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diritto tributario , descrizione sintetica, Schemi e mappe concettuali di Diritto

principi di diritto tributario

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2023/2024

Caricato il 16/05/2024

filippo52
filippo52 🇮🇹

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Scarica diritto tributario , descrizione sintetica e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Diritto solo su Docsity! PARTE 1 “Introduzione allo studio dell'attivita' finanziaria dello Stato” 1 L’intervento finanziario pubblico 1.1. Principali teorie sull’intervento pubblico e modelli di finanza pubblica L’evoluzione del concetto di Stato e dello stesso contenuto e riferibilità della sovranità, da un singolo (il Sovrano) ad una collettività (popolo), ha portato ad una rimodulazione dell’attività finanziaria non più strutturata per l’esclusivo soddisfacimento dei bisogni del sovrano, bensì per quelli della collettività. Attraverso le politiche di finanza pubblica si realizza lo sviluppo economico, la crescita del reddito collettivo e pro-capite, la redistribuzione del reddito e delle risorse, la conservazione della stabilità economica e del potere di acquisto favorendo la crescita del PIL. Lo strumento principale per l’attuazione delle suddette finalità è quello della leva tributaria, cioè della distribuzione quantitativa/qualitativa del prelievo fiscale tra tutti i membri della collettività. Le scuole di pensiero hanno formulato due teorie che riguardano la strutturazione dell’intervento pubblico: a) le teorie volontaristiche, che adottano un punto di vista individualista, secondo il quale alla base della produzione e dello scambio di beni pubblici vi sono le preferenze dei singoli e le loro scelte volontarie; b) le teorie politico-sociologiche, che puntano, invece, sull’importanza dei rapporti di forza fra governanti e governati nel determinare le scelte di finanza pubblica. In relazione a tali gruppi di teorie e sulla base della valutazione che ciascuno di essi attribuisce all’importanza dell’attività dello Stato nel perseguimento dell’equilibrio economico generale, si distinguono tre modelli di finanza pubblica: 1) finanza neutrale: secondo tale modello – tipico dello Stato liberale – il mercato raggiunge automaticamente l’equilibrio di piena occupazione, per cui lo Stato deve intervenire il meno possibile nell’economia. 2) finanza sociale: questo modello – tipico dello Stato socialista e delle democrazie solidali – identifica nella redistribuzione della ricchezza e nella giustizia sociale gli obiettivi dell’attività finanziaria pubblica; 3) finanza congiunturale: è un modello - tipico delle democrazie mature - per il quale il mercato non è, da solo, in grado di raggiungere l’equilibrio e, quindi, lo Stato deve intervenire nel sistema economico per stabilizzare le fasi di espansione recessione, 1.3. Finanziamento dei servizi pubblici Il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica viene assicurato mediante la gestione di servizi pubblici, sia quelli generali, cioè destinati alla collettività indistinta dei cittadini, sia quelli speciali, cioè prestati a singoli soggetti o gruppi di utenti. Per il finanziamento dei servizi generali le risorse vengono reperite attraverso i tributi, mentre per quelli speciali è il singolo utente che ne sopporta il costo attraverso il pagamento di un corrispettivo. 1.3. La parafiscalità Accanto alla c.d. finanza tradizionale si è sviluppata quella che viene definita finanza parafiscale, cioè il prelievo di tributi e contributi finalizzati a specifici scopi assistenziali e mutualistici. 1.4. La fiscalizzazione degli oneri sociali Per convenzione linguistica invalsa nella pratica, con l’espressione fiscalizzazione degli oneri sociali si suole indicare una serie di interventi con cui una parte dei contributi previdenziali posti a carico delle imprese viene finanziata dallo Stato. Essa si presenta come un intervento di economia politica volto da un lato alla riduzione del costo del lavoro e dall’altro a favorire l’occupazione dando un sostegno all’impresa. Si intende per sgravi contributivi quei provvedimenti che hanno previsto la riduzione degli oneri contributivi dovuti alle varie gestioni dell’Inps a favore delle aziende operanti nei territori del Mezzogiorno ed assimilati. 2 Le discipline di studio dell’intervento finanziario pubblico 2.1. La scienza delle finanze La scienza delle finanze è la branca della scienza economica che studia gli interventi pubblici (quindi realizzati da soggetti come lo Stato, il governo, la pubblica amministrazione) nell'allocazione delle risorse e redistribuzione delle ricchezze, e più in generale nelle scelte economiche, attraverso il sistema fiscale e la politica fiscale. Si suole suddividere la scienza delle finanze nei seguenti ambiti:  l'economia del benessere  lo studio degli aspetti formali; la  teoria economica dell’imposizione fiscale l' analisi dei principali settori di spesa pubblica 2.2. Il diritto finanziario Il diritto finanziario studia l’aspetto giuridico dell’attività finanziaria pubblica e costituisce una branca del diritto amministrativo che riguarda le norme giuridiche che regolano l’attività finanziaria dello Stato e degli altri enti pubblici. Tali norme riguardano: - la gestione del bilancio e del patrimonio dello Stato - la gestione delle entrate e delle uscite dello Stato - lo svolgimento dell’attività finanziaria pubblica Si possono, però, distinguere due gruppi omogenei di norme: a) quelle relative alla gestione del pubblico denaro b) quelle relative alle entrate dello Stato, sia patrimoniali che tributarie. 2.3. Il diritto tributario Il diritto tributario è un settore del diritto finanziario caratterizzato dall'avere ad oggetto l'imposizione, a favore di soggetti di diritto pubblico, di prestazioni patrimoniale. Tale branca del diritto pubblico regola i mezzi e le procedure per il reperimento delle risorse finanziarie necessarie al finanziamento della spesa pubblica in generale, ossia delle spese che lo Stato e gli Enti pubblici devono sostenere per poter svolgere le loro funzioni. 3 I tributi 3.1. Il tributo Il tributo è termine di genere, che comprende le imposte, le tasse, i contributi speciali e i monopoli. Il tributo è un prelievo coattivo di ricchezza operato dallo Stato, da un ente pubblico o da un'altra pubblica amministrazione. Esso è espressione dell'esercizio della potestà impositiva di un ente sovrano e si caratterizza per avere un contenuto patrimoniale, personale, obbligatorio, pubblico, generale e solidale. 3.2. Classificazione dei tributi La dottrina italiana suddivide i tributi tenendo conto della loro funzione acquisitiva, in imposte, tasse e contributi. L'imposta è operata per il finanziamento di spesa pubblica destinata al soddisfacimento di bisogni pubblici indivisibili quali, secondo la dottrina classica, la difesa dello Stato, la giustizia e l'ordine pubblico. La tassa è operata per il finanziamento di spesa pubblica destinata al soddisfacimento di bisogni pubblici divisibili prestati su domanda, come ad es. l'istruzione (tassa universitaria) o la sanità (ticket sanitario). Il contributo è operato per il finanziamento di spesa pubblica destinata soddisfacimento di bisogni pubblici divisibili non prestati su domanda (es. contributi di urbanizzazione). 2 Le fonti comunitarie 2.1. Principi fiscali e norme comunitarie Bisogna tener presente che i rapporti tra l’ordinamento comunitario e gli ordinamenti degli Stati membri si sono evoluti in maniera tale che qualsiasi fonte dell’ordinamento comunitario possa prevalere su qualsiasi fonte degli Stati membri, a qualsiasi livello situata nelle fonti. Le fonti comunitarie possono imporsi alle leggi e nei limiti anche alla Costituzione italiana essendo l’Italia membro dell’Unione Europea. In particolare, gli artt. da 90 a 93 del trattato CE contengono le norme relative all’armonizzazione fiscale in campo comunitario. Sulla base di tali norme vengono fissati tre principi cardine del sistema fiscale europeo, variamente applicati: 1 – tassazione nel paese di origine 2 – tassazione nel paese di destinazione 3 – non discriminazione fiscale 2.2. Principio della tassazione nel paese di origine E’ il criterio in base al quale viene stabilito che la tassazione dei beni (imposte dirette), oggetto degli scambi internazionali, deve avvenire nel paese produttore. Il criterio in esame assume notevole importanza alla luce dei rapporti commerciali fra i paesi appartenenti alla Comunità europea. 2.3. Principio della tassazione nel paese di destinazione E’ il criterio in base al quale viene stabilito che la tassazione dei beni(imposte indirette), oggetto degli scambi internazionali, debba avvenire nel paese in cui essi sono acquistati e utilizzati. 2.4. Principio di non discriminazione fiscale Non esiste una definizione autonoma del principio di discriminazione fiscale, ma essa si può al massimo dedurre dal concetto di uguaglianza del quale rappresenta l’opposto. Si giungerebbe così a concludere che con la parola discriminazione si intende disuguaglianza. Il concetto di uguaglianza prevederebbe la medesima regolamentazione di due rapporti che si sono manifestati in relazione a medesime situazioni ed evidenzino medesime caratteristiche; Tale principio si concretizza con il divieto per i membri della CE di esercitare la potestà tributaria con arbitrio e senza giustificazione. 3 Le fonti degli enti locali 3.1. Potestà legislativa delle regioni Secondo l’interpretazione datane dalla Corte Costituzionale (vedi Sent. n. 102 del 2008) il nuovo Titolo V della Parte II della Costituzione prevede che: a) lo Stato ha competenza legislativa esclusiva in materia di «sistema tributario […] dello Stato» b) le Regioni hanno potestà legislativa esclusiva nella materia tributaria non espressamente riservata alla legislazione dello Stato, con riguardo, beninteso, ai presupposti d'imposta collegati al territorio di ciascuna Regione e sempre che l'esercizio di tale facoltà non si traduca in un dazio o in un ostacolo alla libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni c) le Regioni e gli enti locali «stabiliscono e applicano tributi e entrate propri in armonia con la Costituzione e secondo i principî di coordinamento […] del sistema tributario» d) lo Stato e le Regioni hanno competenza legislativa concorrente nella materia del «coordinamento […] del sistema tributario», nella quale è riservata alla competenza legislativa dello Stato la determinazione dei princípi fondamentali. 3.2. Potere regolamentare degli enti locali in materia tributaria I Comuni, le Province e le Città metropolitane vedono riconosciuta la propria autonomia finanziaria di entrata e possono applicare tributi propri, utilizzando lo strumento giuridico del regolamento entro la cornice di legge regionale che dovrà rispondere ai principi generali della legge di coordinamento. Nell’ambito della potestà legislativa regionale e dei principi fondamentali dello Stato, gli Enti locali non potranno mai introdurre nuovi tributi, in quanto dotati solo del potere regolamentare e non anche normativo. La previsione costituzionale (ex art. 119 c.2) secondo la quale “stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario” è interpretabile infatti solo nel senso che, fermo il potere esclusivo dello Stato e delle Regioni di introdurre nuove imposte ciascuno nei propri ambiti esercitato attraverso l’organo legislativo, gli Enti locali (Comuni e Province) potranno: a) decidere in merito all'applicazione o meno di tributi istituiti e disciplinati nei loro caratteri costitutivi dallo Stato o dalle Regioni nonché le modalità applicative degli stessi nel rispetto della legislazione vigente; b) stabilire ed applicare, ossia disporre e regolamentare i casi accessori al rapporto tributario, che non riguardino quindi le caratteristiche fondanti del rapporto tributario. In sintesi, la legge di coordinamento fissa i principi fondamentali per i tributi locali, lasciando ampia libertà di manovra agli Enti locali. PARTE 3 “TUTELE E STRUMENTI DI DEFLAZIONE DEL CONTENZIOSO” 1 Lo statuto del contribuente Con statuto dei diritti del contribuente, si indica, nell’ordinamento giuridico italiano, una serie di disposizioni normative, poste appunto a tutela dei contribuenti, nei confronti del fisco. I principali criteri ispiratori dello Statuto sono: a) non-retroattività: L'efficacia di una norma tributaria decorre successivamente alla sua approvazione e pubblicazione. b) no taxation without representation: non si possono estendere tributi esistenti o imporre nuovi tributi per decreto, senza una votazione parlamentare. c) termini perentori a pena di nullità per la notifica, prescrizione e produzione di documenti (minimo 30 gg); d) limitazione dell'onere della prova: è nulla ogni norma che obbliga il contribuente a tenere prova dei pagamenti per un periodo superiore a deici anni. e) principio di correttezza e buona fede: non possono essere irrogate sanzioni se non in presenza di violazioni sostanziali, ossia se non esiste debito di imposta; 1.1. Il garante del contribuente La figura del Garante del contribuente rappresenta l’innovazione più interessante della legge 212/2000, perché destinata a mutare profondamente i rapporti fra l’Amministrazione finanziaria e il contribuente. Il garante del contribuente è un organo monocratico nominato dal Presidente della Commissione tributaria regionale (CTR) e che opera in piena autonomia. Esso è dotato di poteri sollecitatori e di verifica verso l'Amministrazione finanziaria. In modo autonomo il Garante rivolge raccomandazioni ai dirigenti degli uffici per tutelare il contribuente e per cercare di realizzare una migliore organizzazione dei servizi; 2 Interpretazione delle norme finanziarie Le interpretazioni delle norme finanziarie non possono favorire né il fisco né i contribuenti poiché la legge è uguale per tutti. I criteri interpretativi sono: ° Letterale e logico funzionale: Secondo il criterio letterale, il senso da attribuire alle norme giuridiche è quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, mentre secondo quello logico funzionale il senso da attribuire è quello dell’intenzione del legislatore. I Criteri ausiliari sono: ° Sistematico: è un criterio ausiliare che analizza l’insieme delle norme che disciplinano la materia, e mira all’armonizzazione della singola disposizione nel complessivo tessuto legislativo in cui questa si cala. ° Evolutivo: è il secondo dei criteri ausiliari, ed è volto ad adeguare la portata della norma ai mutamenti intervenuti tanto nella realtà sociale ed economica quanto nell’ordinamento giuridico. ° Conservativo: occorre dare preferenza al significato che assicura alla norma la possibilità di sopravvivere e di continuare a produrre gli effetti suoi propri. I Criteri viventi sono: ° Dottrinale: l’interpretazione viene effettuata seguendo o un articolo o una pubblicazione. ° Giurisprudenziale: la dottrina è spesso convincente, tuttavia non offre certezze. Per questo, il precedente giurisprudenziale è un metodo rilevante per capire l’interpretazione. L’Interpretazione autentica, poi, è quella data dal legislatore ed è l’unica che offre certezze. Anche se particolarmente chiara, porta con se problemi di incostituzionalità; L’Interpretazione per analogia, invece, viene impiegata quando un giudice applica ad una fattispecie non disciplinata dalla legge, un’altra disciplina appartenente a casi simili. 3 L’elusione e l’abuso del diritto Si considerano elusive le operazioni prive di sostanza economica, i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali; sono, in particolare, indici di mancanza di sostanza economica, la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità dell'utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato. Costituiscono vantaggi fiscali indebiti, i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell'ordinamento tributario. Viceversa, non si considerano elusive, in ogni caso, le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell'impresa, ovvero dell’attività professionale del contribuente. Le operazioni elusive non danno comunque luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie, ma resta ferma l'applicazione delle sanzioni amministrative tributarie. 