Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Diritto tributario 1° e 2° prova intermedia, Appunti di Diritto Tributario

Trascrizione completa di tutte le lezioni effettuate in modalità telematica con integrazione delle slide e molti esempi. Materiale sia prima prova intermedia che seconda. Temi trattati: IVA, IRPEF e IRES

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 22/05/2020

martina123498
martina123498 🇮🇹

4.7

(40)

32 documenti

1 / 90

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Diritto tributario 1° e 2° prova intermedia e più Appunti in PDF di Diritto Tributario solo su Docsity! DIRITTO TRIBUTARIO Il diritto tributario è lo studio, improntato ad un metodo giuridico, dei tributi. I tributi sono quelle entrate connotate dalle seguenti caratteristiche: - Sono destinate a coprire il fabbisogno della spesa pubblica ➔ i tributi vengono imposti solo se intendono finanziare funzioni pubbliche e garantire il funzionamento dell’apparato statale - Sono autoritative (manca la volontà del contribuente di obbligarsi) ➔ principio di coattività ➔ la norma giuridica è coattiva in quanto deve essere rispettata obbligatoriamente e la sua inosservanza viene punita applicando una sanzione al trasgressore - Sono previste in assenza di rapporto sinallagmatico ➔ Sinallagmaticità della tassa ➔ il sinallagma è il rapporto di interdipendenza tra prestazione e controprestazione. Il pagamento delle tasse costituisce sinallagma? No. Es. università pubblica ➔ il valore della tassa pagata dallo studente non corrisponde al controvalore che ricevo in termini di servizio (la tassa serve solo a coprire parzialmente i costi universitari che vengono coperti anche dallo Stato). Si è soliti distinguere i servizi pubblici in due categorie: - Divisibili ➔ è un servizio pubblico che ottengo solo se ne faccio richiesta (es. università) - Indivisibili (es. difesa) I tributi sono generalmente distinti in: - Imposte ➔ dovute per effetto della realizzazione della fattispecie imponibile a fronte di servizi indivisibili e giustificate dal principio di capacità contributiva - Tasse ➔ dovute in linea di principio a fronte della fruizione di “servizi divisibili” e giustificate dal principio del beneficio - Contributi ➔ tributo pagato a seguito di un’azione pubblica di cui il contribuente è avvantaggiato (da non confondere con le entrate para-commutative caratterizzate dalla sinallagmaticità). Sono effettuati nei confronti di coloro che traggono un beneficio individuale da opere o servizi di rilevanza generale. Similmente alla tassa, il contributo ha la funzione di far gravare una parte del costo del servizio o dell'opera su coloro che se ne avvantaggiano in modo particolare. Ci sono poi tributi di natura mista ➔ es. imposta di registro (doppia natura: è un mix tra un’imposta e una tassa). Gli elementi strutturali (essenziali) dei contributi sono: - Contribuente/ soggetto passivo ➔ soggetto che realizza la fattispecie di imposta e che di regola tenuto al pagamento del tributo - Fattispecie imponibile o presupposto ➔ il fatto la cui realizzazione comporta la nascita dell’obbligo di pagare il tributo - Base imponibile ➔ espressione numerica del valore della fattispecie - Aliquota o tasso ➔ valore percentuale da applicare alla base imponibile per ottenere il quanto dovuto dal contribuente Art. 23 Cost. ➔ Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge ⬇ Principio di riserva di legge ➔ con la legge dello Stato devono essere previsti gli elementi essenziali di ogni tributo (ad es. anche le addizionali comunali sono sottoposte ad un range di aliquote). Oltre che con legge, come possono essere introdotti dei tributi? Decreti legge (con la loro consecutiva ed eventuale conversione in legge) e decreti legislativi ⬅ hanno entrambi forza di legge. 1 Si tratta di una disposizione che ha una funzione di garanzia, in quanto la legge costituisce lo strumento primario di tutela nei confronti degli abusi dell’Amministrazione e degli altri consociati. Riserva di legge ➔ principio assoluto o relativo? Relativo perché è previsto in base alla legge. Art. 53 Cost. ➔ co. 1 «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva». ⬇ Principio della capacità contributiva. Norma programmatica (significa che prescrive solo obiettivi e non è immediatamente precettiva. Non introduce nell'ordinamento una norma giuridica). Non è rivolta ai singoli contribuenti ma al Legislatore ➔ è vista come un freno all’imposizione discrezionale dei tributi da parte dello Stato che potrebbe abusarne. L’art. 53 Cost. offre prevalenza ad un criterio distributivo del carico fiscale: la capacità contributiva (opposta al principio del beneficio). Il tributo deve rispettare i principi di: - Effettività ➔ concernente la reale spendibiàita del presupposto di imposta. Il presupposto d’imposta deve essere espressione di forza economica (reddito o patrimonio) e deve essere tutelato il c.d. «il minimo vitale» (il quale non può essere assoggettabile ad imposta) - Attualità ➔ di regola non è consentita l’introduzione di imposte «retroattive». (La retroattività del tributo è possibile ma è limitata dal principio di attualità) - Di limitazione soggettiva ➔ i soggetti che possono essere chiamati ad assolvere devono essere i «titolari» del fatto sintomatico di capacità contributiva Art. 53 Cost ➔ co. 2 «Il sistema tributario è informato a criteri di progressività», nel suo complesso deve risultare progressivo per garantire l’uguaglianza sostanziale (non formale). - Proporzionale ➔ aliquota fissa - Progressivo ➔ l’aliquota aumenta con l’aumento del reddito 
 2 Secondo la Corte di Giustizia l’IVA è neutrale in un duplice senso: 1. Non grava sulle attività economiche e non influenza le scelte degli operatori circa l’organizzazione degli affari 2. Assicura che operazioni analoghe siano tassate allo stesso modo e che non ci siano disparità di trattamento dovute alla lunghezza del ciclo economico/produttivo Art. 1 della Direttiva n. 2006/112/CE 1. La presente direttiva istituisce il sistema comune d'imposta sul valore aggiunto (IVA) 2. Il principio del sistema comune d'IVA consiste nell'applicare ai beni ed ai servizi un'imposta generale sui consumi esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero delle operazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase d'imposizione. A ciascuna operazione, l'IVA, calcolata sul prezzo del bene o del servizio all'aliquota applicabile al bene o servizio in questione, è esigibile previa detrazione dell'ammontare dell'imposta che ha gravato direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo. Il sistema comune d'IVA è applicato fino allo stadio del commercio al minuto incluso. CARATTERI DELL’IVA - Generale e plurifase ➔ si applica, in linea di principio, a tutti gli scambi «commerciali» (aventi ad oggetto beni e servizi) ed è riscossa in ciascuna fase della produzione e distribuzione - Non cumulativa e trasparente ➔ è proporzionale al prezzo dell’operazione (di cessione di beni o di prestazione di servizi) percepito dal soggetto passivo e il suo importo è immediatamente quantificabile in ciascuna fase - Sui consumi e neutrale ➔ è sopportata dal consumatore finale mentre è neutrale per gli operatori economici in virtù del meccanismo della detrazione Il fatto che l’IVA sia un’imposta di origine comunitaria implica che, nella scala gerarchica delle fonti, le leggi di carattere nazionale sono più in basso rispetto alle Direttive e ai Regolamenti europei. FONTI COMUNITARIE 1. Direttive ➔ si rivolgono di regola esclusivamente agli Stati Membri (SM) e non sono immediatamente applicabili negli ordinamenti giuridici interni; esse vincolano gli Stati Membri al raggiungimento di determinati scopi entro un certo limite temporale. L’effetto diretto della direttiva è sempre limitato: essa può essere fatta valere dalle persone fisiche e giuridiche nei confronti dello Stato ma la direttiva non attuata non può essere fatta valere dallo Stato nei confronti delle persone fisiche e giuridiche ➔ effetto diretto verticale. La direttiva è immediatamente applicabile solo quando essa è molto dettagliata e priva di qualunque discrezionalità potenzialmente applicabile dagli SM. 2. Regolamenti ➔ sono atti normativi che hanno portata generale, obbligatori in tutti gli elementi e direttamente applicabili negli ordinamenti degli Stati membri (art. 288, par. 2 del Trattato sul funzionamento dell’UE). Non richiedono procedimenti nazionali di attuazione ma si applicano direttamente 3. Sentenze della CGE (corte di giustizia) ➔ emesse su rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE vincolano «direttamente» il giudice del rinvio e «indirettamente» tutti coloro che sono tenuti ad applicare le norme oggetto delle decisioni. Lo scopo del rinvio pregiudiziale è quello di evitare che ogni giudice nazionale interpreti delle norme dell’Unione in modo del tutto autonomo pregiudicando l’applicazione uniforme del diritto europeo. I giudici nazionali devono adeguarsi a quella pronuncia. Le sentenze CGE hanno senso temporale perché precedono la sentenza del giudice nazionale e senso funzionale perché sono strumentali all’emanazione della sentenza dello stesso giudice nazionale. 5 FONTI 1. Direttive e Regolamenti dell’UE, sentenze della Corte di Giustizia 2. Leggi e atti aventi forza di legge nazionali (D.P.R., D. Lgs., D.L.) 16 Attesa l’origine comunitaria dell’IVA Le sentenze della CGE fanno parte delle fonti perché il ruolo della corte di giustizia non è solo quello di interpretare e dare applicazione alle norme del diritto comunitario ma anche quello di colmare le lacune di quell’ordinamento. Esse inoltre hanno efficacia ex tunc. La sentenza chiarisce il significato della norma e si suppone che quella sarebbe stata la giusta interpretazione da dare fin dal momento in cui la norma è stata emessa quindi vi è efficacia ex tunc (da allora. Cioè dal momento in cui la norma è entrata in vigore e non dal momento in cui è stata emessa la sentenza delle CGE). La Corte, per ragioni di gettito, può limitare l’efficacia della sua sentenza. In caso di contrasto tra la normativa nazionale e quella europea, quella nazionale deve essere disapplicata e ciò non vale solo per i giudici ma anche per tutti gli organi amministrativi (tipo Agenzia delle Entrate). L’IVA è una delle risorse dell’Unione e perciò una parte dell’IVA di ogni Stato Membro deve essere versata all’Unione. È stato dichiarato incompatibile con il diritto dell’unione il Condono dell’IVA (cioè i presunti evasori fiscali che potevano evitare di pagare l’imposta o solo una %) AMBITO DI APPLICAZIONE DELL’IVA Peculiarità = è un’imposta neutrale che va intesa in un duplice senso: - Per gli operatori economici perché non costituisce un costo - Garantisce che il carico di imposta sia sempre proporzionale al prezzo indipendentemente dal numero di operazione Ciò è garantito da due istituti: diritto di detrazione e rivalsa. Transazioni che devono essere tassate: Le operazioni devono essere effettuate da soggetti passivi cioè gli operatori economici (presupposto soggettivo). Ci deve essere una cessione di beni a titolo oneroso (presupposto oggettivo) La cessione deve essere effettuata in uno degli Stati Membri (presupposto territoriale). OPERAZIONI NEL CAMPO IVA - Operazioni imponibili ➔ sono soggetti all’iva e non pongono limiti alla detrazione - Operazioni non imponibili ➔ non soggette all’IVA perché hanno ad oggetto beni destinati ad essere consumati fuori dall’UE ➔ chi effettua l’esportazione non applica l’IVA ma non ci sono limiti per la detrazione. Es. un’impresa di calzature che esporta all’estero può detrarre l’IVA pagata sul costo del pellame? Sì. Non ci sono distorsioni al meccanismo di detrazione dell’IVA. Se non si riconoscesse il diritto di detrazione, questi operatori avrebbero dei costi di produzione più alti rispetto agli altri operatori nel mercato interno perché l’IVA non detraibile sarebbe considerata 6 IVA - UE 1. Obbligo degli SM di assicurare la corretta applicazione e l’effettiva riscossione dell’imposta 2. Incompatibilità con il diritto dell’Unione delle norme sui «condoni» IVA 18 L’IVA è una delle “risorse proprie” dell’UE AMBITO DI APPLICAZIONE ART. 2 DIR. (taxed transactions) a • cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno SM da un soggetto passivo che agisce in quanto tale b • acquisti intracomunitari di beni effettuati a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro, da un soggetto passivo che agisce in quanto tale c • importazioni di beni (da chiunque effettuate) 20 un costo. Tutto ciò serve per garantire la parità di trattamento tra operatori che operano nel mercato interno e quelli per il mercato esterno - Operazioni esenti senza diritto di detrazione ➔ non soggette all’IVA perché di pubblico interesse o per ragioni di ordine tecnico/politico (es. prestazioni mediche) per evitare che il loro prezzo sia elevato. Non sono soggetti ad IVA ma limitano il diritto di detrazione (no detrazioni dell’IVA sugli acquisti per i prodotti). Es. il medico non detrae l’IVA sul riscaldamento dello studio o sugli altri elementi necessari all’esercizio della sua attività. Distorsione al meccanismo di detrazione dell’IVA ➔ ne compromettono la neutralità SONO FUORI CAMPO IVA: - Tutte quelle operazioni che mancano dei tre presupposti necessari (soggettivo, oggettivo, territoriale). Es. cessione di beni effettuate da un privato/consumatore finale che non è un soggetto passivo di imposta. - Operazioni escluse per espressa disposizione di legge (es. i passaggi di beni in dipendenza di fusioni, scissioni o trasformazioni di società. La motivazione è che queste operazioni sono già soggetti ad un’altra imposta che è l’imposta di registro. Principio di alternatività: o si applica l’IVA o si applica l’imposta di registro). Non essendo soggetti ad IVA, queste operazioni non sono soggette né all’obbligo di fatturazione né a quello di registrazione. Generalmente la risposta alla domanda dello step 2 è sempre positiva perché è la conseguenza del fatto che l’IVA tende a tassare tutte le operazioni essendo un’imposta generale ed onnicomprensiva. Step 3 ➔ Se un soggetto passivo italiano che ha costruito un fabbricato a Verona poi lo cede ad una società tedesca, dove dobbiamo considerare effettuata l’operazione? In Italia o in Germania? La cessione riguarda un bene immobile e perciò l’operazione si intende effettuata dove è ubicato l’immobile, in questo caso in Italia. L’individuazione del territorio è essenziale per capire a quale Stato ha diritto al gettito IVA. Se l’operazione è effettuata fuori dal territorio dell’Unione si ritorna alla domanda se è fuori o dentro al campo IVA (per vedere se viene rispettato il principio territoriale). Es. se una società italiana vende una partita di merci che si trova nel suo deposito in Russia ad un imprenditore italiano questa operazione ai fini IVA è da considerarsi fuori campo IVA perché i beni sono ubicati fuori dal territorio dell’Unione. Se invece i beni si fossero trovati sul territorio italiano, l’operazione sarebbe stata imponibile. 7 OPERAZIONI CAMPO IVA 27 OPERAZIONE FUORI CAMPO IVA I STEP Il «venditore» / prestatore è un soggetto passivo? III STEP In quale territorio l’operazione si intende effettuata? II STEP L’operazione effettuata si qualifica ai fini IVA come «cessione di beni» o «prestazione di servizi»? NO SI SI IV STEP è imponibile? non imponibile? esente? Se è «situata» nel territorio dell’UE Chi presta abitualmente soltanto servizi a titolo gratuito è considerato un soggetto passivo IVA? No. Secondo la CGE, questo soggetto andrebbe equiparato ad un consumatore finale perché al suo livello finisce il circuito di produzione e distribuzione. Un’attività per essere economica deve essere svolta contro un corrispettivo. Se è a titolo gratuito, l’attività non è economica. Cosa significa esercitata in modo indipendente? - NON sono soggetti passivi i lavoratori dipendenti e tutti coloro che prestano un’attività lavorativa con vincoli di subordinazione (v. art. 10) - NON sono soggetti passivi chiunque svolga un’attività senza agire in nome e per conto proprio, sotto la propria responsabilità, e senza sopportarne il rischio economico (CGE, C- 420/18, IO). ⬇ Senza vincolo di subordinazione e sopportando un rischio economico. CGE, 13 GIUGNO 2019, C-420/18 Il soggetto non era legato da un rapporto di dipendenza ➔ attività di membro di un consiglio di vigilanza di una fondazione. - I membri del consiglio «non sostengono individualmente né la responsabilità derivante dagli atti di questo consiglio adottati nell’esercizio della rappresentanza legale della fondazione, né quella che può sorgere a titolo di danni causati a terzi nell’esercizio delle loro funzioni e che, pertanto, essi non agiscono sotto la propria responsabilità» - L’attività «si caratterizza per l’assenza di un qualsivoglia rischio economico derivante dall’attività svolta. Infatti, un siffatto membro percepisce una retribuzione fissa che non dipende né dalla sua partecipazione alle riunioni né dalle ore di lavoro che egli ha effettivamente svolto». Vanno analizzate le peculiarità che caratterizzano ciascuna situazione. SOGGETTI PASSIVI all’interno dell’Ordinamento Nazionale DPR 633/72 - Art. 4 ➔ Esercizio di imprese (comma 1 e 2) - Art. 5 ➔ Esercizio arti e professioni Per rientrare nel campo di applicazione dell’IVA, il requisito soggettivo soddisfatto. La differenza tra imprenditori e lavoratori autonomi nel tempo ha perso importanza ma rileva ogni qual volta le norme facciano esplicito riferimento ad una delle due categorie. Es. per l’obbligo di fattura è previsto un regime speciale per i “commercianti al minuto” (= coloro che esercitano l’attività verso consumatori finali = commercio al dettaglio e quindi non all’ingrosso). Essi devono emettere lo scontrino fiscale anziché la fattura. I lavoratori autonomi devono invece emettere la fattura. Nel distinguere le due categorie indicate dagli art. 4 e 5 le differenze sono quantitativamente limitate e non inficiano gli assetti applicativi del tributo. Sono regole di carattere formale (come nell’esempio della fattura). ART. 4 ➔ Quando si ha l’esercizio di attività di impresa? Comma 1 dell’art. 4 Per esercizio di imprese si intende l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività commerciali o agricole di cui agli articoli 2135 e 2195 del codice civile, anche se non organizzate in forma di impresa, nonché l'esercizio di attività, organizzate in forma di impresa, dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell'articolo 2195 del codice civile. Il 1° comma è incentrato sulla TIPOLOGIA DI ATTIVITÀ SVOLTA. Impostazione similare e coerente con la Direttiva. 10 Comma 2 dell’art. 4 Si considerano in ogni caso effettuate nell'esercizio di imprese: 1) Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte dalle società in nome collettivo e in accomandita semplice, dalle società per azioni e in accomandita per azioni, dalle società a responsabilità limitata, dalle società cooperative, di mutua assicurazione e di armamento, dalle società estere di cui all'art. 2507 del codice civile e dalle società di fatto; 2) Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte da altri enti pubblici e privati, compresi i consorzi, le associazioni o altre organizzazioni senza personalità giuridica e le società semplici, che abbiano per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali o agricole. Il 2° comma è incentrato sulla VESTE GIURIDICA del soggetto (cioè sul tipo di soggetto). Sembrerebbe non del tutto conforme alla Direttiva che è incentrata sulle caratteristiche dell’attività. VESTE GIURIDICA Chi sono gli Enti diversi dalle società che hanno per oggetto esclusivo l’esercizio di attività commerciali o agricole? Sono quelle indicate al Libro 1° del c.c. (es. associazioni). (per fini fiscali si intendono sia gli effetti sulle imposte sul reddito che sull’IVA). L’art. 73 individua i soggetti passivi IRES ➔ si usa anche in ambito IVA dato che non c’è una specifica disposizione ➔ nell’art si distingue un ente come commerciale oppure no. - Commerciali ➔ con oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali o agricole - Non commerciali ➔ che NON hanno come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali o agricole Non rileva il fine perseguito (cioè ad esempio il fatto che un’associazione persegua uno scopo di lucro soggettivo). Quello che rileva, secondo l’art 73, è l’oggetto dell’attività dell’ente. Bisogna capire se l’attività è commerciale oppure no. Come si determina ciò? In base alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto oppure in base all’attività effettivamente esercitata. Attività agricole ➔ art. 75 TUIR in riferimento alle imposte sui redditi ≠ ambito IVA. Sono equiparati a società, non solo gli enti che hanno ad oggetto principale od esclusivo attività commerciali, ma anche quelli che fanno esercizio di attività agricole. Quindi l’attività agricola: - In ambito di imposte sui redditi ➔ NON è considerata come esercizio di impresa (infatti rientra nella distinzione di reddito fondiario e non di reddito di impresa) - In ambito IVA ➔ è considerata come esercizio di impresa (quindi come attività commerciali) La norma introduce ad una presunzione legale assoluta ➔ presunzione di commercialità ➔ i soggetti identificati dalla norma sono considerati ex lege quali soggetti passivi di imposta. Tutte le operazioni effettuate da questi soggetti (anche quelle nei confronti dei soci, associati o partecipanti fatte salve le eccezioni di cui al co. 5) sono considerate ex lege come effettuate nell’esercizio dell’attività di impresa. La presunzione si definisce assoluta quando non è ammessa prova contraria. Non è consentito ai destinatari della norma (società) di dimostrare che nel caso concreto le operazioni non siano svolte nell’esercizio dell’impresa. È proprio il tenore della norma (uso della locuzione “in ogni caso”) a far notare che siamo di fronte ad una norma assoluta. (saremmo stati di fronte ad una presunzione legale relativa se ci fosse stato scritto “salvo prova contraria”. Con una presunzione relativa c’è inversione del soggetto che deve disporre la prova). La disposizione nazionale è conforme alla direttiva? O dobbiamo adottare un’interpretazione diversa? 