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Diritto processuale civile: il processo di cognizione, Dispense di Diritto Processuale Civile

La dispensa è completamente sostitutiva del secondo volume del Luiso, perfetta per preparare il secondo parziale o la seconda parte dell'esame con la professoressa Marinucci. É stata integrata anche con gli appunti e gli esempi fatti a lezione dalla professoressa.

Tipologia: Dispense

2023/2024

In vendita dal 04/06/2024

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Scarica Diritto processuale civile: il processo di cognizione e più Dispense in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! 1 PROCEDURA CIVILE II IL PROCESSO DI CONGNIZIONE DI PRIMO GRADO Disciplina del processo di cognizione, impugnazioni straordinarie e procedimenti speciali IL PROCESSO DI I GRADO DAVANTI AL TRIBUNALE Esiste anche quello davanti al giudice di pace ma il modello principale e più importante è quello del tribunale. Esistono in realtà due riti per il processo di I grado al tribunale • Processo ordinario di cognizione • Procedimento semplificato (art 281 decies/281 terdecies) - introdotto l’anno scorso dalla cartabia e quantomeno nelle intenzioni del legislatore costituisce rito alternativo rispetto al processo ordinario, che il legislatore predilige per i processi soprattutto laddove siano processi che non richiedano attività istruttoria particolarmente impegnativa si caratterizzano per essere intersecabili cioè l’attore può scegliere a suo piacimento una delle due sottospecie. Quando per una controversia è prescritto un rito speciale questo deve essere necessariamente essere utilizzato. È stato approvato dal dover no un d.lgs. correttivo della Cartabia ma sono correzioni di settori, è ora al vaglio del consiglio di stato per l’approvazione ll processo di cognizione è il mezzo con cui si impartisce la tutela dichiarativa. Le altre due forme sono esecutiva e cautelare che rispondono a esigenze diverse. dovremmo parlare di tutela giurisdizionale dichiarativa invece che di cognizione, perché consiste nella dichiarazione autoritativa e vincolante dei comportamenti leciti e doverosi di due o più soggetti circa un bene della vita protetto e garantito dall’ordinamento. Si dovrebbe parlare di tutela dichiarativa perché, se è vero che l’organo giurisdizionale, per poter giungere a dare contenuto alla statuizione, deve prima conoscere la realtà sostanziale introdotta nel processo, e cioè deve porre in essere un’ attività di ricognizione dei presupposti e del contenuto del provvedimento, la ricognizione è pur sempre attività strumentale. ci si chiede perché il processo con cui si impartisce la tutela dichiarativa prende il nome della fase strumentale anziché dell’effetto prodotto. Questo dipende dal fatto che la maggior parte dell’attività che si svolge nel processo di cognizione è dedicata alla raccolta di elementi che servono a orientare il contenuto della decisione e in parte perché quando l’atto che risolve la controversia proviene da un soggetto diverso dai destinatari dei suoi stessi effetti, il contenuto dell’atto deve essere parametrato alla realtà sostanziale preesistente in quanto il terzo non ha il potere di disporre dei diritti delle parti. la disciplina del processo di cognizione ordinario è contenuta nel secondo libro del codice, lacune norme sono contenute nel sesto. La gran parte delle norme è dedicata quindi al rito ordinario, che resta il procedimento maggiore Esame del procedimento ordinario: è diviso in tre fasi 1. Introduzione della causa: fanno parte quegli atti che servono a individuare l’oggetto del processo, cioè la situazione sostanziale di cui si chiede la tutela, la lesione e gli effetti che si chiedono al giudice, ossia la tutela richiesta 2. Istruzione in senso ampio - suddivisa a sua volta in fase di trattazione della causa e fase di istruttoria in senso stretto (la quale definisce e perimetra la decisione da un lato e la cognizione dall’altro, si affinano le questioni di cui poi il giudice dovrà decidere) 3. Fase decisoria - destinata alla chiusura del processo e alla decisione possibilmente nel merito della controversia – l’organo giurisdizionale emette il provvedimento con cui si nega o da l tutela richiesta, determinando in modo vincolante quali sono le regole di condotta delle parti in relazione alla situazione sostanziale protetta. 1. Introduzione della causa : LA CITAZIONE Come tecnicamente si dà avvio a un processo, esistono nel nostro ordinamento due tipologie di atti introduttivi: l’atto di citazione e il ricorso. Il processo ordinario di cognizione si introduce con il primo (ATTO DI CITAZIONE) mentre il procedimento semplificato con il secondo. la differenza tra i due è che la citazione viene prima notificata alla controparte e poi depositata nella cancelleria del giudice, che prende cognizione successivamente alla controparte; nel ricorso l’iter cronologico si inverte (prima si deposita l’atto presso la cancelleria del giudice e poi si notifica alla controparte. 2 la citazione porta la domanda giudiziale a conoscenza quanto meno di altri due soggetti, il processo è actus trium personarum – attività di almeno tre persone: chi chiede la tutela (attore), colui contro il quale la tutela è richiesta (convenuto) e il giudice. Il rito ordinario inizia quindi tramite la proposizione da parte dell’attore dell’atto di citazione, a cui è dedicato l’art. 163 cpc, ‘contenuto della citazione’. L’atto di citazione è complesso, all’interno di questo vi è l’editio actionis (in concreto la domanda, petitum causa petendi ecc.) e la vocatio in ius (atto recettizio che è già indirizzato al convenuto, l’atto di citazione infatti prima ancora di essere depositato in tribunale viene notificato al convenuto). la citazione può inoltre contenere elementi propri della trattazione come l’allegazione dei fatti che non servono a individuare il diritto dedotto in giudizio e le attività relative all’istruttoria. È dal momento della citazione che la lite pende, e si dà avvio alla litispendenza in senso ampio. Il contenuto dell’atto di citazione (art. 163 comma 3): 1. Indicazione del tribunale di fronte al quale la domanda è proposta 2. indicazione delle parti - Nome, cognome, residenza, codice fiscale dell’attore e il suo assistito - Nome, cognome, residenza o domicilio o dimora del convenuto e chi eventualmente li rappresenta Se attore o convenuto è persona giuridica, la citazione deve contenere denominazione o la ditta, organo o ufficio che ne ha rappresentanza in giudizio 3. Petitum immediatum - determinazione della cosa oggetto della domanda, quale bene della vita non sono riuscito ad assicurarmi sul piano del diritto sostanziale e per cui ho bisogno dell’intervento dell’autorità giudiziaria 4. Causa petendi - esposizione in modo chiaro e specifico di fatti e elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, devo indicare il titolo della domanda (composto dai fatti e dalla qualificazione giuridica, quale norma in virtù del quale il fatto fa sorgere in capo a me un diritto soggettivo). la differenza rileva ai fini dell’individuazione del diritto oggetto del processo – poiché i diritti auto individuati hanno come elemento di identificazione il soggetto, il bene e il tipo di utilità garantita dall’ordinamento; la causa petendi non costituisce elemento di identificazione degli stessi. Anche quando si tratti di diritti auto individuati dovrò comunque indicare il fatto costitutivo del mio diritto inquadrandolo giuridicamente. se tizio agisce in rivendicazione nei confronti di caio, il diritto oggetto del processo è individuato nei soggetti (tizio e caio); il bene; il tipo di utilità. È irrilevante che tizio specifichi a che titolo è proprietario del bene. al contrario, i diritti etero individuarti si identificano attraverso la fattispecie costitutiva – la causa petendi perché al moltiplicarsi della fattispecie costitutiva si moltiplica il diritto. la causa petendi si unisce all’utilità garantita e ai soggetti quale elemento di individuazione dei diritti in questione. La citazione dovrà indicare la causa petendi se si tratta di un diritto eteroindividuato mentre non è necessaria se si tratta di una diritto autoindividuato. La mancanza di causa petendi non comporta la nullità in caso di diritti autoindividuati. la causa petendi rileva come elemento della domanda giudiziale ma anche come elementi della trattazione, e cioè ai fini dell’accoglimento o del rigetto della domande nel merito. relativamente ai diritti eteroindividuati la causa petendi ha duplice funzione: individuare il diritto e anche a farsi dare ragione, nei diritti autoindividuati ha solo funzione di farsi dare ragione. se la causa petendi non è sempre rilevante in sede di proposizione della domanda giudiziale essa è sempre rilevante in sede di trattazione, nel senso che la mancata allegazione, nei diritti autoindividuati, del fatto costitutivo del diritto, se non rende l’atto introduttivo nullo, se ciò non impedisce all’atto introduttivo di individuare l’oggetto del processo, impedisce al giudice di accogliere la domanda così formulata. nei diritti autoindividuati la causa petendi non è rilevante ai fini dell’identificazione del diritto: non è rilevante ai fini del se, cioè della possibilità di emettere una pronuncia del merito ma ai fini del come, per stabilire se tale contenuto sarà di affermazione o di negazione. 5 delle nullità. In caso di esito positivo, rilevata la nullità della citazione ne dispone d’ufficio la rinnovazione entro il termine perentorio, indicando all’attore l’elemento della vocatio in ius da integrare. Questa rinnovazione come afferma la norma ‘sana i vizi e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin dal momento della prima notificazione’. Se la rinnovazione non viene eseguita, l’attore non provvede, si cancella la causa dal ruolo e il processo si estingue. il giudice fissa anche la successiva udienza di comparizione. Se l’attore rinnova la citazione nel termine assegnatogli, il vizio si sana con efficacia retroattiva (effetti sostanziali e processuali si considerano prodotti sin dal momento della prima notificazione) Se, viceversa, la rinnovazione non viene eseguita o viene eseguita oltre il termine perentorio, il giudice all’udienza successiva, se il convenuto non si è costituito, ordine la cancellazione della causa dal ruolo e si ha estinzione immediata del processo. se l’atto rinnovato è nullo è possibile disporne la rinnovazione ma la questione è controversa. Il potere di disporre la rinnovazione dovrebbe essere esercitato in prima udienza. Tuttavia, niente impedisce che anche in fase decisoria, il giudice che accerti l’esistenza di detta nullità, debba ugualmente disporre la rinnovazione della citazione nulla. Le conseguenze di tale tardivo ordine di rinnovazione sulla posizione processuale del convenuto, evocato in giudizio a giudizio inoltrato: il giudice dichiarata la nullità della citazione, fissa una nuova prima udienza ex art 171 bis cpc, 70 giorni prima della quale il convenuto può costituirsi depositando la comparsa ai sensi del 166 e 167 cpc. In nessun modo il convenuto incorre in decadenza o preclusioni a causa del fatto che il giudice ha dichiarato la nullità in un momento successivo - SANATORIA PER COSTITUZIONE DEL CONVENUTO – con la costituzione del convenuto si acquisisce al processo la condizione per la pronuncia di merito, che è la regolare instaurazione del contraddittorio. La sanatoria del vizio non significa che diviene del tutto irrilevante l’originaria nullità della citazione. L’omissione o l’incertezza circa uno degli elementi sopra, non consente una pronuncia di merito ma produce la conseguenza di non permettere al convenuto un’adeguata difesa: e rispetto a tale conseguenza la costituzione del convenuto non comporta una convalidazione oggettiva, in quanto la sua presenza nel processo significa che il contraddittorio si è realizzato ma non anche che sia ben realizzato. Si ha convalidazione oggettiva solo se il convenuto si sia difeso pienamente: la sola costituzione non è sufficiente. lo stesso art 164 III prevede che il giudice, ove il convenuto lo richieda, deve fissare una nuova udienza di prima comparizione, nel rispetto dei termini previsti dal 163 bis cpc per consentire al convenuto di depositare una comparsa di costituzione ai sensi dell’art 166 cpc 70gg prima dell’udienza fissata. ciò è quanto l’art 164 III cpc prevede espressamente per il caso in cui nella citazione sia stato assegnato un termine a comparire inferiore al legale p sia omesso l’avvertimento di cui al 7 dell’art 163 cpc. Ma la stessa regola deve valere anche per le altre tre ipotesi di nullità sempre che l’omissione o l’incertezza ad esse relative siano realmente tali. se tali vizi sussistono questo significa che il convenuto deve aver avuto notizia aliunde degli elementi la cui carenza vizia la citazione, quindi in un momento non individuabile e che in nessun modo può riportarsi a quello della notificazione dell’atto introduttivo. La previsione dell’art 164 relativa alla fissazione di una nuova prima udienza di trattazione è riferita a due ipotesi in cui il convenuto ha avuto sicuramente conoscenza della pendenza del processo: per disposizione esplicita del legislatore la riapertura del processo consegue a vizi dell’atto introduttivo, in dipendenza dei quali la difesa del convenuto è possibile solo più difficoltosa. A maggior ragione tale riapertura deve avere luogo allorché il vizio dell’atto introduttivo sia tale da rendere impossibile tale difesa. il convenuto non ha alcun obbligo di attivarsi per integrare gli elementi carenti della citazione: ha diritto di ricavare, dall’atto di citazione a lui notificato, tutto quello che gli serve per difendersi. Stessa disciplina si ha anche se il convenuto si costituisce spontaneamente nel corso del processo e rileva un viio della citazione – se tale eccezione è fondata ha diritto di chiedere la fissazione di una nuova prima udienza ex art 183 senza incorrere in decadenze o preclusioni. - vizi attinenti all’editio actionis (più gravi) art 164 seconda parte - Incerto il petitum - Incerta la causa petendi Questo è un vizio che il legislatore considera molto più grave, perché se dall’atto di citazione non emergono in modo chiaro le domande, il tenore delle domande formulate dall’attore, il convenuto non è messo in condizione di svolgere le sue difese, è necessario comprendere a pieno quali sono le domande, cosicché il convenuto possa integrare la difesa, produrre documenti e mostrare l’infondatezza della domanda (es. banalmente se non si capisce la pretesa dell’attore non si potrà far valere un’eccezione di prescrizione). 6 L’individuazione delle parti in senso sostanziale (titolari della relazione giuridica dedotta in giudizio) rientra nell’editio actionis in quanto necessario elemento identificatore del diritto fatto valere – una tale omissione riguarda il requisito dell’art 163 n 3. un discorso diverso va fatto per la mancata esposizione dei fatti di cui al n 4 dell’art 163 cpc – l’omessa esposizione dei fatti costituenti le ragioni della domanda comporta vizio della citazione a causa della mancata individuazione del diritto fatto valere solo per i diritti eteroindividuati (non per quelli autoindividuati). l’art 164 IV cpc richiama le carenze relative ai requisiti di cui al n. 4 dell’art 163 cpc solo nei limiti in cui tali carenze impediscano l’individuazione della situazione sostanziale fatta valere. Il richiamo va integrato col requisito di cui al n 2 dell’art 163 c.p.c; mentre va espunto il riferimento alla causa petendi per i diritti autoindividuati. Affinché ci sia nullità della citazione con riferimento alla editio actionis la sola costituzione del convenuto non è sufficiente a sanare tale nullità; né si può pensare che l’identificazione del diritto possa provenire dal convenuto stesso: 1. non è legittimato a sostituirsi all’attore nell’individuare il diritto che quest’ultimo vuol fare valere 2. luogo il convenuto non è in grado di sapere quale sia la situazione sostanziale che l’attore voleva far valere. SANATORIA - può provenire solo da un’attività dell’attore che faccia acquisire al processo l’elemento carente e integri la propria domanda individuando la situazione sostanziale controversa. - se il convenuto è contumace il giudice dispone la rinnovazione della citazione, integrata con elementi carenti della editio actionis. - se il convenuto è presente il meccanismo dell’art 164 è costituito dal deposito, da parte dell’attore, di una memoria contenente le necessarie integrazioni. Essendo il convenuto costituito sarebbe superfluo compiere un atto che contenga anche una vocatio in ius. In questi casi più gravi la sanatoria non avrà efficacia retroattiva, solo effetti ex nunc. finchè resta indeterminato i ldiritto fatto valere, non è possibile che operino gli effetti sostanziali e processuali della domanda perché non si saprebbe a quale diritto riferirli. La sanatoria ha come solo conseguenza la salvezza degli atti di impulso processuale, nonché il risparmio della fase decisoria volta a chiudere il processo in rito. Solo in questo si differenziano, nel caso di MANCATA RINNOVAZIONE della citazione, o di integrare la stessa, sembra possibile applicare per identità di ratio l’art 164 II in quanto la cancellazione della causa dal ruolo e susseguente estinzione altro non sono che una delle vie per chiudere in rito il processo ormai viziato. nel caso di MANCATA INTEGRAZIONE il problema è più complesso – il processo non può giungere a una conclusione di merito, si tratta solo di individuare lo strumento tecnico con cui chiuderlo. Si può ricollegare all’omissione l’estinzione del processo perché tale integrazione è una rinnovazione della citazione sotto altra veste. LE DIFESE DEL CONVENUTO Facoltà concesse al convenuto in risposta alla domanda dell’attore – artt 166 167 cpc. Il convenuto si difende con una comparsa di risposta , che deve essere depositata in cancelleria almeno 60gg prima dell’udienza indicata dall’attore nella citazione. è l’atto speculare della citazione. Questa manca necessariamente della vocatio in ius e anche della editio actionis a meno che non contenga a sua volta una domanda (riconvenzionale o la dichiarazione della volontà di effettuare la chiamata in causa di un terzo). Se con la comparsa di risposta non si propongono nuove domande o non si manifesta l0intenzione di chiamare in causa terzi, costituisce un atto che appartiene esclusivamente alla trattazione, Alcune attività devono essere contenute nella comparsa di risposta, altre possono essere anche compiute nel successivo processo. Si distinguono - le difese in rito: riguardano la correttezza del processo – vizi relativi ai presupposti processuali. rilevazione che può essere fatta anche successivamente, nell’ulteriore corso del processo tranne casi in cui il difetto del presupposto processuale non è rilevabile anche d’ufficio. In tale ipotesi vale il contrario: il convenuto deve sollevare la questione di rito a lui riservata nella prima difesa utile (= comparsa di risposta tempestivamente depositata) - le difese in merito: riguardano la fondatezza della domanda = le attività che il convenuto può compiere si possono riassumere come segue • difese semplici, mere difese: il convenuto contesta in fatto o in diritto quanto affermato dall’attore 7 • eccezioni: il convenuto introduce in giudizio dei nuovi fatti storici che si pongono come impeditivi, modificativi o estintivi del diritto vantato dall’attore o eccezioni rilevabili solo dalla parte (in senso stretto): devono essere inserite nella comparsa di risposta o eccezioni rilevabili anche di ufficio (in senso lato) un altro elemento della comparsa di risposta è la richiesta di mezzi di prova e produzione di documenti (speculare all’art 163 n 5) – come l’attore con l’atto introduttivo può chiedere mezzi di prova o documenti, il convenuto con la comparsa di risposta può chiedere mezzi di prova o produrre documenti. queste attività possono essere compiute anche nell’ulteriore corso del processo tranne le eccezioni in senso stretto (di rito e merito) che devono essere inserite nella comparsa di risposta. Egli deve sempre dichiarare la volontà di chiamare in causa un terzo, nonché, proporre le domande riconvenzionali. La nuova domanda del convenuto aumenta l’oggetto del processo: avremo un processo con cumulo oggettivo dato che i diritti fatti valere sono più, anche se il processo resta unico. gli strumenti che ha a disposizione il convenuto sono - domanda riconvenzionale: diretta nei confronti di chi è già parte - chiamata in causa del terzo: diretta nei confronti di chi non è ancora parte e contiene la vocatio in ius per la necessità di instaurare il contraddittorio. il convenuto deve, a pena di decadenza, con la comparsa di risposta, manifestare la volontà di chiamare in causa un terzo anche se la chiamata è non innovativa. Il convenuto deve inoltre chiedere al giudice lo spostamento della prima udienza al fine di poter citare il terzo col rispetto dei termini di cui all’art 163 bis cpc. Poiché il legislatore indica esplicitamente che la finalità del provvedimento di spostamento dell’udienza è di consentire al convenuto di avere a disposizione un tempo sufficiente per assegnare al chiamato i termini di difesa dell’art 163 bis cpc, non c’è la necessità di alcuna istanza e il terzo può essere direttamente citato a comparire nella prima udienza. il giudice non ha alcun potere di valutare l’opportunità della chiamata in causa: è un provvedimento vincolato. La realizzazione del simultaneus processus è fondamentale per rendere opponibile al terzo la sentenza che sarà pronunciata e quindi evitare il contrasto di decisioni; non è possibile attribuire al giudice alcun potere discrezionale in proposito. Inoltre l’attore può convenire in causa chi vuole = per la parità delle armi questo è concesso anche al convenuto. Non c’è neanche necessità di chiedere tale spostamento se il convenuto ha a disposizione i tempi necessari per citare il terzo a comparire, cioè per notificargli la citazione per la chiamata in causa lasciandogli il termine a difesa prescritto. Sempre nella comparsa di risposta il convenuto deve inserire le sue conclusioni (=ciò che chiede al giudice) entro gli stessi limiti con riferimento alla citazione. la nullità della domanda riconvenzionale può essere sanata come quella della citazione, mediante deposito di una memoria contenente gli elementi carenti (Art 167 II cpc) – la sanatoria non ha efficacia ex tunc: la domanda riconvenzionale si considera proposta a tutti gli effetti dal momento in cui è compiuto l’atto integrativo. LA COSTITUZIONE IN GIUDIZIO - rendere nota all’autorità giudiziara la pendenza del processo Costituzione in giudizio = atto d’impulso di parte in virtù de quale la parte si presenta davanti all’autorità giudiziaria è l’atto formale con cui si coinvolge l’autorità giudiziaria in modo tale che sorga in capo all’autorità giudiziaria l’obbligo di compiere una serie di atti funzionari allo svolgimento del processo. Una volta ciò significava presentarsi con il fascicolo in cancelleria, oggi avviene telematicamente attraverso il deposito del fascicolo (salvo eccezioni). dopo la notificazione della citazione, entrambe le parti devono costituirsi in giudizio (=presentarsi al giudice). I termini sono - attore dieci 10 dalla notificazione dell’atto introduttivo per mezzo del suo difensore (art 165 cpc) - convenuto 70 giorni prima dell’udienza di comparizione art. 70 bis delle disposizioni di attuazione del Codice di procedura civile - principio per cui se anche la prima udienza viene spostata d’ufficio, il termine di costituzione del convenuto rimane quello di almeno 70 giorni prima dell’udienza fissata nell’atto di citazione. Anche se l’udienza viene spostata il termine non si sposta, si fa sempre riferimento alla scadenza fissata dall’attore nell’atto di citazione 10 anche in fase istruttoria. In questo caso il giudice deliba la questione e ammette ad ufficio il mezzo di prova se ritiene che la sua sia a decisione monocratica; non lo ammette se ritiene che la causa sia a decisione collegiale. La questione sarà affrontata in sede decisoria: conseguenza – se è stata disposta di ufficio l’assunzione di un mezzo istruttorio che non può essere ammesso d’ufficio nelle cause a decisione collegiale, il collegio no potrà usarlo ai fini della decisione. Se si incorre in errore nell’individuazione delle cause che devono essere decise dal collegio e di quelle che devono essere decise dal giudice istruttore interviene l’art 281 octdecies – se il giudice istruttore si accorge che la causa appartiene al collegio invece di decidere la causa con sentenza, emette un’ordinanza con cui rimette la causa al collegio. Viceversa, se il collegio, in sede di decisione, si accorge che la causa deve essere decisa dal giudice istruttore, con ordinanza non impugnabile rimette la causa a questi. l’ordinanza del collegio è vincolante per il giudice istruttore che deve decidere le cause che gli rimette il collegio, che può ritenere a decisione monocratica una causa che l’istruttore aveva ritenuto a decisione collegiale e aveva rimesso al collegio. In tal caso, il collegio restituisce la causa al giudice istruttore che deve deciderla. Se il processo è strutturato con cumulo oggettivo (più domande) ma solo alcune delle quali rientrano nella previsione dell’art 50bis cpc, vi è attrazione da parte del collegio che decide tutte le cause cumulate, anche quelle che di per sé dovrebbero essere decise dal giudice istruttore. l’art 50quater prevede che, se il collegio decide una causa che avrebbe dovuto decidere il giudice istruttore e viceversa, si applica il 161 I cpc mentre non si applica il 158 cpc. La nullità, non attenendo alla costituzione del giudice, non è rilevabile di ufficio ma solo su eccezione di parte; e la relativa questione deve essere fatta valere dalla parte interessata con i mezzi di impugnazione. Dati gli effetti sostitutivi della sentenza di appello, il giudice di appello in ogni caso emette una nuova decisione che sostituisce quella in primo grado. Ma non per questo la nullità diviene platonica, in quanto il giudice di appello annulla la sentenza, e decide di nuovo la causa sulla base della precisazione delle conclusioni in primo grado, senza che trovi applicazione l’onere di specificare i motivi di appello, previsto dal 342 c.p.c. Inoltre, se il giudice di primo grado, decidendo monocraticamente, usa un prova assunta ex officio ai sensi del 281 ter c.p.c il giudice di appello, che ritenga la causa a decisione collegiale, non può più usare la prova. la nomina del giudice istruttore avviene con provvedimento del presidente del tribunale: il giudice così designato non può essere sostituito (art 174 cpc) se non in caso di assoluto impedimento o gravi esigenze di servizio – il legislatore avrebbe voluto garantire la concentrazione del processo, cioè che fosse la stessa persona fisica ad istruire la causa. Nella prassi però, i procedimenti durano così a lungo che i mutamenti del giudice istruttore possono essere molteplici (pensionamento, promozione, maternità etc). Resta fermo l’intento perseguito dall’art 174 cpc che è quello di realizzare l’unicità del giudice istruttore -persona fiducia. Secondo la cassazione il 174 cpc non attribuisce alle parti alcuna situazione processuale protetta, sicché non possono in alcun modo contestare il provvedimento, con cui il presidente del tribunale sostituisce il giudice istruttore à art 7 bis ordinamento giudiziario afferma la violazione dei criteri per l’assegnazione degli affari non determina la nullità dei provvedimenti adottati I CONTROLLI PRELIMINARI una delle novità maggiori della riforma cartabia è costituita dall’anticipazione della trattazione a una fase antecedente alla prima udienza. Rispetto al merito l’attività che si svolgeva nella prima udienza si limitava alla richiesta e alla concessione dei termini per il deposito di memorie destinate alla trattazione della causa – nessun problema a spostare la prima udienza rispetto alla trattazione del merito. Viceversa, con riferimento al rito, il primo comma del previgente 183 cpc prevedeva il compimento di attività di controllo e correzione che non possono essere posticipate rispetto alla trattazione del merito – pena il rischio che il processo arrivi alla prima udienza con difetti processuali idonei a porre nel nulla l’attività preparatoria dell’art 171 ter cpc La riforma ha previsto che il giudice debba effettuare una verifica nei 15 gg successivi alla scadenza del termine dell’art 166 cpc (antecedentemente alla scadenza del termine per il deposito delle memorie integrative ex art 173 ter ma successivamente al termine per la costituzione in giudizio delle parti art 171 ter) 11 art. 171 bis - verifiche preliminari - norma nuovissima, il giudice letti gli atti compie una serie di verifiche, elencate in questo articolo ma che fanno riferimento a istituti già conosciuti nella procedura civile Il giudice istruttore deve § Clausola generale di verificare l’integrità del contraddittorio § Verificare le condizioni di cui agli artt. 102, 107, 164, 167, 171, 182, 269, 291 e 292ù Deve sostanzialmente verificare che la causa non sia stata incardinata male, verificare che il processo non parta viziato, quindi riguardano la regolare instaurazione del contraddittorio, che richiedono che un soggetto non è coinvolto venga chiamato, come anche le verifiche di nullità di citazione e comparsa di risposta. Prima della riforma il giudice faceva queste verifiche alla prima udienza, aiutato anche dagli avvocati, mentre ora lo deve svolgere prima appena il convenuto si costituisce, si impedisce che il giudice porti avanti un processo inutile Le singole verifiche - 102 comma 2 - litisconsorzio necessario - se pretermesso il giudice deve ordinare l’integrazione del contraddittorio - 107 - intervento del terzo per ordine del giudice - 164 comma 2,3,4,5 - ipotesi di nullità dell’atto di citazione di cui il giudice ordina la sanatoria - 167 comma 2,3 - se nella comparsa di risposta c’è domanda riconvenzionale ne va valutata la nullità - 171, 182 - riguardano provvedimenti che attengono all’eventuale contumacia del convenuto, deve verificare se si tratta di contumacia volontaria o involontaria - 269 - provvedimenti che il giudice adotta quando autorizza la chiamata in causa del terzo - 291, 292 se le verifiche danno - esito positivo: il giudice conferma o dilazione l’udienza fissata in citazione - esito negativo: il giudice provvede ai sensi delle norme indicate à Nel momento in cui va integrata la presenza di un terzo, anche questo deve essere messo nelle condizioni di potersi difendere, quindi il giudice come prima cosa sposta la data della prima udienza, fissa la data di un’udienza più lontana cosicché anche i nuovi convenuti abbiano a disposizione almeno 120 giorni liberi (150 se all’estero) per poter depositare la sua comparsa di risposta entro 70 giorni prima la data di questa nuova udienza. La nuova data fissata varrà per tutti per il deposito degli atti successivi (le cd memorie), perché gli altri avranno già depositato la loro comparsa di risposta. nessuna di queste attività si preclude se non svolta entro i termini, potrà essere rilevata nel corso del processo di primo grado e quasi sempre anche nei gradi successivi. In questa fase preliminare il giudice deve anche comunicare alle parti le questioni rilevabili di ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione in attuazione del 101 II cpc. (questioni di rito insanabili il quel processo col compimento di attività previste delle norme indicate nel comma 1 ex litispendenza, giurisdizione, competenza, connessione & questioni di merito che comportano la rilevanza di elementi della fattispecie ulteriori e diversi rispetto a quelli dedotti in giudizio) su tutte le questioni indicate dal giudice col provvedimento in esame le parti possono esercitare il contraddittorio con le me morie di cui all’art 171 ter . Il decreto è comunicato alle parti costituite a cura della cancelleria, dal fascicolo arriva una pec. Dal punto di vista procedimentale il giudice, ove necessario, dilazionerà l’udienza fissata in citazione per consentire alle parti di compiere quanto stabilito. Il giudice può peraltro dilazionare la prima udienza per esigenze di ufficio. In entrambi i casi, i termini di cui all’art 171 ter decorrono tutti dalla nuova udienza. il giudice deve comunque pronunciare l’ordinanza dell’art 171 bis III cpc anche se si limita a confermare l’udienza fissata dall’attore. Scaduto il termine per la costituzione alla parte è necessariamente comunicato il decreto con cui il giudice conferma l’udienza, la dilaziona o dispone la sanatoria dei vizi. art. 171 bis comma 2 - dopo i provvedimenti di cui al primo comma il giudice fissa nuova udienza, rispetto alla quale decorrono i termini per tutti per le 3 memorie integrative di cui all’art. 171 ter (sono memorie in cui le parti continuano a discutere fra loro e si depositano entro 40, 20, 10 giorni prima della sentenza). Se il giudice non ha esigenza di fissare nuova udienza, perché non incorre in queste ipotesi, ha due possibilità 12 - Conferma l’udienza fissata nell’atto di citazione - Differisce fino a un massimo di 45 gg dalla data della prima udienza, e da questa decorreranno i termini di 40, 20, 10 di cui all’art. 171 ter Cosa succede se decorsi i 15 giorni il decreto del giudice non arriva? A quel punto i termini per depositare le tre memorie decorrono lo stesso e il processo va avanti, oppure bisogna aspettare il decreto del giudice che confermi? Con un decreto correttivo della Cartabia si prevede che tutto si sospende, non decorrono i termini per depositare la memoria O l’udienza