4 Il regime dell’adempimento collaborativo Al fine di promuovere l'adozione di forme di comunicazione e di cooperazione rafforzate basate sul reciproco affidamento tra Amministrazione finanziaria e contribuenti, nonchè di favorire nel comune interesse la prevenzione e la risoluzione delle controversie in materia fiscale, è stato istituito il c.d. regime di adempimento collaborativo fra l'Agenzia delle entrate e i contribuenti dotati di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale Tre sono le funzioni del tributo: acquisitiva, distributiva, promozionale. La funzione acquisitiva consiste nel procurare all'Ente pubblico le risorse necessarie al proprio funzionamento e per la realizzazione dei suoi obiettivi. La funzione distributiva consiste nel modificare la distribuzione della ricchezza tra i contribuenti. La funzione promozionale consiste nell'incentivare o disincentivare talune condotte dei contribuenti. I tributi sono suddivisi in Tasse, Imposte e Contributi. 2.1. Le tasse La tassa, nell'ordinamento tributario italiano, è una tipologia di tributo, ovvero una somma di denaro, dovuta dai privati cittadini allo Stato, che si differenzia dall’imposta in quanto applicata secondo il principio della controprestazione, cioè legata a un pagamento, dovuto come corrispettivo per la prestazione a suo favore di un servizio pubblico offerto da un ente pubblico. 2.2. L’imposta L'imposta è un tributo, ovvero una delle voci di entrata del bilancio dello Stato. Consiste in un prelievo coattivo di ricchezza dal cittadino contribuente, non è connesso ad una prestazione da parte dello Stato o degli altri enti pubblici. L'entrata statale costituita dall'imposta è detta gettito. Gli elementi costitutivi delle imposte sono: 1) il presupposto: fatto giuridico che determina, in modo diretto o indiretto, il sorgere dell'obbligazione tributaria. 2) la base imponibile: espressione quantitativa del presupposto (può coincidere o meno col presupposto stesso). 3) l’aliquota: tasso applicato alla base imponibile per liquidare l'imposta. 3 Classificazione delle imposte 3.1. Classificazione delle imposte: le imposte dirette ed indirette La principale classificazione delle imposte è quella tra le imposte dirette e le imposte indirette. Sono dirette le imposte che sono correlate alla ricchezza, sia quando esiste già come un bene (es. il patrimonio) sia quando viene prodotta svolgendo un servizio o una prestazione (il reddito). Sono indirette le imposte che sono correlate alla ricchezza nel momento in cui viene trasferita (es. la vendita di un bene) o viene consumata (es. fruizione di un servizio o di una prestazione). Difatti si parla di imposte sui consumi (es. IVA) o sui trasferimenti (imposta di registro). 3.2. Classificazione delle imposte: le imposte sul reddito e quelle sul patrimonio Altra classificazione è quella tra le imposte sul reddito e le imposte sul partrimonio: - Sul reddito quando hanno per oggetto il flusso della produzione annuale (es. IRPEF, IRES, IRAP) - Sul patrimonio (o patrimoniali) quando l'importo è correlato alla ricchezza posseduta (es. IMU) o trasferita (es. IVA, Imposta di registro, Imposta catastale). 3.3. Classificazione delle imposte: le imposte proporzionali, progressive e regressive Ancora, si distingue tra imposte proporzionali, progressive e regressive. In relazione alla misura e al modo di determinarne l'ammontare, le imposte si dividono in fisse, proporzionali, progressive e regressive. L'imposta è: * proporzionale quando l'aliquota è costante, ovvero l'imposta è direttamente proporzionale all'imponibile; * regressiva quando, all'aumentare dell'imponibile, l'aliquota media decresce (ovvero l'imposta aumenta in misura meno che proporzionale rispetto all'imponibile); * progressiva quando, all'aumentare dell'imponibile, l'aliquota media aumenta (ovvero l'imposta aumenta in misura più che proporzionale rispetto all'imponibile). L'IRPEF appartiene a quest'ultima categoria. Esistono quattro tipi di progressività: per detrazione, per classi, continua e per scaglioni: a) progressività per deduzione o detrazione: si ha o quando si colpisce con un'aliquota costante la base imponibile, dopo aver dedotto da questa un ammontare fisso, o attraverso la detrazione di una somma fissa dall'imposta calcolata applicando l'aliquota nominale al reddito imponibile. b) progressività per classi: si ha quando ad ogni classe di imponibile corrisponde un'aliquota costante, che cresce passando da una classe ad un'altra più alta; c) progressività per scaglioni: si ha quando per ogni classe di imponibile, l'imponibile viene suddiviso in parti dette scaglioni a ciascuna delle quali viene associata un'aliquota che cresce passando da uno scaglione a quello successivo: questo criterio è stato adottato per l'IRPEF. d) progressività continua: si ha quando l'aliquota varia in maniera continua al variare della base imponibile La no tax area è un sistema per aumentare l'effetto di progressività delle imposte sul reddito personale ed è un'area dove non si applicano le imposte. 3.4. Classificazione delle imposte: le imposte reali e personali Le imposte possono anche dividersi in reali, quando si applicano su un singolo reddito o patrimonio. Esempi sono l'IMU o l'IVA che vengono applicate distintamente su ogni immobile o ogni acquisto effettuato, o personali, quando si calcolano sul reddito complessivo di una persona. Tipica imposta personale è l'IRPEF. 3.5. L’incidenza Nell'ambito delle imposte e quindi del sistema tributario, si va a delineare la differenza tra incidenza legale ed incidenza fiscale. La prima indica chi sia giuridicamente tenuto a pagare un'imposta, la seconda indica chi sopporti effettivamente l'onere dell'imposta. 3.6. L’evasione fiscale In Italia negli ultimi anni tutti i Governi succedutisi in Italia hanno introdotto misure contro l'evasione fiscale. In particolare si è provveduto a introdurre: * Strumenti di accertamento che prescindono dalle risultanze contabili * Divieto di utilizzo del contante per importi pari o superiori a una certa soglia (attualmente 3.000,00 euro); * Diritto di accesso semplificato da parte del Fisco ai movimenti bancari. In Italia l'evasione fiscale è considerata reato, ed è quindi penalmente rilevante, in alcuni casi specifici i più comuni dei quali si verificano: 1) quando viene omesso il versamento di somme superiori a 150.000 euro (per ogni anno e per ciascuna imposta); 2) quando vengono usati documenti contraffatti 4 Tributi speciali e monopoli 4.1. I tributi speciali (o contributi) I "tributi speciali" o "contributi" costituiscono, al pari dell'imposta, una forma di concorso pecuniario alle spese dell'ente, ma, diversamente da essa, il relativo prelievo è posto a carico del singolo contribuente in relazione al vantaggio che egli ricava da una specifica attività amministrativa dell'ente effettuata nell'interesse della collettività. 4.2. I monopoli fiscali Sotto tale denominazione si indica il diritto esclusivo di produzione, importazione, vendita o anche soltanto di intermediazione che lo Stato, direttamente o tramite un ente pubblico o una società privata concessionaria, si attribuisce, per un dato bene o servizio, con il solo o prevalente scopo di assicurare nuove entrate alle proprie finanze ovvero di riscuotere più comodamente o economicamente un’imposta indiretta sul consumo dei medesimi beni e servizi. Sono definiti “monopoli fiscali” quei proventi che l’ente realizza attraverso limitazioni dell’attività privata e la vendita (di diritto privato) dei prodotti o dei servizi di monopolio ai singoli, lucrando della differenza tra costi e ricavi. PARTE 5 “I SOGGETTI DEL DIRITTO TRIBUTARIO” 1 Potestà di imposizione e soggetti del rapporto 1.1. Potestà di imposizione Le entrate pubbliche sono costituite dai mezzi finanziari che lo Stato e gli altri enti pubblici acquisiscono per lo svolgimento della loro attività. Nella nozione di potestà d’imposizione si è soliti comprendere due distinte potestà: a) quella c.d. astratta, che compete agli organi legislativi e consiste nella facoltà di istituire le imposte. b) quella c.d. concreta, che compete ai singoli organi tributari sia statali che territoriali e consiste nella corretta e legale applicazione dei tributi. 1.2. I soggetti attivi A partire dal 2000 è stata modificata la struttura dell’amministrazione finanziaria. Inoltre sono state istituite e rese operative le quattro agenzie fiscali delle Entrate, delle Dogane, del Territorio e del Demanio. Mentre il Ministero, mantiene funzioni generali di governo della fiscalità dello Stato, i soggetti attivi che attuano la potestà impositiva concreta con il compito di operare con autonomia, professionalità ed efficienza nel perseguimento dei risultati ai fini fiscali, sono due agenzie: a) Agenzia delle Entrate (che ha incorporato nel 2012 quella del Territorio) b) Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. In particolare: — l’Agenzia delle entrate, ha il compito di gestire i tributi diretti, l’iva e le altre entrate erariali; ha, inoltre, funzioni attinenti al catasto e alle conservatorie dei registri immobiliari e deve realizzare un sistema integrato di anagrafe dell’intero patrimonio immobiliare italiano; — all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, spetta la gestione di diritti e tributi legati agli scambi internazionali, nonchè la gestione dei Monopoli di Stato. 1.3. I soggetti ausiliari Si dicono «soggetti ausiliari» dei soggetti attivi quelle persone (fisiche o giuridiche) cui gli enti impositori, in base a disposizioni di legge, affidano alcune limitate funzioni pubbliche per la riscossione dei tributi. Attualmente la riscossione è attribuita ad equitalia s.p.a. inoltre, per riscuotere i versamenti lo stato si avvale anche delle banche e delle agenzie postali. Tra i soggetti ausiliari si annoverano anche gli intermediari abilitati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni (commercialisti, consulenti del lavoro, CAF e tributaristi). 1.4. I CAF I Centri autorizzati di assistenza fiscale (CAF) sono organismi che assolvono la funzione di assistenza fiscale per lavoratori dipendenti, pensionati, imprese individuali, imprese familiari, società di persone e di capitale, cooperative e consorzi. 3.2. Il sostituto di imposta Il sostituto d'imposta, nell'ordinamento italiano, è un soggetto (pubblico o privato) che per legge sostituisce in tutto o in parte il contribuente (cioè il cd. sostituito, ovvero chi pone in essere il presupposto d'imposta) nei rapporti con l’amministrazione finanziaria, trattenendo le imposte dovute dai compensi, salari, pensioni o altri redditi erogati e successivamente versandole allo Stato o ad una pubblica amministrazione. Il sostituto d'imposta è il soggetto che deve operare le ritenute previste per legge, che può identificarsi a seconda dei casi nel datore di lavoro, committente di un lavoratore autonomo, condominio, ecc.. Il sostituto dovrà effettuare un'apposita dichiarazione annuale, da effettuarsi mediante l'utilizzo del Modello 770. La sostituzione avviene tipicamente in due modi:  a titolo d'imposta, ovvero quando il sostituto deve pagare tutta l'imposta, con l'azzeramento del debito del sostituito, il quale è libero da qualsiasi altro adempimento.  a titolo di acconto, ovvero quando l'obbligazione del sostituito non si estingue, ed egli rimane soggetto passivo dell'imposta. 3.3. Il responsabile di imposta Per responsabile d'imposta si intende un soggetto che è tenuto, per legge, al pagamento di un tributo insieme ad altri, per fatti e situazioni riferibili a questi ultimi, ed ha diritto di rivalsa. 3.4. La successione nel debito di imposta Il debito di imposta si trasmette per via successoria in capo agli eredi, secondo le regole civilistiche sulla successione. Le sanzioni comminate in capo al dante causa, tuttavia, non si trasmettono agli eredi. PARTE 6 “L’ACCERTAMENTO FISCALE” 1 Origine del rapporto: l’obbligazione tributaria ed i presupposti di imposta L'obbligazione tributaria è un'obbligazione con effetti definitivi e in ciò il tributo si distingue dai prestiti forzosi, i quali consistono in una pubblica sottoscrizione di titoli dello Stato imposta coattivamente ai cittadini per arginare il debito pubblico. Anche il tributo è un'entrata coattiva ed è sempre imposto autoritativamente, ma il fatto generatore del rapporto obbligatorio in questo caso è un fatto economico, denominato presupposto d'imposta, che esprime capacità contributiva. L'obbligazione tributaria è un'obbligazione di fonte legale, ciò significa che tutta la disciplina dell'obbligazione è stabilita dalla legge e dalle sole altri fonti ammesse dall’art. 23 della Costituzione. Nell'obbligazione tributaria, differentemente da quella civile, nulla è lasciato alla disponibilità delle parti: il rapporto è vincolato. Dal punto di vista della genesi del rapporto obbligatorio, in dottrina si contrappongono due orientamenti, quello della cosiddetta teoria dichiarativa e quello della cosiddetta teoria costitutiva che parlano del rapporto obbligatorio tra contribuente e amministrazione finanziaria: 1) la teoria dichiarativa sostiene che l'obbligazione tributaria sorge ex lege col solo verificarsi del presupposto, prescindendo dalla presentazione della dichiarazione dei redditi. 2) la teoria costitutiva sostiene che la dichiarazione dei redditi (ma anche l'emanazione di un avviso di accertamento) è elemento costitutivo del rapporto obbligatorio. Costituiscono, poi, presupposti d’imposta quei fatti o circostanze al verificarsi dei quali scatta il congegno di applicazione del tributo. Il debito d’imposta sorge quando si verifica la situazione di fatto stabilita dalla legge come presupposto dell’imposizione. Si definisce base imponibile il valore sul quale si deve calcolare l’imposta. Alla base imponibile va applicato il tasso d’imposta: ciò consente di fissare in concreto il quantum del tributo. Il tasso d’imposta può consistere in una somma fissa o in una percentuale (aliquota) variabile in ragione dell’entità della base imponibile in rapporto al valore, al peso, o alla misura. Il presupposto deve essere misurato e tale operazione avviene attraverso la determinazione della base imponibile a cui va applicato un tasso d’imposta per determinare in concreto il quantum del tributo. Tutta questa fase prende il nome di accertamento dell’imposta. 1.1. Accertamento dell’imposta La legge tributaria contiene una disposizione di carattere generale ed astratto secondo la quale, per conseguire il risultato finale, occorre individuare il soggetto obbligato, determinare il bene o il reddito colpito, misurarlo e poi applicare ad esso l’aliquota prevista dalla legge. Questa fase complessa costituisce l’accertamento dell’imposta e consiste appunto nell’atto o nella serie di atti necessari per la constatazione e la valutazione dei vari elementi costitutivi del debito di imposta. Con l’accertamento si deve definire giuridicamente l’evento ed individuare il soggetto passivo, per determinare se, e a che titolo, si deve l’imposta (an debeatur) e misurare l’evento economico, la sua entità e applicare l’aliquota (quantum debeatur). Esistono diversi tipi di accertamento: L’accertamento analitico L’accertamento sintetico L’accertamento induttivo o extracontabile L’accertamento mediante studi di settore o analitico induttivo L’accertamento con adesione  1.2. Accertamento analitico Questo metodo, riguarda tutti i contribuenti presenti nel nostro ordinamento. Esso mira ad adeguare il reddito dichiarato al reddito effettivo, ricostruendo interamente la base imponibile del singolo contribuente attraverso la verifica analitica (e l’eventuale rettifica) delle varie fonti di reddito che la compongono. Possono essere soggetti a questa attività di accertamento sia: A) Soggetti non obbligati alla tenuta delle scritture contabili (persone fisiche non soggette ad iva, società semplici o assimilate ed enti non commerciali). B) Soggetti obbligati per legge alla tenuta delle scritture contabili (professionisti, artisti e imprese commerciali). Per questi soggetti si parla di ”accertamento contabile”, poichè le verifiche si basano esclusivamente sulla contabilità tenuta dal contribuente, sulle sue risultanze di bilancio e sulla dichiarazione dei redditi dallo stesso presentata al Fisco. 1.3. Accertamento sintetico Questo accertamento è previsto per le sole persone fisiche, e a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda rispetto a quello dichiarato di almeno un quinto. L'amministrazione finanziaria tenta di ricostruire la base imponibile nel suo complesso basandosi su: - le spese di qualsiasi genere sostenute dal contribuente, rapportate al livello di reddito dichiarato per il medesimo periodo di imposta. - il ”redditometro”, uno strumento di accertamento su larga scala che, sulla base di determinati fatti indicativi di capacitá contributiva (come ad esempio il possesso di imbarcazioni da diporto o l'assunzione di una collaborazione domestica), consente di calcolare il ”reddito complessivo netto presunto” del singolo contribuente. Se, per almeno due anni consecutivi, il redditometro rileva un’incongruità fra la dichiarazione presentata e il reddito presunto, l’amministrazione finanziaria potrà quindi procedere alla rettifica del reddito dichiarato. 