Scarica DIRITTO PROCESSUALE PENALE E PROCEDIMENTO DELLA PREVENZIONE: SBOB+RIASSUNTO DEL LIBRO e più Sbobinature in PDF di Diritto Processuale Penale solo su Docsity! ARGOMENTO 4 - IL PROCEDIMENTO PROBATORIO 15 - LE PROVE Le prove sono: - il materiale attraverso cui accertiamo il fatto storico, la verità → sono le prove l’oggetto del processo. - segni sensibili del fatto da provare: le dichiarazioni del testimone; l’impronta digitale, il segno sensibile che permette la ricostruzione → è un’operazione attraverso cui si arriva a ottenere dichiarazioni da un soggetto che ci permetteranno di ricostruire il fatto storico; - esito positivo dell’operazione mentale intesa a vagliare l’assunto: ritengo che quelle dichiarazioni provano il fatto di omicidio → quindi, il risultato ottenuto attraverso il mezzo di prova. Mezzo di prova: è lo strumento che ci fornirà la prova (testimonianze, esami, perizie ecc.); Temi da provare: - allegato della prova: il risultato finale a cui mira la prova, cioè dimostrare i fatti oggetto dell’imputazione, che corrispondono agli elementi strutturali della fattispecie di reato che nel codice sono individuati astrattamente ma vanno provati concretamente per capire se si sono verificati → è il tema fondamentale del giudizio, i fatti oggetto dell’imputazione; - oggetto di prova: un certo fatto da cui provo gli allegati → è quello che la parte dice di voler provare e spiega di voler provare quel certo fatto perchè spiega che servirà a provare l’allegato stesso. Allegato e oggetto potrebbero coincidere. Classificazione delle prove Le prove pongono il giudice di fronte a due situazioni mentali diverse: 1. abbiamo categorie di prove che pongono il giudice di fronte a un atto di fede, irrazionale, alogica, privo di logicità, che è di credere o non credere a un dichiarante. Perciò vi sono prove classificate come a funzione narrativa perché si ha il dichiarante che narra - non importa che la dichiarazione sia scritta o orale - e ci sarà sempre un problema di veridicità, credere o non credere. La persona può mentire, il problema è poi la credibilità. 2. vi sono prove che riproducono degli accadimenti così come sono avvenuti nella realtà (per esempio una foto), presuppongono l’utilizzo di mezzi scientifici (scienze esatte), hanno funzione induttiva. Un’altra classificazione è tra: ● Prove dirette: ci sono prove che rappresentano che il dato sensibile, che poi deve essere valutato dal giudice, coincide con i fatti oggetto dell’imputazione (un testimone, una foto, un video). 1 ● Prove indirette o indiziarie: sono le prove che hanno oggetto fatti diversi, rispetto ai temi probatori, rispetto però ai quali si può infierire attraverso ragionamenti e arrivare ai fatti oggetto dell’imputazione (impronta digitale). Può portare a inferenze sbagliate. Le prove indirette devono essere: gravi, precise e concordanti. Poi, si possono distinguere in: ● Tipiche: sono regolate dal codice in ogni dettaglio; ● Atipiche: prove non regolate dal codice, comporta degli adattamenti. 16 - IL PRINCIPIO DISPOSITIVO Procedimento probatorio: fasi che riguardano la prova. Abbiamo 4 fasi: 1. ricerca della prova: si colloca durante l’udienza preliminare; 2. ammissione della prova: si colloca nella fase iniziale della prova; 3. acquisizione della prova (o assunzione della prova): si colloca al centro del dibattimento; 4. valutazione della prova: si colloca alla fine del dibattimento e consente di arrivare alla decisione finale. Le fasi 2, 3, 4 sono governate dal principio che plasma le regole processuali che coinvolgono la fase procedimentale in cui la prova è ammessa, acquisita e valutata: 2. Principio dispositivo = fase ammissiva 3. Principio del contraddittorio nella formazione della prova = fase acquisitiva 4. Principio del libero convincimento del giudice = fase valutativa Principio dispositivo Le parti nel processo penale hanno il monopolio delle prove, cioè sono le parti che decidono e selezionano quali saranno le prove che dovranno essere introdotte nel processo e poi utilizzate ai fini della decisione. Questo principio è classica inquisizione del processo accusatorio poiché nel processo inquisitorio la fase di ammissione della prova apparteneva al giudice. Le prove non può selezionarle il giudice altrimenti sarebbe imparziale. Le parti hanno quindi il diritto alla prova, cioè le parti chiedono le prove e ottengono dal giudice un provvedimento in cui vengono ammesse. Le parti dispongono dei mezzi di prova quindi hanno il diritto di chiederle e di vederle ammesse, si ha diritto all'ammissione delle prove. L’art. 190 c.p.p. (“Diritto alla prova”) specifica la regola decisoria in base alla quale il giudice deve decidere se ammettere o meno le prove. Art. 190. c.p.p. - Diritto alla prova. 2 Le regole processuali che danno attuazione alle deroghe al contraddittorio si realizzano quando: ● gli atti di indagine sono inseriti nel fascicolo del dibattimento: alcuni atti di indagine formati in segreto dal PM possono essere inseriti nel fascicolo processuale e usarti come prova (inserimento che deve essere giustificato da una delle 3 clausole della cost.: impossibilità oggettiva, provata condotta illecita, consenso dell’imputato); ● i giudizi speciali deflattivi del dibattimento: esisitono riti speciali dove l’imputato chiede di essere giudicato allo stato degli atti sulla base degli atti di indagine raccolti dal PM, rinuncia al dibattimento e al contraddittorio (si giustificano per uno sconto di pena in caso di condanna); ● le letture dibattimentali degli atti contenuti nel fascicolo delle parti: in deroga al contraddittorio, si potrà prendere un atto contenuto nel fascicolo delle indagini (o delle parti) che il giudice non conosce e può essere usato come prova. 18 - IL PRINCIPIO DEL LIBERO CONVINCIMENTO DEL GIUDICE Regola la fase della valutazione della prova. È un principio che va compreso attraverso il principio opposto, cioè il principio della prove legali: di fronte alla confessione di un fatto sfavorevole, necessariamente si deva dare per provato l’oggetto della confessione. Possiamo distinguere, dal punto di vista della valutazione, sistemi in cui è il legislatore che individua e ci dice come usare le prove oppure sistemi in cui lascia libero il giudice di valutare le prove secondo la sua razionalità, coscienza, intima convinzione. Nel processo penale non esistono prove legali, il giudice non interviene per predeterminare il risultato probatorio di una prova ma è libero. Questa libertà riconosciuta al giudice trova dei limiti: ● nell’obbligo di motivazione: tutte le sue determinazioni in ordine alla valutazione della prova devono essere riprodotte nella decisione, deve spiegare i motivi e perché ha ritenuto credibili certe prove o non credibili altre prove. È l’obbligo del giudice, sia che si tratti di assoluzione sia di condanna, indicare nella decisione: ○ quali sono le prove che fondano la decisione e per quale motivo ha ritenuto che questa sono credibili e possono portare a quella determinata decisione; ○ il motivo per cui ha ritenuto non credibili le prove contrarie alla decisione; 5 ○ la spiegazione logica e razionale delle sue decisioni, deve usare dei parametri di logicità e razionalità di un uomo medio, ispirati a criteri di ragionevolezza; ○ le massime scientifiche o di esperienza utilizzate: chi odia uccide → non può essere una massima scientifica o di esperienza. Se fa ricorso a massime scientifiche inesistenti, inventate, non ha fatto un buon uso del libero convincimento e quindi la sua decisione sarà sindacata. ● nell’obbligo di usare solo le prove utilizzabili: la griglia, le prove, che può utilizzare nella sua decisione sono solo quelle utilizzabili, le altre non possono essere usate; ● nell’identità fra giudice che acquisisce e giudice che decide: colui che le deve valutare deve essere lo stesso che ha acquisito le prove; ● nelle regole decisorie che governano la decisione: è il legislatore che ci dice qual è la decisione che il giudice deve emettere in base alla valutazione che ha fatto delle prove. Vi sono delle regole decisorie che stabiliscono cosa deve decidere in base ai risultati probatori che ha ottenuto in virtù del suo libero convincimento; ● nel controllo della motivazione: è un atto sindacabile quindi deve essere controllata. Se ha una motivazione mancate, illogica o contraddittoria si può fare ricorso in Cassazione. E delle eccezioni, il legislatore interviene spiegando come certe prove devono essere valutate, da delle indicazioni: ● legalismi probatori: intervento del legislatore, che da delle indicazioni; ● prova indiziaria: ha ad oggetto un fatto che non rappresenta direttamente i fatti oggetto dell’imputazione ma da cui è possibile dedurre, arrivare, ai fatti oggetto dell’imputazione attraverso dei ragionamenti. Proprio per questo, il codice specifica al giudice che può utilizzarla solo se questa è grave, decisa e concordate, quindi è il giudice che valuta la prova (su una sola prova indiziaria non può essere fondata una decisione); ● chiamante in reità o correità: il diritto al silenzio si perde se l’imputato accusa altri soggetti di reati, quindi un imputato che fa dichiarazioni accusatorie nei confronti di altri soggetti è un dichiarante che pone problemi di credibilità (potrebbero essere fatte dichiarazioni false per sconti di pena); il giudice sarà libero di credere o non credere al chiamante in reità o correità, però per arrivare a fondare una condanna sulla base di questa dichiarazioni ha bisogno di riscontri. Quindi da una parte il giudice valuta liberamente le prove, con tutti i limiti volti a contenere la libertà; dall’altra parte deve motivare. 19 - L’INUTILIZZABILITÀ 6 L’inutilizzabilità si ha quando una prova non è conforme al modello legale previsto dal legislatore, la conseguenza è l’impossibilità di usare l’atto probatorio per una decisione. Il giudice può valutare tutte le prove ammesse e acquisite, tranne quelle inutilizzabili. Potrebbe trattarsi di una prova molto importante per il processo che però è inutilizzabile perchè è stata ammessa o acquisita violando il paradigma legislativo che regola quella prova la conseguenza è che quella prova, anche se fondamentale o decisiva, dovrà essere utilizzata dal giudice per la decisione; qualora il giudice usasse quella prova nella decisione la conseguenza sarebbe che la decisione sarà annullata e bisognerà decidere di nuovo ma in assenza di quella prova. Art. 191 c.p.p. - Prove illegittimamente acquisite. 1. Le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non possono essere utilizzate. 2. L'inutilizzabilità è rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del procedimento su eccezione di parte o dal giudice d’ufficio. Si ha inutilizzabilità patologica quando si hanno: ● Prove inammissibili: prova ammessa nonostante vi sia un divieto di legge, se viene ammessa e poi acquista anche questa è invalida (per es. il documento anonimo: non può mai entrare nel processo; le intercettazioni illegali: io da cittadino registro conversazioni tra privati); DIVIETO PROBATORIO A MONTE. ● Prove male acquisite: prove ammesse senza rispettare i criteri previsti dal legislatore, violano la procedura di acquisizione (per es. far parlare una persona sotto ipnosi); MANCATO RISPETTO DI ALCUNE REGOLE CHE GOVERNANO IL MODO IN CUI LA PROVA SI DEVE FORMARE. ● Prove non valutabili: prove ammissibili, bene acquisite ma hanno dato risultati probatori non valutabili. Sono patologie consequenziali, cioè l’una si trasmette all’altra. Si ha inutilizzabilità fisiologica quando le prove non sono acquisite nel contraddittorio. TEORIA DELL’ALBERO AVVELENATO → nel momento in cui una prova è inutilizzabile questa si trasmette a prove che derivano dalla precedente prova; nel nostro sistema non ha ancora fatto ingresso. L’arma del delitto che si trova durante una perquisizione illegale non solo ha violato le norme che regolano l’atto della perquisizione ma anche i principi costituzionali fondamentali perché senza che ci fossero i presupposti di legge è 7 ● Esame della parte: mezzo di prova attraverso il quale nel dibattimento viene acquisita la dichiarazione dell’imputato. ● Sommaria informazione o interrogatorio: svolto dall’autorità giudiziaria. È una raccolta di informazioni che provengono dall’indagato. Dichiarazioni: ➔ esame della parte → se rese in dibattimento nel contraddittorio. ➔ sommarie informazioni della persona indagata → se raccolte durante le indagini da parte del PM o autorità giudiziaria o giudice. ---------------------------------------------------------------------------------------- ● Perizia: mezzo di prova con cui viene spiegato nel processo, da una persona esperta, come funzionano determinati meccanismi (uno sparo, un’impronta digitale, cause del decesso). ● Accertamento tecnico: atto di indagine svolto dal PM con la collaborazione di un consulente che fa degli accertamenti, valutazioni, analoghe a quelle del perito. Differenze: ➔ perizia → è fatta nel contraddittorio tra le parti ➔ accertamento tecnico → è fatto in solitudine dalla persona esperta, senza contradditorio. ---------------------------------------------------------------------------------------- ● Ricognizione: mezzo di prova con il quale una persona viene chiamata a rivivere un’esperienza, riconoscere una persona già vista. ● Individuazioni: atto con cui il PM in maniera informale chiamano una persona a riconoscere. Differenze: ➔ ricognizione → avviene in dibattimento, procedura molto complessa ➔ individuazioni → procedura più semplice ---------------------------------------------------------------------------------------- ● Atti urgenti: tipica attività della polizia giudiziaria nell’immediatezza del fatto e consiste in un complesso di attività che nell’immediatezza del fatto vanno a vedere cosa è successo, si conservano le prove, si fanno accertamenti tecnici, rilievi (per es. in caso di incidente stradale). Sono mezzi di ricerca della prova quelli che fa il PM su autorizzazione del giudice. Sono atti che non possono essere ripetuti e sono: ● Intercettazioni 10 ● Sequestri ● Perquisizioni ● Ispezioni Non esistono atti equivalenti in dibattimento, poiché si tratta di atti irripetibili essendo accertamenti che si compiono nell’immediatezza del fatto. Vi sono atti che possono essere ripetibili o irripetibili in base al caso: l’accertamento che si fa sul luogo del delitto → atto irripetibile perché la traccia scomparirà. Il codice ha previsto un particolare atto di indagine che si chiama accertamento tecnico irripetibile per dare la possibilità al PM di capire quale atto usare. L’irripetibilità può essere: ● congenita ● non congenita ma prevedibile: atti che normalmente possono essere duplicati (testimonianza) ma ci possono essere situazioni che fanno prevedere che non si potrà acquisire; ● non congenita prevedibile: atto ripetibile ma per circostanze imprevedibili è divenuto irripetibile (testimonianza di una persona in fin di vita). TONINI CAPITOLO III – PRINCIPI GENERALI SULLA PROVA ARGOMENTO 4 Il codice del 1988 ha accolto, sia pure con temperamenti, la scelta del sistema accusatorio. Al giudice è riservato il potere di decidere; alle parti è attribuito il potere di ricercare le prove, di chiederne l’ammissione, di contribuire alla formazione delle stesse. Il giudice prima accerta se è avvenuto il fatto storico che è stato addebitato all’imputato e se questi ne è responsabile; poi interpreta la norma incriminatrice al fine di ricavarne quale è il fatto tipico punibile; infine, valuta se il fatto storico, che ha accertato, è “conforme” al fatto tipico previsto dalla legge. Dal punto di vista formale, la decisione pronunciata dal giudice si presenta come una “sentenza”. Essa è composta da una motivazione e da un dispositivo. Nella motivazione il giudice, in base alle prove che sono state acquisite nel corso del processo, ricostruisce il fatto storico commesso dall’imputato (motivi “in fatto”); quindi interpreta la legge e precisa il “fatto tipico” previsto dalla norma penale incriminatrice (“motivi “in diritto”); infine valuta se il fatto storico rientra nel fatto tipico (giudizio di conformità). Nel dispositivo il giudice trae le conseguenze dal giudizio di conformità: se il fatto storico commesso dall’imputato è conforme al fatto tipico previsto dalla 11 norma incriminatrice, il giudice condanna (533); se il fatto storico non è conforme al fatto tipico, il giudice assolve l’imputato con una delle formule previste dal codice (530). Il giudice ricostruisce il fatto storico usando come strumento la ragione. “Provare” vuol dire indurre nel giudice il convincimento che il fatto storico sia avvenuto in un determinato modo. Tale fatto deve essere rappresentato al giudice mediante altri fatti. La prova è quel procedimento logico in base al quale da un fatto noto si deduce l’esistenza del fatto storico da provare e le modalità con le quali si è verificato. Il risultato di una prova deve essere messo a confronto coi risultati di altre prove: se vi è una contraddizione, questa deve essere risolta. Infine, il giudice deve riportare nella motivazione il percorso logico che ha seguito nella ricostruzione del fatto storico. L’accertamento, effettuato dal giudice, può dar luogo a due soluzioni alternative. Può consistere in un giudizio sull’esistenza di un fatto storico così come esso è stato descritto nell’imputazione; oppure, in un giudizio che esclude che il fatto storico si sia verificato nel modo ipotizzato nell’imputazione. In ogni caso si tratta di un giudizio su di un fatto e non sul diritto. Prova e indizio. Il termine prova può avere almeno quattro diversi significati: ● fonte di prova è tutto ciò che è idoneo a fornire un elemento di prova (una persona o una cosa); ● mezzo di prova è lo strumento col quale si acquisisce al processo un elemento che serve per la decisione (ad es. mezzo di prova è una testimonianza); ● elemento di prova è l’informazione (intesa come dato grezzo) che si ricava dalla fonte di prova; ● il giudice valuta la credibilità della fonte e l’attendibilità dell’elemento ottenuto, ricavandone un risultato probatorio. Sono oggetto di prova i fatti che si riferiscono all’imputazione, alla punibilità, alla determinazione della pena. Sono altresì oggetto di prova i fatti dai quali dipende l’applicazione di norme processuali; si tratta ad es. dei fatti che servono per stabilire la credibilità di una persona che rende dichiarazioni. Col termine prova rappresentativa (o “prova in senso stretto”) si fa riferimento a quel procedimento logico che dal fatto noto ricava, per rappresentazione, l’esistenza del fatto da provare. Col termine indizio (definito anche prova logica o prova critica) si allude a quel procedimento mediante il quale, partendo da un fatto provato (la circostanza indiziante), si ricava, attraverso massime di esperienza o leggi scientifiche, l’esistenza di un fatto storico da provare. La massima di esperienza è una regola di comportamento che esprime quello che avviene nella maggior parte dei casi: essa è una regola che è ricavabile da casi simili al fatto noto (circostanza indiziante). 