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PROCESSO ESECUTIVO IN GENERALE, SINGOLI PROCEDIMENTI ESECUTIVI., Sintesi del corso di Diritto Processuale Civile

Il documento sintetizza le pagine 59-288 del secondo volume del manuale di diritto processuale civile del professor Girolamo Monteleone (ultima edizione, 2018), dedicati alla esecuzione forzata. Trattandosi di argomenti particolarmente complessi, ho provato a schematizzare la trattazione, soffermandomi sulle regole di diritto positivo e omettendo (o sintetizzando all'osso) le questioni teorico/dottrinali più astratte. Il documento consta complessivamente di 45 pagine.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

In vendita dal 23/06/2020

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Scarica PROCESSO ESECUTIVO IN GENERALE, SINGOLI PROCEDIMENTI ESECUTIVI. e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! 1 PRIMA PARTE FUNZIONE DELLA ESECUZIONE FORZATA,TIPOLOGIE DI PROCESSI ESECUTIVI. Le espressioni processo esecutivo o esecuzione forzata si riferiscono ai procedimenti, disciplinati dal III libro del codice di procedura civile, che consentono al titolare di un diritto di ottenerne la attuazione concreta in via coattiva, cioè senza o contro la volontà del soggetto obbligato. L’esecuzione forzata integra e completa la giurisdizione contenziosa; la situazione di incertezza giuridica dalla quale origina il processo di cognizione potrebbe infatti non cessare con la emanazione della sentenza: quando la attuazione concreta di questo provvedimento richiede la collaborazione di una o più persone, e tale collaborazione manca, la sentenza dissolve l’incertezza dal punto di vista puramente giuridico- astratto: tramite il processo esecutivo è possibile porvi rimedio anche in termini pratici, concreti. Natura dell’esecuzione forzata– In Italia la dottrina processual-civilistica prevalente ritiene che l’esecuzione forzata abbia natura giurisdizionale. In particolare, Monteleone sostiene che tale natura: 1) è testimoniata dal fatto che il processo esecutivo è governato da organi giurisdizionali;2) è strettamente connessa alla funzione di tale processo, di cui si è già detto: garantire certezza concreta in ordine a certe situazioni giuridiche soggettive, favorendone la attuazione pratica. Carattere coattivo dell’esecuzione forzata: chiarimenti – si parla di esecuzione forzata non perché attraverso i vari procedimenti disciplinati dal c.p.c. qualcuno venga fisicamente o moralmente costretto a fare qualcosa, ma, invece, perché, l’attività degli organi esecutivi incide sulla sfera giuridico- patrimoniale del’obbligato senza trovare ostacolo nel suo volere1. Il contraddittorio nel processo esecutivo – Il processo esecutivo non si svolge nel contraddittorio delle parti, perchè alla sua origine non vi sono due pretese sostanziali contrapposte aventi lo stesso, identico valore giuridico: non v’è, in altre parole, una incertezza teorico/astratta in ordine alla esistenza e/o titolarità di obblighi e diritti. Come detto, per superare tale incertezza occorre intraprendere un processo contenzioso. L’esecuzione forzata presuppone 1) un diritto e un obbligo giuridici normativamente ed astrattamente “certi”2; 2) una situazione di incertezza concreta, causata dalla mancata collaborazione del o dei soggetti obbligati (costoro non si comportano come dovrebbero per garantire la concreta attuazione del diritto controverso). Tipologie di esecuzione forzata – il codice di procedura civile disciplina 7 diverse tipologie di procedimenti esecutivi, diverse per oggetto, presupposti e modalità di svolgimento: - Espropriazione mobiliare presso il debitore; - Espropriazione presso terzi; - Espropriazione immobiliare; - Espropriazione di beni indivisi; - Espropriazione contro il terzo proprietario; - Esecuzione forzata per consegna di cose mobili o rilascio di immobili; - Esecuzione forzata degli obblighi di fare o non fare; Di solito i primi 5 procedimenti sono considerati forme di esecuzione forzata generica: secondo l’insegnamento tradizionale, gli stessi consentono di soddisfare lo specifico diritto del creditore procedente trasformandolo in un diritto dal contenuto più generico: un credito di danaro3. 1 Fermo restando che questi può opporsi alla esecuzione o ai singoli atti esecutivi, nei modi indicati dal codice di rito. 2 Tale certezza potrebbe dipendere,per esempio, dal fatto che una sentenza abbia riconosciuto la titolarità di un dato diritto in capo ad una certa persona (e, correlativamente, la titolarità di un obbligo in capo ad un’altra). 3 Questo, ovviamente, quando il credito non ha ad oggetto una somma di danaro fin dall’origine. 2 Gli altri due procedimenti sono considerati, invece, forme di esecuzione forzata specifica, perché consentono al creditore di ottenere i beni (mobili o immobili) o le prestazioni specifiche (prestazione di fare, oppure distruzione di quanto realizzato violando un obbligo di non fare) cui ha interesse . Monteleone però non condivide quest’impostazione, ritenendo che la stessa sia in “evidente contrasto” con la legge sostanziale e processuale4. Ciò dipende dal modo in cui l’autore concepisce: 1) i presupposti sostanziali della espropriazione forzata; 2)funzioni e presupposti dei c.d. procedimenti di esecuzione in forma specifica. Presupposti sostanziali dell’esecuzione forzata (secondo Monteleone) – Il Monteleone ritiene che i procedimenti esecutivi solitamente considerati forme di esecuzione “generica” servano a garantire la attuazione coattiva di diritti di credito nascenti da obbligazioni civili, e che gli stessi trovino fondamento nel principio della responsabilità patrimoniale del debitore per le obbligazioni assunte. Ma andiamo per gradi, provando a sintetizzare drasticamente le prolisse argomentazioni del Monteleone5: è noto che in qualsiasi rapporto giuridico obbligatorio figurano almeno due soggetti, il creditore e il debitore; il primo ha diritto a conseguire un certo bene (x es. una somma di danaro), il secondo è tenuto ad adempiere una certa prestazione, in modo da soddisfare l’interesse del suo creditore. Tale prestazione deve avere carattere patrimoniale (art. 1174 c.c.), cioè dev’essere suscettibile di valutazione in termini economici-monetari, qualunque sia il suo oggetto. In caso di inadempimento, il debitore deve risarcire il danno procurato al creditore (art. 1218 c.c.): in pratica, l’inadempimento converte ogni obbligazione che non abbia già ad oggetto una somma di danaro in un obbligo di risarcimento. In questo caso, l’intero patrimonio del debitore assurge ex lege a garanzia dell’adempimento di tale obbligo: infatti l’articolo 2740 del codice civile stabilisce che il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni assunte con tutti i suoi beni, presenti e futuri. Questa regola conferisce al creditore numerosi poteri di controllo del debitore, e di ingerenza nella sua sfera giuridico-patrimoniale: si pensi all’azione surrogatoria, all’azione revocatoria o al sequestro conservativo. Tra questi “meccanismi” di ingerenza può annoverarsi anche l’esecuzione forzata, o meglio i procedimenti solitamente detti “di esecuzione forzata in forma generica”; se il debitore non adempie la sua obbligazione, il creditore può fare espropriare certi suoi beni nei modi indicati dal codice di procedura civile (art. 2910 c.c.). In conclusione, secondo Monteleone l’espropriazione forzata sarebbe un istituto giuridico intimamente connesso alle obbligazioni civili, in quanto “ultimo sviluppo della responsabilità-garanzia patrimoniale gravante sul debitore” (II vol. del Manuale, p.64). Estraneità della esecuzione specifica rispetto alle obbligazioni civili: breve sintesi della tesi di Monteleone - secondo Monteleone i procedimenti solitamente detti di “esecuzione in forma specifica” sarebbero estranei alle obbligazioni civili e del tutto incompatibili con il principio di responsabilità patrimoniale del debitore, quindi non servirebbero ad attuare coattivamente diritti di credito nascenti da obbligazioni civili. Questo perché: - L’esecuzione per consegna di beni mobili, o per rilascio di beni immobili, ha ad oggetto sin dall’origine una cosa determinata non appartenente al debitore, al suo patrimonio. Non servono, quindi, a far valere la responsabilità patrimoniale del debitore ai sensi dell’articolo 2740 del codice civile, ma a far si che questi consegni o rilasci materialmente tale bene al creditore. - L’esecuzione per obblighi di fare o non fare serve a ripristinare nella sua integrità un certo diritto su un bene, menomato dal comportamento attivo o omissivo di chi era tenuto a rispettare il diritto in questione. Anche in questo caso, attraverso il processo esecutivo non si fa valere la responsabilità patrimoniale di cui all’art. 2740 c.c. Quindi, stando a questa tesi, tali procedimenti servirebbero ad attuare coattivamente i diritti (ad esempio quelli reali) che cadono direttamente su un determinato bene, e che possono essere violati dal comportamento di chi illecitamente turbi le facoltà e prerogative ad essi inerenti. 4 II volume del Manuale, pp.59-60. 5 Per le quali v. pp. 60-64 del II volume del Manuale. 5 “elemento costitutivo”, quindi il suo difetto o la sua irregolarità non inciderebbe sul diritto a procedere ad esecuzione forzata, potendo dar luogo solo ad opposizione ad atti esecutivi. 4.1. L’ambito soggettivo di efficacia del titolo spedito in forma esecutiva. Dopo la formazione del titolo, la pretesa esecutiva può essere legittimamente avanzata da e contro soggetti diversi da quelli cui esso è intestato. Più precisamente, dal lato attivo la spedizione in forma esecutiva può farsi a favore dei successori a titolo universale (erede) o particolare della persona cui il titolo era intestato. Inoltre si ritiene che il creditore possa sostituirsi al proprio debitore inerte agendo in via surrogatoria, ex art. 2900 c.c., per chiedere e ottenere il rilascio del titolo esecutivo spettante al secondo. Dal lato passivo, il titolo esecutivo vale contro gli eredi del defunto cui era intestato, quindi contro i soli successori a titolo universale. Il prof. Monteleone definisce i soggetti finora menzionati “terzi in senso solo apparente”, perché pur non essendo menzionati nel titolo esecutivo, sono subentrati alle parti originarie in via successoria. Ma dal lato passivo il titolo si può fare valere anche contro “veri e propri” terzi: in particolare,in caso di esecuzione per consegna e rilascio di un bene (mobile o immobile), contro chiunque possegga o detenga il bene in questione. B. ATTO DI PRECETTO. L'atto di precetto è un'intimazione di pagamento che deve obbligatoriamente precedere l'inizio dell'esecuzione forzata, e che viene fatta in forza di un titolo esecutivo. L'art. 480 del c.p.c. lo definisce "l'intimazione di adempiere l'obbligo risultante dal titolo esecutivo entro un termine non minore di dieci giorni" (con l'avvertimento che, scaduto detto termine, si procederà con l'esecuzione forzata senza ulteriori avvisi)11. Il precetto diventa inefficace se l’esecuzione non comincia entro 90 gg. dalla notifica dell’atto12. Entro questo termine dev’essere compiuto il primo atto esecutivo. Contenuti del precetto: 1) indicazione delle parti; 2) titolo esecutivo; 3) data in cui è avvenuta la sua notifica al debitore, se effettuata separatamente dal precetto; 4) trascrizione integrale del titolo, quando questo è costituito da una scrittura privata autenticata; 5) sottoscrizione. Il precetto deve contenere pure "la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio della parte istante nel comune in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione. In mancanza, le opposizioni al precetto si propongono davanti al giudice del luogo in cui e' stato notificato, e le notificazioni alla parte istante si fanno presso la cancelleria del giudice stesso" . Tale omissione dunque non pregiudica la validità dell'atto. La dottrina processual-civilistica italiana ha a lungo discettato a proposito della natura giuridica, della funzione e dei requisiti dell’atto di precetto. Di seguito ci si limita a segnalare alcune questioni teoriche, e a discuterle molto sinteticamente: Il precetto- da solo o assieme al titolo o ad altri atti esecutivi – ha natura e funzione di domanda giudiziale? Monteleone risponde negativamente. L’autore ritiene che il precetto sia una intimazione, un atto di costituzione in mora col quale il creditore non domanda nulla, limitandosi a ingiungere al debitore l’adempimento e avvertendolo che, in caso contrario, agirà esecutivamente ne suoi confronti. È un atto processuale o sostanziale? A detta di Monteleone, si tratterebbe di “atto sostanziale, poiché espressione del diritto da soddisfare, produttivo anche di effetti processualmente rilevanti”13. Cosa succede se il precetto difetta dei requisiti richiesti dalla legge? Innanzitutto bisogna ricordare che alcuni dei requisiti sopra elencati sono espressamente richiesti dalla legge (v.art. 480, 2° comma) a pena di nullità dell’atto. Tali difetti devono essere fatti valere mediante opposizione agli atti esecutivi. La giurisprudenza di legittimità ha talora considerato invalidanti anche l’omesso richiamo del titolo esecutivo e della sua data di notifica, perché ciò impedirebbe all’obbligato di identificare esattamente il suo obbligo, ma Monteleone ritiene che in questi casi la sanzione della nullità sia eccessiva, perché (come si dirà nel prossimo paragrafo) prima dell’atto di precetto dev’essere 11 Ma l’interessato può chiedere al capo dell’ufficio competente per l’esecuzione di essere autorizzato alla esecuzione immediata, laddove tema che, lasciando trascorrere questi 10 gg., possa subire un pregiudizio: per esempio, perdere la sua garanzia patrimoniale, oppure se teme per la distruzione, sottrazione o alterazione del bene da consegnare o rilasciare. 