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Diritto e Organizzazione Giuridica: Oggettivo, Soggettivo e Procedimento Legislativo - Pro, Appunti di Diritto Pubblico dell'Economia

Il concetto di diritto oggettivo e soggettivo, che costituiscono la base dell'ordinamento giuridico di una società. Viene inoltre analizzato l'ordinamento giuridico come combinazione di diritto oggettivo e apparato istituzionale. Anche il ruolo della costituzione, del parlamento e del governo nella produzione del diritto, e il concetto di referendum abrogativo.

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 19/02/2024

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Scarica Diritto e Organizzazione Giuridica: Oggettivo, Soggettivo e Procedimento Legislativo - Pro e più Appunti in PDF di Diritto Pubblico dell'Economia solo su Docsity! DIRITTO PUBBLICO E DELL’ECONOMIA UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PAVIA A.S. 2020/2021 Clara Borgarelli LEZIONE 1 A Diritto oggettivo → insieme delle norme giuridiche che operano all’interno di un'organizzazione sociale (chiamato anche diritto positivo) Diritto soggettivo → interesse individuale che è protetto da norme giuridiche e che consente alle persone di godere di determinati beni senza ingerenza da parte di altri (es. proprietà privata, diritto di credito…) Ordinamento giuridico → combinazione tra diritto oggettivo e apparato istituzionale che è collegato alle dinamiche del diritto (Parlamento, Governo…) Una società ha bisogno del diritto oggettivo. Le regole del diritto oggettivo prevedono sanzioni, quindi conseguenze negative nei confronti dei trasgressori. La società è un insieme di persone che condividono la stessa esperienza comunitaria e ha bisogno di regole che illustrano che tipo di comportamento bisogna tenere in determinate situazioni, illustrano le conseguenze di determinati comportamenti; se non ci fossero le regole all’interno della società regnerebbe il caos. Non tutte le regole che si applicano sono regole giuridiche, il diritto non assorbe la totalità delle regole che trovano applicazione all’interno della società; una società può scegliere quanto diritto inserire all’interno della società e la scelta dipende da vari fattori come esempio maturità, crescita, sviluppo, educazione dei consociati… Diritto e società spesso entrano in conflitto perché il diritto è una forma autoritativa di potere, è espressione di potere, è un insieme di norme giuridiche poste in essere da autorità provviste di un potere incisivo e penetrante nella sfera individuale dei consociati; dall’altra parte invece la società vorrebbe svilupparsi in modo autonomo attraverso la libertà dei singoli consociati. Dunque spesso si ha un'interazione non pacifica tra diritto e società, che riflette la contrapposizione tra autorità e libertà, tra potere dello Stato e autonomia individuale, tra sfera del pubblico e sfera del privato. Viene prima il diritto o la società? Secondo la teoria dell’istituzionalismo la società viene prima delle regole giuridiche: gli esseri umani interagiscono, danno vita a strutture sociali più o meno complesse, intrattengono relazioni e producono norme giuridiche. Secondo la teoria del normativismo invece il diritto cioè la norma giuridica viene prima e per eetto di tale norma giuridica poi si sviluppa e si consolida un assetto sociale caratterizzato da un ragionevole equilibrio e una ottimale convivenza tra i singoli componenti. Entrambe le teorie hanno punti di ragione e elementi di torto: in realtà un fenomeno sociale complesso nasce dall'interazione tra diritto e rapporti sociali e quindi non è così agevole stabilire se viene prima la società o il diritto. L’anarchismo ha come nozione fondamentale l’avversione nei confronti del potere, ritiene che i rapporti sociali debbano essere regolati da accordi e meccanismi di cooperazione tra individui, non per eetto di un potere che dall’alto stabilisce le norme da rispettare nello svolgimento delle relazioni. Diritto positivo → insieme di norme giuridiche in vigore all’interno di uno Stato in un determinato periodo storico, sono le norme giuridiche che il legislatore e gli altri 2 LEZIONE 2 A Chi e cosa produce le norme giuridiche? E’ importante definire a chi spetta questo compito, al fine di evitare abusi di potere. -Fonti di produzione del diritto → fatti o atti ai quali l'ordinamento riconosce la capacità di produrre norme giuridiche. -Fonti sulla produzione del diritto → atti che identificano soggetti e procedure per la produzione delle norme giuridiche (es. decreti legge, regolamenti parlamentari…). Sono fonti che regolano i meccanismi di produzione del diritto. -Fonti di cognizione del diritto → per cognizione si intende conoscenza, cioè bisogna conoscere il diritto oggettivo per rispettarlo, è uno dei pilastri fondamentali dello Stato liberale di diritto. La norma giuridica quando non concede facoltà, poteri, libertà… è una norma che comporta dei sacrifici perché impone limiti, divieti, restrizioni e sanziona determinati comportamenti; per far sì che la norma funzioni è necessario che il destinatario della norma conosca in anticipo non solo l’esistenza della norma ma anche le conseguenze relative l'inosservanza di quella norma giuridica, perché altrimenti viene meno il patto tra autorità e libertà che giustifica la produzione di norme giuridiche. Ognuno rinuncia a quote della sua libertà per consentire a un soggetto provvisto di potere di regolare i rapporti e le relazioni intersoggettive; noi tutti accettiamo queste limitazioni perché veniamo messe nelle condizioni di conoscere quelle regole. In uno Stato di diritto l’autorità non può abusare di potere, è fondamentale rispettare il patto tra autorità e libertà, tra Stato e consociati, allora è necessario far sì che il valore della certezza del diritto sia garantito attraverso le fonti di cognizione del diritto. -Fonti di cognizione del diritto Gazzetta Uciale della Repubblica Italiana → periodico all’interno del quale vengono riportate le leggi e tutti gli altri atti normativi della Repubblica Italiana. La pubblicazione sulla Gazzetta Uciale è necessaria anché una legge entri in vigore. Lo Stato può pretendere dai consociati la conoscenza del diritto solo nel momento in cui i vari atti normativi vengono pubblicati sulla Gazzetta Uciale. A livello regionale ci sono i bollettini regionali in cui vengono pubblicate le leggi regionali. Non ci si può sottrarre dalla responsabilità giuridica usando come scusa la propria ignoranza della norma giuridica, noi dobbiamo diligentemente conoscere il diritto ogni volta che decidiamo di intraprendere una certa attività, dobbiamo essere consapevoli di tutte le norme che riguardano l’attività che vogliamo svolgere. -Fonti di produzione del diritto Fatti o atti che l’ordinamento giuridico abilita a produrre norme giuridiche. Per atto si intende un foglio di carta che attesta la volontà di un soggetto di produrre norme giuridiche, la Costituzione è un atto che produce norme giuridiche. Per fatti si intende comportamenti, situazioni, circostanze oggettive che se soddisfano determinati requisiti possono produrre norme giuridiche rilevanti obbligatorie, vigenti, coattive. 5 Esempio: noi facciamo colazione al mattino, teniamo quindi lo stesso identico comportamento ogni giorno. La ripetizione di questo comportamento però non produce norme giuridiche. La consuetudine per essere fonte del diritto deve avere due elementi costitutivi: elemento materiale → ripetizione costante e uniforme nel tempo dello stesso comportamento da parte della stragrande maggioranza dei consociati. elemento psicologico o morale → convincimento interiore dell’obbligatorietà giuridica di quella condotta, le persone devono essere convinte di agire così perché lo impone una norma giuridica, le persone agiscono così perché sanno che altrimenti subirebbero una sanzione. LEZIONE 2 B Fonti di produzione del diritto In un ordinamento semplice sarebbe suciente una sola fonte del diritto ovvero la legge che produce norme giuridiche, negli ordinamenti complessi invece c’è una moltiplicazione delle fonti di produzione del diritto infatti oltre alla legge c’è anche la Costituzione che definisce l’identikit sostanziale di uno Stato, ci sono i decreti legge, i decreti legislativi, i regolamenti. Oltre alla moltiplicazione delle fonti del diritto c’è stato anche un decentramento della funzione legislativa infatti in molti stati, Italia compresa, il potere legislativo è suddiviso tra Stato e Regioni (nel caso italiano). Si ha quindi un pluralismo delle fonti del diritto, questo però comporta un rischio, ovvero l’incertezza del diritto perché le conseguenze giuridiche delle azioni sono definite da fonti diverse in modo contrastante e contradditorio tra di loro e quindi il singolo soggetto non sa come comportarsi perchè ci sono norme che si contraddicono tra di loro; si tratta di un rischio tanto più elevate quante più sono le fonti che sono legittimate dall'ordinamento a produrre norme giuridiche. Esempio: un imprenditore commerciale decide di aprire un nuovo grande supermercato e il suo commercialista gli dice che il regolamento in materia di commercio nel Comune in cui apre il supermercato prevede semplicemente di comunicare al Sindaco l’intenzione di aprire questo esercizio commerciale. L’imprenditore quindi sa che deve fare denuncia al Sindaco della nuova apertura, il quale ha poi 30 gg di tempo per eventualmente disporre la chiusura dell’attività. L’imprenditore apre il supermercato facendo denuncia al Sindaco, passano 30 gg senza che il Sindaco interviene e quindi l’imprenditore è in regola per svolgere l’attività commerciale. Un giorno arriva un’ordinanza della Regione Lombardia che dispone l’immediata chiusura del supermercato perché il titolare dell’azienda non ha chiesto l'autorizzazione commerciale prevista dalla legge regionale n° ... L’imprenditore quindi deve chiudere tutto, non può vendere, deve mettere in cassa integrazione i dipendenti, pagare i fornitori…; si rivolge quindi a un avvocato per farsi 6 tutelare il quale aerma che eettivamente l’imprenditore non ha rispettato la legge regionale che prevede la richiesta dell’autorizzazione commerciale. L’imprenditore dunque si è trovato in una situazione di incertezza che deriva dal fatto che in quella materia due fonti del diritto diverse si sono contraddette, hanno regolato la stessa fattispecie ma dicendo due cose diverse facendo cadere in errore l’imprenditore. Il diritto oggettivo non può accettare questa contraddizione tra norme giuridiche prodotte da fonti diverse che regolano in modo antitetico lo stesso caso della vita proprio perchè questo scatena incertezza, l’imprenditore non sa se deve rispettare il regolamento comunale o la legge regionale. Il diritto oggettivo non può funzionare come fattore di ordine se ci sono queste contraddizioni tra fonti del diritto. Il diritto oggettivo, che comunque riconosce il pluralismo delle fonti, risolve queste contraddizioni riconoscendo un ordine delle fonti, riconosce fonti più “importanti” rispetto ad altre: nel nostro ordinamento esiste un sistema delle fonti del diritto cioè una struttura complessa, organizzata intrinsecamente, razionale, che ha un equilibrio al proprio interno, in cui convivono elementi profondamente diversi tra di loro. Il sistema delle fonti del diritto ha una struttura piramidale con al vertice la Costituzione, seguita da fonti primarie, fonti secondarie e infine consuetudini; questa struttura piramidale fu elaborata da Hans Kelsen (giurista austriaco) che pensò che le fonti del diritto per quanto plurali e varie non possono muoversi in maniera caotica all’interno dell'ordinamento giuridico, bisogna ordinarle, e pensò quindi a questo ordine gerarchico. Si ha quindi una vera e propria gerarchia in cui il livello superiore è più “potente” rispetto al suo inferiore, in caso di contrasto prevale sempre il livello superiore. -Costituzione -Fonti primarie → Leggi del Parlamento, decreti legge e decreti legislativi del Governo, leggi regionali (tutte le leggi e gli atti aventi forza di legge) -Fonti secondarie → regolamenti del Governo, regolamenti regionali, comunali, provinciali, DPCM (decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) -Consuetudini Questa distribuzione delle fonti del diritto nell struttura piramidale può essere fatta usando due parametri: -stabilità nel tempo → quanto più una fonte riesce a garantire la propria stabilità nel tempo, tanto più è elevata la propria posizione nel sistema delle fonti. Ad esempio la Costituzione è una fonte del diritto che mira a mantenere la coesione sociale intorno a principi e valori comuni e condivisi, indipendentemente dall’orientamento politico delle persone, la Costituzione mira a tenere insieme un popolo nonostante le dierenze politiche e proprio per questo è stata collocata al vertice. Per quanto riguarda le fonti primarie, esse cambiano a seconda della maggioranza che vince le elezioni, mutano nel tempo, quindi il tasso di stabilità è medio. Le fonti secondarie (regolamenti) sono di competenza della sola maggioranza e cambiano continuamente per stare al passo coi tempi, la società… quindi hanno un tasso di stabilità bassissimo. 7 In Italia abbiamo la Corte Costituzionale, quando le viene sottoposta una fonte primaria che si sospetta sia in contrasto con la Costituzione, allora se la Corte ritiene fondato il sospetto dichiara l’illegittimità costituzionale della fonte primaria perchè ha violato il principio di costituzionalità quindi la Corte applica il criterio gerarchico per far prevalere la Costituzione; la sanzione che colpisce la fonte primaria in contrasto con la Costituzione è l’annullamento sotto forma di dichiarazione di incostituzionalità, quindi la rimozione della legge dall'ordinamento. Il principio di legalità invece viene violato quando una fonte secondaria è in contrasto con la fonte primaria, in questi casi il giudice amministrativo può annullare il regolamento in contrasto con la fonte primaria. LEZIONE 3 B ● Criterio cronologico → quando una legge nuova subentra ad una legge vecchia l’antinomia viene risolta preferendo la legge nuova, si ha in questo caso il fenomeno dell’abrogazione (la nuova legge ha abrogato la vecchia legge). Si ha abrogazione espressa o esplicita quando la nuova norma indica esattamente la vecchia norma che si intende abrogata; si ha abrogazione tacita quando vi è incompatibilità tra la nuova norma e la vecchia norma ovvero al nuova norma non indica precisamente la norma abrogata, si ha abrogazione implicita quando una nuova disciplina organica sostituisce una vecchia disciplina. Quando una norma viene abrogata non è perchè è in contrasto con la Costituzione, non si parla di incostituzionalità, ma si parla di ragioni politiche, si ritiene di superare una vecchia norma non più adeguata alla realtà attuale e non più compatibile all'indirizzo politico della maggioranza che sta governando al momento. Retroattività della legge → la legge disciplina anche casi che si sono verificati prima della sua entrata in vigore, una legge è retroattiva quando si occupa anche di situazioni, rapporti… che si sono materialmente e storicamente verificati prima della sua entrata in vigore. Le preleggi sono le disposizioni sulla legge in generale approvate contestualmente al Codice Civile nel 1942 e sanciscono un principio di civiltà giuridica ovvero le leggi si applicano soltanto per il futuro, quindi la retroattività della legge è un fenomeno che contraddice questo principio di civiltà giuridica. Se una legge è retroattiva significa che disciplina anche comportamenti che ho posto in essere in passato che ovviamente non potevo immaginare sarebbero potuti essere sanzionati, questo va in contrasto con il principio della certezza del diritto oggettivo ovvero conoscere in anticipo le conseguenze dei comportamenti che pongo in essere. Nell’ordinamento italiano sono ammissibili leggi retroattive? Nella struttura piramidale la legge viene collocata tra le fonti primarie e anche le preleggi (adottate nel 1942 con decreto legislativo) vengono collocate tra le fonti 10 primarie perché il decreto legislativo è una fonte primaria, ha lo stesso valore della legge. Suppongo che ci sia una legge retroattiva del 1980, in contrasto con le preleggi del 1942: trattandosi di fonti collocate sullo stesso piano (antinomia orizzontale) si applica il criterio cronologico e quindi dovrebbe prevalere la fonte piu recente ovvero la legge del 1980. Le preleggi potrebbero anche essere fonti a competenza riservata e quindi in questo caso si applicherebbe il criterio di separazione delle competenze, nella Costituzione tuttavia non si trova nessun riferimento alle preleggi e quindi esse non sono fonti a competenza riservata, non hanno un monopolio nel disciplinare le fonti del diritto. Dunque il divieto di retroattività stabilito dalle preleggi non si può applicare a tutti gli atti legislativi successivi al 1942 perchè essi prevarrebbero in virtù del criterio cronologico. L’unica fonte che avrebbe la forza di vietare il fenomeno della retroattività delle leggi è la Costituzione perché è la fonte di rango gerarchicamente sovraordinato alla legge, tuttavia però la Costituzione Italiana non stabilisce un divieto generale di leggi retroattive. L’articolo 25 aerma che “nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso” , l’articolo si occupa del diritto penale ovvero quel segmento del diritto oggettivo che configura una serie di comportamenti come illeciti e li sanziona con varie pene; l’articolo aerma che un soggetto può essere condannato per un reato solo se quando ha posto in essere quel comportamento esso era qualificato dalla legge come reato altrimenti viene assolto. Esempio: nuova legge sull’omicidio stradale. Prima chi investiva una persona in macchina veniva condannato per omicidio colposo con la conseguenza però che alcuni omicidi avvenuti in strada erano dipendenti da colpa del conducente ma spesso erano agevolati dall’abuso di sostanze stupefacenti, alcol…, oppure erano dovuti dal fatto che molti guidatori commettevano quel tipo di omicidio senza adottare le corrette misure di diligenza e circolazione stradale; quindi fino a che il legislatore non ha introdotto la nuova legge sull'omicidio stradale nessuna persona andava in carcere per omicidio colposo, neanche chi guidava ubriaco, o sotto sostanze.... e causava la morte di un soggetto, l’unica conseguenza che subiva era il risarcimento del danno. Quando il fenomeno ha assunto tratti ingestibili e la società ha domandato una maggiore severità per contrastare tale fenomeno, allora il legislatore ha introdotto nel Codice Penale l’omicidio stradale che segue una strada processuale diverso rispetto all’omicidio colposo. Se una persona sotto eetto di droga aveva investito un soggetto prima dell’entrata in vigore della legge sull’omicidio stradale, questa persona non avrebbe mai potuto essere condannata per omicidio stradale; l’omicidio stradale ha iniziato a essere contestato solo dopo l’entrata in vigore di tale norma, non a fatti anteriori. Quindi la Costituzione ci sta dicendo che sono ammesse le leggi retroattive in Italia ma mai in materia penale e mai per le norme penali incriminatrici, le norme penali di favore (es. legittima difesa) si applicano sempre retroattivamente. Non esiste in Italia il divieto generale di leggi retroattive, ma questo divieto trova applicazione solo per le norme penali incriminatrici. 11 Quando una norma incriminatrice viene abrogata, chi si trova in carcere viene subito rilasciato perché gli eetti di tale abrogazione sono sempre retroattivi. Può accadere che una norma tributaria sia retroattiva: una norma tributaria introduce un tributo, una tassa, un prelievo fiscale a carico del privato. Se il legislatore interviene e fissa un nuovo tributo aermando che si applica anche retroattivamente, cioè per il passato, allora questa legge sarebbe legittima, il legislatore può fare ciò. Una legge può essere retroattiva purché rispetti il principio di ragionevolezza cioè di corretto esercizio della discrezionalità legislativa, quando la Corte si trova davanti una legge retroattiva che introduce sacrifici ai destinatari di quella norma, il suo controllo sulla ragionevolezzza è molto piu intransigente, più duro. Le leggi retroattive incontrano una soglia insuperabile anche nelle sentenze civili passate in giudicato ovvero quando una vicenda giudiziaria si conclude dopo aver pronunciato una sentenza definitiva e quindi “passa in giudicato” , e non può più essere impugnata. Esempio: Tizio e Caio hanno stipulato un contratto ed è insorta una controversia tra i due, vanno davanti al giudice che dà ragione a Tizio applicando la norma X, vanno in appello, Tizio vince l'appello grazie alla norma X, Caio però non si arrende e impugna la sentenza in Cassazione e la Corte di Cassazione chiude il processo dicendo che Tizio ha ragione definitivamente, la vicenda giudiziaria quindi è conclusa: Tizio ha vinto grazie all norma X e Caio ha perso. Dopo la chiusura di questo processo suppongo che il legislatore intervenga con una nuova disciplina retroattiva in questo caso favorevole a Caio, che contraddice quindi la norma X e che se ci fosse stata all’epoca avrebbe determinato la vittoria di Caio; Tizio però può stare tranquillo perchè, anche se entra in vigore retroattivamente una disciplina favorevole all’avversario Caio, comunque quella vicenda giudiziaria si è conclusa definitivamente, il guaio sarebbe appunto se il processo non fosse ancora concluso. Le leggi retroattive non possono incidere neanche su quei casi di decadenza o prescrizione previsti dalla legge che sono due istituti che rispondono a un’esigenza di certezza del diritto: l’ordinamento riconosce ai soggetti dei diritti che però devono essere esercitati entro un certo lasso di tempo perchè altrimenti vengono perduti dai soggetti. Ultimo limite incontrato dalle leggi retroattive riguarda i diritti quesiti ovvero diritti soggettivi acquisiti in via definitiva nel proprio patrimonio giuridico, un diritto che noi conquistiamo e che nessuno ci può togliere neanche attraverso una norma retroattiva. Esempio: diritto quesito → pensione La pensione è il trattamento economico che l'ente previdenziale versa a chi non lavora più, il lavoratore comunque nel corso dei suoi anni lavorativi ha versato contributi all’ente. La pensione ora viene calcolata tramite il sistema contributivo cioè l’importo della pensione è calcolato in base ai contributi eettivamente versati durante tutta la vita lavorativa del soggetto, le pensioni oggi risultano molto più basse rispetto a quelle calcolate tramite il sistema retributivo. 12 LEZIONE 4 A Quando si parla di diritto oggettivo si fa riferimento allo Stato perché lo Stato ha una serie di poteri tra cui quello di produrre norme giuridiche. Stato → concetto recente, solo a partire dal 1500-1600 si inizia a usare in maniera tecnica la parola Stato. Quando un’entità, un’organizzazione può essere qualificata come Stato? Lo Stato è un'organizzazione giuridica complessa composta da tre elementi costitutivi: territorio, popolo, governo; se manca anche solo uno di questi tre elementi costitutivi allora quell’organizzazione giuridica complessa non può essere qualificata come Stato. -Territorio → è una porzione del pianeta Terra delimitato da confini all’interno del quale un popolo svolge la propria attività, instaura una serie di relazioni ed è subordinato al diritto oggettivo posto in essere dall’apparato pubblico che governa lo Stato. Non c’è un minimo di superficie anché il territorio possa essere considerato uno Stato, non necessariamente deve essere tutto insieme, ci possono essere pezzi dello stesso territorio staccati tra loro, per territorio si intende anche il mare territoriale cioè il pezzo di mare che si prolunga dalla costa entro le 12 miglia marine, si considera territorio anche una nave battente bandiera italiana, un aereo dello Stato italiano, i territori occupati dalle ambasciate italiane in Stati stranieri…. L’importante è che ci siano confini politici, non geografici che circoscrivono nello spazio i poteri sovrani di uno Stato. -Popolo → insieme dei cittadini dello Stato. A volte la parola popolo viene sostituita dal termine nazione anche se in realtà per nazione si intende una realtà comunitaria che evoca comuni tradizioni come stessa lingua, storia, abitudini…, qualcosa quindi che evoca un’unità che si manifesta e sviluppa nel tempo ma che non necessariamente coincide con il popolo. Inoltre popolo e popolazione non sono la stessa cosa: per popolazione si intende l'insieme di coloro che in un determinato momento storico dimorano all’interno di uno Stato indipendentemente dalla cittadinanza, la popolazione si calcola con il censimento, al quale partecipano anche gli stranieri che in quel momento soggiornano nel territorio italiano. Anche negli ordinamenti con il più forte decentramento politico (es. stati federali come USA) il popolo è uno solo, -Governo → per Governo non si intende l’organo esecutivo ma si fa riferimento al complesso apparato istituzionale che fa funzionare lo Stato. Quindi pensando al caso italiano per Governo si intende il Parlamento, il Presidente della Repubblica, Regioni, Province, Comuni, Corte Costituzionale…. ovvero tutti quei soggetti istituzionali che sono, a diverso titolo, titolari di poteri che fanno funzionare l’apparato statale. La cittadinanza è quella qualità che lega una persona a uno Stato, quella condizione che permette a un soggetto di esercitare una serie di diritti soprattutto di natura politica (es. chi non è cittadino italiano non può votare) perché tutti comunque sono titolari dei diritti fondamentali indipendentemente che si abbia la cittadinanza o meno. 15 La cittadinanza all’interno di uno Stato si può acquisire in due modi che non possono coesistere a meno che uno non sia la regola e l’altro l’eccezione: -ius sanguinis → significa diritto del sangue ovvero la cittadinanza si trasmette dai genitori ai figli. Per acquisire la cittadinanza è rilevante avere almeno uno dei genitori cittadini. Criterio scelto da quegli Stati che intendono valorizzare al massimo l’elemento della tradizione perché si ritiene che la cittadinanza sia una delle qualità che vengono trasmesse “in via di sangue”. -ius soli → significa diritto della terra ovvero si considera il territorio dove una persona è nata, quindi si acquista la cittadinanza dello Stato in cui si è nati. Tipico degli Stati che sono in qualche modo alla ricerca di un popolo (es. USA), uno Stato che ha bisogno di cittadini attira immigrati e coloro che nasceranno in quel territorio avranno la cittadinanza. Caso italiano: secondo la legge italiana la regola è lo ius sanguinis, cioè è cittadino italiano per nascita colui che anche se nato al di fuori del territorio italiano ha almeno uno dei genitori italiani. A questa regola dello ius sanguinis la legge italiana introduce tre eccezioni dove si applica lo ius soli ovvero quando il bambino nasce in territorio italiano ma non ha almeno un genitore italiano: -genitori ignoti → bambino nato in territorio italiano di cui non si conoscono i genitori. -genitori apolidi → l’apolidia è la condizione propria di coloro che sono privi di cittadinanza, è un fenomeno rarissimo ma contemplato dai vari ordinamenti. -bambino nato in Italia da genitori il cui Stato di appartenenza non consente di trasmettere la cittadinanza per chi nasce al di fuori del territorio. Questi tre casi sono accomunati dal fatto che siamo in presenza di persone che, nate nel territorio italiano, rischiano di non avere la cittadinanza e quindi il ricorso allo ius soli è più che giustificato. La cittadinanza italiana si può acquisire però anche in altri modi, ad esempio la legge prevede che un bambino nato nel territorio italiano ma i cui genitori sono entrambi stranieri a 18 anni può chiedere entro un anno la cittadinanza purché dimostri di aver dimorato ininterrottamente in Italia per tutto il lasso di tempo, un'altra opzione è che si può chiedere la cittadinanza dopo 10 anni di residenza nel territorio italiano anche se il bambino non è nato in Italia. Così come si acquista, la cittadinanza si può anche perdere (legge n° 91 del 1992 che disciplina acquisto e perdita della cittadinanza). Talvolta si dice che la sovranità sia un elemento costitutivo dello Stato, in realtà è una qualità giuridica che un’organizzazione giuridica complessa acquista per il fatto di essere Stato sovrano. La sovranità può essere interpretata in due modi: -dimensione interna → all’interno dello Stato la sovranità è la matrice di tutti i poteri dello Stato, è la fonte, l’origine dei tre poteri dello Stato. -dimensione esterna → la sovranità è la personalità giuridica di diritto internazionale che consente agli Stati di instaurare rapporti giuridici di diritto internazionale con altri Stati. La comunità internazionale è un insieme di Stati sovrani indipendenti e il diritto internazionale è l’insieme delle norme che disciplinano i rapporti tra Stati sovrani 16 indipendenti e ha principalmente due fonti ovvero le consuetudini (comportamenti omogenei ripetuti nel tempo ripetuti dalla maggior parte degli Stati e sorretti dal convincimento dell’obbligatorietà giuridica di quei comportamenti) e i trattati (contratti, accordi tra due o più stati sovrani indipendenti). Senza questa sovranità (dimensione esterna) gli Stati non potrebbero validamente dar vita a consuetudini o stipulare trattati. Esempio: città-stato del Vaticano. E’ uno Stato sovrano indipendente: c’è un popolo perché esiste la cittadinanza vaticana, c’è un Governo perché il Papa è il Capo di Stato ed esercita tutti e tre i poteri dello Stato. LEZIONE 4 B Costituzione → nozione recente, si inizia infatti a parlare di Costituzione solo alla fine del 1700; nel 1776 le ex colonie britanniche dichiarano la loro indipendenza e nel 1777 approvano una Costituzione che disciplina l’apparato di governo federale e i rapporti tra il livello federale e i singoli Stati. La definizione di Costituzione può essere ricostruita alla luce di quanto previsto dall’articolo 16 della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino del 1789: “ogni società che non tutela i diritti fondamentali e non ha la separazione dei poteri non ha una Costituzione” . L’articolo 16 dice che la Costituzione serve a tutelare i diritti fondamentali attraverso un apparato di governo basato sulla separazione dei poteri, quindi l’articolo identifica il fine essenziale delle Costituzioni in senso liberale cioè quello di tutelare i diritti fondamentali. -tutela dei diritti fondamentali → conquista della Rivoluzione Francese, prima in realtà esistevano già tali diritti ma non erano tutelati. Un diritto soggettivo è anche un diritto fondamentale quando è tutelato innanzitutto nei rapporti con lo Stato, quindi nella sua dimensione verticale cioè tra individuo e autorità; fu questa la vera svolta della Rivoluzione Francese. Considero ad esempio il diritto alla libertà personale: uno Stato vìola tale diritto attraverso l’arresto e un soggetto risulta non tutelato nel diritto alla libertà personale quando non può reagire in alcun modo cioè quando viene arrestato e condotto in carcere senza conoscere l’accusa, senza potersi difendere, senza avere diritto a un giusto processo… Nel momento in cui una Costituzione pone allo Stato vincoli, limitazioni e divieti per violare la libertà personale, allora la Costituzione sta tutelando un diritto fondamentale; l’articolo 13 stabilisce che “nessuno può subire provvedimenti restrittivi della libertà personale se non nei casi e modi stabiliti dalla legge e con atto motivato dell’autorità giudiziaria” , quindi la Costituzione aerma che una persona può subire una limitazione della libertà personale ma solo se la legge lo prevede espressamente e solo se c’è un provvedimento di un giudice che motivi le ragioni delle limitazioni della libertà personale. 17 radicalmente opposta sui diritti, dell'apparato di governo, sui doveri, sul sistema economico, sulla religione…. La Costituzione entrò in vigore il 1 Gennaio 1948. La Costituzione fu poi modificata, integrata nel corso degli anni ma ancora oggi mantiene il proprio valore attuale. Dunque la Costituzione Italiana è rigida, lunga, votata, frutto di un accordo tra forze politiche plurali, democratiche. LEZIONE 5 A Costituzione Italiana -Primi 12 articoli → dedicati ai principi fondamentali -Prima parte → dedicata ai rapporti civili, economici, sociali dove sono codificati i diritti fondamentali e anche qualche dovere. -Seconda parte → si occupa della forma di governo, degli organi dello STato (Presidente, Parlamento, Governo), dell’autorità giudiziarie, della Corte Costituzionale, del sistema delle autonomie territoriali. Interpretando il diritto si enuclea dalla disposizione la regola giuridica da applicare al caso concreto, il diritto oggettivo si esprime attraverso norme giuridiche che presentano questa caratteristica (se A allora B), la norma giuridica è una regola che il giudice applica direttamente nel processo; il diritto oggettivo quindi mette a disposizione dei giudici, dei pubblici funzionari, dei privati, le regole da applicare al caso concreto. Il diritto si manifesta anche attraverso principi che non sono regole da applicare ai casi concreti, non stabiliscono un rapporto di causalità tra un comportamento e determinati eetti; i principi sono però elementi del diritto oggettivo, sono vere e proprie norme di diritto con la principale caratteristica di non poter trovare applicazione diretta al caso concreto. Esempio: l’articolo 32 della Costituzione impone alla Repubblica di garantire cure gratuite agli indigenti. Suppongo che Tizio si rivolga a un ospedale per rifarsi il naso perché il suo non gli piace e pretende che questo tipo di intervento chirurgico sia gratuito, l’ospedale rifiuta perché non è un'operazione che garantisce gratuitamente; Tizio, non contento della risposta, si rivolge al giudice sostenendo di avere una malattia il naso perchè troppo grosso e questo gli rende dicile l’interazione con gli altri e quindi questa malattia deve essere curata, per cui invoca l'applicazione dell’articolo 32 perché si tratta di una cura che secondo la Costituzione deve essere gratuita. L’articolo 32 è una norma giuridica ma che il giudice non può applicare direttamente a causa delle dicoltà interpretative dell'articolo stesso; in questi casi allora il giudice deve verificare se, secondo la normativa vigente, quel tipo di prestazione sanitaria sia gratuita oppure no. L’articolo 32 che disciplina le cure gratuite per gli indigenti è definito come un principio cioè una direttiva, un'indicazione di un obiettivo da raggiungere, è qualcosa 20 che riflette una concezione ideale dei rapporti sociali, economici, culturali…, definisce l’intelaiatura di una struttura normativa che verrà poi edificata da altri soggetti e organi; l’articolo 32 quindi si rivolge innanzitutto al legislatore dicendogli di disciplinare la materia sanitaria, di occuparsi del rapporto tra ospedali e pazienti, rispettando però la direttiva dell’articolo, il legislatore dunque non è completamente libero di agire. I principi nel mondo del diritto servono a orientare la futura attività normativa devoluta ad altri organi in modo tale da evitare che chi produce norme giuridiche sia assolutamente libero di agire come vuole. La Costituzione è piena di principi: es. art 34 “la scuola è aperta a tutti” è un principio che impone a coloro che disciplinano le attività scolastiche di creare una normativa che sia inclusiva, che consenta a tutti di accedere alla didattica e alle istituzioni scolastiche. Il diritto oggettivo potrebbe anche vivere senza principi ma laddove c’è una Costituzione che in qualche modo si prefigge l'obiettivo di concorrere al cambiamento sociale, al progresso, alla giustizia… allora è giusto che la Costituzione contenga una serie di principi per guidare la mano del legislatore, in modo tale che quel progetto complessivo che aora dalla Costituzione possa poi realizzarsi. L’ordinamento repubblicano è stato costruito intorno a un nucleo forte di principi supremi dell’ordinamento, cioè la combinazione di elementi, talmente forte che se uno di questi elementi viene tolto allora crolla l’intera struttura; si immagina che un ordinamento giuridico si sviluppi a partire da un nucleo forte di principi supremi che conferiscono stabilità e identità a l'ordinamento giuridico. Questo nucleo è composto da una serie di principi fondamentali che non possono essere modificati neanche in sede di revisione costituzionale, neanche il Parlamento quindi può sopprimere quei principi; ricordiamo che la Costituzione Italiana non ha rinnegato la tradizione dello Stato liberale di diritto, l’Italia è considerata uno Stato sociale di diritto perché combina i vecchi principi dell'esperienza liberale e i nuovi principi dell'esperienza socialdemocratica: -principio di legalità → tutti i poteri dello Stato sono subordinati al diritto oggettivo, precisamente alla Costituzione; un giudice quindi applica la legge a cui confronti, un pubblico funzionario deve rispettare la legge quando esercita i propri poteri… -principio di uguaglianza formale → tutti sono uguali davanti alla legge senza discriminazioni di razza, sesso, religione, lingua, opinioni politiche, condizioni personali e sociali. -principio di separazione dei poteri → i tre poteri dello Stato devono essere separati Lo Stato liberale di diritto ha immesso nell'ordinamento repubblicano italiano questi principi, che si sono aermati in maniera forte e risoluta a partire dalla Rivoluzione Francese. Ci sono anche principi che sono la principale novità da attribuire all'impatto che il pensiero socialdemocratico ha avuto nella ricostruzione dell'ordinamento italiano: -principio di uguaglianza sostanziale → secondo comma dell’articolo 3, principio supremo dell'ordinamento. Mentre l'uguaglianza formale fa sì che tutti siano astrattamente titolari dei diritti fondamentali, il principio di uguaglianza sostanziale fa sì che tutti noi siamo nelle condizioni di godere eettivamente di quei diritti fondamentali, di poterli esercitare veramente, alcuni diritti fondamentali infatti se mancano alcuni beni non possono 21 essere esercitati (es. libertà di domicilio, se non ho una casa non posso esercitare tale libertà). Bisogna garantire a tutti il pieno sviluppo della personalità e l’eettiva partecipazione alla vita economica, sociale e politica del Paese, bisogna rimuovere gli ostacoli che impediscono l’eettiva uguaglianza tra le persone. Ci sono poi dei principi fondamentali che risentono in maniera evidente della cultura cattolica e delle culture liberali, che in Assemblea Costituente hanno avuto modo di esprimersi e trovare riconoscimento nella Costituzione e tra i principi supremi: -principio personalista → articolo 2 “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali in cui si sviluppa la sua personalità” . Questo principio aerma che la persona è al centro dell'ordinamento, lo Stato è al servizio della persona e non il contrario, la persona non può essere strumentalizzata per realizzare le finalità proprie dello Stato; il principio personalista valorizza la dimensione individuale che è intimamente connessa al concetto di dignità, che rende ogni persona unica, infungibile. -principio pluralista → una persona non è semplicemente un individuo chiuso su sè stesso che egoisticamente pensa solo ai propri aari, ma instaura anche una serie di relazioni con gli altri consociati che non sono indierenti e irrilevanti ai fini degli obiettivi generali perseguiti dalla nostra Costituzione; all’interno della società quindi si creano quelle formazioni sociali che permettono all'individuo di emanciparsi dalla sua dimensione individuale, per operare come consociato, come colui che condivide con gli altri un comune destino esistenziale. Dunque tra Stato e individuo si inseriscono i corpi intermedi cioè le formazioni sociali, come la famiglia, il partito, la scuola… Non solo le diversità individuali sono sacre e inviolabili, lo Stato non può omologare i consociati rendendoli tutti uguali, ma inoltre bisogna riconoscere il valore delle dierenze che ci sono tra formazioni sociali e tutte hanno pari dignità costituzionali. -principio solidarista → l’articolo 2 non si limita solo a riconoscere sia nella dimensione individuale che collettiva i diritti fondamentali dell'uomo, ma richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà sociale, economia e politica; per solidarietà si intende prendersi cura di qualcun altro, condividere il peso della vita quotidiana con le altre persone che magari versano in condizioni di dicoltà, accettare le limitazioni alle proprie libertà, ambizioni… Esempio: l'obbligo di pagare le tasse (art. 53) non è semplicemente un imposizione da parte dello Stato ma pagare le tasse significa anche contribuire a quelle spese che servono a erogare prestazioni a soggetti deboli, a coloro che altrimenti sarebbero esclusi dall'approvvigionamento dei beni indispensabili per godere realmente dei diritti fondamentali, come sanità, scuola, trasporti, lavoro… -principio lavorista → l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Il lavoro è un diritto ma è anche un dovere da adempiere per concorre al progresso spirituale e materiale della società. Il lavoro è un elemento qualificante dell’ordinamento repubblicano. 