12 Le parti hanno l’onere di ricercare le fonti e di introdurre nel processo i mezzi di prova: si tratta di un onere formale, che appare distinto dall’onere sostanziale della prova. L’onere formale è previsto nel 190.1, secondo il quale Le prove sono ammesse a richiesta di parte. Una parte soddisfa l’onere invece sostanziale della prova solo dopo che ha convinto il giudice dell’esistenza del fatto storico da essa affermato. Per quanto riguarda il c.d. quantum di prova, nel processo penale colui che accusa ha l’onere di provare la reità dell’imputato in modo da eliminare il dubbio. Ove residui un dubbio ragionevole, l’imputato deve essere assolto. Il dubbio sull’esistenza di un fatto impeditivo o estintivo va a favore dell’imputato. Diritto alla prova. E passiamo ad analizzare il diritto alla prova. Spetta alle parti il potere di ricercare le fonti e di chiedere al giudice l’ammissione del relativo mezzo di prova (190.1: Le prove sono ammesse a richiesta di parte). Il “diritto alla prova” è un’espressione di sintesi che comprende il diritto di tutte le parti di ricercare le fonti di prova, di chiedere l’ammissione del relativo mezzo, di partecipare alla sua assunzione e di presentarne una valutazione al momento delle conclusioni. Il 111.3 Cost. tra le altre cose prescrive che la persona accusata di un reato abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l’interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell’accusa e l’acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore. Il giudice ex 190 è obbligato ad ammettere i mezzi di prova escludendo le prove vietate dalla legge e quelle che manifestamente sono superflue o irrilevanti. Il giudice è vincolato anche in un aspetto di carattere procedimentale: ex 190.1 deve provvedere sulla richiesta di ammissione senza ritardo con ordinanza. Il codice prevede espressamente il diritto alla prova contraria: ove siano stati ammessi i mezzi di prova richiesti dall’accusa, l’imputato ha diritto all’ammissione delle prove indicate a discarico sui fatti costituenti oggetto delle prove a carico (495.2). Il medesimo diritto spetta al p.m. in ordine alle prove a carico dell’imputato sui fatti costituenti oggetto delle prove a discarico. Le parti hanno anche il diritto di offrire al giudice una valutazione degli elementi di prova. Le parti illustrano le proprie conclusioni in un ordine che rispetta le cadenze dell’onere della prova: al p.m. seguono i difensori dell’eventuale parte civile e dell’imputato. 15 Il presidente dell’organo collegiale dirige la discussione ed impedisce ogni divagazione, ripetizione e interruzione. Il codice prescrive che nella sentenza il giudice debba indicare le prove poste a base della decisione e le ragioni per le quali ritiene non attendibili le prove contrarie (546.1 lett. e). Oralità. In prima approssimazione al termine oralità si può attribuire il significato di “comunicazione del pensiero mediante la pronuncia di parole destinate ad essere udite”. Si ha oralità in senso pieno solo quando coloro che ascoltano possono porre domande ed ottenere risposte a viva voce dal dichiarante. Il principio di immediatezza è attuato quando vi è un rapporto privo di intermediazioni tra l’assunzione della prova e la decisione finale sull’imputazione. Il principio del contraddittorio comporta la partecipazione delle parti alla formazione della prova. L’oralità è funzionale al contraddittorio perché permette il massimo della dialettica processuale. Ex 111.4 Cost. Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. Il 111.5 ha tipizzato le situazioni eccezionali nelle quali è possibile derogare al principio del contraddittorio: esso dichiara che La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell’imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita. Questione pregiudiziale. Si parla di “questione pregiudiziale”, quando vi è una questione dalla cui soluzione dipende o meno l’esistenza di un elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice che deve essere applicata. Il codice di regola attribuisce al giudice penale il potere di risolvere ogni questione da cui dipende la decisione sia sull’esistenza del reato, sia sull’applicazione di una norma processuale (2.1). Quando la questione pregiudiziale ha per oggetto una controversia sullo stato di famiglia e di cittadinanza, il giudice penale è vincolato ai limiti di prova stabiliti dalle leggi civili. ARGOMENTO 5 - I MEZZI DI PROVA 21 - LA TESTIMONIANZA Il testimone è una persona che ha vissuto un’esperienza rilevante dal punto di vista processuale e viene chiamato nel processo a raccontare il fatto oggetto dell’imputazione. 16 È un soggetto terzo, estraneo alle vicende processuali, non è indagato, quindi ha il dovere di collaborare dicendo quello che sa, è un ufficio obbligatorio per tutti i cittadini di presentarsi e rispondere secondo verità, il sottrarsi costituisce reato di: ● falsa testimonianza ● sottrazione degli obblighi testimoniali: è obbligatorio: ○ nella fase di attività investigativa, reato di falsa informazione al PM; ○ per le informazioni che si rendono alla polizia giudiziaria, reato di favoreggiamento personale; ● favoreggiamento Intervista: atto di indagine che può fare il difensore e che equivale alla sommaria informazione del PM o della PG, in caso di falsa dichiarazione → reato di falsa dichiarazione al difensore. Tutti hanno la capacità di testimoniare, tranne che il soggetto non sia in grado di testimoniare per mancanza di capacità; esiste l’istituto di accertamento sulla capacità testimoniale, usato, per esempio, nel caso di minori. Sono soggetti incompatibili le parti processuali, il PM, il giudice e i suoi ausiliari, essendo parti del processo non possono testimoniare sui loro atti di indagine. Deroghe all’obbligo di rispondere, cioè situazioni in cui un soggetto non è obbligato a rispondere: ● congiunti: coniuge, madre, padre, dell’imputato. Possono scegliere se essere testimoni o meno, visto lo stretto legame con l’imputato: se decide di collaborare assume tutti gli obblighi del testimone quindi deve rispondere e dire la verità; ● titolari di segreti: medici, avvocati, ministri di culto; qualora divulghino informazioni sono soggetti a sanzioni penali, quindi scatta la possibilità di opporre il segreto → nel momento in cui vengono chiamati a testimoniare possono non rispondere, non viene fatto alcun avvertimento prima di iniziare l’interrogatorio. È ammissibile anche la testimonianza indiretta: il testimone non narra esperienze che ha percepito direttamente ma narra quello che lui ha conosciuto da terzi, quindi sono i terzi che hanno percepito direttamente. È una testimonianza dubbia ma molte informazioni spesso circolano e quindi diventano fondamentali. E’ necessario però: ➔ che il testimone indiretto indichi chi è la sua fonte → diversamente la prova è inutilizzabile. ➔ arrivare alla fonte: le parti hanno il diritto di chiedere l’escussione della fonte e il giudice ha l’obbligo di assumerla, diversamente la testimonianza indiretta è inutilizzabile. Testimone in dibattimento che riporta dichiarazioni di un altro soggetto → la controparte vuole screditare queste dichiarazioni → quindi ha bisogno della 17 La testimonianza diretta è sempre permessa: è la PG che esegue la perquisizione, l’ispezione, è lei che ha svolto l’atto. 23 - L’ESAME DELLE PARTI E LA TESTIMONIANZA ASSISTITA Prima dell’attuale riforma del 111 della cost. e del diritto al silenzio, nel nostro codice rispetto all’indagato/imputato vigeva un diritto al silenzio assoluto (può parlare, mentire, cambiare versione) e riguardava le dichiarazioni che l'imputato/indagato dava nei confronti della sua responsabilità ma anche nei confronti di terzi. Il diritto al silenzio riguardava più che altro la criminalità organizzata: durante le indagini preliminari, molti indagati rendevano dichiarazioni molto forti nei confronti di terzi, fornendo un solidissimo quadro accusatorio; il PM, rispetto a queste accuse, può esercitare un’azione penale fondata, si va in dibattimento, inizia la fase acquisitoria. Gli imputati accusatori, essendo titolari del diritto al silenzio assoluto, si avvalgono della facoltà di non rispondere → le accuse fatte durante le indagini svaniscono, quindi si deve arrivare al proscioglimento poiché nel 1989 la regola è che la prova si forma nel contraddittorio tra le parti e dunque se ci si avvale del diritto al silenzio le dichiarazioni non valgono. Secondo il principio del ne bis in idem una volta che una persona è stata prosciolta non può più essere processata. RIEPILOGO: 1989: l’imputato ha un diritto al silenzio assoluto, può parlare, non parlare, cambiare versione → in indagine un soggetto parla e accusa terzi → il PM prepara il processo nei confronti di terzi con la convinzione di arrivare a condannare con le dichiarazioni rese dal soggetto → in dibattimento il soggetto tace, non ripete le accuse → non si hanno prove → maxi processi paralizzati: il giudice può solo assolvere. Interviene la Corte Costituzionale e dichiara incostituzionali tutte quelle norme che in questi casi non permettevano il recupero dibattimentale delle dichiarazioni accusatorie che aveva reso l’accusatore durante le indagini. Poiché il principio del contraddittorio non è costituzionale, l’imputato che ha reso delle dichiarazioni accusatorie durante le indagini, se in dibattimento si avvale del diritto al silenzio e non ripete quelle dichiarazioni quindi non permette che si formi la prova, è possibile recuperare le sue dichiarazioni che ha reso durante le indagini e usarle contro terzi. Il legislatore si oppone alla Corte e chiede (il legislatore) che sia necessario il consenso delle parti ma questo viene ritenuto incostituzionale (dalla Corte). 20 Di fronte a ciò (il legislatore prova a smorzare le deroghe al contraddittorio, la Corte si oppone) il legislatore inserisce la modifica all’art. 111 della Cost. → principio del contraddittorio nella formazione della prova. Intervenuto questo principio, il legislatore deve risolvere il problema delle dichiarazioni accusatorie → riduce il diritto al silenzio ma con l’autoresponsabilità: l’imputato deve sapere che può tacere ma se decide di accusare altri → in dibattimento diventa testimone e se si oppone sarà accusato di falsa testimonianza. Le dichiarazioni accusatorie possono avere a oggetto: ● il medesimo fatto: A accusa B di aver commesso insieme un omicidio. E’ difficile distinguere le dichiarazioni che riguardano la responsabilità di A e di B visto che sono concorrenti nel medesimo reato. Dunque, il diritto al silenzio non si perde fino al passaggio in giudicato della sentenza di A, cioè finchè il processo di A è pendente continua ad avere un illimitato diritto al silenzio: anche se A accusa non assumerà mai l’ufficio testimoniale; non appena la posizione di A si risolve, si arriva a una sentenza definitiva, si può assumere l’ufficio testimoniale. ● fatti diversi: A ha ucciso e accusa B di aver occultato il cadavere. Si distinguono facilmente le dichiarazioni quindi la possibilità di assumere l’ufficio testimoniale nasce da subito. Se si tratta di processi che hanno a oggetto fatti connessi o collegati, se sono state rese dichiarazioni accusatorie → doppio ruolo: esame per la mia posizione ed esame per le dichiarazioni accusatorie. Se i processi sono separati: se non sono state rese dichiarazioni accusatorie → l’esame di imputato in procedimento connesso collegato nel processo altrui: ● se non sono state rese dichiarazioni accusatorie → diritto al silenzio; ● se sono state rese dichiarazioni accusatorie → testimone assistito in un processo altrui e quindi obbligo di parlare, non il diritto al silenzio. Se si fanno dichiarazioni personali → diritto al silenzio; Se si fanno dichiarazioni che coinvolgono altri → il diritto al silenzio di riduce: ● da subito: se le dichiarazioni riguardano fatti diversi; ● dal momento in cui sarà conclusa la posizione processuale: se le dichiarazioni riguardano lo stesso fatto. 24 - I DOCUMENTI, I DOCUMENTI ILLEGALI I documenti sono prove precostituite, cioè non si formano nel processo ma esistono e nascono a prescindere, non sono attività processuali. Sono degli oggetti che sono in grado di comunicarci qualcosa, la caratteristica è che a questi appartengono sia le prove a funzione narrativa (contratto, diario, lettera) sia a funzione induttiva. 21 I documenti anonimi, che contengono funzioni narrative, non sono ammessi; questo non vale se si tratta di foto, video. La documentazione è un’attività processuale e consiste nel fatto che tutte le attività processuali devono essere documentate, verbalizzate. La documentazione avviene attraverso: ● la verbalizzazione ● l’annotazione → documentazioni più sintetiche che fanno un riassunto dell’attività svolta. DOCUMENTI = prove precostituite, atto formato fuori dal processo, esiste a prescindere DOCUMENTAZIONE = attività verbalizzata o annotata Nel processo penale è possibile assumere come prove anche le prove assunte in altri procedimenti: le parti possono chiedere di ammettere prove che sono state assunte in altri processi che hanno elementi in comune; a condizione però che sia rispettato il principio del contraddittorio nella formazione della prova. Il codice permette di acquisire come prova anche le sentenze che avvengono in un altro processo, quindi la valutazione che ha fatto un altro giudice. Questa norma è stata inserita per facilitare l'accertamento di alcuni fatti, si tratta della prova dell’associazione a delinquere. In ogni processo di associazione a delinquere bisognerebbe dimostrare l’esistenza dell’associazione e la partecipazione dell’imputato a quella determinata associazione: oggi l’associazione di stampo mafioso è già stata riconosciuta da altre sentenze, quindi norma semplifica i successivi processi. I documenti illegali L’ammissione è vietata. I gestori dei servizi telefonici Telecom, nel gestire gli impianti, avevano formato dei dossier (spionaggio illegale) ascoltando le telefonate fatte dalle utenze private e intercettando le telefonate di particolari clienti: questo costituisce reato. Si erano formati dei documenti ma non essendo previsto nel codice nessun divieto probatorio le prove erano utilizzando, fermo restando la punizione penale personale. Di fronte a ciò, il governo emise un d.lgs. e inserì nel c.p.p. una norma che prevedeva l’inutilizzabilità delle intercettazioni illegali, poiché documenti illegali, che andavano quindi distrutti. Questo intervento normativo è stato criticato perché molto spesso si trattava di documenti che contenevano notizie di reato. 22 della polizia giudiziaria agenti che sono anche degli esperti, in questo modo sono in grado di fare valutazioni scientifiche. Sono prove scientifiche accreditate nel processo: ● esame del DNA; ● analisi della macchie di sangue: a secondo di come sono collocate permettono di ricostruire gli avvenimenti; ● il luminor: apparecchio che rileva tracce biologiche che sono state lasciate e che non visibili dall’occhio umano; ● i pedinamenti tramite GPS; ● le ricostruzioni virtuali degli ambienti e dei luoghi; ● il tracciamento dell’attività sui sistemi informatici (bancomat, carte di credito). Le nuove scienze si possono configurare come mezzi di prova, atti di indagine, mezzi di ricerca della prova. TONINI CAPITOLO IV – I MEZZI DI PROVA ARGOMENTO 5 Con l’espressione “mezzo di prova” si vuole indicare quello strumento processuale che permette di acquisire un elemento di prova. Il codice prevede sette mezzi di prova tipici: essi sono la testimonianza, l’esame delle parti, i confronti, le ricognizioni, gli esperimenti giudiziali, la perizia e i documenti. Il codice consente che possano essere assunte prove atipiche, e cioè non regolamentate dalla legge. Tuttavia è possibile ammettere una prova atipica solo se questa è idonea ad assicurare l’accertamento dei fatti e non pregiudica la libertà morale della persona. Occorre che il giudice senta le parti sulle modalità di assunzione della prova prima di decidere con ordinanza sulla richiesta di ammissione. L’ordinanza del giudice che accoglie o respinge la richiesta è controllabile mediante l’impugnazione della sentenza. La testimonianza. Il codice pone una netta distinzione tra due mezzi di prova: la testimonianza e l’esame delle parti. La distinzione riguarda aspetti sia di diritto processuale, sia di diritto penale sostanziale. Il testimone ha l’obbligo penalmente sanzionato di presentarsi al giudice e di dire la verità. Viceversa l’imputato, e più in generale le parti private, quando vengono esaminate ai sensi del 208 (Richiesta dell’esame) non hanno l’obbligo di 25 presentarsi, né l’obbligo di rispondere alle domande, né l’obbligo di dire la verità. La qualità di testimone è di regola incompatibile con la qualità di parte privata e, in particolare, di imputato; un’eccezione è la parte civile, che può essere sentita come testimone coi relativi obblighi penali. Le altre parti private (responsabile civile e persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria) non possono essere chiamate a deporre come testimoni, né possono offrirsi spontaneamente in tale ruolo. Il testimone ha i seguenti obblighi: ● l’obbligo di presentarsi al giudice; se non si presenta senza un legittimo impedimento, il giudice può ordinare il suo accompagnamento coattivo e può condannarlo al pagamento di una somma a favore della cassa delle ammende nonché alle spese alle quali la mancata comparizione ha dato causa. ● l’obbligo di attenersi alle prescrizioni date dal giudice per le esigenze processuali (198); ● l’obbligo di rispondere secondo verità alle domande che gli sono rivolte: se tace ciò che sa, afferma il falso o nega il vero, commette il delitto di falsa testimonianza. La deposizione è resa in dibattimento con le forme dell’esame incrociato. Il testimone è esaminato sui fatti che costituiscono oggetto di prova. Le domande devono essere pertinenti, e cioè devono riguardare sia i fatti che si riferiscono all’imputazione, sia i fatti dai quali dipende l’applicazione di norme processuali. Il 194 pone un secondo limite alle domande: esse devono avere ad oggetto “fatti determinati”. Di conseguenza, il testimone di regola non può esprimere valutazioni né apprezzamenti personali, salvo che sia impossibile scinderli dalla deposizione sui fatti. Infine, non può deporre su voci correnti nel pubblico. Le deposizioni sulla moralità dell’imputato sono ammesse ai soli fini di qualificare la personalità dello stesso in relazione al reato ed alla pericolosità e sempre che si tratti di fatti specifici. Le domande che riguardano la persona offesa dal reato incontrano due limiti. Il primo è posto dal 194.2: nella seconda parte esso dice che La deposizione sui fatti che servono a definire la personalità della persona offesa dal reato è ammessa solo quando il fatto dell’imputato deve essere valutato in relazione al comportamento di quella persona. Il secondo riguarda i procedimenti per i delitti di violenza sessuale, di prostituzione minorile e di tratta di persone: le domande aventi ad oggetto la vita privata o la sessualità della persona offesa dal reato sono di regola vietate; sono consentite se sono necessarie alla ricostruzione del fatto. Dei fatti da provare il testimone può avere una conoscenza diretta o indiretta. Il codice pone alcune condizioni all’utilizzabilità della deposizione indiretta: 26 ● il testimone indiretto deve indicare la persona o la fonte da cui ha appreso la notizia dei fatti oggetto dell’esame; ● quando una delle parti chiede che venga sentita nel processo la persona che ha avuto conoscenza diretta del fatto, il giudice è obbligato a disporne la citazione. È vietato assumere deposizioni su fatti appresi da persone vincolate da segreto professionale o d’ufficio, salvo che queste abbiano comunque divulgato tali fatti (195.6). La prova delle dichiarazioni rese dall’imputato e dall’indagato in un atto del procedimento deve ricavarsi unicamente dal verbale che deve essere redatto ed utilizzato con le forme ed entro i limiti previsti per le varie fasi del procedimento. In primo luogo, il divieto ha natura oggettiva, e cioè pare riferirsi a chiunque riceva le dichiarazioni. In secondo luogo, il divieto ha per oggetto dichiarazioni in senso stretto, e cioè espressioni di contenuto narrativo: risultano quindi riferibili per sentito dire quelle dichiarazioni che costituiscono espressioni di volontà o meri comportamenti. In terzo luogo, le dichiarazioni nei cui confronti opera il divieto sono quelle rese nel corso del procedimento: l’espressione deve essere intesa nel senso di “in occasione” di un atto tipico e non “durante la pendenza” del procedimento. Infine, il divieto riguarda le dichiarazioni dell’imputato che abbiano una valenza di prove, e non quelle che siano rilevanti come fatti storici di reato (che devono essere accertati mediante un processo penale). Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria non possono deporre sul contenuto delle sommarie informazioni assunte da testimoni o imputati connessi, e sul contenuto delle denunce, querele o istanze, delle informazioni e delle dichiarazioni spontanee rese dall’indagato. Ex 195.4 fuori delle ipotesi di espresso divieto la testimonianza indiretta della polizia è ammessa. Il codice pone, in via generale, la regola secondo cui ogni persona ha la capacità di testimoniare. Non possono essere assunti come testimoni (bensì sono sentiti con l’esame ai sensi del 210) gli imputati concorrenti nello stesso reato (o situazioni assimilate in base al 12). Di regola non possono essere assunti come testimoni, bensì sono sentiti con l’esame ai sensi del 210: ● gli imputati in procedimenti connessi nel caso in cui i reati per cui si procede sono stati commessi per eseguire o per occultare gli altri (c.d. connessione teleologica); ● gli imputati in procedimenti probatoriamente collegati ai sensi del 371.2 lettera b). A tale regola sono state poste due eccezioni: 1. i soggetti menzionati possono deporre come testimoni quando nei loro confronti è stata emessa sentenza irrevocabile di proscioglimento, di condanna o di applicazione della pena ai sensi del 444; 27 Una particolare specie di segreto d’ufficio è il segreto di Stato, che copre ogni notizia la cui diffusione sia idonea a recare danno alla integrità dello Stato democratico […], alla difesa delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento, al libero esercizio delle funzioni degli organi costituzionali, alla indipendenza dello Stato rispetto agli altri Stati e alle relazioni con essi, alla preparazione e alla difesa militare dello Stato. Quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio oppone il segreto di Stato, la valutazione sulla fondatezza dell’eccezione è sottratta al giudice ed è at- tribuita al presidente del consiglio dei ministri. Se la prova è essenziale per la definizione del processo, il giudice deve dichiarare di non doversi procedere per l’esistenza del segreto di Stato. Qualora, entro sessanta giorni dalla notificazione della richiesta, il Presidente del Consiglio dei Ministri non dia conferma del segreto, il giudice ordina che il testimone deponga. Un’altra specie di segreto è quella che consente di non rivelare i nomi degli informatori della polizia giudiziaria e dei servizi di sicurezza (ma tutto quello che si afferma di aver “sentito dire” da loro non può essere acquisito né utilizzato, se non quando l’informatore sia stato esaminato). L’esame delle parti. È denominato esame delle parti il mezzo di prova mediante il quale le parti private possono contribuire all’accertamento dei fatti nel processo penale. Possono definirsi “generali” le seguenti regole: ● il dichiarante non ha l’obbligo penalmente sanzionato di dire la verità, né di essere completo nel narrare i fatti; inoltre egli ha la facoltà di non rispondere alle domande; ● le dichiarazioni sono rese secondo le norme sull’esame incrociato; pertanto le domande sono formulate di regola dal p.m. e dai difensori delle parti private nell’ordine indicato nel 503.1 (parte civile, responsabile civile, persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e imputato); ● le domande devono riguardare i fatti oggetto di prova. L’esame delle parti è sottoposto a regimi giuridici diversi in ragione della persona che rilascia la dichiarazione. Il primo regime giuridico riguarda l'esame dell’imputato nel proprio procedimento. L’esame ha luogo solo su richiesta o consenso dell’interessato. Il mancato consenso non può essere valutato dal giudice in senso negativo per l’imputato. L’imputato che ha chiesto l’esame (o vi ha consentito) non è vincolato all’obbligo di rispondere secondo verità; infatti egli non è testimone. L’imputato può dire il falso senza incorrere in conseguenze penali finché è coperto dalla causa di non punibilità prevista dal 384.1 c.p.; viceversa, è punibile se incolpa di un reato un’altra persona, sapendola innocente (368 c.p.: Calunnia) 30 o se afferma falsamente essere avvenuto un reato che nessuno ha commesso (367 c.p.: Simulazione di reato). Nel corso dell’esame l’imputato può rifiutarsi di rispondere ad una qualsiasi domanda (e cioè, su di un fatto proprio o altrui); del suo silenzio deve essere fatta menzione nel verbale. L’imputato ha il privilegio di poter affermare di aver “sentito dire” qualcosa, senza essere vincolato alle condizioni di utilizzabilità poste dal 195 (Testimonianza indiretta); infatti egli può non indicare la fonte (persona o documento) da cui ha appreso l’esistenza di un fatto. La sua dichiarazione per sentito dire può essere usata. L’esame del responsabile civile, del civilmente obbligato per la pena pecuniaria e della parte civile che non debba essere esaminata come testimone si svolge con regole identiche a quelle che valgono per l’imputato, salvo un particolare. Se le parti private diverse dall’imputato affermano di aver “sentito dire”, valgono le ordinarie condizioni di utilizzabilità previste dal 195. Il regime ordinario dell’esame delle parti comporta che i soggetti menzionati siano esaminati solo se richiedono l’esame o vi consentono; essi non hanno l’obbligo penalmente sanzionato di dire la verità. Occorre sottolineare che la parte civile, quando è chiamata a testimoniare, è obbligata a deporre in tale qualità e non come parte privata; di conseguenza, assume l’obbligo penalmente sanzionato di dire la verità. Per quanto riguarda l’esame di persone imputate in procedimenti connessi, l’imputato connesso o collegato può dare quattro tipi di contributi probatori in dibattimento. Possiamo definire “imputato connesso o collegato” l’imputato di quel procedimento che ha rispetto al procedimento principale un rapporto di connessione (12: Casi di connessione) o di collegamento probatorio (371.2 lett. b) a prescindere dalla circostanza che i rispettivi procedimenti siano riuniti o separati. Il codice detta una disciplina apposita per l’imputato di un procedimento connesso nelle ipotesi di concorso nel medesimo reato e situazioni assimilate. Tale soggetto, che d’ora in poi chiameremo “imputato concorrente”, è incompatibile con la qualifica di testimone fino a che nei suoi confronti non sia stata pronunciata sentenza irrevocabile. In linea generale l’imputato concorrente gode delle stesse garanzie riconosciute all’imputato principale. Tuttavia egli è chiamato a rendere dichiarazioni su fatti concernenti la responsabilità altrui: sotto questo profilo l’imputato concorrente viene assimilato al testimone perché ha l’obbligo di presentarsi. Per tutto il resto egli è assimilato alla figura base dell’imputato: il dichiarante ha la facoltà di non rispondere e di mentire impunemente; inoltre è obbligatoriamente assistito da un difensore. Inoltre, l’imputato concorrente è avvisato che ha la facoltà di non rispondere, salvo che si tratti di una domanda sulla sua identità personale. 31 Ancora, se l’imputato concorrente decide di rispondere, non ha l’obbligo penalmente sanzionato di dire la verità (restano punibili solo la calunnia e la simulazione di reato). L’imputato concorrente può tacere anche se la domanda non è suscettibile di assumere un significato autoincriminante. Vi è un regime peculiare per gli imputati connessi teleologicamente o collegati che non hanno reso in precedenza dichiarazioni concernenti la responsabilità dell’imputato (tali soggetti, se hanno reso dichiarazioni concernenti la responsabilità di altri, possono essere chiamati a deporre come testimoni assistiti). I predetti imputati, che per semplificare chiameremo “connessi teleologicamente o collegati”, sono avvisati che hanno la facoltà di non rispondere e sono altresì avvertiti che, se renderanno dichiarazioni su fatti concernenti la responsabilità di altri, assumeranno la qualifica di teste limitatamente a tali fatti. A quel punto inizia l’escussione. L’imputato connesso teleologicamente o collegato ha facoltà di tacere e, se parla, non ha obbligo di verità. Tuttavia, se rende dichiarazioni su fatti concernenti la responsabilità di altro imputato (collegato o connesso teleologicamente), da quel momento egli diventa compatibile con la qualifica di testimone assistito limitatamente ai fatti dichiarati e deve rispondere su di essi con obbligo di verità. Ogni domanda su nuovi temi di prova concernenti la responsabilità altrui pone l’imputato connesso teleologicamente o collegato nell’alternativa tra tacere o ri- spondere. Una volta che abbia reso dichiarazioni su fatti altrui, egli è idoneo ad assumere la qualifica di testimone assistito. Quando è sentito eccezionalmente in qualità di testimone, l’imputato è assistito obbligatoriamente dal difensore di fiducia (o d’ufficio) in ragione del collegamento tra il reato, che gli è addebitato, e quello che è oggetto del procedimento nel quale è chiamato a deporre. Il legislatore ha introdotto due categorie di testimonianza assistita: 1. la prima scatta dopo che è concluso con sentenza irrevocabile il procedimento a carico dell’imputato collegato o connesso di qualsiasi tipo: l’imputato giudicato può essere “sempre” chiamato come testimone assistito in un procedimento collegato o connesso, anche se non ha mai reso dichiarazioni su fatti altrui o non ha ricevuto l’avviso previsto dal 64.3 lett. c). Nel corso della deposizione egli gode del normale privilegio contro l’autoincriminazione, in relazione ad ulteriori reati che abbia commesso. Viceversa, il testimone assistito “giudicato” di regola non gode di alcun privilegio contro l’autoincriminazione sul fatto proprio coperto dalla sentenza irrevocabile, a meno che nel procedimento originario abbia negato la propria responsabilità o non abbia reso alcuna dichiarazione; 32 Il giudice sceglie il perito in base a precisi vincoli: tra gli iscritti negli appositi albi o [al di fuori di tali albi] tra persone fornite di particolare competenza nella specifica disciplina. Il perito deve presentarsi in udienza ed impegnarsi ad adempiere al proprio ufficio secondo verità. I consulenti possono assistere allo svolgimento della perizia, presentare al giudice osservazioni e riserve e, infine, proporre specifiche indagini. Il perito può conoscere solo gli atti acquisibili al fascicolo per il dibattimento. Il prodotto finale di questo particolare mezzo di prova è la relazione che il perito svolge. Al pari di quanto avviene per gli altri mezzi di prova, il giudice non è vincolato dalla perizia. Le parti possono nominare consulenti tecnici sia in relazione ad una perizia già disposta (225), sia al di fuori della perizia (233) ed anche per contrastare il risultato di una perizia già svolta. La parte privata non ha l’obbligo di scegliere il consulente all’interno di albi. Non può esser nominato consulente tecnico colui che è chiamato a prestare l’ufficio di testimone. Il perito svolge indagini ed acquisisce risultati probatori per conto del giudice; gli esiti delle operazioni tecniche sono destinati a confluire direttamente nel fascicolo per il dibattimento e sono utilizzabili nella decisione finale. Il consulente di parte propone valutazioni tecniche, che si traducono in un parere esposto oralmente o in memorie. Identico è lo strumento col quale il perito ed il consulente tecnico sono sentiti in dibattimento: essi sono sottoposti all’esame incrociato, che si svolge in forme simili a quelle con le quali è escusso il testimone. A differenza del perito, che assume l’obbligo penalmente sanzionato di far conoscere la verità, nessun obbligo del genere è previsto dal codice per il consulente di parte. Gli elementi di prova, che siano stati raccolti, possono essere prodotti o meno dalla parte privata in dibattimento; essi devono necessariamente esser prodotti ed entrano a far parte del fascicolo per il dibattimento qualora si tratti di accertamenti tecnici non ripetibili. Occorre chiedersi cosa accada quando il giudice si trovi a dover risolvere un contrasto tra pareri di esperti: non si può imporre al giudice di adottare una motivazione tecnica entrando nel merito delle argomentazioni degli specialisti, ma si ritiene sufficiente che il giudice dimostri di aver preso in considerazione le diverse ricostruzioni tecniche e di averle, poi, scartate sulla base di motivi oggettivi. L’obbligo spettante al p.m. di svolgere accertamenti su fatti e circostanze a favore dell’indagato deve intendersi riferito al consulente tecnico nominato dalla parte pubblica. Nella sola fase delle indagini preliminari il p.m. può nominare consulenti tecnici in base ad una normativa che costituisce una specificazione del 233. 35 I risultati delle consulenze devono essere inseriti nel fascicolo delle indagini. La prova documentale. E passiamo infine alla prova documentale. Perché vi sia un documento è sufficiente in alternativa che si tratti di uno “scritto” o di un oggetto comunque “idoneo a rappresentare” un fatto, una persona o una cosa. L’oggetto rappresentato deve essere un atto compiuto “fuori” dal procedimento nel quale si chiede o si dispone che il documento faccia ingresso: infatti, se l’oggetto rappresentato è un atto del medesimo procedimento, il codice non utilizza il termine “documento”, bensì il termine “documentazione”. La forma di “documentazione” di un atto del procedimento è, di regola, il verbale (134). Per “atto del procedimento” si intende comunemente quell’atto che persegue le finalità del procedimento e che è compiuto da uno dei soggetti legittimati. Tradizionalmente si riteneva che essi fossero il giudice, il p.m., la polizia giudiziaria o i loro ausiliari, ma la legge 397/2000 ha stabilito che il difensore debba redigere un verbale dell’intervista difensiva applicando gli articoli 134 (Modalità di documentazione) e seguenti; ha precisato altresì che tale atto costituisce una forma di “documentazione”. Se si considera il “contenuto probatorio”, si può definire documento la “rappresentazione di un fatto incorporata in una base materiale”. Viceversa, se si considera l’oggetto in sé, si può definire documento “la base materiale che incorpora la rappresentazione di un fatto”. La prova documentale può esser valutata dal giudice nella sua attendibilità quando è noto l’autore del documento. Nel solo caso in cui si sia in presenza di una “dichiarazione” anonima, il codice prevede la sanzione dell’inutilizzabilità (240: Documenti anonimi: I documenti che contengono dichiarazioni anonime non possono essere acquisiti né in alcun modo utilizzati salvo che costituiscano corpo del reato o provengano comunque dall’imputato). Del documento anonimo che contenga una rappresentazione diversa dalla dichiarazione il codice non dà alcuna regolamentazione. Il documento cessa di essere anonimo quando il suo autore ne riconosce la paternità. È anonima quella rappresentazione della quale non è identificabile l’autore. In base al 240 sono utilizzabili le dichiarazioni che costituiscano corpo del reato e quelle che provengano comunque dall’imputato. La prima eccezione costituisce un’applicazione del 235 (Documenti costituenti corpo del reato: I documenti che costituiscono corpo del reato devono essere acquisiti qualunque sia la persona che li abbia formati o li detenga), che impone che il corpo del reato sia sempre acquisito al procedimento. Il codice vieta l’acquisizione di documenti aventi determinati oggetti. La violazione del divieto comporta l’inutilizzabilità dell’elemento di prova che se ne potrebbe ricavare. 