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Diritto processuale civile. Vol. 3: Processo di esecuzione. Giovanni Verde, Dispense di Diritto Processuale Civile

Dispensa aggiornata all'ultima edizione del Verde Vol. 3

Tipologia: Dispense

2018/2019

In vendita dal 27/06/2019

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Scarica Diritto processuale civile. Vol. 3: Processo di esecuzione. Giovanni Verde e più Dispense in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! Verde 3 Parte Seconda: capitolo 1 Procedimenti Speciali Il procedimento monitorio o per decreto ingiuntivo La sommarizzazione del processo è imposta dall'esigenza di evitare lo scarto tra il giorno in cui viene presentata all'ufficio giudiziario una domanda di giustizia e quello in cui viene decisa. Le tecniche utilizzabili sono tre: a) la possibilità di accogliere l'istanza senza provocare il contraddittorio; b) o di accogliere l'istanza sulla base di un eventuale successivo esame delle questioni controverse in un processo a cognizione piena; c) accogliere l'istanza sulla base di un procedimento sommario. Al procedimento monitorio possono fare ricorso: 1) creditori che siano assistiti da prova scritta del credito; 2) gli avvocati i procuratori i cancellieri gli ufficiali giudiziari e chiunque altro abbia prestato la sua opera in occasione di un processo, nonché i notai gli altri esercenti una libera professione o arte per la quale esista una tariffa legalmente approvata; A costoro è sufficiente produrre la parcella corredata, se l'ammontare delle spese e degli onorari non è determinata in base a tariffe obbligatorie, dal parere della competente associazione professionale; 3) lo Stato e gli enti pubblici ai quali è sufficiente a produrre i libri o i registri di cui si attesti la regolare tenuta. TUTELA SOMMARIA I procedimenti sommari sono dei normali processi di cognizione, che però si caratterizzano per il fatto che la loro cognizione è semplificata rispetto a quella ordinaria. Si tratta dei procedimenti disciplinati dagli articoli da 633 a 705 del codice di procedura civile. La tutela sommaria, questa si presenta TIPICA nel senso che è possibile ricorrere alla tutela sommaria e quindi ai procedimenti speciali, soltanto in presenza dei requisiti e dei presupposti di ammissibilità di volta in volta stabiliti dal legislatore, con la conseguenza che se sorge un nuovo diritto, questo potrà trovare tutela i un procedimento sommario, soltanto se il legislatore a monte prevede che quel diritto può essere fatto valere con le forme de procedimento sommario. Possiamo avere due tipi di cognizione sommaria. La cognizione può essere sommaria perché è parziale oppure perché è superficiale. In altre parole distinguiamo i procedimenti sommari in senso stretto e i procedimenti sommari cd cautelari. La tutela può essere sommaria perché parziale quando il giudice per emanare il provvedimento richiesto si basa sui soli fatti allegati da chi gli chiede il provvedimento; quindi è parziale perché limitata a solo alcuni fatti rilevanti e cioè i fatti costitutivi del diritto dedotto in giudizio. Quando la tutela è sommaria perché parziale, parliamo di procedimenti sommari in senso stretto che sono quelli che, rispetto al processo di cognizione ordinario disciplinato dal libro II del c.p.c., presentano modalità di attuazione del contraddittorio e di gestione del procedimento differenti, ma il cui effetto di accertamento è quasi completamente assimilabile a quello ordinario, nonostante derivi da una cognizione sommaria. Vi rientrano i procedimenti d’ingiunzione, i procedimenti per convalida di sfratto, nonché i procedimenti sommari di cognizione. La finalità perseguita, in ogni caso, è quella di anticipare il più possibile l'efficacia esecutiva. In particolare il procedimento per ingiunzione consta di due fasi: 1) una prima fase che è la fase monitoria che si svolge senza la preventiva instaurazione del contraddittorio (cioè quel decreto che la parte chieda che sia emanato, verrà emanato in audita altera parte, non c’è contraddittorio dal principio, il giudice deciderà di emanare quel decreto basandosi sui soli fatti allegati dal ricorrente, quindi la cognizione è parziale perché limitata a una sola parte dei fatti rilevanti della fattispecie costitutiva). 2)Alla fase monitoria segue una fase che però è eventuale: l’opposizione al decreto ingiuntivo, che è il rimedio grazie al quale il destinatario passivo del decreto ingiuntivo, potrà riportare tutto nei crismi della ordinarietà e quini fare opposizione istaurando un giudizio a cognizione piena. Quindi qui non si fa a meno in via definitiva dell’integrità del contraddittorio ma c’è una prima fase in cui il decreto ingiuntivo sarà emanato sulla base di una cognizione sommaria perché parziale e poi una fase successiva eventuale perché solo se il debitore ingiunto farà opposizione si instaura il giudizio a cognizione piena, altrimenti il giudizio si chiude. La tutela può essere sommaria può essere tale perché superficiale. Si tratta di procedimenti sommari cd cautelari: Provvedimenti giurisdizionali diretti a garantire l’effettività della tutela dichiarativa in quanto volti a evitare che la durata del processo civile di cognizione possa arrecare un pregiudizio all’attore titolare del diritto soggettivo bisognoso di tutela. In questi procedimenti non si fa a meno del contraddittorio, il contraddittorio è integro fin dal primo momento ma i poteri di direzione del processo, sono rimessi alla discrezionalità del giudice. Il giudice conduce il processo nella discrezionalità e quindi c’è una forma di compressione delle garanzie proprie previste per il processo a cognizione piena. Nella sommarietà che deriva dalla superficialità della commissione, i poteri delle parti trovano fonte non nella legge (come nella cognizione piena) ma nel giudice, che autorizza il compimento delle attività che ritiene necessarie (fermo restando la necessità del contraddittorio). Questo è il caso dei procedimenti sommari cautelari, oppure anche il procedimento per convalida di sfratto, dove il contraddittorio è integro sia dal principio però si da un particolare rilievo a certi contegni della parte intimata. Ad oggi si va sempre più verso la sommarizzazione, perché il procedimento sommario garantisce sulla carta a chi lo sceglie, una riduzione dei costi perché non si affrontano le spese del processo a cognizione piena. Anche un abuso del diritto di difesa (nel caso del procedimento di ingiunzione per esempio io creditore, in caso di prova scritta posso agire anche senza che il debitore sia ascoltato il quale non farà opposizione nel caso in cui non ha ragioni per farlo). Il provvedimento conclusivo del procedimento sommario, diciamo che in alcuni casi crea un vincolo equiparabile al giudicato (per esempio, il decreto ingiuntivo non opposto), in altri casi invece non è idoneo al giudicato ma è provvisorio. Decreto ingiuntivo è provvedimento finale emesso all’esito di un procedimento speciale contenuto nel libro IV. Il legislatore non può garantire solo la tutela a cognizione piena ma perché la tutela giurisdizionale sia effettiva, deve anche garantire dei procedimenti semplificati, sommari rispetto alla cognizione piena che quindi garantiscono una più ragionevole durata del processo. Sommari perché sono semplificati o dal punto di vista della preventiva instaurazione del contraddittorio o anche dal punto di vista delle modalità di svolgimento del contraddittorio. Inoltre ai sensi dell'articolo primo comma 653 se è stata proposta opposizione al decreto ingiuntivo e il giudizio di opposizione si estingue, il decreto ingiuntivo se non l'aveva già acquistata, acquisterà efficacia esecutiva. Di regola il decreto ingiuntivo non viene emanato con efficacia esecutiva. Se entro 40 giorni poi non viene fatta opposizione allora ai sensi dell’art 147 acquista efficacia esecutiva e non solo ma è titolo per iscrivere ipoteca giudiziale sui beni del debitore inoltre ha efficacia di giudicato. Quindi è un provvedimento sommario non cautelare proprio perché ha efficacia di giudicato. Quindi in caso di mancata opposizione si da inizio all’esecuzione. Il debitore non fa opposizione se ritiene di non avere ragioni, quindi facendola aumenterebbe solo le spese. Però potrebbe esservi un interesse del debitore a fare opposizione pur non avendo ragioni. Facendo opposizione blocca l’esecuzione per cui potrebbe fare ugualmente opposizione in modo che l’esecuzione si avrà fra 3,4, anni. Per ovviare al rischio di abuso dell’opposizione l’art 642 indica ipotesi nelle quali il decreto ingiuntivo viene concesso al creditore sin dalla sua emanazione con efficacia esecutiva. Il decreto è provvisoriamente esecutivo quando: - la domanda si fonda su cambiali, assegno bancario, circolare o su atto pubblico o ricevuto da altro pubblico ufficiale. Poi vi sono 2 ipotesi al 2° comma in cui vi è una valutazione discrezionale del giudice nel concedere la provvisoria esecutività (senza neanche l’osservanza del termine di cui all’art 482 ovvero 10 giorni dalla notificazione dal precetto): - se vi è il rischio di un grave pregiudizio nel ritardo (credito di un lavoratore nei confronti del datore di lavoro) - oppure può essere concessa la provvisoria esecutività se il ricorrente produce una documentazione (la prova scritta) sottoscritta dal debitore, comprovante il diritto fatto valere. Tuttavia ciò non risolve il problema dell'abuso perché non sempre la domanda si fonda su cambiali e assegni o vi sono i presupposti. Allora una volta proposta l'opposizione dal debitore ingiunto, il legislatore prevede la possibilità per il creditore che venga concessa la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto in modo che la durata del processo di opposizione non cade più sulle spalle del creditore ma sul debitore opponente. Ove non sia concessa la provvisoria