viene spostata per esigenze sorte nell’ambito delle verifiche preliminari (quindi viene coinvolto un terzo soggetto) oppure non sorgono esigenze ma comunque il giudice differisce l’udienza per esigenze del suo ruolo. In entrambi i casi, il termine per il deposito delle memorie integrative decorrerà dalla nuova udienza fissata dal giudice, o eventualmente confermata. A quel punto, scattano questi termini per il deposito delle memorie integrative -> Memorie integrative = ulteriori atti difensivi che ciascuna parte depositerà nel proprio fascicolo volte ad affinare il thema decidendum, e dall’altro lato sono memorie destinate a definire l’attività istruttoria che dovrà essere svolta nel corso di quel processo, destinate all’integrazione delle istanze istruttorie e delle condizioni documentali. (incidono sul contenuto della citazione). l’art 171 ter introduce le preclusioni – il processo strutturato secondo le preclusioni è caratterizzato dalla fase di trattazione della causa in un primo momento (allegazione di fatti & richieste istruttorie) e un secondo momento dedicato alla prova di quelli, fra i fatti allegati che siano controversi à resta esclusa la possibilità che il processo possa regredire allo stadio anteriore a causa dell’introduzione di quegli elementi la cui acquisizione è propria dello stadio superato = PRINCIPIO DI PRECLUSIOONE - impedire che allegazioni e richieste istruttorie siano effettuate nell’arco di tutta la trattazione. •FASE DI ALLEGAZIONI E ACQUISIZIONI e RICHIESTE ISTRUTTORIE – si possono distinguere in vari modelli rito del lavoro molto rigido dove le allegazioni e richieste istruttorie devono essere effettuate contestualmente e possono essere contenute nei soli atti introduttivi; ulteriori allegazioni e prove sono ammissibili solo come replica alle difese avversarie e ai rilievi officiosi del giudice e mai come ius poenitendi (novità non giustificate) il principio di preclusione è stato (re)introdotto allo scopo di fissare le questioni controverse evitando la diluizione della fase di trattazione in una serie di udienze dove è possibile arricchire il processo – si vuole evitare che una volta fatta la trattazione e assunte le prove si possa allegare altri fatti/avanzare richieste istruttorie etc. lo scopo è stato raggiunto con la consapevolezza che solo l’effettiva attuazione del contraddittorio possa consentire di giungere a una decisione che sia il meno possibile divergente nella fase di trattazione del rito ordinario è stata abbandonata la rigidità del rito del lavoro e la fase 9in cui si acquisiscono al processo i fatti controversie è separata da quella dedicata all’acquisizione delle istanze istruttorie e documenti. Inoltre, sono possibili acquisizioni ulteriori (domande e allegazioni). NOVITA AMMISSIBILI – •da un lato le nuove acquisizioni che discendono dall’attuazione del contraddittorio (costituiscono la replica all’esercizio di poteri processuali altrui) – fenomeno disciplinato dall’art 171 ter n.1 perché altrimenti sarebbe in contrasto con l’art 24.il primo comma del 171 bis prevede che nella dialettica attuazione del contraddittorio entri anche il giudice. • dall’altro abbiamo le nuove acquisizioni che non si ricollegano alla dialettica processuale, che non dipendono dall’esercizio di poteri processuali altrui (ius poenitendi della parte). à fenomeno disciplinato dal n.1 seconda parte dell’art 171 ter che consente l’a incondizionata precisazione e modificazione delle domande, allegazioni e conclusioni. il primo gruppo di poteri è disciplinato dalla prima parte dell’art 171 ter n 1 Qui scatteranno le decadenze che non scattano per gli atti introduttivi. fase di trattazione: si delineano il - tema decidendum: ciò che il giudice deve decidere - tema probandum: tutto ciò che le parti hanno l’onere di provare 15 A fronte dell’atto di citazione e quello che il convenuto ha scritto nella comparsa di risposta e memoria uno bisogna individuare il perimetro del thema probandum. Bisogna verificare quali fatti sono stati contestati, perché se non sono stati contestati non c’è onere della prova per l’attore. il modo più furbo è iniziare la memoria due indicando invece i fatti pacifici. A quel punto si individuano i fatti contestati e laddove siano costitutivi l’attore ha onere di provarli à PROVA DIRETTA: fatti costitutivi allegati da una parte che ha l’onere della prova. (per l’attore i fatti costitutivi del diritti; per il convenuto fatti modificativi estintivi e impeditivi) ed eventualmente fatti costitutivi della domanda riconvenzionale formulata nella comparsa di risposta). la prova diretta dipende da domande e eccezioni che le parti hanno formulato al più tardi nella domanda numero uno. la memoria due potrebbe essere anche molto lunga – spetta alle parti sottoporre al giudice le domande che si vorrebbe che venissero poste ai testi (capitoli di prova che vanno elaborati dai difensori); anche gli ordini di esibizione. • MEMORIA TRE – almeno dieci giorni prima dell’udienza, replicare alle eccezioni nuove (anche alle domande) e indicare la prova contraria à consiste, a fonte dell’istanza istruttoria della controparte, in attuazione del principio del contraddittorio, le controparti possono produrre in giudizio prove precostituite o formulare istanze istruttorie volte a contrastare documenti prodotte o istanze formulate. la prova contraria avrà per oggetto i fatti che la controparte ha l’onere di provare per contrastare l’assolvimento dell’onere della prova. è molto difficile formulare i capitoli della prova contraria anche perché ci sono solo dieci giorni. i termini a ritroso sono complessi, perché se cade la domenica il termine cade il venerdì (il termine diventa una settimana). PRE cartabia i termini erano in avanti ed erano più lunghi. obiettivo della Cartabia: ad ora un’udienza non c’è stata, le parti si stanno solo scambiando atti. l’obiettivo era far arrivare il giudice alla prima udienza in condizioni di conoscere tutto avendo letto già citazione, comparsa per emettere il decreto ex art 171 bis; poi legge le tre memorie delle parti. prima osservazione – il legislatore non ha designato una distinzione netta tra la fase del processo dedicata alle allegazioni e quella dedicata all’attività istruttoria. Mentre la prima memoria è destinata alle allegazioni, la seconda ha contenuto misto (è replica in punto di allegazioni alle novità contenute nella prima memoria e dall’altro le parti devono provvedere alla attività istruttoria). La terza memoria può contenere solo le repliche alle novità introdotte dall’altra parte con la seconda memoria. profilo temporale - in che momento si può dire che un fatto acquisisce la qualità di fatti non contestato, perché non è più possibile contestarlo successivamente? i fatti allegati negli atti introduttivi e nella prima udienza devono essere contestati con la prima memoria di cui all’art 171 ter cpc; i fatti allegati in questa memoria e quelli che possano essere allegati in seguiti, devono essere contestati nella prima difesa successiva. Una volta chiusa la fase della trattazione, ulteriori allegazioni non sono ammissibili nell’ulteriore corso del processo di primo grado; è possibile introdurre in giudizio nuovi fatti in presenza di due diversi gruppi di ipotesi - sopravvenienze in fatto: ove dopo la prima udienza di trattazione sopravvenga un fatto rilevante per la decisione della causa, non è dubbio che esso possa essere allegato in causa e fatto oggetto di istruzione probatoria. Sarebbe inopportuno far retrocedere la preclusione del dedotto e del deducibile all’udienza di precisazione delle conclusioni alle memorie dell’art 171 ter cpc e dunque consentire una moltiplicazione dei processi, negando l’ingresso nel processo a fatti che, se non sono deducibili, possono essere posti a fondamento di un’altra domanda. I fatti sopravvenuti consentono anche nuove domande in corso di causa. Esempio caso in cui una parte chiede il rilascio del bene locato per l’avvenuta scadenza del termine e nel corso del processo il conduttore cessa di pagare il canone: l’attore potrà proporre la diversa disciplina normativa per cui sono rilevanti i fatti ulteriori rispetto a quelli rilevanti per la disciplina previgente – si ha la riapertura della fase istruttoria e la possibilità di allegare e provare i nuovi fatti rilevanti. - sopravvenienze in diritto : nel corso del processo una diversa disciplina previgente. In tal caso si ha la riapertua della fase istruttoria e la possibilità di allegare i nuovi fatti rilevanti. in entrambi i casi non consentire l’introduzione in giudizio delle sopravvenienze in fatto o diritto significherebbe anticipare il momento determinante per i limiti temporali di efficacia della sentenza dalla udienza di precisazione delle conclusioni (sopravvenienze in fatto) o dalla pubblicazione della sentenza (in diritto) alla prima udienza, col risultato che tali sopravvenienze resterebbero spendibili in un successivo processo. 16 Per quanto riguarda il secondo gruppo di casi ( che riguardano il mancato funzionamento dei meccanismi di attuazione del contraddittorio) si verificano allorché il giudice omette di indicare alle parti le questioni rilevabili di ufficio, delle qual ritiene opportuna la trattazione. Anche tale attività del giudice è essenziale al corretto svolgimento del contraddittorio, il che costituisce a sua volta il presupposto necessari per il buon funzionamento delle preclusioni dell’art 171 ter cpc. Quindi se il giudice ritarda nell’indicare le questioni rilevabili di ufficio, ciò consente alle parti di fare tardivamente quanto è conseguenza della tardiva attività del giudice. La conclusione è resa necessaria da quanto prevede l’art 101 II cpc secondo il quale il giudice che fonda la sua decisione su una questione rilevata d’ufficio e non sottoposta alle parti emette un provvedimento nullo. Al di fuori di queste ipotesi non sembra possibile una allegazione di fatti nell’ulteriore svolgimento del processo – non significa che il giudice non possa porre a fondamento della decisione anche i fatti che emergono da atti legittimamente acquisiti al processo. L’acquisizione di fatti al processo può provenire sia da allegazioni delle parti ma anche da ogni altra attività legittimamente compiuta a condizione che non si tratti di fatti costitutivi che identificano un nuovo e diverso diritto (eterodeterminato) o di eccezioni in senso stretto – questo perché è necessaria una manifestazione di volontà della parte che non può più essere emessa una volto decorso il termine per compierla. Resta possibile modificare le conclusioni solo in ordine a quei punti che non presuppongono un’alterazione né del diritto fatto valere né dei fatti allegati – esempio questioni di diritto o modificazione della entità della prestazione. Da parte di chi e fino a quando si può rilevare la tardività delle domande e allegazioni – non esiste un criterio generale per stabilire la rilevabilità d’ufficio o meno del vizio consistente nel compimento di un atto processuale al di là del termine previsto. Sicché la qualificazione del termine stesso come posto nell’interesse della controparte oppure nell’interesse pubblico costituisce solo una vuota etichetta usata a posteriori per giustificare una scelta presa sulla base di considerazioni di opportunità o anche personali opzioni lato sensu ideologiche sui rapporti tra pubblico e privato nella giurisdizione. Bisogna evidenziare l’oggettiva prevalenza delle opinioni secondo cui le preclusioni sono poste nell’interesse pubblico e quindi la violazione delle norme che le pongono è rilevabile anche di ufficio e non è superabile dalla volontà della controparte. Quanto detto va invertito: in giurisprudenza e dottrina prevale l’opinione secondo cui è opportuno che la violazione delle norme che pongono le preclusioni sia rilevabile anche d’ufficio e che non sia superabile dalla volontà della controparte, e che, conseguentemente qualifica a posteriori le preclusioni stesse come poste nell’interesse pubblico. RICHIESTE ISTRUTTORIE – le attività istruttorie possono essere compiute con gli atti introduttivi. Sia l’art 163 cpc sia l’art 167 cpc prevedono che tali atti contengano le attività istruttorie. E così pure anche nella prima memoria di cui all’art 171 ter n 1 cpc può essere compiuta attività istruttoria. Ma se le parti non compiono attività istruttoria nelle occasioni sopra indicate, ciò non determina alcuna preclusione. PRECLUSIONI IN MATERIA ISTRUTTORIA 1. art 171 ter n 2 cpc in occasione della seconda memoria le parti devono effettuare l’attività istruttoria che non hanno già compiuto in precedenza. Il contenuto della memoria di cui al n. 3 è espressamente limitato alle sole indicazioni di prova contraria – si ricava che le probe non richieste e i documenti non prodotti non possono essere richiesti e prodotti successivamente. o “prova contraria” indica le prove che hanno ad oggetto gli stessi fatti già oggetto di prova. Potrebbe avere anche un significato più ampio nel senso che con essa si può intendere l’allegazione di un fatto ostativo degli effetti giuridici del fatto oggetto della prova principale e la contestuale deduzione delle prove ad esso relative. o la previsione del 171 ter nn 2 e 3 potrebbe non essere sufficiente a garantire il rispetto del diritto di difesa – niente assicura che la controparte non abbia alcunché da replicare alla prova contraria. Inoltre ben potrebbe ciascuna parte avere obiezioni circa l’ammissibilità, la rilevanza e l’efficacia delle probe richieste con la memoria di cui al n.3 tutte le contestazioni relative alle memorie integrative sono affrontate dal giudice alla prima udienza. attività del giudice istruttore ORA – siamo a dieci giorni prima dell’udienza. Il legislatore detta artt 175 ss. principi generali del giudice istruttore - art 175 – DIREZIONE DEL PROCEDIMENTO : Il giudice istruttore esercita tutti i poteri intesi al più sollecito e leale svolgimento del procedimento. Egli fissa le udienze successive e i termini entro i quali le parti debbono 17 compiere gli atti processuali. 3. Quando il giudice ha omesso di provvedere a norma del comma precedente, si applica la disposizione dell'articolo 289. - art 176 - salvo che la legge prevede diversamente la forma è quella dell’ORDINANZA le ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle parti presenti e da quelle che dovevano comparirvi; quelle pronunciate fuori dell'udienza sono comunicate a cura del cancelliere entro i tre giorni successivi. l’assenza della parte a un’udienza non comporta la necessità che l’ordinanza, pronunciata dal giudice, le sia portata a conoscenza. Dato che l’ordinanza è stata pronunciata in udienza e la parte doveva essere presente, se era assente ne subisce le conseguenze. Se invece l’ordinanza è pronunciata fuori udienza, essa deve essere portata a conoscenza dei legali delle parti costituite (Art 170 cpc). l’ordinanza può essere pronunciata fuori udienza in virtù dell’istituto della riserva ex art 186 cpc che rpevede che normalmente il giudice emette le proprie ordinanze in udienza e che può riservarsi di pronunciare l’ordinanza nei 5 giorni successivi – il giudice si riserva quando ha necessità di esaminare meglio la questione (scioglie la riserva con ordinanza emessa fuori udienza) - dato che le ordinanze hanno funzione di far svolgere il più correttamente possibile la trattazione della causa e con esse il giudice istruttore disciplina l’acquisizione al processo di tutti gli elementi utili per la fase decisoria, come regola vale che le ordinanze del g.i. sono da lui stesso modificabili e revocabili SALVO le eccezioni dell’art 177 - 1. Le ordinanze, comunque motivate, non possono mai pregiudicare la decisione della causa. 2. Salvo quanto disposto dal seguente comma, le ordinanze possono essere sempre modificate o revocate dal giudice che le ha pronunciate. (le ordinanze hanno natura ORDINATORIA (di gestione interna del processo ≠ dai provvedimenti decisori ex sentenza) - non incidono sui diritti delle parti, è sempre revocabile e modificabile dal giudice che l’ha pronunciata anche su sollecitazione delle parti . ) 3. Non sono modificabili né revocabili dal giudice che le ha pronunciate: 1) le ordinanze pronunziate sull'accordo delle parti, in materia della quale queste possono disporre; esse sono tuttavia revocabili dal giudice istruttore o dal collegio, quando vi sia l'accordo di tutte le parti; 2) le ordinanze dichiarate espressamente non impugnabili dalla legge; 3) le ordinanze per le quali la legge predisponga uno speciale mezzo di reclamo; RAPPORTO tra sentenza & ordinanza – le ordinanze (art 177 cpcp) non possono mai pregiudicare la decisione della causa: tutte le scelte fatt4e dal g.i. in sede di trattazione e istruzione sono rivedibili (da lui o dal collegio) in sede decisoria. il g.i. non ha mai potere di pronunciare definitivamente sul merito della causa e sui presupposti processuali (tutte questioni che devono essere decise ex art 279 coc con sentenza). In relazione a tali questioni non si matura mai alcuna preclusione nel corso della trattazione. Qualunque opinione esprima il g.i., nel corso della trattazione, in ordine al merito e presupposti processuali, al momento della decisione, tali questioni dovranno essere riesaminate di ufficio. Diverso è il caso delle questioni di rito che non attengono ai presupposti processuali e che non debbono essere decise con sentenza – se il g.i. ha affrontato una di tali questioni nel corso della trattazione, le parti hanno il potere di riproporre la questione al collegio; ma se le parti non ripongono la question, si verifica una preclusione perché il collegio non può riesaminarla di ufficio. - l’ art 178 fornisce lo strumento per l’applicazione della regola le parti senza bisogno di mezzi di impugnazione, possono preporre al collegio nella fase decisoria tutte le questioni risolute dal g.i. con ordinanza revocabile. : RECLAMO contro le ORDINANZE del giudice istruttore al collegio – ha portata applicativa circoscritta e riguarda le ipotesi in cui il tribunale giudica in modo COLLEGIALE, a norma del 50bis cpc le cause in cui il tribunale giudica in composizione collegiale sono pochissime (ex intervento necessario del pm, controversie assegnate alle sezioni specializzate ex in materia di impresa, controversie che riguardano la crisi di impresa) , le regole è che avremo un tribunale che giudica in composizione monocratica Le parti possono riproporre tutto; la differenza esiste dal punto di vista del collegio che riesamina certe questioni di ufficio, altre solo se sollecitato. LA PRIMA UDIENZA PRIMA UDIENZA – dopo la riformaà art 180 La trattazione della causa è orale. Della trattazione della causa si redige processo verbale. per qualunque udienza il giudice redige un verbale che va inserito nel fascicolo di ufficio e sarà importante, più il processo prosegue, la rilettura dei verbali. 20 - esplicito = ammissione che si ha quando il difensore del convenuto esplicitamente riconosce come veri i fatti allegati in giudizio - implicito del convenuto – “non contestazione” si ha quando il difensore implicitamente riconosce come veri fatti allegati in quanto si difende in maniera tale da manifestare inequivocabilmente la volontà di ritenere come veri tali fatti oppure non prende posizione sui fatti allegati. Se il convenuto è costituito la non contestazione può fondarsi anche su un comportamento meramente omissivo = cioè egli non contesta i fatti allegati dalla controparte entrambe postulano una difesa attiva del convenuto e ciò che il convenuto sia costituito – sono fenomeni che non possono aversi se il convenuto è contumace (in quel caso l’istruzione probatoria si rende sempre necessaria L'articolo 115 impone alle parti l'onere della contestazione specifica dei fatti allegati dalle parti in mancanza al giudice pone a fondamento della decisione i fatti allegati e non specificatamente contestati. Questo significa che non basta un'affermazione generica; occorre invece che il convenuto ripercorra quanto narrato nella citazione e in relazione alle singole allegazioni dica la sua cioè che dia la sua versione dei fatti. Con l'ammissione e la non contestazione i fatti allegati sono considerati pacifici in quanto non controversi. Il fenomeno dei fatti pacifici non può verificarsi nei processi che hanno oggetto diritti indisponibili perché dove il diritto è indisponibile è evidente che non può ammettersi un vincolo del giudice al comportamento delle parti occorre che i fatti siano provati attraverso strumenti che non sono dipendenti dalla volontà dispositiva delle parti; infatti anche i mezzi di prova dispositivi non sono utilizzabili in relazione a diritti indisponibili. I negozi di diritto sostanziale che hanno ad oggetto il diritto indisponibile non sono efficaci; è ovvio che non hanno rilevanza neanche le manifestazioni di volontà dispositiva interne al processo. Sarebbe incongruo che l’ordinamento negasse efficacia all’accordo negoziale extraprocessuale per poi consentire che, nel processo, il giudice fosse vincolato alla volontà delle parti in ordine all’esistenza dei fatti. l’effetto della pacificità dei fatti consiste in ciò che i fatti pacifici non hanno bisogno di essere provati: non si applica la regola dell’onere della prova art 2697 – ha una ricaduta importante perché se il fatto non contestato o pacifico risulta escluso dalle prove acquisite in corso di causa, il giudice deve ritenerlo inesistete e viceversa; se la pacificità del fatto attenesse alle allegazioni, un fatto pacifico dovrebbe essere ritenuto esistente/inesistente ancorché vi fosse agli atti la prova della sua esistenza/inesistenza. b. quando vi sono fatti controversi ma sono provati attraverso una prova documentale – l’art 187 parla di assunzione di mezzi di prova – le prove sono documentali non si assumono ma si acquisiscono al processo attraverso loa produzione del documento (deposito dello stesso agli atti) – la causa ove istruita documentalmente non ha bisogno di assunzione di mezzi di prova, perché la prova documentale non rientra tra quelle che si assumono. c. se ci sono fatti controversi non istruiti documentalmente (la causa avrebbe bisogno dell’assunzione di mezzi di prova) ma nessuna delle parti chiede l’assunzione di mezzi di prova, né vi sono mezzi di prova ammissibili di ufficio che siano in concreto utilizzabili. ove vi siano mezzi di prova disponibili d’ufficio e in concreto utilizzabili, il giudice deve assumere tali mezzi = la causa può considerarsi matura per la decisione se il giudice non ha speso i propri poteri istruttori. quando vi sono fatti controversi e le parti non richiedono mezzi di prova, la causa è matura per la decisione solo se non ci sono in concreto mezzi di prova disponibili di ufficio. Quando la causa è matura per la decisione senza bisogno di assunzione di mezzi di prova, la trattazione è estremamente abbreviata e addirittura, se il giudice è particolarmente solerte e gli avvocati pigri la causa può benissimo passare in decisione fin dalla prima udienza. 2. Art 187 comma 2 - Può̀ rimettere le parti al collegio affinché ́sia decisa separatamente una questione di merito avente carattere preliminare, solo quando la decisione di essa può̀ definire il giudizio. à la causa di per sé non sarebbe matura per la decisione ma una delle parti ha sollevato una questione preliminare la cui decisione può 21 definire il giudizio. Prevede una rimessione al collegio per la decisione anche se la causa non è totalmente istruita in caso di questione preliminare o pregiudiziale e ancorché vi siano mezzi di prova da assumere è importante capire cosa sono le QUESTIONI PRELIMINARI DI MERITO, che non vanno confuse con le questioni pregiudiziali di rito •le preliminari di merito sono delle questioni la cui caratteristica è quella di poter condurre da sole alla chiusura nel merito del processo. •le pregiudiziali di rito che potrebbero da sole formare oggetto di un processo e di una domanda ma sono questioni che possono sorgere nel corso del processo tendenzialmente o per effetto di un’eccezione sollevata dalle parti o per effetto di una difesa del convenuto. condizione per poter decidere nel merito è la sussistenza dei presupposti processuali positivi e l’assenza di quelli negativi. Tutte le questioni attinenti ai presupposti processuali sono in astratto idonee a definire il giudizio; in concreto idonei a definire il giudizio sono, però, solo la mancanza o il vizio di un presupposto processuale positivo o la presenza di un presupposto processuale negativo.il giudice rimette la causa in decisione solo quando ritiene carente o viziato (in modo insanabile o insanato) il presupposto processuale positivo; oppure quando ritiene esistente il presupposto processuale negativo. se, invece, viene sollevata dalle parti una questione attinente a un presupposto processual che però il giudice ritiene infondato allora accantona la questione pregiudiziale e dispone che essa sia decisa unitamente al merito. ex di ragionamento: istruiamo nel merito la causa perché il giudice è convinto che l’eccezione di incompetenza è infondata e si dovrà scendere nel merito: è opportuno quindi preparare il materiale per la decisione di merito per giungere a una sentenza definitiva. Se non si istruisse la causa nel merito dovrebbe tornare in istruttoria, e allora si sarebbe svolta attività decisoria inutile. Lo scopo della norma è evitare attività inutile e quindi qualunque fatto costitutivo (accertato inesistente) e qualunque eccezione (accertata esistente) sono idonei a dar luogo a una rimessione su questione preliminare Sono delle questioni la cui portata è dirimente tale da rendere inutile lo svolgimento ulteriore del processo perché se effettivamente fondate realizzano l’immediato rigetto della domanda. In realtà anche nella rimessione su questione preliminare di merito è chiaro che la causa in astratto una questione preliminare di merito; è chiaro che la causa è in concreto matura per la decisione solo se il giudice ritiene che la questione preliminare deve essere risolta in modo tale da definire il giudizio. gli errori di valutazione del g.i. sulle pregiudiziali/ preliminari comportano un’inutile spendita di attività processuale: se il giudice ritiene erroneamente di essere comeptente e completa l’istruttoria, quando in sede di decisione si dichiara incompetente, l’istruttoria nel merito diventa inutile. Se, al contrario il giudice ritiene erroneamente di essere incompetente, rimette la causa in decisione senza completare l’istruttoria. Quando, poi, si dichiara comeptente dovrà rimettere in istruttoria È naturale che le sentenze non definitive siano me no frequenti esempio di questioni PRELIMINARI: - LA PRESCRIZIONE – forma oggetto di un’eccezione di merito in senso stretto e se fondata è una questione che rende inutile che nel corso del processo il giudice verifichi se la domanda è fondata/fatti provati/ diritto esiste/ difese fondate perché comunque l’attore ha agito troppo tardi quindi è inutile che il processo prosegua e la sua domanda deve essere respinta nel merito. Il giudice a quel punto deve leggere la comparsa di risposta del convenuto. ha portata dirimente ma è una QUESTIONE DI MERITO, il giudice pronuncerà una pronuncia di RIGETTO NEL MERITO - la DECADENZA – che differisce dalla prescrizione perché NON SI INTERROMPE (la prescrizione può interrompersi) - il DIFETTO DI LEGITTIMAZIONE PASSIVA: se il convenuto si difende nella sua comparsa dicendo che no è lui il convenuto e l’attore non chiama in causa il terzo; il giudice rimette la causa in decisione perché è inutile vedere se la pretesa dell’attore è fondata. - art 187 comma 3 - Il giudice provvede analogamente se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla competenza (1) o ad altre pregiudiziali, ma può anche disporre che siano decise unitamente al merito. (2) (1) il giudice può rimettere la causa in decisione anche se sorgono questioni pregiudiziali di rito à sono le questioni che hanno ad oggetto i PRESUPPOSTI PROCESSUALI e le CONDIZIONI DELL’AZIONE – se mancano il giudice deve rimettere la questione con sentenza declinatoria in rito, con cui dichiara la domanda inammissibile in rito. in questa norma troviamo espressamente menzionati giurisdizione e competenza. 22 il giudice che rimette la causa in decisione su questione preliminare mostra di ritenere che la domanda debba essere rigettata; se ritenesse la questione preliminare inidonea alla definizione del giudizio, non rimetterebbe la causa in decisione. l’art 187 III conferma un importante principio: ORDINE DI PREGIUDIZIALITA fra questioni di rito e di merito: la questione di rito viene prima della questione di merito. La correttezza del processo condiziona la bontà del risultato processuale: se non sono rispettare le regole del processo la pronuncia di merito è inaffidabile. La pregiudizialità non sussiste in sede di trattazione – se nella trattazione sorgono questioni di rito non è obbligatorio procedere alla loro trattazione prima di procedere alla trattazione di quelle di merito. Questa pregiudizialità è tipica di ogni giudice, anche quello monocratico. Ogni regolamentazione rigidita dei rapporti tra trattazione e decisione non ha senso perché solo nel singolo processo si può valutare la fondatezza delle questioni preliminari e le pregiudiziali, la loro concreta idoneità a definire il giudizio e l’opportunità di passare alla fase decisoria. è naturale che le sentenze non definitive siano meno frequenti nel processo a decisione monocratica rispetto a quello a decisione collegiale: nel primo caso nascono necessariamente da un ripensamento del giudice istruttore, mentre nel sec ondo caso possono nascere da una diversa soluzione che alla questione danno gli altri componenti del collegio . Le decisioni monocratiche pongono un altro problema: è difficile stabilire se l’opinione espressa dal giudice circa l’inidoneità in concreto della questione costituisca mera deliberazione oppure una vera e propria decisione della questione che dà luogo a una sentenza non definitiva – ciò potrebbe indurre la part a impugnare il provvedimento (necessaria se si tratta di questione di competenza poiché non c’è la possibilità di riserva in tema di regolamento di competenza). la cassazione ha stabilito che l’opinione del giudice istruttore per una decisione immediata decisione della questione preliminare e pregiudiziale deve essere inequivoca e incontrovertibile e risulta di regola dal fatto che il giudice faccia precisare le conclusioni e disponga lo scambio delle difese conclusionali. Occorre sottolineare che la possibilità di ritenere matura la causa, quindi, emettere una sentenza definitiva su preliminare di merito, evidenzia quella che è una caratteristica della sentenza: la natura ipotetica della cognizione, quindi la possibilità di rigettare la domanda per esistenza di un fatto estintivo senza necessità di previamente accertare la sussistenza della fattispecie costitutiva. La decisione è volta a fornire o negare la tutela richiesta e non effettuare una ricognizione della realtà esistente quindi assume la struttura logica se anche il diritto fosse sorto, non sarebbe comunque esistente; se anche il diritto esistesse, mancherebbe la lesione dello stesso. à APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DELLA RAGIONE PIU LIQUIDA (che non può comunque alterare il rapporto di pregiudizialità di rito e merito – la fondatezza di un’eccezione di precisazione non consente al giudice di rigettare la domanda assorbendo un’eccezione di convenzione di arbitrato. (2) ultima parte della norma consente una scelta al giudice di PROGNOSI (valutazione prognostica)– nei casi DI PREGIUDIZIALI DI RITO il giudice decide - se rimettere subito in decisione - se deciderla poi unitamente al merito il giudice fa una valutazione provvisoria davanti ad assenza di presupposti processuali. in questo casi non rimette in decisione e dovrà affrontare la questione nella motivazione della sentenza. SE IL 187 NON SI APPLICA Questo è il senso del comma 4 del 183 (se il giudice non rimette la causa in decisione: causa matura, questioni preliminari, questioni pregiudiziali di rito incluse giurisdizione e competenza ritenute fondate dal giudice) à il giudice PROVVEDE SULLE RICHIESTE ISTRUTTORIE e, tenuto conto della natura, dell'urgenza e della complessità della causa, predispone, con ordinanza, il calendario delle udienze successive sino a quella di rimessione della causa in decisione, indicando gli incombenti che verranno espletati in ciascuna di esse. = il giudice ritiene necessaria l’istruttoria in senso stretto – il giudice avrà letto e dovrà svolgere questa attività impegnativa di prendere a una a una: le memorie numero due (dove le parti formulano istanze istruttorie a prova diretta funzionali a provare fatti costitutivi o impeditivi/modificativi) e dovrà selezionarle sulla base di criteri - dell’ammissibilità - rilevanza delle istanze istruttorie 25 non è revocabile o modificabile – SOLO CON LA SENTENZA (2) e ha un rango leggermente superiore – i legislatore dice che se il processo si estingue l’ordinanza acquista l’efficacia della sentenza impugnabile attribuendole efficacia decisoria. ultimo comma- L'ordinanza acquista l'efficacia della sentenza impugnabile sull'oggetto dell'istanza se la parte intimata non manifesta entro trenta giorni dalla sua pronuncia in udienza o dalla comunicazione, con ricorso notificato all'altra parte e depositato in cancelleria, la volontà che sia pronunciata la sentenza. una volta pronunciata l’ordinanza, non necessariamente il processo va avanti. Il processo va avanti solo se la parte intimata (destinatario dell’ordinanza) non chiede entro 30gg dalla pronuncia che il processo prosegua e venga pronunciata la sentenza – è il convenuto che deve chiedere che vada avanti affinché prosegua. in questo comma sta la ragione perché gli attori raramente chiedono la pronuncia di questa ordinanza – perché c’è il rischio (per attore o avvocato dell’attore) è fare un’istanza che magari non viene neanche accolta e soddisferebbe solo una minima parte della pretesa. RIASSUMENDO: CONSEGUENZE- dopo la pronuncia dell’ordinanza possono verificarsi tre ipotesi 1. SENTENZA - il processo prosegue verso la sentenza che è sostitutiva dell’ordinanza – è necessario che la controparte entro 30gg dalla pronuncia dell’ordinanza (se questa è emessa in udienza) o dalla sua comunicazione (se emessa fuori udienza), notifiche all’istante e poi depositi in cancelleria un ricorso, nel quale manifesta la sua volontà di ottenere la sentenza. una volta pronunciata la sentenza, se questa conforma solo in parte l’ordinanza, gli effetti si mantengono nei limiti in cui siano sostituiti dagli effetti della sentenza. In relazione agli effetti diversi si deve ritenere che la controparte possa chiedere e il giudice con sentenza possa disporre la restituzione delle somme pagate o delle cose consegnate o rilasciate. =contromisura per riequilibrare le posizioni delle parti. 