1.4. Accertamento induttivo E’ un metodo che riguarda esclusivamente i soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili ed è applicabile nei soli casi tassativamente indicati dalla legge, quando: - manca la dichiarazione dei redditi; - da un’ispezione è emersa la mancanza di una o più scritture contabili; - tali scritture risultano inattendibili a causa di gravi omissioni o false indicazioni; - il contribuente si è rifiutato di compilare un questionario, oppure non ha ottemperato ad un invito ad esibire atti o documenti. 1.5. Accertamento mediante studi di settore o analitico-induttivo Questo costituisce un mezzo di accertamento parziale, volto non tanto alla ricostruzione complessiva del reddito, quanto alla rettifica di specifiche componenti reddituali, tramite la correzione in aumento dei ricavi e dei compensi dichiarati dal professionista e dalle imprese minori. 1.6. Accertamento con adesione L'accertamento con adesione, è uno strumento che permette al contribuente di prevenire le vertenze con il fisco o di chiuderle dopo che sono iniziate. In particolare, quando si riceve un accertamento o anche prima di averlo ricevuto, è prevista la facoltà di ricorrere all'istituto dell'accertamento con adesione (detto anche "concordato") che permette di patteggiare l'imponibile. L’accertamento con adesione presenta una serie di vantaggi per il contribuente. L'accertamento con adesione può essere avviato dagli Uffici tributari o dal contribuente. - Nel primo caso, l'ufficio invia al contribuente un "invito al contradditorio" nel quale sono indicati i periodi di imposta assoggettabili ad accertamento, il giorno e il luogo dell'appuntamento, nonché gli elementi rilevanti ai fini dell'accertamento. Il contribuente, una volta ricevuto l’invito a comparire può, alternativamente, aderire all'invito e partecipare al contraddittorio con l'ufficio, oppure non presentarsi, ed attendere l'eventuale avviso di accertamento, riservandosi di impugnarlo davanti alla Commissione tributaria provinciale. - Qualora, invece, la procedure venga avviata dal contribuente, quest’ultimo, dopo aver ricevuto la notifica di un atto di accertamento non preceduto da un invito a comparire, può attivare la procedura di adesione, presentando tale richiesta in carta libera all'ufficio. La richiesta deve essere presentata all'ufficio che ha emesso l'atto di accertamento entro 60 giorni dalla notifica del provvedimento. Il termine per impugnare l'atto di accertamento davanti alla Commissione tributaria provinciale è sospeso per un periodo di 90 giorni a decorrere dalla data di presentazione o spedizione dell'istanza adesione. Il concordato si chiude alternativamente: con l’archiviazione del procedimento accertativo   con l’accordo di adesione con il mancato accordo.  1.6. Classificazione dei ruoli Una prima distinzione nella tipologia dei ruoli è tra Ruoli Ordinari e Ruoli Straordinari. - I Ruoli Ordinari prevedono l’iscrizione delle somme dovute dai contribuenti secondo una ordinaria tempistica fissata per legge. - I Ruoli Straordinari, invece, prevedono l’immediata iscrizione nei ruoli delle somme dovute dal contribuente nel caso vi sia pericolo nella riscossione di dette somme. 1.8. Ulteriore classificazione dei ruoli Altra distinzione relativa ai ruoli è quella tra “Ruoli a titolo definitivo” e “Ruoli a titolo provvisorio”. I Ruoli a titolo definitivo presuppongono l’esistenza di un rapporto d’imposta consolidato; I Ruoli a titolo provvisorio, invece, assumono come titolo un atto impositivo non ancora definitivo. 1.9. La dilazione del pagamento L’Agente della Riscossione, su richiesta del contribuente, può concedere, nelle ipotesi di temporanea situazione di obiettiva difficoltà dello stesso, la ripartizione del pagamento delle somme fino ad un massimo di settantadue rate mensili. 1.10. La cartella di pagamento La cartella di pagamento è l’atto che l’Agente della riscossione invia ai contribuenti per la riscossione dei crediti vantati dagli enti creditori (Agenzia delle Entrate, Inps, Comuni, ecc.). Agente della riscossione per l’Agenzia delle Entrate è il gruppo Equitalia (partecipata al 51% dall’Agenzia delle Entrate e al 49% dall’Inps). Se non si paga la cartella nel termine di 60 giorni, sulle somme iscritte a ruolo sono dovuti gli interessi di mora maturati giornalmente dalla data di notifica della stessa, l’aggio dovuto agli Agenti della riscossione (calcolato sul capitale e sugli interessi di mora) e tutte le eventuali ulteriori spese derivanti dal mancato (o ritardato) pagamento della cartella. Trascorso questo termine, gli Agenti della riscossione possono avviare le azioni cautelari e conservative e le procedure per la riscossione coattiva su tutti i beni del creditore e dei suoi coobbligati (ad esempio, il fermo amministrativo di beni mobili registrati e il pignoramento dei beni). 2 Esecuzione forzata e misure cautelari del credito tributario Se il contribuente non paga nei termini previsti una cartella e non presenta ricorso, e non interviene un provvedimento di sospensione o annullamento da parte dell’ente impositore o della Commissione tributaria, l’Agente della riscossione deve procedere al recupero forzato. Per farlo, può, nei confronti del debitore e dei coobbligati, a seconda dei casi: 1) iscrivere fermo amministrativo sui beni mobili registrati (per esempio, autovetture) 2) iscrivere ipoteca sui beni immobili 3) procedere al pignoramento mobiliare o presso terzi 4) procedere all’espropriazione forzata dei beni immobili 5) effettuare ogni altra azione esecutiva che l’ordinamento attribuisce in genere al creditore. 2.1. Riscossione di debiti minori Nei casi di riscossione coattiva di debiti fino a 1.000 euro, non si può procedere alle azioni cautelari ed esecutive prima che siano trascorsi 120 giorni dall’invio, mediante posta ordinaria, di una comunicazione contenente il dettaglio delle iscrizioni a ruolo. 2.2. Calcolo degli interessi Decorsi inutilmente 60 giorni dalla notifica della cartella/avviso, si applicano gli interessi di mora. L'Agente della riscossione riversa interamente gli interessi di mora all'ente creditore. Gli interessi moratori dovuti a seguito del mancato pagamento di una cartella si calcolano solo sulle imposte e non sull’intero debito iscritto a ruolo, comprendente sanzioni e interessi. 2.3. Procedure cautelari: il fermo amministrativo e l’iscrizione di ipoteca Il Fermo Amministrativo consiste in una misura cautelare attivata dall’Agente della riscossione attraverso l’iscrizione del fermo del bene mobile registrato (per esempio, un’automobile) nel pubblico registro automobilistico. A seguito dell’adozione di questa misura, il mezzo non può circolare. L’iscrizione di ipoteca è una misura cautelare che garantisce il credito, attribuendo all’ente creditore il diritto di essere soddisfatto con preferenza nel caso di espropriazione. L’ipoteca può riguardare beni del debitore o del coobbligato (ipoteca legale) o di un terzo (ipoteca volontaria). Si costituisce mediante iscrizione nei registri immobiliari. 2.4. Procedure esecutive: il pignoramento L’Agente della riscossione può pignorare beni mobili di proprietà del debitore, disponibili presso l’abitazione o nei locali dove il debitore svolge l’attività professionale, commerciale o artigianale. I beni mobili, in caso di mancato pagamento, sono in seguito messi all’asta. 3 Il conto fiscale Il conto fiscale è uno strumento, istituito per i soggetti titolari di partita Iva per facilitare i rapporti debitori e creditori con l’Amministrazione finanziaria. Sul conto fiscale vengono annotati i versamenti relativi alle imposte dirette all’Iva, all’IRAP, alle imposte sostitutive, alle imposte versate in base a dichiarazioni integrative (ravvedimento operoso), alle ritenute alla fonte. PARTE 8 “LE SANZIONI TRIBUTARIE” 1 Evoluzione storica della sanzione amministrativa tributaria La sanzione amministrativa tributaria costituisce una delle reazioni dell’ordinamento giuridico alla realizzazione di un illecito fiscale. Si tratta di una sanzione irrogata dall’Amministrazione finanziaria, che consiste sempre nell’obbligo di pagamento di una somma di denaro, alla quale possono essere integrate misure accessorie stabilite dalla legge. Essa si sostanzia in una difesa di beni pubblici attraverso la rieducazione del trasgressore. L’illecito tributario è attualmente punito con sanzioni di tipo amministrativo e di tipo penale, allo stesso, inoltre, sono riferibili altre reazioni dell’ordinamento diverse dalle sanzioni, quali obbligazioni risarcitorie o interessi moratori. Le sanzioni amministrative e penali sono cumulabili con le misure risarcitorie (interessi moratori), ma non possono invece essere applicate congiuntamente. 2 La disciplina delle sanzioni amministrative Principio fondamentale – per la disciplina sanzionatoria tributaria – è quello secondo il quale «nessuno può essere punito se non in forza di una legge entrata in vigore prima del fatto commesso», con il quale si prevede la riserva di legge per le previsioni sanzionatorie amministrative. Strettamente legati alla riserva di legge sono il principio di tassatività e il divieto di analogia, in quanto hanno come funzione quella di evitare l'ampliamento o la creazione di fattispecie punitive in sede attuativa o giurisdizionale. Anche tali principi si intendono riferiti alle disposizioni sanzionatorie tributarie in virtù della suddetta previsione della riserva di legge. Il medesimo articolo contiene anche il principio di irretroattività. Il divieto di retroattività subisce due importanti deroghe a favore del trasgressore: l'abolitio criminis e il favor rei. L'abolitio criminis si realizza in caso di abrogazione della norma che prevede la fattispecie sanzionata, vale a dire nell'ipotesi in cui un comportamento punito cessa di essere tale. Il favor rei, ossia se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole al trasgressore. 3 Il principio di personalità La sanzione amministrativa tributaria si qualifica come di tipo personalistico afflittivo in quanto mira a punire la persona che ha commesso il fatto ed a rieducarla. La personalità rileva in tre momenti: nella modalità di imputazione dell'illecito, nei criteri di determinazione della sanzione, negli istituti che incidono sulla misura della sanzione. L'illecito è imputato verificando: la realizzazione del fatto tipico, l’elemento soggettivo, l'assenza di cause di esclusione della punibilità. L’elemento soggettivo si costruisce su due livelli: verifica dell'imputabilità (primo livello) e colpevolezza (secondo livello). La colpevolezza presuppone l'imputabilità (che si qualifica come capacità di intendere e di volere) e si articola nel dolo o nella colpa. Il riscontro della condotta e dell'elemento soggettivo non sono sufficienti per l'irrogazione della sanzione amministrativa; è necessario, infatti, che in ogni caso specifico non si verifichino cause di non punibilità. Si tratta di fatti in presenza dei quali viene meno, per diverse ragioni, la rimproverabilità del comportamento del trasgressore e, di conseguenza, la necessità di punirlo. Tra le cause di non punibilità emergono, in primo luogo: la forza maggiore, l'errore sul fatto non determinato da colpa, l'ignorantia legis scusabile. Tipicamente tributaria è la causa di esclusione della colpevolezza della obiettiva incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni. L'obiettiva incertezza determina il venir meno della punibilità del trasgressore in presenza di una previsione normativa oggettivamente oscura, in quanto si riscontra una carenza strutturale dell'ordinamento giuridico valutabile obiettivamente. Altre ipotesi di non punibilità sono: Quando il contribuente, il responsabile e il sostituto d'imposta dimostrino che il mancato pagamento  del tributo sia da imputare a fatto addebitabile esclusivamente a terzi e che sia stato denunciato all'Autorità giudiziaria. Quando si tratta d’ignoranza non evitabile, ossia ogni qualvolta che il contribuente abbia assolto con  il criterio dell'ordinaria diligenza, al cosiddetto "dovere d’informazione", attraverso l'espletamento di qualsiasi utile accertamento, per conseguire la conoscenza della legislazione vigente in materia. 3.1. L’autore mediato Si intende per autore mediato chiunque con violenza o minaccia o inducendo altri in errore incolpevole ovvero avvalendosi di persona incapace, anche in via transitoria, di intendere e volere, determina la commissione di una violazione ne risponde in luogo del suo autore materiale. 4 La determinazione delle sanzioni La sanzione amministrativa tributaria consiste nell’obbligo di pagamento di una somma di denaro, non produce interessi ed è intrasmissibile agli eredi. Le singole fattispecie sanzionatorie possono prevedere sia sanzioni già determinate (in misura fissa), sia sanzioni da definirsi di volta in volta sulla base di alcuni parametri. 4.1. La riferibilità delle sanzioni alle persone giuridiche La disciplina sanzionatoria attuale prevede che le sanzioni relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica siano esclusivamente a carico della persona giuridica. In base a questa disciplina tutti i soggetti dotati di personalità giuridica sono oggi direttamente responsabili delle sanzioni amministrative. Tale principio comporta, quindi, la necessità di soddisfare due esigenze, e cioè: a) stabilire a quali condizioni un soggetto possa essere considerato "residente"; b) determinare quando un reddito possa essere considerato "prodotto nel territorio dello Stato". Si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta (quindi per oltre sei mesi): 1) sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente; 2) hanno nel territorio dello Stato il domicilio, cioè la sede principale delle relazioni morali e materiali e degli affari 3) sono residenti in Italia, Peraltro, in seguito al frequente verificarsi di condotte elusive basate sui trasferimenti fittizi della residenza all'estero, soprattutto da parte di famosi artisti e sportivi, il legislatore ha aggiunto che si considerano residenti i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, cioè nei cosiddetti "paradisi fiscali " (ad esempio, Montecarlo) Tali soggetti hanno l'onere di provare che detto trasferimento non sia stato realizzato con l'unico fine di sottrarsi al regime fiscale più oneroso dello Stato di appartenenza nel quale, in realtà, continuano a conservare il centro dei propri affari. Quanto alla seconda questione, quella relativa a stabilire quando un reddito deve considerarsi prodotto nel territorio dello Stato, sopravvengono gli specifici criteri di collegamento, ai sensi del quale sono tali: i redditi fondiari, i redditi di capitale, i redditi di lavoro dipendente, i redditi di lavoro autonomo, i redditi di impresa, i redditi diversi. Per stabile organizzazione si intende quella sede fissa di affari per mezzo della quale l’impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività sul territorio dello Stato. PARTE 10 “PERIODO D’IMPOSTA E DETERMINAZIONE DELL’IRPEF” 1 Il periodo di imposta e la determinazione del tributo Il reddito consiste in un aumento del patrimonio; pertanto, esso deve essere riferito ad un arco temporale rispetto al quale misurarne l'entità. Tale periodo è costituito dal periodo di imposta, costituito per le persone fisiche dall'anno solare e per le società dall'anno sociale. La determinazione dell'imposta dovuta dal soggetto passivo in relazione a ciascun periodo deve essere operata attraverso: 1) la determinazione del reddito complessivo, costituito dalla somma dei redditi appartenenti a ciascuna categoria; 2) calcolo del reddito imponibile, ottenuto mediante deduzione dal reddito complessivo degli oneri deducibili e delle eventuali perdite nonché di altre somme, deducibili in misura forfetaria; 3) liquidazione dell'imposta lorda, mediante applicazione delle aliquote al reddito imponibile; 4) individuazione dell'imposta netta, tramite sottrazione da quella lorda delle detrazioni, e successiva quantificazione di quella dovuta 2 La determinazione del reddito complessivo Il calcolo del reddito complessivo si effettua sommando i redditi delle singole categorie che concorrono a formarlo e sottraendo le eventuali perdite di impresa o di lavoro autonomo. In ogni caso, sono esclusi dalla base imponibile e dunque non partecipano alla formazione del reddito complessivo: * i redditi esenti dall'imposta e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva; * gli assegni periodici destinati al mantenimento dei figli spettanti al coniuge * gli assegni familiari e gli emolumenti per carichi di famiglia comunque denominati. 