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Diritto Processuale Civile Verde Volume 2 (processo di esecuzione), Dispense di Diritto Processuale Civile

Riassunto eccellente aggiornato all'ultima edizione del volume 3 (Verde). Non è un semplice taglia ed incolla. E' una vera rielaborazione in chiave codicistica del libro (ad avviso di molti scritto male piuttosto che in modo complesso). E' fatto per agevolare la comprensione, senza privare il contenuto di parti rilevanti e di termini tecnici. Il riassunto parte dall'inizio del libro e si conclude a fine paragrafo: "PLURALITÀ DI PIGNORAMENTI ED ESTENSIONE DEL PIGNORAMENTO".

Tipologia: Dispense

2017/2018

In vendita dal 10/05/2018

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Scarica Diritto Processuale Civile Verde Volume 2 (processo di esecuzione) e più Dispense in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! IL PROCESSO DI ESECUZIONE PRINCIPI DEL PROCESSO DI ESECUZIONE A) La funzione del processo di esecuzione: il processo di esecuzione è finalizzato ad attuare un comando contenuto in un titolo esecutivo. Questa attuazione è un necessario completamento della tutela giurisdizionale tutte le volte in cui l’atto o il provvedimento non è in grado di assicurare al soggetto il bene astrattamente accordatogli dall’ordinamento. In alcuni casi la tutela di cognizione è pienamente satisfattoria. Si tratta dei casi in cui sia promossa azione di accertamento o azione costitutiva (ad esempio si propone domanda per l’accertamento della genitura naturale). In questi casi però il provvedimento di cognizione è il presupposto per azionare pretese che richiedano l’attuazione forzata. Così, se ad esempio l’attore ha ottenuto l’accertamento della genitura naturale, potrebbe non accontentarsi di tale accertamento e bancario una pretesa per ottenere le prestazioni alimentari dal genitore. In questo, come in altri casi, la sentenza di accertamento (ma ciò vale anche per quella costitutiva) non può dirsi esecutiva. Piuttosto da tale sentenza derivano obbligazioni attuative, le quali, se non adempiute, dando luogo a pretese che necessariamente devono confluire in provvedimenti autonomi di condanna. L’art. 282, quando sembra attribuire efficacia esecutiva a tutte le sentenze di primo grado, certamente non intende trasformarle in titoli esecutivi suscettibili di esecuzione forzata, ma vuole solo stabilire che le sentenze di accertamento e quelle costitutive anticipano la loro efficacia e “fanno stato” provvisoriamente già prima del passaggio in giudicato. B) I diritti tutelati nel processo di esecuzione e le parti: le parti del processo esecutivo sono il creditore e il debitore. Di conseguenza i diritti azionabili sono i diritti di credito. C) Il carattere giurisdizionale del processo di esecuzione: Il processo esecutivo ha carattere necessariamente giurisdizionale, in quanto l’esecuzione comporta limitazioni della libertà dei cittadini (essendo per sua natura coattiva). E la Costituzione ammette che la libertà possa essere limitata solo previo provvedimento motivato del giudice. D) I tipi di processo esecutivo: esistono tre tipi di processo di esecuzione: esecuzione forzata in forma generica Tipo 1) espropriazione forzata per crediti di denaro (anche definita “esecuzione forzata in forma generica”): essa è diretta a sottrarre coattivamente al debitore alcuni beni che compongono il suo patrimonio. Da essi, poi, si ricava, sempre in maniera coattiva, il denaro necessario a soddisfare le pretese del creditore. Nel nostro ordinamento esistono diverse tipologie di espropriazione forzata per crediti di denaro: - espropriazione mobiliare - espropriazione presso terzi - espropriazione immobiliare - espropriazione di beni indivisi - espropriazione contro il terzo proprietario; esecuzione forzata in forma specifica Tipo 2) esecuzione forzata per consegna o rilascio: con essa il creditore ottiene direttamente la materiale disponibilità del bene mobile (consegna) o immobile (rilascio); Tipo 3) esecuzione forzata degli obblighi di fare o di non fare: con essa il creditore può ottenere che il debitore esegua una specifica prestazione di fare. In alternativa è possibile ottenere la distruzione di quanto è stato realizzato in violazione di un obbligo di non fare. E) Il diverso atteggiarsi degli stessi principi posti a base del processo di cognizione: i principi su cui poggia il processo ordinario di cognizione vanno presi, nel processo di esecuzione, solo come punti di riferimento da adattare ad esigenze specifiche: a) principio della domanda: il processo esecutivo si basa su un titolo esecutivo. Pertanto, il creditore che vanta un titolo esecutivo non deve proporre ricorso o citazione al fine di adire un giudice che, previa eventuale instaurazione del contraddittorio, dia le disposizioni necessarie. Piuttosto, nel processo esecutivo, occorre procedere ad operazioni materiali (come la consegna o il rilascio), che normalmente sono svolte dall’ufficiale giudiziario (un pubblico ufficiale che svolge le funzioni di organo esecutivo). Di conseguenza il creditore si rivolgerà direttamente all’ufficiale giudiziario, esibendogli il titolo esecutivo e chiedendogli di procedere alle operazioni materiali. Occorre stabilire quale sia la domanda esecutiva. Innanzitutto va detto che il creditore deve notificare al debitore il precetto, ossia un atto contenente l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante nel titolo esecutivo (entro un termine non inferiore a 10 giorni) e l’avvertimento che, in mancanza di adempimento spontaneo, si procederà all’esecuzione forzata. Il precetto non è la domanda esecutiva, ancorché il creditore in esso determini la pretesa per la quale intende procedere ad esecuzione forzata. Il legislatore esclude palesemente che la notificazione del precetto dia inizio al processo di esecuzione. (L’art. 479 dispone che l’esecuzione forzata, salvo che la legge disponga altrimenti, deve essere preceduta dalla notificazione titolo esecutivo e del precetto.) La legge individua l’atto iniziale dell’esecuzione solo in relazione al processo di espropriazione (per crediti di denaro), disponendo che l’espropriazione forzata si inizia col pignoramento (art. 491). Dottrina e giurisprudenza, allora, si sono sforzate per individuare gli atti iniziali del processo di esecuzione forzata in forma specifica e hanno fatto riferimento: Nel processo di esecuzione la disciplina è differente. Innanzitutto, considerato che la parte, di regola (e salvo il caso dell’esecuzione degli obblighi di fare e di non fare) si rivolge prima all’ufficiale giudiziario, un problema di competenza si pone in primo luogo dinanzi a quest’ultimo. A) Rifiuto dell’ufficiale giudiziario di compiere l’atto esecutivo per incompetenza: l’ufficiale giudiziario deve compiere alcuni accertamenti preliminari circa: la sua competenza; l’esistenza dei presupposti dell’atto richiesto; l’esistenza di un valido titolo esecutivo; la legittimazione attiva e passiva in base a quanto risulta dal titolo; l’avvenuta previa notificazione del titolo esecutivo del precetto. Se questo accertamento desse esiti negativi, e quindi anche solo relativamente alla competenza, l’ufficiale giudiziario sarebbe tenuto a rifiutare il compimento dell’atto, indicandone per iscritto i motivi. Qualora lo faccia, la parte richiedente potrà anche reclamare al capo dell’ufficio cui è addetto l’ufficiale