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DIRITTO PROCESSUALE PENALE II - TONINI, Sintesi del corso di Diritto Processuale Penale

- I mezzi di prova -I mezzi di ricerca della prova -Le misure cautelari -Il procedimento ordinario:Le indagini preliminari, La conclusione delle indagini preliminari, L'udienza preliminare, L'investigazione difensiva, Il giudizio. -I proc. penali differenziati speciali: I procedimenti speciali -Le impugnazioni: i principi generali, l'appello, il ricorso per cassazione, le impugnazioni straordinarie. -Gli effetti del giudicato penale.

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018
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Caricato il 20/05/2018

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Scarica DIRITTO PROCESSUALE PENALE II - TONINI e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Processuale Penale solo su Docsity! CAPITOLO IV – I MEZZI DI PROVA Confronti, ricognizioni ed esperimenti giudiziali B. Il confronto Il confronto consiste nell’esame congiunto di due o più persone (testimoni o parti) chesiano già state esaminate o interrogate, quando vi è disaccordo tra di esse su fatti e circostanze importanti (art.211). La ratio dell’istituo è quella di vagliare le dichiarazioni contrastanti. Primo presupposto di questo mezzo di prova è l’esistenza di un disaccordo tra due o più persone su fatti e circostanze importanti; il secondo che le persone da mettere a confronto siano già state esaminate o interrogate. Il confronto può svolgersi così fra imputati o fra testimoni (in posizione omogenea), oppure fra imputati e testimoni (in posizione eterogenea). Il confronto può essere disposto nella fase delle indagini preliminari, quando siano già raccolte dichiarazioni; in udienza preliminare; in dibattimento; nel giudizio di rinvio e nel giudizio di revisione. Il mezzo può inoltre essere esperito in incidente probatorio, quando vi sia il pericolo di dispersione o di inquinamento della prova. Di regola è richiesto dalle parti, ma in dibattimento può essere disposto dal giudice. Circa le modalità, la normativa esalta il ruolo del giudice (o del P.M. nelle indagini), al quale spetta un potere propulsivo e direttivo. È ridotto il potere delle parti, limitato al controllo della regolarità di svolgimento dell’atto. Il giudice chiama i protagonisti alle loro precedenti dichirazioni discordanti e chiede loro se le confermano. Ove il disaccordo persista, egli le invita a rciproche contestazioni. Tutto deve essere verbalizzato. In ogni caso l’imputato continua a godere del diritto al silenzio. C. La ricognizione La ricognizione è il mezzo di prova mediante il quale ad una persona che abbia percepito coi propri sensi una persona o una cosa si chiede di riconoscerla individuandola tra altre simili. Essa è disposta quando occorre procedere al riconoscimento di persone, cose, voci, suoni o altri elementi oggetto di percezioni sensoriali. Il suo svolgimento è disciplinato minuziosamente dal codice, poiché una modalità irregolare può infirmare l’attendibilità dell’elemento di prova. L’atto può essere compiuto nel corso del dibattimento o nell’incidente probatorio e si svolge nel rispetto del contradditorio tra le parti. Ex. art. 213, il giudice invita il ricognitore a descrivere la persona indicando tutti i particolari che ricorda. Gli chiede poi: - se sia stato chiamato in precedenza ad eseguire il riconoscimento; - se prima o dopo il fatto per cui si procede abbia visto, anche se in foto, la persona da riconoscere; - se la stessa gli sia stata indicata o descritta; se vi siano altre corcostanze che possano influire sull’attendibilità del riconoscimento. Circa la predisposizione della scena; l’art. 214 prevede che in assenza di colui che è chiamato ad effettuare il riconoscimento, il giudice dispone che siano presenti almeno 2 persone il più possibile somiglianti, anche nell’abbigliamento, a quella sottoposta a ricognizione. Tentativo di riconoscimento: Nuovamente introdotto il ricognitore, il giudice gli chiede se riconosce taluno dei presenti; nel caso in cui il ricognitore affermi di riconoscere qualcuno, il giudice lo invita ad indicare chi abbia riconosciuto e a precisare se ne sia certo. Il verbale, a pena di nullità, deve menzionare le modalità di svolgimento della ricognizione. Se vi è fondata ragione di ritenere che la persona chiamata alla ricognizione possa subire intimidazione o altra influenza dalla presenza di quella sottoposta a ricognizione il giudice dispone che l’atto sia compiuto senza che quest’ultima possa vedere la prima (art. 214.2). Quando occorre procedere alla ricognizione del corpo del reato o di altre cose pertinenti al reato, si osservano modalità analoghe a quelle esposte: l’art. 215 (Ricognizione di cose) richiama l’art. 213, per cui il giudice dispone che siano procurati almeno due oggetti simili a quello da riconoscere. Anche l'imputato può essere chiamato a svolgere una ricognizione ed in questa sede può esercitare il suo diritto al silenzio. D. L'esperimento giudiziale L’esperimento giudiziale è ammesso quando occorre accertare se un fatto sia o possa essere avvenuto in un determinato modo (art. 218.1). L’esperimento consiste nella riproduzione, per quanto è possibile, della situazione in cui il fatto si afferma o si ritiene essere avvenuto e nella ripetizione delle modalità di svolgimento del fatto stesso. Ovviamente il fatto storico di reato è irripetibile; scopo dell’esperimento è quello di valutare la verosomiglianza della ricostruzione dello stesso, riproducendone le modalità di svolgimento. Il giudice dirige lo svolgimento dell operazioni. L’esperimento giudiziale si distingue dalla ispezione, che ha ad oggetto una percezione statica della situazione attuale di una cosa o di una persona, poiché con l’esperimento si rappresenta nel presente un fatto già avvenuto, mettendo in movimento persone o cose. Tale mezzo di prova può essere dipsosto in dibattimento, ma può essere condotto anche durante le indagini preliminari con lo strumento dell’incidente probatorio, se deve svolgersi su cosa o luogo il cui stato è soggetto a modificazione inevitabile. L'attendibilità dell'esperimento è subordinata alla possibilità di riprodurre esattamente e a posteriori tutte le condizioni nelle quali si afferma essere avvenuto il fatto da ricostruire e che abbiano ragionevolmente influito sulla dinamica dello stesso. L'impossibilità della riproduzione è il limite dell'esperimento. Oggi è possibile ricostruire mediante computer nella realtà virtuale, sulla base delle prove raccolte. L'animazione sostituisce la rappresentazione vivente del fatto da provare. Essa permette di simulare la successione degli accadimenti secondo le medesime regole fisiche che governano il mondo reale. 5. La perizia e la consulenza tecnica di parte. A. La prova scientifica La prova scientifica è quella prova che, partendo da un fatto dimostrato, utilizza una legge scientifica per accertare l’esistenza di un ulteriore fatto da provare. consulenti. Il giudice formula dopo aver sentito le parti i quesiti. All'ora I consulenti possono assistere allo svolgimento della perizia, presentare al giudice osservazioni e riserve e, infine, proporre specifiche indagini. L'attività del perito: Una volta che il giudice ha precisato i quesiti, il perito gode di propri poteri di direzione e d’impulso. Egli resta sotto il controllo del giudice, il quale ha il potere di adottare tutti gli altri provvedimenti che si rendano necessari per l’esecuzione delle operazione peritali. Il perito può essere autorizzato dal giudice ad assistere all'esame delle parti e può chiedere notizie all'imputato, all'offeso e alle altre persone informate, purchè le info siano usate solo per l'accertamento periziale. Può essere autorizzato ad usare degli ausiliari di sua fiducia per lo svolgimento di attività non implicanti apprezzamenti e valutazioni. Il giudice ha poi il potere di adottare tutti gli altri provvedimenti che si rendono necessari per l'esecuzione delle operazioni peritali. Ex. consegna al perito con strumenti coercitivi di documenti. La relazione peritale: Il prodotto finale di questo particolare mezzo di prova è la relazione che il perito svolge, di norma oralmente; eccezionalmente per iscritto. Nella prassi il perito ottiene sempre l'autorizzazione alla relazione scritta. Dopo averla presentata egli può essere sottoposto ad esame incrociato su richiesta di parte, recuperando il contraddittorio sulla prova scientifica. Il giudice può comunque disattendere le conclusioni dando adeguata motivazione, poiché, al pari di quanto avviene per gli altri mezzi di prova, egli non è vincolato dalla perizia. Divieto di perizia criminologica: c'è ildivieto di ammissione di perizie volte ad accertare carattere e personalità dell’imputato, e qualità psichiche indipendenti da patologie; abitualità o prefessionalità nel reato e tendenza a delinquere. Sono ammesse solo quelle che tendono ad accertare una malattia mentale. Ratio: tutela presunzione di innocenza della persona. La conoscenza di tali info potrebbe condizionare il giudizio sulla reità della persona. Dopo la condanna irrevocabile la perizia è permessa rispetto alla fase dell'esecuzione della pena o della misura di sicurezza. D. Il consulente tecnico di parte all'interno della perizia. Le parti hanno la facoltà di nominare propri consulenti tecnici in numero non superiore a quello dei periti. Al consulente tecnico si applicano le cause di incapacità e incompatibilità. Non possono essere nominati coloro che sono chiamati a prestare l'ufficio di testimone. Le parti non hanno l'obbligo di scegliere il consulente all'interno di albi, ma sarà loro interesse nominare persone di riconosciuta capacità tecnica. I consulenti possono assistere al conferimento dell'incarico e presentare al giudice richieste, osservazioni e assistere allo svolgimento della perizia proponendo al perito specifiche indagini. Anche in tal caso possono presentare richieste, osservazioni e riserve delle quali si da atto nella relazione peritale. La normativa sulla consulenza tecnica di parte è ricavabile per analogia con quanto previsto per il perito, salvo le differenze dettate dal codice. Identici sono anche i limitic, come il divieto di accertamenti sul carattere e sulla personalità dell'imputato. Identico è lo strumento con cui il perito e il consulente tecnico sono sentiti in dibattimento: esame incrociato. Il perito ha l'obbligo di far conoscere la verità. Nessun obbligo del genere è previsto espressamente dal codice per il consulente di parte. Una menzogna potrà andare ad influenzare l'attendibilità della valutazione prospettata dallo stesso consulente. La consulenza di parte è espressione della difesa tecnica e mezzo di prova scientifica, tecnica o artistica. E. Il consulente tecnico di parte fuori dei casi di perizia. Circa i consulenti tecnici di parte, le parti possono comunque nominare consulenti tecnici sia in relazione ad una perizia già disposta (art. 225), sia al di fuori della perizia (art. 233) ed anche per contrastare il risultato di una perizia già svolta. Lo strumento della consulenza di parte tecnica fornisce a giudice le valutazioni necessarie per motivare le decisioni. Circa la consulenza tecnica di parte fuori della perizia • Sistema misto: il consulente di parte era un ausiliario della medesima, non poteva essere sottoposto ad interrogatorio e si limitava a presentare delle memorie scritte. • Sistema accusatorio puro anglo-americano: no perizia, solo testimoni esperti che sono nominati dall'accusa e dalla difesa e vengono ammessi a deporre in dibattimento. • Codice 1988: la consulenza di parte diviene un mezzo di prova a disposizione della medesima, ma non ha le caratteristiche della testimonianza. Oggetto della consulenza: Con la nomina di un consulente tecnico fuori dalla perizia ciascuna parte ha il diritto di tentare di convincere il giudice applicando la legge scientifica che ritiene più corretta. I consulenti tecnici di parte privata/ pubblica possono svolgere la propria attività anche quando il giudice non ha disposto la perizia. Il consulente nominato da una parte privata può svolgere investigazionidifensive per ricercare ed individuare elementi di prova e può conferire con le persone che possono dare informazioni, nonchè visionare il materiale che l'autorità giudiziaria ha posto sotto sequestro. Il difensore della parte privata può scegliere se presentare, o meno, al giudice gli elementi di prova che siano stati raccolti dal consulente tecnico. La nomina del consulente: ciascuna parte può nominare consulenti in numero non superiore a 2. Per parte si intende anche la persona offesa e l'ndagato, che nelle indagini preliminari sono parti potenziali. Non può essere nominato colui che è chiamato a prestare l’ufficio di testimone; viceversa se un tecnico è stato testimone di un fatto di reato, ha conosciuto tale fatto non per motivo d’ufficio; pertanto prevale la sua qualità di testimone. Valgono le situazioni di incompatibilità applicate alla consulenza tecnica endoperitale. Tale consulente è quindi una fonte di conoscenza singolare che le parti possono sottoporre al giudice per incidere sul suo convincimento. F. La valutazione della persizia e della consulenza tecnica di parte. Difficile è la valutazione di una prova scientifica. -Il giudice potrebbe rimettersi completamente al parere dello scienziato. -Il giudice si potrebbe arrogare il diritto ad una ultima parola --> scienziato dilettante. La prova scientifica deve essere valutata con i controlli che si applicano alle altre prove. Il giudice dunque nella motivazione della sentenza deve esporre perchè ritiene attendibile la prova sulla quale fonda la sua decisione e perchè ritiene non attendibili le prove contrarie. Il giudice deve dimostrare di aver preso in considerazione le differenti ricostruzioni tecniche e di averle accettate o scartate sulla base di motivi oggettivi. Centrale è così l'esame incrociato sugli esperti, grazie al quale le parti riescono a convincere il giudice. Valutazione affidabilità metodo scientifico: Il controesame deve vertere sull'analisi della teoria di riferimento accolta dal tecnico. Il giudice deve motivare i seguenti punti: -se è idoneo a espletare l'incarico. - se la teoria cui ha fatto riferimento sta stata o possa essere verificata/smentita. -se la teoria sia stata oggetto di pubblicazione scientifica ed esaminata da altri esperti. -se è conosciuto il coefficiente di errore relativo alla teoria proposta. -se la eoria prospettata sia sempre attuale oppure nel tempo abbia subito revisioni. Il perito è attendibile in quanto la sua ricostruzione abbia resistito al contraddittorio. Non esiste gerarchia tra perito e consulente. Il giudice nella valutazione deve verificare se il risultato della prova scientifica appare coerente con le altre prove raccolte nel procedimento. Egli deve spiegare se le prove acquisite hanno eliminato ogni ragionevole dubbio sulla ricostruzione dellaccusa e se la ricostruzione della difesa è stata idonea a far sorgere un ragionevole dubbio. Il giudice pronuncerà sentenza di condanna quando le risultanze determineranno una certezza processuale oltre ogni ragionevole dubbio. H. La perizia che richiede atti idonei ad incidere sulla libertà personale. Nel corso della perizia può essere utile svolgere atti che incidano sulla libertà personale dell'indagato o di altre persone. Prelevi con il consenso: Quando l'interessato da il suo concens non scatta la necessità di tutelare la libertà personale. I prelievi e gli accertamenti possono essere effettuati nel corso delle comuni attività peritali, ciò a prescindere dalla gravità del reato per il quale si procede e indipendentemente dal requisito di indispensabilità ai fini probatori. Prelievi coattivi: quando l’individuo non presta il proprio consenso. Si applica l’art. 224-bis che reca un bilanciamento tra la tutela della libertà personale e l’esigenza di accertamento dei fatti. In base ad esso: • Il comma 1 precisa la tipologia di reati in relazione ai quali possono essere disposti gli accertamwnti coercitivi. Si deve procedere per un delitto doloso o Documento e documentazione Il codice non contiene una definizione una definizione espressa di documento, anche se ne fornisce un requisito positivo e uno negativo. Il requisito positivo consiste nel fatto che perché vi sia un documento è sufficiente in alternativa che si tratti di uno “scritto” o di un oggetto comunque “idoneo a rappresentare” un fatto, una persona o una cosa. Il requisito negativo si ricava dalla relazione al progetto preliminare del codice, e consiste nel fatto che l’oggetto rappresentato deve essere un atto compiuto “fuori” dal procedimento nel quale si chiede o si dispone che il documento faccia ingresso. Se l’oggetto rappresentato è invece un atto del medesimo procedimento, il codice non utilizza il termine documento, bensì il termine “documentazione”. La forma di documentazione di un atto del procedimento è, di regola, il verbale. Tale verbale rappresenta un atto del procedimento e non è un documento, ma una forma di documentazione. Per “atto del procedimento” si intende comunemente quell’atto che persegue le finalità del procedimento e che è compiuto da uno dei soggetti legittimati: il giudice, il P.M., la polizia giudiziaria o i loro ausiliari, e i difensori. La documentazione rappresenta atti processuali compiuti in quel procedimento nel quale la documentazione è effettuata. Quindi l'utilizzabilità della documentazione dipende dal singolo atto di cui si tratta.Ex. gli atti di indagine sono inutilizzabili in dibattimento. Il documento: Il documento rappresenta un fatto o un atto differente dall'atto processualecompiuto nel procedimentonel quale il documento è acquisito. Ex. Il diario della vita di un terzo. Essendo un mezzo di prova è di regola utilizzabile in dibattimento. Acquisizione trasfrontaliera di dati informatici: Disposizioni speciali regolano l'acquisizione di documenti e dati informatici conservati all'estero, dei quali il processo penale deve servirsi con sempre più frequenza. Il valore probatorio del documento contenente dichiarazioni Per la Corte costituzionale il documento contenente una dichiarazione può costituire prova del fatto rappresentato nella medesima e può essere ammesso ai sensi dell'art. 190 del codice. Tale affermazione costituisce l'oggetto principale di una sentenza interpretativa di rigetto" nei sensi di cui in motivazione", pertanto i giuristi difficilmente potranno prescinderne in sede ermeneutica. Limite positivo: la colpevolezza dell'imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi per libera scelta si è sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore. Da ciò si ricava il principio per cui è garantito costituzionalmente il diritto dell'imputato a confrontarsi con l'autore della dichiarazione, anche se tale dichiarazione è contenuta in un documento. Il documento anonimo La prova documentale può essere valutata dal giudice nella sua attendibilità quando è noto l'autore del documento. Ciò non può avvenire se l'autore è ignoto, è impossibile qui ricercare elementi di prova per valutarne la credibilità. Anche il confronto tra imputato e accusatore è impossibile se non si sa da chi proviene il documento. Nel solo caso in cui si sia in presenza di un documento anonimo, ove sia ignoto l’autore, per la dichiarazione anonima il codice prevede la sanzione dell’inutilizzabilità (art. 240.) Del documento anonimo che contenga una rappresentazione diversa dalla dichiarazione il codice non dà alcuna regolamentazione. Poichè è posto come regola generale il libero coinvincimento del giudice. I documenti anonimi non dichiarativi possono essere utilizzati. Ex. una foto di cui è ignoto l'autore, si può ricavare che una persona era viva in un dato momento. Quando siamo di fronte ad un documento misto che contiene sia una dichiarazione sia una rappresentazione differente dalla dichiarazione esso è utilizzabile solo per questa seconda parte. Ex. un filmato anonimo è utilizzabile per la parte che contiene la videoripresa di un determinato luogo, non è utilizzabile per la parte che contiene una eventuale narrazione che accompagna la videoripresa. Verifica della provenienza: Il codice prevede che il documento possa essere sottoposto alle parti private o ai testimoni se occorre verificarne la provenienza. Il documento cessa di essere anonimo quando il suo autore ne riconosce la paternità. Anonima: rappresentazione della quale non è identificabile l'autore. L'assenza della sottoscrizione o la sottoscrizione illeggibile o di fantasia da luogo al documento soltanto formalmente anonimo, infatti se vi è riconoscimento il documento non è più sostanzialmente anonimo. Il valore probatorio: Diverso è il problema del valore probatorio da attribuire alla dichiarazione che non sia stata sottoscritta dall'autore col proprio nome, quando l'autore della stessa sia stato comunque identificato mediante perizia o riconoscimento espresso. Non si pone dunque alcun problema di utilizzabilità, ma si pone quello della credibilità della fonte e attendibilità della rappresentazione. Ci si può chiedere infatti che cosa aveva da nascondere l'autore della dichiarazione se non ha voluto sottoscriverla, evitando così di impegnare la propria responsabilità. Le dichiarazioni anonime utilizzabili Sono comunque utilizzabili le dichiarazioni anonime che costituiscono corpo del reato e quelle che comunque provengano dall'imputato. 1. Il corpo del reato deve essere sempre acquisito in procedimento: le dichiarazioni anonime sono ammesse soltanto in quel procedimento penale nel quale esse costituiscono il corpo del reato e cioè quando mediante le stesse o sulle stesse è stato commesso il reato, oppure quando esse ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo. Ex. dichiarazione anonima calunniosa è utilizzabile nel procedimento contro l'autore presunto della dichiarazione. 