12 Secondo Monteleone l’inutile decorso di questo termine non comporta l’estinzione del processo esecutivo, ma solo la decadenza degli effetti processuali del precetto: in pratica, è come se lo stesso non fosse mai stato notificato. Il difetto però può essere facilmente eliminato notificando un nuovo atto di precetto. 13 Pag.91, II volume del manuale. 6 notificato il titolo esecutivo, e comunque il debitore conosce bene la vicenda processuale o negoziale da cui discende la sua obbligazione. 1. Notifica del titolo esecutivo e dell’atto di precetto. Il titolo esecutivo va notificato alla parte personalmente, a norma degli artt. 137 e ss. c.p.c. ; se però si tratta di una sentenza, entro l’anno della pubblicazione può anche essere notificata al difensore costituito. Il precetto, invece, deve sempre essere notificato alla parte personalmente. Titolo e precetto possono essere notificati assieme; in certi casi la notifica congiunta è una necessità: per esempio le cambiali, gli assegni o le scritture private (che, come visto, sono tipici titoli esecutivi extra- giudiziali) non si notificano separatamente, ma debbono necessariamente essere trascritte nel precetto. TERZA PARTE 7 MODI E FORME DELL’ESPROPRIAZIONE FORZATA (REGOLE GENERALI) 1. Cumulo di mezzi di espropriazione. Dopo avere notificato al debitore il titolo esecutivo e il precetto, il creditore può valersi cumulativamente dei vari mezzi espropriativi previsti dalla legge, pignorando beni mobili, immobili o crediti del suo debitore. In altre parole, nei confronti dello stesso soggetto possono essere avviati diversi procedimenti espropriativi. Tuttavia, su opposizione del debitore, il giudice dell’esecuzione con ordinanza non impugnabile può stabilire quale tra i diversi procedimenti esecutivi intrapresi deve proseguire: potrà trattarsi di quello scelto dal creditore, o di quello per cui ha optato lo stesso giudice. Questa “limitazione” presuppone, ovviamente, l’avvenuto pignoramento di beni di diversa natura (per es., mobili ed immobili), perché se sono stati pignorati beni di natura identica il debitore può ottenere la riduzione ex art.496 c.p.c. (vedi infra). 2. Giudice dell’esecuzione. Il tribunale territorialmente competente rispetto al singolo procedimento espropriativo è determinato in base a criteri diversi a seconda dei casi:  Esecuzione forzata su cose mobili o immobili – competente il giudice del luogo dove queste cose si trovano;  Esecuzione forzata su autoveicoli, motoveicoli, rimorchi – giudice del luogo dove il debitore ha domicilio, residenza, dimora o sede.  Espropriazione presso terzi- giudice del luogo dove il debitore ha domicilio, residenza, dimora o sede. Se il 3° è una P.A., il giudice del luogo ove essa ha la sede14. In particolare, la competenza spetta al Tribunale in composizione monocratica. Il magistrato-persona fisica che dirige il procedimento esecutivo (cioè, il giudice dell’esecuzione propriamente detto) è nominato con decreto dal Presidente del Tribunale, dopo che il cancelliere gli trasmette il fascicolo dell’esecuzione. 2.1. Funzioni e provvedimenti del giudice dell’esecuzione. Il giudice dell’esecuzione dirige il procedimento esecutivo, adottando appositi provvedimenti nei casi e nelle forme richieste dalla legge. Non è suo compito accertare diritti contestati/incerti o risolvere controversie giuridiche, non essendo questo lo scopo del processo esecutivo (v. sopra, parte 1). Conseguentemente,di regola i provvedimenti del giudice dell’esecuzione hanno la forma dell’ordinanza o del decreto, anziché della sentenza. Fintanto che non hanno avuto esecuzione, le ordinanze possono essere modificate o revocate. Se però vengono sollevate opposizioni di forma o di merito, che danno luogo a vere e proprie cause a contraddittorio pieno,il giudice le decide con sentenza. Se il giudice ritiene necessario (o la legge impone) di ascoltare le parti ed altri eventuali interessati prima di emettere un dato provvedimento, fissa con decreto una apposita udienza15. Se al’udienza qualcuna delle parti convocate non è comparsa , e risulta o appare probabile che ciò non è dipeso dalla sua volontà, viene fissata una nuova udienza, da comunicare alla parte che ha disertato la prima16. 2.2. Fascicolo dell’esecuzione. A seguito del pignoramento, e del suo deposito in segreteria (v. infra, parte 4) il cancelliere forma il fascicolo dell’esecuzione. Nel fascicolo sono inseriti tutti gli atti compiuti dal giudice, dallo stesso cancelliere e dall’ufficiale giudiziario, nonché gli atti e i documenti depositati dalle parti. 3. Forma delle domande e delle istanze. Le domande e le istanze che si propongono al giudice dell'esecuzione, se la legge non dispone altrimenti, sono proposte oralmente quando avvengono all'udienza, e con ricorso da depositarsi in 14 Quando si parla di “luogo” ci si riferisce alla circoscrizione del tribunale. 15 Il decreto viene comunicato dal cancelliere ai soggetti convocati. 16 Questa regola non è espressione del principio del contraddittorio in senso tecnico: serve “solo”a favorire la ponderatezza delle decisioni giudiziali. 10 scritture contabili, e può nominare un professionista che esamini tali documenti, al fine di individuare beni e crediti pignorabili. 2. Effetti processuali e sostanziali del pignoramento. EFFETTI PROCESSUALI  Determinazione dell’oggetto della espropriazione, cioè degli specifici beni che vengono pignorati.  Effetto conservativo-cautelare, che si concretizza nella custodia del/i bene/i pignorati e nella inefficacia degli eventuali atti di disposizione degli stessi. EFFETTI SOSTANZIALI  Gli atti di disposizione del bene pignorato sono inefficaci nei confronti del creditore pignorante, e nei confronti di quelli successivamente intervenuti nel procedimento espropriativo trattasi di inefficacia relativa: gli atti di disposizione non sono opponibili ai creditori che prendono parte al processo esecutivo, ma sono pienamente validi nei confronti di terzi19. 3. Pignoramenti plurimi e successivi(art. 493 c.p.c.). Pignoramenti plurimi (o cumulativi). Diversi creditori, avvalendosi dello stesso titolo esecutivo o di titoli diversi, possono fare congiuntamente richiesta all’ufficiale giudiziario affinchè questi pignori certi beni del debitore. In questo caso il pignoramento dovrà colpire e vincolare un cespite, o dei cespiti, dal valore corrispondente al complesso dei crediti. Pignoramenti successivi. Il secondo comma dell’articolo 493 c.p.c. stabilisce che il bene oggetto di pignoramento può successivamente essere pignorato di nuovo, su istanza di un altro o di altri creditori. Questa disposizione deve essere integrata dalle norme disciplinanti i pignoramenti successivi nell’ambito dei singoli procedimenti espropriativi (immobiliare, mobiliare e presso terzi): è regola generale che, in questi casi, il cancelliere deve riunire gli atti relativi ai singoli pignoramenti in un unico fascicolo. Infine, il 3° comma dell’articolo 493 stabilisce che ogni pignoramento ha “effetto indipendente”, anche se viene riunito ad altri in un unico processo. Ciò vuol dire che l’azione esecutiva intrapresa da ciascun creditore mantiene la sua autonomia ed individualità; quindi, tanto per fare qualche esempio, i vizi formali o sostanziali che inficiano l’iniziativa di uno dei creditori non colpiscono anche gli altri, e le opposizioni di forma o merito rivolte contro un creditore non hanno effetto nei confronti degli altri. Da ciò si desume che nelle ipotesi prospettate non ha luogo alcuna forma di litisconsorzio, ma una mera riunione di procedimenti a scopi di economia processuale. 4. Pignoramento nelle mani dell’ufficiale giudiziario Il debitore può evitare il pignoramento: a) versando nelle mani dell’ufficiale giudiziario una somma pari all’importo del credito per cui si procede e a quello delle spese, con l’incarico di consegnarla al creditore. Così facendo il debitore adempie tardivamente alla propria obbligazione. Il pagamento andrà fatto in danaro contante, o con mezzo equivalente; nel momento in cui riceve la somma l’ufficiale giudiziario né da atto a verbale, liberando così il debitore20. L’effetto liberatorio però non si verifica se il versamento viene fatto con riserva di ripetizione, non implicando così il riconoscimento 18 Trattasi della sanzione prevista dal 5° comma dell’articolo 388 del codice penale: reclusione fino a 1 anno, multa fino a 516 euro. 19 Ciò dipende dal fatto che il diritto di proprietà del debitore e il potere espropriativo del creditore corrono su piani diversi, e non interferiscono mai. Come si vedrà quando analizzeremo la disciplina delle varie tipologie di espropriazione, la proprietà del debitore, intesa in senso strettamente civilistico, non è un presupposto di legittimità del pignoramento. Ciò è particolarmente evidente nella espropriazione mobiliare (vedi scheda 3). 20 Per cui, se la somma consegnata all’ufficiale giudiziario per qualsiasi ragione non giunge al creditore, il debitore non è tenuto a risponderne. 11 del debito e la rinuncia alla sua contestazione; b) versando la suddetta somma (aumentata di due decimi) all’ufficiale giudiziario affinchè venga pignorata: in tal caso l’intento del debitore non è adempiere tardivamente, ma evitare il pignoramento di certi suoi beni, sostituendo agli stessi una somma di danaro. In seguito l’espropriazione forzata prosegue il suo iter normalmente ( iter che risulta notevolmente snellito, divenendo superflua la fase della vendita). 5. Conversione del pagamento. Prima che venga emessa l’ordinanza di autorizzazione alla vendita dei beni pignorati, il debitore può chiedere di sostituire a questi beni una somma pari all’importo dei crediti da soddisfare21, comprensivi di capitale, interessi e spese di esecuzione. A pena di inammissibilità l’istanza dev’essere accompagnata dal contestuale deposito in cancelleria di una somma non inferiore a 1/6 dell’importo complessivo dei vari crediti, quale risultante dall’atto di pignoramento e dai singoli atti di intervento. A sua volta, il cancelliere depositerà questa somma in un istituto di credito individuato dal giudice dell’esecuzione. L’esatto importo della somma da sostituire al o ai beni pignorati è determinato dal giudice dell'esecuzione con ordinanza, dopo avere sentito le parti in udienza22. L'istanza può essere avanzata una sola volta, a pena di inammissibilità Ratio della conversione : favorire il debitore che vuole evitare l'esecuzione, ed i rischi connessi - ad esempio una vendita dei propri beni a prezzo vile. Ratio del divieto di reiterazione dell’istanza di conversione : 1) impedire che il debitore rallenti eccessivamente il corso della procedura esecutiva; 2) richiamare l'attenzione del debitore sull'importanza della sua richiesta, ed indurlo a formularla con attenzione, consapevole che in caso di rigetto, o di mancato pagamento delle somme indicate dal giudice dell’esecuzione, non potrà reiterarla. 6.1. Rateizzazione in caso di conversione Quando vengono pignorati beni immobili o cose mobili, e solo in questi casi, il pagamento della somma sostitutiva del pignoramento può essere rateizzato. Le cose pignorate sono liberate dal pignoramento solo una volta che sia stata versata l'intera somma. La rateizzazione è possibile se esistono “giustificati motivi”, e per un massimo di 48 mesi. Le rate devono essere versate mensilmente. Se il debitore non versa una rata, o paga con ritardo superiore a quindici giorni, decade dal beneficio della conversione. 