36 Il 234.3 vieta l’acquisizione di documenti che contengono informazioni sulle voci correnti nel pubblico intorno ai fatti dei quali si tratta nel processo, o di documenti concernenti la moralità delle persone che partecipano al processo. È consentita l’acquisizione dei certificati del casellario giudiziale, della documentazione esistente presso gli uffici del servizio sociale degli enti pubblici e presso gli uffici di sorveglianza nonché delle sentenze irrevocabili di qualunque giudice italiano e delle sentenze straniere riconosciute, ai fini del giudizio sulla personalità dell’imputato o della persona offesa dal reato, se il fatto per il quale si procede deve essere valutato in relazione al comportamento o alle qualità morali di questa (236.1). Ai fini della valutazione della credibilità dei testimoni sono utilizzabili solo le sentenze sopra menzionate ed i certificati del casellario giudiziale (236.2). Ai sensi del 235.2 Sono corpo del reato le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso nonché le cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo. È consentita l’acquisizione, anche d'ufficio, di qualsiasi documento proveniente dall’imputato, anche se sequestrato presso altri o da altri prodotto (237). Tale disposizione trova un limite nel divieto di sequestro in presenza di segreti tutelati dal codice di procedura penale (256), quale è ad es. il segreto professionale. Vi è anche il divieto di sequestrare presso il difensore carte o documenti relativi all’oggetto della difesa e la corrispondenza tra l’imputato ed il proprio difensore. Il 238 (Verbali di prove di altri procedimenti) permette alle parti di ottenere che siano acquisite le prove e gli atti che sono stati assunti in un altro procedimento penale o civile. Le parti del procedimento ad quem hanno il diritto di ottenere l’esame della persona le cui dichiarazioni sono state acquisite. Vige un regime differente a seconda della ripetibilità o meno nel procedimento ad quem: A. se gli atti assunti nel procedimento a quo sono ripetibili nel procedimento ad quem: a. i verbali degli atti di indagine sono utilizzabili in due ipotesi: i. se l’imputato del procedimento ad quem vi consente; ii. se la persona che ha reso le dichiarazioni viene esaminata nel procedimento ad quem e risulta che essa è stata sottoposta a condotta illecita; b. i verbali delle dichiarazioni assunte in incidente probatorio o in dibattimento sono utilizzabili sia nelle due ipotesi appena menzionante (consenso dell’imputato o minaccia sul dichiarante), sia se il difensore dell’imputato del procedimento ad quem ha partecipato all’assunzione della prova; B. se gli atti assunti nel procedimento a quo non sono ripetibili nel procedimento ad quem, i relativi verbali sono utilizzabili in due ipotesi: a. se si tratta di impossibilità di ripetizione originale; 37 2. vista l'invasività il legislatore ha ritenuto che dovesse essere considerato come un mezzo di ricerca della prova di estrema ratio, cioè deve essere utilizzato solo qualora le indagini sono arrivate ad un punto di stallo, quando nessun altro mezzo di indagine è più utile, non può essere il primo atto di indagine poiché; la violazione della privacy deve essere in qualche modo giustificata; 3. esistenza di gravi indizi di reato cioè per poter intercettare è necessario dimostrare che il reato sia stato commesso, ci sono delle prove, dei gravi indizi, che dimostrano che il fatto di reato è stato commesso, con le intercettazioni telefoniche non si può cercare un reato che ancora non si sa se è stato commesso. Le videoriprese consistono in registrazioni video di accadimenti di certi soggetti. Viene in rilievo il problema della privacy. Le sezioni unite hanno regolarizzato questo mezzo di ricerca. Le videoriprese potrebbero avvenire: 1. nei domicili: la videoripresa è vietata perché la cost. prevede una doppia riserva di legge → la violazione della riservatezza del domicilio può essere fatta solo a condizione che vi sia una previsione normativa che ne regoli le modalità, quindi un provvedimento dell’autorità giudiziaria; vietate perchè serve un intervento normativo che ne regoli i modi, i tempi e prevede l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria; 2. in luoghi riservati diversi dal domicilio: per esempio, la toilette di un locale → una videoripresa in questo luogo è invasiva del diritto alla privacy; nel caso di un locale, per esempio, affittato per una festa privata è possibile fare la videoripresa ma previa autorizzazione del giudice; può essere fatta con autorizzazione del giudice; 3. in luoghi pubblici o aperti al pubblico: non c‘è tutela di riservatezza, poiché si è in un luogo pubblico; possono essere compiute sia dalla PG che dal PM; può sempre essere fatta. 27 - LE ISPEZIONI L’ispezione è un’attività di ricerca delle tracce materiali che il reato ha lasciato. Si può parlare di ispezioni personali, di cose o di luoghi. L’attività ispettiva, che trova riscontro in un verbale che deve essere compilato dagli operatori, dovrà tener conto del triplice epilogo che può avere l’attività ispettiva: 1. bisogna descrivere le tracce; 2. spiegare perché non sono state rinvenute tracce; 3. descrivere se sono scomparse e come potevano essere prima della scomparsa. La ricerca e la descrizione delle tracce può avvenire attraverso: ● attività di narrazione; 40 ● svolgimento di rilievi → strumentazione che serve per descrivere lo stato dei luoghi, per es. i rilievi fotografici; curando di non modificare lo stato delle cose e dei luoghi. Le può fare: ● il PM: le dispone con decreto motivato, non serve il giudice, che va esibito nel momento in cui si procede. È un tipico atto di indagine che poi sfocerà nella traccia; ● la polizia giudiziaria di sua iniziativa ma solo se c’è urgenza e in due sole occasioni: 1. pericolo che vi sia modificazione dello stato dei luoghi e il PM non può intervenire tempestivamente; oppure 2. il PM non ha ancora assunto la direzione delle indagini perché non gli è ancora stata comunicata la notizia di reato. L’attività ispettiva della polizia giudiziaria è regolata nel codice all’interno degli atti urgenti come: ➔ accertamenti e rilievi sullo stato dei luoghi o sulle cose; ➔ accertamenti e rilievi personali diversi dalle ispezioni. Le ispezioni: ● locali o di cose → possono intervenire sia il PM che la polizia giudiziaria d’urgenza; ● personali → le può svolgere solo il PM, rispettando la dignità e il pudore della persona; questa deve essere avvertita che può farsi assistere da una persona di fiducia (non per forza deve essere il difensore) che è un testimone, non avviene in segreto. L’ispezione può anche essere operata da un medico. Il codice prevede nella disciplina degli atti urgenti che la PG può svolgere accertamenti sulla persona che non siano ispezioni personali: può osservare una persona vestita e che tipo di caratteristiche ha (segni particolari, un livido, una ferita) ma senza toccarla. Se l’ispezione viene svolta dalla PG nei casi di urgenza → diritto di assistere ma senza preavviso, facoltativa. Se le ispezioni sono eseguite dal PM e richiedono la partecipazione dell’indagato, l’indagato: ● deve essere preavvertito almeno 3 giorni; ● deve essere avvisato che sarà assistito da un difensore di ufficio, a meno che non ne nomini uno di fiducia; ● il difensore deve essere avvisato 24H prima ma spetterà a lui decidere se partecipare o meno. L’ispezione può essere anticipata rispetto a quando previsto ma il PM deve emettere un decreto motivato, spiegandone i motivi. 41 L’ispezione è un atto irripetibile per sua natura, per questo motivo va fatto verbale che sarà inserito nel fascicolo del dibattimento e potrà essere usato come prova nel giudizio. 28 - LE PERQUISIZIONI È un’attività volta a cercare ➔ cose, si cercano: ● il corpo del reato → oggetti, strumenti con cui è stato eseguito il reato; ● cose pertinenti al reato → cosa che hanno a che fare con il reato stesso. ➔ persone: ● l’imputato o l’evaso → è il soggetto da arrestare. Il legislatore distingue 2 tipologie di perquisizioni: 1. personali: si cercano cose che sono occultate sulla persona stessa. Deve presupporre: ➔ una copia del decreto motivato che deve essere consegnato alla persona oggetto della perquisizione; ➔ che la persona deve essere avvisata della possibilità di farsi assistere da una persona di fiducia (un testimone); ➔ che, frugando nel corpo di una persona, deve esserci rispetto della dignità e del pudore della persona, tanto che è preferibile che vi proceda una persona dello stesso sesso o un medico; ➔ il diritto della presenza di un difensore che non deve essere pre convocato, essendo che la perquisizione non può prevedere un avvertimento. 2. locali: si cercano cose o persone nascoste in ambienti, sotterrate. Deve presupporre: ➔ una copia del decreto motivato che deve essere consegnato alla persona oggetto della perquisizione e a chi ha la disponibilità del luogo dove viene svolta l’operazione; ➔ che la persona deve essere avvisata della possibilità di farsi assistere da una persona di fiducia (un testimone); ➔ nel decreto che possono essere perquisite le persone che si trovano nel luogo o quelle che sopraggiungono durante il compimento delle operazioni; ➔ che le perquisizioni domiciliari possono avvenire non prima delle 7 e non dopo le 20, a meno che vi sia urgenza motivata; ➔ il diritto della presenza di un difensore che non deve essere pre convocato. Se si ha la consegna spontanea dell’oggetto che si sta cercando si può evitare la perquisizione o questa può comunque essere fatta se vi sono dei dubbi. 42 presupposti che legittimano il sequestro sono il fatto che si sia di fronte a qualcosa che è pertinente con il reato (corpo o qualcosa pertinente al reato). Nel nostro sistema, l’invalidità di una prova è prevista da norme esplicite e non vi è alcuna norma che stabilisce che se la perquisizione è illegittima, la conseguenza è che non si può procedere a sequestro. Art. 191 c.p.p. - Prove illegittimamente acquisite. 1. Le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non possono essere utilizzate. Le prove non sono atti necessari in un processo ma attività eventuali. 30 - LE INTERCETTAZIONI DI COMUNICAZIONI E DI CONVERSAZIONI Le intercettazioni telefoniche consistono nella registrazione/ascolto di conversazioni che avvengono tra soggetti. Perché un atto possa qualificarsi a intercettazioni è necessario che: : ● la registrazione viene fatta da un soggetto terzo che non partecipa alla conversazione; ● la registrazione viene fatta in maniera segreta: gli interlocutori devono manifestare la volontà che la loro conversazione sia segreta, riservata, privata. Quindi non costituisce intercettazione telefonica la registrazione di una conversazione fatta da parte di uno dei partecipanti alla conversazione; ● deve esserci un mezzo insidioso: se una persona è cosciente che le sue conversazioni, anche se riservate, sono registrate non si può parlare di intercettazione telefonica. Il legislatore limita di poter utilizzare questo mezzo di prova, vi sono dei presupposti: 1. sono individuati i reati per cui si può procedere: il legislatore individua delle classi di reati. Sono consentite per: ● delitti non colposi puniti con l'ergastolo o con reclusione superiore nel massimo a 5 anni (>5); ● delitti contro la pubblica amministrazione puniti con reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni (>=5). Fa, poi, una lista delle fattispecie incriminatrici per le quali è possibile procedere: ● delitti relativi a sostanze stupefacenti e psicotrope; ● delitti concernenti armi e sostanze esplodenti; ● delitti di contrabbando; 45 ● ingiuria, minaccia, usura, abusiva attività finanziaria, abuso di informazioni privilegiate, manipolazione del mercato, molestia o disturbo alle persone; ● diffusione materiale pornografico minorile; ● commercio sostanze alimentari nocive, contraffazione marchi; ● introduzione e commercio di prodotti falsi; ● frode nell’esercizio del commercio; ● vendita sostanze alimentari non genuine come genuine; ● contraffazione di origine prodotti agroalimentari; ● atti persecutori. 2. devono essere utilizzate se le indagini arrivano a un punto di stallo, quando gli altri mezzi di ricerca della prova non producono più risultati; 3. esistenza di gravi indizi di reato: si deve dimostrare che vi sono già delle prove che dimostrano che il reato è stato commesso, perché le intercettazioni non cercano il reato. Il procedimento di autorizzazione. La chiede il PM al giudice delle indagini preliminari che la dispone con decreto motivato. Nei casi d’urgenza, di grave pregiudizio per l’indagine, le dispone il PM. Entro 24 ore dall’inizio del suo provvedimento deve comunicare al giudice che ha disposto le intercettazioni d’urgenza e questo, entro 48 ore dal provvedimento, deve convalidarle. Le intercettazioni non convalidate sono punite con l'inutilizzabilità delle stesse. Distinguiamo 2 categorie di intercettazioni: 1. Intercettazioni di comunicazioni a distanza: quando la conversazione avviene a distanza (telefono, mezzi informatici); 2. Intercettazioni di conversazioni tra presenti: generalmente sono intercettazioni ambientali, con microspie. Se si svolge in privata dimora ci deve essere il presupposto dell'attività criminale in corso di svolgimento. Le intercettazione vengono autorizzate a blocchi di 15 giorni e si possono chiedere proroghe di volta in volta di altri 15 giorni; questo per consentire una continua vigilanza sul fatto che permangano i presupposti per poter intercettare. La polizia giudiziaria non può disporre le intercettazioni, né su delega né di sua iniziativa, ma provvede alle operazioni materiali di registrazione. Tutta l’attività deve essere documentata: 1. devono essere messe a verbale le singole operazioni di registrazione; 2. nel verbale devono essere riassunte le conversazioni registrate, si parla dei c.d. brogliacci di ascolto; 46 3. nel registro vanno annotati tutti i provvedimenti che devono essere presi e tutte le sessioni di registrazione. Gli impianti di registrazione: ● sono disponibili nelle procure; ● per uso di impianti esterni è necessario un provvedimento motivato del PM che dovrà indicare il motivo per cui ha dovuto far ricorso ad impianti esterni (se sono occupati o sono rotti); ● le intercettazioni informatiche, invece, possono essere svolte con impianti appartenenti a privati, sempre con provvedimento motivato del giudice. Appena le operazioni sono concluse: ● il materiale deve essere trasmesso immediatamente al PM; ● deve essere depositato presso la segreteria entro 5 giorni dalla conclusione; ● deve essere avvisata la difesa della facoltà di esaminarle tutte e ascoltare tutto entro il termine di 5 giorni; ● scaduto il termine, il giudice dispone l’acquisizione delle comunicazioni rilevanti indicate dalle parti e procede allo stralcio (= distruzione) di quelle irrilevanti (le parti possono partecipare alle operazioni di stralcio); ● si procede, poi, alla trascrizione del materiale rilevante tramite perizia; ● la trascrizione sarà inserita nel fascicolo del dibattimento; ● le registrazioni sono conservate nella segreteria del PM fino al passaggio in giudicato della sentenza; ● tuttavia, le parti interessate possono chiedere la distruzione delle registrazioni impertinenti poichè si va a ledere il diritto alla riservatezza; ● il giudice decide in camera di consiglio sentendo le parti; ● il giudice ordina la distruzione delle intercettazioni inutilizzabili perché acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge e quindi inutilizzabili. 31 - LE INTERCETTAZIONI A CARICO DEI PARLAMENTARI Negli ultimi anni vi sono stata una serie di vicende che hanno visto coinvolte intercettazioni a carico di parlamentari del Presidente della Repubblica, talmente complesse e complicate, che hanno visto la Corte Costituzionale coinvolta nel risolvere una serie di problemi. Perlopiù la corte è stata investita non solo con il classico strumento della dichiarazione di incostituzionalità ma con dei conflitti di attribuzione.. Quando due organi costituzionali si trovano in contrasto sull'esercizio di alcune competenze che si interelazionano l'una con l'altra e laddove non ci sia una risoluzione spontanea di questo conflitto su cui spesso una certa competenza e come debba essere esercitata può essere invocato l'intervento della corte costituzionale che è chiamata in qualche modo a delineare le attribuzioni degli 47 2. Devono essere necessarie → vale a dire non superflue e rilevanti. Alla presenza di questi due requisiti: ● si presume che è legittima ● che non inficia le prerogative del Parlamento ● ma è anzi espressione del principio fondamentale di parità di trattamento di fronte alla giurisdizione. L'autorità giudiziaria deve motivare sulla rilevanza, pertinenza e non superfluità di queste conversazioni. Dall'altra parte la camera competente può negare o dare l'autorizzazione attraverso una valutazione di questa motivazione, nel senso che la camera di appartenenza che viene investita di questa autorizzazione all'uso delle intercettazioni e casualmente raccolta, deve verificare che effettivamente la motivazione su questi tre aspetti che ha indicato la Corte Costituzionale sia completa, logica e non contraddittoria, cioè deve verificare che esista una giustificazione all'uso di questo risultato probatorio. Il principio di parità di trattamento di fronte alla giurisdizione ci dice che tutte le persone possono essere intercettate se ci sono i presupposti di legge, le prove possono essere usate nel processo se ci sono i presupposti di legge quindi la prova conversazione telefonica registrata casualmente di un parlamentare potrà entrare nel processo soltanto se è una prova rilevante, pertinente, non è superflua la, come succede per tutte le altre prove. Se ci sono questi tre presupposti vuol dire che l'autorità giudiziaria sta svolgendo regolarmente l'attività processuale e su questo presupposto la camera deve dare l'autorizzazione all'uso, tutte le volte in cui manca l'indicazione di questi tre aspetti, quindi non c'è più questa presunzione di legittimità vuol dire che l'autorità giudiziaria vuole usare queste conversazioni per fini diversi perché si tratta di una prova che non è rilevante, non è pertinente è superflua, allora c'è la presunzione di legge superata è vinta dalla circostanza che effettivamente si vogliono usare intercettazioni non rilevanti, non pertinenti e superflue invadendo la sfera di competenza, di autonomia del Parlamento quindi la camera ha il dovere di negare l'autorizzazione all'impiego dello strumento. Quindi le intercettazioni telefoniche dei parlamentari, sottoposta ad una importante modifica a seguito della riscrittura dell'articolo 68, eliminata l'autorizzazione a procedere, sostituita con l'autorizzazione al compimento di singole autorità investigative, la ratio è garantire il corretto esercizio della funzione parlamentare e la funzione legislativa, il corretto funzionamento del parlamento nel suo complesso = legge di attuazione della Costituzione che regola le intercettazioni telefoniche: da una parte l'autorità giudiziaria a cui spetta a decidere quando eseguirle; dall'altra spetta al parlamento darne l'autorizzazione. 