esecutività a norma dell’art 642, i presupposti perché venga concessa dal giudice dell'opposizione la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto sono indicati dall'articolo 648: • l’opposizione non sia fondata su prova scritta • o non sia di pronta soluzione. Quando è già esecutivo ai sensi dell’art 642, l’opponente può chiedere la sospensione del decreto ingiuntivo opposto e il giudice gliela concede se L’opposizione si propone con citazione all’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto (art. 645 co. 1), il giudizio si svolge secondo le norme del processo di primo grado, ma i termini di comparizione sono ridotti a metà (10 giorni co. 2). L’opposizione avvia un giudizio a cognizione piena in cui le parti risultano solo formalmente invertite: l’onere della prova, infatti, continua a gravare sul creditore-opposto che assume formalmente il ruolo di convenuto. Se al termine del giudizio di opposizione residua un’incertezza in ordine all’esistenza dei fatti costitutivi, l’opposizione deve essere accolta ed il giudizio si conclude con una sentenza che dichiara l’inesistenza del credito. La problematicità del giudizio di opposizione consiste nel fatto che esso ha una doppia funzione: - è un giudizio di accertamento sull’esistenza o meno del credito fatto valere in giudizio; - è un giudizio di impugnazione in senso tecnico del decreto. Oggetto del processo, di conseguenza, risulta sempre il rapporto sostanziale controverso, ma se il decreto manca dei requisiti di ammissibilità deve essere dichiarato nullo. La nullità del decreto per difetto di requisiti speciali di ammissibilità non è ostacolo alla decisione sul fondamento della domanda Se la nullità deriva da difetto di requisiti generali di ammissibilità (es. competenza), al contrario, il giudizio deve concludersi con una sentenza di mero rito. Quindi nel corso del giudizio di opposizione può avvenire: • che il giudice conceda con ordinanza la provvisoria esecutorietà al decreto di ingiunzione se l’opposizione non è fondata su prova scritta o di pronta soluzione (necessaria un’udienza istruttoria ulteriore) (art. 648 co. 1), oppure se il creditore offre cauzione per l’ammontare delle eventuali restituzioni, spese e danni (co. 2); • che il giudice sospenda la provvisoria esecutorietà concessa ai sensi dell’art. 642 (art. 649). Tale previsione è fondamentale per riequilibrare il procedimento e per consentire al giudice dell’opposizione di sospendere l’esecutorietà disposta in assenza di contraddittorio; • che il decreto acquisti immutabilità a seguito dell’estinzione del processo per inattività delle parti o rinuncia agli atti del giudizio. Il giudizio di opposizione si conclude con: • il rigetto dell’opposizione: la sentenza dichiara la legittimità del decreto (immutabile ex art. 653 co. 1) e l’esistenza del diritto; • l’accoglimento dell’opposizione, la quale può essere: - totale, caso in cui la sentenza dichiara l’inesistenza del diritto; - parziale, caso in cui la sentenza dichiara l’illegittimità del decreto e l’esistenza del diritto oppure la legittimità del decreto e l’esistenza del diritto per un quantum diverso da quello indicato originariamente. Opposizione tardiva; impugnazioni avverso il decreto divenuto esecutivo L'opposizione tardiva, ossia successiva alla scadenza del termine stabilito nel decreto, è il rimedio offerto all'ingiunto che non abbia molto tempestiva conoscenza per vizio della notificazione, per caso fortuito o per forza maggiore articolo 650. Il rimedio non va confuso con quello di cui l'ingiunto dispone se la notificazione è mancata che è come sappiamo lo speciale procedimento previsto dall'articolo 188. Ci troviamo di fronte ad una rimessioni in termini disposta per legge, che trova fondamento nel fatto che il termine non è stato rispettato senza colpa dell'ingiunto. La corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l'articolo 650 nella parte in cui la norma non consente l'opposizione tardiva dell'intimato che versi nella detta situazione. La logica dell'opposizione tardiva è che l'opponente debba essere rimesso in termini per lo svolgimento delle sue attività difensive. Tuttavia in relazione alla richiesta di sospensione dell'esecutorietà del decreto, è da segnalare un problema interpretativo. Il secondo comma dell'articolo 650 dispone infatti che l'esecutorietà può essere sospesa a norma dell'articolo precedente, laddove l'articolo 649 riguarda la sola sospensione dell'esecuzione provvisoria concessa norma dell'articolo 642, mentre nella fase dell'opposizione tardiva, il decreto potrebbe aver acquistato esecutorietà in applicazione dell'articolo 647 (L'applicabilità dell'articolo 648 presuppone invece lo svolgimento dell'opposizione). Non sembra che legislatore abbia inteso limitare l'ambito di applicazione del potere di sospensione. Non ce ne sarebbe ragione. È perciò da ritenere che l'articolo 650 abbia individuato solo la competenza del giudice dell'opposizione ed il relativo procedimento (istanza, valutazione dell'esistenza di gravi motivi, ordinanza non impugnabile), prescindendo dalle concrete vicende che abbiano portato all'esecutorietà del decreto. E che pertanto, il giudice dell'opposizione tardiva possa sospendere l'esecutorietà del decreto comunque acquisita. L'opposizione tardiva non può essere proposta decorsi 10 giorni dal primo atto di esecuzione. Si tratta di un termine di decadenza, decorso il quale il decreto acquista efficacia di cosa giudicata o adesso analoga. Capitolo 2 IL PROCEDIMENTO PER CONVALIDA DI SFRATTO O DI LICENZA Il procedimento per convalida della licenza o di sfratto si pone, come lo strumento per ottenere rapidamente un provvedimento esecutivo di condanna al rilascio di un immobile, emanato dopo la valida instaurazione del contraddittorio, sulla base del comportamento dell'intimato. Si tratta perciò di un'ipotesi tipica di tutela sommaria. I soggetti legittimati e le condizioni di ammissibilità Gli articoli 657,658 e 659 c.p.c. individuano i soggetti che possono utilizzare questo speciale procedimento e le condizioni di ammissibilità. Legittimati attivamente sono il locatore e il concedente; Legittimati passivamente sono al conduttore, l'affittuario coltivatore diretto, il mezzadro e il colono. Dai soggetti possiamo risalire al tipo di rapporto tutelato. Ciò è importante in quanto trovandoci di fronte a una tutela speciale, le situazioni tutelate non possono essere che quelle previste per legge. Di conseguenza si è escluso che si possa fare ricorso al procedimento per convalida immobiliare o un affitto di azienda, un comodato. L'articolo 657 parlando di affittuario coltivatore diretto, mezzadro ecc. chiaramente include fra le situazioni tutelabili con l'azione di convalida quelle che nascono da contratti agrari. Tuttavia le controversie materia di contratti agrari e se lo sai devolute alla competenza esclusiva delle sezioni specializzate agrarie. Da ciò si è dedotto che il procedimento sia divenuto inapplicabile ai contratti agrari. Si è però rilevato che nulla esclude che il tribunale C) Opposizione non fondata su prova scritta e ordinanza di rilascio. Può accadere che l'intimato compare e proponga opposizione. Se questa non è fondata su prova scritta, il giudice su istanza del locatore, pronuncia ordinanza (non di convalida, ma) non impugnabile di rilascio, con riserva delle eccezioni del convenuto (questo è un caso tipico di condanna con riserva). L'ordinanza immediatamente esecutiva ma può essere subordinata alla prestazione di una cauzione. La concessione dell'ordinanza non è automatica. Da un lato infatti il giudice deve valutare la consistenza delle prove scritte; Dall'altro lato, il giudice può dare valore, specialmente in relazione al comportamento del locatore, alla probabile fondatezza delle eccezioni e in considerazione dell'impossibilità di documentarle. Infatti la legge dà la possibilità al giudice di non concedere l'ordinanza se sussistono gravi motivi in contrario. Può accadere, in caso di sfratto per morosità che il convenuto neghi la morosità, contestando l'ammontare della somma pretesa. Il giudice in questa ipotesi può ordinare all'intimato di pagare la somma non contestata, concedendogli un termine ulteriore non superiore a 20 giorni, così che se l'intimato non ottempera e gli convalida lo sfratto e concede decreto ingiuntivo per il pagamento dei canoni. 5. I rimedi Qualora sia emanato il provvedimento di convalida, il codice considera concluso il procedimento. Infatti l'articolo 668 concede all'intimato la possibilità di proporre opposizione tardiva solo nel caso in cui l'ordinanza sia stata emanata in sua assenza, quando egli provi di non aver avuto conoscenza dell'intimazione. Potrebbe accadere che il provvedimento non poteva essere emanato per mancanza di presupposti di carattere generale (esempio la competenza, la capacità processuale dell'intimante) o specifici (esempio perché il rapporto non è di locazione, perché il giudice ha errato nel ritenere che non c'è stata contestazione, perché non c'era inadempimento). In questi casi I rimedi sono due: o si ritiene che il provvedimento sia nullo così che l'interessato possa chiedere che il giudice accerti e dichiari la nullità; Oppure sulla base del rilievo che il giudice ha emesso un provvedimento che non poteva emanare e che lo stesso risolve in maniera definitiva una controversia, si può considerare questo provvedimento come una sentenza in senso sostanziale. Questa seconda impostazione è quella preferibile in quanto, nei casi esaminati, non è che non ci sia il provvedimento; è vero invece che ci troviamo di fronte a un provvedimento gravemente viziato. Il problema è tutt'altro che risolto infatti siamo di fronte un alternativa, perché possiamo pensare che questo provvedimento sia impugnabile con il ricorso straordinario per cassazione in quanto sentenza in senso sostanziale, quanto