7. Riduzione. Su istanza del debitore, oppure d'ufficio, il giudice può disporre – con ordinanza- la riduzione del pignoramento, dopo aver sentito i creditori e quando ritenga che il valore dei beni pignorati è superiore all'importo di crediti e spese. La riduzione presuppone: 1) che siano stati pignorati vari beni, o un bene facilmente divisibile; è dubbio che vi si possa procedere quando il pignoramento ha ad oggetto crediti; 2) che la vendita non sia stata ancora eseguita. L’ordinanza può essere modificata o revocata, ed eventuali suoi vizi formali possono essere contestati tramite opposizione agli atti esecutivi. Una volta disposta la riduzione del pignoramento, alcuni beni vengono "liberati" dal vincolo giuridico e il debitore può tornare a disporne liberamente. QUINTA PARTE INTERVENTO DEI CREDITORI L’articolo 2741 del codice civile stabilisce che “i creditori hanno uguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, salvo le legittime cause di prelazione”; potrebbe pensarsi che tale regola costituisca il fondamento – a livello di diritto sostanziale – dell’intervento e del concorso dei creditori nel processo 21 Cioè quello del creditore pignorante e, eventualmente, quelli dei creditori intervenuti nel procedimento. 22 L’emissione di tale ordinanza non implica alcun accertamento irrevocabile dei crediti. Gli interessati possono contestare la legittimità del provvedimento tramite opposizione agli atti esecutivi. 12 esecutivo. In realtà, la stessa è una conseguenza necessaria del principio della responsabilità patrimoniale del debitore espresso dall’articolo 2740 cc.; infatti, se ogni debitore risponde dell’adempimento di qualsiasi obbligazione assunta con i suoi beni presenti e futuri, è naturale che tutti i creditori abbiano diritto a soddisfarsi su tali beni. Quindi, in ultima istanza, l’intervento e il concorso dei creditori nel processo esecutivo trovano il loro presupposto nel principio della responsabilità patrimoniale del debitore. 1. Creditori legittimati ad intervenire. Possono intervenire nel processo esecutivo:  I soggetti muniti di un titolo esecutivo che può farsi valere contro il debitore;  I creditori che al momento del pignoramento avevano già eseguito un sequestro (conservativo) sui beni pignorati;  Coloro che vantano sui beni pignorati un diritto di pegno o di prelazione risultante da pubblici registri;  I soggetti il cui credito è documentato dalle scritture contabili che gli imprenditori commerciali sono obbligati a tenere. Per intervenire, quindi, non è indispensabile – o meglio, non è sempre necessario - che il creditore sia munito di un titolo esecutivo. Tuttavia, come si vedrà, i creditori intervenuti nel procedimento di esecuzione senza titolo esecutivo, e il cui credito non è stato riconosciuto dal debitore, al momento della distribuzione delle somme ricavate dalla vendita dei beni pignorati sono svantaggiati rispetto agli altri 1.1. Il cosiddetto “intervento provocato”: avviso ai creditori che possono vantare una causa di prelazione. Il soggetto che decide di soddisfare un proprio diritto di credito avviando un procedimento di esecuzione forzata nei confronti del proprio debitore, deve avvertire gli eventuali altri creditori che hanno un diritto di prelazione sui beni pignorati, risultante da pubblici registri. A costoro dev’essere notificato un avviso indicante: 1) le generalità del pignorante; 2) l’ammontare del credito per cui si procede; 3) il titolo esecutivo che legittima l'azione; 4) i beni pignorati. L’articolo 158 delle disposizioni attuative del c.p.c. prevede che tale avviso dev’essere notificato pure al creditore sequestrante i beni pignorati, se il sequestro risulta da pubblici registri. Tale notifica serve a facilitare l’intervento di tali creditori “garantiti” nella procedura esecutiva, consentendogli di soddisfare il loro diritto di credito (che, altrimenti, non potrebbero più fare valere) 2. Modalità dell’intervento. L’intervento si attua mediante ricorso, depositato nella cancelleria del giudice dell’esecuzione prima dell'udienza con la quale è disposta la vendita o l'assegnazione. Nel ricorso bisogna indicare l’ammontare del credito vantato, il titolo esecutivo su cui si fonda, la domanda a partecipare alla distribuzione della somma ricavata e la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il giudice territorialmente competente per l’esecuzione. 2.1. Intervento dei creditori non muniti di titolo esecutivo. Il creditore di somme di danaro risultanti da scritture contabili deve depositare, contestualmente al ricorso e a pena d’inammissibilità del suo intervento, un estratto notarile autentico di dette scritture. Più in generale, qualsiasi creditore il cui intervento non si basa su un titolo esecutivo deve notificare al debitore, entro i 10 gg. successivi al deposito del ricorso, copia del ricorso stesso e dell’estratto notarile attestante il suo credito. La notifica di questi atti è funzionale allo svolgimento dell’udienza cui fa riferimento il 5° comma dell’art. 499 c.p.c.: “con l’ordinanza con cui è disposta la vendita o la assegnazione (…..) il giudice fissa altresì l’udienza di comparizione innanzi a sé del debitore e dei creditori intervenuti privi di titolo esecutivo”. In udienza il debitore deve dichiarare quali crediti intende riconoscere e quali no. È possibile un riconoscimento parziale (con indicazione della relativa misura). Se non compare tutti i crediti si hanno per riconosciuti. Ad ogni modo il riconoscimento rileva ai soli fini dell'esecuzione. 3. Termini ed effetti dell’intervento. 15 verifica:1) in caso di espropriazione mobiliare, nel momento dell’aggiudicazione o del pagamento del prezzo; 2) in caso di espropriazione immobiliare, quando il giudice dell’esecuzione emette il decreto di trasferimento. Se il creditore procedente è in malafede (avendo chiesto la vendita forzata di certi beni pur sapendo che non appartenevano a debitore), il terzo che ha perduto il suo diritto potrà agire contro costui per i danni e le spese. Garanzia per evizione e vizi. In caso di vendita forzata è esclusa la garanzia per vizi, mentre quella per evizione è decisamente più limitata: l’aggiudicatario evitto può ripetere il prezzo che ha pagato, dedotte però le spese del processo esecutivo e, comunque, a condizione che il danaro non sia stato già distribuito ai creditori. In caso contrario potrà rivolgersi contro ciascuno di costoro per le somme loro distribuite, e contro il debitore per l’eventuale residuo incassato. Ad ogni modo, il prezzo non può essere ripetuto nei confronti dei creditori privilegiati o ipotecari, ai quali la causa di evizione non era opponibile. Approfondimento: effetti traslativi e diritti di terzi. Può capitare che soggetti terzi vantino diritti sulla cosa venduta: si pensi, per esempio, all’ipotesi in cui il creditore chieda in buona fede la vendita di un immobile che credeva di proprietà del debitore escusso, ma che in realtà appartiene ad un terzo. In questo caso: 1) Se la vendita ha ad oggetto beni immobili, il terzo proprietario (o titolare di altro diritto reale di godimento) che può avvalersi di un titolo prevalente rispetto alla espropriazione non subisce alcun pregiudizio, potendo rivendicare il bene nei confronti dell’aggiudicatario. 2) In caso di beni mobili, invece, il terzo deve fare valere le sue ragioni proponendo opposizione di terzo nei termini indicati dalla legge26. In caso contrario non potrà più agire nei confronti dell’acquirente in buona fede, né potrà rivolgersi ai creditori per ripetere quanto a loro pagato. 1.3. Irregolarità e vizi del procedimento di vendita. Considerato che la vendita avviene attraverso un complesso procedimento sottoposto al controllo del giudice dell’esecuzione, il Monteleone ritiene che ogni irregolarità o vizio relativo alla vendita forzata , in quanto vizio del procedimento giurisdizionale esecutivo, debba farsi valere (salvo particolari eccezioni) mediante opposizione agli atti esecutivi, proponibile da chiunque vi abbia interesse (creditori,debitore, offerenti). A tal fine non sarebbe possibile, quindi, avvalersi dei mezzi previsti dalle norme sostanziali per contestare vizi o irregolarità della compravendita contrattuale27. 2. Assegnazione. Nell’ambito del procedimento di espropriazione forzata il termine assegnazione può essere riferito a tre istituti parzialmente diversi tra loro: Assegnazione satisfattiva – ha luogo nel procedimento di espropriazione mobiliare, quando il pignoramento cade su danaro, titoli di credito, oggetti d’oro o argento o cose il cui valore risulti da listini di borsa o di mercato. Assegnazione di crediti – ha luogo nell’ambito del procedimento di espropriazione mobiliare presso terzi. Assegnazione sostitutiva della vendita – trattasi di una vendita forzata dei beni pignorati fatta al creditore anziché a terzi. 2.1. Regole generali della assegnazione sostitutiva della vendita, effetti della stessa. Gli artt. 505-507 dettano alcune regole generali per l’assegnazione sostitutiva della vendita, salva l’applicazione delle regole particolari dettate con riferimento ai singoli procedimenti espropriativi. 26 Vedi scheda 8, dedicata alle opposizioni. 27 Ciò non esclude la possibilità, in casi del tutto residuali, di avvalersi di rimedi di diritto privato: ciò vale soprattutto nel caso di vendita aliud pro alio, cioè quando il bene pignorato è radicalmente diverso nella identità o per le qualità rispetto a quello descritto negli atti esecutivi. In questa ipotesi la vendita forzata s considera impugnabile perché nulla, e quindi si consente all’aggiudicatario di ripetere il prezzo eventualmente versato. 16  L’assegnazione può essere chiesta nei termini previsti per la vendita (dopo che sono trascorsi almeno 10 gg. dal pignoramento e non oltre 90 gg. dallo stesso).  L’istanza di assegnazione può essere avanzata dal creditore pignorante e, in base ai principi general, deve ritenersi che possa essere chiesta anche dai creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo. L’articolo 505 stabilisce che “se sono intervenuti altri creditori, l’assegnazione può essere chiesta a vantaggio di uno solo o più, d’accordo fra tutti”. E’ ben difficile capire il significato di questa formula; potrebbe intendersi nel senso che, se sono presenti diversi creditori muniti di titolo esecutivo, l’assegnazione può essere chiesta autonomamente da ognuno di essi, ma il giudice può disporla solo con l’accordo di tutti.  Per evitare speculazioni da parte dei creditori, il codice (art. 506 cpc) fissa il valore minimo dell’assegnazione sostitutiva di vendita: una somma non inferiore alla spese dell’esecuzione e al valore dei crediti aventi diritto a prelazione. Se il prezzo di assegnazione è superiore a questo valore, sull’eccedenza concorrono il creditore offerente e tutti gli altri. 2.2. Effetti sostanziali dell’assegnazione. Dal punto di vista sostanziale l’assegnazione produce gli stessi effetti della vendita forzata, salvo quanto previsto da alcune regole speciali. Se sono state assegnate cose mobili, i terzi proprietari (o titolari di altri diritti reali sulle stesse) entro 60 gg. dall’assegnazione possono rivolgersi al creditore assegnatario in buona fede, per ripetere la somma corrispondente al suo credito soddisfatto. La norma non si applica quando il creditore assegnatario è in malafede, nel qual caso può usarsi lo strumento della rivendicazione, e se il terzo ha proposto tempestivamente opposizione alla’espropriazione. Se oggetto dell’assegnazione è un credito, il diritto dell’assegnatario verso il suo debitore si estingue solo quando il credito assegnato viene effettivamente riscosso. SETTIMA PARTE LA DISTRIBUZIONE DEL RICAVATO. La distribuzione della somma ricavata dalla vendita forzata costituisce l’ultima fase del processo esecutivo. 1. Modalità di distribuzione. 17 La distribuzione avviene secondo modalità diverse a seconda del numero di creditori intervenuti nella procedura esecutiva. Un solo creditore procedente  il giudice dell'esecuzione dispone il pagamento di quanto gli spetta a titolo di capitale, spese e interessi, sentito il debitore. Più creditori intervenuti nel procedimento esecutivo  La somma ricavata deve essere ripartita tra tutti i creditori, secondo quanto previsto dalle specifiche regole disciplinati le varie tipologie di espropriazione. Terminata la distribuzione, l’eventuale residuo viene consegnato al debitore, o al terzo che ha subito l'espropriazione. Nell’effettuare la ripartizione si tiene conto delle eventuali cause di prelazione. Inoltre, prima di procedere alla distribuzione, si dispone l’accantonamento delle somme spettanti ai creditori che sono intervenuti senza titolo esecutivo, il cui credito non sia stato riconosciuto - in tutto o in parte- dal debitore(v. infra per approfondimenti). 