50 Intercettazioni dirette, nella forma diretta e indiretta, che richiedono l'autorizzazione preventiva per l'inutilità dello strumento una volta che viene la comunicazione che si sta per svolgere l'intercettazione. Intercettazioni casuali, il parlamentare viene intercettato perché si mette in contatto telefonicamente con una persona che invece è intercettata → richiesta alla Camera di appartenenza di poter usare l'intercettazione. La Corta Costituzionale ha delineato le prerogative e le competenze delle autorità giudiziaria della Camera. L'autorità giudiziaria è l'unica deputata a valutare nel merito l'uso delle intercettazioni telefoniche e deve valutare quindi che siano pertinenti, rilevanti e non superflue e deve farlo attraverso una congrua motivazione in cui giustifichi la ricorrenza di questi tre presupposti. La camera competente non può sostituirsi all'autorità giudiziaria nel valutare se siano pertinenti, rilevanti o non è superfluo ma deve soltanto verificare che così tre elementi ricorrono e per farlo deve valutare che ci sia una congrua motivazione sul punto. In presenza di una motivazione logica, completa e non contraddittoria c'è una presunzione di legittimità dell'attività investigativa e quindi deve essere autorizzato l'uso delle intercettazioni; in caso di motivazione incompleta, illogica e contraddittoria c'è una presunzione di illegittimità della attività investigativa e quindi cade la presunzione e si deve ritenere che le attività e volta a ledere le prerogative, le funzioni, della Camera del Senato e quindi se ne deve negare l'uso processuale perché non è finalizzata ad una attività di carattere processuale ma diverse. Art. 68. Cost. I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni. Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza. Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza. 32 - LE INTERCETTAZIONI DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 51 Questo argomento qualche anno fa è stato oggetto di un fatto che ha scosso l'opinione pubblica e che visto l'intervento della Corte Costituzionale in sede di conflitto di attribuzioni. Il caso: un ex ministro della Repubblica aveva telefonato al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, perché voleva avere delle informazioni da lui. Non è possibile telefonare direttamente al Presidente della Repubblica, esiste la segreteria del Presidente della Repubblica in cui ci sono dei suoi stretti collaboratori ma questo ex ministro aveva avuto la possibilità di parlare con un suo stretto collaboratore, il cosiddetto, il cosiddetto consigliere giuridico degli affari penali del Presidente della Repubblica. Attraverso questa conversazione questo ministro chiedeva di potere parlare al Presidente della Repubblica e tramite questo passaggio intermedio gli era stato passato il presidente avevano avuto una conversazione. Successivamente questa vicenda per altre due tre volte. Però il caso ha voluto che questo ex ministro che telefonò alla presidenza della Repubblica era intercettato, non in quanto indagato ma nell'ambito di una inchiesta giudiziaria con sede siciliana, il famoso processo della trattativa stato mafia in cui l'ipotesi accusatoria è quella che alcuni organi dello stato, anche di rilevanza costituzionale, erano arrivati a trattare con la mafia nel periodo delle stragi mafiose degli anni 90. L'ipotesi accusatoria è che alcuni organi dello Stato per cercare di frenare quella strategia mafiosa che si era sviluppata in quegli anni con degli attentati drammatici voleva essere fermata attraverso un patto dove gli organi dello Stato avevano promesso, in cambio della cessazione di questi atti di violenza, una modifica della disciplina normativa Antimafia in particolare del regime speciale del carcere duro. Durante una di queste intercettazioni era stato intercettato il Presidente della Repubblica quindi siamo di fronte ad una intercettazione a carico di altri indagati, era stato invece intercettato un terzo soggetto non indagato anzi persona che in questo processo assume il ruolo di persona informata dei fatti e di testimone, questa persona era stata intercettata per sentire delle sue conversazioni con possibili imputati, fatto sta che invece venne casualmente registrata questa conversazione. Di qui il problema di che tipo di uso di questa fonte di prova reperita e quindi il problema di capire qual era il regime giuridico previsto per questa situazione. Il dato positivo è l'articolo 90 della Costituzione il quale ci dice che il Presidente della Repubblica è responsabile delle sue funzioni e che risponde penalmente soltanto per alto tradimento e attentato alla costituzione quindi c'è una immunità funzionale del Presidente della Repubblica perché dal punto di vista penale nell'esercizio delle sue funzioni può rispondere penalmente soltanto di questi due reati, reati particolari perché la giurisdizione, la competenza, il processo di questi eventuali reati compete alla Corte Costituzionale attraverso un procedimento molto particolare regolato da una serie di leggi che regolano questo procedimento. 52 modo andrebbe a ledere gli equilibri costituzionali che il Presidente della Repubblica nell'esercizio delle sue funzioni cerca di costruire. Quindi la Corte Costituzionale ha detto: ➔ Divieto assoluto di intercettare il Presidente direttamente o indirettamente ➔ Divieto assoluto di usare intercettazioni in cui sia casualmente intercettato ➔ Divieto di valutare la rilevanza delle intercettazioni eventualmente raccolte ➔ Obbligo di distruzione immediata senza contraddittorio Questa sentenza della Corte Costituzionale è stata aspramente criticata poiché in questo modo il Presidente della Repubblica diventa un soggetto immune, si sta facendo riferimento al divieto di intercettare di usare intercettazioni casualmente raccolte che siano espressione dell'attività funzionale del Presidente della Repubblica. L'immunità dal punto di vista processuale penale per tutti i reati funzionali e la possibilità di procedere solo per alto tradimento e attentato alla costituzione è rivolta all'attività funzionale, per le attività extra funzionali non si può ritenere soggetto immune. TONINI CAPITOLO V – I MEZZI DI RICERCA DELLA PROVA ARGOMENTO 5 Il codice denomina mezzi di ricerca della prova le ispezioni, le perquisizioni, i sequestri e le intercettazioni di comunicazioni. Tali atti si distinguono dai mezzi di prova sotto numerosi profili: ● l’elemento probatorio si forma in seguito all’esperimento del mezzo di prova, mentre attraverso il mezzo di ricerca della prova entra nel procedimento un elemento probatorio che preesiste allo svolgersi del mezzo stesso; ● i mezzi di prova possono essere assunti solo davanti al giudice nel dibattimento o nell’incidente probatorio; i mezzi di ricerca della prova possono essere disposti dal giudice, dal p.m. e, in alcune ipotesi, possono essere compiuti dalla polizia giudiziaria; ● i mezzi di ricerca della prova si basano di regola sul fattore “sorpresa”, mentre i mezzi di prova possono essere assunti durante le indagini preliminari solo con la piena garanzia del contraddittorio. Le ispezioni. L’ispezione è quel mezzo di ricerca della prova che ha prevalentemente una finalità descrittiva di persone, luoghi e cose. Essa è disposta, di regola, dall’autorità giudiziaria quando occorre accertare le tracce e gli altri effetti materiali del reato (244.1). 55 Secondo il 245.1 Prima di procedere all’ispezione personale l’interessato è avvertito della facoltà di farsi assistere da persona di fiducia, purché questa sia prontamente reperibile e idonea a norma dell’articolo 120 (il quale, rubricato “Testimoni ad atti del procedimento”, dice che Non possono intervenire come testimoni ad atti del procedimento: a) i minori degli anni quattordici e le persone palesemente affette da infermità di mente o in stato di manifesta ubriachezza o intossicazione da sostanze stupefacenti o psicotrope. La capacità si presume sino a prova contraria; b) le persone sottoposte a misure di sicurezza detentive o a misure di prevenzione). L’ispezione è eseguita nel rispetto della dignità e, nei limiti del possibile, del pudore di chi vi è sottoposto (245.2). L’ispezione può essere eseguita anche per mezzo di un medico. In questo caso l’autorità giudiziaria può astenersi dall’assistere alle operazioni (245.3). Il 246 disciplina l’ispezione di luoghi o di cose: All’imputato e in ogni caso a chi abbia l’attuale disponibilità del luogo in cui è eseguita l’ispezione è consegnata, nell’atto di iniziare le operazioni e sempre che essi siano presenti, copia del decreto che dispone tale accertamento. Nel procedere all’ispezione dei luoghi, l’autorità giudiziaria può ordinare, enunciando nel verbale i motivi del provvedimento, che taluno non si allontani prima che le operazioni siano concluse e può far ricondurre coattivamente sul posto il trasgressore. L’ispezione è disposta con decreto motivato. Durante le indagini preliminari l’ispezione è disposta di regola dal p.m., che può delegare la polizia giudiziaria; è compiuta dalla polizia di propria iniziativa in situazione di urgenza sotto la forma di “accertamenti e rilievi”. Quando il p.m. procede ad ispezione personale, il difensore dell’indagato deve essere preavvisato almeno 24 ore prima. Nei casi di assoluta urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che il ritardo possa pregiudicare la ricerca o l’assicurazione della prova, il p.m. può procedere anche prima del termine fissato dandone avviso al difensore senza ritardo, o anche senza darne avviso, se vi è fondato motivo di ritenere che le tracce possano essere alterate; è fatta salva in ogni caso la facoltà del difensore di intervenire (364.5). Quando omette l’avviso o procede prima del termine, il p.m. deve specificamente indicare, a pena di nullità, i motivi della deroga e le modalità dell’avviso (364.6). La perquisizione. La perquisizione è un mezzo di ricerca della prova che ha la finalità di assicurare al processo una cosa o di consentire l’arresto di una persona. La perquisizione personale è disposta Quando vi è fondato motivo di ritenere che taluno occulti sulla persona il corpo del reato o cose pertinenti al reato (247.1). 56 La perquisizione locale è disposta Quando vi è fondato motivo di ritenere che tali cose si trovino in un determinato luogo ovvero che in esso possa eseguirsi l’arresto dell’imputato o dell’evaso (247.1). La perquisizione è disposta dall’autorità giudiziaria (cioè dal giudice o dal p.m.) con decreto motivato. L’autorità giudiziaria può limitarsi ad invitare taluno a consegnare la cosa: se l’invito è accolto non si fa luogo a perquisizione, salvo che sia utile procedervi per la completezza delle indagini. Se deve essere eseguita la perquisizione di una persona, occorre consegnare a que- sta una copia del decreto con l’avviso della facoltà di farsi assistere da persona di fiducia, purché prontamente reperibile ed almeno quattordicenne (249). Se deve essere eseguita la perquisizione di un luogo, va consegnata copia del decreto all’interessato ed a colui che abbia la disponibilità del luogo, se costoro sono presenti. Ad essi deve essere dato avviso della facoltà di farsi assistere o rappresentare da una persona di fiducia, alle solite condizioni che questa sia prontamente reperibile ed idonea. Nel corso delle indagini preliminari la perquisizione è ordinata dal p.m. All’indagato che sia eventualmente presente alla perquisizione è chiesto se è assistito da un difensore; qualora l’indagato ne sia privo, è designato un difensore d’ufficio. Sempre nel corso delle indagini preliminari la polizia giudiziaria può procedere di sua iniziativa a perquisizione personale o locale, ma solo in flagranza di reato o nel caso di evasione. La polizia giudiziaria deve trasmettere il verbale delle operazioni senza ritardo al p.m. del luogo nel quale la perquisizione è stata eseguita. La pubblica accusa convalida la perquisizione nelle 48 ore successive, se ne ricorrono i presupposti. Il sequestro probatorio. Il codice prevede tre distinte forme di sequestro: il sequestro probatorio, il sequestro preventivo ed il sequestro conservativo: il primo è un mezzo di ricerca della prova, gli altri due sono misure cautelari. Tutti e tre i tipi di sequestro creano un vincolo di indisponibilità su una cosa mobile od immobile. Nel sequestro probatorio il vincolo di indisponibilità serve per conservare immutate le caratteristiche della cosa, al fine dell’accertamento dei fatti: occorre che si tratti del corpo del reato o di una cosa pertinente al reato e, soprattutto, che la cosa sia necessaria per l’accertamento dei fatti. Il sequestro è mantenuto fin quando sussistono le esigenze probatorie. Nel corso del dibattimento il sequestro probatorio è disposto con decreto del giudice. Nel corso delle indagini preliminari il decreto è emanato, di regola, dal p.m. 57 soggetto in assenza di una sentenza di condanna: si deve trattare di esigenze strumentali al processo che devono garantire i risultati processuali. Deve essere il legislatore, in virtù della doppia riserva di legge prevista dalla costituzione, ad individuare le finalità che devono raggiungere le misure cautelari, il giudice non può applicare misure cautelari d'ufficio se non in bonam partem modificando quelle più severe eventualmente applicate. L'assenza di domanda del pubblico ministero su una misura cautelare e quindi la disposizione di una misura cautelare d'ufficio è una causa di nullità assoluta. In virtù dei parametri costituzionali abbiamo la necessità che: ● le misure cautelari siano finalizzate a qualcosa di diverso dell'anticipazione di una pena; ● in virtù della inviolabilità della libertà personale abbiamo la necessità che le misure cautelari siano disciplinate solo dalla legge ordinaria che deve indicare i modi e i tempi e deve necessariamente prevedere un provvedimento dell'autorità giudiziaria. La Costituzione vieta di applicare misure cautelari a finalità di pena ma non specifica quale finalità devono avere, si parla del cosiddetto vuoto dei fini e questo dà una grandissima libertà al legislatore ordinario. Questo vuoto di fini è stato colmato dal legislatore ordinario il quale specifica che le misure cautelari possono essere applicate solo alla ricorrenza concreta, reale, effettiva, che deve essere dimostrata dal pubblico ministero che fa la richiesta di misura cautelare, solo in tre esigenze cautelari: 1. inquinamento probatorio → cioè qualora sia necessario garantire la conservazione di una prova, qualora ci sia il rischio che l'indagato o l'imputato possa inquinare delle prove durante lo svolgimento del processo e soprattutto durante in fase poiché non è sanzionato penalmente il fatto che l'imputato inquini le prove di cui ha la disponibilità l'ordinamento ha predisposto degli strumenti per evitare che ciò accada = le misure cautelari. Il problema è che in passato c'è stato un po' di abuso e la misura cautelare è stata applicata non tanto per conservare le prove, evitare l'inquinamento probatorio, ma per ricavare delle prove da persona sottoposta a misura cautelare (soprattutto la misura cautelare in carcere è un'esperienza traumatica per un indagato) proprio per questo motivo il legislatore codifica in maniera precisa i presupposti che legittimano l'impiego della misura cautelare ai fini di inquinamento probatorio; 2. pericolo di fuga → laddove ci sia un concreto pericolo che l'indagato si dia alla fuga si può intervenire con misura cautelare: durante il processo l'indagato può darsi alla fuga, non è un reato scappare, il reato si commette quando si è privati della libertà personale e si scappa; 60 3. reiterazione del reato → laddove ci sia il pericolo che vengano commessi reati di una certa gravità o della stessa indole di quelli che sono già stati compiuti. È una misura a tutela della collettività. Presupposto per l'applicazione di misure cautelari è la presenza di gravi indizi di colpevolezza → cioè al momento in cui è applicata la misura, il quadro probatorio che risulta allo stato delle indagini o allo stato del processo, se la misura è applicata nel corso del processo vero e proprio, deve risultare un quadro probatorio di alta probabilità di condanna di questo soggetto. In questo caso il concetto di indizio che il legislatore utilizza è un concetto diverso da quello previsto in contrapposizione a piena prova in tema di prova in generale; le misure cautelari vengono emesse durante le indagini preliminari e in questa fase vi sono solo degli elementi di prova. In questo caso “grave indizio di colpevolezza” sta ad indicare il quadro probatorio in quel momento esistente, quindi tutti gli atti di indagine e le prove raccolte fino a quel momento portate all'attenzione del giudice a cui è stato richiesto il provvedimento cautelare. Questo quadro indiziario che va a fondare il procedimento cautelare proprio perché molte volte è composto da atti di indagine e non da prove vere e proprie aveva posto un altro problema e cioè di quali fossero le regole generali che dovessero essere applicate alla disciplina degli elementi probatori laddove fossero usati in tema di misure cautelari: il quadro regolamentare è il medesimo. Il giudice potrà decidere che sussistono gravi indizi di colpevolezza servendosi solo ed esclusivamente delle prove o degli atti di indagine che sono utilizzabili, se l'atto probatorio ha realizzato una invalidità, una utilizzabilità, perché si tratta di un atto inammissibile, un atto male acquisito, un atto probatorio che ha dato un risultato inutilizzabile, la misura cautelare non potrà fondarsi su quell'atto e se per caso dovesse accadere in sede di impugnazione potrà essere annullata e potrà essere ridisposta solo a condizione che venga rivalutato il quadro probatorio senza quell’elemento di prova inutilizzabile e il quadro di gravità indiziaria sia comunque confermato a prescindere da quella elemento. Principi che governano il sistema delle misure cautelari: 1. principio di proporzionalità → la misura cautelare deve essere proporzionata alla gravità del fatto e alla gravità della pena che potrà essere eventualmente irrogata alla fine del processo, non più grave di una eventuale pena applicata a conclusione del procedimento; 2. principio di adeguatezza → il sistema cautelare prevede tante misure cautelari che possono essere applicate, possono essere coercitive e non, quindi è possibile fare una scelta. Il legislatore si è attenuta ad un criterio fondamentale e cioè al criterio secondo cui la misura deve essere adeguata alle esigenze cautelare che si vuole raggiungere, deve essere scelta quella che meglio realizzi il fine cautelare che si vuole perseguire; comunque a parità di condizioni deve essere scelta la misura meno afflittiva; 61 