possiamo ritenere che esso sia una sentenza emessa in forma inadeguata per errore del giudice e come tale è impugnabile con l'appello. La giurisprudenza ha optato per la seconda soluzione, ritenendo possibile l'appello. La corte costituzionale proprio in considerazione del fatto che il provvedimento di convalida ha gli effetti di una decisione definitiva, ammesso che contro di esso sia possibile proporre ricorso per revocazione ai sensi dell'articolo 395 numero quattro e l'opposizione di terzo è sensi dell'articolo 404. Mancata convalida. Il legislatore non stabilisce che cosa succede se il giudice non convalida l'intimazione. Si potrebbe applicare analogicamente l'articolo 667 così da ritenere che dopo l'ordinanza di rigetto, il giudizio prosegua nelle forme del rito speciale. Ovvero se tale soluzione non fosse condivisa, si potrebbe pensare a un ordinanza di rigetto che in quanto emanata allo stato degli atti, non sarebbe preclusiva della possibilità di fare successivamente altra intimazione. Se si accolgono l'una o l'altra situazione non sorge un problema di violazione del diritto di difesa, giacché l'intimante e comunque tutelato. Opposizione fondata su prova scritta e processo di merito Quando l'intimato compare e propone opposizione, possono aversi due diverse situazioni, secondo che le posizioni siano o non fondate su prova scritta. Se sono fondate su prova scritta il giudice non può emettere il provvedimento di convalida, ma deve dare atto che è sorto un diverso rapporto processuale volto ad accertare in via ordinaria se esistono i presupposti per la condanna al rilascio, previa, la risoluzione del contratto. Il giudice in questo caso dice la legge deve disporre il mutamento di rito, cioè vuol dire che il processo muterà dalle forme sommarie alle forme ordinarie, transiterà, non sarà più un provvedimento speciale, ma a quel punto il giudice dovrà vedere chi ha ragione e chi ha torto, non può più decidere fondandosi sulla non contestazione del convenuto ma deve dar vita ad un processo a cognizione piena e all’esito del processo emetterà il provvedimento di convalida eventualmente. Il giudice deve fissare la nuova udienza, nel corso della quale spetterà la parte che voglia proseguire nel giudizio di compiere gli atti di impulso necessari. Se l'opposizione non è fondata su prova scritta, il giudice emette l'ordinanza non impugnabile di rilascio. La non impugnabilità è consequenziale fatto, che tale provvedimento non è di mutamento del rito, così che ogni questione in ordine alla validità dell'ordinanza sarà discussa nel corso del giudizio di merito. La giurisprudenza è disposta a fare una sola eccezione e questa riguarda la possibilità di proporre in via immediata il regolamento di competenza. Questa soluzione, se offre la parte una maggiore garanzia, ha un prezzo in quanto non proposto regolamento la questione di competenza resta preclusa. L'articolo 667 e poi sembra prevedere come necessario il mutamento del rito. 6. L'opposizione tardiva Nel caso in cui la licenza sia stata convalidata sull'errato presupposto che l'intimato non si sia presentato all'udienza consapevolmente e volontariamente, si riconosce all'intimato il rimedio dell'opposizione tardiva, modellata in analogia con l'opposizione a decreto ingiuntivo. L'opposizione si propone davanti al tribunale, nelle forme prescritte per l'opposizione al decreto ingiuntivo in quanto applicabili (3 comma), dentro il termine di 10 giorni dall'atto iniziale dell'esecuzione, da individuare in quello della notifica dell'atto di avviso da parte dell'ufficiale giudiziario ai sensi dell'articolo 608. Decorso tale termine l'opposizione non è più ammessa e la cauzione eventualmente prestata dal locatore a norma dell'articolo 663 è liberata. L'intimato deve provare di non aver avuto tempestiva conoscenza dell'intimazione per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore. La valutazione delle circostanze che giustificano l'opposizione è rimessa al giudice e con un apprezzamento di fatto, non censurabile in cassazione. Capitolo 3 TUTELA CAUTELARE La tutela cautelare rientra nell’ambito dei procedimenti sommari e rappresenta una dei 3 tipi di tutela (insieme alla tutela esecutiva e la tutela dichiarativa). Qua la sommarietà deriva dalla superficialità della cognizione, perché il contraddittorio è integro sin dall’inizio salvo casi eccezionali, però la conduzione del processo è rimessa molto alla discrezionalità del giudice. La tutela cautelare serve a garantire uno degli aspetti dell’effettività della tutela giurisdizionale in quanto volta ad evitare che la durata del processo civile di cognizione possa arrecare un pregiudizio all’attore titolare del diritto soggettivo bisognoso di tutela. Il diritto di azione oltre a comprendere il diritto di ogni parte a poter agire in giudizio per ottenere una sentenza che accerti l’esistenza di un proprio diritto e quindi oltre all’azione di cognizione (intesa come azione diretta ad ottenere una sentenza idonea al giudicato), ricomprende in se almeno 2 ulteriori sottocategorie: -il diritto all’azione cautelare -il diritto all’azione esecutiva. Entrambe queste ipotesi rientrano a ben vedere in una più ampia concezione che è quella del principio di effettività della tutela giurisdizionale. Il principio di effettività della tutela giurisdizionale nasce dal pensiero di Chiovenda il quale è stato il fondatore del diritto processuale civile. Diceva Chiovenda: il processo deve dare alla parte che ha ragione tutte le utilità che quella parte si vedeva riconosciute sul piano sostanziale, la tutela processuale deve essere cioè EFFETTIVA. Non basta che l’ordinamento mi consenta di ottenere una sentenza a me favorevole, se con quella sentenza non ci potrò far niente; non basta che l’ordinamento mi consenta di ottenere una sentenza quando quella sentenza arriva troppo tardi, quando ormai il mio pregiudizio è diventato irreparabile. Quindi diceva Chiovenda per evitare che vi siano differenze non ammissibili tra la tutela giurisdizionale e la tutela sostanziale, l’ordinamento deve predisporre strumenti che rendano effettivo il diritto di azione. In questa logica diventano indispensabili componenti del diritto di azione: la tutela cautelare e la tutela esecutiva. La tutela cautelare è una forma di tutela che si caratterizza per il fatto che prima ed indipendentemente dell’emanazione della sentenza di accoglimento della domanda la parte possa ottenere un provvedimento provvisorio che eviti i pericoli di un processo a cognizione piena (un processo lungo e complesso). l tempo che occorre fisiologicamente al processo di cognizione per consegnare nelle mani dell’attore un titolo esecutivo giudiziale può arrecare all’attore stesso un danno (periculum in mora), che, secondo i casi, può assumere due diverse connotazioni: il danno da infruttuosità e quello da tardività. I pericoli che il provvedimento cautelare tende ad evitare possono essere di due tipi: pericoli da tardatività e pericoli da influottosità. -Pericoli da influottosità: ricorre quando l’attore all’esito del processo piò ottenere una sentenza che non è in grado di essere realizzata. Immaginiamo il caso in cui Tizio sia creditore di Caio e voglia ottenere una sentenza che condanni Caio a pagargli una somma di denaro; nel tempo di durata del processo potrebbe accadere che Caio si venda tutti i suoi beni per impedire a Tizio di poter realizzare il suo diritto di credito. In un caso del genere c’è pericolo d’influottosità nel senso che all’esito del processo Tizio potrà ottenere una sentenza che non è in grado di essere realizzata perché il -periculum in mora cioè l’esistenza di un pregiudizio che in alcuni casi, come nel caso dell’art 700 deve essere irreparabile, in altri casi invece viene di volta in volta definito dal legislatore. Sono provvedimenti provvisori e strumentali. Provvisori nel senso che se è iniziato il giudizio di merito, questi provvedimenti sono destinati o ad essere assorbiti nella sentenza che definisce il giudizio di merito che da ragione alla parte che ha ottenuto il provvedimento cautelare, o sono destinati ad essere caducati se il giudizio di merito ha esito sfavorevole per la parte che ha ottenuto il provvedimento cautelare. Però provvisorietà del provvedimento non sempre vuol dire provvisorietà degli effetti perché talvolta cioè quando la misura cautelare è anticipatoria ovvero mira ad anticipare gli effetti della futura sentenza di merito, nel caso in cui la sentenza sia favorevole a chi ha ottenuto la misura cautelare, gli effetti del provvedimento anticipatorio, si consolidano, si conservano perché hanno anticipato gli effetti della futura sentenza di merito però la loro fonte giuridica non è nel provvedimento cautelare ma nella sentenza. Quindi provvisorio è il provvedimento cautelare, gli effetti che scaturiscono da quel provvedimento possono non essere provvisori ma comunque non si collegheranno più al provvedimento cautelare ma alla sentenza di merito. Strumentalità vuol dire che la misura cautelare è strumentale rispetto al giudizio di merito, proprio perché è modo per garantire l’effettività della tutela giurisdizionale ma è destinato a scomparire dopo il giudizio. Quando parliamo di strumentalità, a seconda che il provvedimento sia conservativo o anticipatorio da un po’ di anni distinguiamo: • Strumentalità rigida vuol dire che il provvedimento cautelare perde di efficacia se non seguito da una successiva sentenza di merito.