11 Eccezione di cui al co. 5 ➔ talune attività sono però espressamente qualificate come estranee all’esercizio di impresa. ⬇ Non sono considerate, inoltre, attività commerciali, anche in deroga al secondo comma: a) Il possesso e la gestione di unita' immobiliari classificate o classificabili nella categoria catastale A e le loro pertinenze, (…), di unita' da diporto, di aeromobili da turismo o di qualsiasi altro mezzo di trasporto ad uso privato, di complessi sportivi o ricreativi, (…) da parte di società o enti, qualora la partecipazione ad essi consenta, gratuitamente o verso un corrispettivo inferiore al valore normale, il godimento, personale, o familiare dei beni e degli impianti stessi, ovvero quando tale godimento sia conseguito indirettamente dai soci o partecipanti, alle suddette condizioni (…); b) Il possesso, non strumentale ne' accessorio ad altre attività esercitate, di partecipazioni o quote sociali, di obbligazioni o titoli similari, costituenti immobilizzazioni, al fine di percepire dividendi, interessi o altri frutti, senza strutture dirette ad esercitare attività finanziaria, ovvero attività di indirizzo, di coordinamento o altri interventi nella gestione delle società partecipate. La lettera b si riferisce ad esempio alle holding pure. Ratio della disposizione ➔ non è solo quella di garantire la conformità alla Direttiva, ma anche quella di evitare gli abusi del diritto di detrazione da parte di "società senza impresa” che sono società che non svolgono nessuna attività e sono costituite solo per acquistare beni non destinati all’utilizzo di un’attività commerciale ma per il soddisfacimento personale dei soci. La società viene considerata come un consumatore finale e quindi è priva del diritto di detrazione. Se la società svolge anche altre attività ha una doppia veste ➔ veste privata e veste commerciale. Quando rileva il criterio previsto dall’art. 4 comma 1? (caratteristiche e modalità di svolgimento delle attività). Rileva in caso di persone fisiche ed enti non commerciali. “Per esercizio di imprese si intende l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività commerciali o agricole di cui agli articoli 2135 e 2195 del codice civile, anche se non organizzate in forma di impresa, nonché l'esercizio di attività, organizzate in forma di impresa, dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell'articolo 2195 del codice civile”. Per le persone fisiche i requisiti sono due: il primo è il tipo di attività e l’altro è la modalità di esercizio dell’attività (che deve essere abituale). ESERCIZIO DI IMPRESA Art. 4 rinvia al 2195 quindi le persone fisiche che esercitano una di quelle attività sono soggetti passivi IVA. Stessa cosa per il rinvio al 2135 in merito alle attività agricole. Rileva sempre il requisito dell’abitualità. Non rileva la presenza del requisito dell’organizzazione in forma di impresa (=quando l’attività è svolta con l’uso di capitali tecnici e con risorse umane altrui). 12 Esiste un criterio per individuare senza margine di incertezza quali sono i beni privati e quelli imprenditoriali? In ambito IVA no. Parte della dottrina dice che si possa applicare in via analogica il criterio previsto per gli imprenditori l’art. 65 del TUIR. Esso prevede che per individuare i beni relativi all’impresa ci siano due criteri: - Uno sostanziale fondato sulla natura dei beni. Vale per i beni oggetto dell’attività di impresa, per i beni strumentali e per i crediti acquisiti nell’esercizio dell’attività commerciale. Es. se una società si occupa di acquisto e vendita di computer essi sono beni relativi all’impresa. L’arredamento del punto vendita è un bene strumentale. Per i beni diversi da questi (che sono beni dell’impresa per natura) vale il criterio formale - Uno formale che fa riferimento all’iscrizione dei beni nell’inventario redatto ai sensi dell’art 2217 del c.c. La finalità della norma però è diversa e l’approccio dell’Unione è formale e non sostanziale. Criterio più coerente con la direttiva: per verificare se un bene è oppure no dell’impresa occorre verificare qual è l’effettiva destinazione del bene e come si è comportato il soggetto al momento dell’acquisto. Cioè se egli si è comportato da soggetto passivo e se ha destinato il bene all’attività economica oppure no. Il comportamento va valutato sia al momento dell’acquisto che al momento della vendita. Individuata la sfera imprenditoriale, risulta inoltre che l’esercizio dell’attività comprenda anche le prestazioni non tipiche che usano beni o gli strumenti impiegati per l’attività. Es 1. impresa edile la cui attività è la costruzione di fabbricati. Se viene usato un autocarro dell’azienda per effettuare un’operazione di trasporto, questa operazione è soggetta ad IVA? Sì, perché pur non essendo una prestazione tipica dell’impresa edile essa è resa utilizzando un bene strumentale dell’azienda. Es 2. un avvocato cede ad un collega un computer usato per lo svolgimento della professione. La cessione costituisce un’operazione passiva di IVA? Sì, perché anche se non è un’operazione tipica (come ad esempio la difesa in giudizio o la consulenza) essa rientra nelle prestazioni non tipiche che hanno ad oggetto un bene strumentale. Ente non commerciale = NON ha come oggetto principale o prevalente l’esercizio di attività commerciali. Un ente non commerciale può comunque svolgere in via secondaria (ma non prevalente) attività commerciali o agricole. Art 4 comma 4 “Si considerano effettuate nell'esercizio di impresa soltanto le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte nell'esercizio di attività commerciali o agricole. * Si considerano fatte nell'esercizio di attività commerciali anche le cessioni di beni e le prestazioni di servizi ai soci, associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto, ad esclusione di quelle effettuate in conformità alle finalità istituzionali da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra scolastica della persona” **. * gli enti non commerciali possono svolgere in via secondaria attività commerciali e agricole e questa disposizione aggiunge che essi si considerano soggetti passivi limitatamente alle operazioni effettuate nell’esercizio di queste attività. Se agiscono nell’ambito della loro attività 15 principale, l’ente è considerato alla pari di un consumatore finale e non può detrarre l’IVA per gli acquisti. Es. l’università è un ente non commerciale. Ma è considerato come attività commerciale secondaria la locazione dell’aula magna a terzi in occasione di convegni. L’università è soggetto passivo IVA limitatamente alla prestazione di locazione e deve applicare l’imposta. Per tutti i beni e servizi acquistati per lo svolgimento di questa attività, l’università ha diritto di detrazione. ** Es. circolo di equitazione. Se il circolo a fronte di una quota supplementare fornisce agli associati la cura dei cavalli di ciascun socio allora queste prestazioni si vengono considerate nell’esercizio delle attività commerciali anche se effettuate verso gli associati. Queste operazioni sono soggetti ad IVA. Se c’è il pagamento di un corrispettivo specifico da parte di un associato (anche se l’attività non è commerciale), l’associazione dovrà applicare l’IVA a meno che non si tratti di associazioni che hanno finalità istituzionale. Per le associazioni non commerciali la mera percezione di quote associative a fini IVA non rileva. Se però le quote sono maggiorate a fronte di beni o servizi specifici resi dall’associazione all’associato, per presunzione l’attività si considera commerciale e quindi soggetta ad IVA. SOGGETTI PASSIVI: IDENTIFICAZIONE E STABILE ORGANIZZAZIONE IDENTIFICAZIONE - Art. 213 Dir. n. 2006/112 «Il soggetto passivo deve dichiarare l'inizio, la variazione e la cessazione della propria attività in qualità di soggetto passivo». Nello stato in cui l’attività economica ha sede principale. - Codice identificativo IVA (partita IVA) rilasciato dall’amministrazione finanziaria ➔ requisito formale privo di valenza sostanziale ➔ il fatto di avere una partita IVA non implica essere in automatico soggetti passivi. È un requisito che serve a dimostrare che si svolge un’attività economica ma se questa attività in concreto non fosse svolta, il soggetto non sarebbe passivo IVA. ES. Se un’evasore totale viene scoperto, l’amministrazione finanziaria gli chiederà di pagare le imposte sui redditi non dichiarati ma anche l’IVA che avrebbe dovuto addebitare ai propri clienti sulle operazioni attive (che lui abbia o no partita IVA non rileva per la sua identificazione quale soggetto passivo, ciò che conta è che abbia svolto un’attività economica). Se ho partita IVA ma non svolgo l’attività economica non sono soggetto passivo. - I soggetti passivi che effettuano operazioni direttamente in più Stati dell’UE potrebbero essere tenuti ad identificarsi in ciascun Stato per adempiere agli obblighi (versamento, dichiarazione, etc.). ES. una persona fisica apre un’attività di commercio di elettrodomestici a Verona, presenta la dichiarazione di inizio di attività in Italia. Se svolge l’attività in più Stati Membri bisogna verificare con quali modalità svolge questa attività. Il soggetto, per adempiere agli obblighi previsti dalla disciplina IVA, potrebbe essere tenuto a presentare una dichiarazione di inizio attività in ciascuno Stato Membro in cui opera. Quindi può accadere che un soggetto passivo abbia più numeri di partita IVA. Caso di e-commerce dove avviene la spedizione a soggetti che si trovano in altri Stati (es. Francia). Interviene il Requisito territoriale ➔ i beni sono soggetti ad imposta nello stato di destinazione (in questo caso in Francia). Il venditore italiano incassa l’IVA ma la deve poi versare allo stato francese. Si può fare tutto questo tramite un unico numero di partita IVA? NO. Perché il numero di partita IVA italiano non è riconosciuto dall’amministrazione finanziaria francese. Il soggetto passivo deve presentare una dichiarazione in Francia affinché venga riconosciuto come soggetto passivo anche là. 16 - I soggetti possono operare tramite una sede secondaria; in questo caso occorre verificare se la sede secondaria può qualificarsi come stabile organizzazione. Se ho un’attività con sede principale in Italia e una stabile organizzazione in Francia, questi due sono soggetti passivi IVA distinti (nel caso di operazioni economiche effettuate in Francia dalla stabile organizzazione, l’IVA va versata allo stato francese e non in Italia). Es. il soggetto vuole costituire una società controllata in Francia e aprire più punti vendita. In questo caso non opera più direttamente ma opera in altri Stati tramite sede secondaria. IL RUOLO DELLA STABILE ORGANIZZAZIONE IN AMBITO IVA - Modalità di identificazione dei soggetti passivi d’imposta ex art. 9 della Direttiva 2006/112/CE - Luogo di prestazione dei servizi - Nei confronti dei terzi per l’applicazione del reverse charge ex art. 17, co. 2 e 3, del D.P.R. n. 633/72 - Rimborso Iva ai soggetti non residenti art. 38 bis2 del D.P.R. n. 633/72 
 CHE COSA SI INTENDE PER STABILE ORGANIZZAZIONE? Nel testo della direttiva (2006/112) non c’è alcuna definizione di "stabile organizzazione”. Non c’è mai riferimento alla stabile organizzazione nelle norme finora analizzate. Tuttavia è nominata negli articoli che riguardano il luogo in cui si intendono effettuate le prestazione di servizi e nell’art. 192 bis per l’individuazione dei debitori di imposta (come versare l’imposta allo Stato). La stabile organizzazione NON è un’entità autonoma o un soggetto passivo IVA diverso dalla casa madre. È una particolare sede secondaria che soddisfa alcuni requisiti. CASO BERKHOLZ La Corte di Giustizia, fin dalla sentenza Berkholz del 1985 (causa C-168/84) e in numerose pronunce successive, ha precisato che “affinché un centro d’attività possa essere utilmente preso in considerazione, in deroga al criterio preferenziale della sede, come luogo delle prestazioni di servizi di un soggetto passivo, è necessario che esso presenti un grado sufficiente di permanenza e una struttura idonea, sul piano del corredo umano e tecnico, a rendere possibili in modo autonomo le prestazioni di servizi considerate”. Una società tedesca (che si occupa di installazione e gestione di macchine automatiche per giochi d’azzardo) installa delle macchine su due navi che fanno la spola dalla Germania alla Danimarca. La società tedesca manda regolarmente dei suoi impiegati che provvedono alla manutenzione delle macchine e sempre sulle navi alle operazioni di conteggio degli incassi. La società tedesca non assoggetta ad IVA tedesca i ricavi ottenuti da dette macchine ritenendo di avere una sede organizzativa situata su una nave. Dove vanno tassate le operazioni? In Germania o in Danimarca? (si tratta di prestazione di servizi e non cessioni di beni). Bisogna capire se è presente una stabile organizzazione. LA CGE – sulla base del tenore letterale dell’art. 9 della VI (ora 44) e alla luce dello scopo perseguito da detta disposizione (stabilire una ripartizione razionale delle sfere di applicazione delle leggi nazionali in materia di IVA al fine di evitare conflitti di competenza che possano portare a doppie tassazioni o viceversa alla mancata tassazione) – afferma che nel caso, mancando la presenza umana permanente (il personale era della casa madre e non stava stabilmente sulle navi) non esiste una stabile organizzazione. “Non risulta che l’installazione a bordo di navi di macchine automatiche per il gioco d’azzardo che danno luogo ad una manutenzione saltuaria possa costituire un siffatto centro di attività”. - Per il configurarsi di una sede organizzativa non è sufficiente la presenza solo delle risorse materiali ma occorre una struttura idonea sul piano del corredo umano e tecnico 17 IL PRESUPPOSTO OGGETTIVO AMBITO DI APPLICAZIONE (taxed transactions) OPERAZIONI IVA: Cessioni di beni ‣ Artt. 14 e 15 Dir. n. 2006/112 («Costituisce cessione di beni il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario») ‣ Art. 2 del D.P.R. n. 633/72 Prestazione di servizi ‣ Art. 24 Dir. n. 2006/112 («Si considera prestazione di servizi ogni operazione che non costituisce una cessione di beni») ‣Art. 3 del D.P.R. n. 633/72 L’art. 2 della Direttiva è stato trasfuso come art 1 DPR 633 in Italia. Questa distinzione (tra cessione di beni e prestazioni di servizi) non è meramente formale (è infatti sostanziale). Garantisce che vengano correttamente applicate le disposizioni IVA. Sono previste regole notevolmente differenti per il requisito della territorialità e per il momento in cui viene effettuata l’operazione. Nozioni di “carattere obiettivo” e “autonomo”, entrambe connotate dal requisito dell’onerosità. ⬇ Cosa si intende per “carattere obiettivo” e “autonomo”? Carattere obiettivo ➔ ai fini della qualificazione di un’operazione (come cessione di beni o prestazione di servizi) non rileva lo scopo perseguito. Lo scopo tecnicamente allora potrebbe essere anche fraudolento. Le operazioni illecite sono imponibili? L’IVA è stata introdotta per garantire la libera circolazione delle merci e per fare in modo che non ci fosse disparità di trattamento a garanzia della concorrenza. Lo scopo è tutelare il mercato legale. In caso di operazioni illecite, la Corte va a verificare se per i beni in questione esiste un mercato lecito. Per tutelare il mercato legale (in concorrenza con quello illegale) afferma l’imponibilità anche delle operazioni illecite. Se invece non esiste e neppure può esistere un mercato legale (es. vendita di organi) la Corte considera l’IVA non applicabile. Carattere autonomo ➔ inteso come autonomo delle categorie giuridiche nazionali. Non rileva il tipo di contratto stipulato. Ai fini della determinazione IVA dell’operazione, non ha importanza la qualificazione dal punto di vista civilistico data dagli ordinamenti nazionali per quella determinata operazione. Rileva invece il risultato ottenuto ovvero gli effetti sostanziali dell’operazione. Art. 14 Direttiva ➔ non c’è riferimento a nessun tipo di contratto (solo cessione di beni). Es. 1 se Tizio è soggetto a un’operazione di leasing finanziario, ai fini dell’IVA questa operazione deve essere qualificata come prestazione di servizi? NO. Perché non c’è nessuna cessione di beni. Dovremmo andare a vedere quali sono gli effetti dell’operazione. Se Tizio ottiene il trasferimento del bene materiale come se fosse proprietario allora l’operazione viene considerata a fini IVA come cessione di bene (anche se in ambito civilistico verrebbe qualificata come prestazione di servizi). Es. 2 In alcuni sistemi giuridici anglosassoni è prevista la possibilità di concludere contratti di locazione della durata di 999 anni (la locazione ha qualificazione civilistica come prestazione di servizio). Però essendo la durata del contratto estremamente lunga, il locatario ha disponibilità del 20 AMBITO DI APPLICAZIONE  (taxed transactions) Art. 2 Dir.   n. 2006/112 • cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno SM da un soggetto passivo che agisce in quanto tale Art. 1 D.P.R. n. 633/72 • cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio dell’impresa e di arti e professioni 61 bene come se fosse un proprietario quindi questa operazione è considerata dalla Corte di giustizia come cessione di beni e quindi imponibile di IVA. ONEROSITÀ
 CGE, 3.3.94, C‐16/93, TOLSMA «Una prestazione di servizi viene effettuata a titolo oneroso ai sensi dell’art. 2, punto 1, della VI direttiva soltanto quando fra il prestatore e l’utente intercorre un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni, nel quale il compenso ricevuto dal prestatore costituisca il controvalore effettivo del servizio prestato all’utente». - FATTO ➔ il Signor Tolsma suona l’organetto sulla pubblica via nei Paesi Bassi. Durante la sua attività musicale egli porge ai passanti una ciotola destinata a raccogliere il loro obolo; avviene anche che egli bussi alle porte delle abitazioni e dei negozi per chiedere un'oblazione, senza poter tuttavia far valere alcun diritto ad ottenere una ricompensa. - QUESTIONI: • «Se una prestazione, consistente nello svolgimento di attività musicale sulla pubblica via, per la quale nessun compenso venga pattuito, ma che venga ugualmente ricompensata, vada considerata prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso ex art. 2 della VI Dir. • Se ai fini della soluzione rilevi la circostanza che, pur non essendo pattuito, il compenso ricevuto venga non di meno richiesto e possibilmente ottenuto dall'interessato, pur se il suo ammontare non sia determinato o determinabile». In un caso come quello controverso in cui un musicista si esibisca sulla pubblica via ricevendo offerte dai passanti, non sussiste una prestazione ex art. 2 cit. e «queste entrate non possono considerarsi come corrispettivo di un servizio reso a questi ultimi» in quanto: - Per un verso, non ricorre alcuna pattuizione tra le parti, giacché i passanti versano spontaneamente un obolo del quale stabiliscono l'ammontare a loro arbitrio; - Per l'altro, non sussiste alcuna correlazione necessaria tra la prestazione musicale e le oblazioni ad essa conseguenti: i passanti non chiedono che il musicista suoni per loro e inoltre essi versano delle somme non in funzione della prestazione musicale, bensì in funzione di motivazioni soggettive In primo luogo è necessario un negozio giuridico tra le parti che richiede un corrispettivo e in secondo luogo deve esserci un nesso diretto tra servizio prestato e compenso corrisposto perché ai sensi dell’art 11 della direttiva è base imponibile tutto quello che è ricevuto come corrispettivo. Nel caso in esame, mancano i due presupposti. È tutto lasciato all’arbitrio dei passanti (manca la pattuizione) e non esiste neanche un nesso tra il servizio prestato e il controvalore ricevuto (il musicista si esibisce a prescindere dai passanti ed essi hanno motivazioni soggettive. È tutto aleatorio e lasciato al loro arbitrio). «Tali oblazioni sono infatti prettamente gratuite ed aleatorie e il loro importo è praticamente impossibile da determinare».
 In conclusione: «l'art. 2, n. 1, della VI Dir. deve essere interpretato nel senso che esula dalla nozione di ‘prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso’ un'attività che consiste nel suonare sulla pubblica via e per la quale nessun corrispettivo viene pattuito, pur quando l'interessato richieda una ricompensa in denaro e percepisca determinate somme, il cui ammontare tuttavia non sia determinato o determinabile». L’operazione deve inserirsi all’interno di un rapporto economico che prevede reciprocità di prestazioni. Necessità del vincolo sinallagmatico ➔ stretta correlazione tra prestazione e controprestazione ovvero la controprestazione deve trovare la causa nella cessione/ prestazione. Controprestazione ➔ generalmente costituita da denaro ma potrebbe essere anche in natura (es. permuta: cedo un bene in cambio di un altro bene). Quello che rileva è che la controprestazione sia suscettibile di valutazione economica. Se è in natura, come si applica l’IVA? Va applicata a ciascuna operazione considerata distintamente. 21 Es Tizio cede a Caio una macchina e Caio cede a Tizio una moto. Ai fini dell’IVA avvengono due distinte operazioni imponibili: Tizio applica l’IVA sulla macchina al momento della vendita e Caio stessa cosa con la moto. Si prescinde dalla congruità della controprestazione rispetto al valore reale della cessione o della prestazione correlata. Es. Tizio cede a Caio una Ferrari che vale 500.000€ (valore di comune mercato) ma decide di cederla per 100.000€. Il valore da assoggettare a tassazione è 100.000€ che è la somma ottenuta a titolo di corrispettivo anche se è notevolmente più bassa rispetto al valore di comune commercio. (esistono però delle eccezioni). 