3 Il calcolo del reddito imponibile In un tributo a carattere personale come l'IRPEF l'attitudine individuale del soggetto passivo ad assolvere l'imposta è determinata, oltre che dalla somma dei singoli redditi e dall'aliquota dell'imposta, anche dal concorso di altri elementi che contribuiscono alla personalizzazione del prelievo: i cosiddetti oneri deducibili dal reddito complessivo e le detrazioni di imposta. I primi rappresentano i costi sostenuti per fare fronte a particolare doveri ed obblighi personali e, in quanto riconosciuti in via legislativa, possono essere dedotti dal reddito complessivo. Le detrazioni di imposta, invece, riducono direttamente l'imposta lorda. Gli oneri deducibili possono essere classificati nei seguenti gruppi: 1) spese necessarie alla vita, nelle quali si possono includere le spese mediche; 2) spese giuridicamente necessitate; 3) spese socialmente utili, fra le quali si possono includere i contributi, le donazioni e le oblazioni in favore delle organizzazioni non governative; 4 La liquidazione dell'imposta lorda e l’individuazione dell’imposta netta Dopo avere dedotto dal reddito complessivo gli oneri, dev'essere effettuata, per i redditi non elevati, un'ulteriore deduzione, che vale a costituire una no tax area e ad assicurare la progressività. L'imposta lorda è determinata applicando al reddito complessivo, le seguenti aliquote per scaglioni di reddito: a) fino a 15.000 euro, 23%; b) oltre 15.000 euro e fino a 28.000 euro, 27%; c) oltre 28.000 euro e fino a 55.000 euro, 38%; d) oltre 55.000 euro e fino a 75.000 euro, 41%; e) oltre 75.000 euro, 43%. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono soltanto redditi di pensione non superiori a 7.500 euro, l'imposta non è dovuta. All’imposta lorda, bisogna sottrarre le detrazioni, che possono essere di due specie: detrazioni per oneri, vale da dire per: interessi passivi per mutui ipotecari contratti per l'acquisto  dell'abitazione principale; spese sanitarie;  detrazioni per canoni di locazione, consistenti in una detrazione forfetaria per i titolari di contratti di locazione di unità immobiliari adibite ad abitazione principale L'importo così ottenuto, sottraendo dall'imposta lorda le detrazioni sopra viste, non costituisce, tuttavia, l'importo da versare; infatti, dall'imposta netta vanno ulteriormente detratte le seguenti somme: a) i crediti di imposta per le imposte pagate all'estero; b) le ritenute subite (a titolo di acconto); c) gli acconti di imposta versati. Se l'ammontare dei crediti d'imposta è superiore a quello dell'imposta netta, il contribuente ha diritto, a sua scelta, di computare l'eccedenza in diminuzione dell'imposta relativa al periodo d'imposta successivo o di chiederne il rimborso in sede di dichiarazione dei redditi. 5 I redditi soggetti a tassazione separata Come si è detto, l'IRPEF è un'imposta progressiva e personale; quindi colpisce il coacervo dei redditi imponibili relativi a ciascun anno solare. Esistono tuttavia alcune tipologie di redditi che, sebbene erogati in un'unica soluzione e tassabili secondo il principio di cassa, ossia al momento della percezione da parte del soggetto passivo, si collegano ad attività svolte in un lungo periodo di tempo: tipico esempio è costituito dall'indennità di fine rapporto. PARTE 11 “LE VARIE TIPOLOGIE DI REDDITO AI FINI IRPEF” 1 I redditi fondiari I redditi fondiari sono quelli “inerenti ai terreni e ai fabbricati situati nel territorio dello Stato che sono o devono essere iscritti, con attribuzione di rendita, nel catasto dei terreni o nel catasto edilizio urbano”. Pertanto, secondo la definizione legislativa, un reddito è fondiario se deriva da un immobile che presenta contemporaneamente due caratteristiche: è iscritto, o iscrivibile, nel catasto (che si distingue in catasto dei terreni e catasto edilizio urbano) ed è situato nel territorio dello Stato. Il Testo Unico suddivide i redditi fondiari in tre categorie: i redditi dominicali dei terreni;  i redditi agrari; i redditi dei fabbricati.  Una prima caratteristica è quella secondo cui essi concorrono a formare il reddito complessivo del soggetto indipendentemente dalla percezione; pertanto, vi è tassazione anche se un fabbricato non è abitato o locato o se un terreno non è coltivato. Il reddito fondiario è imputato ai possessori degli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale per il periodo di imposta in cui si è verificato il possesso. L’altra caratteristica dei redditi fondiari è quella di essere determinati, e quindi assoggettati a tassazione, sulla base delle risultanze catastali. Il reddito fondiario è, quindi, la risultante di un procedimento amministrativo con cui viene attribuita a ciascun immobile una rendita catastale, il quale inizia con la formazione delle tariffe d’estimo, cioè del valore unitario dell’unità di misura dell’immobile (per i terreni l’ettaro, per le unità immobiliari urbane il vano catastale, per le unità immobiliari commerciali il metro quadrato, per gli edifici collettivi il metro cubo), ed a tal fine i terreni vengono classificati in classi, in base alla destinazione colturale (seminativo, arboreo, vigneto, oliveto, bosco) ed i fabbricati in categorie, a seconda della destinazione (residenze, edifici collettivi, commerciali). Le operazioni catastali terminano con il classamento, cioè nell’attribuzione al singolo terreno e fabbricato ad una classe o categoria, in modo che se ne possa calcolare la rendita catastale. 2 Il reddito dei terreni: reddito dominicale ed agrario 2.1. Il reddito dominicale Il reddito dei terreni si distingue in reddito dominicale e reddito agrario. In particolare il reddito dominicale è imputato al possessore del fondo a titolo di proprietà o altro diritto reale; non si considerano produttivi di reddito dominicale i terreni che costituiscono pertinenze di fabbricati urbani (in quanto non idonei a produrre reddito autonomo), quelli dati in affitto per usi non agricoli (i cui proventi appartengono ai redditi diversi), né quelli produttivi di reddito di impresa. La mancata coltivazione del fondo non esclude la configurabilità del reddito dominicale, riducendone solo l’imponibile del 30%. 2.2. I redditi dei terreni: il reddito agrario Il reddito agrario è quello derivante dall’esercizio dell’attività agricola; esso è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d’esercizio ed al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti delle potenzialità del terreno, nell’esercizio di attività agricole su di esso. Il reddito in questione è determinato, come tutti i renditi fondiari, sulla base delle risultanze catastali e deriva dall’esercizio di un’attività agricola. Se quest’ultima è svolta direttamente dal possessore del fondo, il reddito agrario è imputato a tale soggetto, mentre se il terreno è dato in affitto per usi agricoli è imputato all’affittuario. Sono qualificate come attività agricole: a) la coltivazione del terreno e la silvicoltura; b) l’allevamento di animali c) la manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione dei prodotti del fondo, anche se non svolte sul terreno g) le indennità dei parlamentari; h) le rendite vitalizie e le rendite a tempo determinato, costituite a titolo oneroso; h-bis) le prestazioni erogate dai fondi pensione; i) gli altri assegni periodici alla cui produzione non concorrono attualmente né il capitale, né il lavoro; l) i compensi dei soggetti impiegati in lavori socialmente utili. Per taluni di questi redditi assimilati la base imponibile non è pari all’importo percepito ma vi è una deduzione forfettaria per le spese, inoltre, ad alcuni di esse non si applicano le detrazione d’imposta. 1.3. Le collaborazioni coordinate e continuative I rapporti di collaborazione coordinate e continuative hanno per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione, a favore di un determinato soggetto, nel quadro di un rapporto unitario e continuativo, senza l’impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita (le cariche di amministratore, sindaco, revisore di società, ecc). 2 La determinazione del reddito di lavoro dipendente Il reddito di lavoro dipendente è tassato secondo il principio di cassa e, dunque, nel periodo di imposta nel quale è percepito. Sono, in generale, compresi tra i redditi di lavoro dipendente tutti i proventi percepiti dal lavoratore, e corrisposti dal datore di lavoro, che si collegano allo status di lavoratore, tra cui i rimborsi delle spese inerenti alla produzione del reddito. Una disciplina particolare è prevista per i compensi in natura, o fringe benefit, vantaggi concessi in aggiunta alla normale retribuzione in denaro, attribuiti a categorie di lavoratori (per lo più dirigenti). La loro finalità è spesso quella di incentivare la produttività dei dipendenti, per legarli all’impresa, per motivi di prestigio di questa. Per semplificare l’applicazione dell’imposta, i compensi in natura non sono tassati quando sono di modico valore, ossia quando il loro valore complessivo non supera, nel periodo di imposta, l’importo di 258,23 euro. 2.1. I redditi di lavoro dipendente non tassabili Non sono tassati: le erogazioni liberali che il datore di lavoro versa per l’assistenza, la previdenza e la sanità;  le prestazioni di servizi di trasporto collettivo;  l’utilizzazione di opere e servizi volontariamente sostenuti dal datore di lavoro;  il valore delle azioni offerte (con funzione retributiva) alla generalità dei dipendenti fino all’importo di euro 2.065,83, a condizione che il lavoratore non le ceda prima che siano trascorsi tre anni; 3 I redditi di lavoro autonomo Sono redditi di lavoro autonomo quelli che derivano dall’esercizio di arti e professioni. Per servizio di arti e professioni si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo. I redditi di lavoro autonomo derivano, quindi, da attività che presentano tre connotati: 1) sono svolte in modo autonomo; 2) sono attività abituali; 3) sono attività di natura non commerciale; 3.1. La determinazione del reddito da lavoro autonomo I redditi di lavoro autonomo, sono determinati come differenza tra i compensi percepiti e le spese sostenute; nell’imputazione delle componenti reddituali al periodo di imposta viene seguito il c.d. principio di cassa, in quanto si tiene conto dei compensi percepiti e delle spese sostenute nel periodo di imposta. In particolare, i compensi costituiscono i corrispettivi percepiti a titolo di remunerazione dell’attività; vi sono compresi le somme ricevute a titolo di rimborso spese e gli interessi moratori o per dilazione di pagamento, ma ne sono esclusi i rimborsi delle spese sostenute in nome e per conto del cliente. Le spese deducibili sono, invece, quelle inerenti all’esercizio dell’arte o professione, finalizzate allo svolgimento dell’attività di lavoro autonomo con specifico riferimento all’oggetto che in concreto caratterizza l’attività. Sono deducibili i costi di acquisto di beni strumentali, dei beni mobili e materiali secondo il principio di competenza. Per i beni strumentali di costo inferiore a 516.46 € il contribuente ha la facoltà di optare per la deduzione integrale nell’anno d’acquisto o in luogo dell’ammortamento. I costi di acquisto dei beni immobili non sono deducibili mentre i canoni di locazione finanziaria (leasing) degli immobili sono deducibili per un importo pari alla rendita catastale. Invece, i canoni di locazione ordinaria sono deducibili senza particolari limitazioni. Le spese relative all’ammodernamento, alla ristrutturazione e alla manutenzione straordinaria sono deducibili per quote costanti in 5 anni. 3.2. I redditi equiparati a quelli di lavoro autonomo L’art. 53 considera redditi di lavoro autonomo anche: -- i proventi derivanti dall’utilizzazione economica, da parte dell’inventore o autore, di opere dell’ingegno, brevetti e simili; -- gli utili derivati da contratti di associazione in partecipazione; -- gli utili spettanti ai promotori ed ai soci fondatori di società di capitali; -- le indennità per la cessazione di rapporti di agenzia; 4 I redditi diversi La categoria dei redditi diversi è disciplinata dall’art. 67 del TUIR. Fanno parte di questi redditi: 1.Le plusvalenze immobiliari (differenza tra costo di acquisto e di vendita dell’immobile). Essi comprendono: – Le plusvalenze realizzate mediante lottizzazione di terreni o l’esecuzione di opere intese a renderli edificabili e la successiva vendita, anche parziale, dei terreni e degli edifici. – Le plusvalenze realizzate mediante cessione di beni a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di 5 anni. A queste plusvalenze si applica un’imposta sul reddito del 26%. – Le ritenute e le imposte sostitutive sugli interessi, premi e ogni altro provento di cui l’art. 44 e sui redditi diversi dell’art. 67. 2.Le plusvalenze dei titoli (capital gains), ossia realizzate con la cessione di partecipazioni sociali, titoli e strumenti finanziari. 3.Le plusvalenze derivanti dalla cessione di contratti di associazione in partecipazione con apporto di capitale. 4.Le plusvalenze realizzate mediante la cessione di strumenti finanziari assimilati alle azioni. Fanno parte dei redditi diversi anche: – i redditi di natura fondiaria non determinabile catastalmente; – redditi derivanti dall’utilizzazione economica di opere d’ingegno, di brevetti industriali e di processi percepiti da soggetti diversi dagli autori o dagli inventori (esempio diritti d’autore percepiti agli eredi); – redditi provenienti dalla concessione in usufrutto, d’affitto, locazione o noleggio o concessione in uso di veicoli, macchine e altri beni; – redditi derivanti d’attività commerciali e di lavoro autonomo non esercitante abitualmente; – proventi delle vincite alle lotterie, concorsi a premio. In relazione ai proventi finanziari soggetti all’imposta sostitutiva, la legge consente tre diversi moduli impositivi a scelta del contribuente: 1.Quello della dichiarazione, ove il contribuente determina le singole plusvalenze e minusvalenze, le include nella propria dichiarazione, liquida il relativo tributo e provvede al versamento nei termini contemplati per il relativo saldo. 2.Quello del risparmio amministrato, ove il contribuente da in custodia i titoli ad un intermediario abilitato, il quale provvederà a tutti gli incombenti trattenendo quanto necessario per il pagamento del tributo per conto del contribuente. 3.Quello del risparmio gestito. Questo regime comporta la tassazione del risultato complessivo della gestione maturato nel periodo d’imposta, ossia la differenza tra il valore del patrimonio affidato in gestione all’inizio e al termine del periodo d’imposta. PARTE 13 “LA TASSAZIONE DEL REDDITO D’IMPRESA” 1 Il reddito d’impresa Ai sensi degli articoli 6 e 81 del TUIR i redditi delle società di persone e delle società di capitali, nonché degli enti commerciali, da qualunque fonte provengano, sono considerati redditi d’impresa. In particolare, sono redditi d’impresa quelli che derivano dall’esercizio di imprese commerciali. Tralasciando le attività agricole, danno luogo a reddito d’impresa le seguenti attività: a) industriali dirette alla produzione di beni e servizi; b) intermediarie nella circolazione dei beni (settore del commercio); c) di trasporto per terra, acqua ed aria; d) bancarie o assicurative; e) ausiliarie delle precedenti (ad esempio, agenti e rappresentanti di commercio). Tali attività originano redditi d’impresa in presenza di determinati requisiti oggettivi. In primo luogo è necessario che siano esercitate in modo abituale ovvero siano caratterizzate dalla continuità nel tempo e non rivestano, dunque, il carattere dell’occasionalità. 1.2. L’imprenditore agricolo Ai sensi del primo comma dell’art. 55 del TUIR sono, altresì, considerati redditi d’impresa quelli che derivano dalle attività di allevamento, manipolazione, conservazione, trasformazione e valorizzazione di prodotti ottenuti dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali. 2 Le prestazioni di servizi non rientranti nell’art. 2195 c.c. Altre fattispecie considerate produttive di redditi d’impresa sono: a) le prestazioni di servizi non rientranti nell’art. 2195 c.c., organizzate in forma di impresa; b) lo sfruttamento delle miniere, cave, torbiere, ecc.; c) le società agricole. 3 Le professioni intellettuali In relazione al rapporto tra redditi di impresa e redditi di lavoro autonomo si pone la questione relativa alla possibilità di qualificare come d’impresa le prestazioni di servizi degli esercenti arti e professioni intellettuali (ad esempio, medici, avvocati, notai, commercialisti, ingegneri). 