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Diritto Processuale Civile, Il Processo Esecutivo, vol. 3 Luiso, Sintesi del corso di Diritto Processuale Civile

Riassunto completo del terzo volume del Luiso, "Il processo esecutivo", ultima edizione (ottava ed., 2015)

Tipologia: Sintesi del corso

2014/2015
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sophie229 🇮🇹

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Scarica Diritto Processuale Civile, Il Processo Esecutivo, vol. 3 Luiso e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! III - DIRITTO PROCESSUALE CIVILE 1.- Situazione sostanziale protetta Qualunque sistema normativo opera prendendo in considerazione comportamenti umani che, alternativamente, qualifica come leciti o doverosi. Norme lecite, che danno facoltà di compiere certe attività; e doverose, che vietano il comportamento di altre attività. Occorre, qui, fare una distinzione, fra situazioni finali e strumentali: 2.- Situazioni finali Alcune situazioni sostanziali protette si attuano fornendo al loro titolare poteri di comportamento e facendo obbligo agli altri soggetti dell’ordinamento di non interferire tra il titolare del diritto e il bene garantito (dovere di astensione): queste situazioni vengono definite finali ((es. diritto di proprietà) (doveri di comportamento omissivi). 3.- Situazioni strumentali es. pag. 4 Altre volte, l’interesse che costituisce la situazione sostanziale protetta, è garantito da un comportamento attivo (non di astensione) di un altro soggetto, perchè senza tale comportamento la situazione sostanziale non è soddisfatta: queste situazione sono chiamate strumentali (doveri di comportamento commissivi) 4.- Doveri primari e secondari es. pag. 4 Altra distinzione riguarda i doveri di comportamento primari e secondari. Primari, sono i doveri che attuano lo svolgimento fisiologico della situazione sostanziale; si tratta di casi in cui è previsto come obbligo primario quello di tenere un certo comportamento attivo (es. il mutuatario ha l’obbligo fisiologico di restituire il mutuo) Secondari, doveri che nascono da un precedente illecito, nascono dal fatto che esisteva un altro dovere a monte, che non è stato rispettato (es. art. 2043 risarcimento del danno per fatto illecito) 5.- Illecito Quando siamo di fronte alla violazione di un dovere di comportamento (inadempimento) previsto a favore di un altro soggetto, non serve una tutela in via dichiarativa (tutela che statuisce sui reciproci diritti ed obblighi delle parti), ma occorre che l’avente diritto riceva quell’utilità che, secondo il diritto sostanziale, gli dovrebbe provenire dall’adempimento dell’obbligato. 6.- Poteri sostanziali dell’avente diritto A fronte del mancato adempimento di obblighi imposti dal diritto sostanziale, è lo stesso avente diritto che può sostituirsi all’obbligato, per ottenere quel risultato utile che l’ordinamento gli garantisce. 7.- Tutela esecutiva Non sempre, però, è possibile questa proprietà sostitutiva, non sempre l’avente diritto può autonomamente (cioè, con strumenti di diritto sostanziale), procurarsi l’utilità che gli era garantita dall’ordinamento. Lo strumento che consente all’avente diritto di ricevere quell’utilità che gli spetta, ma che non ha ricevuto, è l’esecuzione forzata. 8.- Rapporti con la tutela dichiarativa Dobbiamo precisare che la tutela dichiarativa non deve essere necessariamente antecedente alla tutela esecutiva; questo, eventualmente, si rende necessario solo quando non esista già un titolo esecutivo, e quindi il titolare del diritto debba procurarselo con il processo di cognizione; altrimenti può ricorrere immediatamente alla tutela esecutiva. 2.- L’ESECUZIONE DIRETTA E L’ESECUZIONE INDIRETTA 1.- Garanzia istituzionale Il diritto di azione e di difesa, garantiti dall’art. 24 della Costituzione, comprendono anche la tutela esecutiva: laddove ci si trovi ad obblighi di comportamento che rimangono disattesi e che sono funzionale alla soddisfazione del titolare dell’interesse protetto, si avrà la tutela giurisdizionale nella forma di esecuzione forzata. 2.- Esecuzione diretta 5.- Obbligo inadempiuto e tecniche di tutela All’inadempimento dell’obbligato, si può reagire in sede giurisdizionale esecutiva con: a) →l’esecuzione diretta, che si ha tutte le volte in cui l’inerzia dell’obbligato è sostituita dall’attività dell’ufficio esecutivo, il quale si attiva in luogo dell’inadempiente, facendo quello che quest’ultimo avrebbe dovuto fare e fa conseguire all’avente diritto l’utilità che gli spetta secondo il diritto sostanziale. E’ chiaro che, il tipo di attività che deve tenere l’ufficio esecutivo è strettamente correlato al tipo di attività che doveva tenere l’obbligato: i 2 tipi di attività devono essere omogenei. . L’esecuzione diretta, deve strutturarsi a seconda del tipo di comportamento che deve sostituire, quindi abbiamo: - l’espropriazione forzata, per i crediti di denaro: - l’esecuzione per consegna o rilascio, per il trasferimento del potere di fatto su beni mobili o immobili; - l’esecuzione per obblighi di fare, in tutti i comportamenti, che siano fungibili, diversi dai precedenti. 3.- Fungibilità Questa tecnica di tutela esecutiva non è utilizzabile in presenza di obblighi fungibili (es. pag. 10); quando per il titolare del diritto non è indifferente se la prestazione provenga personalmente dall’obbligato oppure da un terzo; quando cioè l’obbligo è infungibile e quindi non idoneamente sostituibile dal comportamento di un altro soggetto. Qui, sono obblighi infungibili tutti quelli in cui l’adempimento personale da parte dell’obbligato è determinante o, a causa del contenuto personale della prestazione (artistica, professionale, ecc) o, perchè si tratta di obblighi di astensione (tutti infungibili) (es. Tizio in virtù normativa concorrenza, non può commercializzare certi prodotti: è evidente che solo Tizio è in grado di tenere quel comportamento) b) → 4.- Esecuzione indiretta, si ha in presenza di obblighi infungibili, (art. 614 bis c.p.c.) per cui si deve indurre l’obbligato ad adempiere; ciò avviene prevedendo che l’obbligato inadempiente vada incontro a conseguenze più onerose dell’adempimento: - si ha l’esecuzione indiretta con misure coercitive civili, allorquando sia previsto a carico dell’inadempiente l’obbligo di pagare una certa somma di denaro, stabilita dal legislatore o dal giudice, per ogni ulteriore periodo di inerzia o violazione del dovere di estensione; Il beneficiario delle somme versate può essere lo Stato o la controparte. - si ha l’esecuzione indiretta con misure coercitive penali, quando sia previsto che gli ulteriori inadempimenti dell’obbligato integrano una ipotesi di reato. legge attribuisce la stessa efficacia. Gli obblighi contenuti in una scrittura privata che possono dare luogo all’esecuzione forzata, sono solo gli obblighi relativi a somme di denaro; quindi sono titoli esecutivi solo per l’espropriazione e non per altre forme di esecuzione forzata. I titoli di credito, le cambiali e gli assegni, sono titoli esecutivi solo se in regola con il bollo fin dal momento della loro emissione. 11.- Atti pubblici → 3°: atti pubblici da notaio o da altro pubblico ufficiale, autorizzati dalla legge a riceverli. L’atto pubblico costituisce titolo esecutivo anche in relazione all’esecuzione per consegna e rilascio. Dunque, quel contratto di compravendita: stipulato davanti al notaio per scrittura privata autenticata è titolo esecutivo solo per l’obbligo dell’ acquirente al pagamento del prezzo pattuito, mentre se stipulato per atto pubblico costituisce titolo esecutivo sia a favore del venditore che dell’acquirente. 12.- Altri titoli esecutivi 13.- Fondamento del titolo esecutivo 14.- Irrilevanza della certezza 15.- Diritto meritevole di tutela Il legislatore, qua e là, prevede altri titoli esecutivi: - la conciliazione stragiudiziale: procedimento volto a favorire una soluzione negoziale della controversia: l’accordo raggiunto in sede conciliativa ha l’efficacia piena di titolo esecutivo per “l’espropriazione forzata, l’esecuzione in forma specifica e l’iscrizione di ipoteca giudiziale”. - altra fattispecie è la disposizione (art. 12 DL 23 aprile 2004) che prevede che, ove il personale delle direzioni provinciali del lavoro, in occasione della loro attività di vigilanza, verifichi la non osservanza, da parte del datore di lavoro, delle disposizioni da cui scaturisce la sussistenza di crediti a favore del lavoratore, diffida il datore di lavoro a corrispondere al lavoratore quanto dovuto: tale diffida acquista efficacia di titolo esecutivo a favore del lavoratore, per le somme indicate. . In dottrina è prevalente l’opinione che riconduce il comune denominatore dell’efficacia esecutiva di certi atti, a ciò che questi atti darebbero certezza dell’esistenza efficacia di certi atti, in ragione dell’efficacia di accertamento, propri di questi. Questa impostazione non convince, perchè la certezza dell’esistenza del diritoo da tutelare non è l’elemento fondamentale. . Ciò che conta è che il legislatore ritenga, meritevole di tutela esecutiva una certa situazione sostanziale. Gli elementi che il legislatore prende in considerazione per attribuire la tutela esecutiva, non sono omogenei: conta indubbiamente la certezza dell’esistenza del diritto, ma il legislatore attribuisce efficacia esecutiva all’atto, quando ritiene che il diritto, in esso contenuto, sia meritevole di tutela esecutiva. 16.- Rapporti con la tutela dichiarativa Abbiamo visto che per accedere alla tutela esecutiva occorre avere un titolo esecutivo; se l’interessato non ha titolo esecutivo stragiudiziale, deve procurarsene uno e lo può fare solo attraverso il processo di cognizione (ordinario o sommario). In questo caso, il processo di cognizione ha una funzione diversa da quella propria: all’attore non interessa stabilire le regole di condotta fra lui e la controparte, egli ha interesse a procurarsi l’accesso alla tutela esecutiva, tramite la formazione di un titolo esecutivo. 5.- IL TITOLO ESECUTIVO IN SENSO SOSTANZIALE E IL TITOLO ESECUTIVO IN SENSO DOCUMENTALE 1.- Oggetto dell’esecuzione Bisogna chiarire che il titolo esecutivo non è l’oggetto dell’esecuzione, ma la fattispecie in presenza del quale, si ha l’azione esecutiva: il diritto processuale alla tutela esecutiva del diritto sostanziale. Quindi oggetto della tutela esecutiva non è il titolo esecutivo, bensì il diritto sostanziale da tutelare. 2.- Legittimità processuale L’esistenza del titolo esecutivo è condizione sufficiente per la tutela esecutiva. La fattispecie prevista dalla norma (art. 474 c.p.c.) produce da sola il seguente effetto giuridico: (*) “il titolare della situazione sostanziale, descritta nel titolo esecutivo, ha il diritto di rivolgersi all’ufficio esecutivo, il quale ha il dovere di svolgere la propria funzione a tutela della situazione sostanziale indicata nel titolo” 3.- Liceità sostanziale L’esistenza di questo effetto (*), però, non incide sulla liceità dell’esecuzione forzata sul piano del diritto sostanziale: ma, è necessaria l’effettiva esistenza del diritto da tutelare. E’ possibile una utilizzazione illecita della tutela esecutiva, ma l’ufficio esecutivo non può rifiutare la propria attività dinanzi ad una richiesta di tutela esecutiva, anche quando si sta commettendo un illecito nei confronti della controparte; ma, quanto l’ufficio compie costituisce un illecito e di questo illecito risponde chi ha chiesto all’ufficio di intervenire. 4.- Titolo esecutivo in senso sostanziale Dobbiamo ora distinguere: → Per titolo esecutivo in senso sostanziale, si intende la fattispecie da cui sorge l’effetto giuridico di rendere tutelabile, in via esecutiva, una situazione sostanziale protetta; in presenza della quale, il titolare ha diritto all’intervento degli organi giurisdizionali, che hanno l’obbligo di attivarsi per fornire la tutela esecutiva. Il titolo esecutivo in senso sostanziale, costituisce quindi un istituto di diritto processuale e, come tutte le fattispecie produttive di effetti giuridici, è composta di elementi distinguibili in due settori: - da un lato, vi sono gli elementi costitutivi dell'effetto giuridico, l'effetto si produce nel momento in cui è completata la fattispecie costitutiva (nasce a favore del titolare del diritto il diritto processuale ad ottenere la tutela esecutiva ed il dovere dell'ufficio esecutivo di prestare la propria attività); - dall'altro lato, vi sono gli elementi impeditivi, modificativi, estintivi in presenza dei quali l'effetto giuridico, anche quando si sia completata la fattispecie esecutiva, o non sorge oppure, una volta sorto, si modifica o si estingue. 5.- Titolo esecutivo in senso documentale 6.- Funzione del titolo in senso documentale → Il titolo esecutivo in forma documentale è un documento che rappresenta in modo non completa la fattispecie del diritto a procedere ad esecuzione forzata. Quando le norme parlano di titolo esecutivo dobbiamo distinguere a seconda che si riferisca al titolo esecutivo in senso sostanziale o documentale: - nell'art 474 c.p.c il legislatore si riferisce al titolo esecutivo in senso sostanziale, quindi alla fattispecie del diritto di procedere ad esecuzione forzata, completa dei suoi elementi costitutivi, impeditivi, modificativi ed estintivi; - nell'art 475 c.p.c il legislatore, prescrivendo che il documento deve essere redatto secondo certe modalità e avere certi contenuti, si riferisce al pezzo di carta rappresentativo del diritto di procedere ad esecuzione forzata e non all'attuale esistenza o meno di tale diritto (titolo esecutivo in senso documentale). . La funzione del titolo esecutivo in senso documentale è quella di semplificare le operazioni cognitive che l'ufficio esecutivo deve compiere per valutare se il soggetto che chiede la tutela esecutiva ha diritto o meno ad essa; infatti è il soggetto, che richiede l'intervento dell'ufficio esecutivo, a dover fornire la prova documentale dell'esistenza dei fatti costitutivi del diritto alla tutela esecutiva. . Per individuare i titoli esecutivi in senso documentale, occorre distinguere: !) il titolo esecutivo in senso documentale è rappresentato dall’originale del titolo esecutivo stesso, nelle ipotesi di scritture private autenticate e titoli di credito (art. 474 II c.p.c). Mentre, nelle ipotesi di provvedimenti giudiziari e atti pubblici, l’originale dell’atto resta custodito dal pubblico ufficiale che lo ha formato; in questo caso, il titolo esecutivo in senso documentale è una copia di esso. 7.- Spedizione in forma esecutiva 8.- Formula esecutiva 9.- Eccessività delle cautele 10.- Effetti della spedizione in forma esecutiva Poichè, in questo caso, il titolo esecutivo in senso documentale è una copia, sorge il problema di evitare la circolazione di più copie di titoli esecutivi documentali: pericolo che è risolto con il meccanismo della spedizione in forma esecutiva (ex art. 475 c.p.c.), che permette di identificare la copia dell’atto, che permette di identificare il titolo esecutivo in senso documentale, con l’apposizione della formula riportata dal 2° comma dell’art. 475. La spedizione in forma esecutiva non ha alcuna incidenza sul diritto di procedere ad esecuzione forzata: se l’atto ha efficacia esecutiva, la mantiene , anche se il titolo esecutivo in senso documentale manca della formula esecutiva. 6.- L’EFFICACIA DEL TITOLO ESECUTIVO VERSO TERZI 1.- Concretezza ed astrattezza 2.- Efficacia preclusiva ed efficacia esecutiva Il titolo esecutivo ha il carattere della concretezza: esso, infatti, individua nominalmente i destinatari dei suoi effetti. Es. Il signor Mario Bianchi è condannato a pagare al signor Rossi Giovanni, la somma di ......... Il problema che dobbiamo affrontare riguarda la possibilità, per il titolo può essere vincolato ad un provvedimento emesso senza che egli si sia potuto difendere): ma, questo non incide sul diritto di difesa, perchè l’esecutato ha gli strumenti idonei per contestare la pretesa efficacia ultra partes del titolo esecutivo, con l’onere della prova. 7.- LA NOTIFICAZIONE DEL TITOLO ESECUTIVO E DEL PRECETTO 1.- Precetto Il titolo esecutivo in senso documentale, deve essere notificato all’esecutando prima dell’inizio dell’esecuzione forzata (art. 479 c.p.c.), contestualmente o successivamente deve essergli notificato anche il precetto (art. 480 c.p.c.). Il precetto è definito come l’intimidazione ad adempiere all’obbligo che risulta dal titolo esecutivo, in un termine non inferiore a 10 gg , salvo che sia autorizzato l’inizio immediato dell’esecuzione, con l’esonero del rispetto di queste misure (ex art. 482 c.p.c.). Con il precetto, inoltre, si avverte l’esecutato che in mancanza dell’adempimento, si procederà all’esecuzione forzata. 2.- Parti 3.- Oggetto 4.- Beni 5.- Contenuto Il precetto deve contenere: - l’indicazione delle parti del processo esecutivo, che possono essere i soggetti che risultano dal titolo esecutivo oppure soggetti diversi, come nel caso di precetto fatto all’erede, nonostante il titolo esecutivo porti il nome del de cuius. Il precetto costituisce la necessaria attualizzazione del titolo esecutivo in senso documentale; eventuali divergenze fra titolo esecutivo documentale e titolo esecutivo sostanziale devono essere esplicitate nel precetto. - L’oggetto, è l’intimazione all’adempimento di obblighi risultanti dal titolo esecutivo. - I beni: bisogna distinguere: a) se, al precetto segue una esecuzione per consegna o rilascio, o per obblighi di fare: bisogna identificare i beni oggetto dell’esecuzione; b) se, al precetto segue una espropriazione: è necessario individuare il credito tutelato, ma non i beni che saranno pignorati. - Il contenuto: nel precetto deve essere indicato: a) la data di notificazione del titolo esecutivo, se notificato separatamente; b) la dichiarazione di residenza, o di domicilio della parte istante nel comune in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione; c) il precetto deve essere sottoscritto personalmente dal creditore; d) la trascrizione del titolo esecutivo, quando questo è costituito da scritture private autenticate, titoli di credito e accordi raggiunti in sede di negoziazione. 6.- Processo esecutivo 7.- Domanda giudiziale 8.- Perenzione Il precetto è un atto del processo esecutivo, anche se anteriore all’inizio dell’esecuzione forzata; da ciò si ricava che il processo esecutivo inizia prima dell’esecuzione forzata. . Il precetto ha la funzione della domanda giudiziale: esso individua il diritto di cui si richiede la tutela esecutiva (stessa funzione della citazione o ricorso nel processo di cognizione). Anche il precetto produce gli effetti sostanziale della domanda giudiziale: l’impedimento della decadenza, l’interruzione e la sospensione (art.2943 I c.c.) Nel precetto la richiesta di intervento dell’ufficio esecutivo non è contestuale alla notifica del precetto, ma avviene successivamente: prima si individua il diritto, si notifica il precetto alla controparte, poi scaduto il termine per adempiere, ci si rivolge all’ufficio esecutivo per un suo intervento. . Il precetto perde efficacia se entro 90 gg dalla notifica non è iniziata l’esecuzione forzata. L’opposizione contro il precetto non sospende il processo esecutivo: tuttavia il creditore, quando è presentata opposizione contro il precetto, non è obbligato a dar corso all’esecuzione forzata. Potrà procedere ugualmente all’esecuzione, nonostante l’opposizione, ma si dovrà assumere la responsabilità dei danni per l’ingiusta esecuzione (ex art. 96 II c.p.c.). La validità del precetto rimane per tutta la durata del processo di opposizione, così che, se l’opposizione viene rigettata, il creditore può iniziare l’esecuzione forzata senza bisogno di notificare un altro precetto. 8.- STRUTTURA GENERALE DEL PROCESSO ESECUTIVO artt.483 a 490 c.p.c. 9.- Funzione dell’esecuzione forzata La funzione dell’esecuzione forzata è procurare la soddisfazione di diritti correlati a obblighi non adempiuti, dando per scontato l’esistenza di tali diritti e obblighi. Compito dell’esecuzione è far avere la prestazione, non accertare che tale prestazione è dovuta sul terreno del diritto sostanziale (compito del processo di cognizione). 10.- Cognizione dell’ufficio esecutivo 11.- Accertamento presupposti per la tutela 12.- Contenuto delle misure giurisdizionali 13.- Forma delle misure giurisdizionali 14.