 22 La norma si riferisce al caso in cui un soggetto passivo (agendo come tale) ha acquistato un bene detraendo poi l’IVA che gli è stata addebitata sull’acquisto di quel bene. Ma in seguito, piuttosto che utilizzare il bene per l’azienda, lo ha destinato ad uso privato o comunque a fini estranei a quelli di impresa. ES. Rossi ha un’impresa che commercializza elettrodomestici, acquista una partita di lavatrici e una di queste la regala a sua mamma. È un trasferimento a un terzo a titolo gratuito di un bene (non è stato venduto, non è attività economica). Anche se manca il requisito dell’onerosità, l’operazione è assimilata a cessione di beni e va comunque assoggettata ad IVA. ⬇ Ratio: la ragione è quella di evitare che un bene possa essere destinato a consumo finale senza che sia gravato di IVA nonostante si sia goduto del diritto di detrazione (lo Stato non incasserebbe effettivamente l’imposta). Se fin dall’inizio Rossi sapeva che avrebbe regalato la lavatrice e perciò non avesse usato il diritto di detrazione (cioè nel momento in cui paga l’IVA al fornitore poi non fa la detrazione) si comporta come se fosse un consumatore finale. Allora l’operazione a titolo gratuito (quando Rossi regala la lavatrice) non avrebbe poi bisogno di essere soggetta a IVA. PRESTAZIONI DI SERVIZI NELLA DIRETTIVA RIFUSA Art. 24 Dir. n. 2006/112 1. «Si considera prestazione di servizi ogni operazione che non costituisce una cessione di beni» Art. 25 Dir. n. 2006/112 Una prestazione di servizi può consistere, tra l’altro, in una delle operazioni seguenti: a) La cessione di beni immateriali, siano o no rappresentati da un titolo; b) L’obbligo di non fare o di permettere un atto o una situazione; c) L’esecuzione di un servizio in base ad una espropriazione fatta dalla pubblica amministrazione o in suo nome o a norma di legge 
 L’art. 25 esplicita il significato della disposizione all’art. 24. L’art. 24 definisce in via residuale le prestazioni di servizi. Ai fini IVA è prestazione di servizi tutto ciò che non è cessione di beni. Però potrebbe essere fuorviante come definizione. Sembrerebbe che tutte le operazioni che sono poste in essere dai soggetti passivi in quanto tali devono essere necessariamente o cessione di beni o prestazione di beni. Ma non è così. La sentenza spiega perché non tutte le operazioni rientrano nel campo di applicazione dell’IVA ⬇ PRESTAZIONE DI SERVIZI CGE, 29 FEBBRAIO 1996, C‐215/94 - FATTO ➔ Il signor Mohr, proprietario di un'azienda agricola nella quale praticava l'allevamento di mucche da latte, otteneva un’indennità per l'abbandono definitivo della produzione lattiera (condizione prevista dalla legge tedesca). La somma ottenuta non era indicata nella dichiarazione IVA. L’amministrazione finanziaria tedesca assimila tale indennità al corrispettivo per una prestazione imponibile, ossia l'abbandono della produzione lattiera, e l’assoggetta ad IVA. - QUESTIONI ➔ se gli artt. 6, n. 1, e 11, parte A, n. 1, lett. a), della VI direttiva debbano essere interpretati nel senso che l'impegno di abbandonare la produzione lattiera assunto da un imprenditore agricolo costituisca una prestazione di servizi, così che l'indennità a tal fine 25 percepita è soggetta ad IVA. [è o no una prestazione di servizi l’abbandono della produzione lattiera?]. l’art. 25 al punto b) prevede un obbligo di non fare, cioè non produrre latte. - «in un caso come quello di specie, non sussiste consumo nell'accezione del sistema comunitario dell'IVA», in quanto assegnando un'indennità ai produttori agricoli che si impegnano a cessare la produzione lattiera, la Comunità non acquista beni né servizi a proprio uso, ma agisce nell'interesse generale, che è quello di promuovere il corretto funzionamento del mercato comunitario del latte. - «l'impegno del produttore agricolo di abbandonare la produzione lattiera non apporta né alla Comunità né alle autorità nazionali competenti vantaggi tali da far ritenere questi soggetti destinatari di un servizio. L'impegno di cui si tratta non costituisce, quindi, una prestazione di servizi ai sensi dell'art. 6, n. 1, della direttiva». ES. che chiarisce la lettera b in NON fare ➔ un imprenditore vende la sua azienda ad un terzo e si impegna a non creare un’azienda concorrente per un determinato periodo di tempo (c’è quindi un obbligo di non fare). In questo caso, l’operazione è considerata come una prestazione di servizi. L’acquirente a fronte del pagamento ottiene un beneficio (la non concorrenza). Lettera c ➔ Servizio connesso all’agire della pubblica amministrazione in quanto pubblica autorità che è un consumatore come un qualunque destinatario di un negozio giuridico di natura privatistica. «Si considera prestazione di servizi ogni operazione che non costituisce una cessione di beni» ma sono necessarie due caratteristiche (l’operazione deve rientrare nel campo di applicazione dell’IVA): - Esistenza di «atto di consumo» nell'accezione del sistema comunitario dell'IVA - Carattere oneroso dell’operazione (art. 2 Direttiva) Lettera a➔un’operazione di emissione (non cessione) di azioni è un’operazione soggetta ad IVA? ⬇ CORTE DI GIUSTIZIA, 26.05.2005, C-465/03, KRETZTECHNIK L’operazione «non costituisce né una cessione di beni né una prestazione di servizi effettuate a titolo oneroso», poiché: - dal punto di vista della società emittente, l’obiettivo è quello di acquisire capitali e non di fornire servizi; - dal punto di vista dell’azionista, «il versamento delle somme necessarie all’aumento del capitale rappresenta non il pagamento di un corrispettivo, ma un investimento o un collocamento di capitale». OPERAZIONI ASSIMILATE A PRESTAZIONI DI BENI Art. 26 Direttiva n. 2006/112 1. Sono assimilate a prestazioni di servizi a titolo oneroso le operazioni seguenti: a) L'utilizzazione di un bene destinato all'impresa per l'uso privato del soggetto passivo o per l'uso del suo personale o, più generalmente, per fini estranei alla sua impresa, qualora detto bene abbia dato diritto ad una detrazione totale o parziale dell'IVA; b) La prestazione di servizi a titolo gratuito effettuata dal soggetto passivo per il proprio uso privato o per l'uso del suo personale o, più generalmente, per fini estranei alla sua impresa. 2. Gli Stati membri possono derogare alle disposizioni del paragrafo 1 a condizione che tale deroga non dia luogo a distorsioni della concorrenza. Il bene rimane di proprietà dell’impresa ma la sua finalità è estranea a quella di impresa (≠ dalle operazioni assimilate a cessione di beni dove il bene usciva dal patrimonio dell’impresa). 26 Lettera a e b manca l’onerosità. Evitare che ci sia un’operazione di consumo non tassata perché effettuata a titolo gratuito. Il secondo paragrafo dà la posizione di derogare CESSIONE DI BENI NELL’ORDINAMENTO NAZIONALE 
 Art. 14 Dir. n. 2006/112 «Costituisce cessione di beni il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario» Art. 15 Dir. n. 2006/112 «Gli Stati membri possono considerare beni materiali: a) Determinati diritti sui beni immobili; b) I diritti reali che conferiscono al loro titolare un potere d’uso sui beni immobili; Art. 2 D.p.r. n. 633/72 «Costituiscono cessioni di beni gli atti a titolo oneroso che comportano: - Il trasferimento della proprietà - La costituzione di diritti reali di godimento - Il trasferimento di diritti reali di godimento sui beni di ogni genere»
 NATURA DEL BENE: beni materiali vs beni di ogni genere Beni materiali ➔ la materialità comporta la loro percettibilità sensoriale Beni immateriali ➔ ogni bene privo di corporeità tipica del bene materiale Le cessioni che hanno per oggetto le principali categorie di beni immateriali (diritti d’autore sulle opere dell’ingegno, letterarie e artistiche, diritti sui marchi e sulle insegne) rientrano per chiamata nominativa nell’ambito della prestazione di servizi e si comportano come tali ai fini dell’applicazione del tributo (art. 3, co. 2, n. 2). Nell’ordinamento nazionale, la cessione avviene con il trasferimento della proprietà. Diritti reali di godimento (es. usufrutto). Va qualificata come cessione di beni solo se ha per oggetto un bene immobile. Se invece ha per oggetto un bene mobile (materiale o immateriale), non può essere classificata come cessione di beni. Ulteriore precisazione: l’art. 14 Dir., quando detta la definizione di cessione di beni, parla di potere di disporre (l’usufrutto deve avere ad oggetto un bene immobile e come effetto dell’operazione il proprietario deve poter disporre del bene come se ne fosse proprietario). Nonostante la formulazione letterale dell’art 2 nell’ordinamento nazionale, occorre non solo che il bene sia immobile ma che l’effetto della cessione sia che l’usufruttuario possa disporre del bene come proprietario. Deve inoltre essere previsto un corrispettivo e un tempo determinato ➔ queste caratteristiche però farebbero rientrare l’operazione come prestazione di servizi dato che la cessione del diritto di usufrutto avrebbe gli stessi effetti di una locazione (secondo l’Agenzia delle Entrate). Se si confronta l’art 2 con la direttiva (art. 14 e 15) emergono delle differenze: - Beni ➔ secondo la direttiva, solo il trasferimento di un bene materiale può essere considerato cessione di beni. Mentre il nostro legislatore fa riferimento a beni di ogni genere (sembrerebbe che faccia riferimento sia a beni materiali che immateriali) - C’è una non conformità ma solo parziale ➔ vengono elencate nell’art 3 alcune prestazioni di servizi che vengono considerate come cessione di beni (es. diritti d’autore, marchi, brevetti). Per garantire la conformità della lettura dell’ordinamento nazionale con quello comunitario dobbiamo dire che non solo le cessioni di beni materiali si caratterizzano come cessioni di beni 27 OPERAZIONI ASSIMILATE (art. 2, co. 2) Da una parte beni merce, dall’altra beni strumentali. I beni merce sono i prodotti che l’impresa vende. Quelli strumentali sono quelli usati per la produzione del prodotto. Perché rileva questa distinzione nell’ordinamento nazionale? Mentre le cessione a titolo gratuito di beni dell’impresa sono imponibili a condizione che sia stata esercitata la detrazione e a prescindere dal valore, per i beni strumentali sono imponibili solo se superiori ad importo superiore alle vecchie 50.000 lire. NO IVA per la cessione dei campioni gratuiti di modico lavoro e appositamente contrassegnati. OPERAZIONI ASSIMILATE: CESSIONI GRATUITE (art. 2, co. 2) Il legislatore non tassa l’autoconsumo interno. Se un bene (sia merce che strumentale) viene prelevato dall’azienda per essere utilizzato nella stessa attività esercitata dall’azienda stessa, l’operazione non è considerata assimilata alle cessione dei beni perché i beni non escono dal ciclo operativo (vengono usati per produrre altri beni poi destinati alla vendita). ES. Un’impresa ha come oggetto l’attività edile e il commercio di materiali di costruzione. Questo soggetto decide di costruire un magazzino per le proprie aziende e utilizza dei materiali che erano destinati alla vendita a terzi. Quindi preleva del cemento e lo utilizza per la costruzione. In questo caso il prelievo del cemento deve essere assoggettato ad IVA? NO. Perché questi beni non si considerano immessi nel consumo finale ma all’interno dell’attività produttiva. C’è solo l’obbligo di documentare il prelevamento per superare la presunzione di cessione (la merca non rinvenuta nei magazzini non è stata venduta in nero). CESSIONE DI BENI: ESCLUSIONI (art. 2, co. 3 DPR 633/72) Non sono considerate cessioni di beni: - Le cessioni e i conferimenti in società o altri enti (compresi i consorzi, associazioni e altre organizzazioni) di aziende o rami di azienda 30 OPERAZIONI ASSIMILATE ART. 2, CO. 2  88 Beni oggetto dell’impresa Cessione gratuite, ad eccezione dei campioni (di modico valore e contrassegnati) Destinazione a finalità estranee all’attività d’impresa Assegnazioni ai soci, a qualunque titolo, fatte da società e enti privati/pubblici Beni non di produzione o commercio Cessioni gratuite se i beni hanno importo superiore ad € 25,82 Destinazione a finalità estranee all’attività d’impresa Assegnazioni ai soci, a qualunque titolo, fatte da società e enti privati/pubblici Ad eccezione di quelli per i quali non sia stata operata, all’atto di acquisto, la detrazione OPERAZIONI ASSIMILATE ART. 2, CO. 2 ‐ CESSIONI GRATUITE 89 Beni oggetto dell’impresa ad eccezione dei campioni (di modico valore e contrassegnati) Beni non di produzione o commercio Se di importo superiore ad € 25,82 Ad eccezione di quelli per i quali non sia stata operata, all’atto di acquisto, la detrazione - Le cessioni di denaro o crediti in denaro - Le cessioni di campioni gratuiti di modico valore appositamente contrassegnati - I passaggi di beni in dipendenza di fusioni, scissioni o trasformazioni di società - Le cessioni di beni soggette alla disciplina dei concorsi e delle operazioni a premio Pur presentando i requisiti per l’imponibilità (onerosità e trasferimento della proprietà), per espressa previsione normativa non sono assoggettate ad IVA. Ratio ➔ diverse. Per quanto riguarda il caso di scissione e divisione e rami di aziende, la finalità è quella di agevolare le ristrutturazione societarie. Si applica un’imposta di registro di regola in misura fissa. Si vuole evitare che l’acquirente debba anticipare l’esborso dell’IVA. Campioni gratuiti: stante il loro valore esigue e dar luogo a future cessione vengono esclusi. Oggetto denaro o crediti in denaro: presupposto che il denaro non è altro che un’ulteriore merce. Si vuole evitare che nelle transazioni si colpisca due volte la stessa operazione (come se fosse un’operazione permutativa). Es. compro un pennarello e poi pago un ulteriore euro sul valore del denaro. PRESTAZIONE DI SERVIZI NELL’ORDINAMENTO NAZIONALE Art. 24 Dir. 2006/112 “Si considera prestazione di servizi ogni operazione che non costituisce cessione di beni” Art. 25 Dir. 2006/112 Una prestazione di servizi può consistere, tra l’altro, in una delle seguenti operazioni: A) Cessione di beni immateriali, siano o no rappresentati da un titolo B) L’obbligo di non fare o di permettere un atto o una situazione Art. 3, co.1-2, D.p.r. 633/72 “Costituiscono prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da: contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte” “Si considerano prestazioni di servizi se effettuate verso corrispettivo: le cessioni di beni in locazione , affitto e simili (leasing); le cessioni, concessioni e licenze relative a diritti d’autore, invenzioni industriali, modelli e marchi; i prestiti di denaro e di titoli non rappresentativi di merci, compreso lo sconto di crediti presse le banche;le somministrazioni di alimenti e bevande; le cessioni di contratti di ogni tipo e oggetto”.
 Nell’art. 3 si dà attuazione all’art. 24 della Direttiva. Mentre la Direttiva definisce le prestazioni di servizi in via residuale, nell’art. 3 il Legislatore nazionale dà una definizione apparentemente più complessa e articolata. In particolare il comma 1 indica che sono prestazioni di servizio quelle di diritto privato che tipicamente danno luogo a prestazione di servizi. Disposizione di chiusura: “in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte”. Quest’ultima parte della disposizione fa si che il risultato sia analogo all’art. 24. Ogni prestazione di servizi qualunque sia la fonte anche non contrattuale (fare/ non fare), se non è cessione di beni è prestazione di servizi. Beni immateriali ➔ “cessioni, concessioni e licenze relative a diritti d’autore, invenzioni industriali, modelli e marchi” se hanno ad oggetto beni immateriali sono prestazione di servizi a condizione ovviamente che il soggetto che agisce sia un soggetto passivo IVA. Per garantire la conformità della norma nazionale a quella comunitaria, l’elencazione del comma 2 non è tassativa ma esemplificativa. È prestazione di servizi qualunque operazione che ha ad oggetto un bene immateriale. Se confrontiamo l’art. 2 con l’art. 3 si nota che nell’art. 2 si parla di cessione a titolo oneroso e nell’art. 3 troviamo prestazioni verso corrispettivo ma il significato è analogo: onerosità della prestazione (ad ogni prestazione corrisponde una controprestazione pattuita preventivamente). 31 OPERAZIONI ASSIMILATE ➔ Art. 3, co. 3, D.p.r. 633/72 Sono operazioni prive del requisito dell’onerosità ma comunque tassate. Sono considerate prestazioni d servizi anche talune prestazioni gratuite, e precisamente quelle effettuare per l’uso personale o familiare dell’imprenditore ovvero a titolo gratuito per altre finalità estranee all’esercizio dell’impresa, a condizione che: - L’impresa afferente agli acquisti di beni e servizi relativi alla loro esecuzione sia detraibile - La prestazione sia di valore superiore a 50 euro Se l’imprenditore ha detratto l’IVA sugli acquisti, allora assoggetta ad IVA anche la prestazione gratuita per non avere un salto d’imposta pur in mancanza del requisito dell’onerosità. Qual è la base imponibile alla quale applicare l’IVA dato che non c’è un corrispettivo essendo il servizio a titolo gratuito? La base imponibile sono le spese sostenute dal soggetto passivo per la prestazione del servizio (a condizione che siano superiori a 50€). Fanno ECCEZIONE, fra l’altro, talune somministrazioni e prestazioni rese al personale dipendente (es. servizio mensa, servizio di trasporto). L’imponibilità dell’autoconsumo NON si riferisce all’autoconsumo di servizi professionali. ⬇ Limitazione in ambito soggettivo: le prestazioni di servizi possono essere rese non solo dall’imprenditore ma anche dai professionisti (es. avvocato che difende in giudizio un suo amico a titolo gratuito; commercialista che predispone la dichiarazioni dei redditi della moglie e che non le fa pagare il servizio). Però nel caso di prestazione a titolo gratuito effettuata dal libero professionista non vale la regola dell’imponibilità, vale solo per gli imprenditori. Questa limitazione però è conforme alla direttiva? ⬇ Art. 26 Direttiva n. 2006/112 (dispone l’imponibilità dei servizi a titolo gratuito). Vedi pg. 27 ⬇ Nell’art 26 non c’è distinzione in base alla natura soggettiva del soggetto passivo MA è stata data possibilità agli Stati Membri di derogare al comma 1 a condizione che la deroga non dia luogo a distorsioni della concorrenza. Nella disciplina nazionale c’è quindi una distorsione della concorrenza? Ci sarebbe distorsione quando la stessa prestazione potrebbe essere resa sia da un imprenditore sia da un libero professionista con la conseguenza che se resa a titolo gratuito dall’imprenditore sarebbe imponibile mentre per il libero professionista no. Le prestazioni rese dai liberi professionisti sono esclusive (possono essere fatte solo da loro) quindi non vi è concorrenza e la delimitazione dell’ambito di applicazione della norma prevista (titolo gratuito solo per gli imprenditori) non crea distorsioni di concorrenza. PRESTAZIONI DI SERVIZI: ESCLUSIONI ➔ Art. 3, co. 4 Non sono considerate prestazioni di servizi, a titolo esemplificativo: - I conferimenti in società ed i passaggi di servizi in dipendenza di fusioni, di scissioni o trasformazioni - Le cessioni, concessioni e licenze di diritti d’autore, invenzioni industriali, modelli, marchi ecc. effettuate direttamente dall’autore e loro eredi o legatari - I prestiti obbligazionari - Le prestazioni dei commissionari relative ai passaggi di cui al n. 3 dell’art. 2, co. 2 Queste operazioni sono quindi irrilevanti ai fini IVA. Diverse motivazioni: primo punto ➔ la finalità è di agevolare la ristrutturazione aziendale senza un ulteriore aggravio dei costi. Punto in merito al commissario ➔ ai fine IVA è un’operazione già classificata come cessione di beni come previsto dall’art. 2, co. 2 n.3 perciò non va tassata come prestazione di servizi. 