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DIRITTO PROCESSUALE CIVILE PROGREDITO: PROCESSO ESECUTIVO (Motto, Insubria), Appunti di Diritto Processuale Civile

Appunti di tutte le lezioni del corso di diritto processuale civile progredito Parte 1: il processo esecutivo. Gli appunti sono integrati con il manuale Luiso 3 "il processo esecutivo".

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 18/01/2021

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Scarica DIRITTO PROCESSUALE CIVILE PROGREDITO: PROCESSO ESECUTIVO (Motto, Insubria) e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! DIRITTO PROCESSUALE CIVILE PROGREDITO PROCESSO DI ESECUZIONE Luiso – vol. 3 Giurisdizione contenziosa si ripartisce in 3 forme di tutela: 1 dichiarativa o di cognizione 2 cautelare 3 esecutiva  ci occupiamo dei presupposti e delle funzioni della tutela esecutiva e del processo previsti per erogare questa forma di tutela Situazioni sostanziali protette Le norme di diritto privato codificano delle regole di comportamento a cui i consociati debbono attenersi. Sono dettate perché attraverso l'osservanza di quella norma di comportamento, un certo interesse per un bene viene soddisfatto. Distinguiamo tra situazioni giuridiche: - di carattere finale  il titolare del diritto può soddisfare il suo interesse mediante una sua facoltà (non richiede attività altrui). Si attuano fornendo al titolare poteri di comportamento in relazione ad un determinato bene e facendo semplicemente obbligo a tutti gli altri soggetti dell’ordinamento di non inframmentarsi tra il titolare del diritto e il bene garantito. Es. Diritti assoluti reali di godimento (proprietà) Es. Diritti personali di godimento (es. diritto che acquista il conduttore in forza di un contratto di locazione) - di carattere strumentale  l'interesse del creditore per essere soddisfatto richiede necessariamente un'attività di un altro soggetto, che si dice allora obbligato. In tal caso l’interesse, che costituisce la situazione sostanziale protetta, è garantito da un comportamento attivo di un altro soggetto, senza il quale comportamento la situazione non è soddisfatta. Occorre inoltre distinguere tra doveri di comportamento: - primari : attuano lo svolgimento fisiologico della situazione sostanziale (casi in cui è previsto come obbligo primario quello di tenere un certo comportamento attivo). - secondari : nascono da un precedente illecito; cioè nascono dal fatto che esisteva un altro dovere a monte che non è stato però rispettato. Il sistema di norme sostanziali funziona bene finché vi ė una spontanea cooperazione dei soggetti dell'ordinamento. MA vi sono ipotesi in cui viene violata la norma di comportamento. L'illecito è il comportamento concreto che trasgredisce la norma di condotta. L'illecito è sempre la violazione di un dovere (nella nostra ottica è indifferente che siano doveri primari o secondari). In questo caso c'è una crisi di cooperazione e quindi un ordinamento che vuole avere un minimo di effettività deve porsi il problema di assicurare un'efficace tutela di fronte all'illecito, deve cioè consentire all'individuo di conseguire ciò che gli spetta. L’illecito è presupposto di tutela dichiarativa ma anche della tutela esecutiva. Quando entra in gioco una o l'altra? Nel momento in cui una sentenza mi dice che ‘io sono creditore e che tizio è condannato ad adempiere al suo obbligo nei miei confronti’, occorre anche che tizio paghi affinché io sia soddisfatto. Occorre far sì che l’avente diritto riceva quell’utilità che, secondo il diritto sostanziale, gli dovrebbe provenire dall’adempimento dell’obbligato. Talvolta, questa necessità di adeguamento della situazione di fatto alla situazione di diritto può essere attuata dal creditore nell'esercizio delle sue facoltà di diritto sostanziale. Infatti talvolta lo stesso avente diritto può sostituirsi all’obbligato con la propria attività sul piano del diritto sostanziale per ottenere quel risultato utile che l’ordinamento gli garantisce. Es. art. 1577 rapporto di locazione: necessità di riparazioni “Quando la cosa locata abbisogna di riparazioni che non sono a carico del conduttore, questi è tenuto a darne avviso al locatore. - lo strumento coattivo di natura civile è un’arma spuntata nei confronti di chi non ha un patrimonio con cui rispondere dell’obbligazione pecuniaria. E, a rovescio, l’esecuzione indiretta non serve se l’obbligato ha un patrimonio talmente ingente da essere insensibile al pagamento della somma. N.B. se il giudice, nella sede competente, dichiara che chi ha subito l’esecuzione indiretta aveva il diritto di non ottemperare all’orine del giudice, una volta riformato il provvedimento, cade la sanzione penale e, se si tratta di sanzione civile, le somme pagate devono essergli restituite. Torniamo all'ESECUZIONE DIRETTA = surrogazione dell'obbligato all'attività che non ha compiuto. Le forme di tutela esecutiva diretta sono diverse a seconda del contenuto e dell'oggetto della prestazione rimasta inadempiuta. L'esecuzione prende il nome di: 1. Espropriazione forzata o esecuzione in forma generica, se si tratta di un obbligo di pagamento somma di denaro 2. Esecuzione in forma specifica, se si tratta di un obbligo di fare fungibile o di obblighi di dare una cosa determinata. - se sono obblighi di dare cose mobili o immobili determinate = esecuzione per consegna o rilascio - se sono obblighi di fare = esecuzione per obblighi di fare (può essere prestazione di carattere originario o derivato, cioè conseguente a violazione di obbligo di non fare).  queste sono le 3 tecniche di tutela esecutiva diretta, distinte in base all’obbligo rimasto inadempiuto. FONTI NORMATIVE RILEVANTI CODICE CIVILE - Libro 6 Titolo 4 tutela giurisdizionale dei diritti Capo 1 disposizioni generali Capo 2 esecuzione forzata CODICE PROCEDURA CIVILE - Libro 3 "del processo di esecuzione" Ci sono 6 titoli 1 del titolo esecutivo e del precetto 474-482 2 dell'espropriazione forzata 3 dell'esecuzione per consegna o rilascio 4 dell'esecuzione forzata degli obblighi di fare o di non fare 4 bis delle misure di coercizione indiretta 5 delle opposizioni 6 della sospensione e dell'estinzione del processo DISPOSIZIONI GENERALI (vale per tutte le forme di esecuzione diretta – tit. 1 libro 3) Art. 474 TITOLO ESECUTIVO "L'esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile". Tutti i processi di esecuzione forzata presuppongono un titolo esecutivo  brocardo in cui si riassume = nulla executio sine titulo E spetta alla legge dirci quali atti costituiscono titolo esecutivo. Questo atto dà al creditore un particolare diritto, cioè il diritto di agire in via esecutiva. È un diritto di natura processuale, un diritto che il soggetto ha nei confronti dello Stato a che lo stato provveda attraverso o suoi organi alla prestazione della tutela esecutiva. Dal titolo esecutivo nasce la tutelabilità esecutiva del diritto sostanziale, cioè la pretesa alla tutela esecutiva nei confronti dello Stato. Quindi abbiamo 3 situazioni giuridiche che vengono in campo: - Azione esecutiva che sorge dal titolo esecutivo: diritto processuale alla tutela esecutiva che ha il soggetto nei confronti dello stato. Il diritto alla tutela esecutiva è il diritto processuale a che l’ufficio esecutivo si metta in moto e ponga in essere le misure giurisdizionali previste. - Diritto sostanziale da tutelare che è rimasto inadempiuto: diritto di credito che ha il soggetto nei confronti del proprio debitore - Rapporto di carattere pubblicistico tra stato e soggetto debitore che acquisisce la qualità di esecutato: potere autoritativo che lo stato ha di dare esecuzione coattiva al diritto del creditore. azione esecutiva (creditore vs Stato) potere autoritativo Stato (rapporto Stato-debitore) diritto sost. da tutelare (creditore vs debitore) Il titolo esecutivo è condizione necessaria per chiedere la tutela esecutiva. Per avere accesso alla tutela esecutiva non è sufficiente come nel processo di cognizione che l'attore si affermi titolare di un diritto, qui occorre avere uno specifico atto che costituisca titolo esecutivo. Abbiamo 2 declinazioni del principio generale nulla executio sine titulo: - Ciò significa che il titolo esecutivo deve preesistere. - Significa anche che il titolo esecutivo deve permanere per tutto il corso del processo esecutivo, sino alla sua fine (se viene meno, il processo esecutivo si deve arrestare). Questo principio è ancora valido ma bisogna tenere presente l'intervento delle SU Cassazione 61\2014. Infatti, si è sempre interpretato nel senso che il titolo che sorregge l’esecuzione forzata deve essere sempre il medesimo. Ma poi con questa sentenza la Cass. ha cambiato orientamento e ha detto che  il titolo deve sempre esserci, ma mentre prima dicevo che il titolo deve essere sempre lo stesso, da adesso modifica l’orientamento e precisa che è possibile che l'esecuzione da un certo momento in poi sia sostenuta non dal titolo sulla cui base era cominciata, ma possa continuare sulla base di un titolo diverso. Com'è possibile? Nell'espropriazione forzata possono intervenire altri creditori che possono avere un titolo esecutivo, quindi ecco come è possibile!! Massima della sentenza: “Nel processo di esecuzione la regola secondo cui il titolo esecutivo deve esistere dall'inizio alla fine della procedura va intesa nel senso che questa regola presuppone non necessariamente la continua sopravvivenza del titolo del creditore precedente ma la costante presenza di un valido titolo esecutivo, sia pur di un altro soggetto. Qualora dopo l'intervento di un altro creditore munito di titolo esecutivo il primo venga caducato, il processo può andare avanti”. È una massima in realtà complessa perché sottende tanti limiti e condizioni - titolo esecutivo doveva esserci all'inizio del processo ma deve essere venuto meno in via successiva - il titolo esecutivo subentrante deve essere titolo esecutivo di un creditore entrato prima che fosse disposta la caducazione del titolo originario. Se invece interviene dopo, il processo esecutivo non può andare avanti. - la vicenda in cui si applica il principio è una vicenda di caducazione in via successiva di un titolo esecutivo: ciò significa che il principio correttivo delle sezioni unite non si applica quando la vicenda è diversa dalla caducazione in via sopravvenuta del titolo, cioè quando ad esempio c’è invalidità originaria del processo (non può essere sanata ex post). - poiché la cassazione si riferisce a vicenda di caducazione del titolo, significa che ci si riferisce solo alle ipotesi in cui vi era ab origine un valido ed efficace titolo esecutivo e che è stato successivamente rimosso. Se invece c'era una carenza originaria del titolo esecutivo non si salvano gli effetti dell'esecuzione forzata. Infatti, la massima dice che quando sopravviene la caducazione del titolo esecutivo restano fermi gli effetti dell'atto compiuto a condizione che il titolo esecutivo fosse originariamente valido ed efficace. Vediamo alcuni esempi per capire quando c’è caducazione sopravvenuta e quando invece il titolo è ab origine invalido: ES. 1: Con una sentenza di condanna provvisoriamente esecutiva di primo grado posso iniziare esecuzione forzata. Poi può intervenire l’appello può ritornare totalmente la sentenza. La sentenza di riforma di appello ha efficacia retroattiva.  caducazione in via sopravvenuta del titolo esecutivo, perché il titolo in origine c’era, ma è venuto meno in via sopravvenuta. ES. 2: Sentenze di mero accertamento non sono titolo esecutivo. Se inizio processo esecutivo sulla base di esse, ho un atto che non costituisce titolo esecutivo. In appello la sentenza viene riformata: non ho salvezza di atti compiuti perché l’atto già ab origine non era titolo esecutivo. Torniamo all'articolo: DIRITTO CERTO, LIQUIDO ED ESIGIBILE Guardiamo al diritto sostanziale: tipicamente è un diritto di credito, somma di denaro, consegna bene, compiere una prestazione di fare. Certezza e liquidità ai fini dell'articolo 474 sono sostanzialmente un'endiadi con cui si esprime esigenza che diritto sostanziale risulti determinato, individuato, caratterizzato nel titolo esecutivo. L’attributo della certezza si riferisce in particolare agli obblighi di consegna e rilascio e obblighi di fare; e significa che l’oggetto dell’esecuzione deve essere individuato. Certezza non significa che il diritto deve essere certo nella sua esistenza e nemmeno che sia accertato con provvedimento giurisdizionale con autorità di giudicato. Significa solo che deve risultare individuato nel titolo esecutivo. In realtà questa norma è oggetto di un'interpretazione estensiva, per cui con 'sentenze' si fa riferimento a tutti i provvedimenti giurisdizionali qualificati come titolo esecutivo. Ma rimangono sempre fuori da questa interpretazione i verbali di conciliazione giudiziale, cioè gli altri atti. È intervenuta la corte costituzionale con sentenza interpretativa di rigetto 636\2002 che ha chiarito che il verbale di conciliazione giudiziale è titolo esecutivo anche per gli obblighi di fare. - Titoli di cui al numero 2  la disposizione dice che tali atti sono solo per l'espropriazione forzata per pagamento di somme di denaro, e non per esecuzione in forma specifica. - Titolo di cui al numero 3  atti pubblici sono titolo esecutivo per esecuzione forzata e per esecuzione in forma specifica per consegna e rilascio, non per esecuzione di obblighi di fare. Questo lo si ricava da 474,3: "L'esecuzione forzata per consegna o rilascio non può aver luogo che in virtù dei titoli esecutivi di cui ai numeri 1) e 3) del secondo comma. Il precetto deve contenere trascrizione integrale, ai sensi dell'articolo 480, secondo comma, delle scritture private autenticate di cui al numero 2) del secondo comma". N.B. Quelli formati all'esito di mediazione o negoziazione sono titoli esecutivi per tutte le forme di esecuzione forzata => Attribuire ad un certo atto privato (che non dà certezza sull'effettiva esistenza del diritto) l'attitudine a essere titolo esecutivo significa consentire una più immediata tutela esecutiva ma non significa impedire le contestazioni sull'esistenza del diritto che troveranno spazio in processo apposito che si chiama opposizione all'esecuzione. Semplicemente, invece di richiedere previo accertamento del diritto e solo dopo consentire tutela esecutiva, lo si rende un passaggio eventuale perché è rimesso alla contestazione dell'asserito obbligato e successivo. C'è una sorta di scommessa sulla non contestazione del diritto. Diritto meritevole di tutela: il legislatore attribuisce efficacia di titolo esecutivo all’atto quando ritiene che il diritto in esso contenuto sia meritevole di tutela esecutiva. I fattori che il legislatore prende in considerazione in questo giudizio di meritevolezza della tutela esecutiva sono variabili. Considerazione sui rapporti con la tutela dichiarativa: se l’interessato non ha un titolo esecutivo stragiudiziale, deve procurarsene uno: il che può accadere solo attraverso un processo di cognizione. In tal caso il provvedimento dichiarativo è solo una tappa verso la meta finale, tappa resa necessaria dal fatto che il nostro ordinamento adotta il principio nulla executio sine titulo. È evidente che, quanto più si moltiplicano i titoli esecutivi stragiudiziali, tanto più si alleggerisce il processo di cognizione da tutte quelle domande strumentali che hanno come scopo la formazione di un titolo esecutivo. Ma, d’altro canto, più si moltiplicano i titoli esecutivi, e meno valore residua al principio nulla executio sine titulo  equilibrio precario: negli ultimi anni il legislatore ha preferito moltiplicare i titoli esecutivi, OGGETTO DELL'ESECUZIONE  è sempre il diritto sostanziale per la cui tutela si agisce. Questo principio ha tante ricadute - Se si esegue il diritto sostanziale, la struttura, le regole del processo esecutivo non cambiano se cambia il titolo esecutivo perché si determinano in ragione del tipo di obbligo, conta il diritto sostanziale. La struttura del processo esecutivo si deve adattare al tipo di diritto che si vuole tutelare e non al tipo di provvedimento che funge da presupposto. Questo proprio perché il titolo esecutivo costituisce il presupposto, non l’oggetto dell’attuazione esecutiva. Es. tizio ha credito di 1000 nei confronti d caio: la tutela esecutiva è sempre la stessa sia nel caso che il titolo esecutivo sia una cambiale, sia una sentenza, sia un lodo. - Distinguo: legittimità del processo esecutivo dal punto di vista processuale // dalla legittimità sostanziale (tra esecuzione sostanzialmente legittima e l'esecuzione sostanzialmente giusta). - Esecuzione forzata è processualmente legittima in quanto si è svolta sulla base di un titolo esecutivo e si sono seguite le regole processuali che disciplinano attività esecutiva. L’esistenza del titolo esecutivo è condizione sufficiente per la tutela esecutiva e chi lo ha, ha diritto a pretendere l’intervento giurisdizionale, nel rispetto delle regole del processo esecutivo. - Legittimità sostanziale dell'esecuzione, se è giusta dal punto di vista sostanziale, e ciò dipende dall'esistenza del diritto sostanziale, e non dipende dall’esistenza del diritto alla tutela esecutiva. Non è sufficiente che sussista un titolo esecutivo perché l’intervento degli organi esecutivi, che è dovuto sul piano processuale, sia lecito sul piano sostanziale. Infatti, affinché l’attività esecutiva sia lecita sul piano sostanziale, è necessaria l’effettiva esistenza del diritto da tutelare. Ciò si ricava da art. 96,2 cpc in base al quale si può fruire della tutela esecutiva e tuttavia essere obbligati al risarcimento dei danni, se non esiste il diritto, di cui si è richiesta la tutela esecutiva. Distinguo: Titolo esecutivo in senso DOCUMENTALE: Documento rappresentativo (es. sentenza che condanna al pagamento di x) del diritto come diritto certo e liquido. Esso serve a facilitare le operazioni: il creditore presenta il titolo esecutivo in senso documentale all'organo esecutivo. Però, rappresenta solo parzialmente la fattispecie del diritto di azione esecutiva perché rappresenta i fatti costitutivi d quel diritto, ma non rappresenta eventuali fatti impeditivi, modificativi, estintivi del diritto di agire in via esecutiva. Titolo esecutivo in senso SOSTANZIALE: Si intende la fattispecie da cui sorge l’effetto giuridico di rendere tutelabile in via esecutiva una situazione sostanziale protetta. È una fattispecie più ampia: comprende anche gli atti che sono fatti estintivi, modificativi, estintivi.  se vi sono divergenze tra titolo esecutivo in senso documentale e titolo esecutivo in senso sostanziale, l’esecutato può reagire e far valere l’inefficacia del titolo esecutivo e cioè l’inesistenza del diritto di procedere ad esecuzione forzata. Per contestare che esista diritto in via esecutiva c'è onere di opposizione all'esecuzione. Quindi, il diritto di agire in via esecutiva si accerta dopo nel caso in cui l'esecutato contesti che il diritto esista. EFFICACIA SOGGETTIVA DEL TITOLO ESECUTIVO Chi è titolare del diritto di agire in via esecutiva? Chi è soggetto passivo dell'azione esecutiva? In via ordinaria, il diritto di agire in via esecutiva spetta a colui che è individuato come creditore nel titolo esecutivo in senso documentale e il soggetto passivo è colui che è individuato come debitore. Il diritto di agire in via esecutiva può essere a favore o contro un terzo (non indicato in titolo esecutivo in senso documentale)? Es. I miei eredi possono avvalersi si titolo esecutivo che ho ottenuto io nei confronti di un tale debitore? Può creditore mio agire in via esecutiva contro i miei eredi? Constatare che l’atto (che funge da titolo esecutivo) è efficace verso certi terzi non vuol dire necessariamente che esso sia utilizzabile come titolo esecutivo da e contro questi terzi. Bisogna prendere in esame le norme che trattano espressamente di efficacia del titolo esecutivo verso i terzi. 1. Per quel che riguarda profilo ATTIVO: la risposta è positiva e si ha in art. 475,2: "La spedizione del titolo in forma esecutiva può̀ farsi soltanto alla parte a favore della quale fu pronunciato il provvedimento o stipulata l'obbligazione, o ai suoi successori, con indicazione in calce della persona alla quale è spedita".  Successori a titolo universale e titolo particolare (mortis causa - legato \\ inter vivos - compro diritto per il quale si agisce in via esecutiva). Successione è fenomeno per cui fermi restando gli estremi oggettivi di identificazione di un certo diritto, muta la titolarità del soggetto. C'è successione nel diritto sostanziale, ma bisogna capire se c'è anche successione nel diritto di agire in via esecutiva. E lo dice il l'articolo 475. 