- Questioni di rito L’ufficio esecutivo, si muove accertando preventivamente la sussistenza dei presupposti per la propria attività, sulla base di una specifica “cognizione”; basata sull’accertamento dei presupposti per la concessione della tutela stessa. . L’ufficio esecutivo, di fronte alla domanda di tutela esecutiva, ha solo 2 risposte possibili: o l’emissione o il rifiuto alla domanda di emanazione della misura richiesta. Il giudice del processo dichiarativo, può rifiutare la tutela: - quando mancano le condizioni processuali per statuire sulla realtà sostanziale (giudice non competente, parte non legittimata, ecc.). La pronuncia colloca i suoi effetti sul terreno processuale, non forma giudicato (ex art. 2909 c.c.) e non impedisce al soccombente di riproporre la domandaper chiedere la tutela dello stesso diritto sostanziale; - oppure,può rifiutare, perchè manca la situazione di cui si è richiesto la tutela; ha efficacia di merito che si riflette sul terreno del diritto sostanziale r che forma giudicato, impedendo al soccombente di affermarsi titolare della situazone sostanziale, che il giudice ha accertato inesistente. Il processo di cognizione ha funzione dichiarativa e struttura decisoria: è in grado con la stessa forma e tecnica, di accertare sia la sussistenza delle condizioni per la pronuncia di merito, sia il merito stesso. Il processo esecutivo, invece, non ha una struttura idonea a decidere e le risposte dell’ufficio sono sempre due: affermativa o negativa e. questo, perchè nell’esecuzione forzata manca la funzione di accertamento. . Anche dal punto di vista della forma vi è differenza fra processo dichiarativo e processo esecutivo. Nel processo dichiarativo la forma del provvedimento è sempre la sentenza; mentre, nel processo esecutivo la forma è diversa a seconda che la risposta dell’ufficio esecutivo sia affermativa o negativa: - se, affermativa, emette la misura esecutiva che ha la forma prevista dalla legge (pignoramento, ordinanza di vendita, ecc.) - se, negativa, rifiuta di compiere l’atto che è stato richiesto: si avrà un non provvedimento. . Se l’interessato si lamenta del comportamento dell’ufficio, sostenendo che la misura esecutiva è stata illegittimamente rifiutata o concessa, la relativa controversa non potrà essere decisa nel processo esecutivo (come avviene nel processo di cognizione), ma si aprirà un processo di cognizione incidentale. In quella sede si stabilirà se gli atti compiuti sono o meno conformi alla legge processuale. 15.- Presupposti processuali Le condizioni minime indispensabili per emettere una misura esecutiva, sono costituite dai presupposti processuali del processo esecutivo, in mancanza dei quali la richiesta di tutela non può essere accolta, perchè il processo è viziato. Anche nel processo esecutivo devono sussistere tali condizioni: l’ufficio esecutivo deve avere giurisdizione e competenza, le parti devono essere capaci, legittimate e rappresentate tecnicamente, ecc. La regola generale prevede che, in mancanza di diversa disposizione normativa, i vizi dei presupposti processuali sono rilevabili anche d’ufficio, senza preclusione alcuna; le norme in questione devono essere trasferite nell’ambito del processo esecutivo. 16.- Prima udienza In caso di carenza i vizi processuali possono essere rilevati fino alla prima udienza dinanzi al giudice dell’esecuzione (in espropriazione forzata questa è l’udienza in cui si decide la vendita o l’assegnazione del bene; nell’esecuzione per obblighi di fare o non fare è l’udienza fissata a seguito del ricorso). Al di là dei casi espressamente previsti, la carenza di un presupposto processuale è rilevabile anche d’ufficio senza limiti di tempo ed in questi casi l’ufficio esecutivo deve rifiutare l’emanazione dell’atto che gli è stato richiesto. 17.- Nullità formali Un’altra questione che deve essere esaminata dall’ufficio esecutivo attiene alla nullità dei singoli atti del processo. La differenza fra la carenza di un presupposto processuale e la nullità dei singoli atti del processo sta in ciò: la carenza del presupposto processuale produce la nullità di tutti gli atti del processo, mentre alla nullità dei singoli atti occorre applicare gli artt. 156 ss. c.p.c. La nullità dei singoli atti è rilevabile dall'ufficio solo se lo prevede la legge, regola inversa a quella dei vizi dei presupposti processuali, rilevabili anche di ufficio. Nel processo esecutivo tale cognizione non ha natura decisoria, ma è strumentale a stabilire se emettere o meno la misura esecutiva. L'esito dell'esame è quindi o l'emanazione della misura esecutiva, se l'ufficio ritiene che la nullità non vi sia, o il rifiuto dell'emanazione della misura esecutiva se vi è nullità. Si apre così un processo dichiarativo, dove si discute della validità dell’atto esecutivo e si decide la questione che è già stata delibata in via incidentale dall’ufficio esecutivo. Alla fine dell’espropriazione, se tutto è andato bene, abbiamo il trasferimento di un elemento patrimoniale attivo del debitore ad un terzo e l’estinzione del diritto del credito, a tutela del quale è stata posta l’attività esecutiva. 10.- IL PIGNORAMENTO ex art. 491 c.p.c. 30.- Forme dell’espropriazione 31.- Pignoramento in generale art. 491 L’espropriazione può assumere 3 diverse forme, che riguardano: - diritti su beni mobili; - diritti su beni immobili; - diritti di credito Sono previste altre 2 forme speciali di espropriazione: - l’espropriazione di beni indivisi, che si ha quando oggetto dell’esecuzione è la contitolarità di un diritto su un bene; - l’espropriazione contro il terzo proprietario, allorchè un terzo risponde con beni propri di un debito altrui. . → 1° fase = Il pignoramento è l’atto iniziale dell’espropriazione forzata; abbiamo già visto, invece, che il processo esecutivo inizia con la notificazione del titolo esecutivo e del precetto. Con esso si individuano e si conservano i diritti del debitore sottoposti ad espropriazione. Dovendosi adattare ai diversi modi di circolazione dei diritti, esistono tre forme di pignoramento: - Mobiliare - Immobiliare - Di crediti L’art. 492 c.p.c. è stato profondamente riformato dalla riforma del 2006, e tratta del pignoramento in generale: 1° Comma - L’elemento comune a tutti i pignoramenti, è l’ingiunzione, che l’ufficiale giudiziario fa all’esecutato nelle forme previste, di astenersi dal compiere qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito i beni pignorati o gli eventuali frutti di essi, 2° Comma - Con l’atto di pignoramento, l’ufficiale giudiziario deve invitare il debitore ad effettuare, presso la Cancelleria del Tribunale, la dichiarazione di residenza o l’elezione del domicilio in un comune del circondario del tribunale stesso. La ratio della norma, è verificare se il debitore ha effettivamente interesse al processo esecutivo; la mancata dichiarazione lato sensu ad una contumacia. 4°, 5° e 6° Comma - La norma prevede il dovere del debitore di “manifestare” il proprio patrimonio. Il presupposto, perchè ciò accada, è l’insufficienza del beni pignorati e la necessità, da parte del debitore, di render nota l’esistenza di altri beni “utilmente pignorabili”. L’omessa o falsa dichiarazione del debitore, costituisce un illecito penale (art. 388 c.p.) 7° Comma - Introduce un altro meccanismo: il creditore precedente può chiedere all’ufficiale giudiziario di effettuare ricerche sull’effettivo patrimonio del debitore, presso l’anagrafe tributaria o altre banche dati pubbliche 8° Comma - E’ prevista, inoltre, una speciale forma di pignoramento per gli imprenditori commerciali. Su istanza del creditore, e a sue spese, l’ufficiale nomina un professionista che verifica i libri contabili, redige una relazione inoltrata all’ufficiale giudiziario e al creditore. Se risultano elementi attivi non dichiarati dal debitore, le spese sono a carico di quest’ultimo. 32.- Ricerca telematica dei beni da pignorare art. 492 bis c.p.c. I due punti critici, per rendere fruttuosa l’espropriazione forzata riguardano: - l’individuazione degli elementi attivi del patrimonio (beni); - e la loro liquidazione a prezzo di mercato La riforma del 2014 ha introdotto una nuova forma di ricerca dei beni, muove da una istanza del creditore che deve munirsi dell’autorizzazione del Tribunale del luogo ove il debitore ha la residenza, per la ricerca dei beni da pignorare. Ottenuta l’autorizzazione, l’ufficiale giudiziario può accedere a tutte le banche dati della pubblica amministrazione (anagrafe tributaria, enti previdenziali, archivio rapporti finanziari, ecc.). Una volta individuati questi elementi attivi, l’ufficiale giudiziario può procedere all’immediato pignoramento dei beni (art. 492 bis III e V c.p.c), oppure indicarli al creditore, affinchè faccia una scelta fra più elementi attivi (art. 492 bis VI c.p.c.) 33.- Pignoramento mobiliare (art. 513 ss c.p.c.) 34.- Appartenenza Le singole fattispecie del pignoramento: → A) Pignoramento mobiliare: la richiesta di pignoramento è fatta in forma libera, di solito oralmente, dal creditore all’ufficiale giudiziario. Pignorabile è il diritto di proprietà e qualunque altro diritto reale minore, che abbia carattere della trasferibilità. Quindi, bisogna prima effettuare una ricognizione della consistenza del patrimonio mobiliare del debitore, per individuare i beni mobili su cui il debitore a la proprietà o altro diritto reale trasferibile. . Ma questo comporterebbe indagini assai complesse, quindi si ha una semplificazione: non c’è bisogno di accertare previamente che il debitore abbia la proprietà del bene, c’è bisogno, invece, di un elemento processuale rilevante solo nel processo esecutivo; c’è bisogno di verificare l’appartenenza: che si ricava dal fatto che i beni mobili si trovino collocati in beni immobili, di cui il debitore esecutato abbia la disponibilità. Questa relazione ha portata esclusivamente processuale; serve a determinare quali sono i beni sottoponibili a pignoramento. Quando l’appartenenza non coincide con la proprietà del bene, diviene utilizzabile l’opposizione di terzo (ex art. 619 c.p.c.), per far valere la non coincidenza fra il diritto processuale (rilevante l’appartenenza) e il diritto sostanziale (la proprietà o altro diritto reale trasferibile, del bene). 35.- Oggetto dell’esecuzione ed oggetto del processo esecutivo 36.- Pignoramento diretto Bisogna, quindi, distinguere fra: 1) oggetto dell’esecuzione, è la titolarità, in capo al debitore, di un diritto sostanziale trasferibile, sul bene pignorato; condizione perchè un bene sia parte del suo patrimonio trasferibile (art. 2740 e 2919 c.p.c.); 2) oggetto del processo esecutivo, è l’appartenenza del bene. L'ordinamento spera che tale situazione coincida, se non coincidono sono previste le adeguate contromisure L’art. 513 c.p.c. fornisce la definizione di “appartenenza”: a) possono essere pignorati i beni mobili, che si trovano in un bene immobile (casa o altri luoghi), “appartenente”, cioè, nella disponibilità materiale del debitore; -b) tuttavia, su ricorso del creditore, il giudice può autorizzare il pignoramento di beni che si trovano in luoghi che non appartengono al debitore, ma dei quali egli può disporre. Es. l’auto nella rimessa; - c) l’ufficiale giudiziario, può sottoporre a pignoramento le cose del debitore, che il terzo possessore, consente di esibirgli. Es. comodato, locazione, deposito. In questo caso si hanno 2 possibilità: 1) o il terzo consente il pignoramento, perchè riconosce che il bene è di proprietà del debitore; 2) oppure rifiuta il consenso al pignoramento diretto, quindi si procede al pignoramento presso terzi, in quanto occorre accertare la proprietà del bene mobile in capo al debitore, nel contraddittorio del terzo possessore. 37.- Limiti del pignoramento artt. 514-516 c.p.c. 38.- Individuazione dei beni 39.- Scelta dei beni art. 517 c.p.c. Il pignoramento può essere assoluto, parzialmente precluso o consentito in condizioni particolari di tempo. Sono norme che riguardano beni di primaria necessità per il debitore, e/o di scarso valore economico. Le questioni relative alla pignorabilità dei beni danno luogo ad opposizione all’esecuzione (art. 615 II c.p.c.) . Il pignoramento mobiliare si svolge attraverso la ricerca dei beni, da parte dell’ufficiale giudiziario, nei modi e nei tempi previsti. Spetta a chi si afferma proprietario dei beni pignorati, tutelare il suo diritto nella forma che il processo esecutivo prevede, cioè, con l’opposizione di terzo (ex art. 619 c.p.c.). Nella scelta dei beni, l’ufficiale giudiziario deve preferire i beni di maggior valore e di sicura realizzazione (denaro, oggetti preziosi, titoli di credito). La quantità dei beni pignorati, deve corrispondere ad un presumibile valore di realizzo pari all’entità del credito indicato nel precetto, aumentato della metà. 40.- Descrizione e custodia Una volta individuati i beni, l’ufficiale giudiziario, con l’assistenza di uno stimatore, li descrive, mediante rappresentazione fotografica o altro strumento simile; effettuata la stima, l’ufficiale giudiziario procede al pignoramento definitivo. Copia del verbale di pignoramento è trasmesso al debitore ed al creditore, se richiesto e, l’ufficiale giudiziario provvede a collocare in un deposito, i beni oggetto del pignoramento. Il creditore, ricorrendo al giudice, ha la possibilità di ottenere un riesame delle valutazioni effettuate in sede di pignoramento; inoltre, qualora all’esito della vendita, la somma ricavata non risulta sufficiente, il giudice, su istanza del creditore, può ordinare l’integrazione del pignoramento. Poichè, i diritti su beni mobili possono essere acquistati a titolo originario ex art. 1153 c.c., è necessario che il bene sia custodito da persona “fidata”, al fine di evitare che, colui che ha la materiale disponibilità del bene, possa consegnare il bene all’acquirente di buona fede, in base ad un titolo → Se il terzo rende una dichiarazione conforme, l’atto di pignoramento si perfeziona e si consolidano gli effetti prodotti con la notifica dell’atto stesso ed il processo esecutivo può andare avanti, perchè il pignoramento si è perfezionato. → Se, invece, il terzo non fa alcuna dichiarazione e, quindi, il creditore dichiara all’udienza di non aver ricevuto alcuna risposta dal terzo, il giudice fissa, con una ordinanza, una udienza successiva, notificata al terzo almeno 10 gg prima della nuova udienza. Il pignoramento dei crediti è una fattispecie a formazione progressiva: gli effetti si producono provvisoriamente dal momento della notificazione dell’atto e sono condizionati al perfezionamento della fattispecie; se la fattispecie non si perfeziona gli effetti sono eliminati retroattivamente: il processo esecutivo si estingue. 50.- Disciplina previgente Con la disciplina originaria del c.p.c., il terzo debitore era sempre chiamato a partecipare all’udienza per rendere la dichiarazione; per questa ragione la competenza era determinata dalla residenza del terzo debitore, per facilitarne la presenza all’udienza. Se il terzo si presentava e rendeva la dichiarazione, il giudice assegnava il credito. Se non si presentava, o si presentava ma taceva, il creditore procedente aveva l’onere di proporre una domanda di accertamento dell’obbligo del terzo. Quindi, si apriva un ordinario processo di cognizione, al termine del quale poteva accadere che fosse accertato: - esistente l’obbligo del terzo, ed il pignoramento si perfezionava; - oppure, inesistente l’obbligo del terzo, ed il pignoramento perdeva effetti, trattandosi di una fattispecie a formazione progressiva che non si era perfezionata. Dunque, l’assegnazione del credito poteva avvenire solo dopo che fosse accertata l’esistenza del credito pignorato, cioè l’obbligo del terzo. Questa certezza era raggiunta o in virtù di una dichiarazione del terzo, conferme all’atto di pignoramento, oppure in virtù di una sentenza. 51.- Mancata dichiarazione 52.- Contestata dichiarazione Con la riforma del 2012, il legislatore ha previsto che se il terzo non invia la dichiarazione e non si presenta all’udienza, il giudice fissa un’altra udienza alla quale il terzo è invitato a comparire. Se anche in questa udienza il terzo non si presenta o si rifiuta di fare la dichiarazione, il credito pignorato si considera non contestato ed il giudice provvede per l’assegnazione o alla vendita delle cose mobili o al pagamento delle somme (artt. 552 o 553 c.p.c.). Il terzo può impugnare, con l’opposizione agli atti esecutivi, l’ordinanza di assegnazione se “prova di non averne avuto tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o per forza maggiore”. . Con la riforma, il legislatore ha voluto evitare che l’inerzia del terzo debitore, costringesse il creditore a procurarsi l’accertamento dell’obbligo del terzo in via preventiva e necessaria rispetto all’assegnazione del credito. Con il meccanismo previsto dalla riforma (art. 548 e 549 c.p.c.), l’accertamento dell’obbligo del terzo, che sia rimasto inerte nel processo esecutivo, avviene in via successiva ed eventuale rispetto all’assegnazione del credito, in quanto è rimesso alla sua iniziativa. Se, invece, il terzo pignorato rende una dichiarazione non conforme, il giudice dell’esecuzione, compiuti i necessari accertamenti, risolve le contestazioni con ordinanza. Ma, nel caso di mancata assegnazione viene meno la possibilità di controversia esterna al processo esecutivo sullo stesso oggetto, da parte del creditore procedente (ad es. un processo di cognizione). Diviene, quindi necessario trovare uno strumento cognitivo-contenzioso, a tutela del creditore precedente che si vede rifiutare l’assegnazione sulla base di un accertamento compiuto dal giudice dell’assegnazione e, quindi, senza efficacia decisoria: questo strumento può essere l’opposizione agli atti esecutivi 11.- GLI EFFETTI CONSERVATIVI DEL PIGNORAMENTO 53.- Funzione conservativa del pignoramento 54.- Principio del minimo mezzo Fra il pignoramento e la vendita forzata, ci sarà inevitabilmente un certo intervallo di tempo intervallo, in cui si possono verificare eventi capaci di pregiudicare la tutela esecutiva richiesta. I pericoli che il pignoramento corre sono 2: - da un lato, vi sono le modificazioni della realtà materiale che riguarda il bene su cui cade il diritto pignorato, a questo si fa fronte mediante la custodia; - dall'altro lato, vi sono le modificazioni attinenti alla titolarità del diritto pignorato, attraverso atti di disposizione idonei a sottrarre il bene alla garanzia del credito. . A questo secondo pericolo, l’ordinamento fa fronte prevedendo una disciplina speciale per gli atti di disposizione compiuti dal debitore esecutato dopo il pignoramento: occorre seguire il principio del minimo mezzo (massimo risultato utile con il minimo sforzo): l'alterazione delle regole ordinarie deve essere contenuta nei limiti strettamente sufficienti a raggiungere lo scopo di tutelare il creditore e che al tempo stesso alteri meno la disciplina di diritto comune. 55.- Percezione e i frutti Il pignoramento ha lo scopo di impedire che la circolazione del diritto pignorato, pregiudichi il creditore che effettua il pignoramento. I suoi effetti sono disciplinati dai seguenti articoli del c.c.: → Ex art. 2912 c.c.: il pignoramento comprende le pertinenze, gli accessori e i frutti del bene pignorato: i frutti maturati dopo il pignoramento vengono acquisiti all’esecuzione. Questo è possibile, perchè il bene pignorato è affidato alla custodia di un soggetto che ha l’obbligo di amministrare il bene, nell’interesse dell’esecutato, e che è tenuto, al termine dell’espropriazione, a renderne conto. Quindi se il bene immobile pignorato, è in possesso dell’esecutato, si applicano le norme sulla custodia: il debitore diviene custode del bene coi relativi obblighi dell’art. 2912, e i frutti maturati dopo il pignoramento sono percepiti solo materialmente dall’esecutato che non può farli propri ma conservali nell’interesse dell’esecuzione. Sappiamo, però, che nel pignoramento dei beni immobili è possibile che il pignoramento cada su beni di cui l’esecutato non ne abbia il possesso, dato che il pignoramento immobiliare non presuppone che il bene immobile sia posseduto dall’esecutato: in tal caso (non è applicabile l’art. 2912) gli eventuali frutti continuano ad essere percepiti dall’effettivo possessore del bene in questione. Per cui, se il bene pignorato è posseduto da terzi al momento del pignoramento, allora il debitore esecutato non può diventare custode, perché non ne ha originariamente il possesso, e i frutti non possono essere da lui percepiti in quanto non possessore. 56.- Possesso del bene pignorato Il debitore esecutato, possessore del bene, al momento del pignoramento perde il possesso del bene: se ne mantiene la disponibilità materiale, ciò avviene a titolo di custodia. Il possesso si congela: l'esecutato lo perde ma nessuno lo acquista. Infatti, il creditore procedente, con il pignoramento, acquista un diritto non di natura sostanziale, ma solo processuale, inidoneo a far sorgere il possesso. Il possesso rimane in una sorta di limbo, fino a che, effettuata la vendita forzata, il bene non sarà consegnato all'aggiudicatario, che acquisterà il nuovo possesso corrispondente al diritto acquistato in sede di vendita forzata. 57.