2. ESTINZIONE - il processo si estingue – comma III l’ordinanza acquista l’efficacia della sentenza impugnabile sull’oggetto della sentenza 3. INERZIA – la parte intimata può rimanere inerte e dopo 30gg questa acquista efficacia di sentenza. L’intimato non ha possibilità di contrastare l’efficacia esecutiva dell’ordinanza - il comma II stabilisce che l’ordinanza non è modificabile, né revocabile dal giudice che l’ha emessa se non in sede di pronuncia della sentenza. l’intimato può appellare l’ordinanza che ha acquisito efficacia di sentenza e chiedere l’inibitoria ex art 283 cpc. L’appellato può proporre appello immediato contro l’ordinanza senza prima rinunciare alla pronuncia della sentenza. L’ordinanza ha fin dall’inizio efficacia di sentenza impugnabile essendo necessaria una manifestazione di volontà dell’intimato affinché il processo prosegua fino all’emanazione della sentenza. il meccanismo della trasformazione è nell’esclusiva disponibilità dell’intimato e questa ha luogo anche se l’ordinanza accoglie solo parzialmente l’istanza. la logica del meccanismo non è molto lontana da quella del giuramento decisorio – chi lo deferisce sa quali sono le possibili reazione della controparte e gli effetti che si ricollegano alle scelte che volta per volta la controparte può effettuare. l’ordinanza successiva alla chiusura dell’istruttoria non è utilizzabile nel processo cumulato, se non previa separazione del cumulo. Ciò vuoi per ragioni - testuali = il giudice quando pronuncia l’ordinanza deve liquidare le spese ma non è possibile se la materia del contendere non è esaurita dall’ordinanza; se restano altre domande non coinvolte nell’ordinanza in questione - funzionali = lo scopo dell’istituto è di semplificare la conclusione del processo mentre scorgerebbero complicazioni difficilmente districabile ove se ne ammettesse l’utilizzabilità anche in caso di processo cumulato - ORDINANZE SOMMARIE (rese all’esito di una cognizione non piena e prive di autorità di giudicato) introdotte dalla cartabia artt 183ter e quater Possono essere pronunciate nelle controversie aventi oggetto diritti DISPONIBILI e SOLO SU ISTANZA DI PARTE – sono prive di giudicato, deve essere la parte a dimostrare la volontà di rinunciare al provvedimento decisorio. 1. l’ordinanza di ACCOGLIMENTO della DOMANDA l’ordinanza di accoglimento della domanda (Art 183ter cpc) si distingue dalle ordinanze degli artt 186 bis,ter,quater perché non è destinata a risolvere la controversia ma a fornire al richiedente solo un titolo esecutivo. Può avvicinarsi a un provvedimento cautelare anticipatorio senza un periculum in mora. L’ambito di utilizzazione dell’ordinanza di accoglimento è il processo di primo grado del tribunale relativo a diritti disponibili – non si applica ai processi di competenza del giudice di pace e corte d’appello e alle controversie con diritti indisponibili & SOLO SU ISTANZA DI PARTE 26 I presupposti per l’accoglimento dell’istanza sono - acquisita prova dei fatti costitutivi della domanda: Il giudice deve considerare i fatti costitutivi e limitarsi a una cognizione sommaria - manifesta infondatezza delle difese di controparte in caso di pluralità di domande, afferma la norma, i presupposti in esame devono essere presenti rispetto a ciascuna di esse (riduce l’ambito di applicazione perché le domande spesso sono più di una ed è difficile che siano tutti provati) = se sono proposte più domande contro la stessa parte, non solo in relazione a ciascuna di esse, affinché l’ordinanza sia pronunciata devono essere presente i requisiti sopra indicati; ma a monte, che l’istanza deve avere oggetto necessariamente tutte le domande. In presenza di più domande proposte da o contro parti diverse anche se si ritiene che non si possa pretendere che tutte le parti presentino l’istanza per tutte le domande. l’ordinanza è provvisoriamente esecutiva: l’ambito di applicazione è quello della tutela di condanna; se fossimo davanti a tutela esecutiva/dio accertamento se fossimo davanti a un’ordinanza priva di efficacia di giudicato sarebbe inutile per l’attore. si discute se sia possibile un’ordinanza definitoria di condanna o previa mera cognizione di effetti dichiarativi e costitutivi l’ordinanza NON acquista efficacia di giudicato ai sensi dell'articolo 2909 del Codice civile, né la sua autorità̀ può̀ essere invocata in altri processi RECLAMO CAUTELARE - L'ordinanza di cui al secondo comma, se non è reclamata o se il reclamo è respinto, definisce il giudizio e non è ulteriormente impugnabile. (entro 15 gg) Se l’ordinanza non viene impugnata col reclamo cautelare/ il reclamo viene respinto l’ordinanza definisce il giudizio = In caso di accoglimento del reclamo, il giudizio prosegue innanzi a un magistrato diverso da quello che ha emesso l'ordinanza reclamata. L’ordinanza che accoglie l’istanza è reclamabile ai sensi del 669 terdecies cioè con lo schema processuale previsto, non per motivi propri del reclamo cautelare. Il reclamo è un gravame con cui si chiede un riesame dei presupposto di concedibilità dell’ordinanza. Nessuna contestazione è possibile avverso il rigetto dell’istanza (cioè diniego di pronunciare l’ordinanza in questione). Il reclamo è deciso da un collegio di cui non può far parte il giudice che ha pronunciato l’ordinanza per i principi di INDIPENDENZA; e se accolto, impone la sostituzione del giudice istruttore con altro magistrato. dal punto di vista di economia processuale è svantaggioso, perché si parte da zero. EFFETTI dell’ORDINANZA – comma 3 – non è un provvedimento decisorio, ha efficacia di titolo esecutivo; se non è reclamata o è confermata in sede di reclamo, definisce il giudizio, cioè ne produce l’estinzione. Questa è - totale se ci sono altre domande proposte dall’attore verso il convenuto - parziale se vi sono domande proposte da o contro altri soggetti che non siano fatte oggetto dell’istanza stessa poiché l’ordinanza definisce il giudizio, con essa devono essere liquidate le spese. per avere interesse a proporre la relativa istanza, l’attore deve aspirare unicamente un atto che gli consenta di ottenere in tempi accelerarti l’adempimento altrui e disinteressarsi a una situazione che ponga fine alla controversia. La regola di condotta contenuta nell’ordinanza può essere contestata in sede dichiarativa nella quale si colloca anche l’opposizione all’esecuzione che costituisce un ordinario giudizio di cognizione – per rinunciare alla sentenza è necessario che l’attore sia ben certo delle proprie ragioni. sorge un problema in relazione alla posizione della controparte – l’impossibilità per il convenuto di chiedere una pronuncia di merito pone problemi con l’art 306 comma 1 che esige che la rinuncia agli atti sia accettata dalla controparte che ha interesse a una decisione di merito. Qui per ottenere una sentenza di merito il convenuto deve iniziare un altro giudizio. l’art 183 quater costituisce l’esatto speculare di quella prevista dal 183 ter: l’iniziativa proviene da colui nei cui confronti la domanda è proposta. Essendo la disciplina processuale identica a quella della norma precedente, 27 possiamo esaminare i presupposti dell’ordinanza di rigetto, rinviando al resto. L’unica differenza è che il legislatore precisa che l’ordinanza può essere pronunciata solo dopo che sia svolta l’udienza del 183 cpc. Essendo questo lo scopo del richiamo all’art 183 cpc tale richiamo non è in grado di escludere l’applicazione della norma in commento anche nel rito semplificato. 2. ordinanza di RIGETTO della domanda Analoga previsione non è contenuta nell’art 183 QUATER cpc perché è ovvio che l’ordinanza di accoglimento non può essere pronunciata in precedenza, mentre teoricamente ciò sarebbe stato possibile per l’ordinanza di rigetto. I presupposti per la pronuncia dell’ordinanza di rigetto sono due 1. manifesta infondatezza della domanda attrice: l’istanza può essere avanzata anche per vizi di rito insanabili, di cui quelli previsti nell’altra fattispecie costituiscono un esempio – es se il giudice ritine fondata una carenza assoluta di giurisdizione (non carenza relativa, poiché in tal caso si può avere la prosecuzione/riassunzione e quindi occorre decidere con sentenza) 2. taluni vizi dell’atto di citazione (nullità) : attiene ai vizi della editio actionis. Qui occorre che, rilevata la nullità e assegnato all’attore un termine per provvedere alla sanatoria questa non sia realizzata. l’alternativa alla ordinanza di rigetto per vizi dell’editio actionis non sanati è l’estinzione del processo ai sensi del 307 III cpc. viene pronunciata SU ISTANZA DI PARTE. può essere pronunciata in caso di pluralità di domande solo se i presupposti ricorrono per tutte le domande. Anche questa è reclamabile entro 15gg col reclamo cautelare e non acquista autorità di giudicata né la sua autorità può essere invocata in altri processo à segue la medesima disciplina - reclamo non proposto/respinto - reclamo accolto: il procedimento prosegue davanti a un altro giudice. la differenza tra le due riguarda solo i presupposti. L’ordinanza di rigetto pone un problema – è vero che il rigetto per manifesta infondatezza non impedisce la riproposizione della domanda, tuttavia anche nel secondo processo potrebbe essere richiesta dal convenuto e concessa dal giudice con ordinanza di rigetto e così potenzialmente all’infinito, sicché l’attore potrebbe non ottenere mai un provvedimento ricorribile in cassazione. IL RITO SEMPLIFICATO 281 decies- terdecies la cartabia ha abrogato il processo sommario di cognizione e ha introdotto un rito: procedimento semplificato di cognizione (libro II del codice) – che è del tutto alternativo a quello ordinario. l’art 281 decies I cpc dà le coordinate per l’uso del rito semplificato: si applica in via alternativa, in presenza anche di uno solo dei seguenti presupposti - quando i fatti di causa non sono controversi - quando la domanda è fondata su una prova documentale o di pronta soluzione - quando la domanda richiede un’istruzione non complessa l’art 281 decies II cpc stabilisce che le domande relativa a controversie a decisione monocratica possono essere introdotte col rito semplificato. Dice che è ammissibile sia per composizione collegiale sia per monocratica e al comma I; quando giudica in composizione collegiale il rito semplificato vada scelto per le causa più semplici (vedi presupposti). Quando il tribunale giudica in composizione monocratica è SEMPRE ammissibile, anche se la causa è complessa. A decidere è - la legge - l’attore 30 A valle della prima udienza la causa potrebbe essere rimessa in decisione, il giudice può concedere alle parti il termine per depositare ulteriori due memorie contenenti eventualmente istanze istruttorie solo se ravvisano un GIUSTIFICATO MOTIVO – discrezionalità del giudice. Se il giudice ritiene che non sussista giustificato motivo e non dà termine alle parti, la causa viene rimessa in decisione In materia istruttoria il giustificato motivo è implicito. La scelta da parte dei legali dipenderà prevalentemente dall’interpretazione che la giurisprudenza darà all’art 281 duodecies III e IV: quante più preclusioni la giurisprudenza inventerà, tanto meno i legali saranno indotti a scegliere il rito semplificato. art 281 duodecies comma III & IV Entro la stessa udienza l'attore può chiedere di essere autorizzato a chiamare in causa un terzo, se l'esigenza è sorta dalle difese del convenuto. Il giudice, se lo autorizza, fissa la data della nuova udienza assegnando un termine perentorio per la citazione del terzo. Se procede ai sensi del primo comma il giudice provvede altresì ̀ sulla autorizzazione alla chiamata del terzo. La costituzione del terzo in giudizio avviene a norma del terzo comma dell'articolo 281-undecies. Alla stessa udienza, a pena di decadenza, le parti possono proporre le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale e delle eccezioni proposte dalle altre parti. Se richiesto e sussiste giustificato motivo, il giudice può̀ concedere alle parti un termine perentorio non superiore a venti giorni per precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni, per indicare i mezzi di prova e produrre documenti, e un ulteriore termine non superiore a dieci giorni per replicare e dedurre prova contraria. A questo punto o non si svolge attività istruttoria o la si svolge semplificata. L’ultimo comma del 281 duodecies indica cosa può accadere al termine della prima udienza, salvo che il giudice autorizzi la chiamata in causa del terzo, nel qual caso fissa una nuova udienza. Se il giudice concede le memorie del comma IV, può alternativamente - fissare una nuova udienza - riservarsi di provvedere una volta scaduto il termine per il deposito delle stesse. Se la causa è matura per la decisione la causa passa nella fase decisoria 282 terdecies Se vi sono da assumere mezzi di prova il giudice procede alla loro assunzione à questa è un’altra differenza fondamentale col rito ordinario. Là, il giudice omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all’oggetto del provvedimento richiesto. qua le prove sono assunte nei modi previsti dal Codice civile e hanno l’efficacia delle norme che disciplinano il rito semplificato. l’altra differenza fondamentale sta nella fase decisoria e nel regime delle impugnazioni: gli artt 702 ter e quater prevedevano una disciplina speciale per la pronuncia del provvedimento finale e per l’impugnazione dello stesso il procedimento semplificato ha una regolamentazione della fase decisoria e delle impugnazioni identica a quella dell’ordinario. L’unica differenza sta nella previsione che la decisione segue necessariamente la tecnica della discussione orale sia collegiale sia monocratica c.p.c. art. 281-terdecies. Decisione Il giudice quando rimette la causa in decisione procede a norma dell'articolo 281-sexies. Nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione collegiale, procede a norma dell'articolo 275-bis à forma più orale, c’è la discussione orale ma si depositano note conclusionali poi c’è la decisione con sentenza. La sentenza è impugnabile nei modi ordinari – LA FASE DECISORIA il procedimento di cognizione prosegue e si giunge alla DECISIONE CON SENTENZA All’esito dell’udienza il giudice decide di rimettere la causa in decisione nelle ipotesi dell’ art 187 oppure dispone l’assunzione dei mezzi di prova richiesti dalle parti o di quelli disponibili di ufficio. Il giudice può decidere di rimettere la causa in decisione anche se sussistono questioni preliminari di merito idonee a sollecitare l’immediata decisione oppure questioni pregiudiziali di rito. 31 la fine della fase istruttoria fa scattare l’ultimo atto della trattazione: precisazione delle conclusioni; e poi si giunge alla fase decisoria. la fase decisoria è molto complicata, già le fonti sono difficili da individuare: sono diverse a seconda che sia - composizione collegiale: gli artt di riferimento sono o 189: disciplina della fase decisoria a seguito da TRATTAZIONE SCRITTA à le parti si scambiano ulteriori atti scritti - Il giudice istruttore, quando procede a norma dei primi tre commi dell'articolo 187 o dell'articolo 188, fissa davanti a sé l'udienza per la rimessione della causa al collegio per la decisione (UDIENZA DI RIMESSIONE DELLA CAUSA AL COLLEGIO PER LA DECISIONE) e assegna alle parti, salvo che queste vi rinuncino, i seguenti termini perentori: 1) un termine non superiore a sessanta giorni prima dell'udienza per il deposito di note scritte contenenti la sola precisazione delle conclusioni che le parti intendono sottoporre al collegio, nei limiti di quelle formulate negli atti introduttivi o a norma dell'articolo 171-ter. SCRITTO DIFENSIVO CHE SI CHIAMA PRECISAZIONE DELLE CONCLUSIONI – è un atto difensivo che cristallizza il perimetro della futura decisione del giudice. La norma richiama le previsioni scattate con gli atti introduttivi e le tre memorie. Può darsi che il perimetro si circoscriva. Devono avere ad oggetto la situazione sostanziale della quale si chiede la tutela; le parti devono dire al giudice il contenuto che intendano che gli dia alla sentenza in relazione alla situazione sostanziale. È importante 1. per ciò che attiene ai limiti temporali di efficacia della sentenza. La sentenza di merito statuirà con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della precisazione delle conclusioni. Solo i fatti successivi a tele udienza possono essere posti a fondamento di una nuova domanda. 2. per determinare la soccombenza delle parti, che serve per stabilire la legittimazione a impugnare. Per sapere se una parte è soccombente e quindi legittimata a impugnare, occorre far riferimento alla tutela che ha chiesto al momento della precisazione delle conclusioni. = assume rilevanza ai fini della determinazione definitiva di ciò che la parte chiede al giudice e quindi al fine di stabilire se il giudice ha dato o meno alla parte ciò che ha richiesto. Con la precisazione delle conclusioni le parti non possono effettuare nuove allegazioni, produrre nuovi documenti e chiedere l’assunzione di nuovi mezzi di prova, perche queste attività devono essere compiute bell’udienza di cui all’art 183 c.p.c Le parti possono, però, modificare le conclusioni quando ciò non comporta nuove allegazioni o nuove richieste istruttorie in questo bisogna anche riformulare eventuali istanze istruttorie formulate nelle memorie che il giudice non abbia accolto (ordinanza revocabile e modificabile) Le conclusioni di merito debbono essere interamente formulate anche nei casi previsti dell'articolo 187, secondo e terzo comma. le parti devono riproporre al collegio tutte le questioni che il g.i. ha risolto con ordinanza e che non devono essere affrontate di ufficio in fase decisoria (Art 178 cpc) – senza esplicita riproposizione al collegio, il collegio non può prendere in esame le questioni risolte con ordinanza dal g.i, tranne le questioni da decidere con sentenza ai sensi del 279 c.p.c. Se la parte non precisa le conclusioni all’udienza di cui all’art 189 cpc si intendono confermate tutte le ultime concisioni formulate. con le precisazioni delle conclusioni la causa passa alla fase di decisione – il g.i. si spoglia del potere sulla causa che viene acquisito dal collegio di fronte al quale si svolgono le successive attività 2) un termine non superiore a trenta giorni prima dell'udienza per il deposito delle comparse conclusionali - atto difensivo che entrambe le parti devono redigere che ricapitola in modo organico le difese, domande, eccezioni svolte nei quattro atti difensivi precedenti. Offre al giudice una sintesi delle proprie difese e delle obiezioni sollevate alle repliche della controparte. Dovrebbe essere un atto persuasivo per il giudice che deve rimetterlo a conoscenza di tutto, è l’atto da cui parte il giudice per pronunciare la sentenza. Questo atto si arricchisce di una parte nuova nella ipotesi in cui si sia svolta attività istruttoria in senso stretto- se ci sono prove costituende questa è l’occasione per commentare gli esiti dell’attività istruttoria e beneficiarla per il proprio assistito. 32 C’è una parte iura novi curia – qualificazione in diritto delle domande. L’avvocato può sviluppare una difesa in diritto purché non abbia ad oggetto fatti diversi. scaduto il termine ciascuna parte legge quella avversaria e scatta un ulteriore termine 3) Un termine non superiore a quindici giorni prima dell'udienza per il deposito delle memorie di replica. ciascuna parte risponde alla comparsa conclusionale avversaria – bisogna fare in modo che la propria comparsa conclusionale chiuda il cerchio e sia completa così che la memoria di replica serva solo a contestare quanto formulato dalle altre parti = ATTUAZIONE DEL CONTRADDITTORIO questi atti dovrebbero contenere tutte le difese delle parti. Fermo il principio di sinteticità degli atti. La rimessione investe il collegio di tutta la causa, anche quando avviene a norma dell'articolo 187, secondo e terzo comma. All'udienza fissata ai sensi del primo comma la causa è rimessa al collegio per la decisione. il collegio deve decidere entro 60gg dalla deposizione delle memorie di replica. Se una delle parti chiede nella precisazione delle conclusioni, e lo ribadisce entro il termine per il deposito delle memorie di replica si fa luogo alla discussione orale della causa o 275: fase decisoria a seguito di TRATTAZIONE MISTA (scritta/ orale) à le parti si scambiano atti scritti e c’è la discussione davanti al collegio. Ciascuna delle parti, con la nota di precisazione delle conclusioni, può chiedere al presidente del tribunale che la causa sia discussa oralmente dinanzi al collegio. (chiederlo con la nota di precisazione delle conclusioni) In tal caso, resta fermo il rispetto dei termini indicati nell'articolo 189 per il deposito delle sole comparse conclusionali – in questo modello avremo § nota delle precisazioni delle conclusioni 60gg prima § comparsa conclusionale § discussione orale al posto della memoria di replica = è un modello che si instaura SU ISTANZA DI PARTE – lo si chiede nei casi in cui si teme che l’ultima parola lasciata alla controparte nella memoria di replica sia pericolosa = è una strategia processuale. Il giudice non è obbligato ad adottare questa soluzione Il presidente provvede sulla richiesta revocando l'udienza di cui all'articolo 189 e fissando con decreto la data dell'udienza di discussione davanti al collegio, da tenersi entro sessanta giorni. l’udienza di rimessione della causa in decisione è fissata davanti a quello istruttore mentre quella di discussione DAVANTI AL COLLEGIO. Nell'udienza il giudice istruttore fa la relazione orale della causa (il giudice che ha seguito il giudizio fino a quel momento illustra i termini della controversia agli altri componenti e davanti agli avvocati delle parti). Dopo la relazione, il presidente ammette le parti alla discussione e la sentenza è depositata in cancelleria entro i sessanta giorni successivi. (le parti discutono, si chiude l’udienza e la sentenza è depositata entro 60gg) o 275bis: decisione a seguito di DISCUSSIONE ORALE – solo discussione L’iniziativa VIENE PRESA DAL GIUDICE anche d’ufficio. Le parti possono sempre sollecitare ma a prescindere da questa è il giudice che può decidere di indirizzare la controversia. Il giudice istruttore, quando ritiene che la causa possa essere decisa a seguito di discussione orale, fissa udienza davanti al collegio (non viene neanche fissata quella di rimessione davanti a sé) e assegna alle parti termine, - anteriore all'udienza, non superiore a trenta giorni per il deposito di note limitate alla precisazione delle conclusioni e un ulteriore termine -non superiore a quindici giorni per note conclusionali – disposizione controversa; le note conclusionali NON SONO la comparsa conclusionale; sarebbe un atto difensivo molto più breve simile alla comparsa conclusionale. Prima della riforma cartabia era solo orale, non c’erano queste note. All'udienza il giudice istruttore fa la relazione orale della causa e il presidente ammette le parti alla discussione. All'esito della discussione il collegio pronuncia sentenza dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. 35 ORDINANZE EMESSE IN SEDE DI DECISIONE Provvedimenti emessi dal giudice in sede di decisione del collegio (se la decisione è monocratica, i provvedimenti di cui tratteremo sono emessi dal g.i. che ai sensi del 281 quater cpc ha gli stressi poteri che ha il collegio). Il giudice può pronunciare ordinanza in varie ipotesi 1- art 279 cpc I in cui il giudice pronuncia ordinanza senza pronunciare sentenza in quanto provvede unicamente sull’istruttoria della causa comma 1 - Il collegio pronuncia ordinanza quando provvede soltanto su questioni relative all’istruzione della causa, senza definire il giudizio, nonché ́quando decide soltanto questioni di competenza. In tal caso, se non definisce il giudizio, impartisce con la stessa ordinanza i provvedimenti per l’ulteriore istruzione della causa. ESEMPIO il g.i ha negato la tempestività o la inammissibilità o la rilevanza della richiesta istruttoria di una delle parti; la parte ha riproposto la questione al momento della precisazione delle conclusioni ex art 178 I cpc; il collegio convince che la prova era tempestiva, ammissibile; pronuncia quindi ordinanza con cui ammette la prova richiesta e che erroneamente non è stata assunta il provvedimento è un’ORDINANZA ISTRUTTORIA - l’art 280 cpc prevede che con tale ordinanza il collegio deve fissare un’udienza davanti al g.i. per la prosecuzione del processo: per l’assunzione del mezzo di prova che il collegio ha ammesso con la sua ordinanza istruttoria. L’ordinanza del collegio è non modificabile né revocabile da parte del g.i perché l’art 177 cpc stabilisce che le ordinanza sono modificabili e revocabili dal giudice che le ha pronunciate – quindi questa che è del collegio non può essere modificata e revocata dal g.i. Essa può essere modificata e revocata dal collegio stesso, quando la causa gli torna per la decisione, in applicazione del 177 cpc. Se la decisione è monocratica, l’ordinanza ex art 279 cpc è emessa dallo stesso g.i. e quindi è da lui modificabile e revocabile. In conseguenza dell’ordinanza in esame la causa torna nella fase di trattazione e, se si tratta di causa a decisione collegiale, il g.i. è reinvestito di tutte le sue funzioni = il fatto che, dopo la precisazione delle conclusioni, la causa torna in istruttoria, rende necessaria una seconda precisazione delle conclusioni; le preclusioni correlate alla prima precisazione delle conclusioni, se la causa torna in istruttoria, si perdono completamente. Anche i limiti temporali del giudicato hanno come referente la seconda udienza di precisazione delle conclusioni e non più la prima. ult. comma - I provvedimenti del collegio, che hanno forma di ordinanza, comunque motivati, non possono mai pregiudicare la decisione della causa; salvo che la legge disponga altrimenti, essi sono modificabili e revocabili dallo stesso collegio, e non sono soggetti ai mezzi di impugnazione previsti per le sentenze. Le ordinanze del collegio sono sempre immediatamente esecutive. Tuttavia, quando sia stato proposto appello immediato contro una delle sentenze previste dal n. 4 del secondo comma, il giudice istruttore, su istanza concorde delle parti, qualora ritenga che i provvedimenti dell’ordinanza collegiale, siano dipendenti da quelli contenuti nella sentenza impugnata, può disporre con ordinanza non impugnabile che l’esecuzione o la prosecuzione dell’ulteriore istruttoria sia sospesa sino alla definizione del giudizio di appello. L’ordinanza è depositata in cancelleria insieme con la sentenza. 2- art 281 cpc – il collegio se è incerto circa la valutazione o il contenuto dei mezzi di prova acquisiti dal g.i. può disporre la ripetizione di fronte a sé. In questo caso la causa non torna in istruttoria ma rimane in sede decisoria; la rinnovazione dei mezzi di prova non comporta la riapertura della trattazione ma semplicemente un modo di svolgersi della fase di decisione, con la conseguenza che rimangono fermi gli effetti della precisazione dell conclusioni: non ci sarà una seconda precisazione delle conclusioni. La norma si applica solo alla riassunzione di prove già assunte, non all’assunzione di prove nuove ; le prove nuove devono essere assunte in sede di trattazione. Nela pratica la facoltà di rinnovare l’assunzione delle prove non è usata; i giudici non sentono la necessità che ha introdotto il legislatore a dettare in astratto l’art 181 cpc. 3- l’art 101 II cpc impone al giudice, che vuole fondare la sua decisione su una questione rilevata di ufficio e fino a quel momento non segnalata alle parti di riservare la decisione e di assegnare alle parti un termine per il deposito di memorie relative alla questione indicata nell’ordinanza. Ciascuna delle parti potrà addurre argomenti per convincere il giudice che la questione rilevata di ufficio debba essere decisa in un modo o in un altro 36 una volta realizzato il contraddittorio sulla questione, il collegio pronuncerà sentenza tenendo conto di quanto dedotto dalle parti. Tuttavia, realizzato il contraddittorio sulla questione rilevata di ufficio, si può avere, la pronuncia di un’ordinanza collegiale, con conseguente rimessione della causa in istruttoria. La parte potrà, nella sua memoria, allegare un fatto reso rilevante dalla questione rilevata di ufficio ed effettuare la relativa attività istruttori. in tal caso, il collegio non potrà pronunciare sentenza ma rimettere la causa in istruttoria per dare sfogo alle deduzioni delle parti CONSEGUENZE DELLA VIOLAZIONE da parte del giudice del dovere dell’art 101 II cpc – la norma qualifica nulla la sentenza emessa senza che sia stato attuato il principio del contraddittorio. La sentenza potrà essere impugnata invocando la nullità della stessa: ed il giudice dell’impugnazione dovrà provvedere a sanare il vizio. Ciò potrà avvenire nello stesso processo di impugnazione; altre volte il giudice dell’impugnazione rimetterà la causa al giudice a quo affinché faccia ciò che non ha fatto prima. •Se l’attuazione del principio del contraddittorio comporta solo la sottoposizione al giudice di argomenti per decidere la questione rilevata di ufficio, le parti trovano sempre nell’atto di impugnazione la sede per evidenziare al giudice dell’impugnazione quegli argomenti che non hanno potuto sottoporre al giudice della sentenza impugnata e per convincerlo della bontà delle proprie tesi. •Se l’attuazione del principio del contraddittorio comporta la possibilità di effettuare nuove allegazioni e nuove richieste istruttorie queste potranno essere effettuate in appello MA NON IN CASSAZIONE – questo per la diversa struttura dei mezzi di impugnazione. Mentre il giudice di appello darà sfogo dinanzi a sé all’attività rilevante dalla questione rilevata di ufficio dal giudice di primo grado, ma da questi non sottoposta al contraddittorio delle parti; la cassazione non potrà che annullare la sentenza e rinviare la causa. Un’ultima considerazione: è evidente che quando la parte impugna la sentenza, lamentando la violazione dell’art 101 II cpc deve indicare quale sia il pregiudizio subito, cioè inserire nell’atto di impugnazione quelle attività che avrebbe compiuto, se il giudice della sentenza avesse rispettato la norma. Se la parte non è in grado di enunciare le difese che avrebbe usato qualora la decisione gli fosse stata indicata evidentemente la nullità della sentenza – che indubbiamente sussiste, perché il giudice della sentenza impugnata ha disatteso una precisa disposizione di legge, per la cui violazione la legge stessa prevede la nullità della decisione; né in quel momento poteva sapere che la parte non aveva difesa da svolgere – diviene irrilevante. Non sono accettabili letture restrittive della disposizione che escludono il dovere di segnalare la questione, rilevata di ufficio, se tale questione ha natura processuale o quando essa sia non opinabile. TIPOLOGIE DI SENTENZA pronunciate dal giudice monocratico o dal collegio artt 27 tipi di sentenze sono possibili disciplinate da • 277 • 279 • 278 TIPOLOGIE DI SENTENZE la differenza che intercorre tra decisione in forma di sentenza e in forma di ordinanza + che l’ordinanza non priva il giudice del potere di tornare sopra quanto deciso, la sentenza esaurisce il potere giurisdizionale in ordine alla questione decisa. l’esaurimento del potere giurisdizionale assume significato in tre direzioni complementari - il giudice non può modificare o revocare il provvedimento - il giudice non può ridecidere ciò che ha deciso - se, nel processo che prosegue dinanzi a lui, si troverà ad affrontare questioni dipendenti da quelle decisa il giudice dovrà attenersi a ciò che ha accertato con la precedente sentenza. la posizione delle parti è analoga: sono vincolate alla sentenza pronunciata ma possono contrastarla attraverso mezzi di impugnazione. La sentenza vincola in eguale misura il giudice e le parti ma, mentre il giudice è vincolato in modo assoluto (perché non può in alcun modo liberarsi dagli effetti della sentenza), le parti possono usare mezzi di impugnazione per svincolarsi da tali effetti. la spendita dei mezzi di impugnazione costituisce un onere per le parti – sono l’unico strumento per cui possono cercare di sottrarsi agli effetti della sentenza. 