22 perché è inimmaginabile che in Italia 48 milioni di aventi diritto al voto possano di volta in volta essere chiamati a legiferare. La democrazia può degenerare in due fenomeni: demagogia e populismo che hanno in comune la strumentalizzazione del popolo cioè i governanti, o comunque la classe politica, usa il popolo per perseguire determinate finalità e quindi evoca strumentalmente la sovranità popolare o la democrazia per nascondere la realtà di certe decisioni, per conquistare la benevolenza degli elettori secondo una precisa strategia politica. La demagogia era già conosciuta nell’antica Grecia e si faceva riferimento a quei governanti che adulavano il popolo per ottenerne i favori quando poi avrebbero comunque assunto decisioni impopolari; il populismo invece è un fenomeno di cui si parla parecchio negli ultimi tempi perché è una continua ostinata evocazione del popolo come se tutto fosse riconducibile alla sovranità popolare e di ogni decisione fosse necessario dare una risposta al popolo che si aspetta qualcosa. Il processo a Gesù secondo i Vangeli: Gesù fu accusato dal Sinedrio, cioè il vertice religioso della comunità ebraica, di una serie di illeciti particolarmente gravi, primo tra tutti il fatto di essersi auto dichiarato Messia e figlio di Dio, con questa accusa però Gesù non poteva essere perseguito direttamente dalle autorità religiose locali (dell’attuale Israele) perché la giurisdizione spettava ai romani che avevano colonizzato quella terra. Gesù dunque fu portato davanti a Ponzio Pilato anchè venisse condannato a morte per le sue aermazioni, Ponzio Pilato si avvalse di una consuetudine e quindi essendo Pasqua si rivolse al popolo dando la possibilità di scegliere chi liberare tra Gesù e il noto criminale Barabba che si era macchiato di reati gravi anche contro i romani, il popolo in massa chiese la liberazione di Barabba e Ponzio Pilato si inchinò alla volontà del popolo. Questo episodio viene evocato perché da certi punti di vista dimostra come il popolo sia facilmente manipolabile, i Vangeli narrano che il popolo fu in qualche modo spinto da qualcuno a pronunciarsi a favore della liberazione di Barabba e alla conseguente pena capitale per Gesù, il popolo si era mosso come un gregge, anche in maniera insidiosa e decise senza una discussione, un dibattito, fu presa una decisione radicale; la mancanza del confronto dialettico all'interno di una moltitudine di persone è una lesione al metodo democratico perché la democrazia impone il confronto, la discussione prima di assumere una decisione, in modo tale che sia ponderata e si basi su fatti e riflessioni condivise con altri. La democrazia è un metodo che permette di correggere possibili errori, gli organi democratici possono commettere errori, non sono infallibili, ma il valore della democrazia è proprio poter correggere questi errori, è poter fare un passo indietro quando ci si accorge di aver sbagliato. Nel processo a Gesù però viene assunta una decisione irreversibile perché una volta eseguita la condanna a morte, anche se ci si rende conto di aver sbagliato, ormai non si può più tornare indietro, l’errore non può più essere corretto. La democrazia è atteggiamento critico, è rispetto dell’avversario, è consapevolezza di poter agire arontando rischi, è disponibilità a cambiare idea attraverso un confronto, dunque è formata da principi da rispettare ma allo stesso tempo da capacità di trovare soluzioni; se questi elementi non vengono rispettati non si ha una democrazia. 25 Democrazia: -libere elezioni degli organi politici di vertice di uno Stato -pluralismo cioè più forze politiche che si contendono il potere -voto personale, libero, segreto -rispetto delle opposizioni e delle minoranza → in un organo democratico alla fine sarà la maggioranza a decidere ma solo se la decisione è preceduta da un dibattito in cui anche l'opposizione può far valere le proprie ragioni -rispetto dell’opinione pubblica -corretta comunicazione politica -libera e plurale manifestazione del pensiero in modo tale che chi è maggioranza può cercare di mantenere il potere nel tempo dimostrando agli elettori le proprie virtù, ma è anche possibilità per l’opposizione di “mettere in imbarazzo” la maggioranza per poter conquistare consenso presso gli elettori Se mancano questi elementi la democrazia è finta, rischia di degenerare in demagogia e populismo ma può anche trasformarsi in totalitarismo, infatti ad esempio fascismo e nazismo sono nati in due democrazie. Principio della supremazia della Costituzione → una Costituzione è talmente forte da limitare la stessa sovranità popolare nei limiti e nelle forme della Costituzione. Giustizia costituzionale significa che c’è un giudice che può annullare decisioni della maggioranza incompatibili con la Costituzione perché, essendo fonte suprema del diritto, essendo a disposizione di tutti, ed essendo contenitore di principi secondo i quali le dierenze ideologiche svaniscono, allora è giusto che prevalga in caso di antinomia con le decisioni del Parlamento perché altrimenti c’è il rischio di una degenerazione. “La Costituzione serve a proteggere la democrazia da se stessa, la Costituzione è un argine a eventuali derive maggioritarie della democrazia, a eventuali abusi della maggioranza” → un Parlamento di uno Stato democratico, se non c’è una Costituzione potrebbe attribuire pieni poteri a una sola persona (Germania nazista e Italia fascista), se c’è però una Costituzione che impedisce queste situazioni e consente al giudice di annullarle allora la democrazia può continuare a sopravvivere; tuttavia la democrazia non può fare adamento esclusivamente a un sistema di giustizia costituzionale che a modo suo può essere imperfetto e commettere degli errori, è importante e fondamentale che un popolo maturo con un forte senso civico sia esso stesso garante della democrazia, intesa in senso autentico e genuino. 26 LEZIONE 6 A Sistemi elettorali → modalità attraverso le quali la democrazia rappresentativa prende forma e permette alle istituzioni parlamentari di funzionare. Il sistema elettorale è una formula matematica che permette di convertire i voti espressi dagli elettori in seggi, bisogna rendere i voti funzionali alla costruzione di una Camera e di un Senato composto da deputati e senatori che poi svolgeranno le attività previste dalla Costituzione. I seggi sono i posti in Parlamento, una volta espressi tutti i voti bisogna distribuire i vari seggi tra candidati che appartengono a diverse liste. I sistemi elettorali fondamentali sono due: sistema proporzionale e sistema maggioritario. Per cogliere la dierenza tra i due sistemi occorre partire dalla definizione di collegio elettorale ovvero una suddivisione territoriale degli elettori, tenendo conto che ogni elettore ha un solo voto e lo esercita nel Comune di residenza. I collegi possono essere di due tipi: -collegi plurinominali → a questo collegio vengono associati due o più seggi, gli elettori dovranno scegliere due o più deputati o senatori; quindi vengono messi a disposizione delle liste e delle coalizioni due o più seggi e le liste competono per ottenere uno o più di questi seggi del collegio plurinominale. -collegi uninominali → si concorre per l’assegnazione di un solo seggio, si hanno più candidati appartenenti a liste o coalizioni diverse e l’unico seggio verrà conquistato dal candidato che avrà ottenuto il maggior numero di voti. -sistema proporzionale → sistema elettorale che si accompagna ad una distribuzione degli elettori in collegi plurinominali. I due o più seggi messi a disposizione in quel collegio vengono distribuiti tra le liste o coalizioni in proporzione ai voti ottenuti da ogni lista o coalizione. Ad esempio se a un collegio plurinominale sono assegnati 10 seggi e una lista ottiene il 30% dei voti allora a casa porterà 3 dei 10 seggi -sistema maggioritario → sistema elettorale che si accompagna ad una distribuzione degli elettori in collegi uninominali. L’unico seggio messo a disposizione nel collegio viene assegnato al candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti, uno vince e gli altri perdono. Perché scegliere sistema proporzionale e perchè scegliere sistema maggioritario? -Il pregio del sistema proporzionale è che esso fotografa in maniera sucientemente precisa la consistenza numerica dei vari partiti o movimenti che animano la scena politica del nostro Paese. Questo sistema valorizza al meglio il pluralismo democratico in quanto consente anche a formazioni politiche più esigue rispetto ai principali attori politici di avere una rappresentanza in Parlamento; nel dibattito politico che si anima in Parlamento anche una formazione politica con numeri bassi può avere un peso importante e ciò dipende dalla qualità dei suoi rappresentanti in Parlamento, dalla loro capacità di inserirsi nel confronto dialettico tra maggioranza e opposizione e dare il loro contributo. Lo svantaggio di questo sistema è il fatto che esso determina quasi sempre un’estrema frammentazione del quadro politico con conseguenze negative sulla governabilità del Paese. 27 fu il governo più longevo della storia italiana, Bettino Craxi era il leader del Partito Socialista e quindi del secondo partito della maggioranza. Si trattava però, anche in questo caso, di alleanze fragili che non riuscivano a tenere insieme il Governo e il Parlamento per tutta la durata della legislatura, quindi le crisi e gli scioglimenti anticipati erano ricorrenti e tutto ciò si abbinò a un evento storico di portata straordinaria nei primi anni 90 ovvero tangentopoli, indagini mani pulite: la Procura della Repubblica di Milano indaga su alcuni partiti politici in Lombardia, scoprendo una serie di attività illecite che vedevano protagonisti i principali partiti che fino a quel momento avevano retto le sorti della Repubblica Italiana, questo determinò la fine della “prima Repubblica” poiché i vecchi partiti furono spazzati via in quanto i rispettivi leader furono sottoposti a processo e quindi ci fu una svolta nelle istituzioni parlamentari e nel sistema elettorale. - 1994/2006 → Nel 1993 si abbandona il sistema proporzionale per dar vita a un nuovo sistema. Con il sistema proporzionale, dal 1948 in avanti, i vari partiti si presentavano alle elezioni in ordine sparso, ogni partito presenta una propria lista e quando si andava a votare si trovavano le varie liste corrispondenti a un partito; il Presidente della Repubblica, dovendo formare un nuovo governo, procedeva alle consultazioni, chiamava al Quirinale i leader dei vari partiti e in quella sede si formavano le coalizioni di governo, quindi le alleanze che avrebbero poi condotto alla nascita del nuovo esecutivo si formavano dopo le elezioni. Nel 1993 il Parlamento approva una nuova legge elettorale ovvero la “legge Mattarellum” dal nome di Sergio Mattarella: il Mattarellum era un sistema misto, ¾ maggioritario ¼ proporzionale. Stanchi di decenni di ingovernabilità i parlamentari optarono per una soluzione più eciente sul piano della stabilità e vi fu anche la volontà di introdurre un minimo di correttivo proporzionale, in modo tale da consentire anche a formazioni politiche più piccole ma rilevanti di avere una chance di entrare in Parlamento. Le prime elezioni con questo sistema si celebrarono nel 1994 e si presentarono delle coalizioni: c’erano diversi partiti che, anziché presentarsi in ordine sparso, si presentarono in due grandi coalizioni, una di centrodestra capitanata da Silvio Berlusconi che si alleò poi con altre formazioni di centrodestra che ne condividono gli orientamenti e i programmi, e una di centro-sinistra capitanata da Achille Occhetto che metteva insieme pezzi della vecchia Democrazia Cristiana, del Partito Comunista e altre formazioni minori; le elezioni del 1994 furono vinte da Silvio Berlusconi e dalla sua coalizione, quindi il centrodestra governa e il centrosinistra sta all’opposizione, il Capo dello Stato non ebbe dicoltà a nominare Berlusconi come Presidente del Consiglio. In questo caso le coalizioni si formano prima delle elezioni, quindi l’elettore sa quale sarà la maggioranza che in caso di vittoria occuperà Palazzo Chigi, eserciterà il potere esecutivo e controllerà le istituzioni parlamentari. Sette mesi dopo però ci fu un colpo di scena: un partito della coalizione guidata da Berlusconi ritira il proprio appoggio uscendo dalla coalizione (la Lega di Umberto Bossi), si apre quindi una crisi di governo e l’allora Presidente della Repubblica Scalfaro deve decidere se sciogliere le Camere e indire nuove elezioni oppure andare avanti con un’altra formula in modo tale da garantire un minimo di continuità della legislatura, procedendo poi in seguito a nuove elezioni; chiaramente Berlusconi spingeva per uno scioglimento anticipato ma il Presidente della Repubblica preferì 30 mantenere in piedi la legislatura perché tornare al voto dopo soli sette mesi avrebbe creato un disagio generale. Venne istituito quindi un governo tecnico che durerà fino al 1996, anno in cui ci furono le nuove elezioni, questa volta vinse il centrosinistra guidato da Romano Prodi. Nel 1998 Bertinotti leader di Rifondazione Comunista vota contro una proposta della maggioranza di Prodi che è quindi costretto a rassegnare le dimissioni perchè egli aveva posto su quel voto la “questione di fiducia” che è quell'istituto che se va male si è costretti giuridicamente a dimettersi; si aprì quindi una nuova crisi di governo e anche qui di fronte all’alternativa se sciogliere o continuare la legislatura, fu nominato Presidente del Consiglio Massimo D’Alema e si creò una nuova maggioranza, successivamente dopo una nuova crisi l’incarico fu adato a Giuliano Amato e infine si arriva alla scadenza naturale della legislatura nel 2001. Quindi dal 1996 al 2001 si ebbero tre Presidenti del Consiglio. Nelle nuove elezioni del 2001 stravince il centrodestra di Berlusconi e dura in carica cinque anni. - 2006/2014 → Nel 2005, un anno prima della fine della legislatura, Berlusconi scopre che votando con il Mattarellum perderebbe le elezioni, quindi egli pensò di abrogare il Mattarellum e di introdurre un nuovo sistema elettorale che gli permettesse di avere maggiori chance di successo, nel 2005 infatti ci fu un nuovo sistema elettorale ovvero il “Porcellum” così chiamato perché quel sistema elettorale fu pensato e approvato all’unico scopo di vincere le elezioni facendo fuori il nemico. La novità del Porcellum fu la reintroduzione del sistema proporzionale, con due correttivi: premio di maggioranza ovvero alla coalizione 1° classificata alle elezioni viene dato un premio in termini di numero di deputati e senatori, ragionevolmente suciente a garantire la governabilità, l'obiettivo quindi era quello di garantire i numeri per poter governare, l’altro correttivo è la soglia di sbarramento ovvero le coalizioni che non raggiungono un minimo risultato elettorale stabilito dalla legge non entrano in Parlamento, serve a tenere lontano dal Parlamento le formazioni politiche minori che danno fastidio e possono mettere sotto ricatto le forze politiche maggiori. Nel 2006 si arriva alle elezioni con il Porcellum e, contrariamente a quanto aveva immaginato Berlusconi, le elezioni furono vinte dal centrosinistra di Prodi. Nel 2008 il Presidente del Consiglio Prodi mette una questione di fiducia su una votazione e questa volta è Clemente Mastella, leader di un partito minore di centrosinistra, a tirarsi indietro, quindi a votare contro la questione di fiducia. Dopo due anni Prodi si dimette e questa volta si ha lo scioglimento anticipato delle Camere, si va alle elezioni e stravince il centrodestra di Berlusconi, egli governa per tre anni fino al 2011, quando i guai giudiziari diventano sempre più rilevanti, si avvicinano quindi i momenti critici dal punto di vista processuale per il Presidente del Consiglio e a ciò si aggiunge una crisi economica che mette quella coalizione in grave dicoltà anche a livello internazionale perché considerata responsabile della crisi economica e istituzionale; Berlusconi dunque si dimette, vorrebbe andare alle elezioni anticipate ma il Presidente della Repubblica nomina un governo tecnico guidato da Mario Monti che sta in carica fino al 2013 e attuerà una serie di riforme, molte imposte a livello europeo per poter risanare i conti pubblici. Nel 2013 si va alle elezioni, con il Porcellum vince il centrosinistra guidato da Bersani e accade che il centrosinistra vince alla Camera e ottiene il premio di maggioranza, al Senato però la ripartizione dei seggi avviene su base regionale e la coalizione di 31 centrosinistra al Senato non ha i numeri per poter governare; nel frattempo è entrato in scena il Movimento 5 Stelle che ha ottenuto un importantissimo risultato elettorale e diventa l’ago della bilancia, quindi tra i due attori principali si insinua questa forza politica che è in equilibrio rispetto alle altre due. Nel 2013 Bersani si trova una situazione complessa: la Camera sa di poter contare su una maggioranza di 340 deputati di centrosinistra, al Senato però deve per forza cercare un'alleanza in altre formazioni politiche perché altrimenti non ha i numeri per governare; Bersani non riesce e trovare alleanze e quindi il Presidente della Repubblica, anziché nominare il leader della coalizione vincente, nomina Enrico Letta, un altro esponente del centrosinistra che si ritiene capace di mettere insieme una maggioranza. Nel 2014 si verificano due episodi decisivi che segnarono la fine della terza fase di storia dei sistemi elettorali, dando vita a un nuovo regime elettorale: 1) La Corte Costituzionale dichiara l’incostituzionalità del Porcellum in relazione a due profili rilevanti: -liste bloccate → l'elettore non può esprimere alcuna preferenza sui candidati, l'elettore era vincolato alle scelte della segreteria dei partiti, che a tavolino avevano deciso l'ordine dei candidati nelle varie liste. Dunque la Corte dichiara l’incostituzionalità delle liste bloccate consentendo all’elettore di esprimere almeno una preferenza in modo da ripristinare la par condicio tra i candidati. -premio di maggioranza → la Corte dichiara l’incostituzionalità del Porcellum nella parte in cui prevede il premio di maggioranza ma non una soglia minima da raggiungere perché scatti il premio di maggioranza, soglia minima che non viene stabilita dalla Corte Costituzionale perché spetta al legislatore farlo. Il premio di maggioranza nasce con la volontà di correggere in termini di governabilità il sistema proporzionale e ha il grande merito di consentire alla coalizione vincente di avere numeri sucienti per governare, il rischio però è che una coalizione che vince le elezioni con il 30% , da quella percentuale può passare anche a più del 50% dei deputati e dei senatori in Parlamento, c’è quindi il rischio di una sovrarappresentazione in Parlamento delle forze politiche; la Corte approva il premio di maggioranza ma purché il legislatore stabilisca una soglia minima. La Corte quindi ha dichiarato l’incostituzionalità di una legge che ha funzionato nel 2006, nel 2008, nel 2013, la Corte quindi ha detto in pratica che i parlamentari del 2006, 2008 e 2013 sono stati scelti in base a una legge elettorale incostituzionale e le sentenze di incostituzionalità hanno di regola ecacia retroattiva, quindi spazzano via una legge sin da quando è entrata in vigore; se la Corte avesse applicato questa regola generale, tutti i Parlamentari eletti nel 2006, 2008 e 2013 erano rimasti in carica in maniera illegittima, quindi tutti gli atti approvati dal Parlamento dal 2006 al 2013 erano atti illegittimi, tra questi atti c’erano anche elezioni e nomine. La Corte ha saggiamente deciso di riconoscere l'incostituzionalità del Porcellum solo per il futuro. 2) Il secondo episodio verificatosi nel 2014: La maggioranza Letta è fragile e non è quella uscita dalla competizione elettorale del 2013. Si fa avanti all'interno del Partito Democratico Matteo Renzi, riscuote un certo successo e garantisce a Letta il suo appoggio incondizionato ma nei giorni successivi convince i suoi a ritirare l’appoggio a Letta che è quindi costretto a dimettersi, il 32 Ci sono tre situazioni che impediscono a una persona di entrare in Parlamento: 1) ineleggibilità → è ineleggibile colui che si trova in una delle situazioni previste dalla legge che vengono considerate in conflitto di interessi rispetto alla carica da svolgere, queste situazioni mettono un candidato in una posizione decisamente più avvantaggiata rispetto agli altri candidati. Esempio: il Magistrato può essere eletto in Parlamento ma non è eleggibile nella circoscrizione in cui egli esercita le proprie funzioni giudiziarie, si ritiene infatti che in quella posizione possa sfruttare il proprio ruolo per la “captatio benevolentiae” cioè per conquistare voti. 2) incompatibilità → due cariche sono tra di loro incompatibili, ovvero una persona non può ricoprire contemporaneamente quelle due cariche, non si può essere contemporaneamente deputato e senatore, parlamentare e giudice della Corte Costituzionale…. 3) incandidabilità → la Legge Severino ha introdotto una serie di misure volte a impedire la candidabilità di alcuni soggetti sottoposti a indagini giudiziarie per una serie di reati particolarmente gravi previsti dalla stessa legge, quindi chi è sottoposto all'attenzione della Magistratura perché indagato e può subire un processo penale per aver commesso una serie di reati, in particolare contro la Pubblica Amministrazione (es. corruzione, concussione, abuso d'ucio…), allora non può candidarsi. Una volta avvenuta l’elezione e una volta che ciascuna camera ha eettuato la verifica dei poteri cioè abbia verificato il regolare svolgimento delle elezioni e abbia appurato che ogni singolo parlamentare non versi in condizioni di ineleggibilità, incompatibilità e incandidabilità, allora l’eletto assume la pienezza delle proprie funzioni ed è assistito da una serie di garanzie, le guarentigie parlamentari, che confluiscono nello status, o condizione giuridica complessiva, del parlamentare. Queste guarentigie sono quattro: 1) divieto di mandato imperativo, art. 67 2) insindacabilità, art 68 comma 1 3) inviolabilità o immunità, art 68 comma 2 e 3 4) indennità, art 69 ● Divieto di mandato imperativo → l’articolo 67 aerma che “ogni parlamentare rappresenta l’intera nazione ed esercita le proprie funzioni senza vincolo di mandato”. Innanzitutto bisogna ragionare sul concetto di rappresentanza: nel diritto privato la rappresentanza è quell'istituto che permette ad una persona di agire giuridicamente in nome e per conto di altri, quando una persona riceve poteri di rappresentanza può stipulare contratti o può porre in essere atti giuridici che però vengono intestati e producono i loro eetti nella sfera giuridica di un'altra persona che non ha materialmente partecipato realizzazione di quell’attività negoziale. Esempio: tra un anno mi devo trasferire a Roma per lavoro, devo trovare una casa ma siccome sono impegnato a Pavia per attività lavorative non posso andare a Roma per trovare casa, dunque trovo una persona di fiducia e, attraverso la stipulazione di un contratto di mandato, gli attribuisce poteri di rappresentanza, egli quindi andrà a Roma e una volta trovare l’appartamento stipula un contratto di compravendita che però produce eetti nella mia sfera giuridica. 35 La rappresentanza non è accompagnata da una delega in bianco, ma io do delle istruzioni al rappresentante, altrimenti agirebbe con eccessive libertà; se il rappresentante non dovesse onorare i propri impegni contrattuali, io sarà libero di porre fine al rapporto revocando il mandato. Quindi la rappresentanza giuridica di diritto privato è caratterizzato da un forte rapporto tra il rappresentante e il rappresentato: il rappresentante è soggetto di obblighi giuridici nei confronti del rappresentato, il cui inadempimento può dar luogo a conseguenze sulla stessa persistenza di quell’incarico, quindi se il rappresentante non fa quello che dico io lo “licenzio”. Siccome deputati e senatori vengono qualificati come nostri rappresentanti, tutto ciò vale anche nel rapporto tra elettori ed eletti? Le regole della rappresentanza giuridica di diritto privato si possono applicare anche alla funzione parlamentare? No, non funziona così: il deputato e il senatore sono rappresentanti ma non nel significato assunto all’interno del codice civile, non sono nostri rappresentati giuridici, ma sono l'incarnazione, l’inveramento del principio di rappresentanza politica, ben diversa dalla rappresentanza giuridica. Deputati e senatori rappresentano l’intera nazione perché ogni parlamentare viene eletto in un collegio elettorale, in una porzione di territorio, quindi l’elezione avviene in un ambito territorialmente definito, c’è una porzione piccola di elettori che ha espresso la propria preferenza nei confronti di un parlamentare, quindi c’è il rischio che il parlamentare si senta rappresentante solo di coloro che l’hanno scelto per andare in Parlamento, e allora la Costituzione per fugare questo dubbio aerma che il parlamentare è rappresentante di tutta la nazione, indipendentemente dal luogo in cui è stato eletto. Nell’articolo 67 si parla anche di assenza di vincolo di mandato: il mandato è quel contatto bilaterale previsto dal codice civile per attribuire poteri di rappresentanza ad un'altra persona, “senza vincolo di mandato” significa che chi viene eletto non agisce in virtù di un mandato in senso giuridico espresso dagli elettori, quindi è la conferma del fatto che deputati e senatori non sono rappresentanti giuridici degli lettori, non c’è stato nessun contratto di mandato. La conseguenza del divieto di mandato imperativo è che non c’è nessun meccanismo di revoca dalla carica di parlamentare per coloro che si rivelano infedeli rispetto agli impegni assunti nei confronti degli elettori, gli elettori non hanno modo di intervenire sugli eletti che si rivelano assolutamente incapaci o no disponibili di dar seguito alle promesse fatte in campagna elettorale, diversamente dal rappresentante del codice civile che invece può essere mandato via se risulta inadempiente; lo stesso vale per il parlamentare che risulta assente, non partecipa alle attività parlamentari, non presenta porporato di legge… L’unica cosa che l’elettore può fare in questo caso è non votare più quel parlamentare alle elezioni successive, è l’unico rimedio. Il parlamentare però non ha rapporti solo con gli elettori ma ha rapporti anche con il partito grazie al quale ha partecipato alla competizione elettorale, per poter far parte di una lista devo aver rapporti con il partito di cui quella lista è la rappresentazione elettorale. Come si manifesta il divieto di mandato imperativo nei rapporti tra il parlamentare e il partito nella cui lista il parlamentare ha partecipato alle elezioni? 36 Esempio: se io sono stato eletto nella lista di un partito e all’atto dell’insediamento aderisco a un gruppo parlamentare diverso, allora il mio partito di appartenenza non può chiedere e ottenere la revoca dalla carica parlamentare, il partito non ha questo potere, io come eletto sono libero di aderire al gruppo parlamentare che ritengo più congeniale alla mia posizione politica, anche nell'ipotesi in cui io sia stato eletto in una lista diversa. Il divieto di mandato imperativo permette tutto questo senza che il parlamentare subisca conseguenze negative sulla perduranza della carica parlamentare, e inoltre permette a ogni parlamentare nel corso della legislatura di cambiare gruppo, questo fenomeno si chiama transfughismo e sta a indicare quei parlamentare che, eletti in una lista, nel corso della legislatura poi cambiano gruppo parlamentare di appartenenza; il transfughismo assume una valenza negativa quando il passaggio da un gruppo all’altro è dettato da ragioni di bieco opportunismo. Un parlamentare ha l’obbligo di uniformarsi alle istruzioni e direttive che vengono impartite dagli organi di vertice di quel partito, se non lo fa il partito può assumere dei provvedimenti, il più drastico è l’espulsione dal partito. Se un partito espelle in proprio parlamentare, questo provvedimento ha ripercussioni sulla carica parlamentare? No, i parlamentari espulsi rimangono comunque in carica come parlamentari. Il problema del divieto di mandato imperativo è diventato attuale innanzitutto perchè gli elettori tollerano sempre meno il transfughismo. La funzione parlamentare mette insieme sia la dimensione giuridica che la dimensiona politica che è fatta non solo di interessi, calcoli di opportunità, ma anche di valori, di etica politica, infatti un parlamentare che delude i propri elettori e il partito, assume comportamenti eticamente discutibili, politicamente inopportuni, spetterà quindi agli elettori e ai partiti assumere decisioni per colpire questi comportamenti nella consapevolezza però che la permanenza in carica non può venire meno, il parlamentare cessa il suo mandato quando subisce una sentenza penale a condanna definitiva oppure perché incorre in quelle cause di incandidabilità previste dalla Legge Severino e quindi deve lasciare quella carica. ● Indennità → l’indennità parlamentare è riconosciuta ai parlamentari e copre una serie di spese, inclusi gli assistenti dei parlamentari, le spese di segreteria… E’ stata prevista l’indennità parlamentare per chi svolge un’attività a favore di altri e merita quindi una forma di ricompensa; la previsione dell'indennità stabilita dal Parlamento per i parlamentari serve a garantire un’uguaglianza sostanziale tra tutti coloro che vorrebbero aspirare a svolgere questa funzione perché, dal momento in cui un soggetto diventa parlamentare, per i primi 5 anni non può svolgere nessun’altra professione e quindi non avrebbe una fonte di reddito. L’indennità si è spesso prestata ad abusi, si pensi ai vitalizi ovvero soldi corrisposti ai parlamentari dopo la cessazione dalla carica, spesso indipendentemente dal numero di legislature, dal tempo trascorso in Parlamento… ; tuttavia una sostituzione o una soppressione dell’indennità non farebbe altro che andare contro il principio di uguaglianza, la par condicio, e quindi precludere a chi proviene dai ceti sociali più deboli la possibilità di partecipare alla competizione elettorale, essere eletti e svolgere questa funzione. 37 ● Inviolabilità o immunità → articolo 68, comma 2 e 4 della Costituzione Quando la Magistratura riceve una notizia di reato attiva una serie di indagini e usa a tale scopo la Polizia Giudiziaria e se trova un persona su cui gravano certi sospetti essa viene iscritta al registro degli indagati assumendo la qualità di “persona sottoposta a indagini preliminari” ; la persona sottoposta a indagini preliminari beneficia della presunzione di non colpevolezza ovvero è considerata colpevole del reato contestato dalla Procura, ma non è detto che la sia veramente. Le indagini preliminari servono alla Procura per raccogliere elementi di conoscenza che diventeranno prove nel corso del processo, al termine delle indagini il PM può chiedere l'archiviazione se non ha raccolto sucienti indizi oppure può chiedere il rinvio al giudizio, se il GIP accoglie la richiesta di rinvio al giudizio allora inizia il processo è quella persona diventa da indagato a imputato del processo. Tutto ciò può riguardare anche un parlamentare perché anch’egli può essere denunciato per corruzione, abuso d’ucio, diamazione, tentato omicidio…, allora accade che un parlamentare che è iscritto al registro degli indagati in quanto sospettato di aver commesso un certo reato subisce una serie di provvedimenti investigativi, all’esito dei quali il PM decide se chiedere il processo oppure no; la Polizia Giudiziaria per poter raccogliere le prove da usare durante il processo usa vari strumenti come la perquisizione, l’ispezione, il sequestro, le intercettazioni… , può anche succedere durante il corso delle indagini che si debbano assumere comportamenti più drastici nei confronti della persona indagata, come ad esempio la custodia cautelare cioè quando sulla persona gravano seri indizi di colpevolezza e al tempo stesso c’è il pericolo che scappi, inquini le prove o commetta altri reati. L'articolo 68 comma 2 e 3 prevede che per sottoporre il parlamentare a tutte queste attività di indagine è indispensabile l’autorizzazione della Camera di appartenenza, senza autorizzazione della Camera un parlamentare non può essere arrestato, perquisito, essere sottoposto a intercettazioni… Un parlamentare può essere arrestato senza autorizzazione in caso di flagranza di reato cioè quando viene colto nell’atto di commettere quel reato, oppure quando si tratta di eseguire una sentenza definitiva di condanna. Per sottoporre a procedimento penale un parlamentare non c’è più bisogno dell’autorizzazione a procedere: se il PM chiede un provvedimento di custodia cautelare nei confronti del parlamentare X, il giudice deve chiedere prima l'autorizzazione alla Camera di appartenenza, se invece il PM vuole chiedere il rinvio a giudizio del parlamentare X non è più necessaria l’autorizzazione, perchè un conto sono le indagini e le attività strumentali che si svolgono nel corso delle indagini (arresto, perquisizione…), altro è invece il processo vero e proprio in cui abbiamo un imputato assistito da un difensore, un Pubblico Ministero che sostiene la tesi dell’accusa e nel cui ambito si informano quelle prove in base a cui il giudice deciderà se assolvere o condannare l’imputato. Le due cose sono estremamente collegate ma sono distinte e l’articolo 68 comma 2 e 3 percepisce questa distinzione infatti chiede l’autorizzazione per fare arresto, perquisizione ecc…, non la chiede più per sottoporre a processo penale il parlamentare. Le cose ora stanno così perché fino alle fine degli anni 80 era prevista l'autorizzazione a procedere, quindi i parlamentari avevano bisogno dell'autorizzazione anche per essere processati, nella stragrande maggioranza dei casi però l'autorizzazione a 40 procedere veniva negata, di fronte a questi abusi ripetuti il Parlamento decise di sopprimere questa garanzia. Dunque il Parlamento con una soluzione di compromesso ha rimosso l'autorizzazione a procedere ma essa risulta necessaria per le altre attività come perquisizione, arresto, intercettazione… : per intercettazione si intende mettere sotto controllo un telefono, un computer, una stanza, con telecamere e microfoni nascosti, perché tramite le intercettazioni l’autorità giudiziaria riesce a raccogliere molti elementi da poter sfruttare nel processo contro la persona indagata. La virtù dell’intercettazione dunque è l’eetto sorpresa perché il soggetto non sa di essere controllato e quindi si comporta normalmente, l’articolo 68 stabilisce che anche per le intercettazioni è necessaria l'autorizzazione della Camera di appartenenza, l’autorizzazione quindi risulta anteriore all’intercettazione stessa quindi il parlamentare in questione viene a conoscenza del fatto che verrà intercettato e di conseguenza si comporterà in modo diverso, non facendo nulla che lo possa incriminare; in realtà questo comma trova applicazione in quei casi in cui il parlamentare è stato casualmente intercettato e allora il giudice chiede alla Camera di appartenenza l'autorizzazione a usare quelle intercettazioni contro quel parlamentare. Tutte le garanzie hanno come elemento trasversale l'obiettivo di garantire il sereno svolgimento della funzione parlamentare, in modo tale che il parlamentare possa anche esercitare la propria libertà di coscienza, possa anche usare toni duri nei confronti di qualcuno senza rischiare di essere sottoposti a un’indagine, possa anche essere immune da provvedimenti restrittivi della libertà personale di fronte a eventuali accuse; il parlamentare inoltre ha diritto a un’indennità che gli permetta di svolgere la sua funzione. Queste prerogative si sono poi prestate ad abusi ma il diritto comunque non è una macchina perfetta, quindi anche gli istituti di garanzia migliori talvolta vengono usati in maniera non adatta, sono comunque previsti dei rimedi come ad esempio gli interventi della Corte Costituzionale. 