- Inopponibilità degli atti di disposizione → Ex art. 2913 c.c.: gli atti di alienazione dei beni pignorati non hanno effetto in pregiudizio del creditore procedente e degli eventuali creditori che intervengano nell’esecuzione. Vi è però un’eccezione: il possesso di buona fede per i beni mobili non iscritti in pubblici registri. Il debitore esecutato, può far nascere a favore di un terzo, a titolo originario, un diritto sul bene pignorato sulla base della regola dell’acquisto in buona fede di beni mobili (art. 1153 c.c.) Il terzo acquirente del bene mobile pignorato che riceve il possesso in buona fede, acquista un diritto che è opponibile anche al creditore procedente, e che travolge gli effetti del pignoramento. Per il pignoramento dei beni mobili il legislatore ha posto una particolare attenzione alla custodia del bene, in quanto il custode dei beni mobili pignorati, avendone la materiale disponibilità, ha sempre la possibilità di sottrarre il bene all'esecuzione, consegnandolo ad un terzo di buona fede. Il custode è l'unico soggetto che può consegnarlo all'acquirente (meccanismo dell'art. 1153) e sottraendolo così all'esecuzione. Al di fuori di questa ipotesi, l'atto di allienazioni non ha effetti in pregiudizio del creditore pignorante. É evidente che il pregiudizio si verifica perchè intercorre necessariamente un certo lasso di tempo fra il pignoramento e la vendita; se la vendita potesse aver luogo nel momento stesso del pignoramento, l’inconveniente non si verificherebbe. 58.- Nullità Gli strumenti astrattamente a disposizione dell'ordinamento per evitare il pregiudizio sono svariati. 1) Si potrebbe qualificare nullo l'atto di alienazione del bene pignorato: se l'atto è nullo non produce alcuno effetto e l'acquirente del bene pignorato non ne diviene proprietario. Ma, questo meccanismo sembra esagerato: l’atto, infatti, non produrrebbe richiesta la trascrizione, se essi sono trascritti successivamente al pignoramento. Quindi l’eventuale opposizione di terzo sarà rigettata. . La sentenza emessa al termine del processo, la cui domanda è stata trascritta anteriormente alla trascrizione dell’atto di acquisto del terzo, è efficace e vincolante anche verso l’avente causa del convenuto. Questi non può contestare il contenuto della sentenza emessa contro il suo dante causa. 71.- Opposizione di terzo Non potendo l’attore instaurare un ordinario processo di cognizione contro l’esecuzione forzata , si rende necessario che egli proponga la domanda all’interno del processo esecutivo, attraverso l’opposizione di terzo (ex art. 619 c.p.c.), che consente l’instaurazione del contraddittorio nei confronti dell’esecuzione (contenuto della domanda identico a quella che l’attore propone in un ordinario processo di cognizione, se l’avente causa fosse stato un acquirente, anzichè un creditore pignorante) Es. pag. 103 72.- Effetti sostanziali La trascrizione della domanda, oltre all’effetto processuale, ha, talvolta, anche effetti sostanziali (art. 2652 c.c.) La priorità della trascrizione dell’atto di acquisto dell’avente causa rispetto alla trascrizione della domanda determina anche un titolo di preferenza sul piano sostanziale dell’avente causa verso l’attore: l’avente causa acquista una posizione che è preferita, sul piano del diritto sostanziale, a quella dell’attore. Allo stesso modo il creditore pignorante contro il convenuto, con la trascrizione del pignoramento, acquista una posizione inattaccabile da parte dell’opponente, il quale non ha, sul piano sostanziale, la possibilità di vincere l’opposizione (ex art. 619 c.p.c.), che sarà rigettata (es. pag. 105). 73.- Ragioni di prelazione Terminiamo l’esame degli effetti sostanziali del pignoramento. Dall’art. 2916 c.c. ricaviamo due principi: 1° - Il pignoramento congela le ragioni di prelazione dei vari creditori: nella distribuzione del ricavato si tiene conto solo delle ragioni di prelazione esistenti alla data del pignoramento, quelle sorte dopo il pignoramento non sono opponibili alla massa dei creditori 74.- Crediti sopravvenuti 2° - Il pignoramento non effettua il blocco dei crediti, i quali possono essere fatti valere all’interno del processo di espropriazione anche se sorti dopo il pignoramento. Se il credito sorto dopo il pignoramento è privilegiato, la ragione di prelazione non ha efficacia però il creditore può sempre intervenire come chirografario. Differenza principale con espropriazione concorsuale, dove non posso farsi valere crediti sorti dopo la dichiarazione di insolvenza. 75.- Pignoramento dei crediti art. 2917 c.c. Quando oggetto del pignoramento è un credito, il terzo debitore è obbligato a non adempiere nei confronti del debitore esecutato. Se il terzo adempie nonostante l’intervenuto pignoramento, il pagamento non è opponibile al creditore procedente, ed il terzo debitore è obbligato a corrispondere ugualmente la somma una seconda volta all’esecuzione forzata. 12.- LE VICENDE ANOMALE RELATIVE AL PIGNORAMENTO Analizziamo ora una serie di istituti che si collocano tra il pignoramento e la vendita forzata. 76.- Pignoramento Congiunto: (ex. Art. 493 I c.p.c.): → ci può essere un’unica istanza di pignoramento e un solo atto di pignoramento a tutela di più creditori, anche sulla base di titoli esecutivi diversi. L'unicità del pignoramento comporta che le eventuali nullità inerenti alla fase del pignoramento si verificano per tutti, perchè essendo unico l'atto, la nullità che lo colpisce riguarda tutti quanti i creditori. 77.- Unione di Pignoramenti: (ex art. 523 c.p.c.) → si ha unione unione di pignoramenti quando più ufficiali giudiziari, separatamente richiesti, si trovano congiuntamente ad effettuare un pignoramento mobiliare. Si ha la stessa disciplina del pignoramento congiunto. 78.- Pignoramento Successivo: (art. 493 II c.p.c.) → si ha quando un creditore procede a pignorare un bene immobile che è già stato pignorato da altro creditore (ex art. 493 II c.p.c. per espropriazione mobiliare), art. 550 per espropriazione di crediti, art. 561 per espropriazione immobiliare). Nel caso in cui il creditore, anziché un semplice intervento, abbia fatto un successivo pignoramento e il debitore esecutato, propone le sue opposizioni al giudice dell’esecuzione che decide di caducare l’esecuzione instaurata da altro creditore, tale caducazione non pregiudica il creditore del successivo pignoramento, perché ci sono gli effetti del secondo pignoramento da lui effettuato, e quindi egli può proseguire l’esecuzione fondandola sul pignoramento. Il secondo pignoramento non apre un altro processo esecutivo, ma viene unito a quello già in corso, e vale come intervento. Una sentenza delle Nazioni Unite, ha affermato che, nei casi di titolo esecutivo originariamente esistente, le vicende relative allo stesso (sospensione dell’esecuzione, riforma della sentenza di condanna, ecc.), che ne producono la sopravvenuta inefficacia non impediscono la prosecuzione del processo esecutivo da parte del creditore intervenuto munito da titolo esecutivo, purchè il suo intervento sia antecedente all’arresto della procedura esecutiva, a seguito della sopravvenuta inefficacia del titolo esecutivo del creditore procedente. 79.- Litispendenza Esecutiva: → come abbiamo visto, in tema di pignoramento successivo, non possono aver luogo processi esecutivi diversi per lo stesso bene pignorato. Infatti, il diritto pignorato in capo al debitore, viene trasferito ad un terzo, che paga il denaro che sarà diviso tra i creditori. Ma, si possono avere più processi esecutivi contro lo stesso soggetto per lo stesso credito su beni diversi, e più creditori intorno allo stesso bene all’interno di un unico processo esecutivo. Se per errore vengono portati avanti più processi esecutivi per lo stesso bene nei confronti dello stesso esecutato, e venissero quindi effettuate più vendite forzate: - nel caso di beni mobili prevale la vendita effettuata per prima perchè la consegna del bene all'aggiudicatario impedisce le vendite successive; - per i beni immobili, per le universalità di mobili e per i crediti prevale il pignoramento anteriore. Il principio che impedisce che due processi esecutivi abbiano luogo quando pignorato è lo stesso diritto nei confronti dello stesso debitore, è il ne bis in idem: principio che si trova anche nel processo di cognizione perchè non è possibile avere due sentenze aventi lo stesso oggetto, così nel processo esecutivo non è possibile che lo stesso diritto possa essere oggetto di più atti di trasferimento. 80.- Cumulo dei Mezzi di Espropriazione: invece, si può avere una pluralità di crediti tutelati con lo stesso processo esecutivo e si possono avere più processi esecutivi diversi a tutela dello stesso credito (art. 483 c.p.c.) Ciò significa, che il creditore, avendo un titolo esecutivo, può chiedere cumulativamente la tutela dello stesso credito con le varie forme di espropriazione, oppure possono essere fatte più esecuzioni dello stesso tipo su beni diversi. Il cumulo però trova il limite dell’art. 2911 c.c., in base al quale il creditore che ha ipoteca, pegno o privilegio sui beni del debitore non può pignorare altri beni dello stesso debitore, se non sottopone ad esecuzione anche i beni gravati da prelazione a suo favore. Ma il cumulo potrebbe essere eccessivo, cioè il valore dei beni sottoposti a pignoramento potrebbe eccedere il credito per cui si procede. In questo caso, il giudice può limitare l’espropriazione al mezzo che il creditore sceglie o quello che il giudice stesso determina. 81.- Pignoramento nelle mani dell’ufficiale giudiziario (art. 494 c.p.c): → Il debitore esecutato può adempiere nelle mani dell’ufficiale giudiziario, e quindi non si ha esecuzione forzata perché il credito si estingue e in tal modo si evita il pignoramento. L’ufficiale giudiziario, invece di effettuare il pignoramento, riceve la somma che consegna al creditore. Per diritto sostanziale il pagamento va fatto al creditore o ad un suo rappresentante altrimenti non è liberatorio; l'art 494 c.p.c consente di effettuare il pagamento con effetto liberatorio anche ad un soggetto diverso da quelli a cui il pagamento dovrebbe essere fatto secondo il diritto sostanziale. Si è più volte detto che l’esistenza del credito da tutelare esecutivamente, non è rilevante nel processo esecutivo, ma, qui, eccezionalmente, un effetto sul piano sostanziale (il pagamento e quindi l’estinzione del credito) è rilevante anche sul piano processuale, perchè rende legittima l’omissione del pignoramento. 82.- Denaro come oggetto di pignoramento (art. 494 III c.p.c.): → sia nel caso previsto dal 1° comma che in quello del 3° comma dell’art. 494 c.p.c. l'ufficiale giudiziario vuole effettuare il pignoramento e il debitore gli dà del denaro. Nell'ipotesi disciplinata nel 1° comma, il denaro è dato come adempimento e quindi evita il pignoramento. Nell'ipotesi disciplinata dal 3° comma, il debitore dà all’ufficiale giudiziario una somma di denaro maggiore del 20% rispetto a quella prevista, che viene percepita dall’ufficiale giudiziario come oggetto di pignoramento. In questo caso la somma non sarà data al creditore, ma versata dall’ufficiale giudiziario nelle casse dell’esecuzione: l’ufficiale deposita quindi il verbale di pignoramento insieme al denaro, il cancelliere forma il fascicolo dell’esecuzione e si apre il processo di espropriazione. Prima della riforma del 2006 tutti i creditori avevano la possibilità di intervenire nell’esecuzione aperta da uno di essi, per chiedere la soddisfazione del proprio diritto sulla base delle regole previste dal diritto sostanziale. 90.- Intervento Mentre, con la riforma, l’intervento è limitato a (art. 499 I c.p.c.): - chi ha titolo esecutivo, anche successivo al pignoramento - chi, al momento del pignoramento, ha un credito garantito da pegno, prelazione scritta, o sequestro - chi, al momento del pignoramento, è titolare di un credito risultante dalle scritture contabili previste dalla normativa (art. 2214 c.c.). Per intervenire il creditore deve depositare, nella cancelleria del giudice dell’esecuzione, un ricorso contenente l’indicazione del credito e del titolo di esso, nonché la domanda per partecipare alla distribuzione della somma ricavata (art. 499 II comma c.p.c.). Se l’intervento si fonda sulle scritture contabili, queste debbono essere allegate all’atto di intervento in copia autentica. Il creditore non munito di titolo esecutivo, e che abbia comunque il potere di intervenire nell’esecuzione (ex art. 499 I co c.p.c.), deve notificare al debitore l’atto di intervento e l’eventuale copia autentica delle scritture contabili. 91.- Verificazione dei crediti art. 499 V e VI c.p.c. 92.- Violazione della par condicio Il legislatore ha previsto una sorta di procedimento per la verificazione del credito per i soli creditori legittimati ad intervenire, ma senza titolo esecutivo: con la stessa ordinanza con cui dispone sulla vendita e sull’assegnazione, il giudice dell’esecuzione fissa un’udienza dinanzi a sé per la comparizione del debitore e dei creditori non muniti di titolo esecutivo. L’ordinanza è notificata, a cura di una delle parti, ai creditori ed al debitore. All’udienza fissata, se il debitore non compare, o comparendo riconosce l’esistenza di tutto o in parte dei crediti, questi acquisiscono il diritto di essere soddisfatti; se invece i crediti sono tutto o in parte contestati, il creditore ha l’onere di proporre, entro 30 gg, una domanda idonea di munirlo di titolo esecutivo: in tal caso ha diritto all’accantonamento delle somme. I creditori che non appartengono a tali categorie non avranno alcuna possibilità di soddisfarsi a meno che non ricorrano alla tutela di urgenza (ex. Art.700 c.p.c.), allegando il pregiudizio imminente ed irreparabile, che si concretizza nell’evaporarsi della garanzia patrimoniale del loro debitore. . La scelta del legislatore della riforma, tradisce il principio della par condicio, che costituisce l’attuazione di un preciso principio costituzionale, quello, in virtù del quale il processo deve essere strumento di attuazione, e non della distorsione del diritto sostanziale: ad es. se il legislatore sostanziale ha stabilito che i crediti per le retribuzioni ai prestatori di lavoro subordinato; il legislatore processuale costruire un sistema di tutela esecutiva che impedisce a questi creditori di intervenire, favorendo la soddisfazione di altri creditori 93.- Effetti dell’intervento art. 500 c.p.c. Gli effetti dell’intervento sono previsti in generale dai seguenti articoli: → l’art. 500 c.p.c. fa riferimento a due conseguenze dell’intervento: il diritto di prendere parte alla distribuzione del ricavato ed il diritto di partecipare attivamente al processo esecutivo. Tali conseguenze sono incondizionatamente assicurate ai creditori che intervengono muniti di titolo esecutivo, mentre chi interviene senza titolo può prendere parte alla distribuzione del ricavato solo se si verificano le condizioni previste dall’art. 499 VI comma e, pur partecipando all’espropriazione, non ha il potere di compiere gli atti necessari per farla procedere verso la liquidazione del bene pignorato. 94.- Creditore minuto di titolo esecutivo → gli artt. 526-564 stabiliscono che i creditori intervenuti partecipano all’espropriazione e se muniti di titolo esecutivo possono provocarne i singoli atti. L’atto più importante che il creditore intervenuto, munito di titolo esecutivo, può compiere è l’istanza di vendita, che deve essere effettuata in un termine non inferiore a 10 gg e non superiori a 90 gg dal pignoramento, in mancanza della quale il processo esecutivo si estingue. In mancanza di tale istanza, il processo esecutivo si estingue. Tutta la fase che va dal pignoramento all’avvenuta vendita, richiede il compimento di atti di impulso, che possono essere compiuti, oltre che dal creditore procedente, munito di titolo esecutivo, anche da qualunque altro creditore, sempre munito di titolo esecutivo. La distinzione tra creditori con e senza titolo esecutivo, vale finchè non sia effettuata la vendita: dal momento in cui il bene è trasformato in denaro, si perde tale distinzione, questo per due motivi: - la fase di distribuzione avviene d’ufficio senza atti di impulso di parte; - una volta effettuata la vendita, il diritto di procedere spetta a tutti i creditori, anche se non muniti di titolo esecutivo; infatti tutti i creditori concorrenti devono rinunciare a tale diritto perchè si abbia l’estinzione del processo (art. 629 c.p.c.) 95.- Irrilevanza del titolo esecutivo dopo la vendita Può, quindi, dirsi che il processo, avvicinandosi alla fase di distribuzione, tende a livellare la posizione processuale dei vari creditori; dinnanzi alla somma ricavata perde ogni rilevanza la questione relativa al possesso del titolo esecutivo. 96.- Creditori privilegiati Una particolare disciplina riguarda i creditori muniti di ragioni di prelazione (da non confondersi con i creditori muniti di titolo esecutivo). Abbiamo 3 categorie di creditori: con diritto di prelazione, chirografari tempestivi e tardivi. → I creditori con prelazione, in qualunque momento del processo esecutivo intervengano, sono soddisfatti secondo l’ordine delle prelazioni previsto dal codice civile. I creditori muniti di diritto di prelazione, hanno una posizione particolare; devono essere necessariamente avvertiti che è stato pignorato il bene su cui hanno un diritto di prelazione. Innanzitutto, un creditore quando decide di procedere con l’espropriazione forzata deve avvertire gli eventuali altri creditori, che possono avere un diritto di prelazione risultante da pubblici registri (art. 498 c.p.c.). Peraltro non tutti i creditori , ma devono essere avvertiti solo i creditori le cui ragioni di prelazione risultano da pubblici uffici. E, questo, perchè la vendita forzata ha l’effetto di estinguere i diritti di prelazione che gravano sul bene (non così per la vendita di diritto comune). Tuttavia, la vendita forzata estingue solo i diritti reali di garanzia, perchè hanno sempre ad oggetto beni individuati e devono essere resi pubblici nel modo indicato dall’ordinamento. 98.- Creditori privilegiati iscritti Per i diritti reali di garanzia, iscritti nei pubblici registri, il creditore procedente deve notificare un avviso contenente l’indicazione del creditore pignorante, del credito per il quale si procede e del titolo. In mancanza di tale notifica, il giudice deve rifiutarsi di emettere l’ordinanza di vendita. Il creditore procedente deve allegare all’istanza di vendita i certificati delle trascrizioni ed iscrizioni e farsi lasciare dalla conservatoria dei registri immobiliari un certificato in cui si attesta se vi sono e quali sono le iscrizioni di diritti reali di garanzia sul bene. Il giudice è così in grado di controllare se sono state effettuate le prescritte notifiche ai creditori iscritti. 97.- Creditori privilegiati non iscritti Anche i creditori che non risultano iscritti nei pubblici registri, perdono la loro prelazione con la vendita forzata del bene, ma, comunque, non è necessario che siano avvertiti. Il trattamento si diversifica a seconda che si tratti di: - privilegio: il privilegio sussiste fino a quando il bene permane nel patrimonio del debitore; quindi, quando il bene esce dal patrimonio del debitore, il creditore privilegiato perde ogni diritto su quel bene; - o, di diritto reale di garanzia (pegno e ipoteca): il creditore munito di pegno può far valere sul suo diritto contro qualunque soggetto a cui il proprietario trasferisca la proprietà del bene, ma non nei confronti dell’aggiudicatario. 90.- creditori tempestivi tardivi L’intervento dei creditori può essere tempestivo o tardivo: tale distinzione è fatta in relazione ai creditori chirografi, cioè ai creditori non muniti di diritto di prelazione. Per tutti i creditori, il termine ultimo per l’intervento è quello in cui si effettua la distribuzione del ricavato; dopo l’intervento non è più possibile, perchè il processo esecutivo è ormai concluso. → I creditori chirografari tempestivi: sono soddisfatti, dopo i creditori con prelazione, e in ragione percentuale del loro credito; → i creditori chirografari tardivi: sono soddisfatti sul residuo che eventualmente avanza. Il momento che determina la tempestività dell’intervento è la prima udienza fissata per stabilire le modalità di assegnazione o di vendita, cioè l’udienza che apre la fase di liquidazione; oltre tale termine è,invece, considerato tardivo. Per quanto riguarda, invece, l’espropriazione dei crediti, rilevante è l’udienza di comparizione delle parti, fissata con ricorso dal creditore pignorante: in tale udienza, qualora il terzo renda o abbia reso una dichiarazione conforme, ha luogo anche l'assegnazione del credito e il processo esecutivo si chiude. 100.- Estensione del pignoramento ex art. 499 IV c.p.c. Il creditore procedente, che rilevi che i beni pignorati sono insufficienti a vendita, deve fissare l’udienza per l’audizione delle parti, le quali possono fare osservazioni circa l’assegnazione e circa tempo e modalità della vendita. . “Le parti devono proporre a pena di decadenza le opposizioni agli atti esecutivi se non sono già decadute dal diritto di proporle” (art. 530 e 569 c.,p.c.) L'opposizione agli atti esecutivi apre un processo di cognizione, incidentale al processo esecutivo, idoneo a decidere delle controversie relative al rispetto delle regole del processo esecutivo. L’udienza di assegnazione o vendita forma uno sbarramento nella rilevanza delle nullità processuali, che si siano avute fine a quel momento, perchè: → o, le nullità sono fatte valere a pena di decadenza entro questa udienza; → oppure, le nullità non sono fatte valere e, allora, esse diventano irrilevanti, perchè non possono essere fatte valere in seguito. Se le parti raggiungono un accordo sulla nullità, la controversia relativa ai vizi dell’atto, viene risolta nel modo in cui le parti si sono travate d’accordo. Il giudice, in questo caso, può procedere a disporre la vendita del bene. Se, invece, non si mettono d’accordo, il giudice deve decidere le opposizioni agli atti esecutivi prima di disporre la vendita o l’assegnazione del bene. 111.