(misure cautelari conservative) • Strumentalità attenuata vuol dire che il provvedimento cautelare sopravvive anche se non è iniziato il giudizio di merito. (misure cautelari anticipatorie) Ambito di applicazione Nel 90 il legislatore ha abrogato quasi tutte le norme che dettavano una disciplina ad hoc per le singole misure cautelari dettando una disciplina univoca, il cd modello cautelare uniforme il quale comprende una serie di norme che vanno dal 669 bis al 669 quaterdecies e si applica a tutte le misure cautelari previste nel capo dettato alla tutela e, in quanto compatibile, ai procedimenti cautelari previsti dal c.c. o da leggi speciali (art 669 quaterdecies norma molto importante perché disciplina l’ambito di applicazione delle norme che la precedono), nonché, ma solo in riferimento alle disposizioni che disciplinano la riproponibilità della domanda cautelare, anche ai provvedimenti di istruzione preventiva. Si applica dunque anche alle misure cautelari dette “estravaganti” ovvero contenute in altre parti nel codice di rito, quelle previste nel codice civile o nelle leggi speciali. Quindi, una disciplina uniforme che si applica a tutti questi tipi di misure cautelari, però, “in quanto compatibile”; cioè, nel senso che questa disciplina contenuta dagli articoli 669bis a 669quaterdecies si applica sempre che, per le singole misure cautelari, non vi siano delle disposizioni ad hoc che sono sopravvissute alla riforma del 1990. Per cui, tutte queste norme contenute nel modello cautelare uniforme si applicano a tutte le misure cautelari previste nel codice di procedura civile, nel codice civile e nelle leggi speciali, sempre che, però, quelle norme, quelle misure cautelari non abbiano una disciplina specifica che deroga a questa del modello cautelare uniforme (sequestri). 669 bis Forma della domanda: la domanda si propone con ricorso (1) depositato nella cancelleria del giudice competente (2)[669ter, 669quater, 669quinquies]. (1)L’atto introduttivo della tutela cautelare è il ricorso. Il problema non è la forma ma il contenuto perché dobbiamo adeguare il contenuto del ricorso (che può introdurre anche un giudizio a cognizione piena) ad un istanza volta ad ottenere una misura cautelare. Sicuramente deve contenere tutti i requisiti fissati dall’art 129 per il ricorso: - l'indicazione dell'ufficio giudiziario; - l'indicazione delle parti; - l'indicazione del tipo di provvedimento richiesto (petitum); - l'indicazione dei fatti costitutivi del diritto fatto valere con il ricorso (causa petendi); - l'esposizione dei fatti costitutivi del diritto che si fa valere; - le conclusioni, la procura conferita al difensore nei casi in cui la parte non possa stare in giudizio personalmente; Però il problema si pone in relazione all’edictio actionis. L’edictio actionis è la parte dell’atto introduttivo nel quale nel processo a cognizione piena, l’attore o il ricorrente, afferma l’esistenza de diritto che si assume violato e chiedono al giudice la tutela. Questa parte dell’edictio actionis deve essere adeguata alla tutela cautelare e datosi che i presupposti per ottenere una misura cautelare sono il fumus bonis iuris e il periculum in mora, questi due elementi non possono mancare. Quindi io che voglio chiedere la misura cautelare dovrò indicare: 1) Tutti gli elementi che integrano il pregiudizio che temo di subire e che voglio rimuovere; 2) Il fumus bonis iuris ovvero la presumibile esistenza del diritto di cui affermo di essere titolare; 3) Infine devo indicare il provvedimento che richiedo. Se la misura cautelare è chiesta quando già pende il giudizio di merito, il diritto viene identificato con riferimento a quello che già era oggetto del giudizio di merito pendente è la tutela cautelare che si innesta nella tutela dichiarativa, quindi, già io ho azionato il diritto per il quale chiedo la tutela e chiederò la tutela cautelare riferendomi all'editio actionis del giudizio di merito. Se, invece, la misura cautelare viene richiesta prima dell'inizio del giudizio di merito, sarà necessaria una migliore indicazione, più precisa indicazione del diritto per il quale chiedo la cautela e che, poi farò oggetto di un giudizio di merito successivamente instaurato. (2) Quindi, atto introduttivo ricorso che segue l'iter del ricorso, per cui prima sarà depositato in cancelleria, poi notificato unitamente al decreto di fissazione di udienza alla parte. La Competenza Gli articoli 669 ter, 669 quater e 669 quinques disciplinano invece la Competenza in materia cautelare. Diciamo che la regola generale è nel senso di far coincidere la competenza in materia cautelare alla competenza per il merito. Se la misura cautelare viene richiesta prima dell'inizio del giudizio di merito (669ter), la competenza cautelare coincide con la competenza del merito quindi la domanda cautelare di propone al giudice che sarebbe competente a decidere il merito. 669 ter. Competenza anteriore alla causa. Prima dell'inizio della causa di merito la domanda si propone al giudice competente a conoscere del merito. Se competente per la causa di merito è il giudice di pace, la domanda si propone al tribunale. Se il giudice italiano non è competente a conoscere la causa di merito, la domanda si propone al giudice, che sarebbe competente per materia o valore, del luogo in cui deve essere eseguito il provvedimento cautelare. (questo 3° comma ci dice il criterio per individuare il giudice competente). A seguito della presentazione del ricorso il cancelliere forma il fascicolo d'ufficio e lo presenta senza ritardo al presidente del tribunale il quale designa il magistrato cui è affidata la trattazione del procedimento. In linea di massima, la emanazione della misura cautelare è di pertinenza del giudice singolo. Diciamo che il legislatore ha omesso/ha trascurato di individuare l'ipotesi in cui la misura cautelare deve essere pronunciata, per esempio, dalla corte d'appello (che è normalmente collegiale) e quindi, in quel caso, chi dovrebbe essere? Il giudice singolo non esiste quindi probabilmente il collegio emana la misura cautelare. Se invece il giudizio di merito pende già (669 quater), anche qui vige la regola della normale coincidenza: quando vi è causa pendente per il merito la misura cautelare va chiesta al giudice che è già investito de merito della controversia. 669 quater Competenza in corso di causa. Quando vi è causa pendente per il merito la domanda deve essere proposta al giudice della stessa. Se la causa pende davanti al tribunale la domanda si propone all'istruttore oppure, se questi non è ancora designato o il giudizio è sospeso o interrotto, al presidente, il quale provvede ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo 669ter ovvero dovrebbe nominare l’istruttore che emanerà il provvedimento cautelare. Domanda d’esame: se il processo è sospeso possono essere emanate misure cautelari? Si perché la norma dice non possono essere compiuti atti del processo salvo atti urgenti e misure cautelari. Quindi la risposta alla domanda, riconduce all'articolo 669quater che dice che se il giudice istruttore non è stato ancora designato o il giudizio è sospeso o interrotto, l’istanza cautelare la posso avere ma mi devo rivolgere al presidente del tribunale. Attenzione: il giudice del merito al quale chiedo la misura cautelare cioè dovrà pronunciarsi sull'istanza cautelare a prescindere da ogni cosa cioè nel senso che la competenza non gli deriva dal fatto che quel giudice è competente nel merito ma gli deriva dal fatto che dinanzi a lui pende il giudizio di merito, anche se poi alla fine del processo si dichiarerà incompetente cioè mentre io quando mi rivolgo al giudice per un giudizio ordinario individuo il giudice competente in virtù dei criteri territoriali e verticali, nel caso della competenza cautelare, in pendenza del giudizio, la competenza si radica davanti al giudice del merito anche se incompetente, anche se è stato erroneamente adito un giudice che all'esito del giudizio si dichiarerà incompetente, la misura cautelare deve essere chiesta a quel giudice quindi il criterio di competenza prescinde da ogni altra valutazione, cioè la competenza è in capo al giudice dinanzi al quale pende il giudizio di merito, anche se incompetente. Alla regola generale della coincidenza del giudice del cautelare e il giudice del merito però vi sono delle deroghe. Vi sono infatti dei giudici che non hanno potestà cautelare: giudice di pace e arbitri. tutela cautelare serve per ovviare ai problemi che derivano dalla durata del processo, se nella tutela cautelare innesto il regolamento di competenza non si finisce mai, perde il senso della tutela cautelare. (2)Il rigetto della domanda cautelare può avvenire anche per ragioni di merito (perché il giudice ritiene che gli elementi che ho portato non sono sufficienti al fine dell’emanazione del provvedimento, la mia domanda non è sufficientemente articolata in tema di periculum e fumus) ed in questo caso il ricorso può essere riproposto solamente nel caso in cui: - si verificano mutamenti delle circostanze ovvero sopravvengono fatti costitutivi del diritto o del periculum in mora che non esistevano al momento in cui ho presentato l'istanza cautelare; - oppure nel caso in cui vengano dedotte nuove ragioni di fatto o di diritto, ovvero fatti o prospettazioni giuridiche che esistevano al momento in cui ho proposto la domanda, ma che non avevo fatto valere davanti a quel giudice. Quest'ultimo, che mi ha rigettato l'istanza, non aveva avuto modo di giudicare queste ragioni. Si precisa che la riproposizione del ricorso viene respinta se gli intervenuti mutamenti nelle circostanze o le nuove ragioni di fatto o di diritto risultano irrilevanti ai fini della futura decisione. Il legislatore diciamo che adopera una soluzione che è a metà strada tra il processo a cognizione piena dove il giudicato copre il dedotto e il deducibile (cioè non possono proporre la stessa domanda su ragioni che avrei potuto far valere nel giudizio che si è concluso con sentenza passata in giudicato, perché la sentenza crea un vincolo relativo per le parti; le parti hanno solo la strada dell'impugnazione che è un giudizio chiuso, cioè un giudizio di appello nei confronti della sentenza di primo grado è un giudizio che non mi consente di grandi modifiche