2. Per quel che riguarda il profilo PASSIVO: l'articolo 477 cpc dice che "Il titolo esecutivo contro il defunto ha efficacia contro gli eredi, ma si può̀ loro notificare il precetto soltanto dopo 10 giorni dalla notificazione del titolo". È la situazione rovesciata: si ha successione nell’obbligo. La norma parla di 'defunto e eredi' quindi successione universale mortis causa. Ma si applica anche ad altri fenomeni successori? Sì, sulla base di un'interpretazione estensiva della norma che si giustifica sulla base del fatto che il fenomeno successorio, che sia a titolo universale o particolare, inter vivos o mortis causa, è sempre la stessa, è sempre un fenomeno di carattere successorio. QUINDI: Il titolo esecutivo può avere efficacia contro un terzo a condizione che l'atto giuridico che costituisce titolo esecutivo spieghi i suoi effetti nei confronti di questo terzo acquirente. Cioè, l'atto che costituisce titolo esecutivo deve avere gli stessi effetti che ha nei confronti del soggetto originario. Deve essere un successore che ha acquistato dopo che la sentenza è stata pronunciata. Es. Sentenza di condanna per demolizione di un muretto Acquisto del diritto di proprietà sul fondo servente da parte di tizio è posteriore alla pronuncia della sentenza nei confronti di Caio. Il giudicato che si è formato è opponibile a tizio: si Es. Tizio acquista prima che attore trascriva domanda di demolizione del muretto. No Es. Società di persone Delle obbligazioni sociali rispondono anche personalmente i soci. Società acquisita una macchina. Agisco ottenendo un decreto ingiuntivo nei confronti della società. Posso usare questo titolo esecutivo anche nei confronti del socio? C'è divisione in giurisprudenza: - Per alcuni sì anche se il socio non ha preso parte al processo. - Per altri no perché doveva essere chiamato in giudizio. Ecco l'importanza della distinzione tra in senso documentale e sostanziale: dal titolo esecutivo in senso documentale non trovo l'indicazione del successore. Riassumendo, deve contenere: Intimazione ad adempiere Avvertimento Individuazione diritto Altro avvertimento Dichiarazione di residenza o elezione di domicilio della parte istante nel comune in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione  !! se manca, l'opposizione al precetto si propongono al giudice del luogo in cui è stato notificato. Con notificazione titolo esecutivo e precetto si inizia esecuzione in senso ampio ma non è ancora in corso l'azione esecutiva in senso proprio, devo aspettare 10 giorni. Perenzione: dopo 90 giorni da notificazione il precetto perde efficacia e non posso iniziare esecuzione forzata. Ma non è molto grave perché semplicemente devo notificarne un altro. A questo punto le strade si dividono nel senso che esecuzione forzata assume le forme congruenti rispetto al tipo di diritto e cambiano le regole: - espropriazione - esecuzione per consegna o rilascio - esecuzione per obblighi di fare Ma quando inizia l'esecuzione forzata? Ci sono 4 regole diverse - espropriazione forzata: inizia con il pignoramento (art. 491) - consegna o rilascio di cosa mobile: con richiesta a ufficiale giudiziario ex art. 606 - rilascio beni immobili notifica dell'atto con cui si intima rilascio bene immobile - obblighi di fare o non fare: ricorso a giudice di esecuzione per determinazione delle modalità di esecuzione dell'esecuzione forzata. (Ecco, tutte queste attività devono essere fatte nel termine di 90 giorni) STRUTTURA GENERALE E FUNZIONE DEL PROCESSO ESECUTIVO Partiamo dal discorso di ieri: Esecuzione forzata è strumento che serve ad attuare il diritto, a far corrispondere la situazione di fatto alla situazione di diritto. Il processo esecutivo non ha la funzione di risolvere le controversie, non ha la funzione di stabilire chi ha torto o ragione. Lo scopo dell’esecuzione forzata è di procurare la soddisfazione di diritti correlati a obblighi non adempiuti, dando per scontato l’esistenza di tali diritti e obblighi. Ciò significa che nel processo esecutivo non si risolvono le controversie, ma facciamo delle operazioni materiali prescindendo da chi abbia ragione o torto: ho titolo esecutivo e devo attuare diritto che in esso è rappresentato. Da qui ne viene una prima conseguenza: il processo esecutivo, anche quando arriva a termine con profitto e consente l'attuazione del diritto, non è mai in grado di dire se esiste o meno quel diritto perché non è quella la sua funzione. Tenendo ciò a mente si riesce a capire qual è la cognizione dell'ufficio esecutivo: gli organi (ufficiale giudiziario e giudice dell'esecuzione) che intervengono quali elementi devono guardare? Ufficio esecutivo deve verificare che ci siano presupposti per compiere attività che gli è richiesta Non rientra tra i presupposti la verifica dell'esistenza del diritto sostanziale. Verificati i presupposti della propria attività: - o ritiene che ci siano e compie l'attività richiesta - o ritiene che non ci siano (es. scrittura privata non è autenticata) e allora si astiene dal compiere l'attività esecutiva. Ecco qui una grande differenza rispetto a giudice della cognizione: quest’ultimo può emettere sentenza con cui accoglie domanda nel merito, oppure rigettare domanda nel merito, oppure dichiarare di non poter decidere nel merito la domanda. Invece organi esecutivi possono dare solo 2 tipi di risposte: dare o negare tutela. E se viene data la misura giurisdizionale che viene richiesta, il suo contenuto è sempre a favore di chi la richiede (cioè, è l’equivalente di quella che, nel processo di cognizione, è una sentenza di accoglimento nel merito).  la misura giurisdizionale esecutiva di merito è sempre a senso unico, cioè favorevole all’istante; mentre la sentenza di merito può dare torto a chi l’ha richiesta. Organo esecutivo deve anche verificare un altro tipo di presupposti: le questioni di rito. Nel processo di cognizione quando sorge questione di rito, è il giudice stesso che decide se ha la competenza o meno, e questo perché è un giudice che opera in un processo che serve a risolvere le controversie, opera in una struttura fatta per quello. Nel processo esecutivo invece non c'è struttura per risolvere controversia, ma solo per attuare diritto o negare la tutela se non ci sono presupposti. Ma se si presenta questione di rito? In questo caso il giudice può delibare le questioni rilevabili di ufficio e quelle che non sono rilevabili d’ufficio, su istanza di parte può delibarle, ma non risolve la controversia. Ma deve esserci un luogo in cui risolvere queste controversie: processo di opposizione agli atti esecutivi  serve un processo di tutela dichiarativa ed infatti è previsto un processo di cognizione che è esterno al processo esecutivo e che ha come oggetto l’accertamento della validità dell’atto esecutivo e si decide la questione che è già stata delibata in via incidentale dall’ufficio esecutivo. E allo stesso modo c'è processo di opposizione all'esecuzione se l'esecutato vuole opporsi dicendo che non esiste il diritto. Presupposti processuali Le condizioni minime indispensabili per emettere una misura esecutiva equivalgono alle condizioni per la decisione del merito nel processo dichiarativo e sono costituite dai presupposti processuali del processo esecutivo, in mancanza dei quali la richiesta di tutela non può essere accolta perché il processo è viziato. Quindi è necessario che l’ufficio esecutivo sia competente e abbia giurisdizione, che le parti siano capaci, legittimate e rappresentate tecnicamente. La rilevazione dei presupposti processuali segue la disciplina contenuta nel primo libro cpc. Nullità formali dei singoli atti del processo Diverso da carenza presupposto processuale perché sua carenza comporta nullità di tutti gli atti del processo; mentre per nullità di singoli atti si applicano artt. 156 ss cpc. Art. 157: nullità di singoli atti del processo è rilevabile d’ufficio solo se lo prevede la legge (mentre p.p. sono rilevabili anche d’ufficio salvo diversa disposizione di legge). L’ufficio esecutivo deve accertare la sussistenza di un titolo esecutivo in senso sostanziale? Giurisprudenza ritiene che tra i presupposti ci sia il titolo esecutivo in senso sostanziale e quindi se risulta la caducazione di esso il giudice può arrestare il processo. Secondo la dottrina non deve porsi il problema del titolo esecutivo in senso sostanziale, e potrà essere fatto valere con opposizione all'esecuzione. Principio del contradditorio: nel processo esecutivo vale la garanzia del contradditorio? Secondo parte della dottrina nel processo esecutivo non ha vigore questo principio perché è un processo immune da tutte le questioni attinenti all’esistenza della situazione sostanziale da tutelare. Secondo altra parte della dottrina (meglio), il principio nel processo esecutivo si esplica consentendo alle parti di contribuire, su un piede di parità, alla raccolta di ciò che è rilevante per l’emanazione della misura esecutiva. Il principio del contraddittorio però dovrà esercitarsi ed essere attuato su ciò che attiene ai fini dell’esecuzione forzata, non sull’esistenza del diritto sostanziale per il quale si procede. Il principio va confinato sugli elementi che rilevano ai fini del processo esecutivo, quindi non sugli elementi del “se” dell’esecuzione, ma sul “come” dell’esecuzione, sul quomodo procedere al compimento di un certo atto esecutivo. Audizione delle parti Nel processo esecutivo si deve stabilire quali sono le attività da compiere per impartire la tutela. In relazione a tali attività occorre garantire alle parti il diritto di interloquire su un piede di parità nei confronti del giudice. Artt. 485-487 regolano le domande e le istanze che si propongono al giudice dell’esecuzione e i provvedimenti del giudice. L’ufficio esecutivo deve sentire le parti prima di emettere la misura: significa instaurare il contradditorio circa le modalità con cui il processo esecutivo deve andare avanti  ciascuna delle parti può cercare di convincere il giudice a emettere oppure a non emettere una misura esecutiva, oppure a darle un contenuto invece che un altro. L’audizione delle parti avviene avvertendole della fissazione della relativa udienza da parte del giudice. Se poi il giudice accerta che una delle parti non è potuta comparire all’udienza per cause indipendenti dalla sua volontà, deve fissarne un’altra (ex art. 485)  si rispetta principio del contradditorio. Domande delle parti Art. 486: le domande delle parti si propongono con ricorso da depositare in cancelleria o oralmente, nel verbale d’udienza. Provvedimenti del giudice Art. 487: i provvedimenti del giudice dell’esecuzione hanno la forma dell’ordinanza, che può essere modificata o revocata fino a che non ha avuto esecuzione; una volta eseguita, il giudice non può più modificarla. COMPETENZA Uffici giudiziari competenti per l’esecuzione forzata sono indicati in artt. 9, 26 e 26bis cpc: - senso verticale: è sempre competente il tribunale (art. 9) - senso orizzontale: ° espropriazione immobiliare e mobiliare (anche di beni presso terzi): giudice del luogo dove si trova il bene ° esecuzione forzata su autoveicoli e motoveicoli: giudice della residenza dell’esecutato ° esecuzione forzata degli obblighi di fare e non fare: giudice del luogo dove l’obbligo deve essere adempiuto ° esecuzione forzata per consegna e rilascio: giudice del luogo dove si trovano i beni ° espropriazione forzata di crediti: - giudice del luogo dove risiede il terzo debitore, se il debitore esecutato è una PA - giudice del luogo dove risiede il debitore esecutato, in ogni altro caso  motivo: evitare eccessiva concentrazione sul tribunale di Roma delle espropriazioni di crediti quando debitore è una PA.  Il processo di espropriazione quindi opera giuridicamente sull’elemento attivo del patrimonio del debitore, individuandolo, conservandolo, liquidandolo e distribuendo il ricavato al creditore.  Alla fine del processo, se va tutto bene, il diritto del creditore viene soddisfatto e il diritto del debitore (cioè l’elemento attivo del suo patrimonio) dopo l’esecuzione è nella titolarità di un terzo: si estingue diritto di credito e si trasferisce elemento patrimoniale att. debitore.  Entrano in gioco 2 situazioni sostanziali: 1. il diritto del creditore: credito da tutelare (diritto per la cui tutela si agisce) 2. il diritto del debitore (l’elemento attivo del patrimonio del debitore che deve essere individuato, conservato e liquidato). È il diritto sottoposto a pignoramento, il diritto che viene venduto e acquistato dal terzo, che è quindi il diritto che è oggetto di esecuzione forzata e che può anche essere definito come un ‘diritto mezzo’ poiché tramite la sua espropriazione vado a soddisfare il diritto tutelato —> su questo diritto si apporta una modificazione giuridica, viene prima espropriato e poi venduto. L’espropriazione forzata è la più complessa perché ci sono due diritti (diritto tutelato e diritto mezzo/espropriato), mentre nell’esecuzione individuale c’è solo un diritto. È complessa anche perché ha ad oggetto un diritto che deve essere pignorato per essere trasferito, quindi evidentemente dà vita a un fenomeno di circolazione del diritto, perciò è necessario che le modalità di attuazione dell’esecuzione forzata varino in base al tipo di diritto espropriato e in dipendenza dei differenti regimi giuridici che l’ordinamento detta per la circolazione dei diritti. Siccome gli elementi attivi circolano in modo diverso sul piano del diritto sostanziale, ne consegue che l’esecuzione si deve adattare al diverso modo di circolazione e quindi si deve strutturare in modo corrispondente al tipo di circolazione di ciascun diritto. Esistono perciò 3 FORME DI ESPROPRIAZIONE FORZATA: - per i beni mobili - per i beni immobili - per i crediti In più il nostro ordinamento prevede altre 2 FORME SPECIALI: - espr. di beni indivisi: quando oggetto dell’esecuzione è la contitolarità di un diritto su un bene - espr. contro il terzo proprietario, esecutato ma non debitore: quando si realizza il fenomeno della responsabilità senza debito, allorché il terzo risponde con beni propri di un debito altrui (art. 2910,2 “Possono essere espropriati anche i beni di un terzo quando sono vincolati a garanzia del credito o quando sono oggetto di un atto che è stato revocato perché compiuto in pregiudizio del creditore”). IL PIGNORAMENTO (prima fase dell’esecuzione forzata) Art. 491 - Inizio dell’espropriazione “Salva l'ipotesi prevista nell'articolo 502, l'espropriazione forzata si inizia col pignoramento”. N.B. L'eccezione indicata dalla norma in commento di cui all'art. 502 si riferisce all'esecuzione sui beni mobili garantiti da pegno o, eccezionalmente, da ipoteca. In questi casi, non è necessario il pignoramento poiché i beni, per effetto della garanzia che grava su di essi, sono già sottratti alla disponibilità del debitore e destinati alla soddisfazione del credito. Il pignoramento è l’atto con cui si individuano e si conservano i diritti del debitore (elemento patrimoniale) sottoposti ad espropriazione. Primo atto dell’esecuzione forzata che va fatto nel termine di 90 giorni dalla notifica del precetto ° Gli elementi patrimoniali, per essere espropriabili, devono essere trasferibili sul piano del diritto sostanziale (es. diritti di uso e di abitazione non sono trasferibili e quindi non pignorabili). ° Se il diritto pignorato incontra limiti alla circolazione sul piano sostanziale, tali limiti si estendono anche all’espropriazione forzata (es. diritto di servitù si trasferisce con il fondo dominante quindi non può essere autonomamente pignorato). Il pignoramento, per raggiungere il suo scopo, deve adattarsi ai diversi modi con cui i diritti circolano nel nostro ordinamento  esistono 3 forme di pignoramento, che corrispondono ai 3 diversi modi di circolazione dei diritti che conosce il nostro ordinamento: - mobiliare - immobiliare - di crediti Art. 492 - Forma del pignoramento (è una norma generale) C. 1 Salve le forme particolari previste nei capi seguenti, il pignoramento consiste in una ingiunzione che l'ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano alla espropriazione e i frutti di essi. C. 2 Il pignoramento deve altresì contenere l'invito rivolto al debitore ad effettuare presso la cancelleria del giudice dell'esecuzione la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio in uno dei comuni del circondario in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione con l'avvertimento che, in mancanza ovvero in caso di irreperibilità presso la residenza dichiarata o il domicilio eletto, le successive notifiche o comunicazioni a lui dirette saranno effettuate presso la cancelleria dello stesso giudice. N.B. quindi l’onere sorge per il debitore non direttamente dalla legge ma dall’avviso effettuato all’atto del pignoramento. N.B. l’onere per il debitore sussiste anche se la sua residenza o il domicilio si trovano nella circoscrizione del tribunale: quindi la norma non vuole rendere più facili le notificazioni/comunicazioni, ma vuole verificare se il debitore ha effettivamente interesse al processo esecutivo o meno. Quindi, latu sensu: dichiarazione debitore = costituzione in giudizio // mancata dichiarazione = contumacia. Ma poi subito dopo il legislatore ha previsto che in mancanza della dichiarazione le notificazioni/comunicazioni al debitore vengono effettuate in cancelleria, mentre sarebbe più logico che, se non si fa vivo, non c’è necessità di metterlo a conoscenza di un processo esecutivo che non gli interessa (salvo comunicargli intervento di altri creditori). N.B. Si noti che le notificazioni/comunicazioni al debitore si fanno in cancelleria non solo se manca la dichiarazione ma anche se in occasione di un accesso dell’ufficiale giudiziario il debitore risulta irreperibile. C. 3 Il pignoramento deve anche contenere l'avvertimento che il debitore, ai sensi dell'articolo 495, può chiedere di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro pari all'importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti (conversione del pignoramento), comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese, oltre che delle spese di esecuzione, sempre che, a pena di inammissibilità, sia da lui depositata in cancelleria, prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione a norma degli articoli 530, 552 e 569, la relativa istanza unitamente ad una somma non inferiore ad un quinto dell'importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori intervenuti indicati nei rispettivi atti di intervento, dedotti i versamenti effettuati di cui deve essere data prova documentale. Il pignoramento deve contenere l’avvertimento che, a norma dell’articolo 615, secondo comma, terzo periodo, l’opposizione è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita o l’assegnazione a norma degli articoli 530, 552 e 569, salvo che sia fondata su fatti sopravvenuti ovvero che l’opponente dimostri di non aver potuto proporla tempestivamente per causa a lui non imputabile. C. 4 e 5  introducono il dovere del debitore di ‘manifestare’ il proprio patrimonio. Presupposto perché tale dovere divenga attuale = insufficienza dei beni pignorati o lunga durata della loro liquidazione. Quando per la soddisfazione del creditore procedente i beni assoggettati a pignoramento appaiono insufficienti ovvero per essi appare manifesta la lunga durata della liquidazione, l'ufficiale giudiziario invita il debitore ad indicare ulteriori beni utilmente pignorabili , i luoghi in cui si trovano ovvero le generalità dei terzi debitori, avvertendolo della sanzione prevista per l'omessa o falsa dichiarazione ( illecito penale ex art. 388 c.p.: reclusione) Della dichiarazione del debitore è redatto processo verbale che lo stesso sottoscrive. Se sono indicate cose mobili queste, dal momento della dichiarazione, sono considerate pignorate anche agli effetti dell'articolo 388, terzo comma, del codice penale e l'ufficiale giudiziario provvede ad accedere al luogo in cui si trovano per gli adempimenti di cui all'articolo 520 oppure, quando tale luogo è compreso in altro circondario, trasmette copia del verbale all'ufficiale giudiziario territorialmente competente. Se sono indicati crediti o cose mobili che sono in possesso di terzi il pignoramento si considera perfezionato nei confronti del debitore esecutato dal momento della dichiarazione e questi è costituito custode della somma o della cosa anche agli effetti dell'articolo 388, quarto comma, del codice penale quando il terzo, prima che gli sia notificato l'atto di cui all'articolo 543, effettua il pagamento restituisce il bene. Se sono indicati beni immobili il creditore procede ai sensi degli articoli 555 e seguenti (= notificare atto di pignoramento) C. 6 Qualora, a seguito di intervento di altri creditori, il compendio pignorato sia divenuto insufficiente, il creditore procedente può richiedere all'ufficiale giudiziario di procedere ai sensi dei precedenti commi ai fini dell'esercizio delle facoltà di cui all'articolo 499,4. C. 7 abrogato C. 8 Se il debitore è un imprenditore commerciale l'ufficiale giudiziario, previa istanza del creditore procedente, con spese a carico di questi, invita il debitore a indicare il luogo ove sono tenute le scritture contabili e nomina un commercialista o un avvocato ovvero un notaio iscritto nell'elenco di cui all'articolo 179-ter delle disposizioni per l'attuazione del presente codice per il loro esame al fine dell'individuazione di cose e crediti pignorabili. Il professionista nominato può richiedere informazioni agli uffici finanziari sul luogo di tenuta nonché sulle modalità di conservazione, anche informatiche o telematiche, delle scritture contabili indicati nelle dichiarazioni fiscali del debitore e vi accede ovunque si trovi, richiedendo quando occorre l'assistenza dell'ufficiale giudiziario territorialmente competente. Il professionista trasmette apposita relazione con i risultati della verifica al creditore istante e all'ufficiale giudiziario che lo ha nominato, che provvede alla liquidazione delle spese e del compenso. Se dalla relazione risultano cose o crediti non oggetto della dichiarazione del debitore, le spese dell'accesso alle scritture contabili e della relazione sono liquidate con provvedimento che costituisce titolo esecutivo contro il debitore. Articolo 514 cpc – Cose mobili assolutamente impignorabili Indica le cose che non sono suscettibili di espropriazione: le cose sacre e quelle che servono all’esercizio del culto, anello nuziale, vestiti, letto, animali di affezione o da compagnia, animali impiegati a fini terapeutici o di assistenza (...). In questi casi l’ufficiale si astiene dal pignorare il bene. Se il creditore afferma che l’ufficiale avrebbe dovuto pignorare (ad esempio se l’anello di diamanti non era anello nuziale secondo il creditore) può fare l’opposizione agli atti esecutivi con cui sindaca l’attività dell’ufficiale. Poi ci sono cose mobili relativamente impignorabili, cose pignorabili in particolari circostanze di tempo. Articolo 518 cpc - Forma del pignoramento “L'ufficiale giudiziario redige delle sue operazioni processo verbale nel quale dà atto dell'ingiunzione di cui all'articolo 492 e descrive le cose pignorate, nonché il loro stato, mediante rappresentazione fotografica ovvero altro mezzo di ripresa audiovisiva, determinandone approssimativamente il valore, con l'assistenza, quando occorre, di uno stimatore da lui scelto. Se il pignoramento cade su frutti non ancora raccolti o separati dal suolo o su bachi da seta, l'ufficiale giudiziario ne descrive la natura, la qualità e l'ubicazione”. C’è processo verbale, poi materialmente le cose vengono prese, cioè viene spossessato e il bene viene affidato a un custode: Articolo 520 cpc – Custodia dei mobili pignorati Il debitore viene spossessato del bene che viene conservato da un custode (che non è il debitore*, salvo che il creditore consenta che sia tenuto dal debitore). “L'ufficiale giudiziario consegna al cancelliere del tribunale il danaro, i titoli di credito e gli oggetti preziosi colpiti dal pignoramento. Il danaro deve essere depositato dal cancelliere nelle forme dei depositi giudiziari, mentre i titoli di credito e gli oggetti preziosi sono custoditi nei modi che il giudice dell'esecuzione determina”. * Non può essere lasciato al debitore perchéi beni mobili possono circolare in base alla regola del possesso vale titolo —> chi acquista in base ad atto idoneo e in buona fede ne diviene proprietario a titolo originario—> elemento essenziale è la traditio (il terzo deve acquistare il possesso)  come impedire che ciò avvenga a danno del creditore pignorante? Spossesso il debitore, il quale, non avendo più il possesso, non può evidentemente trasferire il possesso a un terzo acquirente, il quale se non acquista il possesso non può divenire proprietario con titolo opponibile al creditore procedente. N.B. In base all’articolo 513 cpc poiché il pignoramento è eseguito sulla base