32 stato italiano, cioè lo stato in cui l’immobile si trova. Se l’immobile si fosse trovato in uno stato fuori dall’UE, l’operazione sarebbe stata fuori campo IVA. - Nazionali ➔ beni prodotti in Italia, quelli il cui perfezionamento sia ivi avvenuto e quelli importati definitivamente con corresponsione di dazi e IVA (questi ultimi sono beni cc.dd. nazionalizzati). • Made in Italy = tutto il processo di trasformazione è avvenuto in Italia • Perfezionamento = le ultime fasi di trasformazione fatte in Italia sono talmente rilevanti da far considerare il prodotto come fatto in Italia • Prodotti prodotti all’estero ma sono stati introdotti nel territorio dell’Unione sui quali sono stati pagati i dazi e l’IVA. Importazione definitiva - Comunitari ➔ beni prodotti in uno degli altri Stati dell’Unione Europea (quindi non in Italia) e beni che, pur provenendo da un Paese extracomunitario, sono importati definitivamente in un altro Stato dell’UE (sono stati pagati i dazi e l’IVA) Sono beni nazionali o comunitari quando sono stati pagati i dazi e l’IVA. Altrimenti sono beni definiti allo stato estero. ECCEZIONE PER TEMPORANEA IMPORTAZIONE. - In regime di temporanea importazione ➔ beni che provengono da un Paese extracomunitario, introdotti momentaneamente in Italia per essere esportati “tali e quali” dall’importatore ovvero per essere sottoposti a lavorazioni o trasformazioni e successivamente riesportati (c.d. “perfezionamento attivo”). SOSPENSIONE D’IMPOSTA. Beni che non si devono trovare allo stato estero fatta eccezione per quelli della temporanea importazione. Nel caso delle fiere (es. Vinitaly) i produttori hanno l’esigenza di introdurre la merce nel territorio italiano per partecipare alla fiera ma poi questi beni vengono riportati indietro perché non vengono venduti. Oppure caso di beni trasportati in Italia per trasformarli e poi ri-esportarli. Il pagamento dei dazi e dell’IVA sono sospesi. NON rientra nel campo di applicazione dell’IVA la cessione di beni mobili, che pur essendo presenti sul territorio italiano, sono beni in transito presso uno Stato estero o in deposito in luoghi sottoposto a vigilanza doganale. In questo caso i beni in deposito si considerano temporaneamente in “sospensione IVA”; solo al momento dell’uscita dal deposito doganale i su indicati beni sono soggetti ad IVA. Differenze tra direttiva e ordinamento nazionale: La norma interna non fa riferimento al requisito del trasporto (si può colmare con il requisito dell’ubicazione del bene: se il bene si trova in Italia oppure se la spedizione del bene parte dall’Italia). C’è una condizione che la direttiva non menziona ➔ lo status doganale (affinché l’IVA venga pagata devono essere beni nazionali, comunitari o in regime di temporanea importazione). La disposizione è conforme alla direttiva? Lo stato italiano quando ha previsto questa ulteriore condizione, si è avvalso della facoltà di non assoggettare ad IVA alcune variazioni connesse con il traffico nazionale di beni esteri (es. beni destinati ad essere collocati in una zona franca). In realtà quindi non c’è di una vera e propria discrepanza. Esempio: all’interno del territorio italiano (quindi si dovrebbe applicare l’IVA) ci sono delle zone chiamate “depositi doganali” o “depositi IVA” previamente autorizzati dall’autorità fiscale nei quali è possibile introdurre beni provenienti dall’estero (extra UE) senza pagare IVA e/o dazi. Questa merce ha status di beni allo stato estero. La merce diventa nazionale (o italiana) solo quando vengono pagati i dazi e l’IVA. Se vengono introdotti con sospensione di imposta conservano lo status doganale di merce allo stato estero. Le merci però sono comunque nel territorio dello Stato, quindi la cessione di un bene di quel tipo va assoggettata ad IVA? NO. - Se si fa riferimento all’ordinamento nazionale (art. 7-bis) si dice che manca il requisito della territorialità e questo manca perché non sono beni né comunitari né nazionali. 35 - Se invece si fa riferimento alla Direttiva, si dice che l’operazione, pur essendo territorialmente rilevante in Italia (quindi sarebbe campo IVA), non è soggetta ad IVA perché manca lo status doganale dato che l’Italia si è avvalsa della facoltà di favorire il commercio estero ➔ vengono introdotte le merci nei depositi e queste vengono più volte vendute senza pagare né dazi né imposte. Quando si paga? Quando la merce viene prelevata dall’ultimo acquirente dal deposito doganale. La norma nazionale utilizza come criterio quello dell’ubicazione del bene (conforme alla direttiva). C’è da fare solo la specificazione dello status doganale. ES regime di temporanea importazione: un soggetto partecipa all’EXPO, fa arrivare dei beni in Italia destinato all’esposizione ma durante la fiera (la merce ha status doganale?). trova un acquirente finale e questo bene quindi viene consegnato e venduta in Italia. A quel punto l’operazione è soggetta ad IVA? SÌ ma siccome non erano state assolte i dazi e l’IVA, prima paga l’IVA di importazione e i dazi, e poi con l’ulteriore cessione si applica l’IVA italiana. PRESUPPOSTO TERRITORIALE – PRESTAZIONI DI SERVIZI 
 DIRETTIVA REGOLA «GENERALE» Art. 44 ➔ luogo delle prestazioni di servizi resi a un soggetto passivo che agisce in quanto tale (B2B) Art. 45 ➔ luogo delle prestazioni di servizi resi a persone che non sono soggetti passivi (B2C) REGOLE «SPECIALI» Art. 46 ➔ servizi resi da un intermediario Art. 47 ➔ servizi relativi a beni immobili Artt. 48-52 ➔ servizi di trasporto .... Art. 58 ➔ telecomunicazione, tele- radiodiffusione, resi a persone non soggetti passivi 
 Prima si deve verificare se per quella prestazione di servizi esiste una regola specifica, poi nel caso non ci fosse, si applica la regola generale. La regola generale quindi è surclassata dalle regole speciali che hanno invece la priorità. In merito alle regole speciali, non ci troviamo di fronte a delle eccezioni ma a delle regole puntuali. Le regole speciali non vanno intese in senso restrittivo (come invece succederebbe nel caso delle deroghe), ma hanno effetto utile in modo da garantire che l’ambito di applicazione della norma sia quanto più completo possibile. REGOLA «GENERALE» – SERVIZI GENERICI (Dal 2010 queste regole sono state riformate) Art. 44 ➔ criteri per stabilire il luogo in cui si intendono effettuate le prestazioni di servizi rese a soggetti passivi che agiscono in quanto tali B2B = da soggetto passivo a soggetto passivo Art 45 ➔ criteri per stabilire il luogo in cui si intendono effettuate le prestazioni di servizi rese a persone che non sono soggetti passivi B2C = da soggetto passivo a consumatore finale I servizi si considerano effettuati: a) Quando sono resi a un soggetto passivo che agisce in quanto tale (prestazioni B2B), nel luogo in cui il destinatario ha fissato la sede della propria attività economica; tuttavia, se i servizi sono prestati ad una stabile organizzazione, il luogo delle prestazioni di tali servizi è quello in cui è situata la stabile organizzazione. b) Quando sono resi a persone che non sono soggetti passivi (prestazioni B2C = consumatori finali), nel luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica; tuttavia, se i servizi sono resi da una stabile organizzazione, il luogo delle prestazioni di tali servizi è quello in cui è situata la stabile organizzazione Se la prestazione di servizi generici avviene tra soggetti passivi (B2B) quello che rileva è il luogo in cui il destinatario (cioè chi riceve la prestazione) ha la sua sede dell’attività economica (o una stabile organizzazione). Se invece è il caso di B2C, il luogo che rileva è quello in cui il prestatore (cioè chi effettua il servizio) ha la sua sede dell’attività economica (o stabile organizzazione). 36 Differenze in merito alla territorialità tra cessione di beni e prestazioni di servizi: per la cessione era irrilevante la residenza del cedente e del cessionario. Quello che rilevava era solamente l’ubicazione del bene. Per la prestazione di servizi i criteri sono totalmente differenti ⬇ Elementi rilevanti per la territorialità dei servizi generici a) Status del committente b) Luogo di stabilimento del prestatore o del committente a) Status del committente - Articolo 43 Dir. (per chiarire se ci troviamo nel caso B2B o B2C) Ai fini dell’applicazione delle regole relative al luogo delle prestazioni di servizi: 1) Il soggetto passivo che esercita parimenti attività o effettua operazioni non considerate cessioni di beni né prestazioni di servizi imponibili ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, è considerato soggetto passivo riguardo a tutte le prestazioni che gli sono rese; 2) La persona giuridica che non è soggetto passivo e che è identificata ai fini dell’IVA è considerata soggetto passivo (c.d. soggetto passivo assimilato) Ai fini della territorialità, solo per individuare il luogo in cui si intendono effettuate, l’art 43 della Direttiva detta una definizione di soggetto passivo più ampia di quella che già conosciamo (art. 9 e 10 della Direttiva). Ai sensi dell’art. 9 e 10, si intendono soggetti passivi coloro che esercitano un’attività economica in modo indipendente (sono esclusi quindi i lavoratori dipendenti). Ci sono però delle categorie di soggetti passivi (es. enti non commerciali) che possono svolgere contemporaneamente sia attività economiche sia attività non economiche. ES. l’università oltre all’attività non economica (istituzionale = corsi di laurea), svolge in via secondaria anche attività di natura commerciale come ad esempio l’affitto delle aule per dei convegni oppure corsi di perfezionamento e aggiornamento professionale che quindi non sono istituzionali ➔ in questo caso rientra come soggetto passivo. Ci sono quindi due sfere di attività: una principale (non economica) e una secondaria (economica). Quando l’università svolge delle attività non economiche (istituzionali) le prestazioni non sono soggette ad IVA. Per gli acquisti che sono afferenti a questo tipo di attività, l’università non ha il diritto di detrazione. (In caso di attività economica, alle prestazioni verrà applicata l’IVA e ci sarà il diritto di detrazione). Adesso ai fini della territorialità la nozione di soggetto passivo è più ampia. Punto 1). Il Legislatore dice che un ente non commerciale va considerato soggetto passivo anche in merito alle prestazioni di servizi rese (da un altro soggetto passivo) che si riferiscono a prestazioni non economiche e che sono fuori campo IVA. Per tutte le prestazioni le che l’ente non commerciale acquista, esso va sempre considerato come soggetto passivo. (Questa precisazione è solo in merito all’individuazione degli acquisti. Per tutti gli altri fini, ad esempio il diritto di detrazione, vale sempre la regola generale che distingue le aree di attività economica e non). ES: i corsi professionali (se esulano dall’attività istituzionale) fanno parte dell’attività commerciale. Il costo che il libero professionista paga all’università per la frequentazione di tali corsi dovrebbe essere assoggettato ad IVA (cosa che non succede per i normali corsi di laurea). Supponiamo ora che l’università dia l’incarico ad un professionista di fama mondiale che svolge la propria attività a Madrid di tenere delle lezioni sia nell’ambito di corsi di laurea in medicina sia nell’ambito di corsi di perfezionamento per dei medici. Il professore quindi effettua servizi in entrambe le attività (economica e non economica). Dove si intendono effettuate queste prestazioni di servizi da parte del medico spagnolo? Egli è soggetto passivo nei confronti dell’università e deve emettere fattura, ma quale luogo deve indicare e che IVA deve pagare? L’art 43 dice che l’università deve considerata dal medico spagnolo come soggetto passivo d’imposta per tutte le prestazioni che le sono rese senza distinguere se queste prestazioni sono acquistate dall’università per effettuare operazioni imponibili (economica) o per operazioni fuori campo IVA (attività non economica) essendo appunto l’università un soggetto passivo che esercita anche attività non economica. L’università è sempre soggetto passivo di imposta e quindi il medico spagnolo emette fattura con IVA italiana per tutte le prestazioni da lui eseguite in università senza distinzione. 37 Quando viene in rilievo la stabile amministrazione? Sia nell’ipotesi in cui i servizi siano prestati ad una stabile organizzazione sia nel caso in cui i servizi vengano prestati da una stabile organizzazione a consumatori finali. ES. la società che ha sede economica (= sede amministrativa) in Spagna, ha in Italia un ufficio con una segretaria (addetta al customer service). Supponiamo che la società spagnola effettui una prestazione di servizi nei confronti di un consumatore italiano. Dove si intende effettuata la prestazione di servizi? Nel caso in cui il committente sia un privato, vale la regola che la prestazione si intende effettuata nel luogo in cui il prestatore ha sede economica. In questo caso dobbiamo verificare che l’ufficio in Italia sia una stabile organizzazione oppure no perché nel caso in cui lo fosse l’operazione si riterrà effettuata nel luogo della stabile organizzazione in Italia, altrimenti la prestazione si riterrà effettuata nella sede economica in Spagna. art. 11, co. 2 ➔ in questo caso, un ufficio con una segretaria che risponde solamente alle domande dei clienti non è da solo in grado di fornire i servizi di cui assicura la prestazione. I servizi vengono quindi considerati prestati in Spagna. PRESTAZIONI DI SERVIZI D.P.R. 633/72 
 REGOLA «GENERALE» Art. 7-ter ➔ prestazioni di servizi generici - Co. 1 ➔ criteri - Co. 2 ➔ nozione di soggetto passivo ai fini della territorialità Art. 7, co. 1, lett. d) ➔ nozione di «soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato” REGOLE «SPECIALI» • Art. 7-quater • Art. 7-quinquies • Art. 7-sexies • Art. 7-septies 
 Art. 7-ter: Quando le prestazioni di servizi si considerano effettuate in Italia? (è conforme alla Direttiva)
 Si considerano effettuate nel territorio dello Stato, quando sono rese a: a) Soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato (B2B); (se il soggetto passivo ha la sede dell’attività economica in Italia, la prestazione ha avuto luogo in Italia). b) Committenti non soggetti passivi da soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato (B2C). Il prestatore ha la sede dell’attività economica in Italia. STATUS DEL COMMITTENTE Art. 7-ter, co. 2, DPR 633/72 (dà disposizione art. 43 direttiva e 19 del Regolamento) Soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato ai fini della territorialità: a) I soggetti esercenti attività d’impresa, arti o professioni; (cioè soggetti passivi d’imposta) b) Le persone fisiche* limitatamente alle prestazioni ricevute quando agiscono nell’attività di impresa; ES. l’avvocato che normalmente è soggetto passivo NON lo è ai fini della territorialità quando acquista dei beni/ servizi per uso personale. Lo è invece se le prestazioni acquistate sono inerenti all’esercizio della sua attività. È conforme alla Direttiva. c) Gli enti, le associazioni e le altre organizzazioni di cui all’art. 4, co. 4 (enti non commerciali, es. università), anche quando agiscono al di fuori delle attività commerciali. Anche questo è conforme alla Direttiva. d) Gli enti, le associazioni e le altre organizzazioni, non soggetti passivi, identificati ai fini dell’IVA. Categoria come nell’art. 43 Dir. (holding pura ed enti non commerciali) ENTI NON COMMERCIALI Per la territorialità delle prestazioni dei servizi, rileva il possesso di una partita IVA, a prescindere dall’attività effettivamente esercitata e dalla destinazione del servizio acquistato (salvo che si tratti di «uso privato» o dei «dipendenti». In questo caso non sono soggetti passivi ma si considerano consumatori finali B2C. Questa ipotesi comunque è valida quando fin dall’acquisto l’intenzione è quella di avere il servizio ad uso personale). 40 Sono quindi soggetti passivi per la totalità dei servizi acquistati (fatta eccezione per quelli destinati ad «uso privato» o dei «dipendenti».): a) Gli enti che svolgono sia attività commerciali sia attività istituzionali; b) Gli enti che, pur svolgendo solo attività istituzionali, si sono identificati ai fini IVA perché hanno effettuato acquisti intracomunitari di beni per un importo > di € 10.000 (art. 38, co. 5, lett. c, del D.L. 331/93) ES: La holding pura deve comunque identificarsi ai fini IVA per finalità di controllo. Unico punto di parziale differenza con la direttiva* ➔ la lettera b parla solo di persone fisiche ma si considerano soggetti passivi per la totalità dei servizi acquistati non solo le persone fisiche ma tutti gli enti SOGGETTO PASSIVO «STABILITO» NEL TERRITORIO DELLO STATO Art. 7, co. 1, lett. d) Con l’espressione si intende il soggetto passivo: a) Domiciliato nel territorio dello Stato b) Residente nel territorio dello Stato, che non abbia stabilito il domicilio all’estero c) Una stabile organizzazione nel territorio dello Stato di soggetto domiciliato o residente all’estero, limitatamente alle operazioni da essa rese o ricevute DEFINIZIONE DI DOMICILIO a) Persone fisiche ➔ il domicilio è il luogo in cui il soggetto ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi b) Soggetti diversi dalle persone fisiche ➔ per le società di ogni genere, gli enti, le associazioni, gli altri organismi diversi dalle persone fisiche, il domicilio è il luogo in cui si trova la sede legale. Piccolo problema di non conformità con la Direttiva ➔ nell’art. 10 del Regolamento dà un ordine inverso: non è il domicilio (cioè la sede legale) che rileva ma la residenza (=sede amministrativa) Nei rapporti tra soggetti passivi (B2B), le prestazioni di servizi generiche si considerano effettuate in Italia quando il committente è un soggetto con partita IVA, che non effettua l’acquisto per fini privati o per i dipendenti ed è un soggetto che ha sede amministrativa oppure la sede legale in Italia oppure ha una stabile organizzazione in Italia di soggetti esteri. (B2C) I committenti non soggetti passivi ➔ cioè committenti che non hanno partita IVA, oppure pur avendo un numero di partita IVA acquistano i servizi per fini personali, le prestazioni si considerano effettuate in Italia quando il prestatore è un soggetto passivo con sede amministrativa in Italia, oppure quando sono rese da un’operatore economico che ha sede legale in Italia oppure quando sono rese da stabili organizzazioni in Italia di soggetti esteri. TALUNE REGOLE SPECIALI Artt. 7-QUATER E 7-QUINQUIES (non serve impararli a memoria) Si considerano effettuate nel territorio dello Stato le prestazioni di servizi relative a: - Beni immobili (comprese le perizie): quando il bene immobile è situato nel territorio dello Stato - Le prestazioni di servizi di ristorazione e di catering (diverse da quelle rese a bordo di una nave/aereo/treno): quando sono materialmente eseguite nel territorio dello Stato; - Le prestazioni di servizi relativi ad attività culturali, artistiche, sportive, scientifiche, educative, ricreative e simili, ivi comprese fiere ed esposizioni, nonché le prestazioni di servizi accessorie alle precedenti rese a committenti non soggetti passivi: quando le medesime attività sono ivi materialmente svolte. 41 MOMENTO IMPOSITIVO Il momento impositivo è il momento a partire dal quale l’operazione (che risponde ai tre criteri di soggettività, oggettività e territorialità) si considera effettuata, ossia diventa rilevante a fini IVA. Prima di questo momento, l’operazione è come se non esistesse e rimane priva di valore. Non produrrebbe nessun effetto ➔ per il fornitore l’obbligo di emettere fattura e di addebitare l’imposta al cliente; per lo Stato di esigere il pagamento dell’IVA (esigibilità dell’imposta); per il committente la nascita del diritto di detrazione (se è un soggetto passivo). Prima si individua se l’operazione rientra in campo IVA, poi si verifica quando l’operazione nasce e produce tutti gli effetti ai fini IVA (momento impositivo). MOMENTO IMPOSITIVO: DIRETTIVA 
 Fatto generatore Art. 62 1) «Il fatto per il quale si realizzano le condizioni di legge necessarie per l'esigibilità dell’imposta» ➔ nascita dell’operazione ai fini IVA. Esigibilità Art. 62 2) «Il diritto che l'Erario può far valere a norma di legge, a partire da un dato momento, presso i l debi tore per i l pagamento dell'imposta, anche se il pagamento può essere differito». 