3. problema delle presunzioni → questa libertà di scelta del giudice in alcuni casi non c'è perché è il legislatore che sceglie la misura cautelare; il legislatore in alcuni casi ha ritenuto che l'unica misura idonea a realizzare le esigenze cautelari fosse la misura custodiale in carcere, la norma prevede una doppia presunzione: a. presunzione assoluta di esistenza di esigenza cautelare b. presunzione assoluta di adeguatezza della misura custodiale in carcere senza quindi che il giudice possa pronunciarsi nei sulle esigenze cautelari nei su quale tra le misure possibili sia adatta ad applicarsi nel caso concreto. Il problema nasce dai reati di criminalità organizzata poiché il reato di associazione a delinquere soprattutto quello di stampo mafioso si caratterizza per il fatto di avvalersi del metodo dell'intimidazione, anche il giudice può sentirsi intimidito quando di fronte ad un indagato per associazione a delinquere deve decidere di applicare una misura cautelare, quindi il legislatore per fare in modo che i giudici fossero liberi e non condizionati ha previsto che rispetto questo reato particolarmente grave ci fosse una sorta di presunzione, di massima di esperienza, secondo cui gli indagati per questo tipo di reato normalmente inquinano le prove, normalmente si danno alla fuga e normalmente continuano a commettere altri reati e quindi ha ritenuto che rispetto a queste situazioni fosse necessario intervenire soltanto attraverso la misura cautelare della custodia in carcere; da questo il legislatore poi ha allargato ad altri reati questa doppia presunzione. La corte costituzionale in questi anni di volta in volta si è pronunciata e ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di molte previsioni normative che prevedevano questa presunzione assoluta di esigenze cautelari e di adeguatezza della misura carceraria nei confronti di una serie di reati perché le presunzioni si giustificano solo a condizione che vi siano delle massime di esperienza accreditate. Dunque, monopolista della domanda cautelare è il pubblico ministero, spetta al giudice pronunciarsi sulla possibilità di emettere o meno questo provvedimento, quindi il provvedimento cautelare, l'ordinanza cautelare emessa dal giudice che procede a seconda del momento in cui viene richiesta spetterà al giudice di quella determinata fase. L'elemento caratterizzante dell'elemento cautelare è che il provvedimento viene emesso senza contraddittorio, inaudita altera parte. E’ un provvedimento emesso sulla base della richiesta motivata del Pubblico Ministero e una decisione del giudice, in questo primo momento di applicazione della misura colui che sarà sottoposto alla misura non può partecipare, anzi non sa nulla del fatto che sta per essere emesso un provvedimento nei suoi confronti, il famoso contraddittorio processuale cioè il fatto che nel processo in ogni momento ci sia la presenza dei tre soggetti fondamentali (giudice, Pubblico Ministero e difesa) non è rispettato. 62 difensore potranno fare l'appello per tutti i provvedimenti cautelari ad eccezione di quelli che in prima battuta applicano il provvedimento; potrà essere fatto per qualsiasi motivo ma il motivo dovrà essere indicato nel provvedimento; 3. ricorso per Cassazione → può essere previsto contro le ordinanze emesse in sede di riesame o appello, si configura come un terzo grado, è l'impugnazione successiva alla prima impugnazione del riesame quindi contro quello che dice il riesame, contro quello che dice il giudice d'appello, si può fare ricorso in Cassazione ovvero in alcuni casi è possibile direttamente contro l'ordinanza che si vuole impugnare senza che rispetto a questa venga esperito né il riesame né l'appello e ovviamente il ricorso diretto si potrà fare soltanto nei casi in cui si va a criticare una violazione di legge, essendo alla Corte di Cassazione è un giudice di legittimità. La Cassazione potrà o confermare il provvedimento o annullarlo, con o senza rinvio nel caso in cui vi sia un annullamento con rinvio, il giudice del rinvio dovrà rivalutare e ridecidere entro termini perentori che se non vengono rispettati comportano l'impossibilità di riemettere il provvedimento cautelare. Le impugnazioni si distinguono per il fatto che è il tipo di censura è il tipo di critica che la parte fa al provvedimento del giudice è una critica di carattere formale o sostanziale, si critica l'ingiustizia della decisione e quindi si chiedo una nuova decisione, ovvero si critica l'invalidità della decisione e quindi si chiede che venga rifatto l'iter processuale dal momento in cui si è verificata l'invalidità di cui si discute. I mezzi di impugnazione con cui si fa valere l'ingiustizia sono chiamati gravami; i mezzi di impugnazione con cui si fa valere l'invalidità sono dei giudizi di legittimità, i giudizi di annullamento. Il mezzo fondamentale con cui si criticano i provvedimenti cautelari è il riesame. La caratteristica del riesame, a parte la competenza che è data ad un particolare tribunale, chiamato Tribunale della Libertà, composto da tre componenti, è che è un mezzo di impugnazione difensivo, nel senso che può essere richiesto soltanto dalla difesa, dall'imputato o indagato, non è un mezzo di impugnazione di cui può avvalersi il pubblico ministero. Può essere esperito soltanto nei confronti dei provvedimenti che impongono una misura cautelare per la prima volta, cioè soltanto il provvedimento del giudice su richiesta di parte che applica la misura cautelare. Se la misura cautelare, ad esempio, è applicata non dal giudice che magari respinge l'istanza ma è applicata a seguito di una impugnazione che fa il pubblico ministero sul diniego di applicazione della misura cautelare, impugnazione che fa in sede di appello, non si potrà fare il riesame. 65 Altra caratteristica fondamentale è che è un puro gravame, cioè è un mezzo di impugnazione attraverso cui le parti sottopongono all'attenzione di un secondo giudice tutte le questioni, il giudice del gravame dovrà decidere ex-novo sulla misura cautelare, a prescindere dai motivi che le parti hanno dedotto. L'indicazione dei motivi e eventuale perché dovrà il giudice del gravame, di sua iniziativa, valutare se ci sono gravi indizi di colpevolezza, sei è stato rispettato il principio di proporzionalità e adeguatezza, se ci sono esigenze cautelari, cioè dovrà rivalutare tutto. Questa struttura si giustifica nell'ottica del procedimento con cui avviene l'applicazione della misura cautelare, essendo emessa senza contraddittorio. Questa struttura del mezzo di impugnazione come possibilità di decidere ex novo e rivalutare tutto si giustifica perché finalmente adesso c'è un momento di pieno contraddittorio in cui si ha il giudice del riesame, il pubblico ministero, la difesa e la persona sottoposta a misura. Il giudice del riesame potrà emettere provvedimenti che prescindono dei motivi presentati dalle parti e quindi potrà annullare o riformare il provvedimento per motivi che ritiene lui necessari senza che le parti nulla abbiano detto. Caratteristica fondamentale del provvedimento di riesame è il fatto che esso è scandito da termini molto serrati che se non vengono rispettati portano alla perdita di efficacia del provvedimento, motivo per cui tutte le parti fanno spesso il riesame poiché hanno la possibilità di riavere un provvedimento che immediatamente si pronuncia poiché si parte dal presupposto che si ha un provvedimento restrittivo. Entro 5 giorni dalla comunicazione del gravame fatto dalla parte tutti gli atti devono essere trasmessi al Tribunale della Libertà e devono rimanere depositati in modo che le parti possano prenderne visione. Entro 10 giorni dalla proposizione del riesame il tribunale deve decidere. Entro 30 giorni deve essere depositata la decisione quindi la motivazione del provvedimento. Il non rispetto di questi termini stringenti comportano la perdita di efficacia della misura, una volta che la misura ha perso di efficacia non può essere rinnovata se non in casi eccezionali. La domanda sarà inammissibile se non presenta tutti i requisiti previsti dalla legge dal punto di vista del soggetto legittimi legittimato, i presupposti formali che deve avere. Quindi oltre alla decisione di inammissibilità si può avere: 66 ● l'annullamento del provvedimento cautelare → previsto nei casi in cui effettivamente non ci fossero i presupposti per emettere la misura cautelare, cioè nell'ipotesi in cui il giudice dell'impugnazione ritenesse che non ci fossero gravi indizi di colpevolezza, esigenze cautelari, nel momento in cui facesse una valutazione diversa rispetto a quella che aveva fatto il giudice che aveva applicato il provvedimento; oggi, in base ad una riforma del 2015, il provvedimento va annullato nei casi in cui la motivazione sia mancante o non contenesse una autonoma valutazione delle esigenze cautelari e degli indirizzi e degli elementi di favore a forniti dalla difesa. Poiché nel passato, trattandosi di un giudizio in cui si decide ex-novo, eventuali vizi della motivazione nell'ordinanza applicativa della misura cautelare erano riassorbiti dalla possibilità del giudice del riesame di emettere una nuova motivazione questa volta completa. Se vi è motivazione mancante il giudice del riesame non può applicare la misura correggendo la motivazione mancante ma deve annullare il provvedimento; ● la riforma del provvedimento cautelare → solo in favor, essendo un mezzo di impugnazione difensivo; ● la conferma del provvedimento cautelare → se il giudice condivida che ci sono tutti i presupposti per applicare il provvedimento potrà provvedere confermando il provvedimento. Nel 2015 è stata modificata la struttura dell'ordinanza che applica la misura cautelare. La nuova disposizione prevede che a pena di nullità l'ordinanza cautelare deve contenere delle autonome valutazioni sulle esigenze cautelari, delle autonome valutazioni sui gravi indizi di colpevolezza, delle autonome valutazioni sugli elementi difensivi, delle autonome valutazioni sui principi di adeguatezza sulla cautela in carcere. Con questa riforma si è voluta fare una sorta di precostituzione per legge sulla struttura della motivazione, una specie di griglia, è il legislatore che dice al giudice come deve essere motivata la decisione, quali elementi devono essere contenuti. Laddove questa griglia non venisse rispettata comporterà l'annullamento del provvedimento e non più la possibilità di integrarlo come accadeva prima di questa riforma normativa. 37/38 - LE MISURE PRECAUTELARI Si tratta di arresto in flagranza di reato o di fermo di grave indiziato di reato. Dal punto di vista cronologico le misure precautelari si pongono temporalmente prima delle cautele vere e proprie. Hanno la funzione di essere misure strumentali all'applicazione delle misure cautelari vere e proprie poiché preludono alla applicazione della misura coattiva sulla persona poiché garantiscono l'esecuzione delle misure cautelari di carattere coercitivo, cioè quelle che vanno ad incidere sulla libertà personale della persona, quale può essere la detenzione in carcere. 67 provvedimento del pubblico ministero, c'è un pericolo di fuga imminente e bisogna agire subito. Una volta che è stato eseguito un fermo o l'arresto l'iter procedimentale è lo stesso. Una volta eseguito il fermo l'arresto la polizia giudiziaria deve: 1. dare immediata notizia della privazione della libertà personale al pubblico ministero → la polizia giudiziaria non può trattenere una persona senza darne immediatamente comunicazione al pubblico ministero; 2. comunicargli tutti i diritti personali di cui ha bisogno → primo fra tutti è che può nominare un difensore di sua fiducia o che in alternativa gli verrà nominato un difensore di ufficio e subito, appena nominato, potrà conferire parlare con questo difensore; 3. essere avvertito del motivo per cui è stato fermato, di che tipo di reato gli viene attribuito; 4. entro 24 ore la persona deve essere posta nella disponibilità del Pubblico Ministero ed entro le stesse 24 ore deve essere fatto il verbale che indica tutto quello che è accaduto fino a quel momento → avvertimenti previsti a pena di inefficacia della misura qualora non dovessero essere rispettati la persona deve essere immediatamente liberata: se entro 24 ore consegna e verbale non sono avvenuti la persona va rilasciata. A questo punto il soggetto è consegnato al pubblico ministero che può interrogarlo, non è obbligatorio ma è una facoltà. In secondo luogo, il pubblico ministero deve verificare le condizioni legalità della limitazione della libertà personale, cioè se si accorge che non sono stati rispettati tutti i presupposti che legittimano l'arresto o il fermo deve liberarlo. Deve, poi, che sono state rispettate le consegne delle 24 ore, se si accorge che il verbale è arrivato dopo 24 ore rispetto al momento del fermo o del resto deve liberarlo. Le misure precautelari sono finalizzata alla richiesta di misure cautelari da richiedere al giudice quindi il pubblico ministero dovrà valutare se vuole chiedere o meno la misura cautelare poiché se non vuole chiedere la misura cautelare, deve rilasciare immediatamente l'indagato. Adempimento successivo: richiesta di convalida il pubblico ministero deve richiedere la convalida entro 48 ore dal fermo o dall'arresto, cioè deve richiedere al giudice un provvedimento in cui si accerti la legalità dell'operato. Se la convalida non è richiesta entro 48 ore bisogna liberare la persona fermata o arrestata. 70 L'udienza di convalida deve essere fatta entro 48 ore altrimenti il soggetto deve essere liberato. RIEPILOGO: entro 24 ore la consegna al pubblico ministero → entro 48 ore dal fermo o dall'arresto ci vuole la richiesta di convalida → entro le successive 48 ore richiesta e udienza di convalida. UDIENZA DI CONVALIDA È richiesta la presenza obbligatoria del difensore, è una udienza a contraddittorio perfetto nel senso che c'è il giudice, ci può essere il pubblico ministero, ci deve essere la difesa. La presenza del pubblico ministero è facoltativa, potrebbe fare le sue richieste ma non essere presente in udienza. La presenza del difensore è obbligatoria, se non c'è si parla di invalidità, c'è una nullità assoluta cioè violazione del diritto di difesa. Il giudice deve emettere il provvedimento di convalida o meno cioè se ritiene che sono state eseguite e rispettate tutte le prescrizioni normative, dall'inizio alla fine, convalida il provvedimento di fermo o di arresto. Non convaliderà il fermo o l'arresto nel caso in cui si accorge che vi è stata violazione. La convalida o la mancata convalida non sono collegate all’emissione o meno del provvedimento cautelare, la convalida viene richiesta ma viene richiesta soprattutto l'applicazione della misura cautelare. L'udienza di convalida avrà quindi una prima parte dedicata al sindacato sul fermo o arresto, che potrà essere convalidato o meno; poi la seconda parte sarà dedicata all'applicazione della misura cautelare. Il giudice potrebbe non convalidare, per esempio perché non vi è stata fragranza o i presupposti dell’urgenza, tuttavia ritiene che vi siano i presupposti della misura cautelare e quindi viene applicata. Si è ritenuto che due procedimenti, anche se sono strumentali l'uno all'altro, sono autonomi; l'invalidità della misura precautelare non incide sulla validità della misura cautelare, non c'è una contaminazione l'uno nell'altro. In questo caso la misura cautelare viene emessa nel contraddittorio. Se il giudice riterrà che non può applicare la misura cautelare, ordinerà la liberazione del soggetto. Se il PM, una volta che è avvenuto l'arresto o il fermo, ha deciso che non vuole chiedere la misura cautelare e quindi procederà all'immediata liberazione, 71 tuttavia deve comunque chiedere la convalida del fermo o del resto, in questo caso l'udienza di convalida del fermo o dell'arresto è dimezzata quanto a contenuto perché avrà come contenuto soltanto il sindacato sulla correttezza del fermo o dell'arresto ma sono ipotesi rare. TONINI CAPITOLO VI – LE MISURE CAUTELARI ARGOMENTO 6 In prima approssimazione le misure cautelari sono quei provvedimenti provvisori, ma immediatamente esecutivi, che tendono ad evitare che il trascorrere del tempo possa provocare uno dei seguenti pericoli: 1. il pericolo per l’accertamento del reato; 2. il pericolo per l’esecuzione della sentenza; 3. il pericolo che si aggravino le conseguenze del reato o che venga agevolata la commissione di ulteriori reati. Le principali caratteristiche delle misure cautelari sono: 1. strumentalità: strumentalità rispetto al procedimento penale (evitano che il trascorrere del tempo possa provocare i pericoli di cui sopra); 2. urgenza: essa ricorre quando un ritardato intervento rende probabile il verificarsi di uno dei fatti temuti; 3. prognosi di colpevolezza allo stato degli atti: il diritto affermato dalla parte deve avere un minimo di elementi di prova della sua esistenza. 4. immediata esecutività: il provvedimento si dice “esecutivo” quando la polizia giudiziaria ha il potere di adempiere al relativo comando in modo coercitivo, cioè anche contro la volontà di colui che vi si oppone; 5. provvisorietà: gli effetti del provvedimento sono provvisori, e cioè non condizionano la decisione finale del giudice. Da tale caratteristica derivano due corollari: in primo luogo, il provvedimento cautelare mantiene la sua esecutività fino a che non sia divenuta esecutiva la sentenza definitiva; in secondo luogo, il provvedimento cautelare è revocabile o modificabile in attesa della sentenza definitiva. 