- Pregiudizialità fra rito e merito Il legislatore ha ritenuto di condizionare l’emanazione del provvedimento di liquidazione al previo accertamento dell’inesistenza di nullità del processo esecutivo: ossia, non si può andare avanti con la vendita o con l'assegnazione se non dopo aver risolto le questioni relative alla nullità degli atti del processo esecutivo. Ciò costituisce una caratteristica peculiare del processo esecutivo, in relazione alla quale essa si differenzia dal processo di cognizione, che ha struttura decisoria e nel quale quindi le questioni relative al rito sono trattate e decise insieme a quelle relative al merito. Nel processo esecutivo non è così semplice, perché esso non ha struttura decisoria, quindi occorre creare un ambiente idoneo alla decisione: ciò accade con lo strumento dell'opposizione agli atti esecutivi. Nel processo di cognizione, poi è possibile accantonare le questioni di rito in attesa del provvedimento finale, in quanti gli effetti extraprocessuali si hanno solo nella fase decisoria (e non anche in quella preparatoria). Nel processo esecutivo, invece, non è possibile accantonare le questioni di rito in attesa del provvedimento finale, perchè in questo processo ha effetti extraprocessuali, di merito, non soltanto l'atto finale (la distribuzione del ricavato), ma anche un atto intermedio (la vendita forzata). Se è stata proposta opposizione agli atti esecutivi, prima di emettere la misura giurisprudenziale di merito, deve essere risolta questa questione di rito. Gli artt. 530 e 569 c.p.c stabiliscono che si abbia la decisione, con sentenza, dell'opposizione agli atti esecutivi, e solo successivamente la pronuncia dell'ordinanza di vendita o assegnazione, ovviamente se la sentenza con cui si decide l'opposizione agli atti esecutivi accerta che l'atto esecutivo è valido. Tali articoli, non prendono in considerazione l'ipotesi dell'impugnazione della sentenza che decide sull'opposizione agli atti esecutivi, perchè nella stesura originaria del codice del 1942 questi erano impugnabili, cioè non assoggettabili ad alcun mezzo di impugnazione. Ma la sentenza che decide l’opposizione agli atti esecutivi, è suscettibile di impugnazione in Cassazione (art. 111 II Cost.) 112.- Impugnazione della sentenza Pronunciata la sentenza che rigetta l'opposizione agli atti, e quindi apre la strada alla vendita forzata, le strade possibili sono due: → si aspetta il giudicato → si afferma sufficiente la sentenza di 1° ed unico grado, ed irrilevante la sua impugnazione (artt. 530 e 569 c.p.c.) La soluzione più corretta è senz’altro la prima e, quindi che occorra attendere il giudicato. Il legislatore ha, infatti, imposto la preventiva decisione delle questioni di rito per evitare che si procedesse alla vendita quando è ancora incerta la validità del processo esecutivo, e, quindi, che una successiva (alla vendita) dichiarazio ne di invalidità, ad es. del pignoramento, comportasse la caducazione della vendita stessa. 113.- Stima del bene Nel caso in cui non abbiamo opposizioni agli atti, oppure si è raggiunto un accordo, o c’è stata sentenza passata in giudicato che rigetta le opposizioni, il giudice dispone con ordinanza la vendita forzata, o l’assegnazione ove possibile, e si attribuisce un valore al bene che è stato pignorato. 15.- LE SINGOLE FORME DI VENDITA FORZATA Il valore del bene pignorato, varia a seconda dei tipi di beni, beni che sono assoggettati a diverse modalità di liquidazione: 114.- Vendita mobiliare → Nell’espropriazione immobiliare, la disciplina è unitaria per l’espropriazione diretta e per quella di beni mobili che il debitore ha presso terzi, i modi di liquidazione del bene mobile sono essenzialmente due: 115.- vendita a mezzo commissionario artt. 532-533 c.p.c. Consiste nell’affidare la vendita del bene mobile, previamente stimato da un esperto, per un prezzo minimo stabilito dal giudice, ad un soggetto il quale lo vende a trattativa privata, attraverso un contratto che egli stipula con l’acquirente. L’incarico è normalmente conferito all’istituto vendite giudiziarie, con un'unica eccezione del caso in cui si tratti di beni con caratteristiche peculiari, che consigliano di rivolgersi ad un commerciante specializzato nel settore. Il commissionario ha diritto ad un compenso che stabilisce il giudice stesso, deve documentare la vendita e versare la somma che ha ricavato nelle casse dell’esecuzione. 116.- vendita all’incanto artt. 534-537 c.p.c. La vendita può essere affidata al cancelliere o all’ufficiale giudiziario, o ad un istituto all’uopo autorizzato; di solito viene affidata agli istituti vendite giudiziarie. Viene stabilito un prezzo minimo per l’incanto, viene fissata la data dell’incanto, e nei giorni precedenti all’incanto l’incaricato si reca a ritirare i beni mobili dal custode, in quanto la vendita all’incanto dei beni mobili avviene in presenza del bene. L’aggiudicazione è fatta al maggior offerente, il trasferimento della proprietà avviene al momento di pagamento del prezzo. 117.- Vendita fallita art. 538 c.p.c. Può darsi che la vendita del bene non abbia luogo in queste due forme, perché non si trova nessuno che offra il prezzo minimo di stima. Si ha così la vendita fallita, cioè la vendita non effettuata per mancanza di offerenti. Sono previste due possibilità: 1) si ha assegnazione del bene, su richiesta di uno o più creditori, per il valore di stima che il giudice ha determinato prima di procedere alla vendita dello stesso; 2) se nessuno chiede l’assegnazione, l’incaricato effettua una seconda vendita all’incanto ad un prezzo base inferiore del 20% rispetto al precedente. La seconda vendita non può essere disposta per oggetti d’oro e d’argento, i quali, se invenduti, devono essere coattivamente assegnati per il loro valore intrinseco. In caso di beni mobili registrati (autoveicoli, navi, aereomobili etc.), è previsto che il giudice può delegare le operazioni di vendita, con incanto o senza incanto, all’istituto di vendite giudiziarie o ad un professionista (notaio, avvocato, commercialista) iscritto nell’apposito elenco presso il tribunale (art. 534 bis e ter c.p.c.). Si ha la stessa disciplina della vendita su delega degli immobili (art. 591 bis). 118.- Liquidazione dei Crediti Come sappiamo, per la perfezione del pignoramento, sono necessarie o una dichiarazione conforme del terzo, oppure una sentenza che accerta l’esistenza del credito pignorato. Perfezionato il pignoramento, si può procedere alla liquidazione del credito, che avviene attraverso il trasferimento del credito dal debitore esecutato che ne è titolare, ad un soggetto diverso, che poi compirà l’attività necessaria per la riscossione. Il trasferimento del credito costituisce, dal punto di vista del diritto sostanziale, una cessione del credito: l’assegnatario è un cessionario che diventa il nuovo titolare del credito; il terzo debitore diventa a sua volta debitore dell’assegnatario, e si applicano tutte le regole della cessione circa l’opponibilità al cessionario delle eccezioni da parte del debitore ceduto. Occorre però tenere presente una differenza: al contrario della cessione di diritto comune, che può aver luogo senza alcun previo accertamento di esistenza del credito, qui abbiamo o una sentenza che accerti l'esistenza del credito o una dichiarazione di natura confessoria del terzo debitore, dichiarazione o sentenza alle quali il terzo debitore è vincolato. Quindi le eccezioni opponibili dal terzo debitore all’assegnatario non possono contrastare con il contenuto vincolante della dichiarazione o della sentenza. Inoltre il terzo debitore non può opporre all’assegnatario o all’acquirente del credito le eccezioni che non può opporre al creditore procedente. 119.- Credito scaduto art. 553 c.p.c. Se il credito pignorato è già scaduto o scade entro 90 gg, l’assegnazione è coattiva, cioè non è necessaria la richiesta dell'assegnazione. L’art. 553 c.p.c. afferma che l’assegnazione ha luogo “salvo esazione”, cioè pro solvendo: al momento dell’assegnazione non avviene l’estinzione del diritto del creditore assegnatario verso il debitore esecutato, ma tutti e due i diritti rimangono coesistenti fino al momento del pagamento. Nel momento in cui il terzo debitore assegnato paga il suo debito al creditore assegnatario, automaticamente si estingue anche, per la quantità corrispondente, il credito che l’assegnatario vanta nei confronti del debitore si passa alla vendita con le offerte in cancelleria: uno o più offerenti in aumento depositano la propria offerta, il giudice convoca gli offerenti e l’aggiudicatario della gara e procede nel modo sopra visto (par. 123). 125.- Decreto di trasferimento L’offerente all’incanto, o il vincitore della gara, deve versare il prezzo nel modo stabilito dal bando di vendita: se non versa il prezzo nel termine stabilito, si producono le stesse conseguenze della vendita senza incanto (se il versamento non è effettuato, il giudice provvede alla rivendita all’incanto del bene e la cauzione che aveva versato l’acquirente viene incamerata nelle casse dell’esecuzione; inoltre se nella rivendita, il bene spunta un prezzo minore, per la differenza tra il presso offerto e non pagato e il prezzo minore ottenuto nella rivendita resta obbligato il soggetto offerente ed inadempiente). Se il versamento viene effettuato il giudice emette il decreto di trasferimento (art. 586 c.p.c.), con cui si dispone la cancellazione del pignoramento e delle iscrizioni ipotecarie. Un’importante novità introdotta dalla riforma del 2006, riguarda la possibilità che l’aggiudicatario finanzi il proprio acquisto mediante mutuo ipotecario: in questo caso, mutuante e mutuario possono stabilire, a garanzia del mutuante, che le somme siano versate all’esecuzione contestualmente all’iscrizione dell’ipoteca; se questo accade la trascrizione del decreto di trasferimento deve essere contestuale all’iscrizione ipotecaria. 126.- Titolo di rilascio Il decreto di trasferimento costituisce titolo esecutivo per il rilascio, cioè per ottenere la consegna del bene acquistato: per questo il decreto contiene l’ingiunzione al debitore o al custode di rilasciare l’immobile venduto. Occorre fare alcune precisazioni: - il pignoramento immobiliare è effettuato dall'ufficiale giudiziario sulla base delle indicazioni del creditore procedente, che si è assunto la responsabilità nel momento in cui ha sottoscritto l’atto di pignoramento; - il bene pignorato può essere o meno nel possesso di colui che subisce l'espropriazione; - con la notificazione del pignoramento immobiliare, l'esecutato vede trasformato il suo possesso in custodia, sempre che egli abbia il possesso del bene pignorato. Occorre quindi distinguere le ipotesi in cui il bene immobile pignorato: - è assoggettato alla custodia del debitore esecutato: qui, il decreto di trasferimento costituisce titolo esecutivo per il rilascio nei confronti del custode (forse è addirittura eccessivo parlare di titolo esecutivo, è piuttosto un adempimento di un dovere di natura processuale); - dalle ipotesi in cui il bene è nel possesso di un estraneo: il titolo esecutivo per il rilascio, non ha effetti nei confronti del terzo estraneo possessore del bene. Nei confronti del terzo possessore, l'aggiudicatario del bene, dovrà agire con i normali strumenti che il diritto sostanziale e processuale pongono a sua disposizione (rivendicazione o restituzione). Naturalmente, se il terzo possessore è un avente causa del debitore esecutato, il decreto di trasferimento è efficace nei suoi confronti come titolo traslativo della proprietà, e, quindi, anche come titolo esecutivo per il rilascio. 127.- Vendita fallita ex art. 588 c.p.c. Ciascun creditore può chiedere l’assegnazione del bene immobile: → da un lato, per la somma maggiore tra il valore del bene secondo stima; → e dall’altro, i crediti e le spese di giustizia aventi prelazione anteriore al richiedente. L’istanza di assegnazione deve essere avanzata dal creditore almeno 10 gg prima della data fissata per l’incanto, per l’ipotesi in cui esso fallisca. 128.- Amministrazione giudiziaria Se non si provvede all’assegnazione, perchè nessuno ha proposto la relativa istanza o, perchè il giudice ritiene di non accoglierla, il giudice può provvedere in due modi: → o, dispone una nuova vendita all’incanto: il giudice può stabilire nuove condizione di vendita, oppure fissare un prezzo base inferiore del 25% al precedente. Non si procede direttamente ad un nuovo incanto, ma si ripercorre tutto l’iter: vendita senza incanto, poi, eventualmente, vendita con incanto; → oppure, dispone l’amministrazione giudiziaria del bene immobile, che è utile in 2 direzioni: 1) quando il bene produce dei frutti tali da poter soddisfare i creditori: il bene viene affidato al custode, il quale lo gestisce, ne prende i frutti, e se con essi si soddisfano tutti i creditori, l’amministrazione giudiziaria cessa e il bene viene restituito al debitore, altrimenti entro 3 anni bisogna procedere ad ulteriore vendita del bene; 2) se nel mercato è un momento in cui le offerte di acquisto sono scarse, il giudice può decidere di aspettare che il mercato si “risvegli”. 129.- Delega al professionista artt. 534 bis e ter - 591 bis e ter Alcune attività del processo esecutivo possono essere delegate a professionisti: vendita dei beni immobili o beni mobili registrati. In questi casi le attività previste dall'art. 591 bis 2° comma c.p.c non vengono più svolte presso l'ufficio esecutivo, ma presso lo studio del professionista o in altro luogo dallo stesso professionista indicato. Il professionista, quindi, determina il prezzo della vendita, ne dà pubblicità, effettua la vendita senza incanto ed eventualmente quella successiva all'incanto, aggiudica il bene, riceve il pagamento del prezzo, etc. Egli predispone anche il decreto di trasferimento, che peraltro resta, anche in caso di delega, atto del giudice dell'esecuzione. Le parti possono proporre reclamo al giudice dell'esecuzione avverso gli atti del professionista, tale reclamo è deciso con ordinanza, nei confronti della quale può essere proposta opposizione agli atti esecutivi. 130.- Infruttuosità dell’espropriazione forzata art. 164 bis disp.att. c.p.c. La riforma del 2014, prevede un rimedio estremo in caso di infruttuosità dell’espropriazione: il giudice dispone la chiusura anticipata del processo esecutivo “quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori” Il giudice, quindi, deve fare una valutazione dei costi e dei benefici: se i costi superano i benefici, non è utile proseguire l’espropriazione. I creditori possono, comunque, chiedere l’assegnazione dei beni pignorati al prezzo di stima. 16.- EFFETTI SOSTANZIALI VENDITA E DELL'SSEGNAZIONE 131.- Natura della vendita forzata La vendita è un procedimento giurisdizionale che, però, ha effetti di diritto sostanziale; il processo si muove sempre in vista del diritto sostanziale. Di questi effetti se ne occupano gli artt. 2919 e 2929 c.c. 132.- Ex art. 2919 c.c. La vendita forzata trasferisce all’acquirente i diritti che sulla cosa spettano a colui che ha subito l’espropriazione. La norma, non parla di “debitore”, ma di “colui che ha subito l’espropriazione”, perchè ci sono ipotesi in cui l’espropriazione è subita anche da chi non è debitore. In questi casi, la vendita trasferisce all’acquirente i diritti che sul bene spettavano al terzo che ha subito l’espropriazione, e non quelli, che spettavano al debitore. Dunque, la vendita forzata dà luogo ad un acquisto a titolo derivativo: la misura dell’acquisto è determinata dalla misura del diritto sul dante causa: → nell'acquisto a titolo derivativo il diritto acquistato è dipendente, sul piano sostanziale, dal diritto di colui che ha subito l'espropriazione, → nell'acquisto a titolo originario, il diritto acquistato è autonomo, sul piano sostanziale, dal diritto di colui che ha subito l'espropriazione. Pertanto se colui che ha subito l'espropriazione non era effettivamente titolare del diritto pignorato, l'acquirente in vendita forzata non acquista niente in pregiudizio del terzo estraneo, effettivo titolare del diritto sul bene pignorato. La vendita forzata non pregiudica il terzo vero proprietario, proprio perchè l’acquisto è a titolo derivativo. Infatti, la vendita forzata fa acquistare all’aggiudicatario i diritti che spettavano a colui che ha subito l’espropriazione, se tali diritti spettavano in realtà ad un terzo, l’aggiudicatario non acquista nulla e la vendita non toglie nulla al terzo. 133.- Effetti del pignoramento art. 2919 c.c. L'ultima parte dell'art. 2919 c.c. stabilisce che non sono opponibili all'acquirente in vendita forzata, i diritti dei terzi che non sono opponibili al creditore pignorante. Ciò significa che l'acquisto in vendita forzata, è sì un acquisto a titolo derivativo, però ciò che acquista l'aggiudicatario è quello che colui che ha subito l'espropriazione aveva non al momento della vendita, ma al momento del pignoramento. Gli effetti del pignoramento hanno la funzione di conservare il diritto in vista della vendita forzata, hanno cioè la funzione di rendere inopponibili gli atti di disposizione compiuti dopo il pignoramento. Tali atti di disposizione, quindi, in quanto opponibili al creditore precedente, sono inopponibili anche all’acquirente in vendita forzata. 134.- Creditori intervenuti L'ultimo comma dell'articolo, non richiama solo le regole che determinano l’inopponibilità dei diritti dei terzi al creditore pignorante, ma parla anche dei “creditori intervenuti nell'esecuzione”. Vi dovrebbe essere, allora, un meccanismo di protezione del creditore intervenuto che gli renda inopponibili gli atti di disposizione dell'esecutato in misura diversa e maggiore di quanto faccia il pignoramento, altrimenti sarebbe confronti dell’aggiudicatario in buona fede, il cui acquisto, proprio perchè a titolo originario, è inattaccabile anche se il bene non apparteneva a colui che ha subito l’espropriazione (art. 1153 c.c.) (es. pag. 169) Il terzo deve dimostrare la mala fede dell’acquirente, e quindi dimostrare che l’aggiudicatario sapeva che il bene non era dell’esecutato, ma del terzo stesso. Una volta dimostrato che, a causa della carenza di buona fede, non si è completata la fattispecie dell'art. 1153 c.c., l'acquisto in vendita forzata è qualificabile come acquisto a titolo derivativo, anziché come acquisto a titolo originario e torna così applicabile la regola generale dell'art. 2919 c.c., in virtù della quale l'acquirente in vendita forzata acquista solo i diritti che sulla cosa spettavano a colui che ha subito l'espropriazione: il terzo può così ottenere la restituzione del bene dall'aggiudicatario. 143. Risarcimento danni 144.- Indebito arricchimento Oltre al diritto sulla somma ricavata, vi sono altre 2 possibilità a favore del terzo che ha perso il proprio diritto perchè si è realizzato un acquisto a titolo originario a favore dell'aggiudicatario: 1) la prova della mala fede del creditore procedente, il quale ha proseguito l'esecuzione nonostante sapesse che il bene pignorato non apparteneva all'esecutato (prova difficile, ma se il terzo lo dimostra può ottenere il risarcimento danni). Ipotesi, nella quale si riscontra una divergenza fra la legittimità processuale e la leicità sostanziale: il creditore che chiede la vendita di un bene che egli sa non essere dell’esecutato, tiene un comportamento che è lecito sul piano processuale, se il pignoramento si è perfezionato nel rispetto della norma art. 1153 c.c.; ma, illecito sul piano sostanziale. . 2) l’arricchimento senza causa nei confronti del debitore esecutato, con scarsa soddisfazione pratica se l'esecutato non ha altri beni sui quali il terzo ex proprietario possa soddisfare il suo credito. Questa seconda possibilità si fonda sulla considerazione che il debitore abbia pagato debiti suoi con beni di altri. Il terzo proprietario non può ripetere dai creditori la somma distribuita, pertanto essi si tengono la somma, con la quale viene estinto il credito che avevano nei confronti dell'esecutato per la parte corrispondente alla somma ricevuta: quindi l'esecutato si arricchisce a spese del terzo ex proprietario, perchè si libera dei propri debiti a spese altrui. 145.- Assegnazione Nell'ipotesi in cui il bene è assegnato, invece che venduto, la soluzione non cambia, perchè anche il provvedimento di assegnazione costituisce un titolo astrattamente idoneo al trasferimento della proprietà. L'art. 2926 contiene tuttavia una disposizione particolare: i terzi che avevano la proprietà del bene mobile assegnato possono, entro 60 gg dall’assegnazione, rivolgersi all’assegnatario, che ha ricevuto in buona fede il possesso del bene, per farsi dare da costui la somma che egli si è trattenuto a soddisfazione totale o parziale del suo credito. Il terzo ex proprietario non può chiedere all'assegnatario la restituzione del bene, perchè a favore dell'assegnatario si è creato un titolo di acquisto a titolo originario, però può chiedere che l'assegnatario gli paghi la somma corrispondente al credito soddisfatto con l'assegnazione. Versando la somma in questione, l’assegnatario torna creditore del debitore, perchè il suo credito non è più soddisfatto. 