1.1. Accantonamento a favore dei creditori privi di titolo. L’accantonamento viene disposto dal giudice dell’esecuzione per il solo tempo ritenuto necessario affinché i creditori interessati possano munirsi di titolo esecutivo. Comunque, per non più di tre anni. Decorso inutilmente tale termine, il giudice procede con la distribuzione della somma accantonata tra coloro che ancora non sono stati integralmente soddisfatti. Anche in questo caso, l'eventuale residuo viene restituito al debitore o al terzo che abbia subito l'espropriazione. Qual è l’entità dell’accantonamento a favore dei creditori privi di titolo? In mancanza di espresse indicazioni legislative, possono prospettarsi varie soluzioni. Potrebbe ritenersi che tale accantonamento debba coprire integralmente il valore del credito, oppure che debba farsi un piano di riparto tra tutti i creditori, e accantonare le somme spettanti pro quota a quelli intervenuti senza titolo. Monteleone ritiene preferibile questa seconda soluzione, perché non è da escludere che l’ammontare del credito vantato dal creditore senza titolo sia tale da assorbire tutto o gran parte del ricavato. 2. Domanda di sostituzione. I creditori del creditore intervenuto nel procedimento di esecuzione possono chiedere al giudice di sostituirlo nella distribuzione. La richiesta dev’essere fatta tramite ricorso, depositato presso la cancelleria del giudice dell'esecuzione, prima dell'udienza con la quale è disposta la vendita o l'assegnazione. Il giudice provvede quindi alla distribuzione anche nei confronti di tali soggetti. Non bisogna confondere quest’istituto con l’azione surrogatoria (art. 290 c.c.). la domanda di sostituzione non presuppone alcuna inerzia , e ha un fine chiaramente satisfattivo, estraneo all’azione surrogatoria. Infatti il creditore “subentrante”, per così dire, incamera le somme che sarebbero spettate al suo debitore, ottenendo così il soddisfacimento del suo credito. Infine, la domanda di sostituzione può essere avanzata solo dal titolare di un credito certo, liquido ed esigibile, mentre queste condizioni non sono richieste per agire in via surrogatoria, ex art. 2900 c.c. Le eventuali contestazioni mosse alle domande di sostituzione non sospendono la distribuzione delle somme ricavate dalla vendita forzata. 3. Controversie tra creditori concorrenti, o tra creditore e debitore, o tra creditore o terzo assoggettato a espropriazione. L’articolo 512 del codice indica in maniera sintetica i criteri da seguire per risolvere le eventuali controversie sorte in fase di distribuzione del ricavato. Il Monteleone riesce nell’impresa di dedicare ben 6 pagine al commento di un articolo di 10 righe; di seguito le sintetizzerò drasticamente, provando a cogliere i punti focali delle argomentazioni dell’autore28. Ma innanzitutto vediamo cosa stabilisce l’articolo 512: “Se, in sede di distribuzione, sorge controversia (…) circa la sussistenza o l'ammontare di uno o più crediti o circa la sussistenza di diritti di prelazione, il giudice dell’esecuzione, sentite le parti e compiuti i necessari accertamenti, provvede con ordinanza, impugnabile nelle forme e nei termini di cui all’art. 617 c.p.c. Il giudice può, con l’ordinanza di cui al primo comma, sospendere, in tutto o in parte, la distribuzione della somma ricavata”. Passiamo ora alla rassegna delle questioni teoriche indicate dal Monteleone:  Qual è il rapporto tra l’opposizione alla esecuzione (ex art. 615 c.p.c.) e le contestazioni di cui all’art. 512? La questione è stata a lungo oggetto di dispute dottrinali, e alcuni autori avevano 28 Ma per chi volesse godersi i virtuosismi argomentativi dell’autore, si rimanda alla lettura delle pp. 148-154 del II volume del manuale. 20 In quest’ipotesi si avrà contestualmente un pignoramento immobiliare e un pignoramento mobiliare, che poi verranno congiunti: l'ufficiale giudiziario forma atti separati per l'immobile e per i mobili, ma laù documentazione relativa ai due pignoramenti verrà depositata presso la cancelleria del medesimo giudice dell’esecuzione. 2. RIDUZIONE ED ESTENSIONE DEL PIGNORAMENTO Se il creditore ipotecario estende il pignoramento a beni che non sono ipotecati in suo favore, il giudice dell’esecuzione può ridurre il pignoramento a norma dell’art.496 cp.c. (vedi scheda 1), oppure può sospendere la vendita di questi beni, in attesa che si vendano quelli ipotecati: la norma serve ad evitare la espropriazione di immobili non ipotecati quando il creditore può essere soddisfatto col ricavato della vendita di quelli gravati da garanzia. 3. CUSTODIA DEI BENI PIGNORATI. A seguito del pignoramento, il debitore è costituito ope legis custode dei beni pignorati, compresi accessori e pertinenze. Egli è soggetto agli obblighi e alle responsabilità inerenti alla custodia, ma non ha diritto ad alcun compenso31. L’inosservanza di tali obblighi ne impone la sostituzione. Il giudice dell’esecuzione nomina custode un terzo: 1) quando lo chiede il creditore (quello pignorante o uno di quelli intervenuti); 2) d’ufficio, quando l’immobile non è occupato da debitore. In tal caso il giudice deve affidare la custodia a una persona diversa dal debitore; 3) dopo avere emesso l’ordinanza di vendita dell’immobile pignorato, quando originariamente la custodia era stata affidata al debitore. In tal caso viene nominato custode il soggetto incaricato della vendita, a meno che la particolare natura dei beni non renda inutile tale sostituzione. Tutti i provvedimenti in fatto di custodia emessi dal giudice dell’esecuzione hanno la forma dell’ordinanza ”non impugnabile” (art. 559, ultimo comma). Il professore Monteleone ritiene che, in questo caso, “non impugnabile” significa solo che il giudice non può modificare o revocare il provvedimento, ma chi vi ha interesse può opporvisi nei modi previsti dalla legge. In caso contrario, secondo l’autore, la disposizione esprimerebbe una norma costituzionalmente illegittima, in contrasto con l’art. 24 Cost, perché: a) queste ordinanze incidono sui diritti delle parti; b) trattandosi di provvedimenti strumentali al procedimento espropriativo, non sono suscettibili di ricorso straordinario per cassazione (ex art. 111 Cost.), 3.1. LIBERAZIONE DELL’IMMOBILE PIGNORATO; CENNI. Per agevolare la vendita dell’immobile pignorato, il giudice dell’esecuzione ne dispone la liberazione, senza oneri per l’aggiudicatario o l’assegnatario, quando: - Non ritiene di autorizzare il debitore a continuare ad abitare l’immobile; - Revoca l’autorizzazione ad abitarlo concessa precedentemente; la liberazione viene disposta con ordinanza, contro la quale è possibile fare opposizione nelle forme previste dalla legge. L’attuazione del provvedimento è demandata al custode, ed è effettuata secondo le disposizioni del giudice dell’esecuzione32. 4. PIGNORAMENTI SUCCESSIVI. L’immobile appartenente ad un certo individuo potrebbe essere pignorato in successione da diversi suoi creditori. Dato che il pignoramento immobiliare richiede la trascrizione in pubblici registri, è facile accorgersi se sullo stesso bene è stato eseguito più di un pignoramento. In questo caso, il conservatore del registro immobiliare deve farne menzione nella nota di trascrizione. A questo punto: 31 Il custode (sia esso il debitore o un terzo) è tenuto a rendicontacre la gestione dell’immobile pignorato (art. 360 c.p.c.). non può concederlo in locazione senza l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione. 32 Laddove sia necessario, per fare attuare l’ordine di liberazione il giudice può avvalersi della forza pubblica. Quando nell’immobile si trovano beni mobili o documenti che non debbono essere consegnati, il custode intima l’asporto di tali oggetti alla parte tenuta al rilascio, o al soggetto al quale gli stessi risultano appartenere, indicando il termine (comunque non inferiore a 30 gg.) entro cui deve avvenire. Decorso inutilmente questo termine, i beni e/o documenti non asportati si intendono abbandonati. Il custode ne dispone lo smaltimento o la distruzione (salvo istruzioni diverse del giudice della esecuzione). 21  se il secondo pignoramento è stato trascritto anteriormente alla prima udienza di autorizzazione alla vendita, esso equivale ad un intervento tempestivo nella procedura esecutiva iniziata per prima. Il relativo atto viene inserito nel fascicolo del procedimento già in corso, e si svolge un’unica procedura esecutiva. Ogni pignoramento però conserva la propria autonomia ed individualità.  Se il secondo pignoramento è stato trascritto dopo la prima udienza di autorizzazione alla vendita, esso equivale a un intervento tardivo nella procedura esecutiva iniziata per prima. SECONDA FASE: VENDITA O ASSEGNAZIONE. 1. ISTANZA DI VENDITA. Il creditore pignorante, o ognuno dei creditori intervenuti (purchè muniti di titolo esecutivo), entro 10 gg. di tempo dal pignoramento possono presentare istanza di vendita dell’immobile pignorato. L’istanza si propone con ricorso, da depositare presso la cancelleria del giudice dell’esecuzione. Successivamente, entro 60 gg. di tempo, il creditore deve depositare in cancelleria la i documenti che consentono la compiuta identificazione dell’immobile pignorato, quelli che dimostrano la sua appartenenza al debitore escusso e quelli che consentono di accertare eventuali vincoli esistenti sul bene33. Il termine è perentorio: il suo inutile decorso determina l’inefficacia del pignoramento, rilevabile anche d’ufficio dal giudice dell’esecuzione34. Il termine di 60 gg. può essere prorogato una sola volta e per non più di 60 gg., su istanza dei creditori o del soggetto escusso, per “giusti motivi”35. Entro 15gg. dal deposito della suddetta documentazione ipotecaria e catastale, il giudice dell’esecuzione emette decreto col quale: a) Fissa la data dell’udienza di autorizzazione alla vendita dell’immobile . b) Nomina un esperto per determinare il valore dell’immobile. 2. DETERMINAZIONE DEL VALORE DELL’IMMOBILE (e ruolo del perito estimatore). Il giudice determina il valore dell’immobile in base agli elementi forniti dalle parti e dall’esperto appositamente nominato36. Il consulente redige una relazione di stima contenente: - Una sommaria descrizione dell’immobile; - L’indicazione dei suoi confini e dati catastali; - Lo stato di possesso dell’immobile37; - L’indicazione degli eventuali vincoli o oneri gravanti sul bene (sia quelli in opponibili all’acquirente, sia quelli che rimarranno a suo carico). - La verifica della regolarità urbanistico/edilizia dell’immobile; - La verifica della sua agibilità; 33 In particolare, occorre allegare al ricorso. 1) l’estratto del catasto; 2) i certificati di iscrizioni e trascrizioni relative all’immobile pignorante, effettuate nei 20 anni anteriori alla trascrizione del pignoramento. Questi documenti possono essere sostituiti da un certificato notarile attestante le risultanze delle visure catastali e dei registri immobiliari. 34 Prima di rilevare l’inefficacia del pignoramento, ed eventualmente l’estinzione dell’intero processo esecutivo, il giudice deve fissare una apposita udienza per sentire le parti. 35 Il giudice assegna al creditore un termine di 60 gg. di quando ritiene che la documentazione da questi depositata debba essere completata. 36 Tra la data del provvedimento di nomina e quella dell’udienza di autorizzazione alla vendita non possono decorrere più di 90 gg. il termine non è imposto a pena di decadenza. 37 Se l’immobile è occupato da terzi, occorre indicare il titolo in base al quale è occupato. 22 - L’indicazione dell’importo annuo delle spese fisse di gestione o manutenzione; - L’indicazione del’importo di eventuali spese straordinarie, e di eventuali spese condominiali non pagate - L’indicazione di eventuali procedimenti giudiziari relativi all’immobile. Infine, se l’immobile è abusivo, il perito deve verificare ed indicare nella relazione se è possibile sanarlo e, se si, a che costo. Inoltre, deve verificare se sono state presentate istanza di condono38. La relazione deve essere depositata in cancelleria nei termini stabiliti dal giudice dell’esecuzione, e dev’essere inviata ai creditori e al debitore perlomeno 30 gg. prima dell’udienza di autorizzazione alla vendita. Successivamente, in udienza, costoro possono muovere delle osservazioni depositando apposite note. Tali note devono però essere invitate all’esperto almeno 15 gg. prima dell’udienza, in modo che esso, in udienza, possa fornire chiarimenti seduta stante. 