41 LEZIONE 8 A Procedimento legislativo ordinario → come nasce normalmente una legge del Parlamento Revisione costituzionale → come è possibile cambiare la Costituzione Ogni parlamentare appena entra in carica aderisce a un gruppo parlamentare ovvero articolazioni interne di Camera e Senato che si ricollegano ai partiti che hanno partecipato alla competizione elettorale e che sono riusciti a portare deputati in Parlamento, è presente inoltre il gruppo misto che comprende i parlamentari che insieme non raggiungono il numero minimo previsto dai regolamenti parlamentari per formare un gruppo e comprende anche i parlamentari che, rivendicando la loro indipendenza, pur essendo stati eletti con alcune specifiche liste decidono di non appartenere al gruppo corrispondente; la seconda cosa che fa un parlamentare quando entra in Parlamento è essere collocato all’interno di una commissione parlamentare permanente competente per materia, ovvero articolazioni interne di Camera e Senato che servono a rendere più eciente l’operato di Camera e Senato, abbiamo ad esempio una commissione difesa, aari esteri, giustizia… Tutto ciò serve a rendere più eciente l'attività del Parlamento, soprattutto per quanto riguarda la produzione di leggi. Le commissioni parlamentari sono composte in modo da riflettere gli equilibri politici e quindi la consistenza dei vari gruppi parlamentari all’interno di Camera e Senato, la commissione praticamente è l’aula su scala ridotta, anche all'interno delle commissioni maggioranza e opposizione devono avere la stessa consistenza di quella che hanno in aula cioè quando deputati e senatori si trovano nelle sedi parlamentari. I deputati e i senatori all’interno delle commissioni vengono scelti dai gruppi parlamentari che cercano il più possibile di assecondare il pregresso professionale di ogni parlamentare, ad esempio se viene eletto un medico è probabile che egli venga collocato nella commissione sanità, se viene eletto un insegnante è probabile che venga collocato nella commissione istruzione… Le commissioni sono composte esclusivamente da parlamentari, non ci sono tecnici esterni alle camere, le camere si avvalgono della collaborazione di professionisti esterni. -Come nasce una legge ordinaria del Parlamento? Ci occupiamo delle leggi ordinarie cioè le fonti primarie, appena subordinate alla Costituzione. Per fare una legge c’è bisogno di un procedimento ovvero una successione regolare di atti e operazioni che seguono una sequenza specifica, in parte definita dalla Costituzione e in parte specificata dai regolamenti di Camera e Senato; il procedimento è un elemento di garanzia perché fa sì che il Parlamento eserciti in maniera corretta il potere legislativo, serve a orire una garanzia di buon esito del procedimento, non solo in termini di ecienza ma soprattutto di confronto dialettico tra maggioranza e opposizione che è l'ingrediente fondamentale di un sistema democratico, dunque è indispensabile che il procedimento venga seguito in maniera corretta in tutte le sue fasi. 42 voto, normalmente le leggi vengono votate articolo per articolo e poi c’è una votazione finale sull’intera legge. Dalla combinazione di questi elementi sono previsti dalla Costituzione e dai regolamenti parlamentari tre diversi procedimenti. LEZIONE 8 B Nella fase costitutiva della legge quali compiti adare alla commissione competente per materia e quali all’aula? -Procedimento ordinario o della commissione in sede referente → immagino un procedimento in cui commissione e aula fanno la stessa cosa: la commissione discute e vota, l’aula discute nuovamente il testo e poi vota. Esempio: una proposta di legge in materia di giustizia viene assegnata alla commissione giustizia, la proposta di legge viene discussa, modificata, riadattata, tenuto conto che quella commissione è competente in quella materia, è composta da persone che conoscono bene quella materia, successivamente ne viene fuori un testo rimaneggiato rispetto al testo originale, e infine la commissione vota; il testo discusso e votato viene presentato all’aula attraverso una relazione di accompagnamento e a questo punto l’aula fa la stessa cosa della commissione, quindi i parlamentari chiedono di discutere, presentare emendamenti che vengono poi votati e infine si arriva alla votazione finale articolo per articolo e poi il testo completo. Dunque in questo caso discussione voto si fanno sia in commissione che in aula, questo perché non è da escludere che in aula ci siano sensibilità politiche che possano concorrere a un miglioramento del testo licenziato dalla commissione competente per materia. Questo procedimento è chiamato ordinario perché è quello normale, si pensa essere il più idoneo a valorizzare il ruolo di rappresentanza politica dei parlamentari perché tutti sono posti sullo stesso piano ma, essendo più qualificata in campo tecnico, è giusto che la commissione in primo luogo elabori una proposta di legge che poi verrà sottoposta in secondo luogo a una discussione in aula. La commissione viene definita in sede referente perché dopo aver discusso e votato quel testo, riferisce all’aula sull’esito della discussione, in modo tale da permette a deputati e senatori di dare il loro contributo. Il difetto di questa procedura è la lentezza, la macchinosità, perchè commissione e aula fanno esattamente la stessa cosa. -Procedimento decentrato o della commissione in sede deliberante → tutto il procedimento legislativo si esaurisce nella commissione e l’aula non interviene mai, la commissione discute, vota articolo per articolo e poi il testo finale che successivamente passa all’altra camera anché si proceda allo stesso modo. 45 E’ un metodo più rapido ed eciente perché l’aula viene esclusa e tutto viene svolto dalla commissione che è composta da un numero inferiore di deputati e senatori quindi è più facile tirare fuori un testo da sottoporre poi all'approvazione nell'altro ramo del Parlamento. Nonostante il metodo sia più eciente gli altri deputati e senatori vengono esclusi perché non fanno parte della commissione competente per materia, se la maggioranza di essi viene esclusa dalla votazione e discussione di quel testo, allora c’è una vulnerazione del Parlamento, quindi una violazione del principio della democrazia rappresentativa; è possibile superare questa obiezione perché ogni commissione rispecchia in maniera esatta gli equilibri tra i gruppi parlamentari in aula, le commissioni sono considerate delle aule in miniatura, quindi si ritiene che l’esito finale in commissione sarebbe stato lo stesso in aula. Il procedimento è definito decentrato perchè non è svolto dall’aula ma dalle commissioni che sono articolazioni decentrate dell’aula. La commissione viene definita deliberante perchè non si limita a riferire ma decide senza che intervenga l’aula. Questo procedimento è previsto dalla Costituzione e dai regolamenti parlamentari e la stessa Costituzione prevede però che si passi dal procedimento decentrato a quello ordinario su iniziativa di alcuni soggetti, inoltre la Costituzione prescrive il procedimento ordinario per alcune proposte di legge, ci sono casi in cui il procedimento ordinario è obbligatorio. -Procedimento misto o della commissione in sede redigente → posto che la legge nasce da una discussione e da un voto, in questo procedimento i due momenti vengono disgiunti: la commissione che è competente per materia discute, elabora un testo adeguato, mentre l’aula vota, senza discussione. Il momento decisionale si concreta nell’aula che è il luogo dove si trovano tutti i deputati e i senatori. Il procedimento è definito misto proprio perchè è una via di mezzo tra procedimento ordinario e procedimento decentrato, qui si danno due compiti diversi alla commissione e all’aula, fanno due cose diverse. Siccome Il procedimento ordinario è quello più democratico perché garantisce a tutti i deputati e senatori di partecipare indipendente dal fatto che siano parte o meno della commissione competente per materia, si potrebbe pensare che sia il procedimento più usato in Parlamento, ma così non è; il procedimento più usato è quello decentrato, la Costituzione comunque contempla tutte le garanzie per evitare un abuso del procedimento decentrato, sia identificando proposte di legge per le quali è obbligatorio il procedimento ordinario, sia riconoscendo ad alcuni soggetti il potere di determinare lo spostamento dal decentrato all'ordinario. Tutto ciò succede alla Camera, una volta che il testo è stato votato va al Senato che fa di nuovo la stessa cosa della Camera. La regola inderogabile è che i due testi, quello approvato alla Camera e quello approvato al Senato debbano coincidere, si parla di bicameralismo perfetto; se accade che la Camera ha approvato per prima, il Senato arriva dopo, e il testo del Senato non coincide con quello della Camera, allora la Camera deve discutere e votare sulle modifiche apportate dal Senato in modo da raggiungere una piena convergenza tra le due determinazioni, questa è una delle conseguenza del bicameralismo paritario che rende ancora più lungo e complesso l’iter legislativo. 46 Una volta che Camera e Senato hanno raggiunto un'intesa sullo stesso testo ci troviamo davanti a una legge perfetta ma non ecace, non produce ancora gli eetti giuridici e anché questo accada è necessaria la terza fase del procedimento legislativo. 3) fase integrativa dell’ecacia → composta a sua volta da alcuni passaggi -promulgazione da parte del Presidente della Repubblica: tutte le leggi del Parlamento devono essere promulgate dal Capo dello Stato. La promulgazione è quell'atto con cui innanzitutto il Capo dello Stato dichiara in maniera uciale che quella legge è stata votata dal Parlamento, vi è un attestazione notarile che quello è un atto autentico. -verificare la conformità della legge a Costituzione: il Parlamento deve aver approvato una legge non incostituzionale. Se il Capo di Stato ritiene che in tutto o in parte quella legge sia aetta da vizi di incostituzionalità allora la Costituzione gli permette di rinviarla alle camere, quindi se il Presidente della Repubblica in sede di promulgazione giudica anche solo una piccola parte di quella legge contro la Costituzione, allora può esercitare il potere di rinvio. A questo punto le camere si uniformano ai rilievi del Presidente della Repubblica modificando la legge in modo che possa essere promulgata, oppure possono ignorare i rilievi del Presidente e approvandola così com’era, in questo ultimo caso se le camere approvano il testo il Presidente è obbligato a promulgare quella legge. In sede di promulgazione il Capo dello Stato non eettua un controllo di opportunità o convenienza politica, non può non approvare una legge solo perchè non è di suo gradimento, lontana dai suoi valori politici... , questo perché la Costituzione attribuisce la funzione legislativa esclusivamente al Parlamento, quindi il Capo dello Stato non può sovrapporre proprie valutazione politiche su quella legge, i suoi valori vengono messi in secondo piano; il Capo dello Stato può eettuare un controllo sommario della conformità a Costituzione di quel testo, il Capo dello Stato non deve fare un’anticipazione dell’intervento della Corte Costituzionale (custode della legge), egli può fare una valutazione “superficiale” volta a scovare i vizi palesi di incostituzionalità. Succede spesso che il Presidente della Repubblica promulga la legge che viene poi dichiarata incostituzionale dalla Corte. Inoltre quando una legge viene licenziata dal Parlamento è ancora una legge astratta, non ha ancora trovato applicazione a casi concreti e quindi capita spesso che l'incostituzionalità della legge si scopra proprio per eetto della sua applicazione a casi concreti, infatti finché una legge è scritta va tutto bene, quando poi viene applicata dal giudice a casi concreti viene posta di fronte alla realtà dei fatti che può svelare l’incostituzionalità della legge. Se le camere dovessero riapprovare il testo originale non tenendo conto dei rilievi del Presidente, allora il Capo dello Stato è obbligato a promulgare. Se invece il Capo dello Stato si ostina a non promulgare allora le camere potrebbero sollevare un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato davanti alla Corte per far valere la legittimità dell'omissione del Presidente della Repubblica, la Corte poi valuta i fatti e pronuncia una sentenza in cui condanna l’operato del Presidente della Repubblica obbligandolo a promulgare quella legge; se nonostante la sentenza egli non promulga la legge allora c’è la messa in stato d’accusa e la pronuncia di condanna che comporta la rimozione dall’incarico. 47 Se in entrambe le seconde deliberazioni è raggiunta la maggioranza dei ⅔ dei membri di ciascuna camera, il referendum non può essere richiesto. Si tratta di un referendum costituzionale e serve a confermare o meno la scelta fatta dal Parlamento, l’ultima parola viene data agli elettori, si ha una partecipazione diretta degli elettori al procedimento di revisione costituzionale. Per la validità del referendum costituzionale non è necessario un quorum costitutivo, ovvero quando un referendum è valido solo se partecipa la maggioranza degli aventi diritto (maggiorenni italiani), in questo caso il quorum costitutivo non è previsto e ciò significa che anche se dovesse partecipare al voto una piccola maggioranza degli aventi diritto comunque la consultazione referendaria sarebbe valida; il quorum costitutivo non è previsto principalmente perché la sua mancata previsione serve a valorizzare ancora di più al partecipazione popolare al procedimento di revisione costituzionale. Con la procedura aggravata si possono apportare tutte le modifiche immaginabili? Tutto ciò che troviamo nella Costituzione può essere oggetto di revisione costituzionale? Ci sono limiti alla revisione costituzionale? Si, ci sono limiti alla revisione costituzionale, la procedura aggravata non può essere usata in maniera indiscriminata e senza confini, i limiti si distinguono in -limite formale → riguarda la procedura, è dato dall’articolo 138 e stabilisce che se si vuole modificare la Costituzione si deve rispettare quella procedura. Sul limite formale è nata un’ampia discussione all’interno della dottrina costituzionalista perchè qualcuno ha sostenuto che per modificare la Costituzione in modo diverso basterebbe abrogare l'articolo 138 e poi modificare la Costituzione attraverso un’altra procedura; altri invece si sono chiesti se questa procedura possa essere ulteriormente aggravata cioè se si possano introdurre ulteriori aggravamenti. In realtà l'unico limite formale che conta davvero è dato dall’articolo 138 cioè ogni deviazione dalla procedura aggravata comprometterebbe l’esito finale del procedimento stesso. -limite sostanziale → riguarda il merito della riforma cioè il contenuto. Esiste un limite sostanziale espresso cioè un limite che la stessa Costituzione formale configura espressamente come limite alla revisione costituzionale, si tratta dell’unico caso in cui la Costituzione stabilisce che un certo elemento non può essere modificato attraverso la revisione costituzionale. Il limite in questione si trova all'articolo 139 della Costituzione: “la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale” , l’Italia è una Repubblica, tutte le istituzioni sono repubblicane, il popolo ha scelto la Repubblica, il principio repubblicano quindi è talmente forte che i padri costituenti hanno deciso di custodirlo attraverso un’esplicita previsione che ponga un argine a ipotetici straripamenti del potere di revisione costituzionale; quindi neanche all'unanimità il Parlamento potrebbe sancire l’abbandono della Repubblica. In realtà il Parlamento non approverebbe mai una legge di revisione costituzionale che introdurrebbe la Monarchia, ma il rischio è che potrebbe introdurre nella trama della forma di governo italiano alcuni istituti che sono propri della Monarchia e non della Repubblica (ad esempio quando il successore del Presidente deve essere maschio, questo non è contemplato perché in Italia la carica è elettiva). Accanto a questo limite sostanziale espresso sia la Corte Costituzionale, sia gli studiosi, hanno identificato una serie di limiti sostanziali taciti (o impliciti) cioè che 50 non sono espressamente indicati dalla Costituzione come limiti ma che lo sono comunque in virtù di un’interpretazione complessiva dell'ordinamento costituzionale. Il primo limite implicito è costituito dai principi supremi dell'ordinamento costituzionale, questi principi sono il nocciolo duro del sistema costituzionale, sono collegati tra loro in maniera talmente forte che l'eliminazione di anche un solo elemento determinerebbe una reazione a catena e comporterebbe una disgregazione del sistema costituzionale italiano; questi principi dunque non possono essere sottoposti a revisione costituzionale. L’altro limite sostanziale implicito è rappresentato dal contenuto essenziale dei diritti fondamentali, ovvero il nucleo duro delle norme che tutelano i diritti fondamentali non può mai essere oggetto di revisione costituzionale. LEZIONE 9 B Referendum abrogativo → articolo 75 della Costituzione, considerato come uno strumento di democrazia diretta ovvero un istituto attraverso il quale il popolo manifesta direttamente la volontà dello Stato, che è sempre dietro ogni decisione da parte delle istituzioni, quindi anziché essere manifestata in modo mediato, viene espressa direttamente dal popolo in termini di abrogazione cioè soppressione, cancellazione di una o più norme giuridiche. Esiste una riserva di legge costituzionale sui referendum cioè gli elettori italiani possono essere chiamati con un referendum solo nei casi e nei modi previsti dalla Costituzione o da altre leggi costituzionali. “Il referendum serve ad abrogare in tutto o in parte leggi o atti aventi forza di legge dello Stato” -Oggetto di referendum abrogativo possono essere solo fonti primarie del diritto. -Il referendum abrogativo non riguarda le leggi regionali, le Regioni possono approvare leggi, le leggi regionali sono fonti primarie, ma l’articolo 75 parla appunto di leggi dello Stato. I singoli statuti regionali disciplinano i referendum sulle leggi regionali; una legge della Regione Lombardia può essere sottoposta a referendum abrogativo secondo lo statuto della Regione Lombardia. Il referendum abrogativo può essere richiesto da 500mila elettori o da cinque consigli regionali, quindi c’è un'iniziativa popolare o un'iniziativa regionale. -iniziativa regionale → cinque consigli regionali possono coalizzarsi per chiedere l'abrogazione di una legge statale perché la funzione legislativa è distribuita tra Stato e Regioni e quindi può succedere che il legislatore statale produca norme giuridiche ritenute inopportune politicamente da quelle cinque Regioni che si attivano per l'abrogazione di quella legge. Il referendum abrogativo non è uno strumento per sanzionare leggi incostituzionali, per far valere l’illegittimità costituzionale delle leggi, non è un istituto usato per porre rimedio a vizi in cui è incorso il legislatore, ma il referendum abrogativo si fa per 51 ragioni di opportunità politica, perché quella legge è politicamente, culturalmente, economicamente, socialmente sgradita a una parte del popolo o dei consigli regionali. Se una legge statale fissa dei principi che sono legittimi ma che cinque Regioni reputano sbagliati dal punto di vista politico allora si può procedere con il referendum abrogativo. -iniziativa popolare → viene istituito un comitato promotore costituito da almeno dieci elettori che depositano presso la Corte di Cassazione il quesito referendario, cioè la domanda che si vuole rivolgere agli elettori, dopodichè si hanno a disposizione nove mesi per la raccolta di 500mila firme; se non si raccolgono le firme entro il termine stabilito dalla legge allora il referendum dovrà essere richiesto nuovamente. L’articolo 75 identifica alcune leggi che si ritiene non si possano sottoporre a consultazione referendaria popolare: -leggi tributarie e di bilancio → non possono essere abrogate tramite referendum. La legge di bilancio è la legge che ogni anno il Parlamento delibera per approvare il bilancio preventivo e il rendiconto consuntivo predisposti dal Governo, indica le spese che lo Stato intende eettuare e le entrate che prevede di riscuotere nell’anno successivo. Il Parlamento approva ogni anno la legge di bilancio, è uno strumento senza il quale lo Stato non può funzionare perché è il bilancio è indispensabile per il funzionamento qualsiasi organizzazione giuridica complessa, dunque abrogare in tutto o in parte una legge di bilancio significa impedire allo Stato di svolgere le proprie funzioni. Le leggi tributarie sono le leggi che prevedono e disciplinano imposte, tributi, tasse cioè prelievi al patrimonio di ogni contribuenti, prestazioni patrimoniali. Le leggi tributarie sono lo strumento attraverso il quale lo Stato recupera le risorse finanziarie per sopportare le spese correlate a tutti i tipi di intervento che lo Stato svolge nell’esercizio delle proprie funzioni; tutto ciò che è una spesa per lo Stato deve essere coperto da entrate che possono essere recuperate alienando beni, ricorrendo al debito oppure ricorrendo al prelievo fiscale. Le leggi tributarie quindi non possono essere abrogate perché ciò significherebbe togliere allo Stato uno strumento indispensabile per finanziare le proprie attività. -leggi di amnistia e di indulto → amnistia, indulto e anche la grazia sono provvedimenti di clemenza nei confronti di coloro che sono stati condannati in via definitiva per aver commesso uno o più reati; per provvedimento di clemenza si intende che la persona smette di scontare la pena prevista dal giudice. L'amnistia e la grazia hanno in comune il fatto di cancellare il reato, l’indulto invece colpisce la pena; la dierenza invece è che l’amnistia e l’indulto sono provvedimenti collettivi, riguardano n° detenuti condannati per un certo reato e sono posti in essere dal Parlamento attraverso una procedura aggravata, mentre la grazia è un provvedimento individuale concesso dal Presidente della Repubblica. Quindi le leggi di amnistia e indulto sono provvedimenti che il Parlamento decide di adottare se vuole svuotare le carceri italiane. Un esempio di amnistia fu quella approvata dopo la Seconda Guerra Mondiale di cui beneficiarono tutti coloro che furono condannati durante il regime fascista. L’indulto è un provvedimento meno impegnativo per lo Stato, che cerca principalmente di porre rimedio a una situazione disperata in cui versano gli istituti penitenziari del nostro Paese in cui vi è un sovraollamento delle carceri, incompatibile con la finalità rieducativa della pena prevista dall'articolo 27 della Costituzione. 52 Governo → organo titolare del potere esecutivo. Il potere esecutivo è il potere di applicare le norme generali astratte a casi concreti al fine di tutelare interessi generali, si parla di cura concreta di interessi generali. Dal potere esecutivo dipendono le pubbliche amministrazioni che svolgono attività amministrativa ovvero applicazione a casi concreti di norme generali astratte per tutelare interessi generali. Il potere esecutivo è uno dei tre poteri dello Stato che, al pari del potere giudiziario, traduce le norme giuridiche in regole applicate a casi concreti, ma a dierenza del potere giudiziario, non serve a risolvere controversie e a ripristinare la legalità violata, ma serve a tutelare quegli interessi che accomunano l’intera comunità, che sono appunto interessi generali e possono anche prevalere su quelli particolari. Nel nostro ordinamento il potere esecutivo è attribuito al Governo, dove per Governo si intende un organo complesso che include sia organi monocratici ovvero il Presidente del Consiglio e i Ministri, sia un organo collegiale ovvero il Consiglio dei Ministri. Potere esecutivo → Governo → Ministeri → Pubbliche Amministrazioni Forma di Governo → modello che descrive i rapporti tra gli organi politici di vertice di uno Stato, fondamentalmente il rapporto tra potere esecutivo e potere legislativo. L’organo legislativo normalmente è un Parlamento che può essere bicamerale, a una sola assemblea, mentre l’organo esecutivo si ha una varietà più ampia. -Forma di governo presidenziale → propria, se non esclusiva, degli Stati Uniti d’America. Il pilastro su cui si regge la forma di Governo presidenziale è la rigida separazione dei poteri, ogni potere spetta a un organo diverso. Negli Stati Uniti la Costituzione attribuisce il potere esecutivo a un organo monocratico cioè il Presidente degli Stati Uniti d’America; in Italia abbiamo un organo complesso ovvero il Governo, che include più persone fisiche, negli USA invece c’è una fortissima semplificazione in quanto si ha una sola persona titolare di questo potere. Il Presidente dunque è titolare del potere esecutivo, egli si circonda comunque di vari segretari che però non sono in alcun modo assimilabili ai nostri Ministri, non sono organi monocratici contitolari del potere esecutivo ma sono semplici collaboratori del Presidente e sono talmente subordinati alle direttive, istruzioni e ordini del Presidente, che vengono nominati e revocati con amplissima discrezionalità, il Presidente sceglie e “licenzia” i propri segretari a suo piacimento. Il Presidente viene scelto tramite un’elezione diretta, il popolo sceglie direttamente il soggetto titolare dell'organo esecutivo: negli USA ognuno dei 50 Stati ha un certo numero di grandi elettori che cambiano a seconda della popolazione di ogni singolo Stato, si svolgono le singole elezioni Stato per Stato e se in uno Stato vince ad esempio il Partito Repubblicano allora tutti i grandi elettori di quello Stato voteranno il candidato del Partito Repubblicano (Trump), stessa cosa per il Partito Democratico (Biden), alla fine si sommano i grandi elettori e vince il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti. Tecnicamente l’elezione del PResidente degli Stati Uniti non è un’elezione diretta perchè c’è il passaggio intermedio dei grandi elettori, am la percezione che si ha è che il Presidente viene eletto direttamente dal popolo, anche perché i grandi elettori non hanno poi margine di scelta. Si può dire quindi che nella forma di governo presidenziale l'organo esecutivo gode di una diretta legittimazione popolare perché viene scelto direttamente dal popolo; la 55 legittimazione è quella condizione che permette a un soggetto di governare, di assumere decisioni vincolanti, la diretta legittimazione popolare rende il Presidente ancora più forte rispetto agli altri organi dello Stato, lo mette in una posizione privilegiata. Il fatto che l’organo esecutivo sia scelto direttamente dal popolo impedisce di poter parlare di rapporto fiduciario tra organo esecutivo e organo legislativo, quindi per quanto riguarda l'investitura e la durata in carica del mandato presidenziale l’organo legislativo non ha alcun potere. Il potere legislativo negli USA è attribuito al Congresso, formato dalla Camera dei Deputati eletta direttamente dal popolo, e dal Senato, composto da due senatori per ogni Stato; il Congresso non è chiamato a votare la fiducia del Presidente, non può sfiduciare il Presidente, non può mandarlo a casa per ragioni politiche, l'unica cosa che può fare per cacciare il Presidente è l’impeachment cioè la messa in stato d'accusa, quindi quando si ritiene che il Presidente abbia commesso reati presidenziali il Congresso può agire in questo modo e in particolare il Senato può giudicare e condannare il Presidente. Il Presidente degli USA non può mai sciogliere il Congresso. Il potere legislativo è attribuito al monopolio del Congresso, il Presidente quindi non può adottare atti aventi forza di legge può solo opporsi di fronte a una legge, bloccare una legge del Congresso; il Presidente ha interesse a bloccare una legge del Congresso perché il suo programma politico comunque richiede anche leggi del Congresso e se il Congresso approva leggi inconciliabili con il suo programma allora il Presidente reagisce opponendo il proprio veto. Un altro aspetto importante di questa forma di Governo è che il Presidente nomina i giudici della Corte Suprema che è l'organo di vertice del sistema federale ed è formata da nove giudici nominati a vita; la Corte Suprema è un organo giudiziario strategico perché può anche bloccare leggi e provvedimenti riconosciuti in contrasto con la Costituzione, che ada il compito di garantire la sua supremazia a giudici nominati dall'organo esecutivo che è il massimo della politicità possibile, la Corte infatti, che dovrebbe essere imparziale e autonoma rispetto al potere politico, viene formata dal Presidente che nomina i giudici e che ha una certa posizione politica, quindi non è imparziale. I giudici della Corte Suprema sono scelti in base anche alla loro sensibilità politica, ce ne saranno quindi alcuni ultra conservatori, altri moderati, altri liberal, altri progressisti perché comunque le situazioni sottoposte al giudizio della Corte hanno una forte implicazione dal punto di vista politico; il giudice della Corte Suprema rivendica per ragioni culturali, sociali, etiche… la propria indipendenza da chi lo ha scelto e questo dovrebbe garantire indipendenza, imparzialità e neutralità politica ovvero autonomia e indipendenza rispetto ai partiti che si contendono il potere. -forma di governo semipresidenziale → caso francese. Struttura bicefala dell'organo esecutivo, cioè il potere esecutivo nel regime semipresidenziale viene condiviso da un Presidente eletto direttamente dal popolo e da un Governo nominato dal Presidente ma che deve avere la fiducia del Parlamento. Nel caso francese il Presidente della Repubblica è eletto direttamente dal popolo ed è coadiuvato nell'esercizio del potere esecutivo da un Primo Ministro e da Ministri, che insieme formano il Governo, da lui nominati ma che sono legati da un rapporto di fiducia con l’Assemblea Nazionale Francese; questo sistema funziona bene quando c’è 56 omogeneità politica, quando invece c’è una coabitazione tra un Presidente e un Governo che sono di maggioranze diverse. -forma di governo parlamentare → Italia. Elemento caratterizzante della forma di governo parlamentare è il rapporto di fiducia tra l’organo esecutivo e l’organo legislativo, senza la fiducia dell’organo legislativo il potere esecutivo non può esplicare le proprie funzioni. In Germania c’è il cancellierato, abbiamo quindi un organo esecutivo retto dal cancelliere coadiuvato dai Ministri che compongono il governo federale, e poi c’è il potere legislativo che è attribuito ad un Parlamento bicamerale dove c’è il bundestag (Camera dei Deputati) e il bundesrat (Camera federale) che è l'organo collegiale rappresentativo degli Stati che compongono l'ordinamento federale tedesco; nell'ordinamento costituzionale tedesco in realtà il rapporto di fiducia si ha tra il cancelliere e il bundestag, mentre il bundesrat condivide il potere legislativo in alcune materie che riguardano principalmente i rapporti con gli Stati membri. Dunque in Germania si ha un bicameralismo che però non è paritario, non è perfetto, infatti il rapporto di fiducia si ha con una sola delle ramificazioni del Parlamento tedesco che è la Camera politica (bundestag) Il Cancelliere viene eletto dal bundestag, egli ha una forte legittimazione politica in quanto viene scelto proprio dalla maggioranza della Camera del bundestag, al tempo stesso si crea una relazione fiduciaria che a volte esige di realizzare delle alchimie politiche perché altrimenti il Cancelliere non riesce a governare. In Inghilterra si ha la Monarchia Costituzionale, è presente un Primo Ministro che è legato nel rapporto di fiducia con la Camera dei Comuni e inoltre egli è anche il leader del Partito che ha vinto le elezioni, questo comporta che il Primo Ministro è molto forte e che se perde la leadership, per ragioni politiche interne al partito, allora viene destituito e al posto suo subentra il nuovo leader come Primo Ministro. La separazione dei poteri nella forma di governo parlamentare è meno rigida rispetto ai regimi presidenziali. LEZIONE 10 B 57 dell’Interno, anche lui coinvolto in indagini, il Presidente della Repubblica in questo caso non accettò queste due nomine e pose questi due soggetti a svolgere altri ruoli; successe anche che il Capo dello Stato decise di allegare motivazioni di carattere politico per non accettare la nomina di un Ministro. Grazie alle consuetudini costituzionali si sono aermate le consultazioni che permettono al Prresidente della Repubblica di scegliere la persona più indicata per formare una maggioranza in Parlamento disposta a sostenere quel Governo e quella formula. LEZIONE 11 A Di fronte a una disciplina costituzionale vaga ed elastica le lacune sono state colmate da consuetudini costituzionali, in virtù delle quali il Presidente della Repubblica svolge delle consultazioni per individuare la personalità a cui adare l’incarico di formare un nuovo governo, normalmente questo soggetto accetta l'incarico con riserva, cioè procede poi a consultazioni più ristrette, successivamente accetta l'incarico altrimenti si deve trovare un’altra soluzione, e infine si arriva al giuramento con il quale il Presidente del Consiglio assume le proprie funzioni seppur in modo non completo perché deve prima ottenere la fiducia di entrambe le Camere. Il compito essenziale del Presidente della Repubblica è quello di far funzionare le istituzioni repubblicane cioè di trovare un governo che sia in grado di funzionare poiché sorretto da una maggioranza parlamentare Entro 10gg dalla sua formazione il Governo deve presentarsi alle Camere per ottenere la fiducia, il Presidente del Consiglio quindi decide di partire dal ramo del Parlamento che gli garantisce maggior sostegno, legge il programma di Governo, presenta i Ministri… dopodiché inizia un dibattito tra maggioranza e opposizione, e al termine del dibattito si procede al voto, ciascuna camera vota la mozione di fiducia ovvero un atto parlamentare con il quale ciascuna camera, se ci sono i numeri, conferisce la fiducia a quell’esecutivo. La mozione di fiducia deve: -essere motivata cioè sorretta da argomenti a favore di quella compagine governativa e di quel programma. -essere votata per appello nominale → si deve trattare di un voto palese cioè si sa chi ha votato contro, chi a favore e chi si è astenuto, inoltre il Presidente della Camera o quello del Senato procedono poi all’appello e ogni parlamentare chiamato risponde e dichiara espressamente il proprio voto. L’appello nominale rimette in gioco il popolo perché è possibile identificare la posizione assunta da ciascun parlamentare rispetto a quella mozione di fiducia, il popolo viene messo a conoscenza del voto espresso da ciascun parlamentare. -ottenere la maggioranza dei presenti (maggioranza semplice) → in ogni organo collegiale c’è il problema degli astenuti, non si capisce se l’astensione sia un voto oppure no, infatti se nel conteggio dei voti si tiene conto anche degli astenuti allora 60 essi contano come voti contrari, così succede al Senato, alla Camera invece gli astenuti non vengono conteggiati. La maggioranza semplice tiene conto solo dei presenti in aula in quel momento; è chiaro che più parlamentari ha una maggioranza, più è sicura. L’atto iniziale di investitura del Governo è la votazione della mozione di fiducia, sia alla Camera che al Senato: il Governo deve ottenere la fiducia da entrambe le camere infatti il voto è disgiunto e inoltre sono necessarie tutte due le mozioni di fiducia, sia della Camera che del Senato. Ci sono stati casi in cui dei governi si sono visti negare la mozione di fiducia iniziale, in questi casi anziché cercare un nuovo Governo, il Presidente della Repubblica può decidere di sciogliere anticipatamente le Camere e di procedere a nuove elezioni politiche, teniamo presente però che, se la fiducia iniziale è stata negata a un Governo formatosi subito dopo le elezioni, è altamente improbabile che il Presidente decida di sciogliere anticipatamente le Camere. Nel corso della legislatura il rapporto fiduciario continua a caratterizzare le relazioni tra potere legislativo potere esecutivo, la fiducia è una relazione che va continuamente alimentata in quanto non si deve arrivare a una crisi di governo, cosa non così scontata, soprattutto quando la maggioranza in questione è eterogenea. Una norma costituzionale stabilisce che “il voto contrario di una o di entrambe le camere su una proposta del Governo non impone l’obbligo di dimissione del Governo stesso” , non è raro che questo succeda perché il dissenso in una coalizione di Governo ci può essere, però comunque il Governo rimane libero di scegliere se ricorrere alle dimissioni oppure no, non è obbligato; l'obbligo giuridico di dimissioni nasce quando una delle due camere vota la mozione di sfiducia cioè l’atto parlamentare con il quale una delle due camere ritira la fiducia un tempo accorata con il Governo, è l’atto uciale di revoca della fiducia a quel Governo. La Costituzionale aerma che “la mozione di sfiducia deve essere sottoscritta da almeno 1/10 dei membri di una camera” e inoltre “non può essere messa in discussione prima che siano passati tre giorni dalla sua presentazione” . Anche la mozione di sfiducia, oltre a essere motivata, deve essere votata per appello nominale e ottenere la maggioranza semplice, quindi per far cadere un Governo è prevista la stessa maggioranza che serve per farlo nascere, è importante però che passino tre giorni prima che possa essere messa in discussione perché, se non ci fosse questo termine, un'opposizione che ottiene la maggioranza dei voti alla Camera e al Senato potrebbe far cadere il Governo approfittando del fatto che i parlamentari della maggioranza non sono presenti in aula, dunque i padri costituenti hanno voluto evitare questi assalti alla diligenza da parte dell’opposizione, e i tre giorni servono quindi alla maggioranza per ricompattarsi e tornare a essere eettiva maggioranza in aula. Nessun governo italiano è caduto per una mozione di sfiducia, le crisi di governo sono state determinate da altre cause, normalmente si sono aperte con le dimissioni rassegnate dal Presidente del Consiglio che ha ritenuto di fare un passo indietro perché non poteva più contare su una maggioranza disposta a seguirlo in quell’impresa. Un terzo istituto che alimenta la relazione fiduciaria tra potere esecutivo e potere legislativo è la questione di fiducia cioè l’atto che il Governo pone su una votazione della Camera o del Senato, attraverso la questione di fiducia il Governo dice alla Camera e al Senato di votare in un certo modo altrimenti si dimette; il Governo può 61 decidere che una certa votazione sia talmente vitale per il programma di Governo, e quindi per la permanenza in carica dell'esecutivo, da indurlo a ricorrere alla questione di fiducia, perché sa che se la Camera dovesse votare contro, allora dovrebbe dimettersi. Nella stragrande maggioranza dei casi quando il Governo pone la questione di fiducia la maggioranza si ricompatta e rinnova la propria fiducia al Governo, solo in due casi è andata male e in entrambi i casi il protagonista era il Presidente del Consiglio Romano Prodi: -nel 1998 → dopo due anni dall’insediamento Prodi mise una questione di fiducia su una deliberazione della Camera e Bertinotti (leader rifondazione comunista) che fino a quel momento era suo alleato, ritirò la fiducia e votò contro, e per un solo voto la maggioranza che sosteneva Prodi venne messa in minoranza e Prodi quindi rassegnò le dimissioni. -nel 2008 → Prodi pone una questione di fiducia al Senato su una particolare decisione e questa volta fu il senatore Mastella a negare il proprio assenso e successivamente Prodi fu costretto a dimettersi. La questione di fiducia può anche essere usata in modo tecnico, ad esempio quando l'opposizione presenta troppi emendamenti ad una disposizione, cioè modifiche a un testo di legge che deve essere discusso e votato da Camera e Senato; il Governo in questi casi può porre la questione di fiducia su quel testo e se passa allora cadono gli emendamenti. Se si ha un abuso della questione di fiducia allora significa che tra il Governo e la maggioranza qualcosa non va, il rapporto fiduciario non è così stabile. L’Italia ha visto tre governi tecnici: 1992/93 Ciampi, 1995/96 Dini, 2011/13 Monti. Un governo tecnico, precisamente governo dei tecnici, è un governo sostenuto da una maggioranza parlamentare ma a dierenza dei governi politici in senso proprio, è spesso sostenuto da maggioranze trasversali, il cui unico obiettivo è garantire al nostro Paese un esecutivo, perché sarebbe troppo prematuro andare a nuove elezioni mentre ci sono delle situazioni importanti che richiedono un governo pienamente in carica. Il governo dei tecnici è uno strumento usato eccezionalmente quando non si riesce a formare una maggioranza politica in Parlamento, ma al tempo stesso uno scioglimento anticipato delle camere determinerebbe eetti più o meno importanti sulla tenuta delle istituzioni e su alcuni impegni, scadenze che bisogna assumere. 