4 La determinazione del reddito d’impresa Ai sensi dell’art. 83 del TUIR il reddito d’impresa è determinato apportando all’utile o alla perdita risultante dal conto economico, relativo all’esercizio chiuso nel periodo di imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all’applicazione dei criteri stabiliti nelle successive disposizioni del testo unico. 1.1 Definizione ed elementi qualificanti Presupposto dell’IRES è il possesso di un reddito in denaro o in natura. Al reddito imponibile fiscalmente viene applicata l’aliquota del 24%, mentre qualora si venisse a realizzare una perdita, la stessa può essere riportata a scomputo degli eventuali redditi realizzati negli anni successivi. 1.2 Determinazione del reddito imponibile Il reddito è un concetto dinamico, che corrisponde all’incremento patrimoniale in un periodo determinato (cioè entro il periodo d’imposta); inoltre, soprattutto in campo IRES, esso è inteso al netto delle spese necessarie a produrlo. Nel dibattito tradizionale sul concetto di reddito, erano state enucleate le due categorie del “reddito prodotto” e del “reddito entrata”, quest’ultima comprendente anche le entrate di natura straordinaria e non preordinate. Il corrente concetto di reddito, valido ai fini impositivi, si impernia sul concetto di “reddito entrata”, il quale comunque presuppone, da parte del percettore, una qualche prestazione, e non il mero incremento patrimoniale gratuito. La nozione di “reddito complessivo” intende invece includere tutti i redditi, appartenenti alle varie categorie reddituali di cui all’art. 6 dello stesso Tuir. Si rammenta che, nell’ambito dei soggetti IRES, il reddito complessivo: 1) per le società di capitali e per gli enti commerciali residenti è sempre considerato reddito d’impresa, da qualsiasi fonte esso provenga; 2) per gli enti non commerciali residenti, é determinato discriminando i redditi in base alla fonte, secondo le categorie di cui al predetto art. 6 (art. 143), con eccezione dei redditi di lavoro dipendente e autonomo; 3) per le società e per gli enti commerciali non residenti: in presenza di stabile organizzazione nel territorio dello Stato, é determinato sulla base di apposito conto economico e patrimoniale; in assenza di stabile organizzazione, é determinato cumulando i vari redditi prodotti, in relazione alle varie categorie nelle quali essi rientrano; 4) per gli enti non commerciali non residenti, é determinato secondo le disposizioni, Dal reddito complessivo si giunge al reddito complessivo netto, che costituisce la base imponibile dell’IRES come dell’IRPEF, scomputando le perdite, il credito d’imposta sui fondi comuni d’investimento e le perdite dei periodi precedenti. 1.3 Variazioni del risultato di bilancio La determinazione del reddito avviene in ragione delle variazioni in aumento ed in diminuzione sul risultato ante imposte emergente dal bilancio d’esercizio. In particolare é determinante il criterio dell’inerenza; ovvero viene ammessa la deducibilità delle spese se e nella misura in cui queste siano riconducibili ad attività generatrici di ricavi o altri proventi imponibili. I ricavi concorrono a formare il reddito imponibile anche se non imputati a conto economico differenziandosi così dalla disciplina prevista per i costi. Anche in ambito fiscale i costi ed i ricavi concorrono alla determinazione del reddito seguendo il principio della competenza economica 1.4 Determinazione dell’imposta Una volta effettuate le variazioni sul risultato civilistico e determinato il reddito imponibile, l’IRES viene calcolata applicando a quest’ultimo l’aliquota del 24%. Una volta dedotti gli acconti, l’eventuale imposta dovuta costituisce il saldo dovuto dal contribuente, nel caso contrario in cui gli acconti siano superiori all’imposta effettivamente dovuta, si genererà un credito per l’impresa che potrà essere portato in detrazione negli anni successivi 2 I principi di tassazione del reddito delle società di capitali Gli elementi di reddito devono essere quantificati nel rispetto di alcuni principi di tassazione, occorre precisare che alcuni di essi si riferiscono indifferentemente agli elementi di reddito positivi e negativi, mentre altri solo a quelli negativi. I principi di carattere generale sono i seguenti: a) principio di territorialità; b) principio di competenza; c) principio di certezza e determinabilità d) principio di corretta valutazione; e) principio di continuità; I principi riguardanti solamente gli elementi negativi di reddito sono i seguenti: A1) principio di inerenza dei costi; B1) principio di contabilizzazione a conto economico. Il principio di territorialità Per le imprese residenti in Italia si utilizza il principio della tassazione su base mondiale, ove il reddito comprende sia i redditi prodotti in Italia sia quelli prodotti all'estero. Per le imprese non residenti, invece, si utilizza il principio della tassazione su base territoriale, ove è tassato in Italia l'eventuale reddito prodotto nel nostro Paese mediante una stabile organizzazione. Il principio della competenza Impone la corrispondenza in ciascun esercizio relativi alle medesime operazioni contabilizzate tra ricavi e proventi da una parte e costi ed oneri dall’altra. In alcuni casi, tassativamente previsti dalla legge, il legislatore fiscale ha stabilito che la regola della competenza venga sostituita dal “criterio di cassa”. Principio di certezza e determinabilità I componenti del reddito devono essere certi nell’esistenza e devono essere determinati o oggettivamente determinabili nell’ammontare. Per certezza s’intende che risultino da atti o documenti probatori che consentano una quantificazione oggettiva e non basata su stime discrezionali. Principio di corretta valutazione I diversi componenti del reddito, positivi e negativi, devono essere espressi in moneta corrente, anche quando sono in natura o in valuta estera e devono essere quantificati al valore normale, ossia assunto al netto dell’IVA. Principio di continuità Stabilisce che le valutazioni delle voci di bilancio devono essere fatte nella prospettiva di continuazione dell’attività. I principi che riguardo solo gli elementi negativi del reddito sono: Principio d’inerenza dei costi I costi e le spese sono deducibili quando riguardano beni o attività da cui derivano ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Fanno eccezione gli oneri fiscali e contributivi e quelli di utilità sociale che sono sempre deducibili, alla sola condizione che siano imputati a conto economico. Principio di contabilizzazione a conto economico  Stabilisce la deducibilità dei componenti negativi a condizione che gli stessi siano imputati a conto economico dell’esercizio di competenza, ad eccezione di alcune deroghe. PARTE 15 “LA TASSAZIONE DELLE SOCIETÀ DI COMODO” 2 Le società elusive 2.1. Le società di comodo Le cosiddette società “di comodo” vengono costituite non per svolgere un'attività economica produttiva, bensì per fungere da intestatarie di determinati beni (es: immobili, imbarcazioni, partecipazioni) i cui effettivi proprietari sono in realtà i soci, che ne hanno la disponibilità e li utilizzano nella propria sfera privata. In questo modo i soci celano il proprio patrimonio personale dietro lo schermo societario e si avvalgono inoltre di un regime fiscale spesso più favorevole di quello a cui sarebbero assoggettati se intestassero i beni a se stessi. Tale prassi è stata ritenuta elusiva dal Legislatore che per contrastarla ha introdotto una specifica disciplina fiscale fortemente penalizzante (imposte sui redditi e Irap determinate in via presuntiva sulla base del valore dei beni posseduti, aliquota Ires maggiorata del 10,5%, impossibilità di chiedere a rimborso e di compensare orizzontalmente i crediti Iva e parziale inutilizzabilità delle perdite pregresse). Alle società considerate di comodo viene attribuito presuntivamente un reddito non inferiore alla somma degli importi derivanti dall’applicazione, al valore dei beni posseduti nell’esercizio, di appositi “coefficienti di redditività”. 2.2. Le società “non operative” Una società si considera “non operativa” (e, quindi, spesso, di comodo) se la somma di ricavi, incrementi di rimanenze e altri proventi (esclusi quelli straordinari) imputati in conto economico è inferiore a un ricavo presunto, calcolato applicando determinati coefficienti percentuali al valore degli asset patrimoniali intestati alla società (cosiddetto test di operatività dei ricavi). In altre parole, se i beni posseduti dalla società non contribuiscono a generare un volume minimo di ricavi, si suppone che essi non vengano impiegati nello svolgimento di un'attività imprenditoriale, ma siano intestati alla società nell'esclusivo interesse dei soci, che li utilizzano a scopi privati. Nella prassi, l'espressione “società non operativa” viene considerata sinonimo di “società di comodo.” A ben vedere però questi due concetti non sono del tutto coincidenti. La società “di comodo” è infatti caratterizzata, oltre che dal mancato o marginale esercizio di un'attività economica produttiva, anche da un utilizzo improprio della forma societaria, che si risolve nella mera intestazione di beni al fine di nasconderne i reali proprietari e ottenere vantaggi fiscali per i soci. Tale intento elusivo (o evasivo) non è invece necessariamente presente nella società “non operativa”, poiché questa fattispecie viene individuata esclusivamente sulla base di un criterio quantitativo, 2.3. Le società “in perdita sistematica” L'avvento del D.L. n. 138/2011, considera “non operative” anche le società che, pur avendo superato il test di operatività dei ricavi: 1) sono in perdita fiscale da tre periodi d'imposta consecutivi; 2) nell'arco di un triennio sono state in perdita fiscale in due periodi su tre e nel restante periodo hanno dichiarato un reddito inferiore al reddito minimo presunto. L'Agenzia delle Entrate, afferma che con questa nuova norma “le c.d. società di comodo di cui, si possono idealmente ripartire in due categorie: le “società non operative”, ossia le società che non superano il test di operatività e le “società in perdita sistematica” che, come meglio precisato in seguito, presentano tre periodi d’imposta in perdita. 4 L’istanza di disapplicazione Le società che presentano una delle due condizioni sono dette società in perdita sistematica e seguono la disciplina fiscale delle società di comodo. Tuttavia, è possibile disapplicare le normative antielusive ed evasive, se le società dimostrano che situazioni oggettive abbiano reso impossibile raggiungere il volume minimo di ricavi o di reddito. Secondo la più recente giurisprudenza è sempre impugnabile (ma in via facoltativa) il diniego di disapplicazione, che costituisce il primo atto con il quale l'amministrazione, a seguito di una fase istruttoria e di una valutazione tecnica, e con particolari garanzie procedimentali, porta a conoscenza del contribuente, in via preventiva, il proprio convincimento in ordine ad una specifica richiesta, relativa ad un determinato rapporto tributario, con l'immediato effetto di incidere, comunque, sulla condotta del soggetto istante in ordine alla dichiarazione dei redditi in relazione alla quale l'istanza è stata inoltrata. Caratteristiche di imposta indiretta sui consumi sono: Plurifase con effetti non cumulativi: ad ogni passaggio l’imposta colpisce solo il valore aggiunto.  Neutrale: l’ammontare finale dell’Iva rimane invariato indipendentemente dal numero di transazioni.  Trasparente: è sempre possibile individuare la base imponibile.  Con applicazione frazionata: l’onere fiscale viene ripartito nelle varie fasi, permettendo allo Stato di  reperire le entrate nelle fasi intermedie l’immissione al consumo. L’IVA si fonda:  È sul pagamento per masse di atti economici, di modo che il contribuente deve tener conto di tutti gli acquisti e forniture realizzati, senza dover seguire la singola transazione per verificare il suo debito con l’Erario (Stato);  È sulla detrazione dell’imposta pagata mediante la quale l’operatore economico recupera il tributo pagato 2 Generalità e caratteri dell’imposta sul valore aggiunto L'Imposta sul Valore Aggiunto (IVA) è un'imposta generale sui consumi, che colpisce solo l'incremento di valore che un bene o un servizio acquista ad ogni passaggio economico (valore aggiunto), a partire dalla fase della produzione fino a quella del consumo del bene o del servizio stesso. Per effetto di un sistema di detrazione e rivalsa il tributo grava sul consumatore finale del bene o servizio. L'IVA pertanto rappresenta un costo solamente per i soggetti che non possono esercitare il diritto alla detrazione e quindi, in generale, per i consumatori finali. Nell'imposta sul valore aggiunto si distinguono: Il contribuente di fatto, che pur non essendo soggetto passivo dell'imposta ne sopporta l'onere  economico. Il contribuente di diritto, il soggetto passivo, su cui gravano tutti gli obblighi di gestione del tributo,  ma per il quale l'imposta stessa è neutrale dal punto di vista economico. 3 Disciplina normativa dell’imposta sul valore aggiunto La disciplina dell’IVA è contenuta principalmente in due atti legislativi:  il DPR 26 ottobre 1972, n. 633;  il DL. 30 agosto 1993, n. 331, convertito dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427 che regola i rapporti intracomunitari. L’articolo 1 del DPR n. 633 del 1972 individua il campo di applicazione dell’IVA distinguendo le operazioni interne dagli acquisti intracomunitari e le operazioni di importazione. Quando si parla di importazioni ci si riferisce all’entrata fisica nel territorio dello Stato di beni, provenienti da Paesi terzi (Paesi extra-UE). Al contrario, lo schema impositivo delle operazioni interne, ed in un certo qual modo quello degli acquisti intracomunitari, si configura in maniera più complessa, richiedendo la presenza contemporanea di tre elementi: – un elemento soggettivo che comporta che chi pone in essere l’operazione sia necessariamente un imprenditore o un esercente arte o professione; – un elemento oggettivo, che si concretizza nel fatto che l’operazione deve avere caratteristiche tali da poterla configurare come cessione di beni o prestazione di servizi; – un elemento spaziale, rappresentato dalla necessità che l’operazione economica (cessione di bene o prestazione di servizio) sia effettuata nel territorio dello Stato. Pertanto perché un’operazione economica rientri nel campo di applicabilità dell’IVA è necessaria la contemporanea presenza di tutti e tre i requisiti; la mancanza di uno solo di essi la rende del tutto irrilevante per il tributo. Da ciò discende che le operazioni economiche possono essere distinte in: - operazioni escluse dall’IVA; - operazioni rientranti nel regime dell’IVA. Le prime sono quelle che o per loro natura o per espressa previsione di legge mancano di uno dei requisiti sopra descritti e che in ragione di ciò non danno luogo ad adempimenti IVA. Le seconde, al contrario, presentano tutti e tre i richiesti elementi, per cui sono soggette agli obblighi propri della normativa (fatturazione, registrazione, dichiarazione, ecc.), ma possono a loro volta essere suddivise in sottocategorie a seconda che prevedano o meno l’applicazione di un’aliquota IVA. Abbiamo così: - operazioni imponibili che comportano l’applicazione di un’aliquota IVA e danno diritto a detrazione dell’IVA assolta a monte; - operazioni esenti, elencate in modo tassativo nell’art. 10 del DPR n. 633 del 1972, che non sono assoggettate ad imposta, ma che, in linea di principio, non consentono la detrazione; - operazioni non imponibili che non comportano l’assoggettamento ad imposta, ma che consentono la detrazione dell’IVA. 4 Il presupposto oggettivo 4.1. Cessione di beni Affinché un’operazione integri il presupposto oggettivo dell’IVA deve essere inquadrata tra le cessioni di beni o tra le prestazioni di servizio. Si considera cessione ogni atto a titolo oneroso che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di un bene o il trasferimento di un altro diritto reale di godimento su beni di ogni genere. Le cessioni di beni per essere imponibili ai fini IVA devono essere onerose, ossia comportare il pagamento di un corrispettivo ovvero devono avere come controprestazione la cessione di un altro bene o un obbligo di fare, non fare o permettere. Non si applica l’Iva: alle cessioni che hanno per oggetto denaro o crediti in denaro (esempio i contributi), la cessione gratuita di campioni di modico valore appositamente contrassegnati, la cessione di valori bollati, postali e marche assicurativi e similari, cessione di beni soggetti alla disciplina dei concorsi e delle operazioni a premi, altro. 