dell’indice dell’appartenenza senza che vi sia una previa ricognizione dell’effettiva proprietà del debitore e poiché possono essere espropriati solo i beni del debitore, è evidente che si può verificare il caso in cui l’ufficiale giudiziario pignora un bene che era nel luogo appartenente al debitore ma non era suo, ma è di proprietà del terzo  è un’esecuzione forzata sostanzialmente illegittima. Allora serve un rimedio di tale soggetto terzo che vede il suo bene pignorato e destinato ad essere venduto  questa contestazione del terzo apre una controversia che non può essere svolta nel processo esecutiva ma abbiamo l’opposizione di terzo all’esecuzione = strumento con cui il terzo può far valere il proprio diritto sul bene pignorato. Articolo 521 bis cpc PIGNORAMENTO E CUSTODIA DI AUTOVEICOLI, MOTOVEICOLI E RIMORCHI Il pignoramento di questi beni si può eseguire con le forme dell’articolo 518 ma può non essere facile localizzarli e dunque si può utilizzare anche la modalità prevista in questa disposizione Gli autoveicoli sono beni mobili registrati: ciò significa che il pignoramento si effettua mediante un atto notificato e trascritto: non c'è quindi bisogno di apprendere materialmente il bene (come invece accade per gli altri beni mobili). L’apprensione non è necessaria per il perfezionarsi del pignoramento ma lo diviene per la vendita dello stesso. Quindi l'autoveicolo dopo essere stato pignorato, va trovato; e questo è un ostacolo. Il legislatore ha allora modificato i criteri di competenza: non è competente il giudice del luogo ove si trova il bene, ma il giudice del luogo ove il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede (art. 26 cpc). C.1 Oltre che con le forme previste dall'art. 518, il pignoramento di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi puo' essere eseguito anche mediante notificazione al debitore e successiva trascrizione di un atto nel quale si indicano esattamente, con gli estremi richiesti dalla legge speciale per la loro iscrizione nei pubblici registri, i beni e i diritti che si intendono sottoporre ad esecuzione, e gli si fa l'ingiunzione prevista nell'art. 492. Il pignoramento contiene altresì l'intimazione a consegnare entro 10 giorni i beni pignorati, nonché' i titoli e i documenti relativi alla proprietà e all'uso dei medesimi, all'istituto vendite giudiziarie autorizzato ad operare nel territorio del circondario nel quale è compreso il luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede o, in mancanza, a quello più vicino. C. 2 Col pignoramento il debitore è costituito custode dei beni pignorati e di tutti gli accessori comprese le pertinenze e i frutti, senza diritto a compenso. C.3 Al momento della consegna l'istituto vendite giudiziarie assume la custodia del bene pignorato e ne dà immediata comunicazione al creditore pignorante, a mezzo posta elettronica certificata ove possibile. C.4 Decorso il termine di cui al 1 comma, gli organi di polizia che accertano la circolazione dei beni pignorati o comunque li rinvengono procedono al ritiro della carta di circolazione nonché', ove possibile, dei titoli e dei documenti relativi alla proprietà e all'uso dei beni pignorati e consegnano il bene pignorato all'istituto vendite giudiziarie più vicino al luogo in cui il bene pignorato è stato rinvenuto. Si applica il terzo comma. C.5 Eseguita l'ultima notificazione, l'ufficiale giudiziario consegna senza ritardo al creditore l'atto di pignoramento perché proceda alla trascrizione nei pubblici registri. Entro 30 giorni dalla comunicazione di cui al terzo comma, il creditore deve depositare nella cancelleria del tribunale competente per l'esecuzione la nota di iscrizione a ruolo, con copie conformi del titolo esecutivo, del precetto, dell'atto di pignoramento e della nota di trascrizione. La conformità di tali copie è attestata dall'avvocato del creditore ai soli fini del presente articolo. C. 6 Il cancelliere forma il fascicolo dell'esecuzione. Il pignoramento perde efficacia quando la nota di iscrizione a ruolo e le copie dell'atto di pignoramento, del titolo esecutivo e del precetto sono depositate oltre il termine di cui al quinto comma. In deroga a quanto previsto dall'art. 497, l'istanza di assegnazione o l'istanza di vendita deve essere depositata entro 45 giorni dal deposito da parte del creditore della nota di iscrizione a norma del presente articolo ovvero dal deposito da parte di quest'ultimo delle copie conformi degli atti, a norma dell'art. 159-ter delle disposizioni per l'attuazione del presente codice.  QUINDI: Nel momento in cui notifica questo atto, il debitore è costituito custode dei beni pignorati. Dopodiché va eseguito il pignoramento. - debitore spontaneamente consegna all'istituto vendite giudiziarie - debitore non consegna spontaneamente il bene: in questo caso l'esecuzione avviene così: organi di polizia che rinvengono beni pignorati (cosa possibile dato che il pignoramento risulta dai pubblici registri), devono ritirare i documenti dell'autovettura, portarla via e consegnarla all'istituto vendite giudiziarie del luogo. Come faccio a sapere se è già stato fatto pignoramento su autovettura: - trascritto nel pubblico registro - non trovo vettura perché è già in custodia di istituto PIGNORAMENTO DELLE QUOTE DI UNA SRL - Articolo 2471 cc Ipotesi di estrema rilevanza pratica. Art. 2471 cc: "La partecipazione può formare oggetto di espropriazione. Il pignoramento si esegue mediante notificazione al debitore e alla società e successiva iscrizione nel registro delle imprese”. Compiuto il pignoramento verrà anche nominato un custode della quota, che eserciterà i diritti amministrativi relativi alla quota (es. votare in assemblee) Pignoramento compiuto con notificazione atto a debitore e società. Iscrizione serve per opponibilità a terzi. -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 2. PIGNORAMENTO IMMOBILIARE artt. 555 ss. Riguarda diritti su beni immobili che siano suscettibili di trasferimento: es. diritto di proprietà, usufrutto. Non possono essere oggetto di espropriazione il diritto di servitù (non trasferibile separatamente dal fondo a cui inseriscono), il diritto d'uso e abitazione (non trasferibili). C’è indice di appartenenza: cioè le risultanze dei pubblici registri immobiliari, nei quali si trova e accerta la titolarità dei diritti su beni immobili. L'appartenenza qui si determina dalla pura e semplice affermazione, da parte del creditore procedente, che il debitore ha un diritto trasferibile sul bene immobile. In base all'articolo 170 disp. att. cpc, l'atto di pignoramento di un bene immobile deve essere sottoscritto dal creditore pignorante a norma dell'articolo 125 e quindi il creditore si assume la responsabilità della sua affermazione. Nel momento in cui notifico atto di pignoramento a debitore e terzo si producono 2 effetti: - Nei confronti del mio debitore (pignorato) c'è un vincolo di indisponibilità: non può disporre di quel diritto, e se ne dispone l'atto mi è inopponibile. - Il terzo dal giorno in cui riceve la notificazione è costituito custode delle somme o delle cose che deve del debitore. Quindi ha già gli obblighi del custode. E deve stare attento, perché da quel giorno non deve più adempiere al debito del suo creditore mio debitore: se adempie, l'atto solutorio non è opponibile al creditore procedente e quindi il terzo debitore sarà tenuto a pagare nuovamente al creditore procedente (ex art. 2917: “se oggetto del pignoramento è un credito, l'estinzione di esso per cause verificatesi in epoca successiva al pignoramento non ha effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell'esecuzione”). È fattispecie a formazione progressiva perché questi effetti si producono sin dal moneto in cui l'atto è notificato, ma l'atto presuppone che il terzo renda dichiarazione in cui si dichiara debitore; se non la rende deve comparire all’udienza ecc… VEDIAMO 3 IPOTESI che possono verificarsi: 1. Art. 547: terzo rende dichiarazione (quindi risponde a invito che gli è stato rivolto nell’atto di pignoramento) 2. Art. 548: terzo non rende la dichiarazione 3. Art. 549: sorgono delle contestazioni sulla dichiarazione del terzo 1. Rende la dichiarazione: dichiara di quali cose o di quali somme è debitore. Con la dichiarazione, la fattispecie a formazione progressiva si completa: il pignoramento è perfezionato, gli effetti si stabilizzano e si può andare avanti con la liquidazione. (normalmente i terzi la rendono la dichiarazione, perché per loro è indifferente a chi pagare…) 2. Non rende la dichiarazione Si arriva all’udienza e in questa il creditore dichiara di non aver ricevuto la dichiarazione. Il giudice fissa con ordinanza un’udienza successiva e viene notificata al terzo almeno 10 giorni prima della nuova udienza. - terzo compare e rende la dichiarazione  si perfeziona pignoramento (vd sopra) - terzo non compare alla nuova udienza o, comparendo, rifiuta di fare la dichiarazione: il credito pignorato o il possesso del bene di appartenenza del debitore, nei termini indicati dal creditore, si considera non contestato ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione se l'allegazione del creditore consente l'identificazione del credito o dei beni di appartenenza del debitore in possesso del terzo e il giudice provvede a norma degli articoli 552 o 553  si perfeziona pignoramento (vd sopra) N.B. Che effetti ha la mancata contestazione? Ha effetti ‘ai fini del procedimento in corso e anche dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione’. Viene perfezionato pignoramento e quindi creditore procedente ha pignorato credito. La norma dice che nel corso di questo processo esecutivo non si può più contestare che esista credito pignorato, ma aggiunge nemmeno dopo! Giudice assegna quel credito in pagamento. Creditore va dal terzo a dire che deve pagare a lui. Se il terzo non paga spontaneamente? Creditore deve fare processo di esecuzione forzata contro il terzo, e il provvedimento di assegnazione del giudice è titolo esecutivo nei suoi confronti e il credito, dice la legge, si considera non contestato anche in questo successivo processo di esecuzione forzata: non potrà contestare dicendo che il credito non c’è (se voleva farlo doveva rendere la dichiarazione negativa). Si salda con questa previsione l’ultimo comma dell’art. 548: “Il terzo può impugnare nelle forme e nei termini di cui all’articolo 617, l’ordinanza di assegnazione di crediti adottata a norma del presente articolo, se prova di non averne avuto tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore”. Se il terzo debitore non ha avuto conoscenza tempestiva dell’ordinanza con cui gli si fissava l’udienza per dire non sono debitore e quindi non è comparso, la legge gli dà lo strumento per dire che non era comparso perché non ne ha avuto conoscenza. 3. Contestata dichiarazione del terzo La norma si riferisce a ipotesi in cui la dichiarazione viene resa ma sorgono delle contestazioni (es. terzo dichiara che è debitore per 50, mentre secondo il creditore è debitore di 100 oppure dichiara di non essere debitore). Occorre stabilire se il credito pignorato esiste o no  la legge allora prevede che su istanza di parte (tipicamente il creditore procedente), il giudice dell’esecuzione compie i necessari accertamenti nel contradditorio tra le parti e con il terzo, e con ordinanza indica se il credito esiste e quale è l’ammontare. N.B. Questo accertamento è un accertamento in senso improprio: lo fa il giudice dell’esecuzione! Ha effetti ai soli fini del processo esecutivo. E infatti la norma dice che l’ordinanza ‘produce effetti ai fini del procedimento in corso e dell’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione’. Non ha efficacia di accertamento come una sentenza, ma una efficacia circoscritta ai fini di questa esecuzione forzata e di quella eventuale successiva per l’adempimento del credito assegnato. Su questo provvedimento del giudice dell’esecuzione si può innestare una controversia: la legge dà lo strumento dell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 cpc. N.B. Questa stessa evoluzione si può avere anche nel caso in cui è mancata la dichiarazione del terzo  di norma se manca il credito e le cose si considerano pignorate, ma perché possa operare quel meccanismo automatico è necessario che nell’atto di pignoramento il credito o i beni in possesso del terzo siano precisamente individuati. Se nell’atto di pignoramento i beni non sono precisamente individuati, senza la dichiarazione del terzo non posso considerare perfezionato il pignoramento perché non so di quali somme o beni il terzo è debitore. Allora anche in questo caso, su istanza di parte (che sarà il creditore procedente>) si può avere questo meccanismo di accertamento endoesecutivo sopra descritto.  Art. 543 n. 2) l'indicazione, almeno generica, delle cose o delle somme dovute e la intimazione al terzo di non disporne senza ordine del giudice  è generica quindi se manca dichiarazione terzo, c’è procedimento di accertamento. PROBLEMI INTERPRETATIVI: Prendiamo la seconda ipotesi: manca dichiarazione, viene notificata l’ordinanza con cui si fissa seconda udienza e anche a questa il terzo non compare  si perfeziona il pignoramento la non contestazione ha effetti ai fini del procedimento in corso e anche nel processo di esecuzione forzata contro il terzo. Problema: Tizio è creditore di Motto e gli pignora il credito che Motto ha nei confronti dell’università. L’università non fa la dichiarazione, non compare alla seconda udienza: si considera non contestato il debito dell’università. Può l’università, in questo procedimento di esecuzione forzata, dire ‘no ma il mio debito non esiste! Perché tu hai pignorato la mensilità di stipendio di novembre 2018 ma Motto dal 1 novembre 2018 non è più mio dipendente, quindi non esiste il mio debito per il pagamento dello stipendio’. Può quindi dire questa cosa, che avrebbe potuto dire facendo la dichiarazione negativa, al terzo quando va a escutere sulla base del provvedimento di assegnazione? Se leggiamo la norma: ‘ai fini del procedimento in corso e anche nel processo di esecuzione forzata contro il terzo’  sembrerebbe dire che l’esecuzione forzata non può essere contestata. Questo è l’orientamento della Cassazione; ma non è una posizione certa perché in realtà quel provvedimento di assegnazione non si fonda su un accertamento!! E quindi non si capisce cosa possa precludere all’università una contestazione di questo tipo. Il tribunale di Pisa si è trovato proprio questa situazione: un datore di lavoro non fa la dichiarazione nei 10 giorni per sbadataggine, non compare neppure all’udienza successiva. Prima delle riforme, se il terzo non rendeva la dichiarazione, bisognava per forza fare un processo di cognizione piena esauriente. Oggi invece il legislatore ha adottato quel sistema di cui avevamo parlato, per cui invece di imporre l’onere di un processo di cognizione preventivo e necessario, c’è onere del terzo di instaurarlo, successivamente ed eventualmente. Sono questioni importanti perché, fermo che il terzo può contestare il suo obbligo, un conto è dire che può contestarlo con opposizione a esecuzione nella esecuzione forzata nei suoi confronti, un conto è dire che può contestarlo solo fuori dal processo esecutivo: in questo ultimo caso vuol dire che intanto deve pagare, poi deve fare giudizio di cognizione per riprendere le somme. ----------------------------------------------------------------------- EFFETTI CONSERVATIVI DEL PIGNORAMENTO La disciplina degli effetti conservativi del pignoramento è nel codice civile, perché così era nel codice napoleonico, e così è rimasto per tradizione storica. La normativa che vedremo è la stessa per espropriazione singolare, esecuzioni concorsuali e espropriazioni speciali. Pignoramento non ha solo la funzione di individuare il bene, ma anche di conservarlo durante il corso dell’esecuzione forzata. Quindi, il tema degli effetti conservativi del pignoramento è il tema che riguarda lo studio dei modi attraverso i quali l’ordinamento, attribuendo certi effetti all’atto di pignoramento, tutela il creditore dai pregiudizi che potrebbe subire nel corso della procedura esecutiva, dal momento in cui pignora fino a quando il bene viene venduto e ottiene la distribuzione del ricavato. I pericoli che corre il creditore per il fatto che la tutela esecutiva che richiede non gli è concessa subito ma dopo un determinato periodo di tempo. Tali pericoli sono di 2 specie: - materiali: modificazioni della realtà materiale che riguarda il bene su cui cade il diritto pignorato (es. bene viene deteriorato). A tale pericolo di fa fronte con la custodia. - giuridici: modificazioni attinenti alla titolarità del diritto pignorato attraverso atti di disposizione idonei a sottrarre il bene alla garanzia del credito. L’ordinamento fa fronte a questo pericolo modificando la disciplina ordinaria degli atti di disposizione e prevedendo una disciplina speciale per gli atti di disposizione compiuti dal debitore esecutato dopo il pignoramento. Nell’individuazione di tale disciplina speciale occorre seguire il principio del minimo mezzo: l’alterazione delle regole ordinarie deve essere contenuta nei limiti strettamente indispensabili al raggiungimento dello scopo. Articolo 2912 - percezione dei frutti  ci dice estensione del pignoramento “Il pignoramento comprende le pertinenze, gli accessori e i frutti del bene pignorato. I frutti che maturano dopo il pignoramento vengono acquisiti all'esecuzione, sia quelli civili, sia quelli naturali. Ciò è possibile perché dal momento del pignoramento il bene è affidato alla custodia Articolo 2916 si occupa delle ipoteche e dei privilegi "Nella distribuzione della somma ricavata dall'esecuzione non si tiene conto: 1) delle ipoteche, anche se giudiziali, iscritte dopo il pignoramento; 2) dei privilegi per la cui efficacia è necessaria l'iscrizione, se questa ha luogo dopo il pignoramento; 3) dei privilegi per crediti sorti dopo il pignoramento". Pignoramento ha un effetto di congelamento delle cause di prelazione: ipoteca iscritta dopo trascrizione pignoramento e non è opponibile al creditore pignorante e agli altri intervenuti. Da qui si ricava un principio fondamentale dell'esecuzione individuale che la distingue da quella concorsuale (in particolare del fallimento: in fallimento possono partecipare solo crediti antecedenti al titolo esecutivo). Nell’espropriazione concorsuale non possono farsi valere crediti sorti dopo la dichiarazione di insolvenza Nell'esecuzione forzata che è iniziata da un creditore pignorante possono intervenire anche altri creditori, sia quelli il cui diritto è sorto sia prima sia dopo il pignoramento. Non si ha cristallizzazione della massa passiva. Invece si congelano le ipoteche PIGNORAMENTO DEI CREDITI: articolo 2917 - Estinzione del credito pignorato “Se oggetto del pignoramento è un credito, l'estinzione di esso per cause verificatesi in epoca successiva al pignoramento non ha effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell'esecuzione”. Se il terzo debitore adempie nonostante l'intervento pignoramento, il pagamento, pur avendo effetti estintivi sul piano del diritto sostanziale, non è opponibile al creditore procedente. Sul piano processuale il terzo debitore è obbligato a corrispondere ugualmente la somma una seconda volta all'esecuzione forzata. Il pignoramento congela il credito così com’è al momento in cui il pignoramento è stato effettuato e le vicende ulteriori che intervengono tra debitore esecutato e terzo debitore non sono processualmente opponibili al creditore procedente e ai creditori intervenuti, se derivano da atti di disposizione del debitore pignorato o da comportamenti volontari del terzo debitore. Ove invece i fatti estintivi del credito si sono prodotti anteriormente al pignoramento oppure non dipendono da atti di disposizione dell'esecutato o da comportamenti volontari del terzo debitore, essi sono opponibili al creditore. Es. Tizio creditore pignora il 19\10 un credito che l'esecutato Caio ha nei confronti di Sempronio. Prima del 19\10 si erano maturati i presupposti per la compensazione del credito pignorato. Sempronio può far valere efficacemente la compensazione nei confronti di Tizio. VICENDE ANOMALE DEL PIGNORAMENTO Istituti che si collocano fra il pignoramento e la vendita forzata. Articolo 493,1 - Pignoramento congiunto "Più̀ creditori possono con unico pignoramento colpire il medesimo bene".  Ci può essere un'unica istanza di pignoramento e un solo atto di pignoramento a tutela di più creditori, anche sulla base di titoli esecutivi diversi.  L'unicità del pignoramento comporta che le eventuali nullità inerenti alla fase del pignoramento si verificano per tutti, perché essendo unico l'atto, la nullità che lo colpisce riguarda tutti quanti i creditori. Non è così invece per le vicende dei rispettivi titoli esecutivi e dei rispettivi crediti. Una variante è: Articolo 523 - Unione di pignoramenti "L'ufficiale giudiziario, che trova un pignoramento già iniziato da altro ufficiale giudiziario, continua le operazioni insieme con lui. Essi redigono unico processo verbale".  