146.- Prevalenza del terzo proprietario Quando l'acquisto è a titolo derivativo soccombente è l'aggiudicatario, perchè niente ha acquistato da chi (l’esecutato) niente aveva → prevalenza del terzo proprietario. L'art. 2921 da una maggiore tutela all’aggiudicatario rispetto a quella che l'art. 2920 da al terzo che perde la proprietà in seguito alla vendita forzata, infatti : → ex art. 2920 = il terzo ex proprietario può solo soddisfarsi sulla somma ricavata dalla vendita finchè questa non è stata distribuita; → l'art. 2921 c.c. = da all'aggiudicatario il diritto non solo di farsi consegnare il ricavato della vendita, ma se questo è già stato distribuito, può rivolgersi ai creditori, per ripetere da ciascuno di essi la somma corrispondente a quella assegnata in sede di distribuzione del ricavato. 147.- Vendita forzata e vendita di diritto comune art. 2922 c.c. Esistono alcune differenze tra vendita forzata e vendita di diritto comune: → “nella vendita forzata non ha luogo la garanzia per i vizi della cosa” (1° co); quindi, colui che acquista il bene lo acquista nello stato di fatto in cui si trova; → inoltre, “essa non può essere impugnata per causa di lesione”, cioè non ci può essere la rescissione per lesione. In verità, la norma non è necessaria, perchè la rescissione presuppone lo stato di bisogno di una delle parti, del quale l'altra ha approfittato per trarne vantaggio; la vendita forzata, che ha luogo attraverso l'esecuzione, non può costituire approfittamento. → e poi, nel caso di vendita forzata, si ha l'estinzione dei diritti reali di garanzia sui beni oggetto della vendita, mentre la vendita di diritto comune, non ci è l’effetto estintivo, anzi il titolare del diritto può perseguire il bene presso qualunque successivo acquirente. 148.- Nullità del processo esecutivo art. 2929 c.c. In merito alla nullità degli atti esecutivi, la norma stabilisce se e quando colui che ha subito l’espropriazione può chiedere all’aggiudicatario la restituzione del bene: qui abbiamo un conflitto non fra 2 terzi (aggiudicatario e proprietario), bensì fra l’esecutato e l’acquirente. 149.- Posizione dei creditori In caso di nullità del processo esecutivo, i creditori non sono tenuti a restituire quanto hanno ricevuto, per effetto dell’esecuzione. Pertanto l’esecutato non può agire in ripetizione nei confronti dei creditori intervenuti, allegando la nullità del processo esecutivo. 150.- Posizione dell’aggiudicatario Per quanto riguarda, invece, i rapporti tra esecutato ed aggiudicatario- acquirente in vendita forzata, la nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita o l’assegnazione, non ha effetto nei confronti dell’aggiudicatario. Quindi, non vi è possibilità che residuino atti nulli del processo esecutivo, nella fase anteriore alla vendita. Nell’udienza fissata per determinare le modalità di vendita o di assegnazione, occorre che siano fatte valere tutte le nullità degli atti esecutivi verificatesi fino a quel momento. Se sono fatte valere, il giudice non può disporre la vendita fino a che la controversia non sia risolta. La nullità, peraltro, devono essere fatte valere all’interno del processo esecutivo, con l’opposizione agli atti esecutivi; occorre fare applicazione del principio dell’onere dell’impugnazione. 151.- Collusione con il creditore precedente A tale regola si fa eccezione nel caso in cui l’acquirente abbia colluso col creditore procedente, approfittando della nullità per rendersi acquirente. In questo caso, però, l'esecutato deve essere venuto a conoscenza della collusione dopo la chiusura del processo esecutivo, perchè altrimenti avrebbe dovuto proporre l'opposizione agli atti esecutivi: qui si configura una sorta di impugnazione straordinaria della vendita forzata. 152.- Irrilevanza del diritto di procedere a esecuzione forzata La contestazione del diritto di procedere ad esecuzione forzata da parte del debitore, si fa valere con l'opposizione all'esecuzione, che da luogo ad una sospensione facoltativa del processo esecutivo. Non c'è un momento di raccordo (come quello previsto dagli art. 530 e 569 c.p.c.), che impongono al giudice, di risolvere le questioni, attinenti alla sussistenza del diritto di procedere ad esecuzione forzata, prima di procedere alla vendita. Ed è naturale che sia così, perchè non esiste alcune pregiudizialità fra il diritto di procedere ad esecuzione forzata ed i risultati dell'esecuzione stessa. Se il processo di espropriazione è immune da vizi, il suo risultato è la trasformazione del diritto su un bene, in una somma di denaro, che è istituzionalmente equivalente al diritto trasferito con l’aggiudicazione. Per cui, il debitore esecutato non ha alcun motivo di chiedere all’aggiudicatario la restituzione del bene, perchè egli ha la possibilità di farsi consegnare il ricavato, che è l’esatto equivalente del valore del bene. Quindi, le nullità del processo esecutivo sono più gravi della mancanza del diritto di procedere ad esecuzione forzata, che non impedisce al processo esecutivo di operare una corretta trasformazione del diritto sul bene in una somma di denaro: insomma, la trasformazione magari è ingiusta, ma è certamente attendibile perchè operata da un processo valido. Invece le nullità del processo esecutivo fanno sì che la trasformazione sia inattendibile, perchè la trasformazione è operata da un meccanismo (il processo esecutivo) viziato. Ecco perchè l'art. 2929 c.c. non fa riferimento alla carenza del diritto di procedere ad esecuzione forzata, perchè la sussistenza di tale diritto non è presupposto per il corretto operare del processo esecutivo. 17.- DISTRIBUZIONE DEL RICAVATO artt. 509-512 e 541-542 c.p.c. 1.- Somma da distribuire → 3° Fase: Conclusa la fase della conversione, si prosegue verso la conclusione del procedimento esecutivo: la distribuzione del ricavato tra i creditori: il diritto del debitore, oggetto del pignoramento, è liquidato. Questa fase non ha luogo quando non sia stato possibile procedere alla realizzazione del diritto pignorato o quando è stato assegnato a un creditore senza che costui abbia versato un conguaglio. 2.- Ordine di distribuzione L’art. 509 stabilisce che la somma oggetto della distribuzione è composta da quanto proviene a titolo di prezzo o di conguaglio, rendita o provento di cose sostituente e sostituito si procede comunque con il riparto, e con questo si stabilisce la somma che spetta al sostituto, poi, si stabilisce a chi deve andare quella somma. 158.- Effetti della distribuzione 158.- Stabilità della distribuzione Per quanto riguarda gli effetti della distribuzione del ricavato, il provvedimento con cui il giudice distribuisce il ricavato è un atto del processo esecutivo e come tale ha la stabilità degli atti del processo esecutivo: la nullità deve essere fatta valere con l’opposizione agli atti esecutivi. A questo punto occorre esaminare se e quale stabilità abbia la distribuzione del ricavato. Di fronte all'inattività di colui che è obbligato secondo il titolo esecutivo ad adempiere, c'è l'attività giurisdizionale sostitutiva, che ha la sola funzione di sostituire un adempimento. L’accertamento dell’adempimento dovuto sul piano del diritto sostanziale è un quid pluris estraneo ed esterno alla funzione dell’esecuzione forzata (è un problema, proprio, del processo di cognizione). Quindi dare alla distribuzione del ricavato una stabilità sostanziale preclusiva, significa dare all’esecuzione forzata un effetto eccedente la sua funzione. All'inattività dell'esecutato, che non ha contestato il piano di riparto, non può essere attribuita un'efficacia maggiore di quella che ha l'attività spontanea con cui lo stesso esecutato, fuori dell'esecuzione e sul piano del diritto sostanziale, adempie il suo obbligo. Non può essere vista nell'inattività del debitore, una forma di accettazione tacita del piano di riparto, perchè l'adempimento spontaneo non ha alcun effetto preclusivo della ripetizione dell'indebito e se tale effetto non consegue ad un comportamento attivo, quale quello dell'adempimento spontaneo, tanto meno può conseguire ad un comportamento omissivo, quale quello della mancata contestazione del piano di riparto. L’esecutato, dunque, terminata la distribuzione può metterne in discussione il risultato, assumendo e dimostrando che l’effetto prodotto dal processo esecutivo non è conforme al diritto sostanziale. Il creditore non può contestare, fuori dal processo esecutivo, l'ordine nel quale è stata effettuata la distribuzione del ricavato, per una ragione che si fonda esclusivamente sul diritto sostanziale: infatti, mentre il diritto sostanziale da rilevanza ai rapporti fra creditore e debitore anche dopo l'adempimento, al contrario fra creditori dello stesso debitore, sul piano sostanziale, non vi è alcuna relazione diretta giuridicamente rilevante. Il “rango” dei rispettivi crediti diviene rilevante solo al momento della distribuzione del ricavato. Una volta che il credito è stato pagato, non vi è alcuna possibilità giuridica per un creditore di far valere, nei confronti di un altro creditore, ragioni che attengono al rango del proprio credito. 160.- Controversie in sede di distribuzione art. 512 c.p.c. La distribuzione del ricavato può essere l’occasione perchè nascano controversie che riguardano il piano di riparto. Dobbiamo analizzare come sono risolte le controversie in sede di distribuzione del ricavato, tenendo presente le novità introdotte dalla riforma del 2006: → in precedenza se sorgeva una controversia in materia, questa veniva risolta attraverso un ordinario processo di cognizione, incidentale al processo esecutivo; in conseguenza di ciò, la sentenza che decideva la controversia formava giudicato ad ogni effetto in ordine all'esistenza ed ammontare del credito; → Dopo la riforma, invece (nuovo testo art. 512 c.p.c.) si stabilisce che, sorta la controversia, “il giudice dell’esecuzione sentite le parti e compiuti necessari accertamenti, provvede con ordinanza”, la quale è impugnabile con l’opposizione agli atti esecutivi; dunque tali controversie solo risolte in sede di processo esecutivo, con effetti limitati a quest'ultimo (nel senso che glie effetti della risoluzione della controversia distributiva sono quelli propri dell'esecuzione forzata). Il legislatore ha volutamente previsto che le controversie in sede di distribuzione, non diano necessariamente luogo ad un processo di cognizione incidentale, ma possano restare confinate all’interno del processo esecutivo, con effetti limitati a quest’ultimo; intendendo che gli effetti della risoluzione della controversia distributivi sono quelli propri dell’esecuzione forzata, cioè produrre la soddisfazione del diritto e, non anche quelli di accertare che tale soddisfazione sia secondum ius. L'attività che svolge il giudice dell'esecuzione non è finalizzata ad accertare se esiste o meno il credito, ma solo a distribuire il ricavato. Il debitore esecutato potrà agire in ripetizione dell'indebito vuoi che abbia, vuoi che non abbia sollevato contestazioni avverso il piano di riparto. In sostanza, in passato il debitore poteva scegliere: o tacere, facendo così soddisfare il creditore ed agire poi in ripetizione dell'indebito, oppure cercare di impedire la soddisfazione del creditore, ma per fare cià occorreva dal luogo ad un processo dichiarativo. Naturalmente, se la sua contestazione era rigettata si formava giudicato sull'esistenza del credito e ciò gli impediva di agire successivamente in ripetizione dell'indebito. Ora, invece la contestazione in sede distributiva ha come scopo esclusivamente quello di impedire la soddisfazione del creditore. Sicché, avendo l'accoglimento della contestazione l'unico risultato di non far avere il denaro al creditore, il suo rigetto ha come unico risultato quello di vedere il creditore soddisfatto. Quelle appena viste sono le conseguenze nei rapporti fra debitore e creditore. Nei confronti dei creditori, invece, abbiamo già visto come al di fuori del processo esecutivo, il diritto sostanziale non dà rilevanza all’ordine di soddisfazione dei creditori: infatti, il creditore insoddisfatto, avente prelazione poziore, non può pretendere alcunchè da un altro creditore soddisfatto, ma con prelazione minore. Il rango dei rispettivi crediti può formare oggetto di controversia tra creditori solo al momento della distribuzione, infatti a processo esecutivo concluso, un creditore non può contestare nei confronti di un altro creditore il risultato della distribuzione. 161.- Contestazioni del debitore In materia di contestazioni del debitore, possiamo dire che, applicando la regola dell'interesse ad agire, ricaviamo che il debitore può sicuramente contestare la sussistenza e l'ammontare dei crediti di tutti i creditori, compreso il procedente, perchè il debitore non solo ha diritto a non pagare i debiti che non esistono o che non esistono per quel certo ammontare, ma ha anche tutto l'interesse a che il ricavato vada ad estinguere solo i crediti effettivamente esistenti. Il debitore non può contestare l'esistenza delle ragioni di prelazione, perchè non ricaverebbe alcun beneficio dall'accoglimento della contestazione, perchè le ragioni di prelazione non sono cosa che riguarda il debitore; esse regolano i rapporti dei creditori tra di loro, non dei creditori con il debitore, che rispetto alle ragioni di prelazione è terzo. 162.- Contestazione dei creditori Le ragioni di prelazione possono essere contestate da un creditore nei confronti dell’altro creditore, perchè esse operano nei rapporti fra di loro. Ovviamente, l'accoglimento della contestazione deve essere per il creditore contestante concretamente utile, ne deve derivare per lui un vantaggio concreto (al contrario del debitore, il quale ha interesse alla contestazione anche se dall'accoglimento della stessa non ne deriva un residuo), altrimenti manca l'interesse ad agire. Le contestazioni che possono sollevare i creditori, nei confronti degli altri creditori, possono riguardare: → le ragioni di prelazione di un creditore posto anteriormente o allo stesso livello del creditore contestante; → l’ ammontare dei crediti degli altri creditori e la sussistenza di essi. → frode, nullità o simulazione di atti tra creditore contestato e debitore: in questo caso agisce iure proprio ed è svincolato da quegli atti. 163.- Onere della prova ex art. 512 c.p.c. Nelle controversie, il creditore contestato assume il ruolo di colui che afferma il suo diritto; mentre colui che contesta nega tale esistenza. Questo è importante, perchè serve per l’applicazione della regola sull’onere della prova: spetta, infatti, → al creditore contestato provare i fatti costitutivi del diritto vantato, → mentre il contestante deve dimostrare i fatti modificativi, impeditivi, ed estintivi di quel diritto. Questo, perchè quando si giunge alla distribuzione del ricavato, a favore del creditore sussiste già un qualche atto che ha efficacia di accertamento, quindi il creditore ha già assolto all’onere di dimostrare l’esistenza dei fatti costitutivi del suo diritto. E’ chiaro che ciascun tipo di atto, che il creditore utilizza per provare l’esistenza del suo diritto, ha un regime diverso relativamente ai motivi che consentono la contestazione: Ad es.: - se si tratta di una cambiale, in quanto scrittura privata = il debitore può limitarsi a disconoscere la sottoscrizione; e il creditore deve dimostrare l’autenticità della sottoscrizione; - se, si tratta di un atto notarile, quindi atto pubblico, il debitore non può negare di averlo firmato e il debitore deve smontare l’efficacia del’atto pubblico con la querela di falso. 164.- Difese del creditore contestante Un punto delicato riguarda l'efficacia, nei confronti del creditore contestante, di quando oggetto della con-titolarità sono beni fungibili: con un bene fungibile (Es.una somma di denaro) diventa possibile la divisione dello stesso attraverso operazioni materiali, che vengono compiute all'interno del processo esecutivo. Dopo la separazione in natura, ciascun comproprietario si prende la parte che gli spetta e la parte dell'esecutato viene liquidata. 173.- Vendita della quota indivisa Se, invece la separazione in natura non è possibile, perchè la con-titolarità ha ad oggetto beni infungibile, o nessuno chiede la separazione, il giudice se ritiene più fruttuosa la vendita della quota indivisa, dispone la vendita nelle varie forme previste a seconda che si tratti di mobili o immobili, e l’aggiudicatario subentra al posto dell’esecutato nella contitolarità del diritto. Se, invece, ritiene che la vendita sia infruttuosa può disporre la divisione giudiziale del bene, in relazione alla quale competente per materia lo stesso giudice dell’esecuzione (art. 181 disp.att.) 174.- Divisione La divisione giudiziale, si opera con un processo di cognizione, nel litisconsorzio necessario di tutti i condividenti e del creditore pignorante. Naturalmente, il processo divisionale può essere sostituito da un accordo negoziale, al quale deve partecipare anche il creditore pignorante. Ovviamente, è divisibile il bene che, una volta separato in quote reali, non perde la funzione alla quale è destinato. 175.- Separazione e divisione in natura art. 1114 c.c. La divisione si opera preferibilmente in natura: ciascuno dei contitolari ha diritto se possibile ad avere una parte del bene in proprietà esclusiva; ciò, naturalmente, presuppone che il bene sia divisibile. Occorre quindi tener ben presente la distinzione tra separazione in natura e divisione in natura: → la separazione in natura è tipica dei beni fungibili ed indica quella particolare modalità di realizzazione della divisione, consistente in operazioni di misurazione e di separazione materiale del bene in tante parti corrispondenti alle quote; → la divisione in natura, invece, è pur sempre una divisione che avviene attraverso operazioni non materiali, ma giuridiche: individuazione e stima dei beni, formazione di lotti che debbono essere omogenei. Se, invece, un bene è indivisibile e un condividente ne chiede l'assegnazione, il bene è assegnato a chi l'ha richiesto. Se più ne richiedono l'assegnazione si procede all'estrazione a sorte di colui al quale sarà attribuito l'intero bene; in ogni caso l'assegnatario paga agli altri condividenti il controvalore delle loro quote. Se nessuno ne chiede l'assegnazione il bene è venduto all'asta e il ricavato è diviso secondo le rispettive quote. 176.- Sospensione del processo esecutivo Durante il processo di divisione del bene, il processo esecutivo è sospeso automaticamente dal momento in cui è proposta la domanda di divisione fino al momento in cui non sia intervenuto un accordo fra le parti oppure venga emessa una sentenza di 1° grado passata in giudicato oppure una sentenza di appello (art. 627 c.p.c. al quale l’art. 601 c.p.c. rinvia). 177.- Comunione legale fra coniugi All’espropriazione forzata dei beni appartenenti ad una comunione legale fra coniugi, non si applicano gli artt. 599 ss. c.p.c. La comunione legale, infatti, è una comunione senza quote: i coniugi sono solidalmente titolari di tutti gli elementi attivi della comunione ed, inoltre, nessun estraneo è ammesso a partecipare alla comunione. Pertanto, nessun problema pone l’espropriazione forzata dei beni appartenenti alla comunione legale fra coniugi: se del credito rispondono i beni della comunione, potrà essere espropriata l’intera proprietà di ciascun bene. Se, invece, il credito è personale di uno dei coniugi e i beni della comunione rispondono sussidiariamente fino al valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato, il creditore potrà ugualmente espropriare la piena proprietà di ciascun bene. L’altro coniuge potrà, eventualmente, opporre che l valore del bene pignorato supera la metà del valore della comunione e, in questo caso, il ricavato che eccede la metà del valore della comunione legale, sarà consegnato all’altro coniuge. 19.- ESPROPRIAZIONE CONTRO IL TERZO PROPRIETARIO 178.- Presupposti art. 602 c.p.c. Espropriazione contro il terzo proprietario è prevista per due ipotesi: → quando il bene è gravato da pegno o ipoteca per un debito altrui; → e, quando si tratta di un bene, la cui alienazione da parte del debitore è stata revocata per frode. 179.- Terzo acquirente art. 2808 I e II c.c. 181.