4.2. Prestazione di servizi L’articolo 3 del D.P.R. 633/1972 individua l’altro presupposto oggettivo dell’imposta: le prestazioni di servizi, stabilendo che costituiscono “prestazioni di servizi quelle rese verso corrispettivo e dipendenti da contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e, in genere, da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere qualunque ne sia la fonte”. I caratteri di tali operazioni sono pertanto: onerosità: in quanto vengono effettuate verso un corrispettivo. contratti tipici: contratti d'opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito. prestazioni generiche: colloca tra le prestazioni di servizi tutto ciò che dipende da un obbligo generico Il legislatore elenca poi alcune operazioni assimilate alle prestazioni di servizi che, in senso tecnico non sarebbero tali in quanto mancanti di taluni requisiti. Esse sono:  locazione, affitto, noleggio e simili (compreso leasing); – diritti d’autore, invenzioni e marchi; – prestiti di denaro e titoli non rappresentativi di merci; – somministrazioni di alimenti e bevande; – cessioni di contratti; – assegnazione ai soci relative a prestazioni di servizi; – mandato senza rappresentanza (intermediazione di servizi); – prestazioni gratuite delle imprese; Per quanto concerne il mandato, occorre preventivamente distinguerlo in due tipologie: – mandato con rappresentanza: il mandatario agisce in nome e per conto del mandante e il terzo fatturerà la prestazione direttamente al mandante, il quale riceverà separatamente la fattura per la provvigione da parte del mandatario; – mandato senza rappresentanza: il mandatario agisce in nome proprio ma per conto del mandante, il terzo fatturerà al mandatario il quale rivenderà il servizio al mandante. 5 Il presupposto soggettivo La soggettività passiva d’imposta è stata distinta in relazione all’esercizio di imprese, arti e professioni, come previsto ai fini delle imposte dirette. Tale soggettività è attribuita sulla base di specifici requisiti formali e sostanziali. Volendo schematizzare, deve considerarsi esercizio di impresa, l’esercizio per professione abituale, ancorché non elusiva delle attività commerciali o agricole, anche se non organizzate in forma di impresa, nonché l’esercizio di attività, organizzate in forma di impresa, dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell’articolo 2195 del codice civile. Di converso, non sono imponibili per difetto del presupposto soggettivo, le cessioni o prestazioni di servizi in genere: ▪ effettuate da persona fisica, al di fuori dell’esercizio professionale di attività commerciale o agricola; ▪ effettuate, senza che costituiscono esercizio di attività commerciale o agricola, da ente pubblico o privato, diverso dalle società commerciali, non avente ad oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali o agricole. Soggetto passivo chiunque esercita l'attività economica in modo indipendente e in qualsiasi luogo, senza dare rilevanza allo scopo o al risultato dell'impresa. PARTE 18 “LA TERRITORIALITÀ DELL’IVA, LA CESSIONE DEI BENI E LA PRESTAZIONE DEI SERVIZI” 1 Il presupposto territoriale Un’operazione è rilevante agli effetti IVA se possiede, congiuntamente al requisito soggettivo e oggettivo anche quello territoriale. Non è sufficiente infatti che i soggetti passivi d’imposta pongano in essere cessioni di beni o prestazioni di servizi, è anche indispensabile che le cessioni o le prestazioni siano effettuate nel territorio dello Stato. Dal 1° gennaio 2010 le regole relative alla territorialità IVA di un’operazione, hanno subito profonde modifiche a seguito dell’attuazione del cosiddetto Pacchetto IVA, adottato in sede comunitaria il 12 febbraio 2008. La novità principale delle nuove disposizioni in materia di territorialità delle prestazioni di servizi consiste nella previsione di due regole generali. La prima riferita ai servizi forniti a soggetti passivi d’imposta ossia munita di partita IVA (servizi  Business to Business – servizi B2B) per i quali il luogo d’imposizione è quello in cui risiede il committente del servizio, ossia chi ordina una prestazione o chi si impegna in un acquisto di un bene. La seconda è riferita ai servizi forniti ai soggetti privati (business to consumer – servizi B2C) ove la  territorialità va individuata con riferimento al luogo in cui il prestatore del servizio è stabilito. 2 Definizioni Il nuovo articolo 7 nel definire i concetti di territorio non si discosta sostanzialmente dalle regole preesistenti, distinguendo il territorio dello Stato e quello comunitario, rispetto ai quali per esclusione va individuato il territorio extracomunitario. La delimitazione del territorio dello Stato è finalizzata ad individuare le operazioni che devono considerarsi tassabili in Italia, mentre il territorio della Comunità è diretto a rilevare l’area geografica rispetto alla quale si realizzano le operazioni intracomunitarie; infine è con riferimento al territorio dei Paesi terzi che rilevano i concetti di importazione e esportazione. 5 Il commercio elettronico Per le vendite elettroniche (o via internet) vanno distinti due tipi di commercio: 1. il commercio elettronico indiretto riferito alla cessione di beni materiali (ad esempio vendita di capi d’abbigliamento, articoli per la casa, elettrodomestici, ecc.) in cui le parti utilizzano lo strumento mediale per concludere il contratto ed eseguire il pagamento, salvo poi in un secondo momento, spedire il bene utilizzando le vie tradizionali seguendo il sistema delle vendite per corrispondenza (o vendita a domicilio). 2. il commercio elettronico indiretto, quello riferito alla cessione elettronica di beni virtuali o di servizi (fornitura di siti web, di programmi, di immagini, di testi e di informazioni, l’accesso a banche dati, la fornitura di musica, film e giochi, la formazione a distanza, i programmi artistici, sportivi, culturali, di intrattenimento, ecc.) che costituisce sempre e comunque una prestazione di servizi, e consente alle parti di concludere la transazione con scarico telematico del prodotto acquistato sotto forma di file digitale con contemporanea esecuzione del pagamento in linea. La disciplina prevede che per i beni e servizi forniti tramite mezzi elettronici da parte di soggetti extracomunitari nei confronti di soggetti comunitari, il luogo di imposizione coincide, sempre e comunque, con quello in cui il servizio viene realmente consumato. Tuttavia, per evitare che gli operatori commerciali extracomunitari, debbano identificarsi in tutti i Paesi membri per versare l’imposta relativa alle cessioni, la Direttiva comunitaria prevede l’introduzione di un regime speciale IVA con identificazione diretta da parte del soggetto extracomunitario in un solo Paese membro, ove sarà versata l’imposta totale riferita a tutte le vendite. Per le esportazioni, ossia per le cessioni che avvengono dall’Italia verso un Paese terzo l’operatore nazionale dovrà presentare apposita dichiarazione di esportazione alla dogana di partenza e dovrà ottenere il visto dalla dogana di uscita dal territorio comunitario. Invece, l’introduzione di un bene che proviene da Paesi terzi (importazione) è sottoposta al momento della sua entrata nel territorio comunitario all’Iva e ai diritti doganali. Per le cessioni che avvengono dall’Italia verso un Stato comunitario (cessioni intracomunitarie) le regole variano a seconda della condizione del cedente. Tali cessioni risultano: a. imponibili in Italia se il volume globale delle vendite effettuate dal cedente italiano verso privati consumatori e soggetti equiparati, residenti in uno Stato comunitario, nell’anno precedente e in quello in corso è inferiore a 79.534,36 euro e/o alla minor somma prevista nello Stato di destinazione; b. imponibili nello Stato dell’acquirente se il citato volume di cessioni sarà superiore alla soglia globale di 79.534,36 euro e/o alla minor somma stabilita nello Stato di destinazione, ovvero se l’operatore ha optato per il regime ordinario o se l’acquirente è un soggetto passivo d’imposta identificato in un altro Stato membro. Se un operatore comunitario vende beni per corrispondenza, nei confronti di privati italiani o di soggetti non sottoposti all’Iva intracomunitaria (acquisti intracomunitari), deve sottoporre l’operazione ad Iva in Italia. PARTE 20 “L’IVA E GLI OBBLIGO CORRELATI AI NUOVI CRITERI DI TERRITORIALITÀ” 1 I soggetti passivi La figura di colui che deve assolvere gli obblighi dell’imposta ed è titolare dei diritti previsti dalla disciplina del tributo è chiamata: soggetto passivo. Il soggetto passivo è anche chiamato debitore di imposta o contribuente IVA. Questo soggetto assume gli obblighi previsti dalla disciplina ed acquisisce il diritto alla detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti e sulle importazioni di beni e servizi effettuati in Italia. L’imposta sul valore aggiunto (IVA) è dovuta dal soggetto passivo che effettua una cessione di beni o una prestazione di servizi imponibile ed è versata all’Erario cumulativamente per tutte le operazioni effettuate, al netto delle detrazioni, nei modi e nei termini stabiliti. Può quindi definirsi debitore d’imposta colui che, operando nell’esercizio d’impresa, arte o professione, effettua cessioni di beni o prestazioni di servizi rilevanti nel territorio dello Stato. Una volta definito il debitore d’imposta, la stessa disposizione normativa stabilisce che gli obblighi relativi alle cessioni di beni ed alle prestazioni di servizi effettuate da un soggetto non residente nei confronti di un soggetto di imposta nazionale devono essere adempiuti dal cessionario o dal committente con il meccanismo dell’inversione contabile (c.d reverse charge). Pertanto, in caso di operazione rilevante ai fini IVA in Italia effettuata da un soggetto non residente nei confronti di soggetto passivo stabilito nel territorio dello stato il metodo del reverse charge comporta che obbligatoriamente tutti gli adempimenti di fatturazione (autofattura o integrazione della fattura), registrazione e versamento dell’imposta siano posti a carico del cessionario o committente dell’operazione stessa. La regola del reverse charge generalizzato non si applica solo: - quando l’operazione effettuata da un non residente è territorialmente rilevante in Italia, ma il cessionario o committente (soggetto passivo) non è ivi residente. - l’IVA è dovuta del prestatore o cedente non residente perché la prestazione è effettuata nei confronti di privati. In tali casi il non residente, al fine di adempiere l’imposta, dovrà nominare un proprio rappresentate fiscale o dovrà identificarsi direttamente. 2 Identificazione diretta e rappresentanza fiscale Il rappresentante fiscale può essere una persona fisica o persona giuridica residente. La nomina, che deve essere comunicata all’Ufficio delle Entrate competente in relazione al domicilio fiscale del rappresentante, deve risultare da: atto pubblico, scrittura privata registrata, lettera annotata in apposito registro presso l’Ufficio delle Entrate. Il soggetto non residente al quale viene attribuita la partita IVA diventa un contribuente IVA a tutti gli effetti e di conseguenza deve assolvere, tramite il proprio rappresentante fiscale, tutti gli obblighi strumentali IVA (fatturazione, registrazione, dichiarazione annuale), ed è titolare dei diritti quali il diritto alla detrazione e all’eventuale rimborso dell’eccedenza di imposta. L’identificazione diretta consiste nella possibilità di richiedere l’attribuzione della partita IVA attraverso la presentazione telematica al Centro Operativo di Pescara di una dichiarazione su uno specifico modello. La nomina di un rappresentante fiscale o l’identificazione diretta diventa obbligatoria quando il soggetto non residente pone in essere nel territorio dello Stato, cessioni di beni o prestazioni di servizi nei confronti di soggetti che agiscono in qualità di privati consumatori. 3 Adempimenti connessi con le nuove regole di territorialità L’obbligo del reverse charge nasce con riferimento alle prestazioni generiche, cioè le operazioni che sono territorialmente rilevanti nello Stato in cui è stabilito il committente. PARTE 21“OPERAZIONI IMPONIBILI IVA E OPERAZIONI ESENTI” 1 Operazioni, imponibili, non imponibili ed esenti Le operazioni Iva possono essere raggruppate in due macro-categorie:  È operazioni rientranti nel campo di applicazione dell’IVA;  È operazioni fuori dal campo di applicazione dell’Iva. La prima categoria si divide a sua volta in: 1. operazioni imponibili; 2. operazioni non imponibili; 3. operazioni esenti. Mentre della seconda categoria fanno parte le operazioni escluse. La distinzione risulta essere fondamentale per la disciplina IVA, perché consente all’operatore di individuare in quale scenario operare e a quali disposizioni attenersi. 1.1. Operazioni imponibili Le operazioni imponibili per l’IVA riguardano: a. le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato dagli imprenditori e da chi eserciti un’arte o una professione; b. le importazioni da chiunque effettuate. Le operazioni imponibili devono essere fatturate e annotate su appositi registri concorrendo a determinare il volume d’affari del contribuente. 1.2. Operazioni non imponibili Sono non imponibili quelle operazioni alle quali non viene applicata l’imposta, ma restano soggette a tutti gli obblighi di fatturazione, registrazione, dichiarazione, ecc, che ne consentono la detrazione. Sono operazioni non imponibili le cessioni all’esportazione, le operazioni ad esse assimilate ed i servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali. Trattasi, in particolare di operazioni per le quali tecnicamente è escluso il requisito territoriale al solo scopo di affermarne il non assoggettamento al tributo. 1.3. Operazioni esenti Le operazioni esenti riguardano una serie di operazioni rientranti nel campo di applicazione dell’IVA e come tali sono soggette all’adempimento degli obblighi di fatturazione e registrazione; ma, come per quelle non imponibili, non comportano l’addebito dell’imposta (prestazioni per la collettività quali trasporti pubblici, prestazioni sanitarie, scolastiche, operazioni relative al lotto, ecc) e consentono una detrazione parziale. 1.4. Operazioni escluse Operazioni fuori dal campo di applicazione dell’Iva: operazioni escluse. Si tratta di operazioni non soggette, escluse o fuori dell’ambito di applicazione dell’Iva perché:  È manca uno dei requisiti essenziali previsti dall’articolo 1 del decreto Iva;  È non sono soggette agli obblighi di rilevazione;  È non danno diritto alla detrazione dell’imposta assolta dall’eventuale soggetto passivo in relazione a beni e servizi acquistati o importati. Quindi i tre requisiti contemplati dall’articolo 1, oggettivo, soggettivo e territoriale, devono essere insieme e contemporaneamente presenti. Se manca uno solo di essi, l’operazione è posta fuori dal campo IVA e, in genere, non è soggetta a nessun obbligo. 1.5. Aliquote dell’imposta La disciplina prevede un’aliquota ordinaria IVA fissata nella misura del 22% e due aliquote ridotte del 4% (prodotti alimentari di prima necessità, fertilizzanti, mense aziendali, ecc) e del 10% (riflette i prodotti alimentari, prestazioni alberghiere e pubblici esercizi non di lusso), a cui vanno aggiunte alcune aliquote compensate vigenti nel settore agricolo. La direttiva n. 2006/112/CE stabilì che gli Stati membri dovevano applicare un’aliquota IVA “normale” fino al 31 dicembre 2015, non inferiore al 15%. Essi, inoltre, possono applicare una o due aliquote Iva ridotte non inferiori al 5% ad alcune operazioni. Inoltre gli Stati membri non possono estendere l’applicazione delle aliquote ridotte adoperazioni non previste dalla direttiva. I beni/servizi che siano simili devono essere assoggettati alla stessa aliquota. Per stabilire se i beni/servizi siano simili si deve principalmente tenere conto del punto di vista del consumatore medio; in particolare, i beni/servizi sono simili quando presentano proprietà analoghe e rispondono agli stessi bisogni del consumatore, in funzione di un criterio di comparabilità nell’uso, di talché le differenze esistenti non influiscono significativamente sulla scelta del consumatore medio. Il principio del corrispettivo pattuito subisce eccezioni solo per quelle particolari ipotesi nelle quali non esiste un pattuizione negoziale. La base imponibile è ancorata al valore normale per le prestazioni in luogo dell’adempimento (datio in solutum) ed operazioni permutative. Per queste ultime la base imponibile è costituita dal valore normale dei beni o servizi che formano oggetto di ciascuna operazione. Circa la nozione di valore normale, esso è rappresentato dall’intero importo che il cessionario o il committente, al medesimo stadio in cui avviene la cessione dei beni o la prestazione dei servizi, dovrebbe pagare, in condizioni di libera concorrenza, ad un cedente o ad un prestatore indipendente per ottenere i beni e i servizi in questione nel tempo e nel luogo di tale cessione o prestazione. Sono escluse dalla base imponibile alcune somme che, pur essendo addebitate alla controparte, non hanno natura vera e propria di controprestazione per la cessione del bene o la prestazione del servizio (e quindi non configurano, tecnicamente, un corrispettivo). Si tratta delle ipotesi che seguono: a) interessi di mora e risarcimento danni; b) beni ceduti a titolo di sconti, premi o abbuoni; c) sconti in danaro; d) rimborsi delle anticipazioni in nome e per conto del cliente; e) imballaggi e recipienti per i quali sia espressamente previsto l’obbligo della resa; f) IVA addebitata in rivalsa. 