Più ufficiali giudiziari, separatamente richiesti, si trovano congiuntamente ad effettuare un pignoramento mobiliare. Articolo 493,2 - Pignoramento successivo "Il bene sul quale è stato compiuto un pignoramento può̀ essere pignorato successivamente su istanza di uno o più̀ creditori" “Ogni pignoramento ha effetto indipendente, anche se è unito ad altri in unico processo”. N.B. Perché fa pignoramento successivo invece che intervenire in processo esecutivo? Il creditore intervenuto è dipendente da pignoramento originario (quindi se atto di pignoramento è invalido, il creditore intervenuto subisce gli effetti di questa invalidità). Mentre se faccio pignoramento successivo, ogni pignoramento ha effetto indipendente! Teniamo presente quello che hanno detto le SU Cass. nel 2014: questo effetto di caducazione c’è in caso di invalidità originaria o manchi ad origine di tiolo esecutivo, e non se c’è caducazione in via successiva di titolo esecutivo. Tutte le volte in cui non riscontra vizio originario pignoramento o riscontra che c’è un titolo esecutivo valido ed efficace, potrà tranquillamente intervenire. L’istituto è poi ripreso da: - art. 524 per pignoramento mobiliare - art. 550 per espropriazione dei crediti - art. 561 per espropriazione immobiliare  dettano le modalità con cui si effettua il secondo pignoramento. La norma in commento deve essere integrata con le disposizioni previste per consentire la riunione di un pignoramento con quelli successivi, allo scopo di garantire l'unicità dell'espropriazione. Invero, in caso di mancata riunione, gli atti del processo esecutivo devono ritenersi nulli e tale nullità deve essere sollevata con l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.. Non ci possono essere più processi esecutivi per lo stesso bene nei confronti dello stesso esecutato perché non si possono avere più trasferimenti dello stesso bene. Invece possiamo avere più creditori che concorrono in una stessa espropriazione e possiamo avere a tutela dello stesso credito più processi esecutivi  e lo vediamo nell’articolo 483 Articolo 483 – Cumulo dei mezzi di espropriazione “Il creditore può valersi cumulativamente dei diversi mezzi di espropriazione forzata previsti dalla legge, ma, su opposizione del debitore, il giudice dell'esecuzione, con ordinanza non impugnabile, può limitare l'espropriazione al mezzo che il creditore sceglie o, in mancanza, a quello che il giudice stesso determina. Se è iniziata anche l'esecuzione immobiliare, l'ordinanza è pronunciata dal giudice di quest'ultima”. La norma prevede la possibilità per il creditore di promuovere contemporaneamente l'espropriazione mobiliare e quella immobiliare; oppure l'espropriazione mobiliare presso il debitore e quella presso terzi; o, ancora, l'espropriazione immobiliare e quella presso terzi al fine di ottenere piena soddisfazione della sua pretesa. Il cumulo trova il limite dell’articolo 2911 cc: il creditore che h ipoteca, pegno o privilegio speciale sui beni del debitore non può pignorare altri beni dello stesso debitore se non sottopone ad esecuzione anche i beni gravati da prelazione a suo favore. Dottrina e giurisprudenza ritengono che se l’espropriazione è eccessiva, su opposizione del debitore, il giudice può limitare l’espropriazione al mezzo che il creditore sceglie o, in mancanza, a quello che il giudice stesso determina. Articolo 494 - pagamento nelle mani dell'ufficiale giudiziario "Il debitore può evitare il pignoramento versando nelle mani dell'ufficiale giudiziario la somma per cui si procede e l'importo delle spese, con l'incarico di consegnarli al creditore. All'atto del versamento si può fare riserva di ripetere la somma versata. Può altresì evitare il pignoramento di cose, depositando nelle mani dell'ufficiale giudiziario in luogo di esse, come oggetto di pignoramento, una somma di danaro eguale all'importo del credito o dei crediti per cui si procede e delle spese, aumentato di 2/10". Comma 1: il debitore esecutato può adempiere nelle mani dell'ufficiale giudiziario: così non ha luogo l'esecuzione forzata perché il credito si estingue. Si evita il pignoramento: l'ufficiale giudiziario, invece di effettuare il pignoramento, riceve la somma di denaro che consegna al creditore  atto solutorio. Questa previsione consente di effettuare il pagamento con effetto liberatorio anche ad un soggetto diverso da quelli a cui il pagamento dovrebbe essere fatto secondo il diritto sostanziale (1188 cc). Comma 2: si riferisce alla ripetizione dell'indebito (artt. 2033 ss. cc). Colui, che abbia pagato un debito inesistente, può ripetere il pagamento da colui che lo ha ricevuto. Ma è un comma superfluo perché il diritto di agire in ripetizione dell'indebito non viene meno anche se la riserva non è effettuata. Comma 3: le conseguenze giuridiche sono diverse, anche se il comportamento del debitore coincide materialmente con quello previsto dal primo comma. - Nel primo comma il denaro è dato come adempimento e quindi evita il pignoramento delle cose. Ma con questo pagamento c’è il pericolo che il creditore prenda il denaro e poi risulti insolvibile di fronte alla sentenza che riconoscerà fondata la ripetizione dell’indebito. - Nel terzo comma il debitore dà all’ufficiale giudiziario una somma di denaro maggiore di quella prevista nel primo comma  sceglie di sottoporre a pignoramento il denaro per evitare il pignoramento di immobili, mobili o crediti, perché ritiene di poter dimostrare, in INTERVENTO DEI CREDITORI art. 499 Intervento dei creditori nell’espropriazione forzata trova il suo fondamento nell’articolo 2741, da leggere congiuntamente all’articolo 2740. Articolo 2740 cc – responsabilità patrimoniale “Il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri. Le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge”.  sancisce che il patrimonio del debitore costituisce garanzia dell’adempimento delle obbligazioni Articolo 2741 – concorso dei creditori e cause di prelazione “I creditori hanno eguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, salve le cause legittime di prelazione. Sono cause legittime di prelazione i privilegi, il pegno e le ipoteche”.  principio della par condicio creditorum, che può trovare deroga solo nelle cause di prelazione. Spetta al processo dare le regole attraverso cui questa regola di diritto sostanziale viene messa in pratica  bisogna capire come si attua il principio di parità del diritto di concorrere nell’esecuzione forzata promossa da un altro creditore. Istituto disciplinato in generale da articolo 499 ed è istituto attraverso cui un terzo creditore prende parte all’esecuzione forzata in modo da poter concorrere su quanto sarà ricavato dalla vendita del bene pignorato. I privilegi sono previsti dalla legge in ragione della natura del credito. Essi però non hanno diritto di sequela: hanno effetto finché il bene resta nel patrimonio del debitore e non seguono il bene se esce dal patrimonio del debitore. Il pegno e l'ipoteca hanno normalmente una causa convenzionale o comunque nascono in virtù di un atto o provvedimento specifici. Non esistono ipoteche generali o occulte nel nostro ordinamento perché l'ipoteca deve risultare dal pubblico registro. Pegno e ipoteca, al contrario dei privilegi, sono diritti reali di garanzia, cioè hanno sequela anche nei confronti del patrimonio di soggetto diversi dal debitore (il bene passa all'acquirente gravato da pegno o ipoteca). Quindi il creditore può perseguire il bene anche quando è di proprietà di soggetti diversi dal debitore: esiste per questo il procedimento espropriativo detto 'espropriazione contro il terzo proprietario'. Da articoli 2749 e 2741 si ricava che le ragioni di prelazione sono l'unico meccanismo che incide sul principio della par condicio creditorum. Le cause di prelazione nascono dal diritto sostanziale e non dal processo: il processo deve rispettare le cause di prelazione che esistono sulla base del diritto sostanziale. Gli articoli vanno letti come se dicessero: il debitore risponde nei confronti di tutti i suoi creditori, secondo le regole del diritto sostanziale, dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri; la tutela esecutiva dei diritti di credito deve essere strutturata in modo tale da attuare le prescrizioni del diritto sostanziale e da non alterare le scelte del legislatore sostanziale. È infatti fino alla riforma del 2006 tutti i creditori avevano la possibilità di intervenire nell'esecuzione aperta da uno di essi, per chiedere la soddisfazione del proprio diritto sulla base delle regole previste dal diritto sostanziale. Invece dopo la riforma l'intervento è stato limitato ad alcuni tipo di creditori: vd articolo 499,1 cpc. L’ha fatto per semplificare le cose.. (vedi dopo critiche) Articolo 499 - INTERVENTO I problemi da analizzare sono: - Chi può intervenire? Chi sono i legittimati all'intervento? - Regole processuali che disciplinano il come si interviene. - Effetti dell'intervento dei creditori. 1. LEGITTIMAZIONE ALL’INTERVENTO Comma 1 "Possono intervenire nell'esecuzione - i creditori che nei confronti del debitore hanno un credito fondato su titolo esecutivo, nonché́ - i creditori che, al momento del pignoramento, avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati - ovvero avevano un diritto di pegno o un diritto di prelazione risultante da pubblici registri - ovvero erano titolari di un credito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili di cui all'articolo 2214 del codice civile".  quindi non tutti i creditori possono intervenire. !! Aspetto importante: articolo 498 – avviso ai creditori iscritti  ai creditori che hanno un diritto di prelazione risultante da pubblici registri (creditori ipotecari), e soltanto a loro, il creditore pignorante, dopo che ha eseguito il pignoramento su quel bene, deve notificare un avviso: cioè che ha eseguito il pignoramento su quei beni. L’avviso è evidentemente strumentale a suscitare il loro intervento nell’esecuzione forzata. In mancanza di tale notifica, il giudice deve rifiutarsi di emettere l’ordinanza di vendita. Perché gli si dà l’avviso? La vendita forzata presenta una peculiarità rispetto a vendita normale: ha effetto purgativo dei diritti reali di garanzia. Con la vendita forzata il diritto reale di garanzia iscritto su quel bene si estingue: il terzo acquirente compra il bene libero. CRITICHE La ristrutturazione dell'intervento dei creditori va in controtendenza rispetto all'ispirazione della riforma del 2006 che ha teso ad eliminare tutti i processi di cognizione strumentali unicamente alla tutela esecutiva  qui al contrario si rende necessario instaurare un processo di cognizione al solo fine di ottenere la soddisfazione del proprio credito in un'espropriazione già in corso. Inoltre, si critica la scelta di restringere la possibilità di intervenire nell'espropriazione. I creditori che non rientrano nelle categorie non avranno alcuna possibilità di soddisfarsi, a meno che non ricorrano alla tutela di urgenza ex articolo 700 cpc, allegando il pregiudizio imminente e irreparabile che si concretizza nell'evaporarsi della garanzia patrimoniale del loro debitore. La scelta del legislatore della riforma tradisce il principio della par condicio, il quale è attuazione del principio costituzionale in virtù del quale il processo deve essere strumento di attuazione e non di distorsione del diritto sostanziale. Dovrebbe consentire una sua attuazione perfetta. Mentre questa norma sull’intervento non consente la piena attuazione della par condicio perché il creditore senza titolo esecutivo non può intervenire. Luiso ritiene che sia una scelta incostituzionale, ma la Corte Cost. nel 2011 ha respinto la questione di legittimità costituzionale. Ma sicuramente ci sono delle storture. 2. MODALITÀ CON CUI SI INTERVIENE Comma 2 “Il ricorso deve essere depositato prima che sia tenuta l'udienza in cui è disposta la vendita o l'assegnazione ai sensi degli articoli 530, 552 e 569, deve contenere l'indicazione del credito e quella del titolo di esso, la domanda per partecipare alla distribuzione della somma ricavata e la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione. Se l'intervento ha luogo per un credito di somma di denaro risultante dalle scritture di cui al primo comma, al ricorso deve essere allegato, a pena di inammissibilità, l'estratto autentico notarile delle medesime scritture rilasciato a norma delle vigenti disposizioni”. Comma 3 “Il creditore privo di titolo esecutivo che interviene nell'esecuzione deve notificare al debitore, entro i 10 giorni successivi al deposito, copia del ricorso, nonché' copia dell'estratto autentico notarile attestante il credito se l'intervento nell'esecuzione ha luogo in forza di essa”  Il creditore senza titolo esecutivo ma che comunque rientra in categorie primo comma, deve notificare al debitore l'atto di intervento e copia autentica delle scritture contabili, se l'intervento ha luogo in virtù di esse. Comma 4 “Ai creditori chirografari, intervenuti tempestivamente, il creditore pignorante ha facoltà di indicare, con atto notificato o all'udienza in cui è disposta la vendita o l'assegnazione, l'esistenza di altri beni del debitore utilmente pignorabili, e di invitarli ad estendere il pignoramento se sono forniti di titolo esecutivo o, altrimenti, ad anticipare le spese necessarie per l'estensione. Se i creditori intervenuti, senza giusto motivo, non estendono il pignoramento ai beni indicati ai sensi del primo periodo entro il termine di 30 giorni, il creditore pignorante ha diritto di essere loro preferito in sede di distribuzione”. Comma 5 e 6 Dobbiamo distinguere fra creditori con e senza titolo esecutivo (sempre però legittimati a interv.): - con titolo esecutivo: hanno diritto a partecipare a espropriazione e distribuzione somma - senza titolo esecutivo: seguono percorso diverso. Non è detto che abbiano il diritto di concorrere alla distribuzione del ricavato. Devono sottostare a una verifica endoesecutiva dell’esistenza e ammontare del loro credito. = procedimento di VERIFICAZIONE DEL CREDITO per i soli creditori che sono legittimati ad intervenire ma non hanno un titolo esecutivo. “Con l'ordinanza con cui è disposta la vendita o l'assegnazione ai sensi degli articoli 530, 552 e 569 il giudice fissa, altresì, udienza di comparizione davanti a sé del debitore e dei creditori intervenuti privi di titolo esecutivo, disponendone la notifica a cura di una delle parti. Tra la data dell'ordinanza e la data fissata per l'udienza non possono decorrere più di 60 giorni. All'udienza di comparizione (= udienza di verifica dei creditori non titolati) il debitore deve dichiarare quali dei crediti per i quali hanno avuto luogo gli interventi egli intenda riconoscere in tutto o in parte, specificando in quest'ultimo caso la relativa misura. Se il debitore non compare, si intendono riconosciuti tutti i crediti per i quali hanno avuto luogo interventi in assenza di titolo esecutivo. In tutti i casi il riconoscimento rileva comunque ai soli effetti dell'esecuzione. I creditori intervenuti i cui crediti siano stati riconosciuti da parte del debitore partecipano alla distribuzione della somma ricavata per l'intero ovvero limitatamente alla parte del credito per la quale vi sia stato riconoscimento parziale. Secondo l’articolo 499,4 ai creditori che siano intervenuti tempestivamente, il creditore pignorante ha facoltà di indicare, all’udienza o con atto notificato, l’esistenza di altri beni del debitore utilmente pignorabili. Il creditore procedente ha ovviamente pignorato certi beni con riferimento al valore del suo credito. Ma tali beni sono insufficienti quando intervengono altri creditori. Se la quantità dei beni pignorati deriva da una doverosa scelta del creditore procedente, che ha limitato il pignoramento in relazione all’entità del suo credito, e nel patrimonio del debitore ci sono altri beni utilmente pignorabili, è chiaro che il meccanismo della soddisfazione proporzionale non funziona perché non siamo in una situazione di incapienza (come invece se i beni pignorati sono tutto quanto di attivo c’è nel patrimonio del debitore  e allora si fa lista di creditori da soddisfare). In tal caso il creditore procedente può indicare agli intervenuti l’esistenza di altri beni ed invitarli ad estendere il pignoramento (se hanno titolo esecutivo) o ad anticipare a lui le spese per effettuare l’estensione col proprio titolo (se loro non hanno il titolo). Se i creditori intervenuti non rispondono all’invito ad estendere il pignoramento diventano postergati al creditore procedente al momento della distribuzione (=> è un’altra ipotesi di postergazione processuale). La ragione della distinzione tra creditori tempestivi e tardivi è che: ci sono istituti con cui l’ordinamento consente al creditore di muoversi liberamente nella scelta delle varie forme di espropriazione e nell’individuazione dei beni da espropriare. Tuttavia, se il creditore esagera nella sua attività di espropriazione è possibile ricondurre il valore dei beni pignorati all’entità del credito (riduzione del pignoramento, cumulo dei mezzi di espropriazione) Come meccanismo inverso abbiamo l’estensione del pignoramento, che è provocata dall’intervento dei creditori. Tali meccanismi possono funzionare solo nella fase anteriore alla vendita forzata. Ci deve essere un momento in cui ci si ferma: il processo esecutivo non arriverebbe mai alla fine, se l’entità dei beni pignorati venisse di continuo ad ampliarsi o ridursi, a seconda dei creditori che intervengono e del valore dei beni  tale momento è quello in cui si passa alla fase di liquidazione. Per questa ragione da un certo momento in poi l’intervento del creditore chirografario è tardivo e come tale è soddisfatto dopo che si sono soddisfatti i creditori tempestivi, se ci sono; in ogni caso dopo il creditore procedente. --------------------------- Problema interessante: il fatto che intervenga un creditore in più nella procedura esecutiva iniziata dal creditore pignorante, non fa piacere a quest’ultimo: tanto le spese le ha anticipate, è solo un terzo che va mangiare un po’della torta. È evidente che il creditore procedente (ma non soltanto lui) può avere interesse a contestare l’intervento di questo creditore, ad es. può dire: sì, sei intervento, ma guarda che devi avere il titolo esecutivo altrimenti devi rientrare in una di quelle categorie di cui sopra… Come può sollevare questa contestazione? Si potrebbe pensare che possa fare opposizione agli atti esecutivi ex articolo 617 cpc; ma invece la giurisprudenza dice che no, non è onerato e legittimato a proporre opposizione agli atti esecutivi (e quindi entro 20 giorni da intervento), ma può stare tranquillo perché la contestazione la fa in sede di distribuzione del ricavato, con il procedimento che risolve le controversie in sede distributiva. Questo è importante perché se invece deve proporre opposizione ex art. 617, significa che avrebbe l’onere di contestare l’intervento entro 20 giorni dall’intervento stesso e se non assolve questo onere non può più potuto contestarlo nel corso della procedura. Mentre così non decade e può contestarlo in seguito. Però c’è un’eccezione: ci sono ipotesi in cui nel processo esecutivo si pone il problema di fare la conta dei creditori (es. per estensione pignoramento, per riduzione pignoramento, per conversione del pignoramento)  allora in questi casi, dice la giurisprudenza, se hai da contestare qualcosa al creditore intervenuto, lo devi fare in quel momento lì con opposizione agli atti esecutivi. Quale è la ratio di questo orientamento della giurisprudenza? La giurisprudenza dice che quando interviene un creditore, se hai delle contestazioni, non devi proporle con l’opposizione agli atti esecutivi, perché il tuo problema si pone soltanto in sede di distribuzione del ricavato. E allora non c’è motivo che tu faccia il 617, risolviamo tutto in sede distributiva  e questa è la regola generale. Poi però dice che ci possono essere ipotesi in cui la questione se poteva intervenire o meno rileva già prima della distribuzione del ricavato e allora hai l’onere di proporre il 617. LIQUIDAZIONE  seconda fase dell'espropriazione forzata Fase in cui il bene viene trasformato in una somma di denaro  ciò è prodromico alla distribuzione della somma così ricavata ai creditori. N.B. la liquidazione non è necessaria se il bene pignorato consiste in una somma di denaro ex articolo 517,2 // quando il debitore ha consegnato una somma di denaro come oggetto del pignoramento // nelle ipotesi dell’articolo 495 in seguito alla conversione del pignoramento. Come si arriva a questo secondo step? Risolve questo problema l'articolo 501 - termine dilatorio del pignoramento “L'istanza di assegnazione o di vendita dei beni pignorati non può essere proposta se non decorsi 10 giorni dal pignoramento, tranne che per le cose deteriorabili, delle quali può essere disposta l'assegnazione o la vendita immediata”. Considerando poi che l’articolo 497 dispone che il pignoramento perde effetti decorsi 45 giorni dal giorno in cui è compiuto senza che sia chiesta l’assegnazione o la vendita, si vede che, effettuato il pignoramento, ci sono 35 giorni utili per proporre l’istanza di vendita. Il termine dilatorio ex art. 501 ha 2 funzioni: 1. consente al debitore di reagire al pignoramento ad esempio con una richiesta di conversione, con un’istanza di riduzione, con le opposizioni 2. dà ai creditori un minimo di tempo per poter tempestivamente intervenire nell’esecuzione Con riferimento al pignoramento di crediti, il termine dilatorio (art. 543,2) è quello che va dalla notificazione dell’atto di pignoramento all’udienza fissata nello stesso atto ex articolo 543,1 n. 4. Articolo 529 – istanza di assegnazione o di vendita “Decorso il termine di cui all'articolo 501, il creditore pignorante e ognuno dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo possono chiedere la distribuzione del danaro e la vendita di tutti gli altri beni. Dei titoli di credito e delle altre cose il cui valore risulta dal listino di borsa o di mercato possono chiedere anche l'assegnazione. Al ricorso si deve unire il certificato d'iscrizione dei privilegi gravanti sui mobili pignorati”. N.B. se manca l’istanza il pignoramento perde efficacia. Modi per procedere alla liquidazione sono: - Vendita - Assegnazione  Sono entrambe forme di espropriazione del diritto sul bene del debitore pignorato e il suo trasferimento ad un altro soggetto  stessi effetti sostanziali.  