in quanto l'articolo 345 disciplina l'appello limitando la possibilità di domande nuove, nuove eccezioni e nuovi mezzi di prova) e il procedimento monitorio (procedimento sommario nel quale non si forma nessuna preclusione, cioè se propongo istanza per ottenere decreto ingiunto e il giudice me la rigetta, siccome la cognizione è sommaria non si forma la preclusione e posso proporre la stessa istanza negli stessi termini). Qui la regola che segue il legislatore è quella che il giudicato che si “forma” copre il dedotto ma non il deducibile nel senso che se io mi vedo rigettare l’istanza per ragioni inerenti al fumus o al periculum, potrà nuovamente proporre la stessa istanza se deduco mutamenti di circostanza (quindi fatti sopravvenuti che non esistevano al momento in cui ho presentato l’istanza cautelare) o nuove ragioni di fatto e di diritto (quindi ragioni che preesistevano al momento in cui ho proposto la domanda rigettata ma che non avevo fatto valere davanti a quel giudice). Secondo comma (3). Se la misura cautelare è chiesta ante causam e questa fase si chiude con il provvedimento di rigetto, il giudice deve chiudere anche sul punto di spese e condannerà la parte anche alle spese. Quindi, il giudice condannerà la parte che ha chiesto la misura cautelare e che ha visto rigettarsela. Questa stessa condanna alle spese è immediatamente esecutiva e sulla sua base posso iniziare l'esecuzione forzata. In passato, nella precedente versione dell'articolo 669 sexies questo provvedimento sulle spese era impugnabile con le forme dell'opposizione al decreto ingiuntivo adesso non c'è più questa forma di controllo, per cui da un lato si può pensare che il caso sulle spese può essere fatto oggetto ‘’d’impugnazione’’ in sede di reclamo quando contesto anche il merito del provvedimento oppure poiché si tratta di un provvedimento decisorio cioè che incide su situazioni sostanziali l’altro rimedio potrebbe essere quello del ricorso in cassazione straordinario ai sensi dell’art 111. L’istanza di rigetto è titolo esecutivo per cui la parte nei cui confronti è pronunciata può subire l'esecuzione forzata quindi ha anche bisogno di un rimedio che gli consenta di ottenere la sospensione dell'esecuzione, rimedio che forse non può essere tanto ravvisato dal ricorso straordinario in Cassazione perché la Cassazione è giudice dell'an e non del quantum e qui poi si porrebbe il problema di stabilire qual’è il giudice al quale chiedere la sospensione. L'ordinanza che accoglie il ricorso cautelare , a differenza di quello di rigetto, non contiene una statuizione sulle spese, che verranno liquidate con la stessa sentenza che definisce il merito. Quindi se l'istanza è rigettata prima dell'inizio del giudizio di merito il provvedimento sulle spese è immediato, diversamente, sarà pronunciato all’esito del giudizio di merito. Provvedimento di accoglimento L’art 669 octies disciplinando l'ipotesi dell'accoglimento della misura cautelare distingue tra: • Misure cautelari a strumentalità rigida; • Misure cautelari a strumentalità attenuata. Alla strumentalità rigida, ricollega le misure cautelari conservative quindi per esempio ai sequestri; Alla strumentalità attenuata le misure cautelari anticipatorie per esempio denuncia di nuova opera e danno temuto. Art 669 octies: L'ordinanza di accoglimento, ove la domanda sia stata proposta prima dell'inizio della causa di merito, deve fissare un termine perentorio non superiore a sessanta giorni per l'inizio del giudizio di merito, salva l'applicazione dell'ultimo comma dell'articolo 669novies . In mancanza di fissazione del termine da parte del giudice, la causa di merito deve essere iniziata entro il termine perentorio di sessanta giorni. Il termine decorre dalla pronuncia dell'ordinanza se avvenuta in udienza o altrimenti dalla sua comunicazione. Questi due commi successivi ci spiegano quando si intende rispettarlo questo termine di 60 giorni. Se la misura cautelare è una misura cautelare conservativa ed è pronunciata prima dell’inizio del giudizio di merito, perché questa conservi la sua efficacia, poiché il regime è quello della strumentalità rigida, è necessario che la parte interessata, evidentemente quella che ha ottenuto la misura cautelare, inizi il giudizio di merito. Il termine per l'inizio del giudizio di merito è di 60 giorni dalla pronuncia o dalla comunicazione del provvedimento cautelare; il giudice può fissare un termine diverso che comunque non sia superiore a 60 giorni. Se, invece, si tratta di misure cautelari anticipatorie questa regola non vale, nel senso che la misura cautelare anticipatoria pronunciata prima dell'inizio del giudizio di merito anche se non seguita dall’instaurazione del giudizio di merito, conserva la sua efficacia, che però come vi dicevo ieri non è un'efficacia immutabile cioè il provvedimento anticipatorio che puoi non viene seguito dalla instaurazione del giudizio non è che ha l'attitudine al giudicato. La norma prosegue al sesto comma dicendo: Le disposizioni di cui al presente articolo e al primo comma dell'articolo 669-novies non si applicano ai provvedimenti di urgenza emessi ai sensi dell'articolo 700 e agli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito, previsti dal codice civile o da leggi speciali, nonché' ai provvedimenti emessi a seguito di denunzia di nuova opera o di danno temuto ai sensi dell'articolo 688, ma ciascuna parte può iniziare il giudizio di merito. Questa è la strumentalità attenuata, perché non c'è, l'obbligo pena la perdita di efficacia del provvedimento di iniziare il giudizio di merito nel termine perentorio di 60 giorni ma ciascuna parte in qualunque momento può iniziare il giudizio di merito e poiché c'è sempre la strumentalità perché anche se attenuata il provvedimento cautelare anticipatorio è destinato comunque a caducarsi o ad essere assorbito nella futura sentenza di merito. Ovviamente nel caso di un provvedimento d'urgenza pronunciato prima dell'inizio del giudizio di merito l'altra parte potrebbe avere un rilevante interesse a proporre un'azione che potrebbe essere un'azione di accertamento negativo proprio allo scopo di far caducare gli effetti di quella misura cautelare. Il giudice, quando emette uno dei provvedimenti di cui al sesto comma prima dell’inizio della causa di merito, provvede sulle spese del procedimento cautelare. Quindi anche nel caso dei provvedimenti cautelari a contenuto anticipatorio poiché non c'è l'obbligo per l'inizio del giudizio di merito, quando vengono pronunciati prima dell'inizio del giudizio di merito il giudice deve accompagnare il provvedimento di concessione, il provvedimento positivo con il capo sulle spese perché regola le spese perché quel procedimento può essere a sé stante nel senso che non necessariamente deve essere seguito dal giudizio di merito. L'estinzione del giudizio di merito non determina l'inefficacia dei provvedimenti di cui al sesto comma, anche quando la relativa domanda è stata proposta in corso di causa. L’autorità del provvedimento cautelare non è invocabile in un diverso processo. Quindi il provvedimento cautelare non seguito dall'instaurazione del giudizio che comunque non perde efficacia non acquista autorità di giudicato, non è immutabile e non produce l'effetto del giudicato riconducibile alla sentenza perché in qualunque momento ciascuna delle parti può iniziare il giudizio di merito. L’inefficacia della misura cautelare Al 669 octies si ricollega il 669 novies, perché disciplina l’ipotesi di inefficacia sopravvenuta della misura cautelare. Vi sono ipotesi nelle quali una volta ottenuta la misura cautelare, questa ai sensi dell’art 669 novies perde efficacia: 1)La prima ipotesi si ricollega alla strumentalità e quindi è relativa solo alle misure cautelari conservative perché prevede l'instaurazione necessaria del giudizio di merito o comunque prevede che il giudizio di merito si concluda, quindi non si estingua; ai sensi dell’art 669 octies, le misure cautelari a strumentalità rigida, se non seguite dall'instaurazione del giudizio di merito oppure se seguite dal giudizio di merito che però si estingue perdono efficacia. Chi è che dichiara l'inefficacia in questa ipotesi? lo stesso giudice che ha emanato la misura cautelare “il quale su ricorso della parte interessata (evidentemente il destinatario passivo), La seconda sotto il controllo del giudice che ha emanato il provvedimento cautelare il quale ne determina anche le modalità di attuazione. Per l’attuazione della misura cautelare avente ad oggetto somme di denaro, il richiamo agli artt. 441 ss. indica chiaramente che l’attuazione va fatta seguendo, per ciò che è possibile, le forme del processo di esecuzione. Il legislatore ha voluto garantire che nell’attuazione di queste misure cautelari aventi ad oggetto somme di denaro, fosse rispettata la parcondicio creditorum, cioè, che il patrimonio del destinatario passivo della misura cautelare che viene aggredito per via di quella misura cautelare, non deve solo essere a soddisfazione di chi ha ottenuto la misura cautelare, altrimenti si sarebbe creata una sorta di prelazione assoluta sui beni. Nell’espropriazione forzata ci sono dei momenti ontologicamente non eliminabili come l’individuazione dei beni da aggredire, la liquidazione dei beni e la distribuzione del ricavato. Quindi il legislatore sceglie per le misure cautelari aventi ad oggetto somme di denaro, le forme dell’espropriazione come modalità di attuazione per garantire: - il concorso tra creditori - ed il rispetto del principio della parcondicio creditorum. Invece, quando la misura cautelare ha ad oggetto obblighi di fare o non fare, come la consegna o il rilascio, l’attuazione avviene sotto il controllo del giudice che ha emanato la misura cautelare, il quale determina di volta in volta le modalità di attuazione. Il giudice che ha emanato il provvedimento è anche quello più