2 Le operazioni permutative e le dazioni di pagamento La permuta si configura come contratto unico a prestazioni corrispettive, con la caratteristica che ambedue le obbligazioni sono in natura (scambio di bene contro bene; scambio di bene contro servizio; scambio di servizio contro servizio). 3 Rivalsa e detrazione Attraverso il meccanismo della rivalsa, si realizza il passaggio dell’imposta dal soggetto passivo ad un operatore successivo, fino ad arrivare all’ultimo anello della catena: il consumatore finale. Tale soggetto non potendo recuperare nei confronti di nessun altro l’imposta pagata, e non potendo detrarre l’imposta, risulta essere il contribuente di fatto, cioè colui che resta inciso dall’imposta. Il concetto di rivalsa si riferisce, quindi, ad un particolare rapporto giuridico, di natura privatistica, che consente ad un soggetto passivo di recuperare il tributo nei confronti di un altro soggetto. Il diritto alla rivalsa presenta le seguenti caratteristiche: È indipendente dall’adempimento del cedente o del prestatore circa i suoi obblighi.  Sorge al momento della fatturazione dell’operazione soggetta ad Iva.  È autonomo rispetto all’operazione assoggettata al tributo.  Non è influenzato dall’eventuale controversia tributaria tra Erario e il cedente.  Nella fattura, l’imposta deve essere indicata distintamente dall’imponibile.  È un obbligo ed è vietato qualsiasi patto contrario  3.1. Il meccanismo della detrazione La detrazione dell’Iva compete solo se i beni e i servizi acquistati o importati sono impiegati per realizzare operazioni imponibili o a queste assimilate. La detrazione costituisce uno dei tasselli fondamentali su cui si basa la disciplina dell’Iva. Essa consente ad un operatore che riveste la qualifica di soggetto passivo d’imposta di poter recuperare il tributo a lui addebitato dal cedente o prestatore, in modo da non rimanere inciso dall’imposta da esso pagata. 3.2. Requisiti della detrazione Per determinare l’ammontare del tributo dovuto all’Erario, il soggetto passivo detrae l’imposta che gli è stata addebitata in via di rivalsa in relazione ai beni ed ai servizi importati od acquistati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione. L’imposta è detraibile solo se: Afferente ad operazioni effettuate o che saranno effettuate in periodi d’imposta successivi.  Inerente all’esercizio delle attività svolte.  Assolta a seguito d’importazioni fatte o dovuta se l’importatore si avvale del pagamento differito in  dogana. Addebitata sulle fatture d’acquisto rilasciate dai fornitori dei beni e dei servizi.  Dovuta, ossia corrisponde ad un’operazione soggetta ad IVA.  Per poter esercitare il diritto alla detrazione è necessario che: Il contribuente rivesta la qualifica di soggetto passivo d’imposta.  Sia stato esercitato il diritto di rivalsa nei suoi confronti dal cedente o dal prestatore.  L’imposta sia stata esposta separatamente in fattura.  Il contribuente sia in possesso del documento d’acquisto, fattura o bolla doganale d’importazione.  La fattura sia stata preventivamente annotata nel registro degli acquisti.  Il diritto alla detrazione nasce nel momento in cui l’imposta diviene esigibile e può essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione IVA relativa al secondo anno successivo a quello in cui lo stesso diritto è sorto. 3.3. Tipologie di detrazioni Per espressa volontà del legislatore comunitario e di quello nazionale, la detrazione non spetta per i beni e servizi utilizzati in operazioni esenti, ovvero in operazioni escluse dal campo di applicazione dell’IVA. In via di estrema sintesi, le disposizioni sulla detrazione dell’Iva prevedono:  È il divieto di detrazione dell’imposta assolta a fronte di operazioni esenti o comunque non soggette all’imposta e senza diritto a detrazione;  È la detrazione parziale (con pro-rata generale) per i soggetti che esercitano contemporaneamente attività esenti e attività imponibili o non soggette ma con diritto a detrazione;  È la detrazione specifica con individuazione dei costi, per i soggetti che esercitano contemporaneamente attività non soggette senza diritto a detrazione e attività imponibili o non soggette ma con diritto a detrazione;  È la detrazione per quote (da determinare oggettivamente) per i costi promiscui, quelli cioè imputabili sia ad operazioni imponibili o non soggette ma con diritto alla detrazione, sia ad operazioni esenti o non soggette senza diritto a detrazione. 4 Obblighi relativi allo svolgimento di un’attività economica, arte o professione 4.1. Dichiarazione inizio attività I contribuenti che intraprendono l’esercizio di un’attività, arte o professione nel territorio dello Stato, o che vi istituiscono una stabile organizzazione, devono ottenere dalla Amministrazione Finanziaria un numero di identificazione (partita IVA) e successivamente osservare una serie articolata di obblighi per documentare adeguatamente le operazioni compiute. Qualora uno degli elementi indicati nella dichiarazione di inizio attività subisca modifiche nel tempo (ad es. trasferimento della sede, cambio di residenza del titolare, apertura di un nuovo locale di vendita, ecc.) deve essere presentata entro trenta giorni una dichiarazione di variazione dati. 4.2. Certificazione delle operazioni I soggetti passivi, salvo particolari eccezioni, devono certificare le operazioni effettuate che rientrano nel campo di applicazione dell’IVA. I documenti che interessano i contribuenti sono:  È la fattura;  È la ricevuta fiscale;  È lo scontrino fiscale;  È i documenti di consegna. 4.3. La fattura La fattura, è il documento cardine sul quale ruota la tecnica dell’imposta, basata sul principio della rivalsa e della detrazione. L’obbligo di fatturazione, infatti, è funzionale, oltre che alle ordinarie esigenze di documentazione e controllo, alla creazione del titolo che legittima il cedente o il prestatore ad esercitare la rivalsa e l’acquirente o committente ad operare la detrazione dell’imposta addebitata in fattura. Si considera fattura quel documento che contiene i seguenti requisiti: 1) data di emissione e numero progressivo; 2) dati identificativi dei soggetti fra cui è effettuata l’operazione; 3) numero di partita Iva e codice fiscale del cedente o prestatore nonché il numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato membro di stabilimento del cessionario o committente per le operazioni effettate nei confronti di soggetti stabiliti nel territorio di un altro Stato membro della Comunità; 4) natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell’operazione; 5) base imponibile; 6) aliquota e ammontare dell’imposta; 7) indicazioni aggiuntive obbligatorie per ipotesi particolari (es. fatture differite). La fattura è, quindi, un documento rivolto ad identificare i soggetti e l’oggetto dell’operazione effettuata. Esistono poi diversi tipi di fattura: fattura immediata, fattura differita e autofattura. 4.4. Fattura immediata, fattura differita e autofattura La fattura immediata è il documento utilizzabile nella generalità dei casi per certificare le operazioni effettuate. Essa, solitamente, deve essere emessa al momento di effettuazione dell’operazione, cioè entro le ore 24 dello stesso giorno in cui l’operazione è effettuata. La fattura si considera emessa all’atto della sua consegna o spedizione. Pertanto se è compilata, ma non è inviata alla controparte, può formare oggetto di specifica sanzione per la sua mancata emissione. La fattura differita può essere emessa, in alternativa a quella immediata e con le stesse modalità, solitamente con riferimento alle cessioni di beni mobili la cui consegna o spedizione risulti da documento di trasporto o da altro documento idoneo ad identificare i soggetti tra i quali è effettuata l’operazione. L’autofattura è emessa dal cessionario o committente per un’operazione effettuata da un non residente e territorialmente rilevante in Italia, il detto cessionario o committente deve emettere autofattura in un unico esemplare o fermo restando la sua responsabilità, assicurarsi che la stessa sia emessa per suo conto da un terzo in outsourcing. 4.5. Fatturazione elettronica Con il nuovo articolo 21, accanto alla tradizionale fattura compilata e trasmessa in forma cartacea, è stata introdotta la nuova fattura che può essere interamente gestita in modo elettronico: formazione, trasmissione, registrazione e archiviazione in via elettronica senza, quindi, la necessità di materializzare il documento attraverso l’operazione di stampa. 4.6. Registrazione delle operazioni La registrazione delle fatture emesse deve avvenire, per le fatture immediate, entro 15 giorni dalla loro emissione mentre per le fatture differite entro il giorno 15 del mese successivo, ma con riguardo al mese di effettuazione dell’operazione. 4.7. Ricevuta fiscale L’obbligo di certificazione dei corrispettivi riguarda i soggetti passivi IVA che pongono in essere operazioni imponibili per le quali non è obbligatoria l’emissione della fattura. Si tratta dei soggetti che svolgono delle attività di commercio al minuto e assimilate. La ricevuta deve essere rilasciata al soggetto che fisicamente effettua l’acquisto del bene o utilizza il servizio prestato; Tra le esportazioni dirette sono comprese:  È le esportazioni triangolari;  È le esportazioni congiunte; Esportazioni triangolari Si definisce esportazione triangolare quella transazione in cui intervengono tre diversi operatori: 1. un primo operatore nazionale IT1 (primo cedente residente o identificato in Italia); 2. un secondo operatore nazionale IT2, anch’egli residente o identificato in Italia (promotore della triangolazione e che interviene contemporaneamente in qualità di primo acquirente e di secondo cedente); 3. un terzo operatore estero CH (secondo acquirente e destinatario finale dei beni. Nell’esportazione triangolare, il primo operatore (IT1), identificato ai fini IVA nel territorio italiano, vende i beni al secondo operatore (IT2), anch’egli identificato in Italia, il quale rivende i beni ad un terzo operatore estero (CH) e incarica IT1 di consegnare i beni direttamente fuori dal territorio comunitario. All’operazione partecipano quindi tre soggetti con un’unica movimentazione di beni (da IT1 verso CH) a fronte di due operazioni economiche di cessione. Entrambe le operazioni costituiscono cessioni all’esportazione non imponibili ad IVA se il primo cedente comprovi di aver provveduto, su incarico del proprio acquirente, anche tramite terzi, a trasportare o spedire i beni fuori dal territorio comunitario. Esportazioni congiunte I beni prima di essere esportati possono essere sottoposti, per conto del cessionario ad opera del cedente stesso o di terzi, a lavorazione, trasformazione, montaggio o assiemaggio con altri beni. 2.6. Esportazioni dirette improprie Si ha quando il trasporto o spedizione dei beni è a cura o a nome del cessionario non residente. In questo caso l’esportazione viene dichiarata in dogana a nome dell’operatore non residente, il quale deve possedere sempre la qualifica di un soggetto passivo d’imposta nel suo Paese. 2.7. Esportazioni indirette Le esportazioni indirette sono quelle operazioni che sono effettuate nei confronti di particolari soggetti che rivestono la qualifica di esportatori abituali. L’art. 8 consente a coloro che effettuano cessioni all’esportazione ed operazioni assimilate, in presenza di determinate condizioni e nei limiti di alcune disposizioni, di poter acquistare e importare beni e servizi senza pagamento d’imposta. Questo permette ai contribuenti che effettuano qualificate operazioni attive non imponibili (per le quali non sorge quindi un IVA a debito), di acquistare e importare beni e servizi senza pagamento dell’imposta. 3 Plafond Il plafond è uno strumento attribuito a chi si trova strutturalmente a credito d’imposta (l’esportatore abituale) per sopperire ai ritardi cronici accumulati dall’amministrazione finanziaria nell’esecuzione dei rimborsi. Il calcolo del plafond disponibile va eseguito tenendo conto della registrazione delle fatture emesse. Il contribuente può scegliere di utilizzare due tipi di plafond: a) il plafond solare (detto anche plafond fisso o annuale) riferito all’anno solare precedente; b) il plafond mensile (detto anche plafond mobile) riferito ai dodici mesi precedenti. La scelta del metodo del plafond va fatta preventivamente, pur se manifestata a posteriori in sede di dichiarazione IVA dell’anno di riferimento. Tuttavia, una volta scelto il metodo non è possibile modificarlo. PARTE 24 “LE IMPOSTE INDIRETTE MINORI” Le imposte indirette minori sono: l’imposta di registro, l’imposta catastale, l’imposta ipotecaria, l’imposta di successione, l’imposta di donazione, l’imposta di bollo e la tassa di concessione governativa. 1 L’imposta di registro L'imposta di registro è un'imposta prevista per la registrazione di determinati atti giuridici presso l’Agenzia delle Entrate. Si presenta come tributo avente natura di tassa, quando è correlata all'erogazione di un servizio da parte della pubblica amministrazione, di imposta quando è determinata in proporzione al valore economico dell'atto o del negozio. 1.1. Presupposto dell'imposta Il legislatore pone quale presupposto dell'Imposta di Registro la richiesta della registrazione dell'atto o del negozio. In virtù di tale presupposto gli atti rilevanti si articolano in: 1) Atti soggetti a registrazione in termine fisso; 2) Atti soggetti a registrazione in caso d'uso; 3) Atti non soggetti a registrazione. 1.2. Atti soggetti a registrazione in termine fisso Sono quegli atti per i quali alcuni soggetti (contraenti, notai, etc..) devono obbligatoriamente presentare la richiesta di registrazione. Tali atti sono: a) gli atti scritti indicati nella tariffa, aventi ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale; b) i contratti verbali di locazione e affitto di beni immobili esistenti in Italia, di trasferimento, affitto, nonché di costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento, relativamente ad aziende esistenti in Italia; c) operazioni societarie come: istituzione o trasferimento in Italia della sede legale o amministrativa di enti o società estere, costituzione, conferimenti, aumenti di capitale sociale, fusioni, scissioni, ecc. d) atti formatisi all'estero e aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà di beni immobili o la 1.3. Atti soggetti a registrazione in caso d'uso In questa ipotesi la richiesta di registrazione non si configura quale obbligo ma onere, affinché si possa trarre interesse dal suo "uso". L'atto non può essere usato se non viene prima effettuata la registrazione e pagata l'imposta. Il "caso d'uso" si ha quando l'atto è depositato presso le cancellerie giudiziarie e viene applicata l'imposta nel momento in cui l'atto viene prelevato al fine di svolgere tramite esso un'attività amministrativa. Non si applica l'imposta in caso d'uso: 1) per ottemperare ad obbligo della P.A. nei casi previsti della legge; 2) in un giudizio civile, penale, amministrativo; 3) per supportare una domanda di insinuazione al passivo fallimentare. Si applica invece nei seguenti casi: 1) atti individuati mediante rinvio ad altre disposizioni, formati mediante corrispondenza (incontro di volontà delle parti); 2) scritture private non autenticate con oggetto di cessione di beni/ prestazione di servizi soggetti a l'IVA. 1.4. Atti non soggetti a registrazione Atti per i quali la richiesta di registrazione è volontaria ed è eseguita da chiunque abbia interesse a fornire certezza dell'esistenza dell'atto e della sua data. 1.5. Ufficio competente Gli atti rogati da un notaio o da un altro ufficiale rogante devono essere registrati presso l’Agenzia delle Entrate nella cui circoscrizione risiede il pubblico ufficiale. Gli altri atti possono essere registrati presso qualsiasi ufficio dell’Agenzia delle Entrate in Italia. 