37 non bisogna confondere l’effetto di cui abbiamo appena parlato con il giudicato, che si produce quando la sentenza non è più soggetta a determinati mezzi di impugnazione e raggiunge una certa stabilità – quest’effetto prescinde invece dalla formazione del giudicato e si verifica per il solo fatto che sia pronunciato un atto che ha la forma della sentenza. La perdita del potere decisorio derivante dalla pronuncia di una sentenza, si verifica anche quando il giudice ha pronunciato una sentenza inesistente. Quand’anche il vizio di inesistenza si produca nella fase decisoria, non è possibile né la rinnovazione della fase decisoria né la integrazione mediante procedimento di correzione degli errori materiali. il giudice non può liberamente scegliere se adottare l’uno o l’altro tipo di provvedimento. La scelta è fatta dal legislatore che stabilsice quando il giudice deve pronunciare se tenza e quando ordinanza. La sottrazione del giudice del potere di stabilire in che modo decidere delle questioni ha carattere PIENO – se il giudice emette con forma di sentenza una decisione che avrebbe dovuto avere forma di ordinanza o viceversa, il regime del provvedimento dipende non dalla forma in concreto ma dalla forma corretta che in astratto il giudice avrebbe dovuto adottare (imposta dalla legge) Se il giudice ammette una prova con sentenza né le parti possono impugnare il provvedimento, né il giudice perde il potere di riesaminare la questione al momento della decisione definitiva. Viceversa se il giudice emette i forma di ordinanza un provvedimento, che ai sensi dell’art 279 II cpc deve avere forma di sentenza, le parti hanno il potere di impugnare il provvedimento, e il giudice non può revocare l’ordinanza né riesaminare la questione che ha deciso, sia pure con la forma sbagliata. Quindi, determinante è la forma prescritta dalla legge, non quella che per errore il giudice ha adottato. Per il principio della prevalenza della sostanza sulla forma deve essere coordinato con le ipotesi in cui al giudice sia attribuita la scelta pregiudiziale sul se decidere o non decidere. Il giudice è vincolato alle previsioni normative per quanto riguarda la forma del provvedimento col quale decide una quesitone; egli ha la facoltà di scegliere se decidere o accantonare quella questione. Quando il giudice ha potere di scegliere se decidere o no, il procedimento seguito e la forma adottata sono indicativi della scelta pregiudiziale effettuale. la questione si pone solo nelle cause a decisione monocratica; nelle cause a decisione collegiale iul giudice istruttore non può pronunciare sentenze. il principio per distinguere quando il giudice pronuncia ordinanza e quando sentenza è facile: il giudice pronuncia ordinanza tutte le volte in cui non deve pronunciare sentenza = tutte le questioni che sorgono durante lo svolgimento del processo sono risolte con ordinanza, tranne quelle previste dal 279 II cpc che individua le questioni da decidere con sentenza. a) SENTENZE DEFINITIVE - in RITO (quando non ci si può pronunciare sul merito) = Art. 279 n 1 e 2. Forma dei provvedimenti del collegio. Il collegio pronuncia sentenza: 1) quando definisce il giudizio, decidendo questioni di giurisdizione; 2) quando definisce il giudizio decidendo questioni pregiudiziali definisce il giudizio perché a valle della constatazione che non sussiste in capo al giudice il potere di decidere nel merito la controversia che pronuncia sentenza di inammissibilità della domanda per carenza di un presupposto processuale. Diventa incontrovertibile se non impugnata e avendo oggetto circoscritto potrebbe non precludere la riproposizione della domanda. Comunque, definisce il giudizio. Si rimanda alle questioni pregiudiziali ex art 187 cpc, cioè le questioni attinenti alla giurisdizione, alla competenza o alle altre pregiudiziali di rito. Se il giudice, esaminando una questione pregiudiziale ritiene carente un presupposto processuale, la pronuncia ha esclusivamente un contenuto di rito perché non si può scendere nel merito. Può anche succedere che il procedimento vada avanti, sentendo anche testimoni e rilevi il vizio dopo c’è una differenza tra le questioni di rito in genere (trattate con ordinanza) e le questioni di rito che attengono a un presupposto processuale (trattate con sentenza) = i provvedimenti che decidono solo questioni di competenza hanno la forma di ordinanza (art 279 n 1§) che però è anomala perché ha gli effetti di una sentenza - in MERITO: (quando viene rigettata la domanda) art 279 II n. Art 279 – 2)(seconda parte n. 2) attinenti al processo o questioni preliminari di merito; = sentenza definitiva di merito su questione preliminare 3)quando definisce il giudizio, decidendo totalmente il merito = sentenza definitiva sul merito - o perché ha deciso su una questione preliminare di merito: è una sentenza sul merito, (ex prescrizione) - sarà SEMPRE DI RIGETTO della domanda ma resta di merito (per infondatezza della domanda – ha un’autorità di giudicato ed è uguale a una sentenza che abbia oggetto il merito vero e proprio) 40 Se l’udienza si svolge dopo la scadenza del termine per appellare, la parte ha un solo termine (quello per appellare) entro il quale o appella o fa la riserva; altrimenti passa in giudicato Se, invece, la prima udienza di prosecuzione si svolge prima della scadenza del termina per appellare, la riserva deve essere fatta entro tale udienza. ma non costituisce il termine ultimo per appellare. La riserva di appello può essere fatta, all’udienza di prosecuzione della causa, con dichiarazione orale da riportare nel verbale di causa o con dichiarazione scritta su foglio separato da allegare al verbale di causa; o con atto notificato ai procuratori delle altre parte costituite: l’avvocato del soccombente notifica la riserva agli avvocati delle altre parti. Questa modalità è l’unica possibile quando la prima udienza di trattazione va al di là del termine per proporre l’impugnazione Art 340 II cpc- La riserva si scioglie quando in quel processo venga impugnata una successiva sentenza, sia che sia la definitiva, sia che venga emessa un’altra sentenza che viene impugnata, deve essere impugnata anche la sentenza per cui è stata fatta la riserva; altrimenti questa passa in giudicato. Art 340 III cpc – se contro una sentenza non definitiva qualcuno ha fatto riserva e altri ha impugnato la riserva non può mantenersi e bisogna che sia sciolta immediatamente. l’art 129 III disp att cpc prevede che, se il processo si estingue, la sentenza di merito contro la quale fu fatta la riserva acquista efficacia di sentenza definitiva dal giorno in cui il provvedimento che pronuncia l’estinzione del processo diventa definitivo. Da questo comincia a decorrere il termine per impugnare la sentenza non definitiva in relazione alla quale sia stata fatta la riserva – 30 gg se la non definitiva è stata notificata o 6 mesi se non è stata notificata. L’art 129 II disp att cpc parla di sentenza di merito e non della sentenza non definitiva di rito perché quelle di rito non definitive perdono effetti se il processo si estingue. Per concludere bisogna sottolineare che la figura della sentenza non definitiva costituisce una libera scelta del legislatore, che potrebbe prevedere un diverso meccanismo in correlazione con le questioni pregiudiziali e preliminari. Si potrebbe stabilire che il giudice possa modificare la precedente ordinanza con la quale si disponeva il passaggio alla fase decisoria e rimettere la causa in istruttoria, accantonando la questione per riprenderla in esame nel momento i cui la causa è istruita. La scelta del legislatore a favore della sentenza non definitiva, si basa sulla considerazione che: poiché si è svolta una fase decisoria, bisogna metterla a frutto e usarla per porre un punto fermo con atti con effetti decisori come la sentenza. Un’altra opzione considerabile dal legislatore riguarda il regime di impugnazione di tale tipo di sentenza – il legislatore ammette l’appello ma non ammette l’impugnazione immediata in cassazione delle sentenze non definitive, ciò al fine di ridurre il carico di lavoro della cassazione che è investita di un solo ricorso anziché due. questa soluzione viene scelta maggiormente perché la sentenza non definitiva che, tendenzialmente, contiene il rigetto di un’eccezione presentata dal convenuto; non è però ancora sentenza definitiva. Sarà solo soccombenza virtuale, può darsi che poi il convenuto vinca lo stesso. QUINDI - La sentenza non definitiva è il risultato di una diversa opinione tra giudice istruttore e collegio. Le sentenze non definitive sono configurabili anche con tribunale in COMPOSIZIONE MONOCRATICA: il giudice istruttore è lo stesso giudice persone fisica che poi in veste di relatore pronuncia la sentenza. È un caso meno frequente, è difficile un ripensamento ma non si può escludere perché può darsi che il giudice leggendo gli scritti difensivi finali si convinca di avere sbagliato e che la decisione provvisoria con cui ha rimesso la causa in decisione è sbagliata. b) parziali definitive: SENTENZE NON DEFINITIVE SU DOMANDE- Nel corso di giudizi complessi in cui le domande proposte sono molteplici (o perché sono tante le parti o perché le domande formulate sono molte: (cumulo oggettivo di domande e/o cumulo soggettivo), è possibile che il giudice decida di decidere alcune di quelle domande e far proseguire il giudizio solo su altre. Alcune domande possono essere immediatamente decise, perché più semplici, e altre che richiedono attività istruttoria articolata. Quindi il giudice può risolvere alcune e far procedere per le altre: spetta al giudice decidere se - pronunciare una sentenza PARZIALE DEFINITIVA - art 279 n.5 ( SEPARAZIONE DELLE CAUSE) che decide solo alcune delle domande proposte ma è definitiva, con conseguente pronuncia di ORDINANZA di SEPARAZIONE della causa con decisione rimessa in autonomo processo sulle domande residue). Il provvedimento di separazione è logicamente anteriore alla decisione delle cause. 41 le sentenze emesse sono definitive perché la separazione comporta la creazione di tanti processi quanti sono i gruppi di cause separate – si opera, infatti quella separazione che poteva essere effettuata in sede istruttoria (infatti la norma richiama gli artt 103 e 104, e afferma che i poteri esercitati dal collegio sono gli stessi del g.i., Inoltre, questo richiamo, consente di circoscrivere il fenomeno ai soli casi in cui il cumulo può essere sciolto. REGIME DI IMPUGNAZIONE o impugnare immediatamente Art 279 5) quando, valendosi della facoltà̀ di cui agli articoli 103, secondo comma, e 104, secondo comma, decide solo alcune delle cause fino a quel momento riunite, e con distinti provvedimenti dispone la separazione delle altre cause e l’ulteriore istruzione riguardo alle medesime, ovvero la rimessione al giudice inferiore delle cause di sua competenza. - pronunciare una SENTENZA NON DEFINITIVA - Art 277 II cpc- su alcune delle domande, senza disporre alcun tipo di separazione. È necessaria, per la decisione solo di lacune delle domande, l’istanza di parte – il giudice deve riscontrare che la definizione immediata di alcune domande è di interesse apprezzabile per la part che l’ha richiesta. Le sentenze previste non sono né definitive né non definitive ma sono comunque chiamate parzialmente definitive – la sentenza esaurisce totalmente la richiesta di tutela relativa a una domanda, e rispetto a questa la sentenza è definitiva, perché la successiva sentenza relativa a una diversa domanda non è in grado di assorbirne la portata precettiva. La pronuncia al termine del processo potrà di fatto mitigare o eliminare le conseguenze dannose, ma non potrà annullarne la portata precettiva. Esempio – caio è soccombente rispetto a una sentenza non definitiva sula prescrizione e il giudice con la sentenza definitiva rigetta la domanda, ciò sterilizza le conseguenze negative dovute alla soccombenza sulla non definitiva – da questa a Caio non residua niente di nocivo, in quanto egli ha la stessa tutela che avrebbe avuto se fosse stato vittorioso sulla questione oggetto della sentenza non definitiva. Quando invece Tizio ha proposto contro Caio due domande (una relativa al capitale per 100 e una agli interessi per 50) e il giudice con la prima sentenza gli riconosce il capitale, se anche poi con sentenza definitiva agli nega gli interessi, questo non potrà in nessun caso assorbire gli effetti della sentenza parzialmente definitiva: caio deve comunque il capitale. Il mancato riconoscimento degli interessi mitigherà la soccombenza di caio che invece di 150 darà solo 100. Invece se il convenuto si vede rigettare, con sentenza non definitiva, l’eccezione di prescrizione, però alla fine del processo il giudice dichiara l0inesistenza del diritto dedotto in giudizio dall’attore è evidente che la portata precettiva della sentenza definitiva è tale da vanificare la soccombenza del convenuto sulla sentenza non definitiva. Invece, nella sentenza parzialmente definitiva la situazione è diversa, quando tizio chiede la risoluzione del contratto e il risarcimento danni, e il giudice, con la pronuncia ex art 277 II cpcp, essendo matura per la decisione la causa relativa alla risoluzione del contratto, dichiara con sentenza la risoluzione del contratto e rimette in istruttoria per la istruzione della causa relativa al risarcimento del danno, è ovvio che qualunque cosa accada con la pronuncia che decide sul risarcimento del danno, questa non potrà mai neutralizzare quanto deciso in ordina al diverso diritto sostanziale oggetto della sentenza parzialmente definitiva. REGIME DI IMPUGNAZIONE: doppia possibilità (uguale alle sentenze non definitiva su questioni) o riserva di impugnazione o impugnare immediatamente come distinguere se la sentenza su alcune domande è NON definitiva o DEFINITIVA 1. spesso aiuta il giudice: pronunciandola la qualifica = definitivamente pronunciando/ non definitivamente pronunciando. 2. Criteri sostanziali individuati della dottrina che si basano sulla maggiore o minore connessione a. sarà non definitiva se c’è connessione stretta tra domande, prosecuzione del processo e le domande non decise c’è una connessione molto stretta b. sarà parziale definitiva tra le domande decise e da decidere la connessione è debole la cassazione ha individuato due criteri meramente formali funzionali alla qualificazione: - si avrà sentenza parziale su domande definitiva tutte le volte in cui il giudice provvede sulle spese e dispone la separazione delle cause - quando manca il provvedimento di condanna alle spese e manca provvedimento di separazione è non definitiva Art. 277. Pronuncia sul merito. Il collegio nel deliberare sul merito deve decidere tutte le domande proposte e le relative eccezioni, definendo il giudizio. Tuttavia il collegio, anche quando il giudice istruttore gli ha rimesso la causa a norma dell'articolo 187 primo comma, 42 può limitare la decisione ad alcune domande, se riconosce che per esse soltanto non sia necessaria un'ulteriore istruzione, e se la loro sollecita definizione è di interesse apprezzabile per la parte che ne ha fatto istanza. = SENTENZE PARZIALI NON DEFINITIVE c) tipologia di sentenza non definitiva su domanda art 278 cpc – condanna generica: la norma individua il contenuto della condanna generica, distinguendo la sussistenza del diritto dalla quantità della prestazione dovuta. l’an attiene all’esistenza del diritto; il quantum alla quantità della prestazione dovuta. La sentenza di condanna generica si ha quando la domanda è stata proposta con riferimento all’intera situazione sostanziale (ricomprendendo sia l’an sia il quantum). Si può arrivare a una scissione della pronuncia sull’an da quella del quantum ma è necessario, ec art 278 cpc che vi sia un’istanza di parte e che l’esistenza del diritto sia certa, ma occorra ancora effettuare attività istruttoria pert la quantificazione della prestazione. In tali casi, il giudice può emettere una sentenza di condanna generica, disponendo con ordinanza che il processo prosegua per la liquidazione. La sentenza di condanna generica è non definitiva. PRESUPPOSTI o certezza dell’esistenza del diritto o si deve ancora effettuare attività istruttoria o la parte che ha fatto valere il diritto ne deve fare richiesta o la controparte non deve opporsi (il convenuto deve esplicitamente opporsi) l’oggetto della sentenza di condanna generica è l’accertamento di un fatto potenzialmente produttivo di conseguenze dannose e della imputabilità di questo fatto – restano stralciate dalla sentenza sull’an e affidate al giudizio dul quantum: le questioni relative all’esistenza e quindi all’ammontare del danno o della prestazione; e anche il nesso di causalità tra il fatto potenzialmente produttivo del danno e il danno stesso- Ha il contenuto di una sentenza di condanna generica ha il contenuto di una sentenza di mero accertamento, ma è equiparata alle sentenze di condanna. Non è sufficiente per instaurare una esecuzione forzata: manca la quantificazione. per produrre esecuzione forzata è necessario che il diritto sia liquido: la soma deve essere quantificata, È assimilata a una sentenza di condanna sotto due profili a. art 2818 cc IPOTECA GIUDIZIALE: la sentenza di condanna generica è titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale sui beni del debitore per l’ammontare che determina l’attore stesso sotto la sua responsabilità. Se viene iscritta ipoteca per una somma maggiore poi l’attore sarà responsabile b. art 2953 cc PRESCRIZIONE - : le prescrizioni più brevi di quella decennale si trasformano in prescrizione decennale quando i diritti, che si prescrivono in termini più brevi sono oggetto di sentenza di condanna. Una volta emessa sentenza di condanna generica il procedimento prosegue per la quantificazione. La norma sulla riserva di appello fa riferimento anche alla sentenza di condanna generica – rientra nella logica delle sentenze non definitive. Chi è soccombente sulla condanna generica potrebbe essere vittorioso sulla sentenza di liquidazione. Alla sentenza di condanna generica si applica la disciplina per le sentenze non definitive. Mentre la sentenza non definitiva è soggetta a un diversificato regime di impugnabilità a seconda che si tratti di appello o ricorso in cassazione, la sentenza di condanna generica è suscettibile di ricorso immediato in cassazione o in alternativa di riserva. La riserva di ricorso in cassazione è disciplinata dall’art 361 cpp - che contiene la disposizione dell’art 340 cpc = quando il giudice ha appurato che in ordine al quantum, nonostante ci sia bisogno ancora di attività istruttoria per completare la quantificazione esiste già la prova per una certa quantità, egli può emettere la PROVVISORIALE art 278 ult. comma – su istanza di parte il giudice può condannare il debitore al pagamento di una provvisionale nei limiti della quantità per cui ritiene raggiunta la prova. Il giudice può anche condannare a una provvisionale ma è facoltativo. 45 l’errore nella manifestazione della volontà che deve essere ricavabile dagli atti stessi del processo si colloca nella esteriorizzazione di una volontà che inequivocabilmente si è formata in maniera corretta e che si è espressa in maniera errata Si può avere errore materiale per ciò che riguarda l’indicazione delle parti (nome, cognome, data, luogo di nascita etc). l’errore di calcolo non pone particolari problemi, difficilmente il giudice effettua il calcolo nella sentenza; di solito si limita ad indicare gli elementi per effettuare il calcolo. Di fatto la correzione della sentenza è usata soprattutto per la mancata, incompleta o erronea indicazione delle parti o dei beni oggetto della controversia, quando si debba procedere a esecuzione forzata o all’iscrizione o trascrizione dell’atto. In tutti gli altri casi, il procedimento di correzione non è di per sé necessario perché, essendo l’errore evidente tra le parti, di solito non sorge contestazione su di esso; al contrario, l’esatta indicazione delle parti diviene necessaria quando la sentenza costituisce titolo esecutivo o è assoggettata a Pubblicità perché dovendo operare nei confronti di terzi, quello che non è indicato nell’atto reso pubblico non ha valore rispetto a terzi, quindi è necessario ricorrere al procedimento di correzione. Il procedimento di correzione si svolge in modo semplice • se le parti sono d’accordo, possono chiederla con ricorso congiunto e il giudice provvede con decreto • se la correzione non è richiesta da tutte le parti bisogna instaurare il contraddittorio con le parti (che non hanno fatto richiesta) – il giudice provvede con ordinanza il cui contenuto è annotato sull’originale della sentenza la sentenza, esclusivamente per ciò che attiene alle parti corrette, è impugnabile con i mezzi spendibili contro essa - appello se appellabile - ricorso in cassazione se si tratta di sentenza di appello o in unico grado la parte, che non è d’accordo con la correzione impugna la sentenza, esclusivamente con riferimento alle modificazioni introdotte dal provvedimento di correzione. Ciò conferma che l’ordinanza di correzione non è un provvedimento a sé stante ma ha l’effetto di modificare la sentenza a cui si riferisce. Ecco perché il provvedimento di correzione si attua trascrivendo materialmente il suo contenuto sull’originale dell’atto corretto. LA CONTUMACIA E L’ASSENZA se una o più parti non si presentano nel processo: CONTUAMCIA, disciplinata dagli artt 290 ss. cpc che può definirsi come mancata costituzione di una parte. La costituzione è l’attività con cui una parte si presenta n giudizio e acquisisce la concreta possibilità di compiere arti processuali; la contumacia presuppone l’avvenuta acquisizione della qualità di parte. Solo chi ha la qualità di parte può essere contumace. • i terzi che possono intervenire non sono contumaci perché non hanno assunto la qualità di parte • il terzo chiamato a partecipare al processo diventa contumace se non si costituisce. l’avere effettuato o l’essere stati destinatari della notificazione di un atto introduttivo o di chiamata in causa è l’elemento indispensabile perché si possa essere definiti CONTUMACI - presupposto per l’assunzione della qualità di parte. La nozione di parte individua tre fenomeni distinti a) parte in senso sostanziale - parte come titolare della situazione giuridica dedotta in giudizio b) parte in senso processuale – parte come soggetto destinatario degli effetti degli atti processuali c) parte in senso formale – parte come colui che può compiere atti nel processo. questa distinzione è importante perché la contumacia è dichiarata rispetto alla parte in senso processuale (b) ma dipende da un comportamento di colui che può compiere atti nel processo – parte in senso formale Ciò discende dalla stessa nozione di costituzione: con la costituzione la parte si presenta di fronte al giudice e manifesta la volontà di volersi difendere attivamente. La costituzione è l’attività con cui chi ha assunto la qualità di parte manifesta la volontà di voler spendere quei poteri che in astratto l’ordinamento attribuisce a ogni parte. 46 L’instaurazione del contraddittorio e la costituzione sono due fenomeni diversi - instaurazione del contraddittorio finalizzata all’assunzione della qualità di parte e viene prima della costituzione perché realizza l’astratta possibilità di difesa, mettendo il soggetto evocato in giudizio in grado di difendersi - la costituzione è la concreta realizzazione della difesa; il soggetto messo in grado di difendersi attraverso l’insaturazione del contraddittorio e attraverso la susseguente assunzione della qualità di parte decide di usare in concreto i poteri dati dall’ordinamento. Entrambi si hanno con la notificazione dell’atto introduttivo; ricevendo tale notificazione, il convenuto è avvertito della pendenza del processo; per il fatto di essere chiamato in giudizio il convenuto ha una serie di poteri che l’ordinamento gli garantisce. Con la costituzione manifesta la volontà di spenderli. Dalla contumacia va distinta l’ASSENZA – assente è colui che, essendo costituito, non partecipa a un’attività processuale. L’assenza presuppone l’avvenuta costituzione della parte: la costituzione non esclude la contumacia. Se poi, la parte costituita diserta il processo in tutto o in parte essa è assente. questa distinzione è improtante perché una volta che la parte si è costituita, non si applica più le norme del procedimento in contumacia ma vige il principio per cui la parte costituita è considerata presente a tutte le attività che vengono effettuate. L’art 176 cpc II stabilisce che le ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle parti presenti e da quelle che dovevano comparirvi à da qui si ricava il principio per cui, una volta che la parte sia costituita, l’eventuale assenza alle attività del processo non comporta alcuna modificazione delle regole ordinarie. VALUTAZIONE DELLA CONTUMACIA – non rileva ai fini della possibilità di emettere pronunce di merito: la costituzione delle parti non integra un presupposto processuale. per giungere a una pronuncia di merito è necessario che il contraddittorio sia instaurato; l’effettiva costituzione in giudizio non è un requisito della pronuncia di merito. La contumacia non incide sul merito della decisione: non comporta l’accoglimento della domanda. Il giudice: - accoglie la domanda se gli risulta integrata e provata la fattispecie costitutiva e assente ogni fatto modificativo, impeditivo o estintivo - rigetta se gli risulta o non integrata la fattispecie costitutiva o presente un fatto modificativo, estintivo o impeditivo. Nel nostro ordinamento la contumacia costituisce una ficta litis contestatio. La parte contumace non si difende attivamente, quindi è improbabile che esca vincitrice dalla controversa ma non è escluso de iure che la parte contumace possa avere ragione. La contumacia non è valutata negativamente, tranne le ipotesi di inattività ricollegate a singoli istituti come la mancata risposta all’interrogatorio libero, interrogatorio formale o la mancata prestazione del giuramento. Queste conseguenze negative sono ricollegate alla mancata effettuazione di singole attività processuali. Inoltre, la parte contumace può presentarsi a rendere interrogatorio ormale o prestare giuramento, senza bisogno di acquistare la qualità di parte costituita. Questo significa che, nel nostro ordinamento, la disciplina della contumacia è rivolta a favore e non a sfavore del contumace. Costui si trova in una posizione più favorevole di quella in cui si troverebbe se costituito, in quanto la disciplina speciale della contumacia è derogatoria alle norme comuni in senso favorevole al contumace. Questa è la scelta effettuata dal legislatore del 42 – da quel momento però la situazione è mutata. Da un lato, la disciplina derogatoria a favore del contumace si è ulteriormente accentuate in modo eccessivo, e dall’altro la rigida applicazione del principio per cui la contumacia costituisce ficta litis contestatio ha condotto a risultati grotteschi à ESEMPIO tizio propone domanda contro caio, allegando fatti costitutivi del suo diritto. Caio si costituisce e si difende ammettendo l’esistenza di tali fatti ma contestandone le conseguenze giuridiche. Trattandosi di fatti pacifici tizio non articola prove su di essi- Al momento della decisione il iudice rileva di ufficio un difetto nella costituzione in giudizio di caio, lo dichiara contumace, qualifica come inutilizzabili le attività processuali compiute da caio e rigetta la domanda di tizio perché non ha provato i fatti costitutivi del suo diritto che caio aveva affermato esistenti. la perfetta coerenza logica della decisione, unita all’assurdità del risultato dimostra che è il punto di partenza a dovere essere modificato – la dottrina si è chiesta quale fosse io motivo che giustifica un trattamento di favore del contumace e se non sia più opportuna una disciplina che dia rilievo al fatto che la parte manifesta il suo disinteresse per il processo non costituendosi. Tuttavia, il legislatore è rimasto fedele all’idea tradizionale poiché, dopo la modifica del 2009 dell’art 115 cpc, ha limitato Gli effetti della non contestazione alle parti costituite, escludendone le parti contumaci. 47 Abbandonando le considerazioni de iure condendo, vediamo le possibili alternative in ordine all’assenza e contumacia della parti 1. CONTUMACIA DI TUTTE LE PARTI – né attore, né convenuto si costituiscono in giudizio. In questo caso il giudice non viene a conoscenza< del processo. L’atto con cui l’ufficio giudiziario viene portato a conoscenza della causa è l’iscrizione a ruolo, per effettuarla serve che la parte che l’effettua si costituisca. Se non c’è iscrizione al ruolo, l’ufficio non sa niente della pendenza della causa e la conseguenza è che la causa resta quiescente per tre mesi (artt 171 e 307 cpc) , che decorre dal termine ultimo di costituzione del convenuto (art 307 I cpc) e quindi da 70esimo giorno antecedente l’udienza indicata nella citazione (art 166 cpc). Entro ter mesi la causa può essere riassunta (≠ dall’atto introduttivo perché non contiene una domanda, ma è un atto di impulso processuale, con cui si rimette in moto un processo che si è inceppato; può essere compiuta da ogni parte. • Se il processo non è tempestivamente riassunto, si estingue • se il processo è riassunto prosegue normalmente e si considera pendente, fin dalla proposizione della domanda introduttiva. Gli effetti sostanziali e processuali della domanda restano fermi alla notificazione della citazione originaria, non seguita dalla costituzione delle parti 2. ASSENZA DELLE PARTI - sono entrambe costituite ma nessuna compare di fronte al giudice della prima udienza. Secondo l’art 181 I cpc il giudice deve fissare un’altra udienza, e la cancelleria deve comunicare ai difensori delle parti costituite la data della nuova udienza. Se anche a tale udienza le parti sono assenti, il giudice dispone la cancellazione della causa dal ruolo e dichiara l’estinzione del processo. La stessa disciplina è prevista dall’art 309 cpc per le ipotesi in cui le parti costituite siano assenti nelle udienze successive alla prima – l’art 309 richiama infatti l’art 181 I cpc. 3. ASSENZA DELL’ATTORE- tutte e due le parti sono costituite ma l’attore è assente, mentre è presente il convenuto (art 181 II cpc). il convenuto può tenere due comportamenti a. tacere – il giudice fissa una nuova udienza che viene comunicata all’attore; se anche in tale udienza l’attore è assente le alternative sono A. il convenuto chiede che si proceda in assenza dell’attore – il processo va avanti normalmente B. il convenuto tace e il giudice ordina la cancellazione della causa dal ruolo e dichiara l’estinzione del processo b. chiedere che si proceda in assenza dell’attore – non si pone alcun problema, il processo prosegue normalmente. L’attore è come se fosse presente in quanto l’assenza non modifica le ordinarie regole processuali. l’art 181 II (convenuto costituito e presente, attore assente) si applica solo alla prima udienz, e non a quelle successive. Se l’attore è presente alla prima udienza, il prcesso si avvia normalmente, quand’anche la0ttore rimanga assente alle udienze successive non si applica l’art 181 II cpc à mentre nell’Ipotesi di assenza bilaterale, alla prima udienza, regolata dall’art 181 I cpc trova un’ identica regolamentazione nell’art 309 cpc; per l’assenza bilaterale nelle udienze successive alla prima; al contrario il fenomeno dell’assenza dell’attore con presenza del convenuto in prima udienza (ex art 181 II cpc) non trova una analoga disciplina per i casi in cui tale fenomeno si verifichi nelle udienze successive alla prima. 4. CONTUMACIA DELL’ATTORE – art 290 cpc : l’ attore non si è costituito. Il convenuto ha iscritto la causa a ruolo (altrimenti saremmo nelle ipotesi del 171 cpc). L’attore ha. notificato la citazione ma non si è costituito, mentre si è costituito il convenuto; che ha iscritto la causa al ruolo. La contumacia dell’attore è possibile quando la tecnica di instaurazione del processo avviene tramite notificazione dell’atto introduttivo alla controparte successivamente attraverso l’iscrizione della causa al ruolo. Per aversi iscrizione al ruolo occorre compiere quell’attività preliminare al compimento degli atti del processo che consiste nella citazione in giudizio; ed è altrettanto evidente che la contumacia dell’attore può verificarsi in quanto l’attore notifica l’atto introduttivo ma non si costituisce e non iscrive la causa a ruolo. Chi si costituisce è il convenuto che iscrive la causa a ruolo. La causa viene allora portata di fronte al g.i., col convenuto costituito. Se la contumacia dell’attore è un fenomeno che è reso possibile dalla priorità dell’instaurazione del processo rispetto alla costituzione e alla susseguente iscrizione della causa a ruolo, è chiaro che la contumacia dell’attore non può verificarsi laddove il processo è introdotto dal ricorso anziché dalla citazione. 