6. previsione per legge: la Costituzione esige che la legge preveda espressamente i casi ed i modi nei quali il provvedimento dell’autorità giudiziaria può porre limiti alle predette libertà (13 e 14 Cost.); 7. giurisdizionalità: le misure cautelari sono disposte con un provvedimento emanato dal giudice, perciò di regola il p.m. e la polizia giudiziaria non hanno il potere di disporre misure cautelari. La riserva di giurisdizione non è assoluta: infatti sia la Costituzione (13.3) sia il codice ammettono che i provvedimenti temporanei possano esser disposti dal p.m. e dalla polizia giudiziaria. Tali provvedimenti sono definiti “precautelari”; essi devono essere sottoposti a convalida da parte del giudice entro un tempo predeterminato, altrimenti l’indagato deve essere rimesso in libertà; 72 B. il pericolo di fuga: occorre tuttavia che il giudice ritenga possibile che all’imputato possa essere irrogata con la sentenza una pena superiore a due anni di reclusione; C. il pericolo che vengano commessi determinati delitti: a. gravi delitti con l’uso di armi o di altri mezzi di violenza personale; b. gravi delitti diretti contro l’ordine costituzionale; c. delitti di criminalità organizzata; d. delitti della stessa specie di quello per il quale si procede. Criteri di scelta delle misure. Passando ai criteri di scelta delle misure, il giudice, dopo aver ricevuto la richiesta del p.m. e dopo aver accertato che esistono sia i gravi indizi di reità, sia almeno una delle esigenze cautelari, dispone la misura con ordinanza. Sotto un profilo formale, il giudice non può disporre una misura più grave di quella richiesta dal p.m. Da un punto di vista sostanziale, egli ha il potere-dovere di scegliere la misura cautelare in base ai criteri che sono espressamente indicati nel 275: la misura da applicarsi deve essere “adeguata” alle esigenze cautelari presenti in concreto, “proporzionata” alla gravità del fatto e della sanzione che potrà essere irrogata, “graduata” in modo tale da applicare la custodia in carcere solo quando ogni altra misura risulti inadeguata. In un caso il principio di gradualità va incontro ad un’eccezione: si tratta dei delitti di criminalità mafiosa, per i quali è previsto un regime speciale: per essi il codice impone di applicare obbligatoriamente la custodia in carcere, perché presume che nessun’altra misura risulterebbe adeguata. L’applicazione delle misure cautelari personali. L’applicazione delle misure cautelari personali avviene in due fasi. Nella prima vi è una decisione del giudice fondata su una richiesta che viene presentata dal p.m. senza che sia sentita la difesa; nella seconda fase il g.i.p. deve interrogare l’indagato ed il difensore deve essere preavvisato dell’atto e deve esser presente All’indagato non è riconosciuto il diritto alla prova, ed il giudice decide solo su atti e documenti scritti. La prima fase del procedimento applicativo ha inizio quando il p.m. chiede per scritto al g.i.p. l’adozione di una misura cautelare personale, e termina quando il giudice prende una decisione sulla richiesta. La procedura è segreta, e cioè deve svolgersi all’insaputa dell’indagato e del suo difensore. Il p.m. ha l’obbligo di presentare al giudice gli elementi su cui la richiesta si fonda, nonché tutti gli elementi a favore dell’imputato e le eventuali deduzioni e memorie difensive già depositate (291.1). 75 Il giudice ha un solo limite al suo potere di decidere sulla richiesta presentata dal p.m.: non può applicare una misura più grave di quella richiesta. Viceversa, il giudice può applicare sia la misura richiesta, sia una misura meno grave; ma può anche non applicare misura alcuna. La motivazione, in base alla normativa precedente, poteva essere sommaria: ora deve essere esaustiva. Il giudice deve precisare gli elementi di fatto dai quali si ricavano i gravi indizi, le esigenze cautelari ed i criteri di scelta della misura. L’ordinanza è nulla se non contiene la valutazione degli elementi a carico ed a favore dell’imputato. L’ordinanza che dispone la custodia cautelare è eseguita, su incarico del p.m., dalla polizia giudiziaria mediante consegna all’imputato di copia del provvedimento, con avvertimento della facoltà di nominare un difensore di fiducia. L’ordinanza che dispone una misura obbligatoria è notificata all’imputato. Interrogatorio di garanzia. La seconda fase del procedimento applicativo ha inizio nel momento in cui la misura cautelare personale è eseguita; si conclude con l’interrogatorio davanti al g.i.p. (interrogatorio di garanzia). In seguito all’interrogatorio dell’indagato, il giudice valuta se permangono le condizioni di applicabilità e le esigenze cautelari. Il g.i.p. deve depositare immediatamente, insieme all’ordinanza applicativa della misura, anche la richiesta del p.m. e gli “atti presentati con la stessa”. Un avviso di deposito deve essere notificato al difensore, che può esaminare gli atti in cancelleria. L’interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare da parte del pubblico ministero non può precedere l’interrogatorio del giudice (294.6). L’interrogatorio condotto dal giudice deve avvenire entro un termine breve (5 giorni se è disposta la custodia in carcere; 10 giorni per tutte le altre misure); inoltre, deve svolgersi entro 48 ore se il p.m. ne fa istanza nella richiesta di custodia cautelare. Il compito di porre le domande all’indagato spetta al giudice, e solo a lui. Il p.m. può anche non esser presente all’interrogatorio. Se nel caso concreto il p.m. è assente e il difensore presenta eccezioni, il giudice può non conoscere i risultati delle indagini, e quindi può non essere in grado di decidere; infatti non sono depositati tutti gli atti compiuti durante le indagini, ma solo quelli che sono stati selezionati dal p.m. Ed ancora, se la difesa chiede la revoca o la sostituzione della misura ed il p.m. è assente, il giudice non ha il potere di decidere subito: in base al 299, deve attendere fino a due giorni per conoscere l’eventuale parere del p.m. sulla richiesta dell’indagato. Vicende successive. 76 Il codice prevede tre ipotesi nelle quali può esser modificata la misura cautelare applicata: A. la revoca, che deve essere immediatamente disposta: a. quando si accerti che le condizioni generali di applicabilità (gravità del delitto, gravi indizi di reità, punibilità in concreto del delitto) risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti (299.1); b. quando si accerti che siano venute meno completamente le esigenze cautelari. B. la sostituzione in melius, che deve esser disposta quando le esigenze cautelari, pur non essendo venute meno, risultano “attenuate”; o quando la misura non appare più proporzionata all’entità del fatto od alla sanzione che si ritiene potrà essere inflitta; C. la sostituzione in peius, che può esser disposta dal giudice solo su richiesta del p.m. Ciò avviene sia quando le esigenze cautelari risultano essersi aggravate, sia quando l’imputato ha trasgredito alle prescrizioni che concernono la misura. Le cause di estinzione delle misure cautelari personali. Le misure cautelari personali si estinguono in due modi differenti: in seguito ad un provvedimento del giudice che accerta il modificarsi dei presupposti applicativi (ope iudicis), e per perdita di efficacia dovuta al verificarsi di determinati eventi previsti dalla legge (ope legis). La prima evenienza si verifica nelle ipotesi di sostituzione e di revoca appena esaminate. La seconda evenienza si verifica in vari casi: A. quando per il medesimo fatto e nei confronti della medesima persona, alla quale è stata applicata la misura, intervenga un provvedimento anche non definitivo che esclude l’addebito; B. quando sia decorso il termine massimo di durata della singola misura cautelare prima della definizione del procedimento con sentenza di condanna irrevocabile; C. quando a seguito di condanna la pena irrogata è inferiore o eguale alla custodia cautelare già subita. Il termine massimo è stato posto allo scopo di attuare due garanzie costituzionali: A. 13.5 Cost.: La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva; B. 27.2 Cost.: L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Il codice prevede due tipologie di termini: i termini massimi intermedi (o di fase), ricollegati a determinate fasi (o gradi) del procedimento, ed il termine massimo complessivo: 1. il primo termine intermedio copre il periodo di tempo che va dall’inizio delle indagini preliminari al rinvio a giudizio o l'ordinanza che dispone il giudizio abbreviato. In relazione ai più gravi delitti, entro un anno deve intervenire il decreto che dispone il giudizio; 77 da lui richiesta; o ancora, contro l’ordinanza che ha concesso la revoca o la sostituzione della misura su richiesta dell’imputato. L’appello deve essere proposto, a pena di inammissibilità, entro 10 giorni dall’esecuzione o notificazione del provvedimento. Le modalità di svolgimento del procedimento di appello ed i poteri di cognizione del tribunale sono in buona parte simili a quelli previsti per il riesame. La più importante differenza consiste nelle formalità che regolano la dichiarazione con cui le parti redigono l’appello; essa deve precisare (a pena di inammissibilità) i motivi per i quali il soggetto interessato ritiene che il provvedimento debba essere annullato o modificato. Ricorso per cassazione. Il ricorso per cassazione costituisce, in primo luogo, una impugnazione esperibile contro le decisioni che il tribunale della libertà ha pronunciato sulla richiesta di riesame o sull’appello. In secondo luogo, è un’impugnazione concessa all’imputato (o al suo difensore) in alternativa alla richiesta di riesame. Il ricorso resta vincolato ai limiti di cognizione che sono propri della corte di cassazione. All’imputato è riconosciuto il diritto ad ottenere un'equa riparazione per l'ingiusta custodia cautelare. La domanda di riparazione è presentata dall’imputato dopo che la sentenza è divenuta irrevocabile; sulla richiesta decide la Corte d’appello con un procedimento in camera di consiglio. Il presupposto del diritto ad ottenere l’equa riparazione consiste nell’ingiustizia sostanziale o formale della custodia cautelare subita (nelle due forme della custodia in carcere o dell’arresto domiciliare). Il codice non impone di accertare se essa sia dovuta ad un atto illecito compiuto dall’autorità giudiziaria: ciò avrebbe comportato un onere della prova molto pesante per il richiedente. La prima ipotesi, di tipo sostanziale, è prevista dal 314.1: Chi è stato prosciolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, ha diritto a un’equa riparazione per la custodia cautelare subita, qualora non vi abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave. La seconda ipotesi, di tipo formale, è prevista dal 314.2: Lo stesso diritto spetta al prosciolto per qualsiasi causa o al condannato che nel corso del processo sia stato sottoposto a custodia cautelare, quando con decisione irrevocabile risulti accertato che il provvedimento che ha disposto la misura è stato emesso o mantenuto senza che sussistessero le condizioni di applicabilità […]. Tuttavia il codice pone al diritto alla riparazione alcuni ostacoli. Il primo ostacolo è che Il diritto alla riparazione è escluso per quella parte della custodia cautelare che sia computata ai fini della determinazione della misura 80 di una pena ovvero per il periodo in cui le limitazioni conseguenti all’applicazione della custodia siano state sofferte anche in forza di altro titolo. Il secondo è dato dal fatto che l’imputato non ha diritto alla riparazione se ha “dato causa” o ha “concorso a dare causa” all’ingiusta custodia cautelare per dolo o colpa grave (314.1). Una forma speciale di riparazione dell’ingiusta custodia cautelare è il diritto del lavoratore ad essere reintegrato nel posto di lavoro (102-bis disp. att.). Le misure cautelari reali. Le misure cautelari reali comportano un vincolo di indisponibilità su cose mobili od immobili. Le misure in oggetto possono esser disposte, di regola, solo dal giudice. Il codice prevede due tipi di misure reali: il sequestro preventivo ed il sequestro conservativo. I due tipi di sequestro sono applicabili nei procedimenti per qualsiasi genere di reato: quindi anche per le contravvenzioni. Il sequestro conservativo ha lo scopo di garantire l’adempimento delle obbligazioni civili sorte in conseguenza sia del compimento del reato, sia del costo del procedi- mento penale; esso mira ad evitare che nell’attesa della condanna definitiva si disperdano le garanzie patrimoniali, e cioè i beni mobili od immobili. Soggetti legittimati a chiedere al giudice il sequestro conservativo sono il p.m. e la parte civile. Il sequestro conservativo ha la caratteristica di poter essere richiesto solo contro l’imputato od il responsabile civile; e cioè dopo che l’azione penale è già stata esercitata. Il provvedimento è disposto dal giudice senza che venga sentita la controparte. L’imputato o il responsabile civile possono chiedere al giudice che il sequestro sia convertito nella prestazione di una cauzione idonea. Il sequestro preventivo pone su di una cosa mobile od immobile un vincolo di indisponibilità che ha la finalità di interrompere il compimento di un reato o di impedire il compimento di nuovi reati. Il codice prevede tre ipotesi di sequestro preventivo (321): 1. quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso (321.1); 2. quando vi è il pericolo che la cosa possa agevolare la commissione di altri reati (321.1); 3. quando la cosa è pericolosa in sé, poiché di essa è consentita od imposta la con- fisca. La finalità di prevenzione comporta che questo tipo di sequestro possa essere chiesto al giudice solo dal p.m.; durante la fase delle indagini è competente a disporlo il g.i.p. La revoca del sequestro preventivo può esser chiesta al giudice dal p.m., dall’imputato o da chiunque ne abbia interesse. 81 Il sequestro deve essere revocato quando sono venute meno le esigenze preventive previste dalla legge. Nel corso delle indagini preliminari si può fare eccezione alla regola secondo cui il sequestro preventivo è disposto dal giudice su richiesta del p.m.: quando non è possibile attendere il provvedimento del g.i.p., il sequestro preventivo è disposto con decreto motivato del p.m. Prima dell’intervento di quest’ultimo, in caso di urgenza procedono al sequestro gli ufficiali di polizia giudiziaria, i quali trasmettono il verbale al p.m. stesso. Contro il decreto di sequestro emesso dal giudice possono presentare richiesta di riesame l’imputato, il difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione. Sulla richiesta decide (in composizione collegiale) il tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento. ARGOMENTO 7 : LE INDAGINI PRELIMINARI 39 - LE INDAGINI PRELIMINARI Il procedimento penale si apre con l’iscrizione della notizia di reato nell’apposito registro, cioè dal momento in cui al PM perviene la notizia che è stato commesso il reato. Inizia allora la fase delle indagini preliminari che si concluderà attraverso la possibilità del PM: ● o di richiedere il rinvio a giudizio → si apre l’udienza preliminare; ● o di richiedere archiviazione che può portare: ○ o a chiudere il procedimento, tutto finisce; ○ o a emettere un provvedimento di imputazione coatta e quindi il PM è costretto a fare una richiesta di rinvio a giudizio. L’udienza preliminare è la fase che controlla che l’azione penale sia stata bene esercitata, si può chiudere: ● o con decreto di rinvio a giudizio: viene formulata un’accusa vera e propria si apre la fase istruttoria; si concluderà o con sentenza di proscioglimento o di condanna; ● o con sentenza di non luogo a procedere: il processo si chiude senza celebrare un dibattimento. Le indagini preliminari: ● servono per le determinazioni relative all’esercizio dell’azione penale, a capire se possa essere aperto o meno il processo penale; ● le conduce il PM perché è lui il titolare dell’azione obbligatoria costituzionale; ● il giudice, essendo terzo e imparziale, non può essere investigante; il suo ruolo è residuale, interviene solo se su domanda di parte è necessario compiere atti che richiedono una certa garanzia; 82 reato tipica. Nasce nelle ipotesi in cui, ricevuta una notizia di reato tipica, il PM si rendesse conto che questa contenesse cose non qualificabili come notizie di reato, quindi non potendo dare avvio a un procedimento penale, venivano verbalizzati in questo registro (cestinazione della notizia di reato). In questo registro, si è ritenuto, che il PM dovesse registrare anche le pre-notizie di reato, essendo che richiedono una verifica; a questo punto viene aperto un fascicolo dove vengono inserite le attività informative. Nel momento in cui arriva un atto, non si è subito nelle condizioni di attribuirle a un certo autore, non c’è un indagato, per questo vi sono due registri: a. contro persone note: se è possibile individuare un indagato, se la notizia che perviene non contiene una notizia di reato ma contiene info che fanno sospettare che si tratti di notizia di reato, il PM dovrà iscrivere queste info nel registro degli atti non costituenti notizia di reato; b. contro ignoti Solo quando la notizia di reato viene iscritta nel registro contro persone note scattano i 6 mesi entro cui l’inchiesta deve essere chiuse, fermo restando le eventuali proroghe. 2. registro costituente notizia di reato: se la pre-inchiesta può essere qualificata come notizia di reato e quindi si può aprire un procedimento penale. Il PM è il sovrano della scelta di notizia di reato (può scegliere dove iscriverla). Il problema è di un eventuale sindacato di queste iscrizioni. Da più parti si denuncia che il PM, indagando per cercare una notizia di reato o contro ignoti, lucri nei tempi investigativi poiché le indagini preliminari hanno termine di durata prestabilito, scaduto il quale il PM deve decidere se agire o meno, e l’eventuale indagine compiuta fuori questi termini è inutilizzabile. Dunque si ritiene che il PM, facendo la pre-inchiesta, fa un’inchiesta vera e propria, indaga più del dovuto e, facendo delle indagini contro ignoti, anche quando l’indagato è stato già individuato, svolge attività investigative che hanno durata più lunga di quella che dovrebbero avere e quindi si ritiene che sia opportuno un sindacato, cioè che il giudice possa sindacare che quell’iscrizione dovesse essere stata iscritta prima e che il PM ha svolto una indagine contro ignoti che è durata troppo e dunque bisogna retrodatare le date di iscrizioni così che sarebbe possibile sanzionare con l’inutilizzabilità tutti gli atti di indagine compiuti quando il PM non poteva più compierle perché i termini erano scaduti. La giurisprudenza è però ferma nel non riconoscere questo sindacato, cioè riconosce che il momento di avvio del procedimento è una valutazione che spetta al PM. 42 - I TERMINI DELLE INDAGINI PRELIMINARI Secondo Franco Cordero la previsione di limiti delle indagini preliminari viola il principio di obbligatorietà dell’azione penale, perché fa dipendere la scelta, 85 dell’azione o non azione, dalla capacità del PM di procurarsi il materiale utile nei termini però non è predeterminabile il tempo, essendo le indagini diverse tra loro. L’indagine non è più raccolta di prova ma di selezione del materiale utile che poi deve essere portato in dibattimento, quindi non si capisce perché l’esigenza di limitare la durata. Potrebbe esserci un PM che fa scadere i termini senza agire, rallenta l’inchiesta. Il termine potrebbe quindi favorire prassi abusive o portare il PM a svolgere un’inchiesta che non può essere contenuta nei termini stabiliti. Il sistema delle proroghe, concesse dal giudice, non risolve il problema. Nel momento in cui scadono i termini e il PM non ha sufficienta materiale, questo dovrebbe agire al buio che poi potrebbe non riuscire a sostenere in dibattimento. Ma, anche l’assenza di termini predeterminati può consentire delle prassi abusive, perché potrebbe esserci: ● inerzia: il PM non indaga, non esercita l’azione penale; ● accanimenti: potrebbe portare il PM a voler portare un’inchiesta fondata perché si accanisce contro il soggetto. Principalmente deve essere riconosciuto il diritto dell’indagato a veder sciolta l’alternativa fra azione e non azione, non si può rimane indagati in eterno. La corte costituzionale si è schierata per questa opinione dichiarando infondate le questioni di legittimità costituzionale. Il legislatore ha previsto una meccanica processuale di 18 mesi finali che è articolato in 6 mesi + 2 proroghe di 6 mesi ciascuna. Per alcuni reati particolari sono previsti 2 anni articolati in 1 anno + 2 proroghe di 6 mesi ciascuna. Procedimento di richiesta: 1. il PM presenta domanda motivata al GIP: spiegando il motivo per cui chiede la proroga (la prima può essere richiesta per giusta causa, la seconda in base all’oggettiva possibilità di concludere); 2. il GIP notifica all’indagato e all’offeso la richiesta di proroga con l’avviso che possono presentare memorie, quindi se vogliono interloquire su questa richiesta possono discuterne (contraddittorio cartolare); 3. il GIP decide: concede o meno la proroga; 4. ma se vuole chiarirsi meglio apre un’udienza camerale e decide dopo aver sentito le parti (contraddittorio orale). Per alcuni reati in cui l’esigenza di segretezza dell’inchiesta è fondamentale e quindi la richiesta di proroga rimane una questione tra PM e giudice. Si tratta di reati del doppio binario: reati dove di fondo, reati di criminalità organizzata di carattere mafioso, è previsto un regime più severo e meno garantista. 