 ES: contratto di compravendita di un immobile. Fanno nascere l’operazione a fini IVA. Articolo 63 «Il fatto generatore dell'imposta si verifica e l'imposta diventa esigibile nel momento in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi». ⬇ Di regola ➔ Fatto generatore = esigibilità = momento di effettuazione dell’operazione (materiale esecuzione dell’operazione) = momento impositivo Il momento impositivo è il momento in cui l’operazione è materialmente eseguita ➔ trasferimento del bene nel caso di cessione e ultimazione della prestazione nel caso di servizi (fatto salvo per le prestazioni di servizi continuativi ad es. gas, luce). ES: caso di cessione di beni ➔ per quanto riguarda il diritto di disporre di un bene immobile come proprietario, il momento impositivo si ha quando si verifica il diritto di trasferimento ➔ quindi all’atto della stipulazione del contratto di compravendita. Caso di prestazione di servizi ➔ contratto di mandato: di regola si considera effettuato quando la prestazione del mandatario viene eseguita (momento di ultimazione della prestazione di servizi). Eccezioni: es. caso delle prestazioni continuative ➔ la prestazione si considera effettuata alla scadenza di ogni mese di calendario. In linea di principio ➔ Fatto generatore ≠ esigibilità ⬇ Articolo 65 «In caso di pagamento di acconti anteriore alla cessione di beni o alla prestazione di servizi, l'imposta diventa esigibile al momento dell'incasso, a concorrenza dell'importo incassato». 42 MOMENTO IMPOSITIVO Momento di effettuazione dell’operazione Esigibilità Obbligo di versamento dell’Iva a debito, anche se non ancora incassata dal cliente Diritto alla detrazione dell’Iva a credito, anche se non ancora pagata al fornitore 121 ECCEZIONI ➔ ESIGIBILITÀ DIFFERITA ➔ Art. 6, co. 5, D.P.R. 633/72 ➔ Elenco tassativo. L’IVA è esigibile al momento del pagamento del corrispettivo da parte del debitore nel caso di: • Cessioni e prestazioni fatte allo Stato, agli organi dello Stato, agli enti pubblici territoriali (comuni, regioni, ecc.), agli istituti universitari, alle unità sanitarie locali (ora ASL), ecc. (cioè le amministrazioni statali)* • Cessioni di prodotti farmaceutici effettuate dai farmacisti • Cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nei confronti dei soci, associati e partecipanti da parte degli enti non commerciali - Trattasi di una facoltà e non obbligo ➔ va indicata in fattura «IVA ad esigibilità differita» indicando la norma di riferimento. Se non si dice nulla, la fattura è ordinaria con esigibilità immediata - Comporta il «differimento» del diritto a detrazione del destinatario ➔ il diritto di detrazione è traslato. Siccome il credito dell’Erario nasce quando il fornitore incassa il corrispettivo (e non più quando emette la fattura), specularmente il debito dell’Erario nei confronti dell’acquirente che richiede il diritto di detrazione nascerà in un momento successivo (quando l’acquirente pagherà effettivamente al fornitore l’imposta). Quando opera questo regime, l’IVA è esigibile (cioè il fornitore ha l’obbligo di versare l’IVA allo Stato) solo al momento del pagamento. ES. cessione di beni di prodotti farmaceutici (bene mobile). Il farmacista emette la fattura (dato che è un bene mobile l’effettuazione dell’operazione è al momento della vendita cioè del trasferimento del bene). Siccome vi è il regime di esigibilità differita, l’obbligo di versare l’IVA all’Erario sorge soltanto quando vi è l’effettivo pagamento del corrispettivo. * questa disposizione in realtà ad oggi non trova applicazione già a partire dal 2015 perché in quell’anno è stato introdotto un regime speciale nei confronti di queste operazioni ➔ split payment (vedi sotto). Per semplificazione ed evitare il mancato versamento dell’imposta. REGIME IVA PER CASSA ➔ Art. 32-bis D.L. 83/2012 ➔ ratio: per far fronte alla crisi di liquidità. I soggetti passivi cc.dd “minori” (con volume d’affari non superiore a 2 milioni di euro) possono differire l’esigibilità dell’IVA relativa a tutte le operazioni effettuate in Italia nei confronti di cessionari/committenti soggetti passivi d’imposta al momento del pagamento dei corrispettivi. Il soggetto che opta per tale regime vedrà anche «differito» il diritto di detrazione dell’imposta sugli acquisti effettuati: soltanto al momento del pagamento del corrispettivo ai fornitori. Il regime IVA per cassa evita che nel caso ci sia un mancato pagamento dell’acquirente, il fornitore sia tenuto ad anticipare l’IVA che non ha invece incassato. Il fornitore paga l’IVA solo quando effettivamente l’avrà incassata MA si può detrarre l’IVA sugli acquisti solamente quando viene pagato il corrispettivo ai fornitori. È un regime opzionale e dura tre anni a meno che il soggetto nel frattempo superi la soglia dei 2milioni di € o cessi l’attività. Va indicato quando si è in regime di IVA per cassa e comunicato all’agenzia delle entrate. SPLIT PAYMENT - SCISSIONE DEI PAGAMENTI ➔ Art. 17-ter D.P.R. 633/72 Operazioni effettuate nei confronti di pubbliche amministrazioni, altri enti e società ➔ non è opzionale - I soggetti appartenenti alla pubblica amministrazione, quando agiscono nella veste di cessionari e committenti, versano direttamente all’Erario l’imposta indicata nelle fatture di acquisto che ricevono ➔ es. il fornitore della p.a. emette una regolare fattura indicando l’imponibile e l’imposta scrivendo però che l’operazione è soggetta a split payment perché l’acquirente è la p.a.. In questo caso il destinatario della fattura (la p.a.) pagherà al fornitore soltanto il corrispettivo mentre l’IVA verrà versata dalla p.a. direttamente allo Stato. (In regime ordinario invece avviene che il fornitore incassa sia il corrispettivo sia l’IVA che egli dovrà poi versare allo Stato). Quando la p.a. deve versare l’IVA allo Stato? Quando viene pagata la fattura. 45 Quindi quando l’università ad esempio paga il proprio fornitore deve anche corrispondere l’IVA all’Erario. - L’imposta diventa esigibile al momento del pagamento della fattura ovvero, su opzione dell’amministrazione acquirente, al momento della ricezione della fattura (cioè senza aspettare il pagamento dei fornitori anticipano l’IVA allo Stato ➔ chiaramente questa opzione non viene mai praticata). FATTURAZIONE, LIQUIDAZIONE E DICHIARAZIONE FATTURA - Soggetto emittente ➔ in genere il soggetto passivo che effettua l’operazione IVA (chi effettua la cessione di beni o la prestazione di servizi). Il momento impositivo comporta l’obbligo di emettere la fattura e di versare l’imposta allo Stato anche se questa non è stata ancora versata. Il soggetto passivo è anche detto debitore di imposta. L’obbligo di versamento non si riferisce alla singola operazione ➔ l’IVA si liquida per masse, in riferimento alle operazioni effettuate in un determinato periodo si determina l’ammontare dell’IVA da versare. Dichiarazione annuale del periodo di imposta (che qui coincide con l’anno solare). La fattura è un documento attraverso il quale l’operatore economico addebita l’IVA all’altra parte, di modo che ci sia il trasferimento dell’imposta fino ad arrivare al consumatore finale. - Contenuto obbligatorio ➔ è previsto dall’art. 226 Dir. 2006/112 e dall’art. 21 DPR 633. Il contenuto non è discrezionale ma previsto dalla legge. In particolare: • Base imponibile • Aliquota • Imposta - Formato ➔ dal 2019 va emessa di regola in formato elettronico e, in genere, entro 12 gg dall’effettuazione dell’operazione FATTURA: CONTENUTO ➔ Art. 226 Direttiva - Denominazione (nome e cognome) del cedente/prestatore - Data di emissione - Numero progressivo (per identificare il documento in modo univoco) - Denominazione (nome e cognome) dell’acquirente e numero di partita IVA - “Natura, qualità e quantità” dei beni/servizi oggetto dell’operazione ➔ il soggetto passivo è tenuto a qualificare l’operazione. Deve ricondurre l’operazione concreta ad una delle tipologie previste dalla legge (cessione di beni o prestazione di servizi). Essenziale per verificare che l’applicazione dell’imposta sia corretta. - Base imponibile, aliquota e imposta ➔ quali sono i criteri per determinare la base imponibile? FATTURA: BASE IMPONIBILE REGOLA Tutto ciò che costituisce il corrispettivo pattuito dalle parti (fornitore e acquirente) “versato o da versare” ➔ non si tratta dunque di un valore stimato + oneri e le spese inerenti all’esecuzione dell’operazione ( art. 73 Direttiva e art. 13 D.P.R. n. 633). (Ad es. spese di trasporto nel caso di beni mobili) N.b. non vanno inclusi ad es. le somme dovute a titolo di risarcimento del danno; a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte, purché regolarmente documentate; l’importo degli imballaggi e dei recipienti, qualora ne sia stato espressamente pattuito il rimborso alla resa (art. 15 D.P.R. n. 633). Se per es. un libero professionista anticipa delle spese al cliente per le spese di bollo ecc. e le addebita al proprio cliente, (a condizione che il rimborso non sia forfettario ma analitico) allora queste spese non vanno computate nella base imponibile perché non sono a titolo di corrispettivo Titolo di risarcimento ➔ non hanno natura di corrispettivo 46 Imballaggio ➔ es. acqua in bottiglie di vetro per cui è prevista la restituzione del recipiente ➔ regola particolare: se espressamente pattuito che quando il destinatario restituisce il recipiente il fornitore gli rimborsa le somme, questo importo non va in base imponibile. DEROGHE - Operazioni “gratuite” assimilate e autoconsumo esterno ➔ prezzo di acquisto o di costo. Beni per cui è stata effettuata la detrazione all’acquisto e sono destinati a fini estranei all’impresa (beni assimilati). L’IVA si applica al prezzo di acquisto o al costo. - Operazioni dipendenti da atto della pubblica autorità ➔ indennizzo ➔ manca un corrispettivo e quindi si applica l’IVA sull’indennizzo. - Operazioni effettuate da o nei confronti di soggetti NON «indipendenti» che non hanno diritto alla detrazione totale dell’IVA ➔ valore normale (artt. 72 e 80 Direttiva) ➔ cioè un valore di comune commercio di quel tipo di bene allo stesso stadio di commercializzazione e nello stesso luogo. Generalmente si fa riferimento ai listini della camera di commercio. Quando il valore normale rileva ai fini dell’IVA? Per operazioni effettuate tra parti NON indipendenti che non hanno diritto alla detrazione totale dell’IVA. L’art. di riferimento è 80 Dir. il quale ha la finalità di prevenire l’elusione o l’evasione fiscale dell’IVA (perdite di gettito) ➔ fra parti collegate o da legami familiari (es. impresa del padre all’impresa del figlio) oppure vincoli di tipo giuridico (es. controllate), finanziario o gestionale, il Legislatore prevede che nell’ipotesi in cui una delle due parti non abbia totale diritto a detrazione la base imponibile sia sempre pari al valore normale. Perché ci sarebbe una perdita di gettito? Supponiamo che ci sia una cessione di merci dalla società Alfa (controllante) alla società Beta (controllata). Supponiamo che Beta non abbia diritto a detrazione totale sugli acquisti perché magari effettua operazioni esenti e operazioni imponibili (quelle esenti non danno diritto a detrazione. Beta ha solo diritto parziale alla detrazione: pro-rata). In una situazione del genere potrebbe accadere che per diminuire l’impatto dell’IVA indetraibile da parte della società controllata venga pattuito un corrispettivo più basso. NON si applica il valore normale a fattispecie diverse da quelle previste dalla Direttiva (!). La regola di base è che come base imponibile si usa il corrispettivo pattuito. N.b. non sono conformi alla Direttiva le disposizioni nazionali che prevedono la rilevanza del valore normale per le operazioni di permuta o per le dazioni in pagamento (il corrispettivo non è costituito da denaro ma da un altro benne/servizio) ➔ qual è l’esito della non conformità? Anche alle operazioni di permuta e dazioni va applicato il criterio del corrispettivo (sempre a eccezione che siano tra parti non indipendenti). L’aliquota IVA: elenco tassativo per i beni a cui si applicano aliquote ridotte. A tuti gli altri beni viene applicata l’aliquota originaria del 22%. Anche qui rileva il momento impositivo (nel caso di cambiamento delle aliquote). Ad es. per i beni immobili devo guardare qual è l’aliquota IVA al momento della stipula del contratto e non al momento del pagamento - 4% ➔ beni di prima necessità, 5% ➔ veramente pochi casi, 10%, 22% ➔ ordinaria Base imponibile * aliquota = imposta ➔ va tutto indicato in fattura VARIAZIONI BASE IMPONIBILE E/O IMPOSTA (art. 26 DPR 633/72) Se ho sbagliato ad applicare l’aliquota giusta o la base imponibile cambia cosa succede? ES. Tizio vende a Caio una partita di merci però Caio quando la riceve la reputa non conforme e allora chiede a Tizio uno sconto. La fattura però è già stata emessa (momento in cui c’è stata la consegna della merce = momento impositivo). Ovviamente questi eventi hanno rilevanza a fini IVA ma è diversa: IN AUMENTO ➔ obbligo di emettere «fattura integrativa» (c.d. nota di variazione in aumento) a prescindere dalla causa. (Obbligatorio perché aumenta l’imposta dovuta all’Erario) IN DIMINUZIONE ➔ diritto del soggetto di emettere nota di variazione in diminuzione. 47 RIVALSA E DETRAZIONE L’IVA è un’imposta sui consumi che si distingue dalle altre perché è neutrale. Due accezioni: 1) L’IVA è neutrale sotto il profilo economico per i soggetti passivi d’imposta (nel senso che non è né un costo né un ricavo). Grava solo sui consumatori finali 2) Il peso dell’IVA è analogo per prodotti analoghi cioè beni e servizi dello stesso tipo vengono tassati all’interno di un determinato Stato nello stesso modo Per garantire che ci sia effettivamente l’addebito (traslazione economica dell’onere dell’imposta) viene previsto l’istituto della rivalsa ➔ Art. 18 D.P.R. 633/72 OBBLIGO ➔ l’addebito dell’IVA al destinatario è “a titolo di rivalsa”: a) Obbligatorietà, salvo deroghe espresse (rivalsa facoltativa) b) Nullità di ogni patto contrario c) Assolvimento mediante emissione della fattura 
 DIRITTO: a) Credito di natura civilistica b) Credito privilegiato c) Anche in caso di errore (rivalsa successiva) 
 L’addebito a titolo di rivalsa non è solo un obbligo ma anche un diritto. L’addebito dell’IVA è sottratto al principio dell’autonomia contrattuale tra le parti ➔ non è possibile derogare a questo obbligo. È espressamente prevista la nullità di ogni patto contrario. Ci sono altri casi in cui la rivalsa è facoltativa ➔ espressamente previsti dall’art. 18 ➔ cessioni di beni nelle quali manca il requisito dell’onerosità e che ciò nonostante vengono assoggettate ad IVA (= cessioni assimiliate); prestazioni assimilate (= carenti del requisito dell’onerosità). Il soggetto deve emettere comunque fattura ma egli può non addebitare l’IVA al destinatario dell’operazione: è necessario che in fattura risulti la notazione “non esercitata la rivalsa”. Il cedente si fa carico dell’IVA (l’IVA è comunque prevista nell’operazione a titolo gratuito ma la paga il cedente). L’obbligo di rivalsa si risolve nel compimento di un atto giuridico che è proprio la fattura. Nel momento di emissione, il cedente sta adempiendo l’obbligo di rivalsa. Non sempre è obbligatoria la fattura ➔ i commercianti al dettaglio infatti al posto della fattura emettono lo scontrino fiscale. La differenza è che nello scontrino non c’è il dettaglio di base imponibile, aliquota e imposta. Nello scontrino comunque c’è l’addebito dell’IVA ma questo addebito non è a titolo di rivalsa. Per le operazioni per cui non è prevista la fattura, l’art. 18 afferma che la fattura può comunque essere emessa su richiesta del cliente ma prima che avvenga l’emissione dello scontrino. Il prezzo indicato in fattura deve essere scorporato dell’IVA. Rivalsa come diritto: Nel momento in cui il cedente emette la fattura, nasce in capo al cedente il diritto di ricevere dalla controparte un ammontare pari a quello indicato dall’IVA in fattura. Il cedente diventa creditore del cliente a titolo di esercizio della rivalsa che ha una fonte diversa da quella da cui origina il corrispettivo dell’operazione (cioè dal contratto ipotizziamo di compravendita). Siccome l’addebito avviene a titolo di rivalsa, il cedente da una parte assolve all’obbligo della direttiva di addebitare l’imposta, dall’altra, contestualmente esercita per così dire un diritto ➔ diventa titolare di un credito a titolo di rivalsa sull’IVA nei confronti del cessionario. Questo credito non ha fonte nel contratto di compravendita ma è una fonte diversa che è proprio l’emissione della fattura. Perché il legislatore nazionale ha voluto prevedere questo ulteriore credito? Per garantire la neutralità dell’IVA cioè per garantire che il cedente non rimanga inciso dell’onere dell’imposta. Infatti, quando il cedente emette la fattura, egli diventa debitore d’imposta anche se l’IVA non è stata incassata dal cliente. Il diritto di rivalsa è a tutela del fornitore ➔ questo credito non è di natura tributaria ma civilistica e per garantire l’effettivo incasso dell’IVA, il legislatore ha costruito il credito in esame come un credito privilegiato ➔ in particolare questo credito ha attribuito al cedente (o prestatore) un privilegio speciale sui beni immobili oggetto della cessione oppure, nel 50 caso di beni mobili c’è un privilegio generale su tutti i beni mobili del cessionario (o del committente). ES: il cessionario (signor Rossi) è sottoposto a procedura fallimentare. Che cosa vuol dire che la rivalsa è un titolo di credito? Il cedente emette una fattura di 100 + IVA al signor Rossi che poi è soggetto ad una procedura concorsuale. Il credito del cedente è privilegiato ➔ il fornitore si inserirà al passivo fallimentare con due crediti diversi: uno non privilegiato (chirografario) che ha come ammontare il corrispettivo (100) e un credito privilegiato che ha come ammontare l’IVA (essendo nella categoria dei crediti privilegiati, questi vengono pagati per primi). Il diritto di rivalsa serve appunto per ottenere l’effettivo incasso dell’IVA di modo che il cedente non sia gravato dell’onere dell’imposta. In particolare, nel momento in cui viene effettuata un’operazione imponibile e viene emessa la fattura nascono due rapporti assolutamente indipendenti tra di loro: uno tributario di tipo pubblicistico* tra lo Stato e il cedente con oggetto il pagamento dell’imposta (debito) e un rapporto privatistico fra cedente e cessionario con oggetto l’ammontare dell’IVA a titolo di rivalsa (credito). * cioè regolato dalle norme tributarie e non da quelle civilistiche (come invece nel caso di rapporto privatistico). ES: Il cedente applica l’IVA al 22% e il cessionario afferma invece che l’aliquota giusta sarebbe il 10% (è stata applicata un’IVA superiore a quella dovuta). Il cessionario deve agire presso il giudice ordinario nei confronti del cedente con un’azione di indebito arricchimento. Il giudice competente del rapporto di rivalsa è il giudice ordinario mentre il giudice competente a decidere in merito all’errore dell’aliquota indicata in fattura nel rapporto tra amministrazione pubblica e cedente è il giudice tributario. Il cessionario si accorge dell’errore dopo che ha pagato ➔ “rivalsa indebita”= somma richiesta maggiore di quella effettivamente dovuta. Il cessionario può chiedere il rimborso all’Erario di questa cifra ingiustamente addebitata? NO. Il cessionario può agire esclusivamente nei confronti del cedente in un rapporto di tipo privatistico. È poi il cedente (che è l’unico soggetto legittimato) a chiedere all’Erario il rimborso di quanto ha versato. Se l’amministrazione finanziaria gli nega il rimborso perché magari afferma che l’aliquota applicata del 22% sia stata quella corretta, la lite tra cedente e cessionario va davanti al giudice ordinario mentre la lite tra pubblica amministrazione e cedente davanti al giudice tributario. Punto c ➔ “anche in caso di errore” Il diritto di rivalsa è previsto anche nel caso in cui il cedente (o prestatore) abbia addebitato a titolo di rivalsa un’imposta inferiore a quella effettivamente dovuta ⬇ RIVALSA SUCCESSIVA Art. 60, co. 7, D.P.R. N. 633/72 ➔ direttamente la norma nazionale È chiamata rivalsa “successiva” perché non viene esercitata nel momento impositivo ma successivamente, ossia nel momento in cui quello che ha emesso la fattura ha ricevuto un provvedimento di notifica. Il contribuente ha diritto di rivalersi dell’imposta o della maggiore imposta relativa ad avvisi di accertamento o rettifica nei confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizi soltanto a seguito del pagamento dell’imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi. ⬇ riferibilità dell’IVA accertata a specifiche operazioni e conoscibilità del cessionario/committente. ES: supponiamo che un soggetto abbia ritenuto che un’operazione dovesse essere assoggettata ad IVA del 10% ma in realtà avrebbe dovuto essere del 22%. A distanza di anni, l’amministrazione finanziaria effettua un controllo e si accorge che è stata sbagliata l’applicazione dell’IVA. Notifica al cedente un atto che si chiama “avviso di accertamento” (è un atto amministrativo) con il quale gli chiede la maggior imposta dandogli 60 gg di tempo per effettuare il pagamento. Il cedente può effettuare la rivalsa nei confronti del proprio cliente (cioè chiedere la maggior imposta a lui)? SÌ, ma 51 soltanto a patto che prima abbia pagato all’Erario questa maggiore imposta (+ sanzioni e interessi) indicati nel provvedimento impositivo. In realtà, questa disposizione è stata cambiata nel 2012 perché prima esisteva una regola diametralmente opposta che prevedeva il divieto della rivalsa successiva. Il cambiamento è avvenuto perché era stata intentata una procedura di infrazione contro l’Italia per difformità della norma nazionale nei confronti di quella comunitaria dato che si violava il principio di neutralità. Nella visione vigente è stato previsto il diritto del contribuente di rivalersi proprio a garanzia della neutralità dell’imposta (l’imposta viene traslata fino al consumatore finale e non grava sugli operatori economici). Condizione del pagamento all’Erario dell’imposta + sanzione + interessi ➔ problema di conformità ➔ la neutralità non è totalmente garantita soprattutto in merito alla subordinazione della rivalsa al pagamento delle sanzioni. Perché? Nega al contribuente il diritto di instaurare una lite con l’agenzia delle entrate che ha per oggetto le sensazioni. Per le sanzioni infatti vale un principio particolare secondo il quale se pago la sanzione non posso più ottenerne il rimborso quindi, aver subordinato la rivalsa al pagamento delle sanzioni, costringe il contribuente che vuole ottenere la rivalsa successiva a rinunciare a priori alla possibilità di impugnare l’atto di accertamento (cioè di avere la possibilità di contestare la decisione dell’agenzia delle entrate oppure di affermare che si rientra in quei casi previsti dalla legge per cui è prevista una condizione di incertezza e non possono essere erogate le sanzioni). Il cedente ha il diritto (non l’obbligo) di rivalersi sul cessionario (ammesso che lo conosca). La disposizione presuppone però che l’IVA accertata (chiesta dall’amministrazione finanziaria) si riferisca a specifiche operazioni (e di individuarne il destinatario). DETRAZIONE Art. 167 ss. Direttiva - Diritto dei soggetti passivi di sottrarre dall’ammontare dell’imposta relativa alle operazioni attive quello dell’imposta sui beni e servizi impiegati ai fini di operazioni soggette ad imposta - È diretto a garantire la perfetta neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche - Carattere dell’«immediatezza» Condizioni costitutive = presupposti sostanziali. Si aggiunge un terzo: il corretto addebito dell’IVA. Non per tutti i beni/ servizi ➔ solo per quelli impiegati per effettuare operazioni soggette ad IVA.