3. UDIENZA DI AUTORIZZAZIONE ALLA VENDITA. All'udienza le parti possono fare osservazioni sui tempi e sulle modalità della vendita, e debbono proporre, a pena di decadenza, le opposizioni agli atti esecutivi, se non sono già decadute dal diritto di proporle. Se non vi sono opposizioni, oppure se su di esse si raggiunge un accordo,il giudice dell’esecuzione dispone con ordinanza la vendita degli immobili pignorati. Se vi sono opposizioni il giudice le decide con sentenza, quindi emette l’ordinanza di vendita. Di solito la vendita avviene senza incanto: il giudice dispone l’incanto solo quando ritiene probabile che in questo modo l’immobile possa essere venduto ad un prezzo superiore della metà rispetto al suo valore, determinato secondo le modalità sopra indicate. Originariamente il codice consentiva al giudice dell’esecuzione di decidere discrezionalmente il tipo di vendita da effettuare (con o senza incanto). Oggi, invece, il giudice è praticamente obbligato a disporre la vendita senza incanto, al di fuori dei casi eccezionali sopra menzionati. I contenuti dell’ordinanza di vendita sono in parte diversi a seconda che sia stata disposta la vendita all’incanto o senza incanto (vedi infra per la loro descrizione). 4. VENDITA (ALL’INCANTO O SENZA INCANTO). VENDITA SENZA INCANTO  Ordinanza di vendita – con l’ordinanza di vendita il giudice indica: 1) il termine entro il quale debbono essere presentate le offerte d’acquisto; 2) le modalità con cui dev’essere prestata cauzione; 3) se la vendita deve essere fatta in uno o più lotti; 4) il prezzo base dell’immobile, e il termine entro il quale lo stesso dev’essere depositato a seguito dell’aggiudicazione (nonchè le modalità del deposito)39; 5) l’udienza per la deliberazione sull’offerta;  Pubblicazione dell’avviso di vendita – il cancelliere pubblica un avviso di vendita indicante il nominativo debitore, gli elementi identificativi dell’immobile e il suo valore, il sito internet sul quale è stata pubblicata la relazione di stima del perito (vedi sopra), il nome e il numero di telefono del custode nominato in sostituzione del debitore. L’avviso deve contenere l’avvertimento che maggiori informazioni possono essere fornite dalla cancelleria del tribunale a chiunque ne abbia interesse.  Offerte d’acquisto – l’immobile può essere acquistato da chiunque, eccezion fatta per il debitore pignorato40. Le offerte devono essere presentate in forma scritta, e vanno depositate nella 38 Se si, il perito dovrà verificare e indicare nella relazione lo stato del procedimento di condono. 39Peraltro il pagamento del prezzo (come pure il deposito della cauzione, la presentazione delle offerte e l’eventuale svolgimento della gara tra offerenti) deve avvenire con modalità telematiche. A meno che ciò non sia pregiudizievole per gli interessi dei creditori, o per il sollecito svolgimento della procedura. 40 Secondo Monteleone, oltre al debitore anche il creditore procedente e quelli intervenuti non potrebbero presentare offerte di acquisto, perché, se lo facessero, si verificherebbe una sostanziale violazione del divieto di patto commissorio. Inoltre i creditori possono chiedere l’assegnazione sostitutiva di vendita del’immobile pignorato. 25 Se alcuni creditori o il debitore hanno mosso delle contestazioni, ma in udienza si è raggiunto un accordo per appianarle, ancora una volta il giudice ordina il pagamento delle singole quote43. Se non è stato possibile risolvere le contestazioni, occorrerà appianarle in via contenziosa (ex art. 512 c.p.c.). INTERVENTO DEI CREDITORI NELLA PROCEDURA ESECUTIVA. Intervento tempestivo quello attuato anteriormente alla prima udienza di autorizzazione alla vendita. Dà diritto a partecipare alla distribuzione del ricavato in parità con tutti gli altri in creditori intervenuti,salvi gli eventuali diritti di prelazione. Intervento tardivo quello attuato dopo l’ udienza di autorizzazione alla vendita, ma prima del’udienza per l’approvazione del progetto di distribuzione del ricavato. Il creditore intervenuto tardivamente viene soddisfatto dopo gli altri, se e quando rimangano ancora delle somme da distribuire. Se però ha un diritto di prelazione sui beni pignorati, lo conserva anche se è intervenuto tardivamente: in altre parole, per il creditore privilegiato la tempestività o meno dell’intervento è irrilevante, perché conserva comunque il diritto ad essere soddisfatto prioritariamente rispetto agli altri. Si rimanda, per il resto, alla analisi delle regole generali sull’intervento dei creditori nell’espropriazione forzata (scheda 1). LA ESPROPRIAZIONE IMMOBILIARE DELEGATA A PROFESSIONISTI. Il giudice dell’esecuzione procede direttamente alla vendita dei beni pignorati solo quando, dopo aver sentito i creditori, ritiene che in questo modo è possibile tutelare meglio gli interessi parti del processo esecutivo; in caso contrario delega lo svolgimento delle operazioni di vendita ad un professionista (avvocato, dottore commercialista o notaio) iscritto negli elenchi di cui all’art. 179 ter disp.att. c.p.c.44. Con l’ordinanza con cui dispone la delega il giudice dell’esecuzione stabilisce il termine entro cui la stessa deve essere eseguita, gli obblighi pubblicitari cui bisogna adempiere, il luogo della presentazione delle offerte di vendita senza incanto e il luogo dove tali offerte saranno esaminate e si svolgerà la gara tra gli offerenti. Poteri del professionista delegato –in estrema sintesi: il professionista delegato provvede a tutte le operazioni inerenti alla vendita cono senza incanto. Per una analisi più dettagliata, si rimanda alla lettura del lunghissimo articolo 591 bis cpc. Atti riservati al giudice dell’esecuzione – il professionista non può emettere il decreto di trasferimento, o pronunciare la decadenza dell’aggiudicatario che non ha pagato il prezzo nei termini di legge. Non può neanche procedere alla distribuzione di quanto ricavato dalla vendita. Tutti questi provvedimenti sono riservati al giudice della esecuzione. Revoca della delega- il giudice dell’esecuzione, sentito l’interessato,dispone la revoca della delega quando non vengono rispettati i termini e le direttive dettate per lo svolgimento delle operazioni di vendita, a meno che il professionista non dimostri che il mancato rispetto di questi termini e/o direttive è dipeso da cause a lui non imputabili. Difficoltà, contestazioni, reclami – Se nel corso delle operazioni dovessero “sorgere delle difficoltà”,il professionista può rivolgersi al giudice dell’esecuzione, che provvede con decreto. Questo decreto è reclamabile dalle parti innanzi allo stesso giudice che lo ha emesso,che decide con ordinanza. Sono decisi con ordinanza anche i ricorsi contro gli atti compiuti dal professionista delegato. I ricorso non hanno effetto sospensivo delle operazioni di vendita, fermo restando che il giudice dell’esecuzione può, ricorrendo gravi motivi, disporre la sospensione. 43 Secondo Monteleone, in udienza i creditori possono raggiungere un accordo modificativo del piano di distribuzione predisposto dal giudice, e, in tal caso, vertendosi in materia di diritti disponibili, il magistrato dovrebbe limitarsi a prenderne atto (pag. 217del Manuale, vol. II). 44 Il giudice provvede alla delega attraverso la stessa ordinanza di vendita. 26 ESPROPRIAZIONE MOBILIARE PRESSO IL DEBITORE (ARTT. 513-541 C.P.C.) PRIMA FASE: PIGNORAMENTO. Il pignoramento è atto esecutivo di competenza dell’ufficiale giudiziario addetto al tribunale del luogo dove si trovano i beni da pignorare. L’ufficiale giudiziario lo effettua a seguito di istanza verbale del creditore, il quale deve esibire e consegnare all’ufficiale il titolo esecutivo e l’atto di precetto (dopo averli regolarmente notificati al debitore). L’ufficiale deve controllare regolarità formale di questi atti: quando rileva un difetto “manifesto”, può rifiutarsi di procedere al pignoramento, indicandone le ragioni al creditore. 27 FASI DEL PIGNORAMENTO:  Ricerca ed individuazione dei beni da pignorare;  Descrizione e stima del valore di questi beni;  Deposito e custodia dei beni pignorati; 1. RICERCA ED INDIVIDUAZIONE DEI BENI DA PIGNORARE. Ricerca L’ufficiale giudiziario può ricercare le cose da pignorare “nella casa del debitore e negli altri luoghi a lui appartenenti”, e “sulla persona del debitore, osservando le opportune cautele per rispettarne il decoro” (art. 513 c.p.c.). Ai fini del pignoramento sono considerati “casa del debitore” o “altri luoghi a lui appartenenti”, i luoghi in cui egli vive o lavora stabilmente. Non è necessario si tratti di edifici di sua proprietà, o sui quali vanta un altro diritto reale o personale di godimento. I beni mobili che vengono trovati in questi luoghi si considerano “del debitore”: l’organo procedente non ha né il potere né il dovere di eseguire accertamenti sulla loro proprietà. Su ricorso del creditore, il presidente del tribunale può autorizzare l'ufficiale giudiziario a pignorare cose determinate (cioè, già individuate a priori) che non si trovano nei suddetti “luoghi appartenenti al debitore”, ma delle quali egli può disporre in modo pieno e diretto45. Individuazione Precisiamo subito che il pignoramento che si sta descrivendo può avere ad oggetto beni mobili, denaro e titoli di credito. Non i crediti, i quali, invece, possono essere espropriati nelle forme del pignoramento presso terzi. Ciò premesso, l’articolo 517 stabilisce che l’ufficiale giudiziario deve pignorare le cose che ritiene di più facile e pronta liquidazione. In ogni caso, deve preferire il denaro contante, gli oggetti preziosi e i titoli di credito e “ogni altro bene che appaia di sicura realizzazione”. 2. DESCRIZIONE E STIMA DEI BENI PIGNORATI. L'ufficiale giudiziario redige processo verbale, nel quale dà atto di aver rivolto al debitore l'ingiunzione di cui all'articolo 492 46 , descrive le cose pignorate e il loro stato47, indica approssimativamente quanto si presume di ricavare dalla vendita dei beni pignorati (il loro “valore di realizzo”). Ai fini di tale stima l’ufficiale giudiziario – se lo ritiene opportuno o lo ha chiesto il creditore - può farsi assistere da un esperto da lui scelto. L'ufficiale può anche scegliere di differire le operazioni di stima; in questo caso redige un primo verbale, ed entro il termine perentorio di 30 gg. lo integra con la “definitiva individuazione dei beni da assoggettare al pignoramento sulla base dei valori indicati dall'esperto”. Terminate queste operazioni, l’ufficiale giudiziario consegna al creditore procedente il verbale, il titolo esecutivo ed il precetto. Entro 15 gg. dalla consegna il creditore deposita il tutto presso la cancelleria del giudice dell’esecuzione. Il termine è perentorio, e l’inosservanza comporta l’inefficacia del pignoramento. Il giudice dell’esecuzione, su istanza del creditore procedente, ordina l'integrazione del pignoramento se ritiene che il presumibile valore di realizzo dei beni pignorati sia inferiore a quello indicato nel verbale redatto dall’ufficiale giudiziario48. In questo caso l'ufficiale riprende le operazioni di ricerca dei beni. 3. DEPOSITO E CUSTODIA DEI BENI PIGNORATI. 45 È il caso dei beni custoditi presso cassette di sicurezza,o altri, simili luoghi di deposito. Se tali beni non fossero nella piena ed incondizionata disponibilità del debitore, occorrerebbe procedere al pignoramento presso terzi. 46 Si tratta dell’ingiunzione (rivolta, ovviamente, al debitore) di astenersi dal compiere qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito i beni oggetto di pignoramento, e i loro (eventuali) frutti. 47 La descrizione va fatta attraverso “rappresentazione fotografica o altro mezzo di ripresa audiovisiva” (Art. 518.1). Allo stesso modo vanno descritti i frutti non ancora separati dal suolo. 48 Il creditore deve depositare quest’istanza presso la cancelleria del giudice del’esecuzione entro e non oltre il termine per il deposito dell'istanza di vendita. 30 globale oltre il quale la stessa deve cessare; 3)il numero dei tentativi di vendita da effettuare (max 3); 4) i criteri cui attenersi per abbassare eventualmente il prezzo di vendita. 5) il termine (non superiore a 6 mesi) alla cui scadenza il soggetto incaricato della vendita deve restituire gli atti in cancelleria. Vendita all’incanto – in questo caso il giudice stabilisce l’ora e il luogo in cui la vendita dovrà eseguirsi e fissa il prezzo base dell’incanto. L’esecuzione viene affidata al cancelliere, o all’ufficiale giudiziario, o a un istituto autorizzato. Se il primo tentativo di vendita va a vuoto, causa mancanza di acquirenti (e nessuno dei creditori chiede l’assegnazione per il prezzo minimo) il giudice fissa un nuovo incanto, ad un prezzo base inferiore di 1/5 rispetto a quello precedente. La somma ricavata dalla vendita viene consegnata al cancelliere, che la deposita nei modi stabiliti dalla legge. Se diversi tentativi di vendita si sono rilevati infruttuosi, oppure se le somme ricavate dalla vendita non sono sufficienti a soddisfare i creditori intervenuti nella procedura esecutiva, il giudice, su istanza di uno dei creditori interessati, dispone l’estensione del pignoramento ad altri beni mobili del debitore. 