62 ministeriale del reato, altrimenti deve essere la camera di appartenenza a sciogliere questo dubbio. A un Ministro conviene di più essere accusato di un reato ministeriale, perché la camera di appartenenza può negare l'autorizzazione a procedere e se ciò accade allora non c’è nessun giudizio. ● Provvedimenti assunti dal Parlamento per introdurre un regime ancora più favorevole per i membri del Governo dal punto di vista penale, la funzione legislativa viene piegata per perseguire interessi che non sono propriamente istituzionali: -2003 → il Parlamento approvò una legge chiamata “Lodo Schifani” che prevede che tutti i processi penali a carico delle massime cariche dello Stato (Presidente della Repubblica, del Senato, della Camera…) vanno sospesi fintanto che dura la permanenza in carica. L’idea è che siccome si tratta di personalità che ricoprono incarichi strategici a livello istituzionale e un processo penale potrebbe avere ripercussioni molto negative su queste persone, allora in virtù di un ragionevole bilanciamento si introduce la garanzia della sospensione del processo ovvero, finché rimangono in carica non possono essere poste in essere attività processuali, il processo viene congelato e ripreso quando la persona non sarà più in carica. Con la sentenza 24 del 2004 la Corte Costituzionale dichiarò l’incostituzionalità del Lodo Schifani per violazione del principio di uguaglianza, di ragionevolezza… -2008 → il Parlamento approva una legge chiamata “Lodo Alfano” che riscrive la sospensione del processo penale cercando di tenere conto della sentenza del 2004 della Corte Costituzionale, il Lodo Alfano mira a correggere i vizi del Lodo Schifani. Il Lodo Alfano reintroduce la sospensione, toglie tra i beneficiari il Presidente della Corte Costituzionale e poi introduce una serie di misure volte ad accontentare la Corte Costituzionale sulla base della sentenza del 2004. Con la sentenza 262 del 2009 la Corte Costituzionale dichiarò l'incostituzionalità del Lodo Alfano perché la sospensione dai processi, introducendo una deroga al principio di uguaglianza, avrebbe dovuto essere adottata con legge costituzionale; in realtà la Corte nel 2004 non si pronunciò proprio sulla fonte abilitata a introdurre la sospensione. -2010 → il Parlamento approva una legge sul legittimo impedimento a favore dei membri del Governo. Il legittimo impedimento è un istituto previsto dal Codice di Procedura Penale e che vale per tutti gli imputati, non solo per i membri del Governo ma la cosa importante è che il Codice di Procedura Penale lascia al giudice una piena discrezionalità nel valutare se quello è davvero un legittimo impedimento oppure è solo una scusa per rallentare il processo. Nel 2010 il Parlamento introduce una disciplina speciale per i membri del Governo aermando che se il Presidente del Consiglio riconosce il legittimo impedimento allora il giudice deve prenderne atto e rinviare l’udienza. Con la sentenza 23 del 2011 la Corte Costituzionale dichiara l'incostituzionalità della legge sul legittimo impedimento principalmente perché sottrae all’apprezzamento discrezionale del giudice la sussistenza o meno del legittimo impedimento, sbilanciando notevolmente la posizione dell’imputato, che sia anche membro del Governo. 65 LEZIONE 12 A Il Governo come organo esecutivo svolge una serie di attribuzioni che sono tipiche del potere esecutivo, i Ministri sovrintendono al corretto funzionamento degli apparati ministeriali attraverso un corpo amministrativo composito, strutturato secondo un'impostazione quasi gerarchica in cui troviamo direttori generali, dirigenti, funzionari…, il Ministro impartisce direttive, adotta una serie di atti per far funzionare la macchina amministrativa e, insieme agli altri Ministri nel Consiglio dei Ministri, adotta una serie di atti e provvedimenti che mirano a far funzionare la macchina burocratica dello Stato. Il Governo è l'organo a cui la Costituzione attribuisce il compito di redigere ogni anno il bilancio e di compilare il rendiconto consuntivo per poi passare al Parlamento per la conseguente approvazione con legge; il Governo compie poi atti di nomina che riguardano le strutture apicali dei vari enti partecipati dello Stato. Attività normativa del Governo → complesso di atti e decisioni attraverso i quali il Governo riesce a produrre norme giuridiche costitutive dell'ordinamento, questo può sembrare un’anomalia in quanto, secondo il principio della separazione dei poteri, le norme giuridiche dovrebbero essere prodotte solo dal potere legislativo, mentre al potere esecutivo dovrebbe spettare solamente la cura concreta di interessi generali attraverso l’applicazione del diritto oggettivo a casi concreti; nella nostra forma di governo parlamentare però il principio della separazione dei poteri è stato accolto in maniera tendenziale, nel senso che esso è la regola ma subisce una serie di eccezioni, quindi il nostro ordinamento autorizza anche il Governo a produrre norme giuridiche. Tipicamente il potere esecutivo è chiamato a produrre norme giuridiche di rango secondario, quindi l’atto normativo per antonomasia è il regolamento, che si colloca tra le fonti secondarie, è adottato solamente dal Governo che è espressione della sola maggioranza, l'opposizione non partecipa mai al processo di formazione del regolamento, per cui il contenuto di un regolamento governativo è sempre il frutto di un processo decisionale che vede esclusa l'opposizione. Storicamente il potere esecutivo è sempre stato visto come l’organo che se mai avesse dovuto produrre norme giuridiche lo avrebbe fatto solo attraverso i regolamenti, che sono fortemente condizionati dalle fonti primarie e si tratta quindi di un potere normativo circoscritto, limitato. Normalmente i regolamenti servono a disciplinare nel dettaglio previsioni già stabilite dalle fonti primarie, serve a regolare gli aspetti più capillari e minuti, questo perchè il regolamento è uno strumento snello di produzione normativa, anche dal punto di vista della tempistica richiede un minor dispendio di energia rispetto alle fonti primarie. Dunque alla regola della titolarità parlamentare della funzione legislativa fanno riscontro delle eccezioni che riguardano l’esercizio della funzione legislativa, la Costituzione infatti accanto alla legge del Parlamento prevede due fonti primarie del diritto che sono poste in essere dal Governo: decreto legislativo e decreto legge. Attribuire la funzione legislativa all'organo esecutivo, che è espressione della sola maggioranza, potrebbe mettere in crisi il principio democratico che è uno dei principi supremi del nostro ordinamento, questo perché il potere legislativo è la capacità di produrre norme giuridiche immediatamente ed esclusivamente subordinate alla Costituzione, la nostra Costituzione resta ferma però poi la concreta vita politica si 66 alimenta attraverso la vitalità delle istituzioni parlamentari e governative; la Costituzione è ferma ma la maggioranza che ha vinto e governa ha tutto il diritto di perseguire il proprio programma politico attraverso una serie di decisioni che devono rispettare la Costituzione ma che possono assecondare una concreta visione politica. La nostra Costituzione non vincola politicamente le scelte delle maggioranze parlamentari, non ci sono vincoli e indirizzi politici in senso proprio, ma essa definisce una tavola di valori, un insieme di principi che riflettono le concezioni ideali della società condivise dalla stragrande maggioranza della comunità, lasciando aperte diverse soluzioni all'attuazione di questi principi; un principio può essere attuato in modi diversi a seconda dell’indirizzo politico della maggioranza che è al Governo, la Costituzione lascia aperte diverse possibilità politiche, ovvero assumere decisioni operando delle scelte che seguono certi valori ideologici, la legge è l’atto politico per eccellenza che consente a una maggioranza di realizzare proprio programma politico in vista della realizzazione di certi obiettivi. Il potere legislativo quindi ha un ruolo centrale all’interno di un sistema democratico perché consente alle forze politiche che hanno vinto le elezioni di attuare i principi costituzionali secondo una propria visione politica; il Parlamento è la sede più congeniale in un sistema democratico per l’esercizio della funzione legislativa, perché è il luogo del confronto dialettico tra forze politiche, è il luogo in cui i rappresentanti democraticamente eletti compiono le loro scelte politiche confrontandosi non solo all'interno della stessa maggioranza, ma anche con l'opposizione che può immettere elementi critici per influenzare l’opinione pubblica nel giudizio da formulare nei confronti della maggioranza che sta governando. Quando la Costituzione introduce delle eccezioni al monopolio parlamentare della funzione legislativa allora sorge il sospetto che ci sia qualcosa che non va dal punto di vista della democrazia, si pensi infatti ai decreti legge e decreti legislativi che sono collocati sullo stesso piano della legge ordinaria del Parlamento, sono quindi fonti primarie del diritto e, analogamente alla legge, sono subordinate solamente alla Costituzione; il Governo, esponente della sola maggioranza, è autorizzato dalla Costituzione a porre in essere fonti primarie subordinate solo alla Costituzione e di pari grado delle leggi ordinarie. Dunque decreto legge e decreto legislativo sono atti adottati dal Governo e quindi dalla sola maggioranza, che sembrerebbero disattendere il principio democratico, la questione è strana perchè è la Costituzione che autorizza il Governo a porre in essere questi atti aventi forza e valore di legge, quando in realtà dovrebbe presidiare la democrazia; in realtà il principio democratico è rispettato sia nel decreto legislativo che nel decreto legge, ma in un modo diverso da come esso si manifesta attraverso la legge ordinaria del Parlamento. -Decreto legislativo → previsto dall’articolo 76 della Costituzione. Il Parlamento con una legge delega l’esercizio della funzione legislativa al Governo, e tale esercizio si svolge attraverso uno o più decreti legislativi. L'articolo 76 prevede un rapporto tra una legge delega del Parlamento e un decreto legislativo del Governo, senza la legge delega il Governo non può fare il decreto legislativo. L'oggetto della delega è una funzione legislativa quindi è necessaria una legge. Il Parlamento con la legge delega rinuncia temporaneamente all’esercizio della funzione legislativa ma rimane titolare della stessa, si ha una dissociazione tra titolarità ed esercizio, tra dimensione formale e dimensione dinamica; il Parlamento è 67 DIRITTO PUBBLICO E DELL’ECONOMIA UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PAVIA A.S. 2020/2021 Clara Borgarelli LEZIONE 1 A Diritto oggettivo → insieme delle norme giuridiche che operano all’interno di un'organizzazione sociale (chiamato anche diritto positivo) Diritto soggettivo → interesse individuale che è protetto da norme giuridiche e che consente alle persone di godere di determinati beni senza ingerenza da parte di altri (es. proprietà privata, diritto di credito…) Ordinamento giuridico → combinazione tra diritto oggettivo e apparato istituzionale che è collegato alle dinamiche del diritto (Parlamento, Governo…) Una società ha bisogno del diritto oggettivo. Le regole del diritto oggettivo prevedono sanzioni, quindi conseguenze negative nei confronti dei trasgressori. La società è un insieme di persone che condividono la stessa esperienza comunitaria e ha bisogno di regole che illustrano che tipo di comportamento bisogna tenere in determinate situazioni, illustrano le conseguenze di determinati comportamenti; se non ci fossero le regole all’interno della società regnerebbe il caos. Non tutte le regole che si applicano sono regole giuridiche, il diritto non assorbe la totalità delle regole che trovano applicazione all’interno della società; una società può scegliere quanto diritto inserire all’interno della società e la scelta dipende da vari fattori come esempio maturità, crescita, sviluppo, educazione dei consociati… Diritto e società spesso entrano in conflitto perché il diritto è una forma autoritativa di potere, è espressione di potere, è un insieme di norme giuridiche poste in essere da autorità provviste di un potere incisivo e penetrante nella sfera individuale dei consociati; dall’altra parte invece la società vorrebbe svilupparsi in modo autonomo attraverso la libertà dei singoli consociati. Dunque spesso si ha un'interazione non pacifica tra diritto e società, che riflette la contrapposizione tra autorità e libertà, tra potere dello Stato e autonomia individuale, tra sfera del pubblico e sfera del privato. Viene prima il diritto o la società? Secondo la teoria dell’istituzionalismo la società viene prima delle regole giuridiche: gli esseri umani interagiscono, danno vita a strutture sociali più o meno complesse, intrattengono relazioni e producono norme giuridiche. Secondo la teoria del normativismo invece il diritto cioè la norma giuridica viene prima e per eetto di tale norma giuridica poi si sviluppa e si consolida un assetto sociale caratterizzato da un ragionevole equilibrio e una ottimale convivenza tra i singoli componenti. Entrambe le teorie hanno punti di ragione e elementi di torto: in realtà un fenomeno sociale complesso nasce dall'interazione tra diritto e rapporti sociali e quindi non è così agevole stabilire se viene prima la società o il diritto. L’anarchismo ha come nozione fondamentale l’avversione nei confronti del potere, ritiene che i rapporti sociali debbano essere regolati da accordi e meccanismi di cooperazione tra individui, non per eetto di un potere che dall’alto stabilisce le norme da rispettare nello svolgimento delle relazioni. Diritto positivo → insieme di norme giuridiche in vigore all’interno di uno Stato in un determinato periodo storico, sono le norme giuridiche che il legislatore e gli altri 2 LEZIONE 2 A Chi e cosa produce le norme giuridiche? E’ importante definire a chi spetta questo compito, al fine di evitare abusi di potere. -Fonti di produzione del diritto → fatti o atti ai quali l'ordinamento riconosce la capacità di produrre norme giuridiche. -Fonti sulla produzione del diritto → atti che identificano soggetti e procedure per la produzione delle norme giuridiche (es. decreti legge, regolamenti parlamentari…). Sono fonti che regolano i meccanismi di produzione del diritto. -Fonti di cognizione del diritto → per cognizione si intende conoscenza, cioè bisogna conoscere il diritto oggettivo per rispettarlo, è uno dei pilastri fondamentali dello Stato liberale di diritto. La norma giuridica quando non concede facoltà, poteri, libertà… è una norma che comporta dei sacrifici perché impone limiti, divieti, restrizioni e sanziona determinati comportamenti; per far sì che la norma funzioni è necessario che il destinatario della norma conosca in anticipo non solo l’esistenza della norma ma anche le conseguenze relative l'inosservanza di quella norma giuridica, perché altrimenti viene meno il patto tra autorità e libertà che giustifica la produzione di norme giuridiche. Ognuno rinuncia a quote della sua libertà per consentire a un soggetto provvisto di potere di regolare i rapporti e le relazioni intersoggettive; noi tutti accettiamo queste limitazioni perché veniamo messe nelle condizioni di conoscere quelle regole. In uno Stato di diritto l’autorità non può abusare di potere, è fondamentale rispettare il patto tra autorità e libertà, tra Stato e consociati, allora è necessario far sì che il valore della certezza del diritto sia garantito attraverso le fonti di cognizione del diritto. -Fonti di cognizione del diritto Gazzetta Uciale della Repubblica Italiana → periodico all’interno del quale vengono riportate le leggi e tutti gli altri atti normativi della Repubblica Italiana. La pubblicazione sulla Gazzetta Uciale è necessaria anché una legge entri in vigore. Lo Stato può pretendere dai consociati la conoscenza del diritto solo nel momento in cui i vari atti normativi vengono pubblicati sulla Gazzetta Uciale. A livello regionale ci sono i bollettini regionali in cui vengono pubblicate le leggi regionali. Non ci si può sottrarre dalla responsabilità giuridica usando come scusa la propria ignoranza della norma giuridica, noi dobbiamo diligentemente conoscere il diritto ogni volta che decidiamo di intraprendere una certa attività, dobbiamo essere consapevoli di tutte le norme che riguardano l’attività che vogliamo svolgere. -Fonti di produzione del diritto Fatti o atti che l’ordinamento giuridico abilita a produrre norme giuridiche. Per atto si intende un foglio di carta che attesta la volontà di un soggetto di produrre norme giuridiche, la Costituzione è un atto che produce norme giuridiche. Per fatti si intende comportamenti, situazioni, circostanze oggettive che se soddisfano determinati requisiti possono produrre norme giuridiche rilevanti obbligatorie, vigenti, coattive. 5 Esempio: noi facciamo colazione al mattino, teniamo quindi lo stesso identico comportamento ogni giorno. La ripetizione di questo comportamento però non produce norme giuridiche. La consuetudine per essere fonte del diritto deve avere due elementi costitutivi: elemento materiale → ripetizione costante e uniforme nel tempo dello stesso comportamento da parte della stragrande maggioranza dei consociati. elemento psicologico o morale → convincimento interiore dell’obbligatorietà giuridica di quella condotta, le persone devono essere convinte di agire così perché lo impone una norma giuridica, le persone agiscono così perché sanno che altrimenti subirebbero una sanzione. LEZIONE 2 B Fonti di produzione del diritto In un ordinamento semplice sarebbe suciente una sola fonte del diritto ovvero la legge che produce norme giuridiche, negli ordinamenti complessi invece c’è una moltiplicazione delle fonti di produzione del diritto infatti oltre alla legge c’è anche la Costituzione che definisce l’identikit sostanziale di uno Stato, ci sono i decreti legge, i decreti legislativi, i regolamenti. Oltre alla moltiplicazione delle fonti del diritto c’è stato anche un decentramento della funzione legislativa infatti in molti stati, Italia compresa, il potere legislativo è suddiviso tra Stato e Regioni (nel caso italiano). Si ha quindi un pluralismo delle fonti del diritto, questo però comporta un rischio, ovvero l’incertezza del diritto perché le conseguenze giuridiche delle azioni sono definite da fonti diverse in modo contrastante e contradditorio tra di loro e quindi il singolo soggetto non sa come comportarsi perchè ci sono norme che si contraddicono tra di loro; si tratta di un rischio tanto più elevate quante più sono le fonti che sono legittimate dall'ordinamento a produrre norme giuridiche. Esempio: un imprenditore commerciale decide di aprire un nuovo grande supermercato e il suo commercialista gli dice che il regolamento in materia di commercio nel Comune in cui apre il supermercato prevede semplicemente di comunicare al Sindaco l’intenzione di aprire questo esercizio commerciale. L’imprenditore quindi sa che deve fare denuncia al Sindaco della nuova apertura, il quale ha poi 30 gg di tempo per eventualmente disporre la chiusura dell’attività. L’imprenditore apre il supermercato facendo denuncia al Sindaco, passano 30 gg senza che il Sindaco interviene e quindi l’imprenditore è in regola per svolgere l’attività commerciale. Un giorno arriva un’ordinanza della Regione Lombardia che dispone l’immediata chiusura del supermercato perché il titolare dell’azienda non ha chiesto l'autorizzazione commerciale prevista dalla legge regionale n° ... L’imprenditore quindi deve chiudere tutto, non può vendere, deve mettere in cassa integrazione i dipendenti, pagare i fornitori…; si rivolge quindi a un avvocato per farsi 6 tutelare il quale aerma che eettivamente l’imprenditore non ha rispettato la legge regionale che prevede la richiesta dell’autorizzazione commerciale. L’imprenditore dunque si è trovato in una situazione di incertezza che deriva dal fatto che in quella materia due fonti del diritto diverse si sono contraddette, hanno regolato la stessa fattispecie ma dicendo due cose diverse facendo cadere in errore l’imprenditore. Il diritto oggettivo non può accettare questa contraddizione tra norme giuridiche prodotte da fonti diverse che regolano in modo antitetico lo stesso caso della vita proprio perchè questo scatena incertezza, l’imprenditore non sa se deve rispettare il regolamento comunale o la legge regionale. Il diritto oggettivo non può funzionare come fattore di ordine se ci sono queste contraddizioni tra fonti del diritto. Il diritto oggettivo, che comunque riconosce il pluralismo delle fonti, risolve queste contraddizioni riconoscendo un ordine delle fonti, riconosce fonti più “importanti” rispetto ad altre: nel nostro ordinamento esiste un sistema delle fonti del diritto cioè una struttura complessa, organizzata intrinsecamente, razionale, che ha un equilibrio al proprio interno, in cui convivono elementi profondamente diversi tra di loro. Il sistema delle fonti del diritto ha una struttura piramidale con al vertice la Costituzione, seguita da fonti primarie, fonti secondarie e infine consuetudini; questa struttura piramidale fu elaborata da Hans Kelsen (giurista austriaco) che pensò che le fonti del diritto per quanto plurali e varie non possono muoversi in maniera caotica all’interno dell'ordinamento giuridico, bisogna ordinarle, e pensò quindi a questo ordine gerarchico. Si ha quindi una vera e propria gerarchia in cui il livello superiore è più “potente” rispetto al suo inferiore, in caso di contrasto prevale sempre il livello superiore. -Costituzione -Fonti primarie → Leggi del Parlamento, decreti legge e decreti legislativi del Governo, leggi regionali (tutte le leggi e gli atti aventi forza di legge) -Fonti secondarie → regolamenti del Governo, regolamenti regionali, comunali, provinciali, DPCM (decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) -Consuetudini Questa distribuzione delle fonti del diritto nell struttura piramidale può essere fatta usando due parametri: -stabilità nel tempo → quanto più una fonte riesce a garantire la propria stabilità nel tempo, tanto più è elevata la propria posizione nel sistema delle fonti. Ad esempio la Costituzione è una fonte del diritto che mira a mantenere la coesione sociale intorno a principi e valori comuni e condivisi, indipendentemente dall’orientamento politico delle persone, la Costituzione mira a tenere insieme un popolo nonostante le dierenze politiche e proprio per questo è stata collocata al vertice. Per quanto riguarda le fonti primarie, esse cambiano a seconda della maggioranza che vince le elezioni, mutano nel tempo, quindi il tasso di stabilità è medio. Le fonti secondarie (regolamenti) sono di competenza della sola maggioranza e cambiano continuamente per stare al passo coi tempi, la società… quindi hanno un tasso di stabilità bassissimo. 7 In Italia abbiamo la Corte Costituzionale, quando le viene sottoposta una fonte primaria che si sospetta sia in contrasto con la Costituzione, allora se la Corte ritiene fondato il sospetto dichiara l’illegittimità costituzionale della fonte primaria perchè ha violato il principio di costituzionalità quindi la Corte applica il criterio gerarchico per far prevalere la Costituzione; la sanzione che colpisce la fonte primaria in contrasto con la Costituzione è l’annullamento sotto forma di dichiarazione di incostituzionalità, quindi la rimozione della legge dall'ordinamento. Il principio di legalità invece viene violato quando una fonte secondaria è in contrasto con la fonte primaria, in questi casi il giudice amministrativo può annullare il regolamento in contrasto con la fonte primaria. LEZIONE 3 B ● Criterio cronologico → quando una legge nuova subentra ad una legge vecchia l’antinomia viene risolta preferendo la legge nuova, si ha in questo caso il fenomeno dell’abrogazione (la nuova legge ha abrogato la vecchia legge). Si ha abrogazione espressa o esplicita quando la nuova norma indica esattamente la vecchia norma che si intende abrogata; si ha abrogazione tacita quando vi è incompatibilità tra la nuova norma e la vecchia norma ovvero al nuova norma non indica precisamente la norma abrogata, si ha abrogazione implicita quando una nuova disciplina organica sostituisce una vecchia disciplina. Quando una norma viene abrogata non è perchè è in contrasto con la Costituzione, non si parla di incostituzionalità, ma si parla di ragioni politiche, si ritiene di superare una vecchia norma non più adeguata alla realtà attuale e non più compatibile all'indirizzo politico della maggioranza che sta governando al momento. Retroattività della legge → la legge disciplina anche casi che si sono verificati prima della sua entrata in vigore, una legge è retroattiva quando si occupa anche di situazioni, rapporti… che si sono materialmente e storicamente verificati prima della sua entrata in vigore. Le preleggi sono le disposizioni sulla legge in generale approvate contestualmente al Codice Civile nel 1942 e sanciscono un principio di civiltà giuridica ovvero le leggi si applicano soltanto per il futuro, quindi la retroattività della legge è un fenomeno che contraddice questo principio di civiltà giuridica. Se una legge è retroattiva significa che disciplina anche comportamenti che ho posto in essere in passato che ovviamente non potevo immaginare sarebbero potuti essere sanzionati, questo va in contrasto con il principio della certezza del diritto oggettivo ovvero conoscere in anticipo le conseguenze dei comportamenti che pongo in essere. Nell’ordinamento italiano sono ammissibili leggi retroattive? Nella struttura piramidale la legge viene collocata tra le fonti primarie e anche le preleggi (adottate nel 1942 con decreto legislativo) vengono collocate tra le fonti 10 primarie perché il decreto legislativo è una fonte primaria, ha lo stesso valore della legge. Suppongo che ci sia una legge retroattiva del 1980, in contrasto con le preleggi del 1942: trattandosi di fonti collocate sullo stesso piano (antinomia orizzontale) si applica il criterio cronologico e quindi dovrebbe prevalere la fonte piu recente ovvero la legge del 1980. Le preleggi potrebbero anche essere fonti a competenza riservata e quindi in questo caso si applicherebbe il criterio di separazione delle competenze, nella Costituzione tuttavia non si trova nessun riferimento alle preleggi e quindi esse non sono fonti a competenza riservata, non hanno un monopolio nel disciplinare le fonti del diritto. Dunque il divieto di retroattività stabilito dalle preleggi non si può applicare a tutti gli atti legislativi successivi al 1942 perchè essi prevarrebbero in virtù del criterio cronologico. L’unica fonte che avrebbe la forza di vietare il fenomeno della retroattività delle leggi è la Costituzione perché è la fonte di rango gerarchicamente sovraordinato alla legge, tuttavia però la Costituzione Italiana non stabilisce un divieto generale di leggi retroattive. L’articolo 25 aerma che “nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso” , l’articolo si occupa del diritto penale ovvero quel segmento del diritto oggettivo che configura una serie di comportamenti come illeciti e li sanziona con varie pene; l’articolo aerma che un soggetto può essere condannato per un reato solo se quando ha posto in essere quel comportamento esso era qualificato dalla legge come reato altrimenti viene assolto. Esempio: nuova legge sull’omicidio stradale. Prima chi investiva una persona in macchina veniva condannato per omicidio colposo con la conseguenza però che alcuni omicidi avvenuti in strada erano dipendenti da colpa del conducente ma spesso erano agevolati dall’abuso di sostanze stupefacenti, alcol…, oppure erano dovuti dal fatto che molti guidatori commettevano quel tipo di omicidio senza adottare le corrette misure di diligenza e circolazione stradale; quindi fino a che il legislatore non ha introdotto la nuova legge sull'omicidio stradale nessuna persona andava in carcere per omicidio colposo, neanche chi guidava ubriaco, o sotto sostanze.... e causava la morte di un soggetto, l’unica conseguenza che subiva era il risarcimento del danno. Quando il fenomeno ha assunto tratti ingestibili e la società ha domandato una maggiore severità per contrastare tale fenomeno, allora il legislatore ha introdotto nel Codice Penale l’omicidio stradale che segue una strada processuale diverso rispetto all’omicidio colposo. Se una persona sotto eetto di droga aveva investito un soggetto prima dell’entrata in vigore della legge sull’omicidio stradale, questa persona non avrebbe mai potuto essere condannata per omicidio stradale; l’omicidio stradale ha iniziato a essere contestato solo dopo l’entrata in vigore di tale norma, non a fatti anteriori. Quindi la Costituzione ci sta dicendo che sono ammesse le leggi retroattive in Italia ma mai in materia penale e mai per le norme penali incriminatrici, le norme penali di favore (es. legittima difesa) si applicano sempre retroattivamente. Non esiste in Italia il divieto generale di leggi retroattive, ma questo divieto trova applicazione solo per le norme penali incriminatrici. 11 Quando una norma incriminatrice viene abrogata, chi si trova in carcere viene subito rilasciato perché gli eetti di tale abrogazione sono sempre retroattivi. Può accadere che una norma tributaria sia retroattiva: una norma tributaria introduce un tributo, una tassa, un prelievo fiscale a carico del privato. Se il legislatore interviene e fissa un nuovo tributo aermando che si applica anche retroattivamente, cioè per il passato, allora questa legge sarebbe legittima, il legislatore può fare ciò. Una legge può essere retroattiva purché rispetti il principio di ragionevolezza cioè di corretto esercizio della discrezionalità legislativa, quando la Corte si trova davanti una legge retroattiva che introduce sacrifici ai destinatari di quella norma, il suo controllo sulla ragionevolezzza è molto piu intransigente, più duro. Le leggi retroattive incontrano una soglia insuperabile anche nelle sentenze civili passate in giudicato ovvero quando una vicenda giudiziaria si conclude dopo aver pronunciato una sentenza definitiva e quindi “passa in giudicato” , e non può più essere impugnata. Esempio: Tizio e Caio hanno stipulato un contratto ed è insorta una controversia tra i due, vanno davanti al giudice che dà ragione a Tizio applicando la norma X, vanno in appello, Tizio vince l'appello grazie alla norma X, Caio però non si arrende e impugna la sentenza in Cassazione e la Corte di Cassazione chiude il processo dicendo che Tizio ha ragione definitivamente, la vicenda giudiziaria quindi è conclusa: Tizio ha vinto grazie all norma X e Caio ha perso. Dopo la chiusura di questo processo suppongo che il legislatore intervenga con una nuova disciplina retroattiva in questo caso favorevole a Caio, che contraddice quindi la norma X e che se ci fosse stata all’epoca avrebbe determinato la vittoria di Caio; Tizio però può stare tranquillo perchè, anche se entra in vigore retroattivamente una disciplina favorevole all’avversario Caio, comunque quella vicenda giudiziaria si è conclusa definitivamente, il guaio sarebbe appunto se il processo non fosse ancora concluso. Le leggi retroattive non possono incidere neanche su quei casi di decadenza o prescrizione previsti dalla legge che sono due istituti che rispondono a un’esigenza di certezza del diritto: l’ordinamento riconosce ai soggetti dei diritti che però devono essere esercitati entro un certo lasso di tempo perchè altrimenti vengono perduti dai soggetti. Ultimo limite incontrato dalle leggi retroattive riguarda i diritti quesiti ovvero diritti soggettivi acquisiti in via definitiva nel proprio patrimonio giuridico, un diritto che noi conquistiamo e che nessuno ci può togliere neanche attraverso una norma retroattiva. Esempio: diritto quesito → pensione La pensione è il trattamento economico che l'ente previdenziale versa a chi non lavora più, il lavoratore comunque nel corso dei suoi anni lavorativi ha versato contributi all’ente. La pensione ora viene calcolata tramite il sistema contributivo cioè l’importo della pensione è calcolato in base ai contributi eettivamente versati durante tutta la vita lavorativa del soggetto, le pensioni oggi risultano molto più basse rispetto a quelle calcolate tramite il sistema retributivo. 12 LEZIONE 4 A Quando si parla di diritto oggettivo si fa riferimento allo Stato perché lo Stato ha una serie di poteri tra cui quello di produrre norme giuridiche. Stato → concetto recente, solo a partire dal 1500-1600 si inizia a usare in maniera tecnica la parola Stato. Quando un’entità, un’organizzazione può essere qualificata come Stato? Lo Stato è un'organizzazione giuridica complessa composta da tre elementi costitutivi: territorio, popolo, governo; se manca anche solo uno di questi tre elementi costitutivi allora quell’organizzazione giuridica complessa non può essere qualificata come Stato. -Territorio → è una porzione del pianeta Terra delimitato da confini all’interno del quale un popolo svolge la propria attività, instaura una serie di relazioni ed è subordinato al diritto oggettivo posto in essere dall’apparato pubblico che governa lo Stato. Non c’è un minimo di superficie anché il territorio possa essere considerato uno Stato, non necessariamente deve essere tutto insieme, ci possono essere pezzi dello stesso territorio staccati tra loro, per territorio si intende anche il mare territoriale cioè il pezzo di mare che si prolunga dalla costa entro le 12 miglia marine, si considera territorio anche una nave battente bandiera italiana, un aereo dello Stato italiano, i territori occupati dalle ambasciate italiane in Stati stranieri…. L’importante è che ci siano confini politici, non geografici che circoscrivono nello spazio i poteri sovrani di uno Stato. -Popolo → insieme dei cittadini dello Stato. A volte la parola popolo viene sostituita dal termine nazione anche se in realtà per nazione si intende una realtà comunitaria che evoca comuni tradizioni come stessa lingua, storia, abitudini…, qualcosa quindi che evoca un’unità che si manifesta e sviluppa nel tempo ma che non necessariamente coincide con il popolo. Inoltre popolo e popolazione non sono la stessa cosa: per popolazione si intende l'insieme di coloro che in un determinato momento storico dimorano all’interno di uno Stato indipendentemente dalla cittadinanza, la popolazione si calcola con il censimento, al quale partecipano anche gli stranieri che in quel momento soggiornano nel territorio italiano. Anche negli ordinamenti con il più forte decentramento politico (es. stati federali come USA) il popolo è uno solo, -Governo → per Governo non si intende l’organo esecutivo ma si fa riferimento al complesso apparato istituzionale che fa funzionare lo Stato. Quindi pensando al caso italiano per Governo si intende il Parlamento, il Presidente della Repubblica, Regioni, Province, Comuni, Corte Costituzionale…. ovvero tutti quei soggetti istituzionali che sono, a diverso titolo, titolari di poteri che fanno funzionare l’apparato statale. La cittadinanza è quella qualità che lega una persona a uno Stato, quella condizione che permette a un soggetto di esercitare una serie di diritti soprattutto di natura politica (es. chi non è cittadino italiano non può votare) perché tutti comunque sono titolari dei diritti fondamentali indipendentemente che si abbia la cittadinanza o meno. 15 La cittadinanza all’interno di uno Stato si può acquisire in due modi che non possono coesistere a meno che uno non sia la regola e l’altro l’eccezione: -ius sanguinis → significa diritto del sangue ovvero la cittadinanza si trasmette dai genitori ai figli. Per acquisire la cittadinanza è rilevante avere almeno uno dei genitori cittadini. Criterio scelto da quegli Stati che intendono valorizzare al massimo l’elemento della tradizione perché si ritiene che la cittadinanza sia una delle qualità che vengono trasmesse “in via di sangue”. -ius soli → significa diritto della terra ovvero si considera il territorio dove una persona è nata, quindi si acquista la cittadinanza dello Stato in cui si è nati. Tipico degli Stati che sono in qualche modo alla ricerca di un popolo (es. USA), uno Stato che ha bisogno di cittadini attira immigrati e coloro che nasceranno in quel territorio avranno la cittadinanza. Caso italiano: secondo la legge italiana la regola è lo ius sanguinis, cioè è cittadino italiano per nascita colui che anche se nato al di fuori del territorio italiano ha almeno uno dei genitori italiani. A questa regola dello ius sanguinis la legge italiana introduce tre eccezioni dove si applica lo ius soli ovvero quando il bambino nasce in territorio italiano ma non ha almeno un genitore italiano: -genitori ignoti → bambino nato in territorio italiano di cui non si conoscono i genitori. -genitori apolidi → l’apolidia è la condizione propria di coloro che sono privi di cittadinanza, è un fenomeno rarissimo ma contemplato dai vari ordinamenti. -bambino nato in Italia da genitori il cui Stato di appartenenza non consente di trasmettere la cittadinanza per chi nasce al di fuori del territorio. Questi tre casi sono accomunati dal fatto che siamo in presenza di persone che, nate nel territorio italiano, rischiano di non avere la cittadinanza e quindi il ricorso allo ius soli è più che giustificato. La cittadinanza italiana si può acquisire però anche in altri modi, ad esempio la legge prevede che un bambino nato nel territorio italiano ma i cui genitori sono entrambi stranieri a 18 anni può chiedere entro un anno la cittadinanza purché dimostri di aver dimorato ininterrottamente in Italia per tutto il lasso di tempo, un'altra opzione è che si può chiedere la cittadinanza dopo 10 anni di residenza nel territorio italiano anche se il bambino non è nato in Italia. Così come si acquista, la cittadinanza si può anche perdere (legge n° 91 del 1992 che disciplina acquisto e perdita della cittadinanza). Talvolta si dice che la sovranità sia un elemento costitutivo dello Stato, in realtà è una qualità giuridica che un’organizzazione giuridica complessa acquista per il fatto di essere Stato sovrano. La sovranità può essere interpretata in due modi: -dimensione interna → all’interno dello Stato la sovranità è la matrice di tutti i poteri dello Stato, è la fonte, l’origine dei tre poteri dello Stato. -dimensione esterna → la sovranità è la personalità giuridica di diritto internazionale che consente agli Stati di instaurare rapporti giuridici di diritto internazionale con altri Stati. La comunità internazionale è un insieme di Stati sovrani indipendenti e il diritto internazionale è l’insieme delle norme che disciplinano i rapporti tra Stati sovrani 16 indipendenti e ha principalmente due fonti ovvero le consuetudini (comportamenti omogenei ripetuti nel tempo ripetuti dalla maggior parte degli Stati e sorretti dal convincimento dell’obbligatorietà giuridica di quei comportamenti) e i trattati (contratti, accordi tra due o più stati sovrani indipendenti). Senza questa sovranità (dimensione esterna) gli Stati non potrebbero validamente dar vita a consuetudini o stipulare trattati. Esempio: città-stato del Vaticano. E’ uno Stato sovrano indipendente: c’è un popolo perché esiste la cittadinanza vaticana, c’è un Governo perché il Papa è il Capo di Stato ed esercita tutti e tre i poteri dello Stato. LEZIONE 4 B Costituzione → nozione recente, si inizia infatti a parlare di Costituzione solo alla fine del 1700; nel 1776 le ex colonie britanniche dichiarano la loro indipendenza e nel 1777 approvano una Costituzione che disciplina l’apparato di governo federale e i rapporti tra il livello federale e i singoli Stati. La definizione di Costituzione può essere ricostruita alla luce di quanto previsto dall’articolo 16 della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino del 1789: “ogni società che non tutela i diritti fondamentali e non ha la separazione dei poteri non ha una Costituzione” . L’articolo 16 dice che la Costituzione serve a tutelare i diritti fondamentali attraverso un apparato di governo basato sulla separazione dei poteri, quindi l’articolo identifica il fine essenziale delle Costituzioni in senso liberale cioè quello di tutelare i diritti fondamentali. -tutela dei diritti fondamentali → conquista della Rivoluzione Francese, prima in realtà esistevano già tali diritti ma non erano tutelati. Un diritto soggettivo è anche un diritto fondamentale quando è tutelato innanzitutto nei rapporti con lo Stato, quindi nella sua dimensione verticale cioè tra individuo e autorità; fu questa la vera svolta della Rivoluzione Francese. Considero ad esempio il diritto alla libertà personale: uno Stato vìola tale diritto attraverso l’arresto e un soggetto risulta non tutelato nel diritto alla libertà personale quando non può reagire in alcun modo cioè quando viene arrestato e condotto in carcere senza conoscere l’accusa, senza potersi difendere, senza avere diritto a un giusto processo… Nel momento in cui una Costituzione pone allo Stato vincoli, limitazioni e divieti per violare la libertà personale, allora la Costituzione sta tutelando un diritto fondamentale; l’articolo 13 stabilisce che “nessuno può subire provvedimenti restrittivi della libertà personale se non nei casi e modi stabiliti dalla legge e con atto motivato dell’autorità giudiziaria” , quindi la Costituzione aerma che una persona può subire una limitazione della libertà personale ma solo se la legge lo prevede espressamente e solo se c’è un provvedimento di un giudice che motivi le ragioni delle limitazioni della libertà personale. 