50 c) NOTIFICAZIONE DELLA SENTENZA - art 292 IV cpc. la parte ha la possibilità di scegliere se far decorrere il termine breve notificando la sentenza al difensore della controparte (Art 285 cpc), oppure non notificare la sentenza e attendere il termine lungo. Se la parte vittoriosa vuole far decorrere il termine breve ne confronti del contumace, deve notificagli la sentenza personalmente. questa disciplina è criticabile dal punto di vista dell’opportunità – alla base della decisione di rimanere contumace c’è una valutazione della parte riferita all’oggetto del processo, cioè alla situazione sostanziale dedotta in giudizio con la domanda. La parte ritiene che, in relazione a quella situazione sostanziale, non ha interesse a difendersi: gli ta bene essere soccombente. per il rispetto del diritto di difesa devono essere notificati al contumace tutti gli atti che contengono domande nuove, perché in relazione al diverso oggetto del processo il contumace deve essere messo in grado di valutare ex novo se ha interesse a costituirsi o se mantiene interesse a non costituirsi. per il secondo gruppo di atti (PROVVEDIMENTI ISTRUTTORI - lett b) la disciplina legislativa (aggravata dalla corte cost) non è ragionevole, in quanto non vi è alcun motivo che giustifichi la loro notificazione al contumace. Non deve compiere alcuna valutazione ex novo perché il contumace ha già deciso che in relazione al diritto fatto valere, non ha interesse a difendersi. Non si vede perché debbano essere portati a conoscenza del contumace: l’ordinanza che ammette l’interrogatorio formale, che ammette il giuramento e il verbale co cui si dà atto della produzione del documento, e non, ad esempio ‘ordinanza con cui si ammette prova testimoniale – non c’è una logica e soprattutto non ha senso portare a conoscenza del contumace i mezzi istruttori, perché questi non alterano l’oggetto della lite rispetto al quel il contumace ha già deciso di non difendersi. Il contumace può comunque costituirsi in ogni momento fino all’udienza di precisazione delle conclusioni. Il contumace che si costituisce tardivamente deve accettare il processo nello stato in cui si trova. Il contumace può compiere tutti gli atti processuali che avrebbe potuto fare nel momento in cui si costituisce se fosse stato costituito fin dall’inizio. Gli atti che sono preclusi alla parte sono preclusi anche al contumace. C’è un’eccezione a beneficio del contumace – il contumace può sempre disconoscere le scritture private che sono state prodotte, anche se è trascorso l’ultimo momento utile per il disconoscimento (prima udienza o prima risposta successiva alla produzione) – se egli fosse costituito e non avesse disconosciuto la scrittura privata, in quel momento non potrebbe più disconoscerla, nonostante ormai sia decorso il termine. Ultimo comma dell’art 294 cpc deve intendersi implicitamente abroga dalla riforma del 1990 – tale norma è stata introdotta nel 1950 quando si è abbandonato il meccanismo delle preclusioni reintrodotto nel 1995. La rimessione è un istituto, in virtù del quale il contumace è abilitato a compiere attività che per lui sarebbero precluse. La rimessione in termini si può avere quando - vi è una nullità dell’atto introduttivo o della sua notificazione - quando la parte dimostra che la sua contumacia è dovuta a causa a lei non imputabile – bisogna verificare volta per volta quando sussiste una causa non imputabile. La giurisprudenza è scarsa e quasi tutta di segno negativo- Dal punto di vista processuale l’art 294 III cpc stabilisce che il giudice ammette la prova dei fatti che hanno prodotto l’impedimento, assume la prova di questi e, se li ritiene provati, riemette il contumace in termini. Il provvedimento è dato con ordinanza: la questione è poi riproponibile al momento della precisazione delle conclusioni ex art 178 cpc. Se la questione è riproposta in sede di decisione il giudice la riesamina e decide con sentenza, impugnabile. Prima della riforma del 1990 l’art 294 sembrava richiedere, oltre la nullità della notificazione o della citazione anche un quid pluris per la rimessione in termini, cioè il fatto che il contumace dimostrasse che la nullità della notificazione o della citazione gli aveva impedito di avere conoscenza del processo. Non sarebbe stato sedicente che il contumace si costituisse rilevando una nullità della citazione o della notificazione ma sarebbe altresì necessaria la dimostrazione che la nullità gli aveva impedito di avere conoscenza del processo. Oggi il problema è risolto: nel caso di nullità della citazione l’art 164 cpc prevede che quando si avveda della nullità della citazione, il giudice debba fissare una nuova prima udienza, anche se il vizio dell’atto introduttivo non ha impedito il convenuto di venire a conoscenza della pendenza del processo. D’altro lato la nullità della notificazione deve aver inciso causalmente sulla mancata conoscenza del processo altrimenti la notificazione non è nulla. 51 VICENDE ANOMALE del processo: sospensione, interruzione ed estinzione “Vicende anomale del processo” è una definizione manualistica; terminologia utilizzata da moltissimi manuali. Esse sono: • sospensione del processo: prevenire conflitto di giudicati • interruzione del processo: tutelare il principio del contraddittorio = sono identiche per “quello che succede”, ma cause ≠ • estinzione del processo; • (contumacia). Sospensione ed interruzione hanno in comune gli effetti: il processo si arresta per un determinato periodo di tempo, nel corso del quale non possono essere compiute attività processuali, salvo le c.d. attività processuali URGENTI (fondamentalmente, i procedimenti cautelari). Il processo entra in uno stato di quiescenza. Se gli effetti sono i medesimi, le ragioni sottostanti sono diverse. La sospensione del processo avviene per PREVENIRE UN POSSIBILE CONTRASTO DI GIUDICATI: è una vicenda anomala posta a presidio del principio ne bis in idem. L’interruzione del processo è una vicenda anomala che tutela IL PRINCIPIO DEL CONTRADDITTORIO E IL DIRITTO DI DIFESA. LA SOSPENSIONE La sospensione del processo è una VICENDA ANOMALA, che consiste in una pausa temporanea nel suo svolgimento: il processo si arresta per un determinato periodo di tempo, nel corso del quale non possono essere compiute attività processuali, salvo le c.d. attività processuali urgenti. Le ipotesi di sospensione previste dalla legge sono poste a tutela del principio ne bis in idem, in quanto prevengono un possibile contrasto di giudicato. Le ipotesi di sospensione sono raggruppabili in tre gruppi a) SOSPENSIONE PROPRIA (o necessaria) – art 295 cpc - «Il giudice DISPONE CHE il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa». la norma descrive il seguente fenomeno: vi è una controversia dalla cui definizione dipende la decisione i altra controversia. Bisogna capire che tipo di rapporto deve esistere tra oggetto del processo “da sospendere” e oggetto del processo “la cui decisione influisce sull’altro” affinché la definizione dell’uno possa influire sulla decisone dell’altro. Nel caso di sospensione propria sono pendenti di fonte a giudice diversi due controversie con due oggetti diversi. Bisogna analizzare i tipi di connessione fra l’oggetto del primo processo e l’oggetto del secondo - il problema si sposta sul piano del diritto sostanziale • pregiudizialità dipendenza - La definizione di una situazione sostanziale è rilevante per la decisione di un’altra situazione sostanziale quando il giudice del processo da sospendere, nella ricognizione della fattispecie del diritto dedotto di fronte a lui, deve accertare la sussistenza di un diverso diritto che è oggetto del processo separato – è l’ipotesi della pregiudizialità dipendenza, che si ha quando l’esistenza di una situazione sostanziale è fatto costitutivo o comunque elemento della fattispecie di altra situazione sostanziale (es filiazione: è situazione sostanziale autonoma ma anche elemento costitutivo del diritto agli alimenti – quando il giudice del processo alimentare deve accertare la sussistenza del diritto dedotto dianzi a lui, deve portare la sua attenzione su tre elementi: non abbienza incolpevole dell’attore capacità economica del convenuto, sussistenza tra le parti di un rapporto di parentela à se questo è oggetto di un separato processo, la decisione del rapporto di parentale influisce sulla decisione relativa agli alimenti perché accerta l’esistenza o inesistenza di un fatto costitutivo del diritto dipendente. • accertamento incidentale – art 34 cpc: se, dedotto in giudizio il diritto dipendente, sorge tra le parti contestazione circa l’esistenza del diritto pregiudiziale, il giudice si limita a conoscere del diritto pregiudiziale senza decidere di esso con efficacia di giudicato, a meno che non vi sia una domanda delle parti o espressa previsione di legge rivolta ad ottenere una pronuncia con efficacia di giudicato anche sul diritto pregiudiziale. Se ci accade il processo diviene “cumulato”. il giudice deciderà della situazione dipendente tenendo conto di quello che 52 avrà deciso della pregiudiziale. È la stessa fattispecie prevista dall’art 295 cpc però il coordinamento tra le due decisioni p raggiunto non col meccanismo della sospensione ma con quello del simultaneus processus • art 40 cpc se due processi sono pendenti davanti a uffici giudiziari diversi, o di fronte allo stesso ufficio giudiziario Art 274 cpc) si può arrivare alla riunione di più processi separati realizzando, ex post il simultaneus processus che l’art 34 realizza ex ante. (alternativa alla sospensione) PRESUPPOSTI della sospensione : o rapporto di pregiudizialità dipendenza tra due situazioni sostanziali o che queste siano ambedue dedotte in giudizio o che non si realizzai o in virtù del 34 o degli artt 40 e 274 il simultaneus processus nel nostro ordinamento il giudice della situazione dipendente ha il potere di conoscere incidentalmente della situazione pregiudiziale, tranne quando questa è dedotta in giudizio principaliter come oggetto di autonoma domanda. Non è ammessa una cognizione incidenter tantum del diritto pregiudiziale controverso = quindi o è possibile che lo stesso giudice decida del diritto pregiudiziale e anche di quello dipendente (simultaneus processus) o il simultaneus processo non è possibile e allora il giudice della ausa dipendente deve sospendere il processo pe aspettare la definizione della situazione pregiudiziale. Il nostro ordinamento non ammette che una stessa situazione da una parte sia oggetto di decisione e dall’altra sia oggetto di cognizione incidenter tantum; (non è possibile che esista un processo che contemporaneamente abbia ad oggetto lo status di padre e un processo che ha ad oggetto l diritto alimentare con configurazione incidentale sullo stato di filiazione – il giudice del processo alimentare deve sospendere e attendere la pronuncia del processo sullo status di padre). se nella controversia pregiudiziale si statuisce che i soggetti del rapporto alimentari non sono padre e figlio, il giudice rigetterà la domanda alimentare; se statuisce che sono padre e figlio il giudice del rapporto alimentare, compiuta l’istruttoria sugli altri elementi, può sia accogliere sia rigettare la domanda MA non negando il rapporto di paternità. Il fondamento dell’impossibilità che la stessa situazione sostanziale sia oggetto di decisione in un processo, e oggetto di cognizione incidenter tantum in un altro è frutto di una scelta del legislatore – se così non fosse la situazione pregiudiziale sarebbe oggetto di doppia istruttoria e nei due processi si potrebbe giungere a conclusioni diverse. Questa è la disciplina dei rapporti tra processo giurisdizionale e processo arbitrale, quando la causa dipendente è devoluta agli arbitri e la causa pregiudiziale pende dianzi al giudice: l’art 819 consente all’arbitro di conoscere incidenter tantum delle causa pregiudiziale. E si capisce la ragione: in tale ipotesi le parti non chiedono allo stato una doppia prestazione relativa al diritto pregiudiziale; non ci sono organi giurisdizionali che devono sentire gli stessi testimoni disporre consulenze tecniche identiche etc. L’arbitro è pagato dalle parti: viene meno la ragione di economia processuale sottesa al 295 cpc. Proprio per ragioni di economia processuale, per evitare la doppia istruttoria il legislatore ha scelto quanto contenuto nell’art 295 cpc; che però ha l’inconveniente di allungare la durata del processo sulla situazione dipendente. Tuttavia, proprio perché la sospensione ha funzione di economia processuale, essa opera dopo la proposizione della causa pregiudiziale. Nel caso inverso, cioè quando la causa dipendente sia proposta prima di quella pregiudiziale, la sospensione si verifica solo se, nel momento in cui la causa pregiudiziale è proposta, nella causa dipendente l’istruttoria relativa alla situazione pregiudiziale non è già stata compiuta. Se, al contrario, nel processo relativo alla situazione dipendente si è già verificata l’istruttoria della pregiudiziale, la sospensione non si verifica perché ormai si è prodotto l’evento che ha la funzione di evitare. Parte della dottrina e della giurisprudenza sostengono anche un’altra opinione che interpreta il termine definizione usato dall’art 295 cpc come “decisione” e ritiene di limitare l’applicazione dell’istituto alle sole ipotesi di pregiudizialità necessaria: cioè ai casi nei quali l’accoglimento della domanda relativa alla situazione sostanziale pregiudiziale costituisce presupposto indispensabile per l’accoglimento della domanda relativa alla situazione sostanziale dipendente. il presupposto per la sospensione è che l’emanata sentenza sul diritto pregiudiziale faccia stato nel processo sulla situazione dipendente; si sospende in attesa di una sentenza che non potrà essere disattesa nella decisione del diritto dipendente. Se la sentenza emessa nel primo processo non farà stato nel secondo, le ragioni della sospensione verranno meno. Qualora il giudice del processo dipendente debba comunque farsi una propria opinione sul modo di essere della situazione pregiudiziale, e quindi debba svolgere un’apposita trattazione e istruttoria relativa alla stessa, non si realizza alcuna economia processuale. La vincolatività della pronuncia sulla situazione pregiudiziale nel processo sul rapporto dipendente sussiste sempre quando le parti dei due processi sono le stesse, perché il giudicato fa stato ad ogni effetto; quindi, anche quando opera con riferimento alla situazione dipendente. 55 le principali ipotesi sono 1) art 48 I cpc in tema di regolamento di competenza, prevede che, quando è proposto regolamento di competenza i processi relativamente ai quali il regolamento è chiesto devono essere sospesi. Oggetto del regolamento di competenza è la decisione di una questione processuale (la competenza del giudice adito), rilevante all’interni del processo originario – deferita alla decisione di un altro giudice: e in attesa di tale decisione il processo originario resta sospeso. 2) art 367 I cpc dice possibile la sospensione del processo quando è proposto il regolamento di giurisdizione. Anche in questo caso l’oggetto del processo è sempre la stessa situazione sostanziale; la questione di giurisdizione è sottratta alla decisione del giudice adito e viene deferita alla cassazione 3) all’art 52 III cpc in tema di ricusazione del giudice. Una questione processuale determina il sorgere di un processo separato, il cui esito può incidere su quello originario; per questo il processo originario resta sospeso in attesa della decisione della questione processuale incidente. 4) artt 313 e 355 c.p.c prevedono che, ove sia proposta querela di falso in via incidentale di fronte al giudice di pace o alla corte d’appello, si sospende il processo dinanzi a quei giudici, in attesa della decisione della querela di falso per cui è competente il tribunale. Qui troviamo un’eccezione alla regole della non proponibilità in via autonoma delle questioni oggetto del processo che determina la sospensione impropria, perché la querela di falso è proponibile anche in via principale oltre che incidentale 5) se il giudice deve applicare una norma che sospetta di incostituzionalità, egli rimette la questione alla corte costituzionale con ordinanza, che sospende il processo fino alla decisione della corte. La costituzionalità della norma da applicare costituisce questione di diritto relativa al processo in corso, che normalmente il giudice gestisce da sé, tranne il casi in cui la norma sia sospetta di incostituzionalità. La questione oggetto del processo costituzionale non potrebbe costituire l’oggetto di un processo proposto in via principale 6) quando sorge questione sulla interpretazione di una norma europea – affidata alla corte di giustizia dell’UE e i giudici nazionali possono (e se sono di ultima istanza devono) rimettere alla corte di giustizia la questione relativa all’interpretazione delle norme per assicurare uniformità di applicazione di norme che altrimenti potrebbero portare a divaricazioni giurisprudenziali a seconda dei diversi stati. 7) ipotesi in cui è impugnata immediatamente la sentenza non definitiva e il giudice, di fronte al quale prosegue il processo, su richiesta delle parti, sospende l’ulteriore istruttoria in attesa della pronuncia sulla sentenza non definitiva. – artt 279 IV cpc e 129 e 133 bis disp att cpc 8) art 398 IV cpc se contro la sentenza è proposto sia ricorso per cassazione sia la revocazione, il processo di cassazione può essere sospeso ino alla definizione della revocazione. Poiché la stessa sentenza è fatta oggetto di due mezzi di impugnazione contemporaneamente, il legislatore stabilisce che uno di essi può avere la priorità rispetto all’altro. PREGIUDIZIALITA AMMINISTRATIVA- Una sospensione del processo civile si può avere anche in relazione a un processo amministrativo – ciò non accade per la giurisdizione generale di legittimità (davanti al giudice amministrativo è contestata la illegittimità di un provvedimento amministrativo ,provvedimento che è rilevante pe decidere la controversia pendente innanzi al giudice civile) in tali casi il giudice civile conosce incidenter tantum dell’invalidità del provvedimento amministrativo lo disapplica. Si ha pregiudizialità nelle ipotesi di giurisdizione esclusiva – quando il giudice amministrativo conosce anche dei diritti soggettivi. Se sulla situazione pregiudiziale è pendente controversia di fronte al giudice amministrativo, il processo che ha ad oggetto la situazione dipendente, e che pende dinanzi al giudice ordinario, resta sospeso in attesa della definizione. PREGIUDIZIALITA PENALE – il cpc non ha una norma generale con cui si preveda che tutte le volte che un processo penale possa portare a una pronuncia efficace in sede civile si debba sospendere il processo civile in attesa della definizione di quello penale. Il legislatore del 1930 aveva previsto sia l’efficacia del giudicato penale nel processo civile, sia la sospensione del processo civile in attesa delle sentenza penale tute le volte in cui era pendente un processo penale la cui decisione poteva avere effetti nel giudizio civile. Il legislatore ha tenuto ferma la scelta e ora esistono ipotesi di efficacia del giudicato penale in quello civile: •domande restitutorie e risarcitorie che si hanno quando il fatto – reato fonda un diritto alla restituzione o al risarcimento – il fatto reato può essere rilevante anche in domande diverse. il cpp pur prevedendo l’efficacia in sede civile della sentenza penale che accerta un reato o un fatto, che sono al momento della fattispecie di un diritto soggettivo non ha seguito a seconda scelta del legislatore del 1930: non ha previsto la sospensione del processo civile tute le volte in cui oggetto del processo penale sia un fatto reato il cui accertamento abbia potenzialmente efficaci vincolante all’interno del processo civile. 56 Non essendo prevista la sospensione del processo civile in attesa della sentenza penale, ogni processo prosegue per conto proprio. Se poi la sentenza passa in giudicato in un momento in cui nel processo civile, non sono ancora state precisate le conclusioni, l’accertamento in sede penale è recepito nell’ordinamento civile. Il rischio degli accertamenti contraddittori è ritenuto dal coo non tanto grave da imporre la sospensione del processo civile in attesa di un accertamento penale che può anche non arrivare. Il cpp del 1989 ha scelto una via diversa: ogni processo va avanti per conto proprio. Se il giudicato penale arriva in tempo utile per essere recepito nel processo civile. C’è un’eccezione: il processo civile, nel quale sono fatti valere diritti risarcitori o restitutori, è sospeso in attesa dell’esito del processo penale in due ipotesi 1. si è avuta la costituzione di parte civile e successivamente tale costituzione è stata revocata – la sospensione non si verifica quando la parte civile viene esclusa dal diritto penale perché il giudice ritiene che non ci siano gli estremi per costituirsi parte civile art 88 cpp 2. quando la domanda in sede civile è stata proposta dopo l’emanazione della sentenza penale di primo grado – il danneggiato dal reato, titolare del diritto restitutorio o risarcitorio è rimasto inerte: non ha né proposto domanda in sede civile né si è costituito parte civile nel processo penale. Egli propone in sede civile la domanda risarcitoria o restitutoria dopo che è stata pubblicata la sentenza penale di primo grado. Anche in questo caso il processo civile è sospeso in attesa della sentenza penale. La sospensione opera solo per le domande restitutorie e risarcitorie: non opera quando il fatto reato è rilevante per diritti diversi. TIPI DI SOSPENSIONE Sono due anche se in realtà è sempre “legale” perché sempre prevista dalla legge; si vuole distinguere la sospensione automatica ex lege dalla sospensione giudiziale che opera sulla base di un provvedimento e non automaticamente. - sospensione legale: il processo si arresta automaticamente al verificarsi della fattispecie prevista dalla legge Si verifica automaticamente quando si completa la fattispecie sospensiva; il provvedimento del giudice non è elemento costituti della fattispecie dell’effetto sospensivo ma è meramente ricognitivo di un effetto già prodotto. Se il giudice non sospende il processo quando se ne sono verificarti i presupposti, gli atti compiuti successivamente sono automaticamente nulli ex art 298 cpc. Dato che la sospensione si verifica al maturarsi della fattispecie sospensiva, sia che il giudice ne prenda atto (non vada avanti) sia che il giudice vada avanti nel processo (sbagliando) le cose non cambiano: tutti gli atti sono nulli, una volta maturata la fattispecie sospensiva. Si ha sospensione legale a seguito della rimessione alla Corte costituzionale; della rimessione alla corte di giustizia UE. - sospensione giudiziale: l’arresto si produce in virtù del provvedimento del giudice col quale si dispone la sospensione del processo. nelle ipotesi ex art 295 cpc (e altre ipotesi di sospensione impropria ex querela di falso), pur essendo il giudice vincolato ai presupposti previsti dalla norma e non avendo il potere di valutare l’opportunità della sospensione, tuttavia il provvedimento è costituito dall’effetto sospensivo: il provvedimento con cui il giudice sospese il processo è un elemento della fattispecie dell’effetto sospensivo à se il giudice non sospende il processo, non si verifica l’effetto di cui all’art 298: gli atti compiuti sono validi, nonostante che il processo dovesse essere sospeso e non lo sia stato PROCEDIMENTO E PROVVEDIMENTO la rilevazione della fattispecie sospensiva (dei presupposti in presenza dei quali il giudice deve emettere il provvedimento di sospensione) avviene anche d’ufficio, senza istanza di parte. Non hanno effetto eventuali accordi tra le parti per evitare la sospensione dove è prescritta dall’ordinamento, e viceversa: la materia non è disponibile dalle parti. Affinché la sussistenza dei presupposti della sospensione possa essere rilevata d’ufficio, occorre che la pendenza del processo pregiudiziale risulti dagli atti di causa. Il provvedimento di sospensione è un’ordinanza del collegio o del g.i., a seconda che la causa sia affidata o meno alla decisione collegiale. Ha la forma dell’ordinanza perché non definisce il giudizio ex art 279 cpc; quindi, non assume la forma della sentenza – il giudice o ritiene che la fattispecie sospensiva ci sia, e allora il processo va vanti, o sospende il processo se ritiene che non ci sia. 57 L’ordinanza che dispone la sospensione x art 295 cpc, ma non anche quella che la nega, è impugnabile col regolamento di competenza ex art 42 cpc – consente alla parte di far controllare immediatamente dalla cassazione la sussistenza della fattispecie sospensiva e nel caso far ripartire il processo erroneamente sospeso. Nelle ipotesi di sospensione legale, l’effetto sospensivo si produce automaticamente e resta irrilevante il provvedimento del giudice, che è meramente ricognitivo della già verificata sospensione. Anche se manca tale provvedimento, gli atti compiuti successivamente al maturarsi della fattispecie sospensiva sono nulli, perché l’effetto sospensivo si è prodotto. Conseguentemente, rilevata la nullità gli atti dovranno essere fatti ex novo Nelle ipotesi di sospensione giudiziale , se il processo non è sospeso, è il giudice dinanzi al quale è impugnata la sentenza ad emettere il provvedimento di sospensione non emesso dal giudice di primo grado, sempre che, nel momento in cui pronuncia siano ancora esistenti i presupposti per la sospensione. Se medio tempore sulla quesitone pregiudiziale si è formato il giudicato, la sospensione non avrebbe senso. Si tratterà di recepire la sentenza definitiva sulla causa pregiudiziale e non di sospendere il processo in attesa di qualcosa che si è avuto. L’importante è che in quel momento sussistano i presupposti per la sospensione. EFFETTI DELLA SOSPENSIONE Gli effetti della sospensione sono previsti dall’art 298 II cpc – la sospensione interrompe i termini in corso, che ricominciano a decorrere per intero dalla ripresa del processo. La sospensione del processo non produce una sospensione ma un’ interruzione dei termini. Durante la sospensione non possono essere compiuti atti del processo. Gli atti compiuti dopo il provvedimento di sospensione (nel caso di sospensione giudiziale) o dopo il maturarsi della fattispecie sospensiva (nel caso di sospensione legale) sono nulli e quindi devono, se del caso, essere compiuti di nuovo una volta che il processo riprende la sua corsa. l’impossibilità di compiere il processo trova due eccezioni: a) TUTELA CAUTELARE – anche durante il processo sospeso, possono verificarsi ipotesi in cui è necessario il ricorso alla tutela cautelare. Anzi, proprio la sospensione del processo, dilazionando ulteriormente i tempi della decisione, rende la tutela cautelare di fatto ancora più necessaria. l’alimentando può anche aspettare un anno prima di prendere gli alimenti; ma se il processo è sospeso magari cinque anni non li può aspettare. Infatti la tutela cautelare ha la funzione di tenere indenne la parte dalle conseguenze negative che si verificano nel tempo che occorre per lo svolgimento del processo, e quando il processo è sospeso il tempo si dilata quindi aumenta il pericolo. L’apertura alla tutela cautelare del processo sospeso è espressamente prevista dall’art 669 quater II cpc b) Art 48 cpc in tema di REGOLAMENTO DI COMPETENZA – (ipotesi di sospensione legale) stabilsice che il giudice del processo sospeso possa autorizzare il compimento degli atti che ritiene urgenti. Norma ritemuta applicabile a tutte le altre ipotesi di sospensione. notare la differenza tra provvedimenti cautelari & atti urgenti –> • il processo cautelare non fa parte del processo sospeso, è autonomo e parallelo: la possibilità dio chiedere la tutela cautelare quando il processo di merito è sospeso si può riconoscere anche a prescindere dalla espressa previsione dell’art 669 quater II cpc perché sospendere il processo di merito non significa impossibilità di proporre quel diverso parallelo processo che è il processo cautelare. • gli atti urgenti, a cui si riferisce l’art 48 cpc, riguarda soprattutto gli atti di istruzione probatoria che si rendono necessari e indifferibili proprio a causa della sospensione del processo (es consulenza tecnica su un immobile che si sta deteriorando) – sono atti interni al processo sospeso che posson essere autorizzati in caso di necessità RIASSUNZIONE DEL PROCESSO - deve avvenire nel termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza sulla questione pregiudiziale o dalla cessazione dell’impedimento previsto dal 75 cpp (consiste nel passaggio in giudicato della sentenza penale che decide sul reato, l’emanazione di altri provvedimenti che determinano la non prosecuzione del processo penale). Se il giudice penale stabilisce che il processo non può essere proseguito perché era necessaria la querela che non è stata proposta, il processo civile va riassunto entro tre mesi da quando diventa definitivo il provvedimento che chiude il processo penale- Se la chiusura del processo avviene con sentenza di merito, tale sentenza ha i suoi effetti nel processo civile ex art 651 ss cpp. Se la chiusura del processo avviene con provvedimento in rito, è chiaro che la sospensione per pregiudizialità penale è avvenuta invano, perché la sentenza penale, in base agli artt 651 ss c.p.c non è utilizzabile in sede civile. 60 processo. Il difensore, infatti, potrebbe volutamente attendere un momento successivo più favorevole alla parte. esempio che sia trascorso l’anno dalla morte e quindi non sia più possibile per la controparte effettuare la riassunzione collettivamente e impersonalmente agli eredi nell’ultimo domicilio del defunto. Con la dichiarazione del difensore il processo si interrompe e da tale momento non possono più essere compiuti atti processuali – in virtù del richiamo dell’art 304 all’art 298 cpc b. la parte è costituita in giudizio personalmente e non mediante un rappresentante tecnico (es un avvocato che si difende da solo) à l’interruzione avviene automaticamente al momento del verificarsi dell’evento. c. se l’evento interruttivo colpisce il contumace il processo Co. 4: «Se l’evento riguarda la parte dichiarata contumace, il processo è interrotto dal momento in cui il fatto interruttivo è documentato dall’altra parte, o è notificato ovvero è certificato dall’ufficiale giudiziario nella relazione di notificazione di uno dei provvedimenti di cui all’articolo 292». è interrotto dal momento in cui tale evento è documentato dalla controparte p è notificato, o è attestato dall’ufficiale giudiziario in occasione della notificazione di uno degli atti che secondo l’art 292 cpc devono essere notificati al contumace 4. l’evento interruttivo si verifica dopo il compimento dell’ultimo atto di parte nella sequenza processuale – l’art 300 IV cpc fa riferimento all’udienza di discussione – dopo la riforma l’udienza di discussione non ha sempre luogo, occorre integrare la norma come se dicesse – udienza di discussione, se si fa luogo. discussione orale; scadenza del termine per il deposito degli scritti defensionali se non c’è discussione orale il verificarsi di un evento interruttivo dopo la discussione non produce alcun effetto se non in caso di riapertura dell’istruzione, cioè quando il giudice, anziché emettere la sentenza definitiva emette un’ordinanza istruttoria o una sentenza non definitiva accoppiata a un’ordinanza di rimessione in istruttoria. Si deve ritenere che la previsione vada integrata con le ipotesi in cui il giudice dispone che si svolga di nuovo la fase decisoria senza che sia riaperta l’istruzione; oppure si disponga la rinnovazione delle prove ai sensi dell’art 281 cpc in questi casi l’evento interruttivo non produce alcun effetto perché la ratio dell’interruzione è di salvaguardare l’effettività del contraddittorio e dato che da un certo momento in poi l’unico soggetto che compie atti il giudice ciò non avrebbe senso. Se però la causa non viene decisa con sentenza definitiva si torna alla regola normale, perché ci siano ulteriori atti da compiere e quindi torna l’esigenza di salvaguardare il contraddittorio. RAPPRESENTANTE TECNICO la maggior parte degli atti del processo non è compiuta direttamente dalla parte ma da un difensore – rappresentante tecnico à abbiamo un secondo gruppo di eventi interruttivi che riguarda il rappresentante tecnico, ipotesi che rientrano nella ratio dell’interruzione: per garantire l’effettività del contraddittorio. queste ipotesi sono menzionate dall’art 301 cpc che individua come ipotesi eventi che riguardano la morte o la perdita ius postulandi - del potere di stare in giudizio in nome e per conto della parte, a causa di radiazione o sospensione dall’albo à il difensore non può più compiere atti del processo. Non sono eventi interruttivi (art 301 ult. comma): la revoca della procura da parte del cliente o la rinuncia al mandato da parte del difensore – son atti volontari. il legislatore ritiene che debba essere cura della parte munirsi di un altro difensore. Anzi a queste ipotesi si ha nei confronti della controparte l’ultrattività della procura (Art 85 c.p.c). Per la controparte il difensore è sempre tale, anche se il potere rappresentativo non esiste più, finché la parte no abbia provveduto a sostituirlo. La cancellazione volontaria dell’avvocato dall’albo non determina interruzione del processo: discende da un comportamento volontario del legale e deve essere accomunata alla rinuncia alla procura. Gli eventi interruttivi che si producono in capo al difensore determinano l’interruzione automatica (Art 301 II c.p.c che rinvia al 299 cpc). Gli atti eventualmente compiuti dopo il verificarsi dell’evento interruttivo che riguarda il difensore sono nulli per il solito meccanismo dell’art 304 cpc che rinvia all’art 298 cpc. Se gli eventi che attengono al difensore di verificano dopo la chiusura della discussione, essi non hanno rilevanza, in analogia al 300 ultimo comma cpc, con riferimento alla parte – anche riguardo al difensore vale la considerazione per la quale, se vi sono più atti da compiere è inutile interrompere il processo salvo che non vi sia pronuncia di una sentenza definitiva. 