2. ASSEGNAZIONE. Nell’ambito della espropriazione mobiliare presso il debitore è possibile distinguere due diverse specie di assegnazione: quella sostitutiva di vendita, e quella immediatamente satisfattiva. La prima può avere ad oggetto i titoli di credito, o le cose il cui valore risulta da listini di borsa o di mercato. In questo caso, il valore minimo per l’assegnazione viene determinato secondo le regole stabilite dall’art.506 c.p.c52. La seconda riguarda gli oggetti d’oro e d’argento. Il codice prevede che essi non possono essere venduti per un prezzo inferiore al loro valore “intrinseco”, e se restano invenduti sono assegnati per uguale valore ai creditori, come se si trattasse di danaro contante. TERZA FASE: DISTRIBUZIONE DEL RICAVATO . Distribuzione in caso di creditore unico – in questo caso il giudice dell’esecuzione, sentito il debitore, dispone con ordinanza che venga pagato al creditore quanto gli spetta a titolo di capitale, interessi e spese (ex art. 510 cpc). Distribuzione in caso di pluralità di creditori – ai fini della distribuzione delle somme disponibili tra i creditori concorrenti occorre formare un progetto di riparto, e fissare una apposita udienza per deliberare su esso. A tale udienza devono partecipare tutti i creditori e il debitore. Se tutti i creditori concordano sul piano, il giudice dell’esecuzione, sentito il debitore, provvede in conformità. Se non si raggiunge l’accordo qualunque creditore (munito o meno di titolo esecutivo) può chiedere che si proceda alla distribuzione giudiziale. Questa volta è il giudice dell’esecuzione a formare il piano di riparto: se su di esso le parti concordano, egli ordina il pagamento delle singole quote. Se il disaccordo permane, occorrerà provvedere alla risoluzione delle controversie nel contraddittorio delle parti, ex art. 512 c.p.c.53 INTERVENTO DEI CREDITORI NELLA PROCEDURA ESECUTIVA. Soggetti legittimati all’intervento. Possono intervenire:  I creditori muniti di titolo esecutivo (questi possono provocare i singoli atti della procedura esecutiva).  I creditori che, al momento del pignoramento, 1) avevano eseguito un sequestro sui beni pignoranti; 2)avevano un diritto di prelazione risultante da pubblici registri; 3) avevano un 52 L'assegnazione può essere fatta soltanto per un valore non inferiore alle spese di esecuzione e ai crediti aventi diritto a prelazione anteriore a quello dell'offerente. In caso di valore eccedente, sull'eccedenza concorrono l'offerente e gli altri creditori, osservate le cause di prelazione che li assistono. 53 Vedi scheda 1, dedicata all’esecuzione forzata in generale. 31 diritto di pegno; (costoro possono solo partecipare alla distribuzione delle somme ricavate dalla vendita).  I soggetti titolari di crediti risultanti da scritture contabili (idem come sopra: possono partecipare alla distribuzione del ricavato dalla vendita, ma non possono provocare singoli atti della procedura). Intervento tempestivo. L’intervento è tempestivo: 1) quando ha luogo non oltre la prima udienza fissata per l’autorizzazione della vendita o della assegnazione; 2) se il valore dei beni pignorati non supera i 20mila euro54, quando ha luogo entro la data in cui il creditore procedente fa istanza di vendita o assegnazione degli stessi. I creditori intervenuti tempestivamente hanno diritto a partecipare paritariamente alla distribuzione del ricavato, salvi gli eventuali diritti di prelazione. Intervento tardivo. L’intervento è”tardivo” se posteriore alle fasi processuali sopra indicate. È possibile fintanto che la distribuzione del ricavato non sia del tutto conclusa. Il creditore intervenuto tardivamente viene soddisfatto dopo gli altri, se e quando rimangano ancora delle somme da sostituire. Se però ha un diritto di prelazione sui beni pignorati, lo conserva anche se è intervenuto tardivamente: in altre parole, per il creditore privilegiato la tempestività o meno dell’intervento è irrilevante, perché conserva comunque il diritto ad essere soddisfatto prioritariamente rispetto agli altri. Si rimanda, per il resto, alla trattazione generale sull’intervento dei creditori nell’espropriazione forzata (v. scheda 1) ESPROPRIAZIONE PRESSO TERZI (ARTT. 543-554 C.P.C.) L’espropriazione presso terzi ha ad oggetto:  Beni mobili del debitore, detenuti da terzi;  Crediti vantati dal debitore verso terzi. In questi casi la pretesa espropriativa del creditore verte – non su una cosa materiale, ma – su un rapporto giuridico obbligatorio, e sarà soddisfatta mediante la sostituzione di costui al debitore escusso nel diritto di credito vantato verso il terzo. Questo è senz’altro vero quando l’espropriazione verte sui crediti del debitore, ma se oggetto dell’esecuzione sono beni mobili, l’idea del Monteleone solleva leciti dubbi; in questo caso, infatti, esiste un bene materiale concretamente apprensibile, sul quale verte la pretesa espropriativa. La procedura esecutiva, quindi, mira a far conseguire al creditore la disponibilità 54 Secondo la stima approssimativa dell’ufficiale giudiziario. 32 materiale di quel bene, e – al contempo - la titolarità di un diritto reale sullo stesso, fermo restando che tale diritto corrisponde al lato attivo del rapporto giuridico intercorrente tra il creditore escusso e il terzo. Posizione del terzo nel procedimento espropriativo L’espropriazione forzata è condotta principalmente contro il debitore del creditore procedente, perché a lui appartiene il diritto (reale o di credito) che viene espropriato. Tuttavia, come appena detto, questo diritto costituisce il lato attivo del rapporto giuridico intercorrente tra il debitore escusso e il terzo: è inevitabile, quindi, che quest’ultimo venga coinvolto nella procedura esecutiva, divenendone parte e potendo sollevare opposizione agli atti esecutivi. Il terzo è destinatario di una pretesa diretta del creditore procedente, ma, non viene espropriato di nulla, perchè: 1) quando l’espropriazione verte su beni mobili, non è titolare del diritto reale espropriato; 2) quando l’espropriazione ha ad oggetto crediti, il terzo adempie la prestazione cui era già tenuto nei confronti di un nuovo creditore, anziché di quello originario. Giudice dell’esecuzione. La competenza territoriale spetta al tribunale (in composizione monocratica) dove ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede il debitore escusso. Se però il terzo è una delle P.A. indicate dall’art. 143 c.p.c., la competenza territoriale spetta al tribunale del luogo dove l’amministrazione ha la sede. PRIMA FASE: PIGNORAMENTO. Il pignoramento presso terzi si attua tramite una serie di atti provenienti da soggetti diversi (creditore procedente, ufficiale giudiziario, terzo), tutti necessari al suo perfezionamento. 1. ATTO DI PIGNORAMENTO. Il creditore procedente deve notificare al debitore e al terzo un atto contenente le indicazioni richieste dall’articolo 453 del codice di procedura civile Cioè: 1) l’indicazione del credito per il quale si procede, del titolo esecutivo e del precetto; 2) l’indicazione delle cose o delle somme dovute, e l’intimazione al terzo di non disporne senza ordine del giudice.3) la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel Comune in cui ha sede il Tribunale competente; 4) la citazione del debitore a comparire davanti al giudice, e l’invito, rivolto al terzo, a comunicare al creditore procedente la dichiarazione di cui all’art. 547 cpc (v. infra). 5) Il terzo deve inoltre essere avvertito del fatto che, se la dichiarazione non viene comunicata nelle forme e nei tempi richiesti dalla legge, deve poi essere resa in apposita udienza, e in caso di ulteriore inerzia il credito o il possesso delle cose oggetto dell’esecuzione si considerano non contestati. 6) L’ingiunzione prevista dall’art. 492 c.p.c. (v. infra). La notifica è fatta a norma degli artt. 137 e ss. c.p.c. 2. INGIUNZIONE E ALTRI ADEMPIMENTI DELL’UFFICIALE GIUDIZIARIO L’atto di pignoramento deve contenere anche l’ingiunzione ex art. 492 cpc, ma è l’ufficiale giudiziario a doverla concretamente rivolgere al debitore. La giurisprudenza attribuisce particolare importanza a questa formalità, tanto da ritenere che, in caso di sua omissione, il pignoramento è da considerarsi inesistente. Una volta eseguite le notifiche, l’ufficiale giudiziario consegna al creditore l’originale della citazione, il titolo esecutivo e il precetto. Entro 30 gg. dalla consegna il creditore deve depositare nella cancelleria del giudice dell’esecuzione questi atti e la nota di iscrizione a ruolo; se questo termine non è rispettato, il pignoramento perde efficacia55. 3. OBBLIGHI E DICHIARAZIONE DEL TERZO Obblighi di custodia (art. 546) Dal giorno in cui gli è notificato l'atto di citazione il terzo è soggetto agli obblighi che la legge impone al custode56. Egli, quindi,non può in alcun modo disporre delle cose o delle somme da lui dovute; questo 55 Fino al 2014, anche questi adempimenti erano di competenza dell’ufficiale giudiziario. Invece dopo il 2014 sono stati affidati al creditore. 56 Monteleone afferma, testualmente: “il terzo non viene affatto onerato della custodia delle cose o delle somme da lui dovute, ma molto più semplicemente sottoposto agli obblighi che la legge impone al custode” (Manuale, V. II,p.184). Francamente è difficile capire quale sarebbe,in concreto, la differenza tra queste due situazioni. 35 - Se le somme sono esigibili immediatamente, o entro un termine non superiore a 90 gg , il giudice dell’esecuzione, con ordinanza, le assegna in pagamento ai creditori concorrenti (art. 553.1). Attraverso quest’ordinanza si attua il trasferimento coattivo del credito pignorato, e una modificazione soggettiva nel rapporto obbligatorio intercorrente tra debitore esecutato e terzo. Il trasferimento avviene pro solvendo: cioè, se il terzo è inadempiente, il creditore potrò fare valere le proprie pretese nei confronti del debitore esecutato. - Se le somme sono esigibili in tempi maggiori , e i creditori non ne chiedono l’accordo o l’assegnazione, si applicano le regole dettate per la vendita di cose mobili (art. 553.2). Secondo una parte della dottrina, dato che il 2° comma dell’articolo 553 non usa (a differenza del 1° comma) l’espressione “salvo esazione”,la cessione avverrebbe pro soluto: se il terzo è inadempiente, il creditore non può far valere le sue pretese nei confronti del debitore esecutato. L’ordinanza di assegnazione ha valore di titolo esecutivo nei confronti del terzo? Secondo il Monteleone la questione, in passato controversa e fonte di diatribe dottrinali, sarebbe risolta dalle disposizioni contenuti nei “nuovi” artt. 548 e 549 c.p.c., che prevedono l’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione, attribuendogli così, implicitamente, l’efficacia di titolo esecutivo. Quindi, se il terzo è inadempiente, è possibile agire esecutivamente nei suoi confronti in base alla ordinanza di assegnazione. INTERVENTO DEI CREDITORI. L’intervento dei creditori nell’ambito di questa procedura esecutiva è regolato dalle norme disciplinanti l’intervento nell’espropriazione mobiliare presso il debitore. Ad ogni modo,l’intervento non deve avere luogo “oltre la prima udienza di comparizione delle parti”, cioè, secondo l’opinione della dottrina largamente maggioritaria, l’udienza in cui creditore procedente e terzo sono tenuti a comparire innanzi al giudice dell’esecuzione affinchè il terzo renda la dichiarazione di cui all’art. 547. Secondo una opinione minoritaria, invece, il termine ultimo dell’intervento sarebbe l’dueiznadi assegnazione o vendita successiva al perfezionamento del pignoramento, perché il terzo potrebbe anche non comparire all’udienza di cui sopra. ESPROPRIAZIONE DI BENI INDIVISI L’articolo 599 del codice di procedura civile consente il pignoramento dei beni indivisi. Definizione. Il 1° comma dell’articolo 599 stabilisce che “possono essere pignorati i beni indivisi anche quando non tutti i comproprietari sono obbligati verso il creditore”. La disposizione non offre una definizione esplicita di “bene indiviso”, ma il fatto il riferimento ai comproprietari potrebbe indurre a definire indivisi i beni in comproprietà tra diverse persone . Tuttavia, la dottrina maggioritaria ritiene che la disposizione si applichi anche in caso di contitolarità di un diritto reale diverso dalla proprietà (questa tesi è condivisa anche dal Monteleone, pag.219 del II volume del Manuale). Se si condivide quest’orientamento, un bene può dirsi “indiviso” quando più persone sono titolari del medesimo diritto reale sullo stesso. Oggetto dell’espropriazione. In questi casi oggetto dell’espropriazione è la quota del diritto reale (proprietà, usufrutto, enfiteusi, superficie, uso e abitazione) appartenente al debitore: tale quota non è, ovviamente, un bene materiale alla stregua degli oggetti mobili o immobili pignorabili nelle forme della espropriazione mobiliare o immobiliare; in concreto, per effetto dell’espropriazione dei beni “indivisi” il creditore subentra al debitore nella relazione giuridica intercorrente con gli altri cointeressati. 