17 radicalmente opposta sui diritti, dell'apparato di governo, sui doveri, sul sistema economico, sulla religione…. La Costituzione entrò in vigore il 1 Gennaio 1948. La Costituzione fu poi modificata, integrata nel corso degli anni ma ancora oggi mantiene il proprio valore attuale. Dunque la Costituzione Italiana è rigida, lunga, votata, frutto di un accordo tra forze politiche plurali, democratiche. LEZIONE 5 A Costituzione Italiana -Primi 12 articoli → dedicati ai principi fondamentali -Prima parte → dedicata ai rapporti civili, economici, sociali dove sono codificati i diritti fondamentali e anche qualche dovere. -Seconda parte → si occupa della forma di governo, degli organi dello STato (Presidente, Parlamento, Governo), dell’autorità giudiziarie, della Corte Costituzionale, del sistema delle autonomie territoriali. Interpretando il diritto si enuclea dalla disposizione la regola giuridica da applicare al caso concreto, il diritto oggettivo si esprime attraverso norme giuridiche che presentano questa caratteristica (se A allora B), la norma giuridica è una regola che il giudice applica direttamente nel processo; il diritto oggettivo quindi mette a disposizione dei giudici, dei pubblici funzionari, dei privati, le regole da applicare al caso concreto. Il diritto si manifesta anche attraverso principi che non sono regole da applicare ai casi concreti, non stabiliscono un rapporto di causalità tra un comportamento e determinati eetti; i principi sono però elementi del diritto oggettivo, sono vere e proprie norme di diritto con la principale caratteristica di non poter trovare applicazione diretta al caso concreto. Esempio: l’articolo 32 della Costituzione impone alla Repubblica di garantire cure gratuite agli indigenti. Suppongo che Tizio si rivolga a un ospedale per rifarsi il naso perché il suo non gli piace e pretende che questo tipo di intervento chirurgico sia gratuito, l’ospedale rifiuta perché non è un'operazione che garantisce gratuitamente; Tizio, non contento della risposta, si rivolge al giudice sostenendo di avere una malattia il naso perchè troppo grosso e questo gli rende dicile l’interazione con gli altri e quindi questa malattia deve essere curata, per cui invoca l'applicazione dell’articolo 32 perché si tratta di una cura che secondo la Costituzione deve essere gratuita. L’articolo 32 è una norma giuridica ma che il giudice non può applicare direttamente a causa delle dicoltà interpretative dell'articolo stesso; in questi casi allora il giudice deve verificare se, secondo la normativa vigente, quel tipo di prestazione sanitaria sia gratuita oppure no. L’articolo 32 che disciplina le cure gratuite per gli indigenti è definito come un principio cioè una direttiva, un'indicazione di un obiettivo da raggiungere, è qualcosa 20 che riflette una concezione ideale dei rapporti sociali, economici, culturali…, definisce l’intelaiatura di una struttura normativa che verrà poi edificata da altri soggetti e organi; l’articolo 32 quindi si rivolge innanzitutto al legislatore dicendogli di disciplinare la materia sanitaria, di occuparsi del rapporto tra ospedali e pazienti, rispettando però la direttiva dell’articolo, il legislatore dunque non è completamente libero di agire. I principi nel mondo del diritto servono a orientare la futura attività normativa devoluta ad altri organi in modo tale da evitare che chi produce norme giuridiche sia assolutamente libero di agire come vuole. La Costituzione è piena di principi: es. art 34 “la scuola è aperta a tutti” è un principio che impone a coloro che disciplinano le attività scolastiche di creare una normativa che sia inclusiva, che consenta a tutti di accedere alla didattica e alle istituzioni scolastiche. Il diritto oggettivo potrebbe anche vivere senza principi ma laddove c’è una Costituzione che in qualche modo si prefigge l'obiettivo di concorrere al cambiamento sociale, al progresso, alla giustizia… allora è giusto che la Costituzione contenga una serie di principi per guidare la mano del legislatore, in modo tale che quel progetto complessivo che aora dalla Costituzione possa poi realizzarsi. L’ordinamento repubblicano è stato costruito intorno a un nucleo forte di principi supremi dell’ordinamento, cioè la combinazione di elementi, talmente forte che se uno di questi elementi viene tolto allora crolla l’intera struttura; si immagina che un ordinamento giuridico si sviluppi a partire da un nucleo forte di principi supremi che conferiscono stabilità e identità a l'ordinamento giuridico. Questo nucleo è composto da una serie di principi fondamentali che non possono essere modificati neanche in sede di revisione costituzionale, neanche il Parlamento quindi può sopprimere quei principi; ricordiamo che la Costituzione Italiana non ha rinnegato la tradizione dello Stato liberale di diritto, l’Italia è considerata uno Stato sociale di diritto perché combina i vecchi principi dell'esperienza liberale e i nuovi principi dell'esperienza socialdemocratica: -principio di legalità → tutti i poteri dello Stato sono subordinati al diritto oggettivo, precisamente alla Costituzione; un giudice quindi applica la legge a cui confronti, un pubblico funzionario deve rispettare la legge quando esercita i propri poteri… -principio di uguaglianza formale → tutti sono uguali davanti alla legge senza discriminazioni di razza, sesso, religione, lingua, opinioni politiche, condizioni personali e sociali. -principio di separazione dei poteri → i tre poteri dello Stato devono essere separati Lo Stato liberale di diritto ha immesso nell'ordinamento repubblicano italiano questi principi, che si sono aermati in maniera forte e risoluta a partire dalla Rivoluzione Francese. Ci sono anche principi che sono la principale novità da attribuire all'impatto che il pensiero socialdemocratico ha avuto nella ricostruzione dell'ordinamento italiano: -principio di uguaglianza sostanziale → secondo comma dell’articolo 3, principio supremo dell'ordinamento. Mentre l'uguaglianza formale fa sì che tutti siano astrattamente titolari dei diritti fondamentali, il principio di uguaglianza sostanziale fa sì che tutti noi siamo nelle condizioni di godere eettivamente di quei diritti fondamentali, di poterli esercitare veramente, alcuni diritti fondamentali infatti se mancano alcuni beni non possono 21 essere esercitati (es. libertà di domicilio, se non ho una casa non posso esercitare tale libertà). Bisogna garantire a tutti il pieno sviluppo della personalità e l’eettiva partecipazione alla vita economica, sociale e politica del Paese, bisogna rimuovere gli ostacoli che impediscono l’eettiva uguaglianza tra le persone. Ci sono poi dei principi fondamentali che risentono in maniera evidente della cultura cattolica e delle culture liberali, che in Assemblea Costituente hanno avuto modo di esprimersi e trovare riconoscimento nella Costituzione e tra i principi supremi: -principio personalista → articolo 2 “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali in cui si sviluppa la sua personalità” . Questo principio aerma che la persona è al centro dell'ordinamento, lo Stato è al servizio della persona e non il contrario, la persona non può essere strumentalizzata per realizzare le finalità proprie dello Stato; il principio personalista valorizza la dimensione individuale che è intimamente connessa al concetto di dignità, che rende ogni persona unica, infungibile. -principio pluralista → una persona non è semplicemente un individuo chiuso su sè stesso che egoisticamente pensa solo ai propri aari, ma instaura anche una serie di relazioni con gli altri consociati che non sono indierenti e irrilevanti ai fini degli obiettivi generali perseguiti dalla nostra Costituzione; all’interno della società quindi si creano quelle formazioni sociali che permettono all'individuo di emanciparsi dalla sua dimensione individuale, per operare come consociato, come colui che condivide con gli altri un comune destino esistenziale. Dunque tra Stato e individuo si inseriscono i corpi intermedi cioè le formazioni sociali, come la famiglia, il partito, la scuola… Non solo le diversità individuali sono sacre e inviolabili, lo Stato non può omologare i consociati rendendoli tutti uguali, ma inoltre bisogna riconoscere il valore delle dierenze che ci sono tra formazioni sociali e tutte hanno pari dignità costituzionali. -principio solidarista → l’articolo 2 non si limita solo a riconoscere sia nella dimensione individuale che collettiva i diritti fondamentali dell'uomo, ma richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà sociale, economia e politica; per solidarietà si intende prendersi cura di qualcun altro, condividere il peso della vita quotidiana con le altre persone che magari versano in condizioni di dicoltà, accettare le limitazioni alle proprie libertà, ambizioni… Esempio: l'obbligo di pagare le tasse (art. 53) non è semplicemente un imposizione da parte dello Stato ma pagare le tasse significa anche contribuire a quelle spese che servono a erogare prestazioni a soggetti deboli, a coloro che altrimenti sarebbero esclusi dall'approvvigionamento dei beni indispensabili per godere realmente dei diritti fondamentali, come sanità, scuola, trasporti, lavoro… -principio lavorista → l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Il lavoro è un diritto ma è anche un dovere da adempiere per concorre al progresso spirituale e materiale della società. Il lavoro è un elemento qualificante dell’ordinamento repubblicano. 22 perché è inimmaginabile che in Italia 48 milioni di aventi diritto al voto possano di volta in volta essere chiamati a legiferare. La democrazia può degenerare in due fenomeni: demagogia e populismo che hanno in comune la strumentalizzazione del popolo cioè i governanti, o comunque la classe politica, usa il popolo per perseguire determinate finalità e quindi evoca strumentalmente la sovranità popolare o la democrazia per nascondere la realtà di certe decisioni, per conquistare la benevolenza degli elettori secondo una precisa strategia politica. La demagogia era già conosciuta nell’antica Grecia e si faceva riferimento a quei governanti che adulavano il popolo per ottenerne i favori quando poi avrebbero comunque assunto decisioni impopolari; il populismo invece è un fenomeno di cui si parla parecchio negli ultimi tempi perché è una continua ostinata evocazione del popolo come se tutto fosse riconducibile alla sovranità popolare e di ogni decisione fosse necessario dare una risposta al popolo che si aspetta qualcosa. Il processo a Gesù secondo i Vangeli: Gesù fu accusato dal Sinedrio, cioè il vertice religioso della comunità ebraica, di una serie di illeciti particolarmente gravi, primo tra tutti il fatto di essersi auto dichiarato Messia e figlio di Dio, con questa accusa però Gesù non poteva essere perseguito direttamente dalle autorità religiose locali (dell’attuale Israele) perché la giurisdizione spettava ai romani che avevano colonizzato quella terra. Gesù dunque fu portato davanti a Ponzio Pilato anchè venisse condannato a morte per le sue aermazioni, Ponzio Pilato si avvalse di una consuetudine e quindi essendo Pasqua si rivolse al popolo dando la possibilità di scegliere chi liberare tra Gesù e il noto criminale Barabba che si era macchiato di reati gravi anche contro i romani, il popolo in massa chiese la liberazione di Barabba e Ponzio Pilato si inchinò alla volontà del popolo. Questo episodio viene evocato perché da certi punti di vista dimostra come il popolo sia facilmente manipolabile, i Vangeli narrano che il popolo fu in qualche modo spinto da qualcuno a pronunciarsi a favore della liberazione di Barabba e alla conseguente pena capitale per Gesù, il popolo si era mosso come un gregge, anche in maniera insidiosa e decise senza una discussione, un dibattito, fu presa una decisione radicale; la mancanza del confronto dialettico all'interno di una moltitudine di persone è una lesione al metodo democratico perché la democrazia impone il confronto, la discussione prima di assumere una decisione, in modo tale che sia ponderata e si basi su fatti e riflessioni condivise con altri. La democrazia è un metodo che permette di correggere possibili errori, gli organi democratici possono commettere errori, non sono infallibili, ma il valore della democrazia è proprio poter correggere questi errori, è poter fare un passo indietro quando ci si accorge di aver sbagliato. Nel processo a Gesù però viene assunta una decisione irreversibile perché una volta eseguita la condanna a morte, anche se ci si rende conto di aver sbagliato, ormai non si può più tornare indietro, l’errore non può più essere corretto. La democrazia è atteggiamento critico, è rispetto dell’avversario, è consapevolezza di poter agire arontando rischi, è disponibilità a cambiare idea attraverso un confronto, dunque è formata da principi da rispettare ma allo stesso tempo da capacità di trovare soluzioni; se questi elementi non vengono rispettati non si ha una democrazia. 25 Democrazia: -libere elezioni degli organi politici di vertice di uno Stato -pluralismo cioè più forze politiche che si contendono il potere -voto personale, libero, segreto -rispetto delle opposizioni e delle minoranza → in un organo democratico alla fine sarà la maggioranza a decidere ma solo se la decisione è preceduta da un dibattito in cui anche l'opposizione può far valere le proprie ragioni -rispetto dell’opinione pubblica -corretta comunicazione politica -libera e plurale manifestazione del pensiero in modo tale che chi è maggioranza può cercare di mantenere il potere nel tempo dimostrando agli elettori le proprie virtù, ma è anche possibilità per l’opposizione di “mettere in imbarazzo” la maggioranza per poter conquistare consenso presso gli elettori Se mancano questi elementi la democrazia è finta, rischia di degenerare in demagogia e populismo ma può anche trasformarsi in totalitarismo, infatti ad esempio fascismo e nazismo sono nati in due democrazie. Principio della supremazia della Costituzione → una Costituzione è talmente forte da limitare la stessa sovranità popolare nei limiti e nelle forme della Costituzione. Giustizia costituzionale significa che c’è un giudice che può annullare decisioni della maggioranza incompatibili con la Costituzione perché, essendo fonte suprema del diritto, essendo a disposizione di tutti, ed essendo contenitore di principi secondo i quali le dierenze ideologiche svaniscono, allora è giusto che prevalga in caso di antinomia con le decisioni del Parlamento perché altrimenti c’è il rischio di una degenerazione. “La Costituzione serve a proteggere la democrazia da se stessa, la Costituzione è un argine a eventuali derive maggioritarie della democrazia, a eventuali abusi della maggioranza” → un Parlamento di uno Stato democratico, se non c’è una Costituzione potrebbe attribuire pieni poteri a una sola persona (Germania nazista e Italia fascista), se c’è però una Costituzione che impedisce queste situazioni e consente al giudice di annullarle allora la democrazia può continuare a sopravvivere; tuttavia la democrazia non può fare adamento esclusivamente a un sistema di giustizia costituzionale che a modo suo può essere imperfetto e commettere degli errori, è importante e fondamentale che un popolo maturo con un forte senso civico sia esso stesso garante della democrazia, intesa in senso autentico e genuino. 26 LEZIONE 6 A Sistemi elettorali → modalità attraverso le quali la democrazia rappresentativa prende forma e permette alle istituzioni parlamentari di funzionare. Il sistema elettorale è una formula matematica che permette di convertire i voti espressi dagli elettori in seggi, bisogna rendere i voti funzionali alla costruzione di una Camera e di un Senato composto da deputati e senatori che poi svolgeranno le attività previste dalla Costituzione. I seggi sono i posti in Parlamento, una volta espressi tutti i voti bisogna distribuire i vari seggi tra candidati che appartengono a diverse liste. I sistemi elettorali fondamentali sono due: sistema proporzionale e sistema maggioritario. Per cogliere la dierenza tra i due sistemi occorre partire dalla definizione di collegio elettorale ovvero una suddivisione territoriale degli elettori, tenendo conto che ogni elettore ha un solo voto e lo esercita nel Comune di residenza. I collegi possono essere di due tipi: -collegi plurinominali → a questo collegio vengono associati due o più seggi, gli elettori dovranno scegliere due o più deputati o senatori; quindi vengono messi a disposizione delle liste e delle coalizioni due o più seggi e le liste competono per ottenere uno o più di questi seggi del collegio plurinominale. -collegi uninominali → si concorre per l’assegnazione di un solo seggio, si hanno più candidati appartenenti a liste o coalizioni diverse e l’unico seggio verrà conquistato dal candidato che avrà ottenuto il maggior numero di voti. -sistema proporzionale → sistema elettorale che si accompagna ad una distribuzione degli elettori in collegi plurinominali. I due o più seggi messi a disposizione in quel collegio vengono distribuiti tra le liste o coalizioni in proporzione ai voti ottenuti da ogni lista o coalizione. Ad esempio se a un collegio plurinominale sono assegnati 10 seggi e una lista ottiene il 30% dei voti allora a casa porterà 3 dei 10 seggi -sistema maggioritario → sistema elettorale che si accompagna ad una distribuzione degli elettori in collegi uninominali. L’unico seggio messo a disposizione nel collegio viene assegnato al candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti, uno vince e gli altri perdono. Perché scegliere sistema proporzionale e perchè scegliere sistema maggioritario? -Il pregio del sistema proporzionale è che esso fotografa in maniera sucientemente precisa la consistenza numerica dei vari partiti o movimenti che animano la scena politica del nostro Paese. Questo sistema valorizza al meglio il pluralismo democratico in quanto consente anche a formazioni politiche più esigue rispetto ai principali attori politici di avere una rappresentanza in Parlamento; nel dibattito politico che si anima in Parlamento anche una formazione politica con numeri bassi può avere un peso importante e ciò dipende dalla qualità dei suoi rappresentanti in Parlamento, dalla loro capacità di inserirsi nel confronto dialettico tra maggioranza e opposizione e dare il loro contributo. Lo svantaggio di questo sistema è il fatto che esso determina quasi sempre un’estrema frammentazione del quadro politico con conseguenze negative sulla governabilità del Paese. 27 fu il governo più longevo della storia italiana, Bettino Craxi era il leader del Partito Socialista e quindi del secondo partito della maggioranza. Si trattava però, anche in questo caso, di alleanze fragili che non riuscivano a tenere insieme il Governo e il Parlamento per tutta la durata della legislatura, quindi le crisi e gli scioglimenti anticipati erano ricorrenti e tutto ciò si abbinò a un evento storico di portata straordinaria nei primi anni 90 ovvero tangentopoli, indagini mani pulite: la Procura della Repubblica di Milano indaga su alcuni partiti politici in Lombardia, scoprendo una serie di attività illecite che vedevano protagonisti i principali partiti che fino a quel momento avevano retto le sorti della Repubblica Italiana, questo determinò la fine della “prima Repubblica” poiché i vecchi partiti furono spazzati via in quanto i rispettivi leader furono sottoposti a processo e quindi ci fu una svolta nelle istituzioni parlamentari e nel sistema elettorale. - 1994/2006 → Nel 1993 si abbandona il sistema proporzionale per dar vita a un nuovo sistema. Con il sistema proporzionale, dal 1948 in avanti, i vari partiti si presentavano alle elezioni in ordine sparso, ogni partito presenta una propria lista e quando si andava a votare si trovavano le varie liste corrispondenti a un partito; il Presidente della Repubblica, dovendo formare un nuovo governo, procedeva alle consultazioni, chiamava al Quirinale i leader dei vari partiti e in quella sede si formavano le coalizioni di governo, quindi le alleanze che avrebbero poi condotto alla nascita del nuovo esecutivo si formavano dopo le elezioni. Nel 1993 il Parlamento approva una nuova legge elettorale ovvero la “legge Mattarellum” dal nome di Sergio Mattarella: il Mattarellum era un sistema misto, ¾ maggioritario ¼ proporzionale. Stanchi di decenni di ingovernabilità i parlamentari optarono per una soluzione più eciente sul piano della stabilità e vi fu anche la volontà di introdurre un minimo di correttivo proporzionale, in modo tale da consentire anche a formazioni politiche più piccole ma rilevanti di avere una chance di entrare in Parlamento. Le prime elezioni con questo sistema si celebrarono nel 1994 e si presentarono delle coalizioni: c’erano diversi partiti che, anziché presentarsi in ordine sparso, si presentarono in due grandi coalizioni, una di centrodestra capitanata da Silvio Berlusconi che si alleò poi con altre formazioni di centrodestra che ne condividono gli orientamenti e i programmi, e una di centro-sinistra capitanata da Achille Occhetto che metteva insieme pezzi della vecchia Democrazia Cristiana, del Partito Comunista e altre formazioni minori; le elezioni del 1994 furono vinte da Silvio Berlusconi e dalla sua coalizione, quindi il centrodestra governa e il centrosinistra sta all’opposizione, il Capo dello Stato non ebbe dicoltà a nominare Berlusconi come Presidente del Consiglio. In questo caso le coalizioni si formano prima delle elezioni, quindi l’elettore sa quale sarà la maggioranza che in caso di vittoria occuperà Palazzo Chigi, eserciterà il potere esecutivo e controllerà le istituzioni parlamentari. Sette mesi dopo però ci fu un colpo di scena: un partito della coalizione guidata da Berlusconi ritira il proprio appoggio uscendo dalla coalizione (la Lega di Umberto Bossi), si apre quindi una crisi di governo e l’allora Presidente della Repubblica Scalfaro deve decidere se sciogliere le Camere e indire nuove elezioni oppure andare avanti con un’altra formula in modo tale da garantire un minimo di continuità della legislatura, procedendo poi in seguito a nuove elezioni; chiaramente Berlusconi spingeva per uno scioglimento anticipato ma il Presidente della Repubblica preferì 30 mantenere in piedi la legislatura perché tornare al voto dopo soli sette mesi avrebbe creato un disagio generale. Venne istituito quindi un governo tecnico che durerà fino al 1996, anno in cui ci furono le nuove elezioni, questa volta vinse il centrosinistra guidato da Romano Prodi. Nel 1998 Bertinotti leader di Rifondazione Comunista vota contro una proposta della maggioranza di Prodi che è quindi costretto a rassegnare le dimissioni perchè egli aveva posto su quel voto la “questione di fiducia” che è quell'istituto che se va male si è costretti giuridicamente a dimettersi; si aprì quindi una nuova crisi di governo e anche qui di fronte all’alternativa se sciogliere o continuare la legislatura, fu nominato Presidente del Consiglio Massimo D’Alema e si creò una nuova maggioranza, successivamente dopo una nuova crisi l’incarico fu adato a Giuliano Amato e infine si arriva alla scadenza naturale della legislatura nel 2001. Quindi dal 1996 al 2001 si ebbero tre Presidenti del Consiglio. Nelle nuove elezioni del 2001 stravince il centrodestra di Berlusconi e dura in carica cinque anni. - 2006/2014 → Nel 2005, un anno prima della fine della legislatura, Berlusconi scopre che votando con il Mattarellum perderebbe le elezioni, quindi egli pensò di abrogare il Mattarellum e di introdurre un nuovo sistema elettorale che gli permettesse di avere maggiori chance di successo, nel 2005 infatti ci fu un nuovo sistema elettorale ovvero il “Porcellum” così chiamato perché quel sistema elettorale fu pensato e approvato all’unico scopo di vincere le elezioni facendo fuori il nemico. La novità del Porcellum fu la reintroduzione del sistema proporzionale, con due correttivi: premio di maggioranza ovvero alla coalizione 1° classificata alle elezioni viene dato un premio in termini di numero di deputati e senatori, ragionevolmente suciente a garantire la governabilità, l'obiettivo quindi era quello di garantire i numeri per poter governare, l’altro correttivo è la soglia di sbarramento ovvero le coalizioni che non raggiungono un minimo risultato elettorale stabilito dalla legge non entrano in Parlamento, serve a tenere lontano dal Parlamento le formazioni politiche minori che danno fastidio e possono mettere sotto ricatto le forze politiche maggiori. Nel 2006 si arriva alle elezioni con il Porcellum e, contrariamente a quanto aveva immaginato Berlusconi, le elezioni furono vinte dal centrosinistra di Prodi. Nel 2008 il Presidente del Consiglio Prodi mette una questione di fiducia su una votazione e questa volta è Clemente Mastella, leader di un partito minore di centrosinistra, a tirarsi indietro, quindi a votare contro la questione di fiducia. Dopo due anni Prodi si dimette e questa volta si ha lo scioglimento anticipato delle Camere, si va alle elezioni e stravince il centrodestra di Berlusconi, egli governa per tre anni fino al 2011, quando i guai giudiziari diventano sempre più rilevanti, si avvicinano quindi i momenti critici dal punto di vista processuale per il Presidente del Consiglio e a ciò si aggiunge una crisi economica che mette quella coalizione in grave dicoltà anche a livello internazionale perché considerata responsabile della crisi economica e istituzionale; Berlusconi dunque si dimette, vorrebbe andare alle elezioni anticipate ma il Presidente della Repubblica nomina un governo tecnico guidato da Mario Monti che sta in carica fino al 2013 e attuerà una serie di riforme, molte imposte a livello europeo per poter risanare i conti pubblici. Nel 2013 si va alle elezioni, con il Porcellum vince il centrosinistra guidato da Bersani e accade che il centrosinistra vince alla Camera e ottiene il premio di maggioranza, al Senato però la ripartizione dei seggi avviene su base regionale e la coalizione di 31 centrosinistra al Senato non ha i numeri per poter governare; nel frattempo è entrato in scena il Movimento 5 Stelle che ha ottenuto un importantissimo risultato elettorale e diventa l’ago della bilancia, quindi tra i due attori principali si insinua questa forza politica che è in equilibrio rispetto alle altre due. Nel 2013 Bersani si trova una situazione complessa: la Camera sa di poter contare su una maggioranza di 340 deputati di centrosinistra, al Senato però deve per forza cercare un'alleanza in altre formazioni politiche perché altrimenti non ha i numeri per governare; Bersani non riesce e trovare alleanze e quindi il Presidente della Repubblica, anziché nominare il leader della coalizione vincente, nomina Enrico Letta, un altro esponente del centrosinistra che si ritiene capace di mettere insieme una maggioranza. Nel 2014 si verificano due episodi decisivi che segnarono la fine della terza fase di storia dei sistemi elettorali, dando vita a un nuovo regime elettorale: 1) La Corte Costituzionale dichiara l’incostituzionalità del Porcellum in relazione a due profili rilevanti: -liste bloccate → l'elettore non può esprimere alcuna preferenza sui candidati, l'elettore era vincolato alle scelte della segreteria dei partiti, che a tavolino avevano deciso l'ordine dei candidati nelle varie liste. Dunque la Corte dichiara l’incostituzionalità delle liste bloccate consentendo all’elettore di esprimere almeno una preferenza in modo da ripristinare la par condicio tra i candidati. -premio di maggioranza → la Corte dichiara l’incostituzionalità del Porcellum nella parte in cui prevede il premio di maggioranza ma non una soglia minima da raggiungere perché scatti il premio di maggioranza, soglia minima che non viene stabilita dalla Corte Costituzionale perché spetta al legislatore farlo. Il premio di maggioranza nasce con la volontà di correggere in termini di governabilità il sistema proporzionale e ha il grande merito di consentire alla coalizione vincente di avere numeri sucienti per governare, il rischio però è che una coalizione che vince le elezioni con il 30% , da quella percentuale può passare anche a più del 50% dei deputati e dei senatori in Parlamento, c’è quindi il rischio di una sovrarappresentazione in Parlamento delle forze politiche; la Corte approva il premio di maggioranza ma purché il legislatore stabilisca una soglia minima. La Corte quindi ha dichiarato l’incostituzionalità di una legge che ha funzionato nel 2006, nel 2008, nel 2013, la Corte quindi ha detto in pratica che i parlamentari del 2006, 2008 e 2013 sono stati scelti in base a una legge elettorale incostituzionale e le sentenze di incostituzionalità hanno di regola ecacia retroattiva, quindi spazzano via una legge sin da quando è entrata in vigore; se la Corte avesse applicato questa regola generale, tutti i Parlamentari eletti nel 2006, 2008 e 2013 erano rimasti in carica in maniera illegittima, quindi tutti gli atti approvati dal Parlamento dal 2006 al 2013 erano atti illegittimi, tra questi atti c’erano anche elezioni e nomine. La Corte ha saggiamente deciso di riconoscere l'incostituzionalità del Porcellum solo per il futuro. 2) Il secondo episodio verificatosi nel 2014: La maggioranza Letta è fragile e non è quella uscita dalla competizione elettorale del 2013. Si fa avanti all'interno del Partito Democratico Matteo Renzi, riscuote un certo successo e garantisce a Letta il suo appoggio incondizionato ma nei giorni successivi convince i suoi a ritirare l’appoggio a Letta che è quindi costretto a dimettersi, il 32 Ci sono tre situazioni che impediscono a una persona di entrare in Parlamento: 1) ineleggibilità → è ineleggibile colui che si trova in una delle situazioni previste dalla legge che vengono considerate in conflitto di interessi rispetto alla carica da svolgere, queste situazioni mettono un candidato in una posizione decisamente più avvantaggiata rispetto agli altri candidati. Esempio: il Magistrato può essere eletto in Parlamento ma non è eleggibile nella circoscrizione in cui egli esercita le proprie funzioni giudiziarie, si ritiene infatti che in quella posizione possa sfruttare il proprio ruolo per la “captatio benevolentiae” cioè per conquistare voti. 2) incompatibilità → due cariche sono tra di loro incompatibili, ovvero una persona non può ricoprire contemporaneamente quelle due cariche, non si può essere contemporaneamente deputato e senatore, parlamentare e giudice della Corte Costituzionale…. 3) incandidabilità → la Legge Severino ha introdotto una serie di misure volte a impedire la candidabilità di alcuni soggetti sottoposti a indagini giudiziarie per una serie di reati particolarmente gravi previsti dalla stessa legge, quindi chi è sottoposto all'attenzione della Magistratura perché indagato e può subire un processo penale per aver commesso una serie di reati, in particolare contro la Pubblica Amministrazione (es. corruzione, concussione, abuso d'ucio…), allora non può candidarsi. Una volta avvenuta l’elezione e una volta che ciascuna camera ha eettuato la verifica dei poteri cioè abbia verificato il regolare svolgimento delle elezioni e abbia appurato che ogni singolo parlamentare non versi in condizioni di ineleggibilità, incompatibilità e incandidabilità, allora l’eletto assume la pienezza delle proprie funzioni ed è assistito da una serie di garanzie, le guarentigie parlamentari, che confluiscono nello status, o condizione giuridica complessiva, del parlamentare. Queste guarentigie sono quattro: 1) divieto di mandato imperativo, art. 67 2) insindacabilità, art 68 comma 1 3) inviolabilità o immunità, art 68 comma 2 e 3 4) indennità, art 69 ● Divieto di mandato imperativo → l’articolo 67 aerma che “ogni parlamentare rappresenta l’intera nazione ed esercita le proprie funzioni senza vincolo di mandato”. Innanzitutto bisogna ragionare sul concetto di rappresentanza: nel diritto privato la rappresentanza è quell'istituto che permette ad una persona di agire giuridicamente in nome e per conto di altri, quando una persona riceve poteri di rappresentanza può stipulare contratti o può porre in essere atti giuridici che però vengono intestati e producono i loro eetti nella sfera giuridica di un'altra persona che non ha materialmente partecipato realizzazione di quell’attività negoziale. Esempio: tra un anno mi devo trasferire a Roma per lavoro, devo trovare una casa ma siccome sono impegnato a Pavia per attività lavorative non posso andare a Roma per trovare casa, dunque trovo una persona di fiducia e, attraverso la stipulazione di un contratto di mandato, gli attribuisce poteri di rappresentanza, egli quindi andrà a Roma e una volta trovare l’appartamento stipula un contratto di compravendita che però produce eetti nella mia sfera giuridica. 35 La rappresentanza non è accompagnata da una delega in bianco, ma io do delle istruzioni al rappresentante, altrimenti agirebbe con eccessive libertà; se il rappresentante non dovesse onorare i propri impegni contrattuali, io sarà libero di porre fine al rapporto revocando il mandato. Quindi la rappresentanza giuridica di diritto privato è caratterizzato da un forte rapporto tra il rappresentante e il rappresentato: il rappresentante è soggetto di obblighi giuridici nei confronti del rappresentato, il cui inadempimento può dar luogo a conseguenze sulla stessa persistenza di quell’incarico, quindi se il rappresentante non fa quello che dico io lo “licenzio”. Siccome deputati e senatori vengono qualificati come nostri rappresentanti, tutto ciò vale anche nel rapporto tra elettori ed eletti? Le regole della rappresentanza giuridica di diritto privato si possono applicare anche alla funzione parlamentare? No, non funziona così: il deputato e il senatore sono rappresentanti ma non nel significato assunto all’interno del codice civile, non sono nostri rappresentati giuridici, ma sono l'incarnazione, l’inveramento del principio di rappresentanza politica, ben diversa dalla rappresentanza giuridica. Deputati e senatori rappresentano l’intera nazione perché ogni parlamentare viene eletto in un collegio elettorale, in una porzione di territorio, quindi l’elezione avviene in un ambito territorialmente definito, c’è una porzione piccola di elettori che ha espresso la propria preferenza nei confronti di un parlamentare, quindi c’è il rischio che il parlamentare si senta rappresentante solo di coloro che l’hanno scelto per andare in Parlamento, e allora la Costituzione per fugare questo dubbio aerma che il parlamentare è rappresentante di tutta la nazione, indipendentemente dal luogo in cui è stato eletto. Nell’articolo 67 si parla anche di assenza di vincolo di mandato: il mandato è quel contatto bilaterale previsto dal codice civile per attribuire poteri di rappresentanza ad un'altra persona, “senza vincolo di mandato” significa che chi viene eletto non agisce in virtù di un mandato in senso giuridico espresso dagli elettori, quindi è la conferma del fatto che deputati e senatori non sono rappresentanti giuridici degli lettori, non c’è stato nessun contratto di mandato. La conseguenza del divieto di mandato imperativo è che non c’è nessun meccanismo di revoca dalla carica di parlamentare per coloro che si rivelano infedeli rispetto agli impegni assunti nei confronti degli elettori, gli elettori non hanno modo di intervenire sugli eletti che si rivelano assolutamente incapaci o no disponibili di dar seguito alle promesse fatte in campagna elettorale, diversamente dal rappresentante del codice civile che invece può essere mandato via se risulta inadempiente; lo stesso vale per il parlamentare che risulta assente, non partecipa alle attività parlamentari, non presenta porporato di legge… L’unica cosa che l’elettore può fare in questo caso è non votare più quel parlamentare alle elezioni successive, è l’unico rimedio. Il parlamentare però non ha rapporti solo con gli elettori ma ha rapporti anche con il partito grazie al quale ha partecipato alla competizione elettorale, per poter far parte di una lista devo aver rapporti con il partito di cui quella lista è la rappresentazione elettorale. Come si manifesta il divieto di mandato imperativo nei rapporti tra il parlamentare e il partito nella cui lista il parlamentare ha partecipato alle elezioni? 