La differenza è processuale: - Vendita: colui che acquista il diritto può essere sia uno dei creditori procedenti, sia un terzo (non il debitore esecutato) - Assegnazione: il terzo che diventa titolare del bene è necessariamente uno dei creditori. L’assegnazione quindi è un ‘affare fatto in famiglia’ con i creditori, fra soggetti che sono già parti del processo esecutivo. Ritenere sufficiente la sentenza di unico grado e consentire al processo esecutivo di andare avanti anche in pendenza dell’imp. della sentenza, significa in pratica engare la ratio del meccanismo previsto dagli artt. 530 e 569. Il legislatore infatti ha imposto la preventiva decisione dell questioni di rito per evitare che si procedesse alla vendita quando è ancora incerta la validità del processo esecutivo e quindi che una successiva dichiarazione di invalidità, ad es. del pignoramento, comportasse la caducazione della vendita stessa. STIMA DEL BENE Se non ci sono opposizioni agli atti o si è raggiunto un accordo o c’è stata sentenza passata in giudicato che le rigetta  il giudice dispone con ordinanza la vendita forzata (o l’assegnazione). Ma fare ciò significa anche attribuire un valore al bene che è stato pignorato. Fino a questo momento non è avvenuto in alcun modo in espr. crediti, espr. presso terzi e in quella immobiliare; mentre in quella mobiliare si è avuta solo una determinazione provvisoria del valore del bene pignorato, perché al momento del pignoramento l’ufficiale giudiziario, recatosi nei luoghi di cui all’art. 513, ha sottoposto a pignoramento una serie di beni a ciascuno dei quali ha attribuito un valore provvisorio e si è fermato quando ha raggiunto, sommando il valore dei beni pignorati, l’entità del credito per il quale si procede  ma questa determinazione del valore non può essere vincolante anche per quel che riguarda la vendita: sarà necessario procedere alla valutazione del bene ad opera di un soggetto competente (uno stimatore)  lo prevedono artt. 532, 535 e 568. Le strade si dividono e bisogna seguire le varie forme di espr. nelle loro singole specificità perché i vari tipi di beni sono assoggettati a modalità diverse di liquidazione. SINGOLE FORME DI VENDITA FORZATA Vendita mobiliare La disciplina è unitaria per l’espr. diretta e per quella dei beni mobili che il debitore ha presso terzi (infatti art. 552 rinvia a artt. 529 ss). I modi di liquidazione del bene mobile sono essenzialmente 2: - vendita senza incanto o a mezzo commissionario - vendita all’incanto 1. Vendita a mezzo commissionario (artt. 532 e 533) Consiste nell’affidare la vendita del bene mobile, preventivamente stimato da un esperto, per un prezzo minimo stabilito dal giudice ad un soggetto il quale lo vende a trattativa privata, attraverso un contratto che egli stipula con l’acquirente. L’incarico è normalmente conferito all’istituto vendite giudiziarie e può essere conferito ad un soggetto diverso da esso solo se si tratta di beni con caratteristiche peculiari, che consigliano di rivolgersi ad un commerciante specializzato nel settore. La liquidazione avviene con un atto che quindi ha la natura, le caratteristiche e gli effetti di un ordinario atto negoziale di compravendita di un bene mobile. In sostanza, l’effetto traslativo non avviene all’interno del processo esecutivo ma è delegato ad un terzo; il processo esecutivo recepisce gli effetti dell’atto traslativo che viene compiuto fra il commissionario e l’acquirente in vendita forzata. Il commissionario - ha diritto ad un compenso che stabilisce il giudice stesso - deve documentare la vendita - deve versare la somma che ha ricavato nelle casse dell’esecuzione 2. Vendita all’incanto (artt. 534 e 537) Art. 534: la vendita all’incanto può essere affidata al cancelliere, o all’ufficiale giudiziario, o a un istituto all’uopo autorizzato. Di solito viene affidata agli istituti vendite giudiziarie. Legislatore ha privilegiato le prime due forme, pur senza abrogare la terza Viene stabilito un prezzo minimo per l’incanto; Viene fissata la data dell’incanto e, nei giorni precedenti all’incanto l’incaricato si reca a ritirare i beni mobili dal custode, poiché la vendita all’incanto di beni mobili avviene in presenza del bene. L’aggiudicazione è fatta al miglior offerente. L’acquirente paga il prezzo e si porta via il bene. Il soggetto incaricato della vendita versa all’esecuzione il ricavato, trattenendosi il compenso che per legge spetta all’incaricato della vendita dei beni mobili. In questa vendita il trasferimento della proprietà avviene al momento del pagamento del prezzo (quindi non si applica il principio consensualistico). VENDITA FALLITA  vendita non effettuata per mancanza di offerenti. L’art. 538 prevede 2 possibilità: - assegnazione del bene, su richiesta di uno o più creditori, per il valore di stima che il giudice ha determinato prima di procedere alla vendita dello stesso - se nessuno chiede l’assegnazione, l’incaricato effettua una seconda vendita all’incanto ad un prezzo base inferiore del 20% rispetto al precedente. N.B. questa seconda vendita non può essere disposta per gli oggetti d’oro e d’argento, i quali, se invenduti, devono essere coattivamente assegnati per il loro valore intrinseco (539). (3). Vendita su delega dei beni mobili registrati (autoveicoli, navi, aeromobili) (artt. 534 bis e 534 ter) Il giudice può delegare le operazioni di vendita, con o senza incanto, all’istituto vendite giudiziarie oppure, se non vi è tale istituto, ad un professionista iscritto nell’apposito elenco tenuto presso il tribunale.  Il procedimento è come quello della vendita su delega degli immobili (art. 591 bis) – vd dopo Liquidazione dei crediti Perfezionato il pignoramento del credito, si può procedere alla sua liquidazione, che avviene attraverso il trasferimento del credito dal debitore esecutato, che ne è titolare, ad un soggetto diverso. Quindi il credito del debitore viene assegnato. Ottenuta l’assegnazione, questo soggetto deve occuparsi di riscuoterlo (cioè deve occuparsi che il terzo debitor debitoris effettivamente adempia al proprio debito nei suoi confronti). L’assegnatario è un cessionario e quindi diventa il nuovo titolare del credito ed è rimessa a lui la riscossione del credito, non la cura l’ufficio esecutivo (diverso da espropriazione concorsuale) Quali difese può sollevare il terzo debitore, quali ragioni può opporre all’assegnatario per dire che non deve adempiere a questo obbligo? Ci sono 2 categorie di difese: - eccezioni personali , cioè quelle specifiche che il terzo debitore può opporre all’assegnatario.  le può opporre liberamente (ad es. se il terzo ha a sua volta un controcredito nei confronti dell’assegnatario lo potrà opporre). - eccezioni fondate sul rapporto obbligatorio che già poteva opporre nei confronti del suo originario creditore.  bisogna recuperare le regole viste quando abbiamo esaminato il pignoramento presso terzi: ° le cause estintivi del proprio debito anteriori al pignoramento non sono opponibili all’assegnatario tutte le volte in cui il pignoramento si è perfezionato sulla base della sua dichiarazione (ipotesi ex art. 547): non doveva rendere la dichiarazione altrimenti; se ha reso la dichiarazione positiva non può poi dire nulla. ° le cause estintive posteriori alla dichiarazione: per regola generale in base all’articolo 2917 non potranno essere opposte all'assegnatario (“le cause estintive del credito posteriori al pignoramento non sono opponibili al procedente” e quindi nemmeno all’assegnatario). ° pignoramento si può perfezionare anche in caso di mancata comparizione all'udienza (art. 548): neppure in questo caso il terzo debitore potrà contestare esistenza credito nei suoi confronti (orientamento preferibile ma non seguito dalla giurisprudenza). Dovrà farsi escutere, poi semmai potrà agire in ripetizione. ° se invece c'è stata contestazione c'è preclusione perché il provvedimento del giudice poteva essere contestato con art. 617. In genere i crediti vengono assegnati (ai creditori), non c’è una vendita del credito ad un terzo. Credito scaduto Se il credito pignorato è già scaduto o scade entro 90 giorni, l’assegnazione è coattiva: cioè non è necessaria la richiesta dell’assegnatario. L’art. 553 afferma che l’assegnazione ha luogo ‘’salvo esazione’’, ciò significa che la cessione avviene pro solvendo. Lo stesso è espresso più distesamente da art. 2928 cc: ‘il diritto dell’assegnatario verso il debitore che ha subito l’espropriazione non si estingue che con la riscossione del credito assegnato’. Pertanto, al momento dell’assegnazione non avviene l’estinzione del diritto del creditore assegnatario verso il debitore esecutato, ma tutti e due i diritti di credito rimangono coesistenti. Il creditore assegnatario mantiene i due diritti (uno verso debitore esecutato, l’altro verso terzo debitore assegnato) fino al momento del pagamento. Nel momento in cui il terzo debitore assegnato paga il suo debito al creditor assegnatario, automaticamente si estingue anche, per la quantità corrispondente, il credito che l’assegnatario vanta nei confronti del debitore esecutato. E se, quindi, il terzo assegnatario è insolvente, sul piano del diritto sostanziale il creditore mantiene intatto il suo credito nei confronti del debitore originario. Credito non scaduto È più incerta la disciplina dei crediti che scadono oltre i 90 giorni. L’articolo 553,2 dispone che i crediti che scadono oltre i 90 giorni possono essere o assegnati o venduti: - Assegnati, se i creditori ne fanno domanda - Venduti, se nessuno dei creditori ne chiede l’assegnazione. Se il credito è venduto, ciò significa che si trova un soggetto, il quale si rende cessionario del credito pagando una somma, che ovviamente è inferiore al valore nominale del credito; e ciò perché l’acquirente del credito deve scontare il ritardo nella riscossione e soprattutto la solvibilità del terzo ceduto. In questo caso, infatti, la cessione avviene pro soluto: pertanto, l’acquirente del credito paga subito e un domani che va a riscuotere può anche trovare che il terzo debitore è insolvente. Quindi la somma, per la quale è venduto il credito, è maggiore o minore a seconda di tutte le variabili sopra esposte. Il problema nasce se, invece della vendita del credito, i creditori ne chiedono l’assegnazione. Abbiamo visto che, nel caso di crediti scaduti o che scadono entro 90 giorni, l’assegnazione è coattiva ed avviene pro solvendo; invece qui l’assegnazione ha luogo su domanda dei creditori. Essa è pro solvendo o pro soluto? Gli elementi per risolvere il problema sono i seguenti: ° intanto l’articolo 553,2, che non riporta l’inciso ‘salvo esazione’; e poi la tradizione, ereditata dal vecchio codice, nel quale si distingueva chiaramente fra le due vicende e si prevedeva che, mentre l’assegnazione coattiva dei crediti scaduti avveniva pro solvendo, l’assegnazione a domanda dei crediti da scadere avveniva pro soluto. 2. Vendita all’incanto Inizia con il bando di vendita ex art. 576 cpc, che ha la sua pubblicità. Il bando stabilisce giorno e ora in cui, nell’udienza pubblica, in presenza del giudice, si procederà alla vendita. I soggetti che possono partecipare sono gli stessi della vendita senza incanto ed anche qui c’è la possibilità di offerte per persona da nominare da parte di un procuratore legale; gli offrenti devono prestare la stessa cauzione. All’udienza il giudice procede alla vendita all’incanto ex art. 581. Ciascun soggetto che si è legittimato a partecipare ex art. 580, fa oralmente la sua offerta. Trascorsi 3 minuti dall’ultima offerta senza che ne siano fatte di maggiori, il bene viene aggiudicato all’ultimo offerente. Fin qui, si sono individuati l’offerente e il prezzo di vendita. L’art. 584 stabilisce che, entro 10 giorni dall’incanto, possono essere fatte delle offerte in aumento di almeno 1/5 del prezzo raggiunto nell’aggiudicazione  qui si innesta nella vendita all’incanto una specie di vendita senza incanto: cioè si passa alla vendita con le offerte in cancelleria  uno o più offerenti in aumento depositano la propria offerta / il giudice convoca gli offerenti e l’aggiudicatario per la gara prevista da art. 573 / dopo procede nel modo già visto. L’offerente all’incanto, o il vincitore della gara, deve versare il prezzo nel modo stabilito nel bando di vendita. ° se non versa il prezzo nel termine stabilito, si producono le stesse conseguenze della vendita senza incanto. Art. 587: Se il prezzo non è depositato nel termine stabilito, il giudice dell'esecuzione con decreto dichiara la decadenza dell'aggiudicatario, pronuncia la perdita della cauzione a titolo di multa e quindi dispone un nuovo incanto. ° se versa il prezzo, il giudice pronuncia il decreto di trasferimento previsto dall’art. 586. Il diritto da un soggetto all’altro passa con un provvedimento d’autorità, un decreto del giudice. L’effetto traslativo si ha con questo decreto, anche se alcuni dicono che si avrebbe già nel momento dell’aggiudicazione -> ma non è vero perché la legge è chiara: è il decreto che trasferisce. N.B. Questa norma inoltre consente al giudice di non pronunciare il decreto di trasferimento se ritiene che il prezzo di aggiudicazione sia notevolmente inferiore al valore effettivo del bene. Questo decreto ha una serie di effetti giuridici importanti: 1. è titolo per la trascrizione nel registro immobiliare 2. con il decreto di trasferimento si dispone la cancellazione della trascrizione del pignoramento e delle iscrizioni ipotecarie, sia anteriori che posteriori alla trascrizione del pignoramento (è l’effetto cd purgativo delle ipoteche) 3. contiene l’ingiunzione a debitore o custode di rilasciare l’immobile, e nel caso in cui (il debitore) non lo rilasci, costituisce anche titolo esecutivo per il rilascio. Se poi guardiamo art. 560 prevede che il custode liberi il bene in via amministrativa o prima della vendita, o al più tardi quando è disposta l’aggiudicazione o l’assegnazione, tranne che l’aggiudicatario o l’assegnatario non lo esentino da tale compito. Quindi l’aggiudicatario usa il titolo esecutivo se vuole procedere in proprio e non vuole quindi che proceda il custode. Amministrazione giudiziaria Se non si provvede all’assegnazione (o perché nessuno ha proposto la relativa istanza o perché il giudice ritiene di non accoglierla), il giudice può provvedere in 2 modi: - dispone amministrazione giudiziaria del bene immobile  utile in due ipotesi: a. quando il bene produce dei frutti tali da poter soddisfare i creditori b. se in quel momento le offerte di acquisto sono scarse - dispone una nuova vendita Art. 591 bis – delega operazioni di vendita immobiliare (= ad art. 534 bis per mobili registrati) Nell’ambito dell’espropriazione forzata dei beni mobili registrati e degli immobili, è possibile che le operazioni di vendita non vengono fatte dal giudice dell’esecuzione o dall’ufficiale giudiziario, ma vengono delegate dal giudice dell’esecuzione a un professionista. Questa delega viene fatta con l’ordinanza che dispone la vendita. (basta sapere questo, ma è importante sapere che esiste) La delega comprende tutta la procedura di vendita (dalla stima, all’incanto e anche dopo gli adempimenti successivi al decreto di trasferimento e anche la formazione del progetto di distribuzione). MA una cosa non viene mai delegata: il decreto di trasferimento  lo fa sempre il giudice dell’es. DEGIURISDIZIONALIZZAZIONE? No, semplicemente l'ufficio esecutivo è integrato da altri soggetti (professionista): è una delega. Lo stesso professionista può avere necessità di chiedere chiarimenti a giudice dell’esecuzione; e le parti potrebbero avere da lamentarsi degli atti del professionista delegato  e ciò è previsto da: Art. 591 ter – ricorso al giudice dell’esecuzione “Quando, nel corso delle operazioni di vendita, insorgono difficoltà, il professionista delegato può rivolgersi al giudice dell'esecuzione, il quale provvede con decreto . Le parti e gli interessati possono proporre avverso il predetto decreto nonché avverso gli atti del professionista delegato con ricorso allo stesso giudice, il quale provvede con ordinanza ; il ricorso non sospende le operazioni di vendita salvo che il giudice, concorrendo gravi motivi, disponga la sospensione. Contro il provvedimento del giudice è ammesso il reclamo ai sensi dell’articolo 669- terdecies (= reclamo cautelare) *”. * Invece fino al 2015 gli articoli affermavano: ‘restano ferme le disposizioni di cui all’art. 617 cpc’. ART. 164 bis disp. att. cpc - INFRUTTUOSITA’ DELL’ESPROPRIAZIONE FORZATA Il giudice dispone la chiusura anticipata del processo esecutivo quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo. Gli elementi attivi non liquidati ritornano nella disponibilità del debitore ed i creditori potranno instaurare una nuova esecuzione, se ci saranno altri beni da espropriare. I creditori possono sempre comunque chiedere l’assegnazione dei beni pignorati al prezzo di stima. EFFETTI SOSTANZIALI DELLA VENDITA FORZATA 2919-2929 cc (+ 620 cpc) (Quelli della assegnazione sono gli stessi) È una forma di trasferimento coattivo del diritto dell'esecutato a favore di un altro soggetto che è l'aggiudicatario. Si è molto discusso sulla natura della vendita forzata: secondo alcuni aveva natura pubblicistica, secondo altri privatistica e altri ancora univano profili processuali a profili di diritto sostanziale. Attualmente si ritiene che la vendita forzata è un fenomeno essenzialmente processuale. La vendita forzata è un procedimento giurisdizionale che però, siccome il processo si muove sempre in vista del diritto sostanziale, naturalmente ha effetti di diritto sostanziale. La vendita forzata avviene sulla base di un potere autoritativo dello stato (terzo lato del triangolo) nei confronti dell'esecutato. Non c'è nessun utilizzo del potere sostanziale di disposizione del diritto del debitore (si poteva sostenere che ci fosse una surrogazione nel diritto di disposizione del debitore ma non è così). Altra questione è a quale titolo avviene la vendita forzata. Art. 2919 - effetto traslativo della vendita forzata "La vendita forzata trasferisce all'acquirente i diritti che sulla cosa spettavano a colui che ha subito l'espropriazione, salvi gli effetti di buona fede".  È chiaro che il trasferimento avviene a titolo derivativo. La misura dell’acquisto è determinata dalla misura del diritto del dante causa. (titolo derivativo = acquisto che postula la sussistenza in capo al dante causa di una situazione sostanziale uguale o maggiore di quella acquistata // titolo originario = acquisto che avviene anche se in capo ad un eventuale dante causa non esiste un diritto uguale o maggiore di quello acquistato) Quindi il terzo aggiudicatario acquista il diritto sulla cosa di cui era titolare colui che ha subito l'esecuzione (di norma è il debitore, ma in alcune ipotesi è un terzo). Visto che è a titolo derivativo, se colui che ha subito l’espropriazione non era effettivamente titolare del diritto pignorato, l’acquirente in vendita forzata non acquista niente e quindi la vendita forzata non pregiudica il terzo estraneo, effettivo titolare del diritto sul bene pignorato. Situazione: Pignoramento ------ alienazione (a un terzo) ------ aggiudicazione  Il 2919 ci dice che l'aggiudicatario acquista i diritti sul bene che spettavano all'esecutato. Però potrebbe esserci stata alienazione successiva al pignoramento: se applicassimo questa regola l’aggiudicatario non acquisterebbe niente, perché se il debitore ha alienato non comprerebbe nulla  ed ecco allora che l’art. 2919 dice che: ha effetto traslativo ma con la precisazione che se ci sono alienazioni non opponibili a creditore procedente (tipicamente le alienazioni post pignoramento), queste alienazioni non sono opponibili neppure all'aggiudicatario (per capire quali alienazioni non sono opponibili all’aggiudicatario, dobbiamo sapere quali sono le alienazioni inefficaci rispetto al pignorante e quindi bisogna fare riferimento ad art. 2913 e 2914). "Non sono però opponibili all'acquirente i diritti acquistati da terzi sulla cosa, se i diritti stessi non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori intervenuti nell'esecuzione*".  Posto che i creditori intervenuti beneficiano dell’effetto protettivo del pignoramento in base all’art. 2913 (e c’è già questa norma che lo dice), questo significa che il 2919 fa riferimento a dei creditori intervenuti che hanno degli effetti protettivi, cioè rispetto ai quali sono inopponibili delle alienazioni che invece sarebbero opponibili al creditore pignorante. Altra tutela che è possibile avere: tutela risarcitoria Ce l'ha sempre chi è pregiudicato e la può chiedere a creditore procedente: - Terzo titolare in vendita a titolo originario - Aggiudicatario in vendita a titolo derivativo Serve per chiedere risarcimento del danno per i danni e le spese; ma bisogna dimostrare colpa del creditore procedente. Terza tutela che non si trova in queste norme: Terzo titolare del bene mobile espropriato: nel caso in cui non riesca a soddisfarsi su somma perché già stata distribuita: azione di ingiustificato arricchimento nei confronti del debitore. Perché debitore ha pagato proprio debito con un bene che none era suo, quindi si è arricchito. Altro tema che si può inserire nel discorso (lo vedremo dopo) Creditore del debitore pignora il bene X che deve essere trasferito all'aggiudicatario. Ma si può porre problema di un terzo che dice che quel bene non è del debitore ma suo! Quindi ha interesse a fermare espropriazione. Ha strumento di tutela: opposizione di terzo all'esecuzione. Vendita forzata e vendita di diritto comune La vendita forzata ha anche delle caratteristiche proprie, che sono in parte indicate in art. 2922 cc: 1. A differenza di una vendita di diritto comune, nella vendita forzata non ha luogo la garanzia per i vizi della cosa (la garanzia di buon funzionamento e delle qualità della cosa)  quindi colui che acquista il bene in vendita forzata, lo acquista nello stato di fatto in cui si trova. 2. Non può essere impugnata per causa di lesione. Ma in realtà la norma non è necessaria perché la rescissione per lesione presuppone lo stato di bisogno di una delle parti, del quale l’altra ha approfittato per trarne vantaggio (ma qui il presupposto è escluso dal fatto che la vendita forzata che ha luogo attraverso l’esecuzione, no può costituire un approfittamento). 3. La vendita ha anche altri effetti speciali: effetto purgativo dell'ipoteca. In realtà la prassi evidenzia, soprattutto in vendite immobiliari, che frequentemente ci sono aggiudicatari che lamentano in senso lato dei vizi della cosa, cioè che acquistano dei beni immobili che non presentano caratteristiche descritte nell’avviso di vendita. E allora anche nella vendita forzata viene recuperata la tutela dell'aliud pro alio, come anche residua la tutela per errore. STABILITÀ DELLA VENDITA FORZATA Questo problema si scompone in 2 interrogativi: 1. può l'esecutato contestare l'acquisto dell'aggiudicatario dicendo che c'è una nullità del gli atti del processo esecutivo e quindi dire che l'acquisto viene meno e riprendersi il bene? 2. può l'esecutato dire che l’esecuzione forzata si è svolta in carenza del titolo esecutivo e che quindi non poteva essere espropriato e sulla base di ciò andare a riprendersi il bene acquistato dell'aggiudicatario? (si contesta il diritto del creditore procedente di agire in via eecutiva) 1 Articolo 2929 - nullità del processo esecutivo "La nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita o l'assegnazione non hanno effetto riguardo all'acquirente o all'assegnatario". Quindi, le nullità del processo esecutivo anteriori al procedimento di vendita (fino all’ordinanza di vendita) non sono opponibili all’acquirente o all’assegnatario. Nell’udienza fissata per determinare le modalità di vendita o assegnazione occorre che siano fatte valere tutte le nullità degli atti esecutivi fino a quel momento verificatesi. Se sono fatte valere il giudice non può disporre la vendita fino a che la controversia non sia risolta. Invece le nullità degli atti esecutivi che si verificano in un momento successivo allo sbarramento, cioè un momento in cui l'aggiudicatario partecipa al procedimento di vendita, si verificano in un momento in cui l’aggiudicatario poteva accorgersi. E naturalmente c'è onere di impugnazione e quindi deve farlo entro 20 giorni (ad es. da aggiudicazione) con lo speciale mezzo dell’opposizione agli atti esecutivi. A questo sistema fa eccezione la collusione dell’acquirente con il creditore procedente. Altro elemento importante: "In nessun caso gli altri creditori sono tenuti a restituire quanto hanno ricevuto per effetto del esecuzione". Il diritto dei creditori di trattenere le somme dipende dal diritto sostanziale, e quindi se sono creditori ce l’hanno. 