giudiziario, ma la relativa decisione non sarà mai equiparabile ad un’ordinanza sulla competenza impugnabile con regolamento di competenza. Il problema si riproporrà in un momento successivo, quando, compiuto il primo atto esecutivo, la questione di competenza si tradurrà in un eventuale vizio dell’atto. Ma questo vizio non potrà essere fatto valere con i rimedi del processo di cognizione, bensì con un incidente di cognizione proposto all’interno del processo esecutivo, ossia con l’opposizione agli atti esecutivi (ex art. 617). E se il giudice dell’opposizione dovesse ravvisare l’incompetenza dell’ufficio, l’unico provvedimento che potrebbe emettere sarebbe quello dell’annullamento dell’atto. Di conseguenza, alla parte che non volesse impugnare tale decisione non resterebbe che iniziare il processo daccapo dinanzi al diverso ufficio giudiziario, senza alcuna possibilità di trasferire quello viziato da incompetenza. B) Atto compiuto dall’ufficiale giudiziario incompetente: analoga situazione si ha qualora l’atto sia compiuto dall’ufficiale giudiziario incompetente. Anche in questo caso, la parte che voglia far valere l’incompetenza dell’ufficio adito deve proporre l’opposizione di forma nel termine breve di cui all’art. 617. Di conseguenza, se tale opposizione non venga proposta, è da ritenere che la questione di competenza resti definitivamente preclusa. Ciò mostra come sia inapplicabile l’art. 50, ma anche l’art. 38 (sui modi e i tempi di proposizione dell’eccezione di incompetenza). Un riferimento all’art. 38 è possibile limitatamente al caso in cui l’esecuzione è necessariamente mediata da un previo provvedimento del giudice, ossia limitatamente all’esecuzione per gli obblighi di fare o di non fare. Qui infatti l’art. 612 richiede che il creditore ricorra al giudice perché fissi le modalità dell’esecuzione e che il giudice provveda sentita la parte obbligata. {Qualora, poi, sollevata la questione, il giudice ritenesse di fissare comunque le modalità esecutive, il relativo provvedimento sarebbe opponibile ex art. 617, così come sarebbe opponibile il provvedimento negativo motivato con ragioni di incompetenza.} Queste considerazioni dimostrano come la disciplina di cui agli artt. 38 e 50, nonostante sia inserita tra le disposizioni generali del codice di rito, sia davvero poco generale e poco adattabile il processo esecutivo. C) Criteri per individuare l’ufficio competente: tra le disposizioni generali spiccano quelle che consentono di individuare l’ufficio competente. Va preliminarmente precisato che il problema della competenza per l’esecuzione è diverso da quello del giudice (e non più d’ufficio esecutivo nel suo complesso) competente a risolvere le controversie che possono incidentalmente insorgere in occasione del processo esecutivo. La competenza per l’esecuzione spetta al tribunale (non avendo il giudice di pace competenza al riguardo). Di conseguenza, si pone solo un problema di competenza per territorio. La legge (artt. 26, 26 bis e 28) dispone che si tratta di competenza territoriale inderogabile e che: - per l’esecuzione forzata su beni mobili o immobili è competente il giudice del luogo in cui si trovano i beni (e la regola vale sia per l’espropriazione che per l’esecuzione per consegna o il rilascio); - per l’esecuzione su autoveicoli, motoveicoli e rimorchi è competente il giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede; - per l’espropriazione forzata di crediti è competente il giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede, ma, se il debitore è una pubblica amministrazione, è competente il giudice del luogo dove il terzo debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede; - per l’esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare è competente il giudice del luogo dove l’obbligo deve essere adempiuto. In occasione del processo esecutivo possono sorgere controversie di tipo cognitivo. Si tratta delle opposizioni. Secondo l’art. 617 le opposizioni di forma spettano al giudice dinanzi al quale si svolge l’esecuzione, mentre le opposizioni di merito (ex art. 615 e 619) sono attribuite al giudice del luogo dell’esecuzione competente per valore (art. 17 e 27), salvo comunque il caso delle opposizioni a precetto, cioè quelle (di forma o di merito) proposte prima dell’inizio dell’esecuzione, per le quali è competente il giudice individuato nel precetto come competente per l’esecuzione o, in mancanza, il giudice del luogo in cui il precetto è stato notificato. [Nelle opposizioni distributive l’art. 17 dispone che la competenza è determinata in base al valore del maggiore dei crediti in contestazione. In teoria, pertanto, nulla escluderebbe che la competenza possa spettare al giudice di pace, dinanzi al quale il giudice dell’esecuzione dovrebbe rimettere le parti e queste ultime dovrebbero riassumere il processo. In realtà le cose stanno diversamente poiché l’art. 17 non è stato coordinato con la nuova stesura dell’art. 512. Pertanto oggi le opposizioni distributive sono decise, in prima battuta, dal giudice dell’esecuzione con ordinanza impugnabile delle forme e nei termini di cui all’art. 617. A sua volta questa disposizione fissa la competenza per materia del giudice dell’esecuzione, così rendendo inapplicabile l’art. 17.] IL TITOLO ESECUTIVO ED IL PRECETTO I TITOLI ESECUTIVI ED I REQUISITI DEL CREDITO AZIONATO L’esecuzione deve seguire ad un comando di una pubblica autorità. Questo comando è cristallizzato in un documento, ossia nel titolo esecutivo. Progressivamente si è avvertita l’esigenza e la possibilità di svincolare talora la forza esecutiva da un comando formalmente espresso (ossia espresso in una formula esecutiva). Così, in ipotesi eccezionali e tassative è come se lo Stato deleghi ai privati la possibilità di imprimere ai propri atti il timbro dell’autorità. Infatti in queste ipotesi i titoli possono essere azionati anche senza che sia necessario apporre ad essi la formula esecutiva. Solo il legislatore può individuare che cosa costituisca titolo esecutivo. Si tratta di un elenco tassativo (ma non immodificabile). I titoli esecutivi sono, dunque, assoggettati alla regola della legalità e della tipicità. L’art. 474 (rubr. titolo esecutivo) dispone: 1° co.) L’esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile. {Il diritto deve essere, quindi: a) certo: un diritto è certo quando emerge da un documento elevato dalla legge al rango di titolo esecutivo {qui la legge è alquanto tautologica}. Se emergono situazioni per le quali il diritto dal documento stesso appare contestato oppure determinato come solo verosimile o probabile, l’azione esecutiva, di regola, non è concessa (ciò spiega perché i provvedimenti cautelari non costituiscono titolo esecutivo). b) liquido: un credito è liquido quando abbia ad oggetto una somma di denaro di importo determinato, o facilmente determinabile in base ad elementi contenuti nel titolo stesso o ad elementi altrimenti noti (nonché, secondo la giurisprudenza, in base ad atti e documenti acquisiti al processo in cui si è formato il titolo esecutivo giudiziale). c) esigibile: un credito è esigibile quando non sia soggetto a termine o a condizione sospensiva, ovvero qualora il termine sia scaduto o la condizione si sia realizzata. Di tali circostanze si deve far menzione al momento della notificazione del titolo esecutivo e nel precetto. I requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità si applicano anche all’esecuzione forzata in forma specifica, con i necessari adattamenti: nell’esecuzione per consegna o il rilascio andranno identificati il bene e i soggetti della prestazione (che dovrà essere incondizionata e attuale); nell’esecuzione per obblighi di fare e non fare il titolo dovrà indicare il risultato finale a cui il creditore tende (sempre sul presupposto che il suo diritto sia incondizionato e attuale), ma le modalità pratiche dell’esecuzione saranno determinate dal giudice su ricorso dell’avente diritto. La giurisprudenza sembra aver aggiunto un quarto requisito, consistente nel valore non oggettivamente minimo del credito. In questo modo ha introdotto una verifica dell’interesse all’azione esecutiva, che è tradizionalmente assorbita da quella del possesso del titolo.} 2° co.) Sono titoli esecutivi: 1) le sentenze, i provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva; 2) le scritture private autenticate, relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in esse contenute, le cambiali, nonché gli altri titoli di credito ai quali la legge attribuisce espressamente la stessa efficacia; 3) gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli. 3° co.) L’esecuzione forzata per consegna o rilascio non può aver luogo che in virtù dei titoli esecutivi di cui ai nn. 1 e 3 del 2° co. Il precetto deve contenere trascrizione integrale, ai sensi dell’art. 480, 2° co., delle scritture private autenticate di cui al n. 2 del 2° co. Lo Stato assicura tutela a chi è o risulta essere formalmente creditore. Ciò induce il legislatore ad apprestare una tutela esecutiva soltanto per salvaguardare crediti già sorti e cristallizzati nel titolo esecutivo. Può tuttavia accadere che i crediti nascano con il trascorrere del tempo (c.d. crediti futuri): un esempio è offerto dalla condanna a non impedire l’esercizio di una servitù. In questi casi il titolo esecutivo può solo ingiungere al debitore di astenersi da comportamenti inadempienti, ma l’esecuzione forzata finirà inevitabilmente col riguardare le pretese che nascono da inadempimenti già consumati. Ove si voglia prescindere dalla sanzione penale, l’unico modo per combattere le pratiche elusive e quello della coercizione indiretta. L’art. 614 bis, pur costituendo un’importante innovazione legislativa (l. 69/2009), tuttavia non copre tutta l’area delle situazioni possibili: per implicito non riguarda i crediti di denaro; esplicitamente non riguarda le controversie di lavoro. La tecnica adoperata dal legislatore fa leva molto sull’effetto dissuasivo della minaccia di sanzioni pecuniarie collegate ad ogni inadempimento o ritardo nell’adempimento. Qualora, poi, il debitore non si lasci intimorire dalla sanzione, si avranno inadempimenti che renderanno attuale la condanna in futuro da utilizzare come titolo esecutivo per l’espropriazione forzata in relazione a crediti ormai divenuti esigibili. LA SPEDIZIONE IN FORMA ESECUTIVA sia stata dichiarata, così che il processo sia proseguito tra le parti originarie. Ne deriva che il titolo esecutivo potrà legittimare l’esecuzione forzata direttamente contro gli eredi. Se la successione si è verificata dopo la formazione del titolo, la situazione in cui si succede comprende anche la possibilità di subire l’esecuzione o, dal lato attivo, di agire esecutivamente. (Quanto alle sentenze, ciò si può argomentare dall’art. 2909 c.c.) Poiché l’art. 475, 2° co. è costruito con riferimento alle parti formali, il successore che vuole agire esecutivamente è legittimato a far valere la posizione del dante causa e chiederà, pertanto, il rilascio del titolo in forma esecutiva nella sua qualità di successore. Ma non sarà l’unico legittimato all’azione esecutiva. Infatti, nel caso di successione a titolo particolare, l’alienante, parte originaria, potrà azionare il titolo, salvo (in caso di esecuzione per consegna o rilascio) l’obbligo di trasferire all’acquirente il bene alienato e poi recuperato attraverso l’esecuzione. Infatti in questi casi la successione non priva la parte originaria della legittimazione ad agire anche esecutivamente, a meno che del fenomeno successorio non si sia dato atto nella decisione. La non coincidenza tra il soggetto indicato nel titolo come creditore e il soggetto che materialmente richiede a nome proprio la spedizione in forma esecutiva pone un problema di accertamento della vicenda successoria. Dagli artt. 475 e 476 si ricava che i soggetti abilitati al rilascio del titolo in forma esecutiva sono il cancelliere, il notaio o altro pubblico ufficiale. In particolare il cancelliere è abilitato a rilasciare la copia in forma esecutiva delle sentenze e dei provvedimenti del giudice. Il cancelliere, oltre a valutare se la copia gli è stata rilasciata da un soggetto legittimato (ex art 475), deve anche accertarsi che il titolo sia formalmente perfetto. Il codice, quindi, non prevede una fase giudiziale preventiva per accertare se sussistono tutti i presupposti per il rilascio della copia in forma esecutiva, ma si affida al controllo del cancelliere. È assente una disposizione espressa nel caso in cui il cancelliere rifiuti il rilascio (si tratta, qui, nel caso della mancata spedizione in forma esecutiva e non del mancato rilascio di una semplice copia). In via interpretativa si può affermare che se c’è stato il rilascio l’interessato (di regola l’esecutato) dovrà far valere il relativo vizio con l’opposizione forma, salva la responsabilità del cancelliere e la sua sanzionabilità. Se il rilascio è stato rifiutato l’interessato (di regola il creditore) deve avere diritto a farsi formalizzare per iscritto il rifiuto, contro il quale potrà reclamare al capo dell’ufficio giudiziario. Quest’ultimo provvederà con decreto. Tutto ciò riguarda il controllo meramente estrinseco e formale. Se, poi, nel caso di successione nel credito, il debitore avesse da opporre circostanze tali da paralizzare la pretesa del successore, dovrà farlo utilizzando lo strumento delle opposizioni di merito. Analogamente dovrà fare se contesti la propria qualità di erede (accettante). IL PRECETTO. NOTIFICAZIONE DE TITOLO ESECUTIVO E PRECETTO L’art. 480 (rubr.: forma del precetto) dispone: 1° co.) Il precetto consiste nell’intimazione di adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo entro un termine non minore di 10 giorni, salva l’autorizzazione di cui all'articolo 482, con l’avvertimento che, in mancanza, si procederà a esecuzione forzata. {L’art. 482, richiamato dall’art. 480 prevede che il presidente del tribunale competente per l’esecuzione o un giudice da lui delegato, se vi è pericolo nel ritardo, può autorizzare l’esecuzione immediata, con cauzione o senza.} 2° co.) Il precetto deve contenere a pena di nullità l’indicazione delle parti (del futuro processo esecutivo, ossia dei soggetti nei confronti dei quali si svolgerà il processo, sebbene diversi dalle parti indicate nel titolo esecutivo), della data di notificazione del titolo esecutivo, se questa è fatta separatamente, o la trascrizione integrale del titolo stesso, quando è richiesta dalla legge. {Questa trascrizione integrale è prevista dalla legge per le cambiali, per l’assegno e per le scritture private autenticate}. Il precetto deve altresì contenere {ma non a pena di nullità} l’avvertimento che il debitore può, con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice, porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore. 3° co.) Il precetto deve inoltre contenere {non a pena di nullità} la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio della parte istante nel comune in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione. In mancanza le opposizioni al precetto si propongono davanti al giudice del luogo in cui è stato notificato, e le notificazioni alla parte istante si fanno presso la cancelleria del giudice stesso. 4° co.) Il precetto deve essere sottoscritto a norma dell’art. 125 e notificato alla parte personalmente a norma degli artt. 137 e ss. Il precetto, nell’esecuzione per consegna o rilascio, deve contenere la descrizione sommaria dei beni oggetto dell’esecuzione, mentre, nell’espropriazione contro il terzo proprietario, l’espressa menzione del bene del terzo che si intende espropriare. Non è chiaro se il precetto abbia natura di atto processuale o stragiudiziale. Il dato positivo chiarisce solo che il precetto non è l’atto iniziale del processo esecutivo. Ciò non vuol dire che il precetto sia un semplice atto negoziale o stragiudiziale. In realtà esso serve a preparare e a rendere possibile l’esecuzione. A ben vedere, a proposito della tutela esecutiva, si potrebbe anche parlare di una sorta di giurisdizione condizionata, la cui giustificazione risiede nel fatto che, facendo lo Stato ricorso alla coazione per realizzare le pretese dei privati solo come extrema ratio, con il precetto si vuole offrire al debitore un’ultima possibilità di adempiere spontaneamente. Ciò non comporta che il precetto sia estraneo al processo. In realtà, proprio per la sua funzione di passaggio dalla richiesta di adempimento spontaneo alla coazione per ottenere l’adempimento, esso costituisce una sorta di ponte fra diritto sostanziale e processo, cosi che, da un lato produce effetti sostanziali, e, dall’altro, produce effetti processuali. Tanto è vero che il precetto perde efficacia se l’azione esecutiva non è iniziata nei 90 giorni dalla notificazione (ex art. 481), perché una minaccia di attività esecutiva non può ragionevolmente protrarsi eccessivamente nel tempo. Proprio perché è atto a rilevanza processuale, si spiega, poi, che può essere oggetto di opposizione di forma o di merito; e ciò in quanto l’atto, pur producendo l’effetto processuale di rendere possibile l’esecuzione, comunque impinge nel rapporto debitorio, che l’esecutando può immediatamente contestare. La legge, infatti, prevede (art. 480, 4° co.) che il precetto deve essere sottoscritto a norma dell’art. 125 e notificato alla parte personalmente a norma degli artt. 137 e ss. (così trattandolo, sotto il profilo formale, alla stregua di un atto processuale). Considerando la rilevanza stragiudiziale del precetto e che esso non è equiparabile ad una domanda giudiziale, va escluso che all’atto di precetto possano ricollegarsi gli effetti interruttivo- sospensivi della prescrizione, che la legge fa risalire alla proposizione di domanda giudiziale. Ciò, tuttavia, non significa che il precetto non incida sulla prescrizione. Anzi, il precetto produce il solo effetto interruttivo della prescrizione. Il che significa che con la notificazione dell’atto di precetto inizierà a decorrere un nuovo termine prescrizionale e soltanto con l’inizio del processo esecutivo si produrrà un nuovo effetto interruttivo, al quale si aggiungerà l’effetto sospensivo. TERMINE AD ADEMPIERE E PAGAMENTO NELLE MANI DELL’UFFICIALE GIUDIZIARIO L’adempimento dell’obbligo risultante dal titolo esecutivo deve essere effettuato nel termine indicato nel precetto, che comunque non può essere inferiore a 10 giorni. L’art. 482, tuttavia, prevede che il presidente del tribunale competente per l’esecuzione o un giudice da lui delegato, se vi è pericolo nel ritardo, può autorizzare l’esecuzione immediata, con cauzione o senza. L’autorizzazione è data con decreto scritto in calce al precetto e trascritto a cura dell’ufficiale giudiziario nella copia da notificarsi. La parte che riceve la notificazione del precetto: A) può adempiere spontaneamente: e in tal caso il processo di esecuzione non avrà luogo; oppure, in alternativa… B) può opporsi al precetto proponendo opposizione di forma o di merito: qualora proponga opposizione introduce un giudizio di cognizione che sospende il termine di efficacia del precetto (ex art. 481), il quale riprenderà a decorrere, per la parte residua, dal passaggio in giudicato della sentenza di primo grado o dalla comunicazione della sentenza di appello che rigetta l’opposizione (ex art. 627). Nel processo di espropriazione forzata, inoltre, il debitore ha un’ultima occasione per evitare, con il pignoramento, l’inizio del processo: si tratta del pagamento nelle mani dell’ufficiale giudiziario ex art. 494, 1° e 2° co.: 1° co.) Il debitore può evitare il pignoramento versando nelle mani dell’ufficiale giudiziario la somma per cui si procede e l’importo delle spese, con l’incarico di consegnarli al creditore. 2° co.) All’atto del versamento si può fare riserva di ripetere la somma versata. L’istituto rappresenta l’ennesima dimostrazione del fatto che il legislatore, considerando il processo di esecuzione come extrema ratio, tende a favorire l’adempimento spontaneo del debitore, sia pure sotto minaccia di atti esecutivi. Le disp. att. cpc. stabiliscono che l’ufficiale giudiziario, in questo caso, deve: - redigere processo verbale del versamento eseguito dal debitore (= versamento relativo alle somme che devono essere consegnate al creditore); - inserire nel verbale l’eventuale riserva di ripetizione della somma versata; - depositare il verbale in cancelleria insieme alla prova del versamento al creditore della somma consegnatagli dal debitore; Del processo verbale si prende nota nel ruolo generale delle esecuzioni. Il cancelliere provvede alla registrazione del processo verbale. È possibile da ciò dedurre che: a) l’ufficiale giudiziario è autorizzato ex lege a ricevere il denaro; b) l’ufficiale giudiziario assume ex lege l’obbligo di consegnare il denaro al creditore; c) nonostante il pagamento avvenga per evitare il processo esecutivo e prima del suo inizio (“per evitare il pignoramento”), tuttavia si è in presenza di attività esecutiva (tanto è vero che il processo verbale deve essere depositato in cancelleria e di esso si prende nota nel ruolo generale delle esecuzioni). L’istituto di cui al 1° co. e 2° dell’art. 494 (pagamento nelle mani dell’ufficiale giudiziario) va tenuto ben distinto da quello disciplinato al 3° co. dello stesso articolo (sostituzione di denaro in luogo delle cose pignorate), dal momento che nel primo caso il pignoramento non è ancora iniziato {anzi il pagamento è effettuato proprio al fine di evitare l’inizio del pignoramento} e nel secondo caso si presuppone l’inizio del pignoramento. IL PIGNORAMENTO FORME E TIPI DI PIGNORAMENTO 1) PIGNORAMENTO 5) ESPROPRIAZIONE MOBILIARE CONTRO IL TERZO 1° co.) L’ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto, può ricercare le cose da pignorare nella casa del debitore e negli altri luoghi a lui appartenenti. Può anche ricercarle sulla persona del debitore, osservando le opportune cautele per rispettarne il decoro. 2° co.) Quando è necessario l’ufficiale giudiziario può richiedere l’assistenza della forza pubblica. 3° co.) Il presidente del tribunale o un giudice da lui delegato, su ricorso del creditore, può autorizzare con decreto l’ufficiale giudiziario a pignorare cose determinate che non si trovano in luoghi appartenenti al debitore, ma delle quali egli può direttamente disporre. 4° co.) In ogni caso l'ufficiale giudiziario può sottoporre a pignoramento le cose del debitore che il terzo possessore consente di esibirgli. La casa del debitore e gli altri luoghi a lui appartenenti non sono presi in considerazione dal codice di rito dal punto di vista strettamente giuridico. Non si richiede che il debitore vanti il diritto di proprietà o altro diritto sulla casa (o sui luoghi), ma piuttosto si richiede un rapporto fattuale: si richiede che il debitore vi viva abitualmente o che vi eserciti la propria attività ecc. Nel caso in cui più persone si trovino in questo nesso fattuale con la casa o con gli altri luoghi, l’ufficiale giudiziario può procedere a più pignoramenti in danno delle plurime persone. Il codice di rito instaura una presunzione di appartenenza basata sul luogo. Tuttavia l’esecutato può proporre opposizione di forma, contestando che il luogo in cui è avvenuto il pignoramento non è a lui appartenente (o che non si tratta della sua casa): egli, in questo modo, starà contestando la regolarità dell’atto esecutivo. Potrebbe, in alternativa, pur non contestando che il pignoramento sia avvenuto nella sua casa, obiettare che la cosa più ignorata non è sua, mediante opposizione di merito. Analogamente, il terzo (che se del caso vive insieme al debitore) potrebbe contestare che il debitore ha nel luogo del pignoramento una residenza o una dimora abituale, così come potrebbe dedurre che le cose pignorate sono sue. Il terzo è legittimato, se non vi provvede il debitore, a proporre (nel primo caso) opposizione di forma e, nel secondo caso, opposizione di terzo. Una volta individuati i beni da pignorare (e quindi, una volta conclusa la fase della individuazione), l’ufficiale procede all’ingiunzione per imprimere il vincolo di destinazione. Deve ritenersi che spetti all’ufficiale giudiziario (perché il creditore non ne ha l’occasione) di invitare il debitore ad eleggere domicilio e di informarlo sulla possibilità di conversione del pignoramento. B) Scelta delle cose da pignorare e “offerta di denaro in sostituzione”: l’art. 517 (rubr.: scelta delle cose da pignorare) dispone: 1° co.) Il pignoramento deve essere eseguito sulle cose che l’ufficiale giudiziario ritiene di più facile e pronta liquidazione, nel limite di un presumibile valore di realizzo pari all’importo del credito precettato aumentato della metà. 2° co.) In ogni caso l’ufficiale giudiziario deve preferire il denaro contante, gli oggetti preziosi e i titoli di credito e ogni altro bene che appaia di sicura realizzazione. L’art. 494, 3° co. prevede che il debitore, una volta iniziato il pignoramento, può evitare che specifiche e determinate cose siano pignorate, depositando nelle mani dell’ufficiale giudiziario, in luogo di esse, come oggetto di pignoramento, una somma di denaro pari all’importo del credito o dei crediti per cui si procede e delle spese, aumentato di due decimi. Questo istituto va distinto da quello disciplinato ai primi due commi dello stesso articolo, in quanto qui si presuppone iniziato il pignoramento. La ragione per la quale il debitore sceglie di farsi pignorare del denaro in luogo di determinati beni è che, evidentemente, egli ha intenzione di proporre opposizione all’esecuzione. Per impedire l’esecuzione, invece, avrebbe dovuto avvalersi della facoltà di cui ai primi due commi dell’art. 494. L’ufficiale giudiziario, infine, documenta le sue attività in un processo verbale, nel quale descrive i beni pignorati, determinandone approssimativamente il valore. Se il debitore è presente, riceve l’ingiunzione formale ex art. 492; altrimenti essa è rivolta alle persone di famiglia, o a quelle addette alla casa, all’ufficio o all’azienda; in mancanza anche di tali soggetti, l’ufficiale lascia un avviso dell’ingiunzione e del compiuto pignoramento sulla porta dell’immobile. C) Custodia delle cose pignorate: il denaro, i beni preziosi e i titoli di credito sono custoditi dal cancelliere; le altre cose sono portate in un pubblico deposito o affidate a un custode. Anche il creditore o il debitore (o i familiari) può essere nominato custode, ma solo con il consenso, rispettivamente, del debitore o del creditore procedente. Il custode è tenuto alla conservazione dei beni secondo la diligenza del buon padre di famiglia, non può utilizzarli senza l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione ed è tenuto al rendiconto. Inoltre, dopo il deposito dell’istanza di vendita il custode viene sostituito con l’istituto autorizzato. La violazione colposa dei doveri relativi alla custodia dei beni pignorati è sanzionata penalmente. D) Insufficienza dei beni: l’art. 492 (4° co.) prevede che quando per la soddisfazione del creditore procedente i beni assoggettati a pignoramento appaiono insufficienti ovvero per essi appare manifesta la lunga durata della liquidazione l’ufficiale giudiziario invita il debitore ad indicare ulteriori beni utilmente pignorabili, i luoghi in cui si trovano ovvero le generalità dei terzi debitori, avvertendolo della sanzione penale prevista per l’omessa o falsa dichiarazione. La valutazione circa la sufficienza dei beni assoggettati a pignoramento va fatta in relazione alla somma precettata, aumentata fino alla metà (come si desume dall’art. 517). Della dichiarazione del debitore è redatto processo verbale, recante la sottoscrizione del debitore. Se il debitore indica ulteriori beni mobili, questi vengono immediatamente assoggettati (= attratti) al pignoramento in corso, tramite la descrizione nel verbale che l’ufficiale va redigendo. Se i beni si trovano altrove l’ufficiale giudiziario accederà sul posto in un momento successivo per poter dare le disposizioni in ordine alla custodia. Se i beni si trovano in un luogo che è fuori dalla competenza dell’ufficiale giudiziario, l’ufficiale trasmette copia del verbale all’ufficiale giudiziario territorialmente competente (c.d. deroga alla competenza territoriale per ragioni di attrazione). Qualora siano indicati crediti beni mobili che sono in possesso di un terzo, il pignoramento si considera perfezionato nei confronti del debitore esecutato dal momento della dichiarazione e il debitore è costituito custode, ed è anche penalmente responsabile del fatto che il terzo non può più pagare o restituire a lui il bene. Il pignoramento vero e proprio seguirà in un momento successivo e nelle forme di cui all’art. 543. (ex art. 492, 5° co.) {La dichiarazione del debitore e la redazione del verbale potranno, quindi, produrre un effetto meramente preliminare rispetto alla creazione del vincolo di destinazione (c.d. funzione in senso lato cautelare del pignoramento)}. Se il debitore indica l’esistenza di beni immobili, spetta al creditore assumere l’iniziativa per un nuovo pignoramento immobiliare. E) Insufficienza sopravvenuta dei beni pignorati: l’art. 492 (6° co.) prevede che, qualora, a seguito di intervento di altri creditori, il compendio ignorato sia divenuto insufficiente, il creditore procedente {e non più pignorante} può richiedere all’ufficiale giudiziario di recarsi dal debitore per compiere le attività esplorative previste dalla norma (di cui ai commi procedenti), all’esito delle quali il creditore procedente potrà notificare agli altri creditori intervenuti l’invito ad estendere il pignoramento, se muniti di titolo esecutivo, o ad anticipare le spese perché egli proceda all’estensione ai sensi dell’art. 499, 4° co., con la conseguenza che qualora i creditori non seguano l’invito (entro 30 giorni) il creditore procedente avrà diritto di essere loro preferito in sede di distribuzione. La norma prende in considerazione l’ipotesi in cui nell’espropriazione siano intervenuti ulteriori creditori, così che i beni pignorati siano divenuti insufficienti a soddisfare tutti. In questo caso è da ritenere che il pignoramento si sia già perfezionato, in quanto, prima dell’inizio dell’espropriazione (e quindi prima della conclusione delle operazioni di pignoramento) non è possibile un intervento, potendosi solo pensare ad un’unione (= o coincidenza) di più pignoramenti (regolata dall’art. 523, il quale prevede che “l’ufficiale giudiziario, che trova un pignoramento già iniziato da altro ufficiale giudiziario, continua le operazioni insieme con lui. Essi redigono unico processo verbale”). L’art. 492 è una norma che riguarda il pignoramento in genere e, in quanto norma di carattere generale, dovrebbe applicarsi a qualsiasi pignoramento. La norma in questione disciplina una possibile fase esplorativa, affidata all’ufficiale giudiziario e tesa a far emergere ulteriori beni da vincolare, quando quelli pignorati appaiano insufficienti ovvero per essi appare manifesta la lunga durata della liquidazione. È da chiedersi se questa esplorazione vada fatta in occasione di qualsiasi pignoramento. Affermare che la disposizione si applica a tutti i pignoramenti comporta che l’ufficiale giudiziario debba svolgere le attività esplorative anche quando procede alla notificazione dell’atto con cui il creditore ha individuato in beni da pignorare e alla relativa ingiunzione. Se, perciò, in astratto non si può escludere che l’art. 492 abbia onerato l’ufficiale giudiziario di compiti di ricerca anche nel caso del pignoramento immobiliare o presso terzi, sembra che in concreto l’ipotesi si possa realizzare nel corso del pignoramento mobiliare, cioè quando l’ufficiale giudiziario ha il compito di individuare i beni. Questa conclusione emerge soprattutto in quanto il 5° co. dell’art. 492 è difficilmente collocabile fuori dalle operazioni di pignoramento mobiliare. IL PIGNORAMENTO PRESSO TERZI A) Oggetto del pignoramento presso terzi: il pignoramento presso terzi si ha qualora il creditore sappia che il debitore vanta crediti nei confronti di terzi ovvero che il terzo è in possesso di beni mobili del debitore (che il terzo possessore non esibisce ex art. 513, 4° co.). In questo caso il pignoramento è più complesso in quanto: a) il creditore deve individuare i crediti o le cose da pignorare; b) l’ufficiale giudiziario deve vincolare i beni (mediante l’ingiunzione) ma deve anche avvertire il terzo del vincolo; c) si deve accertare che i crediti o i beni siano effettivamente esistenti. Fin quando non si sia accertata l’effettiva esistenza dei crediti e dei beni, il vincolo da pignoramento è anticipato, producendosi un effetto preliminare in cui emerge un aspetto prevalentemente cautelare, destinato a consolidarsi e a diventare definitivo solo dopo l’accertamento. B) L’atto di pignoramento; l’ingiunzione e l’intimazione: l’art. 543 (rubr.: forma del pignoramento) dispone: 1° co.) Il pignoramento di crediti del debitore verso terzi o di cose del debitore che sono in possesso di terzi, si esegue mediante atto notificato al terzo e al debitore a norma degli artt. 137 e ss. 2° co.) L’atto deve contenere, oltre all’ingiunzione al debitore di cui all’art. 492: 1) l’indicazione del credito per il quale si procede, del titolo esecutivo e del precetto; 2) l’indicazione, almeno generica, delle cose o delle somme dovute e l’intimazione al terzo di non disporne senza ordine di giudice; 3) la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale competente nonché l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata del creditore procedente; 4) la citazione del debitore a comparire davanti al giudice competente, con l’invito al terzo a comunicare la dichiarazione (con la quale il terzo indica i debiti verso il debitore o i beni del debitore in suo possesso; e specifica i sequestri eventualmente eseguiti presso di lui [= presso il terzo] e le eventuali cessioni che gli sono state notificate o che ha accettato) al creditore IL PIGNORAMENTO IMMOBILIARE A) Il contenuto-forma dell’atto: l’art. 555 dispone: 1°co.) Il pignoramento immobiliare si esegue mediante notificazione al debitore e successiva trascrizione di un atto nel quale gli si indicano esattamente i beni e i diritti immobiliari che si intendono sottoporre a esecuzione, e gli si fa l’ingiunzione prevista nell’art. 492. {L’atto deve essere sottoscritto dal creditore, il quale è responsabile per l’individuazione del bene. L’ingiunzione, ovviamente, sarà fatta dall’ufficiale giudiziario, in quanto è atto autoritativo di spettanza dello Stato (quindi… del pubblico ufficiale)}. 2°co.) Immediatamente dopo la notificazione l’ufficiale giudiziario provvede alla trascrizione del pignoramento nei pubblici registri. {E ciò perché, se nell’esecuzione immobiliare e in quella presso terzi per garantire il rispetto del vincolo può essere sufficiente la custodia, nell’espropriazione immobiliare si hanno a disposizione altri strumenti a tal fine: ossia la la trascrizione. Questa deve essere eseguita “immediatamente dopo la notificazione”, proprio per evitare il rischio di atti di disposizione nel periodo intercorrente tra l’ingiunzione e la trascrizione stessa.} 3°co.) Le attività finalizzate alla trascrizione possono essere compiute anche dal creditore pignorante, al quale l’ufficiale giudiziario, su richiesta, deve rilasciare copia degli atti da consegnare al conservatore dei registri immobiliari. B) Il momento in cui si perfeziona il pignoramento: nel pignoramento immobiliare si possono individuare due momenti: quello dell’ingiunzione e quello della trascrizione. Il pignoramento si perfeziona con l’ingiunzione. La trascrizione non vale a perfezionare il pignoramento, ma integra solamente l’efficacia. Questa soluzione si ricava già dall’art. 492, secondo il quale il pignoramento consiste in un’ingiunzione. Ciò significa che è da questo momento che al debitore esecutato è fatto divieto di disporre dei beni pignorati, essendo essi già vincolati all’esecuzione, con la conseguenza che, se contravviene al divieto, incorre in responsabilità penale. Peraltro, è sempre da questo momento che decorre il termine di 45 giorni per la presentazione dell’istanza per l’assegnazione o la vendita. La soluzione per la quale con l’ingiunzione si perfeziona il pignoramento (e non con la trascrizione) non viene meno con l’obiezione che l’opponibilità del vincolo ai terzi si ha solo con la trascrizione: ciò in quanto l’efficacia del vincolo per il debitore e all’interno del processo (che si realizza contestualmente all’ingiunzione) è problema diverso dall’estensione del vincolo ai terzi (che si ha con la trascrizione). La soluzione neppure viene meno sulla base dell’obiezione che non è possibile chiedere la vendita o l’assegnazione se il pignoramento non è stato trascritto: a ben vedere, qui, non è corretto mettere in relazione due situazioni, che giocano su piani diversi. Infatti altro è l’onere di tempestiva istanza di vendita; altra è la possibilità di effettiva vendita. In altre parole, nulla esclude che l’istanza debba essere proposta, anche se il giudice non possa procedere utilmente alla vendita. Nemmeno la norma per la quale è successivo il pignoramento trascritto per secondo vale a far venir meno il principio per il quale il pignoramento si perfeziona con l’ingiunzione. Tale norma, infatti, vale solo a regolare la situazione in cui più creditori pignorano lo stesso immobile. I plurimi creditori, infatti, sono tra di loro “terzi”, cosicché il conflitto dovrà essere necessariamente risolto secondo il principio generale della anteriorità della trascrizione. Infine, quando anche si voglia affermare che, perché il pignoramento perda efficacia, è necessaria l’annotazione accanto alla trascrizione del pignoramento stesso, va sempre osservato che tale pignoramento è già divenuto per suo conto inefficace e che l’annotazione vale solo a darne notizia ai terzi. C) la custodia del bene pignorato è di regola affidata al debitore. Essa riguarda anche gli accessori (ex art. 559). Il creditore procedente, così come ognuno dei creditori intervenuti, può chiedere al giudice dell’esecuzione di nominare come custode dell’immobile una persona diversa dal debitore e il giudice provvede, sentito il debitore. Si è previsto, però, che quando l’immobile non è occupato dal debitore, giudice deve nominare custode una persona diversa. Se l’immobile è occupato da terze persone, che abbiano un legittimo titolo per detenerle (come un contratto di locazione), la nomina del custode non priva questi terzi della detenzione, ma vale solo a legittimare il custode a sostituirsi al proprietario nell’amministrazione del bene (ad esempio, riscuotendo le rendite). Il custode provvede, previa autorizzazione del giudice dell’esecuzione, all’amministrazione e alla gestione dell’immobile (anche per consentirne l’esame agli interessati all’acquisto, evitando che entrino in contatto tra loro), con conseguente anticipazione dei relativi costi, ove non coperti da eventuali rendite. Qualora il custode non intenda anticipare i costi delle attività autorizzate dal giudice dell’esecuzione, dovrà dimettersi e sarà sostituito con altro custode disposto ad anticipare tali costi (che certamente non potranno essere posti a carico del creditore, non trattandosi di spese per atti necessari al processo). D) Il rilascio da parte del detentore: quando il debitore resta nella detenzione del bene e per evitare che dopo la vendita sorgano problemi di rilascio, si è previsto che il giudice, se custode dei beni pignorati è il debitore e salvo che per la particolare natura degli stessi ritenga che la sostituzione non abbia utilità, dispone, al momento in cui pronuncia l’ordinanza con cui è autorizzata la vendita o disposta la delega delle relative operazioni, che custode dei beni medesimi sia la persona incaricata delle dette operazioni o un istituto autorizzato e, qualora tale istituto non sia disponibile o debba essere sostituito, è nominato custode altro soggetto. Tali provvedimenti sono pronunciati con ordinanza non impugnabile. Qualora si verifichino difficoltà per ottenere il rilascio dei beni da parte del debitore (come pure di qualunque terzo non munito di titolo opponibile alla procedura) occupante l’immobile, il giudice dispone la liberazione dell’immobile stesso con provvedimento (impugnabile ai sensi dell’art. 617) che è attuato dal custode secondo le disposizioni del giudice dell’esecuzione immobiliare, senza l’osservanza delle formalità di cui agli artt. 605 e ss., anche successivamente alla pronuncia del decreto di trasferimento nell’interesse dell’aggiudicatario o dell’assegnatario se questi non lo esentano. Il che potrebbe significare che l’ordinanza è titolo esecutivo a favore dell’aggiudicatario o dell’assegnatario, i quali possono procedere all’esecuzione nelle forme ordinarie, salvo che preferiscano che il custode agisca in loro vece e in qualità di sostituto, avvalendosi di modalità endoesecutive semplificate, sulla base dell’art. 669 duodecies per l’attuazione delle misure cautelari. La legge dispone che il giudice detti le modalità idonee a consentire che gli interessati all’acquisto possano esaminare i beni in vendita. Si prevede, infine, che il custode, previa autorizzazione del giudice, amministri l’immobile pignorato ed eserciti le azioni occorrenti per conseguirne la disponibilità. E) Il pignoramento immobiliare successivo: quando, al momento della trascrizione, il conservatore dei registri immobiliari ravvisa che sullo stesso bene è già stato eseguito un pignoramento, ne fa menzione nella nota di trascrizione del secondo pignoramento, il quale avrà gli effetti di un intervento tempestivo o tardivo a seconda che esso risulti compiuto prima o dopo l’udienza per l’autorizzazione della vendita. Tale norma integra il 2° co. dell’art. 493, per il quale, il bene sul quale è stato compiuto pignoramento può essere pignorato successivamente su istanza di uno o più creditori. L’art. 493, 2° co. è infatti disposizione generale riguardante il “pignoramento successivo”, mentre la norma in questione ha funzione di integrazione, dettando le modalità specifiche per l’espropriazione immobiliare. L’ESPROPRIAZIONE DEI BENI INDIVISI A) Oggetto del pignoramento; forma; avviso ai contitolari: L’art. 599 dispone: 1° co.) Possono essere pignorati i beni indivisi anche quando non tutti i comproprietari sono obbligati verso il creditore. {Il bene che si pignora è il regime di comproprietà o comunione. Deve trattarsi di beni determinati. Il pignoramento si svolgerà nelle forme normalmente previste in relazione alla natura del bene pignorato (immobile, mobile, credito).} 2° co.) In tal caso del pignoramento è notificato avviso, a cura del creditore pignorante, anche agli altri comproprietari, ai quali è fatto divieto di lasciare separare dal debitore la sua parte delle cose comuni senza ordine di giudice. {L’avviso deve essere sottoscritto dal creditore pignorante e deve indicare: il creditore pignorante stesso, il bene pignorato, la data dell’atto di pignoramento e della trascrizione di esso. L’avviso si pone fuori dalla struttura dell’atto di pignoramento, il quale si perfeziona già al momento dell’ingiunzione. Pertanto l’avviso riguarderà un bene già pignorato, e servirà solo ad integrare l’efficacia del pignoramento, in quanto solo con l’avviso sorge l’obbligo dei comproprietari di non lasciare separare dal debitore la sua parte delle cose comuni senza ordine del giudice. Da ciò la giurisprudenza ha dedotto che, nel caso in cui non sia notificato l’avviso, il pignoramento è pur sempre valido, ma i comproprietari potranno far separare (convenzionalmente o giudizialmente) la quota pignorata, senza la necessità di una previa autorizzazione del giudice dell’esecuzione. B) Separazione in natura; divisione; vendita: l’art. 600 (rubr. convocazione dei comproprietari) dispone: 1° co.) Il giudice dell’esecuzione, su istanza del creditore pignorante o dei comproprietari e sentiti tutti gli interessati, provvede, quando è possibile, alla separazione della quota in natura spettante al debitore. 