36 Esempio: se io sono stato eletto nella lista di un partito e all’atto dell’insediamento aderisco a un gruppo parlamentare diverso, allora il mio partito di appartenenza non può chiedere e ottenere la revoca dalla carica parlamentare, il partito non ha questo potere, io come eletto sono libero di aderire al gruppo parlamentare che ritengo più congeniale alla mia posizione politica, anche nell'ipotesi in cui io sia stato eletto in una lista diversa. Il divieto di mandato imperativo permette tutto questo senza che il parlamentare subisca conseguenze negative sulla perduranza della carica parlamentare, e inoltre permette a ogni parlamentare nel corso della legislatura di cambiare gruppo, questo fenomeno si chiama transfughismo e sta a indicare quei parlamentare che, eletti in una lista, nel corso della legislatura poi cambiano gruppo parlamentare di appartenenza; il transfughismo assume una valenza negativa quando il passaggio da un gruppo all’altro è dettato da ragioni di bieco opportunismo. Un parlamentare ha l’obbligo di uniformarsi alle istruzioni e direttive che vengono impartite dagli organi di vertice di quel partito, se non lo fa il partito può assumere dei provvedimenti, il più drastico è l’espulsione dal partito. Se un partito espelle in proprio parlamentare, questo provvedimento ha ripercussioni sulla carica parlamentare? No, i parlamentari espulsi rimangono comunque in carica come parlamentari. Il problema del divieto di mandato imperativo è diventato attuale innanzitutto perchè gli elettori tollerano sempre meno il transfughismo. La funzione parlamentare mette insieme sia la dimensione giuridica che la dimensiona politica che è fatta non solo di interessi, calcoli di opportunità, ma anche di valori, di etica politica, infatti un parlamentare che delude i propri elettori e il partito, assume comportamenti eticamente discutibili, politicamente inopportuni, spetterà quindi agli elettori e ai partiti assumere decisioni per colpire questi comportamenti nella consapevolezza però che la permanenza in carica non può venire meno, il parlamentare cessa il suo mandato quando subisce una sentenza penale a condanna definitiva oppure perché incorre in quelle cause di incandidabilità previste dalla Legge Severino e quindi deve lasciare quella carica. ● Indennità → l’indennità parlamentare è riconosciuta ai parlamentari e copre una serie di spese, inclusi gli assistenti dei parlamentari, le spese di segreteria… E’ stata prevista l’indennità parlamentare per chi svolge un’attività a favore di altri e merita quindi una forma di ricompensa; la previsione dell'indennità stabilita dal Parlamento per i parlamentari serve a garantire un’uguaglianza sostanziale tra tutti coloro che vorrebbero aspirare a svolgere questa funzione perché, dal momento in cui un soggetto diventa parlamentare, per i primi 5 anni non può svolgere nessun’altra professione e quindi non avrebbe una fonte di reddito. L’indennità si è spesso prestata ad abusi, si pensi ai vitalizi ovvero soldi corrisposti ai parlamentari dopo la cessazione dalla carica, spesso indipendentemente dal numero di legislature, dal tempo trascorso in Parlamento… ; tuttavia una sostituzione o una soppressione dell’indennità non farebbe altro che andare contro il principio di uguaglianza, la par condicio, e quindi precludere a chi proviene dai ceti sociali più deboli la possibilità di partecipare alla competizione elettorale, essere eletti e svolgere questa funzione. 37 ● Inviolabilità o immunità → articolo 68, comma 2 e 4 della Costituzione Quando la Magistratura riceve una notizia di reato attiva una serie di indagini e usa a tale scopo la Polizia Giudiziaria e se trova un persona su cui gravano certi sospetti essa viene iscritta al registro degli indagati assumendo la qualità di “persona sottoposta a indagini preliminari” ; la persona sottoposta a indagini preliminari beneficia della presunzione di non colpevolezza ovvero è considerata colpevole del reato contestato dalla Procura, ma non è detto che la sia veramente. Le indagini preliminari servono alla Procura per raccogliere elementi di conoscenza che diventeranno prove nel corso del processo, al termine delle indagini il PM può chiedere l'archiviazione se non ha raccolto sucienti indizi oppure può chiedere il rinvio al giudizio, se il GIP accoglie la richiesta di rinvio al giudizio allora inizia il processo è quella persona diventa da indagato a imputato del processo. Tutto ciò può riguardare anche un parlamentare perché anch’egli può essere denunciato per corruzione, abuso d’ucio, diamazione, tentato omicidio…, allora accade che un parlamentare che è iscritto al registro degli indagati in quanto sospettato di aver commesso un certo reato subisce una serie di provvedimenti investigativi, all’esito dei quali il PM decide se chiedere il processo oppure no; la Polizia Giudiziaria per poter raccogliere le prove da usare durante il processo usa vari strumenti come la perquisizione, l’ispezione, il sequestro, le intercettazioni… , può anche succedere durante il corso delle indagini che si debbano assumere comportamenti più drastici nei confronti della persona indagata, come ad esempio la custodia cautelare cioè quando sulla persona gravano seri indizi di colpevolezza e al tempo stesso c’è il pericolo che scappi, inquini le prove o commetta altri reati. L'articolo 68 comma 2 e 3 prevede che per sottoporre il parlamentare a tutte queste attività di indagine è indispensabile l’autorizzazione della Camera di appartenenza, senza autorizzazione della Camera un parlamentare non può essere arrestato, perquisito, essere sottoposto a intercettazioni… Un parlamentare può essere arrestato senza autorizzazione in caso di flagranza di reato cioè quando viene colto nell’atto di commettere quel reato, oppure quando si tratta di eseguire una sentenza definitiva di condanna. Per sottoporre a procedimento penale un parlamentare non c’è più bisogno dell’autorizzazione a procedere: se il PM chiede un provvedimento di custodia cautelare nei confronti del parlamentare X, il giudice deve chiedere prima l'autorizzazione alla Camera di appartenenza, se invece il PM vuole chiedere il rinvio a giudizio del parlamentare X non è più necessaria l’autorizzazione, perchè un conto sono le indagini e le attività strumentali che si svolgono nel corso delle indagini (arresto, perquisizione…), altro è invece il processo vero e proprio in cui abbiamo un imputato assistito da un difensore, un Pubblico Ministero che sostiene la tesi dell’accusa e nel cui ambito si informano quelle prove in base a cui il giudice deciderà se assolvere o condannare l’imputato. Le due cose sono estremamente collegate ma sono distinte e l’articolo 68 comma 2 e 3 percepisce questa distinzione infatti chiede l’autorizzazione per fare arresto, perquisizione ecc…, non la chiede più per sottoporre a processo penale il parlamentare. Le cose ora stanno così perché fino alle fine degli anni 80 era prevista l'autorizzazione a procedere, quindi i parlamentari avevano bisogno dell'autorizzazione anche per essere processati, nella stragrande maggioranza dei casi però l'autorizzazione a 40 procedere veniva negata, di fronte a questi abusi ripetuti il Parlamento decise di sopprimere questa garanzia. Dunque il Parlamento con una soluzione di compromesso ha rimosso l'autorizzazione a procedere ma essa risulta necessaria per le altre attività come perquisizione, arresto, intercettazione… : per intercettazione si intende mettere sotto controllo un telefono, un computer, una stanza, con telecamere e microfoni nascosti, perché tramite le intercettazioni l’autorità giudiziaria riesce a raccogliere molti elementi da poter sfruttare nel processo contro la persona indagata. La virtù dell’intercettazione dunque è l’eetto sorpresa perché il soggetto non sa di essere controllato e quindi si comporta normalmente, l’articolo 68 stabilisce che anche per le intercettazioni è necessaria l'autorizzazione della Camera di appartenenza, l’autorizzazione quindi risulta anteriore all’intercettazione stessa quindi il parlamentare in questione viene a conoscenza del fatto che verrà intercettato e di conseguenza si comporterà in modo diverso, non facendo nulla che lo possa incriminare; in realtà questo comma trova applicazione in quei casi in cui il parlamentare è stato casualmente intercettato e allora il giudice chiede alla Camera di appartenenza l'autorizzazione a usare quelle intercettazioni contro quel parlamentare. Tutte le garanzie hanno come elemento trasversale l'obiettivo di garantire il sereno svolgimento della funzione parlamentare, in modo tale che il parlamentare possa anche esercitare la propria libertà di coscienza, possa anche usare toni duri nei confronti di qualcuno senza rischiare di essere sottoposti a un’indagine, possa anche essere immune da provvedimenti restrittivi della libertà personale di fronte a eventuali accuse; il parlamentare inoltre ha diritto a un’indennità che gli permetta di svolgere la sua funzione. Queste prerogative si sono poi prestate ad abusi ma il diritto comunque non è una macchina perfetta, quindi anche gli istituti di garanzia migliori talvolta vengono usati in maniera non adatta, sono comunque previsti dei rimedi come ad esempio gli interventi della Corte Costituzionale. 41 LEZIONE 8 A Procedimento legislativo ordinario → come nasce normalmente una legge del Parlamento Revisione costituzionale → come è possibile cambiare la Costituzione Ogni parlamentare appena entra in carica aderisce a un gruppo parlamentare ovvero articolazioni interne di Camera e Senato che si ricollegano ai partiti che hanno partecipato alla competizione elettorale e che sono riusciti a portare deputati in Parlamento, è presente inoltre il gruppo misto che comprende i parlamentari che insieme non raggiungono il numero minimo previsto dai regolamenti parlamentari per formare un gruppo e comprende anche i parlamentari che, rivendicando la loro indipendenza, pur essendo stati eletti con alcune specifiche liste decidono di non appartenere al gruppo corrispondente; la seconda cosa che fa un parlamentare quando entra in Parlamento è essere collocato all’interno di una commissione parlamentare permanente competente per materia, ovvero articolazioni interne di Camera e Senato che servono a rendere più eciente l’operato di Camera e Senato, abbiamo ad esempio una commissione difesa, aari esteri, giustizia… Tutto ciò serve a rendere più eciente l'attività del Parlamento, soprattutto per quanto riguarda la produzione di leggi. Le commissioni parlamentari sono composte in modo da riflettere gli equilibri politici e quindi la consistenza dei vari gruppi parlamentari all’interno di Camera e Senato, la commissione praticamente è l’aula su scala ridotta, anche all'interno delle commissioni maggioranza e opposizione devono avere la stessa consistenza di quella che hanno in aula cioè quando deputati e senatori si trovano nelle sedi parlamentari. I deputati e i senatori all’interno delle commissioni vengono scelti dai gruppi parlamentari che cercano il più possibile di assecondare il pregresso professionale di ogni parlamentare, ad esempio se viene eletto un medico è probabile che egli venga collocato nella commissione sanità, se viene eletto un insegnante è probabile che venga collocato nella commissione istruzione… Le commissioni sono composte esclusivamente da parlamentari, non ci sono tecnici esterni alle camere, le camere si avvalgono della collaborazione di professionisti esterni. -Come nasce una legge ordinaria del Parlamento? Ci occupiamo delle leggi ordinarie cioè le fonti primarie, appena subordinate alla Costituzione. Per fare una legge c’è bisogno di un procedimento ovvero una successione regolare di atti e operazioni che seguono una sequenza specifica, in parte definita dalla Costituzione e in parte specificata dai regolamenti di Camera e Senato; il procedimento è un elemento di garanzia perché fa sì che il Parlamento eserciti in maniera corretta il potere legislativo, serve a orire una garanzia di buon esito del procedimento, non solo in termini di ecienza ma soprattutto di confronto dialettico tra maggioranza e opposizione che è l'ingrediente fondamentale di un sistema democratico, dunque è indispensabile che il procedimento venga seguito in maniera corretta in tutte le sue fasi. 42 voto, normalmente le leggi vengono votate articolo per articolo e poi c’è una votazione finale sull’intera legge. Dalla combinazione di questi elementi sono previsti dalla Costituzione e dai regolamenti parlamentari tre diversi procedimenti. LEZIONE 8 B Nella fase costitutiva della legge quali compiti adare alla commissione competente per materia e quali all’aula? -Procedimento ordinario o della commissione in sede referente → immagino un procedimento in cui commissione e aula fanno la stessa cosa: la commissione discute e vota, l’aula discute nuovamente il testo e poi vota. Esempio: una proposta di legge in materia di giustizia viene assegnata alla commissione giustizia, la proposta di legge viene discussa, modificata, riadattata, tenuto conto che quella commissione è competente in quella materia, è composta da persone che conoscono bene quella materia, successivamente ne viene fuori un testo rimaneggiato rispetto al testo originale, e infine la commissione vota; il testo discusso e votato viene presentato all’aula attraverso una relazione di accompagnamento e a questo punto l’aula fa la stessa cosa della commissione, quindi i parlamentari chiedono di discutere, presentare emendamenti che vengono poi votati e infine si arriva alla votazione finale articolo per articolo e poi il testo completo. Dunque in questo caso discussione voto si fanno sia in commissione che in aula, questo perché non è da escludere che in aula ci siano sensibilità politiche che possano concorrere a un miglioramento del testo licenziato dalla commissione competente per materia. Questo procedimento è chiamato ordinario perché è quello normale, si pensa essere il più idoneo a valorizzare il ruolo di rappresentanza politica dei parlamentari perché tutti sono posti sullo stesso piano ma, essendo più qualificata in campo tecnico, è giusto che la commissione in primo luogo elabori una proposta di legge che poi verrà sottoposta in secondo luogo a una discussione in aula. La commissione viene definita in sede referente perché dopo aver discusso e votato quel testo, riferisce all’aula sull’esito della discussione, in modo tale da permette a deputati e senatori di dare il loro contributo. Il difetto di questa procedura è la lentezza, la macchinosità, perchè commissione e aula fanno esattamente la stessa cosa. -Procedimento decentrato o della commissione in sede deliberante → tutto il procedimento legislativo si esaurisce nella commissione e l’aula non interviene mai, la commissione discute, vota articolo per articolo e poi il testo finale che successivamente passa all’altra camera anché si proceda allo stesso modo. 45 E’ un metodo più rapido ed eciente perché l’aula viene esclusa e tutto viene svolto dalla commissione che è composta da un numero inferiore di deputati e senatori quindi è più facile tirare fuori un testo da sottoporre poi all'approvazione nell'altro ramo del Parlamento. Nonostante il metodo sia più eciente gli altri deputati e senatori vengono esclusi perché non fanno parte della commissione competente per materia, se la maggioranza di essi viene esclusa dalla votazione e discussione di quel testo, allora c’è una vulnerazione del Parlamento, quindi una violazione del principio della democrazia rappresentativa; è possibile superare questa obiezione perché ogni commissione rispecchia in maniera esatta gli equilibri tra i gruppi parlamentari in aula, le commissioni sono considerate delle aule in miniatura, quindi si ritiene che l’esito finale in commissione sarebbe stato lo stesso in aula. Il procedimento è definito decentrato perchè non è svolto dall’aula ma dalle commissioni che sono articolazioni decentrate dell’aula. La commissione viene definita deliberante perchè non si limita a riferire ma decide senza che intervenga l’aula. Questo procedimento è previsto dalla Costituzione e dai regolamenti parlamentari e la stessa Costituzione prevede però che si passi dal procedimento decentrato a quello ordinario su iniziativa di alcuni soggetti, inoltre la Costituzione prescrive il procedimento ordinario per alcune proposte di legge, ci sono casi in cui il procedimento ordinario è obbligatorio. -Procedimento misto o della commissione in sede redigente → posto che la legge nasce da una discussione e da un voto, in questo procedimento i due momenti vengono disgiunti: la commissione che è competente per materia discute, elabora un testo adeguato, mentre l’aula vota, senza discussione. Il momento decisionale si concreta nell’aula che è il luogo dove si trovano tutti i deputati e i senatori. Il procedimento è definito misto proprio perchè è una via di mezzo tra procedimento ordinario e procedimento decentrato, qui si danno due compiti diversi alla commissione e all’aula, fanno due cose diverse. Siccome Il procedimento ordinario è quello più democratico perché garantisce a tutti i deputati e senatori di partecipare indipendente dal fatto che siano parte o meno della commissione competente per materia, si potrebbe pensare che sia il procedimento più usato in Parlamento, ma così non è; il procedimento più usato è quello decentrato, la Costituzione comunque contempla tutte le garanzie per evitare un abuso del procedimento decentrato, sia identificando proposte di legge per le quali è obbligatorio il procedimento ordinario, sia riconoscendo ad alcuni soggetti il potere di determinare lo spostamento dal decentrato all'ordinario. Tutto ciò succede alla Camera, una volta che il testo è stato votato va al Senato che fa di nuovo la stessa cosa della Camera. La regola inderogabile è che i due testi, quello approvato alla Camera e quello approvato al Senato debbano coincidere, si parla di bicameralismo perfetto; se accade che la Camera ha approvato per prima, il Senato arriva dopo, e il testo del Senato non coincide con quello della Camera, allora la Camera deve discutere e votare sulle modifiche apportate dal Senato in modo da raggiungere una piena convergenza tra le due determinazioni, questa è una delle conseguenza del bicameralismo paritario che rende ancora più lungo e complesso l’iter legislativo. 46 Una volta che Camera e Senato hanno raggiunto un'intesa sullo stesso testo ci troviamo davanti a una legge perfetta ma non ecace, non produce ancora gli eetti giuridici e anché questo accada è necessaria la terza fase del procedimento legislativo. 3) fase integrativa dell’ecacia → composta a sua volta da alcuni passaggi -promulgazione da parte del Presidente della Repubblica: tutte le leggi del Parlamento devono essere promulgate dal Capo dello Stato. La promulgazione è quell'atto con cui innanzitutto il Capo dello Stato dichiara in maniera uciale che quella legge è stata votata dal Parlamento, vi è un attestazione notarile che quello è un atto autentico. -verificare la conformità della legge a Costituzione: il Parlamento deve aver approvato una legge non incostituzionale. Se il Capo di Stato ritiene che in tutto o in parte quella legge sia aetta da vizi di incostituzionalità allora la Costituzione gli permette di rinviarla alle camere, quindi se il Presidente della Repubblica in sede di promulgazione giudica anche solo una piccola parte di quella legge contro la Costituzione, allora può esercitare il potere di rinvio. A questo punto le camere si uniformano ai rilievi del Presidente della Repubblica modificando la legge in modo che possa essere promulgata, oppure possono ignorare i rilievi del Presidente e approvandola così com’era, in questo ultimo caso se le camere approvano il testo il Presidente è obbligato a promulgare quella legge. In sede di promulgazione il Capo dello Stato non eettua un controllo di opportunità o convenienza politica, non può non approvare una legge solo perchè non è di suo gradimento, lontana dai suoi valori politici... , questo perché la Costituzione attribuisce la funzione legislativa esclusivamente al Parlamento, quindi il Capo dello Stato non può sovrapporre proprie valutazione politiche su quella legge, i suoi valori vengono messi in secondo piano; il Capo dello Stato può eettuare un controllo sommario della conformità a Costituzione di quel testo, il Capo dello Stato non deve fare un’anticipazione dell’intervento della Corte Costituzionale (custode della legge), egli può fare una valutazione “superficiale” volta a scovare i vizi palesi di incostituzionalità. Succede spesso che il Presidente della Repubblica promulga la legge che viene poi dichiarata incostituzionale dalla Corte. Inoltre quando una legge viene licenziata dal Parlamento è ancora una legge astratta, non ha ancora trovato applicazione a casi concreti e quindi capita spesso che l'incostituzionalità della legge si scopra proprio per eetto della sua applicazione a casi concreti, infatti finché una legge è scritta va tutto bene, quando poi viene applicata dal giudice a casi concreti viene posta di fronte alla realtà dei fatti che può svelare l’incostituzionalità della legge. Se le camere dovessero riapprovare il testo originale non tenendo conto dei rilievi del Presidente, allora il Capo dello Stato è obbligato a promulgare. Se invece il Capo dello Stato si ostina a non promulgare allora le camere potrebbero sollevare un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato davanti alla Corte per far valere la legittimità dell'omissione del Presidente della Repubblica, la Corte poi valuta i fatti e pronuncia una sentenza in cui condanna l’operato del Presidente della Repubblica obbligandolo a promulgare quella legge; se nonostante la sentenza egli non promulga la legge allora c’è la messa in stato d’accusa e la pronuncia di condanna che comporta la rimozione dall’incarico. 47 Se in entrambe le seconde deliberazioni è raggiunta la maggioranza dei ⅔ dei membri di ciascuna camera, il referendum non può essere richiesto. Si tratta di un referendum costituzionale e serve a confermare o meno la scelta fatta dal Parlamento, l’ultima parola viene data agli elettori, si ha una partecipazione diretta degli elettori al procedimento di revisione costituzionale. Per la validità del referendum costituzionale non è necessario un quorum costitutivo, ovvero quando un referendum è valido solo se partecipa la maggioranza degli aventi diritto (maggiorenni italiani), in questo caso il quorum costitutivo non è previsto e ciò significa che anche se dovesse partecipare al voto una piccola maggioranza degli aventi diritto comunque la consultazione referendaria sarebbe valida; il quorum costitutivo non è previsto principalmente perché la sua mancata previsione serve a valorizzare ancora di più al partecipazione popolare al procedimento di revisione costituzionale. Con la procedura aggravata si possono apportare tutte le modifiche immaginabili? Tutto ciò che troviamo nella Costituzione può essere oggetto di revisione costituzionale? Ci sono limiti alla revisione costituzionale? Si, ci sono limiti alla revisione costituzionale, la procedura aggravata non può essere usata in maniera indiscriminata e senza confini, i limiti si distinguono in -limite formale → riguarda la procedura, è dato dall’articolo 138 e stabilisce che se si vuole modificare la Costituzione si deve rispettare quella procedura. Sul limite formale è nata un’ampia discussione all’interno della dottrina costituzionalista perchè qualcuno ha sostenuto che per modificare la Costituzione in modo diverso basterebbe abrogare l'articolo 138 e poi modificare la Costituzione attraverso un’altra procedura; altri invece si sono chiesti se questa procedura possa essere ulteriormente aggravata cioè se si possano introdurre ulteriori aggravamenti. In realtà l'unico limite formale che conta davvero è dato dall’articolo 138 cioè ogni deviazione dalla procedura aggravata comprometterebbe l’esito finale del procedimento stesso. -limite sostanziale → riguarda il merito della riforma cioè il contenuto. Esiste un limite sostanziale espresso cioè un limite che la stessa Costituzione formale configura espressamente come limite alla revisione costituzionale, si tratta dell’unico caso in cui la Costituzione stabilisce che un certo elemento non può essere modificato attraverso la revisione costituzionale. Il limite in questione si trova all'articolo 139 della Costituzione: “la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale” , l’Italia è una Repubblica, tutte le istituzioni sono repubblicane, il popolo ha scelto la Repubblica, il principio repubblicano quindi è talmente forte che i padri costituenti hanno deciso di custodirlo attraverso un’esplicita previsione che ponga un argine a ipotetici straripamenti del potere di revisione costituzionale; quindi neanche all'unanimità il Parlamento potrebbe sancire l’abbandono della Repubblica. In realtà il Parlamento non approverebbe mai una legge di revisione costituzionale che introdurrebbe la Monarchia, ma il rischio è che potrebbe introdurre nella trama della forma di governo italiano alcuni istituti che sono propri della Monarchia e non della Repubblica (ad esempio quando il successore del Presidente deve essere maschio, questo non è contemplato perché in Italia la carica è elettiva). Accanto a questo limite sostanziale espresso sia la Corte Costituzionale, sia gli studiosi, hanno identificato una serie di limiti sostanziali taciti (o impliciti) cioè che 50 non sono espressamente indicati dalla Costituzione come limiti ma che lo sono comunque in virtù di un’interpretazione complessiva dell'ordinamento costituzionale. Il primo limite implicito è costituito dai principi supremi dell'ordinamento costituzionale, questi principi sono il nocciolo duro del sistema costituzionale, sono collegati tra loro in maniera talmente forte che l'eliminazione di anche un solo elemento determinerebbe una reazione a catena e comporterebbe una disgregazione del sistema costituzionale italiano; questi principi dunque non possono essere sottoposti a revisione costituzionale. L’altro limite sostanziale implicito è rappresentato dal contenuto essenziale dei diritti fondamentali, ovvero il nucleo duro delle norme che tutelano i diritti fondamentali non può mai essere oggetto di revisione costituzionale. LEZIONE 9 B Referendum abrogativo → articolo 75 della Costituzione, considerato come uno strumento di democrazia diretta ovvero un istituto attraverso il quale il popolo manifesta direttamente la volontà dello Stato, che è sempre dietro ogni decisione da parte delle istituzioni, quindi anziché essere manifestata in modo mediato, viene espressa direttamente dal popolo in termini di abrogazione cioè soppressione, cancellazione di una o più norme giuridiche. Esiste una riserva di legge costituzionale sui referendum cioè gli elettori italiani possono essere chiamati con un referendum solo nei casi e nei modi previsti dalla Costituzione o da altre leggi costituzionali. “Il referendum serve ad abrogare in tutto o in parte leggi o atti aventi forza di legge dello Stato” -Oggetto di referendum abrogativo possono essere solo fonti primarie del diritto. -Il referendum abrogativo non riguarda le leggi regionali, le Regioni possono approvare leggi, le leggi regionali sono fonti primarie, ma l’articolo 75 parla appunto di leggi dello Stato. I singoli statuti regionali disciplinano i referendum sulle leggi regionali; una legge della Regione Lombardia può essere sottoposta a referendum abrogativo secondo lo statuto della Regione Lombardia. Il referendum abrogativo può essere richiesto da 500mila elettori o da cinque consigli regionali, quindi c’è un'iniziativa popolare o un'iniziativa regionale. -iniziativa regionale → cinque consigli regionali possono coalizzarsi per chiedere l'abrogazione di una legge statale perché la funzione legislativa è distribuita tra Stato e Regioni e quindi può succedere che il legislatore statale produca norme giuridiche ritenute inopportune politicamente da quelle cinque Regioni che si attivano per l'abrogazione di quella legge. Il referendum abrogativo non è uno strumento per sanzionare leggi incostituzionali, per far valere l’illegittimità costituzionale delle leggi, non è un istituto usato per porre rimedio a vizi in cui è incorso il legislatore, ma il referendum abrogativo si fa per 51 ragioni di opportunità politica, perché quella legge è politicamente, culturalmente, economicamente, socialmente sgradita a una parte del popolo o dei consigli regionali. Se una legge statale fissa dei principi che sono legittimi ma che cinque Regioni reputano sbagliati dal punto di vista politico allora si può procedere con il referendum abrogativo. -iniziativa popolare → viene istituito un comitato promotore costituito da almeno dieci elettori che depositano presso la Corte di Cassazione il quesito referendario, cioè la domanda che si vuole rivolgere agli elettori, dopodichè si hanno a disposizione nove mesi per la raccolta di 500mila firme; se non si raccolgono le firme entro il termine stabilito dalla legge allora il referendum dovrà essere richiesto nuovamente. L’articolo 75 identifica alcune leggi che si ritiene non si possano sottoporre a consultazione referendaria popolare: -leggi tributarie e di bilancio → non possono essere abrogate tramite referendum. La legge di bilancio è la legge che ogni anno il Parlamento delibera per approvare il bilancio preventivo e il rendiconto consuntivo predisposti dal Governo, indica le spese che lo Stato intende eettuare e le entrate che prevede di riscuotere nell’anno successivo. Il Parlamento approva ogni anno la legge di bilancio, è uno strumento senza il quale lo Stato non può funzionare perché è il bilancio è indispensabile per il funzionamento qualsiasi organizzazione giuridica complessa, dunque abrogare in tutto o in parte una legge di bilancio significa impedire allo Stato di svolgere le proprie funzioni. Le leggi tributarie sono le leggi che prevedono e disciplinano imposte, tributi, tasse cioè prelievi al patrimonio di ogni contribuenti, prestazioni patrimoniali. Le leggi tributarie sono lo strumento attraverso il quale lo Stato recupera le risorse finanziarie per sopportare le spese correlate a tutti i tipi di intervento che lo Stato svolge nell’esercizio delle proprie funzioni; tutto ciò che è una spesa per lo Stato deve essere coperto da entrate che possono essere recuperate alienando beni, ricorrendo al debito oppure ricorrendo al prelievo fiscale. Le leggi tributarie quindi non possono essere abrogate perché ciò significherebbe togliere allo Stato uno strumento indispensabile per finanziare le proprie attività. -leggi di amnistia e di indulto → amnistia, indulto e anche la grazia sono provvedimenti di clemenza nei confronti di coloro che sono stati condannati in via definitiva per aver commesso uno o più reati; per provvedimento di clemenza si intende che la persona smette di scontare la pena prevista dal giudice. L'amnistia e la grazia hanno in comune il fatto di cancellare il reato, l’indulto invece colpisce la pena; la dierenza invece è che l’amnistia e l’indulto sono provvedimenti collettivi, riguardano n° detenuti condannati per un certo reato e sono posti in essere dal Parlamento attraverso una procedura aggravata, mentre la grazia è un provvedimento individuale concesso dal Presidente della Repubblica. Quindi le leggi di amnistia e indulto sono provvedimenti che il Parlamento decide di adottare se vuole svuotare le carceri italiane. Un esempio di amnistia fu quella approvata dopo la Seconda Guerra Mondiale di cui beneficiarono tutti coloro che furono condannati durante il regime fascista. L’indulto è un provvedimento meno impegnativo per lo Stato, che cerca principalmente di porre rimedio a una situazione disperata in cui versano gli istituti penitenziari del nostro Paese in cui vi è un sovraollamento delle carceri, incompatibile con la finalità rieducativa della pena prevista dall'articolo 27 della Costituzione. 52 Governo → organo titolare del potere esecutivo. Il potere esecutivo è il potere di applicare le norme generali astratte a casi concreti al fine di tutelare interessi generali, si parla di cura concreta di interessi generali. Dal potere esecutivo dipendono le pubbliche amministrazioni che svolgono attività amministrativa ovvero applicazione a casi concreti di norme generali astratte per tutelare interessi generali. Il potere esecutivo è uno dei tre poteri dello Stato che, al pari del potere giudiziario, traduce le norme giuridiche in regole applicate a casi concreti, ma a dierenza del potere giudiziario, non serve a risolvere controversie e a ripristinare la legalità violata, ma serve a tutelare quegli interessi che accomunano l’intera comunità, che sono appunto interessi generali e possono anche prevalere su quelli particolari. Nel nostro ordinamento il potere esecutivo è attribuito al Governo, dove per Governo si intende un organo complesso che include sia organi monocratici ovvero il Presidente del Consiglio e i Ministri, sia un organo collegiale ovvero il Consiglio dei Ministri. Potere esecutivo → Governo → Ministeri → Pubbliche Amministrazioni Forma di Governo → modello che descrive i rapporti tra gli organi politici di vertice di uno Stato, fondamentalmente il rapporto tra potere esecutivo e potere legislativo. L’organo legislativo normalmente è un Parlamento che può essere bicamerale, a una sola assemblea, mentre l’organo esecutivo si ha una varietà più ampia. -Forma di governo presidenziale → propria, se non esclusiva, degli Stati Uniti d’America. Il pilastro su cui si regge la forma di Governo presidenziale è la rigida separazione dei poteri, ogni potere spetta a un organo diverso. Negli Stati Uniti la Costituzione attribuisce il potere esecutivo a un organo monocratico cioè il Presidente degli Stati Uniti d’America; in Italia abbiamo un organo complesso ovvero il Governo, che include più persone fisiche, negli USA invece c’è una fortissima semplificazione in quanto si ha una sola persona titolare di questo potere. Il Presidente dunque è titolare del potere esecutivo, egli si circonda comunque di vari segretari che però non sono in alcun modo assimilabili ai nostri Ministri, non sono organi monocratici contitolari del potere esecutivo ma sono semplici collaboratori del Presidente e sono talmente subordinati alle direttive, istruzioni e ordini del Presidente, che vengono nominati e revocati con amplissima discrezionalità, il Presidente sceglie e “licenzia” i propri segretari a suo piacimento. Il Presidente viene scelto tramite un’elezione diretta, il popolo sceglie direttamente il soggetto titolare dell'organo esecutivo: negli USA ognuno dei 50 Stati ha un certo numero di grandi elettori che cambiano a seconda della popolazione di ogni singolo Stato, si svolgono le singole elezioni Stato per Stato e se in uno Stato vince ad esempio il Partito Repubblicano allora tutti i grandi elettori di quello Stato voteranno il candidato del Partito Repubblicano (Trump), stessa cosa per il Partito Democratico (Biden), alla fine si sommano i grandi elettori e vince il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti. Tecnicamente l’elezione del PResidente degli Stati Uniti non è un’elezione diretta perchè c’è il passaggio intermedio dei grandi elettori, am la percezione che si ha è che il Presidente viene eletto direttamente dal popolo, anche perché i grandi elettori non hanno poi margine di scelta. Si può dire quindi che nella forma di governo presidenziale l'organo esecutivo gode di una diretta legittimazione popolare perché viene scelto direttamente dal popolo; la 55 legittimazione è quella condizione che permette a un soggetto di governare, di assumere decisioni vincolanti, la diretta legittimazione popolare rende il Presidente ancora più forte rispetto agli altri organi dello Stato, lo mette in una posizione privilegiata. Il fatto che l’organo esecutivo sia scelto direttamente dal popolo impedisce di poter parlare di rapporto fiduciario tra organo esecutivo e organo legislativo, quindi per quanto riguarda l'investitura e la durata in carica del mandato presidenziale l’organo legislativo non ha alcun potere. Il potere legislativo negli USA è attribuito al Congresso, formato dalla Camera dei Deputati eletta direttamente dal popolo, e dal Senato, composto da due senatori per ogni Stato; il Congresso non è chiamato a votare la fiducia del Presidente, non può sfiduciare il Presidente, non può mandarlo a casa per ragioni politiche, l'unica cosa che può fare per cacciare il Presidente è l’impeachment cioè la messa in stato d'accusa, quindi quando si ritiene che il Presidente abbia commesso reati presidenziali il Congresso può agire in questo modo e in particolare il Senato può giudicare e condannare il Presidente. Il Presidente degli USA non può mai sciogliere il Congresso. Il potere legislativo è attribuito al monopolio del Congresso, il Presidente quindi non può adottare atti aventi forza di legge può solo opporsi di fronte a una legge, bloccare una legge del Congresso; il Presidente ha interesse a bloccare una legge del Congresso perché il suo programma politico comunque richiede anche leggi del Congresso e se il Congresso approva leggi inconciliabili con il suo programma allora il Presidente reagisce opponendo il proprio veto. Un altro aspetto importante di questa forma di Governo è che il Presidente nomina i giudici della Corte Suprema che è l'organo di vertice del sistema federale ed è formata da nove giudici nominati a vita; la Corte Suprema è un organo giudiziario strategico perché può anche bloccare leggi e provvedimenti riconosciuti in contrasto con la Costituzione, che ada il compito di garantire la sua supremazia a giudici nominati dall'organo esecutivo che è il massimo della politicità possibile, la Corte infatti, che dovrebbe essere imparziale e autonoma rispetto al potere politico, viene formata dal Presidente che nomina i giudici e che ha una certa posizione politica, quindi non è imparziale. I giudici della Corte Suprema sono scelti in base anche alla loro sensibilità politica, ce ne saranno quindi alcuni ultra conservatori, altri moderati, altri liberal, altri progressisti perché comunque le situazioni sottoposte al giudizio della Corte hanno una forte implicazione dal punto di vista politico; il giudice della Corte Suprema rivendica per ragioni culturali, sociali, etiche… la propria indipendenza da chi lo ha scelto e questo dovrebbe garantire indipendenza, imparzialità e neutralità politica ovvero autonomia e indipendenza rispetto ai partiti che si contendono il potere. -forma di governo semipresidenziale → caso francese. Struttura bicefala dell'organo esecutivo, cioè il potere esecutivo nel regime semipresidenziale viene condiviso da un Presidente eletto direttamente dal popolo e da un Governo nominato dal Presidente ma che deve avere la fiducia del Parlamento. Nel caso francese il Presidente della Repubblica è eletto direttamente dal popolo ed è coadiuvato nell'esercizio del potere esecutivo da un Primo Ministro e da Ministri, che insieme formano il Governo, da lui nominati ma che sono legati da un rapporto di fiducia con l’Assemblea Nazionale Francese; questo sistema funziona bene quando c’è 56 omogeneità politica, quando invece c’è una coabitazione tra un Presidente e un Governo che sono di maggioranze diverse. -forma di governo parlamentare → Italia. Elemento caratterizzante della forma di governo parlamentare è il rapporto di fiducia tra l’organo esecutivo e l’organo legislativo, senza la fiducia dell’organo legislativo il potere esecutivo non può esplicare le proprie funzioni. In Germania c’è il cancellierato, abbiamo quindi un organo esecutivo retto dal cancelliere coadiuvato dai Ministri che compongono il governo federale, e poi c’è il potere legislativo che è attribuito ad un Parlamento bicamerale dove c’è il bundestag (Camera dei Deputati) e il bundesrat (Camera federale) che è l'organo collegiale rappresentativo degli Stati