2 Es. Ho iniziato titolo esecutivo sulla base di sentenza di condanna di primo grado. Il debitore esecutato ha anche proposto appello, non hanno sospeso efficacia esecutiva della sentenza impugnata e quindi l'esecuzione forzata è andata avanti. Se il giudizio di appello riforma la sentenza di primo grado, casca la procedura esecutiva. Se la procedura esecutiva è andata avanti e si è anche avuta la vendita del bene pignorato, può l'esecutato andare dal terzo aggiudicatario dire che il titolo esecutivo sulla cui base è stata promossa l'esecuzione è venuto meno e quindi ridammi il bene. La cassazione a SU 21110\2012 ha detto che in linea di principio questa è un'evenienza del tutto irrilevante: la caducazione del titolo esecutivo è irrilevante rispetto alla stabilità della vendita. L’acquisto del terzo dipende solo dal fatto che il debitore fosse proprietario, e lo era! Quindi non è possibile contestare l'acquisto del terzo. Residua la tutela per equivalente: potrà ottenere le somme che sono state ricavate dall'esecuzione forzata. A questo principio si fa eccezione soltanto nel caso in cui ci fosse una collusione tra aggiudicatario e creditore procedente (come sopra). Ulteriore tutela: risarcimento nei confronti del creditore procedente. DISTRIBUZIONE DEL RICAVATO Terza e ultima fase del processo di espropriazione Abbiamo venduto il bene, abbiamo ricavato somma di denaro, dobbiamo distribuirla ai creditori. Questa fase presuppone che ci sia somma da distribuire. Articolo 509 - composizione somma ricavata “La somma da distribuire è formata da quanto proviene a titolo di prezzo o conguaglio delle cose vendute o assegnate, di rendita o provento delle cose pignorate, di multa e risarcimento di danno da parte dell'aggiudicatario”. Articolo 510 - distribuzione della somma ricavata "Se vi è solo un creditore pignorante senza intervento di altri creditori, il giudice dell'esecuzione, sentito il debitore, dispone a favore del creditore pignorante il pagamento di quanto gli spetta per capitale, interessi e spese". Ma l'ipotesi più complessa se ci sono più creditori: “In caso diverso la somma ricavata è dal giudice distribuita tra i creditori a norma delle disposizioni contenute nei capi seguenti, con riguardo alle cause legittime di prelazione e previo accantonamento delle somme che spetterebbero ai creditori intervenuti privi di titolo esecutivo i cui crediti non siano stati in tutto o in parte riconosciuti dal debitore. L’accantonamento è disposto dal giudice dell'esecuzione per il tempo ritenuto necessario affinché' i predetti creditori possano munirsi di titolo esecutivo e, in ogni caso, per un periodo di tempo non superiore a tre anni. Decorso il termine fissato, su istanza di una delle parti o anche d'ufficio, il giudice dispone la comparizione davanti a sé del debitore, del creditore procedente e dei creditori intervenuti, con l'eccezione di coloro che siano già stati integralmente soddisfatti, e dà luogo alla distribuzione della somma accantonata tenuto conto anche dei creditori intervenuti che si siano nel frattempo muniti di titolo esecutivo. La comparizione delle parti per la distribuzione della somma accantonata e' disposta anche prima che sia decorso il termine fissato se vi è istanza di uno dei predetti creditori e non ve ne siano altri che ancora debbano munirsi di titolo esecutivo. Il residuo della somma ricavata, dopo l'ulteriore distribuzione di cui al terzo comma ovvero dopo che sia decorso il termine nello stesso previsto, è consegnato al debitore o al terzo che ha subito l'espropriazione”. QUINDI: - Si fa il conto delle spese di procedura  senza possibilità di deroga, anche in presenza di diritti di prelazione, al primo posto sono collocate le spese di procedura: hanno la precedenza perché costituiscono il corrispondente di ciò che è stato necessario fare per poter ottenere la somma da distribuire. Le spese che vano prede dotte sono quelle del pignoramento, della vendita, della custodia del bene ed eventualmente le spese delle opposizioni infondatamente proposte dal debitore esecutato. - Pago creditori con diritto di prelazione, e se ce ne sono più di uno devo graduare le loro prelazioni - Pago i chirografari in proporzione rispetto ai loro crediti - Pago i creditori postergati per ragioni processuali - Ciò che resta va all’esecutato N.B. Questi pagamenti vengono fatti previo accantonamento delle somme che spetterebbero ai creditori intervenuti privi di titolo esecutivo i cui crediti non siano stati riconosciuti in tutto o in sbagliata nel merito: quindi posso dire che la impugno perché il giudice dell’esecuzione ha assunto ordinanza senza aver sentito prima le parti; ma non posso impugnarla per dire che ha sbagliato a dire che il credito esisteva o meno. Quindi devo presupporre, perché il ragionamento di cui sopra tenga, che con l’opposizione agli atti esecutivi, possa far valere non solo contestazioni di diritto, ma posso arricchirla anche con un contenuto che fino ad oggi questo strumento non aveva, e cioè le contestazioni di merito. E quindi ci sarebbe strappo alla regola, ma in realtà non è un discorso così peregrino, perché è vero che il 617 serve per contestare la regolarità degli atti del processo esecutivo, ma in realtà abbiamo già incontrato delle altre ipotesi in cui il 617 accoglie anche contestazioni di merito: es 549 contestata dichiarazione del terzo  il giudice dell’esecuzione risolve questo problema con un’ordinanza che si impugna con 617. Quindi è innegabile che nel 617 ci sarebbero anche contestazioni di merito. Quindi non sarebbe un unicum… Questo procedimento di risoluzione controversie in sede distributiva è importante perché le contestazioni tra creditori hanno questo luogo dove possono essere sfogate: è l’unico luogo. CHE COSA E PERCHÉ SI CONTESTA? CHI CONTESTA? DEBITORE - ha interesse a che siano soddisfatti soltanto i suoi creditori e quindi può contestare che uno o più dei creditori che vogliono soddisfarsi su quelle somme siano effettivamente creditori di quell'importo. - non può contestare l'esistenza delle cause di prelazione, è un problema che non lo riguarda. - può contestare esistenza ed ammontare dei crediti  Ma cosa può contestare? In che limiti può contestare? Se il creditore è un creditore i cui crediti risultano da sentenza passata in giudicato, è chiaro che il debitore potrà contestare ma potrà fare solo le contestazioni che esulano da giudicato, quindi i fatti sopravvenuti. Se il creditore è intervenuto su base di scrittura privata autenticata: il debitore può dire che quel contratto è nullo, si è prescritto il credito, ecc… Non potrà dire che non è sua la sottoscrizione (può farlo ma dovrà proporre querela di falso). Se il creditore intervenuto è stato da lui riconosciuto nell’udienza ex 499 cpc, il debitore è vincolato alla sua dichiarazione. CREDITORI --> possono contestare il diritto degli altri creditori? - Sicuramente hanno diritto e interesse a contestare l'esistenza e ammontare del diritto degli altri creditori che hanno il loro stesso rango nel piano di riparto. - Hanno interesse a contestare l'esistenza della causa di prelazione di un creditore che è in una posizione superiore alla mia. Chirografario può avere interesse a contestare esistenza o ammontare di un credito del prelazionario. - Non hanno interesse a contestare quello degli inferiori.  In che limiti è ammessa questa contestazione? Devo guardare diritto sostanziale  come regola base un creditore non può svolgere contestazioni rispetto agli atti del proprio debitore che creano degli obblighi dello stesso debitore nei confronti di altro creditore. Poi comunque ci sono eccezioni: un creditore potrà ad esempio dire ‘guarda che quel credito non esiste perché è fondato su contratto nullo’ (e la nullità può essere fatta valere da chiunque). INFINE: Se l'opposizione viene rigettata, il piano di riparto resta uguale. Se l'opposizione viene accolta, bisogna modificare il piano di riparto  e il giudice lo fa con la stessa ordinanza mediante la quale ha risolto la contestazione. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- ESPROPRIAZIONE CONTRO IL TERZO PROPRIETARIO artt. 602 ss Bisogna partire da norme del codice civile, in particolare da articolo 2910,2: "Possono essere espropriati anche i beni di un terzo quando sono vincolati a garanzia del credito o quando sono oggetto di un atto che è stato revocato perché compiuto in pregiudizio del creditore". Questo comma 2 fa riferimento a ipotesi specifiche e particolari perché sono derogatorie rispetto a principio generale della responsabilità patrimoniale del debitore e occorre che vi siano particolari presupposti, come di vede dalla norma. Sono ipotesi in cui per ottenere soddisfacimento del proprio credito, l’avente diritto può fare espropriare beni di un terzo, beni che non sono di proprietà del debitore ma di un terzo  si fa azione esecutiva contro un terzo: esproprio un suo diritto, non un diritto del debitore. Ha sempre ad oggetto un bene specifico del terzo. Questa espropriazione è prevista dall’articolo 602 cpc per 2 ipotesi specifiche (n entrambe queste ipotesi abbiamo possibilità che creditore espropri bene del terzo): - quando esproprio il bene di un terzo che è gravato da pegno o ipoteca per un debito altrui (diritti reali di garanzia) - quando si tratta di un bene, la cui alienazione da parte del debitore è stata revocata per frode (azione revocatoria) Articolo 602 “Quando oggetto dell'espropriazione è un bene gravato da pegno o da ipoteca per un debito altrui, // oppure // un bene la cui alienazione da parte del debitore è stata revocata per frode, si applicano le disposizioni contenute nei capi precedenti, in quanto non siano modificate dagli articoli che seguono”. VEDIAMO QUESTE IPOTESI: 1 L’ipotesi di bene gravato da pegno o ipoteca per un debito altrui può verificarsi per 2 fattispecie diverse, descritte nell’articolo 2808 - costituzione ed effetti ipoteca C. 1  L'ipoteca attribuisce al creditore il diritto di espropriare, anche in confronto del terzo acquirente i beni vincolati a garanzia del suo credito e di essere soddisfatto con preferenza sul prezzo ricavato dall'espropriazione. C.2  L'ipoteca può avere per oggetto beni del debitore o di un terzo e si costituisce mediante iscrizione nei registri immobiliari. Comma 1 fa riferimento al seguente fenomeno: il debitore concede ipoteca o pegno su un bene che fa pare del suo patrimonio e successivamente lo aliena a un terzo. Il terzo diventa così terzo acquirente del bene ipotecato; l’ipoteca permane nonostante il bene sia uscito dal patrimonio del debitore. (terzo acquirente del bene ipotecato) Comma 2: ipotesi in cui un terzo soggetto abbia concesso l’ipoteca su un proprio bene a garanzia di un debito altrui. (terzo datore di ipoteca)  In entrambe le ipotesi si ha una scissione tra il debito e la responsabilità, ma: C. 1  all’inizio non c’è scissione, si ha solo con l’alienazione del bene. C. 2  scissione sussiste sin dall’inizio, poiché sin dall’inizio il terzo datore è un soggetto che, sul piano sostanziale, non è obbligato. Questa scissione, per non sovrapporsi alla responsabilità patrimoniale generale di cui all’art. 2740, presuppone che la responsabilità sia limitata ad alcuni elementi individuati del patrimonio del responsabile. La scissione tra debito e responsabilità ha senso soltanto quando il terzo non debitore risponde dell’adempimento dell’altrui obbligazione non con tutti i suoi beni ma con alcuni beni individuati (viceversa parleremo di garanzia personale, come fideiussione  quando c’è garanzia personale è il terzo garante che direttamente assume un obbligo nei confronti del creditore, e quindi questo obbligo dal punto di vista della tutela esecutiva è un obbligo uguale a tuti gli altri e il fideiussore risponde con tutti i suoi beni presenti e futuri). Dato importante: quando il terzo è titolare del diritto sul bene ipotecato, è lui che assume la qualità di esecutato, pur non essendo debitore. Infatti, quando vi è scissione fra debito e responsabilità, il creditore non può proceder all’espropriazione nei confronti del debitore, che non è titolare del diritto sul bene, ma deve procedere ad espropriazione nei confronti del terzo, che vanta sul bene ipotecato un diritto di piena proprietà, di nuda proprietà, di superficie o enfiteusi. La necessità di far partecipare al processo di espropriazione il titolare del diritto sul bene, di fargli assumere la qualità di soggetto esecutato, discende dagli effetti della vendita forzata ex art. 2919 cc: la vendita fa nascere un titolo a favore dell’acquirente in vendita forzata contro colui che ha subito l’espropriazione. Quindi il terzo proprietario deve partecipare al processo di espropriazione nella qualità di esecutato, in quanto è contro di lui che si deve formare il titolo di trasferimento nella vendita forzata. 2 Seconda parte articolo 602 cpc  il creditore ha ottenuto una sentenza che dichiara inefficaci gli atti di alienazione del debitore, in quanto compiuti in suo pregiudizio. Il riferimento è all’articolo 2901 cc, che prevede l’azione revocatoria  legittima il creditore a domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti del patrimonio compiuti dal debitore in suo pregiudizio quando ricorrono delle condizioni. - requisito oggettivo (eventus damni) = un atto in fronde, cioè un atto che pregiudichi le ragioni del creditore - requisito soggettivo (scientia damni) = stato soggettivo, cioè una conoscenza del pregiudizio che questo atto andava arrecare alle ragioni del creditore. L’accoglimento della domanda di revoca degli atti di disposizione porta alla dichiarazione di inefficacia degli stessi nei confronti del creditore-attore. Qui abbiamo l’art. 2859 cc. - eccezioni opponibili dal terzo acquirente. Questo articolo si occupa dell’ipotesi del terzo acquirente del bene ipotecato. Situazione: c’è stato processo di cognizione che ha condannato debitore a favore del creditore. Il creditore dice ‘guarda che per questo credito c’è un terzo acquirente del bene ipotecato e quindi faccio esecuzione contro il terzo’. Questo terzo può contestare che esista questo credito con il 615, ma in che limiti può farlo, visto che c’è una sentenza? Possibili soluzioni: - liberamente, perché la sentenza non può avere efficacia a lui preclusiva in quanto terzo - terzo vincolato alla sentenza come il debitore (fino al dedotto e al deducibile) - soluzione media L’articolo 2859 cc ci dà la soluzione al problema e distingue a seconda che la domanda con la quale è chiesta la condanna del debitore sia anteriore o posteriore alla trascrizione dell’atto di acquisto del terzo proprietario. Primo caso: “Se la domanda diretta a ottenere la condanna del debitore è posteriore alla trascrizione del titolo del terzo acquirente, questi, ove non abbia preso parte al giudizio, può opporre al creditore procedente tutte le eccezioni non opposte dal debitore e quelle altresì che spetterebbero a questo dopo la condanna. Le eccezioni suddette però non sospendono il corso dei termini stabiliti per la liberazione del bene dalle ipoteche”. Fa riferimento alla domanda del creditore che è posteriore alla trascrizione del titolo del terzo acquirente. Se la trascrizione dell’atto d’acquisto del terzo è anteriore alla proposizione della domanda di condanna del debitore, il terzo non è vincolato al contenuto della pronuncia e può fondare la sua opposizione all’esecuzione anche su difese che la sentenza preclude al debitore. Il terzo può opporre al creditore, nel giudizio di esecuzione forzata, l eccezioni che il debitore non ha opposto nel giudizio di condanna, oltre a tutte le eccezioni che il debitore potrebbe opporre dopo la condanna. Quindi la sentenza di condanna del debitore ha un’efficacia nei confronti del terzo acquirente attenuata rispetto a quella di giudicato che si esplica nei confronti del debitore perché il terzo acquirente vede limitate le contestazioni rispetto alle eccezioni e difese che il debitore fatte valere in quel giudizio, ma è attenuata perché può far valere quelle non dedotte dal debitore (il terzo acquirente soggiace alla preclusione del dedotto ma non del deducibile). Questo sistema di efficacia attenuata è stato giudicato costituzionalmente conforme dalla Corte costituzionale nel 1999. Questo vale ove l’ipotecario non abbia preso parte al giudizio: se invece ha preso parte, soggiace alla piena efficacia di giudicato. Quindi se sono un creditore e voglio evitare che nell’esecuzione contro il terzo proprietario mi possano esser opposte le difese non fatte valere dal debitore, devo chiamare in causa l’ipotecario (non propongo contro di lui alcuna domanda, semplicemente lo faccio partecipare per tagliargli queste difese). E per farlo basta fare visure immobiliari. Tutto questo vale nella situazione in cui c’è acquisto del terzo prima della proposizione della domanda di condanna. Secondo caso: ° Se la domanda diretta ad ottenere la condanna del debitore è anteriore alla trascrizione dell’atto di acquisto del terzo, il terzo proprietario può opporre al creditore, in sede di opposizione all’esecuzione, soltanto le difese che ancora spettano al debitore dopo la condanna.  è il caso opposto: prima c’è proposizione domanda del creditore e poi alienazione al terzo. Visto che l’art. 2859 dice che in quell’ipotesi c’è efficacia attenuata, vuol dire che invece in questo caso il terzo subisce una piena e incondizionata efficacia di giudicato, salvo l’opposizione di terzo revocatoria in caso di dolo o collusione. N.B. L’anteriorità o posteriorità della domanda è valutata con riferimento alla proposizione della stessa, e non alla sua trascrizione, perché le domande dirette alla condanna al pagamento di una somma di denaro non sono ovviamente soggette a trascrizione. Articolo 2929 bis cc- “espropriazione di beni oggetto di vincoli di indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito” (introdotto nel 2015, aggiornato 2016) È una disposizione che consente di eseguire un pignoramento rispetto a un bene del debitore di cui egli ha disposto a favore di un terzo o sul quale ha costituito un vincolo di indisponibilità (es. costituzione di un fondo patrimoniale, atto costitutivo di patrimonio destinato per esigenze meritevoli di tutela - 2614 ter), senza che sia necessario prima aver esperito azione revocatoria e aver ottenuto sentenza dichiarativa di inefficacia. Con questi atti il debitore fa uscire il bene dal suo patrimonio o comunque vi appone vincolo di indisponibilità che è idoneo a sottrarre il bene da esecuzione forzata. Noi sappiamo che per gli effetti conservativi del pignoramento, le alienazioni trascritte dopo pignoramento non sono opponibili al pignorante, ma la norma ha il suo rovescio e perciò se è trascritto prima del pignoramento, l’atto di alienazione è opponibile al creditore pignorante. In questo caso il creditore può esercitare azione revocatoria, se ci sono i presupposti. Ma è un meccanismo complesso e costoso perché prima devo fare azione revocatoria e aspettare giudicato, poi potrò espropriare il bene (mediamente occorrono 8 anni). Questa norma è dettata per evitare il passaggio intermedio, cioè l’azione revocatoria e quindi il processo a cognizione piena esauriente, e procedere subito all’esecuzione forzata. Siamo di fronte a una disposizione che è tutta ed esclusivamente processuale  è una disposizione che ci dà un’azione esecutiva contro il terzo senza aver prima esperito azione revocatoria; ma fa ciò senza mutare i presupposti sostanziali dell’azione revocatoria (atto pregiudizievole, carattere fraudolento dello stesso e elemento soggettivo). Non è che quindi c’è un’indiscriminata possibilità di andare a colpire il bene, c’è solo un’inversione fra cognizione e esecuzione: il processo di cognizione diventa un’eventualità di carattere eventuale e successivo, cioè spetterà all’esecutato proporre opposizione all’esecuzione e in quella sede contestare che sussistono i presupposti necessari per procedere ad esecuzione forzata nei suoi confronti (es. dirà che il creditore non è tale, che l’atto non è atto pregiudizievole, che manca elemento soggettivo...). Puoi subito iniziare azione esecutiva, senza prima accertare i presupposti dell’azione revocatoria, ma comunque deve esserci possibilità di accertare eventualmente in seguito. Per questo è una norma esclusivamente processuale: perché non muta dal punto di vista sostanziale i presupposti perché un bene alienato ad un terzo possa essere assoggettato a esecuzione forzata. È uno strumento che ha dei limiti di applicazione, cioè non si sovrappone completamente all’azione revocatoria  questo bypass ha un ambito di applicazione limitato ad alcune ipotesi in cui potrebbe aver luogo la revocatoria!! (è strumento di carattere facoltativo e si possono usare anche cumulativamente: esecuzione ex 2929 bis e azione revocatoria in via ordinaria). Presupposti: Vi sia un creditore con titolo esecutivo contro il debitore; Questo titolo esecutivo deve riguardare un credito anteriore all'atto di alienazione o all’atto costitutivo di un vincolo di indisponibilità; Questo atto di alienazione deve avere ad oggetto beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri; Deve essere un atto a titolo gratuito; L'esecuzione forzata, con la trascrizione del pignoramento, deve avvenire entro 1 anno dalla trascrizione dell'atto di alienazione.  