idoneo ad interpretarlo correttamente e quindi finisce col poterlo integrare con le necessarie prescrizioni circa le modalità di attuazione e risolvendo le eventualità o contestazioni. Ove sorgano difficoltà o contestazioni dà con ordinanza i provvedimenti opportuni sentite le parti. Ogni altra questione va proposta nel giudizio di merito. Rimedi La disciplina del processo cautelare uniforme ha colmato un’altra lacuna della precedente disciplina. Si allude alla mancanza di un sistema idoneo di rimedi contro il provvedimento cautelare. Il legislatore si è mosso in una duplice direzione: - da un lato ha dato al giudice della cautela una sorta di potere permanente di revoca o di modifica inteso a conservare l’adeguatezza della cautela concessa alla situazione materiale e processuale quale si va evolvendo; - dall’altro ha consentito che le parti facciano ricorso con il reclamo ad altro giudice che controlli l’esattezza dell’operato del giudice che ha provveduto. La revoca e la modifica della misura cautelare (669decies) è un potere che può esercitare il giudice istruttore che “nel corso dell’istruzione” su istanza della parte interessata, che può essere quella contro cui è stato concesso il provvedimento come quella che l’ha ottenuto. La disposizione attuale esordisce con una salvezza: “Salvo che venga proposto reclamo ai sensi dell’art. 669terdecies*, nel corso dell’istruzione, il giudice istruttore della causa di merito può, su istanza di parte, modificare o revocare, con ordinanza, il provvedimento cautelare, anche se emesso anteriormente alla causa, se si verificano mutamenti delle circostanze o si allegano fatti ulteriori di cui è acquisita conoscenza successivamente al provvedimento cautelare. In tal caso, l’istante deve fornire la prova del momento in cui è venuto a conoscenza”. *Da intendere nel senso che è impossibile chiedere e ottenere una revoca o una modifica se pende il reclamo. I motivi di reclamo possono essere deducibili anche come motivi di revoca e modifica, perché alla base vi possono essere mutamenti delle circostanze; il legislatore dovendo risolvere il concorso tra i due rimedi da la prevalenza al reclamo. Quindi, il primo comma ci dice che in caso di concorso tra reclamo, revoca o modifica, prevale il reclamo. Se non c’è reclamo, la revoca o la modifica dell’ordinanza di accoglimento, quando il giudizio pende, vanno chieste al giudice del merito. La revoca e la modifica possono fondarsi o su mutamenti di circostanze (cioè, sopravvenienze in fatto o in diritto) oppure fatti anteriori che preesistevano di cui si è acquisita conoscenza successivamente al procedimento cautelare. Ad esempio, posso ottenere la revoca o la modifica, perchè nel frattempo tizio ha ottenuto in via d’urgenza l’assegno alimentare perché caduto in disgrazia ne aveva bisogno come fonte di sostentamento; ottengo la misura cautelare; successivamente potrebbe succedere che tizio vince la lotteria (sopravvenienza) (oppure l’INPS gli riconosce una pensione), e quindi il figlio potrà fare istanza di revoca della misura cautelare. Però, quando viene dedotto un fatto preesistente di cui acquisisco conoscenza dopo la misura cautelare , la norma dice che l’istante deve fornire la prova del momento in cui ne è venuto a conoscenza, il che non vuol dire che io devo dimostrare che quel giorno preciso sono venuto a conoscenza di quel fatto che può giustificare la revoca o la modifica della misura cautelare, ma dovrò dimostrare solamente che in quel momento non ero venuto a conoscenza, e che la conoscenza è sopravvenuta. La norma poi continua: Quando il giudizio di merito non è iniziato, oppure è stato dichiarato estinto, (e qui parliamo evidentemente di procedimenti a strumentalità attenuata, perché altrimenti avrebbero perso efficacia) la revoca o la modifica dell’ordinanza di accoglimento, esaurita l’eventuale fase del reclamo promosso ai sensi del 669terdecies, possono essere richieste al giudice che ha provveduto sull’istanza cautelare se si verificano mutamenti delle circostanze o si allegano fatti anteriori di cui si è acquisita conoscenza successivamente al provvedimento cautelare. In tal caso, l’istante deve fornire una prova del momento in cui ne è venuto a conoscenza. All’ultimo comma dice che: “se la causa di merito è devoluta alla giurisdizione del giudice straniero o ad un arbitrato, ovvero se l’azione civile è stata esercitata nel giudizio penale, i provvedimenti previsti dal presente articolo devono essere richiesti al giudice che ha emanato il provvedimento cautelare (669 quater, 669 quinquies). Infatti se il giudice di pace e l’arbitro non possono emanare una misura cautelare, perché non hanno la potestà cautelare, ne tantomeno potranno provvedere alla revoca o alla modifica della misura cautelare. 669 terdecies - Reclamo Il reclamo è una forma di controllo nei confronti dei provvedimenti cautelari. Controllo interno e trova la sua disciplina nell’art 669 terdecies. In origine, la norma prevedeva la reclamabilità del solo provvedimento di accoglimento, solo se il giudice concedeva la misura cautelare, il destinatario passivo poteva ricorrere allo strumento del reclamo. Fu infatti sollevata la questione di illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 24 dinnanzi alla Corte Costituzionale, la quale disse che la violazione non è dell’art. 24, ma dell’art. 3 della Costituzione (uguaglianza), perché il destinatario passivo poteva proporre reclamo, invece colui che ha fatto richiesta della misura cautelare e se l’è vista rigettare non può fare reclamo. La Corte si è resa conto di questa disparità di trattamento, consentendo anche al destinatario del provvedimento di rigetto il reclamo. Quindi, il reclamo è un rimedio proponibile contro il provvedimento che concede o nega la misura cautelare. Non è invece reclamabile il decreto pronunciato inaudita altera parte ai sensi dell’art 669 septies il quale dice che il giudice provvede sentite le parti, quindi con la preventiva instaurazione del contraddittorio, però in caso di urgenza può emanare il provvedimento senza instaurare il contraddittorio, quando la instaurazione del contraddittorio renderebbe inutile la misura cautelare. Allora quando fa ciò, emana la misura cautelare con decreto, ma la sede naturale di controllo del decreto, emanata inaudita altera parte, è l’udienza in cui il decreto sarà confermato modificato o revocato, cioè assorbito nell’ordinanza. Per cui contro il decreto che pronuncia la misura cautelare, senza la preventiva instaurazione, non è esperibile reclamo, perché luogo di controllo del decreto, è l’udienza che il giudice deve necessariamente fissare entro 15 giorni. In quell’udienza il giudice farà il controllo e quindi, confermerà o modificherà o revocherà il decreto, pronunciando ordinanza. quell’ordinanza sarà reclamabile. 669 terdecies - Reclamo Contro l'ordinanza con la quale è stato concesso o negato il provvedimento cautelare è ammesso reclamo nel termine perentorio di quindici giorni dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o dalla notificazione se anteriore. Il reclamo contro i provvedimenti del giudice singolo del tribunale si propone al collegio, del quale non può far parte il giudice che ha emanato il provvedimento reclamato. Quando il provvedimento cautelare è stato emesso dalla corte d'appello, il reclamo si propone ad altra sezione della stessa corte o, in mancanza, alla corte d'appello più vicina. Il procedimento è disciplinato dagli articoli 737 e 738. (Le norme a cui fa riferimento questo comma sono quelle che regolano il procedimento camerale). Le circostanze e i motivi sopravvenuti al momento della proposizione del reclamo debbono essere proposti, nel rispetto del principio del contraddittorio, nel relativo procedimento. Il tribunale può sempre assumere informazioni e acquisire nuovi documenti*. Non e' consentita la rimessione al primo giudice. *Rientra tra le facoltà del collegio sia quella di assumere informazioni ex novo anche da parte di soggetti che non sono stati indicati precedentemente dalle parti sia quella di acquisire nuovi documenti. Il collegio, convocate le parti, pronuncia, non oltre i venti giorni dal deposito del ricorso, ordinanza non impugnabile con la quale conferma, modifica o revoca il provvedimento cautelare. Infatti, il Presidente del collegio nomina, tra i componenti, un relatore che esplica agli altri componenti del collegio la questione oggetto di reclamo. Si tratta di un'udienza a porte chiuse che per l'appunto si svolge in camera di consiglio. Il collegio, in sede di reclamo, oltre ad analizzare il merito della vicenda verifica la presenza di eventuali errores in procedendo e in judicando, in cui può essere incorso il giudice nella emanazione del provvedimento cautelare. Il procedimento Il sequestro deve essere eseguito entro 30 giorni dalla data di pronuncia del provvedimento. Le modalità di esecuzione sono fissate negli articoli 677 e ss. e sono simili a quelli dell'esecuzione forzata, infatti:  il sequestro giudiziario si esegue come un'esecuzione per consegna o rilascio, omessa la notificazione del precetto e l'avviso di quell'articolo 608, salvo che il custode sia persona diversa dal debitore; Il sequestro conservativo si esegue come un pignoramento (di mobili o presso terzi e in questo ultimo caso con citazione del terzo; di immobili con la trascrizione del provvedimento). Nel caso di sequestro di crediti, il giudizio sulle controversie relative all'accertamento dell'obbligo del terzo è sospeso fino all'esito di quello sul merito a meno che il terzo non chieda l'immediato accertamento dei propri obblighi. Se la sentenza è di accoglimento della domanda, il sequestro giudiziario viene assorbito dalla sentenza che rende possibile l'esecuzione in forma specifica. Per quanto riguarda il sequestro conservativo invece, occorre che il sequestro sia trasformato o