che compongono l'ordinamento federale tedesco; nell'ordinamento costituzionale tedesco in realtà il rapporto di fiducia si ha tra il cancelliere e il bundestag, mentre il bundesrat condivide il potere legislativo in alcune materie che riguardano principalmente i rapporti con gli Stati membri. Dunque in Germania si ha un bicameralismo che però non è paritario, non è perfetto, infatti il rapporto di fiducia si ha con una sola delle ramificazioni del Parlamento tedesco che è la Camera politica (bundestag) Il Cancelliere viene eletto dal bundestag, egli ha una forte legittimazione politica in quanto viene scelto proprio dalla maggioranza della Camera del bundestag, al tempo stesso si crea una relazione fiduciaria che a volte esige di realizzare delle alchimie politiche perché altrimenti il Cancelliere non riesce a governare. In Inghilterra si ha la Monarchia Costituzionale, è presente un Primo Ministro che è legato nel rapporto di fiducia con la Camera dei Comuni e inoltre egli è anche il leader del Partito che ha vinto le elezioni, questo comporta che il Primo Ministro è molto forte e che se perde la leadership, per ragioni politiche interne al partito, allora viene destituito e al posto suo subentra il nuovo leader come Primo Ministro. La separazione dei poteri nella forma di governo parlamentare è meno rigida rispetto ai regimi presidenziali. LEZIONE 10 B 57 dell’Interno, anche lui coinvolto in indagini, il Presidente della Repubblica in questo caso non accettò queste due nomine e pose questi due soggetti a svolgere altri ruoli; successe anche che il Capo dello Stato decise di allegare motivazioni di carattere politico per non accettare la nomina di un Ministro. Grazie alle consuetudini costituzionali si sono aermate le consultazioni che permettono al Prresidente della Repubblica di scegliere la persona più indicata per formare una maggioranza in Parlamento disposta a sostenere quel Governo e quella formula. LEZIONE 11 A Di fronte a una disciplina costituzionale vaga ed elastica le lacune sono state colmate da consuetudini costituzionali, in virtù delle quali il Presidente della Repubblica svolge delle consultazioni per individuare la personalità a cui adare l’incarico di formare un nuovo governo, normalmente questo soggetto accetta l'incarico con riserva, cioè procede poi a consultazioni più ristrette, successivamente accetta l'incarico altrimenti si deve trovare un’altra soluzione, e infine si arriva al giuramento con il quale il Presidente del Consiglio assume le proprie funzioni seppur in modo non completo perché deve prima ottenere la fiducia di entrambe le Camere. Il compito essenziale del Presidente della Repubblica è quello di far funzionare le istituzioni repubblicane cioè di trovare un governo che sia in grado di funzionare poiché sorretto da una maggioranza parlamentare Entro 10gg dalla sua formazione il Governo deve presentarsi alle Camere per ottenere la fiducia, il Presidente del Consiglio quindi decide di partire dal ramo del Parlamento che gli garantisce maggior sostegno, legge il programma di Governo, presenta i Ministri… dopodiché inizia un dibattito tra maggioranza e opposizione, e al termine del dibattito si procede al voto, ciascuna camera vota la mozione di fiducia ovvero un atto parlamentare con il quale ciascuna camera, se ci sono i numeri, conferisce la fiducia a quell’esecutivo. La mozione di fiducia deve: -essere motivata cioè sorretta da argomenti a favore di quella compagine governativa e di quel programma. -essere votata per appello nominale → si deve trattare di un voto palese cioè si sa chi ha votato contro, chi a favore e chi si è astenuto, inoltre il Presidente della Camera o quello del Senato procedono poi all’appello e ogni parlamentare chiamato risponde e dichiara espressamente il proprio voto. L’appello nominale rimette in gioco il popolo perché è possibile identificare la posizione assunta da ciascun parlamentare rispetto a quella mozione di fiducia, il popolo viene messo a conoscenza del voto espresso da ciascun parlamentare. -ottenere la maggioranza dei presenti (maggioranza semplice) → in ogni organo collegiale c’è il problema degli astenuti, non si capisce se l’astensione sia un voto oppure no, infatti se nel conteggio dei voti si tiene conto anche degli astenuti allora 60 essi contano come voti contrari, così succede al Senato, alla Camera invece gli astenuti non vengono conteggiati. La maggioranza semplice tiene conto solo dei presenti in aula in quel momento; è chiaro che più parlamentari ha una maggioranza, più è sicura. L’atto iniziale di investitura del Governo è la votazione della mozione di fiducia, sia alla Camera che al Senato: il Governo deve ottenere la fiducia da entrambe le camere infatti il voto è disgiunto e inoltre sono necessarie tutte due le mozioni di fiducia, sia della Camera che del Senato. Ci sono stati casi in cui dei governi si sono visti negare la mozione di fiducia iniziale, in questi casi anziché cercare un nuovo Governo, il Presidente della Repubblica può decidere di sciogliere anticipatamente le Camere e di procedere a nuove elezioni politiche, teniamo presente però che, se la fiducia iniziale è stata negata a un Governo formatosi subito dopo le elezioni, è altamente improbabile che il Presidente decida di sciogliere anticipatamente le Camere. Nel corso della legislatura il rapporto fiduciario continua a caratterizzare le relazioni tra potere legislativo potere esecutivo, la fiducia è una relazione che va continuamente alimentata in quanto non si deve arrivare a una crisi di governo, cosa non così scontata, soprattutto quando la maggioranza in questione è eterogenea. Una norma costituzionale stabilisce che “il voto contrario di una o di entrambe le camere su una proposta del Governo non impone l’obbligo di dimissione del Governo stesso” , non è raro che questo succeda perché il dissenso in una coalizione di Governo ci può essere, però comunque il Governo rimane libero di scegliere se ricorrere alle dimissioni oppure no, non è obbligato; l'obbligo giuridico di dimissioni nasce quando una delle due camere vota la mozione di sfiducia cioè l’atto parlamentare con il quale una delle due camere ritira la fiducia un tempo accorata con il Governo, è l’atto uciale di revoca della fiducia a quel Governo. La Costituzionale aerma che “la mozione di sfiducia deve essere sottoscritta da almeno 1/10 dei membri di una camera” e inoltre “non può essere messa in discussione prima che siano passati tre giorni dalla sua presentazione” . Anche la mozione di sfiducia, oltre a essere motivata, deve essere votata per appello nominale e ottenere la maggioranza semplice, quindi per far cadere un Governo è prevista la stessa maggioranza che serve per farlo nascere, è importante però che passino tre giorni prima che possa essere messa in discussione perché, se non ci fosse questo termine, un'opposizione che ottiene la maggioranza dei voti alla Camera e al Senato potrebbe far cadere il Governo approfittando del fatto che i parlamentari della maggioranza non sono presenti in aula, dunque i padri costituenti hanno voluto evitare questi assalti alla diligenza da parte dell’opposizione, e i tre giorni servono quindi alla maggioranza per ricompattarsi e tornare a essere eettiva maggioranza in aula. Nessun governo italiano è caduto per una mozione di sfiducia, le crisi di governo sono state determinate da altre cause, normalmente si sono aperte con le dimissioni rassegnate dal Presidente del Consiglio che ha ritenuto di fare un passo indietro perché non poteva più contare su una maggioranza disposta a seguirlo in quell’impresa. Un terzo istituto che alimenta la relazione fiduciaria tra potere esecutivo e potere legislativo è la questione di fiducia cioè l’atto che il Governo pone su una votazione della Camera o del Senato, attraverso la questione di fiducia il Governo dice alla Camera e al Senato di votare in un certo modo altrimenti si dimette; il Governo può 61 decidere che una certa votazione sia talmente vitale per il programma di Governo, e quindi per la permanenza in carica dell'esecutivo, da indurlo a ricorrere alla questione di fiducia, perché sa che se la Camera dovesse votare contro, allora dovrebbe dimettersi. Nella stragrande maggioranza dei casi quando il Governo pone la questione di fiducia la maggioranza si ricompatta e rinnova la propria fiducia al Governo, solo in due casi è andata male e in entrambi i casi il protagonista era il Presidente del Consiglio Romano Prodi: -nel 1998 → dopo due anni dall’insediamento Prodi mise una questione di fiducia su una deliberazione della Camera e Bertinotti (leader rifondazione comunista) che fino a quel momento era suo alleato, ritirò la fiducia e votò contro, e per un solo voto la maggioranza che sosteneva Prodi venne messa in minoranza e Prodi quindi rassegnò le dimissioni. -nel 2008 → Prodi pone una questione di fiducia al Senato su una particolare decisione e questa volta fu il senatore Mastella a negare il proprio assenso e successivamente Prodi fu costretto a dimettersi. La questione di fiducia può anche essere usata in modo tecnico, ad esempio quando l'opposizione presenta troppi emendamenti ad una disposizione, cioè modifiche a un testo di legge che deve essere discusso e votato da Camera e Senato; il Governo in questi casi può porre la questione di fiducia su quel testo e se passa allora cadono gli emendamenti. Se si ha un abuso della questione di fiducia allora significa che tra il Governo e la maggioranza qualcosa non va, il rapporto fiduciario non è così stabile. L’Italia ha visto tre governi tecnici: 1992/93 Ciampi, 1995/96 Dini, 2011/13 Monti. Un governo tecnico, precisamente governo dei tecnici, è un governo sostenuto da una maggioranza parlamentare ma a dierenza dei governi politici in senso proprio, è spesso sostenuto da maggioranze trasversali, il cui unico obiettivo è garantire al nostro Paese un esecutivo, perché sarebbe troppo prematuro andare a nuove elezioni mentre ci sono delle situazioni importanti che richiedono un governo pienamente in carica. Il governo dei tecnici è uno strumento usato eccezionalmente quando non si riesce a formare una maggioranza politica in Parlamento, ma al tempo stesso uno scioglimento anticipato delle camere determinerebbe eetti più o meno importanti sulla tenuta delle istituzioni e su alcuni impegni, scadenze che bisogna assumere. 62 ministeriale del reato, altrimenti deve essere la camera di appartenenza a sciogliere questo dubbio. A un Ministro conviene di più essere accusato di un reato ministeriale, perché la camera di appartenenza può negare l'autorizzazione a procedere e se ciò accade allora non c’è nessun giudizio. ● Provvedimenti assunti dal Parlamento per introdurre un regime ancora più favorevole per i membri del Governo dal punto di vista penale, la funzione legislativa viene piegata per perseguire interessi che non sono propriamente istituzionali: -2003 → il Parlamento approvò una legge chiamata “Lodo Schifani” che prevede che tutti i processi penali a carico delle massime cariche dello Stato (Presidente della Repubblica, del Senato, della Camera…) vanno sospesi fintanto che dura la permanenza in carica. L’idea è che siccome si tratta di personalità che ricoprono incarichi strategici a livello istituzionale e un processo penale potrebbe avere ripercussioni molto negative su queste persone, allora in virtù di un ragionevole bilanciamento si introduce la garanzia della sospensione del processo ovvero, finché rimangono in carica non possono essere poste in essere attività processuali, il processo viene congelato e ripreso quando la persona non sarà più in carica. Con la sentenza 24 del 2004 la Corte Costituzionale dichiarò l’incostituzionalità del Lodo Schifani per violazione del principio di uguaglianza, di ragionevolezza… -2008 → il Parlamento approva una legge chiamata “Lodo Alfano” che riscrive la sospensione del processo penale cercando di tenere conto della sentenza del 2004 della Corte Costituzionale, il Lodo Alfano mira a correggere i vizi del Lodo Schifani. Il Lodo Alfano reintroduce la sospensione, toglie tra i beneficiari il Presidente della Corte Costituzionale e poi introduce una serie di misure volte ad accontentare la Corte Costituzionale sulla base della sentenza del 2004. Con la sentenza 262 del 2009 la Corte Costituzionale dichiarò l'incostituzionalità del Lodo Alfano perché la sospensione dai processi, introducendo una deroga al principio di uguaglianza, avrebbe dovuto essere adottata con legge costituzionale; in realtà la Corte nel 2004 non si pronunciò proprio sulla fonte abilitata a introdurre la sospensione. -2010 → il Parlamento approva una legge sul legittimo impedimento a favore dei membri del Governo. Il legittimo impedimento è un istituto previsto dal Codice di Procedura Penale e che vale per tutti gli imputati, non solo per i membri del Governo ma la cosa importante è che il Codice di Procedura Penale lascia al giudice una piena discrezionalità nel valutare se quello è davvero un legittimo impedimento oppure è solo una scusa per rallentare il processo. Nel 2010 il Parlamento introduce una disciplina speciale per i membri del Governo aermando che se il Presidente del Consiglio riconosce il legittimo impedimento allora il giudice deve prenderne atto e rinviare l’udienza. Con la sentenza 23 del 2011 la Corte Costituzionale dichiara l'incostituzionalità della legge sul legittimo impedimento principalmente perché sottrae all’apprezzamento discrezionale del giudice la sussistenza o meno del legittimo impedimento, sbilanciando notevolmente la posizione dell’imputato, che sia anche membro del Governo. 65 LEZIONE 12 A Il Governo come organo esecutivo svolge una serie di attribuzioni che sono tipiche del potere esecutivo, i Ministri sovrintendono al corretto funzionamento degli apparati ministeriali attraverso un corpo amministrativo composito, strutturato secondo un'impostazione quasi gerarchica in cui troviamo direttori generali, dirigenti, funzionari…, il Ministro impartisce direttive, adotta una serie di atti per far funzionare la macchina amministrativa e, insieme agli altri Ministri nel Consiglio dei Ministri, adotta una serie di atti e provvedimenti che mirano a far funzionare la macchina burocratica dello Stato. Il Governo è l'organo a cui la Costituzione attribuisce il compito di redigere ogni anno il bilancio e di compilare il rendiconto consuntivo per poi passare al Parlamento per la conseguente approvazione con legge; il Governo compie poi atti di nomina che riguardano le strutture apicali dei vari enti partecipati dello Stato. Attività normativa del Governo → complesso di atti e decisioni attraverso i quali il Governo riesce a produrre norme giuridiche costitutive dell'ordinamento, questo può sembrare un’anomalia in quanto, secondo il principio della separazione dei poteri, le norme giuridiche dovrebbero essere prodotte solo dal potere legislativo, mentre al potere esecutivo dovrebbe spettare solamente la cura concreta di interessi generali attraverso l’applicazione del diritto oggettivo a casi concreti; nella nostra forma di governo parlamentare però il principio della separazione dei poteri è stato accolto in maniera tendenziale, nel senso che esso è la regola ma subisce una serie di eccezioni, quindi il nostro ordinamento autorizza anche il Governo a produrre norme giuridiche. Tipicamente il potere esecutivo è chiamato a produrre norme giuridiche di rango secondario, quindi l’atto normativo per antonomasia è il regolamento, che si colloca tra le fonti secondarie, è adottato solamente dal Governo che è espressione della sola maggioranza, l'opposizione non partecipa mai al processo di formazione del regolamento, per cui il contenuto di un regolamento governativo è sempre il frutto di un processo decisionale che vede esclusa l'opposizione. Storicamente il potere esecutivo è sempre stato visto come l’organo che se mai avesse dovuto produrre norme giuridiche lo avrebbe fatto solo attraverso i regolamenti, che sono fortemente condizionati dalle fonti primarie e si tratta quindi di un potere normativo circoscritto, limitato. Normalmente i regolamenti servono a disciplinare nel dettaglio previsioni già stabilite dalle fonti primarie, serve a regolare gli aspetti più capillari e minuti, questo perchè il regolamento è uno strumento snello di produzione normativa, anche dal punto di vista della tempistica richiede un minor dispendio di energia rispetto alle fonti primarie. Dunque alla regola della titolarità parlamentare della funzione legislativa fanno riscontro delle eccezioni che riguardano l’esercizio della funzione legislativa, la Costituzione infatti accanto alla legge del Parlamento prevede due fonti primarie del diritto che sono poste in essere dal Governo: decreto legislativo e decreto legge. Attribuire la funzione legislativa all'organo esecutivo, che è espressione della sola maggioranza, potrebbe mettere in crisi il principio democratico che è uno dei principi supremi del nostro ordinamento, questo perché il potere legislativo è la capacità di produrre norme giuridiche immediatamente ed esclusivamente subordinate alla Costituzione, la nostra Costituzione resta ferma però poi la concreta vita politica si 66 alimenta attraverso la vitalità delle istituzioni parlamentari e governative; la Costituzione è ferma ma la maggioranza che ha vinto e governa ha tutto il diritto di perseguire il proprio programma politico attraverso una serie di decisioni che devono rispettare la Costituzione ma che possono assecondare una concreta visione politica. La nostra Costituzione non vincola politicamente le scelte delle maggioranze parlamentari, non ci sono vincoli e indirizzi politici in senso proprio, ma essa definisce una tavola di valori, un insieme di principi che riflettono le concezioni ideali della società condivise dalla stragrande maggioranza della comunità, lasciando aperte diverse soluzioni all'attuazione di questi principi; un principio può essere attuato in modi diversi a seconda dell’indirizzo politico della maggioranza che è al Governo, la Costituzione lascia aperte diverse possibilità politiche, ovvero assumere decisioni operando delle scelte che seguono certi valori ideologici, la legge è l’atto politico per eccellenza che consente a una maggioranza di realizzare proprio programma politico in vista della realizzazione di certi obiettivi. Il potere legislativo quindi ha un ruolo centrale all’interno di un sistema democratico perché consente alle forze politiche che hanno vinto le elezioni di attuare i principi costituzionali secondo una propria visione politica; il Parlamento è la sede più congeniale in un sistema democratico per l’esercizio della funzione legislativa, perché è il luogo del confronto dialettico tra forze politiche, è il luogo in cui i rappresentanti democraticamente eletti compiono le loro scelte politiche confrontandosi non solo all'interno della stessa maggioranza, ma anche con l'opposizione che può immettere elementi critici per influenzare l’opinione pubblica nel giudizio da formulare nei confronti della maggioranza che sta governando. Quando la Costituzione introduce delle eccezioni al monopolio parlamentare della funzione legislativa allora sorge il sospetto che ci sia qualcosa che non va dal punto di vista della democrazia, si pensi infatti ai decreti legge e decreti legislativi che sono collocati sullo stesso piano della legge ordinaria del Parlamento, sono quindi fonti primarie del diritto e, analogamente alla legge, sono subordinate solamente alla Costituzione; il Governo, esponente della sola maggioranza, è autorizzato dalla Costituzione a porre in essere fonti primarie subordinate solo alla Costituzione e di pari grado delle leggi ordinarie. Dunque decreto legge e decreto legislativo sono atti adottati dal Governo e quindi dalla sola maggioranza, che sembrerebbero disattendere il principio democratico, la questione è strana perchè è la Costituzione che autorizza il Governo a porre in essere questi atti aventi forza e valore di legge, quando in realtà dovrebbe presidiare la democrazia; in realtà il principio democratico è rispettato sia nel decreto legislativo che nel decreto legge, ma in un modo diverso da come esso si manifesta attraverso la legge ordinaria del Parlamento. -Decreto legislativo → previsto dall’articolo 76 della Costituzione. Il Parlamento con una legge delega l’esercizio della funzione legislativa al Governo, e tale esercizio si svolge attraverso uno o più decreti legislativi. L'articolo 76 prevede un rapporto tra una legge delega del Parlamento e un decreto legislativo del Governo, senza la legge delega il Governo non può fare il decreto legislativo. L'oggetto della delega è una funzione legislativa quindi è necessaria una legge. Il Parlamento con la legge delega rinuncia temporaneamente all’esercizio della funzione legislativa ma rimane titolare della stessa, si ha una dissociazione tra titolarità ed esercizio, tra dimensione formale e dimensione dinamica; il Parlamento è 67 nasce da un confronto tra maggioranza e opposizione; quindi, siccome la disciplina finale è data dalla combinazione dei principi e della normativa di dettaglio, il decreto legislativo può essere considerato come fonte primaria del diritto. -Decreto legge → previsto dall’articolo 77 della Costituzione. “In casi straordinari di necessità e d'urgenza il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge”. Ciò che emerge da questo articolo è la premessa, ovvero è necessario che ci siano casi straordinari di necessità e urgenza, cioè casi in cui è necessario intervenire con un atto avente forza di legge perché c’è urgenza di provvedere e perché siamo di fronte a una situazione straordinaria; la Costituzione non descrive cosa sia un caso straordinario di necessità e urgenza perché sarebbe dicile identificare tutte le situazioni reali da qualificare in questo modo, ma alcuni esempi sono calamità naturali, crisi economiche, attacchi terroristici, epidemie… La Costituzione attribuisce al Governo questo potere perché, quando si ha un caso straordinario di necessità e urgenza e c’è bisogno di intervenire con una fonte primaria, la legge del Parlamento che presuppone un atto di iniziativa, la discussione, il dibattito, gli emendamenti, la votazione…, rappresenta un procedimento troppo lungo e complesso e, trovandosi in una situazione di necessità e urgenza, non è la soluzione adatta al problema. E’ necessario quindi l’intervento tempestivo del Governo perché il decreto legge viene assunto rapidamente ed entra subito in vigore, per fare un decreto legge ci vuole pochissimo tempo, anche pochi giorni, il testo del decreto passa poi al Presidente della Repubblica che fa un controllo sommario di costituzionalità, lo firma, va in Gazzetta Uciale e il giorno dopo è già in vigore; si tratta di uno strumento che ha il valore di una legge ma ha i vantaggi di un atto normativo snello e rapido, di pronta esecuzione e approvazione. Il rischio però è che il Governo si sostituisca al Parlamento nel legiferare quindi, per garantire il ripristino del principio della separazione dei poteri, la Costituzione aerma che il decreto legge entra in vigore ma deve essere convertito in legge entro 60gg, altrimenti perde ecacia sin dall’inizio, è come se non ci fosse mai stato; entro i 60gg il Parlamento può convertire il decreto legge, oppure può votare contro la conversione o lasciare scadere il termine, in entrambi i casi si ha decadenza del decreto legge sin dall’inizio. Il decreto legge era già previsto dallo Statuto Albertino, era uno strumento già usato durante il ventennio fascista perché anche all’epoca c’erano situazioni straordinarie di necessità e urgenza, durante questo periodo il decreto legge doveva essere convertito entro due anni, e non 60gg, inoltre la legislazione fascista stabiliva che la mancata conversione avrebbe prodotto eetti solo per il futuro, quindi per quei due anni il decreto legge restava pienamente in vigore anche se non convertito; tutto ciò era in linea con un regime dittatoriale in cui il Parlamento era relegato ai margini e il potere era concentrato nelle mani dell'organo esecutivo che poteva quindi legiferare liberamente al posto del Parlamento perchè tanto in quei due anni avrebbe comunque trovato applicazione la normativa voluta dall’esecutivo. In un ordinamento democratico come il nostro questo è inaccettabile quindi il termine è stato accorciato a 60gg e si ha decadenza sin dall’inizio in caso di mancata conversione. 70 LEZIONE 13 A Il decreto legge deve essere convertito in legge dal Parlamento anché i suoi eetti da provvisori diventino stabili, la conversione avviene con una legge che viene approvata in seguito a un confronto tra maggioranza e opposizione, l’opposizione può bloccare un decreto legge, può fare ostruzionismo per evitare che la conversione avvenga entro 60 gg. L’esperienza repubblicana ha messo in evidenza alcune patologie cioè alcune situazioni di deviazione dal dettato costituzionale, vere e proprie violazioni della Costituzione formale: -reiterazione dei decreti legge → reiterazione significa ripetere uno stesso atto più volte nel tempo. La reiterazione riferita al decreto legge si ha quando un decreto legge non viene approvato e allora il Governo decide di formularne un secondo identico al primo che però anch'esso non verrà approvato, allora ne farà un terzo identico ai primi due ma anch’esso non verrà approvato e così via…, quindi il Governo reitera l'uso del decreto legge per disciplinare quei rapporti, ribadendo le proprie scelte normative nonostante la chiara ed evidente posizione di chiusura da parte del Parlamento che non vuole convertire il decreto. Nella storia c’è un caso di decreto legge reiterato 23 volte, moltiplicare 23x60gg significa 4 anni, ciò significa che per 4 anni il Governo ha legiferato quei rapporti e quella materia con uno strumento che invece dovrebbe essere usato solamente per fronteggiare casi straordinari di necessità e urgenza. Per molti anni la reiterazione è stata tollerata, si riteneva che fosse un’ordinaria manifestazione dei rapporti di forza tra Governo e Parlamento, quindi se il Parlamento tollera la reiterazione allora la maggioranza accetta il fatto che il Governo usi in maniera distorta questo strumento, tutto ciò fino al 1996 quando per la prima volta la Corte Costituzionale, con la sentenza 360, ha posto fine alla reiterazione dichiarando la prassi della reiterazione incompatibile con il dettato costituzionale. La Corte Costituzionale qualifica il decreto legge come provvedimento provvisorio, temporaneo, invece reiterare lo stesso identico decreto legge significa eludere la perentorietà del termine di 60gg imposto dalla Costituzione che è fonte sovraordinata al decreto legge. -mancanza palese dei presupposti → il Governo può fare il decreto legge solo in casi straordinari di necessità e urgenza. L’espressione casi straordinari di necessità e urgenza è vaga e varia, volendo quindi possono rientrare anche le situazioni più strane e discutibili sul piano della necessità, dell’urgenza e della straordinarietà. Sta al Governo stabilire i casi straordinari di necessità e urgenza, si assume la responsabilità e formula il decreto legge; un altro organo che può contraddire la scelta del Governo è il Presidente della Repubblica, egli emana il decreto legge (lo firma), i poteri del Capo di Stato comunque sono ridotti, egli non può entrare troppo in profondità nell'accertare questi casi perché si tratta di accertamenti politici fatti responsabilmente dal Governo quindi, di fronte a una valutazione politica del Governo, il Presidente della Repubblica non può fare molto, fa solo un controllo superficiale. Solo nei casi in cui la mancanza dei presupposti è evidente e discutibile il Presidente non approva i decreti. 71 Il terzo organo che potrebbe smentire sia il Governo che il Presidente della Repubblica è il Parlamento perché, prima di convertire un decreto legge, dovrebbe chiedersi se c’è il caso straordinario tale da giustificare questa eccezione al principio della separazione dei poteri, se il caso non c’è allora il Parlamento vota contro la conversione o lascia scorrere i 60gg; se il Parlamento ha una maggioranza coesa che sostiene fedelmente il Governo e vuole mantenere in vita la legislatura, allora è dicile che il Parlamento smentisca il Governo perché ciò aprirebbe una crisi nei rapporti tra la maggioranza parlamentare e il potere esecutivo, quindi per moltissimi anni, anche situazioni che non sembrano ascrivibili a casi straordinari di necessità e urgenza, sono passate e il decreto legge è stato approvato e poi convertito in legge. Tutto ciò fino alla sentenza 171 del 2007 quando per la prima volta la Corte Costituzionale dichiara l’incostituzionalità di un decreto legge per palese ed evidente mancanza dei presupposti. -emendamenti eccentrici → il Parlamento è chiamato a convertire in legge il decreto legge ma potrebbe anche non farlo e lasciare passare 60gg. Se decide di convertire il decreto legge, la Costituzione lascia al Parlamento la pienezza del potere legislativo, ciò significa che in sede di conversione il Parlamento può apportare delle modifiche al decreto legge, modifiche chiamate emendamenti, la legge di conversione non è una legge meramente formale di fronte alla quale il Parlamento o la converte o la lascia cadere, ma può intervenire per migliorare, arricchire, precisare, il testo deliberato dal Governo, il problema però è che il Parlamento può apportare solo alcune modifiche precise. Il disegno di legge di conversione del decreto legge ha la precedenza su tutte le altre proposte di legge in discussione, c’è un dimezzamento dei tempi e tutto ciò viene disciplinato dai regolamenti parlamentare per aumentare le chance di arrivare alla conversione entro 60 gg. Si dice che il decreto legge entra nella stazione Parlamento con un locomotore e una carrozza ed esce dalla stazione Parlamento con un locomotore e dieci carrozze: questa metafora sta a indicare che in sede di conversione il decreto legge può essere emendato anche in modo pesante se la maggioranza è favorevole, il primo vagone che entra nella stazione Parlamento racchiude le norme che erano nel testo del decreto legge, i dieci vagoni che escono dalla stazione sono il frutto di modifiche introdotte in sede di conversione. Spesso capitava che gli emendamenti aggiunti non c'entrassero nulla con il decreto legge originale, quindi per la prima volta con la sentenza 22 del 2012 la Corte Costituzionale dichiara l’incostituzionalità degli emendamenti palesemente estranei rispetto al testo originario del decreto legge: il Parlamento può modificare il testo ma non può introdurre modifiche che non c'entrino nulla rispetto all'oggetto originario del decreto legge, inserite solo in maniera strumentale, per approfittarne. 72 per individuare e aggiornare periodicamente l’elenco delle sostanze stupefacenti il cui traco integra gli estremi dei reati stabiliti da questa disciplina. Il legislatore ha rimesso a una fonte secondaria il compito di identificare le droghe e aggiornare periodicamente questo elenco perché il mercato della droga è caratterizzato da tempi rapidissimi di elaborazione di nuove sostanze stupefacenti; se ci fosse una fonte primaria che interviene stabilendo quali sono le droghe, una volta che si scopre una nuova droga dovrebbe esserci una proposta di legge, una discussione, il passaggio poi al Senato, e tutto ciò richiederebbe settimane o mesi ma nel frattempo decine di persone morirebbero a causa di questa nuova droga che, non essendo inclusa nell'elenco stabilito dalla legge, non può essere passibile di repressione penale, dunque per poter stare al passo con il progresso delle droghe la legge preferisce attribuire a una fonte secondaria questo compito perché il procedimento è estremamente più rapido. -si ha una riserva relativa di legge quando soltanto le norme di principio devono per forza essere stabilite da una fonte primaria, nelle materie coperte da una riserva relativa di legge le fonti secondarie possono essere autorizzate dalla legge a dettare sia le norme di attuazione sia le norme di esecuzione. In questi casi il legislatore deve sempre dettare norme di principio, tutto il resto volendo può essere devoluto a fonti secondarie. Esempio: le Pubbliche Amministrazioni sono organizzate secondo disposizioni di legge, in questa materia il legislatore può limitarsi a enunciare norme di principio, tutto il resto viene fatto da fonti secondarie; anche nel caso della riserva relativa di legge quindi c’è spazio per le fonti secondarie perché i regolamenti possono fare norme di attuazione e di esecuzione. Delegificare significa eliminare leggi cioè togliere leggi dalla disciplina di una determinata materia, da molti anni l'ordinamento italiano è accusato di ipertrofia legislativa cioè di avere troppe leggi al proprio interno, ci sono troppe fonti primarie che appesantiscono il ruolo del Parlamento, del Governo, dei Consigli Regionali… Una soluzione per contenere questo fenomeno dell’ipertrofia legislativa è proprio la delegificazione cioè si tolgono le leggi ma non si lascia quella materia priva di regolamentazione giuridica, quando si interviene con la delegificazione si ritiene che quella materia possa essere disciplinata da regolamenti e non più dalla legge, cosicché il Parlamento e il Governo possano compiere scelte importanti e concentrarsi solo su quelle. Una legge viene eliminata per lasciare spazio ai regolamenti attraverso la sua abrogazione, delegificazione significa sostituire una legge, che in quel momento sta disciplinando una materia, con un regolamento, la legge deve essere abrogata per lasciare spazio ai regolamenti. I regolamenti però non possono abrogare la legge perché la fonte primaria non può essere abrogata da una fonte secondaria, l'abrogazione può avvenire solo tra fonti collocate sullo stesso piano, allora esiste una legge di delegificazione che aerma che le vecchie legge si intendono abrogate da quando entrano in vigore i nuovi regolamenti. I DPCM sono fonti secondarie del diritto, sono atti di natura regolamentare, sono subordinati alla legge, mentre le libertà sono assistite dalla riserva assoluta di legge; dunque i DPCM possono intervenire in maniera così drastica a limitare le libertà individuali nonostante ci sia una riserva assoluta di legge e nonostante siano fonti secondarie, perchè comunque alla base c’è una fonte primaria che, attuando l’articolo 75 16 della Costituzione, autorizza il Presidente del Consiglio dei Ministri a usare questi decreti per stabilire misure concrete. LEZIONE 14 A Ciclo di bilancio → lo Stato, in quanto organizzazione giuridica complessa, ha esso stesso un bilancio di previsione ovvero un documento contabile che indica le spese che intende eettuare l’anno solare successivo e le entrate che ha programmato di riscuotere nello stesso arco temporale; c’è anche il rendiconto consuntivo che è quel documento contabile con il quale lo Stato dà conto delle spese eettivamente eettuate e delle entrate eettivamente riscosse. Secondo la Costituzione gli attori principali del ciclo di bilancio sono il Governo che scrive il bilancio e il Parlamento che lo approva con legge, questo confronto tuttavia si è arricchito di strumenti ma anche di altri attori istituzionali come l’UE, nel ciclo di bilancio si assiste a un ridimensionamento dell'autorità nazionale. Un passaggio fondamentale da chiarire è che ogni spesa e ogni entrata deve essere prevista dalla legge, ci deve essere una legge che preveda e quantifichi quella spesa, lo stesso vale per le entrate, ogni somma riscossa dalle istituzioni statale deve avere una base legislativa. -entrate → lo Stato finanzia le proprie attività attraverso la leva fiscale cioè tasse, imposte e tributi, c’è poi il ricorso al debito pubblico cioè lo Stato immette nel mercato obbligazioni sotto forma di buoni ordinari del tesoro, BTP... , quindi lo Stato emette periodicamente questi titoli di Stato raccogliendo risparmi e investimenti e si impegna poi a restituire il capitale versato con un interesse che varia; di fronte al rischio che uno Stato soddisfi le pretese dei propri creditori, per rendere appetibili i titoli di Stato, conviene tenere i tassi di interesse piuttosto alti. Come terza forma di entrata ci sono le alienazioni cioè lo Stato vende beni di propria proprietà quando non servono più, quando non sono più utilizzabili per le attività istituzionali dello Stato, come ad esempio vecchie caserme, edifici… La Costituzione sulle tasse si pronuncia all’articolo 23 aermando che “nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge” siamo in presenza di una riserva di legge, il primo principio in materia di prelievo fiscale è che lo Stato ci può imporre il pagamento di tasse, imposte o tributi ma solo nei casi stabiliti dalla legge; all’articolo 53 invece si fa riferimento al principio della capacità contributiva ovvero paga le tasse solo chi ha un reddito, questo principio si collega al principio di uguaglianza formale cioè tutti sono uguali davanti alla legge, quindi se si imponesse il pagamento delle tasse anche a chi non ha reddito ci sarebbe una violazione di questo principio, infine l’altro principio enunciato è il principio di progressività delle imposte che aerma che, siccome la tassa si quantifica in base a una % sul proprio patrimonio, chiamata aliquota, allora man mano che aumenta la ricchezza individuale l’aliquota aumenta. Il principio di progressività sembra essere in contrasto con il principio di uguaglianza formale ma in realtà esso è legato al principio di uguaglianza sostanziale, che impone 76 alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli che impediscono l’eettivo godimento dei diritti fondamentali per tutti, il principio impone alle istituzioni Repubblicane di intervenire nei rapporti economici, sociali… per ridimensionare il divario che c’è in termini di ricchezza tra gli individui; dunque secondo il principio di progressività chi ha più reddito paga di più in termini di aliquota perchè questo viene considerato un modo per una redistribuzione, in termini di equità e giustizia sociale, della giustizia prodotta. Dietro al principio di progressività non c’è un intento persecutorio nei confronti di chi è benestante, ma c’è una ragione ben precisa. LEZIONE 14 B Secondo l'articolo 81 della Costituzione, il Governo redige il bilancio e il Parlamento successivamente, entro il 31 Dicembre di ogni anno, approva con legge il bilancio. Il bilanico di previsione è suddiviso in capitoli di spesa e ogni Ministero ha i propri capitoli di spesa, ogni Ministro sa che deve eettuare n° spese e quindi nel bilancio deve mettere un numero corrispondente alla cifra della spesa che deve sostenere in relazione a quel tipo di intervento, questo numero non viene scelto a caso ma il Ministro è vincolato, per ogni spesa infatti c’è una legge o un atto avente forza di legge che la prevede, c'è una legge che quantifica la spesa per ogni tipo di intervento. Una situazione in cui ogni Ministro è vincolato al rispetto delle leggi che sono in vigore nel momento in cui egli compila la propria parte di bilancio non è ideale, ci possono essere dicoltà in quanto le leggi in questione magari sono state approvate anni prima e nel frattempo la situazione è cambiata, e inoltre può essere cambiata anche la maggioranza che governa perciò quelle leggi si rivelano del tutto inappropriate rispetto agli obiettivi programmatici che la maggioranza al governo cerca di realizzare. Ogni Ministro deve rispettare scrupolosamente le leggi che sono in vigore nel momento della compilazione del bilancio, se una legge stanzia 1 mld il Ministro non può impiegare più di 1 mld, anche se per il tipo di intervento che ha promesso avrebbe bisogno di 3 mld; suppongo che il Ministro metta comunque 3 mld e che il bilancio vada poi in Parlamento, questa strada in realtà non era prevista precedentemente, perché la Costituzione aveva definito la legge di bilancio come una legge meramente formale ciò che ha solo il nome della legge e permette al Parlamento di respingere o approvare il bilancio, senza modificarlo. Questo sistema è molto rigido perché crea notevoli ostacoli al Governo che, per far fronte a un certo programma politico, avrebbe bisogno di cambiare i numeri del bilancio rispetto alle leggi che sono in vigore nel momento in cui quel bilancio viene compilato, infatti il Governo può necessitare piu soldi, oppure può dover eettuare una spesa non prevista; negli anni 70 fu inventata la legge finanziaria che serviva a modificare tutte le leggi di spesa e di entrata in vigore nel momento in cui il Governo era chiamato a scrivere il bilancio. 