2. Utilizzabili le dichiarazioni provenienti comunque dall'imputato, è da chiarire se l'imputato è l'autore della dichiarazione o se basta che sia colui che la presenta nel procedimento. Le dichiarazioni anonime sono utilizzabili se sono state presentate dall'imputato, quindi egli può presentare una dichiarazione anonima della quale sia venuto “comunque” in possesso. Ovviamente il valore probatorio sarà molto limitato poichè difficile sarà dimostrare l'attendibilità della dichiarazione medesima. La disciplina di determinati documenti Il codice vieta l’acquisizione di documenti aventi determinati oggetti. La violazione del divieto comporta l’inutilizzabilità dell’elemento di prova che se ne potrebbe ricavare. Lart. 234, c.3 vieta l’acquisizione di documenti che contengono informazioni sulle voci correnti nel pubblico intorno ai fatti dei quali si tratta nel processo, o di documenti concernenti la moralità delle persone che partecipano al processo. • stabilito invece l’obbligo di acquisire i documenti che costituiscono corpo del reato, qualunque sia la persona che li abbia formati o che li detenga. F 0 E 0Ai sensi dell’art. 253 sono “corpo del reato” le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso nonché le cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo. • consentita l’acquisizione anche d’ufficio di qualsiasi documento proveniente dall’imputato anche se sequestrato presso altri o da altri prodotto. Tale disposizione trova un limite nel divieto di sequestro in presenza di segreti tutelati dal codice di procedura penale, come il segreto professionale. Vi è anche il divieto di sequestrare presso il difensore carte o documenti relativi all’oggetto della difesa e la corrispondenza tra l’imputato ed il proprio difensore. L'uso di atti di altri procedimenti Circa l’uso di atti di altri procedimenti, l’art. 238 sui verbali di prove di altri procedimenti, permette alle parti di ottenere che siano acquisite le prove e gli atti che sono stati assunti in un altro procedimento penale o civile. Vi è però un limite, consistente nel fatto che le parti del procedimento ad quem hanno il diritto di ottenere l’esame della persona le cui dichiarazioni sono state acquisite. F 0 E 0Vige un regime differente a seconda della ripetibilità o meno nel procedimento ad quem: • Se gli atti assunti nel procedimento a quo sono ripetibili nel procedimento ad quem, i verbali degli atti di indagine sono utilizzabili in due ipotesi: F 0 E 0se l’imputato del procedimento F 0 2 0ad quem F 0 2 0vi consente; F 0 E 0se la persona che ha reso le dichiarazioni viene esaminata nel procedimento F 0 2 0ad quem F 0 2 0e risulta che F 0 2 0essa è stata sottoposta a condotta illecita. I verbali delle dichiarazioni assunte in incidente probatorio o in dibattimento sono utilizzabili sia nelle due ipotesi appena menzionante (consenso dell’imputato o minaccia sul dichiarante), sia se il difensore dell’imputato del procedimento ad quem ha partecipato all’assunzione della prova; • Se gli atti assunti nel procedimento a quo non sono ripetibili nel procedimento ad quem, i relativi verbali sono utilizzabili in due ipotesi: F 0 E 0se si tratta di impossibilità di ripetizione originale; F 0 E 0se si tratta di non ripetibilità sopravvenuta, purché essa sia dovuta a circostanze non prevedibili nel F 0 2 0momento in cui l’atto è stato compiuto. Un principio peculiare è stato stabilito in merito alle prove formate in un giudizio civile chiuso con sentenza irrevocabile, l’art. 238-bis consente che le sentenze irrevocabili possano essere acquisite allo scopo di accertare l’esistenza di fatti oggetto di prova. I documenti illegali sottoposte a misure di sicurezza detentive o a misure di prevenzione). L’ispezione personale è eseguita nel rispetto della dignità e, nei limiti del possibile, del pudore di chi vi è sottoposto. Essa può essere compiuta anche da parte di un medico, che può non essere un medico legale. • L’ispezione di luoghi o cose – Ai sensi dell’art. 246, la persona che ha la disponibilità del luogo in cui è eseguita l’ispezione ed anche l’imputato hanno diritto, se presenti, ad avere copia del decreto che autorizza l’ispezione stessa. L’autorità giudiziaria, oltre a poter disporre della forza pubblica, può anche ordinare, enunciando nel verbale i motivi del provvedimento, che taluno non si allontani prima che le operazioni siano concluse e può far ricondurre coattivamente sul posto il trasgressore. Nel corso dell’udienza preliminare o dibattimentale l’ispezione di persone, luoghi o cose è disposta dal giudice. Durante le indagini preliminari l’ispezione è disposta di regola dal P.M., che può delegare la polizia giudiziaria; è compiuta dalla polizia di propria iniziativa in situazione di urgenza sotto la forma di “accertamenti e rilievi”. Quando il P.M. procede ad ispezione personale, il difensore dell’indagato deve essere preavvisato almeno 24 ore prima. Nei casi di assoluta urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che il ritardo possa pregiudicare la ricerca o l’assicurazione della prova, il P.M. può procedere anche prima del termine fissato dandone avviso al difensore senza ritardo, o anche senza darne avviso, se vi è fondato motivo di ritenere che le tracce possano essere alterate; è fatta salva in ogni caso la facoltà del difensore di intervenire. Quando omette l’avviso o procede prima del termine, il P.M. deve specificamente indicare, a pena di nullità, i motivi della deroga e le modalità dell’avviso. La perquisizione La perquisizione (art. 247) è un mezzo di ricerca che ha la finalità di assicurare al procedimento una cosa o di consentire l’arresto di una persona, attraverso la loro ricerca. • La perquisizione personale – è disposta quando vi è fondato motivo di ritenere che taluno occulti sulla persona il corpo del reato o cose pertinenti al reato. Vi rientrano le cose che hanno la funzione di provare il reato o la responsabilità del suo autore. • La perquisizione locale – è disposta quando vi è fondato motivo di ritenere che tali cose si trovino in un determinato luogo ovvero che in esso possa eseguirsi l’arresto dell’imputato o dell’evaso. • La perquisizione informatica – è disposta quando vi è un fondato motivo di ritenere che dati, informazioni, programmi informatici o tracce comunque pertinenti al reato si trovino in un sistema informatico o telematico; devono adottarsi misure tecniche idonee alla conservazione dei dati orgiinali e ad impedirne l’alterazione. La perquisizione è disposta dall’autorità giudiziaria (cioè dal giudice o dal P.M.) con decreto motivato. Alla perquisizione può procedere l’autorità giudiziaria, o delegarne l’esecuzione ad un ufficiale di polizia giudiziaria. Se si cerca una cosa determinata, anziché procedere con la perquisizione, l’autorità giudiziaria può limitarsi ad invitare taluno a consegnare la cosa: se l’invito è accolto non si fa luogo a perquisizione, salvo che sia utile procedervi per la completezza delle indagini. Regolamentazione dell'atto di perquisizione: Se deve essere eseguita la perquisizione di una persona, occorre consegnare a questa una copia del decreto con l’avviso della facoltà di farsi assistere da persona di fiducia, purché prontamente reperibile ed almeno quattordicenne (art. 249). Se deve essere eseguita la perquisizione di un luogo, va consegnata copia del decreto all’interessato ed a colui che abbia la disponibilità del luogo, se costoro sono presenti. Ad essi deve essere dato avviso della facoltà di farsi assistere o rappresentare da una persona di fiducia, sempre che questa sia prontamente reperibile ed idonea. F 0 E 0Se durante la perquisizione si rinvengono corpo del reato o cose pertinenti al reato, si procede a F 0 2 0sequestro. Se si trova la persona ricercata si procede a custodia cautelare oppure ad arresto o sequestro. Nel corso delle indagini preliminari la perquisizione è ordinata dal P.M che vi procede personalmente o delegandola ad un ufficiale di polizia giudiziaria.. All’indagato che sia eventualmente presente alla perquisizione è chiesto se è assistito da un difensore; qualora l’indagato ne sia privo, è designato un difensore d’ufficio. Sempre nel corso delle indagini preliminari la polizia giudiziaria può procedere di sua iniziativa a perquisizione personale o locale, ma solo in flagranza di reato o nel caso di evasione. F 0 E 0 Se l'indagato è presente alla perquisizione la polizia deve avvertirlo della facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia che può intervenire all'atto.La polizia giudiziaria deve allora trasmettere verbale, senza ritardo, al P.M. del lugo della perquisizione e la pubblica accusa convalida la perquisizione entro le 48 ore successive. Il sequestro probatorio Il codice prevede tre distinte forme di sequestro: il sequestro probatorio, il sequestro preventivo ed il sequestro conservativo: il primo è un mezzo di ricerca della prova, gli altri due sono misure cautelari. Tutti e tre i tipi di sequestro creano un vincolo di indisponibilità su una cosa mobile od immobile, ma diversa è la loro finalità e di conseguenza la loro regolmentazione. Il sequestro probatorio consiste nel'assicurare una cosa mobile od immobile al procedimento per finalità probatorie, mediante o spossessamento coattivo dela cosa e a creazione di un vincoo di indisponibilità sulla medesima. Occorre un requisito naturalistico, e cioè che si tratti di un bene materiale; e occorre un requisito giuridico, cioè che si tratti del corpo del reato o di una cosa pertinente al reato e, soprattutto, che la cosa sia necessaria per l’accertamento dei fatti. All'interessato se presente deve essere consegnata copia del decreto del sequestro e la polizia giudiziaria deve avvisarlo di potersi far assistere da un difensore. Essendo un atto a sorpresa il difensore ha diritto di assistere senza preavviso. Il sequestro è mantenuto fin quando sussistono le esigenze probatorie. Il limite massimo è dato dalla sentenza irrevocabile. La conversione in un altro tipo di sequestro è possibile solo emettendo un decreto per il nuovo sequestro. Nel corso dell’udienza preliminare o dibattimentale il sequestro probatorio è disposto con decreto dal giudice. Nel corso delle indagini preliminari il decreto è emanato, di regola, dal P.M.. Il sequestro probatorio operato dalla polizia giudiziaria opera sempre durante le indagini preliminari, solo in situazioni di urgenza. Richiesta di riesame: Contro il decreto di convalida del sequestro e contro lo stesso decreto di sequestro e l’indagato, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre richiesta di riesame. Sulla richiesta decide in composizione collegiale il tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento. Questione sulla necessità di mantenere il sequestro: Si discute se il sequestro è sempre utile a fini probatori oppure no. In tal caso si procede durante le indagini preliminari ad un ulteriore proedimento incidentale. La persona interessata può presentare al PM richiesta motivata di restituzione della cosa -> 1. non ci sono più esigenze probatorie: la restituzione viene disposta 2. se è necessario mantenere il bene: rigetto richiesta. Se in questo caso il pm vuole convertire il sequestro in uno conservativo o preventivo ne deve fare richiesta al giudice. Contro tale decreto può essere presentata opposizione dalla parte e il GIP può disporre la restituzione, mantenere il sequestro o rimettere la questione al giudice civile competente se vi è una contestazione sull'appartenenza della cosa sequestrata. Il sequestro di documenti coperti dal segreto professionale o di ufficio: L'autorità non può disporre il sequestro in via immediata. L'autorità deve fare richiesta di consegna della cosa e la persona coperta dal segreto ha però un immediato dovere di esibizione e consegna a fronte di tale richiesta. Può opporsi solo dichiarando per iscritto l'esistenza di un segreto inerente alla propria professione o al proprio ufficio. La decisione sul segreto spetta: -al giudice penale per i segreti professionali e di ufficio. -al presidente del sconsiglio dei ministri se si tratta del segreto di stato. Il sequestro presso banche: L'autorità può esaminare atti e documenti e dati informatici presso banche per rintracciare cose da sorroporre a sequestro o per accertare altre circostanze utili alle indagini. Può però fare una richiesta di esibizione o consegna e in caso di rifiuto può procedere a perquisizone personalmente. Sequestro di corrispondenza: E' possibile procedere al sequestro di lettere o oggetti di corrispondenza presso coloro che forniscono servizi postaku, telegrafici, telematici ecc... quando l'atorità ritiene che siano sati speidti dall'imputato o siano a lui diretti o che siano relazionati al caso. -Procede polizia giudiziaria: l'oggetto deve essere consegnato all'autorità giudiziaria senza aprirlo o alterarlo o senza prendere conoscenza del contenuto. Intercettazioni con captatore informatico: Consentite solo per captare conversazioni o comunicazioni tra presenti ponendo il captatore in dispositivi elettronici portatili anche in luoghi di privata dimora per reati di criminalità organizzata, intendendosi sia quelli previsti dall'art. 51 cpp sia quelli comunque facenti capo ad una associazione a delinquere. Sono inutilizzabili le risultanze direttamente lesive della dignità della persona umana. Le intercettazioni ambientali nel domicilio sono consentite anche se non c'è motivo di pensare vi si stia svolgendo attività criminosa. Attività di captazione che sfuggono ai requisiti delle itnercettazioni tra presenti: Tramite il captatore informatico possono essere svolte altre attività: - mettere in funzione web camera per carpire le immagini - perquisire l'hard disk e fare copia totale o parziale delle unità di memoria del sistema informatico preso di mira. - decifrare tutto ciò che viene digitato sulla tastiera collegata al sistema (keylogger) e visualizzare ciò che appare sullo schermo del dispositivo bersaglio.(screenshot). Sono attività incisive sui diritti fondamentali pertanto la legge deve prevedere limiti eventuali, in assenza di una nromativa essendo attività atipiche sono precluse in base al principio di non sostituibilità. Quando il codice stabilisce un divieto probatorio o l'inutilizzabilità espressa è vietato il ricorso ad altri strumenti processuali, tipici o atipici, per aggirare tale limite. Il procedimento Circa il procedimento, il P.M. chiede al G.I.P. l’autorizzazione a disporre le intercettazioni; l’autorizzazione è data dal giudice con decreto motivato. Una volta ottenuto il provvedimento, il P.M. emana un decreto col quale regola le modalità e la durata delle operazioni. Le operazioni sono compiute negli impianti installati nella procura della repubblia. Nei casi di urgenza l’intercettazione è disposta dal P.M., che deve comunicare il relativo decreto motivato al giudice non oltre 24 ore decorrenti dal proprio provvedimento. Il giudice entro le 48 ore successive decide sulla convalida con decreto motivato. F 0 E 0In caso di mancata convalida, l’intercettazione non può essere proseguita ed i risultati non possono essere usati. Dopo la convalida o l'autorizzazione il pm emana un decreto con cui regola modalità e durata delle operazioni. Ad esempio stabilendo quali sono le linee telefoniche da controllare. Se necessario il pm può disporre anche, cond ecreto motivato, operazioni mediante apparati di pubblico servizio. A. La captazione è svolta presso l'operatore telefonico B. La registrazione è svolta presso la procura della repubblica o altro ufficio indicato dal pm con dec. motiv. C. L'ascolto è effettuato presso gli uffici di polizia giudiziaria con redazione di verbali sommari contenenti le comunicazioni. Durata: -Delitti comuni max 15 giorni. -Delitti criminalità organizzata max 40 giorni. Entrambe possono essere prolungate con decreto motivato dal giudice. In base ai requisiti previsti dal codice sono intercettabili sia le utenze riferibili agli indagati, sia quelle riferibili ai testimoni, sia infine le utenze riferibili a persone estranee ai fatti, quando queste ultime possono essere destinatarie di comunicazioni provenienti da indagati o da testimoni. Ex. in caso di sequestro di persona a scopo estorsione possono essere messi sotto controllo i telefoni dei familiari. Verranno registrate anche conversazioni che nulla hanno a che fare col caso, ma è fatto divieto al Pm di disruggere le registrazioni irrilevanti. Le comunicazioni intercettate sono registrate; delle operazioni è redatto verbale. La polizia giudiziaria provvede a trascrivere il contenuto anche sommariamente: si tratta dei “brogliacci d’ascolto”, utilizzabili già durante le indagini preliminari per chiedere al giudice le misure cautelari. La registrazione delle intercettazioni ed i verbali sommari sono trasmessi immediatamente al P.M. e devono essere depositati in segreteria. In seguito ad ordinanza che dispone una misura cautelare personale il difensore dell'indagato ha diritto di ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di quelle conversazioni o comunicazioni usate ai fini dell'adozione del provvedimento cautelare, anche se non depositate. D. Le attività successive alla registrazione: la regola Tale normativa si applica quando si tratta di intercettazioni nelle quali non viene in rilievo una protezione assoluta del colloquio. La registrazione delle intercettazioni ed i verbali sommari sono trasmessi al pm che pera un primo controllo sulla loro ostensibilità. Dopo il pm ne dispone il deposito in segreteria. Il deposito deve essere differito quando da esso può derivare un grave pregiudizio per le indagini, ossia se vi è pericolo che la prova sia inquinata o che gli indagati connessi possano sfuggire alle misure cautelari. Il pm chiede così al GIP l'autorizzazione al differimento, che può essere mantenuto solo fino alla chiusura delle indagini. Prassi lassista: permette alle parti private di avere copia di tutte le registrazioni in spregio della normativa sull'udienza di stralcio, che consente il deposito solo dopo l'avvenuta registrazione. Orientamento rigoroso: non è applicabile il deposito se non quando effettivamente si sia svolta l'udienza di stralcio con relativa trascrizione. Se il pm attiva i preliminari durante l'udienza di stralcio viene effettuato un deposito definito "parziale". Ne viene data conoscenza ai difensori delle parti private che hanno la facoltà di esaminare gli atti, ascoltare le registrazioni entro il termine fissato dal pm. I difensori effettuano così solo un controllo sulla rilevanza e utilizzabilità delle intercettazioni. L'udienza di stralcio Il pm e le parti private hanno l'onere di chiedere al GIP l'acquisizione delle intercettazioni. Viene così fissata la data per questa udienza di stralcio di cui viene dato avviso al pm e ai difensori almeno 24h prima. E' una udienza in contraddittorio. Il giudice qui deve stralciare le registrazioni di cui sia vietata l'utilizzazione e deve disporre l'acquisizione delle registrazioni indicate dalle parti che non appaiano manifestamente rilevanti. Il giudice può però stralciare solo le intercettazioni inutilizzabili e quelle sicuramente irrilevanti e comunque dopo aver convocato le parti. Le registrazioni manifestamente irrilevanti vengono poi conservate in un archivio fino sentenza irrevocabile. Il giudice dispone poi la trascrizione integrale delle registrazioni che ha ammesso, osservando forme, modi e garanzie previste per l'espletamento delle perizie. I difensori possono partecipare tramite consulenti di parte. I difensori possono poi estrarre copia di tali trascrizioni e chiederne la trasposizione su nastro magnetico. Sia le registrazioni acquisite che non vengono conservate presso il pm che ha disposto l'intercettazione fino a sentenza irrevocabile. Ogni persona interessata può chiedere al giudice che ha convalidato/autorizzato l'intecettazione , a tutela della propria riservatezza, la distruzione della registrazione che la riguarda in quanto non necessaria al procedimento. --> udienza in camera di consiglio sulla distruzione. La documentazione delle intercettazioni non utilizzabili è distrutta su ordine del giudice. salvo che esse costituiscano corpo del reato. Le intercettazioni inutilizzabili per vizi procedurali I vizi attengono a comunicazioni di per se non inconoscibili e che avrebbero potuto essere legittimamente captate se fosse stata seguita la procedura corretta. la loro distruzione può pertanto seguire l'ordinaria procedura camerale, nel contraddittorio fra le pari. Essa scatta quando: 1. le intercettazioni sono state eseguite fuori dai casi consentiti dalla legge. 2. le intercettazioni sono state cmpiute non rispettando i presupposti e le forme del provvedimento di autorizzazione e di esecuzione. 3. le intercettazioni sono state compiute senza registrare la comunicazione e senza redigere il verbale sommario elle operazioni. Oppure sono state compiute al di fuori degli impianti installati nella procura della repubblica senza che siano state motivate le ragioni di urgenza. La giurisprudenza ritiene che si debba procedere in procedura camerale, nel contraddittorio delle parti. Uso delle intercettazioni in altri procedimenti I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diverso da quelli nei quali sono state disposte, salvo che risultino indispensabili per l'accertamento dei delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza. Altro procedimento: sostanziale diversità nel fatto storico. Non si parla di reati connessi o collegati alla originaria notizia di reato oggetto del decreto autorizzativo del giudice, anche se è stata disposta la separazione dei procedimenti medesimi. I verbali e le registrazioni delle intercettazioni eseguite in altri procedimenti quando sono utilizzabili, sono depositati presso l'autorità competente per il diverso procedimento e si applicano le disposizioni sull'udienza di stralcio e sulla trascrizione. Il pm e i difensori hanno la facoltà anche di esaminare i verbali e le registrazioni depositate nel procedimento a quo. Intercettazione autorizzata per imputazione poi derubricata in sentenza: Per il Cpp sono inutilizzabili le intercettazioni che siano state eseguite fuori dei casi consentiti dalla legge. La cassazione ritiene che se le intercettazioni sono state originriamente disposte per uno dei reati dell'art. 266 esse rimangano legittime anche quando l'addebito venga successivamente derubricato in un reato che non avrebbe consentito tale mezzo di ricerca della prova. Per dare luogo alla inutilizzabilità servirebbe una disposizione specifica o un principio giuridico dal quale far discendere questa conseguenza. Riteniamo però errata tale interpretazione perchè in materia di diritti fondamentali garantiti dalla costituzione, la riserva di legge si traduce nella tassatività dei casi di intercettazione. devono essere sottoposti a convalida da parte del giudice entro un tempo predeterminato, altrimenti l’indagato deve essere rimesso in libertà; • impugnabilità – nei confronti dei provvedimenti cautelari è possibile presentare impugnazione. La Costituzione (art. 111.7) impone al legislatore, quanto meno, il ricorso per cassazione per violazione di legge contro tutti i provvedimenti che comportano una limitazione della libertà personale. Il codice ha esteso questa garanzia perché ha previsto per tutti i provvedimenti cautelari anche un’impugnazione di merito, e cioè l’appello o il riesame. B. Misure cautelari e sistema processuale La regolamentazione delle misure cautelari è frutto di un compromesso tra i due fondamentali sistemi processuali. Sistema Inquisitorio: L'imputato può essere trattato come colpevole ancora prima che sia pronunciata la sentenza. E' prevista una unica misura cautelare di custodia preventiva in carcere, che ha l'obiettivo di indurre l'imputato a confessare. Le esigenze cautelari non sono previste in modo tassativo, quindi il giudice inquisitore può disporre la custodia in carcere anche soltanto per placare l'allarme sociale suscitato dal compimento del reato. la custodia preventiva svolge un ruolo tipico della pena: prevenire la commissione di nuovi reati tramite l'intimidazione. Il giudice ha ampi poteri coercitivi che permettono il miglior accertamento della verità. Il provvedimento cautelare è basato quindi su requisiti evanescenti, richiede un presupposto probatorio esiguo (sospetto o indizio) e non è sottoposto a controllo effettivo. Sistema accusatorio: La libertà personale è la regola e la custodia cautelare l'eccezione. La presunzione di innocenza impone che le misure cautelari non abbiano la funzione di anticipare la ena ne quella di costringere l'imputato a confessarsi colpevole. Le esigenze cautelari debbono essere previste tassativamente al fine di evitare l'arbitrio del giudice. L'arrestato ha il diritto ad essere condotto al più presto dinanzi al giudice, diritto a presentare ricorso ad un tribunale affinchè questo decida in un termine breve sulla legalità della sua detenzione, e ha diritto ad essere giudicato in un tempo congruo o ad essere liberato durante il corso del procedimento, eventualmente dopo aver prestato una cauzione. Sono previste molteplici misure cautelari e la custodia in carcere è l'extrema ratio. Vice il principio del minor sacrificio che prevede che la compressione della libertà personale dell'indagato o dell'imputato deve essere contenuta entro i limiti minimi indispensabili a soddisfare le esigenze cautelari riconoscibili nel caso concreto. Il ricorso alle forme di restrizione più intense è consentito solo quando le esigenze processuali o extraprocessuali non possono essere soddisfatte in maniera meno intensa. Ciò porta a strutturare il sistema cautelare secondo il modello della pluralità graduata, predisponendo una gamma alternativa di misure, connotate da differenti gradi di incidenza sulla libertà personale. In più vengono prefiurati meccanismi individualizzati di selezione del trattamento cautelare, adeguati alle esigenze delle fattsipeci concrete. Codice 1988: In seguito alla sua entrata in vigore la materia è stata più volte modificata. Rispetto alla generalità dei reati, è stato creato un regime differenziato per la criminalità organizzata, il terrorismo e i delitti più gravi. Dall'altro hanno provveduto a porre alcuni rimedi alla mancanza del contraddittorio nei confronti della difesa dell'imputato. C. La riserva di legge e di giurisdizione La Costituzione permette la restrizione della libertà personale solo nei casi e nei modi previsti dalla legge. Il potere di limitare la libertà personale ha quindi il carattere dell'eccezionalità e può essere esercitato soltanto nei casi espressamente previsti dalla legge. Le libertà della persona possono essere limitate con misure cautelari soltanto a norma delle disposizioni del presente titolo, avente ad oggetto, appunto, le misure cautelari personali. Si ottiene così l'effetto di predisporre una regolamentazione generale della materia che si applica anche qualora la limitazione della libertà sia disposta in altra parte del codice o in una legge diversa. Riserva di giurisdizione: Sull'applicazione, la revoca e la modifica delle misure cautelari provvede il giudice che procede. Ciò è l'interpretazione autentica della Costituzione che permette la limitazione della libertà personale con atto motivato dell'autorità giudiziaria (si intende il giudice). Il pm può soltanto richiedere le misure cautelari, ma l'applicazione è poi riservata alla decisione del giudice. All'inizio del procedimento, prima dell'azione penale, se ne occupa il Gip. Regole generali: Poichè il Gip deve motivare ampiamente il suo provvedimento il pm ha l'onere di convincerlo che esistono in cocnreto presupposti che fondano la singola misura. Il pm trasmette così al giudice i verbali degli atti che giustificano la misura richiesta. Dopo che essa viene eseguita o notificata l'imputato ha diritto di essere sentito dal giudice in un interrogatorio definito "di garanzia". Qui il difensore ha la possibilità di conoscere la richiesta del pm e gli atti che la pubblica accusa ha presentato al giudice. Il contraddittorio sulla misura cautelare è posticipato ad un momento successivo all'applicazione della stessa. 2. Struttura normativa delle misure cautelari personali A. Le misure cautelari personali: Si hanno due gruppi di misure catelari: -personali -reali: che toccano beni immobili o mobili e impongono il divieto di disporre di essi. • Misure personali – comportano limiti alla libertà personale o alla libertà di determinazione nei rapporti familiari e sociali; esse si dividono in misure coercitive e misure interdittive. Tali limitazioni possono essere disposte soltanto nei limiti in cui sono consentite dalla legge e solo se essa le prevedere. Le misure coercitive sono enumerate in ordine crescente di gravità e vanno dal divieto di espatrio alla custodia cautelare in carcere. Esse si distinguono in: • Misure obbligatorie – tra di esse rientrano: Divieto di espatrio – impone all’imputato di non uscire dal territorio nazionale senza l’autorizzazione del giudice, che può dare tutte le disposizioni necessarie per assicurare l’esecuzione del provvedimento (es: ritiro dei documenti per l’espatrio). Obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria – nelle ore e nei giorni indicati. Divieto di dimora e Obbligo di dimora – il primo impone all’imputato di non dimorare in un dato luogo e di non accedervi senza autorizzazione del giudice; il secondo prescrive all’imputato di non allontanarsi, senza autorizzazione del giudice, dal comune o dalla sua frazione. Allontanamento dalla casa familiare – il giudice prescrive all’imputato di lasciare immediatamente la casa familiare, o di non farvi più ritorno e di non accedervi senza autorizzazione; vi si possono aggiungere obblighi accessori, come il divieto di avvicinarsi a luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, o l’obbligo di versare un assegno periodico ai convenuti (si applica soprattutto in materia di violenza in ambiente familiare). La parte di una unione civile ai fini penalistici è equiparata al coniuge. In relazione ai delitti contro la persona in ambito familiare è possibile: 1.il giudice può applicare l'allontanamento dalla casa familiare fuori dall'ordinario limite di pena + braccialetto elettronico. 2. la polizia giudiziaria può applicare la misura pre cautelare di allontanamento di urgenza su autorizzazione del pm con successiva convalida del giudice. Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa – il giudice prescrive all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati, abitualmente frequentati dalla persona offesa, o suoi prossimi congiunti o persone ad essa legate da relazione affettiva; si può vietare all’imputato anche di comunicare con qualsiasi mezzo con tali persone. Si può prescrivere anche di dover mantenere una certa distanza. • Misure custodiali – esse comportano per l’imputato una situazione di custodia, dalla quale derivano due conseguenze: quella negativa consiste nella configurabilità del delitto di evasione, ove l’imputato si allontani dal luogo di custodia; quella positiva sta nel fatto che il periodo trascorso in custodia sarà computato come esecuzione della pena detentiva, nel caso in cui questa debba essere eseguita in seguito a condanna. Vi fanno parte: Arresti domiciliari – impongono all’imputato di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora o da un luogo pubblico di cura o di assistenza. In alcuni casi si può disporre una attenuazione di tale misura, come nel caso in cui si autorizzi l’imputato a recarsi al lavoro perché non può altrimenti provvedere alle sue indispensabili esigenze di vita ovvero versa in una situazione di assoluta indigenza. Possono essere anche limitate le facoltà dell'imputato di comunicare, che saranno limitate alle sole persone con cui coabita. Braccialetto elettronico – è una modalità di esecuzione degli arresti domiciliari volta a controllare gli spostamenti dell’imputato.; può essere disposta ab initio, o anche in sostituzione della custodia in carcere. Incide sui diritti fondamentali di conseguenza la sua applicazione è subordinata al consenso dell'indagato. Il 2° categoria – delitti punibili nel massimo con la reclusione superiore a 3 anni, ma inferiore a 4; sono applicabili misure coercitive (diverse dalla custodia in carcere); 3° categoria – delitti punibili con la reclusione di almeno 4 anni o con l’ergastolo; si applica la custodia in carcere, la quale è estesa anche alla 2° categoria se si è trasgredito alle misure cautelari per essa disposte inizialmente. Punibilità in concreto del delitto: Nessuna misura cautelare può essere applicata se risulta che il fatto è stato compiuto in presenza di una causa di giustificazione o di non punibilità o se sussiste una causa di estinzione del reato ovvero una causa di estinzione della pena che si ritiene possa essere irrogata. Gravi indizi: L’art. 273 pone come requisito della misura cautelare personale la presenza di “gravi indizi di colpevolezza”. Il termine indizi così impiegato si ritiene ricomprenda al suo interno, non soltanto le prove logiche, ma anche quelle rappresentative. Con "indizio" si intende un elemento conoscitivo acquisito durante le indagini a prescindere dalla sua natura di prova rappresentativa o critica. "Gravi indizi" si riferisce allora al quantum di prova che serve a legittimare la misura cautelare. Non bastano i sufficienti indizi, ma ci vuole un quantum di prova più alto. Ricordiamo però che tutto ciò si svolge nel momento delle indagini preliminari dunque le prove su cui ci si basa sono "allo stato degli atti e perciò si parla di indizi, per indicare che le prove sono ancora in evoluzione. Poiché nel processo penale si ha una presunzione di innocenza che impone di pronunciare la condanna soltanto quando l’accusa ha escluso ogni ragionevole dubbio sulla reità dell’imputato, tale presunzione ha effetti anche sul quantum della prova richiesta per l’applicazione della misura cautelare, per la quale non ci si può accontentare del fumus boni iuris, ma occorre che l’accusa sia in grado di provare come molto probabile la reità dell’indagato. La base probatoria del giudizio cautelare: Il pm presenta al giudice una richiesta di applicazione accompagnata dagli elementi sui quali la stessa si fonda. Sono gli atti raccolti in modo unilaterale dalla pubblica accusa, dalla polizia giudiziaria e dal difensore dell'indagato e da quello dell'offeso. Questi atti sono utilizzabili come prove durante le indagini. Si ritiene che le norme sulle prove siano applicabili durante le indagini a meno che non siano incompatibili con la regolamentazione del singolo atto da compiere in una determinata fase. Nel 2001 è stato anche fatto un richiamo espresso ad alcune disposizioni del libro terzo sulla prova rendendole applicabili al giudizio sui gravi indizi. Ciò non significa però che tutte quelle non richiamate non siano applicabili, deve essere letto come un giudizio ex lege di compatibilità e necessaria applicazione quanto meno di quelle richiamate. Nuove prospettive interpretative? chiedere a ragazze pag 446 C. Le esigenze cautelari • Circa le esigenze cautelari, le misure personali possono essere applicate solo quando esiste in concreto almeno una delle esigenze cautelari indicate tassativamente dall’art. 274. Il pm nel presentare richiesta motivata al giudice deve fornire gli elementi di prova che dimostrino in concreto l'esistenza di tutte le condizioni necessarie per applicare la misura richiesta e il ricorrere di una delle esigenze cautelari. • Esigenze cautelari: Pericolo di inquinamento della prova – il P.M. deve dimostrare che vi sono in concreto situazioni di attuale pericolo, sia per l’acquisizione della prova (pericolo di occultamento), sia per l’acquisizione in modo genuino (pericolo di alterazione). Le indagini devono essere quelle relative al fatto di reato per cui si procede. La situzione di pericolo deve essere fondata su circostanze di fatto espressamente indicate nel rpovvedimento a pena di nullità. Pericolo di fuga – tale esigenza sussiste quando l’imputato si sia dato alla fuga o vi sia pericolo concreto e attuale che lo faccia; occorre tuttavia che il giudice ritenga possibile che all’imputato possa essere irrogata con la sentenza una pena superiore a due anni di reclusione; al di sotto di tale soglia il legislatore impedisce di dare rilevanza al pericolo di fuga. Il pericolo concreto e attuale non può essere desunto solo dalla gravità del titolo di reato. Pericolo che vengano commessi determinati reati – tra i seguenti delitti: a) gravi delitti con uso di armi o altri mezzi di violenza personale; b) gravi delitti diretti contro l’ordine costituzionale; c) delitti di criminalità organizzata; d) delitti della stessa specie di quello per il quale si procede. In tal caso l'arresto domiciliare può essere disposto solo quando è prevista la pena della reclusione di almeno 4 anni nel massimo. La carcerazione cautelare solo quando c'è pena alla reclusione di almeno 5 anni nel massimo o si tratta di delitto i finanziamento illecito dei partiti. Il pericolo concreto e attuale deve essere desunto con specifiche modalità del fatto di reato e dalla personalità pericolosa dell'autore, che però deve essere desunta non solo guardando al titolo di reato, ma anche ai precedenti e ai comprotamenti. D. I criteri di scelta • Passando ai criteri di scelta delle misure personali , il giudice, dopo aver ricevuto la richiesta del P.M. e dopo aver accertato che esistono sia i gravi indizi di reità, sia almeno una delle esigenze cautelari, dispone la misura con ordinanza. Sotto un profilo formale, il giudice non può disporre una misura più grave di quella richiesta dal P.M.. Da un punto di vista sostanziale, egli ha il potere-dovere di scegliere la misura cautelare in base ai criteri che sono espressamente indicati nell’ art.275: La misura da applicarsi deve essere “adeguata” alle esigenze cautelari presenti in concreto, “proporzionata” alla gravità del fatto e della sanzione che potrà essere irrogata, “graduata” in modo tale da applicare la custodia in carcere solo quando ogni altra misura risulti inadeguata. Entro il ventaglio delle misure previste il giudice deve individuare quelle strettamente idonee a tutelare le esigenze cautelari e scegliere la meno afflittiva in base al principio del minor sacrificio della libertà dell'individuo prima della condanna definitiva. Principio di adeguatezza – la misura deve essere adeguata alle esigenze cautelari presenti in concreto; il giudice deve valutare la specifica idoneità di ciascuna misura in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto; vi deve essere una piena corrispondenza funzionale tra il pericolo che si vuole evitare e la misura da adottare. Principio di proporzionalità – la libertà di una persona non deve essere limitata più di quanto strettamente necessario. Ogni misura deve essere proporzionata all’entità del fatto e alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata. Il legislatore ha voluto regolare un caso limite, l’ipotesi in cui sin dalla richiesta della misura cautelare sia prevedibile che al momento della pronuncia della sentenza di condanna la pena sarà scontata fuori dal carcere. Divieto di custodia cautelare: Il giudice non può disporre la carcerazione cautelare o l'arresto domiciliare quando si prevede che sarà concessa la sospensione condizionale della pena, ossia quando la pena detentiva da irrogare non supera i due anni e il giudice ritiene che il colpevole si asterrà dal commettere nuovi reati. Divieto di carcerazione cautelare: Non può essere applicata quando il giudice ritiene che all'esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a 3 anni e quindi la pena detentiva max sarà sospesa in attesa dell'applicazione di una misura alternativa. Il divieto non opera: • quando l'indagato ha trasgredito le prescrizioni di una misura cautelare. • nei procedimenti per delitti più gravi o di violenza personale. • quano gli arresti domiciliari non possono essere disposti per inidoneità del domicilio e nessuna altra misura è adeguata. Ciò comporta che il giudice debba valutare in anticipo se ci sarà una decisione di condanna o se la pena detentiva potrà essere condizionalmente sospesa o sarà contenuta nel limite di 3 anni, salvo reati gravi o di violenza personale. Principio di gradualità – poiché la custodia in carcere è la più ampia delle limitazioni alla libertà personale, essa deve essere applicata solo quando non sia possibile operare diversamente ed ogni altra misura risulti inadeguata.(extrema ratio). Primo principio di rafforzamento: le misure coercitive o interdittive diverse dal carcere possono essere applicate cumulativamente dal giudice. Secondo principio di rafforzamento: il giudice deve indicare le specifiche ragioni per cui ritiene non idonea, nel caso concreto, la misura degli arresti domiciliare con il braccialetto elettronico. Per deteminati delitti di violenza l'adeguatezza della custodia in carcere è oggetto di presunzione, mentre in altri casi l'adeguatezza è attenuata. Tra il 2010 e il 2015 la Consulta ha tramutato la presunzione assoluta in relativa. La consulta ha affermato che le presunzioni vanno contro la regola del minimo sacrificio necessario e sono accettabili soltanto in casi eccezionali. Violano dunque il principio di uguaglianza quando sono irrazionali, e cioè se ed in quanto sia agevole smentirle formulando ipotesi di accadimenti reali contrari alla regola di esperienza. Presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari: In presenza di gravi indizi dei delitti dell'art. 275 si considera esistente almeno una delle esigenze previste dall'art. 274. E' una presunzione relativa, che ammette la prova F 0 2 0contraria, e in base alla quale se vi sono gravi indizi di reità il codice presume esistente almeno una delle esigenze cautelari; Presunzione di adeguatezza della carcerazione cautelare: in base alla quale in presenza di gravi indizi di colpevolezza dei reati all'art. 275 la custodia in carcere è l’unica misura adeguata alle esigenze cautelari, anche se le esigenze fossere attenuate. A volte si costituisce come assoluta, altre solo come relativa. -La presunzione assoluta di adeguatezza della carcerazione cautelare: Vale per i soli delitti di associazione sovversiva, terroristica e mafiosa. Si presume che: 3. diritto all'interpete e alla traduzione degli atti fondamentali 4. diritto facoltà di non rispondere. 5. diritto di accedere ad atti su cui si fonda il provvedimento 6. diritto di informare autorità consolari e dare avviso ai familiari 7. diritto di accedere all'assistenza medica di urgenza 8. diritto di essere condotto dinanzi all'autorità giudiziaria non oltre 5 giorni dall'inizio dell'esecuzione se la misura è quelal della custodia in carcere e non oltre 10 giorni per le altre. 9. diritto di comparire dinanzi al giudice per rendere l'interrogatorio, di impugnare l'ordinanza che dispone la misura cautelare e di richiederne la sostituzione o revoca. La polizia giudiziaria informa immediatamente il difensore di fiducia o d'ufficio nominato e redige un verbale delle attività svolte, che viene trasmesso a giudice che ha emesso l'ordinanza e al pm. Quando non è possibile eseguire l'ordinanza che dispone una misura cautelare perchè il destinatario non è stato rintracciato, l'ufficiale o l'agente di polizia redige un verbale di vane ricerce , che viene sempre trasmesso al giudice che ha emanato il provvedimento. Se questi ritiene le ricerche esaurienti dichiara lo stato di latitanza di colui che volontariamente si sottrae alla custodia cautelare/arresti domiciliari/divieto di espatrio/ordine di dimora/ordine di carcerazione. La possibilità di conferire con il difensore viene garantita anche in favore dell'indagato che sia sottposto all'arresto, al fermo o alla custodia cautelare e deve otersi esercitare fin dall'inizio dell'esecuzione della misura. I difensori devono quindi essere subito ifnormati dell'avvenuta esecuzione della misura. Durante le indagini preliminari e per i delitti di mafia e terrorismo tale diritto può essere dilazionato per un tempo non superiore ai 5 giorni con decreto motivato del giudice su richiesta del pm. Il giudice deve accertare che esistano specifiche ed eccezionali ragioni di cautela. FASE 2 – La seconda fase del procedimento applicativo ha inizio nel momento in cui la misura cautelare personale è eseguita; si conclude con l’interrogatorio davanti al giudice che ha deciso l’applicazione della misura cautelare coercitiva o interdittiva (interrogatorio di garanzia, che assume una rilevanza prevalentemente difensiva). In seguito all’interrogatorio dell’indagato, il giudice valuta se rimangono le condizioni di applicabilità e le esigenze cautelari; quando ne ricorrono le condizioni deve provvedere alla revoca o alla sostituzione della misura disposta. Vi sono altri due correttivi introdotti dalla legge 332/1995, che operano in questo caso: • 1° - Il G.I.P. deve depositare immediatamente, insieme all’ordinanza applicativa della misura, anche la richiesta del P.M. e gli atti presentati con la stessa. Un avviso di deposito deve essere notificato al difensore, che può esaminare gli atti in cancelleria. • 2° - L’interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare da parte del P.M. non può precedere l’interrogatorio del giudice. E' il giudice che per primo deve interrogare la persona indagata in carcere o in arresto domiciliare, solo dopo il pm potrà procedere. Si vuole evitare che il Pm strumentalizzi la situazione per fare pression allo scopo di ottenere confessioni o chiamate a correo. In caso di urgenza il pm può chiedere che l'interrogatorio di garanzia avvenga entro il termine di 48h ore dall'esecuzione della misura coercitiva, ma ciò deve essere fatto presente al giudice nella richiesta di custodia cautelare. All'interrogatorio di garanzia deve procedere il giudice che ha deciso in ordine all'applicazione della misura cautelare. Se disposta da Corte di assise o tribunale vi procede il presidente del collegio o uno dei componenti da lui delegato. L’interrogatorio condotto dal giudice, denominato interrogatorio di garanzia, deve avvenire entro un termine breve (5 giorni se è disposta la custodia in carcere; 10 giorni per tutte le altre misure); la cancelleria del giudice deve dare tempestivo preavviso del compimento dell'interrogatorio al Pm, ma solo il difensore ha l'obbligo di intervenire. Il P.M. può anche non esser presente all’interrogatorio. Il giudice ha il compito di porre le domande all'indagato. Se l'indagato è detenuto l'interrogatorio avviene con registrazione fonografica o audiovisiva. L'interrogatorio serve perchè solo dopo il giudice è in grado di pronunciare una vera decisione, in quanto deve verificare se permangono le condizioni di applicabilità e le esigenze cautelari al fine di valutare se la misura deve essere revocata o sostituita. Se il giudice non procede all'interrogatorio entro i tempi previsti le misure coercitive e interdittive perdono subito efficacia. Il codice prevede tre ipotesi nelle quali può esser modificata la misura cautelare applicata: • La revoca – deve essere immediatamente disposta: • a) quando si accerti che le condizioni generali di applicabilità (gravità del delitto, gravi indizi di reità, punibilità in concreto del delitto) risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti (art. 299.1); • b) quando si accerti che siano venute meno completamente le esigenze cautelari. • La sostituzione in melius – è disposta solo su richiesta del P.M. o dell’imputato e eccezionalmente è concessa d’ufficio durante l’interrogatorio di garanzia, o in udienza; essa deve esser disposta: • a) quando le esigenze cautelari, pur non essendo venute meno, risultano “attenuate”; • b) quando la misura non appare più proporzionata all’entità del fatto od alla sanzione che si ritiene potrà essere inflitta; • La sostituzione può consistere anche in applicazione cumulativa di misure meno gravi. • In relazione alla presunzione di adeguatezza della custodia in carcere si ritiene che: • - quando siano relative, il giudice può valutare se le prove fornite fanno ritenere idonea una misura più lieve. • -quando è assoluta solo il venir meno di tutte le esigenze permette di revocare la misura menzionata. • Possono essere disposte dal giudice a richiesta dell'imputato o del pm. Eccezionalmente possono essere concesse anche d'ufficio nel corso dell'interrogatorio di garanzia oppure in udienza o in situazioni simili. Prima di emanare il provvedimento il giudice deve sentire il pm. Se egli non è presente in udienza deve essere avvisato e ha due giorni per far conoscere al giudice il suo parere non vincolante. • Il giudice può disporre l'interrogatorio anche prima di decidere sulla revoca o sostituzione, e diviene obbligatrio se sia richiesto dall'indagato stesso e la sua istanza di revoca/sostituzione di basi su elementi nuovi o diversi da quelli già valutati. • La persona offesa deve essere avvisata della richiesta di sostituzione/revoca in melius nei procedimenti per delitti contro la persona. • Se la richiesta viene presentata al di fuori dell'udienza la parte richiedente deve notificare tale richiesta al difensore della persona offesa o alla persona offesa che nei due giorni successivi potranno presentare memorie. Scaduto il termine il giudice deve decidere. Ulteriori avvisi: Nei procedimenti per delitti con violenza contro la persona se questa ne fa richiesta possono esserci ulteriori avvisi che si aggiungono ai predetti e che vengono comunicati con l'ausilio della polizia giudiziaria. a. i provvedimenti di scarcerazione e di cessazione della misura di sicurezza detentiva. b. evasione dell'imputato in stato di custodia cautelare o del condannato. c. volontaria sottrazione dell'internato all'esecuzione della misura di sicurezza detentiva. L'avviso non viene dato se risulta il pericolo concreto di un danno per l'autore del reato e cioè quando vi sono elementi di fatto da cui desumere la possibilità di azioni ritorsive contro l'imputato, il condannato o l'internato in stato di libertà. • La sostituzione in peius – può esser disposta dal giudice solo su richiesta del P.M.. Ciò avviene • a) quando le esigenze cautelari risultano essersi aggravate; • b) quando l’imputato ha trasgredito alle prescrizioni che concernono la misura. • La misura prevista viene qui sostituita con una più grave, ne dispone l'esecuzione in maniera più gravosa o l'applica congiuntamente con altre misure coercitive o interdittive. • Il procedimento è segreto, perchè la nuova misura può essere disposta a sopresa. Le impugnazioni contro le misure cautelari personali Circa le impugnazioni contro le misure cautelari personali, il codice prevede tre mezzi di impugnazione dei provvedimenti che costituiscono, modificano o revocano le misure cautelari: il riesame, l’appello ed il ricorso per cassazione. Si noti che il procedimento relativo al singolo mezzo di impugnazione si svolge in modo autonomo rispetto al procedimento penale, che segue il suo corso, dunque l’impugnazione contro la misura cautelare costituisce un procedimento incidentale. I tre mezzi di impugnazione non hanno efficacia sospensiva sul provvedimento che limita la libertà personale. • Riesame: ammesso solo contro le ordinanze che applicano per la prima volta una misura coercitiva. La richiesta viene fatta dall'imputato o dal suo difensore. Possono essere sottoposti ad appello i provvedimenti che applicano per la prima volta una misura interdittiva. Il P.M. può presentare appello al tribunale della libertà contro l’ordinanza del giudice che ha applicato una misura cautelare personale meno grave di quella da lui richiesta; o ancora, contro l’ordinanza che ha concesso la revoca o la sostituzione della misura su richiesta dell’imputato. Competente a decidere sull'appello è il tribunale del capoluogo del distretto di corte d'appello nel quale ha sede il giudice che ha disposto la misura. L'appello deve essere proposto a pena di nullità entro 10 giorni dall'esecuzione o notificazione del provvedimento. Il tribunale della libertà decide sull'appello entro termini diversi da quelli previsti dal provvedimento di riesame. Sono termini ordinatori, non perentori, il loro superamento non comporta l'inefficacia della misura impugnata. Imputato e difensore possono presentare appello contro i provvedimenti cautelari personali diversi da quelli che applicano per la prima volta una misura coercitiva. Le modalità di svolgimento del procedimento di appello ed i poteri di cognizione del tribunale sono in buona parte simili a quelli previsti per il riesame. La più importante differenza consiste nelle formalità che regolano la dichiarazione con cui le parti redigono l’appello; essa deve precisare (a pena di inammissibilità) i motivi per i quali il soggetto interessato ritiene che il provvedimento debba essere annullato o modificato. Il controllo del tribunale è limitato a quei punti del provvedimento che sono oggetto dei motivi di doglianza esposti nella dichiarazione di impugnazione. L'ordinanza del tribunale deve essere depositata in cancelleria entro 30 giorni dalla decisione, salvi i casi in cui la stesura della motivazione sia particolarmente complessa per il numero degli arrestati o la gravità delle imputazioni. Il giudice può qui indicare nel dispositivo un temrine più lungo, comunque inferiore a 45 giorni da quello della decisione. Il ricorso per cassazione Il ricorso per cassazione costituisce, in primo luogo, una impugnazione esperibile contro le decisioni che il tribunale della libertà ha pronunciato sulla richiesta di riesame o sull’appello. In secondo luogo, è un’impugnazione concessa solo all’imputato o al suo difensore, in alternativa alla richiesta di riesame, contro l’ordinanza che applica la misura coercitiva per la prima volta (ricorso per saltum). Il ricorso resta vincolato ai limiti di cognizione che sono propri della corte di cassazione. Il ricorso contro appello o riesame è proponibile dall’imputato, dal difensore o dal P.M. per i motivi previsti dall’art. 606 (ricorso per cassazione), tra i quali la mancanza, la contradditorietà, la manifesta illogicità della motivazione. Il ricorso per cassazione deve essere proposto entro 10 giorni dalla comunicazione o dalla notificazione dell'avviso di deposito del provvedimento che viene impugnato. E' possibile il ricorso per cassazione per saltum contro le sole ordinanze che dispongono una misura coercitiva, ma possono impugnare solo imputato e suo difensore e i motivi possono riguardare soltanto la violazione di legge. La corte di cassazione decide in camera di consiglio entro 30 giorni dall ricezione degli atti. Quando su ricorso dell'imputato la Cassazione abbia annullato con rinvio un'ordinanza che ha disposto una misura coercitiva o la ha confermata post riesame si hanno termini diversi: 10 giorni dalla ricezione degli atti e l'ordinanza deve essere depositata entro 30 giorni dalla decisione. Il mancato r ispetto comporta l'inefficacia della misura cautelare. Una volta che la misura diviene inefficace per decorso dei termini non può essere rinnovata, salvo eccezionali esigenze cautelari specificamente motivate. F. La riparazione per l'ngiusta custodia cautelare F 0 E 0All’imputato è riconosciuto il diritto ad ottenere un’equa riparazione per l’ingiusta custodia cautelare. La domanda è presentata dall'imputato dopo che la sentenza di proscioglimento o codanna è divenuta irrevocabile e decide la corte d'appello con un procedimento in camera di consiglio. Il codice non impone di verificare se l'ingiustizia è stata dovuta ad un illecito compiuto dall'autorità giudiziaria o meno, ciò avrebbe comportato un onere della prova molto pesante per il richiedente. Può trattarsi di una ingiustizia: • Sostanziale – È disciplinato dall’art. 314, c.1, in base al quale il diritto all’equa riparazione spetta all’imputato che sia stato assolto perché innocente; è richiesta una sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste, perché non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato. Alla sentenza di assoluzione sono parificati la sentenza di non luogo a procedere e il provvedimento di archiviazione. • Formale – È disciplinato dall’art. 314, c.2 , secondo cui tale diritto spetta ugualmente al prosciolto per qualsiasi causa o all’imputato che sia stato sottoposto a custodia cautelare applicata illegittimamente, a prescindere dall’esito del processo a carico dell’imputato, che potrebbe anche essere stato condannato. Ciò presuppone che sia stato accertato con decisione irrevocabile che il provvedimento custodiale è stato emesso senza che vi fossero le condizioni di applicabilità richieste dal codice. Tuttavia il codice pone al diritto alla riparazione alcuni ostacoli: 1) il diritto alla riparazione è escluso per quella parte della custodia cautelare che sia computata ai fini della determinazione della misura di una pena ovvero per il periodo in cui le limitazioni conseguenti all’applicazione della custodia siano state sofferte anche in forza di altro titolo (art. 314, c.4); 2) l’imputato non ha diritto alla riparazione se ha “dato causa” o ha “concorso a dare causa” all’ingiusta custodia cautelare per dolo o colpa grave (art. 314, c.1). La richiesta di equa riparazione deve essere proposta alla corte d’appello entro 2 anni dal giorno in cui la sentenza è divenuta irrevocabile. L'entità della riparazione non può comunque eccedere i 516.456 euro. La corte decide in via equitativa in considerazione del fatto che si tratta di una somma indennitaria e non risarcitoria. Nessuna riparazione è prevista per l’ingiusta applicazione di misure coercitive non custodiali. Una forma speciale di riparazione dell’ingiusta custodia cautelare è il diritto del lavoratore ad essere reintegrato nel posto di lavoro, quando sia stato licenziato solo perchè sotto misura cautelare. Le misure cautelari reali Le misure cautelari reali comportano un vincolo di indisponibilità su cose mobili od immobili. Esse sono disposte di regola soltanto dal giudice. Abbiamo visto che il codice prevede due tipi di misure reali: il sequestro preventivo ed il sequestro conservativo. Il sequestro preventivo è giustificato dall’esigenza di impedire che una cosa pertinente ad un reato possa essere utilizzata per aggravare o protrarre le conseguenze dello stesso. Il sequestro conservativo tende ad evitare che diminuiscano o si disperdano le garanzie patrimoniali (beni mobili o immobili di proprietà dell’imputato o del responsabile civile) che potranno permettere successivamente al condannato di pagare le somme dovute per il risarcimento del danno o per le spese di giustizia. Sono diversi dal sequestro probatorio che costituisce un mezzo di ricerca della prova e si differenzia per la diversa finalità. E’ infatti diretto all’acquisizione di un elemento di prova: la cosa mobile o immobile è sottratta a chi la detiene per essere acquisita al materiale probatorio in base al quale il giudice dovrà pronunciare la decisione. Può avere ad oggetto un bene dell’imputato o della persona offesa o di altro soggetto possessore. Il preventivo e conservativo sono applicabili in tutti i procedimenti per qualsiasi genere di reato, anche per le contravvenzioni. Quindi le misure cautelari reali vengono molto usate. Nonostante questo la regolamentazione è molto esigua e lascia ampi margini di discrezionalità sia al pm che chiede il provvedimento, sia al giudice che lo dispone. Si ritiene che l’errore del codice del 1988 sia stato non specificare che le regole generali stabilite in relazione alle misure cautelari personali sono applicabili anche a quelle reali. Dal 2016 la giurisprudenza ha iniziato ad applicare al sequestro preventivo e conservativo i principi generali di proporzionalità, adeguatezza e gradualità, dettati per le misure personali. B. Il sequestro conservativo • Il sequestro conservativo (art. 316) – Pone su di una cosa mobile o immobile un vincolo di indisponibilità che ha lo scopo di garantire l’adempimento delle obbligazioni civili sorte in conseguenza sia del compimento del reato, sia del costo del procedimento penale; esso mira ad evitare che nell’attesa della condanna definitiva si disperdano le garanzie patrimoniali, e cioè i beni mobili od immobili. • Il pm è legittimato a chiedere il sequestro conservativo nei confronti del solo imputato a garanzia del pagamento della pena pecuniaria e delle spese di giustizia. • La parte civile è legittimata a chiedere la medesima misura nei confronti dell’imputato e del responsabile civile a garanzia del pagamento delle persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione. Sulla richiesta decide (in composizione collegiale) il tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento. L’ordinanza di diniego del sequestro preventivo e quella che respinge l’istanza di revoca proposta dall’imputato sono appellabili dinanzi al tribunale del capoluogo di provincia. Cassazione: Contro le ordinanze del tribunale del riesame possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge: il pm, l’imputato, il suo difensore, la persona a cui sono state sequestrate, la persona che avrebbe diritto alla restituzione. PARTE III – IL PROCEDIMENTO ORDINARIO CAPITOLO I – LE INDAGINI PRELIMINARI Le indagini preliminari costituiscono la prima fase del procedimento penale. Essa inizia nel momento in cui una notizia di reato perviene alla polizia giudiziaria o al P.M.; termina quando quest’ultimo esercita l’azione penale od ottiene dal giudice l’archiviazione richiesta. Le indagini preliminari consistono in investigazioni svolte dal P.M. e dalla polizia giudiziaria; tale fase si compone di atti svolti dalla polizia giudiziaria, ed altri svolti su iniziativa del P.M.. Gli atti di indagine sono svolti in segreto dal soggetto che investiga e, quindi, sono assunti in modo unilaterale e senza il contraddittorio. Gli atti di indagine non sono utilizzabili ai fini della decisione pronunciata in dibattimento. Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova Il giudice non può utilizzare ai fini della deliberazione prove diverse da quelle legittimamente acquisite nel dibattimento. La lettura del verbale non integrata una modalità di legittima acquisizione, salvo i casi espressamente previsti. Il legislatore indica con termini diversi le prove e gli atti di indagine, anche quando hanno un contenuto simile. Ex. Prova: ricognizione di persona Atto indagine: individuazione di persona o cosa. Le indagini preliminari Il pm e la polizia giudiziaria svolgono le indagini necessarie per le determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale. Le indagini svolgono varie funzioni: gli elementi di prova acquisiti sono valutati, in primo luogo, dal P.M. per decidere se esercitare l’azione penale; in secondo luogo sono usati dal G.I.P. nel momento in cui questi pronuncia i provvedimenti di sua competenza; infine sono usati, sia pure in via eccezionale e con determinate cautele, dal giudice del dibattimento per emettere la decisione finale. Il codice del 1988 non riconosceva all’indagato nel corso delle indagini preliminari la garanzia del diritto di difesa e alla prova. Tale garanzia era inutile perché le investigazioni servivano unicamente al pm e non erano utilizzabili in dibattimento. Dal 1995 il legislatore ha iniziato a reintrodurre alcune garanzie difensive nella fase delle indagini Il GIP Nella fase delle indagini preliminari è previsto l’intervento del giudice per le indagini preliminari: questi svolge una funzione di controllo imparziale sui provvedimenti più importanti, senza esercitare poteri di iniziativa. In particolare: • Esso ha una giurisdizione semipiena, perché incontra due limiti fondamentali: la funzione è esercitata soltanto nei casi previsti dalla legge e su richiesta di parte. • Il soggetto che ha l’iniziativa è nelle indagini il pm non il giudice. • Eccezionalmente di fronte al G.I.P. sono assunte le prove non rinviabili al dibattimento: ciò avviene in una udienza in contraddittorio, denominata incidente probatorio (art. 392 ss.). Tra i casi previsti ricordiamo la convalida dell’arresto e del fermo, l’emissione dei provedimenti cautelari e l’autorizzazione alle intercettazioni. • Quando il giudice interviene prima della formulazione dell’imputazione esso ha una cognizione limitata. • Quando interviene nel corso delle indagini preliminari, prima della formulazione della imputazione, il giudice non ha una cognizione piena del quadro probatorio, ma deve decidere solo sulla base delle informazioni che gli vengono fornite da delle parti potenziali (P.M., indagato, offeso). • Un’altra particolarità sta nel fatto che la funzione giurisdizionale è svolta in tali casi prima dell’esercizio dell’azione penale, in ciò derogandosi al principio generale nulla iurisdictio sine actione. La notizia di reato A. Considerazioni generali. La notizia di reato è un’informazione che permette alla polizia giudiziaria ed al P.M. di venire a conoscenza di un illecito penale. La presenza di una notizia di reato produce tre effetti: • segna il passaggio dalla funzione di polizia di sicurezza alla funzione di polizia giudiziaria; • impone alla polizia giudiziaria che abbia appreso la notizia l’obbligo di informare il P.M.; • impone al P.M. l’obbligo di provvedere all’immediata iscrizione della notizia nel registro delle notizie di reato. Il codice regola espressamente due notizie di reato: la denuncia ed il referto. Inoltre prevede le condizioni di procedibilità, e cioè la querela, l’istanza, la richiesta di procedimento e l’autorizzazione a procedere: questi atti contengono sia l’informativa sull’illecito penale, sia la manifestazione della volontà che si proceda contro il responsabile dello stesso. B. la denuncia • La denuncia – può esser presentata da qualsiasi persona che abbia avuto notizia di un reato, in modo scritto o orale, e può essere presentata sia ad un ufficiale di polizia giudiziaria, sia direttamente al P.M. Essa contiene l’esposizione degli elementi essenziali del fatto e indica il giorno dell’acquisizione della notizia di reato, nonché le fonti di prova già note, oltre a generalità e quanto serva per l’identificazione della persona alla quale il fatto è attribuito, della persona offesa e di coloro che siano in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti (art.332). Di regola, la denuncia è facoltativa, ma vi sono delle ipotesi in cui essa è obbligatoria, sotto la minaccia di sanzioni penali. il privato ha obbligo di denuncia: 1) quando sia cittadino italiano e abbia avuto notizia di un delitto contro la personalità dello Stato per il quale la legge stabilisce l’ergastolo (364 c.p.); 2) quando abbia ricevuto cose provenienti da delitto; 3) quando conosca di materie esplodenti situate nel luogo da lui abitato; 4) quando abbia subito un furto di armi o esplosivi ; 5) quando abbia avuto conoscenza di un delitto di sequestro di persona a fini di estorsione. I pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio hanno l’obbligo di presentare denuncia quando vi è una determinata relazione tra la funzione o il servizio da loro svolto e la conoscenza del reato. L’obbligo scatta per i reati di cui il soggetto abbia avuto conoscenza nell’esercizio o a causa della sua funzione o servizio; si richiede altresì che la notizia riguardi un reato procedibile non a querela. La definizione delle qualifiche di pubblico ufficiale e incaricato di pubblico servizio è data dagli artt. 357 e 358 c.p.. Sono richieste per la configurabilità di determinati reati commessi da tali soggetti o contro di essi. I due hanno l'obbligo di presentare la denuncia e di mantenere il segreto d'ufficio. Vi è un requisito comune: la funzione ed il servizio sono “pubblici” quando sono disciplinati da “norme di diritto pubblico e da atti autoritativi”. Comune è anche la caratterizzazione di tipo oggettivo: ciò che rileva non è l’esistenza di un rapporto di impiego pubblico, ma l’esercizio in concreto di una funzione o servizio pubblici. In particolare, sono funzioni pubbliche (ed in quanto tali integrano la qualifica di pubblico ufficiale) le funzioni legislative, giudiziarie ed amministrative. Al fine di consentire una precisa delimitazione del concetto di pubblica funzione, con particolare riferimento a quella amministrativa, l’art. 357, c.2 c.p. afferma che la stessa deve avere almeno una di queste caratteristiche: deve consistere nella “formazione” o “manifestazione” della volontà della pubblica amministrazione o deve svolgersi per mezzo di “poteri autoritativi” o “certificativi”. Nella definizione di incaricato di pubblico servizio vi è il fatto che devono mancare le caratteristiche proprie della funzione pubblica, e cioè lo svolgimento di poteri certificativi o autoritativi o la formazione o la manifestazione della volontà della P.A.; inoltre il servizio non deve comportare l’esercizio di semplici mansioni d’ordine, né la prestazione di un’opera meramente materiale.ù Il servizio deve essere disciplinato da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi. Lo stato può affidare l'esercizio di un servizio pubblico a soggetti privati. Il codice consente alla persona offesa di effettuare rinuncia al diritto di querela; la rinuncia è un atto irrevocabile ed incondizionato, espresso o tacito, con cui la persona offesa, prima di aver proposto querela, manifesta la volontà che non si proceda penalmente per il reato subìto. La rinuncia avviene in modo espresso o tacito ed è irrevocabile. Può essere attivata solo dopo che la persona offesa ha subito il reato, prima non esiste alcun diritto di querela. Di regola, la querela una volta proposta può esser revocata; a tal fine il codice penale prevede l’istituto della remissione: si tratta di quell’atto irrevocabile ed incondizionato con cui la persona offesa, dopo aver proposto querela, manifesta la volontà che non si proceda penalmente per il fatto di reato; la remissione estingue il reato. La remissione non produce effetto se il querelato l’ha ricusata espressamente o tacitamente. Nel caso di delitti in materia sessuale, la querela proposta è irrevocabile. • L’istanza – è un atto col quale la persona offesa manifesta la volontà che si proceda per un reato che è stato commesso all’estero e che, se fosse stato commesso in Italia, sarebbe procedibile d’ufficio. • La richiesta di procedimento – è l’atto con cui il ministro della Giustizia manifesta la volontà che si proceda per un determinato reato commesso all’estero o per altri reati espressamente previsti. • L’autorizzazione a procedere – è un atto discrezionale ed irrevocabile emanato da un organo dello Stato. Due sono le ragioni per le quali la legge pone l’autorizzazione come condizione per l’esercizio dell’azione penale e per il compimento di singoli atti del procedimento: • Che venga in considerazione la qualità di imputato che è un rappresentante di un organo pubblico che si vuole proteggere da influenza dell’autorità giudiziaria (come un ministro, non si può procedere per un reato che ha commesso nelle sue funzioni se non c’è autorizzazione da parte dell’assemblea legislativa a cui appartiene); • Che venga in considerazione la qualità della persona offesa dal reato, che è un organo pubblico che è un organo pubblico del quale si vuole evitare che venga compromesso il prestigio in un processo penale. (non si può procedere per delitto di vilipendio di una delle due assemblee legislative senza l’autorizzazione dell’assemblea contro la quale il vilipendio è diretto. Quando è stata presentata la querela, l’istanza, la richiesta o autorizzazione la polizia giudiziaria ha l’obbligo di inviare l’infomativa al pm. In mancanza delle condizioni di procedibilità la polizia giudiziaria non ha l’obbligo di info il pm della notizia di reato, l’obbligo scatta solo se vengono compiute le indagini. Il provvedimento con il quale è stata dichiarata la mancanza di una condizione di procedibilità non impediscono l’esercizio dell’azione penale per il medesimo fatto e contro la medesima persona se è in seguito proposta la querela, istanza ecc.. Il segreto investigativo Lo svolgersi del processo penale genera un contrasto tra opposte esigenze, per la necessità di proteggere la ricerca della verità dagli atti che possono mettere in pericolo l’acquisizione o la genuinità della prova, oltre alla volontà di assicurare l’esercizio del diritto di difesa. L’esigenza di tutela delle indagini impone di coprire col segreto gli atti iniziali del procedimento. La garanzia del diritto di difesa richiede che gli atti possano essere conosciuti dall’indagato e dalle altre potenziali parti private. Qui si colloca l’art. 111, c.3 Cost., secondo cui l’accusato ha il diritto di essere informato riservatamente, nel più breve tempo possibile, della natura e dei motivi, dell’accusa elevata a suo carico. Si ha allora il segreto investigativo. Con il termine “segreto” si indica un limite posto dalla conoscibilità di fatti; di essi viene assicurata la conoscenza esclusiva in favore di determinati soggetti F 0 E 0Per gli atti di indagine compiuti dal P.M. e dalla polizia giudiziaria è previsto, di regole, l’obbligo del segreto. Tale vincolo comporta che l’atto di indagine non debba essere rivelato ed opera in modo oggettivo, nel senso che grava su tutti i soggetti che siano a conoscenza dell’atto segreto. Ovviamente l’atto può essere rivelato dall’inquirente a soggetti “autorizzati” a conoscerlo. Il soggetto autorizzato a conoscere l’atto è, a sua volta, vincolato dall’obbligo del segreto. La conoscenza degli atti di indagine permette all’indagato di verificare la credibilità delle fonti di prova ricercate dall’accusa e l’attendibilità dei risultati ottenuti. I mezzi che servono a proteggere la società contro i delinquenti ostacolano la difesa dell’indagato, mentre quelli che garantiscono maggiormente la difesa aprono falle nella tutela della società. Circa gli atti conoscibili dall’indagato, alla regola della segretezza sono poste varie deroghe in favore della difesa: • Atti garantiti – sono quelli ai quali il difensore ha il diritto di assistere previo avviso che deve essergli dato almeno 24 ore prima del compimento degli stessi; si tratta dell’interrogatorio, dell’ispezione e del confronto, ai quali partecipa l’indagato e dell’ispezione alla quale non deve partecipare l’indagato F 0 E 0quando vi è fondato motivo di ritenere che il ritardo nel compimento di uno degli atti menzionati possa pregiudicare la ricerca o l’assicurazione delle fonti di prova, il pubblico ministero può compiere l’atto prima del termine, ma deve comunque dare tempestivamente avviso al difensore d’ufficio o a quello di fiducia. L’avviso può essere omesso quando il P.M. procede ad ispezione e vi è fondato motivo di ritenere che le tracce o gli altri effetti materiali del reato possano essere alterati; in ogni caso è fatta salva la possibilità del difensore di intervenire. Tra gli atti garantiti rientra anche l’accertamento tecnico non ripetibile, disposto dal P.M. su persone, cose o luoghi il cui stato è soggetto a modificazione. La facoltà di assistere ad alcuni atti di indagine è concessa prevalentemente al fine di tutelare l’indagato e assicurare comunque la regolarità dell’atto stesso. Il difensore che assiste può presentare al pm richieste, osservazioni e riserve delle quali è fatta menzione nel verbale. • Atti a sopresa – sono quelli ai quali il difensore ha facoltà di assistere senza diritto al preavviso; si tratta di perquisizioni e sequestri, atti per loro natura non ripetibili sin dall’origine. Sia degli atti garantiti, che degli atti a sorpresa è previsto il deposito del verbale a prescindere che il difensore abbia partecipato o meno all’atto medesimo. Il deposito avviene presso la segreteria del P.M., entro il 3° giorno successivo al compimento dell’atto. Il difensore ha la facoltà di esaminare le cose sequestrate nel luogo in cui esse si trovano ed estrarne una copia. Informazione di garanzia: Quando il P.M. ritiene di compiere un atto garantito, ha il dovere di inviare all’indagato ed alla persona offesa l’informazione di garanzia (369). Essa contiene l’invito ad esercitare la facoltà di nominare un difensore di fiducia. Se l’indagato non provvede alla nomina il pm designa il difensore d’ufficio richiedendo nominativo all’ufficio presso l’ordine forense del capoluogo di corte d’appello. Quando deve essere compiuto un atto garantito, il P.M. deve preavisare il difensore dell’indagato del compimento dell’atto, Il difensore di fiducia ha la facoltà, ma non il dovere, di assistere all’atto, quindi, una volta avvisato, l’atto è comunque valido, se egli non si presenta. Gli atti segreti Dunque gli atti segreti sono quelli coperti dal segreto investigativo, fino all’avviso di conclusione delle indagini. Lo sono gli accertamenti tecnici ripetibili, l’individuazione di cose e l’assunzione di info da possibili testimoni. Sono tutti atti coperti dal segreto investigativo fino all’avviso di conclusione delle indagini. E’ un obbligo che si riferisce a tutti coloro che hanno partecipato o assistito alle indagini. Si noti che il vincolo concerne lo svolgimento e la documentazione dell’atto del procedimento; viceversa, esso non si estende al fatto storico oggetto di indagine. La violazione dell’obbligo può rientrare due fattispecie incriminatrici: • La prima consiste nella rivelazione di notizie segrete inerenti ad un procedimento penale da parte di chi ne abbia conoscenza per avere partecipato od assistito ad un atto segreto; si prevede in tal caso la reclusione fino ad un anno; Ciò che non può essere rivelato è lo svolgimento dell’atto, le persone sono però libere di riferire quei fatti storici dei quali sono a conoscenza. • La seconda fattispecie incriminatrice punisce il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio il quale riveli un atto segreto violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità. Il divieto di rivelazione permane fino a che l’atto è coperto dal segreto, e cioè fino a quando l’imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari (art. 329, c.1): sono questi i due momenti nei quali viene meno l’obbligo del segreto. Potere di segregazione: Il codice ha tenuto conto della possibilità che in concreto si presenti l’esigenza di rendere segreti quegli atti che, per legge, sarebbero conoscibili per garantire la prosecuzione delle indagini o quando la conoscenza dell’atto può ostacolare indagini su altre persone: in tal caso il P.M. esercita il potere di segretazione. Si ha così un ampliamento del divieto di rivelazione: Nell’ambito dell’attività svolta d’iniziativa dalla polizia giudiziaria si possono tracciare ulteriori distinzioni: • è un’attività di iniziativa in senso stretto (c.d. autonoma) che consiste nel raccogliere ogni elemento utile alla ricostruzione del fatto e alla individuazione del colpevole. Essa prende avvio dal momento in cui è pervenuta la notizia di reato e termina nel momento in cui il P.M. ha impartito le sue direttive. Vi è poi un’attività di iniziativa in senso ampio (c.d. successiva) che la polizia giudiziaria svolge dopo aver ricevuto le direttive dal P.M.. Tale attività può ancora distinguersi in iniziativa guidata ed in iniziativa parallela: la prima consiste nella stretta esecuzione delle direttive del P.M..; la seconda comprende tutte le altre attività di indagine per accertare i reati che la polizia può eseguire purché ne informi prontamente il P.M.. La polizia può dunque svolgere indagini parallele, ma deve renderne prontamente noti i risultati alla pubblica accusa. Infine, è prevista la c.d. attività integrativa, ossia svolta di iniziativa ma sulla base dei dati emersi a seguito del compimento di atti delegati dal P.M., per assicurarne la massima efficacia F 0 E 0 l’attività integrativa e quella parallela incontrano due limiti: da un lato vi è il divieto di compimento di atti eventualmente in contrasto con le direttive del P.M.; da un altro lato, la polizia ha l’obbligo di informare prontamente il P.M. degli ulteriori elementi raccolti. L’art. 348, c.4 legittima la polizia giudiziaria a compiere di propria iniziativa atti o operazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, che la polizia può avere o meno; potendosi anche avvalere di ausiliari di polizia giudiziaria, i quali forniscono un semplice aiuto materiale e che non possono rifiutare la propria opera; pertanto si tratta di un atto comunque compiuto dalla polizia giudiziaria. Ausiliario: svolge l’atto insieme alla polizia giudiziaria in funzione di aiuto materiale. Consulente tecnico: svolge l’attività in proprio su incarico del pm a cui dovrà rendere i risultati. Circa un quadro generale dell’attività di inziativa della polizia giudiziaria, il codice prevede degli atti tipici svolti d’iniziativa dalla polizia giudiziaria, senza esercizio di poteri coercitivi: 1. sommarie informazioni dell’indagato; 2. sommarie informazioni da persone informate; 3. atti o operazioni che richiedono specifiche competenze tecniche. Tra gli atti tipici svolti d’iniziativa dalla polizia giudiziaria con poteri coercitivi vi sono: f) identificazione dell’indagato o di altre persone; g) perquisizione in caso di flagranza o evasione; h) acquisizione di plichi o di corrispondenza; i) accertamenti urgenti e sequestro; j) arresto in flagranza; k) fermo di persona gravemente indiziata. B. Le sommarie informazioni dall’indagato Sommarie informazioni dell’indagato – con tale denominazione, l’art. 350 fa riferimento a 3 diverse modalità con cui possono essere rese le dichiarazioni alla polizia giudiziaria: •informazioni con la presenza del difensore, le quali sono assunte dagli ufficiali di P.G.(non dalla semplice polizia giudiziaria) dall’indagato che le rende liberamente e con la necessaria presenza del difensore di fiducia o d’ufficio; ciò presuppone che la polizia abbia tempestivamente preavvisato l’indagato di nominare un proprio difensore. •Se il difensore di fiducia non è stato nominato la polizia giudiziaria avvisa quello d’ufficio di turno. Se non è reperibile o non è comparso la polizia chiede un altro nominativo. •In caso di urgenza, in maniera motivata, la polizia designa come sostituto un difensore immediatamente reperibile. •Le formalità di questo atto sono minori rispetto all’interrogatorio del P.M., poiché l’art. 350 richiama le disposizioni dell’art. 64 (interrogatorio), che sono gli unici avvisi che l’indagato deve ricevere: • dunque gli avvisi all’indagato che le sue dichiarazioni potranno essere utilizzate contro di lui; • che può avvalersi della facoltà di non rispondere ad alcuna domanda; • che se risponderà su fatti concernenti la responsabilità altrui assumerà la qualità di testimone, in ordine a tali fatti; • inoltre, solo sulle sue generalità vi è obbligo per lui di dire la verità. •Non vi è invece alcun richiamo all’art. 65, pertanto non è imposto l’obbligo di contestare all’indagato un addebito provvisorio, né di rendere noti gli elementi a suo carico. •dichiarazioni spontanee, l’ufficiale o l’agente di polizia le può ricevere se provenienti dall’indagato libero o arrestato; ciò comporta dunque che la polizia non abbia posto alcuna domanda, con iniziativa dell’indagato. Il codice non pone l’obbligo di avvisi ex. art. 64. •informazioni per la prosecuzione delle indagini, Gli ufficiali di polizia possono porre domande all’indagato libero o arrestato anche in assenza del difensore. E’ vietata però l’utilizzazione in dibattimento e nelle fasi precedenti e la documentazione delle notizia così assunte. Sono inoltre posti due limiti: le domande devono essere poste all’indagato solo sul luogo o nell’immediatezza del fatto di reato; deve inoltre trattarsi di notizie utili ai fini della prosecuzione delle indagini. Tali notizie non sono utilizzabili in procedimento, e, anche in questo caso, il codice non impone alla polizia gli avvisi ex. art. 64 F 0 E 0poiché sono state raccolte esse possono sempre indirizzare le indagini, ma non possono integrare i requisiti di un successivo atto del giudice (come i gravi indizi di colpevolezza). C. Le sommarie info da persone diverse dall’indagato Sommarie informazioni da persone informate – Le persone che possono renderle sono indicate nel codice come persone che possono riferire circostanze utili ai fini delle indagini e sono definite come persone informate. Hanno una posizione processuale simile al testimone poiché hanno obbligo di dire la verità. Inoltre viene estesa a tali persone l’incompatibilità di testimoniare, quindi colui che è indagato non può essere sentito come persona informata. Il mancato rispetto dell’obbligo di verità può dar luogo ad una differente responsabilità penale se, davanti alla polizia giudiziaria, il possibile testimone attraverso le false dichiarazioni aiuta un’altra persona ad eludere le investigazioni dell’autorità o a sottrarsi alle ricerche di questa. La persona informata è titolare del privilegio contro l’autoincriminazione: può rifiutarsi di rispondere su fatti dai quali potrebbe emergere una propria responsabilità penale. Può opporre all’inquirente l’esistenza di un segreto nei casi previsti. Se è un prossimo congiunto dell’indagato deve essere avvisata della facoltà di astenersi dal rendere dichiarazioni. Come possibile testimone/persona informata è sentita anche la persona offesa. Il possibile testimone ha l’obbligo di presentarsi alla polizia, se convocato; Se non si presenti, può essere incriminato per inosservanza di un provvedimento della pubblica autorità (650 c.p.). Inoltre, egli ha l’obbligo di attenersi alle prescrizioni date (ad es. identificare cose o persone). Informazioni da minorenni in relazione ai delitti di prostituzione minorile, adescamento di minori, atti persecutori, maltrattamenti in famiglia, pedopornografia ed assimilati, in questi casi la polizia giudiziaria deve avvalersi dell’ausilio di un esperto in psicologia o psichiatria infantile, nominato dal pm. L’atto di indagine deve essere diretto dall’ufficiale di polizia giudiziaria. Lo stesso avviene nel caso in cui le sommarie informazioni debbano essere tratte da una persona offesa, anche maggiorenne, in situazione di particolare vulnerabilità. Tale persona deve essere tutelata da possibili contatti con persona indagata e non deve essere chiamata più volte a renderle se non sia estremamente necessario. Informazioni dall’imputato connesso o collegato: gli possono essere poste domande, ma ha diritto di essere assistito da un difensore e in caso di mancata nomina di quello di fiducia gliene viene assegnato uno d’ufficio. Il difensore deve essere tempestivamente avvisato ed ha diritto di assistere all’atto. L’ufficiale interrogante deve dare gli avvisi previsti incorrendo in sanzione di inutilizzabilità delle dichiarazioni eventualmente rese se non li da. D. Identificazione Identificazione – (art. 349) essa costituisce un atto non garantito con cui viene dato un nome ad un volto; la persona è stata quindi identificata, ma non se ne conoscono le generalità. Non si ricerca la scoperta del colpevole, ma il nome dell’indagato. Possono essere sottoposti ad identificazione tutti coloro che hanno avuto a che fare con il reato, direttamente o indirettamente, in particolare la persona offesa, l’indagato e i testimoni. Lo scopo è quindi quello di individuare le generalità di tutte le persone che possono avere un ruolo negli sviluppi del procedimento e che può essere indispensabile contattare. Ogni volta che una persona rifiuta di farsi identificare, oppure fornisce generalità o documenti di cui si possa ritenere la falsità, è possibile un accompagnamento coattivo per identificazione. Questo consiste nel portare la persona identificata negli uffici di polizia ed ivi trattenerla per il tempo strettamente necessario per l’identificazione e comunque non oltre le 12 ore. Attualmente la polizia giudiziaria può prelevare coattivamente materiale biologico esclusivamente all'indagato e solo al fine di provvedere all'identificazione personale di tale soggetto, su tutti gli altri serve il loro consenso. Gli accertamenti obbligatori previsti dal codice della strada – in questa materia sono previsti due tipi di accertamenti: • Accertamento dello stato di ebbrezza → la polizia può sottoporre i conducenti ad esami qualitativi non invasivi anche attraverso apparecchi portatili. Quando l'esito è positivo e in ogni caso di incidente o quando si ha altrimenti motivo di ritenere che il conducente sia sotto effetto di alcohol la polizia stradale ha il potere di accompagnare il conducente medesimo al più vicino ufficio al fine di effettuare l'accertamento con strumenti determinati dal regolamento. Il rifiuto di sottoporvisi è una contravvenzione punibile con l'arresto da 6 mesi ad 1 anno. • Accertamento stato di alterazione psico fisica per uso di sostanze stupefacenti → la polizia stradale può sottoporre i conducenti ad esami qualitativi non invasivi anche attraverso apparecchi portatili. Quando l'esito è positivo o si ha motivo di ritenere che il conducente sia sotto effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope egli può essere sottoposto ad accertamenti clinico-tossicologici e strumentali o analitici su campioni di mucosa del cavo orale prelevati a cura di personale sanitario ausiliario delle forze di polizia, anche con accompagnamento presso strutture sanitarie fisse o mobili. Il rifiuto di sottoporvisi è una contravvenzione punibile con l'arresto da 6 mesi ad 1 anno. F. Atti di iniziativa della polizia giudiziaria Essa deve avere alcuni requisiti: a) oggetto da ricercare, individuabile in cose o tracce pertinenti al reato, o la persona dell’indagato o dell’evaso; b) la perquisizione può essere eseguita solo in particolari situazioni: a) flagranza del reato; b) in caso di evasione; c) se si deve procedere a fermo o all’esecuzione di una ordinanza che dispone la custodia cautelare, o la carcerazione per uno dei delitti per i quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza; c) il pericolo nel ritardo: occorre cercare subito cose o tracce, altrimenti l’elemento di prova potrebbe andare perduto, sia casualmente, sia per volontà dell’autore del reato o dei suoi complici; d) fondato motivo di ritenere che nel luogo o sulla persona vi siano cose o persone ricercate. La polizia giudiziaria ha a disposizione elementi obiettivi dai quali emerge con sufficiente probabilità che le cose o persone ricercate si trovino nel posto in cui viene effettuata la perquisizione. All’indagato, la polizia giudiziaria deve dare avviso della facoltà di nominare un difensore di fiducia, il quale può assistere all’atto. Inoltre la polizia, entro 48 ore deve trasmettere al P.M. del luogo in cui viene eseguita la perquisizione, il relativo verbale, affinché il P.M. disponga la convalida entro le successive 48 ore. Perquisizione di sistemi informatici o telematici: disposta quando gli ufficiali di polizia giudiziaria hanno fondato motivo di ritenere che in tali sistemi si trovino occultati dati, informazioni, programmi informatici o tracce comunque pertinenti al reato che possono essere cancellati o dispersi. Essa viene disposta anche se i sistemi informatici sono protetti da misure di sicurezza, potendo superare eventuali password. Sono previste da leggi speciali ipotesi di perquisizione ad iniziativa delle forze di polizia sia ai fini di repressione sia di prevenzione dei reati. -in materia di armi ed esplosivi -per blocchi di edifici -in materia di stupefacenti. La relazione di servizio: La doppia funzione di polizia di sicurezza, e polizia giudiziaria, impone loro la redazione di una relazione di servizio. Si tratta di un atto che ha rilevanza interna al corpo di appartenenza e che è destinato al dirigente dell’ufficio, al quale viene riferito tutto quello che è emerso durante il servizio. Non è sempre chiara la distinzione tra polizia giudiziaria e di sicurezza. Gli operatori pratici ritengono che la polizia, nell'esercizio della funzione di polizia giudiziaria possa trasmettere tale atto non soltanto al capo del servizio, ma anche al pm. La giurisprudenza aveva avallato tale prassi affermando che la relazione debba essere inserita nel fascicolo del dibattimento, in quanto atto non ripetibile. La relazione è atto non ripetibile: quando rappresenta fatti o persone in quelle situazioni che sono soggette a mutamento o quando le circostanze riferite non sono riproducibili genuinamente mediante la narrazione ad opera del verbalizzante. (ex. Rilievo fonografico) La relazione è atto ripetibile: quando rappresenta una mera attività di constatazione e osservazione che è riproducibile genuinamente mediante la narrazione da parte del verbalizzante (Ex pedinamenti) L'atto non ripetibile potrà essere acquisito al fascicolo per il dibattimento solo se contiene tutti quegli elementi che sono richiesti per il verbale a pena di nullità. Gli atti sono utilizzabili in dibattimento solo nella parte in cui contengono narrazioni non ripetibili genuinamente. Attività ad iniziativa del pubblico ministero • il momento di esaminare l’attività di iniziativa del pubblico ministero. L’arrivo dell’informativa proveniente dalla polizia giudiziaria fa sorgere a carico del P.M. l’obbligo di iscrivere la notizia di reato nell’apposito registro (art. 335). Al P.M. spetta il potere di indicare alla segreteria in quale registro debba essere iscritta la notizia di reato. Esistono tre tipi di registri. • Registro ordinario – È quello che contiene le notizie di reato (art. 335); il P.M. nel momento in cui ordina che sia iscritta nel registro la singola notizia di reato può non essere in grado di individuare la persona alla quale debba essere addebitato il medesimo. Quando ritiene di formulare un addebito nei confronti di una persona il P.M. ordina alla segreteria di iscrivere il nominativo dell’indagato nel registro, accanto alla notizia di reato già inserita. Successivamente l’iscrizione può essere aggiornata sia se muta la qualificazione giuridica del fatto, sia se ne risultano modificate le circostanze. Viceversa, si dovrà procedere ad iscrizioni del tutto nuove se a carico della medesima persona sono addebitati reati concorrenti ovvero se il medesimo fatto è addebitato anche ad altre persone. Dalla data in cui è iscritto nel registro il nome della persona alla quale il reato è attribuito, decorre il termine (di regola, 6 mesi) entro cui il P.M. deve decidere se esercitare l’azione penale, chiedere l’archiviazione o chiedere la proroga delle indagini. • Registro degli atti non costituenti notizia di reato – In esso il P.M. ordina che siano iscritti tutti quegli esposti dai quali non sia possibile ipotizzare in alcun modo un fatto di reato. • Registro delle notizie anonime – Di queste non può esser fatto alcun uso nel procedimento penale, almeno di regola (art. 333, c.3 c.p.p.). Secondo l’art. 240 i documenti che contengono dichiarazioni anonime non possono essere acquisiti né in alcun modo utilizzati salvo che costituiscano corpo del reato o provengano comunque dall’imputato. • Se non viene compiuto alcun atto conoscibile per la difesa il primo momento certo nel quale l'indagato ottiene una notizia ufficiale del procedimento a suo carico si ha nel momento in cui il pm ha concluso le indagini preliminari e ritiene che debba essere richiesto il rinvio a giudizio. Viene infatti comunicato l'avviso di conclusione delle indagini. • Prima di questo momento solo, se e quando il pm intende compiere un atto garantito l'indagato ha una notizia ufficiale che consiste nell'informazione di garanzia che lo invita a nominare un difensore. Prima che gli pervenga l’informazione di garanzia (od atto equivalente), l’indagato può avere una notizia “ufficiale” dell’esistenza di un procedimento nei suoi confronti solo se si attiva, e cioè se chiede alla segreteria del P.M. di avere conoscenza delle iscrizioni a suo carico. Le iscrizioni sono di regola conoscibili dall’indagato e dall’offeso, ma in casi eccezionali restano segrete, sicché l’indagato non può avere conoscenza ufficiale dell’esistenza del procedimento a proprio carico. Il segreto sulle iscrizioni del registro si ha: • Se si procede per delitti di criminalità mafiosa le iscrizioni sono segrete fino a 2 anni (il termine massimo di durata di tali indagini è infatti di 2 anni e la proroga è data in segreto); • Se si procede per gravi delitti non mafiosi, le iscrizioni sono segrete fino ad 1 anno (il termine delle indagini è eccezionalmente di 1 anno, ma l’eventuale richiesta deve essere comunicata all’indagato; • Se si procede per altri reati, il P.M. può disporre la segretazione fino ad un massimo di 3 mesi, ove vi • il pericolo di inquinamento delle prove. Sia quando non esistono iscrizioni nei confronti dell'interessato richiedente, sia quando esse esistono, ma non sono conoscibili l'ufficio di segreteria, su indicazione del pm, risponde alla richiesta dell'interessato medesimo con la frase “non risultano iscrizioni suscettibili di comunicazione”. In seguito alla riforma orlando è stato previsto che: decorsi 6 mesi dalla data di presentazione della denuncia o della querela, la persona offesa dal reato potrà chiedere di essere informata dall'autorità che ha in carico il procedimento circa lo stato del medesimo, senza violare il segreto investigativo. L'informazione di garanzia: Il P.M. che sta per compiere un atto garantito deve ovviare all’indagato e alla persona offesa l’informazione di garanzia, il cui contenuto più importante è l’invito ad esercitare la facoltà di nominare un difensore di fiducia. Possibile testimone vulnerabile: Si parla di minorenni in relazione a delitti di prostituzione minorile, adescamento di minori, pedopornografia e assimilati. Il pm deve avvalersi di un esperto in psicologia o psichiatria infantile. L'atto di indagine deve essere diretto dal magistrato o dall'ufficiale di polizia giudiziaria delegato. Lo stesso avviene in caso di maggiorenne in condizione di particolare vulnerabilità che sia persona offesa. Deve comunque essere assicurato che non vi siano contatti tra il soggetto vulnerabile e la persona sottoposta ad indagini e può essere chiamata più volte a rendere informazioni sommarie solo se estremamente necessario. Informazioni sullo svolgimento dell'intervista difensiva: L’art. 362, c.1 pone al P.M. e alla P.G. il divieto di chiedere alle persone già sentite dal difensore o dal suo sostituto informazioni sulle domande formulate e sulle risposte date nel corso dell’intervista. Documentazione: Le sommarie informazioni sono documentate mediante verbale e, di regola, non sono utilizzabili in dibattimento;eccezionalmente sono utilizzabili, se ripetibili, mediante contestazioni. Garanzia contro autoincriminazione: Se dalle informazioni rese emergono vizi di reità a suo carico, l’autorità inquirente interrompe l’esame e lo avvisa che, a seguito di tali dichiarazioni, potranno essere svolte indagini nei suoi confronti; inoltre lo invita a nominare un difensore. Il codice pone poi una’altra garanzia allo scopo di evitare che l’inquirente senta come possibile testimone una persona che dovrebbe essere sentita come indagato, con il rispetto delle garanzie difensive; se la persona doveva essere sentita sin dall’inizio in qualità di imputato o di indagato, le sue dichiarazioni non possono essere utilizzate. Interrogatorio dell’indagato e l’invito a presentarsi – Il P.M. che intende sottoporre l’indagato ad interrogatorio deve fargli notificare un invito a presentarsi contenente: • Generalità dell’indagato; • Giorno, or e luogo della presentazione e l’autorità dinnanzi alla quale presentarsi; • Indicazione che si darà luogo all’interrogatorio; • Avvertimento che il P.M. potrà disporre l’accompagnamento coattivo dell’indagato, in caso di mancata presentazione di questi, senza che sia stato dedotto un legittimo impedimento; il P.M. può qui disporre l’accompagnamento coattivo su autorizzazione del giudice; • • Sommaria enunciazione del fatto quale risulta dalle indagini fino a quel momento compiute (si tratta di un addebito provvisorio, il cui scopo è di predisporre un sistema che garantisca al massimo l’indagato, permettendogli di delineare con il difensore l linea difensiva). L’invito deve essere notificato all’indagato almeno 3 giorni prima di quello fissato per l’interrogatorio. Il difensore dell’indagato deve essere preavvisato dell’interrogatorio almeno 24 ore prima del suo compimento F 0 E 0nei casi di assoluta urgenza, quando si debba procedere immediatamente perché il ritardo pregiudicherebbe l’assicurazione delle fonti di prova, il P.M. può procedere anche prima di tale termine. Interrogatorio di indagato libero: può essere compiuto dal pm personalmente o delegando alla polizia giudiziaria. Se l’interrogatorio è svolto personalmente dal P.M., l’atto può svolgersi anche senza la presenza del difensore, che tuttavia deve essere preavvisato; se l’interrogatorio è svolto dalla polizia giudiziaria delegata, il difensore dell’indagato deve essere necessariamente presente. Interrogatorio di indagato arrestato, sottoposto a fermo o in custodia cautelare: L’interrogatorio dell’indagato arrestato, fermato o in stato di custodia cautelare è condotto solo dal P.M.; non è ammessa delega alla polizia giudiziaria. Ogni interrogatorio svolto fuori dall'udienza da una persona detenuta deve essere documentato integralmente a pena di inutilizzabilità. La trascrizione è disposta solo se richiesta dalle parti. Interrogatorio di un imputato in un procedimento connesso o collegato – Il P.M. nel corso delle indagini preliminari può interrogare un imputato di un procedimento connesso o collegato, che si svolga separatamente. Qualora tale soggetto scelga di rendere dichiarazioni, il relativo atto assume, di regola, un’efficacia determinata per l’esito delle indagini. L’imputato connesso formalmente estraneo al procedimento principale, ha comunque nel medesimo un forte interesse che si manifesta sotto due profili: • tutelare il diritto di difesa di tale soggetto che non può essere costretto a rendere dichiarazioni autoincriminanti; • guardarsi dal rischio che egli menta per influire a suo favore nel processo a proprio carico. L’imputato (o indagato) di un procedimento connesso o collegato citato P.M. ha l’obbligo di presentarsi e riceve il medesimo avvertimento che viene dato al possibile testimone: in caso di mancata comparizione senza legittimo impedimento, la pubblica accusa può ordinare direttamente l’accompagnamento coattivo. Il P.M. ha l’obbligo di preavvisare il difensore del soggetto in questione del compimento dell’interrogatorio (ovviamente se l’imputato non nomina un proprio difensore di fiducia, il P.M. provvede a nominare quello d’ufficio). La presenza del difensore è una garanzia a favore dell'imputato di un procedimento connesso o collegato, e nessuna garanzia è prevista per l'indagato del procedimento principale nel quale è assunto l'interrogatorio dell'imputato di un procedimento connesso o collegato. Il difensore dell'indagato del procedimento principale non ha diritto di partecipare all'interrogatorio ne può esaminarne il verbale. L’art. 210 prevede una disciplina differenziata a seconda che il soggetto sentito sia un concorrente nel medesimo reato o un imputato connesso teleologicamente o collegato. • Interrogatorio di imputato concorrente nel medesimo reato – Il P.M. ha l’obbligo di avvisare l’imputato concorrente che questi ha la facoltà di non rispondere, salvo che sulla propria identità personale. L’avvertimento è dato allo scopo di rispettare il privilegio contro l’autoincriminazione, poiché, ciò che viene dichiarato potrà poi essere utilizzato in base al 238 contro (o a favore di) questo soggetto nel procedimento che lo vede indagato od imputato. • Interrogatorio dell’imputato in un procedimento connesso teleologicamente o collegato – Tali soggetti sono avvertiti che se renderanno dichiarazioni su fatti concernenti la responsabilità di altri assumeranno la qualifica di testimoni assistiti limitatamente a tali fatti. Applicabilità delle norme sulle prove alle indagini preliminari – In tale sede le dichiarazioni rese dagli indagati connessi o collegati devono essere valutate ai fini dei provvedimenti ch il giudice deve prendere. Si tratta di esaminare se le dichiarazioni rese sono utilizzabili liberamente o se debba osservarsi l’obbligo di trovare i riscontri che dimostrino l’attendibilità delle medesime. Affermiamo che le norme generali sulle prove sono applicabili in tutto il procedimento penale a meno che non siano incompatibili con la regolamentazione del singolo atto da compiere in una determinata fase. L’attuale incertezza è frutto della versione originaria della disciplina nel codice del 1988. All’epoca si era accolta in maniera piuttosto intransigente l’idea, tipica dei sistemi accusatori puri, di una indagine preliminare considerata come una mera inchiesta di parti cui risultati erano sistematicamente inutilizzabili nel dibattimento. Tale approccio rispecchiava la volontà di differenziare gli atti di indagine rispetto alle prove. L’esperienza ha mostrato come ciò fosse impraticabile. Si è così progressivamente acquisito consapevolezza del fatto che gli atti di indagine hanno varie finalità: • Adottare provvedimenti come l’archiviazione o il rinvio a giudizio. • Costituiscono la base per l’emanazione di provvedimenti gravemente limitativi delle libertà fondamentali come le misure cautelari o le intercettazioni. • In caso di rito speciale come il patteggiamento o il giudizio abbreviato sono la base della decisione finale. La disciplina attuale sulla utilizzabilità delle precedenti dichiarazioni in dibattimento fa si che gli atti di indagine siano dotati fin dall’inizio di una potenziale valenza probatoria proprio in quella sede che, per definizione, è deputata allo svolgimento del contraddittorio. Gli atti di indagine costituiscono la base per la decisione che di volta in volta deve essere assunta e dunque vengono utilizzati come se fossero prove. E’ stata dunque la presa d’atto di tali funzioni a far si che l’intero sistema tenda a riconoscere una forza espansiva alle disposizioni generali sulle prove attraverso rinvii normativi espressi o introdotti in via ermeneutica dalla giurisprudenza. Successivamente sono state apportate modifiche: L’art. 273 della l. 63/2001 ha posto: • Divieto di utilizzare le dichiarazioni degli indagati connessi/collegati quando non vi sono riscontri. • Divieto di utilizzare le dichiarazioni “per sentito dire” quando la fonte non è individuata. • Divieto di utilizzare le dichiarazioni degli informatori di polizia quando non sono stati sentiti. • Divieto di utilizzare le intercettazioni acquisite violando l’.art. 271 co. 1. Non è stato chiarito il rapporto tra le norme generali sulle prove e la disciplina sulle indagini preliminari. Il fatto che il legislatore abbia effettuato singoli richiami in più riprese ed in modo contingente è un argomento che dimostra che quanto meno si devono ritenere applicabili quelle norme sulle prove che sono richiamate di volta in volta in relazione al singolo atto di indagine. Nullità/Inutilizzabilità: Sono previste le invalidità in caso di violazione delle norme che stabiliscono i limiti funzionali e di durata dell’accompagnamento coattivo. E’ prevista anche la disciplina relativa al contenuto dell’ordinanza e i divieti relativi agli accertamenti. Tutto ciò si applica a pena di nullità delle operazioni e di inutilizzabilità delle info acquisite. Prelievo coattivo per delitti di omicidio stradale e lesioni personali stradali: Se il conducente si rifiuta di sottoporsi agli accertamenti e vi è urgenza il pm ordina alla polizia giudiziaria l’accompagnamento coattivo del conducente presso il presidio ospedaliero più vicino per eseguire coattivamente gli accertamenti. L’ordine è dato con decreto motivato, ma può essere rilasciato anche con autorizzazione orale successivamente confermata per iscritto. Come avviene per gli atti a sorpresa la polizia chiede alla persona se è assistita da difensore di fiducia e se ne è priva ne nomina uno d’ufficio. Del decreto e delle operazioni ne è data notizia al difensore, che ha la facoltà di assistervi senza che ciò comporti pregiudizio alle indagini. Entro 48h dallo svolgimento delle operazioni il pm chiede la convalida al gip del decreto, che vi provvede al più presto e comunque non oltre le 48h. Individuazione di persone e di cose – Durante le indagini preliminari il P.M. può procedere all’individuazione di persone o cose personalmente o mediante delega alla polizia giudiziaria F 0 E 0Si tratta di un atto simile a quel mezzo di prova che è la ricognizione e che può essere disposto dal giudice in dibattimento o nell’incidente probatorio. Si usa il termine individuazione al posto di ricognizione, per sottolineare che l’atto non è utilizzabile ai fini della decisione dibattimentale: essa è sempre ripetibile in un momento successivo davanti al giudice nella forma della ricognizione. La normativa è basata sul presupposto implicito che l’atto di individuazione sia sempre ripetibile in un momento successivo davanti al giudice, nella forma della ricognizione. Il P.M. nell’eseguire l’individuazione non è tenuto a rispettare le regole che nella ricognizione sono poste a pena di nullità al fine di assicurare l’attendibilità del risultato, ciò in quanto l’atto è ritenuto essere ripetibile. Ai sensi dell’art. 373, c.3 è sufficiente un verbale in forma riassuntiva delle operazioni; in realtà però tali norme devono essere osservate sia sulla base dell’interpretazione analogica perché perseguono la finalità di garantire l’attendibilità dell’atto, sia sulla base di interpretazione sistematica, poiché le norme sulle prove in quanto generali devono essere applicate ove non siano incompatibili espressamente o implicitamente con il singolo atto di indagine. Il codice si limita a prescrivere che il P.M. proceda ad individuazione di persone o cose quando è necessario per la immediata prosecuzione delle indagini. Di conseguenza l’individuazione svoltasi senza le cautele della ricognizione, è utilizzabile dal giudice ogni volta in cui egli prende una decisione nel corso delle indagini, compresa quella concernente l’applicazione di una misura cautelare, come la custodia in carcere. Occorre tenere presente che il verbale essendo atto ripetibile deve essere inserito nel fascicolo del pm. Ricognizione e individuazione sono ritenuti dagli psicologi atti non utilmente ripetibili dalla medesima persona sul medesimo sospettato. La seconda volta infatti che si procede all’operazione il ricognitore riconosce inconsciamente non colui che ha visto sul luogo del reato, ma l’immagine più recente che ha percepito dalla precedente individuazione fotografica o personale. L’attendibilità del secondo atto è minata alla base. Individuazione di persone è atto garantito: Ciò comporta che il pm deve avvisare il difensore di fiducia o d’ufficio dell’indagato almeno 24h prima del compimento dell’atto. Nei casi urgenti il pm può procedere anche prima del termine prefissato dandone avviso al difensore senza ritardo e comunque tempestivamente. Può accadere che l’individuazione di persone sia svolto senza la presenza del difensore. Tra le altre attività di inziativa del P.M. troviamo: le perquisizioni. Si tratta di un atto delegabile alla polizia giudiziaria con decreto, nel quale devono essere specificate i luoghi e le persone, se sia consentito l’ingresso coattivo e se la perquisizione si possa estendere anche ad altri luoghi. Devono invece essere eseguite personalmente dal P.M. perquisizioni e sequestri negli studi dei difensori, l’apertura di plichi o corrispondenza e perquisizioni presso banche. Vi è poi il sequestro probatorio; il P.M., quando delega l’esecuzione del sequestro alla polizia giudiziaria, indica l’oggetto da sequestrare; se egli non indica le cose da sequestrare , si ritiene che la polizia giudiziaria debba chiedere convalida al magistrato. L’ispezione personale è invece un atto riservato all’iniziativa del P.M., il quale, nell’esecuzione materiale può affidarsi all’opera di un medico. Si tratta di un atto garantito, che impone il preavviso di 24 ore al difensore dell’indagato, salvo motivi di urgenza: si noti che ha diritto ad essere presente non il difensore dell’ispezionato, il quale ha comunque diritto a farsi assistere da una persona di sua fiducia, ma il difensore dell’indagato. Le operazioni sotto copertura sono consentite ad alcuni corpi di polizia, autorizzati dal P.M. di svolgere tali operazioni che si infiltrano in associazioni criminali: nell’ambito di tali attività, è possibile che gli infiltrati commettano reati, che sono considerati non punibili. In tali reati possono essere omessi o ritardati atti processuali per acquisire rilevanti elementi probatori o per individuare i responsabili. Dell’attività deve essere informato il pm che deve dare la propria autorizzazione, in caso di urgenza disponendo il tutto anche oralmente, con il decreto emesso solo nelle 48h successive. Arresto in flagranza e fermo Un tema importante è quello dell’arresto in flagranza ed il fermo. Il codice accoglie il principio generale per cui solo il giudice è competente ad applicare una misura cautelare limitativa della libertà personale con un provvedimento avente effetti permanenti nel tempo, anche se tali misure hanno comunque un termine di durata massima. La polizia giudiziaria ha il potere di disporre misure coercitive temporanee denominate arresto e fermo, esse cessano di avere efficacia se entro il termine perentorio non intervenga la convalida del giudice. Queste misure sono dette sinteticamente “precautelari” per indicare che consistono in un anticipo della tutela predisposta mediante le misure cautelari. Quando non è possibile attendere che si svolga il procedimento cautelare, perché il destinatario della misura potrebbe sottrarsi alle ricerche, si da all’organo maggiormente presente sul luogo dei delitti, ossia la P.G., il potere di agire tempestivamente a condizione che la magistratura sia investita del caso in termini brevissimi. La costituzione prevede che la misura precautelare possa essere ammessa se funzionale all’applicazione di una successiva misura cautelare, altrimenti viene meno la giustificazione a limitare la libertà personale del soggetto. Per l’applicazione si deve considerare la pena detentiva prevista in astratto nel massimo per il singolo delitto consumato o tentato, senza considerare la continuazione, la recidiva e le circostanze comuni di reato, ma tenendo conto dell’aggravante di aver approfittato di situazioni di tempo, luogo o di persona tali da ostacolare la pubblica o privata difesa e l’attenuante del danno o del lucro di speciale tenuità. Sulla quantità individuata devono essere applicati gli aumenti o le diminuizioni di pena previsti per le circostanze indipendenti o per quelle ad effetto speciale. Vi sono comunque misure coercitive che P.M. e P.G. possono porre in essere, senza limitare la libertà personale di chi vi è sottoposto, come alcune forme di accompagnamento coattivo, che comportano solo limiti più o meno intensi alla libertà di circolazione. Le misure cautelari e precautelari hanno lo scopo di limitare la libertà della persona poiché la si teme pericolosa. B. Arresto Arresto in flagranza – È un provvedimento che di regola è disposto dalla polizia giudiziaria ed eccezionalmente dai privati. Esso ha la finalità di assicurare alla giustizia gli autori del reato ed impedire che il reato stesso venga portato ad ulteriori conseguenze. • E’ in stato di flagranza (in senso pieno) colui che viene colto nell’atto di commettere il reato. È in situazione denominata tradizionalmente “quasi flagranza” il soggetto che, subito dopo il reato, è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone ovvero è sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che abbia commesso il reato immediatamente prima. • La “flagranza differita” permette invece alla polizia giudiziaria di operare l’arresto di persone che abbiano commesso atti violenti nelle manifestazioni sportive o pubbliche quando non è possibile procedere immediatamente all’arresto per ragioni di sicurezza o incolumità pubblica. • L’arresto in flagranza è obbligatorio (art. 380, c.1) per la polizia giudiziaria in presenza di un delitto non colposo (consumato o tentato) per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a 5 anni e nel massimo a 20 anni. L’arresto è obbligatorio anche in presenza di certi delitti (ad es. associazione mafiosa). Negli stessi casi in cui è obbligatorio per la polizia, l’arresto può essere effettuato dal privato se il delitto è procedibile d’ufficio (art.383, c.1) per i quali sono previste esigenze di tutela della collettività. Nei casi in cui è obbligatorio per la polizia, l’arresto può essere effettuato da ogni persona se il delitto è procedibile d’ufficio. Il soggetto deve senza ritardo all’atto. All’inizio dell’interrogatorio l’inquirente, dopo aver dato l’avviso della facoltà di non rispondere, informa l’arrestato del fatto per cui si procede e delle ragioni che hanno determinato il provvedimento, comunicandogli inoltre gli elementi a suo carico e, se non può derivarne pregiudizio per le indagini, le fonti. Il P.M. può liberare l’arrestato o il fermato in due casi: • se l’arresto o il fermo è eseguito per errore di persona o fuori dai casi consentiti dalla legge; • se la misura è divenuta inefficace prché sono decorsi i termini per porre l’arrestato a disposizione del P.M. o per chiedere la convalida del giudice. Il P.M. ordina la liberazione (ma deve egualmente chiedere al giudice la convalida) quando, pur considerando giustificato l’arresto od il fermo, ritiene di non dover chiedere al giudice l’applicazione di una misura cautelare coercitiva. 3° FASE – Inizia con la richiesta di convalida che deve essere presentata dal P.M. al giudice competente in relazione al luogo dove arresto o fermo è stato eseguito, entro 48 ore dall’arresto. Il P.M. presenta la richiesta al giudice del dibattimento se sceglie di procedere a rito direttissimo, altrimenti la presenta al G.I.P.. Ricevuta la richiesta il giudice fissa l’udienza di convalida entro le 48 ore successive; essa si svolge in camera di consiglio con la partecipazione facoltativa del P.M. e necessaria del difensore dell’arrestato. L’arrestato non è obbligato ad intervenire, ma se è presente deve essere interrogato dal giudice. Il giudice, anche d’ufficio, verifica che all’arrestato o al fermato sia stata data la comunicazione sui diritti della difesa e provvede a completare le info mancanti. Arresto e fermo cessano la loro efficacia se l’ordinanza di convalida non è pronunciata o depositata entro 48h successive al momento in cui l’arrestato o il fermato è stato posto a disposizione del giudice. In sede di convalida vengono prese due distinte decisioni. • In primo luogo, il giudice accerta se l’arresto o il fermo è stato legittimamente eseguito e se sono stati osservati i termini perentori per porre l’arrestato a disposizione del P.M. e per chiedere la convalida; quindi decide con ordinanza se convalidare o meno l’arresto o il fermo. Egli valuta se sussistevano gli elementi che legittimavano l’arresto/fermo con giudizio ex ante. F 0 E 0Tale provvedimento può essere oggetto di ricorso per cassazione. • In secondo luogo, il giudice valuta se sussistono i presupposti della misura cautelare richiesta dal P.M. L’ordinanza è impugnabile presso il tribunale della libertà. I due accertamenti sono indipendenti fra di loro. In ogni caso, l’arresto o il fermo cessano di avere efficacia se il giudice non decide sulla convalida nelle 48 ore successive al momento in cui l’arrestato o il fermato è stato posto a sua disposizione. La cognizione del giudice è limitata al fatto di reato, come appare nella richiesta di convalida formulata dal pm, egli non può modificare il fatto storico addebitato, ma solo valutare la sua esistenza in base agli elementi addotti. E. Allontanamento d’urgenza dalla casa familiare Il contenuto consiste nell’allontanamento fisico del soggetto dalla casa familiare e nel divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa. L’allontanamento d’urgenza può essere effettuato dalla polizia nei confronti di chi è colto in flagranza dei delitti di violenza alla persona. Occorre che sussistano fondati motivi di ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate ponendo in grave ed attuale pericolo la vita o l’integrità fisica o psichica della persona offesa. Ci vuole anche una autorizzazione del pm. La polizia deve fornire alla persona offesa le informazioni sui centri antiviolenza presenti sul terrirotio e metterla in contatto con i medesimi. Della dichiarazione orale di querela si da atto nel verbale delle operazioni di allontanamento. Se le prescrizioni non vengono rispettate il pm può chiedere una misura cautelare più grave e la polizia giudiziaria effettuerà l’arresto. 1 fase del procedimento: Ufficiali e agenti di polizia giudiziaria avvertono l’indagato di nominare un difensore di fiducia. Entro 24h dall’allontanamento trasmettono al pm il verbale contenente la nomina del difensore, l’ora, il giorno, il luogo in cui è avvenuto l’allontanamento e le ragioni. Il pm può procedere all’interrogatorio dell’indagato, avvertendo il difensore e durante lo stesso avverte l’indagato delle ragioni che hanno determinato il provvedimento comunicandogli inoltre gli elementi a suo carico e se non ne deriva pregiudizio per le indagini, le fonti. 2 fase del procedimento: Entro 48h dall’allontanamento il pm chiede la convalida al GIP. Egli fissa l’udienza di convalida entro 48h successive dandone avviso, senza ritardo, al pm e al difensore. Se non ritiene di comparire all’udienza il pm trasmette al giudice le richieste con gli elementi su cui le stesse si fondano. 3 fase del procedimento: All’udienza di convalida deve essere presente il difensore e possono esserci l’indagato e il pm, che indica i motivi dell’allontanamento e illustra le richieste sulla libertà personale. Se presente il giudice procede ad interrogare l’indagato e sente il difensore. Il giudice deve: decidere se convalidare o meno la misura pre cautelare e valutare se disporre o meno la misura cautelare richiesta dal pm o un’altra. F 0 E 0Allontanamento legittimo, anche formalmente convalida ordinanza, il giudice dispone allora la misura coercitiva, ossia l’allontanamento dalla casa familiare. L’allontanamento cessa di avere efficacia se l’ordinanza di convalida non è pronunciata o depositata entro le 48h successive al momento in cui l’indagato è sottoposto alla disposizione del giudice. Incidente probatorio Il legislatore riserva al dibattimento, dove è garantito il contraddittorio, la formazione della prova. Ciò permette anche di tutelare il principio di immediatezza tra l’assunzione della prova e la decisione sulla medesima: ai sensi dell’art. 525, c.2 secondo cui la deliberazione della sentenza è affidata agli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento. Tuttavia, non sempre si può attendere la formazione della prova in dibattimento: a tal fine è stato predisposto l’INCIDENTE PROBATORIO, un’udienza che si svolge in camera di consiglio senza la presenza del pubblico e nella quale, davanti al G.I.P., si assumono le prove nelle medesime forme prescritte per il dibattimento. Inizialmente l’incidente probatorio era stato previsto come eccezione e per questo solo dal 1994 si è avviata una stagione in cui il ricorso ad esso è stato più frequente. B. I casi di Incidente probatorio Possiamo chiederci se l’incidente probatorio sia compatibile con la Costituzione ex art. 111, c.4 relativamente al Principio del contraddittorio nella formazione della prova F 0 E 0 si vi è compatibilità perché, anche se il legislatore pensava al contraddittorio come attuabile in dibattimento, nulla impedisce che esso si attui anche in altri momenti del procedimento. Per tali ragioni esso segue le forme del dibattimento. Alcuni mezzi di prova possono essere assunti nell’incidente probatorio se sono presenti i casi tassativi di non rinviabilità al dibattimento. • Della testimonianza e del confronto, che sono ammessi se il dichiarante non potrà deporre in dibattimento a causa di un grave impedimento o di una minaccia in atto finchè non deponga o deponga il falso. • Dell’esperimento giudiziale e della perizia urgente, che sono ammessi se la prova riguarda una persona, una cosa o un luogo il cui stato è soggetto a modificazione evitabile. • Della ricognizione, che è ammessa se particolari ragioni di urgenza non consentono di rinviare l’atto al dibattimento. Ci sono altri mezzi di prova che devono essere assunti in incidente probatorio sulla base del solo presupposto che il pm o l’indagato lo abbiano chiesto al GIP, senza che sia necessario il requisito della non rinviabilità ne dell’urgenza. Resta il requisito che la prova sia pertinente e rilevante. • L’esame dell’indagato, quando questi deponga su fatti concernenti la responsabilità altrui; l’esame dell’imputato connesso o collegato; Si ha un diritto dell’indagato a confrontarsi con il suo accusatore quando questi è imputato o indagato connesso/collegato. Il diritto è esercitabile già dalle indagini preliminari. • Perizia di lunga durata che se disposta in dibattimento potrebbe causarne la sospensione per +60 giorni. • Perizia coattiva, durante la quale possono essere compiuti atti che incidono sulla libertà personale. SI può procedere a prelievi biologici e accertamenti medici. Il mezzo di prova viene assunto in incidente probatorio a prescindere dall’urgenza dell’accertamento. • Il difensore può chiedere che siano assunti in incidente probatorio la testimonianza o l’esame delle persone che si siano avvalse della facoltà di non rispondere o di non rendere la dichiarazione scritta nel corso dell’intervista svolta dal difensore. Non serve la non rinviabilità dell’atto. • Quando è chiamata a deporre una persona vulnerabile. L’incidente può essere chiesto dall’indagato e dal pm su richiesta della persona offesa. Ci sono due casi • L’assunzione della testimonianza riguarda il minorenne o la persona offesa maggiorenne e riguarda un delitto di violenza contro la persona. Si aggiungono il delitto di corruzione del minorenne e il delitto di adescamento di minorenne. • L’assunzione riguarda la persona offesa in condizione di particolare vulnerabilità e riguarda qualsiasi reato. L’esame della persona vulnerabile: Vi è l’esigenza di permettere un controllo sulla credibilità e attendibilità della deposizione della persona offesa o del minore nel momento in cui la memoria è ancora chiara e vi è l’esigenza di ridurre lo stress da esposizione al proceso. L’esame deve allora avvenire con modalità protette che hanno una regolamentazione comune sia al dibattimento sia all’incidente. oggettivamente relativo, perché opera con riferimento alla sola fase dibattimentale, e soggettivamente relativo, poiché la prova è utilizzabile soltanto nei confronti di determinati imputati e non di altri. Quando si ha una persona, ancora non indagata al momento dello svolgersi dell’incidente, che viene successivamente raggiunta da indizi di reità si ritiene che sia necessario ripetere l’incidente in contraddittorio con l’indiziato: solo la prova raccolta in tale sede sarà utilizzabile contro di lui in dibattimento. Se gli indizi di reità a carico di un nuovo indagato sono emersi dopo che l’incidente probatorio è divenuto non ripetibile le prove raccolte in quello precedente possono essere usate contro il nuovo indagato. Se gli indizi erano emersi prima che la ripetizione fosse divenuta impossibile le prove raccolte nell’incidente non sono utilizzabili contro il nuovo indagato. Limiti di efficacia nei confronti del danneggiato: La persona offesa non ha diritto di chiedere al giudice l’incidente probatorio, ma può solo sollecitare l’iniziativa del pm. Non è nemmeno in grado di partecipare al contraddittorio scritto sull’ammissibilità e sull’estensione dell’incidente. Il suo difensore deve essere avvisato dell’udienza soltanto se è già stato nominato in precedenza. L’analogo avviso dato personalmente all’offeso rischia di non essere apprezzato nel suo significato tecnico. Nessun diritto spetta al danneggiato del reato in quanto tale, se non cumula la qualità di persona offesa. Ci si preoccupa allora di limitare l’efficacia del giudicato penale nei confronti sia del danneggiato sia della persona offesa quando questa cumuli la qualità di danneggiato. Il danneggiato potrebbe infatti non esser stato messo in grado di partecipare all’incidente probatorio. Viene così limitata l’efficacia del giudicato derivante da una sentenza dibattimentale di assoluzione con formula piena: la sentenza pronunciata sulla base di una prova assunta con incidente probatorio non produce gli effetti del giudicato salvo che il danneggiato ne abbia fatto accettazione tacita. Avviso di conclusione delle indagini come condizione per la richiesta di rinvio a giudizio Quando il P.M. ritiene di chiedere il rinvio a giudizio, deve far notificare all’indagato e al suo difensore l’avviso di conclusione delle indagini preliminari. Questo avviso contiene la sommaria enunciazione del fatto per il quale si procede e delle norme violate e deve essere notificato prima della conclusione delle indagini preliminari F 0 E 0in tal modo la persona sottoposta alle indagini, che non può mai aver mai ricevuto l’informazione di garanzia o l’atto equipollente, viene per la prima volta informata dell’esistenza del processo penale a suo carico. L’avviso avverte l’indagato ed il difensore della loro facoltà di prendere visione del fascicolo delle indagini, depositato presso la segreteria del P.M.. L’indagato è avvertito che entro il termine di 20 giorni può esercitare alcune facoltà: • Presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione e investigazioni difensive; • Chiedere al P.M. atti d’indagine; • Presentarsi per rilasciare dichiarazioni o chiedere di essere sottoposto a interrogatori. La conoscenza del fascicolo permette all’indagato e al difensore di valutare le varie possibilità difensive. Il P.M. non è vincolato ad adempiere le richieste dell’indagato salvo quando l’indagato chieda di essere sottoposto ad interrogatorio; solo in questo caso particolare l’inquirente ha l’obbligo di procedervi. In tutte le altre ipotesi il P.M. valuta discrezionalmente la necessità di compiere nuove indagini a seguito delle richieste dell’indagato. Se ritiene che debbano essere svolte devono essere compiute entro il termine di 30 giorni dalla presentazione della richiesta, termine che può essere prorogato dal giudice su richiesta del pm una sola volta e per non più di 60 giorni. Il codice prevede una nullità se il P.M. non invita l’indagato a presentarsi per rendere interrogatorio ai sensi dell’art. 375 c.p.p., qualora l’indagato stesso abbia chiesto di essere sottoposto ad esso. La discovery anticipata del fascicolo delle indagini consente all’indagato di affrontare l’interrogatorio essendo già a conoscenza di tutti gli elementi a suo carico. Tale istituto da un lato garantisce l’esigenza di completezza delle investigazioni preliminari e dall’altro il diritto dell’indagato di fornire un contributo efficace e consapevole al di chiarire la propria posizione. La sollecitazione di nuove investigazioni fatta dall’indagato al pm comporta una sorta di riapertura nel termine utile per compiere atti di indagine quando quello generale sia scaduto. Di regola nessun avviso deve essere dato alla persona offesa, ad eccezione dei procedimenti per delitti di maltrattamenti contro familiari e atti persecutori. CAPITOLO II – LA CONCLUSIONE DELLE INDAGINI PRELIMINARI La finalità delle indagini preliminari è quella di permettere al p.m. di assumere le determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale, ossia decidere se esercitarla o no Sulla richiesta di rinvio a giudizio il controllo si svolge nell’udienza preliminare, mentre sulla richiesta di archiviazione si effettua senza udienza.. I termini di durata delle indagini preliminari, sia quando si procede contro ignoti, sia quando è stato identificato un indagato, possono essere prorogati dal G.I.P. su richiesta del P.M. per un massimo di 18 mesi e può arrivare fino a 2 anni per i reati più gravi o per le indagini più complesse, in modo eccezionale però. B. Il termine nel procedimento contro un indagato Il termine per le indagini nei confronti di un indagato inizia a decorrere dal momento in cui il nome di questi • iscritto nel registro delle notizie di reato. Il termine ordinario è di 6 mesi, in via eccezionale è di un anno se di tratta di delitti gravi o di criminalità organizzata. Entro il termine il P.M. deve chiedere il rinvio a giudizio o l’archiviazione; altrimenti chiede la proroga al G.I.P. F 0 E 0Si prevede l’invalidità degli atti compiuti dopo la scadenza del termine: tali atti sono inutilizzabili se il pm non ha esercitato l’azione penale o richiesto l’archiviazione o la proroga al giudice; l’inosservanza del termine obbliga poi il Procuratore generale della corte d’appello ad avocare il procedimento. Vi è una minuziosa regolamentazione dei motivi che possono consentire le proroghe. Il termine può essere prorogato una o più volte, con ordinanza del giudice e su richiesta del P.M. La prima proroga può essere motivata su di una generica “giusta causa”; successive proroghe possono essere richieste dal P.M. nei casi di particolare complessità delle indagini o di oggettiva impossibilità di concludere entro il termine prorogato. Il codice pone alle indagini preliminari un termine massimo, comprensivo di proroghe, di 18 mesi (per casi particolari è previsto il termine di due anni: delitti gravi o criminalità organizzata/ investigazioni complesse/ indagini che richiedono il compimento di atti all’estero/ procedimenti collegati). Il termine di due anni è previsto: • se le indagini preliminari riguardano gravi delitti o delitti di criminalità organizzata, indicati specificamente. • Se le investigazioni sono particolarmente complesse per il numero di reati collegati o di indagati o di persone offese. • Se le indagini richiedono il compimento di atti all’estero. • In caso di procedimenti collegati. L’azione penale A. La nozione di azione penale L’azione penale è stata definita come la richiesta, diretta al giudice, di decidere sull’imputazione. Il P.M. esercita l’azione penale formulando l’imputazione. Il pm esercita l'azione penale formulando l'imputazione. Nel procedimento ordinario l’imputazione è ricompresa nella richiesta di rinvio a giudizio; nei riti speciali è ricompresa nell’atto che instaura il singolo procedimento (art. 405). Imputazione: consiste nell'addebitare ad una determinata persona un fatto di reato. Elementi dell’imputazione sono: • l’enunciazione del fatto storico in forma chiara e precisa; • l’indicazione degli articoli di legge violati (il c.d. titolo del reato); • le generalità della persona alla quale è addebitato il reato; • l’indicazione di circostanze aggravanti. Effetti dell'azione penale: L’esercizio dell’azione penale determina due effetti: pone al giudice l’obbligo di decidere su di un determinato fatto storico e fissa in modo tendenzialmente immutabile l’oggetto del processo, e cioè impone al giudice il divieto di decidere su di un fatto storico differente da quello precisato nell’imputazione. Tenuto conto che, il P.M.. presenta richiesta di archiviazione allorché gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio; possiamo derivarne che l’imputazione è formulata dal P.M., quando questi ha raccolto elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio, cioè quando i risultati delle indagini sono in grado di permettere al pubblico ministero di dimostrare la fondatezza dell’accusa. Responsabilità nel formulare imputazione: L'imputazione è formulata al termine delle indagini preliminari, quando il giudice chiede il rinvio a giudizio. E' necessario che il giudice ritenga probabile ottenere in giudzio una sentenza di condanna. Dato che è il pm a sostenere l'accusa, sua è la responsabilità di un eventuale insuccesso se nel dibattimento si dimostra che non vi erano elementi idonei a sostenere l'accusa. Informazioni sull'azione penale: Doveri di informazione del pm per l'esercizio dell'azione penale o misure cautelari pre-cautelari personali. 1. Doveri di informativa perchè l'autorità pubblica valuti se irrogare un provvedimento cautelare di sospensione dalle funzioni a carico dell'imputato. Il pm dvee informare l'autorità da cui dipende l'imputato che è impiegato dello stato o di altro ente pubblico, o l'ordinario della diocesi se è ecclesiastico. L’archiviazione è pronunciata dal G.I.P. in presenza di presupposti: • di fatto: quando la notizia di reato è “infondata”. Il pm presenta al giudice una richiesta di archiviazione quando gli elementi acquisiti durante le indagini preliminari non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio. Il giudice effettua una prognosi sull’esito di un eventuale dibattimento, poiché ritiene probabile la pronuncia di una sentenza di assoluzione perché il fatto di reato non sussiste/ l’imputato non lo ha commesso/ il fatto non costituisce reato/ il fatto non è punibile. L’archiviazione è un provvedimento emesso agli stati degli atti, ed è quindi diversa dalla sentenza di assoluzione che viene pronunciata dopo che il giudice ha esaminato le prove escusse in dibattimento. Giudice e Pm devono anche ritenere che le prove raccolte in un eventuale dibattimento non siano idonee a portare nuovi elementi tali da mutare la situazione cristallizzata al termine delle indagini preliminari. • di diritto: cioè : 1. quando manca una condizione di procedibilità (ad es. la querela)/ 2. il reato è estinto (ad es. per prescrizione)/ 3. il fatto non è previsto dalla legge come reato (ad es. è un illecito amministrativo depenalizzato)/ 4. quando sono rimasti ignoti gli autori del reato. B. la richiesta di Archiviazione Con la richiesta di archiviazione verso l’indagato, il P.M. trasmette al G.I.P. il fascicolo delle indagini contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle investigazioni espletate e i verbali degli atti compiuti davanti al giudice. La pubblica accusa deve instaurare un contraddittorio con la persona offesa che nella nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione abbia dichiarato di voler essere informata sull'eventuale archiviazione a cura del pm. Per i reati comuni nell'avviso è precisato che nel termine di 20 giorni la persona offesa può prendere visione degli atti e presentare opposizione con richiesta motivata di prosecuzione delle indagini preliminari. Per i delitti commessi con violenza alla persona e per il delitto di furto in abitazione o con strappo l'avviso della richiesta di archiviazione è in ogni caso notificato a cura del pm alla persona offesa ed il termine per l'opposizione è di 30 giorni. Nell'avviso viene dichiarata la possibilità per la persona offesa di prendere visione degli atti e che nell'opposizione deve motivare le ragioni per le quali chiede la prosecuzione delle indagini. L'opposizione viene presentata alla segreteria del pm, anche da persona offesa che non ha richiesto di essere avvistata. Se l’offeso non presenta opposizione, il GI.P. effettua un controllo de plano, e cioè senza udienza. Se accoglie la richiesta presentata dal P.M., il giudice emette decreto di archiviazione; se non la accoglie, fissa entro 3 mesi la data di una udienza in camera di consiglio, alla quale possono partecipare il P.M., la persona offesa, l’indagato . La medesima udienza ha luogo quando l’offeso presenta opposizione ammissibile, e cioè contenente l’indicazione dell’oggetto delle ulteriori indagini richieste e i medesimi elementi di prova (art. 410, c.1). Se l'opposizione è inammissibile il giudice dopo averne dichiarato l'invalidità si limita ad operare un controllo de plano. Quando viene disposta l'udienza in camera di consiglio viene operato dal procuratore generale presso la corte d'appello un ulteriore controllo gerarchico: questi riceve comunicazione dell'udienza e può avocare il procedimento. Nell’udienza, svolta in camera di consiglio (senza il pubblico, ma con possibilità di partecipazione per P.M. e difensori), il G.I.P ha ampi poteri di controllo: sia sulla richiesta di archiviazione, sia sull’eventuale opposizione dell’offeso. Il giudice può scegliere fra tre diversi provvedimenti: • in via interlocutoria, può indicare al p.m. le ulteriori indagini che ritiene necessarie; • in via definitiva, può ordinare che il p.m. formuli l’imputazione • può disporre l’archiviazione. 2/3 devono essere prese entro 3 mesi. • Archiviazione – ricorribile in cassazione solo nei casi di nullità ex. art. 127, c.5 (omissione degli avvisi alle parti, o omessa audizione degli interessati). • Ulteriori indagini – quando il giudice ritiene necessarie ulteriori indagini, le indica con ordinanza al P.M., fissando il termine indispensabile per il compimento delle stesse. Il pm è vincolato al compimento delle indagini, ma ha un potere discrezionale nello stabilire le concrete modalità di svolgimento. Al termine può valutare i risultati e formulare l'imputazione o optare ancora per l'archiviazione e depositare i verbali delle attività svolte. • Imputazione coatta – il massimo grado di controllo si ha quando il giudice, dopo l’udienza in camera di consiglio, dispone con ordinanza che il P.M. formuli l’imputazione entro 10 giorni. Il giudice ha un limite ai suoi poteri in virtù della separazione dei poteri, non può infatti imporre al pm di chiedere il rinvio a giudizio ne di formulare una determinata imputazione. Il P.M. sceglie l’imputazione che ritiene conforme alla legge, ma è vincolato a formularne una e deve farlo entro 10 giorni. F 0 E 0La giurisprudenza ha introdotto un ulteriore potere del giudice: all’esito dell’udienza camerale, egli F 0 2 0può ordinare che nel registro delle notizie di reato siano iscritti i nominativi di ulteriori soggetti mai prima indagati e per i quali il P.M. non ha formulato alcuna richiesta; egli può anche disporre che la pubblica accusa effettui nei loro confronti ulteriori indagini. Il giudice può anche ordinare che, nei confronti di una persona già indagata, sia iscritto nel registro un ulteriore reato diverso da quello già addebitato dal pm. Entro due giorni dalla formulazione dell'imputazione coatta il giudice deve fissare con decreto la data dell'udienza preliminare, è una udienza che non è preceduta da una richiesta di rinvio a giudizio. Si contempera in questa disciplina il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale e della separazione delle funzioni processuali. La riforma Orlando ha previsto: • ipotesi di nullità in maniera espressa, fino a ora previste solo in via giurisprudenziale. Sono state previste nullità attinenti sia alla procedura di archiviazione in senso stretto, sia all'udienza in camera di consiglio presso il gip. • Al posto del ricorso per cassazione è stato previsto un reclamo al tribunale monocratico al fine di far valere le nullità eventualmente verificatesi, a cui si provvede con una ordinanza non impugnabile su reclamo della persona interessata. • Archiviazione per tenuità del fatto Quando l'offesa è tenue e segue un comportamento non abituale il giudice deve evitare di irrogare la sanzione penale. Ovviamente devono esserci accertamenti a riguardo. Il danneggiato ha la possibilità di chiedere la condanna del responsabile al risarcimento del danno e lo può fare dinanzi al giudice civile. Ci sono alcuni presupposti : • L'imputato deve aver commesso un fatto storico che rientra in un fato tipico antigiuridico, non devono esserci cause di giustificazioni o esimenti. Il fatto compiuto deve essere offensivo di un bene giuridico. • Deve trattarsi di un reato per il quale è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a 5 anni o la pena pecuniaria, sola o congiunta. Per determinare la prima non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per cui la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale. Non si tiene conto del giudizio di bilanciamento tra circostanze aggravanti ed attenuanti di cui all'art. 69 cp. • L'offesa provocata deve essere di particolare tenuità per le modalità della condotta del responsabile. Tale caratteristica si ricava dall'esiguità del danno o del pericolo cagionato dal responsabile del fatto. L'Offesa non è tenue quando: • l'autore ha agito per motivi abietti o futili o con crudeltà. • Ha adoperato servizie • ha approfittato della condizione minorata della vittima • ha cagionato la morte o le lesioni gravissime di una persona. • Comportamento non abituale. Ciò non si ha quando l'autore è delinquente abituale, professionale o per tendenza, o quando ha commesso più reati della stessa indole. Non si ha neanche in caso di reati che hanno ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterati. Sfuggono alla non punibilità gli atti persecutori e i reati seriali. La declaratoria della tenuità viene effettuata con le forme previste per la decisione che chiude la fase del procedimento nella quale il giudice è chiamato a pronunciarsi. Il provvedimento ha così forma diversa: • nelle indagini: forma dell'archiviazione • nell'udienza preliminare: forma di sentenza di non luogo a procedere. • Negli atti preliminari del dibattimento: forma di sentenza anticipata di proscioglimento. • Nel giudizio: forma di sentenza di proscioglimento per mancanza di punibilità. Al giudice viene chiesto un accertamento del fatto storico che, tendenzialmente, dovrebbe essere compiuto nella fase del giudizio, ma che, ai fini di deflazione del carico giudiziario, può essere anticipato nell'udienza preliminare. L'effetto deflativo raggiunge il culmine con l'applicabilità dell'istituto in sede di archiviazione. La classificazione ala stregua di causa di non punibilità consente di conferire stabilità alle declaratorie pronunciate in udienza preliminare, i dibattimento e nel giudizio abbreviato, evitando i rischi di riapertura del procedimento. La possibilità di procedere alla declaratoria in sede di archiviazione valorizza le istanze di economia processuale e di deflazione, consentendo una rapida definizione del procedimento ancor prima dell'esercizio dell'azione penale. Il pm, accertati i requisiti può chiedere al GIP l'archiviazione per particolare tenuità del fatto. Al momento della richiesta il pm fa dare all'indagato e alla persona offesa dal reato l'avviso che costoro, nel termine di 10 giorni, possono prendere visione degli atti e L’udienza preliminare permette al giudice di controllare se le indagini preliminari sono complete e la completezza delle indagini può indurre l’imputato a scegliere uno dei riti alternativi al dibattimento, con effetti benefici sul carico giudiziario. E’ giudice “della prova” in quanto ha il potere di ordinare al pm di completare le indagini e può lui stesso assumere prove che possono portare al non luogo a procedere. E’ giudice “dell’azione” in quanto verifica la tenuta dell’imputazione rispetto agli elementi di prova precostituiti o che vengono assunti in udienza. Il giudice controlla poi se l’imputazione è stata formulata in modo chiaro e preciso. La fase introduttiva dell’udienza preliminare • Gli adempimenti che precedono l’udienza La richiesta di rinvio a giudizio, formulata dal P.M., contiene l’imputazione nonché l’indicazione delle fonti di prova acquisite. La richiesta non deve essere motivata per evitare un lavoro troppo peso del pm e un condizionamento del giudice. La richiesta è trasmessa insieme al fascicolo delle indagini al G.U.P., al quale spetta di fissare giorno, ora e luogo dell’udienza. Tra la data in cui la richiesta perviene al giudice e la data fissata per l’udienza non può intercorrere un termine superiore a 30 giorni; le parti devono essere avvisate della data dell’udienza in modo da avere un termine libero di almeno 10 giorni. All’imputato ed alla persona offesa è notificato l’avviso della data di udienza unitamente alla richiesta di rinvio a giudizio; l’imputato è avvertito altresì che, se non compare, sarà giudicato in contumacia. L’avviso è comunicato al P.M. e notificato al difensore dell’imputato con l’avvertimento della facoltà di prendere visione degli atti e delle cose depositate in cancelleria e di presentare memorie e documenti. Da qui in avanti ogni atto integrativo delle indagini deve essere immediatamente reso conoscibile dalle parti. • La costituzione delle parti L’udienza preliminare si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del P.M. e del difensore dell’imputato. Dalla convenzione europea dei diritti dell’uomo si è dedotto il principio per cui l’imputato ha diritto di partecipare all’udienza con il corollario del diritto alla conoscenza personale della celebrazione del processo. L’assenza dell’imputato è legittima solo se la rinuncia a comparire è volontaria e non equivoca. Il giudice deve controllare se vi è stata regolare costituzione delle parti e deve ordinare la rinnovazione degli avvisi o delle notificazioni di cui abbia accertato la nullità. Il codice deve garantire in modo rigoroso il diritto dell’imputato a partecipare al processo. Ove l’imputato non sia presente, il giudice deve accertare che ciò sia dovuto ad una scelta volontaria e non derivi, viceversa, da una mancata conoscenza incolpevole dell’avviso dell’udienza preliminare. Il sistema precedente basato sulla contumacia: Era dichiarato contumace l’imputato che non era comparso in udienza se vi erano le seguenti condizioni: 1. Era stato destinatario di notifiche regolari 2. Non vi era prova di legittimo impedimento che comportasse una assoluta impossibilità a comparire. La regolarità della notifica fa scattare la presunzione per cui l’imputato conoscesse l’esistenza del processo e da ciò si desumeva la volontarietà della rinuncia a comparire: il processo proseguiva contro il contumace rappresentato dal difensore. La sentenza dibattimentale veniva notificata per estratto al contumace, ma se l’imputato era irreperibile, latitante o evaso, era notificata al difensore. Da tale momento decorreva il termine per l’imputazione. In caso di imputato irreperibile il meccanismo girava a vuoto provocando una durata non ragionevole dei ruoli d’udienza perché la sentenza di condanna poteva essere eseguita soltanto se il destinatario della decisione veniva rintracciato. Vi era inoltre la possibilità che il condannato, entro 30 giorni dalla conoscenza della sentenza, chiedesse la restituzione nel termine confidando in un regime probatorio più favorevole. Anche qualora egli avesse ottenuto la restituzione avrebbe comunque potuto esclusivamente proporre l’appello, ma avrebbe incontrato limiti al diritto alla prova. Tutta questa situazione normativa non portava che all’italia ulteriori condanne da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo. Sistema del 2014: la contumacia si è estinta in due diversi istituti: 1. Se siamo di fronte ad un irreperibile, il processo deve essere sospeso. 2. Se vi è stata la consegna dell’avviso o della citazione a mani proprie o vi è un altro fatto sintomatico della conoscenza certa del procedimento il rito prosegue contro l’imputato dichiarato assente, del quale si presume la rinuncia volontaria a comparire. Cosa avviene però quando l’imputato non compare in udienza? • Valutazione della regolarità della notifica: Il giudice deve controllare se vi è stata regolare costituzione delle parti. Se queste compaiono non vi sono problemi: il verbale d'udienza dichiara se l'imputato è presente, chi è il suo difensore e quale avvocato rappresenta la parte civile, il responsabile civile ed il civilmente obbligato per la pena pecuniaria. Se il giudice accerta la nullità di un avviso o di una notificazione deve fissare la data della nuova udienza e ordinare la rinnovazione del relativo avviso o notificazione. • L'assenza del difensore: Se il difensore dell'imputato non è presente il giudice designa un sostituto che sia immediatamente reperibile. Questi esercita i diritti ed assume i doveri del difensore di fiducia e d'ufficio. Se l'assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento il giudice fissa con ordinanza la data della nuova udienza e ne dispone la notificazione dell'imputato. • Il legittimo impedimento dell'imputato: Verificata la regolarità della notifica si deve valutare la causa della mancata comparizione dell'imputato. Se vi è il legittimo impedimento e ciò provoca l'assoluta impossibilità di comparire allora il giudice dispone il invio ad una nuova udienza e ordina la rinnovazione dell'avviso. Altrimenti si procede in assenza dell'imputato. • L'imputato considerato presente: l'imputato che dopo essersi presentato si è allontanato dall'udienza o che presentandosi ad una udienza non compare alla successiva è considerato presente ed è rappresentato dal difensore. • L'imputato che ha rinunciato ad assistere: Se l'imputato, libero o detenuto, non è presente all'udienza e ha espressamente rinunciato ad assistervi il giudice procede in sua assenza. La rinuncia è valida anche se l'imputato ha un legittimo impedimento. • L'imputato dichiarato assente: Quando l'imputato non ha un legittimo impedimento a comparire o quando l'impedimento non provoca un assoluta impossibilità a comparire in udienza, il giudice valuta se l'imputato possa essere considerato assente consapevole. Il codice prevede alcuni fatti sintomatici da cui il giudice può ricavare se risulta con certezza che l'imputato è a conoscenza del procedimento. • l'imputato ha dichiarato o eletto domicilio. • L'imputato è stato arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare. • L'imputato ha nominato un difensore di fiducia. • L'imputato ha ricevuto personalmente la notificazione dell'avviso dell'udienza. In loro presenza il giudice dispone l'ordinanza di procedere in assenza dell'imputato, che viene rappresentato dal difensore. Non vengono abbandonate le presunzioni, ma se ne razionalizza l'operatività ancorandole non alla semplice correttezza formale della notifica, ma all'effettiva esistenza di taffi sintomatici tipici o atipici. • La sospensione del processo: A volte possono mancare i fatti sintomatici tipici o comunque non risulta con certezza che l'imputato è a conoscenza del procedimento o si è volontariamente sottratto alla conoscenza dello stesso. In tal caso il giudice deve rinviare l'udienza e disporre che l'avviso sia notificato all'imputato personalmente ad opera della polizia giudiziaria. Se la notifica personale ha successo e l'imputato non compare, il giudice dichiara di procedersi in assenza. Se la notifica a mani proprie non risulta possibile il giudice deve disporre con ordinanza la sospensione del processo nei confronti dell'imputato non comparso. Il giudice deve trasmettere al CED del ministero dell'interno l'ordinanza di sospensione del processo e la citazione per l'udienza che è stata rinviata; quando la polizia per strada identificherà l'imputato, accerterà nel CED la presenza della nota di rintraccio e condurrà l'imputato stesso nei propri uffici per notificargli l'atto redatto dall'autorità giudiziaria. La sospensione nei confronti dell'irreperibile non può essere disposta se deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento. L’incidente probatorio può essere svolto in tutto il corso dell’udienza preliminare quando l’assunzione della prova appare non rinviabile; poiché la prova è assunta con le modalità previste per il dibattimento, i verbali dell’incidente probatorio confluiscono nel fascicolo per il dibattimento e sono utilizzabili per la decisione finale. • interrogatorio – L’imputato può chiedere di essere sottoposto all’interrogatorio in ogni caso, senza che il giudice possa sindacare l’ammissibilità di tale atto. Anche l’interrogatorio deve essere condotto dal giudice • conclusioni delle parti – Terminata l’assunzione delle prove, il P.M. ed i difensorri illustrano le rispettive conclusioni, quindi il giudice pronuncia la decisione di rinvio a giudizio o di non luogo a procedere. La sentenza di non luogo a procedere Il codice prevede un unico tipo di sentenza di non luogo a procedere, la quale è pronunciata in base a motivi di diritto o di fatto: • sussiste una causa che estingue il reato (come la prescrizione); • sussiste una causa per la quale l’azione penale non doveva essere iniziata o proseguita; • il fatto non è previsto dalla legge come reato; • esiste una prova che l’imputato è innocente; • è accertato che la persona non è punibile per qualsiasi causa, anche difetto di imputabilità; il giudice non può pronunciare la sentenza se ritiene che dal proscioglimento dovrebbe conseguire l’applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca. Le misure di sicurezza personali possono infatti essere applicate solo a seguito di un provvedimento che consegue al più completo controllo svolto dal giudice del dibattimento. Quando l’offesa è tenue e il comportamento non è abituale il giudice pronuncia il non luogo a procedere perché il fatto non è punibile per particolare tenuità. • quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contradditori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio. Insufficienti: allo stato degli atti gli elementi non possono essere integrati dall’attività istruttoria tipica del dibattimento. Contraddittori: vi è contrasto tra le prove raccolte, che non può essere superato dal dibattimento. Per questa pronuncia il giudice deve tener conto delle circostanze, anche effettuando un bilanciamento tra le aggravanti e le attenuanti. La decisione sul rinvio a giudizio si distingue in due fasi: .a La prima, a carattere diagnostico, richiede una decisione di merito sulla serietà e fondatezza dell’accusa alla luce degli elementi raccolti nel corso dell’udienza preliminare. + .b La seconda, a carattere prognostico, comporta una decisione di natura processuale sulla elevata probabilità che la precedente diagnosi trovi conferma a seguito del vaglio dibattimentale condotto in contraddittorio con le regole probatorie e di giudizio tipiche del momento. La sentenza di non luogo a procedere può essere pronunciata durante l’udienza preliminare anche ai sensi dell’art. 129, che prevede la declaratoria immediata di determinate cause di non punibilità (se il giudice riconosce che il fatto non sussiste, che l’imputato non lo ha commesso, che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero è estinto o manca una condizione di procedibilità); tale sentenza può essere pronunciata in ogni stato e grado del processo e il giudice deve fissare a tal fine l’udienza preliminare e solo durante quest’ultima, se ne ricorrono i presupposti, può emettere sentenza di non luogo a procedere. Le sezioni unite della corte di Cassazione hanno riconosciuto al giudice dell’udienza preliminare il potere di ritenere generica o indeterminata l’imputazione che, viceversa, il P.M. avrebbe dovuto formulare in forma chiara e precisa nella richiesta di rinvio a giudizio. Se il fatto addebitato non risulta enunciato in modo chiaro il giudice ha allora il dovere di sollecitare il P.M. a precisare l’imputazione con il meccanismo di adeguamento dell’art. 423 (modificazione dell’imputazione) . Se il P.M. non vi procede, il giudice al momento della conclusione dell’udienza preliminare ha il potere di attestare il vizio dell’imputazione e restituire con ordinanza glia atti al P.M. perché la riformuli. L’ordinanza di restituzione degli atti chiude l’udienza preliminare e comporta la regressione del procedimento alla fase delle indagini preliminari, Si tratta di un provvedimento eccezionale che costituisce una extrema ratio e deve essere adottato solo qualora il P.M. non ottemperi all’ordine del giudice e ometta di modificare l’imputazione nel corso dell’udienza preliminare. Il decreto che dispone il giudizio Il decreto che dispone il giudizio è emesso nei casi nei quali il G.U.P. non pronuncia la sentenza di non luogo a procedere (art. 429), Il giudice emette il decreto che dispone il giudizio quando gli elementi forniti dal P.M. a sostegno della richiesta e le prove eventualmente raccolte nell’udienza preliminare fanno ritenere utile l’istruzione dibattimentale. Se rimangono dubbi al giudice sull’attendibilità e sulla credibilità degli elementi di accusa o se questi sono contraddittori, egli può respingere la richiesta perché in casi del genere il dibattimento appare superfluo o dannoso in quanto sarà pronunciata una sentenza di assoluzione che, se confermata post impugnazione, darà luogo al ne bis in idem. Esso svolge insieme due funzioni: una di decisione ed una di ordine di citazione. Quanto alla funzione di decisione, il decreto non è motivato (si vuole evitare il pregiudizio che deriverebbe all’imputato ove un giudice prima del dibattimento affermasse l’attendibilità degli elementi di prova a carico); esso contiene l’enunciazione in forma chiara e precisa del fatto e delle circostanze, con l’indicazione dei relativi articoli di legge; l’indicazione sommaria delle fonti di prova e dei fatti cui esse si riferiscono. Il decreto svolge anche la funzione di citazione a giudizio, poiché convoca le parti per il dibattimento. Il giudice precisa la data ed il luogo dell’udienza dibattimentale con l’avvertimento che se l’imputato non compare sarà giudicato in contumacia. Il decreto deve essere notificato sia all’imputato contumace all’udienza preliminare, sia all’imputato ed alla persona offesa comunque non presenti alla lettura del decreto stesso. La notifica deve essere effettuata almeno 20 giorni prima della data fissata per il giudizio. I fascicoli Subito dopo aver emesso il decreto che dispone il giudizio, il G.U.P. provvede a formare il fascicolo per il dibattimento ed il fascicolo del pubblico ministero nel contraddittorio delle parti. Il motivo della divisione è quello di riservare al dibattimento la formazione della prova ed evitare che in tale sede il giudice venga in qualsiasi modo condizionato psichicamente dalla conoscenza degli atti di indagine assunti fuori dal contraddittorio. Una delle regole fondamentali è quella della inutilizzabilità fisiologica degli atti delle indagini preliminari, assunti fuori dal contraddittorio, per tutelare la separazione delle fasi procedurali. Affinché sia effettiva è necessario che il giudice del dibattimento non sia influenzato dalle prove raccolte in segreto durante le indagini. Il giudice deciderà così solo sulla base delle prove che si sono formate in contraddittorio, evitando tutti i pregiudizi mentali basati su atti raccolti in modo non controllabile nella loro attendibilità e credibilità. Per questo avviene la separazione degli atti. Gli atti raccolti in contraddittorio possono essere conosciuti dal giudice del dibattimento, e su di essi si baserà la sua sentenza. Gli atti raccolti in modo unilaterale da una delle parti non devono essere conosciuti dal giudice, ma servono solo alle parti per prepararsi al dibattimento. Nel fascicolo per il dibattimento sono raccolti quegli atti previsti dall’art. 431, compiuti prima del dibattimento, che si sono formati nel contraddittorio delle parti o che sono nati fin dall’origine come “non ripetibili” (si esclude qualsiasi atto ripetibile nel dibattimento, che sarebbe idoneo a generare un pre-giudizio nei confronti del giudice del dibattimento, innanzi al quale, invece deve formarsi la prova. a) gli atti relativi alla procedibilità dell’azione penale e all’esercizio dell’azione civile; b) i verbali degli atti non ripetibili compiuti dalla polizia giudiziaria; c) i verbali degli atti non ripetibili compiuti dal pubblico ministero e dal difensore; d) i documenti acquisiti all’estero mediante rogatoria internazionale e i verbali degli atti non ripetibili assunti con le stesse modalità; e) i verbali degli atti assunti nell’incidente probatorio; f) i verbali degli atti, diversi da quelli previsti dalla lettera d), assunti all’estero a seguito di rogatoria internazionale ai quali i difensori sono stati posti in grado di assistere e di esercitare le facoltà loro consentite dalla legge italiana; g) il certificato generale del casellario giudiziario e gli altri documenti indicati nell’articolo 236; h) il corpo del reato e le cose pertinenti al reato, qualora non debbano essere custoditi altrove. Il fascicolo per il dibattimento è conosciuto dal giudice (collegiale o singolo) e dalle parti; gli atti in esso contenuti possono essere usati ai fini della decisione.
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