61 MECCANISMI DI RIPRESA DEL PROCESSO – l’interruzione ha lo scopo di garantire l’effettività del contraddittorio tra i soggetti che debbono continuare il processo stesso; quindi l’interruzione è un effetto nel quale è insita la possibilità di proseguire il processo stesso – il nostro ordinamento prevede due meccanismi - PROSECUZIONE = si verifica quando l’iniziativa per rimettere in moto il processo è presa dalla parte in relazione alla quale si è verificato l’evento interruttivo.si ha la costituzione volontaria della parte interessata. Avviene attraverso la costituzione in giudizio ex art 302 e si può avere anche prima che l’interruzione sia dichiarata - RIASSUNZIONE - ART. 303 co. 2 (“Riassunzione del processo”): «In caso di morte della parte il ricorso deve contenere gli estremi della domanda, e la notificazione entro un anno dalla morte può essere fatta collettivamente e impersonalmente agli eredi, nell’ultimo domicilio del defunto». l’iniziativa per rimettere in moto il processo è presa dalla controparte. si rende necessario un atto di riassunzione del processo che contenga la vocatio in ius del soggetto che avrebbe potuto spontaneamente proseguire il processo. l’atto di riassunzione è disciplinato dall’art 125 disp att cpc; non è un atto con cui si propone una domanda ma è un atto di impulso processuale. Proprio per questo, può essere compiuto indifferentemente da una qualunque parte interessata a rimettere in moto il meccanismo; La riassunzione ha gli stessi effetti della prosecuzione; una volta notificato l’Atto il processo prosegue dal punto in cui è rimasto al momento dell’interruzione. Se, in conseguenza dell’atto interruttivo, si è prodotto anche il venir meno della parte si ha anche una successione nel processo ex art 110 cpc - se il minorenne diventa maggiorenne o il maggiorenne interdetto non si ha la successione nel processo perché la aorte resta lo stesso soggetto. Se il processo non viene riassunto o proseguito si ha l’estinzione – il termine perentorio per riassumere il processo è di tre mesi che secondo il testo originario dell’art 305 cpc decorrono dall’interruzione ma su questo si è pronunciata la Corte costituzionale. Quando l l’interruzione ha luogo seguito di dichiarazione del difensore, il termine decorre da un evento che è noto alle parti; al contrario nei casi di interruzione automatica ex art 299 cpc l’interruzione si verifica a prescindere dal fatto che sia resa nota nl processo e allora si poteva verificare un’estinzione misteriosa del processo. “misteriosa” perché il termine per riassumere la causa decorreva da un evento poteva essere ignoro alle parti del processo. A seguito delle pronunce della Corte costituzionale oggi dobbiamo distinguere: il termine per la prosecuzione o riassunzione del processo decorre - nelle ipotesi di interruzione automatica dalla conoscenza dell’evento interruttivo - nelle ipotesi di interruzione dichiarata o certificata dall’ufficiale giudiziario il termine decorre dalla dichiarazione o certificazione Per salvare il termine è sufficiente il deposito del ricorso in riassunzione; l’attività successiva può essere compiuta anche oltre i tre mesi Per individuare i soggetti che devono costituirsi per proseguire il processo §(o nei confronti di cui il processo deve essere riassunto) occorre distinguere a seconda dei vari eventi interruttivi • se l’evento consiste nella morte della persona fisica si applica il 110 cpc: il processo è proseguito da o riassunto nei confronti del successore universale la stessa varrebbe nei confronti della persona giuridica se non ci fosse l’art 2054 bis cc che, per fusione e incorporazione, prevede che la società che risulta dalla fusione o la società incorporante prosegue in tutti rapporti. per quanto riguarda la cancellazione della società, trattandosi di evento volontario, non rientra nella finalità dell’interruzione. Una facilitazione è introdotta dall’art 303 II cpc: entro un anno dalla morte l’atto di riassunzione può essere. notificato nell’ultimo domicilio del defunto, collettivamente e impersonalmente a tutti gli eredo = vantaggio per la controparte perché non ha bisogno di individuare nominativamente gli eredi della parte morta o notificare l’atto. a ciascuno. Spetta poi agli eredi, se vogliono, costituirsi in giudizio. La controparte si disinteressa di sapere chi sono gli eredi: notifica l’atto di riassunzione nell’ultimo domicilio del defunto, in modo collettivo e impersonale agli eredi, chiunque essi siano. Ciò costituisce l’unica ipotesi nel nostro sistema, in cui un soggetto diventa parte del processo senza essere individuato: gli eredi con tale notificazione diventano parti processuali, senza essere individuati nominativamente. 62 Se essi non si costituiscono anche la sentenza non ha la caratteristica propria delle sentenze: la concretezza, che consiste nell’individuazione nominativa dei destinatari delle regole di condotta contenute nella sentenza stessa. • Nel caso di perdita della capacità della parte la prosecuzione o la riassunzione sono effettuate rispettivamente da parte o nei confronti del rappresentante legale. • Nel caso di acquisto della capacità, la prosecuzione o la riassunzione sono effettuate nei confronti del soggetto che ha acquistato la capacità. • Nel caso del mutamento del rappresentante legale il processo va proseguito o riassunto da e nei confronti del nuovo rappresentante legale. •Nel caso di morte o perdita dello ius postulando del difensore occorre distinguere, perché - la prosecuzione avviene con la nomina di un nuovo rappresentante tecnico (la parte il cui rappresentante tecnico è morto, radiato o sospeso, per proseguire nomina un altro rappresentante tecnico) - l’atto di riassunzione deve essere notificato alla parte personalmente Cosa accade se l’evento interruttivo si verifica mentre sta decorrendo il termine per impugnare? • se sta decorrendo il TERMINE BREVE (= quello che decorre solo se si notifica la sentenza), occorre ri-notificare la sentenza collettivamente e impersonalmente agli eredi della parte nell’ultimo domicilio del defunto, per far ri- decorrere il termine breve; • se sta decorrendo il TERMINE LUNGO (nessuno ha notificato), si applica ART. 328 ult. co. (che contiene degli errori): «Se dopo TRE (non 6) mesi dalla pubblicazione della sentenza si verifica alcuno degli eventi previsti nell’articolo 299, il termine di cui all’articolo precedente è prorogato per tutte le parti di TRE (non 6) mesi dal giorno dell’evento». L’ESTINZIONE L’estinzione del processo è una vicenda anomala, che consiste nella chiusura prematura e anomala del procedimento, il quale - invece di terminare con il passaggio in giudicato della sentenza o del suo provvedimento conclusivo - si arresta per il verificarsi di fatti che la legge indica come impeditivi alla sua prosecuzione. Ha due radici: • RINUNCIA AGLI ATTI art 306 cpc = si rinuncia all’attività compiuta in quel processo e quindi anche alla richiesta di tutela giurisdizionale. ART. 310stabilisce L’estinzione del processo non estingue l’azione», significa che la domanda resta riproponibile anche se il processo viene dichiarato estinto. Pertanto, la rinuncia agli atti ha effetti esclusivamente processuali, non incide immediatamente sulla situazione sostanziale dedotta in giudizio. Tutto ciò che incide sul merito non costituisce una rinuncia agli atti o quanto meno non è solo una rinuncia agli atti. La rinuncia è un fenomeno che attiene al processo, non incide sul merito e consente la riproposizione della domanda. Ci possono essere effetti indiretti dell’estinzione del processo sulla situazione sostanziale dedotta in giudizio. ART. 306 (“Rinuncia agli atti del giudizio”): «Il processo si estingue per rinuncia agli atti del giudizio quando questa è accettata dalle parti costituite che potrebbero aver interesse alla prosecuzione»La rinuncia agli atti deve necessariamente provenire da chi ha proposto la domanda e deve essere accettata dalle parti costituite che hanno interesse alla prosecuzione del processo. Talvolta - è sufficiente la rinuncia agli atti dell’attore per estinguere il processo (non necessaria accettazione del contumace) - altre volte la rinuncia agli atti dell’attore deve esser accettata dalle parti – presuppone che le altre parti siano costituite (un processo in contumacia del convenuto può essere sempre estinto con la sola rinuncia agli atti da parte dell’attore senza che sia necessaria l’accettazione del convenuto) e che abbiano interesse alla prosecuzione del processo à SI HA INTERESSE ALLA PROSECUZIONE DEL PROCESSO - quando possono aspettarsi dal giudice un provvedimento che abbia effetti per loro più favorevoli dell’estinzione. L’interesse delle altre parti alla prosecuzione del processo si ha quando si sono difese esclusivamente nel merito della causa, in questo caso, la prosecuzione del processo 65 se il convenuto non accetta la rinuncia agli atti e l’attore replica che non ha interesse alla prosecuzione del processo e che non c’è bisogno dell’accettazione, serve una sentenza perché c’è un contrasto tra le parti in ordine al requisito della decidibilità nel merito della controversia. l’estinzione realizza un’ipotesi di impossibilità a pronunciare nel merito, è un fenomeno assimilabile alla carenza di un presupposto processuale. Quando il giudice diceide su un presupposto processuale deve decidere con sentenza- dato che la dichiarazione di estinzione impedisce la pronuncia nel merito essa deve essere dichiarata con sentenza, controllabile in sede di impugnazione. Gli effetti dell’estinzione per rinuncia sono gli stessi di quelli dell’estinzione per inattività. Una particolarità della disciplina consiste in ciò che le spese del processo sono a carico del rinunciante, salvo che le parti non si accordino diversamente. Se l’estinzione per rinuncia agli atti costituisce l’attuazione di un accordo raggiunto tra le parti, e in tale sede le parti hanno stabilito ad esempio di compensare tra loro le spese, allora le spese non sono più a carico del rinunciante ma a carico di chi se l’è assunte in base a tale accordo. •INATTIVITÀ DELLE PARTI art 307 - va distinta in due fattispecie - INATTIVITA SEMPLICE art 307 I e II cpc – l’estinzione è una conseguenza che l’ordinamento prevede per il mancato compimento di alcuni atti processuali, che sono denominati atti di impulso processuale. Tali atti se no compiuti, portano all’estinzione. Collegare al mancato compimento di atti l’estinzione del processo è una scelta che deriva da una valutazione di pura opportunità del legislatore che enuclea certi atti e stabilisce che, se non vengono compiuti, il processo non può arrivare a una decisione di merito- Niente impedisce che il legislatore prevede che nessun atto è necessario per la deciso e di merito. In tal caso il processo va avanti di ufficio e il mancato compimento di atti del processo non incide nel rito ma solo sul merito. La norma elenca una serie di casi 1. quando il giudice abbia ordinato la cancellazione della causa dal ruolo, alla quale la cancellazione segue, secondo regola generale, la quiescenza della causa per tre mesi. Entro tale termine la causa può essere riassunta; decorsi tre mesi, si matura la fattispecie estintiva 2. nessuna delle parti si sia costituita nei termini, quindi la causa non è stata iscritta a ruolo. l’art 171 cpc stabilisce che se nessuna della parti si costituisce il processo resta quiescente per un termine di tre mesi che decorre dall’ultimo giorno utile perché una delle parti si costituisca. il dies a quo è il 70esimo giorno antecedente all’udienza fissata nell’atto di citazione, a cui non è seguita l’iscrizione a ruolo. È l’ultimo giorno utile perché il convenuto si possa costituita; non c’è cancellazione di causa dal ruolo perché nessuna la mai iscritta. 3. cancellazione della causa dal ruolo con estinzione immediata, senza periodo di quiescenza a. caso disciplinato dall’art 181 II cpc – se l’attore costituito non compare alla prima udienza il convenuto può o chiedere che si proceda in assenza dell’attore, il processo va avanti normalmente: l’attore non è contumace perché si è costituito, è semplicemente assente. Se il convenuto tace, il giudice fissa un’altra udienza successiva con ordinanza che è comunicata al difensore dell’attore; se anche in tale nuova udienza l’attore non compare e il convenuto non chiede che si vada avanti nella assenza dell’attore, il giudice ordina la cancellazione della causa dal ruolo e dichiara l’estinzione del processo – l’estinzione si matura immediatamente senza i tre mesi di quiescenza. b. caso dell’art 290 cpc contumacia dell’attore dove il meccanismo è più rapido - se il convenuto non chiede subito nella prima udienza che si vada avanti in contumacia dell’attore, il giudice dispone la cancellazione della causa dal ruolo e il processo si estingue immediatamente. c. art 307 II c.p.c. – la cancellazione della causa dal ruolo con la quiescenza può verificarsi una volta sola nell’arco di ogni fase del processo. la prima volta che si verifica la cancellazione della causa dal ruolo c’è la quiescenza; mas. e dopo una prima cancellazione della causa e una prima riassunzione, si verifica un’altra fattispecie di cancellazione della causa dal ruolo allora la seconda volta si ha eliminazione immediata senza quiescenza. l’art 307 II cpc stabilsice che il processo, una volta riassunto a norma del precedente comma si estingue se si verifica un’altra cancellazione della causa dal ruolo o la mancata costituzione di entrambe le parti. art 309 – disciplina l’ipotesi in cui nessuna parte si presenta a una udienza successiva alla prima. La diserzione e bilaterale della prima udienza è disciplinata dall’art 181 I cpc che prevede che il giudice fissa un’ulteriore udienza con ordinanza, che è comunicata alle parti costituite; se anche a tale udienza nessuno compare il giudice dichiara l’estinzione del processo. l’art 309 cpc per la diserzione bilaterale delle udienze successive alla prima rinvia all’art 181 66 FONDAMENTO DELL’INATTIVITA SEMPLICE – niente impedirebbe al legislatore di prevedere che, se nessuno si presenta all’udienza, la causa vada avanti ugualmente; che quando l’attore è contumace, anche se il convenuto tace il giudice provvede alla trattazione della causa; che se l’attore è assente non c’è bisogno di un’istanza espressa del convenuto acciocché il processo prosegua. La scelta di enucleare dal complesso delle attività processuali certi atti, che proprio perché previsti a pena di cancellazione della causa dal ruolo e di estinzione, possono definirsi di impulso processuale, potrebbe essere capovolta col prevedere che non c’è bisogno di alcun atto di impulso processuale e che il processo va avanti di ufficio fino alla sentenza; e che se le parti non si attivano, il giudice decide nel merito sulla base del materiale che ha. Nessuna esigenza sistematica impone al legislatore di prevedere un’estinzione per inattività semplice: se la prevede, ne dobbiamo prendere atto, però il processo in cui s i verifica un’inattività semplice non è un processo sotto altri profili viziato in quanto esso è in grado di giungere a una decisione di merito se non fosse per inattività. - INATTIVITA QUALIFICATA art 307 III cpc il legislatore espressamente riconduce ad un’inattività delle parti l’immediata estinzione del processo (sanzione). è correlata alla mancata sanatoria di vizi di presupposti processuali. la scelta del legislatore, alternativa all’estinzione è la chiusura del processo con sentenza di rito. si ha quando “le parti, alle quali spetta di rinnovare la citazione o proseguire il processo, riassumere o integrare il giudizio, non vi abbiano provveduto entro il termine perentorio stabilito dalla legge, o dal giudice che dalla legge sia autorizzato a fissarlo”. In tal caso si ha l’estinzione immediata senza quiescenza perché l’omesso compimento degli atti consolida la impossibilità di giungere a una decisione di merito. Il processo resta viziato in uno dei presupposti processuali FONDAMENTO DELL’INATTIVITA QULIFICATA – il nostro ordinamento prescrive la sanatoria del vizio del presupposto processuale ove questo sia sanabile. Accertata la sussistenza del vizio del presupposto processuale, la immediata chiusura del processo in rito è possibile solo nelle ipotesi di vizi insanabili. Laddove il vizio sia sanabile, il nostro ordinamento ha scelto la strada di non drammatizzare i vizi del processo (non nel senso di ignorarli) ma di sanarli col compimento di attività idonee a far acquisire al processo le condizioni per la pronuncia nel merito. se c’è un vizio della notificazione dell’atto introduttivo che ha provocato la contumacia del convenuto, il processo è viziato ma il giudice, accertato tale vizio, non chiude il processo con sentenza di rito ma ex art 291 ordina la rinnovazione della notificazione. Se questa è effettuato viene sanato il vizio del presupposto processuale e il processo diviene idoneo a proseguire verso la sentenza di merito. Se la rinnovazione non viene effettuata si consolida il vizio del presupposto sanabile ma in concreto non sanato. Il processo è incapace di giungere a una conclusione di merito à qui si inserisce l’estinzione che impedisce che si giunga a una sentenza di merito e consente la chiusura del processo. lo stesso accade nelle altre ipotesi previste dal 307 cpc ESEMPIO – o es il LITISCONSORZIO NECESSARIO : se alla prima udienza il giudice si avvede della mancata citazione del litisconsorte pretermesso, ordina l’integrazione del contraddittorio in un termine perentorio da lui stabilito (art. 102 co. 2). Se le parti NON provvedono, la causa viene immediatamente cancellata dal ruolo e - se non è riassunta entro tre mesi - il processo si estingue (a meno che il litisconsorte necessario pretermesso intervenga volontariamente - ipotesi limite). ART. 307 co. 3: «Il processo si estingue altresì qualora le parti alle quali spetta di rinnovare la citazione o di proseguire, riassumere o integrare il giudizio, non vi abbiano provveduto entro il termine perentorio stabilito dalla legge, o dal giudice che dalla legge sia autorizzato a fissarlo. Quando la legge autorizza il giudice a fissare il termine, questo non può essere inferiore ad un mese né superiore a tre». si è in presenza di un presupposto processuale perché se i litisconsorti non sono chiamati a partecipare al processo il giudice non può giungere a una sentenza di merito. L’art 102 II cpc prevede la sanatoria del vizio; il giudice dà ordine di chiamare i litisconsorti pretermessi; se non vengono chiamati il vizio persiste, e non si può giungere a una pronuncia di merito. A questo punto chiudere il processo per la via dell’estinzione equivale a chiuderlo per la via della pronuncia di rito (più lunga) – l’estinzione è più veloce perché evita lo svolgimento della fase decisoria. o PRONUNCIA DI COMPETENZA - la causa non viene riassunta, entro il termine, davanti al giudice indicato come competente, il processo si estingue. ART. 50: «Se la riassunzione della causa davanti al giudice dichiarato competente avviene nel termine fissato nella ordinanza dal giudice e, in mancanza, in quello di tre mesi dalla comunicazione dell’ordinanza di regolamento o dell’ordinanza che dichiara l’incompetenza del giudice adito, il processo continua davanti al nuovo giudice». Co. 2: «Se la riassunzione non avviene nei termini su indicati, il processo si estingue». 67 importante è rendersi conto di cosa accadrebbe se il legislatore non avesse previsto il meccanismo dell’estinzione per inattività qualificata -se al mancato compimento di attività svolta per sanare i vizi di presupposti processuali, consegue estinzione del processo, la conseguenza è chiusura del processo con sentenza di rito. il legislatore non prevede che la mancata rinnovazione della citazione nulla produca l’estinzione; la conseguenza sarebbe la chiusura in rito del processo con sentenza che dichiara il vizio del presupposto processuale. QUINDI, l’istituto dell’estinzione è al servizio di due scopi diversi - inattività semplice è funzionale alla scelta del legislatore di non prevedere l’officiosità del processo, cioè di non prevedere che il processo vada avanti fino alla conclusione - inattività qualificata funzionale alla mancata sanatoria dei presupposti processuali – è un istituto alternativo alla pronuncia di rito per impedire una pronuncia di merito PROFILI DINAMICI RILEVAZIONE – come si pronuncia l’estinzione per inattività L’art 307 IV cpc prevede L’estinzione opera di diritto ed è dichiarata, anche d’ufficio, con ordinanza del giudice istruttore ovvero con sentenza del collegio». ll giudice, a prescindere dalla relativa eccezione di parte, può dichiarare l’estinzione D’UFFICIO. Prima del 2009, questa norma creava molti problemi interpretativi, perché ci diceva che poteva essere dichiarata solo su eccezione di parte. Nel 2009, è stata modificata. Mancando ogni diversa previsione legislativa non ci sono limiti temporali per la rilevazione dell’estinzione: può essere rilevata in ogni stato e grado del processo. Naturalmente può essere eccepita anche dalla parte interessata fino a che è rilevabile d’ufficio Una volta che è rilevata o eccepita il giudice, se ritiene matura la fattispecie estintiva, dichiara l’estinzione del processo. La dichiarazione ha effetto retroattivo; il processo si considera estinto non da quando l’estinzione è dichiarata dal giudice ma da quando è maturata la fattispecie estintiva. La norma stabilsice che l’estinzione opera di diritto – la dichiarazione di estinzione ha effetto retroattivo. Il processo si estingue col maturarsi della fattispecie estintiva ma la mancata dichiarazione produce irrilevanza dell’effetto. l’estinzione è dichiarata con due modalità diverse a seconda che la decisione sia - COLLEGIALE – è diverso a seconda dal momento in cui si verifica: o se rilevata in fase decisoria (di fronte al collegio) su di essa il collegio § se l’accoglie, provvede con sentenza § se la rigetta pronuncia un’ordinanza istruttoria, il collegio provvede pure alla decisione dell’eccezione di estinzione con ordinanza. La questione può essere riproposta quando la causa tornerà in fase decisoria. La sentenza sull’estinzione è normalmente impugnabile con appello e successivamente con ricorso in cassazione. o se rilevata in fase di trattazione – sulla eccezione pronuncia il g.i. con ordinanza. L’ordinanza con cui nega che si sia verificata l’estinzione, quindi rigetta la relativa eccezione non è reclamabile immediatamente dal collegio. La parte che aveva proposto l’eccezione e si è vista dar torto può riproporre la questione con la precisazione delle conclusioni, al momento del passaggio alla fase decisoria. Quando il processo prosegue, il controllo sull’ordinanza del g.i. che pronuncia sull’eccezione di estinzione è rimesso alla fase decisoria. (collegio) Anche quando il g.i. accoglie l’eccezione, e dichiara l’estinzione, pronuncia ordinanza: contro di essa in questo caso deve essere previsto un mezzo di controllo perché chiude il processo e quindi non è possibile rinviarne il controllo a un momento successivo. L’ordinanza che dichiara l’estinzione è un provvedimento in senso lato definitivo nel senso che, se nessuno propone reclamo, chiude in maniera inoppugnabile il processo e ha gli stessi effetti della sentenza con cui il collegio dichiara l’estinzione. L’ordinanza è immediatamente reclamabile al collegio ai sensi dell’art 178 cpc – il collegio decide con ordinanza non impugnabile se accoglie il reclamo, ritenendo che l’estinzione non c’è stata (se il collegio accoglie il reclamo ritiene fondata la lamentela avanzata contro la dichiarazione di estinzione e quindi 70 La sentenza non può essere pronunciata in forma orale, come prevede l’art 281 sexies c.p.c ma è depositata nella cancelleria entro 15 gg dalla discussione. 71 LE IMPUGNAZIONI La disciplina delle impugnazioni ha come scopo la modifica o rimozione della sentenza emessa. - agli articoli 323 - 338, che dettano regole generali, che enunciano dei principii validi per tutti i mezzi di impugnazione; - agli articoli 339 - 403, che contengono la disciplina ad hoc per ciascun mezzo di impugnazione. L’Efficacia della sentenza può venire meno con il ricorso a mezzi di impugnazione (art 161 cpc principio dell’onere di impugnazione) = sono strumenti che servono alle parti per contestare il tenore della sentenza pronunciata dal giudice facendo valere - errores in iudicando: falsa applicazione delle norme di diritto (ingiustizia) - errori di fatto: si contesta un’erronea ricostruzione di fatti (invalidità) l’ordinamento estende la sindacabilità della sentenza alla sua ingiustizia e a tempo stesso restringe i tempi e i modi di rilevazione della invalidità della sentenza. La ratio è evidente: da un lato, la sottrazione del regime di invalidità della sentenza alla disciplina nanturale della rilevabilità in ogni tempo e luogo degli errores in procedendo produce un alto grado di certezza circa l’applicazione delle regole di condotta enunciate nella sentenza. Alla parte, che si lamenta dell’invalidità della sentenza, può essere imposto l’onere di usare i mezzi di impugnazione per far valere tale invalidità ma tale mezzo deve costituire uno strumento idoneo a decidere di tale question. Il mezzo di impugnazione deve essere strutturalmente equivalente a un normale processo dichiarativo nel quale il giudice dell’impugnazione accerta autonomamente i fatti rilevanti e stabilisce applicando ai fatti così accertati le norme processuali, se la sentenza impugnata è o meno viziata. Ove, il mezzo di impugnazione non fosse idoneo a fornire una cognizione piena e autonoma della questione processuale, l’onere di impugnazione non potrebbe operare. Bisogna considerare che la giurisdizione costituisce esercizio di attività autoritativa; e che i principi dello stato di diritto impongono il controllo giurisdizionale della legalità dell’attività autoritativa. Dunque, è possibile costringere la parte a far valere l’illegalità del comportamento del giudice attraverso i mezzi di impugnazione, in quanto il mezzo di impugnazione della questione possa costituire l’equivalente di un processo di cognizione di primo grado. Dall’altro lato, l’estensione dell’utilizzabilità dei mezzi di impugnazione anche agli errores in iudicando consente di ottenere una sentenza il cui contenuto rispetti in misura maggiore la realtà sostanziale esistente. il proprium dell’atto di accertamento è quello di vincolare i destinatari in ordine al quid accertato: nel caso dell’atto di accertamento che risolte una controversia giuridica, il vincolo riguarda le regole di condotta delle parti con riferimento a una situazione sostanziale protetta. Dal punto di vista funzionale l’atto di accertamento deve essere vincolante, mentre non necessariamente deve essere giusto, ciò no toglie che l’ordinamento voglia che il suo contenuto sia il più possibile conforme alla realtà sostanziale esistente: a tal fine garantisce nella sua formazione il principio del contraddittorio e, dopo la sua formazione, prevede mezzi di impugnazione che consentano di verificare la sua giustizia. se la controversia è risolta con transazione, non è necessario che sia “giusta”: basta che sia valutata conveniente dalle parti. Ovviamente una volta esauriti o inutilizzati gli strumenti per contestare la decisione questa passata in giudicato. Il motivo per cui la sentenza di impugnazione è più attendibile di quella impugnata è che il processo di impugnazione viene dopo l’emanazione della sentenza impugnata. Il giudice dell’impugnazione decide sulla base delle critiche che l’impugnante avanza nei confronti della sentenza impugnata e parte dalle conclusioni del giudice precedente; quando si opera su ciò che è già stato fatto la situazione si affina. Ciò esige che l’impugnante non si limiti a chiedere sic et sempliciter una nuova decisione ma enunci ciò che vi è di errato nella sentenza che impugna. I mezzi di impugnazione possono prescindere dalla denuncia di errori del giudice che ha emesso la sentenza impugnata, e sono utilizzabili anche per chiedere la rimozione della sentenza emessa in quanto oggettivamente non conforme al diritto; nel procedimento si portano nuovi elementi che il giudice precedente non conosceva per questo non si parla di “errore” – situazione tipica dell’ - appello - opposizione di terzo ordinaria che presuppone che il giudice abbia deciso tra attore e convenuto in relazione al diritto fatto valere dall’attore, sulla base di fatti dedotti dalle parti; i terzo opponendosi si disinteressa della 72 correttezza della sentenza inter-partes ed afferma la prevalenza della sua situazione su quella che la sentenza opposta ha riconosciuto alla parte vittoriosa. È un mezzo di impugnazione volto a non censurare errori del giudice ma a rilevare l’incompletezza della realtà sostanziale in base alla quale il giudice della sentenza impugnata ha deciso. Ci sono mezzi di impugnazione straordinari volti a censurare l’errore del giudice (revocazione) e mezzi di impugnazione straordinari volti a far valere l’incompletezza della decisione (opposizione del terzo). Ci sono mezzi di impugnazione ordinari con cui si può far valere solo l’errore del giudice (Cassazione: salve sopravvenienze in diritto) e mezzi di impugnazione ordinari con cui si possono far valere tutti e due i profili (appello) i mezzi di impugnazione possono essere usati talora anche quando non vi è la necessità di proporli: in tal caso sono strumenti eventuali – ci sono casi in cui la parte ha duplice forma di tutela, nel senso che può far valere le sue ragioni o col mezzo di impugnazione o attraverso l’instaurazione di un nuovo processo nel quale dedurre quell’elemento che può essere dedotto col mezzo di impugnazione o con una nuova domanda. la necessità di usare mezzi di impugnazione cessa quando la sentenza impugnata non ha mai prodotto, oppure non produce più un giudicato sostanziale – può accadere in due casi 1. art 161 I cpc – regola della conversione delle nullità della sentenza in motivi di impugnazione. il secondo comma dello stesso articolo prevede una deroga: il principio della conversione non si applica se la sentenza è inesistente. non è necessario far valere il vizio tramite impugnazione. La part si trova di fronte ad un’alternativa: a. se è ancora possibile può far valere l’inesistenza della sentenza attraverso il mezzo di impugnazione. b. Se la parte non può (es perché i termini sono scaduti) o non vuole usare l’appello può far valere l’inesistenza anche in un separato processo c. riproponendo la domanda e replicare che il giudicato non c’è perché la sentenza è inesistente 2. le sopravvenienze = in fatto o in diritto, consentono la riproposizione della domanda. Se dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni si verifica un fatto nuovo, rilevante per l’esistenza del diritto dedotto in giudizio; o se dopo la pubblicazione della sentenza viene modificata la norma sulla quale si è basata la pronuncia, la parte, che ha interesse a impugnare, può scegliere tra dedurre tali novità con mezzi di impugnazione o riproporre altra domanda allegando la sopravvenienza. la scelta è possibile solo quando i mezzi di impugnazione sono utilizzabili, altrimenti la parte può solo instaurare un nuovo processo. Fra le sopravvenienze che determinano la possibilità di superare i limiti di efficacia della sentenza non ci sono i mezzi di prova. L’esistenza di un mezzo di prova nuovo non è di per sé idonea a superare i limiti di efficacia temporale della sentenza, ma consente solo l’utilizzazione dei mezzi di impugnazione, nei limiti in cui è consentito. i fatti nuovi e le nuove norme consentono di proporre una nuova domanda; le prove sono utilizzabili solo con limiti in cui possono essere messe a fondamento di un mezzo di impugnazione OGGETTO DI IMPUGNAZIONE - art 323 cpc – sono le sentenze – non sono oggetto di impugnazione gli altri provvedimenti del giudice, in particolare le ordinanze, perché ai sensi del 177 c.p.c non possono mai pregiudicare la decisione della causa. CO 1 – Le ordinanze non possono mai pregiudicare la decisione della causa; esse possono essere sempre modificate o revocate dal giudice che le ha pronunciate Inoltre, il primo comma dell’art 178 cpc prevede che le parti possono proporre al collegio tutte le questioni risolte dal g.i. con ordinanze revocabile. le ordinanze non sono automaticamente impugnabili, perché refluiscono nella sentenza. Il giudice, co la sentenza, ha il potere di riesaminare le questioni risolte con ordinanza, per cui l’eventuale lamentela della parte contro un’ordinanza diventa una lamentela contro la sentenza che ha confermato l’ordinanza Solo quando pronuncia sentenza, il giudice ha potere di tornare sulla decisione. Dovendo riesaminare la questione affrontata con ordinanza, l’effetto dell’ordinanza si incorpora nella sentenza per cui la lamentela è proposta non contro l’ordinanza. Ci sono delle ordinanze (art 177 cpc) che non sono modificabili o revocabili e che pongono dei punti fermi, non rivedibili al momento della sentenza. In questo caso non è la sentenza, ma l’ordinanza, che produce il pregiudizio. Anche se, nella maggior parte dei casi il pregiudizio non si avvera. • L’art 177 n.1 fa riferimento ad ordinanze pronunciate sull’accordo delle parti, quindi se la parte è d’accordo non avrà da lamentarsi. • l’art 177 n. 3 fa riferimento a ordinanze reclamabili al collegio, esiste un sistema di controllo 75 - vizi occulti riguardano le impugnazioni straordinarie esempio l’aver deciso sulla base di prove, dichiarate false dopi la pronuncia della sentenza che le utilizza integra un motivo di revocazione straordinaria (art 395 n.2) – la parte quando legge la sentenza non è in grado di usare il mezzo di impugnazione finché non sa che la prova è stata dichiarata falsa conseguenza della distinzione Le sopravvenienze in fatto o in diritto consentono la riproposizione della domanda mentre le fattispecie che fondano i mezzi di impugnazione straordinari danno luogo a mezzi di impugnazione (la domanda di impugnazione è di solito soggetta a un termine di decadenza); si propone al giudice che ha emesso la sentenza che si impugna; il processo si svolge secondo le stesse regole con cui si è svolto quello che ha portato all’emanazione della sentenza che si impugna in via straordinaria e infine, la pronuncia emessa in sede di impugnazione straordinaria