- Scissione fra debito e responsabilità L’ipotesi di bene gravato da pegno o ipoteca per un debito altrui, può verificarsi per 2 fattispecie diverse: → 1° ipotesi: il debitore concede ipoteca o pegno su un bene che fa parte del suo patrimonio, e successivamente lo aliena ad un terzo → l’ipoteca attribuisce al creditore il diritto di espropriazione anche nei confronti del terzo che acquista i beni vincolati, a garanzia del suo credito. Quindi l’ipoteca dà il diritto di sequela: il creditore ipotecario può espropriare il bene anche se si trova nel patrimonio di un terzo, non obbligato sul piano del diritto sostanziale. In questa ipotesi, inizialmente non c’è scissione tra debito e responsabilità, (infatti l’atto di concessione dell’ipoteca proviene dal debitore e, per il momento, ha il solo effetto di fornire al creditore un diritto di prelazione rispetto agli altri creditori); solo in un momento successivo , con l’alienazione del bene, si viene a creare la scissione. . La scissione fra debito e responsabilità, ha senso soltanto quando il terzo debitore risponde dell’adempimento dell’altrui obbligazione, non con tutto i suoi beni, ma solo con alcuni beni individuati. Se, invece, il terzo garantisce l’adempimento dell’obbligo altrui con tutto il suo patrimonio, siamo sul terreno della garanzia personale art. 2740 c.c. Il terzo datore di pegno o garanzia e il terzo acquirente, non sono personalmente obbligati: non sono tenuti ad adempiere, ma semplicemente a sopportare che l’espropriazione si svolga sul loro bene. Quando vi è scissione fra debito e responsabilità, il creditore non può procedere all’espropriazione nei confronti del debitore, che non è titolare del diritto sul bene, ma deve procedere ad espropriazione nei confronti del terzo, che vanta sul bene ipotecato un diritto di piena proprietà, di nuda proprietà, di superficie o enfiteusi. Quindi il terzo proprietario deve partecipare al processo di espropriazione nella qualità di esecutore, in quanto è contro di lui che si deve formare il titolo di trafserimento nella vendita forzata. 180.- Terzo datore 182.- Inefficacia delle alienazioni → 2° ipotesi: lo stesso fenomeno si può avere nell’ipotesi del terzo datore di pegno o di ipoteca → l’ipoteca può essere concessa ad un terzo a garanzia di un debito altrui. In questa ipotesi, la scissione fra il debito e la responsabilità, sussiste fin dall'inizio, essendo fin dall'inizio il terzo datore un soggetto che, sul piano sostanziale, non è obbligato. . Questa seconda ipotesi di espropriazione contro il terzo proprietario, riguarda i casi in cui il creditore ha ottenuto una sentenza che dichiara inefficaci gli atti di alienazione del debitore, in quanto compiuti in suo pregiudizio. Il riferimento è l’azione revocatoria e tutte le altre ipotesi simili (art. 2901 c.c. = es. revocatoria fallimentare es art. 67 F.F., creditori che impugnano la rinuncia all’eredità fatta dal loro debitore ex art. 524 c.c., ecc.) In tutti questi casi si ha una situazione simile a quella che si ha in seguito all’alienazione del bene oggetto di pegno o ipoteca: il terzo acquirente in base all’atto revocato continua ad essere proprietario del bene nei confronti di tutti, anche nei confronti del creditore, ma è soggetto al potere espropriativo di costui. Nell’art. 602 c.p.c., il legislatore stabilisce che il creditore, ottenuta la dichiarazione di inefficacia, può promuovere nei confronti del terzo acquirente le azioni esecutive sui beni che formano oggetto dell’atto impugnato. Ciò significa che, l’accoglimento dell’azione revocatoria produce, non un “rientro” del bene nel patrimonio del debitore alienante, così che il creditore possa procedere all’esecuzione contro quest’ultimo, ma la possibilità per il creditore di procedere all’espropriazione contro il terzo acquirente, nonostante che costui non sia debitore. Invece, di dare al creditore un’arma che colpisce solo il patrimonio del debitore, il legislatore ha fornito il creditore di un’arma che colpisce anche il patrimonio del terzo: ha dato, quindi, un potere di espropriazione nei confronti del terzo non debitore. Il terzo acquirente in virtù di un atto revocato a tutti gli effetti non è debitore, perché, sul piano sostanziale, non deve nulla al creditore; deve soltanto subire l’espropriazione che va ad incidere sul suo patrimonio. La quale espropriazione crea, tramite la vendita, un titolo di acquisto tra l’acquirente in vendita forzata e il soggetto che ha acquistato il bene con un atto revocato (art. 2901 c.c.). 183.- Strumenti per evitare l’espropriazione Vediamo come si svolge il processo esecutivo contro il terzo proprietario. L’art. 603 c.p.c. stabilisce che “titolo esecutivo e precetto” devono essere notificati al terzo, ma, ovviamente al terzo non è fatto precetto di pagare, perchè egli non è debitore. esecutato, e può, con l’opposizione all’esecuzione, far valere sempre, le difese personali e quelle ex causa debitoris fonsate su fatti successivi all’udienza di precisazione delle conclusioni. Se, poi, egli ha trascritto il suo atto di acquisto prima della proposizione della domanda del creditore verso il debitore, può procedere anche le difese ewx causa debitoris fondate su fatti antecedenti l’udienza di precisazione delle condizioni. 190.- Terzo datore Il terzo datore è colui che concede ipoteca sul bene proprio a garanzia del debito altrui (ex art. 2870 c.c.). Il terzo datore non è mai vincolato dalla sentenza, se non è stato chiamato a partecipare al processo di condanna del debitore. Il terzo datore è già proprietario, quando è proposta la domanda rivolta a ottenere la condanna del debitore (= terzo proprietario che ha trascritto il suo titolo d’acquisto prima della proposizione della domanda di condanna del debitore) 191.- Titolo esecutivo stragiudiziale Fin qui abbiamo esaminato problemi che riguardano l’ipotesi in cui, nell’esecuzione contro il terzo proprietario, si utilizzi un titolo esecutivo giudiziale ottenuto dal creditore verso il debitore. Ma, può accadere che il creditore utilizzi contro il terzo proprietario un titolo esecutivo stragiudiziale, come la cambiale ipotecaria o l’atto notarile. In questo caso, nell’opposizione all’esecuzione proposta dal terzo proprietario, l’atto stragiudiziale ha efficacia preclusiva sua propria, secondo le regole del diritto sostanziale. 20.- L'ESECUZIONE IN FORMA SPECIFICA 192.- Esecuzione in forma specifica Terminato l’esame dell’espropriazione forzata, dobbiamo analizzare dobbiamo ora analizzare l’esecuzione in forma specifica, che si distinguono in: - obblighi di consegna (se bene mobile) o di rilascio (se bene immobile) di una cosa determinata; - ed esecuzione di obblighi di fare/non fare. - Queste 2 tecniche di tutela sono anche denominate come: esecuzione forzata in forma specifica. 193.- Tutela in forma specifica 194.- Tutela per equivalente La tutela in forma specifica si contrappone alla tutela per equivalente e pone un problema esclusivamente di diritto sostanziale. → tutela per equivalente: posto un illecito, che lede un interesse protetto,bisogna chiedersi se questo illecito porta, sul piano sostanziale, all’estinzione del diritto leso e alla nascita, in sua sostituzione, di un credito avente ad oggetto il risarcimento del danno subito (es. n.1 pag. 215); → tutela in forma specifica: se l’illecito non estingue il diritto leso, ma lo fa permanere integro e fa sorgere obblighi strumentali diretti ad eliminare la lesione (es. n. 2 pag. 215). . La scelta fra tutela specifica e tutela per equivalente, spetta al legislatore sostanziale. Alcune volte si tratta di scelta obbligata: se il bene è definitivamente distrutto o compresso; ovvio che la tutela in forma specifica non è possibile, perchè non c’è più l’interesse sostanziale da tutelare. Altre volte, il legislatore sceglie o l’una o l’altra forma di tutela, sulla base di valutazioni di opportunità (es. pag. 216). La distinzione fra tutela per equivalente e tutela in forma specifica, appartiene al diritto sostanziale; al momento della tutela esecutiva, ciò che conta è il tipo di obbligo inadempiuto, ed è irrilevante che il credito inadempiuto abbia natura risarcitoria o meno. 195.- Espropriazione ed esecuzione in forma specifica Analizziamo la differenza fra l'espropriazione e l'esecuzione in forma specifica. → 1) Nell'esecuzione per espropriazione i diritti in gioco sono due: a) il diritto di credito, di cui si chiede la tutela esecutiva e che è potenzialmente destinato ad essere soddisfatto con la distribuzione del ricavato, b) il diritto patrimoniale del debitore, che è oggetto del pignoramento e poi della vendita. → 2) Nell'esecuzione in forma specifica il diritto in gioco è uno soltanto, cioè quello individuato nel titolo esecutivo, e del quale si chiede la tutela giurisdizionale esecutiva. 196.- Diritti tutelabili Per quanto riguarda i diritti tutelabili attraverso l'esecuzione in forma specifica, una parte della dottrina prevede che sono sottoposti ad essa solo gli obblighi correlati ai diritti assoluti, in quanto i diritti relativi, avendo natura obbligatoria, danno luogo, in caso di inadempimento delle obbligazioni loro contrapposte, al risarcimento del danno e non possono fondare un'esecuzione in forma specifica. 197.- Situazioni strumentali e finali La dottrina in esame, opera una contrapposizione fra: → e situazione finale, è il diritto del titolare, che è soddisfatto attraverso l’esercizio dei poteri che l’ordinamento gli attribuisce ed a fronte di questi diritti, sta, per la collettività, il dovere di astenersi dal turbare l’attività del titolare del diritto; → situazione strumentale, è il diritto del titolare, che è soddisfatto quando gli obblighi correlati a tale situazione, vengono adempiuti dal soggetto obbligato. Ovviamente, il problema si pone, non a diritti che hanno per oggetto il pagamento di somme di denaro, ma in relazione a diritti, relativi ad un bene determinato, che hanno natura reale, ancorchè obbligatoria (locazione, comodato, ecc.). Determinante, per stabilire il tipo di tutela esecutiva, è la struttura dell'obbligo che rimane inadempiuto e non quella del diritto a tale obbligo contrapposto. Poiché l'ufficio esecutivo deve sostituire con il proprio comportamento l'inattività dell'obbligato, è evidentemente il contenuto dell'obbligo (pagare, consegnare un bene, ecc.) e non il contenuto del diritto ad esso correlato, che determina il diverso tipo di tutela esecutiva. 198.- Tutelabilità dei diritti relativi L’elemento che distingue i diritti assoluti (diritto: di proprietà, della personalità, su beni immateriali = diritti reali) da quelli relativi (diritto del creditore di ottenere la prestazione dal debitore), non è la struttura degli stessi, ma le vicende costitutive e estintive di tali diritti, e, soprattutto l’opponibilità di essi ai terzi. Dobbiamo precisare però che sono diverse le condizioni di esistenza e di persistenza dei diritti assoluti e dei diritti relativi; ma fintanto che il diritto esiste non c'è alcuna differenza di struttura fra le due situazioni sostanziali, che consenta di distinguerle per ciò che attiene alla tutelabilità. Infatti anche i diritti relativi che hanno ad oggetto beni individuati possono essere sottoposti ad esecuzione in forma specifica, avendo la stessa struttura dei diritti assoluti. Pertanto tutti gli obblighi aventi per oggetto una cosa determinata sono suscettibili di tutela esecutiva in forma specifica, qualunque sia la situazione sostanziale di cui tali obblighi fanno parte. La differenza fra le varie situazioni sostanziali può essere rilevante per stabilire se il diritto esiste, ma una volta stabilito che il diritto esiste non si può escluderne una tutela in forma specifica per ragioni strutturali. 199.- Diritti su quantità di cose indeterminate In relazione ai diritti su quantità di cose indeterminate, occorre distinguere: → Se oggetto di un contratto è una quantità di cose fungibili individuate, il trasferimento della proprietà avviene, comunque, al momento del consenso (art. 1377 c.c.). L'esecuzione in forma specifica è giuridicamente possibile in reazione all’obbligo di consegna che nasce dal contratto. I beni di cui l'acquirente ottiene la consegna sono già di sua proprietà e l'obbligato ne ha solo la detenzione materiale, quindi la tutela esecutiva serve per sottrargli la materiale disponibilità e non per ottenere la proprietà del bene che egli ha già perso al momento dello scambio del consenso. → Se, invece, il contratto ha ad oggetto il trasferimento di cose determinate solo nel genere, (es. consegna 10 litri di petrolio al mese), poiche il bene non è identificato, il trasferimento della proprietà avviene non al momento del consenso, ma con la specificazione, quando si separa dalla massa del genus la parte oggetto del contratto. Qui, l'esecuzione in forma specifica è ostacolata dal principio della par condicio creditorum (es. pag. 221-222) L’art. 2741 c.c., infatti, impedisce che un creditore si soddisfi “in natura” per intero, senza tener conto che il bene fa parte della garanzia patrimoniale che spetta a tutti i creditori. 200.- Necessità della tutela esecutiva Un altro problema relativo all'esecuzione in forma specifica riguarda la necessità di ricorrere alla tutela esecutiva per la soddisfazione del diritto. L'obbligo inadempiuto, che fonda l'esecuzione in forma specifica, può essere correlato al diritto di cui si chiede la tutela attraverso l'esecuzione stessa in due modi diversi: → 1°) l'avente diritto può sostituire all'attività dell'obbligato inadempiente, l'attività di un altro soggetto, attraverso l'esercizio di poteri di natura sostanziale, di cui è titolare l’avente diritto; → 2°) l'esecuzione forzata diventa necessaria solo quando il titolare del diritto non può autonomamente procurarsi, attraverso l'esercizio dei propri poteri sostanziali, l'utilità che doveva procurargli l'obbligato inadempiente; occorre quindi l'intervento dell'ufficio esecutivo. 201.- Esecuzione indiretta Accanto all'esecuzione diretta, volta ad ottenere dall'ufficio esecutivo la stessa utilità che si sarebbe ricevuta dall'adempimento spontaneo, esiste la figura L’esecuzione in forma specifica presenta alcune peculiarità. Uno degli effetti dell’espropriazione è la creazione di un titolo di acquisto fra l’esecutato e l’aggiudicatario. Se il bene è di proprietà di chi non è esecutato, questi non subisce alcun effetto dall’espropriazione, perchè il titolo d’acquisto si forma contro colui, al quale il creditore ha fatto acquisire la qualità di esecutato, dirigendo nei suoi confronti l’azione esecutiva. Nell’esecuzione per consegna o rilascio, si verifica un diverso fenomeno: se il bene era nella materiale disponibilità di un terzo, l’esecuzione produce effetti nei confronti di costui, e non nei confronti di colui al quale il creditore ha fatto acquisire la qualità di esecutato. Il terzo subisce al posto dell’esecutato gli effetti tipici dell’esecuzione: il terzo aveva la materiale disponibilità del bene, e la perde. L’esecutato, che non aveva la materiale disponibilità del bene, non riceve nessun efftto dall’esecuzione, perchè non può perdere ciò che non aveva, la detenzione corpore = la detenzione materiale del bene. 207.- Imputazione degli effetti Fra espropriazione ed esecuzione in forma specifica vi è una differenza fondamentale: → mentre la direzione degli effetti dell'espropriazione è soggettiva, perchè dipende dall'individuazione dell'esecutato da parte del procedente e gli effetti si verificano solo nella sfera giuridica del soggetto che il creditore procedente individua come esecutato, → nell'esecuzione in forma specifica la direzione degli effetti dell'esecuzione è oggettiva, gli effetti si producono non secondo la scelta del creditore, ma secondo l'effettiva situazione esistente. Nell'espropriazione il creditore deve individuare come parte esecutata il soggetto verso cui effettivamente si producono gli effetti dell’esecuzione, ed è quindi garantito il rispetto del diritto di difesa dei terzi, perchè gli effetti non si possono produrre nella sfera giuridica di soggetti diversi da quello prescelto dal creditore come esecutato. Al contrario, nell'esecuzione in forma specifica gli effetti si producono oggettivamente e il creditore deve individuare come parte esecutata il soggetto verso cui effettivamente si producono gli effetti dell'esecuzione. Quando il creditore intima precetto per la consegna o il rilascio, lod eve fare nei confronti di colui che in quel momento ha la detenzione corpore del bene. Se, poi, chi ha potere di fatto sul bene è esecutabile, l’esecuzione è processualmente lecita. Se colui, verso cui l’esecuzione produrrà i suoi effetti, non è soggetto all’efficacia del titolo esecutivo, l’esecuzione può essere da costui efficacemente ostacolata con opposizione all’esecuzione, in conseguenza dell’accoglimento della quale, occorrerà che il creditore si procuri un titolo esecutivo contro tale soggetto. Sia nel processo di cognizione, che nell'espropriazione, l'assunzione della qualità di destinatari degli effetti dei provvedimenti giurisdizionali è a posteriori rispetto all'assunzione della qualità di parte, assunzione che avviene tramite la domanda della parte istante. L’iter logico è il seguente: chi assume la qualità di parte, diviene destinatario degli effetti della misura giurisdizionali. Nell'esecuzione in forma specifica, il fenomeno è rovesciato: prima bisogna stabilire chi subirà in concreto gli effetti dell'esecuzione, poi lo si fa diventare parte esecutata, quindi l'essere destinatari degli effetti delle misure giurisdizionali è precedente rispetto all'assunzione della qualità di parte. 208.- Procedimento per consegna o rilascio ex art. 605 c.p.c. Il precetto deve contenere la descrizione del bene, che di per sé è già contenuta nel titolo esecutivo. Unico soggetto dell’ufficio esecutivo, necessariamente presente all’esecuzione per consegna o rilascio è l’ufficiale giudiziario: il giudice dell’esecuzione rimane inattivo finchè non è chiamato ad intervenire. 209.- Consegna ex art. 606 c.p.c. Per la consegna del bene mobile, l’ufficiale giudiziario ricerca il bene dove si trova. La norma ha la funzione di conferire all’ufficiale giudiziario il potere di ricercare il bene in tutti i luoghi, non solo nei luoghi appartenenti al debitore. 210.- Rilascio ex art. 608 c.p.c. Per il rilascio del bene immobile, almeno 10 gg. prima deve essere dato all’esecutato, il preavviso del giorno e dell’ora in cui avverrà l’immissione in possesso. Con la notifica del preavviso di rilascio, ha inizio l’esecuzione forzata. Poiché, dopo a notificazione del precetto, l’istante ha un termine di 90 gg per iniziare l’esecuzione, è sufficiente la notificazione del preavviso di rilascio per impedire la perenzione del precetto. L’ufficiale giudiziario ingiunge all’esecutato di astenersi dall’esercitare il potere di fatto e immette l’avente diritto nel possesso del bene: se l’esecutato non è presente bisogna notificargli l’atto di ingiunzione. L’ultimo frase dell’art. 608 II c.p.c., cioè “.....ingiungendo agli eventuali detentori di riconoscere il nuovo possessore”, presuppone che la detenzione corpore (materiale) del bene non sia attualmente dell’esecutato, ma di detentori che esercitano il potere di fatto in nome dell’esecutato. Ma, se l’avente diritto vuole anche la detenzione corpore del bene, situazione, quindi, incompatibile con quella dei terzi conduttori, non si applica quindi l’ultima parte dell’art. 608 2° co c.p.c., perchè il procedente vuole ottenere la detenzione corpore del bene estromettendone i detentori, e, quindi, deve agire esecutivamente contro di loro. L'art. 608 c.p.c. ultima parte, si applica quando il bene è in parte nella detenzione corpore dell'esecutato e in parte nella detenzione di terzi ( es. complesso industriale di cui fanno parte alloggi per dipendenti), l'esecuzione ha luogo contro l'obbligato secondo il titolo esecutivo per la parte del bene di cui egli ha la detenzione corpore e, in parte, avviene con l'ingiunzione al terzo debitore. Per la parte del bene sulla quale l'obbligato ha il potere di fatto si ha esecuzione per rilascio; per la parte di cui l'obbligato ha solo possesso formale si ha ingiunzione ai detentori per riconoscere il nuovo possessore. 211.- Mobili estranei all’esecuzione ex art. 609 c.p.c. 212.- Difficoltà Può essere che nell’immobile, oggetto di rilascio, vi siano dei beni mobili. Se i beni in questione, sono oggetto di consegna, nulla quaestio (nessun problema); se, invece, appartengono all’esecutato è previsto che all’avente diritto sia intimato di ritirare i beni. Se non li ritira, si procede come segue: → se i beni hanno un volore superiore alle spese, sono affidati ad un custode che li vende , con il ricavato paga le spese e, l’eventuale residuo va all’avente diritto sui beni; → se i beni hanno scarso valore, essi sono smaltiti o distrutti. . L’ufficiale giudiziario, se sorgono difficoltà nell’esecuzione, deve cavarsela da solo. Le parti possono interpellare il giudice dell’esecuzione solo per farlo intervenire nella determinazione di ciò che l’ufficiale giudiziario deve fare per proseguire l’esecuzione forzata. Lo strumento ha solo lo scopo di far superare l’ostacolo e, di non rallentare oppuere ostacolare l’esecuzione. 213.