 52 DETRAZIONE Presupposto formale 1. Possesso della fattura Presupposti sostanziali 1. soggetti passivi 2. condizione impiego DIRETTIVA Art. 168 Dir. n. 2006/112/CE Art. 19, co. 1 e 2 , D.P.R. n. 633/72 «Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall'importo dell'imposta di cui è debitore gli importi seguenti: a) l'IVA dovuta o assolta (addebitata) in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo” ... e) l'IVA dovuta o assolta per i beni importati in tale Stato membro». Regola di detraibilità in positivo 1°co.➔ generalizzata detraibilità per gli acquisti relativi all’impresa, arte o professione 2° co. ➔ indetraibilità per i beni e i servizi specificamente afferenti operazioni esenti o comunque non soggette all’imposta regola di indetraibilità in negativo Se l’attività consiste anche di operazioni senza diritto a detrazione (esenti), come si fa? In questi casi ➔ regola della prorata. Precisazione in merito all’interpretazione della normativa nazionale: In materia di soggetti passivi, art. 4, co. 2 del DPR prevede che la cessione di beni e la prestazione di servizi posta in essere da società/ enti commerciali si considerino in ogni caso effettuate nell’esercizio dell’attività di impresa. Sembra ci sia un presunzione assoluta con le deroghe previste dal comma 4 di soggettività passiva delle società e degli enti commerciali. Sulla base di questa disposizione, parte della dottrina sostiene che, siccome tutte le operazioni attive si intendono effettuate nell’esercizio di attività d’impresa, allora anche per tutti gli acquisti sarebbe soddisfatta la condizione dell’impiego. Le società egli enti commerciali NON sono sempre soggetti passivi perché bisogna verificare che in concreto svolgano un’attività economica. Le società egli enti commerciali NON hanno diritto a detrazione su TUTTI i beni/servizi acquistati. NON è vero che tutti i beni/ servizi acquistati si intendono effettuati nell’attività di impresa. Perché non è vero? Perché la CGE ha affermato in maniera costante nel tempo che l’indagine va fatta caso per caso (non esiste una regola di detraibilità per le società e gli enti commerciali). L’impiego dei beni/servizi va verificato caso per caso e in relazione all’attività da essi svolta e se esiste un nesso immediato e diretto. Quando l’IVA su un bene/servizio acquistato da un soggetto passivo è INDETRAIBILE? A questa domanda non si può dare una risposta generale perché la verifica va fatta caso per caso. In linea di principio si può affermare che, se un bene/servizio presenta un nesso immediato e diretto e dal punto di vista funzionale ed economico è impiegato per effettuare un’operazione che NON dà diritto a detrazione, allora l’IVA è indetraibile. ES: panettiere. Sul pane si paga l’IVA al 4% ma se domani si decidesse che l’operazione è esente dall’IVA, allora la domanda è: l’IVA pagata sulle materie prime impiegate per la produzione del pane è detraibile o no? La risposta diventerebbe NO. La MP continuerebbe ad avere un nesso immediato e diretto con l’operazione a valle (vendita) ma essa è una di quelle che non danno diritto a detrazione (esente). Anche le operazioni escluse (come le esenti) sono operazioni che NON danno diritto a detrazione. L’IVA indetraibile è quella relativa a beni/servizi che nonostante presentino un nesso immediato e diretto tra operazioni a monte e a valle su queste ultime non c’è diritto a detrazione (esenti o escluse). INDETRAIBILITÀ OGGETTIVA ➔ Art. 19 bis1 D.P.R. n. 633/72 Il Legislatore nazionale, avvalendosi di una facoltà prevista dal Legislatore dell’Unione, ha introdotto alcune limitazioni al diritto a detrazione che non dipendono solo dal tipo di attività svolta (e quindi dal tipo di operazioni attive effettuate) ma dipendono dalla natura del bene/ servizi acquistati ➔ fattispecie di indetraibilità oggettiva. Se è difficile stabilire per l’amministrazione finanziaria che alcuni beni/servizi siano stati effettivamente usati nell’esercizio dell’attività economica, l’IVA è indetraibile. 1. Indetraibilità oggettiva ➔ sulla base della natura dei beni/servizi. Es. spese di rappresentanza (sono quelle che servono per promuovere l’immagine della società ≠ pubblicità per singoli prodotti). Anche spese di sponsorizzazione. Indetraibilità di queste spese a prescindere dalla natura e tipologia dell’attività svolta ➔ si ritiene che non abbia nesso funzionale e che l’operazione non vada a vantaggio diretto della società 2. Indetraibilità forfettaria ➔ l’IVA è detraibile solo in parte (es. 40% sulle auto). Salvo che si tratti di beni/servizi utilizzati “esclusivamente» nell’attività o che formino oggetto «dell’attività propria dell’impresa» ➔ ad esempio per le concessionarie vendere auto rientra proprio nell’attività d’impresa e sarebbe assurdo non far detrarre l’IVA nella sua interezza sull’acquisto di autoveicoli. Così come per gli agenti di commercio per i quali l’uso dell’auto è imprescindibile per lo svolgimento dell’attività 55 3. Indetraibilità totale ➔ (es. barche, elicotteri). Salvo che sia dimostrata l’esistenza di un’inerenza “qualificata” e specifica all’attività propria dell’impresa ➔ se l’attività fosse invece proprio l’acquisto/vendita di imbarcazioni in questo caso l’IVA sarebbe detraibile dato che è il core business dell’attività. 3. CORRETTO ESERCIZIO ADDEBITO L’esercizio del diritto alla detrazione è limitato «alle sole imposte dovute, vale a dire alle imposte corrispondenti ad un’operazione soggetta all’IVA o versate in quanto erano dovute, e non si estende all’imposta dovuta (...) unicamente perché indicata nella fattura». Se su un’operazione è stata addebitata l’IVA al 22% ma in realtà si sarebbe dovuta impiegare un’aliquota del 10%, la detrazione non spetta per il 22% (cioè quella addebitata) ma solo per l’imposta dovuta (cioè il 10%). ES: Tizio vende a Caio un bene con IVA al 22% ma in realtà esso doveva avere un’IVA al 10%. Tizio incassa 100 + 22 di IVA. Caio non si accorge dell’errore, paga e impiega il bene acquistato nella produzione di operazioni imponibili. Caio perciò può esercitare la detrazione. Caio ha certamente diritto alla detrazione ma può detrarre 22% anche se è stata applicata un’IVA non dovuta? NO. È stata pagata sull’operazione un’imposta maggiore a quella effettivamente dovuta MA può esercitare il diritto alla detrazione solo per 10 (l’ammontare che andava effettivamente corrisposto). Si ritiene che la somma in più corrisposta da Caio a Tizio (per errore nelle aliquote) non abbia natura di IVA e che quindi sia indetraibile. Fin qui abbiamo visto i presupposti sostanziali, ora vediamo i presupposti formali che devono sussistere affinché il soggetto passivo possa esercitare il suo diritto di credito. La direttiva prevede come aspetto formale solo il possesso della fattura + alcune eccezioni ad ES: Affinché si possa avere il diritto di detrazione sulle importazioni, non è necessaria solo la fattura (perché l’IVA in questo caso non è liquidata nella fattura ma in dogana quando il bene entra nel territorio dell’Unione) ma anche un documento nel quale è indicato l’ammontare dell’IVA che è dovuta sull’operazione (= bolletta doganale). Come mai il Legislatore dell’Unione ha previsto la necessità di essere in possesso della fattura per poter esercitare la detrazione? La ratio è duplice: per un verso, la fattura consente all’amministrazione finanziaria di poter controllare successivamente che le disposizioni in materia di IVA siano state applicate in maniera corretta e che in concreto si possa ritenere sussistente il nesso immediato e diretto tra l’operazione a monte e a valle. Per l’altro, chi emette la fattura è obbligato a versare l’IVA a prescindere dal fatto che l’abbia incassata quindi la fattura è quel documento che garantisce che l’Erario a sua volta non rimanga inciso dall’onere dell’imposta. L’ordinamento nazionale sembra prevede altri presupposti formali (oltre al possesso della fattura). Problema della conformità ➔ se si legge l’art. 25 sembra che il contribuente, per poter esercitare il diritto a detrazione, debba essere in possesso della fattura + deve averla registrata e indicata nella dichiarazione annuale. Anche nella Direttiva sono espresse disposizioni in merito alla contabilità e alla notazione della dichiarazione ma questi aspetti non si ritengono come 56 Art. 178 Dir. n. 2006/112/CE Art. 19, co. 1, art. 25 D.P.R. n. 633/1972 1. Regola ➔ per poter esercitare il diritto a detrazione, il soggetto passivo deve ... essere in possesso di una fattura» completa di tutti gli elementi obbligatori 2. Eccezioni ➔ es. per le importazioni è necessario possesso di un documento comprovante ... l’ammontare dell’IVA dovuta” o che “ne consenta il calcolo”. - Fattura - Registrazione: previa annotazione della fattura (bolletta doganale) nel registro degli acquisti (art. 25, co. 1, d.p.r. 633/72 “Il contribuente ... deve annotarle in apposito registro anteriormente alla liquidazione periodica, ovvero alla dichiarazione annuale, nella quale è esercitato il diritto alla detrazione della relativa imposta”). - Dichiarazione presupposti per esercitare il diritto a detrazione, sono solo ulteriori obblighi per garantire all’agenzia un corretto controllo. Se ho una fattura indicata in liquidazione ma non l’ho indicata in dichiarazione, questo non significa che il diritto alla detrazione venga meno. Le norme nazionali vanno lette necessariamente in conformità a quelle comunitarie le quali specificano che l’unico presupposto indicato per l’esercizio del diritto è unicamente il possesso della fattura. Se ad es. mi dimentico di annotare una fattura nel registro perdo il diritto a detrazione? NO, posso richiedere ricorso o indicare quell’IVA a credito nella dichiarazione annuale (riepilogo operazioni attive e passive). Negare il diritto di detrazione violerebbe il principio di neutralità dell’IVA. Perfino nel caso in cui la fattura fosse incompleta il diritto di detrazione è riconosciuto se il soggetto passivo dà prova del soddisfacimento della condizione dell’impiego. La fattura serve ad esercitare il diritto ma ciò non vuol dire che ogni imposta indicata sia detraibile. ES: caso limite di operazioni oggettivamente inesistenti (cioè vengono emesse fatture per operazioni che non sono mai state effettuate). Il soggetto acquirente potrebbe esercitare il diritto a detrazione? Certamente NO. L’IVA su un bene/servizio ad uso «promiscuo» è detraibile? Indetraibile? Parzialmente detraibile? Un bene è promiscuo se viene usato per effettuare più operazioni sia con diritto a detrazione sia senza diritto di detrazione. ES: la farina viene usata sia per fare il pane (bene con IVA imponibile) ma anche per fare i biscotti (ipotizziamo che siano beni esclusi). In questo caso allora l’IVA è detraibile o no? L’IVA sull’acquisto del forno che viene usato sia per cuocere il pane che i biscotti è detraibile? Bisogna verificare la misura dell’imposta detraibile (cioè quanto possiamo detrarre). ⬇ MISURA DELL’IMPOSTA DETRAIBILE ➔ Art. 173 Dir. n. 200/112/CE - REGOLA ➔ criterio del PRORATA «1. Per quanto riguarda i beni ed i servizi utilizzati da un soggetto passivo sia per operazioni che danno diritto a detrazione ..., sia per operazioni che non danno tale diritto, la detrazione è ammessa soltanto per il prorata dell'IVA relativa alla prima categoria di operazioni.» Come faccio a capire qual è l’IVA da applicare ai beni promiscui? Guardo l’importo totale delle operazioni a valle che danno diritto a detrazione. Poi detraggo la parte di IVA che è proporzionale a quell’importo. ES: Se l’ammontare delle operazioni imponibili sul totale delle operazioni effettuate è il 10% (cioè fatto 100 il volume di affari, quello che incasso dalla cessione del pane è 10) allora si presuppone che il forno (bene promiscuo) sia stato usato per il 10% ai fini della produzione di pane e biscotti e quindi si potrà detrarre il 10% dell’IVA sull’acquisto del forno. Detrazione proporzionale per la parte di IVA sulle operazioni a valle (vendite) che danno diritto a detrazione. - ECCEZIONI: «2. Gli Stati membri possono adottare le misure seguenti: ....» (criteri diversi) ⬇ Siccome può essere complesso identificare la parte di IVA da applicare ai beni promiscui, il Legislatore comunitario dà agli SM la facoltà di scegliere un criterio di ripartizione diverso da quello del prorata. Di questa facoltà si è avvalso il nostro Legislatore nazionale ⬇ D.P.R. N. 633/72 ➔ DISCIPLINA NAZIONALE 57 DETRAZIONE Presupposto formale Presupposti sostanziali NECESSARI PER IL SORGERE NECESSARIO PER ESERCITARE “IMMEDIATEZZA” DEL DIRITTO DI DETRAZIONE Il diritto alla deduzione è esercitato a partire dal periodo d’imposta in cui coesistono i presupposti della “nascita” del diritto a deduzione e del possesso della fattura, senza che sia necessario l’effettivo impiego del bene. ES: un soggetto acquista 10 quintali di farina e li paga in anticipo (prima della consegna). Il pagamento anticipato determina il momento impositivo e l’IVA è esigibile. Il fornitore deve emettere subito la fattura (prima ancora di spedire) e l’acquirente può detrarre l’IVA indicata prima che effettivamente gli sia consegnato quanto acquistato. Come faccio a detrarre in anticipo se non conosco la destinazione del bene/servizio acquistato (cioè se non riesco a categorizzare il bene come imponibile, esente o promiscuo)? ⬇ Il soggetto passivo deve valutare in chiave prospettica il futuro impiego dei beni e dei servizi: - Acquisto destinato interamente a operazioni/attività imponibili ➔ detrazione dell’intero importo IVA - Acquisto integralmente destinato ad operazioni/attività esenti o non soggette all’imposta (diverse dalle cessioni all’esportazione e dalle altre operazioni di cui al co. 3 dell’art. 19) ➔ indetraibilità ab origine dell’IVA - Acquisto destinato in parte a operazioni esenti o non soggette ad IVA ➔ prorata di detrazione dell’IVA (per la quota imputabile alle operazioni con diritto a detrazione) ➔ eventualmente esiste l’istituto della rettifica di detrazione RETTIFICA DI DETRAZIONE ➔ Art. 184 direttiva – art. 19-bis DPR «La detrazione operata inizialmente è rettificata quando è superiore o inferiore a quella cui il soggetto passivo ha diritto» (art. 184 Dir. n. 2006/112). ⬇ Destinazione effettiva ≠ destinazione prospettica Casi: cambiamento o mancato impiego; mutamento nel regime fiscale delle operazioni attive - REGOLA ➔ al verificarsi dei suddetti presupposti ➔ obbligo di rettifica dell’IVA detratta sulla base della destinazione prospettica - ECCEZIONE ➔ elaborata dalla CGE che riguarda quando c’è stato un mancato impiego (es. acquisto un macchinario per la produzione ma non entra mai in funzione). Se il mancato impiego è conseguenza di cause indipendenti dal soggetto passivo ➔ il diritto a detrazione rimane acquisito. ES: le spese sulle attività preparatorie sono detraibili se danno luogo ad operazioni attive imponibili. Ipotizziamo che un soggetto voglia costruire un albergo e cominci a sostenere tutte le spese necessarie (es. ingegnere, impresa edile …) ma poi il comune gli nega l’autorizzazione ad edificare. Se il diniego non dipende dall’imprenditore ma da cause di terzi, a fini IVA il soggetto passivo non potrà mai avviare l’attività economica. Può o no detrarre? Sì. Quando è possibile l’utilizzo di questo istituto? Quando il soggetto passivo (panettiere) acquista la farina e non la impiega nella produzione perché decide di liquidare l’attività. Oppure quando il soggetto passivo ha sbagliato in buona fede la valutazione prospettica. Oppure quando cambia il regime fiscale delle operazioni attive: nel momento in cui si è fatta la previsione la cessione di pane era considerata un’operazione imponibile ma nel frattempo interviene il Legislatore e decide che la cessione di pane è esente IVA (cambia il regime da imponibile a esente ➔ es. mascherine chirurgiche) ➔ quell’IVA che inizialmente era stata messa come IVA a credito va messa tra l’IVA a debito. Questo vale anche al contrario, cioè quando un bene da esente diventa imponibile. DIES AD QUEM ➔ art. 19 DPR 633/72 ➔ «Il diritto alla detrazione ... è esercitato, al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo» 60 C’è un termine entro il quale va esercitato il diritto a detrazione? La direttiva non prevede un termine di decadenza. L’ordinamento nazionale invece l’ha previsto. ES: IVA sugli acquisti effettuati nel 2019. La dichiarazione va presentata tra il 1 febbraio e il 30 aprile 2020. Se un soggetto passivo si era dimenticato una fattura 2019 e a gennaio la porta dal commercialista può ancora esercitare il diritto a detrazione? Sì, fino alla data di dichiarazione IVA. “condizioni esistenti” ➔ ES: a maggio 2020 il soggetto passivo paga subito delle spese di rappresentanza e in teoria nasce subito il diritto a detrazione. Quando il soggetto riceve la fattura di acquisto però nel frattempo è cambiata la Legislazione e per le spese di rappresentanza non è più prevista la condizione di indetraibilità oggettiva. In questo caso c’è o no il diritto di detrazione? Valgono le condizioni che esistevano quando il diritto è sorto. In questo caso per le spese di rappresentanza era prevista l’indetraibilità e perciò rimane l’IVA su quell’acquisto è indetraibile anche se nel mentre il regime è cambiato. 61 LE IMPOSTE SUI REDDITI ➔ IRPEF (imposta sul reddito delle persone fisiche) ➔ IRES (imposta sul reddito delle società) STRUTTURA DELL’IRPEF E IRES Elementi essenziali: Il presupposto è il reddito. - Art. 1 TUIR ➔ «Presupposto dell'imposta sul reddito delle persone fisiche è il possesso di redditi in denaro o in natura rientranti nelle categorie indicate nell'articolo 6»; - Art. 72 del TUIR ➔ «Presupposto dell'imposta sul reddito delle società è il possesso dei redditi in denaro o in natura rientranti nelle categorie indicate nell'articolo 6» Il reddito è ≠ patrimonio che è più difficile da valutare. Esistono imposte patrimoniali? Sì, ad es. IMU, bollo dell’auto, imposta di bollo sui c/c, imposta sugli immobili detenuti all’estero. Queste imposte però vanno a colpire singole ipotesi, quelle generali colpiscono i redditi. Cos’è il reddito? Non esiste una definizione unica, in generale si potrebbe indicare come differenziale tra entrate e deduzioni. È reddito solo quello che è definito tale dal Legislatore (art. 6 TUIR). È un sistema chiuso perché non c’è una definizione onnicomprensiva. (Va tassato anche il reddito illecito). Scienze delle finanze distingue tre definizioni di reddito: - Reddito entrata (ma non rispetta il principio di capacità contributiva) - Reddito consumo (è già tassato con l’IVA) - Reddito prodotto ➤ il Legislatore ha scelto questa definizione - Categorie in base alla fonte che produce il reddito. (6 categorie indicate dall’art. 6 del TUIR) • Reddito fondiario (es. immobili che producono affitto); • Reddito da capitale (derivano dall’impiego da capitale); unica categoria per cui non è ammessa la deducibilità dei costi. È soggetto alla sostituzione d’imposta ➔ tassato alla fonte con una ritenuta a titolo di imposta. Aliquota costante del 26% su tutto tranne che sui titoli di stato 12,5%. Non c’è violazione del principio di capacità contributiva. Questi redditi però non vanno portati in dichiarazione dei redditi dato che sono tassati già alla fonte. • Reddito da lavoro che può essere dipendente o autonomo o imprenditoriale; • Redditi diversi (redditi non riconducibili alle altre categorie). - Costi della produzione e redditi da lavoro autonomo ➔ deducibilità analitica - Deducibilità forfettaria - Persone fisiche ➔ il periodo di imposta è l’anno solare - Persone giuridiche ➔ hanno periodi di imposta differenti in base all’attività - Principi di imputazione temporale: competenza (solo per reddito d’impresa) e cassa (tutti gli altri. Pago le imposte solo quando c’è l’effettivo incasso). - Soggetti passivi➔ art. 2 del TUIR ➔ Le persone fisiche sono soggetti al pagamento dell’IRPEF. Criterio della residenza (≠ diverso dal concetto di residenza civilistica. Ha una concezione più ampia in modo da ampliare il numero dei soggetti passivi). L'imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato: • I residenti in Italia pagano le imposte in Italia per i redditi ovunque prodotti nel mondo • I non residenti solo per i redditi prodotti nello Stato - Art. 1 TUIR ➔ fa riferimento anche a redditi in natura (es. auto aziendali, cellulare). Regola del valore normale ➔ anche il bene in natura va assoggettato a tassazione ➔ art. 9 co. 3. Per calcolarne il valore si consultano dei listini prezzi presenti in camera di commercio; se il bene non è indicato si guarda a beni simili 62 a) Sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, del codice civile, da soggetti residenti nel territorio dello Stato; b) Sono amministrati da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato. REDDITI FONDIARI Artt. 25-43 TUIR Una delle 6 categorie reddituali dalla cui sommatoria si determina il reddito delle persone fisiche (che sono soggetti IRPEF. art. 6 TUIR). REDDITO COMPLESSIVO art. 6 TUIR DICHIARAZIONE PERSONE FISICHE Quadro RN PREMESSA: Due gruppi di norme: il primo individua la definizione del tipo di reddito (attività, beni prodotti da quel tipo di reddito) ➔ risponde alla domanda: quali sono quelle attività/ impieghi che danno luogo a tale categoria di reddito? Oppure, che tipi di impieghi di capitale generano quella determinata categoria?; il secondo individua la modalità di determinazione del reddito (non del reddito complessivo ma del reddito di tale categoria). I problemi sono due: la deducibilità dei costi e l’imputazione temporale (criterio di cassa= vengono imputati nel periodo di imposta in cui sono percepiti che per le persone fisiche coincide con l’anno solare. Criterio di competenza = periodo di imposta in cui matura il diritto ad incasso e di sostegno dei costi). DEFINIZIONE REDDITI FONDIARI Redditi «inerenti ai terreni e ai fabbricati situati nel territorio dello Stato che sono o devono essere iscritti nel catasto dei terreni o dei fabbricati» (art. 25, co. 1, TUIR) ⬇ 1. Presupposti ➔ iscrizione immobili nel catasto (presupposto di oggettivo); possesso del bene (presupposto soggettivo) a titolo del diritto di proprietà o diritto reale di godimento. Quindi già solo perché una persona possiede un immobile iscritto a catasto ubicato in Italia è sufficiente per dire che quella persona percepisce un reddito fondiario a prescindere dall’incasso (di canoni di locazione a terzi) o dall’impiego effettivo (se magari tiene l’immobile a disposizione della propria famiglia) 2. Reddito medio ordinario ➔ la tassazione prescinde dall’effettiva «produzione» o «percezione» del reddito. 65 REDDITO COMPLESSIVO ART. 6 T.U.I.R. REDDITO FONDIARIO +/- REDDITO CAPITALE +/- REDDITO LAVORO DIPENDENTE +/- REDDITO DI LAVORO AUTONOMO +/- REDDITO DI IMPRESA +/- REDDITI DIVERSI +/- REDDITI DA PARTECIPAZIONE (categoria convenzionale) 2 DICHIARAZIONE PERSONE FISICHE QUADRO RN CALCOLO “REDDITO COMPLESSIVO” - Oneri deducibili = REDDITO IMPONIBILE * aliquote Irpef (applicate ai diversi scaglioni) = IMPOSTA LORDA - Detrazioni = IMPOSTA NETTA = crediti d’imposta, ritenute di acconto e acconti d’imposta = IMPOSTA A DEBITO (a credito) 3 1. Beni immobili ubicati all’estero 2. Beni immobili concessi in usufrutto e in sublocazione rispettivamente il nudo proprietario e per il sub locatore perché non hanno il possesso dell’immobile a titolo di proprietà o altro diritto reale [art. 67, comma 1, lett. e), f) e h)]; 
 ⬇ Questi NON producono redditi fondiari ma apparterranno alla categoria dei redditi diversi. ES: se il signor Rossi ha la piena proprietà di un bene e decide di darlo in usufrutto ai genitori, il signor Rossi rimane nudo proprietario del bene immobile e quel fabbricato non produce il reddito fondiario. Sono gli usufruttuari che pagano l’imposta sui redditi perché sono loro che ne hanno il possesso. Perché il possesso di un immobile viene considerato come reddito da tassare? L’acquisto di immobili viene considerato come impiego di capitale (come investimento). Il nostro sistema fiscale non tassa il patrimonio ma va a tassare le attività (reddito derivante da un impiego). Restano inoltre esclusi: (non producono un reddito fondiario) 1. I terreni che costituiscono pertinenze di fabbricati urbani e quelli dati in affitto per usi non agricoli, poiché non sono atti alla produzione agricola 2. Gli immobili (terreni e fabbricati) relativi all’impresa commerciale e quelli strumentali all’esercizio di arti e professioni, perché producono rispettivamente reddito di impresa e reddito di lavoro autonomo. Fanno parte dei “beni dell’impresa” ➔ se è relativo alla società, il terreno darà luogo ad un componente positivo del reddito di impresa. Sia società di persone che società di capitali hanno un’unica categoria reddituale (reddito di impresa) e non fanno la sommatoria dei redditi come le persone fisiche. Cos’è il catasto dei terreni e quello dei fabbricati? CATASTO ➔ inventario degli immobili esistenti nel territorio dello Stato tenuto dell’Agenzia del territorio nel quale sono indicati i relativi proprietari e con il quale sono attribuite le relative «rendite» Unità elementare: • Per i terreni ➔ la particella catastale (porzione continua di terreno appartenente al medesimo possessore e avente la medesima qualità e classe); • Per i fabbricati ➔ l’unità immobiliare (porzione di fabbricato di per sé idonea a produrre un proprio reddito) CATASTO TERRENI • I terreni sono divisi in particelle catastali (porzione continua di terreno appartenente al medesimo possessore) che hanno la medesima: - Qualità: tipo di coltivazione - Classe: grado di produttività • Le operazioni catastali culminano con l’attribuzione ad ogni particella di terreno della rendita, la quale si ottiene moltiplicando la tariffa d’estimo (coefficiente determinato all’Agenzia del territorio sulla base della qualità e classe) per la consistenza La rendita è il reddito medio ordinario ritraibile dalla particella di terreno. In particolare - Ordinario: ottenuto da un coltivatore di capacità «normale» che applichi le tecniche produttive generalmente adottate nella zona; - Medio: calcolato per una media di più anni, per tenere conto di un ciclo produttivo e delle vicende (favorevoli o sfavorevoli) che possono succedersi CATASTO FABBRICATI Le singole unità immobiliare (porzione di fabbricato idonea a produrre un reddito) sono contraddistinte sulla base dei seguenti elementi: - Zona censuaria; 66 - Categoria: A (abitazioni), B (edifici a uso collettivo, es. scuole), C (commerciali, es. negozi), D (immobili industriali) ed E (immobili speciali); ogni categoria è suddivisa in sottocategorie es. A/ 1 (quelle di pregio), A/2 (abitazioni civili recenti o di buon livello); C/6 (box); C/1 (negozi) - Classe (ad es. per le abitazioni, di pregio, economica, etc.) 