è soggetta agli stessi mezzi di impugnazione. - Se viene impugnata in via straordinaria una sentenza di primo grado, la sentenza emessa in sede di impugnazione straordinaria è appellabile – perché è appellabile la sentenza impugnata - se viene impugnata in via straordinaria una sentenza di appello, la sentenza che viene emessa in sede di impugnazione straordinaria è ricorribile per cassazione ma non appellabile perché non è appellabile, ma ricorribile in cassazione la sentenza impugnata. Nel nostro ordinamento ci sono ipotesi che consentono di impugnare il provvedimento anche dopo il passaggio in giudicato formale, e la qualificazione di questo fenomeno si percepisce nella competenza del giudice a cui va proposta la domanda, nel relativo procedimento e nel regime di impugnabilità del provvedimento che decide l’impugnazione straordinaria. Tuttavia, da un punto di vista logico e sistematico, niente impedirebbe che la fattispecie, che secondo il diritto positivo à luogo a impugnazione straordinaria consentisse la proposizione di una nuova domanda, in primo grado, di fronte al giudice ordinariamente competete (quindi di porre a pregiudiziale fondamento di un ordinario processo la fattispecie), così come accade per le sopravvenienze di fatto e in diritto. il debitore condannato, adempie dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni. la fattispecie è deducibile in un autonomo processo: la parte condannata può chiedere l’accertamento dell’inesistenza del suo obbligo, allegando la sopravvenienza. il giudice del secondo processo, accertato preliminarmente che il fatto estintivo allegato costituisce una sopravvenienza e pronuncia nel merito dichiarando l’inesistenza del diritto della controparte. Discorso analogo può essere fatto per tutti gli altri mezzi di impugnazione straordinaria: il terzo, che avesse da lamentarsi del dolo o della collusione delle parti potrebbe proporre domande in primo grado di fronte al giudice competente e ottenere l’accertamento dell’effettivo modo di essere della realtà sostanziale. le operazioni logiche che deve effettuare il giudice della domanda riproponibile in primo grado sono uguali a quelle che fa il giudice dell’impugnazione straordinaria. Il giudice di primo grado, prima di passare all’esame del merito deve accertare si possa riaprire il giudicato. nel nostro sistema il giudice, di fronte al quale la domanda è riproposta deve pregiudizialmente accertare che la sopravvenienza dedotta è effettivamente tale. Ugualmente il giudice dell’ipotetico ordinamento dovrebbe accertare che vi è la condanna per falsa testimonianza; che vi sono stati il dolo, collusione delle parti a danni del terzo etc. solo dopo l’accertamento preliminare della fattispecie (la cui esistenza consente di riaprire il giudicato), il giudice di tale ipotetico ordinamento potrebbe considerarsi svincolato dal giudicato e decidere nel merito (intendendo la situazione sostanziale nuovamente dedotta in giudizio) Da un punto di vista logico, non c’è differenza tra le operazioni che compie il giudice dell’impugnazione straordinaria e quelle che compie il giudice, di fronte al quale la domanda è riproposta per sopravvenienze in fatto o in diritto. In entrambi i casi c’è una questione pregiudiziale, che è l’esistenza del motivo che consente di superare il giudicato. La vera differenza sta nel diverso regime processuale dell’impugnazione straordinaria rispetto alla riproposizione della domanda. Il nostro e altri ordinamenti scelgono la tecnica del mezzo di impugnazione straordinario anziché la tecnica della riproposizione della domanda in un ordinario processo, il che, incide sulla competenza, sul procedimento e sul regime di impugnazione del provvedimento che decide dell’impugnazione straordinaria, non impedisce di percepire quella che è la realtà delle cose: che l’impugnazione straordinaria è un’azione sottoveste di impugnazione – perché - le operazioni logiche che compie il giudice, di fronte al quale è riproposta la domanda per sopravvenienze di fatto o diritto sono le stesse che compie il giudice dell’impugnazione straordinaria 76 - la litispendenza, con tutti i suoi effetti, cessa al passaggio in giudicato formale della sentenza e nuovi effetti sostanziali e processuali si producono nel momento in cui viene proposto il mezzo di impugnazione straordinario. proposta una domanda, gli effetti della stessa si mantengono fino al passaggio in giudicato formale della sentenza; nel momento in cui la pronuncia passa in giudicato formale, ritornano applicabile le norme ordinarie di diritto sostanziale. Allorché viene proposto il mezzo di impugnazione straordinario, si producono dei nuovi effetti sostanziali che operano sulla situazione di diritto sostanziale quale essa è nel momento in cui viene proposto il mezzo di impugnazione straordinario. medio tempore (tra il passaggio in giudicato formale della sentenza e la proposizione del mezzo di impugnazione straordinario) possono essersi verificati eventi pregiudizievoli per la parte che propone il mezzo di impugnazione straordinario. Ciò perché gli effetti di protezione prodotti dalla domanda originaria sono cessati col passaggio in giudicato formale della sentenza poi impugnata in via straordinaria. Questo è confermato dall’art 2652 n. 9 cc che prevede la trascrizione della domanda di revocazione per i numeri 1,2,3 e 6 dell’art 395 cpc e di opposizione di terzo revocatoria contro le sentenze. Analoga previsione è contenuta nell’art 2652 n 9 bis e 2690 n 6 bis cc con riferimento alle domande di revocazione ex art 391 quater c.p.c. Se sono soggette a trascrizione le domande, con cui si propone un mezzo di impugnazione straordinario, ciò significa che queste producono nuovi effetti sostanziali. Infatti, le domande di impugnazione ordinaria non sono soggette a trascrizione perché la domanda proposta in primo grado produce effetti che coprono l’intero arco della litispendenza: dalla proposizione della domanda stessa al passaggio in giudicato formale. È logico che non si trascrivano le domande di appello, di revocazione ordinaria o il ricorso in cassazione perché fino al passaggio in giudicato formale opera sempre la trascrizione della domanda proposta in primo grado. il fatto che il legislatore prevede che sino soggette a trascrizione le domande di impugnazione straordinaria significa che , col passaggio in giudicato della sentenza cessano gli effetti sostanziali della domanda originaria, si riapplicano le norme di diritto comune e, quando si ripropone la domanda di impugnazione straordinaria questa produce una nuova litispendenza e quindi dei nuovi effetti della domanda, che si riferiscono alla realtà sostanziale quale essa è al momento della proposizione della domanda di impugnazione straordinaria; e quindi una realtà sostanziale modificata dagli effetti prodottisi in virtù dell’applicazione delle norme di diritto comune. tizio propone una domanda nei confronti di caio e la trascrive: se otterrà tutela non varrà solo nei confronti del convenuto ma anche nei confronti di tutti gli altri aventi causa del convenuto che trascrivano il loro atto di acquisto dopo la trascrizione della domanda. Costoro non avranno alcuna pretesa da far valere nei confronti dell’attore vittorioso. Immaginiamo che tizio perde la causa perché il giudice fonda la sua decisione su una testimonianza falsa, passano 7 anni e il testimone è condannato per falsa testimonianza. Tizio impugna per revocazione la sentenza passata in giudicato ma dopo il passaggio in giudicato della precedente sentenza, Caio, ha alienato il suo bene a sempronio che ha trascritto il suo atto di acquisto. Posizione dell’attore nel conflitto con Sempronio – art 2652 n 9 cc dato che medio tempore caio ha alienato il bene e Sempronio ha trascritto il suo acquisto prima della trascrizione della domanda di revocazione; l’attore ottiene tutela nei confronti di caio ma non può recuperare il bene da sempronio perché questi ha fatto salvo il suo acquisto (la domanda di revocazione è stata trascritta cinque anni dopo la trascrizione della sentenza impugnata. Quindi l’accoglimento della revocazione dà a tizio diritto al risarcimento danni nei confronti di caio ma non gli dà il diritto di recuperare il bene da sempronio. Se il subacquisto Sempronio è avvenuto nel corso del processo, prima del passaggio in giudicato formale della sentenza; tizio agisce contro caio e trascrive la sua domanda: nel corso del processo Caio vende a Sempronio. Tizio perse in primo grado e appello ma vince in cassazione e in sede di rinvio perché non c’è la prova falsa. Il subacquirente Sempronio, che ha trascritto il suo titolo d’acquisto dopo la trascrizione della domanda ha una posizione che in nessun modo è opponibile a quella dell’attore vittorioso che ha tutela nei confronti di caio e anche nei confronti di sempronio e può recuperare da quest’ultimo il bene – l’attore è protetto dagli effetti sostanziali della domanda. l’art 1652 n 9 fa capire che gli effetti della litispendenza originaria non si estendono alla impugnazione straordinaria. Se il subacquisto, invece che durante la litispendenza, avviene tra il passaggio in giudicato della sentenza e la proposizione della impugnazione straordinaria e si verificano le condizioni della norma (Decorso del tempo e buona fede) l’acquisto da parte del terzo è intangibile da chi propone l’impugnazione straordinaria. Questi ottiene tutela nei confronti della controparte, ma non nei confronti dell’avente causa. 77 Ovviamente il venir meno della precedente litispendenza opera a tutti gli effetti – la domanda di impugnazione straordinaria sarà proposta da e nei confronti dell’attuale titolare del diritto e dell’obbligo contrapposti, non operando più l’art 111 c.p.c è cosi confermato che le impugnazioni straordinarie sono azioni in veste di impugnazione e si differenziano rispetto alla riproposizione della domanda solo per la - competenza - procedimento - per il regime di impugnazione della sentenza con cui viene decisa l’impugnazione straordinaria ma sotto tutti gli altri profili non c’è differenza tra la tecnica prescelta dal legislatore e l’ipotetica tecnica che prevedesse la possibilità di far valere quelle che, de iure positivo è il motivo di impugnazione straordinaria anziché con la tecnica dell’impugnazione con una domanda in primo grado, così come accade per le sopravvenienze in fatto o diritto che danno luogo alla riapertura di un processo di cognizione. Si capisce come è possibile che il nostro legislatore non prevede la riproposizione delle impugnazioni straordinarie, un termine di decadenza finale svincolato dalla scoperta del vizio. Alle esigenze di stabilizzazione della realtà sostanziale, quale scaturisce dalla sentenza impugnabile in via straordinaria, sopperiscono gli istituti di diritto sostanziale (prescrizione, usucapione, estinzione per no uso) Quindi, in astratto la sentenza può essere impugnata in via straordinaria anche dopo cento anni dalla sua pubblicazione: solo che il diritto che si fa valere con l’impugnazione straordinaria sarà certamente prescritto, o estinto per non uso, o estinto per usucapione altrui. 2) Distinzione tra MEZZI A CRITICA LIBERA e MEZZI A CRITICA VINCOLATA • A CRITICA LIBERA (in particolare l’appello): conferiscono a chi impugna la sentenza totale libertà, nel senso che questi potrà censurare la sentenza sotto qualunque possibile tipo di profilo (es. addebitando al giudice un errore nell’applicazione di norme di diritto, oppure un errore nella valutazione dei fatti). il legislatore non predetermina le censure ammissibili. • A CRITICA VINCOLATA (in particolare il ricorso per cassazione): il legislatore predetermina i singoli motivi di impugnazione ai quali chi impugna deve necessariamente ricondurre le proprie censure, a pena di inammissibilità dell’impugnazione stessa.(non infondata). Anche la revocazione è a critica vincolata ART. 360 co. 1: «Le sentenze pronunziate in grado d’appello o in unico grado possono essere impugnate con ricorso per cassazione:
 1) per motivi attinenti alla giurisdizione 2) per violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza 3) per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro 4) per nullità della sentenza o del procedimento 5) per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti». Il legislatore elenca cinque motivi tipici per il ricorso per cassazione: il ricorrente deve ricondurre la propria censura ad uno di questi cinque motivi; non può formulare qualunque tipo di censura. 3) Distinzione tra MEZZI DI GRAVAME e MEZZI DI IMPUGNAZIONE IN SENSO STRETTO: che hanno effetti diversi nel giudizio di impugnazione MEZZI DI GRAVAME: mezzi con i quali chi impugna chiede al giudice dell’impugnazione una nuova decisione nel merito della controversia; l’oggetto del giudizio di impugnazione è lo stesso oggetto del giudizio di primo grado; l’oggetto di valutazione NON è la sentenza impugnata, ma la stessa controversia. producono un EFFETTO SOSTITUTIVO (tipicamente l’appello): la sentenza del giudice dell’impugnazione sostituirà la sentenza del giudice di primo grado; l’effetto sostitutivo si ha anche se il gravame viene respinto: abbiamo una nuova decisione nel merito della controversia; a questo corrisponde che oggetto del giudizio di impugnazione sarà non la sentenza ma l’oggetto della sentenza stessa. Se anche l’impugnazione viene respinta nella sostanza, l’effetto sostitutivo si produce ugualmente. MEZZI DI IMPUGNAZIONE IN SENSO STRETTO: l’oggetto della cognizione e della decisione del giudice dev’impugnazione è la sentenza impugnata; chi impugna deve dimostrare che il giudice a quo ha commesso degli errori. hanno un EFFETTO MERAMENTE RESCINDENTE - tende all’annullamento della sentenza impugnata: se l’impugnazione viene accolta, la sentenza impugnata viene annullata. Non c’è una nuova decisione nel merito della controversia, ma 80 un pezzo di MOTIVAZIONE (non del dispositivo) in cui NON gli si dà ragione: si parla di soccombenza virtuale. Di fronte a una sentenza di questo tipo, B non potrà MAI impugnare PER PRIMO in quanto totalmente vittorioso: se però A dovesse decidere di impugnare, allora sorge l’interesse di B (soccombente virtuale) ad impugnare quella sentenza, nella parte in cui quella sentenza ha risolto, in senso a lui sfavorevole, le due questioni. Perché ha interesse a impugnare? Perché solo se il soccombente virtuale impugnerà la sentenza attribuirà al giudice dell’impugnazione il potere di riesaminare quelle due questioni ed eventualmente risolverle in senso a lui favorevole. Se non lo fa, quella parte della sentenza si cristallizza per sempre e il giudice dell’impugnazione non potrà riesaminarle. Il giudice dell’impugnazione non è detto che condivida la soluzione adottata dal giudice di primo grado: potrebbe ritenere che es. non sussistano gli estremi del dolo; se allora il soccombente virtuale non avesse impugnato la sentenza nella parte in cui ha rigettato le sue due eccezioni, davanti al giudice dell’appello, il convenuto potrà giocarsi soltanto le carte delle due eccezioni rimaste assorbite in primo grado: su quelle il giudice a quo non si è minimamente pronunciato, nella sentenza non c’è traccia di quelle eccezioni. !! C’è un unico caso in cui la soccombenza virtuale genera interesse ad impugnare anche nel caso in cui l’altra parte non impugni: è il caso in cui LA SOCCOMBENZA VIRTUALE È CRISTALLIZZATA ALL’INTERNO DI UNA SENTENZA NON DEFINITIVA. La sentenza non definitiva è un incidente di percorso che può verificarsi nel corso del processo, frutto di un disaccordo tra il giudice istruttore e il collegio. L’ipotesi è che il giudice istruttore, di fronte ad una delle eccezioni proposte dal convenute, ritiene che questa sia ictu oculi fondata; quindi, ritiene inutile proseguire con il corso del processo e respinge immediatamente la domanda dell’attore. Avevamo fatto l’esempio della PRESCRIZIONE. Il giudice si trova davanti ad una controversia complicatissima, che necessita di un’approfondita istruttoria per essere risolta, ma nota subito che la domanda giudiziale è stata proposta 12 anni dopo la stipulazione del contratto (quindi: i termini di prescrizione sono scaduti). Rimette immediatamente la causa in decisione, le parti precisano le conclusioni e, quale che sia la modalità decisoria, si arriva davanti al collegio, il quale è di avviso diverso rispetto al giudice istruttore: ritiene che la prescrizione non sia maturata, perché nel frattempo si era interrotta. La sentenza NON definitiva risolve in senso SFAVOREVOLE al convenuto una questione (nell’esempio, la questione della prescrizione). A valle della sentenza non definitiva, il giudice pronuncia un’ordinanza e rispedisce le parti davanti al giudice istruttore. Il processo prosegue, con l’esame di tutte le questioni, che prima il giudice non aveva neanche esaminato. Quindi, può darsi benissimo che questo processo si concluda con una sentenza favorevole al convenuto (rigetto della domanda dell’attore), ad esempio perché il contratto era annullabile sotto il profilo del dolo. Dunque, abbiamo che: • il convenuto è soccombente virtuale rispetto alla sentenza non definitiva, perché questa ha risolto in senso a lui sfavorevole una quesitone (gli ha respinto l’eccezione di prescrizione) • il convenuto è totalmente vittorioso rispetto alla sentenza che chiude il processo, che è a lui completamente favorevole: vede il rigetto della domanda dell’attore perché il contratto è annullato. Rispetto a questa sentenza, l’attore è soccombente formale. Quando la soccombenza virtuale deriva da una sentenza non definitiva, l’ordinamento consente al soccombente dalla sentenza non definitiva di impugnarla direttamente (quantomeno in primo grado). È data anche l’alternativa della RISERVA DI IMPUGNAZIONE (non la impugno direttamente, ma mi riservo di impugnarla insieme alla sentenza definitiva); ma posso anche impugnarla subito. Avremo una patologica BIFORCAZIONE: • giudizio di impugnazione sulla sentenza non definitiva; • giudizio di primo grado che nel frattempo prosegue (con buona pace della ragionevole durata del processo). 81 si parla di • soccombenza parziale reciproca = quando il giudice abbia accolto solo in parte la domanda e accolto solo in parte le difese del convenuto – è una soccombenza reale e non virtuale per cui ogni parte. è legittimata a prendere l’iniziativa per impugnare ipotesi di PROCESSI CON PIU DOMANDE CUMULATE in quanto più diritti sono dedotti in giudizio – in tali ipotesi si può ricostruire, moltiplicata per tante quante sono le domande, la situazione esaminata sopra: se l’attore chiede, nei confronti del convenuto, la tutela di tre situazioni sostanziali distinte, abbiamo, moltiplicato per tre quello che abbiamo visto in relazione al processo con un solo oggetto. Una sentenza con un cumolo oggettivo, ancorché unica, sostanzialmente si scinde in tante sentenze ciascuna delle quali decide di una domanda. In relazione a ciascuna dobbiamo ripetere l’esame fatto per il processo con un solo oggetto – tota capita, tot sententiae. la particolarità del processo cumulato è che può essere che rispetto a una delle domande, sia vittoriosa una delle parti, e rispetto a un’altra sia vittorioso l’altra parte = situazione analoga alla soccombenza parziale reciproca riferito a più oggetti processuali. Accade che le parti rassegnino occlusioni di identico contenuto, in quanto tutte vogliono la stessa decisione ma non vogliono o non possono ricorrere a un accordo negoziale perché si tratterebbe di diritti indisponibili à la sentenza nasce già passata in giudicato poiché nessuno ha legittimazione a impugnare. b) LEGITTIMITA AD IMPUGNARE - chi può impugnare una sentenza? Anzitutto, chi sia stato parte in senso processuale del processo all’esito del quale la sentenza è stata pronunciata: o attore e convenuto o contumace: colui che non si sia costituito in quel giudizio per scelta o rappresentato nell’ipotesi in cui in giudizio fosse stato il rappresentante o parte estromessa da quel processo nel corso del giudizio o tutti i terzi intervenuti in quel processo, ivi compreso il pubblico ministero (quando interviene, il terzo diventa parte in senso processuale. Eccezione: il nostro ordinamento prevede delle ipotesi eccezionali in cui è consentita la sostituzione processuale; ART. 81: «Fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui». Tipiche ipotesi di sostituzione processuale: - azione surrogatoria - successione a titolo particolare nel diritto controverso: il processo prosegue tra le parti originarie (art. 111); l’avente causa (colui che ha acquistato, nel corso del processo, quel diritto) può intervenire, ma può anche restare estraneo al processo, ma subisce gli effetti della sentenza. Benché non vi sia traccia di lui in quel processo, il successore a titolo particolare potrà impugnare la sentenza. Lo stesso vale per il successore mortis causa, a titolo universale. 
 —> Luiso = riconduce alla legittimazione ad impugnare parte delle nozioni che la prof. ha ricondotto all’interesse ad agire. la legittimazione ad impugnare presuppone LA SOCCOMBEMNZA – significa che con il provvedimento che si vuole impugnare si è ottenuta una tutela inferiore a quella richiesta. Per valutare la soccombenza occorre tener conto delle richieste che. le parti avanzano al momento di precisazione delle conclusioni e ciò che conta non è quello che è stato chiesto negli atti introduttivi o in via di modificazione in corso di causa ma ciò che è stato chiesto alla precisazione delle conclusioni. CASI IN CUI LA SOCCOMBENZA NON ESISTE: dobbiamo immaginare che la parte si è difesa con certi argomenti e che il giudice su alcuni di questi le abbia dato torto – può essere che la parte, pur essendosi vista respinti alcuni argomenti che aveva proposto, non sia soccombente e manchi della legittima zione a proporre l’impugnazione in via principale. Al momento della decisione il giudice deve tuttavia affrontare e risolvere le questioni di rito prima di quelle di merito. Anche le pronunce di rito non impediscono la riproposizione della domanda, sempre che 82 possa essere rimossa la causa, che ha portati alla chiusura del processo. invece le sentenze di merito hanno efficacia di giudicato sostanziale e rendono incontrovertibile l’esistenza o l’inesistenza della situazione sostanziale oggetto della decisione. Ora possiamo capire QUANDO UNA PARTE che ha sollevato alcuni mezzi di difesa o di attacco e che se li è visti rigettare non p da considerarsi SOCCOMBENTE e quindi non può impugnare per la prima sentenza. Caso in cui una sola situazione sostanziale sia stata dedotta nel processo che ha partorito la sentenza, rispetto a cui si vuole stabilire la legittimazione e l’interesse ad impugnare- a) il convenuto si è difeso solo in rito e il giudice ha rigettato la domanda dell’attore nel merito = il convenuto non ha interesse a impugnare perché la vittoria nel merito gli dà una tutela superiore a quella che egli stesso aveva chiesto. Se, il convenuto avesse ottenuto ciò che aveva chiesto tale pronuncia non avrebbe impedito all’attore di riassumere o riprodurre la domanda in un separato processo. nel processo riassunto o nel. secondo processo il convenuto sarebbe potuto rimanere soccombente nel merito. Invece, pur avendo il giudice rigettato la difesa in rito del convenuto poiché è stata ritenuta infondata nel merito la domanda dell’attore, la pronuncia dà al convenuto una tutela maggiore in quanto, se la sentenza passa in giudicato messa impedisce all’attore di riproporre la domanda b) il convenuto si è difeso vuoi in rito vuoi in merito e il giudice abbia rigettato la domanda nel merito – la soluzione: il convenuto ha ottenuto la tutela maggiore, SICURAMENTE NON è Né LEGITTIMATO A IMPUGNARE (perché non è soccombente) né ha interesse a impugnare (perché l’accoglimento dell’impugnazione e quindi la chiusura del processo in rito gli da meno di quanto abbia ottenuto dalla sentenza impugnata). c) il convenuto si è difeso vuoi in rito, vuoi in merito e il giudice ha rigettato la domanda in rito. Il convenuto non può condizionare l’esame delle questioni da lui sollevate nel senso di alternarne l’ordine naturale vincolando il giudice all’esame delle questioni di rito solo dopo aver esaminate le questioni di merito. Il convenuto che sia difeso in rito e in merito non può impugnare – per carenza di legittimazione- la sentenza che accolga l’eccezione di rito. il convenuto avrebbe interesse a impugnare chiedendo il rigetto nel merito, quando la sentenza ha accolto l’eccezione di rito ma no è legittimato a impugnare, in quanto manca la sua soccombenza; lui stesso ha chiesto il rigetto in rito e non può condizionare l’ordine delle questioni, alterando i rapporti tra rito e merito. Se il convenuto vuole che il giudice esamini le questioni di merito, deve rinunciare a far valere quelle di rito. Il convenuto, nei cui confronti è instaurato un processo viziato relativamente a un presupposto processuale, ma che ritine di potersi difendere nel merito, deve fare una scelta strategica: puntare direttamente al rigetto nel merito (omettendo di salivare questioni diritto) oppure difendersi anche nel rito, sapendo che nel caso non potrà lamentarsi se il giudice accoglie la difesa di rito. Se il convenuto rinuncia a sollevare le questioni di rito e punta al rigetto del merito della domanda non è sicuro di ottenere quello che vuole perché se la questione di rito è rilevabile d’ufficio, il giudice, se la ritiene fondata può automaticamente rilevarla: l’accoglimento della pregiudiziale di rito impedirà l’esame nel merito d) però il convenuto potrà in tal caso impugnare la sentenza di rito essendo soccombente: egli aveva chiesto una pronuncia di merito e non l’ha avuta – il convenuto si è difeso solo nel merito e il giudice ha rigettato la domanda in rito sollevando d’ufficio una questione processuale – egli ha interesse ad impugnare perché ciò che chiede al giudice dell’impugnazione è una tutela maggiore di quella che ha ricevuto con la sentenza che impugna- HA LEGITTIMAZIONE ad impugnare perché è soccombente (perché ha avuto quello che ha chiesto) e quindi non gli è di ostacolo i principio d’autoresponsabilità e il divieto di venire contra factum proprium. e) il convenuto si difende facendo valere più eccezioni di rito; il giudice ne accoglie una e rigetta o assorbe le altre - secondo l’opinione corrente il convenuto non ha interesse a impugnare perché il rigetto in rito è sempre uguale qualunque sia il difetto del processo su ciò si fonda la decisione; la decisione non è vincolante al di fuori del processo in cui è stata emessa e non essendo vincolante il motivo del rigetto in rito diventa irrilevante, in caso di riproposizione della domanda. Rilevante è solo che quel processo non giunga a una sentenza di merito, ma il perché non vi giunge potrebbe essere rilevante sol ose la sentenza processuale fosse vincolante anche nel secondo processo. 85 breve sia per chi l’ha notificato sia per chi la effettua notificante), e il termine per impugnare ha carattere essenzialmente unitario nel rapporto notificante – notificato nel senso che l’avvenuto perfezionamento della notificazione della sentenza costituisce il momento in cui comincia a decorrere il termine breve sia per la parte che ha ricevuto la notificazione sia per la parte che ha richiesto la notificazione. unitarietà del termine per l’impugnazione – significa che il termine comincia a decorrere insieme per il notificante e per il notificato, con la conseguenza che se la notificazione è inidonea a far decorrere il termine per il notificato è inidonea a far decorrere il termine anche per il notificante. La cassazione, in contrasto con la dottrina prevalente, afferma che la notificazione di un’impugnazione in pendenza del termine lungo fa decorrere, per il notificante, il termine breve per proporre una successiva impugnazione. - termini che decorrono dalla comunicazione della sentenza : eccezionalmente i termini brevi decorrono dalla comunicazione del provvedimento (Art 133 cpc) – nel rito ordinario ciò si verifica per il regolamento di competenza (art 47 cpc) - termini che decorrono dalla conoscenza di un certo fatto - terza ipotesi che fa decorrere i termini brevi e riguarda le impugnazioni straordinarie - il termine per proporre l’impugnazione è di 30 GIORNI e decorre dal momento in cui vi è la SCOPERTA DEL FATTO CHE LEGITTIMA L’IMPUGNAZIONE. ( es la scoperta di un documento nuovo art 395 n 3 c.p.c; dichiarazione di falsità della prova art 395 n 2 cpc). La durata di decorrenza è mobile, in quanto coincide col giorno in cui si scopre il vizio occulto della sentenza (Art 326 cpc). La parte, che propone l’impugnazione straordinaria deve dimostrare non solo l’esistenza del motivo di impugnazione ma anche il giorno in cui ne è venuta a conoscenza ai fini della tempestività dell’impugnazione QUERELA NULLITATIS – la possibilità di impugnare la sentenza affetta da vizi relativi alla instaurazione del contraddittorio dà luogo a un’ipotesi di querela nullitatis. è di grande rilevanza sotto il profilo sistematico dovendo essere vista congiuntamente alla actio nullitatis art 161 II cpc. La regola di diritto naturale, in virtù della quale l’invalidità della sentenza può essere fatta valere in ogni tempo e in ogni luogo, salvi gli effetti di stabilizzazione prodotti dal diritto sostanziale non trova applicazione a causa dell’onere dii impugnazione, imposto dall’art 161 I cpc; talvolta la nullità della sentenza può essere fatta valere pure al di là dei mezzi di impugnazione: come accade per la sentenza inesistente (Art 161 II cpc: la cui invalidità può essere fatta valere con un ordinario processo di cognizione anche in via incidentale. L’actio nullitatis è la domanda, proposta di fronte al giudice ordinariamente competente in primo grado, volta a far dichiarare l0inefficacia della sentenza nulla per vizi di cui all’art 161 II c.p.c. L’actio nullitatis pu presentarsi anche come exceptio nullitatis se l’inesistenza della sentenza è fatta valere in via di eccezione contro il quale essa sentenza è invocata. Accanto alla actio nullitatis esiste la QUERELA NULLITATIS – attraverso la quale la invalidità della sentenza è fatta valere non un ordinario processo di cognizione ma con uno strumento predefinito (Art 327 II c.p.c) ove la nullità della sentenza determinata da vizio del contraddittorio può essere fatta valere senza limiti di tempo ma mediante l’impugnazione della sentenza. ACQUIESCENZA si distingue in due categorie: PRIMA CATEGORIA si caratterizza per la VOLONTA DELLA PARTE che presta acquiescenza ART. 329 (“Acquiescenza totale o parziale”): «Salvi i casi di cui ai numeri 1, 2, 3 e 6 dell’articolo 395, l’acquiescenza risultante da accettazione espressa o da atti incompatibili con la volontà di avvalersi delle impugnazioni ammesse dalla legge ne esclude la proponibilità». perché si determini acquiescenza è necessaria la volontà della parte di accettare la sentenza (volontà che può essere espressa o tacita). Questa norma regola una delle tante condizioni di ammissibilità dei mezzi di impugnazione: la circostanza che la parte che impugna NON ABBIA PRESTATO ACQUIESCENZA ALLA SENTENZA. Il giudice dell’impugnazione dovrà verificare 86 (anche) se la parte che ha impugnato non abbia, per ipotesi, prestato acquiescenza. Il giudice vuole che gli accordi tra le parti siano definitivi •ACQUIESCENZA ESPRESSA = nella misura in cui la parte abbia espressamente dichiarato (tendenzialmente per iscritto) di prestare acquiescenza a quella sentenza (cosa che può accadere es. nell’ambito di una negoziazione), cioè abbia dichiarato di volersi uniformare a quella sentenza e di rinunciare ad impugnare. Consiste in una manifestazione espressa della volontà di accettare la sentenza o rinunciare all’impugnazione •ACQUIESCENZA TACITA = risultante da atti incompatibili con la volontà di avvalersi delle impugnazioni ammesse dalla legge. si ha quando la parte pone in essere atti incompatibili con la volontà di avvalersi delle impugnazioni ammesse dalla legge. art 282 che stabilsice provvisoria esecutività delle sentenze di condanna di primo grado, introdotta nel 1990 - Prima del 1990, le sentenze di condanna di primo grado NON erano provvisoriamente esecutive (come oggi invece sono: la parte deve eseguirla spontaneamente, altrimenti ho titolo esecutivo per procedere all’esecuzione forzata). L’adempimento spontaneo era considerato una forma di acquiescenza di quella sentenza che impediva, a chi aveva pagato in esecuzione della sentenza, di impugnare. Oggi nel nostro ordinamento si può parlare di acquiescenza tacita per fatti concludenti con riferimento alle SENTENZE COSTITUTIVE, che producono effetti solo una volta passate in giudicato: il capo dipendente da quel capo costitutivo a sua volta non può produrre effetti in primo grado. Quando c’è un capo costituivo, c’è sempre un capo condannatorio dipendente: finché il primo non produce i suoi effetti, il secondo non potrà essere immediatamente esecutivo in primo grado. In questo caso, l’adempimento spontaneo del capo condannatorio in primo grado implica acquiescenza. siamo quindi di fronte a un negozio processuale – generalmente gli atti processuali non sono negoziali (ha rilevanza solo la volontà di comportamento non quella degli effetti); gli effetti sono poi collegati dalla legge al compimento dell’atto. Nell’acquiescenza ha invece rilevanza la volontà degli effetti – è un negozio processuale unilaterale in cui rileva solo la volontà del soggetto di accettare la sentenza. Tale volontà è rilevante anche nella forma tacita di acquiescenza. l’art 329 parla di atti incompatibili con la volontà di avvalersi delle impugnazioni: sono gli atti che manifestano inequivocabilmente la volontà di accettare la pronuncia. Il comportamento tacito, da cui si evince la volontà di accettare la sentenza deve essere univoco (non incompatibile con la volontà di impugnare). NON è comportamento univoco ad es • quello della parte condannata che adempie a quanto disposto da una sentenza esecutiva. La parte, che adempie all’obbligo contenuto in una pronuncia esecutiva, non manifesta la volontà di accettare la sentenza, in quanto adempie per evitare l’esecuzione forzata. Né si può pretendere che la parte, per poter impugnare la sentenza debba subire l’esecuzione forzata. • quello della parte parzialmente vittoriosa che notifica la sentenza per far decorrere i termini per impugnare o che procede a esecuzione forzata per avere quanto gli è stato riconosciuto, se ciò è un quid minus rispetto a quello che aveva richiesto. (agire esecutivamente per ottenere quello che si è avuto non significa rinunciare al più che era stato richiesto) al contrario, è un comportamento UNIVOCO di accettazione della sentenza quello di colui che adempie a una pronuncia non esecutivia, perché ciò comporta la volontà di non avvalersi dell’impugnazione (poiché la sentenza non è esecutiva, non si rischia l’attuazione coattiva del diritto). è controversa la disciplina da dare all’ipotesi in cui la parte compia atti incompatibili con la volontà di avvalersi delle impugnazioni ma contemporaneamente, nel compiere atti, manifesta espressamente la volontà di riservarsi l’impugnazione. 