36 Formalità da rispettare; Pignoramento e avviso. Il creditore pignorante deve fare in modo che tutti i comproprietari (o contitolari del diritto reale) che non sono suoi debitori vengano a conoscenza del pignoramento della quota. A tal fine deve avvisarli tramite apposito atto, nel quale deve indicare le proprie generalità, il bene, la data del pignoramento (e, se si tratta di bene immobile, della sua trascrizione). Nel medesimo atto, o in altro separato, tutti gli interessati devono essere invitati a comparire dinanzi al giudice dell’esecuzione, all’udienza fissata per deliberare sulle ulteriori fasi del procedimento espropriativo. Udienza. il giudice dell’esecuzione fissa un’udienza per sentire tutti gli interessati, e deliberare di conseguenza59. Questi può: a) Quando è materialmente possibile, separare in natura la quota spettante al debitore pignorato. Altrimenti: b) Ordinare la vendita della quota del debitore; c) Ordinare la divisione del bene; in questo caso l’espropriazione è sospesa fintanto che non si sia proceduto alla divisione, la quale può avvenire in via consensuale (ciò tramite accordo delle parti) o in via giudiziaria (con sentenza passata in giudicato). ESPROPRIAZIONE CONTRO IL TERZO PROPRIETARIO. L’espropriazione contro il terzo proprietario ricorre quando il proprietario del bene espropriato, pur essendo estraneo al rapporto debitorio (e in quanto tale “terzo”) è gravato da responsabilità per il debito altrui. In questo caso, quindi, l’espropriazione colpisce un soggetto diverso dal debitore; ciò si verifica: - Ne casi in cui il bene del terzo è gravato da pegno, ipoteca o privilegio con diritto di seguito. - Quando l’alienazione del bene dal debitore al terzo sia stata revocata per frode, ai sensi dell’art. 2901 c.c. Procedimento Ci si limita ad indicare le peculiarità procedurali del procedimento espropriativo condotto contro il terzo proprietario: 1) Il titolo esecutivo e l’atto di precetto debbono essere notificati, oltre che al debitore, anche al terzo. Nel precetto, inoltre, occorre indicare il bene del terzo che si vuole espropriare. 2) Tutti gli atti espropriativi si compiono nei confronti del terzo, il quale acquista una posizione analoga a quella del debitore, salvo che per il divieto sancito dall’art. 579.1 c.p.c. (quindi, in caso di vendita all’asta, egli può presentare offerte di acquisto). 59 Se tutte le parti non sono presenti in udienza , il giudice fissa una nuova udienza di comparizione, onerando le parti di notificare il provvedimento a quelle non comparse entro un termine perentorio. L’inosservanza del termine comporta l’estinzione del processo esecutivo. 37 3) Ogni volta che nel corso del procedimento dev’essere sentito il debitore, occorre sentire anche il terzo. 4) Il terzo può tutelare il suo diritto sul bene pignorato proponendo le varie forme di opposizione previste dalla legge. ESECUZIONE FORZATA IN FORMA SPECIFICA. (ARTT. 605-614 BIS C.P.C.) Innanzitutto una premessa: il prof. Monteleone ritiene che i c.d. procedimenti di esecuzione forzata in forma specifica non servano ad attuare coattivamente obbligazioni civili in senso proprio, ma, invece, ad attuare obblighi (non obbligazioni) scaturenti da diritti reali e/o assoluti. Se questi obblighi vengono violati, il titolare di tali diritti potrebbe agire esecutivamente nelle forme indicate dagli artt. 605 e ss. cp.c. Conseguentemente, l’autore ritiene anche che la espressione esecuzione in forma specifica, di solito usata per riferirsi ai procedimenti disciplinati dagli artt. 605-614 c.p.c., non sia del tutto appropriata. Per una trattazione più approfondita del tema si rimanda a quanto osservato nella SCHEDA 1. Di seguito ci si limiterà a descrivere sinteticamente la disciplina di queste procedure, evitando, per quanto possibile, di impelagarsi in diatribe teorico-dottrinali e in astruse questioni teoriche. 1. ESECUZIONE PER CONSEGNA E RILASCIO. Se l’obbligo di consegnare una cosa determinata (mobile o immobile) non viene adempiuto, “l’avente diritto può ottenere la consegna o il rilascio forzati a norma delle disposizioni del codice di procedura civile”: (art. 2930 c.c.) 40 ordinanza. Secondo il Monteleone, anche in questo caso la disposizione alluderebbe alle sole difficoltà di tipo materiale, non a quelle giuridiche, per risolvere le quali occorre promuovere opposizione alla esecuzione o agli atti esecutivi68. Terminato il procedimento esecutivo, o nel corso dello stesso, la parte procedente presenta al giudice la nota delle spese anticipate vistata dall’ufficiale giudiziario, chiedendo che ne venga ingiunto il pagamento all’esecutato. Il giudice provvede con decreto, imponendo di pagare le sole spese che ritiene giustificate. Contro questo decreto è ammessa l’opposizione. LE OPPOSIZIONI NEL PROCESSO DI ESECUZIONE  OPPOSIZIONI PROPONIBILI DAL SOGGETTO ESCUSSO (debitore o terzo assoggettato all’esecuzione); Opposizioni all’esecuzione – con le quali si contesta la sostanziale illegittimità dell’esecuzione, cioè, il diritto della parte istante a procedere all’esecuzione forzata; Opposizioni agli atti esecutivi- con le quali si contesta la regolarità formale di singoli atti esecutivi.  OPPOSIZIONI PROPONIBILI DA TERZI ESTRANEI ALL’ESECUZIONE, CHE VANTANO DIRITTI REALI SUI BENI PIGNORATI. LE OPPOSIZIONI ALLA ESECUZIONE DEL DEBITORE E DEL TERZO ESCUSSO. 1. FUNZIONE. Attraverso l’opposizione all’esecuzione il soggetto escusso (v. infra) contesta il diritto del creditore procedente ad intraprendere l’esecuzione forzata. Tale diritto può essere contestato in via assoluta, come accade quando si neghi l’esistenza del credito o la validità del titolo esecutivo, oppure relativa, come avviene quando si contesta la pignorabilità di singoli beni o crediti. Secondo Monteleone l’articolo 615, assieme all’articolo 474 cpc (il quale stabilisce che l’esecuzione forzata deve basarsi su “un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile”), dimostrerebbero che il titolo esecutivo non è – come si è soliti 68 E anche in tal caso l’autore ritiene che, se il giudice risolve controversie giuridiche, il suo provvedimento acquista contenuto decisorio, ergo natura di sentenza, ed è quindi impugnabile in appello. 41 dire- “condizione necessaria e sufficiente” ad intraprendere l’azione esecutiva, indipendentemente dalla reale esistenza di un diritto. L’autore sostiene che “diritto e titolo coincidono, anzi sono la stessa cosa”(Pag.239, II vol. del Manuale): di per sé, quindi, il possesso del titolo basta ad intraprendere l’azione esecutiva, ma solo fino “a prova contraria”, nel senso che la fondatezza di tale diritto può essere contestata attraverso l’opposizione (alla esecuzione). 2. OGGETTO DELL’OPPOSIZIONE. L’opposizione alla esecuzione può esser fatta per motivi formali o per ragioni di merito: Motivi formali  Inesistenza originaria o sopravvenuta del titolo esecutivo;  Inidoneità del titolo a fondare il tipo di esecuzione intrapresa;  Inidoneità c.d. “soggettiva” del titolo, cioè la sua inidoneità a fondare l’esecuzione da parte del creditore procedente, o contro il soggetto escusso. Ragioni di merito.  Quando vengono allegati fatti estintivi o modificativi della situazione giuridica sostanziale rappresentata dal titolo esecutivo; Contestazione dei titoli esecutivi giudiziali: limiti. Non è possibile fare opposizione per ragioni inerenti al procedimento di formazione del titolo esecutivo. Per esempio, quando l’escussione si basa su una sentenza passata in giudicato, il soggetto escusso può fare opposizione per soli fatti posteriori alla formazione del giudicato (per esempio, contestando la prescrizione del diritto successiva al passaggio in giudicato della sentenza). Se invece il titolo esecutivo è una sentenza ancora impugnabile, non si può fare opposizione per motivi/fatti che possono e debbono essere fatti valere impugnando il provvedimento69. Contestazione dei titoli esecutivi extra-giudiziali. In questo caso non sussistono le preclusioni sopra illustrate; quindi può farsi opposizione per qualunque ragione , formale o sostanziale, che valga ad impedire l’esecuzione forzata. Eventualmente, anche per fatti inerenti al procedimento di formazione del titolo. 3. LEGITTIMAZIONE ATTIVA E PASSIVA.  Legittimazione attiva – spetta al soggetto passivo dell’esecuzione, cioè il debitore o il terzo assoggettato alla procedura. Il creditore del debitore escusso può proporre opposizione in via surrogatoria, ex art. 2900 c.c.  Legittimazione passiva – spetta al creditore procedente, colui che ha dato impulso alla escussione. 4. PROCEDIMENTO. L’opposizione alla esecuzione si propone in modi diversi a seconda che il procedimento esecutivo sia cominciato o meno. Opposizione c.d. preventiva (prima dell’inizio dell’esecuzione)  Si propone con CITAZIONE davanti al giudice competente per materia, o valore e territorio . Visto che il creditore procedente deve eleggere domicilio laddove ha sede il giudice dell’esecuzione, l’escusso che vuole opporsi deve farlo con citazione innanzi al giudice – competente per materia o valore – del luogo predetto70.  Il giudice dell’opposizione può, su istanza di parte e ricorrendo gravi motivi, sospendere con ordinanza l’efficacia esecutiva del titolo. Se il diritto del creditore procedente è contestato solo parzialmente, l’efficacia esecutiva del titolo viene sospesa in relazione alla sola parte contestata. L’ordinanza che provvede sulla istanza di sospensione è reclamabile. 69 L’impugnazione e l’opposizione alla esecuzione non sono rimedi fungibili. 70 Ma se il creditore non ha eletto domicilio in questo luogo, l’opposizione dev’essere indirizzata al giudice del luogo in cui è stato notificato il precetto. 42  All’esito del giudizio il giudice decide con sentenza, impugnabile con i mezzi ordinari. Opposizione c.d. successiva (dopo l’inizio dell’esecuzione).  Si propone con RICORSO al giudice dell’esecuzione71.  Il giudice fissa, con DECRETO, la data dell’udienza di comparizione delle parti davanti a sé, e il termine perentorio entro cui ricorso e decreto debbono essere notificati al creditore procedente.  Attività nel corso dell’udienza di comparizione – a quest’udienza si applicano le regole del procedimento camerale. Nel corso della stessa il giudice: 1) Decide con ordinanza sulla eventuale istanza di sospensione del processo esecutivo. L’ordinanza è reclamabile; 2) se il tribunale cui appartiene è competente a conoscere la opposizione, fissa un termine perentorio per la introduzione del giudizio di merito, nei modi previsti in relazione all’oggetto della causa, 3) se il tribunale cui appartiene non è competente per la causa di opposizione, fissa un termine perentorio entro cui la stessa deve essere riassunta (innanzi all’ufficio competente), previa iscrizione a ruolo e con termini di comparizione ridotti a metà. Dalla disciplina dell’udienza di comparizione si evince che il ricorso e il decreto non servono ad introdurre il giudizio di cognizione di merito sulla opposizione, ma preludono solo allo svolgimento di questa fase preliminare.  Il giudizio di opposizione si chiude con sentenza, impugnabile nei modi ordinari. Quando l’opposizione viene rigettata, il processo esecutivo riprende il suo corso e l’opponente – se ha resistito all’esecuzione in mala fede o con colpa grave – può essere condannato al risarcimento del danno. Ammissibilità della opposizione successiva. L’ammissibilità della opposizione successiva è disciplinata diversamente a seconda del tipo di procedura esecutiva. In caso di esecuzione per espropriazione, la stessa è inammissibile se è proposta dopo che è stata già disposta l’assegnazione o la vendita dei beni pignoranti, a meno che l’opponente non riesca a dimostrare di non avere potuto fare opposizione prima di questo momento, per causa a lui non imputabile. In caso di esecuzione in forma specifica,invece, l’opposizione è liberamente proponibile in qualsiasi momento della procedura. LE OPPOSIZIONI AGLI ATTI ESECUTIVI DEL DEBITORE E DEL TERZO ESECUTATO. 