 - Le operazioni catastali (di tipo topografico, geometrico, economico) culminano con l’attribuzione ad ogni unità immobiliare della rendita, la quale di regola si ottiene moltiplicando la tariffa d’estimo (coefficiente determinato all’Agenzia del territorio sulla base della zona della categoria e della classe) per la grandezza del fabbricato (numero di vani) - La rendita rappresenta il reddito medio ordinario basato sui canoni di affitto normalmente ritraibili dall’immobile REDDITI FONDIARI 1. REDDITI TERRENI a) Reddito dominicale b) Reddito agrario 2. REDDITI FABBRICATI CARATTERI COMUNI - La tassazione prescinde dall’effettiva «produzione» o «percezione» del reddito: vi è tassazione anche se un fabbricato non è abitato o locato o se un terreno non è coltivato (basta il possesso) - I redditi fondiari sono determinati sulla base del catasto o meglio delle «tariffe d’estimo» - I redditi fondiari sono attribuiti di regola a colui che ha il «possesso» degli immobili, proporzionalmente al periodo di possesso e/o alla frazione di possesso 
 REDDITI DEI TERRENI a) Reddito dominicale ➔ attribuito sempre al dominus del fondo oppure chi ha un diritto reale di godimento b) Reddito agrario ➔ attribuito a colui che esercita sul fondo un’attività agricola (anche in caso di contratto di affitto) Perché è prevista questa distinzione dei terreni? Il dominus era un soggetto appartenente alle classi nobiliari e in genere era un grande proprietario terriero ≠ mezzadri = meri lavoratori della terra. Distinzione tra chi possedeva la terra e chi la lavorava. Se la figura del proprietario coincide con quella del lavoratore, a questa persona va imputato sia il reddito dominicale sia quello reddito agrario. REDDITO DOMINICALE - Parte dominicale del reddito medio ordinario ritraibile (non ritratto) dal terreno attraverso l’esercizio delle attività agricole (art. 27, co. 1, TUIR): terreni astrattamente atti alla produzione agricola. NO tutti quei terreni domenicali che hanno destinazioni diverse (es. terreni edificabili, parchi e giardini di pubblico interesse, terreni affittati per usi non agricoli) - Remunera la terra nel suo stato naturale e il capitale «fisso» investito (es. spese sostenute ad esempio per la canalizzazione, le costruzioni rurali) - Si determina in ragione delle risultanze catastali (obbligo di comunicare variazioni permanenti delle colture), salvo che si verifichino perdite transitorie dovute a eventi naturali (es. grandine, incendi …) ➔ in questo caso il proprietario dovrà denunciare la situazione ma ottiene la riduzione del reddito dominicale solo se la perdita del raccolto è superiore al 30%. (In caso sia dichiarato uno stato di calamità naturale dai sindaci ➔ allora il reddito dominicale viene dichiarato inesistente). REDDITO AGRARIO - «Parte del reddito medio ordinario del terreno imputabile al capitale di esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell’esercizio di attività 67 REDDITI DI CAPITALE Artt. 44-48 TUIR ➔ l’art. 44 non c’è una specifica definizione ma dà un elenco analitico - Elencazione delle fattispecie qualificate come atte a generare “redditi di capitale” - Disposizione di chiusura “agli interessi e gli altri proventi derivanti da altri rapporti aventi per oggetto l’impiego del capitale, esclusi i rapporti attraverso cui possono essere realizzati differenziali positivi e negativi in dipendenza di un evento incerto” ⬇ 1. Proventi derivanti da un “impiego di capitale”. Capitale in senso ampio, non solo investimento di proventi derivanti dall’impiego di somme di denaro ma anche di elementi patrimoniali pregressi (es. proventi di prestazione di garanzia, fideiussione) 2. Proventi non dipendenti da eventi futuri e “incerti” ➔ consente di distinguere i redditi di capitale e i redditi diversi. Devono essere frutto di un’operazione unitaria. I redditi derivanti da eventi futuri e incerti che non sono frutto di un’operazione unitaria ma dipendono da un’operazione di acquisto e vendita vengono qualificati come redditi diversi. FATTISPECIE ESCLUSE (non costituiscono reddito da capitale). art. 48 TUIR “1. Non costituiscono redditi di capitale gli interessi, gli utili e gli altri proventi di cui ai precedenti articoli conseguiti dalle società e dagli enti di cui all’art 73, co. 1 lettere a) e b), e dalle stabili organizzazioni dei soggetti di cui alla lettera d) del medesimo comma, nonché quelli conseguiti nell’esercizio di imprese commerciali” ➔ le società di capitale e di persone residenti, enti residenti, s.o. non residenti ➔ hanno solo reddito di impresa. NON reddito di capitale. “2. I proventi di cui al comma 1, quando non sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva, concorrono a formare il reddito complessivo come componenti del reddito di impresa.” Il problema potrebbe essere con le persone fisiche che svolgono attività di impresa ➔ occorre procedere caso per caso. L’acquisto della partecipazione è stato fatto a titolo personale oppure nell’ambito dell’attività di impresa svolta? - Sfera personale ➔ utili/dividendi tassati come reddito di capitale. - Sfera imprenditoriale ➔ utili/dividendi saranno tassati come componenti positivi del reddito di impresa Banalmente per capire in quale dei due casi ci troviamo, si potrebbe verificare con quale denaro è stato effettuato l’acquisto. Se l’acquisto è effettuato con il denaro dell’impresa ➔ ambito di attività di impresa. Se è stato fatto con denaro personale ➔ sfera personale ➔ reddito di capitale. La differenza non è di poco conto. CATEGORIE 1. Proventi riconducibili alla nozione dell’interesse a titolo corrispettivo ➔ rapporti di finanziamento caratterizzati di regola dalla predeterminazione negoziale del loro ammontare e conseguentemente da “certezza giuridica” (es. mutuo, depositi bancari, conti corrente e obbligazioni. Se una persona fisica apre un c/c gli interessi attivi costituiscono reddito da capitale). Predeterminazione del loro ammontare e delle relative scadenze. 2. Dividendi e altri proventi derivanti da rapporti di partecipazione ad iniziative altrui (escluse società di persone) e dal possesso di titoli e strumenti finanziari che si considerano “similari” alle azioni: aleatorietà nell’an e nel quantum (non si conosce né l’ammontare né la scadenza. Infatti il dividendo ad esempio dipende dal buon esito della società e dalla scelta di distribuzione degli utili). Si tratta di proventi che derivano dal fatto che un soggetto è socio di una società o di un ente; attenzione! Le società di persone vengo tassate per trasparenza. 3. Differenziali positivi (tranne somme erogate e i proventi conseguiti al termine del rapporto negoziale) derivanti da altre forme di impiego del capitale: certezza dell’evento dal quale dipendono i differenziali (frutto di un’unitaria operazione economica); es. proventi da contratti 70 di assicurazione. (lettera h dell’art. 48). La fattispecie è eterogenea: è una categoria residuale per tassare tutti questi tipi di proventi. ES: contratti di assicurazione sulla vita ➔ l’evento dal quale dipende il differenziale è certo (morte/sopravvivenza del contraente). Il reddito assoggettato a tassazione è la differenza tra la somma percepita alla fine del contratto e la sommatoria dei premi versati. Non vanno confusi con quelli che derivano dalla cessione a titolo oneroso del contratto ➔ se la persona fisica cede il contratto, la differenza tra il corrispettivo che ottiene dalla cessione del contratto e l’ammontare dei premi pagati fino a quel momento non è reddito di capitale ma è frutto di due operazione: prima ha sottoscritto il contratto e poi lo cede. Questo differenziale è una plusvalenza e si categorizza come reddito diverso. Il reddito da capitale è frutto di UNA sola operazione. In particolare, sono qualificati come “redditi da capitale”: - I proventi derivanti dal possesso di azioni o i titoli simili alle azioni (la cui remunerazione è costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente ex. art. 2411 c.c.) - I proventi derivanti dalla distribuzione di poste del patrimonio netto costituite con utili societari ex art. 48. N.B. per presunzione assoluta, in caso di distribuzione di somme ai soci, si considerano distribuiti per primi gli utili e le riserve di utili, fino a concorrenza del loro ammontare ➔ in ambito fiscale (civilisticamente si può fare come si vuole, nel senso che il cda può decidere di distribuire prima le riserve) ➔ ratio: evitare elusione fiscale. ES: in una società ci sono due tipi di riserve: • di capitale ➔ sono costituite con apporti di capitale da parte dei soci ma che per scelta della società non sono iscritte ad aumento del capitale sociale. Riserve sovrapprezzo azioni = si costituiscono quando la società delibera un aumento di capitale sociale a pagamento e le azioni vengono cedute ad un prezzo superiore al valore nominale. Il sovrapprezzo viene appunto messo in “riserva sovrapprezzo azioni”) • di utili ➔ formate accantonando in ciascun anno una parte degli utili). Distinzione rilevante in ambito fiscale ➔ le riserve di capitale, quando sono distribuite, non sono soggette a tassazione. Non hanno quindi natura reddituale. Non sono un frutto di un reddito che ha prodotto la società ma non è altro che la restituzione delle somme che gli stessi soci hanno conferito. Le riserve di utili invece hanno natura reddituale (sia per la società che per i soci) ➔ reddito da assoggettare a tassazione. È il caso dell’ipotesi in cui una società con PN= 10.000 e riserve di utili= 2.000, decide di distribuire queste riserve. I proventi che il socio percepisce non sono da utili, ma da riserve di utili. La natura però è comunque quella di un dividendo, quindi il trattamento è il medesimo (sono comunque redditi da capitale). La presunzione assoluta è che se ai soci vengono distribuite somme di riserve, ai fini fiscali queste somme si ritengono come riserve di utili fino al loro ammontare a prescindere da quello che la società delibera in assemblea. - Le somme o il valore normale dei beni ricevuti dai soci in occasione del recesso, della liquidazione dell’ente, della riduzione del capitale esuberante, etc. per la parte eccedente il costo della partecipazione (art. 47, co. 7). ES: In caso di recesso, il socio riceve una somma di liquidazione. Se questa somma eccede il costo che ha sostenuto per acquistare la partecipazione significa che dalla partecipazione il socio ha ricavato un reddito. - I proventi derivanti da contratti di associazione in partecipazione, se l’associato ha apportato capitale o, insieme, capitale e lavoro. 71 REGOLE COMUNI DI DETERMINAZIONE (art. 45, co. 1 TUIR) - Senza deduzione di costi ➔ redditi che si tassano al lordo. ES: ipotesi di contratti di c/c. Le banche solitamente addebitano dei costi di tenuta conto e questi non sono deducibili dagli interessi attivi che il c/c genera. - Principio di cassa ➔ i redditi vengono tassati nel periodi di imposta nel quale sono percepiti concretamente (no principio di competenza). - Non rilevano le eventuali perdite ➔ es. contratti di assicurazione linked. Le perdite non vengono dedotte. - Ritenute alla fonte a titolo di imposta o regimi sostitutivi con aliquota progressiva del 26% (fatta eccezione per i titoli di Stato per i quali è prevista l’aliquota del 12,50%) ➔ in entrambi i casi il reddito non va in dichiarazione •Ritenuta alla fonte a titolo di imposta ➔ è il soggetto che eroga il reddito (banca nel caso di contratto di c/c) a tassare alla fonte (prima ancora di erogarlo) applicando l’aliquota del 26% •Regime sostitutivo ➔ il contribuente percepisce il reddito al lordo dell’imposta ed è poi lui che deve applicare l’aliquota. Perché non è ammessa la deducibilità dei costi? Per il legislatore sono redditi ottenuti senza un particolare impegno da parte di chi li percepisce. Inoltre sono costi marginali e la mancata deducibilità non incide sul principio di capacità contributiva. In capo al soggetto che ha la proprietà giuridica della fonte del reddito ➔ es. se c’è stata una cessione durante il contratto REGOLE SPECIALI ➔ PROVENTI DA RAPPORTI DI FINANZIAMENTO - Presunzione legale relativa (= salvo prova contraria) di onerosità dei mutui, la quale di regola non opera se nel contratto è espressamente prevista la non onerosità del prestito (art. 45, co. 2). Se non è prevista l’onerosità ➔ il prestito si intende effettuato al saggio legale. Stessa cosa per le scadenze. - La presunzione vale anche per le somme versate dai soci a società ed enti commerciali, se dai bilanci o dai rendiconti di tali soggetti non risulta che il versamento è stato fatto ad alto titolo (art. 46). Se un socio effettua un versamento alla società residente, si presume che questo versamento è stato fatto a titolo di prestito ➔ somme che poi matureranno degli interessi per i quali, nel caso non sia espressamente pattuito, matureranno al saggio legale. Nel caso si volessero dare a fondo perduto, questo deve risultare dal bilancio della società (no a titolo di prestito ma ad altro titolo). La non-onerosità deve essere espressamente prevista per iscritto. REGOLE SPECIALI ➔ DIVIDENDI DA RAPPORTI DI PARTECIPAZIONE in società ed enti commerciali soggetti passivi IRES (residenti) Scopo ➔ risolvere il problema della doppia imposizione economica (= uno stesso reddito viene tassato due volte in capo a due soggetti diversi). (≠ doppia imposizione giuridica che si ha quando uno stesso reddito viene tassato due volte in capo allo stesso soggetto. È vietata ex lege). ➡Se il percettore è persona fisica non imprenditore, (cioè agendo sotto la sfera privata, la persona fisica detiene partecipazioni in società di capitali) sull’intero ammontare del dividendo percepito viene applicata dalla società una ritenuta alla fonte a titolo di imposta del 26% Prima il reddito è tassato in capo alla società (IRES sull’utile) e poi quando viene distribuito è ritassato in capo ai soci (dato che i dividendi costituiscono redditi di capitale). La tassazione con il sistema della ritenuta alla fonte garantisce che la tassazione complessiva del reddito di impresa sia equivalente alla tassazione del reddito di impresa prodotto da una persone fisica imprenditore. ES: un imprenditore persona fisica (che ha reddito di impresa) produce un reddito = 100. Supponendo che si applichi l’aliquota marginale più elevata pari al 43% (IRPEF), la persona fisica paga il 43 di imposte. 72 REDDITI DIVERSI Definizione ➔ art. 67 TUIR e seguenti + leggi speciali Non esiste una definizione generale ma il legislatore dà un elenco (come per i redditi di capitale). - Costituiscono redditi diversi soltanto le fattispecie tassativamente individuate nell’art. 67 TUIR - Fonti eterogenee - Sono raggruppabili in quattro categorie: •Plusvalenze immobiliari; •Guadagni di capitale (capital gains); •Proventi residuali rispetto ad altre categorie •Proventi derivanti da obblighi di «fare» e da premi e vincite PLUSVALENZE IMMOBILIARI - Proventi derivanti dalla vendita di terreni lottizzati o oggetto di opere intese a renderli edificabili oppure dalla vendita degli edifici costruiti su tali terreni ➔ es. una persona fisica ha un terreno edificabile, lo divide in lotti e poi vende il terreno. Se il corrispettivo che ottiene dalla vendita è > del costo di acquisto del terreno e della lottizzazione, realizza una plusvalenza - Proventi derivanti dalla vendita di terreni edificabili secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione - Plusvalenze derivanti dalla cessione onerosa di immobili (terreni agricoli o fabbricati che non derivano da lottizzazioni) acquistati o costruiti da non più di cinque anni ➔ ratio: se l’acquisto e la successiva vendita trascorre un periodo inferiore ai cinque anni, si considera come operazione con intento speculativo e la plusvalenza viene tassata - Proventi (indennità) derivanti dall’esproprio o occupazione di terreni per pubblica utilità ➔ se dall’esproprio ricevo un’indennità, questa va assoggettata a tassazione Successione ➔ l’erede riceve l’immobile non per sua volontà quindi se poi rivende l’immobile l’eventuale plusvalenza non va tassata Donazione ➔ la donazione è un atto volontario del donante. Se chi ha ricevuto la donazione rivende l’immobile prima di 5 anni dalla data in cui il bene era stato acquistato a titolo oneroso dal donante, nel caso si realizzasse una plusvalenza questa va tassata. Abitazione principale ➔ se nel 2018 compro un immobile e lo adibisco ad abitazione principale ma poi in realtà ci abito solo per qualche mese e lo rivendo nel 2020, l’eventuale plusvalenza va tassata Finalità di assoggettare a tassazione le operazioni che hanno ad oggetto beni immobili con intento speculativo. In genere dette plusvalenze sono determinate facendo la differenza tra: - L’ammontare dei corrispettivi percepiti nel periodo d’imposta a fronte della cessione e - La corrispondente quota di costo o valore fiscale di acquisto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene NB. trattasi di immobili posseduti al di fuori dell’ambito dell’attività imprenditoriale eventualmente esercitata. Se l’immobile fosse un bene dell’impresa la plusvalenza verrebbe tassata come reddito di impresa (non reddito diverso). PLUSVALENZE FINANZIARIE - Plusvalenze derivanti dalla cessione onerosa di azioni e quote di partecipazioni in società di qualsivoglia tipo, di strumenti finanziari similari alle azioni - Proventi derivanti da rimborsi di titoli e diritti e in genere dalla cessione onerosa, dal rimborso o comunque dalla chiusura di rapporti attraverso cui possono essere conseguiti differenziali positivi o negativi in dipendenza di un evento incerto (art. 67, co. 1, c-quinquies) 75 - Dal 1° gennaio 2019 le plusvalenze da cessione di partecipazioni sono tassate con imposta sostitutiva delle imposte sui redditi del 26%, salvo che si tratti di partecipazioni in società localizzate in Paesi «a fiscalità privilegiata» PROVENTI RESIDUALI RISPETTO AD ALTRE CATEGORIE - Redditi di natura fondiaria (terreni e fabbricati) non determinati catastalmente ➔ si riferisce ai redditi di natura fondiaria situati all’estero (che perciò non possono essere iscritti al catasto) - Redditi derivanti dallo svolgimento di attività di lavoro autonomo e d’impresa svolte in maniera “occasionale” ➔ attività che di per se è commerciale ma dato che è non abituale il reddito è tassato come reddito diverso - Redditi derivanti dall’affitto o dalla concessione in usufrutto dell’unica azienda da parte dell’imprenditore, nonché le plusvalenze derivanti dalla eventuale, successiva cessione dell’azienda affittata o concessa in usufrutto ➔ persona fisica imprenditore che ha una sola azienda. Se la da in usufrutto o la affitta, a fini fiscale, perde la qualifica di imprenditore e quindi viene tassato come reddito diverso - Redditi derivanti dallo sfruttamento economico di opere dell’ingegno, di brevetti, know-how, realizzati da soggetti diversi dall’autore o dall’inventore ➔ se il brevetto viene sfruttato da soggetti diversi, il reddito viene tassato come reddito diverso - Indennità e rimborsi spese pagati a soggetti che svolgono attività artistiche o sportive a livello amatoriale PROVENTI DERIVANTI DA OBBLIGHI DI “FARE” E DA PREMI E VINCITE - Proventi derivanti dalla assunzione di “obblighi di fare, non fare o permettere” - Vincite da lotterie, concorsi a premi e simili - Premi percepiti per meriti artistici, scientifici e sociali - Godimento da parte di soci di società o familiari dell’imprenditore di beni appartenenti alla società o all’impresa (es. appartamenti, veicoli, etc). ES: La società compra delle immobili e uno di questi viene dato in godimento a titolo gratuito al socio. Sulla base di queste norme, il socio deve dichiarare un reddito di ammontare pari al valore normale del bene di cui ha goduto ➔ la società al momento dell’acquisto ha dedotto il costo e quindi poi l’impiego dovrebbe generare un reddito imponibile ➔ si assume che il godimento produrre un reddito in capo alla persona fisica ➔ evitare intestazioni fittizie a solo fine di dedurre i costi (dato che sarebbero beni destinati ai soci e non alla società). Il reddito si calcola come Differenza tra il valore normale del bene e l’ammontare del corrispettivo pagato dal socio. - Plusvalenze derivanti da operazioni di trasformazione societaria “eterogenee” e “progressive” ➔ quelle che si verificano quando una società di capitali viene trasformata in un ente non commerciale (o viceversa). NB: finalità antielusive o di chiusura del sistema. REGOLE COMUNI DI DETERMINAZIONE - Con deduzione delle spese di produzione ➔ ES: ipotesi di attività commerciali che sono svolte in maniera occasionale (B&B). Vengono assoggettate a tassazione la differenza tra i corrispettivi e le spese legate al B%B. - Principio di cassa - In talune ipotesi non rilevano le eventuali perdite ➔ dalla plusvalenza sul titolo alfa si può dedurre la minusvalenza del titolo di beta (esistono però regole molto precise in questo ambito) - Ritenute alla fonte a titolo di imposta, regimi sostitutivi con aliquota del 26% o tassazione separata 