2° co.) Se la separazione in natura non è chiesta o non è possibile, il giudice dispone che si proceda alla divisione a norma del codice civile, salvo che ritenga probabile la vendita della quota indivisa ad un prezzo pari o superiore al valore della stessa, determinato a norma dell’art. 568 {rubr. determinazione del valore dell’immobile}. L’art. 601 (rubr.: divisione) dispone: 1° co.) Se si deve procedere alla divisione, l’esecuzione è sospesa finchè sulla divisione stessa non sia intervenuto un accordo fra le parti o pronunciata una sentenza avente i requisiti di cui all’art. 627. [2° co.) Avvenuta la divisione, la vendita o l’assegnazione dei beni attribuiti al debitore ha luogo secondo le norme contenute nei capi precedenti.] Nelle disp. att. cpc. Si ritrovano alcune regole relative al giudizio divisorio: a) sembra che il giudice competente sia sempre il giudice dell’esecuzione; b) il processo segue le forme di un ordinario processo di cognizione; c) tutti gli interessati sono parti necessarie; d) sembra che, con il termine “interessati”, il legislatore intenda riferirsi al debitore, al creditore, e agli altri comproprietari o aventi diritti sul bene pignorato; e) nel disporre che si proceda alla divisione (non essendo necessario un atto introduttivo ad hoc), il giudice fissa l’udienza per la comparizione delle parti, onerando la parte diligente a notificare l’ordinanza agli interessati non presenti all’udienza di cui all’art. 600. L’ESPROPRIAZIONE CONTRO IL TERZO PROPRIETARIO all’espropriazione mobiliare, all’espropriazione presso terzi, e a quella immobiliare. Tutte e tre le disposizioni individuano le modalità attuative che rendono possibile la trattazione unitaria. Nell’espropriazione mobiliare l’ufficiale giudiziario (recandosi nella casa del debitore o negli altri luoghi a lui appartenenti), qualora venga a conoscenza che i beni sono già stati pignorati, né dà atto nel processo verbale, che sarà poi depositato in cancelleria per essere inserito nel fascicolo formato in base al primo pignoramento. Analoga disposizione è prevista per il caso di espropriazione presso terzi (ma qui il terzo deve indicare i pignoramenti che sono stati eseguiti presso di lui; obbligo che non è previsto nel caso di espropriazione mobiliare). Peraltro, in questo caso, se già c’è stata la dichiarazione del terzo, è inutile ripeterla. Nell’espropriazione immobiliare, l’obbligo di riscontrare l’esistenza di precedenti pignoramenti spetta al conservatore dei registri immobiliari, che ne fa menzione nella nota che restituisce. Spetterà, poi, al creditore depositare la nota in cancelleria, affinché sia inserita nel fascicolo formato in base al primo pignoramento. Gli artt. 524, 550 e 561 stabiliscono, poi, gli effetti della provocata riunione. Fermo restando che il pignoramento successivo ha effetto indipendente, la legge prevede che il creditore successivamente pignorante, una volta che il suo atto sia confluito nel primo processo, si trova nella posizione dell’interveniente: quindi ha diritto a partecipare alla distribuzione. Tuttavia gli artt. 524, 550 e 561 considerano che l’intervento del creditore chirografario dà diritto a partecipare paritariamente alla distribuzione solo se tempestivo: ed è tempestivo l’intervento che sia avvenuto non oltre la prima udienza fissata per l’autorizzazione della vendita o per l’assegnazione. Qualora il pignoramento successivo avvenga dopo tale udienza, esso avrà l’effetto di un intervento tardivo e il creditore potrà soddisfarsi soltanto sull’eventuale residuo. Può avvenire che sia il creditore procedente ad assumere l’iniziativa perché la massa dei beni pignorati sia adeguata alle esigenze accresciute per effetto degli interventi. La legge, infatti, prevede la possibilità di estensione del pignoramento: il creditore primo pignorante, che si è potuto avvalere delle possibilità esplorative riconosciute all’ufficiale giudiziario dall’art. 492 (6° co.), ha facoltà di indicare (con atto notificato in precedenza o all’udienza in cui è disposta la vendita o l’assegnazione) ai creditori intervenuti tempestivamente l’esistenza di altri beni utilmente pignorabili e {poiché l’intervento è di regola consentito soltanto ai creditori muniti di titolo esecutivo} può invitarli ad estendere il pignoramento e, nel caso in cui essi non siano forniti di titolo esecutivo, ad anticipare le spese affinché egli possa procedere all’estensione del pignoramento ai sensi dell’art. 499, 4° co. In questo caso se i creditori intervenuti, senza giusto motivo, non estendono il pignoramento dei beni indicati entro 30 giorni, il creditore ha diritto di essere loro preferito in sede di distribuzione (la stessa soluzione deve applicarsi al caso in cui non siano anticipate le spese). Per quanto attiene alle forme di tutela delle quali il debitore può disporre nei confronti della avvenuta estensione, la quale ha luogo fuori da qualsiasi preventivo controllo del giudice, va osservato che, se l’interventore è in possesso di titolo esecutivo e procede a pignoramento successivo, il debitore potrebbe proporre opposizione all’esecuzione. Se, invece, l’interventore non è in possesso di titolo esecutivo, è il creditore pignorante che procedere al pignoramento in estensione. In questo caso la legittimità dell’estensione dipende dall’esistenza e dall’ammontare del credito di chi, senza titolo, è intervenuto. Al riguardo, l’art. 499 non sembra dare molto peso a questa eventualità, in quanto il giudice deve fissare un’udienza di comparizione del debitore e dei creditori non muniti di titolo esecutivo per far sì che, qualora il debitore non si opponga, il loro credito si abbia per riconosciuto e, qualora si opponga, essi abbiano diritto all’accantonamento delle somme che spetterebbero loro e a un termine per proporre l’azione necessaria per munirsi di titolo esecutivo. È possibile dedurre che l’estensione resta comunque ferma e che un problema di riduzione del pignoramento o di restituzione delle somme accantonate si possa porre solo dopo che il creditore intervenuto non sia riuscito a munirsi di titolo esecutivo (e se lo tenesse, il problema si trasporta avrebbe in sede distributiva). Nella stessa direzione di queste norme si è mosso il legislatore del 2009 (l. 69/2009), introducendo l’art. 540 bis, relativo alla sola espropriazione mobiliare, rubricato: integrazione del pignoramento. La rubrica dell’articolo è fuorviante, perché non si tratta di integrazione, ma piuttosto di un vero e proprio pignoramento successivo, con alcune caratteristiche particolari. Infatti può accadere che le cose pignorate rimangano invendute. Il giudice dovrebbe qui dichiarare l’estinzione del processo, ma il legislatore invece consente un ultimo tentativo: se il creditore pignorante o uno dei creditori intervenuti glielo chiede, egli, senza che sia necessario notificare un nuovo precetto, ordinerà all’ufficiale giudiziario di riprendere le operazioni di ricerca dei beni. Se queste operazioni dovessero risultare fruttuose, condurranno ad un nuovo pignoramento (perché il vincolo necessariamente risalirà alla data in cui è compiuto). Questo nuovo pignoramento sarà inserito nel processo esecutivo già iniziato e il giudice potrà disporre la vendita delle cose pignorate senza necessità di una nuova istanza. Allo stesso modo il giudice procederà se, in sede di riparto, risulta che la somma assegnata non è sufficiente a soddisfare le ragioni dei creditori. In quest’ultimo caso, nel silenzio della legge, deve ritenersi che il giudice possa distribuire nel frattempo il ricavato, salvo a procedere, in un secondo momento, ad una integrazione della distribuzione.
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