- Spese Le spese dell’esecuzione sono anticipate dalla parte istante e sono a carico dell’esecutato; esse sono liquidate dal giudice dell’esecuzione con decreto che è titolo esecutivo (art. 611 c.p.c.) Comprendono, oltre alle spese vive, anche i diritti e gli onorari dell’avvocato del creditore; questa è una novità introdotta dalla riforma del 2006: in precedenza, era prevista solo la liquidazione delle spese vive (esborsi) che avveniva previo provvedimento di ingiunzione. 22.- ESECUZIONE PER OBBLIGHI DI FARE Gli artt. 2931 e 2933 c.c. forniscono i profili generali dell’esecuzione per obblighi di fare. Ex art. 2933 II comma “non può essere ordinata la distruzione della cosa e l’avente diritto può conseguire solo il risarcimento dei danni, se la distruzione della cosa è di pregiudizio all’economia nazionale” Il titolo esecutivo che contiene la condanna alla distruzione del bene, ha già superato questo ostacolo, in quanto spetta al giudice valutare se la distruzione è di pregiudizio all’economia nazionale. 214.- Oggetto art. 612 c.p.c. Nonostante, di solito si parli di esecuzione di obblighi di fare o non fare, l’obbligo, originario o derivato, è sempre di fare: o, perchè non si è adempiuto un obbligo di fare (art. 2931 c.c.); oppure, perchè non è adempiuto un obbligo di disfare (art. 2933 c.c.) Anche qui, come nell’esecuzione per consegna o rilascio, l’attuazione della tutela esecutiva non modifica le situazioni sostanziali esistenti sul bene; titolarità e contenuto dei diritti e degli obblighi rimangono identiche prima e dopo l’esecuzione. La costruzione o la distruzione di un'opera costituisce il vero oggetto per obblighi di fare o di non fare (di disfare). 215.- Esecuzione della sentenza e attuazione del diritto art. 612 c.p.c. Nel c.p.c. attualmente vigente, sono eliminati tutti i riferimenti all’esecuzione forzata “delle sentenze e dei provvedimenti”. L’esecuzione forzata ha sempre per oggetto il diritto e non il provvedimento; si attua e si tutela, in via esecutiva, il diritto e non la sentenza. 216.- Titolo esecutivo art. 612 c.p.c. Per l’esecuzione degli obblighi di fare, si esige una sentenza come titolo esecutivo. 227.- Giurisdizione dichiarativa Fermo che ogni provvedimento, che costituisce esercizio di giurisdizione dichiarativa e che ha efficacia di titolo esecutivo, è corretto sostenere, che la misura esecutiva deve essere disposta dal giudice in sede di tutela cautelare. Per il legislatore del 2009, il provvedimento, pur avendo fondamento e funzione esecutiva, è concesso attraverso l’esercizio della giurisdizione dichiarativa. Per quanto riguarda il lodo, l’arbitro non può concedere la misura esecutiva, perchè questa ha funzione esecutiva, e gli arbitri non hanno poteri in materia. Inoltre, non si può, neanche, ipotizzare che le parti possano consensualmente attribuire agli arbitri la produzione di effetti, che le parti stesse non possono negozialmente realizzare. Diversa la soluzione per la tutela cautelare: il provvedimento cautelare può anticipare tutti gli effetti esecutivi della emanda pronuncia di merito, e dunque anche quelli previsti dall’art. 614 bis c.p.c. 228.- Criteri di determinazione 229.- Entità della sanzione La determinazione della somma avviene: → per ogni violazione o inosservanza successiva → per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento Per gli obblighi di fare: la sanzione è parametrata ad ogni frazione di tempo in cui si verifica il ritardo nell’adempimento. Per gli obblighi di non fare: la sanzione è parametrata ad ogni successivo episodio di violazione dell’obbligo all’estensione. . Per l’entità della sanzione, viene rimesso all’arbitro del giudice determinare la somma dovuta. E, poichè, la determinazione avviene in sede dichiarativa, le contestazioni circa la congruità del la somma determinata sono rimesse al giudice dell’impugnazione. Peraltro, la sanzione pecuniaria, ancorchè affidata al giudice della cognizione, costituisce una misura processuale e non una pronuncia di merito, quindi, il sindacato in sede di impugnazione è quello delle pronunce di rito e non di merito. 230.- Verifica della infungibilità 231.- Fattispecie escluse (ex art. 614 bis I co c.p.c) Una volta avanzata la richiesta della sanzione non può non essere accolta, salve alcune eccezioni. Il giudice deve, naturalmente, verificare che la condanna abbia ad oggetto un’astensione o un obbligo di fare infungibile. Le ipotesi in cui l’esecuzione indiretta è esclusa, sono due : → in materia di lavoro subordinato e para-subordinato: forse incostituzionale, perchè negare l’esecuzione indiretta, indiscriminatamente, significa negare la tutela giurisdizionale garantita dall’art. 24 della Costituzione; → quando la misura esecutiva è manifestamente iniqua. 232.- Controlli Per quanto riguarda i controlli a cui è sottoponibile la misura esecutiva, abbiamo già visto che questa è frutto dell’esercizio di un potere giurisdizonale dichiarativo, sicchè il controllo è preventivo rispetto alla concessione della stessa. Ne consegue che, in linea di principio, le eventuali censure contro il provvedimento, con cui si concede o si nega la misura coercitiva, devono essere fatte valere attraverso i mezzi di impugnazione. 233.- Riscossione delle somme 234.- Riforma del provvedimento Ex art. 614 bis I co c.p.c.: “il provvedimento di condanna costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute”: non vi è quindi necessità di una preventiva verifica dell’effettiva esistenza dell’illecito, e il creditore potrà intimare precetto, unilateralmente, affermando che sono venuti ad esistenza i presupposti della nascita dell’obbligo di corrispondere le somme. Il precetto può essere contrastato con opposizione all’esecuzione e, in quella sede, si applicheranno le normali regole sull’onere della prova. . Ove la pronuncia di condanna, al facere infungibile o al non facere, è modificata nelle sedi a ciò deputate (in sede di impugnazione), le somme eventualmente pagate devono essere restituite, con gli interessi legali dalla data dell’avvenuto pagamento. Ciò può avvenire attraverso: → i mezzi di impugnazione per le misure concesse nel processo dichiarativo; → il reclamo ed il processo di merito, per quelle concesse in sede cautelare. Può accadere che il provvedimento di condanna sia riformato o annullato, per ragioni di rito o di merito, attraverso i mezzi di impugnazione; se si tratta di provvedimento cautelare, può essere riformato in sede di reclamo; ovvero la sentenza di merito può essere di rigetto: in tutte queste ipotesi, la misura esecutiva sarà travolta ex art. 336 c.p.c. (es. se viene impugnata la sentenza che ha riconosciuto il diritto al risarcimento, se la pronuncia viene riformata in senso opposto, cadrà anche la parte del provvedimento che ha quantificato l’entità del risarcimento). Passiamo ora all’ipotesi della sospensione: sia in sede di appello, che in sede di reclamo potrà essere richiesta la sospensione della esecutività della sentenza di 1° grado o della misura cautelare. Se la sospensione è concessa, l’esito potrà essere. alternativamente, la conferma o la riforma del provvedimento impugnato o reclamato. Se riformato, nulla quaestio. Se la misura esecutiva sia prima sospesa e, poi, confermata, l’avente diritto non può pretendere il pagamento delle somme maturate, a titolo di sanzione, nel periodo in cui la esecutività del provvedimento è stata sospesa. Infatti, la sanzione pecuniaria ha finalità e contenuto processuale, costituendo una forma di tutela esecutiva; la sospensione della esecutività del provvedimento la rende inoperante per tutto il periodo in cui tale sospensione opera; analogamente a quanto accade per il processo esecutivo, che non può essere iniziato o proseguito quando è sospesa l’efficacia del titolo esecutivo. 24.- L'OPPOSIZIONE ALL'ESECUZIONE artt. 615-616 c.p.c. 235.- Oggetto L’opposizione all’esecuzione ha per oggetto la contestazione del diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata. Si tratta della situazione processuale, che dà la possibilità, al titolare di una certa situazione sostanziale protetta, di richiedere la tutela cautelare. 236.- Fondamento Questa situazione processuale, presenta 2 profili: diritto alla tutela e diritto da tutelare. 237.- Mancanza del diritto alla tutela esecutiva: → cioè mancanza del titolo esecutivo in senso sostanziale. Il titolo esecutivo in senso documentale, è, invece, un atto del processo esecutivo, la cui eventuale nullità è fronteggiata con l’opposizione agli atti esecutivi. L’opponente può negare il diritto a procedere ad esecuzione sostenendo che la parte istante non ha diritto alla tutela esecutiva, perché il titolo esecutivo in senso sostanziale non è mai esistito o è venuto meno, quindi può contestare per inefficacia originaria o sopravvenuta del titolo esecutivo. Sappiamo che l’efficacia esecutiva deve sussistere per tutto il corso dell’esecuzione: se l’esecuzione è iniziata in carenza di un titolo esecutivo, che sopravviene poi nel corso del processo, ciò non vale a sanare la situazione di illegittimità dovuta al compimento di atti esecutivi in un momento in cui era carente il titolo esecutivo. 238.- Nullità del titolo esecutivo Problemi particolari sorgono quando si nega l’esistenza del titolo esecutivo, allegando la nullità dell’atto in cui il titolo esecutivo consiste. Si contesta l’efficacia esecutiva del titolo, perchè la nullità dell’atto incide su tutti gli effetti dell’atto stesso, fra cui anche quelli esecutivi, con la conseguenziale inesistenza del diritto alla tutela esecutiva. → per i titoli esecutivi stragiudiziali non vi sono problemi, in quanto ogni nullità rilevante dell’atto, può essere fatta valere in sede di opposizione dell’esecuzione; → per i titoli giudiziali, (ex art. 161 I comma c.p.c.), si applica il principio della conversione delle nullità in motivi di impugnazione. La nullità di una sentenza e di ogni altro atto giudiziale, deve essere fatta valere con i mezzi di controllo previsti e non con strumenti diversi. 239.- Inesistenza del titolo esecutivo giudiziale Il principio della conversione delle nullità dell’atto processuale in motivi di impugnazione, impedisce, dunque, di far valere la nullità del titolo esecutivo giudiziale in sede di opposizione all’esecuzione (art. 161 c.p.c.). Tuttavia, tale principio non trova applicazione, quando il provvedimento manca della sottoscrizione del giudice; nel qual caso si parla di inesistenza dell’atto, perché difetta di uno dei suoi requisiti essenziali. In caso di inesistenza dell’atto, quindi, si può proporre opposizione all’esecuzione, quando il provvedimento è usato come titolo esecutivo. La stessa disciplina dei titoli esecutivi giudiziali, vle anche per i titoli esecutivi stragiudiziali, quando, rispetto ad essi, è vigente i l c.d. onere dell’impugnazione; e, cioè, quando i vizi di tali atti devono essere fatti valere in un termine e attraverso un mezzo prescritti dal legislatore. 240.- Esecutività ex lege e ope iudicis In riferimento ai provvedimenti giurisdizionali dobbiamo approfondire un’altra questione. L’efficacia esecutiva di un provvedimento giurisdizionale, dipende da 2 diversi meccanismi: → ex lege → disposta dalla legge: la fattispecie, che costituisce tale effetto giuridico, è immeditamente rilevante e non è mediata da una valutazione del giudice. E, analogamente, l’atto difensivo della contro parte potrà avere il contenuto e sarà soggetto alle preclusioni previste per il rito applicabile. Dunque, il passaggio dalla fase introduttiva a quella di trattazione dà alle parti la possibilità di compiere tutte le attività, che si possono normalmente compiere quando si propone una domanda. 247.- Legittimazione attiva La legittimazione a proporre l’opposizione all’esecuzione spetta sempre all’esecutato e cioè al debitore e al terzo proprietario. Può anche essere proposta in via surrogatoria da un creditore dell’esecutato nell’inerzia di quest’ultimo (ex art. 2900 c.c.). Nell'espropriazione, il debitore esecutato è colui che è stato individuato dal creditore procedente, quello al quale il creditore ha notificato il titolo esecutivo e precetto. Nell'esecuzione in forma specifica è colui nella cui sfera giuridica si produrranno gli effetti delle misure esecutive; è colui che, se l'esecuzione viene condotta a termine, subisce gli effetti tipici dell'esecuzione, il quale ha la possibilità di proporre opposizione all’esecuzione. 248.- Legittimazione passiva La controparte dell’opposizione all’esecuzione, è il creditore procedente. I creditori, già intervenuti quando viene proposta l’opposizione, sono litisconsorti necessari solo se muniti di titolo esecutivo; il creditore intervenuto, munito di titolo esecutivo può portare avanti l'esecuzione da solo, nonostante la rinuncia del creditore procedente. Dunque, il creditore procedente non può con un proprio atto di volontà (rinunciando all’esecuzione) pregiudicare la posizione dell'intervenuto munito di titolo esecutivo, in quanto è necessaria l'accettazione di costui per far venir meno il processo esecutivo; e non può pregiudicarla rimanendo soccombente nel processo di opposizione all’esecuzione. il cui esito è, appunto, quello di far venire meno l’esecuzione, così come la travolge una rinuncia agli atti. Se, viene accolta l’opposizione all’esecuzione, questa travolge gli interventi dei creditori, che sebbene muniti di titolo esecutivo, non hanno effettuato un pignoramento autonomo sul bene: si ha allora la chiusura del processo esecutivo anche verso e in pregiudizio del creditore intervenuto, il quale, pur essendo munito di titolo esecutivo, non ha preso la precauzione di porre in essere un secondo pignoramento sullo stesso bene. Al contrario, il creditore intervenuto senza titolo esecutivo è spettatore passivo, perchè non ha potere, né diritti che l'espropriazione prosegua. Se il creditore procedente, non compie gli atti necessari per arrivare alla vendita, il creditore senta titolo esecutivo non può pretendere la liquidazione del diritto pignorato. Per arrivare alla vendita, c’è bisogno di atti di impulso processuale da parte del creditore procedente o di quelli muniti di titolo esecutivo. Ora, l'eventuale accoglimento dell'opposizione all'esecuzione pregiudica anche i creditori intervenuti, perchè opera la chiusura del processo espropriativo anche nei loro confronti. I creditori intervenuti con il titolo esecutivo sono parti necessarie del processo di opposizione all'esecuzione, perchè l'accoglimento dell'opposizione ha nei loro confronti effetti che il creditore procedente non può produrre con un proprio atto di volontà e quindi deve loro essere garantito l'esercizio del diritto di difesa. I creditori intervenuti senza titolo esecutivo possono partecipare al processo di opposizione in via di intervento volontario adesivo-dipendente, ma non c'è ragione, perchè devono essere chiamati necessariamente al processo d'opposizione, in quanto dall'accoglimento dell'opposizione ricevono un pregiudizio non diverso da quello che loro deriva da un atto di volontà del creditore procedente. 249.- Inversione dell’iniziativa processuale e onere della prova Il processo di opposizione all’esecuzione è un ordinario processo di cognizione in cui si realizza un’inversione dell’iniziativa processuale. Mentre, di solito, l’iniziativa processuale parte da chi afferma l’esistenza del diritto e ne chiede la tutela, qui l’iniziativa è di colui che nega l’esistenza del diritto. Questo implica che colui che afferma l’esistenza del diritto a procedere ad esecuzione forzata è il creditore opposto, mentre chi nega l’esistenza di tale diritto è il debitore esecutato opponente. Quindi, è il creditore procedente, convenuto opposto, a dover dimostrare i fatti costitutivi del diritto, ed è il debitore esecutato, attore opponente, a dover dimostrare i fatti impeditivi, modificativi, estintivi del diritto del creditore. Se si contesta il diritto a procedere ad esecuzione forzata, perché si nega l’esistenza del diritto sostanziale da tutelare, l’atto, che ha efficacia di titolo esecutivo, ha anche una qualche efficacia di accertamento dell’esistenza del diritto. Quindi sotto questo profilo spetta al debitore dimostrare l'esistenza dei fatti modificativi, impeditivi ed estintivi che allega per superare l'efficacia preclusiva che discende dall'atto titolo esecutivo. 250.- Domanda riconvenzionale Il creditore opposto può proporre una domanda riconvenzionale avente ad oggetto lo stesso diritto, oppure un diritto connesso con quello di cui era stata chiesta la tutela esecutiva: ciò accade spesso coi titoli esecutivi stragiudiziali. L’accoglimento dell’opposizione, accompagnato dall’eventuale accoglimento della domanda riconvenzionale, non fa salva l’esecuzione: il creditore procedente, soccombente nella domanda di opposizione, e vittorioso nella domanda riconvenzionale, può tutelarsi esecutivamente, ma deve iniziare da capo l’esecuzione, perché il titolo esecutivo deve sussistere dall’inizio alla fine dell’esecuzione, ed il nuovo titolo si forma solo al momento dell’accoglimento della domanda riconvenzionale e l’esecuzione in corso è caducata. 251.- Effetti della sentenza La sentenza, che rigetta l’opposizione, afferma l’esistenza del diritto a procedere ad esecuzione forzata; al contrario, la sentenza che accoglie l’opposizione nega l’esistenza del diritto a procedere ad esecuzione forzata (= al rigetto della domanda). L’accoglimento dell’opposizione impedisce la prosecuzione del processo esecutivo e caduca gli effetti degli atti già compiuti ed ha inoltre un effetto preclusivo, di accertamento, in relazione al quale è determinante il motivo per cui l’opposizione è stata accolta: → se è dichiarata l’impignorabilità del bene, la pronuncia libera il bene dal vincolo del pignoramento, ma non impedisce la prosecuzione del processo di espropriazione per gli altri beni, eventualmente sottoposti ad esecuzione; → se è dichiarata l’inefficacia del titolo esecutivo, l’esecuzione è caducata, ma il creditore potrà instaurare un nuovo processo esecutivo, a tutela dello stesso diritto sostanziale; → se è dichiarata inesistente la situazione sostanziale, di cui si è richiesta tutela esecutiva, la sentenza ha l’efficacia preclusiva di una normale pronuncia di merito. 25.- L’ OPPOSIZIONE AGLI ATTI ESECUTIVI 252.- Contestazioni relative al quomodo dell’esecuzione L’opposizione agli atti esecutivi, è lo strumento col quale si risolvono le controversie relative alla conformità degli atti del processo esecutivo alle prescrizioni normative che li disciplinano. Si contesta il “come” (quomodo) dell’esecuzione; si rileva che si sta procedendo in modo sbagliato, in quanto uno o più atti del processo sono nulli. E’ un processo di cognizione incidentale al processo esecutivo. Se il processo esecutivo si svolge senza che ve ne siano le condizioni, gli effetti che esso produce possono essere rimossi, se ingiusti dal punto di vista del diritto sostanziale, con strumenti anche esterni al processo esecutivo (es. pag. 269). I vizi relative al come, al quomodo, proprio perchè interni al processo esecutivo, devono trovare un loro rimedio all’interno del processo esecutivo stesso. 253.- Funzione L'opposizione agli atti esecutivi costituisce l'unico strumento per operare il controllo, che anche nel processo esecutivo deve essere assicurato, sulla conformità degli atti del processo alle prescrizioni normative che li riguardano. Il processo di cognizione ed il processo esecutivo hanno struttura diversa: → il processo esecutivo, fornisce tutela giurisdizionale, quando la situazione sostanziale da tutelare deve essere soddisfatta attraverso l’adempimento; → il processo di cognizione, è lo strumento giurisdizionale che serve quando è necessario individuare le regole di condotta che assistono alle parti. Poichè, il processo di cognizione è strutturato per decidere ed accertare il modo di essere della realtà sostanziale, esso è idoneo anche per decidere ed accertare il modo di essere della realtà processuale: a questo punto il processo di cognizione deve compiere un duplice accertamento, di merito e di rito. Il processo esecutivo, invece, non c’ un ambiente idoneo a decidere delle questioni di rito, quindi, occorre creare uno strumento funzionale a decidere: è questo strumento è l’opposizione agli atti esecutivi, un processo di cognizione che ha, eccezionalmente, un oggetto processuale (valutazione e decisione della conformità dei comportamenti dei soggetti del processo esecutivo alle previsioni normative). 254.- Oggetto 235.- Termine Per individuare l'oggetto dell'opposizione agli atti esecutivi bisogna far riferimento alla disciplina della nullità degli atti: → le nullità formali che riguardano i singoli atti del processo → e le nullità extraformali che riguardano le condizioni per l'emanazione del provvedimento di merito, ovvero i presupposti processuali. che è stato ritenuto insussistente da parte del giudice dell’opposizione. → la sentenza di accoglimento dichiara l’invalidità dell’atto opposto, ed accerta la sussistenza del motivo dell’invalidità di tale atto. Se il motivo di invalidità colpisce tutti gli atti successivi, il processo esecutivo si chiude. Se il vizio riguarda solo un singolo atto, l’accoglimento comporta la caducazione di tutti i successivi atti che ne sono dipendenti. 265.- Irrilevanza delle nullità fuori dal processo esecutivo Le nullità del processo esecutivo non possono essere fatte valere al di fuori del processo stesso; proprio perchè esiste l'opposizione agli atti, che è un istituto generale idoneo a controllare tutte le nullità del processo (salvo l’eccezione dell’art. 2929 c.c., che equivale ad una impugnazione straordinaria). Per rimediare alla “ingiustizia” dell’esecuzione, non c’è necessità di uno strumento specifico: bastano gli ordinari mezzi previsti dal diritto sostanziale. Resta, comunque, salva l’applicazione della teoria dell’inesistenza agli atti esecutivi, che hanno effetti extraprocessuali. 26.- OPPOSIZIONE DI TERZO 266.- Appartenenza e titolarità L’opposizione del terzo (artt. 619-622 c.p.c.), trova applicazione quando il bene è legittimamente acquisito al processo esecutivo, ma gli effetti sostanziali non possono operare in relazione al bene pignorato, perché colui che subisce l’esecuzione non ha sul bene alcun diritto alienabile. La funzione specifica di tale opposizione è quella di far valere l'eventuale, possibili discrasie fra la situazione a rilevanza processuale (l'appartenenza) che fonda l'oggetto del processo esecutivo, e la realtà sostanziale (la titolarità del diritto pignorato) che fonda l'oggetto dell'esecuzione (es. pag. 280) 267.- Nozione di terzo Nell’espropriazione, terzo al quale il creditore non ha fatto assumere il ruolo di esecutato (art. 2919 c.c.) e che come tale non risente degli effetti dell’espropriazione forzata, che si producono nei confronti di colui che il debitore individua come esecutato. 268.- Diritto opponibile Il diritto del terzo, per essere opponibile al creditore procedente, può trovare la sua fattispecie costitutiva: → o, in un titolo d’acquisto originario (es. usucapione) → oppure, in un titolo d’acquisto, derivato da un soggetto diverso dal debitore Se, infine, il terzo è avente causa del debitore esecutato, il suo diritto deve essere opponibile al creditore procedente ai sensi degli art. 2913-2925 c.c. Gli effetti del pignoramento rendono inefficaci, sul piano processuale, gli atti di disposizione dell’esecutato; i diritti acquisiti su tali atti, non possono, quindi, fondare una vittoriosa opposizione di terzo da parte dell’avente causa. 269.- Effetti del pignoramento Quando viene proposta opposizione di terzo, bisogna tener conto degli effetti del pignoramento, in quanto l’opposizione non può essere fondata su diritti derivanti da atti inopponibili al creditore procedente: il diritto del terzo, se è opponibile al creditore, può fondare una vittoriosa opposizione di terzo e, a vendita avvenuta, è opponibile anche all’aggiudicatario (perfetta coincidenza fra artt. 2919 c.c. e 619 c.p.c.) 270.- Effetti processuali art. 2915 II c.c. All’opposizione di terzo, bisogna ricondurre altre ipotesi di conflitto tra la trascrizione di una domanda giudiziale e la trascrizione di un pignoramento: → se è trascritta preventivamente la domanda, il creditore pignorante assume il ruolo di successore nel diritto controverso, quindi può intervenire nel processo e, in ogni caso, la sentenza sarà per lui vincolante; → se la trascrizione del pignoramento è precedente rispetto alla trascrizione della domanda, il creditore pignorante e l'aggiudicatario non sono vincolati agli effetti della sentenza e l'attore non ha tutela piena, perchè è costretto a instaurare un ulteriore processo contro l'acquirente in vendita forzata, senza poter usare la sentenza che gli ha dato ragione nel contraddittorio del solo esecutato. L'attore, che voglia vedere riconosciuto il suo diritto, non solo nei confronti del convenuto, debitore esecutato, ma anche nei confronti del creditore, deve proporre la sua domanda nelle forme dell'opposizione di terzo. Questo è l’unico modo di instaurare il contraddittorio, indispensabile per ottenere una sentenza efficace verso il creditore e, quindi, verso l’aggiudicatario. 271.- Effetti sostanziali Quanto appena detto, attiene agli effetti processuali della trascrizione della domanda, che influiscono sulla litispendenza e sull'efficacia della sentenza nei confronti degli aventi causa. Ma la trascrizione della domanda ha anche effetti sostanziali, che influiscono sulla risoluzione del conflitto fra attore ed aventi causa del convenuto. Abbiamo già visto che il creditore procedente, che ha trascritto il pignoramento prima della trascrizione della domanda contro il debitore esecutato, fa salvo il duo diritto del piano sostanziale. Quindi, (artt. 2652 e 2653 c.c.) con la trascrizione del pignoramento antecedente a l la t rascr i z ione de l la domanda, s i produce una “autonomizzazione” della posizione dell'avente causa, in atri termini, si svincola la posizione dell’avente causa dalle vicende che attengono al titolo del dante causa. Pertanto, ad es., se il dante causa ha acquistato in base ad un titolo nullo, annullabile, rescindibile, risolubile, il verificarsi si una fattispecie di salvezza, fornisce il sub-acquirente di un titolo preferenziale rispetto al primo dante causa, che fa sì che costui non può riavere indietro il bene in pregiudizio del sub.acquirente, ma deve accontentarsi del risarcimento danni nei confronti del primo acquirente. Dunque, il rischio della insolvenza del primo acquirente, nell’ipotesi in cui si verifica la salvezza del sub.acquirente, è a carico del primo alienante. 272.- Instaurazione del contraddittorio con il creditore L'attore, che agisce nei confronti del dante causa per riottenere il bene oggetto della vendita tra di loro, quando si accorge che su quel bene è già stato scritto un pignoramento (da un terzo, avente causa della sua controparte), per superare i limiti soggettivi di efficacia della sentenza, deve estendere il contraddittorio al creditore procedente, in modo da ottenere una pronuncia che faccia stato anche nei suoi confronti, in quanto parte del processo e non più terzo: → nei confronti di un avente causa per atto di diritto sostanziale, il contraddittorio è semplice: basta realizzare un litisconsorzio facoltativo passivo, oppure chiamare in causa il subacquirente; → ma se l'avente causa è un creditore pignorante, l’estenzione del contraddittorio con le tecniche consuete non è possibile, perchè l’esecuzione non è un soggetto di diritto e non esiste chi può stare in giudizio in nome e per conto dell’esecuzione. Qui, occorre creare il contraddittorio nel processo esecutivo e si utilizza, quindi, l'opposizione di terzo e si propone la domanda, non con una citazione notificata al debitore, ma con un ricorso al giudice dell'esecuzione: si mantiene il contenuto e si cambia solo la forma dell’atto. In tal modo, la sentenza ottenuta dall'attore fa stato nei confronti dell'esecutato, del creditore procedente e degli acquirenti in vendita forzata. 273.- Diritti di restituzione Come si è visto, talvolta l'opponente non fa valere il diritto di proprietà, ma propone un’impugnativa negoziale. L’art. 619 c.p.c. prevede che il terzo deve fondare la propria opposizione sulla proprietà o un altro diritto reale. Quindi, il terzo deve dimostrare in ogni caso di essere titolare di un diritto reale, oppure in certi casi è sufficiente anche fondare l’opposizione su un diritto diverso? Si fa chiaramente riferimento ai diritti/obblighi di restituzione, che trovano la loro origine in due fattispecie: → la controparte ha avuto il bene in attuazione di un obbligo contrattuale, destinato a cessare (es. il contratto di locazione: godimento del bene ha un termine e alla scadenza il conduttore è obbligato a restituire il bene al locatore); → il titolo, in virtù del quale era stato consegnato il bene, diviene titolo restitutorio a causa di una vicenda, appunto, fisiologica o patologica (es. pag. 285). Venuto meno il titolo, che ha fondato l’attribuzione del godimento del bene, nasce l’obbligo speculare della restituzione. Le azioni di restituzione sono azioni personali, si possono far valere solo nei confronti di soggetti che sono legati al vincolo contrattuale: quindi, finchè il bene è posseduto da colui che è obbligato alla restituzione o dai suoi eredi, è possibile ottenerne la restituzione semplicemente dimostrando che il bene è stato consegnato in attuazione di quel rapporto e che, esaurito il rapporto stesso, il bene deve essere restituito. Quando invece il possesso del bene è passato ad un terzo, bisogna ricorrere alla domanda di rivendicazione, accollandosi il relativo onere della prova, perchè il terzo, acquisendo la materiale disponibilità del bene, non diviene successore nell’obbligo di restituzione. 274.- Esperibilità delle azioni di restituzione Per risolvere il problema occorre tornare agli effetti del pignoramento sul possesso del bene: è vero che l'esecutato perde il possesso del bene pignorato, però il creditore procedente non acquista un possesso rilevante sul piano del diritto sostanziale. Il possesso, come tale, rimane congelato, in quanto il creditore non ha un diritto reale, quindi non può instaurare con il bene una relazione di fatto che 281.- Coordinamento con la vendita forzata Il momento finale per proporre l’opposizione è rappresentato dalla vendita forzata. Una volta che sia avvenuta la vendita, il terzo deve vedersela direttamente con l'acquirente in vendita forzata. L’art. 620 c.p.c., prevede una disposizione particolare per i beni mobili e propone che l’opposizione possa essere proposta anche dopo la vendita. Una volta effettuata la vendita il terzo ha due strade: → se intende recuperare il bene presso l'acquirente, in quanto pensa di poter dimostrare la malafede di questo, deve proporre la domanda direttamente nei confronti dell'acquirente in ordinario processo di cognizione, fuori dal processo esecutivo; → se invece il terzo ritiene di non avere possibilità di recuperare il bene dall'aggiudicatario e quindi di doversi accontentare del ricavato della vendita, deve proporre l'opposizione di terzo, cioè deve inserirsi all'interno del processo esecutivo. E così pure, se l’opposizione del terzo è proposta tempestivamente, e la vendita ha ugualmente luogo, perché il giudice non sospende l’esecuzione: → se ritiene di dimostrare la mala fede dell’aggiudicatario, agsce nei confronti dell’agiudicatario, in un separato processo; → altrimenti, prosegue la sua opposizione e si soddisfa del ricavato. 283.- Onere della prova Per quanto riguarda l’onere della prova, dobbiamo distinguere: → per i beni immobili, ove l’opponente faccia valere un diritto reale sugli stessi, si applicano le regole ordinarie delle azioni di rivendicazione e di mero accertamento della proprietà, nonché delle azioni restitutorie: - se possessore del bene immobile pignorato è l’esecutato, l’onere del terzo è quello della rivendicazione (art. 948 c.p.c.); egli deve dimostrare di essere proprietario della rivendicazione; - se invece possessore dell’immobile è l’opponente, è sufficiente la prova di possedere secondo un titolo valido, come nel mero accertamento della proprietà. Nel caso, invece, che l’opponente fondi la sua domanda su un diritto personale di restituzione, e l’esecuzione sia, appunto, la controparte contrattuale obbligata alla restituzione, l’opponente deve dimostrare che il bene pignorato è stato trasferito all’esecutato, in virtù i un titolo inefficace fin dall’origine (nullità, simulazione), oppure venuto meno successivamente (annullabilità, risoluzione, rescissione, ecc.) 283.- Prova dell’affidamento art. 621 c.p.c. → Quando il bene mobile è stato pignorato nei luoghi appartenenti al debitore, il terzo opponente ha l’onere di dimostrare la titolarità e, fornire quella che la giurisprudenza chiama “la prova dell’affidamento”. del suo diritto sul bene; proprietà spetta all’opponente che non ne è possessore. Il terzo, deve, cioè, dimostrare a quale titolo i suoi beni si trovano presso il debitore. L’art. 621 c.p.c. limita l’uso della prova testimoniale: il terzo opponente, quando il bene mobile sia stato pignorato nella casa o azienda del debitore, deve dimostrare non solo la titolarità del suo diritto sul bene, ma anche fornire la prova dell’affidamento, dimostrando a quale titolo i suoi beni si trovavano presso il debitore. Se il bene mobile è stato pignorato illegittimamente al di fuori dei luoghi appartenenti al debitore, una volta che il terzo ha dimostrato che il bene si trovava nel possesso suo e non in quello del debitore esecutato, spetta al creditore procedente dimostrare che il bene mobile, tuttavia, è di proprietà dell'esecutato. 284.- Effetti della sentenza Gli effetti e l’ambito oggettivo dell’efficacia della decisione, si determinano secondo i seguenti criteri: → la sentenza, che decide l’opposizione di terzo, non fa stato nei rapporti interni tra debitore esecutato e terzo opponente, perchè si deve tenere conto delle limitazioni dell’opponibilità di certi atti al creditore procedente; → la sentenza, che nega al terzo il diritto sul bene, non è vincolante nei rapporti interni tra terzo e debitore esecutato, ma lo è solo nei rapporti tra terzo opponente e creditore procedente (es. pag. 297) Oggetto della pronuncia, quindi, non è l’effettiva titolarità della proprietà in capo al debitore o al terzo, ma è la titolarità del diritto sul bene con riferimento al creditore procedente. 27.- LA SOSPENSIONE DEL PROCESSO ESECUTIVO 283.- Nozione Con il termine sospensione si indica, in senso generico, un periodo in cui non si compiono atti, e, quindi, il processo si trova in una situazione di stasi (si vedano gli artt. 482, 501, 608 c.p.c.) La sospensione può essere: 286.- Disposta dalla legge (art. 601 c.p.c.) → quando il processo di cognizione incidentale riguarda l’oggetto del processo esecutivo e non l’oggetto dell’esecuzione forzata. → Come abbiamo già visto, quando il giudice ritiene opportuno alienare la quota spettante all’esecutato sul bene indiviso, ed è quindi necessario procedere alla divisione: in tal caso, il processo esecutivo resta sospeso in attesa della conclusione del processo di cognizione; → in caso di espropriazione dei crediti, in quanto il processo di cognizione ha lo scopo di accertare il credito pignorato che è necessario per il perfezionarsi del pignoramento e la conseguente prosecuzione del processo esecutivo. Quando il processo di cognizione incide sulla determinazione dell'oggetto del processo esecutivo, la sospensione: - è necessaria, perchè il giudice dell'esecuzione non ha alcun potere di valutare l'opportunità della sospensione stessa, - e automatica, perchè essa consegue al mero verificarsi della fattispecie, senza bisogno di un provvedimento da parte del giudice che la disponga. Tutto ciò, perchè la sospensione opera nell'interesse del creditore: finchè l'oggetto del processo esecutivo non è plasmato nel processo di cognizione incidentale, il processo esecutivo non può comunque andare avanti. L’altra ipotesi di sospensione prevista, può essere: 287.- Disposta dal giudice dell’impugnazione del titolo esecutivo → questi è il giudice che sospende l'efficacia esecutiva della pronuncia-titolo esecutivo, che sia impugnata (art. 623 c.p.c.). 288.- Disposta dal giudice dell’opposizione a precetto: prevista dalla riforma del 2006, quando vi è disconoscimento della sottoscrizione o ricorrano gravi motivi (art. 615 I c.p.c.). Poichè l’opposizione a precetto, si propone al giudice competente per materia e valore, essa può risultare di competenza del giudice di pace; sarà questi a disporre la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo. La competenza del giudice di pace, ha funzione lato sensu (nel senso più ampio e generale), ma non può essere, in nessun modo, qualificata come provvedimento cautelare. 289.- disposta dal giudice dell’esecuzione a seguito di opposizione dell’esecuzione, a seguito della proposizione di un’opposizione di terzo. → In questi casi (come nel caso dell'opposizione a precetto), il processo di cognizione incidentale riguarda il diritto a procedere ad esecuzione forzata (in caso di opposizione all'esecuzione) o l'oggetto dell'esecuzione e non del processo esecutivo (in caso di opposizione di terzo). Qui la sospensione va contro l'interesse del creditore procedente: il processo esecutivo ha tutti i requisiti necessari per produrre i suoi effetti. Ma, il legislatore ha previsto tutele per il debitore o i terzi, prevedendo che in alcuni specifici casi sia possibile sospendere il processo esecutivo in attesa dell'esito del processo di cognizione. La sospensione passa attraverso la valutazione di opportunità del giudice dell’esecuzione, in realtà, il processo esecutivo non è nullo ma, se l’opposizione è fondata, è ingiusto. Tale sospensione non è ne necessaria ne automatica: vi deve essere un provvedimento del giudice, che valuti la sussistenza di gravi motivi e, quindi l’opportunità di sospendere l’esecuzione. I gravi motivi sono la sintesi di 2 elementi che il giudice deve considerare: - la fondatezza dell’opposizione: se l’opposizione fosse infondata, il pregiudizio che riceve l’opponente sarebbe giusto e il giudice non avrebbe motivo di sospendere l’esecuzione; - la comparazione del danno: che riceve il creditore procedente nell’attendere l’esito del processo di cognizione e del danno che riceve l’opponente se il processo esecutivo va avanti. 290.- A seguito di opposizione agli atti esecutivi Come abbiamo già visto, la sospensione è possibile anche in caso di opposizione agli atti esecutivi. Anche in questo caso, vi è un processo di cognizione incidentale al processo esecutivo; ma (al contrario di quanto accade per l’opposizione all’esecuzione e per l’opposizione di terzi), qui la sospensione va ricollegata al fatto che nel processo di cognizione incidentale, si fa valere l’invalidità dell’esecuzione (e non l’ingiustizia) (si rinvia a quanto detto in quella sede). 291.- Provvedimento art. 624 c.p.c. Sull’istanza di sospensione il giudice provvede con ordinanza. La norma introduce il reclamo, ex art. 669 c.p.c., come rimedio per tutti i provvedimenti, con i quali il giudice dell’esecuzione decide su una istanza di sospensione del processo esecutivo. La norma, introduce un raccordo fra la sospensione del processo esecutivo ed il processo di merito instaurato con le opposizioni, secondo la logica propria del → Dopo la vendita è necessaria l’accettazione di tutti i creditori anche senza titolo esecutivo, e tutti i creditori sono parificati e hanno diritto di soddisfarsi sul ricavato. 298.- Inattività art. 630 c.p.c. Vi è, poi, l’estinzione per inattività delle parti: → 1° ipotesi di inattività, riguarda la mancata, tempestiva prosecuzione o riassunzione del processo esecutivo: l’estinzione opera di diritto ed è retroattiva al momento in cui l’estinzione si è verificata. Può essere eccepita dalla parte o dichiarata d’ufficio dal giudice, ma non oltre la prima udienza successiva al verificarsi dell’esistenza stessa; 299.- Diserzione delle udienze → 2° ipotesi di inattività, riguarda la mancata comparizione all’udienza (art. 631 c.p.c.) Se le udienze sono antecedenti al perfezionamento della vendita, le “parti” che devono comparire, sono i creditori muniti di titolo esecutivo. La diserzione di due udienze consecutive porta all'estinzione del processo, che è dichiarata anche d'ufficio. Esclusa l’udienza di vendita, che ha luogo anche se, in tale udienza, non è presente un creditore munito di titolo esecutivo (riforma 2006) 300.- documentazione nella vendita immobiliare Ex. art. 567 III c.p.c. → 3° ipotesi: entro 120 gg dal deposito dell’istanza di vendita, il creditore procedente o un creditore munito di titolo esecutivo devono depositare la documentazione necessaria alla vendita stessa: ove ciò non accada, il giudice dell’esecuzione dichiara anche d’ufficio, estinto il processo esecutivo 301.- Sospensione Ex art. 624 III c.p.c. → 4° ipotesi: se a seguito di proposizione di opposizione all’esecuzione, agli atti o di terzo, il processo esecutivo è sospeso e nessuno coltiva la causa di opposizione, il giudice, anche d’ufficio, dichiara estinto il processo. 302.- Provvedimento L’estinzione del processo esecutivo è sempre dichiarata con ordinanza del giudice dell’esecuzione, contro la quale è previsto il reclamo al collegio, su cui il collegio decide in camera di consiglio con sentenza soggetta ad appello, anch’esso deciso in camera di consiglio. 303.- Effetti art. 632 c.p.c. Per quanto riguarda gli effetti dell’estinzione, la disciplina è diversa, a seconda che l’estinzione si produce prima o dopo che si sia conclusa la fase della vendita forzata. → Se, l’estinzione si verifica prima della vendita => tutti gli atti del processo diventano inefficaci. Il pignoramento ha effetti processuali e non sostanziali: esso opera all’interno del processo esecutivo, per individuare e conservare il bene ai fini della vendita = se la vendita non ha luogo, decadono anche gli effetti del pignoramento. → Se, l’estinzione si verifica dopo la vendita => il trasferimento all’aggiudicatario non è toccato e il ricavato della vendita è consegnato al debitore esecutato. L’art. 187 bis disp. att. c.p.c., precisa che per vendita, si intende l’aggiudicazione anche provvisoria.
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