 76 REDDITI DI IMPRESA Definizione: - Sono redditi d’impresa quelli che derivano dall'esercizio di imprese commerciali (art. 55 TUIR) - I redditi delle s.n.c. e delle s.a.s., da qualsiasi fonte provengano e quale che sia l’oggetto sociale, sono considerati redditi di impresa (art. 6, co. 3) ➔ società di persone - Il reddito complessivo delle società e degli enti commerciali di cui alle lett. a) e b) del co. 1 dell’art. 73, da qualsiasi fonte provenga, è considerato reddito d’impresa ed è determinato secondo le disposizioni di questa sezione (art. 81) ➔ società di capitali + enti comm. residenti Il problema si pone per le persone fisiche ➔ l’attività svolta è attività di impresa/ lavoro autonomo/ dipendente? REGIMI DI DETERMINAZIONE - Persone fisiche / imprenditori individuali ➔ «Il reddito d'impresa è determinato secondo le disposizioni della sezione I del capo II del titolo II, salvo quanto stabilito nel presente capo» relative cioè alle società capitali residenti e agli enti commerciali residenti e previste dagli artt. 81 ss TUIR (art. 56, co. 1, TUIR) ➔ da un lato valgono le disposizioni IRES dall’altro regole speciali. ES. art. 60 TUIR - Società in nome collettivo e in accomandita semplice ➔ reddito d'impresa è determinato secondo le disposizioni previste dagli artt. 81 ss TUIR salvo talune eccezioni - Società di capitali residenti e enti commerciali residenti (soggetti passivi IRES) ➔ le disposizioni del titolo II Non sono contemplate nell’elenco le società semplici ➔ non possono svolgere attività commerciale, di conseguenza non possono avere reddito di impresa. CARATTERI DEL REDDITO DI IMPRESA - Carattere «globale» ➔ rilevanza di ogni provento o costo riconducibile all’impresa (anche quelli di carattere straordinario o non espressamente disciplinati dal testo unico) - Tendenziale simmetria ➔ imponibilità di tutti i proventi e deducibilità di tutti i costi - Determinazione «analitica» ➔ confronto tra elementi positivi e negativi del medesimo di regola determinati in base ai corrispettivi addebitati ai clienti/dovuti ai fornitori e in generale in base alla esposizione contabile dei rapporti giuridici fra l’impresa e i terzi. (la contabilità è ordinaria oppure semplificata in ragione del volume dei ricavi prodotti). DETERMINAZIONE (art. 83 TUIR) Il reddito complessivo è determinato apportando all’utile o alla perdita risultante dal conto economico, relativo all'esercizio chiuso nel periodo d'imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all'applicazione dei criteri stabiliti nelle successive disposizioni della presente sezione. ⬇ PRINCIPIO DI DERIVAZIONE ➔ si parte dal CE per poi apportare le variazioni fiscali (non esiste un bilancio fiscale diverso da quello civilistico). Il Legislatore dà importanza al bilancio ➔ si assume che sia il documento che meglio rappresenta la situazione patrimoniale ed economica di un’azienda in modo analitico e veritiero. NB: le imprese minori (ossia società di persone commerciali e per gli imprenditori individuali di minori dimensioni) determinano il reddito direttamente in dichiarazione perché tengono la contabilità in regime semplificato ➔ in dichiarazione fanno la differenza tra componenti positivi e negativi, poi su quella si determina il reddito imponibile a fini fiscali. (Volendo possono comunque sempre optare per la contabilità ordinaria). Perché si fanno delle variazioni in aumento/ diminuzione? Gli interessi tutelati dal bilancio sono diversi da quelli che stano alla base dei criteri fiscali. I criteri del c.c. sono verità, chiarezza e 77 Ci sono deroghe del testo unico (es. dividendi contabilizzati per cassa e non per competenza) ➔ derivazione rafforzata per IAS/OIC adopter ➔ se non è espressamente derogato dal testo unico, è un principio non derogabile. Se i componenti positivi e negativi non hanno esistenza certa o il loro ammontare non è determinabile in maniera obiettiva, sia i ricavi che i costi concorreranno a formare il reddito nell’esercizio in cui si verificheranno tali condizioni. L’ESISTENZA e la CERTEZZA (an e quantum) prevalgono sul principio di competenza. Per chi adotta i principi contabili nazionali ➔ deve valere la correlazione tra costi e ricavi (è un principio di competenza più ampio) ➔ i componenti positivi di reddito devono essere correlati a quelli negativi. I componenti negativi vanno imputati nell’esercizio in cui si verificano i relativi componenti positivi di reddito generati dai beni/servizi in questione. (es. ammortamenti) Se ad esempio sbaglio ad imputare un componente nell’anno corretto, quel componente errato è indeducibile. In caso avvenisse un controllo, esso viene recuperato a tassazione e riconosciuto nell’esercizio corretto operando una compensazione delle relative differenze + sanzione per infedele dichiarazione. II. Previa imputazione ➔ «Le spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui non risultano imputati al conto economico relativo all'esercizio di competenza» (art. 109 co. 4). Risponde alla domanda: a quali condizioni un costo è deducibile? Vale solo per i componenti negativi (non positivi). Condizione sine qua non ➔ i costi devono essere imputati a CE affinché siano deducibili. NB: «I ricavi, gli altri proventi di ogni genere e le rimanenze concorrono a formare il reddito anche se non risultano imputati al conto economico» (co. 3) ➔ i ricavi in nero possono essere ripresi a tassazione e devono essere imputati a reddito fiscale anche se non sono stati imputati a conto economico. Discrasia con il principio di prudenza che riguarda i principi contabili. 3 deroghe (art. 109) ➔ sono tuttavia deducibili: - I componenti negativi anche se non imputati a CE per espressa previsione di legge (es. caso delle erogazioni liberali) - I componenti negativi di un CE precedente se in conformità delle norme fiscali (es. spese di manutenzione che sono deducibili in più esercizi) - Costi specificamente sostenuti per produrre ricavi non contabilizzati (in nero). +si considerano imputati a CE (dunque sono deducibili), i componenti negativi che in osservanza di principi contabili IAS/OIC risultano imputati a patrimonio (e non a CE). III. Inerenza ➔ le spese e gli altri componenti negativi sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono all’attività d’impresa, anche in via indiretta, potenziale o in proiezione futura. Risponde alla domanda: quali sono i costi deducibili? NB: il principio non è codificato nell’art. 109, co. 5 (quella disposizione è diversa ➔ «Le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi»). Si tratta di un principio generale metagiuridico che è implicito nella definizione di «reddito»: giudizio di tipo qualitativo e non quantitativo. Non esistono dei criteri predeterminati per capire se un costo è o no legato all’attività di impresa ➔ dipende dall’attività stessa esercitata. Il giudizio di inerenza va fatto caso per caso mettendo in relazione la natura del bene con il tipo di attività svolta. È un giudizio qualitativo (no quantitativo). L’amministrazione finanziaria non deve mettere in 80 discussione le scelte discrezionali dell’imprenditore ma deve solo verificare l’esistenza di un nesso funzionale all’attività di impresa. C’è una differenza rispetto alla condizione di impiego prevista per la detraibilità dell’IVA ➔ quella di inerenza è una nozione più ampia. Anche i costi indiretti dell’attività di impresa sono comunque deducibili. I costi sostenuti per acquisti per fini personali sono indeducibili perché non sono riconducibili all’attività di impresa. IV. Non tassatività delle norme sul reddito di impresa ➔ sono imponibili o deducibili anche gli elementi reddituali non disciplinati dal TUIR (cosiddetti componenti atipici per i quali varranno i criteri civilistici). Anche questo principio non è codificato nell’art 109. 81 Regole essenziali di determinazione delle categorie reddituali REDDITO DI LAVORO DIPENDENTE Art. 49: 1. Sono redditi di lavoro dipendente quelli che derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione di altri, compreso il lavoro a domicilio quando é considerato lavoro dipendente secondo le norme della legislazione sul lavoro. 2. Costituiscono, altresì, redditi di lavoro dipendente: a) le pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse equiparati; b) le somme di cui all'art. 429, ultimo comma, del codice di procedura civile. L’unica differenza rispetto alla norma civilistica è la parte inerente al lavoro a domicilio. Anche se manca un rapporto formalizzato (= lavoro in nero), il percettore è comunque titolare di un rapporto dipendente. REDDITI ASSIMILATI ➔ pensioni ➔ a prescindere dall’attività operativa svolta (+ assegni equipari alle pensioni) REGOLE DI DETERMINAZIONE Art. 51 TUIR ➔ comma 1 ➔ è reddito ogni somma (in denaro e in natura) percepito a qualunque titolo anche sotto forma di erogazioni liberali in relazione al rapporto di lavoro. È un reddito tassato al lordo ➔ non c’è una determinazione analitica (cioè non viene tassato facendo la differenza tra componenti positivi e negativi) ➔ non è possibile dedurre le spese effettuate per l’attività lavorativa (es. costo dell’abbonamento del treno). Non è reddito solo lo stipendio, ma ogni somma percepita ammesso che sia in relazione al rapporto di lavoro (es. il datore di lavoro dà una somma di denaro in busta al dipendente, anche quella somma va assoggettata a tassazione a meno che non ci sia una causa diversa da quella del rapporto di lavoro. Infatti se ad es. il dipendente si sposa, invita il suo capo e lui come regalo gli dà dei soldi, questo non andrebbe a formare reddito). - Onnicomprensività - No deduzione dei costi - Principio di cassa ➔ lo stipendio deve essere percepito (non quando matura) - Tassazione al lordo ➔ a differenza dei redditi di capitale (che avevano come ratio il fatto che i costi sostenuti fossero bassissimi), la tassazione al lordo è indiretto e forfettario mediante il sistema delle detrazioni di imposta (attenzione! non deduzioni). Tali detrazioni cambiano a seconda del reddito percepito. Il lavoratore non tiene una contabilità dei suoi costi ➔ sarebbe impossibile una determinazione analitica. In merito all’onnicomprensività, ci sono alcune deroghe previste dall’art. 51 co. 2 non concorrono a formare il reddito. (es. contributi previdenziali, somministrazioni di vitto). Dalla lettera d in poi, questo tipo di erogazioni non concorrono a formare reddito a condizione che siano prestati alla generalità dei dipendenti o ad una categoria di essi ➔ oneri di utilità sociale (sono soggetti a tassazione solo i redditi ad personam). Rimborsi spese ➔ vanno distinti in: • Analitici (o a piè di lista) ➔ il lavoratore sostiene delle spese nell’interesse del datore di lavoro e quindi ne richiede un rimborso presentando i documenti giustificativi (es. spese di trasferta, ristorante) e queste non concorrono a formare il reddito • Forfettari ➔ se il rimborso è forfettario allora viene assoggettati interamente a tassazione • Rimborsi per utilizzo di beni aziendali ➔ (es. auto, tablet) ➔ non sono imponibili per il lavoratore se non pari all’ammontare al beneficio che egli trae per uso personale. Preliminarmente nel contratto viene pattuito in quale misura il bene è ad uso personale. 82 - Lettera c ➔ enti non commerciali residenti ➔ determinano il reddito come le persone fisiche ➔ facendo la sommatoria delle diverse categorie di reddito (che va comunque poi assoggettato ad IRES). Può avere redditi di impresa e redditi diversi ➔ fa la sommatoria e poi applica l’IRES (art. 143) - Lettera d ➔ come per le persone fisiche, pagano le imposte solo per i redditi prodotti in Italia Come si capisce a quale categoria? - Tipo di attività svolta ➔ per qualificare se gli enti diversi dalle società sono commerciali oppure no (le società di capitali residenti hanno sempre reddito di impresa e rientrano sempre nella lettera a). - Forma giuridica - Residenza Enti diversi dalla società ➔ le regole cambiano a seconda che l’ente abbia per oggetto esclusivo o principali attività commerciali oppure no. In ogni caso sono residenti. Ma come si capisce a quale categoria appartengono? Devo capire quali sono le attività commerciali (art. 55 co. 1 e 2 ➔ sono quelle che danno luogo al reddito di impresa) Art. 143 TUIR ➔ reddito complessivo per gli enti non commerciali (c) ➔ non hanno solo reddito di impresa ma hanno reddito complessivo formato dalla sommatoria delle diverse categorie di reddito (come persone fisiche). Art. 73 ➔ fa riferimento all’oggetto esclusivo o principale dell’ente ➔ esso viene determinato in base alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto se esistente in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata ➔ prima vediamo qual è l’attività svolta (libro 1° c.c. = associazione, fondazione) ➔ devo capire se è un ente commerciale o no: - se l’attività è una e unica ed è commerciale allora l’ente è commerciale - se invece l’ente svolge un’unica attività ma non rientra tra quelle indicate all’art. 55 allora non è commerciale. Il problema è quando ci sono più attività: qual è quella prevalente? Comma 4 ➔ è quella essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari (attività affine) ➔ verifica di tipo qualitativo (no paragonare i ricavi delle diversa attività). Le altre sono attività mezzo (che sono solo strumentali a quella affine). Una volta individuata l’attività affine, il secondo passaggio sta nell’individuare se l’ente è commerciale oppure no ➔ se l’attività è commerciale allora l’ente è commerciale; se è non commerciale l’ente è non commerciale (può svolgere in via secondaria un’attività commerciale). Qualificazione sulla base dello statuto ➔ atto pubblico o scrittura privata autenticata (hanno valenza giuridica e probatoria). Gli elementi di tipo quantitativo e l’attività stessa sono comunque rilevanti e l’amministrazione finanziaria potrebbe disconoscere la qualifica di ente non commerciale (recuperando a tassazione gli altri redditi). Rileva in concreto l’attività effettivamente esercitata ➔ altrimenti perde della qualifica (l’ente potrebbe dichiarare una cosa ma farne un’altra) Controllante e controllata ➔ ogni società è autonoma ma ci sono regole speciali per i gruppi (regime opzionale di bilancio consolidato civilistico e fiscale). O per regime di trasparenza. Per gli enti diversi dalle società, per la qualifica di attività commerciale o no, si pone un altro problema: quello dell’economicità. L'art. 55 richiama il 2195 c.c. che a sua volta rimanda al 2082 c.c. ➔ è imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica ➔ i componenti positivi devono essere idonei a coprire i costi sostenuti ➔ metodo economico. Si ricava che, l’ente commerciale per definizione è un ente che ha per oggetto principale o esclusivo una delle attività all’art. 55 TUIR ma che inoltre deve svolgere queste attività con metodo economico. Non c’è rilievo per lo scopo lucrativo o non lucrativo (la classificazione di un ente come commerciale o non commerciale è di tipo oggettivo, cioè si basa unicamente sul tipo di attività 85 svolta). Anche in assenza del fine di lucro soggettivo (= se vengono prodotti dei risultati positivi, questi non vengono distribuiti ai soci), se l’ente è qualificato come commerciale, viene comunque definito come soggetto passivo IRES (è tassato come una società che ha fine lucrativo). Criterio della residenza ➔ art. 73 co. 3 “Si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta (183-184 giorni) hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato” (come per fini IRPEF). Se è residente allora l’ente/società paga le imposte in Italia per i redditi ovunque prodotti. La residenza fiscale è diversa da quella civilistica ➔ i tre criteri sono alternativi tra di loro. Sede legale/ sede dell’amministrazione / oggetto principale (= attività svolta). Sede legale ➔ criterio formale che risulta nello statuto o nell’atto costitutivo (simile all’iscrizione all’anagrafe per le persone fisiche) Sede dell’amministrazione ➔ criterio di tipo sostanziale. Luogo nel quale vengono prese le decisioni di tipo operativo e strategico per la gestione della società/ente. Nel caso di società multinazionali, le decisioni strategiche sono determinate dalla capo gruppo e la sede dell’amministrazione si determina guardando solamente alle decisioni di tipo operativo. Potrebbero verificarsi dei conflitti di residenza con altri Paesi ➔ es. una società potrebbe essere considerata residente in Italia perché lì ha sede legale ma residente anche in Francia perché là c’è la sede dell’amministrazione. Come si risolvono i conflitti? Sulla base delle convenzioni bilaterali che esistono tra l’Italia e gli altri Paesi contro le doppie imposizioni. In caso di contrasto, quella che prevale è la sede della direzione effettiva che coincide con la nostra sede dell’amministrazione e solo in quello Stato si dovranno pagare le imposte per i redditi ovunque prodotti. L’art. 73, così come le persone fisiche, anche per i soggetti passivi IRES prevede il caso di regimi a fiscalità privilegiata. Estero-vestizione ➔ società che fittiziamente pongono la residenza in Paesi con regimi fiscali favorevoli per evitare la tassazione in Italia dei redditi ovunque prodotti. Co. 5-bis ➔ presunzione legale relativa (salvo prova contraria) ➔ si considerano fiscalmente residenti in Italia, le società estere che soddisfano 2 condizioni in alternativa: - Sono controllati anche indirettamente da soggetti residenti nel territorio dello Stato - Sono amministrati da un CdA composto in prevalenza da persone fisiche residenti nel territorio PERDITE Se da un reddito positivo, dopo aver apportato tutte le variazioni positive e negative, si determina una perdita, cosa succede? Art. 84 ➔ principio di capacità contributiva ➔ principio del riporto a nuovo della perdita (= dedotta dal reddito conseguito negli anni successivi in misura non superiore all’80% del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l’intero importo che trova a capienza in tale ammontare). ES: se nel 2021 abbiamo un reddito di 100, posso detrarre la perdita dell’anno prima fino ad 80 e su 20 sono obbligato a pagare le imposte. La perdita non va usata discrezionalmente dall’imprenditore ma se c’è capienza (cioè se l’anno successivo alla perdita c’è reddito) deve dedurla per tutto l’importo possibile. L’unica eccezione è per i primi 3 periodi di imposta delle nuove attività imprenditoriali (= “perdite delle start up”) ➔ computate in diminuzione del reddito complessivo entro il limite del reddito imponibile di ciascuno dei periodi successivi. COMPONENTI POSITIVI Si parte dalle regole di contabilità e redazione del bilancio (principio di derivazione). Deve essere chiara la differenza tra beni contabilizzati in CE (costi, ricavi e rimanenze = beni merce e assimilati) e beni contabilizzati con metodo patrimoniale (= beni strumentali). 86 Costi, ricavi e rimanenze ➔ beni merce e beni assimilati (beni alla cui produzione e scambio è diretta l’attività di impresa). Ai fini del bilancio e ai fini fiscali, nel momento in cui si acquistano beni merce, si deduce il costo sostenuto per l’acquisto (se poi il costo è inerente viene riconosciuto a fini fiscali). Nel momento in cui i beni merce si vendono, si creano dei ricavi e se a fine esercizio parte della merce acquistata (di cui è stato però dedotto il costo) non è stata venduta, dobbiamo rilevare le rimanenze finali (= rettifiche di costo ➔ sono componenti positivi di reddito dato che vanno a rettificare dei costi che abbiamo dedotto ma che in realtà non avremmo potuto dedurre perché a fine esercizio risultano indeducibili dato che non hanno dato luogo ai rispettivi ricavi). Componenti positivi principali: - Ricavi (generati dalla cessione di beni merce) - Plusvalenze (generate dalla cessione di beni strumentali ≠ dai beni merce) - Sopravvenienze attive (generate dagli eventi di carattere straordinario) - Dividendi (perché la società in questione potrebbe detenere partecipazioni in altre società) - Proventi immobiliari (possesso di beni immobili che non sono beni strumentali e che se fossero detenuti da persone fisiche genererebbero reddito fondiario) RICAVI (art. 85 e 86 TUIR) Quali sono gli eventi che generano ricavi e plusvalenze? Possono essere di tre tipi: - Cessione - Destinazione del bene a finalità estranee al fine dell’impresa - Indennità in caso di risarcimento (anche in forma assicurativa) per la perdita o il danneggiamento dei beni 1. Sono considerati ricavi: a) I corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi alla cui produzione o al cui scambio é diretta l'attività dell’impresa; b) I corrispettivi delle cessioni di materie prime e sussidiarie, di semilavorati e di altri beni mobili, esclusi quelli strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione; c) I corrispettivi delle cessioni di azioni o quote di partecipazioni; d) I corrispettivi delle cessioni di strumenti finanziari similari alle azioni; e) I corrispettivi delle cessioni di obbligazioni e di altri titoli in serie; f) Le indennità conseguite a titolo di risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento di beni di cui alle precedenti lettere; g) I contributi in denaro, o il valore normale di quelli, in natura, spettanti sotto qualsiasi denominazione in base a contratto; h) I contributi spettanti esclusivamente in conto esercizio a norma di legge. 2. Si comprende inoltre tra i ricavi il valore normale dei beni di cui al comma 1 assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa. Se ho un bene merce e lo cedo ho un ricavo. Se ho un bene merce e lo assegno ad una finalità estranea all’attività di impresa, siccome al momento dell’acquisto ho dedotto il costo (perché inerente) quando il bene fuoriesce dall’attività va comunque tassato (se è stato ceduto è tassato in base al corrispettivo, altrimenti indennità oppure il valore normale). PLUSVALENZE (art. 86) Beni patrimoniali = contabilizzati con il sistema patrimoniale cioè nel momento dell’acquisto vengono iscritti nell’attivo di SP, il costo non è deducibile per intero nell’esercizio in cui il bene è stato acquistato ma per quote di ammortamento; quando sono venduti possono generare plus/ minusvalenze). 1. Le plusvalenze dei beni relativi all'impresa, diversi da quelli indicati nel comma 1 dell'articolo 85, concorrono a formare il reddito: 87
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved