell’esecuzione, deve avere la forma del ricorso al G.E. (in tale forma di ricorso la competenza rimane ferma in tutto il corso del giudizio). Il giudice fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé ed il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto e dà nei casi urgenti i provvedimenti opportuni. All’udienza, con ordinanza, dà i provvedimenti che ritiene indilazionabili, ovvero sospende la procedura e provvede alla istruzione della causa, decisa con sentenza non impugnabile 4. Opposizione nella fase di distribuzione della somma ricavata. Essa ha la natura di un’opposizione di merito con cui si contesta un singolo atto: il piano di riparto. Possono sorgere poiché si contesta: • La sussistenza o l’ammontare dei crediti; • La sussistenza delle cause di prelazione; Il G.E., sentite le parti e compiuti i necessari accertamenti, provvede con ordinanza impugnabile a mezzo di opposizione agli atti esecutivi; al tempo stesso, il G.E. può sospendere in tutto o in parte la distribuzione del ricavato, con ordinanza reclamabile ex art. 669 terdecies. 5. Le opposizione in materia di lavoro, previdenza e di assistenza. Le relative opposizioni sono soggette alle norme dettate per il processo del lavoro. Precisamente, per le opposizioni proposte anteriormente all’inizio dell’esecuzione è competente il Tribunale in funzione di G.L.; per le opposizioni proposte dopo l’inizio dell’esecuzione, il G.E. fissa con decreto l’udienza di comparizione ed il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto opposto. Il G.E., dopo aver provveduto sull’istanza di sospensione, rimette la causa al G.L. per la decisione con il rito del lavoro. CAP. 10 LE OPPOSIZIONI DI TERZI 1. Nozione. Le opposizione di terzo possono essere proposte dal terzo che pretende avere la proprietà o altro diritto reale sui beni pignorati. (si apre un ordinario giudizio di cognizione). Il diritto che il terzo può vantare può consistere: nella piena proprietà del bene, in un diritto reale di godimento su cosa altrui, nel diritto di pegno, in un diritto su cose incorporali e nel possesso. 2. Legittimazione e termini. L’opposizione di terzo crea un litisconsorzio necessario fra terzo opponente, creditore procedente e debitore esecutato, il quale deve essere chiamato a partecipare al giudizio fin dall’inizio. L’opposizione può essere proposta dal momento in cui il bene viene colpito dall’azione esecutivo (atto di pignoramento o, in mancanza, con il primo atto che da inizio all’esecuzione). Per quanto concerne il termine finale bisogna distinguere. L’opposizione è tempestiva se proposta prima della vendita o dell’assegnazione. L’opposizione è tardiva se proposta successivamente: in tal caso, i diritti del terzo potranno farsi valere sulla somma ricavata, fino a che la somma stessa non sia stata distribuita tra i creditori. In ogni caso: a) se la cosa mobilie è stata acquistata in malafede, il terzo può perseguirla anche di fronte all’acquirente con azione autonoma; b) se si tratta di bene immobile, il terzo può sempre rivendicare il bene; c) se la cosa mobile è stata assegnata, il terzo, entro 60 giorni, può chiedere all’assegnatario di ripetere la somma. 3. Il procedimento. Il procedimento inizia con il ricorso presentato innanzi al G.E. il quale con decreto fissa l’udienza di comparizione delle parti ed il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto, nonché, con o senza cauzione, può inaudita altera parte sospendere l’intrapresa esecuzione. All’udienza di comparizione il giudice, sentite le parti, può confermare, modificare o revocare l’eventuale provvedimento di sospensione reso con decreto (l’ordinanza è reclamabile). Se all’udienza le parti raggiungono un accordo, il G.E. ne dà atto con ordinanza adottando ogni altra decisione idonea ad assicurare, se del caso, la prosecuzione del processo esecutivo ovvero ad estinguere il processo statuendo, altresì, in questo caso anche sulle spese; altrimenti il G.E. provvede ai sensi dell’art. 616 tenuto conto della competenza per valore. Nella fase istruttoria, il terzo non può provare con testimoni il suo diritto sui beni mobili pignorati nella casa o nell’azienda del debitore, tranne che l’esistenza del diritto stesso sia resa verosimile dalla professione o dal commercio esercitati dal terzo o dal debitore. Il processo si propone con sentenza non impugnabile (solo cassazione ai sensi dell’art. 111 cost). Qualora l’opposizione venga accolta, deve distinguersi: • Se riguarda tutti i beni, l’accoglimento arresta definitivamente l’esecuzione, con caducazione di tutti gli atti esecutivi compiuti; • Se riguarda solo alcuni beni, si procede alla separazione dell’oggetto su cui è accertato il diritto del terzo, mentre l’esecuzione prosegue per gli altri. CAP. 11 LA SOSPENSIONE E L’ESTINZIONE DEL PROCESSO ESECUTIVO La sospensione (sempre facoltativa e mai obbligatoria) consiste in un arresto dello svolgimento del processo esecutivo. • Denunce di nuova opera e danno temuto • Procedimenti possessori • Provvedimenti di urgenza • Procedimenti d’istruzione preventiva 3. I procedimenti in camera di consiglio. Secondo l’opinione oramai prevalente, i procedimenti camerali