Se ricorrono queste condizioni, il creditore può procedere a esecuzione forzata ancorché non abbia ottenuto sentenza dichiarativa di inefficacia. Si dice che questa norma è fatta a favore delle banche... Ma al di là di ciò, ci sono delle ipotesi che ricorrono molto spesso in giurisprudenza: es. quando un soggetto coniugato che ha un debito, es. per un mutuo, costituisce un fondo patrimoniale (= atto a titolo gratuito) in cui confluisce il suo unico bene immobile  si può usare questo articolo. Oppure anche in caso di donazione, che è un altro atto a titolo gratuito. * invece il 2901: non riguarda solo immobili e mobili iscritti in p.r., colpisce anche atti a titolo oneroso, non c’è un termine di 1 anno ma di 5 anni dal compimento dell’atto, può riguardare anche atti dispositivi compiuti prima del sorgere del credito. Le modalità cambiano in base a che si tratti: ° Alienazione: azione esecutiva si promuove nelle forme dell’esecuzione contro il terzo proprietario. ° Atto costitutivo di vincolo di indisponibilità: espropriazione diretta nei confronti del debitore. Ci sono 2 categorie di contestazioni: - specifici presupposti per usare azione esecutiva in via diretta (es. che sia una atto a titolo gratuito, che il credito sia anteriore rispetto ad atto di alienazione) - più in generale, i presupposti che servono per assoggettare ad esecuzione quel bene (presupposti generali dell’azione revocatoria: pregiudizio a ragioni del creditore, elemento soggettivo). Chi può proporre queste opposizioni: - debitore - terzo assoggettato all’esecuzione (si riferisce al caso di un atto di alienazione) - ogni altro interessato alla conservazione del vincolo (es. moglie…) (si riferisce ai casi di costituzione del vincolo) Nella distribuzione del ricavato contro il terzo il creditore procedente è preferito a quelli personali del terzo proprietario—> possono intervenire i creditori del terzo. DIFFERENZE fra espropriazione ed esecuzione in forma specifica - Nell’esecuzione per espropriazione i diritti in gioco sono 2: ° il diritto di credito, di cui si chiede la tutela esecutiva, e che è potenzialmente destinato ad essere soddisfatto con la distribuzione del ricavato. ° il diritto patrimoniale del debitore, che è oggetto del pignoramento e poi della vendita. - Nell’esecuzione in forma specifica il diritto in gioco è solo uno: quello, individuato nel titolo esecutivo, e del quale si chiede la tutela giurisdizionale esecutiva. Qui abbiamo solo il diritto da tutelare: il diritto alla consegna o il diritto alla prestazione di fare. Si tratta semplicemente di far corrispondere una situazione di fatto alla situazione di diritto. N.B. questa peculiarità però è anche il suo limite, perché l’esecuzione in forma specifica non solo non deve comportare una modifica della situazione giuridica, ma non lo può proprio fare: deve esserci una mera attuazione dell’obbligo. Se invece si ha anche la perdita di un diritto del soggetto obbligato, l’esecuzione forzata si deve arrestare, perché determinando una perdita di attivo lede il principio della par condicio creditorum. Esempio: articolo 1376 c.c. si occupa dei contratti con effetti reali —> il diritto di proprietà si trasferisce con il consenso —> se invece (articolo 1378 c.c.) ho un contratto che ad oggetto il trasferimento cose determinante solo nel genere (100 litri di vino) la proprietà non passa sulla base del consenso ma serve l’attività di specificazione e individuazione della res (della damigiana che contiene quel vino) —> se io potessi agire in via esecutiva per attuare il suo obbligo di consegna ci sarebbe anche la perdita del suo diritto sul bene e quindi l’esecuzione non si può fare.  La differenza fra espropriazione ed esecuzione in forma specifica sta dunque nell’unicità o duplicità delle situazioni sostanziali coinvolte nell’esecuzione. Altro elemento importante della esecuzione in forma specifica: alla esecuzione in forma specifica ci possiamo rivolgere solo quando ne abbiamo effettivamente bisogno per ottenere il soddisfacimento del diritto (importato della regola dell’articolo 100). Non posso chiedere l’intervento dell’organo statale dell’esecuzione quando al soddisfacimento si può arrivare con le proprie facoltà. Talvolta l’avente diritto con i suoi poteri che sono contenuti nel suo diritto può ottenere il soddisfacimento del diritto, solo in alcune ipotesi ho interesse giuridico all’esecuzione forzata in forma specifica. Esempio: articolo 1577 c.c. in tema di locazione —> se c’è un buco nel tetto è una riparazione straordinaria che non spetta al conduttore, quindi il locatore avvisato deve eseguire la prestazione —> egli non esegue la prestazione, in questo caso io conduttore non ho bisogno di rivolgermi all’esecuzione forzata un forma specifica perché ho la materiale detenzione del bene, quindi lo farò riparare io e mi farò rimborsare le spese // se invece siamo nell’ipotesi in cui il locatore ha diritto a che il conduttore gli consenta di accedere all’immobile per effettuare una certa riparazione, se non lo fa accedere il locatore non può entrare in casa perché compierebbe un illecito —> qui si che il locatore dovrà rivolgersi all’ufficio esecutivo perché si surroghi nell’attività dovuta ma mancata dal conduttore per il soddisfacimento del suo diritto. Gli obblighi possono avere anche contenuto diverso: obblighi di non fare o di pati (cioè di sopportare). - obblighi di non fare = è un obbligo puro di astensione, il soggetto ha il dovere di non compiere una certa attività (non turbare il possesso del proprietario ad esempio o non costruire un muro)  se c’è violazione, c’è il compimento di attività di opere materiale di carattere permanente (come sopraelevare un muro) oppure in uno stato di fatto duraturo lesivo (finché mantieni il bene pregiudichi il mio diritto), segue il sorgere di un obbligo secondario di ripristino e reintegrazione (obbligo di restituire la cosa sottratta o di distruggere il muro) —> articolo 2933 c.c. L’obbligo secondario di fare altro non è che la tutela in forma specifica dell’obbligo di non fare. In questo caso c’è una tutela di carattere repressivo rispetto all’illecito compiuto, ma ci sono obblighi di non fare che sono contenuto di situazioni giuridiche durevoli nel tempo (ad esempio il mio vicino si è impegnato a non fare barbecue per 3 anni), c’è anche il problema di avere una tutela di condanna di carattere preventivo che ordini all’obbligato la remissione in pristino (abbatti il muro) ma anche che dica all’obbligato di astenersi in futuro da compiere ulteriori violazioni del diritto —> si parla di ‘tutela inibitoria’. - Ci sono poi gli obblighi di pati = obblighi che hanno un contenuto che si corredano al diritto della controparte di tenere una certa condotta nella sfera altrui —> esempio: se ho servitù di passo ho diritto di passare sul fondo altrui, quindi l’altro soggetto ha l’obbligo di soggiacere alla mia attività di passo, quindi deve astenersi da compiere attività che impediscano l’esercizio del mio diritto. C’è tutela analoga a quella degli obblighi di non fare —> se mettesse un cancello ci sarebbe violazione dell’obbligo di pati e ci sarà una tutela di rimozione del cancello e tutela inibitoria con cui si ordina di astenersi da ulteriori attività che ostacolano l’esercizio. - Ci possono essere obblighi di pati che hanno un diritto soddisfatto non dallo svolgimento di un’attività ma il risultato di quella attività, ad esempio l’obbligo del vicino di farmi accedere al suo fondo per costruire un acquedotto —> l’obbligo di pati c’è, ma qui se l’obbligato non tollera l’attività sarà sufficiente l’esecuzione per consegna o rilascio perché il mio interesse è soddisfatto dal risultato dell’attività. Si presuppone che l’obbligo sia fungibile, perché l’esecuzione in forma specifica presuppone la sostituzione dell’ufficio esecutivo —> non soddisferebbe l’aspettativa del soggetto, la sostituzione sarebbe impossibile (il soggetto ha il monopolio di una certa attività ad esempio) o inutile (le prestazioni astrattamente sono fungibili, ma in realtà non lo sono —> il soggetto non ne trarrebbe la stessa utilità, esempio: scritturazione di un cantante). In caso di obblighi infungibili ci si può avvalere della misura coercitiva che serve a premere sulla volontà dell’obbligato affinché adempia spontaneamente al suo obbligo —> solo tale adempimento spontaneo soddisferebbe l’interesse. Obblighi infungibili sono: - taluni obblighi di fare (es. obbligo assunto intuitu personae) - obblighi di astensione di carattere puro o gli obblighi di pati Vediamo i singoli tipi: ESECUZIONE PER CONSEGNA O RILASCIO Articoli di riferimento: art. 2930 c.c. + artt. da 605 a 611 cpc Articolo 2930 c.c. - Esecuzione forzata per consegna o rilascio “Se non è adempiuto l'obbligo di consegnare una cosa determinata, mobile o immobile, l'avente diritto può ottenere la consegna o il rilascio forzati a norma delle disposizioni del codice di procedura civile.” = Forma di espropriazione forzata che trova applicazione rispetto agli obblighi di consegna di una cosa determinata mobile o immobile e mira a trasferire il potere di fatto sulla cosa da colui che esercita attualmente tale potere di fatto a colui che ha diritto di esercitarlo. Si ha il trasferimento della detenzione corpore del bene da colui che ha lo ius possessionis a colui che, secondo il titolo, ha lo ius possidendi. Tale trasferimento non opera alcuna modificazione della situazione sostanziale, che ha come oggetto il bene rispetto al quale si opera il trasferimento; è modificato solo il potere di fatto sul bene. L’obbligo di consegna o rilascio viene attuato con le forme degli artt. 605 ss in modo sempre uguale, qualunque sia il diritto riconosciuti, qualunque sia il titolo esecutivo, qualunque sia la situazione possessoria che si viene a creare in capo all’avente diritto a seguito dell’esecuzione. L’art. 2930 fa riferimento all’inadempimento di consegnare una cosa determinata  il focus non è il diritto ma l’obbligo  dal punto di vista dell’esecuzione tutti gli obblighi di consegna sono uguali sia che siano contenuti di un diritto assoluto di carattere reale, sia che siano contenuti di un rapporto obbligatorio. Anche qui è necessario il titolo esecutivo  Quali atti sono titolo esecutivo? Ex art. 474,3 sono quelli previsti dai numeri 1 e 3 dell’art. 474,2. - Atti giudiziali: si - Atti del notaio: si - Scritture private autenticate e i titoli di credito che abbiano ad oggetto beni individuati: no - Verbale di conciliazione giudiziale: si - Verbale di conciliazione stragiudiziale, si Chi è il soggetto passivo dell’esecuzione forzata che acquista la qualità di esecutato? Di norma l’azione esecutiva si esercita nei confronti di colui che risulta debitore o che è succeduto nell’obbligo (direzione soggettiva), dunque fino ad adesso abbiamo tralasciato questo punto. Nell’esecuzione in forma specifica colui che assume la qualità di esecutato è individuato sulla base di un criterio oggettivo = è colui che ha la ‘detenzione corpore’ del bene, che occupa l’immobile ad esempio —> egli può essere il debitore o un soggetto terzo. Questo perché, se invece si dovesse far acquistare la qualità di esecutato in ogni caso al debitore basterebbe che questo facesse acquistare il possesso del bene a un terzo per evitare l’esecuzione. Esempio classico: potremmo avere titolo esecutivo che dice che il conduttore Tizio è condannato a rilasciare l’immobile, ma l’immobile non lo possiede più perché ha dato le chiavi e lo occupa il fratello Caio —> il titolo esecutivo contro Tizio lo devo notificare unitamente al precetto a suo fratello perché è lui nella materiale detenzione del bene, solo lui può consegnare il bene all’avente diritto. Caio ha la possibilità di contestare l’esecuzione forzata solo se è titolare di un diritto autonomo e opponibile a quello del creditore procedente. Si innesta il tema dei limiti soggettivi degli effetti della sentenza —> il locatore ottiene la risoluzione del contratto nei confronti del conduttore e la condanna al rilascio del bene. Ma il bene è detenuto da un terzo a cui il primo conduttore ha sublocato il bene, subconduttore —> la ESECUZIONE FORZATA PER OBBLIGHI DI FARE Chiarimento: la rubrica del titolo IV fa riferimento a obblighi di fare o non fare, invece all’articolo 2931 c.c. e all’articolo 2933 c.c. gli obblighi di fare e quelli di non fare sono disciplinati separatamente. L’esecuzione forzata in realtà si presenta sempre per obblighi di fare. L’articolo 2933 c.c. prevede che se non è adempiuto un obbligo di non fare l’avente diritto può ottenere la distruzione di ciò che è stato fatto in violazione dell’obbligo. Ad esempio, se il vicino ha l’obbligo di non alzare un muro, ha obblighi di non fare  se in violazione compie l’attività vietata e nel compierla crea un’opera materiale di carattere duraturo ecco che sorge un obbligo di fare di carattere secondario (obbligo di distruggere —> un obbligo derivato) che viene attuato come tutti gli altri obblighi di fare. Infatti, l’articolo 612 cpc (Provvedimento) dice: “Chi intende ottenere l'esecuzione forzata di una sentenza di condanna per violazione di un obbligo di fare o di non fare, dopo la notificazione del precetto, deve chiedere con ricorso al giudice dell'esecuzione che siano determinate le modalità dell'esecuzione. Il giudice dell'esecuzione provvede sentita la parte obbligata. Nella sua ordinanza designa l'ufficiale giudiziario che deve procedere all'esecuzione e le persone che debbono provvedere al compimento dell'opera non eseguita o alla distruzione di quella compiuta.”  Prende in considerazione entrambe le ipotesi ma il procedimento è identico. Non rileva se l’obbligo di fare è contenuto di un diritto di carattere assoluto (un dovere) o è contenuto di un rapporto obbligatorio, perché anche qui la legge fa perno sul contenuto dell’obbligo, l’esecuzione è indifferente rispetto alla relazione giuridica nella quale l’obbligo si iscrive. QUINDI: In sede di esecuzione forzata si tratta sempre e solo degli obblighi di fare: - o perché non è adempiuto un obbligo di fare (art. 2931 cc) - o perché non è adempiuto un obbligo di disfare ciò che non si doveva fare e invece è stato fatto. (art. 2933 cc)  in entrambi i casi l’obbligo, originario o derivato, è sempre di fare. Quale atto costituisce titolo esecutivo? L’articolo 612 cpc sembra dire che l’unico provvedimento è la sentenza (“sentenza di condanna”), ma in realtà si fa riferimento a tutti i provvedimenti giudiziari anche diversi dalla sentenza (verbali di conciliazione giudiziale + norme speciali ad es. D.Lgs. 28/2010) PROCEDIMENTO Sempre in base all’articolo 612 cpc, inizia sempre con precetto che deve essere notificato (vale quanto abbiamo detto prima sulla direzione oggettiva) e dopo averlo notificato bisogna proporre istanza al giudice di esecuzione nelle forme del ricorso affinché determini le modalità con cui provvedere all’esecuzione. Dopo il ricorso, il giudice sente il creditore e la parte obbligata e provvede sulle modalità di esecuzione con ordinanza  tale ordinanza dice qual è l’ufficiale giudiziario che deve procedere all’esecuzione e le persone che devono provvedere al compimento dell’opera (esempio: ditta edile che deve occuparsi di rimuovere il cancello). Articolo 613 - Difficoltà sorte nel corso dell'esecuzione “L'ufficiale giudiziario può farsi assistere dalla forza pubblica e deve chiedere al giudice dell'esecuzione le opportune disposizioni per eliminare le difficoltà che sorgono nel corso dell'esecuzione. Il giudice dell'esecuzione provvede con decreto.” —> Se ci sono difficoltà durante il corso dell’esecuzione il giudice dell’esecuzione può essere interpellato, e prima ancora l’ufficiale può farsi assistere dalla forza pubblica (ad esempio se il proprietario non mi fa accedere al fondo). Articolo 614 - Rimborso delle spese “Al termine dell'esecuzione o nel corso di essa, la parte istante presenta al giudice dell'esecuzione la nota delle spese anticipate vistata dall'ufficiale giudiziario, con domanda di decreto d'ingiunzione. Il giudice dell'esecuzione, quando riconosce giustificate le spese denunciate, provvede con decreto a norma dell'articolo 642.” —> Le spese sono anticipate dalla parte istante, che poi potrà rivalersi nei confronti dell’obbligato. PROBLEMA: Il legislatore parte, nell’articolo 612, dal modello di processo esecutivo che ha in mente, cioè quello imperniato sul titolo esecutivo che rappresenta un diritto liquido certo ed esigibile —> individua qual è l’opera da compiere o distruggere e l’obbligo deve essere attuato senza attività di carattere cognitivo. Dunque, immagina un giudice dell’esecuzione che si limita a determinare il come dell’esecuzione e non stabilisce il contenuto dell’obbligo da attuare: e questa è una funzione esecutiva, tant’è che provvede con ordinanza che può essere contestata per violazioni processuali, ad esempio per non aver sentito le parti, o per questioni di opportunità. MA tale modello puro nella prassi non si riscontra, cioè nella prassi avviene che in sede di determinazione delle modalità dell’esecuzione sorgono tra le parti contestazioni sull’esistenza o sul contenuto del diritto da attuare e sono controversie che esulano dall’ambito del come dell’esecuzione. Questo accade perché il titolo esecutivo spesso non determina il contenuto dell’obbligo di fare. Mentre gli obblighi al pagamento o al rilascio di un bene hanno un contenuto determinato, gli obblighi di fare non hanno contenuto determinato ma questo è di volta in volta plasmato dalla singola fattispecie e quindi possono sorgere controversie. A valle dell’ordinanza del giudice può essere che ci sia una parte che sostiene che il giudice dell’esecuzione, ad esempio, ha risolto una controversia fra le parti con cui il debitore dice che le opere che ha eseguito soddisfano già il diritto del creditore —> il giudice dell’esecuzione risolve vere e proprie controversie. A questo punto la giurisprudenza, secondo la tesi maggioritaria, afferma che quando ciò avviene poiché in realtà il giudice risolve una controversia, non esercita più funzioni esecutive, la sua ordinanza in realtà è una sentenza —> sentenza che risolve controversia sull’opposizione sull’esecuzione, tale ‘ordinanza’ quindi va impugnata con appello perché è in realtà una sentenza e non con opposizione agli atti esecutivi. Ciò pone il problema che se non mi accorgo che in realtà è una sentenza, l’ordinanza diviene incontestabile. Tale problema sorge da una tensione rispetto alla separazione tra cognizione ed esecuzione, perché per principio generale il giudice dell’esecuzione deve solo attuare il diritto che deve essere precisamente essere individuato nel titolo esecutivo —> il giudice non potrebbe avere poteri in grado di interferire sul contenuto del diritto. Nell’esperienza emerge però che a causa della complessità insita negli obblighi di fare e della loro non predeterminazione spesso il titolo esecutivo si limita a far capire solo qual è il risultato da raggiungere, non stabilisce i comportamenti concreti che l’obbligato deve tenere, non specifica il contenuto della obbligazione. Vi è qui il fenomeno della eterointegrazione. Esempio: lite sulle distanze legali, c’è una consulenza tecnica —> il titolo esecutivo spesso si limita a ordinare la rimessione in pristino e quindi si fa l’eterointegrazione con la consulenza tecnica che chiarisce meglio. Secondo la giurisprudenza quindi il giudice dell’esecuzione risolve una lite e la sua ordinanza è un provvedimento decisorio che va impugnata come se fosse una sentenza, cioè va appellata. Semplicemente parte della dottrina dice di dover recuperare il requisito della certezza del titolo esecutivo che se non identifica precisamente l’obbligo non costituisce titolo esecutivo (soluzione drastica che non tiene conto della realtà). Quella parte di sentenza con la quale si determina la misura esecutiva è un provvedimento di rito, non diverso da quelli disciplinati nelle altre norme di cui al libro terzo del cpc. Dal contenuto processuale discendono importanti conseguenze: ° L’istanza di parte non individua un ulteriore e separato oggetto del processo; La pronuncia del giudice ha una portata esclusivamente processuale (è provv. di rito). Pertanto, l’istanza può essere proposta in qualunque momento del processo e non va incontro alle preclusioni che attengono alle nuove domande (può essere proposta per la prima volta anche in grado di appello). ° Inoltre, le somme che l’avente diritto percepirà, ove si verifichino le violazioni indicate nel provvedimento del giudice, si cumulano e non si sostituiscono al risarcimento dei danni, che spetta all’avente diritto in virtù della normativa sostanziale. ° Ancora, la portata processuale e non sostanziale della misura coercitiva, e dunque la qualificazione del provvedimento che la irroga come di rito e non di merito, fa sì che le pari non siano in grado di realizzare negozialmente gli stessi effetti che produce la misura giurisdizionale. Il giudice deve concedere la misura su richiesta di parte ma c’è una clausola di salvezza: “salvo che ciò sia manifestamente iniquo” —> clausola di sicurezza che è espressione del timore che è tradizionalmente associato al principio del ‘nemo ad factum precise cogi potest’ (=nessuno può essere costretto a compiere una prestazione). La dottrina ritiene che le ipotesi di manifesta iniquità in cui il giudice può rifiutare la misura sono i casi in cui l’obbligo incide su interessi di carattere non patrimoniale del debitore o su situazioni di libertà morale o civile —> esempio: uno scrittore non può essere obbligato a scrivere un libro, eccessivamente gravoso. Altre ipotesi sono i casi in cui la prestazione dell’obbligato ha bisogno della cooperazione di soggetti terzi, se manca tale cooperazione è incongruo gravar l’obbligato del pagamento della somma di denaro a titolo di misura coercitiva. Il giudice deve determinare la somma di denaro dovuta dell’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento. Il giudice deve determinare la somma di denaro in relazione alla violazione. Problema è che deve definire l’unità di misura su cui misurare la somma di denaro rispetto alla specificità del contenuto della violazione —> se ad esempio c’è la violazione di un patto di esclusiva l’unità di misura potrebbe essere parametrata su ogni contratto stipulato con terzi. Occorre distinguere tra: - obblighi di fare: la sanzione è parametrata ad ogni frazione di tempo in cui si verifica il ritardo nell’adempimento. - obblighi di non fare: la sanzione è parametrata ad ogni successivo episodio di violazione dell’obbligo di astensione. Quale atto costituisce violazione o inosservanza? Saranno oggetto del divieto pronunciato dal giudice tutti i comportamenti che siano rapportabili a quello tenuto in considerazione per emettere l’ordine di inibitoria. Ad esempio: c’era un caso in cui ad un imprenditore era vietato usare dell’insegna un certo nome, se egli non usa il nome nell’insegna ma lo usa nella ditta // oppure non può compiere attività di bed and breakfast ma svolge un’attività simile ad air b&b —> problema ineliminabile, serve trovare una via mediana tra due poli. Se l’ordine del giudice è molto specifico il problema è meno ampio, ma se è molto preciso l’ordine allora qualsiasi condotta che differisce da quella puntualmente individuata non costituisce violazione pur potendo costituire comunque una violazione del dovere. Se il giudice lascia l’obbligo indeterminato è più facile dire che la condotta integra violazione ma vi è maggior incertezza per dire se integra o meno violazione. Per quanto riguarda l’ammontare (entità della sanzione) della somma di denaro il giudice deve tenere conto di parametri: - valore della controversia; - natura della prestazione; - danno quantificato o prevedibile (ma comunque la misura non ha carattere risarcitorio!); - ogni altra circostanza utile. In pratica viene rimesso all’arbitrio del giudice determinare la somma dovuta. E dato che la determinazione avviene in sede dichiarativa, le contestazioni circa la congruità della somma determinata sono rimesse al giudice dell’impugnazione. Sorge anche il dubbio di incostituzionalità perché: siamo in presenza di una sanzione, quindi diviene necessario che la legge determini i parametri per la quantificazione della stessa e/o ponga i limiti minimi e massimi della stessa. Invece i criteri che indica il legislatore sono troppo evanescenti per soddisfare il principio di legalità. Altri due problemi: ⃣ Non manca la possibilità del giudice di determinare l’ammontare massimo della misura —> c’è un principio nell’ordinamento che prevede che bisogna evitare l’ingiustificato arricchimento di una parte a danno dell’altra —> è una cosa fatta dalla giurisdizione amministrativa, non anche da quella civile. ⃣ Talvolta le prestazioni hanno contenuto complesso o comunque non possono essere eseguite immediatamente (consegna di un’impresa) —> si usa dare un termine dilatorio, ‘hai tempo x giorni per conformarti poi scatta la misura’. Riscossione delle somme - Come si esegue la misura? “Il provvedimento di condanna costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza.”  Quindi siamo di fronte a una condanna condizionale: solo se e quando ci sarà la violazione. Se questo procedimento costituisce titolo esecutivo, il creditore una volta che si è verificata la violazione può notificare il precetto e procedere a esecuzione forzata, non deve prima esperire un processo di cognizione per far verificare che la violazione c’è stata (potrà esserci contestazione del debitore con opposizione all’esecuzione*) —> su questo la giurisprudenza talvolta ha dei disorientamenti, non consente di procedere subito a esecuzione forzata. *contestando che la violazione ci sia stata, che l’inadempimento sia imputabile al debitore, che la liquidazione che ha fatto il debitore sia conforme a quanto previsto dal titolo esecutivo... // esulano invece le contestazioni che riguardano il giudizio compiuto dal giudice nel comminare la misura. Fattispecie escluse L’esecuzione indiretta è esclusa in queste ipotesi: - obblighi di pagamento di somme di denaro - per le controversie di lavoro subordinato pubblico e privato - per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’articolo 409 Non si capisce il perché di queste ultime due esclusioni  è incostituzionale perché negare in blocco ed indiscriminatamente per tutta una serie di rapporti l’esecuzione indiretta significa negare a questi rapporti la tutela giurisdizionale garantita costituzionalmente dall’art. 24 cost. - in più, esclusione della determinazione della misura coercitiva ove ‘ciò sia manifestamente iniquo’ (vd sopra). Controlli cui è sottoponibile la misura esecutiva La misura esecutiva è frutto dell’esercizio di un potere giurisdizionale dichiarativo, sicché il controllo dei suoi presupposti è preventivo rispetto alla concessione della stessa. Ne consegue che, in linea di principio, le eventuali censure avverso il provvedimento con cui si concede o si nega la misura coercitiva debbono essere fatte valere attraverso i mezzi di impugnazione. Si pone un problema nel caso in cui la misura coercitiva sia concessa dal giudice del cautelare: sono in tal caso utilizzabili i rimedi propri dei provvedimenti cautelari = reclamo e revoca/modifica. Tuttavia, tale possibilità non è esauriente perché reclamo e revoca/modifica sono rimedi che partecipano pur sempre della funzione non dichiarativa del procedimento cautelare e quindi non possono sostituire il costituzionalmente necessario controllo dichiarativo. Le contestazioni avverso i provvedimenti cautelari sono riservate al giudizio di merito. Se le cose stanno così allora è solo in sede di merito che si potrà controllare la conformità a diritto delle misure esecutive concesse con il provvedimento cautelare. Tale processo di merito potrà essere anche quello instaurato attraverso l’opposizione all’esecuzione. Riforma del provvedimento Se la pronuncia di condanna cui accede la misura esecutiva è caducata o modificata nelle sedi a ciò deputate, le somme eventualmente pagate devono essere restituite. N.B. in caso di sospensione della misura esecutiva e poi confermata: durante il periodo di sospensione è inoperante (quindi non può pretendere il pagamento delle somme maturate a titolo di sanzione nel periodo in cui l’esecutività del provvedimento è stata sospesa). Fattispecie applicative più interessanti della misura esecutiva: - in relazione all’obbligo dell’amministratore del condominio di comunicare al creditore i dati dei condomini morosi - in relazione all’obbligo del gestore telefonico di attivare una linea telefonica - in materia di obblighi familiari relativi ai minori - in relazione all’obbligo di non impedire l’utilizzazione di una servitù - il titolo esecutivo è venuto meno = inefficacia sopravvenuta Es. in virtù dell’effetto sostitutivo, dal momento della pubblicazione della sentenza di appello di riforma, la pronuncia di primo grado riformata perde i suoi effetti e quindi anche quelli esecutivi. 2. Mancanza del diritto da tutelare cioè si dice che il credito per cui si agisce con esecuzione forzata non esiste. Bisogna vedere i limiti in cui posso svolgere queste contestazioni: variano in base alla tipologia di titolo esecutivo che viene preso in considerazione. Bisogna distinguere tra titolo esecutivo: 3. giudiziale Bisogna tenere conto che potrebbe essere passato in giudicato e quindi significa che non posso dedurre, con l’opposizione all’esecuzione, motivi di invalidità del titolo perché ai sensi dell’articolo 161,1 cpc in base alla regola della conversione delle nullità in motivi di impugnazione, sono privati di rilevanza. D’altra parte, non posso nemmeno contestare il contenuto di quel provvedimento perché c’è la preclusione che deriva dal giudicato sostanziale (2909 cpc): dalla preclusione del dedotto e del deducibile sfuggono solo i fatti di formazione sopravvenuta. Ma sappiamo che tutti questi titolo esecutivi giudiziali sono titolo esecutivo anche prima del giudicato (ad es. sentenza di condanna è titolo esecutivo dal giorno della sua pubblicazione). Quelle ragioni di invalidità e di ingiustizia, che è il giudicato sostanziale ad impedirmi di far valere dopo il passaggio in giudicato, posso farle valere con l’opposizione all’esecuzione dato che non c’è il giudicato. La situazione è che: sono stato condannato in base a sentenza di primo grado e questa viene azionata in via esecutiva nei miei confronti, posso oppormi all’esecuzione dicendo che la sentenza è sbagliata perché è invalida, ecc….  no. E questo per il principio della impermeabilità dei motivi di impugnazione rispetto ai motivi di opposizione  tutte le ragioni di invalidità o di ingiustizia che posso far valere contro quel provvedimento (ad es. l’appello), ho l’onere di farle valere con il giudizio di appello e solo con quello. Precisazioni: ° tutto quanto visto non vale nel caso in cui vi siano vizi dell’atto che costituisce titolo esecutivo passato in giudicato che in realtà impediscono il passaggio in giudicato perché sono vizi così gravi da sopravvivere al giudicato stesso  ipotesi di inesistenza della sentenza (art. 161,2  sfuggono alla regola della conversione al comma 1) e, più in generale, ipotesi di nullità assoluta della sentenza. Sede tipica in cui si fa valere l’inesistenza della sentenza (es. sentenza mancante di sottoscrizione) è l’opposizione all’esecuzione. ° Esecutività ex lege o ope iudicis Ci sono delle ipotesi in cui l’efficacia esecutiva di un atto (per comodità poniamo giurisdizionale), è un’efficacia che spetta ex lege; mentre in altre ipotesi l’efficacia esecutiva è data all’atto dal giudice con un suo provvedimento (esecutività ope iudicis)  in questo ultimo caso con l’opposizione all’esecuzione non posso far valere il difetto dei presupposti sulla cui base il giudice poteva conferire efficacia esecutiva a quell’atto, perché normalmente questi presupposti hanno la loro sede in cui possono essere contestati. Quando invece l’efficacia esecutiva è attribuita ex lege, le cose stanno diversamente: prediamo una sentenza di condanna, che è esecutiva. Non potrò in questo caso con l’opposizione all’esecuzione quel provvedimento inibitorio dell’efficacia esecutiva che può dare il giudice dell’appello ai sensi dell’art. 283: lo devo chiedere al giudice dell’appello. Posso solo contestare che quel provvedimento rientri nella fattispecie prevista dalla legge, e posso farlo in sede di opposizione all’esecuzione (es. contestare che non è una scrittura privata autenticata…). 4. stragiudiziale Non ci sono particolari problemi nel senso che ogni nullità rilevante dell’atto può essere fatta valere in sede di opposizione dell’esecuzione. Le contestazioni sull’esistenza del diritto per il quale si procede sono esperibili in sede di opposizione all’esecuzione senza limiti, o meglio lo si può contestare negli stessi limiti in cui si potrebbe contestarlo in un ordinario processo a cognizione piena ed esauriente (es. se il titolo esecutivo è una scrittura privata autenticata, con l’opposizione all’esecuzione per contestare l’autenticità della sottoscrizione non posso svolgere una contestazione semplice ma ho bisogno di proporre querela di falso, idem se è un atto pubblico; ma per il resto posso contestarlo senza problemi e dire ad esempio che il credito non esiste perché c’è una ragione di nullità del contratto, ho già pagato ecc…). MA ci sono dei titoli esecutivi stragiudiziali per i quali esistono degli oneri di impugnazione sostanziale, cioè dei titoli esecutivi che seguono ad altri atti i quali sono soggetti a un onere di impugnazione entro un termine perentorio, decorso il quale l’atto si stabilizza e i suoi vizi non possono più essere fatti valere  es. sequenza: verbale di accertamento della pubblica amministrazione e cartella esattoriale (che è titolo esecutivo sulla cui base si inizia l’esecuzione forzata). La cartella di pagamento è un titolo esecutivo stragiudiziale, però, poiché il verbale di accertamento sulla cui base è formata prevedeva un onere di impugnazione di 60 giorni, significa che avverso la cartella posso far valere come motivi di opposizione soltanto vizi propri della cartella (es. non correttamente notificata), ma non potrò dire che il credito consacrato nel verbale in realtà non esiste, perché avevo onere di impugnazione. N.B. Salvo sempre che ci sia vizio così grave da determinare inesistenza. Questi principi sono così importanti che sono stati da ultimo chiariti dalle SU Cassazione, sentenza 22080/2017. COME SI SVOLGE IL PROCESSO DI OPP. ALL’ESECUZIONE Legittimazione attiva e passiva Attiva La legittimazione a proporre l’opposizione all’esecuzione spetta sempre all’esecutato, e cioè al debitore e al terzo proprietario. Secondo opinione pacifica, può essere proposta anche in via surrogatoria ex art. 2900 da un creditore dell’esecutato nell’inerzia di quest’ultimo. Nell’espropriazione: esecutato è colui che viene individuato come tale dal creditore procedente (cioè è colui al quale il creditore ha notificato il titolo esecutivo e precetto) Nell’esecuzione in forma specifica: prima si individua chi è colui nella cui sfera giuridica si produrranno gli effetti delle misure esecutive, e questi deve assumere la posizione di esecutato. Passiva Si propone contro il creditore procedente. E se ci sono creditori intervenuti? Anche loro sono litisconsorti necessari se sono muniti di titolo esecutivo. I creditori intervenuti senza titolo esecutivo possono partecipare al processo di opposizione in via di intervento volontario (adesivo-dipendente). Come si struttura giudizio di opposizione? Il processo di opposizione all’esecuzione è un ordinario processo di cognizione in cui si realizza un’inversione dell’iniziativa processuale: mentre di solito l’iniziativa processuale parte da chi afferma l’esistenza del diritto e ne chiede la tutela, nell’opposizione l’iniziativa processuale è di colui che nega l’esistenza del diritto. L’inversione dell’iniziativa processuale implica che colui che afferma l’esistenza del diritto a procedere a esecuzione forzata è il creditore opposto; mentre chi nega l’esistenza di tale diritto è il debitore esecutato opponente. Quindi, l’art. 2697 cc che disciplina l’onere della prova, è applicato in base alla posizione sostanziale delle parti e non all’iniziativa processuale: - creditore procedente (convenuto opposto) deve dimostrare i fatti costitutivi del diritto - debitore esecutato (attore opponente) deve dimostrare i fatti impeditivi, modificativi, estintivi del diritto del creditore. Naturalmente, in questo processo alcuni elementi della fattispecie possono essere bloccati dall’efficacia propria dell’atto che costituisce titolo esecutivo. Cioè: - se l’atto è una sentenza, il procedente non deve dimostrare i fatti costitutivi e d’altra parte l’esecutato non può cercare di dimostrare esistenza di fatti modificativi, impeditivi e estintivi che sono coperti dal referente temporale del giudicato (potrà far valere solo i fatti sopravvenuti). - se invece l’atto è un titolo esecutivo stragiudiziale l’esecutato potrà far valere tutti i fatti modificativi, impeditivi ed estintivi. Il processo poi prosegue come un ordinario processo di cognizione. Questo vale in linea di principio, ma analizzando la giurisprudenza, si vede che in realtà ricostruisce in modo peculiare alcuni aspetti inerenti alla cognizione del giudice dell’opposizione. Se io sono il creditore e promuovo un ordinario giudizio a cognizione piena ed esauriente, il giudice può rilevare d’ufficio l’inesistenza di tutti i fatti costitutivi e l’esistenza dei fatti modificativi, impeditivi ed estintivi che siano oggetto di eccezioni rilevabili d’ufficio. Quando siamo invece in un giudizio di opposizione all’esecuzione, la giurisprudenza accentua quasi un carattere impugnatorio di questo giudizio e dice che le eccezioni che sarebbero rilevabili d’ufficio in un ordinario processo di cognizione, smettono di essere tali: diventano tutte eccezioni rilevabili su istanza di parte. Inoltre, il giudice può rilevare d’ufficio la carenza originaria o sopravvenuta del titolo esecutivo, esattamente come potrebbe farlo il giudice dell’esecuzione. Domanda riconvenzionale Il creditore opposto (veste formale di convenuto) può proporre una domanda riconvenzionale avente ad oggetto lo stesso diritto oppure un diritto connesso con quello di cui era stata chiesta la tutela esecutiva; ciò accade spesso con i titoli esecutivi stragiudiziali, di cui si contesta l’idoneità a costituire titolo esecutivo. Es. in un’esecuzione fondata su titolo esecutivo cambiario, il debitore esecutato contesta la regolarità formale del titolo di credito: ad es. la mancanza della data e del luogo di emissione. deve porre in essere l’atto introduttivo del rito processuale applicabile alla causa di merito (citazione o ricorso). L’atto introduttivo del giudizio non dovrà necessariamente contenere una domanda – essendo essa già stata proposta – ma potrà contenerne di ulteriori; e l’atto difensivo della controparte potrà avere il contenuto e sarà soggetto alle preclusioni previste per il rito applicabile. Effetti della sentenza che decide l’opposizione all’esecuzione 1. La sentenza che accoglie l’opposizione nega l’esistenza del diritto a procedere ad esecuzione forzata (equivale a rigetto domanda)  l’accoglimento dell’opposizione impedisce la prosecuzione del processo esecutivo e caduca gli effetti degli atti già compiuti. Equivale, sotto questo profilo, ad una rinuncia agli atti. Si deve quindi applicare l’art. 632 cpc: ° se l’opposizione è accolta prima della vendita, tutti gli atti compiuti perdono effetti ° se l’opposizione è accolta dopo l’aggiudicazione o assegnazione, quest’ultima resta efficace ed il ricavato è consegnato all’esecutato vittorioso. Questa sentenza non consente quindi all’esecutato di riprendere il bene dal terzo aggiudicatario, magli consente solo di ottenere la somma che è stata ricavata dalla vendita di quel bene (e questo vale sia se l’opposizione è accolta per difetto del diritto sostanziale, sia se è accolta per difetto del titolo esecutivo in senso sostanziale). * N.B. qui bisogna ricordare la lettura giurisprudenziale introdotta dalle SU Cass 2014 che ha attenuato lettura rigida del principio nulla executio sine titulo: quindi si tenga presente che la caducazione degli atti del processo esecutivo vale nella misura in cui non siano intervenuti dei creditori muniti di titolo esecutivo e nella misura in cui il motivo di opposizione sia una carenza originaria del titolo esecutivo. Perché se invece sono intervenuti dei creditori e la sentenza di opposizione accerta una carenza del titolo esecutivo per un motivo sopravvenuto rispetto a intervento dei creditori ecco che allora il titolo esecutivo degli altri sorregge l’esecuzione forzata e può andare avanti. La dottrina tedesca parla di azioni costitutive processuali (oltre che sostanziali) Questo effetto cassatorio, costitutivo non è l’unico effetto della sentenza  ha anche un effetto di accertamento -> bisogna chiedersi quale è la portata oggettiva di questa sentenza. La portata oggettiva è differenziata a seconda del motivo sul quale l’opposizione è fondata: - se è accolta l’opposizione perché il bene non è pignorabile (es. pignorato anello nunziale), è chiaro che l’effetto è la caducazione della procedura esecutiva però questa sentenza non impedisce al creditore di azionare con lo stesso titolo esecutivo, per quello stesso credito un’altra procedura su un altro bene: infatti questa sentenza non dice che non ha il diritto o il titolo esecutivo, dice che quel bene non può rispondere. - se è accolta l’opposizione perché manca il titolo esecutivo, si caduca l’esecuzione ma poiché non viene detto che non esiste il titolo di credito, ma che ad es. quell’atto pubblico non è titolo esecutivo, ciò non impedisce al creditore di far valere il proprio diritto in un ordinario processo per ottenere il titolo esecutivo. - se invece l’opposizione viene accolta a motivo dell’inesistenza del diritto sostanziale, per quel diritto non è possibile più fare un’esecuzione forzata. 2. La sentenza che rigetta l’opposizione afferma l’esistenza del diritto a procedere a esecuzione forzata (equivale all’avvolgimento della domanda). L’opposizione era infondata ed è legittima l’esecuzione forzata. Il problema è capire quale è la portata preclusiva di questa opposizione all’esecuzione: non ci sono idee chiare, facciamo un esempio: ° Propongo opposizione all’esecuzione perché quell’atto non costituisce titolo esecutivo ma viene rigettata. Qui non abbiamo dubbi nel dire che, non essendo stato contestato il diritto sostanziale c’è comunque la possibilità di proporre opposizione all’esecuzione contestando il diritto sostanziale (non se ne è parlato, non è stato assurto a oggetto del processo). ° Ma se con l’opposizione all’esecuzione ho detto ‘manca il fatto costitutivo x’ e basta, e l’opposizione viene rigettata. Posso poi proporre nuova opposizione all’esecuzione dicendo ‘c’è il fatto estintivo y’. - Parte della dottrina dice che questo giudizio ha ad oggetto solo la questione, non il diritto tutto intero: quindi, la carenza del fatto costitutivo, l’esistenza del singolo fatto estintivo. - Secondo Motto questa concezione è eccessivamente restrittiva e quando si contesta il diritto sostanziale l’oggetto è globale, nel senso che il giudizio di opposizione all’esecuzione che finisce con rigetto opposizione per motivi di merito, è un accertamento incontrovertibile dell’esistenza del diritto. E quindi questo preclude la possibilità di proporre nel corso del processo di esecuzione un’altra opposizione all’esecuzione per motivi diversi e inoltre preclude anche fuori dal processo esecutivo al debitore di dire al creditore procedente restituiscimi perché non hai diritto. Ultimo problema: abbiamo detto di questi effetti della sentenza di accoglimento, che fa cadere l’esecuzione forzata; il punto è ma questi effetti quando si producono? Se dico che la sentenza che accoglie l’opposizione all’esecuzione ha effetto immediato, ho l’immediata caducazione degli effetti degli atti esecutivi. Se la impugno e il giudice di appello dice che in realtà andava rigettata, ormai si è verificato un effetto irreparabile, cioè ormai pignoramento è stato cancellato. E infatti la Cassazione ha detto che la sentenza di accoglimento non ha efficacia immediata (quindi no effetto di caducazione). Però, se il processo esecutivo va avanti, il bene viene espropriato; quando poi la Corte d’appello dice che avevo torto, a quel punto il processo esecutivo può aver portato alla alienazione del bene e non posso più riprenderlo  quindi in questo caso, quando vi è stato l’accoglimento il processo esecutivo non dovrebbe poter andare avanti, ma si cristallizza. Se la sentenza di primo grado è di rigetto: la Cassazione dice che il processo esecutivo può immediatamente continuare. Se la sentenza di appello dovesse riformare la pronuncia di rigetto e quindi dovesse essere dichiarata l’illegittimità dell’esecuzione forzata, questa sentenza potrebbe arrivare troppo tardi, quando il bene ancora una volta è stato venduto. Non ci sono soluzioni, è un problema aperto. Termine di proposizione dell’opposizione all’esecuzione in materia di espropriazione forzata (non ci sono limiti invece per esecuzione in forma specifica) - articolo 615,2 cpc Il termine ultimo per proporre opposizione all’esecuzione è individuato nel provvedimento che dispone la vendita o l’assegnazione (nota bene, quando è disposta, non quando è effettuata) (introdotto nel 2016, prima la si poteva proporre sempre, anche dopo la vendita)  questo è importante perché contribuisce a dare stabilità all’esecuzione forzata, perché si impedisce la contestazione del diritto di procedere in via esecutiva dopo un certo momento, dopo che l’espropriazione è stata fatta e si tratta solo di distribuire la somma. Ma ci sono delle conseguenze di rilievo: - il debitore esecutato che vuole opporsi perché non esiste il diritto di credito sostanziale, una volta che c’è stata la vendita, può avere soltanto l’opposizione in sede distributiva per cercare di buttare fuori il creditore e non fargli prendere le somme. // Altrimenti può soltanto proporre un normale giudizio di cognizione, esterno al processo esecutivo, di ripetizione dell’indebito, ma questo vuol dire andare a riprendere dei soldi, e non è la stessa cosa di impedire che vengano dati… Quindi con questo termine preclusivo acquista molta importanza la controversia in sede distributiva perché è l’unico strumento che ha l’esecutato per bloccare la distribuzione. - dopo che è stata disposta la vendita o l’assegnazione, la contestazione sull’(in)esistenza del titolo esecutivo è una contestazione che si è persa  diventa irrilevante la carenza del titolo esecutivo dopo questo momento. Questa preclusione può essere superata solo quando l’esecutato dimostri: - o di non averla potuta proporre tempestivamente per causa a lui non imputabile (ipotesi di rimessione in termini) (art. 153,2) - o quando è fondata su fatti sopravvenuti (es. ho pagato dopo che è stata disposta la vendita).
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