77 bisogna garantire il pluralismo; queste due attribuzioni del Presidente della Repubblica però risultano dicoltose da definire, quindi queste dicoltà si riversano poi sul ruolo del Presidente, che risulta ancora impreciso. -Enrico De Nicola → esponente della Democrazia Cristiana, dal 1946 al 1947 è stato Capo provvisorio dello Stato e dal 1948 fino all’assedio del suo successore è stato il primo Presidente della Repubblica, anche se non eletto dal primo Parlamento perché esso si insediò più tardi. -Luigi Einaudi → esponente del Partito Liberale, dal 1948 al 1955 ha interpretato come un notaio il proprio ruolo da Presidente. -Giovanni Gronchi → esponente dellademocrzia crsitiana, dal 1955 al 1962 interpreta in maniera sobria il proprio mandato presidenziale. -Antonio Segni → esponente della Democrazia Cristiana, eletto nel 1962, ricordato come il Presidente della Repubblica più sfortunato perché dopo appena due anni dall'insediamento al Quirinale fu colpito da una grave malattia e fu dichiarato da prima l'impedimento temporaneo e quindi venne sostituito dal Presidente del Senato, successivamente dovette rassegnare le dimissioni perché la sua situazione si aggravò. -Giuseppe Saragat → eletto nel 1964 e fu un elemento di novità perché era un esponente del Partito Socialdemocratico italiano, per la prima volta il centrosinistra esprime un Presidente della Repubblica. -Giovanni Leone → esponente della Democrazia Cristiana, eletto nel 1971, fu una figura presidenziale un po discussa per alcuni atteggiamenti e va segnalato che 6 mesi prima della scadenza del mandato si dimise perché c’era nell’aria un rischio di impeachment per uno scandalo legato alla fornitura di aeromobili da parte dello Stato Italiano in cui era emerso il nome del Presidente. -Sandro Pertini → eletto nel 1978, esponente di primo piano dal punto di vista simbolico e ideale del Partito Socialista. Era un partigiano e svolse un ruolo importante nella liberazione del nostro Paese, inoltre svolse anche ruoli politici rivelandosi come una delle persone più sinceramente legate ai valori democratici, repubblicani e pluralisti. Pertini fu eletto nel 1978 che fu un anno terribile per la Repubblica Italiana perché fu l'anno del rapimento e uccisione del Presidente Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse, in questo periodo l’Italia ha rischiato una svolta perché c’era chi sosteneva un raorzamento dei poteri delle forze dell'ordine e conseguente ridimensionamento delle libertà individuali per fronteggiare questo “terrorismo” che era arrivato in Italia, ma una figura come quella di Pertini impedì questo drastico cambiamento antidemocratico. La presidenza Pertini fu la prima presidenza davvero pubblica, egli avvicinò il Quirinale al popolo, rese la figura del Presidente più familiare, più a contatto con l’umanità, fu vicino alle persone. -Francesco Cossiga → eletto nel 1985, esponente della Democrazia Cristiana, fu il più giovane Presidente della Repubblica, interpretò il proprio ruolo in maniera singolare perché per gran parte del mandato restò ai margini della scena istituzionale, svolgendo in maniera pacata le proprie mansioni, poi improvvisamente verso la fine del mandato adottò una serie di iniziative e assunse una serie di comportamenti molto pesanti, ad esempio pubblicamente qualificò un Ministro della Repubblica come un ignorante. -Oscar Luigi Scalfaro → eletto nel 1992, esponente della Democrazia Cristiana, ex Magistrato, anch’egli si trovò nel bel mezzo di una bufera politica perché iniziò il suo 80 mandato con l’esordio di Mani Pulite quindi con Tangentopoli, con la fine della Prima Repubblica, con uno stravolgimento del quadro politico italiano perché scompare la Democrazia Cristiana, il Partito Socialista e perfino il Partito Comunista decide di ridefinire la propria identità politica assumendo una denominazione diversa, e inoltre dopo due anni dall’insediamento di Scalfaro entrò in politica Berlusconi che sconvolse il mondo della politica diventano Presidente del Consiglio. -Carlo Azeglio Ciampi → eletto nel 1999, fu il primo “tecnico” a diventare Presidente della Repubblica, il suo unico incarico istituzionale infatti era stato Presidente del Consiglio del primo governo tecnico della storia repubblicana, prima invece era stato governatore della Banca d'Italia, una posizione molto prestigiosa ma fuori dall’ambito politico. Anche Ciampi dovette arontare situazioni complesse. -Giorgio Napolitano → eletto nel 2006, esponente di spicco del Partito Comunista italiano, per la prima volta nella storia repubblicana un esponente di sinistra arriva alla presidenza della Repubblica. Arontò situazioni complesse (Berlusconi Prodi, crisi, dimissioni di Berlusconi nel 2011…). L'elemento di novità introdotto da Napolitano fu che nel 2013, alla scadenza naturale del mandato, accettò di essere rieletto dal Parlamento, per la prima volta quindi ci fu un Presidente eletto due volte consecutivamente, egli comunque pose delle condizioni perché aveva già una certa età e accettò la rielezione principalmente perché il Parlamento si trovava in una situazione di stallo, all'interno infatti le divisioni erano talmente profonde e radicate da rendere impossibile trovare una personalità in grado di mettere d’accordo tutta la popolazione; Napolitano aronta la crisi del centrosinistra e quando la situazione sembrava aver raggiunto una certa stabilità si dimise nel 2015. -Sergio Mattarella → eletto nel 2015, esponente dell’allora Democrazia Cristiana, fratello di Piersanti Mattarella ucciso dalla mafia, fu il primo firmatario della proposta di legge che venne poi chiamata Mattarellum Girano voci riguardo una possibile rielezione al mandato nel 2022. Nessuna donna sino ad oggi è stata eletta a Presidente della Repubblica, al di là di ciò notiamo che, ad eccezione di Ciampi, i Presidenti sono stati tutti scelti all'interno dei partiti politici, parliamo quindi di Presidenti che hanno fatto politica a livello parlamentare, al tempo stesso però non stiamo parlando dei leader dei partiti politici, quindi erano figure importanti ma che non avevano mai svolto incarichi di leadership. -Requisiti per diventare Presidente della Repubblica sono avere la cittadinanza italiana e il raggiungimento dei 50 anni di età; non è necessaria la laurea, non è necessario avere esperienze politiche. -Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune con i delegati regionali ovvero deputati e senatori al Montecitorio (sede della Camera) con i delegati regionali; è importante sottolineare che il Presidente della Repubblica non è eletto direttamente dal popolo, non si ha in questo caso un'elezione diretta, si tratta di una grande dierenza rispetto agli ordinamenti presidenziali. Il Presidente della Repubblica Italiana non è titolare del potere esecutivo e quindi secondo i padri costituenti non avrebbe avuto senso una sua elezione diretta, sempre più spesso però gente aerma che egli debba essere eletto direttamente dal popolo, tuttavia introdurre l’elezione diretta del Presidente della Repubblica in una forma di 81 governo parlamentare in cui il Capo dello Stato è esterno al potere legislativo e al potere esecutivo è una cosa inutile e pericolosa perché chi esercita potere esecutivo e legislativo ha bisogno di una diretta legittimazione popolare e inoltre è pericolosa perché potere significa responsabilità, chi è al potere deve essere responsabile delle proprie azioni; se si vuole davvero introdurre nell'ordinamento italiano un’elezione diretta del Presidente allora bisogna intervenire sulla forma di governo e assegnare al Capo dello Stato un ruolo che oggi non ha, altrimenti è pura e semplice demagogia. Le maggioranze previste dalla Costituzione sono più alte rispetto a quelle normali perché si vuole che il Presidente della Repubblica sia il frutto di un'aggregazione suciente a coinvolgere non solo la maggioranza che ha vinto le elezioni ma anche pezzi più o meno ampi dell'opposizione, questo perché il Presidente della Repubblica rappresenta l'unità nazionale, questo è il motivo per cui spesso non risulta agevole scegliere il Capo dello Stato nei primi scrutini, soltanto due Presidenti sono stati eletti alla prima votazione (Cossiga e Ciampi), negli altri casi si hanno più scrutini perché man mano i quorum richiesti dalla Costituzione si abbassano (Giovanni Leone fu eletto al 23esimo scrutinio), numerosi scrutini però dimostrano la debolezza delle forze politiche presenti in Parlamento che, non riuscendo a trovare delle intese, mandavano a vuoto le elezioni. Non ci sono candidature formali alla Presidenza della Repubblica, dunque non essendoci candidature diventa tutto più complicato nella scelta del Presidente, c’è un lungo ed esasperante confronto tra le forze politiche per raggiungere numeri necessari a esprimere un Presidente. -Il Presidente della Repubblica dura in carica 7 anni e la Costituzione non dice nulla riguardo al rieleggibilità dello stesso, questa lacuna fu poi colmata in occasione della rielezione di Napolitano. Nel corso del mandato presidenziale il Presidente versa in una situazione di incompatibilità con qualsiasi altro incarico e professione, in caso di assenza è sostituito dal Presidente del Senato attraverso l'istituto della supplenza presidenziale. 7 anni è un periodo superiore alla legislatura, che ne dura 5, questo ci fa capire che la Costituzione vuole tenere lontano gli organi politici dal Presidente della Repubblica, a meno che egli non sia eletto proprio da un organo politico. 82 riguardo un atto che ha controfirmato ma che di fatto è del Presidente della Repubblica. La classificazione degli atti del Presidente della Repubblica si basa su quale delle due volontà, presidenziale o governativa, prevale in relazione a ogni singolo atto che viene sottoposto a classificazione e si creano tre possibili scenari: prevale la volontà del Presidente della Repubblica, prevale la volontà del Governo, oppure le due volontà si equivalgono. Dunque gli atti del Capo dello Stato sono classificati secondo tre tipologie: 1) atti formalmente e sostanzialmente presidenziali → atti non solo scritti dal Presidente ma che sono anche il frutto della sua volontà. In questi atti prevale la volontà del Presidente della Repubblica quindi il Presidente del Consiglio è costretto a controfirmare. Esempio nomina dei giudici della Corte Costituzionale: il Presidente della Repubblica sceglie i giudici e il Governo deve controfirmare, non può opporsi alla decisione del Presidente a meno che non si tratti di un soggetto privo dei requisiti necessari per svolgere il giudice. 2) atti formalmente presidenziali e sostanzialmente governativi → prevale la volontà del Governo, il Presidente della Repubblica li fa materialmente ma è la volontà del Governo che prevale. Esempio: ratifica del trattato internazionale, emanazione dei decreti legge e decreti legislativi… 3) atti complessi → si ha un equilibrio tra le volontà, non è possibile stabilire se domina la volontà di uno o dell’altro. Esempio: concessione della grazia. Secondo la Costituzione il Presidente della Repubblica può adottare questo provvedimento individuale di clemenza che comporta l'estinzione del reato e della pena, la grazia deve essere controfirmata dal Ministro della Giustizia. Il Presidente Ciampi manifestò l'intenzione di graziare un esponente di Lotta Continua che era stato condannato in via definitiva per l’omicidio del Commissario Calabresi: un esponente di Lotta Continua confessò di aver partecipato all’omicidio di Calabresi e fece il nome dei mandanti e degli esecutori, ci fu poi un processo e tutti gli imputati furono condannati in via definitiva a un numero considerevole di anni di reclusione; uno di questi condannati a un certo punto si ammalò di tumore e i suoi legali chiesero la grazia per poter consentire al soggetto di ricevere le cure necessarie al di fuori del sistema penitenziario in modo definitivo. Il Presidente Ciampi fu d’accordo nel concedere questa grazia, ma al contrario il Ministro della Giustizia Castelli oppose un rifiuto per questioni di coerenza politica perché egli faceva parte di una coalizione di governo che si era presentata agli elettori con un programma di intransigenza per quanto riguarda la lotta ad ogni forma di criminalità e terrorismo, dunque il Ministro della Giustizia firmando la grazie a un terrorista che aveva ucciso un servitore dello Stato si sarebbe rivelato incoerente rispetto al programma del suo partito (comunque non solo lui si oppose ma anche altre forze politiche). Dunque il Presidente chiese al Ministro la controfirma che però la negò, il Presidente sollevò un conflitto di attribuzione di fronte alla Corte Costituzionale e con la sentenza 200 del 2006 la Corte Costituzionale diede ragione al Presidente della Repubblica, qualificando la grazia come atto formalmente e sostanzialmente presidenziale rispetto al quale il Ministero ha l’obbligo di controfirmare quel provvedimento; nella 85 stessa sentenza la Corte precisò che il Ministro della Giustizia, per quanto obbligato a controfirmare l'atto di grazia, non può subire sanzioni politiche quindi egli si assume la responsabilità politica ma non a tal punto da giustificare un eventuale sfiducia individuale nei suoi confronti. Esempio: scioglimento anticipato delle Camere. Ci sono stati casi in cui lo scioglimento anticipato è stato gestito come atto complesso, casi in cui era il Presidente del Consiglio a dire al Capo di Stato di sciogliere le Camere e altri casi in cui invece lo scioglimento è stato frutto di una volontà del Presidente della Repubblica. Dunque non si capisce se nell’atto di scioglimento anticipato delle Camere prevale la volontà del Presidente, del Governo o se c’è equilibrio. Esempio: potere di nomina del Presidente del Consiglio. E’ un atto sostanzialmente governativo (2° tipologia) perché è il Presidente del Consiglio che svolge un ruolo definitivo. Prima del primo Governo Conte tutti consideravano la nomina dei Ministri come un atto sostanzialmente governativo (2° tipologia), con il caso Savona però si è dovuta rivedere la situazione perché nel caso Savona il Presidente della Repubblica rifiutò la nomina allegando ragioni di carattere politico, in questo caso Savona aveva espresso il proprio euroscetticismo, voleva uscire dall’UE, quindi Mattarella non volle nominarlo a Ministro. Mentre per alcuni casi la classificazione è agevole, per altri (quelli appena analizzati) è più complessa e talvolta è anche intervenuta la Corte Costituzionale. LEZIONE 16 A Responsabilità del Presidente della Repubblica Il Presidente è politicamente irresponsabile dei suoi atti, per responsabilità politica si intende l'insieme delle conseguenze negative che aiggono il titolare di una carica istituzionale per ragioni politiche, le conseguenze negative si traducono in una sanzione politica che va dal biasimo fino alla revoca dall'incarico. Il Ministro politicamente responsabile può essere sfiduciato individualmente, il Presidente del Consiglio dei Ministri politicamente responsabile può essere costretto a rassegnare le dimissioni, meccanismi analoghi sono previsti a livello regionale. La responsabilità politica prescinde dalla commissione di reati, un organo è politicamente responsabile indipendentemente dal fatto che abbia posto in essere condotte illecite, quindi ci può essere un soggetto con fedina penale immacolata ma che può subire un giudizio negativo di responsabilità politica perché qualcuno lo ritiene inadeguato ad assolvere la carica. Siccome ad ogni atto politico corrisponde una forma di responsabilità politica, per gli atti del Presidente della Repubblica la responsabilità politica grava sui membri del Governo attraverso l'istituto della controfirma 86 Responsabilità giudiziaria → anche in relazione al Presidente della Repubblica c’è una distinzione tra reati commessi nell’esercizio delle funzioni e reati posti in essere al di fuori dell’esercizio delle funzioni. -Per i reati commessi al di fuori dell’esercizio delle funzioni presidenziali il Capo dello Stato, in astratto, risponde come qualsiasi altro cittadino, inoltre è prassi che per i reati extrafunzionali il giudizio nei confronti del Presidente della Repubblica venga sospeso cioè l’attività processuale nei confronti del Capo dello Stato riprenderà una volta terminato il mandato presidenziale; questo trattamento di favore viene eettuato perché, distrarre il Presidente della Repubblica dal suo ucio per sottoporlo a un giudizio che si articola in una serie di fasi e che si sviluppa attraverso udienze a cui deve partecipare, viene considerato un grave imbarazzo per quella carica istituzionale, allora si predilige questa soluzione in modo tale da non correre il rischio di creare delle dicoltà. -Per quanto riguarda reati commessi nell’esercizio delle funzioni presidenziali la Costituzione ne prevede due: alto tradimento e attentato alla Costituzione. Queste due figure di reato non sono descritte nei loro elementi costitutivi dalla Costituzione anche se uno dei principi cardine del diritto penale in uno Stato liberale di diritto è il principio di tassatività e nominatività dei reati, ovvero ogni reato deve essere descritto in maniera puntuale dal legislatore attraverso una precisa enunciazione dei suoi elementi costitutivi, i reati devono essere descritti in maniera puntuale dal diritto positivo perché altrimenti un giudice godrebbe di un'eccessiva discrezionalità nel valutare dal punto di vista penale la condotta contestata all’imputato. Per fortuna questi due tipi di reati non si sono mai verificati, si parla di qualcosa che è ancora teoria, resta però l’incertezza in quanto essi non sono descritti in maniera precisa. Alto tradimento → il Presidente della Repubblica una volta eletto presta giuramento di fedeltà alla Costituzione e alla Repubblica Italiana davanti al Parlamento in seduta comune. Dunque l’alto tradimento è la negazione in concreto di questo giuramento, l’impegno solenne assunto dal Presidente non viene rispettato. Attentato alla Costituzione → non si intende come violazione della Costituzione da parte del Presidente della Repubblica perché se così fosse avremmo processi frequenti nei suoi confronti, infatti anche a egli può capitare di non rispettare la Costituzione, basti pensare a tutti quei casi in cui il Presidente ha emanato leggi che sono state poi dichiarate incostituzionali dalla Corte Costituzionale. Quindi l'attentato alla Costituzione è qualcosa di molto più grave di una violazione della Costituzione, alcuni esempi sono la reiterazione di comportamenti incompatibili con il dettato costituzionale oppure un Presidente che scioglie anticipatamente le Camere senza alcun motivo…; dunque per attentato alla Costituzione si intende un abuso di poteri che crea un grave pregiudizio alla tenuta del sistema costituzionale. Nel momento in cui si sospetta che il Presidente abbia commesso alto tradimento o attentato alla Costituzione il giudizio nei suoi confronti si articola in due fasi, una fase parlamentare una fase giudiziaria: -fase parlamentare → messa in stato d’accusa ad opera del Parlamento in seduta comune (impeachment). Il Parlamento in seduta comune non giudica il Presidente su quei reati ma semplicemente delibera l’atto di impulso da cui poi scaturisce poi l'attività processuale 87 partiti in cui svolgono ruoli importanti ma non di direzione politica in senso stretto, non erano leader all'interno dei partiti. In questo ambito si aggiunge anche l’irresponsabilità politica del Presidente. Tutti questi elementi ci portano a vedere il Presidente della Repubblica come un organo super partes cioè al di sopra della competizione politica che è linfa vitale per un sistema democratico, quindi dire che il Presidente è super partes significa dire che egli non prende posizione a favore di un partito rispetto ad un altro, la sua apoliticità è conseguenza naturale del ruolo di moderatore, di colui che stimola, persuade e invita al rispetto della leale collaborazione tra i poteri dello Stato. Al Presidente viene chiesto di non parteggiare per un partito, di non essere un esponente attivo all’interno di un partito, di non fare politica attraverso un partito, questo però non significa che egli non abbia una sua sensibilità politica, una sua idea politica. Il Presidente della Repubblica è legittimato a svolgere critica politica purché ciò non possa essere interpretato come un gesto a favore di un certo partito e a danno di altri; al tempo stesso il Presidente può essere oggetto di critica politica purché questa critica sia oggettiva, non deve riguardare la persona fisica che riveste l'incarico ma eventuali atti e iniziative poste in essere dal Capo dello Stato. Il Presidente della Repubblica è un'istituzione che interpreta i valori costituzionali, li pratica tutti i giorni ed è legittimato dal nostro ordinamento a conferire una particolare impronta politica al proprio mandato, in modo che i posteri possano riconoscerlo. LEZIONE 17 A Magistratura → potere giudiziario Mentre la funzione legislativa produce norme generali astratte, la funzione giuridica applica queste norme generali astratte a casi concreti; la funzione amministrativa è applicazione della norma generale astratta a casi concreti per tutelare interessi generali, la funzione giurisdizionale invece è applicazione della norma generale astratta a casi concreti per accertare la responsabilità giuridica di un determinato soggetto o per dirimere una controversia cioè risolvere una lite. La funzione giurisdizionale, nonostante le dierenze nei vari ambiti, ha come elemento comune l'applicazione di norme generale astratte a casi concreti per ripristinare la legalità violata, quando ad esempio una persona ha commesso un reato oppure quando c’è una controversia di varia natura. Le istituzioni chiamate ad esercitare la funzione giurisdizionale sono varie, ad esempio: -materia civile: giudice di pace, Tribunale, Corte d’Appello. -materia penale: giudice di pace, Tribunale, Corte d’Assise, Corte d’Appello, Corte d’Assise d’Appello. -materia amministrativa: Tribunali Amministrativi Regionali, Consiglio di Stato 90 -materia tributaria: Commissioni Tributarie Regionali, Provinciali, Corte dei Conti, Tribunali militari, Tribunali per i minorenni… All’interno di questo panorama di istituzioni un ruolo importante è svolto dalla Corte di Cassazione → non è il vertice dell’apparato giudiziario, la struttura giudiziaria italiana non è costruita secondo una scala gerarchica. La Cassazione è giudice di legittimità, ad essa si ricorre quando si ritiene che i giudici di merito abbiano commesso errori nell'interpretazione e applicazione del diritto a casi concreti, viene definita giudice di legittimità proprio perché deve verificare la corretta applicazione del diritto oggettivo al caso concreto, la Corte non deve verificare la colpevolezza dell’imputato ma prende la sentenza d'appello e sulla base dei rilievi che sono stati formulati verifica se il giudice d’appello ha applicato correttamente il codice penale e tutte le norme rilevanti in quel processo, ed eventualmente annulla la sentenza se scopre delle irregolarità. La Corte di Cassazione verifica se le norme sono state correttamente interpretate e applicate dai giudici di merito, non c’è gerarchia, c’è solo diversità di funzioni e la Corte di Cassazione svolge una funzione diversa rispetto ai giudici di merito. All'ordinamento giudiziario la Costituzione dedica gli articoli dal 101 al 113. -art 101 → “la giustizia è amministrata in nome del popolo” Amministrare la giustizia in nome del popolo significa rifarsi all’articolo 1 che aerma che la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti stabiliti dalla Costituzione, dunque significa ribadire che il potere giudiziario al pari degli altri due poteri dello Stato si basa sulla sovranità popolare cioè sulla suprema fonte di legittimazione di ogni potere esercitato nello Stato, anche il potere giudiziario ha questa intima connessione con la sovranità popolare, i giudici non amministrano la giustizia in nome di Dio, in nome della ragione, ma la amministrano il nome del popolo che è titolare della sovranità, fonte di tutti i poteri. Ogni volta che il popolo viene evocato per denunciare una cattiva amministrazione della giustizia è soltanto una evocazione demagogica, è un uso strumentale del popolo per finalità di natura schiettamente politica. Il secondo principio aerma che “i giudici sono soggetti soltanto alla legge” ovvero applicano la legge ai casi concreti, applicano il diritto oggettivo per risolvere controversie o per verificare se l’imputato sia colpevole o no; questa precisazione è necessaria perché l'ordinamento italiano appartiene agli ordinamenti di civil law che aondano le loro radici nell'esperienza del diritto romano, in questi casi la norma giuridica è tipicamente prodotta dalla legge, cioè da una fonte scritta, mentre il giudice applica la norma al caso concreto per cui non vi è nessuna funzione creativa riconosciuta al giudice, egli è solamente bocca della legge. Il giudice interpreta il diritto in senso evolutivo cioè trova nella disposizione una norma nuova rispetto a come quella disposizione veniva applicata fino a poco tempo prima, altro invece è svolgere una funzione creativa cioè produrre una norma giuridica dal nulla, negli ordinamenti di civil law questa attività creativa è sempre preclusa dal giudice infatti quando il giudice risolve una controversia deve fare riferimento al diritto oggettivo e lì trovare la norma da applicare al caso concreto. Negli ordinamenti di civil law la giurisprudenza non è giuridicamente vincolante per i giudici, dove per giurisprudenza si intendono le pronunce rese da altri giudici negli stessi casi, i precedenti giurisprudenziali non sono giuridicamente vincolanti; negli 91 ordinamenti di common law invece i precedenti guidano le scelte future dei giudici, dunque il giudice svolge una funzione creativa. Negli ordinamenti di common law ci si può discostare da un precedente giudiziario, per farlo però il giudice deve avere una motivazione valida e se sussiste crea così un nuovo precedente che disattende quello storico e apre la strada a una nuova esperienza giurisprudenziale; negli ordinamenti di civil law invece quando cambia la situazione interviene il legislatore con nuove norme giuridiche, il giudice può interpretare in modo evolutivo il diritto ma non può creare nuove norme. Un giudice può anche ignorare la giurisprudenza che si è consolidata in materia su quel caso particolare, la Corte di Cassazione esercita una funzione di nomofilachia ovvero fornisce delle interpretazioni uniformi ai giudici di merito e quanto più quelle interpretazioni sono consolidate tanto più autorevoli saranno, si parla in questo caso di diritto vivente, quindi anche se c’è una disposizione consolidata in Cassazione i giudici di merito possono inaugurare un nuovo filone giurisprudenziale; la nomofilachia è quella funzione che la Cassazione svolge per garantire un'interpretazione uniforme del diritto perché altrimenti ci sarebbe una grave incertezza del diritto (esempio quando lo stesso caso è disciplinato in modi diversi). LEZIONE 17 B -Principio di unicità della giurisdizione → la Costituzione aerma che la funzione giurisdizionale è esercitata da giudici secondo la legge sull'ordinamento giudiziario e non possono essere istituiti giudici speciali e giudici straordinari. La funzione giurisdizionale è esercitata solo da organi giudiziari che operano in maniera ordinaria secondo la legge sull’ordinamento giudiziario, c’è divieto di istituire giudici straordinari e speciali. Secondo la Costituzione nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge, questo principio sta a significare che per ogni controversia la legge stabilisce e identifica un giudice e ciò avviene prima che quel fatto sia commesso, prima che quella situazione conflittuale si sia verificata, c’è sempre un’anticipazione da parte del legislatore nell'identificazione dei giudici che poi saranno competenti a dirimere la controversia, a giudicare l’imputato…; questo non significa che noi conosciamo in anticipo il nome e il cognome del giudice, ma sappiamo qual è il giudice competente. Noi abbiamo un insieme di norme giuridiche che distribuiscono la funzione giurisdizionale tra i vari giudici in relazione all’elemento di competenza, questo viene fatto prima, quindi per il legislatore è vietato creare appositi Tribunali per giudicare situazioni o comportamenti che si sono già materializzati, si creerebbe in questo caso un giudice straordinario cioè un giudice creato dopo la commissione di certi fatti. Nell'ordinamento italiano ci sono dei giudici speciali, come ad esempio i Tribunali amministrativi regionali, il Tribunale dei Ministri, il Tribunale per i minorenni; i giudici speciali si occupano di determinate controversie, hanno il monopolio nel giudizio di 92 La vicenda Palamara riporta a galla il dicile rapporto tra politica e Magistratura che non si è risolto con la creazione del CSM o con l’enunciazione del principio di indipendenza e autonomia della Magistratura, nonostante questo schermo che dovrebbe separare Magistratura e mondo politico, si creano comunque delle interazioni, a cominciare proprio dal momento della scelta dei componenti del CSM; il CSM dovrebbe tenere lontana la politica ma in qualche modo risente di condizionamenti, basti pensare agli 8 membri laici eletti dal Parlamento in seduta comune, scelti da partiti che indicano persone che andranno ricoprire la carica di membro laico del CSM, quindi la distribuzione del CSM tiene conto dei rapporti di forza tra maggioranza e opposizione. Professori e avvocati (membri laici) vengono scelti per le loro competenze ma anche per la loro sensibilità politica che può essere declinata anche come prossimità alle forze politiche presenti in Parlamento, quindi c’è un'elezione che risente del fattore politico, ciò non significa necessaria appartenenza al partito, ma è indispensabile che dal punto di vista politico essi abbiano avuto modo di farsi riconoscere come studiosi e professionisti sensibili a un certo pensiero politico; la politica quindi entra nel CSM sotto forma di sensibilità politica. Per quanto riguarda i membri togati, i Magistrati sono esseri umani pensanti, con un proprio bagaglio culturale, ogni Magistrato ha una propria coscienza politica, non si può pretendere che un Magistrato rinunci a questa coscienza politica in funzione della neutralità della funzione che svolge, ciò che conta è che egli non faccia attivismo in un partito e soprattutto che la sua sensibilità politica non sia tale da costringerlo a violare la legge, a interpretare in maniera sbagliata la legge, ad amministrare la giustizia in modo deformato per eetto della propria visione politica. Quindi anche i 16 Magistrati togati vengono scelti da altri Magistrati attraverso elezioni che risentono della suddivisione dei Magistrati in correnti politiche, essi si riconoscono in formazioni che mettono insieme Magistrati con una visione della vita omogenea; se non se ne abusa questo sistema è fisiologico quindi anche i 16 membri togati vengono scelti attraverso un meccanismo politico, il problema è che quando la politica entra in un determinato organo che dovrebbe essere apolitico c’è sempre il rischio di una degenerazione del fenomeno perché, anche con tutte le accortezze possibili, la politica potrebbe spingere sempre di più per condizionare i processi decisionali all’interno del CSM. 95 LEZIONE 18 A Il CSM è l’organo di amministrazione dell'ordine giudiziario, si occupa dal punto di vista amministrativo della condizione giuridica del Magistrato dal momento in cui accede nei ranghi della Magistratura fino all’uscita per pensione o per altre ragioni. La Costituzione attribuisce al CSM una serie di funzioni che riguardano l'assunzione, l’assegnazione alle sedi, le promozioni, eventuali provvedimenti disciplinari. La Costituzione indica nel concorso il meccanismo di reclutamento dei futuri Magistrati, concorso disciplinato a livello legislativo, sono intervenute diverse modifiche nel corso degli anni perché il numero di aspiranti Magistrati è sempre stato molto elevato, negli ultimi anni il concorso in Magistratura è diventato un concorso di secondo grado cioè un concorso a cui possono partecipare i laureati in giurisprudenza che abbiano anche conseguito un altro titolo o qualifica. L'accesso in Magistratura è rimesso alle competenze del CSM perché il concorso è gestito dal CSM, infatti il Ministero della Giustizia fornisce l'apparato logistico e strumentale per l’espletamento delle prove concorsuali ma poi la gestione nel merito del concorso è svolta dal CSM; la selezione dei Magistrati non viene eettuata dall’organo politico ma viene eettuata dal CSM, così come le assegnazioni nelle varie sedi, i trasferimenti, le promozioni… In Costituzione c’è scritto che i Magistrati si distinguono tra di loro soltanto per diversità di funzioni, l’apparato giudiziario non è una struttura organizzativa basata sul modello gerarchico, i Magistrati si distinguono tra di loro non per maggiore importanza o autorevolezza ma per lo svolgimento di funzioni diverse. Periodicamente ogni singolo Magistrato è sottoposto a un controllo per verificare la sua attitudine a produrre in termini di provvedimenti, udienze… e una volta superato il controllo di professionalità c’è lo scatto di anzianità, c’è un aumento dello stipendio e c’è l’attribuzione di una qualifica che corrisponde all'anzianità di servizio; questa valutazione di professionalità è stata definita dal legislatore in modo tale che solo il Magistrato incompetente non riesce a ottenere un giudizio positivo, il rischio infatti è che se ci fosse una valutazione di professionalità troppo dura in termini quantitativi, i giudici passerebbero il loro tempo a cercare di produrre il più possibile per ottenere un giudizio positivo, trascurando però la qualità del servizio giudiziario reso alla collettività. Inamovibilità dei Magistrati → i Magistrati non possono essere rimossi o spostati dal loro ucio ad un altro ucio, se non con tutte le garanzie previste dalla legge per assicurare il contraddittorio con il Magistrato interessato, oppure con il consenso del Magistrato stesso. Il trasferimento ad esempio è una soluzione insidiosa e la normativa vigente stabilisce che può essere disposto o con il consenso del Magistrato o come esito di un procedimento disciplinare che garantisce al Magistrato un pieno diritto di difesa e quindi la possibilità di contrapporsi alla proposta di trasferimento avanzata da qualcuno; anche la promozione può essere insidiosa perché può capitare che un Magistrato venga promosso per essere in realtà rimosso da un incarico che a qualcuno non è gradito. 96 Il Pubblico Ministero è un Magistrato che anziché svolgere funzioni giudicanti la Costituzione gli attribuisce l’obbligo di esercizio dell’azione penale, quindi il Magistrato requirente svolge attività di indagine che, se poi c'è il rinvio a giudizio, determinano un capo di imputazione nei confronti di una persona e il Pubblico Ministero diventa parte del processo penale e sostiene la tesi accusatoria in quel giudizio. La Costituzione parifica il Magistrato a tutti i Magistrati giudicanti, sul piano delle garanzie non ci sono dierenze tra Magistrati giudicanti e Magistrati requirenti, anche i Magistrati requirenti sono gestiti dal punto di vista amministrativo dal CSM; questa precisazione è importante perché in molti Paesi il Pubblico Ministero è subordinato al potere politico, è alle dipendenze del Ministero della Giustizia che è organo di governo e rappresenta la maggioranza, in Italia invece il PM (Pubblico Ministero) è un Magistrato autonomo e indipendente dal potere politico. Il principio dell'obbligatorietà dell’azione penale è strettamente connesso al principio di uguaglianza formale e aerma che un Pubblico Ministero, se riceve notizia di un reato, esercita l’azione penale e completi tutte le attività di indagine che potranno poi portare all’instaurazione di un processo penale a carico di una determinata persona; obbligatorietà significa che ogni volta che la Procura della Repubblica riceve una notizia di reato deve attivarsi e deve verificare se il reato c’è eettivamente stato e successivamente perseguire i colpevoli di quel reato. Questo principio è connesso al principio di uguaglianza formale perché tutti i reati sono eguali davanti alla legge, tutti sollecitano l'azione penale del Pubblico Ministero, ovviamente poi gli esisti e le sanzioni saranno diverse. All’interno della Procura della Repubblica si definisce un ordine di priorità in modo da perseguire ecacemente quei reati che secondo il CSM e le varie procure meritano una priorità, questo comunque non fa venire meno il principio di obbligatorietà dell’azione penale. Il Ministro della Giustizia è l'unico Ministro espressamente indicato nella Costituzione quindi, quando si parla di Governo, la Costituzione cita il Presidente del Consiglio e tra tutti i Ministri cita solo il Ministro della Giustizia e lo fa in due disposizioni: quando attribuisce al Ministro della Giustizia il potere di promuovere l'azione disciplinare nei confronti dei Magistrati e quando attribuisce al Ministro della Giustizia i compiti che riguardano l'organizzazione dei servizi giudiziari. CSM e Ministro della Giustizia sono le due entità che interagiscono quando la giustizia viene concretamente amministrata, anche se con ruoli completamente diversi, perché il CSM si occupa dei Magistrati mentre il Ministro della Giustizia si occupa di tutto l’apparato organizzativo, strumentale anché l'amministrazione della giustizia funzioni bene. Il Ministro della Giustizia non può mai entrare nel merito dell'amministrazione della giustizia e delle vicende giudiziarie, ma deve occuparsi di tutto ciò che è strumentale e funzionale anché i Magistrati possano svolgere ecientemente e serenamente il loro lavoro; compito del Ministro della Giustizia è assegnare alle varie sedi un numero significativo di personale addetto agli uci giudiziari, alle cancellerie, che svolgono un ruolo decisivo a supporto dell’attività svolta dai Magistrati. 97
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