86 Il giudice decide, quindi, senza alcuna forma di contraddittorio né cartolare né orale e decide solo sulla base della richiesta del PM. Gli atti compiuti fuori termine sono inutilizzabili = sanzione al termine non rispettato. Se la richiesta di proroga è fatta in concomitanza della scadenza dei termini, il GIP che non concede la proroga ordina al PM di scegliere fra azione o inazione nel termine di 10 giorni. 43 - LE CONDIZIONI DI PROCEDIBILITÀ Il PM è autorizzato a non aprire il processo se ritiene che la notizia di reato non è fondata, si rivolge al giudice per le indagini preliminari per chiedere il permesso all’inazione. Ci sono tipologie di reato dove l’automatismo tra notizia di reato ed esercizio dell’azione penale è condizionato, cioè il PM deve esercitare l’azione penale solo a condizione che esista un certo presupposto previsto dalla legge = condizione di procedibilità. Art. 50. c.p.p. - Azione penale. 1. Il pubblico ministero esercita l'azione penale quando non sussistono i presupposti per la richiesta di archiviazione. 2. Quando non è necessaria la querela, la richiesta, l'istanza o l'autorizzazione a procedere, l'azione penale è esercitata d’ufficio. È esercitata d’ufficio = senza bisogno di alcun permesso, è un’iniziativa che prende l’organo. A eccezione che non siano necessarie le condizioni di procedibilità (la querela, la richiesta, l'istanza o l'autorizzazione a procedere). Quindi l’obbligo non scatta con la notizia di reato ma se si verifica la condizione di procedibilità. Non è possibile portare avanti tutti i processi per una questione di economia processuale e di bilanciamento di interessi costituzionali. Può risultare antieconomico aprire tutti i processi, quindi bisogna fare una selezione. Si ha quindi l’istituto che si colloca a metà strada (se incriminare penalmente o punire solo a livello amministrativo) con la depenalizzazione. Per i reati a minima offensività si è fatta una scelta a metà che prevede che il reato sia perseguibile solo se la persona offesa manifesta la volontà che venga celebrato il processo. Non appena arriva la notizia di reato, il PM non può esercitare subito l’azione penale se non ci sono le condizioni di procedibilità perché altrimenti sarebbe 87 a. ripetibili: può essere compiuto dalla PG o dal PM, senza partecipazione difensiva, perché il dibattimento la prova sarà assunta con una perizia vera e propria; b. irripetibili: ipotesi in cui l’accertamento consuma la res su cui viene fatto l’accertamento, deve essere fatto dal PM, per garantire l’attività difensiva. Il PM deve avvisare la difesa che può partecipare e assistere al compimento dell’atto. La difesa può chiedere che l’accertamento tecnico sia fatto con una perizia in sede di incidente probatorio: istituto, che può essere compiuto durante le indagini preliminari o udienza preliminare, in cui siccome si prevede che una certa prova non potrà essere acquisita in dibattimento perché siamo già in grado di prevedere che quella prova non sopravviverà al dibattimento, si può chiedere di pre-acquisirla durante le indagini preliminari attraverso l’anticipazione dell'acquisizione probatoria. Si chiede, quindi, di svolgere una certa attività no attraverso il compimento di atto investigativo ma con l’assunzione della prova vera e propria, con una perizia. Il PM potrebbe opporsi alla perizia se non vi sono i tempi; ma se in dibattimento il giudice si rende conto che il PM poteva attendere i tempi dell’incidente probatorio, la prova è inutilizzabile. LE ATTIVITÀ INVESTIGATIVE La classica acquisizione di attività dichiarativa è data dalla sommaria informazione della persona informata sui fatti; sono le acquisizioni delle info da parte del probabile futuro testimone. È un’attività che può essere fatta dal PM o dalla PG. Se la PG procede all’audizione dell’imputato o indagato in procedimento connesso o collegato, quindi con una persona indagata/imputata in un procedimento separato ma connesso e collegato, le sue dichiarazioni verranno assunte attraverso le sommarie informazioni con le peculiarità che hanno il diritto della presenza del difensore. Se sono sentiti dal PM si ha l’atto investigativo interrogatorio dell’imputato/indagato con procedimento connesso o collegato. La sommaria informazione è un atto che deve essere inserito nel fascicolo del PM e non verrà conosciuto dal giudice, se non in casi straordinari. La PG non può procedere a sommaria informazione dall’indagato se: - questo non è libero → per un motivo di cautela, si è ritenuto che la condizione di libertà fosse una condizione necessaria; - non è presente il difensore: gli atti eventualmente assunti sono inutilizzabili e non possono essere verbalizzati. 90 Nell’immediatezza del fatto possono essere raccolte delle dichiarazioni da parte della PG, anche in assenza del difensore, ma possono servire solo ai fini investigativi. Possono essere raccolta dalla PG delle dichiarazioni spontanee ma il loro utilizzo può essere fatto solo per le contestazioni. Se l’interrogatorio è delegato alla PG → difesa obbligatoria Se l’interrogatorio procede con il PM → difesa facoltativa Nell’interrogatorio è previsto il preambolo sul merito: la PG e il PM, devono avvisare l’indagato del fatto che si sta svolgendo un’indagine su determinati fatti e che ci sono delle prove a suo carico, poi iniziano le domande. Il PM procede all’interrogatorio dell’indagato e all’interrogatorio di un imputato o indagato in altro procedimento, cioè coloro che sono già coinvolti in altri procedimenti separati, titolari del diritto al silenzio, possono essere sentiti durante le indagini. 46 - L’INCIDENTE PROBATORIO Durante le indagini è possibile pre-acquisire una prova vera e propria, attraverso un’anticipazione di un frammento del dibattimento. In udienza preliminare, può succede una situazione che consente alle parti di fare una domanda di incidente probatorio, che deve essere accolta dal giudice, e viene celebrato un procedimento in cui si assume una prova e vera propria e questo può essere utilizzata poi durante il dibattimento. Il motivo di questo istituto è che può accadere che durante le indagini le parti si possono rendere conto che se si dovesse attendere il giudizio di una certa prova, questa sarebbe essere dispersa, si tratta di una prova ripetibile ma il dichiarante è per esempio gravemente malato, quindi non si può attendere il giudizio. Per garantire che l’informazione sia introdotta nel processo attraverso il contraddittorio nasce l’incidente probatorio. Quindi si può fare in casi di: ● impossibilità congenita: atti che per loro natura possono essere compiuti una sola volta quindi vengono compiuti durante le indagini; ● impossibilità sopravvenuta imprevedibile: atti che normalmente devono essere compiuti in dibattimento perché sono ripetibili ma sopravvengono eventi che fanno sì che quell’atto di indagine già compiuto, possa essere recuperato; ● atti ripetibili ma con circostanze prevedibili che fanno già capire che quell’atto in dibattimento non potrà essere assunto. 91 Quando le parti chiedono l’incidente probatorio devono dimostrare che quell’atto è irripetibile, chiedono allora l’assunzione: ● di una testimonianza, in caso di: ○ infermità ○ grave impedimento ○ concreto pericolo che sia esposto a violenza o promessa di denaro ● perizia: se vi sono ci circostanze che rendono modificazioni non evitabili; tempo per eseguirla superiore a 60 giorni; ● ricognizioni: se ci sono ragioni d’urgenza che rendono l’atto non rinviabile; Vi sono casi di impossibilità prevedibile «presunta per legge» o per i quali non è richiesto il requisito di impossibilità prevedibile: ● l’indagato o l’imputato sulla responsabilità altrui: questi sono soggetti che fanno dichiarazioni che riguardano responsabilità altrui, sono imputati, indagati o condannati; il legislatore ha ritenuto che è meglio sentirle il meno possibile quindi, se le parti lo richiedono, si può fare subito l’incidente probatorio; ● il minorenne vittima di reati sessuali e la persona offesa di reati sessuali: questi soggetti vengono chiamati soggetti vulnerabili e per questo vanno protetti; vanno sentiti con l’incidente probatorio se le parti lo richiedono. Il procedimento dell’incidente probatorio: 1. vaglio di ammissibilità: accertamento di tutti i requisiti previsti dalla legge per fare domanda di incidente probatorio; 2. il giudice deve ammettere la prova se è rilevante, non vietata dalla legge; 3. viene fatta un’udienza. Uso in dibattimento: ● i verbali degli incidenti probatori vengono inseriti nel fascicolo del dibattimento e si darà lettura; ● deve essere stato rispettato il contraddittorio rispetto alle parti per cui questa prova si usa (non può essere usata contro un imputato che non ha partecipato all’incidente probatorio con il suo difensore). La prova assunta in incidente probatorio si può riassumere, tranne per i procedimenti che riguardano reati molto gravi o la testimonianza e l’esame di soggetti dell’art. 110, non è possibile riacquisire la prova se non perché le parti mettono in evidenza che bisogna farlo per sentire il dichiarante su altre questioni non rese in incidente probatorio o se è assolutamente necessario. 47 - LE INDAGINI DIFENSIVE Il legislatore ha regolato nel codice un’indagine parallela a quella che svolge il PM ma che è invece svolta dallo stesso difensore, suo sostituto o investigatore privato. 92 conclusione delle indagini, il legislatore ha ritenuto necessario che, una volta presa la decisione, la esternasse alla difesa e si confrontasse con questa. È quindi la possibilità del difensore di interloquire per far cambiare idea al PM che, invece di formulare l’imputazione come ha preannunciato nell’avviso di conclusione delle indagini e ha notificato alle parti, decida di prendere un provvedimento di archiviazione. Questa interlocuzione avviene attraverso l’attribuzione al difensore e all’indagato di una serie di prerogative difensive (non si ha un’udienza). La difesa: ● può presentare memorie: in cui fa delle osservazioni in base alle indagini compiute; ● può presentare documenti; ● può presentare atti di indagine difensiva: atti che può compiere il difensore e compongono l’inchiesta difensiva; ● può chiedere al PM di svolgere delle indagini; ● può chiedere di rilasciare dichiarazioni; ● può chiedere di essere interrogato. L’unica attività obbligatoria per il PM è di procedere a interrogatorio (se l’indagato lo richiede), diversamente si ha la nullità della richiesta di rinvio a giudizio. Le altre attività sono facoltative. L’indagato fa richiesta di essere interrogato → il PM gli notifica una data → se l’indagato non si presenta o si presenta ma non risponde → non si ha nullità. Da un punto di vista statistico, raramente il PM modifica l’idea di agire, nella prassi non ha avuto il successo che si sperava. ARGOMENTO 8 - L'ARCHIVIAZIONE 50 - L’ARCHIVIAZIONE Le indagini preliminari si chiudono e il pubblico ministero deve scegliere l'alternativa tra richiesta di rinvio a giudizio ed esercizio dell'azione penale o richiesta di archiviazione. Le indagini preliminari sono finalizzate alle determinazioni dell'esercizio dell'azione penale, decidere se bisogna esercitare o meno l'azione penale. La richiesta di archiviazione costituisce la scelta del Pubblico Ministero di non esercitare l'azione penale. Il pubblico ministero è titolare dell'esercizio dell'azione penale che si configura come obbligatoria → cioè necessità, scelta, che di fronte a tutte le notizie di reato si apra In ogni caso il processo. 95 Obbligatorio significa necessità di esercitare l'azione penale senza possibilità da parte del pubblico ministero di scelta. L'azione penale però è obbligatoria ma solo a condizione che sia fondata, quindi nell'ipotesi in cui l'azione penale non sia fondata non vi siano le condizioni per aprire un processo il pubblico ministero può essere esonerato dell'esercizio dell'azione penale, può non esercitarla e richiederne l'archiviazione. L'archiviazione è un procedimento attraverso cui si controlla che effettivamente vi siano le condizioni per non esercitare l'azione penale è obbligatoria, si esonera il pubblico ministero da questo ufficio fondamentale. Questa funzione è affidata al giudice, sarà lui a verificare se effettivamente ci sono le condizioni affinché possa essere esonerato da questo obbligo costituzionale, attraverso il provvedimento di archiviazione. Il procedimento di archiviazione permette di controllare che effettivamente il pubblico ministero non esercita l'azione penale solo se effettivamente la notizia di reato e infondata, non è in grado di sostenere l'accusa in giudizio. Nel momento in cui il pubblico ministero ritiene di non esercitare l'azione penale entra in gioco il giudice perché sarà lui che dovrà verificare se effettivamente ci sono le condizioni affinché possa essere esonerato da questo obbligo costituzionale attraverso il provvedimento di archiviazione. Se il pubblico ministero non può essere soggetto a controlli nella sua decisione relativa a esercitare l'azione penale o non esercitar la virgola di fatto l'obbligatorietà costituzionale sarebbe svuotata perché lui sarebbe libero di scegliere di agire o meno, invece no, perché può decidere di non agire solo se ci sono determinate condizioni che saranno poi verificate. Il procedimento di archiviazione è lo strumento che serve a verificare se ricorrono queste condizioni; in particolare il legislatore ha scelto di affidare questo controllo al giudice delle indagini preliminari. Il pubblico ministero decide di chiedere l'autorizzazione a non esercitare l'azione penale solo nel caso in cui l'accusa non sia sostenibile in dibattimento, solo nel caso in cui la notizia di reato sia infondata → il pubblico ministero rispetto a tutto il materiale raccolto durante le indagini dovrà fare una prognosi, dovrà immaginarsi l'esito del dibattimento, dovrà valutare se gli atti che ha raccolto e trasformati in prova in dibattimento saranno in grado di portare ad un accoglimento della sua richiesta di accusa, saranno in grado di portare ad una condanna. 96 Laddove ritenga che questo materiale non è in grado di sostenere l'accusa, la notizia di reato è infondata, quindi ritiene che in dibattimento otterrà una assoluzione → dovrà chiedere l'assoluzione. Il procedimento di archiviazione si apre con una richiesta del Pubblico Ministero rivolta al Giudice delle indagini preliminari poiché sarà lui che dovrà decidere. Di fronte a questa richiesta per il giudice si apre un’alternativa: 1. il giudice può condividere la richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero → quindi emette un decreto di archiviazione, si tratta di decreto poiché è una procedura emessa de plano, senza contraddittorio. Domanda del pubblico ministero → decisione del giudice che la accoglie → chiusura del procedimento penale senza apertura del processo vero e proprio, senza esercizio dell'azione penale; 2. il giudice non condivide la richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero → apre un’udienza nel contraddittorio delle parti, apre l'udienza di archiviazione e dovrà sentire nel contraddittorio le parti. UDIENZA DI ARCHIVIAZIONE Il Giudice delle indagini preliminari sentirà il Pubblico Ministero e la difesa, ognuno farà valere le sue ragioni, alla conclusione il giudice può emettere tre differenti provvedimenti: 1. ordinanza di archiviazione → si convince della bontà dell'archiviazione (non è decreto poiché vi è stato il contraddittorio); 2. imputazione coatta → si convince che ci sono gli elementi per sostenere l'accusa in giudizio, per lui l'azione è fondata → ordina al pubblico ministero di esercitare l'azione penale; il pubblico ministero dovrà formulare la richiesta di rinvio a giudizio, formulare l'imputazione ed esercitare l'azione penale non è spontaneamente ma su ordine del giudice; 3. interlocutorio → il giudice potrebbe essere ancora incerto non sa se archiviare o fare esercitare l'azione penale quindi può invitare il pubblico ministero a svolgere ulteriori indagini. L'udienza si chiude con un invito a continuare ad indagare. A questo punto si apre un supplemento istruttorio voluto dal giudice quindi il pubblico ministero dovrà svolgere delle ulteriori indagini a conclusione delle quali si ritroverà nella posizione iniziale, cioè dovrà di nuovo decidere se esercitare l'azione penale o chiedere l'archiviazione rimettendo in moto il normale procedimento di archiviazione. In questo procedimento a volte si inserisce anche la persona offesa, il titolare del bene giuridico tutelato dalla norma penale che si assume essere stata violata, è la persona lesa → unico soggetto che ha interesse all'esercizio dell'azione penale. Per questa ragione il codice prevede che l'offeso abbia un ruolo fondamentale e cioè potrebbe opporsi alla richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero e indicare delle lacune istruttorie, cioè di svolgere altre indagini. 97