87 Secondo una prospettazione (protestatio contra factum non valet) la manifestazione di volontà espressa non sarebbe rilevante e quindi si avrebbe ugualmente acquiescenza. Però appare più corretta la soluzione contraria per due morivi a) la fattispecie che determina l’acquiescenza di cui stiamo parlando è sempre la volontà di accettare la sentenza; non può essere rilevante la manifestazione espressa della volontà di impugnare b) il soggetto, che tiene un comportamento incompatibile con la volontà di impugnare e manifesta espressamente tale volontà pone in essere un comportamento equivoco per cui l’acquiescenza tacita non può verificarsi l’acquiescenza è possibile solo quando il potere di impugnare è sorto: non è ammissibile un’acquiescenza preventiva – il nostro ordinamento non prevede negozi processuali atipici e per questo dà rilevanza solo alla manifestazione di volontà susseguente al sorgere del potere di impugnazione. Ciò COMPORTA DUE CONSEGUENZE a) art 329 cpc fa salvi i casi di cui al n 1,2,3,6 dell’art 395 – l’acquiescenza non si può vere, con riferimento alle impugnazioni straordinarie, se non dopo che si è scoperto il vizio o si sono verificati i presupposti dell’impugnazione straordinaria. Di per sé l’acquiescenza non comporta una rinuncia alle possibili, future impugnazioni straordinarie perché ne momento in cui avviene l’acquiescenza non è ancora sorto il potere di proporre tali impugnazioni. b) l’acquiescenza non è possibile prima della pubblicazione della sentenza, fino a quel momento non esiste potere di impugnare. SECONDA CATEGORIA = ACQUIESCENZA TACITA QUALIFICATA – è un ATTO GIURIDICO in senso stretto; rilevante è solo la volontarietà del comportamento e non anche la volontarietà degli effetti. Co. 2: «L’impugnazione parziale importa acquiescenza alle parti della sentenza non impugnate» ACQUIESCENZA PARZIALE = non ha ad oggetto l’intera sentenza, ma solo una parte della stessa. a) UNICA DOMANDA CON OGGETTO DIVISIBILE b) PIÚ DOMANDE Ad esempio: possiamo avere acquiescenza parziale in un processo in cui si sia verificato un cumulo oggettivo. Il convenuto - costituitosi in giudizio - propone una domanda riconvenzionale con cui chiede la condanna dell’attore all’adempimento di una qualunque prestazione. Abbiamo un cumulo oggettivo tra le due domande. Può darsi che il giudice chiamato a decidere rigetti la domanda dell’attore e accolga la domanda riconvenzionale del convenuto: l’attore è DOPPIAMENTE SOCCOMBENTE. Potrebbe dunque decidere di limitare i danni: si rende conto che la domanda proposta in primo grado è destinata ad essere rigettata anche in sede di impugnazione; invece, la sentenza nella parte in cui ha accolto la domanda riconvenzionale del convenuto gli sembra inaccettabile. Potrebbe scegliere di impugnare la sentenza solo nella parte in cui ha accolto la domanda del convenuto: IMPUGNAZIONE PARZIALE —> implica ACQUIESCENZA rispetto al capo della sentenza che ha respinto la sua domanda originaria. L’oggetto del giudizio di impugnazione sarà più circoscritto rispetto all’oggetto del giudizio di primo grado. la volontà del soggetto qui è irrilevante: dall’impugnazione di un capo della sentenza non si evince alcuna volontà di accettare la sentenza rispetto al campo non impugnato. La perdita del potere di impugnare costituisce una conseguenza che la legge fa scendere automaticamente dal comportamento. Qui sta la DIFFERENZA tra l’acquiescenza tacita (art 329 I cpc) e quella del comma 2 - acquiescenza TACITA comma I = rilevano i comportamenti da cui si deve poter ricavare la volontà di accettare la sentenza. Ciò che costituisce la fattispecie dell’acquiescenza è la volontà di accettare la sentenza, la manifestazione espressa della volontà contraria impedisce l’acquiescenza - acquiescenza TACITA QUALIFICATA comma II = rilevano i comportamenti a cui la legge ricollega l’effetto dell’acquiescenza senza che sia rilevante la volontà della parte. La parte che, impugnando un capo della sentenza si riserva la possibilità di impugnare l’altro capo, pone in essere una manifestazione di volontà che è comunque irrilevante in quanto l’acquiescenza tacita qualificata prescinde dalla sua volontà. Si può parlare di acquiescenza parziale quando la domanda È UNA SOLA? La sentenza decide quell’unica domanda: è configurabile una sentenza parziale? È facilmente configurabile una sentenza parziale quando l’oggetto della domanda sia scomponibile o divisibile (es. denaro). L’attore ha proposto una domanda volta alla condanna di B al 90 Quando viene proposta la prima impugnazione detta principale, intesa come prima, tutte le altre parti soccombenti che vorranno impugnare la sentenza dovranno costituirsi nel giudizio (con la comparsa di risposta) di impugnazione e formulando nello stesso un’IMPUGNAZIONE INCIDENTALE (intesa come seconda). l’art 331 e 332 dicono quando l’impugnazione debba essere proposta nei confronti di TUTTE le parti del giudizio di primo grado e quando PUO essere proposta anche nei confronti di ALCUNE solo di quelle parti (causa unica) . i legislatore ha raggruppato in due insiemi tutte le categorie del giudizio di primo grado • art 331 CAUSE INSCINDIBILI o tra loro dipendenti (“Integrazione del contraddittorio in cause inscindibili”) ci parla di CAUSE INSCINDIBILI o TRA LORO DIPENDENTI: «Se la sentenza pronunciata tra più parti in causa inscindibile o in cause tra loro dipendenti, NON è stata impugnata nei confronti di tutte, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio fissando il termine nel quale la notificazione deve essere fatta e, se è necessario, l’udienza di comparizione». Co. 2: «L’impugnazione è dichiarata inammissibile se nessuna delle parti provvede all’integrazione nel termine fissato». L’impugnazione deve essere NECESSARIAMENTE notificata e proposta nei confronti di TUTTE LE PARTI del processo di primo grado. Nella stragrande maggioranza dei casi, chi impugna (magari una parte sola) notifica la propria impugnazione a tutti. Ma se ciò non accade, nella prima udienza del giudizio di impugnazione, il giudice ordina alla parte che impugna di mortificare la propria impugnazione a tutte le altri parti: altrimenti l’impugnazione sarà inammissibile. Ordina l’integrazione del contraddittorio Non c’è immediata sanzione di inammissibilità ma viene data un’altra possibilità per notificare l’impugnazione anche alle altre parti. Il legislatore ritiene che tutte le parti del giudizio precedente debbano essere messe nelle condizioni di costituirsi nel giudizio di impugnazione (non per forza devono partecipare). Quella sentenza mi ha visto vittorioso (o almeno non totalmente soccombente), per cui devo essere messo nelle condizioni di partecipare all’eventuale giudizio di impugnazione. La regola è la seguente: l’impugnazione coinvolge ab origine tutti i rapporti di cui all’art 331 cpc. Se l’impugnazione non avverte tutte le parti di tali rapporti, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio (che l’impugnazione sia notificata alle parto cui non è ancora stata notificata. la fonte della disciplina della causa inscindibile o delle cause tra loro dipendenti sarà unicamente la sentenza emessa in sede di impugnazione che, avendo ambito oggettivo identico a quello della sentenza impugnata si sovrapporrà ad essa in tutti e per tutto. Se nessuno provvede a integrare il contraddittorio l’impugnazione è dichiarata inammissibile il che comporta che l’impugnazione non è esaminabile, quindi: o le parti ottemperano, il giudice dell’impugnazione è messo in condizione di pronunciarsi su tutto ciò che è stato deciso dalla sentenza impugnata e allora esamina l’impugnazione; oppure le parti non ottemperano e il giudice rigiura di pronunciare sull’impugnazione. il risultato della norma è l’UNICITA DELLA DISCIPLINA IMPARTITA – Non è possibile che la disciplina impartita dalla sentenza impugnata mantenga una parziale efficacia. scopo della disciplina: unitarietà delle decisioni. QUALI SONO LE CAUSE INSCINDIBILI - quando si ha pluralità di parti intorno a un unico oggetto del processo a) cause in cui si verifica un litisconsorzio necessario – per le stesse ragioni per cui tutti i litisconsorti devono partecipare al processo. b) ipotesi in cui il litisconsorzio non era necessario ab origine, ma una volta che si è realizzato nel corso del processo, deve necessariamente proseguire anche nelle fasi successive. Ad esempio: impugnazioni delle delibere assembleari o condominiali (c.d. litisconsorzio unitario) —> non c’era una necessaria partecipazione ab origine di tutte le parti, ma - una volta che queste parti hanno preso parte al processo del grado precedente e siano parti della sentenza - tutte le parti del giudizio di primo grado dovranno essere necessariamente parti del giudizio di impugnazione. 91 c) successione a titolo particolare nel diritto controverso ex art. 111: se il successore interviene nel processo si crea una pluralità di parti intorno a uno stesso oggetto e la pronuncia deve essere impugnata nei confronti di tutti. Si crea così una situazione di litisconsorzio unitario che può essere sciolto solo con l’estromissione della apte originaria Ci sono poi DUE IPOTESI la cui collocazione è DISCUSSA in dottrina e giurisprudenza: - chiamata in causa di un terzo da parte di una delle parti (ex art. 106) - intervento volontario di un terzo (ex art. 105) Ricade sicuramente tra le cause scindibili l’ipotesi in cui la pluralità di parti sia frutto del c.d. INTERVENTO PRINCIPALE (c.d. lite trilatera) ex art. 105 co. 1. Il terzo è intervenuto nel processo facendo valere un diritto incompatibile rispetto a quello vantato da tutte le parti del processo. Qui non c’è nessuna necessarietà, c’è un’autonomia di rapporti; si può tollerare che l’impugnazione NON sia proposta nei confronti di questo terzo. Invece, l’INTERVENTO ADESIVO c.d. DIPENDENTE, ex art. 105 co. 2, sarebbe riconducibile alla categoria delle cause inscindibili. Il terzo non è titolare di un diritto autonomo, ma interviene in giudizio per ottenere che la pronuncia, che il giudice emetterà nei confronti delle parti principali abbia un certo contenuto piuttosto che un altro, perché a seconda del contenuto il terzo ne sarà beneficiario o danneggiato. (esempio il subconduttore nelle liti tra conduttore e locatore principale) – se la pronuncia viene impugnata da una delle parti principali nei confronti dell’altra (locatore soccombente nei confronti del conduttore) siamo di fronte a una causa inscindibile e quindi l’impugnante deve chiamare nel processo di impugnazione anche colui che ha partecipato in via adesiva alla recedente fase. Per quanto riguarda - l’INTERVENTO VOLONTARIO ADESIVO AUTONOMO LITISCONSORTILE (= quello del terzo che fa valere una situazione giuridica nei confronti di una sola delle parti originarie); - la CHIAMATA DEL TERZO DA PARTE DI UNA DELLE PARTI ex art. 106 vengono ricondotte alla categoria delle cause scindibili, salvo che questa fattispecie non debba essere ricondotta alla categoria delle cause tra loro dipendenti a norma dell’art. 331. Se la chiamata è una chiamata in garanzia è più complesso, bisogna capire quando può essere ricondotta alle CAUSE TRA LORO DIPENDENTI (ex art 331) COSA SONO LE CAUSE TRA LORO DIPENDENTI? Sono soggette alla disciplina dell’art. 331: quindi, se la pluralità di parti nel giudizio a quo si è verificata in presenza di una dipendenza fra cause, l’impugnazione dovrà necessariamente essere proposta nei confronti di tutte queste parti. Significa che il contenuto della decisione dell’una presuppone un certo contenuto della decisione dell’altra e che se cambia il contenuto dell’una bisogna tornare anche sul contenuto dell’altra = per questo si parla di CAUSE e non diritti. e “fra loro dipendenti” significa il condizionamento dell’an o del come della pronuncia su una situazione sostanziale a ciò che il giudice ha decisione dell’altra situazione sostanziale; per cui il contenuto di una decisione dipende dal contenuto dell’altra quindi modificandone una bisogna modificare anche l’altra-. L’ambito di applicazione naturale di questa categoria è in generale quello della chiamata in causa - nei gradi precedenti - del terzo. ESEMPIO 1: A (attore) chiede la condanna di B al pagamento di una somma di denaro. B (convenuto) – supponiamo azione risarcitoria proposta nei confronti del CEO di una società. nel giudizio di primo grado si costituisce tempestivamente (70 giorni prima dell’udienza) e - nella comparsa di risposta (C), che risulta essere una compagnia assicuratrice a cui B fa appello per pagare direttamente A in caso di soccombenza. =SONO CAUSE TRA LORO DIPENDENTI – la domanda di B nei confronti di C viene esaminata solo nell’ipotesi in cui viene accolta la domanda di A Il fatto che la prima sia stata rigettata implica che la seconda non venga neanche esaminata = causa pregiudiziale - dipendente Il giudizio di primo grado si conclude con il rigetto della domanda di A: viene respinta la domanda dell’attore; il che significa che la domanda che B aveva proposto nei confronti di C rimane assorbita, cioè non viene neanche esaminata poiché il giudice di primo grado si ferma prima (respingendo la domanda di A, non vi è neanche bisogno di esaminare la domanda di B). 92 A impugna la sentenza (soccombente formale totale): a norma dell’art. 331, chi impugna deve (a pena di inammissibilità) proporre l’impugnazione non solo nei confronti di B, ma anche nei confronti di C. Per una forma di tutela nei confronti di B, non è giusto che resti solo nel giudizio = deve cioè mettere C in condizione di partecipare a questo processo: se per ipotesi il giudice dell’impugnazione dovesse riformare la sentenza di primo grado e quindi dovesse accogliere la domanda di A nei confronti di B - non notificando l’impugnazione a C - A avrebbe privato B della possibilità di rivalersi nei confronti di C. A deve mettere B nella stessa posizione di difesa in cui si trovava nel giudizio di primo grado, non può sottrargli la compagnia assicuratrice che aveva chiamato in causa nel processo di primo grado. Una volta che il convenuto ha chiamato in causa un terzo nel giudizio di primo grado, ha diritto di portarsela con sé in tutte le fasi di impugnazione. Non necessariamente però la domanda di B nei confronti di C verrà accolta; quest’ultima potrà eventualmente essere respinta per ragioni proprie del rapporto tra B e C (es. l’assicurazione non era stata rinnovata). ESEMPIO 2: Prendiamo lo stesso esempio di prima, ma la domanda di A nei confronti di B viene accolta, e viene altresì accolta la domanda di B nei confronti di C. A è totalmente vittorioso (no interesse a di impugnare), B è soccombente ma il vero soccombente è C (la compagnia assicuratrice che paga) La sentenza di primo grado è quindi una sentenza che condanna B (= amministratore, ritenuto responsabile dei danni prodotti alla società per mala gestio), il quale chiama in causa la compagnia assicuratrice C, che viene condannata; quindi all’esito del processo avremo C che pagherà direttamente A (= soci che hanno agito). In questo caso, l’interesse più concreto ad impugnare la sentenza lo ha C, la compagnia assicuratrice (poiché è vero che B è stato condannato, ma non ha tirato fuori un euro). Ci si chiede se anche in questo caso si ricada nelle c.d. cause inscindibili: C, nell’impugnare la sentenza, oltre che convenire in giudizio A (l’attore originario), deve necessariamente convenire in giudizio anche B? Ricade nelle cause dipendenti sempre e comunque? NON SEMPRE - se C impugna la sentenza contestando e censurando il capo della sentenza (CAPO PREGIUDIZIALE) che ha accolto la domanda di A nei confronti di B (contestando la responsabilità di B dicendo che la condanna è ingiusta) – allora siamo nell’ambito dell’art 331 = l’impugnazione dovrà coinvolgere anche B e anche A – tutte le parti - se C impugna la propria condanna nei confronti di B (compagnia assicuratrice che dice che la polizza è scaduta) – CAPO DIPENDENTE DELLA SENTENZA - in questo caso siamo nell’art 332 nelle cause scindibili. deciso il rapporto tra A e B non viene impugnato, si crea un giudicato interno; ciò che viene messo in discussione è unicamente il rapporto tra B e C, non occorre minimamente coinvolgere A. In questo caso, benché sia una lite trilatera per effetto della chiamata in causa del terzo, nel momento in cui venga impugnato SOLO IL CAPO DIPENDENTE, non ricadiamo nelle cause inscindibili. Dipende da ciò che si impugna. La compagnia assicuratrice potrebbe impugnare sia il capo pregiudiziale (A/B), sia il capo dipendente (B/C): in quel caso, TUTTI FARANNO PARTE DEL PROCESSO. Oppure, può darsi che impugni solo il capo A/B (capo pregiudiziale): in quel caso, quel capo viene riformato e - per l’effetto espansivo interno - viene travolto anche il capo dipendente, che ha condannato C (acquiescenza parziale che però viene temperata dall’effetto espansivo interno). ESEMPIO 3 OBBLIGAZIONI SOLIDALI – regola generale: La regola generale delle obbligazioni solidali è che il creditore può scegliere uno qualunque dei coobbligati e agire nei suoi confronti per l’importo totale. Non è costretto ad agire nei confronti di tutti i coobbligati (non si configura, nel processo di primo grado, un litisconsorzio necessario). Una sentenza di primo grado è stata pronunciata nei confronti di più coobbligati in solido (A PAGARE TUTTI PER L’INTERO). Se soltanto D volesse impugnare nei confronti del creditore (gli altri si rassegnano alla soccombenza ma in realtà si sono resi nullatenenti) – deve necessariamente coinvolgere A e D? siamo nell’ambito del 331 o 332? La giurisprudenza tende a ricondurre le obbligazioni solidali nell’ambito delle cause SCINDIBILI a meno che nel giudizio a quo non trattandosi di obbligazioni paritarie uno dei coobbligati avesse esercitato l’azione di regresso nei confronti dell’altro coobbligato. Si parla di solidali anche nel caso della fideiussione – il creditore può agire direttamente nei confronti del fideiussore. 95 alcune situazioni sostanziali sia impartita dalla prinuncia e la disciplina di altre resti quella della sentenza impugnata PROCEDIMENTO DI IMPUGNAZIONI INCIDENTALI - art 333 Gli artt. 333, 334 e 335 disciplinano l’istituto delle IMPUGNAZIONI INCIDENTALI. È espressione del principio di unitarietà delle impugnazioni, in virtù del quale nei confronti di una sentenza può essere promosso e avviato un unico giudizio di impugnazione, anche se è stata resa nei confronti di più parti e si è occupata di decidere su una pluralità di domande. E il mezzo utilizzato è quello di rendere obbligatoria la forma dell’impugnazione incidentale per tutti coloro che impugnano successivamente all’impugnazione principale. Non si può verificare se il soccombente è uno solo; in virtù dell’acquiescenza tacita qualificata di cui all’art 329 II cpc egli non può impugnare in due tempi. Art. 333 (“Impugnazioni incidentali”): «Le parti alle quali sono state fatte le notificazioni previste negli articoli precedenti (quelle delle cause scindibili o inscindibili) debbono proporre, a pena di decadenza, le loro impugnazioni in via incidentale nello stesso processo». le parti che ricevono notifica di impugnazione possono impugnare ma non avviando un giudizio autunno ma nel giudizio già iniziato Ma al di là di questa applicazione specifica (che riguarda le parti di cause scindibili o inscindibili), la regola generale è che - nei confronti di una sentenza - chi propone l’impugnazione per primo, nei termini, impugnerà quella sentenza IN VIA PRINCIPALE. Chi impugna la sentenza per secondo, la impugna IN VIA INCIDENTALE. L’impugnazione incidentale è l’impugnazione proposta PER SECONDA, a valle dell’impugnazione principale. Perché possa sorgere l’obbligo di impugnazione incidentale, occorre che il soccombente, che vuole impugnare sia a conoscenza dell’avvenuta proposizione dell’impugnazione principale – l’art 333 cpc individua i soccombenti obbligati a usare la forma incidentale le parti alle quali sono fatte le notificazioni previste negli articoli precedenti: - art 330 cpc: soggetti contro cui è proposta l’impugnazione - art 331 cpc: soggetti nei cui confronti è stata proposta l’impugnazione trattandosi di causa inscindibile o cause tra loro dipendenti o chiamai a integrare il contraddittorio - art 332 soggetti, nei cui confronti l’impugnazione non è stata proposta ma è stata loro notificata per conoscenza al fine di far scattare l’obbligo di impugnazione incidentale. necessità della forma incidentale – per investire il giudice dell’impugnazione della questione che l’impugnato vuole cedere riesaminata. I singoli mezzi di impugnazione si differenziano perché affinché il giudice dell’impugnazione possa iresaminare una certa questione è necessaria un’impugnazione incidentale mentre altre volte è sufficiente la riproposizione della questione stessa. occorre stabilire di quali questioni il giudice viene investito in virtù dell’atto di impugnazione principale; di quali si può occupare se l’impugnato le ripropone; di quali si può occupare solo se sono fatte oggetto di impugnazione incidentale. L’impugnazione incidentale non è di per sé un’impugnazione secondaria, è solo quella che viene dopo nel tempo e in via principale no risente delle vicende relative all’impugnazione principale. Siccome si inserisce in un processo già avviato deve contenere l’atto di difesa (comparsa di risposta che deve essere depositata 20 giorni prima dell’udienza di comparizione) che l’impugnato può compiere attraverso l’impugnazione principale. Se l’impugnazione incidentale va inserita nell’atto di difesa attraverso l’impugnazione principale, atto da compiere nel termine ultimo previsto è chiaro che diventa inammissibile l’impugnazione incidentale proposta dopo il termine ultimo per il compimento dell’atto difensivo – ciò può comportare una restrizione dei termini che si hanno per impugnare in via principale. Se il termine per proporre impugnazione in via principale va al di là dell’ultimo momento utile per compiere l’atto in cui deve essere inserita l’impugnazione incidentale, il termine si abbrevia e l’impugnazione non può essere proposta quando sia decorso l’ultimo momento utile per compiere l’atto. ESEMPIO 14/1/2023 è depositata la sentenza di primo grado. Se la sentenza non viene notificata, l’appello può essere proposto fino al 14/7/2023 termine lungo. Immaginiamo che il 17/2/2023 sia notificato l’atto d’appello e per il 96 20/05/2023n sia fissata la prima udienza di comparizione se l’appellato vuole proporre impugnazione incidentale, la deve inserire nella comparsa di risposta che deve essere depositata il 30/4/2023. A tale data l’appellato avrebbe ancora due mesi e mezzo per proporre impugnazione e principale. Se la controparte non avesse appellato l’interessato avrebbe avuto ancora tempo fino al 14/7/2023 per proporre impugnazione principale. Essendo però già obbligato a proporre impugnazione in forma incidentale e dovendo essa essere inserita nella comparsa di risposta, all’appellato si riducono i termini per proporre impugnazione. L’impugnazione proposta dopo il 30/4/2023 è inammissibile Facciamo un esempio: abbiamo una sentenza di primo grado pronunciata nei confronti di più parti, con la quale viene respinta integralmente la domanda di A. In primo grado, dunque, abbiamo un unico soccombente totale (A, l’attore), e abbiamo tanti convenuti totalmente vittoriosi. Entro lo scadere del termine, A impugna la sentenza di primo grado, nei confronti di questi convenuti, i quali si costituiranno nel giudizio di impugnazione. Può darsi però invece che quella sentenza di primo grado abbia ACCOLTO IN PARTE la sentenza di A, e quindi abbiamo una soccombenza formale parziale, sia di A, sia di tutti i convenuti. A aveva proposto una domanda per 100, che è stata accolta per 50. Tutti hanno interesse ad impugnare. La sentenza viene notificata, quindi decorre il TERMINE BREVE per impugnare; si arriva alla scadenza dei 30 giorni. In base al principio delle impugnazioni incidentali, una volta che il primo soccombente notifica la propria impugnazione (IMPUGNAZIONE PRINCIPALE), coloro che hanno ricevuto la notifica di quell’impugnazione non devono avviare un proprio giudizio di impugnazione autonomo, ma devono impugnare quella sentenza all’interno dello stesso giudizio di impugnazione avviato dall’impugnante principale, attraverso l’IMPUGNAZIONE INCIDENTALE. Se ciò non succede, perché tutte le parti soccombenti formali di quel processo partono con un’impugnazione principale (notificano l’atto di citazione in appello tutti insieme, a mezzanotte del 30esimo giorno), credendo di essere tutti impugnanti principali (perché pensano di essere gli unici), opera l’ART. 335 (“Riunione delle impugnazioni separate”): «Tutte le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza debbono essere riunite, anche d’ufficio, in un solo processo». PLURALITÁ DI IMPUGNAZIONI PRINCIPALI Il risultato dell’unitarietà del processo di impugnazione non è sempre assicurato. Posto che l’obbligo alla forma incidentale può sorgere solo nei confronti della parte che abbia ricevuto notizia dell’avvenuta proposizione dell’impugnazione principale ad opera di altra parte, si possono verificare due ipotesi in cui l’obbligo della forma incidentale non scatta a) due impugnazioni principali si incrociano tra loro in quanto proposte quasi contemporaneamente, di modo che ciascuna parte riceve l’impugnazione dell’altra quando a sua volta ha già proposta l’impugnazione in forma principale – caso di soccombenza parziale reciproca dove ambedue le parti decidono di impugnare. Ciascuna redige l’atto di citazione in appello le notifiche si incrociano e quando ciascuna parte riceve l’impugnazione principale dell’altra, ha già effettuata la propria b) deriva dall’art 332 cpc – se le parti, nei cui confronti l’impugnazione non è preclusa o esclusa, non ricevono la notificazione dell’impugnazione altrui, il giudice dilazione la trattazione del processo in attesa che, per le parti soccombenti, si verifichi il fenomeno preclusivo della scadenza del termine: dilazione il processo, fino al decorso dei termini previsti dagli artt 325 e 327 I cpc -in tal caso le altre parti nulla sapendo dell’avvenuta proposizione dell’impugnazione, se a loro volta impugnano lo fanno in forma principale LO STRUMENTO per recuperare le IPTOESI in cui il meccanismo di incidentalità non serve a garantire l’unitarietà del processo di impugnazione è previsto dall’art 335 cpc: l’ART. 335 (“Riunione delle impugnazioni separate”): «Tutte le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza debbono essere riunite, anche d’ufficio, in un solo processo» à garantisce che non ci siano più processi di impugnazione nei confronti di un’unica sentenza impugnata questo ha garantito di mitigare le conseguenze della violazione dell’obbligo di proporre impugnazione in forma incidentale. L’art 333 cpc stabilisce che le parti, che hanno ricevuto la notificazione di un’impugnazione devono proporre a pena di decadenza le loro impugnazioni in forma incidentale nello stesso processo. La norma vuole sanzionare, a pena di decadenza, la non utilizzazione della forma incidentale, ma il rispetto del termine ultimo per la proposizione dell’impugnazione in forma incidentale; che d’altra parte ci sono ipotesi in cui fisiologicamente la forma incidentale non assicura il risultato voluto perché la parte non ha ricevuto la notificazioni previste e quindi non è obbligata alla forma incidentale (scopo comunque raggiunto con la riunione delle impugnazioni principali). 97 Sarebbe troppo oneroso imporre alla parte l’impugnazione in forma incidentale quando ad esempio riceve la notificazione dell’impugnazione principale altrui in un momento in cui ha già pronta la propria impugnazione principale. la giurisprudenza è arrivata alla conclusione che la forma principale può essere usata al posto di quella incidentale purché l'impugnazione in forma principale sia proposta nei termini in cui si sarebbe dovuta proporre l’impiugnazione incidentale. IMPUGNAZIONI INCIDENTALI TARDIVE L’ART. 334: «Le parti, contro le quali è stata proposta impugnazione e quelle chiamate ad integrare il contraddittorio a norma dell’articolo 331, possono proporre impugnazione incidentale anche quando per esse è decorso il termine o hanno fatto acquiescenza alla sentenza». ratio: consentire a chi non può impugnare la sentenza (perché soccombente virtuale o perché ha prestato acquiescenza o perché ha fatto decorrere i termini per l’impugnazione) di proporre a sua volta impugnazione, nel caso in cui l’iniziativa a impugnare sia presa da altri. Se la parte è soccombente (virtuale o reale) su certe questioni, però l’interesse a impugnare nasce (se la soccombenza è virtuale) o diviene concreto (se la soccombenza è reale) nel momento in cui viene proposta un’impugnazione ad opera di altra parte, le è data la. possibilità di proporre un’impugnazione nei confronti di quella sentenza – tizio propone domanda contro caio che si difende eccependo l’incompetenza del giudice adito. La domanda viene rigettata nel merito. Caio è soccombente solo virtuale. Se tizio impugna, nasce l’interesse di caio di reinvestire il giudice dell’impugnazione anche della questione di competenza = può proporre impugnazione incidentale oltre al termine - colui contro il quale l’impugnazione è proposta - parti chiamate a integrare il contraddittorio a norma dell’art 331 cpc In alcuni casi è possibile proporre l’impugnazione incidentale anche se quel termine è decorso. l’impugnazione incidentale può investire anche una NON DEFINITIVA - qui occorre distinguere a seconda che la parte - soccombente sulla non definitiva - soccombente o vittoriosa non definitiva = in entrambi i casi egli è l’unico che può impugnare dovrà impugnare con giuntamente sia la non definitiva sia la definitiva, altrimenti ex art 329 II cpc (ACQUIESCENZA TACITA QUALIFICATA) l’impugnazione di una di esse da passare i giudicato l’altra. La non definitiva è impugnabile solo se, a suo tempo è stata efficacemente riservata: altrimenti il soccombente su ambedue può impugnare solo la definitiva in quanto sulla questione decisa dalla non definitiva si è formato il giudicato. Tizio agisce in giudizio contro caio che si difende eccependo la carenza di giurisdizione, la prescrizione, il pagamento. Il giudice emette una sentenza non definitiva sulla giurisdizione o sulla prescrizione (decidendo che c’è o non c’è giurisdizione o che non si è verificata la prescrizione). La sentenza definitiva accoglie la domanda. Caio può impugnare la non definitiva solo se ha fatto riserva di appello. Se ha fatto riserva e vuole impugnare ambedue le sentenze deve farlo con un unico atto di papello. Qualora venga impugnata solo la non definitiva, la cognizione del giudice di appello è limitata alla questione definitiva, la questione decisa con la non definitiva non può essere conosciuta dal giudice di appello. Se, il convenuto è soccombente solo sulla non definitiva e vittorioso sulla definitiva, non può impugnare in via principale la non definitiva, perché è un soccombente solo virtuale. L’impugnazione principale può essere proposta solo dall’attore. Il convenuto, se vuole rinvestire il giudice dell’impugnazione della cognizione della questione decisa con la non definitiva, deve impugnare (necessariamente in via incidentale) la non definitiva. E siccome l’impugnazione incidentale (tardiva) è possibile anche nei confronti delle sentenze passate in giudicato si conferma che la riserva di impugnazione è utile solo se la parte, soccombente sulla non definitiva, sarà soccombente anche sulla definitiva. Questa norma si applica anche e soprattutto nel processo in cui le parti soccombenti sono DUE: A contro B. La sentenza di primo grado ha parzialmente accolto la domanda di A verso B: il petitum era 100, la sentenza ha accolto la domanda per 50. Abbiamo una soccombenza formale reciproca: tutti e due sono un po’ scontenti, tutti e due hanno interesse ad impugnare – soccombenza formale reciproca perché entrambi hanno interesse ad impugnare B rinuncia ad impugnare, ma A non si rassegna, e l’ultimo giorno utile impugna la sentenza. Questa norma dà la possibilità a B - il quale non avrebbe impugnato se A non avesse impugnato (aveva intenzione di prestare acquiescenza) - di impugnare tardivamente (ALL’INTERNO DELLA COMPARSA DI RISPOSTA).
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