sono quei procedimenti mediante i quali viene esercitata la cd “volontaria giurisdizione”, in quanto non vi è una controversia da risolvere, ma un negozio o un affare da gestire che, per svariati motivi, richiede l’intervento partecipativo di un terzo estraneo ed imparziale. In tali atti la volontà del giudice si affianca a quella del soggetto privato, consentendone la formazione. Essi sono: • Nomina del curatore dello scomparso • Provvedimenti relativi a minori e incapaci • Provvedimenti per l’apertura di successioni • Apposizione e rimozione di sigilli • Formazione dell’inventario 4. Gli altri procedimenti speciali. Sono: a) il riconoscimento di provvedimenti giurisdizionali stranieri; b) l’arbitrato. CAP. 2 IL PROCEDIMENTO DI INGIUNZIONE 1. Nozione e caratteri. Il procedimento di ingiunzione (artt. 633 e ss) è una forma speciale e abbreviata del normale processo di condanna, dal quale differisce per la struttura, perché all’accertamento contenzioso è sostituita una cognizione sommaria, inizialmente senza contraddittorio, con la quale si giunge a un decreto di condanna. Contro tale decreto il debitore può fare opposizione, instaurando un giudizio a cognizione piena che si svolge con tutte le garanzie del contraddittorio. Proprio perché è rimesso all’iniziativa di colui che riceve il decreto di condanna, il giudizio a cognizione piena è differito ed eventuale. Il procedimento di ingiunzione è dunque, diretto a far conseguire al creditore che se ne avvalga una pronuncia di condanna in forme più agili e spedite rispetto a quelle tipiche della cognizione ordinaria. La competenza appartiene al GdP e al Tribunale in composizione monocratica che sarebbe competente in via ordinaria. 2. Condizioni di ammissibilità. Può ottenere un decreto ingiuntivo: • Creditore di una somma di danaro liquida, o di una determinata quantità di cose fungibili (è liquido il credito predeterminato nell’ammontare, senza che si debba procedere a calcoli o aggiunte se non meramente strumentali); • chi ha diritto alla consegna di una cosa mobile determinata; • avvocati, cancellieri, U.G. e chiunque abbia prestato la sua opera in occasione di un processo, per il pagamento di onorari dovuti per le loro prestazioni; • notai ed altri esercenti una libera professione o arte per la quale esiste una tariffa legalmente approvata, per onorari o rimborsi di spese; La prova che il creditore deve fornire in ordine all’esistenza del suo diritto è una prova scritta. In particolare, secondo gli artt. 634, 635 e 636, sono prove scritte idonee: le polizze e promesse unilaterali per scrittura privata e i telegrammi. Per i crediti relativi a somministrazioni di merci e di denaro nonché per prestazioni di servizi fatte da imprenditori che esercitano un’attività commerciale, anche a persone che non esercitano tale attività, sono altresì prove scritte idonee gli estratti autentici delle scritture contabili di cui agli artt. 2214 e ss, purché bollate e vidimate nelle forme di legge e regolarmente tenute, nonché gli estratti autentici delle scritture contabili prescritte dalle leggi tributarie, quando siano tenute con l’osservanza delle norme stabilite per tali scritture. Costituiscono prova scritta anche le parcelle delle spese e prestazioni sottoscritta dal ricorrente e corredata dal parere della competente associazione professionale. Per i crediti dello Stato (o enti pubblici) sono prove idonee anche i libri o registri dell’amministrazione, previa attestazione della regolare tenuta ad opera di un componente funzionario. (si noti che la nozione di prova scritta è più ampia che viene in rilievo ai fini dell’emanazione del d.i., è più ampia di quella che si ricava dalla disciplina dettata per il processo di cognizione. La prova richiesta è ciò che può trarsi da qualsiasi documento di legge meritevole di fede quanto ad autenticità). L’ingiunzione può essere pronunciata anche se il diritto dipende da un controprestazione o da una condizione, purché il ricorrente offra elementi idonei a far presumere l’adempimento della controprestazione o l’avveramento della condizione. L’art. 648, infine, prevede la possibilità che il giudice conceda l’esecuzione parziale del decreto impugnato limitatamente alle somme non contestate. 3. L’atto introduttivo. La domanda di ingiunzione si propone con ricorso, il quale, oltre i requisiti generali di ogni atto di parte indicati nell’art. 125, deve contenere: • l’indicazione delle prove che si producono (il titolo) • l’indicazione del procuratore, oppure quando è ammessa la costituzione di persona, la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito; • se la domanda riguarda la consegna di cose fungibili, essa deve contenere anche la dichiarazione della somma di danaro che il ricorrente è disposto ad accettare in mancanza della prestazione in natura, a definitiva liberazione dell’altra parte. 4. Il procedimento. Il ricorso va depositato in cancelleria insieme con i documenti che si allegano. Il giudice emette, quindi, la decisione sulla base delle prove documentali fornite inaudita altera parte. Al riguardo, possono verificarsi due ipotesi:
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