convertito in pignoramento. La conversione è subordinata al compimento delle formalità previste ovvero il sequestrante deve depositare copia della sentenza di condanna esecutiva nel termine perentorio di 60 giorni dalla comunicazione, nella cancelleria del giudice competente per l'esecuzione e quando il sequestro ha per oggetto immobili, nello stesso termine deve chiedere l'annotazione della condanna esecutiva a margine della trascrizione del sequestro. Il mancato tempestivo deposito comporta con l'inefficacia del provvedimento cautelare, una causa di estinzione del processo esecutivo. Esiste un’altra ipotesi di conversione del sequestro conservativo: quando il debitore presti idonea cauzione per l'ammontare del credito che ha dato causa al sequestro e per le spese, in ragione del valore delle cose sequestrate. Si tratta di una sorta di conversione dell'oggetto del sequestro non dissimile dalla conversione del pignoramento disciplinato dall'articolo 495. Altre misure cautelari tipiche sono: - le denunce di nuova opera e di danno temuto; - i provvedimenti di urgenza - e i procedimenti di istruzione preventiva. Le denunce di nuova opera e di danno temuto Sono disciplinate dai soli articoli 688 e 691. Il proprietario, il titolare di altro diritto reale di godimento o il possessore possono chiedere che sia vietata la continuazione dell'opera o che il giudice detta disposizioni opportune per ovviare al pericolo, sussistendo i presupposti indicati dalle richiamate disposizioni. Il relativo procedimento è quello regolato dal 669 bis e seguenti. Il legislatore, nel modificare la disciplina del processo cautelare, ha espressamente disposto che ai provvedimenti emessi a seguito di denunzia di nuova opera o di danno temuto si applicano le disposizioni sulle misure anticipatorie (articolo 669 octies sesto comma). Quindi il regime giuridico di tali provvedimenti è quello dei provvedimenti cautelari anticipatori il che vuol dire che l'efficacia dei provvedimenti resta ferma anche se non viene iniziato il giudizio di merito. I provvedimenti di urgenza I provvedimenti di urgenza hanno carattere sussidiario ovvero non possono essere concessi se e possibile il ricorso a una misura cautelare regolata nelle precedenti sezioni del capo III. Il limite è però inteso in senso ampio in quanto si ritiene che il provvedimento non possa essere concesso quando la cautela può essere ottenuta e il pericolo evitato, facendo ricorso a una qualsiasi delle misure cautelari previste nel codice di procedura civile o altrove. Il provvedimento urgente può essere chiesto a cautela di un diritto fatto valere in via ordinaria. Ciò vuol dire che la misura va coordinata a una situazione giuridica piena e quindi non è una situazione di mero interesse e neppure il cd interesse legittimo. Logicamente spetta al giudice valutare la consistenza di tale situazione scindere dalla prospettazione formulata dalla parte. Vuol dire anche che la cautela è posta a servizio di un processo che termina con un provvedimento suscettibile di giudicato e quindi che adesso non si può far ricorso se la posizione da cautelare deve essere conosciuta da un giudice speciale o viene in rilievo in un processo che non abbia contenuto cognitivo ad esempio processo di esecuzione. Il provvedimento urgente può essere chiesto quando il diritto sia minacciato da un pregiudizio imminente irreparabile. È ovvio che occorre previamente valutare il fumus; quindi si passa a valutare il pregiudizio da evitare. Il requisito dell'imminenza e legato prevalentemente ma non esclusivamente a un dato cronologico ed è affidato ad una valutazione del caso per caso. Dell'irreparabilità si è già trattato. Il contenuto. Il contenuto del provvedimento è quello che appare secondo le circostanze, più idoneo ad assicurare gli effetti della decisione sul merito. È quindi un contenuto atipico che va modellato dal giudice anche d'ufficio in funzione del pericolo rappresentato e al quale occorre porre rimedio: può essere un provvedimento conservativo, anticipatorio, innovativo o avere mescolati i vari caratteri. Presupposti sono il fumus bonis iuris e il periculum in mora. Procedimenti d’istruzione preventiva sono disciplinati dagli art 692 ss. si tratta di misure cautelari che consentono di ottenere un mezzo istruttorio subito per ovviare al pericolo che la prova possa andare perduta. Il procedimento è totalmente mutuato dalle norme sul procedimento cautelare comune con la precisazione che l'articolo 669 octies considera i provvedimenti in esame come anticipatori. I procedimenti di istruzione preventiva sono regolati dagli articoli 692 e seguenti a dessi le disposizioni sul procedimento cautelare comune non si applicano ad eccezione dell'articolo 669 septies. I procedimenti di istruzione preventiva si differenziano dai provvedimenti cautelari classici in quanto questi ultimi si fondano sull'accertamento del periculum in mora e del fumus bonis iuris, mentre i procedimenti di istruzione preventiva presuppongono sono l'accertamento del periculum in mora ovvero dell'urgenza dell'esperimento del mezzo di prova. L'istanza si propone con ricorso. Procedimento in corso di causa. Di solito si fa ricorso a questi strumenti prima che inizi il processo ma nulla esclude che il pericolo Che la fonte probatoria vada perduta ad esempio perché il testimone è molto malato e non è possibile attendere i tempi ordinari per escuterlo, si possa presentare in corso di causa. Perciò il codice prevede l'articolo 699 espressamente l'ipotesi che l'istanza sia proposta in corso di causa o durante l'interruzione o la sospensione del giudizio. Competente è il giudice che sarebbe competente per la causa di merito in caso di istanza ante causan, E il giudice del merito quando la causa è iniziata. Quindi diversamente da quanto è previsto per il procedimento uniforme, l'istruzione preventiva può essere disposta anche dal giudice di pace. Se i fori competenti sono più di uno, nulla esclude che l'istanza di istruzione preventiva sia proposta giudice diverso da quello che poi è adito per il merito, purché entrambi fossero astrattamente allo stesso modo competenti. In caso di eccezionale urgenza, l'istanza può essere proposta anche al tribunale del luogo in cui la prova deve essere assunta. Ove la lite completa o penda dinnanzi agli arbitri l'accertamento tecnico preventivo va domandato al giudice che sarebbe competente per il merito. Il codice prevede che in via preventiva possono essere assunti testimoni o che possa disporsi un'ispezione o un accertamento tecnico e a questi mezzi sembra di dover limitare gli strumenti di istruzione preventiva, in quanto non ci riesce così come non è riuscito evidentemente al legislatore di immaginare un giuramento decisorio in via preventiva o interrogatorio libero o formale della parte anch'essa in via preventiva. Il legislatore del 2005 ha modificato l'articolo 696 risolvendo alcuni problemi sorti nel passato. In primo luogo adeguandosi a quanto stabilito dalla corte costituzionale, ha previsto espressamente che se ricorre l'urgenza, l'accertamento ed ispezione possono essere disposti anche sulla persona dell'istante e se questa di consente, sulla persona nei cui confronti l'istanza è proposta. In questo modo oggetto della misura non sono soltanto lo stato dei luoghi o la qualità o la condizione delle cose ma anche le persone. Logicamente se la parte o il terzo rifiuta di sottoporsi all'ispezione si applica l'articolo 118 secondo e terzo comma. In secondo luogo il legislatore ha troncato le discussioni in ordine alla possibilità di affidare il tecnico la valutazione in ordine alle cause e ai danni relativi all'oggetto della verifica, ammettendo la espressamente. Il giudice provvede normalmente con ordinanza dopo aver provocato il contraddittorio. In caso di eccezionale urgenza è possibile provvedere con decreto e quindi inaudita altera parte. In tal caso il giudice può nominare un procuratore che intervenga per le parti non presenti all'assunzione della prova. Il decreto deve essere notificato non oltre il giorno successivo e a cura del cancelliere alle parti non presenti all'assunzione. I provvedimenti emessi siano essi ordinanze decreti non sono modificabili e in origine neppure erano impugnabili. Non da molto la corte costituzionale ha ammesso il reclamo contro i provvedimenti di rigetto. La pronuncia è ragionevole ove si rifletta che il regime è stato così fissato in base all'idea che l'assunzione preventiva dei mezzi di prova non pregiudica le questioni relative alla loro ammissibilità e rilevanza, ne impedisce la loro rinnovazione del giudizio di merito (idea valida solo per il caso di provvedimento positivo. Nulla è previsto per le spese. In caso di provvedimento a missiva, le spese sono anticipate dalla parte istante che ne potrà ottenere il rimborso con il provvedimento di merito che le dia ragione. In caso di provvedimento negativo mancando la norma espressa, la giurisprudenza assume che il giudice debba provvedere sulle spese. Consulenza tecnica con funzione conciliativa Nel 2005 il legislatore ha introdotto nel capo relativo ai provvedimenti di istruzione preventiva l'articolo 696 bis disciplina la consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite. A questo strumento si può far ricorso anche al di fuori delle condizioni di cui al primo comma il che vuol dire che non c'è bisogno di dimostrare il pericolo nel ritardo. Esso serve per accertare e determinare i crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione delle obbligazioni contrattuali o da fatto illecito e quindi per accertare non solo l'ammontare di un credito pecuniario derivante da responsabilità contrattuale o extracontrattuale, ma anche se il credito esista. Capitolo 5 Il nuovo procedimento sommario Il nuovo procedimento sommario è stato introdotto dalla legge del 2009 quale vero e proprio rito alternativo al