1. FUNZIONE. Attraverso la opposizione agli atti esecutivi viene contestata la regolarità formale del titolo esecutivo, del precetto e dei successivi atti esecutivi. Trattasi, quindi, di strumento che serve a garantire il rispetto delle regole disciplinanti i vari procedimenti di esecuzione forzata. L’opposizione dà luogo allo svolgimento di un processo di cognizione a contraddittorio pieno, che si conclude con una sentenza. L’autonomia di tale processo rispetto alla procedura esecutiva è decisamente limitata, al punto che secondo alcuni autori in questo caso l’opposizione darebbe luogo ad un procedimento incidentale interno alla esecuzione forzata in corso (in questo senso, tra gli altri, Monteleone, pag. 247 del II vol. del Manuale). Addirittura, secondo alcuni autori, il provvedimento col quale il giudice decide l’opposizione avrebbe natura di mero atto esecutivo. 2. OGGETTO DELL’OPPOSIZIONE. Attraverso quest’opposizione può contestarsi la regolarità formale: 71 Comuque occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, l’adozione di una forma errata (citazione in luogo di ricorso, o viceversa) non implica la nullità o inammissibilità dell’istanza, purchè l’atto sia idoneo al conseguimento dello scopo. 45 Il ricorso può essere tempestivo o tardivo. È tempestivo se viene proposto prima che sia disposta la vendita o la assegnazione dei beni pignorati. È tardivo quello proposto dopo la vendita,fintanto che il danaro ricavato dalla stessa non sia stato distribuito. In quest’ultimo caso il terzo potrà fare valere i suoi diritti sulla somma ricavata dalla vendita, fino a quando la stessa non è stata distribuita fra i creditori75. Udienza preliminare – il giudice dell’esecuzione fissa, con decreto, la data dell’udienza di comparizione delle parti e il termine perentorio entro cui occorre notificare tale decreto e il ricorso al creditore procedente e al soggetto escusso. L’udienza di comparizione è retta dalle norme del procedimento camerale. Se nel corso di quest’udienza le parti raggiungono un accordo, il giudice ne dà atto con ordinanza, adottando ogni altra decisione idonea ad assicurare, a seconda dei casi, la prosecuzione del processo esecutivo o la sua estinzione. In questo secondo caso il giudice dispone sulle spese. Se invece le parti non raggiungo alcun accordo, il giudice indica il termine perentorio entro cui dev’essere introdotto il giudizio di cognizione ordinario, previa iscrizione a ruolo e con termini di comparizione ridotti a metà. Udienza ordinaria,decisione – se nel corso dell’udienza di comparizione le parti non hanno raggiunto alcun accordo, si svolge un processo che si conclude con sentenza, impugnabile nei modi ordinari. Quanto agli effetti della sentenza che accoglie l’opposizione del terzo, bisogna distinguersi a seconda che l’opposizione riguardi tutti i beni, o una sola parte di essi. Nel primo caso il processo esecutivo si arresta definitivamente. Nel secondo caso, invece, si procede alla separazione del o degli oggetti sui quali è accertato il diritto del terzo, e l’esecuzione prosegue nei confronti degli altri beni. Limitazioni probatorie – il terzo opponente non può provare il suo diritto sui beni mobili pignorati con testimoni, a meno che l’esistenza di tale diritto non sia verosimile per via della professione o del commercio esercitati dal terzo o dal debitore. Questa limitazione probatoria serve ad evitare che debitori e terzi raggiungano accordi fraudolenti per sottrarre alcuni beni mobili all’esecuzione forzata. SOSPENSIONE ED ESTINZIONE DEL PROCESSO ESECUTIVO. PARTE 1 – SOSPENSIONE . Ratio della sospensione. Quando le doglianze fatte valere tramite l’opposizione (alla esecuzione o agli atti esecutivi) sono fondate, se si portasse a termine il processo esecutivo si arrecherebbe all’opponente un danno ingiusto, perché cagionato in forza di un titolo non sorretto da un diritto certo,liquido ed esigibile76. In casi del genere si manifesta l’opportunità di sospendere il corso del procedimento. Modalità di sospensione ed effetti della stessa. L’esecuzione forzata può essere sospesa:1) con provvedimento (ordinanza) del giudice dell’esecuzione; 2) con provvedimento del giudice davanti al quale il titolo esecutivo è stato impugnato; 3) ope legis, nei casi specificamente previsti dalla legge. Quando il processo è sospeso non può essere compiuto nessun atto esecutivo, salvo diversa disposizione del giudice dell’esecuzione. Casi di sospensione. Sospensione facoltativa su istanza di parte, disposta dal giudice dell’esecuzione.  Opposizione all’esecuzione da parte del soggetto escusso, debitore o terzo;  Opposizione di terzo all’esecuzione; 75 Tuttavia: 1) se l’esecuzione ha ad oggetto beni immobili, il terzo proprietario può rivendicarne la proprietà nei confronti dell’aggiudicatario. 2) se la cosa mobile è stata assegnata, entro 60 gg. il terzo può rivolgersi all’assegnatario in buona fede per ripetere la somma corrispondente al credito soddisfatto con l’assegnazione; 3) se la cosa mobile è stata acquistata in mala fede, il terzo può perseguirla presso l’acquirente, esperendo una azione autonoma. 76 E quindi in forza di una procedura esecutiva illegittima. 46  Opposizione agli atti esecutivi; Sospensione ope legis  In caso di espropriazione di beni indivisi, l’esecuzione è sospesa quando deve procedersi alla divisione. È dubbio che nel processo esecutivo trovino applicazione le norme che prevedono la sospensione del procedimento di cognizione in caso di proposizione del regolamento di competenza e di giurisdizione; tali regolamenti, infatti, sono strettamente coordinati al processo di cognizione. È da escludere che la riforma in appello della sentenza di primo grado abbia effetto sospensivo: in questo caso, infatti, viene meno in radice il titolo esecutivo,quindi il diritto a procedere ad esecuzione forzata. Sospensione disposta dal giudice dinanzi al quale è impugnato il titolo esecutivo. L’articolo 64 della legge cambiaria e l’articolo 65 della legge sugli assegni consentono la sospensione dell’esecuzione quando il titolo di credito posto a fondamento della stessa venga contestato (facnedo opposizione al precetto) per le ragioni formali indicate dalle disposizioni citate. Sospensione su accordo delle parti ex art. 624 bis c.p.c. Vedi infra. Sospensione su istanza dell’escusso disposta dal giudice dell’esecuzione. L’interessato presenta l’istanza di sospensione con ricorso, anche verbale. Il giudice dell’esecuzione dispone la sospensione del processo con ordinanza,dopo l’audizione delle parti interessate. Nei casi urgenti può disporla con decreto, in base alla semplice istanza: in questo caso, però, tramite questo stesso decreto fissa la data dell’udienza alla quale le parti dovranno partecipare per essere ascoltate sulla richiesta di sospensione. All’esito di questa udienza può confermare, modificare o revocare il decreto di sospensione. Ad ogni modo, la sospensione è accordata se il giudice ritiene esistenti “gravi motivi” che la giustificano; la genericità della formula consente di decidere in modo ampiamente discrezionale. Secondo Monteleone il giudice dovrebbe concedere la sospensione: 1) se, a seguito di una valutazione preventiva e sommaria, giudica non manifestamente infondate le ragioni che l’opponente ha addotto a fondamento della sua istanza; 2) se ritiene che l’esecuzione ingiusta possa causare all’opponente un danno grave e/o irreversibile. Reclamo al collegio contro il provvedimento di sospensione. L’ordinanza che provvede sulla istanza di sospensione può essere reclamata, qualunque sia il suo contenuto (cioè, sia quando accoglie, sia quando respinge l’istanza di sospensione). Il reclamo è rivolto al collegio, di cui non può fare parte il giudice che ha provveduto; il collegio delibera in camera di consiglio e decide con sentenza. Sospensione ex art. 624 bis c.p.c. Il giudice dell’esecuzione, su istanza di tutti i creditori muniti di titolo esecutivo, può sospendere il processo fino a 24 mesi di tempo: deve decidere nei 10 gg. successivi al deposito dell’istanza in cancelleria, dopo avere sentito il debitore per dargli modo di esporre le sue ragioni: ad ogni modo, non è vincolato alla richiesta dei creditori, né per quanto riguarda l’an né per quanto riguarda il quantum della sospensione. Il provvedimento del giudice ha la forma dell’ordinanza: la stessa può essere revocata anche su richiesta di un solo creditore, dopo aver sentito il debitore. Entro 10 gg. dalla scadenza del termine di sospensione qualunque parte interessata (cioè, ogni creditore) deve chiedere al giudice dell’esecuzione di fissare l’udienza per la prosecuzione del processo esecutivo, altrimenti lo stesso si estingue. PARTE 2 – ESTINZIONE. Ricorrendo le situazioni indicate dagli artt. 629 e ss. del c.p.c.,il processo esecutivo si arresta definitivamente prima di avere raggiunto il suo scopo. Sono cause di estinzione la rinuncia, l’inattività delle parti, la mancata comparizione all’udienza e l’omessa pubblicazione sul portale delle vendite del ministero della giustizia. 47 1. RINUNCIA. Il processo si estingue se, prima dell’aggiudicazione o della assegnazione, il creditore pignorante o quelli intervenuti muniti di titolo esecutivo rinunciano personalmente agli atti. Dopo la vendita il processo si estingue se rinunciano agli atti “tutti i creditori concorrenti”: quest’ampia formula parrebbe riferirsi anche ai creditori privi di titolo esecutivo, ma bisogna ricordare che, in base alla attuale disciplina dell’intervento, questi non possono concorrere alla fase distributiva. La rinuncia può essere manifestata dal creditore personalmente o a mezzo di procuratore espressamente abilitato, in udienza o con atto notificato alle altre parti: non occorre la accettazione del debitore. 2. INATTIVITA’ DELLE PARTI. Il processo esecutivo si estingue “quando le parti non lo proseguono o non lo riassumono nei termini perentori stabiliti dalla legge o dal giudice”. Nell’ampia dizione legislativa rientrano, tra gli altri, il caso della mancata o intempestiva riassunzione del processo esecutivo sospeso, il caso dell’infruttuoso decorso dei termini di efficacia del precetto e del pignoramento o il caso del mancato inizio dell’esecuzione entro 90 gg. dalla notifica del precetto. L’estinzione opera di diritto, ed è dichiarata dal giudice dell’esecuzione con ordinanza, non oltre la prima udienza successiva al verificarsi della stessa. Contro quest’ordinanza il debitore, il creditore pignorante e gli altri creditori intervenuti possono proporre reclamo al collegio, entro 20 gg. di tempo dall’udienza in cui l’ordinanza è stata pronunciata, o dal giorno in cui è stata loro comunicata (in caso di ordinanza pronunciata fuori udienza). 3. MANCATA COMPARIZIONE DELLE PARTI ALL’UDIENZA. Se nel corso del processo di esecuzione nessuna delle parti si presenta all’udienza, il giudice dell’esecuzione fissa un’udienza successiva, che viene comunicata alle parti dal cancelliere. Se nessuna delle parti si presenta a questa nuova udienza, il giudice con ordinanza dichiara estinto il processo esecutivo. Questa regola generale non si applica in caso di mancata comparizione delle parti all’udienza in cui ha luogo la vendita; ma non è del tutto chiaro quali sarebbero, in questo caso, le conseguenze della diserzione dell’udienza. Secondo una prima interpretazione, in questo caso dovrebbe ugualmente procedersi alla vendita. Secondo una diversa opinione, la diserzione determinerebbe la immediata estinzione del processo77. 4. OMESSA PUBBLICAZIONE SUL PORTALE DELLE VENDITE DEL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA. Costituisce causa di estinzione del procedimento espropriativo l’omissione della pubblicità nel portale delle vendite pubbliche entro il termine fissato dal giudice dell’esecuzione, a condizione che quest’inadempimento sia imputabile al creditore pignorante o a quello intervenuto munito di titolo esecutivo. Il procedimento non si estingue quando la mancata pubblicizzazione è dipesa dal malfunzionamento dei sistemi informatici ministeriali, debitamente certificato. 5. EFFETTI DELL’ESTINZIONE DEL PROCESSO. Se il procedimento si estingue prima della aggiudicazione o della assegnazione, gli atti compiuti diventano inefficaci. In conseguenza i beni pignoranti vengono liberati dal vincolo, e i proprietari ne riacquistano la piena disponibilità. Se si verifica dopo, invece, il soggetto espropriato a diritto alla somma ricavata dalla vendita, che dovrà essere condotta a definitivo compimento (ove ancora non lo fosse stata). Con l’ordinanza che pronuncia l’estinzione il giudice dell’esecuzione provvede alla liquidazione delle spese sostenute dalle parti e, se richiesto, anche a alla liquidazione dei compensi spettanti all’eventuale professionista delegato alle operazioni di vendita. 77 In questo senso si esprime,tra gli altri, il prof. Ziino.
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