processo di cognizione ordinaria, ispirato all'esigenza di rendere più celere la definizione delle controversie. La disciplina è contenuta negli articoli 702 bis, 702 ter e 702 quater. L'impiego di tale procedimento è di regola facoltativo dal momento che compete all'attore la scelta di farvi ricorso, in alternativa alla tutela ordinaria nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica (articolo 702 bis secondo comma). Il procedimento prevede che la conoscenza dei fatti ai fini della decisione venga acquisita attraverso un istruttore particolarmente semplificata e rimessa alla discrezionalità del giudice. Art 702bis: Forma della domanda, costituzione delle parti L'atto introduttivo è il ricorso sottoscritto a norma dell'articolo 125 e contenente le indicazioni di cui ai numeri1, 2, 3, 4, 5 e 6 e l'avvertimento di cui al numero 7 dell'articolo 163 terzo comma (avvertimento da inserire nel ricorso nella previsione della successiva notifica della copia dell'atto con in calce il decreto di fissazione dell'udienza). Depositato il ricorso e disegnato dal presidente del tribunale il magistrato a cui è affidata la direzione del procedimento, quest'ultimo con decreto fissa l'udienza per la comparizione delle parti, fissando il termine per la costituzione del convenuto che deve avvenire non oltre 10 giorni dalla prima udienza. Il ricorrente deve notificare ricorso e decreto almeno 30 giorni prima della data fissata per la costituzione del convenuto (se i convenuti sono più di uno i 30 giorni devono essere rispettati in relazione all'ultima notifica). Il convenuto deve costituirsi nel termine depositando la comparsa di risposta, nella quale propone le sue difese e prende posizione sui fatti posti a fondamento della domanda, indicando i mezzi di prova di cui intende avvalersi e i documenti che offre in comunicazione nonché formula le conclusioni. Nella comparsa di risposta deve inoltre a pena di decadenza, proporre le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio, le eventuali domande riconvenzionali e chiamare il terzo in garanzia. In quest'ultimo caso deve chiedere al giudice lo spostamento dell'udienza, che il giudice è tenuto a concedere con decreto comunicato dal cancelliere alle parti costituite, fissando una nuova udienza con il termine perentorio per la citazione del terzo. Il giudice non da luogo al prosieguo del procedimento: a) quando si ritiene incompetente in tal caso pronuncia ordinanza con termine per la riassunzione dinanzi al giudice competente; b) quando ritiene la domanda inammissibile perché non rientra tra quelle indicate nell'articolo 702 bis anche in questo caso pronuncia ordinanza; c) quando ritiene che le difese svolte dalle parti richiedono un'istruzione non sommaria in questo caso con ordinanza non impugnabile converte il procedimento sommario in processo ordinario fissando l'udienza di cui all'articolo 183. Per quanto riguarda la domanda riconvenzionale possono aversi tre situazioni: a) se la domanda non rientra tra le controversie di cui all'articolo 702 bis il giudice con ordinanza la dichiara inammissibile; b) se la stessa richiede un'istruzione non sommaria ne dispone la separazione*; c) altrimenti la tratta insieme con quella principale. Quando da luogo al prosieguo del procedimento nell'udienza di comparizione il giudice sente le parti. Quindi il giudice all'udienza di comparizione deve prima risolvere le questioni preliminari e una volta ritenuta possibile il procedimento sommario sente le parti sul merito della controversia. In particolare e per rispettare il principio del contraddittorio, deve dare al ricorrente la possibilità di difendersi in relazione alle difese del convenuto e quindi offrirgli la possibilità di contro dedurre proponendo sua volta eccezioni, di svolgere eventuali contro domande in relazione alla domanda riconvenzionale proposta dal convenuto e tutto ciò a quanto pare nell'udienza di comparizione, non essendo prevista altra udienza e senza che il convenuto abbia la possibilità di termini a difesa. Infatti in tale udienza il giudice omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti. L'articolo 702 ter non prevede che siano concessi termini per lo scambio di memorie o comparse e per la precisazione delle conclusioni. Esaurita l'istruzione secondo il legislatore, il giudice emette ordinanza di accoglimento o di rigetto della domanda provvedendo sulle spese. L'ordinanza è titolo esecutivo e costituisce titolo per iscrizione dell'ipoteca giudiziale e per la trascrizione. Sebbene sia evidentemente un provvedimento a contenuto decisorio, è una vera e propria ordinanza di condanna perché le caratteristiche sono quelle tipiche della sentenza di condanna (costituisce titolo esecutivo, costituisce titolo per iscrivere ipoteca giudiziale e così via . L'ordinanza è appellabile. Se non è appellata produce gli effetti della sentenza passata in giudicato: è un provvedimento di merito ed è idoneo al giudicato di cui all'art. 2909 cc. L'appello va proposto alla corte di appello nel termine di 30 giorni che decorrono dalla comunicazione o notificazione (di conseguenza chi vuole appellare deve stare attento nel verificare se l'ordinanza è stata comunicata prima della notificazione. Il procedimento segue le disposizioni del codice sull'appello con due sole differenze: • Sono ammessi nuovi mezzi di prova e nuovi documenti non solo quando la parte dimostra di non aver potuto proporli nel corso del procedimento sommario per causa ad essa non imputabile, ma anche quando il collegio di ritiene indispensabili ai fini della decisione. In caso di ammissione della prova il presidente del collegio può delegarne l'assunzione ad uno dei componenti del collegio; • Non è dato al collegio di dichiarare inammissibile il gravame in prima udienza quando non sussiste la ragionevole probabilità di accoglimento dell'impugnazione. La disapplicazione del meccanismo acceleratorio di recente versato nei nuovi articoli348 bis e 348 ter c.p.c. si giustifica con la funzione di questo appello, che nei limiti consentiti dall'ambigua nozione di indispensabilità, è anche di sostanziale recupero delle attività eventualmente sacrificata in primo grado a motivo della sommarietà nel rito. Problemi applicativi Nella legge 105/2011, che ha riordinato e semplificato i riti della cognizione ordinaria, il legislatore ha detto che i riti di cognizione sono: il rito della cognizione ordinaria; il rito del lavoro; il rito a cognizione sommaria; Quindi il legislatore stesso, nel 2011, nella legge 105, ha detto che questo rito, che si applica a tutta una serie di controversie che ha specificato nella legge speciale, è un vero e proprio rito di cognizione, alternativo rispetto al rito della cognizione ordinaria per le cause che abbiano i presupposti di cui all'art. 702 bis. Però al tempo stesso dov'è collocato questo articolo? Nel quarto libro, dopo i provvedimenti di urgenza, quindi dopo l'ultimo libro dei provvedimenti cautelari, che sono caratterizzati da una istruzione sommaria, e anzi, fate un esercizio, andate a vedere l'art. 669 sexies, è simile. Le stesse parole utilizzate in contesti diversi vanno purtroppo interpretate in modi diversi. Quello che sembra voler indicare l'identico fenomeno in realtà significa due cose diverse, nonostante che il legislatore abbia adoperato un inciso intero di una norma. Tale procedimento sommario di cognizione ha avuto scarso successo nella pratica. Sono riscontrate diverse difficoltà operative. A)Ambito. “Nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica, la domanda può essere proposta con ricorso al tribunale competente”. È possibile adottare oggi questo metodo nelle cause che oggi ai sensi dell'art. 50 bis ss sono di competenza del tribunale in composizione monocratica quindi, a contrario, non si può applicare questo istituto che è rimesso alla libera scelta della parte per le cause che invece in primo grado dinanzi al tribunale sono di competenza del collegio. Questo è il primo comma. In primo luogo è discutibile l'ambito di applicazione. Sicuramente a questo procedimento non assorbe i procedimenti sommari previsti nel libro IV del codice, essendo indirizzato al procedimenti contenziosi, anche se si svolgono con forme camerali. A noi sembra poi che esso non interferisca con i riti speciali di cognizione contrassegnati da concentrazione processuale o da ufficiosità dell'istruzione quali ad esempio il rito del lavoro in quanto questi ultimi costituiscono uno dei modelli alternativi che il legislatore deve tenere in vita. Insomma anche se l'articolo 702 bis parla al primo comma genericamente di cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica ci sembra sottinteso che debba trattarsi di cause che vengono giudicate in via ordinaria. Ci si chiede se si applica alle cause di lavoro, ma ciò è escluso in quanto queste sono già assoggettate ad un rito speciale alternativo. B) Lacune della disciplina. In secondo luogo è singolare che la nuova disciplina non rinvio alle disposizioni del codice sul processo ai contenziosi in quanto compatibili, così dando vita a una lacuna che dovrà essere colmata in via interpretativa. Certo è che la struttura di formalizzare il processo potrà dare luogo a qualche dubbio di costituzionalità. Se per esempio l'interpretazione delle disposizioni fosse rigida, nel senso di non ritenere consentita all'attore la deduzione di contraccezione o di nuove domande come conseguenza di quanto asserito e domandato dal convenuto nella comparsa di costituzione; se a quest'ultimo non fosse concessa la facoltà di replicare; se le parti esaurita l'istruzione, non avessero la possibilità di discuterne per riscritto ora al mente si potrebbe dubitare che il procedimento sia rispettoso del diritto di difesa. Ma se per tener conto del diritto di difesa si disse spazio alle richiamate
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