1.6. Natura dell'atto L'imposta è applicata secondo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente. 1.7. Misura dell'imposta La legge, in base alla tipologia dell'atto che deve essere registrato, prevede che l'imposta possa essere: Fissa Importo fisso a prescindere dal valore dell'atto Minima Importo minimo da versare quando si effettua la prima registrazione. L'importo è uguale alla fissa. Predeterminata Importo predefinito dalla legge in base alla tipologia del bene oggetto dell'atto (es. autoveicoli, motoveicoli, imbarcazioni); Proporzionale Importo percentuale sul valore dell'atto da registrare 1.8. Registrazione La registrazione non è altro che l'annotazione di atti in appositi elenchi, nei quali si certifica: 1) l'avvenuto pagamento dell'imposta; 2) la data certa; 3) l'esistenza dell'atto; 1.9. Versamento dell'imposta L'imposta è dovuta da: - le parti dell'atto da registrare, che sono obbligate tanto alla registrazione dell'atto che al versamento; - i notai e gli altri pubblici ufficiali, che sono obbligati alla registrazione e in alcuni casi al pagamento, come responsabili d'imposta. 2 L’imposta catastale Nell'ordinamento italiano l'imposta catastale è un tributo recante "Testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale". 2.1. Oggetto e base imponibile dell'imposta Sono soggette alla imposta catastale le volture catastali, a seguito di atti di compravendita, donazione, successione. Non sono soggette all'imposta le formalità eseguite nell'interesse dello Stato né quelle relative ai trasferimenti per successione e donazione a favore di: Regioni, Province, Comuni, Onlus, enti e associazioni con finalità di pubblica utilità. 2.2. Soggetti obbligati al pagamento Sono obbligati al pagamento dell'imposta catastale coloro che richiedono le formalità e i pubblici ufficiali obbligati al pagamento dell’imposta di registro o dell'imposta sulle successioni e donazioni. Sono inoltre solidalmente tenuti al pagamento delle imposte tutti coloro nel cui interesse è stata richiesta la formalità. PARTE 25 “I MONOPOLI FISCALI, LE ACCISE ED I TRIBUTI DOGANALI” 1 La definizione di monopolio fiscale Nel quadro delle entrate tributarie si collocano anche i proventi che lo Stato o altri enti pubblici conseguono dalla costituzione ed esercizio di un monopolio fiscale. La caratteristica di queste entrate, che fa la differenza dalle altre, pure esse tributarie, è data dal mezzo con cui lo Stato o un altro ente pubblico provvedono alla loro acquisizione. Il monopolio diventa così il mezzo che rende possibile o più agevole per lo Stato o altro ente pubblico procurarsi una determinata entrata fiscale. Per monopolio fiscale si intende l’istituto giuridico mediante il quale lo Stato si riserva la produzione e/ o vendita di determinati beni o servizi. In tal modo è vietato a terzi l'esercizio di tali attività. Affinché il provento abbia natura tributaria deve perseguire un’utilità sociale. Lo Stato, con l'istituzione del monopolio, si riserva il diritto esclusivo di esercitare una determinata attività economica a favore del pubblico dietro pagamento. Il rapporto che si viene a instaurare tra monopolista e acquirente del bene o fruitore del servizio è di tipo contrattuale ed il corrispettivo dovuto assume la qualifica di prezzo. I corrispettivi dovuti dal privato allo Stato o ad altro ente pubblico a seguito della richiesta della prestazione di un bene o di un servizio per la parte che non è rimborso del costo devono essere predeterminati tramite autorizzazione. 2 Le accise Per accisa si intende un’imposta sulla fabbricazione e vendita di prodotti di consumo. È un tributo indiretto che colpisce singole produzioni e singoli consumi. È indiretto perché il produttore, che paga il tributo, la gira al consumatore. Tipicamente l'accisa si distingue da altri tributi (ad esempio l'IVA) perché: * applicata a specifiche categorie di prodotti * applicata sulla quantità, invece che sul prezzo * rappresenta una alta percentuale del prezzo finale, rispetto al costo di produzione, e condiziona fortemente il prezzo al consumatore finale. Spesso le accise vanno a sommarsi ad altre imposte come l'IVA o dazi doganali o tasse di importazione. In Italia le accise più importanti sono quelle relative ai prodotti energetici, all'energia elettrica, agli alcolici ed ai tabacchi. 2.1. L’armonizzazione delle accise nell’unione europea Nell’U.E. non è stato possibile colpire gli stessi prodotti con le stesse aliquote poiché il regime impositivo europeo prevede: Che il momento generativo dell'obbligazione tributaria è all'atto della fabbricazione dei prodotti nel  territorio dell'UE o all'importazione. La possibilità di detenere o di trasferire le merci in regime sospensivo.  La possibilità, per le merci già immesse in consumo in uno Stato membro, di ottenere il rimborso  dell'imposta assolta se le stesse merci sono trasferite in un altro Stato membro dove pagano l'accisa ivi vigente. Vincoli di fabbricazione, di deposito e di circolazione per le merci a imposta sospesa  3 I tributi doganali Sono definiti diritti doganali tutti quei diritti che la dogana può comunque riscuotere in base a provvedimenti legislativi. Fra questi i più rilevanti sono sicuramente i diritti di confine, rappresentati dai dazi di importazione ed esportazione, prelievi o altri tipo di imposizioni dovute in caso di esportazione o importazione. PARTE 26 “LE ENTRATE FISCALI LOCALI” 1 La fiscalità comunale 1.1. L'assetto previsto dal decreto legislativo sul federalismo municipale Il sistema della fiscalità municipale prevedeva, in origine, una fase transitoria per il biennio 2011-2013 nella quale, in aggiunta alle tradizionali entrate dell’ente (costituite dall’addizionale Irpef, dall’Ici, dalla tassa e dal canone per l’occupazione spazi ed aree pubbliche - Tosap e Cosap - , dall’imposta di scopo, dalla Tarsu/Tia, dall’imposta sulla pubblicità e pubbliche affissioni e dal canone installazione mezzi pubblicitari), venivano istituite nuove forme di entrata. 1.2. L'attuale assetto della fiscalità municipale Con la legge di stabilità 2014, è stata creata un’imposta (Imposta Unica Comunale - UIC) destinata al comune e articolata in tre distinti tributi, con differenti presupposti impositivi: la TARI, la TASI, l’IMU. Si tratta pertanto di un’imposta dalle molteplici caratteristiche, avente, da un lato, natura patrimoniale, analogamente all’IMU, in quanto imposta dovuta da chi possieda un immobile non adibito a prima casa e non di lusso, dall’altro di tassa sui servizi, come la le precedenti tasse sui rifiuti (TARSU, TIA, TARES). A questa si aggiungono, oltre ai trasferimenti non fiscalizzabili prima segnalati ed alle entrate extratributarie, le tradizionali entrate locali, vale a dire l’imposta di soggiorno, l’ISCOP, la TOSAP, l’imposta comunale sulla pubblicità/diritto sulle pubbliche affissioni, il canone installazione mezzi pubblicitari. 2 La fiscalità provinciale Una maggiore stabilità presenta invece il sistema delle entrate delle province che è costituito dai seguenti cespiti: * compartecipazione provinciale all’Irpef; * imposta provinciale di trascrizione (IPT), iscrizione ed annotazione dei veicoli iscritti al pubblico registro automobilistico; * imposta sulle assicurazioni sulla responsabilità civile auto; 3 La fiscalità regionale 3.1. Le regioni a statuto ordinario La fiscalità regionale cambia a seconda se esse sono a statuto ordinario o speciale. Le possibilità di manovra sulla leva fiscale da parte regionale sono limitate. Ciascuna regione può determinare l’aliquota entro una forbice fissata dalla legge dello Stato e – in alcuni casi – differenziare i soggetti passivi. Le entrate tributarie delle regioni a statuto ordinario sono attualmente quelle già operanti precedentemente alla legge delega sul federalismo fiscale, costituite dai tributi propri e dalle compartecipazioni ai tributi erariali seguenti: a) IRAP (Imposta regionale sulle attività produttive); b) Addizionale regionale all’IRPEF; c) Tassa automobilistica regionale; d) ARISGAM - Addizionale regionale all'accisa sul gas naturale; e) Tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi; f) Tassa regionale per il diritto allo studio universitario; g) Compartecipazione regionale all’accisa sulle benzine per autotrazione; h) Compartecipazione regionale all’IVA versata dai consumatori finali nel proprio territorio. Con la sola eccezione dell’IVA, tributi e compartecipazioni sono “tributi” regionali secondo due principali caratteristiche: le somme che affluiscono al bilancio della regione provengono interamente ed esclusivamente dal gettito riferito al rispettivo territorio; quale che sia la disciplina del tributo (aliquota, base imponibile, soggetti obbligati, eccetera) e la quota di gettito assegnata alla regione, inoltre, le entrate della regione seguono la dinamica di quel gettito nel rispettivo territorio. 3.2. Le regioni a statuto speciale e le province autonome L'ordinamento finanziario delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano è disciplinato dai rispettivi statuti e dalle norme di attuazione degli stessi. Gli statuti stabiliscono ambiti e limiti della potestà impositiva, tributaria, finanziaria e contabile di ciascuna regione, riconoscono la titolarità del demanio e del patrimonio regionali. Le compartecipazioni possono essere considerate tributi regionali solo ai fini della destinazione del gettito. Tutte le regioni a statuto speciale e le province autonome collaborano all'accertamento delle imposte erariali riscosse o prodotte sul proprio territorio. In sintesi, è attribuito alle regioni: Nella regione Sicilia e Friuli Venezia Giulia i tributi erariali sono riscossi direttamente dalla regione. A.Alla Sicilia è attribuito il gettito di tutti i tributi erariali, ad eccezione delle accise e dei proventi del monopolio dei tabacchi e del lotto. B.Alla Sardegna è attribuito il 7/10 dell’IRPEF e dell’IRES, i 9/10 delle imposte ipotecarie, bollo e registro, concessioni, energia elettrica, fabbricazione (accise) e i 9/10 dell’IVA e i 7/10 di tutte le altre entrate erariali. C.Alla Valle d’Aosta è attribuito l’intero gettito delle imposte sul reddito e sul patrimonio, dell’IVA dell'accisa sulla benzina e sugli altri prodotti energetici, sui tabacchi, sull'energia elettrica, i 9/10 delle imposte erariali sugli affari (registro, bollo, ipotecarie), nonché dei proventi del lotto. D.Al Friuli-Venezia Giulia va attribuito i 6/10 dell’IRPEF, i 4,5/10 dell’IRES, 9,1/10 dell’IVA, i 9/10 di altre poche imposte e il 29,75 % del gettito dell’accisa sulle benzine e il 30,34 % del gettito dell’accisa sul gasolio consumati nella regione. E.Al Trentino-Alto Adige è attribuito le imposte ipotecarie, 9/10 delle imposte sulle successioni e donazioni e dei proventi del lotto, i 2/10 dell’IVA generale. F.Alle province autonome di Trento e di Bolzano sono attribuiti i 9/10 di quasi tutte le imposte erariali. 4 I tributi comunali 4.1. La TARI La TARI è la tassa dovuta da chiunque possieda o detenga locali ed aree suscettibili di produrre rifiuti, con presupposti e caratteristiche di prelievo analoghe a quelle già previste per la TARSU, la TIA e la TARES. La tassa rifiuti solidi rappresenta il corrispettivo che il Comune richiede a fronte del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti sul proprio territorio. La base su cui calcolare la TARI è la superficie calpestabile di unità immobiliari, iscritte o iscrivibili nel catasto urbano, suscettibili di produrre rifiuti. La norma individua, pertanto, quale presupposto per l’applicazione del tributo l’occupazione di locali ed aree scoperte che si trovano sul territorio del Comune, le cui superfici già dichiarate o accertate costituivano la base imponibile dei precedenti tributi. Sono infatti tassati i locali di immobili adibiti a qualsiasi destinazione, con le relative pertinenze (ad es. il box), e le aree scoperte che non siano accessorie o pertinenziali (ad esempio, sono accessorie, e pertanto escluse, le cantine, i locali di sgombero, le scale di accesso, ecc.). Sono inoltre escluse le parti comuni del condominio. Devono pagare, in quanto soggetti passivi, tutti coloro che occupano locali ed aree scoperte, a qualsiasi titolo utilizzate, situate nel territorio comunale. E’ pertanto tenuto al pagamento colui il quale dispone dei locali o dell’area, a prescindere dal titolo che legittima l’occupazione (proprietà, locazione, uso, ecc.), e soltanto nel caso di occupazione precaria, ad esempio in presenza di locazioni di breve durata (si pensi all’immobile locato per una settimana di vacanza) la tassa è dovuta dal proprietario. L’importo è stabilito dal regolamento comunale. La tassa è dovuta per l’anno solare. Tale giurisdizione, pertanto, è totalmente indifferente al contenuto della domanda e trova un limite unicamente di fronte agli "atti della esecuzione forzata tributaria", fra i quali, tuttavia, non rientrano le cartelle esattoriali, gli avvisi di mora e le mere intimazioni di pagamento. Rientrano nella giurisdizione della Commissione tributaria: Le controversie già attribuite alla giurisdizione delle Commissioni tributarie promosse dai singoli  possessori, concernenti l’intestazione, la delimitazione, la figura, l’estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell’estimo tra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, nonché le controversie concernenti il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l’attribuzione della rendita catastale Le controversie relative alla debenza del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche del  canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue e per lo smaltimento dei rifiuti urbani. Il riconoscimento degli accessori del tributo, quali gli interessi anatocistici, il maggior danno da  svalutazione monetaria e la responsabilità aggravata per lite temeraria. La controversia concernente la revoca di un'agevolazione Le controversie tra datore di lavoro ed ex dipendente sulla ritenuta d’acconto sulla somma liquidata  dal giudice a titolo risarcitorio per ingiustificato licenziamento; Le controversie relative alle sanzioni irrogate in conseguenza della sottrazione di energia elettrica e  dell'evasione della relativa imposta erariale sull'energia elettrica. La giurisdizione delle Commissioni tributarie è stata estesa anche ad entrate di cui è dubbia la natura tributaria, quali i canoni, anche se va segnalato l’orientamento della Corte Costituzionale che ha dichiarato “costituzionalmente illegittima la norma che attribuisca alle Commissioni Tributarie la giurisdizione su prestazioni patrimoniali imposte non aventi natura tributaria. 2 Le controversie non strettamente tributarie Le Commissioni tributarie sono anche competenti in materia di iscrizione di ipoteca sugli immobili e di fermo dei beni mobili registrati. Il fermo amministrativo è uno strumento di autotutela della pubblica amministrazione, posto in essere mediante atti aventi natura provvedimentale. Per quanto riguarda l’impugnazione di atti tributari relativi a prestazioni coattive, correlate a servizi pubblici essenziali, esercitate in condizioni di monopolio, ancorché in concessione a terzi, deve ritenersi, in termini generali, che se trattasi di atti che hanno natura di tasse e contributi sussista la competenza delle Commissioni tributarie, mentre se trattasi di atti di natura privatistica, quali canoni e tariffe, ancorché trattasi di prestazioni che hanno anche natura di corrispettivi di servizi pubblici, sussiste la giurisdizione dell’Autorità giudiziaria ordinaria. Le altre controversie devolute alla giurisdizione tributaria Sono anche di competenza delle commissioni tributarie: 1) le controversie relative a crediti IVA; 2) le controversie relative a cartelle per l’erogazione dell’acqua potabile; 3) le controversie relative alla cancellazione o al rifiuto di iscrizione delle ONLUS avendo ad oggetto un atto di revoca o di diniego di agevolazioni; 4) le controversie relative a canone per l’installazione dei mezzi pubblicitari (CIMP) in quanto tale canone ha natura tributaria; 5) il contributo unificato; 6) la domanda di restituzione di somme versate a titolo di IVA; 7) mancato pagamento di imposte dovute da contribuente italiano a uno stato estero; 8) le controversie relative ai provvedimenti di cancellazione (o rifiuto di iscrizione); 9) controversie concernenti la SIAE; 10) tassa avvocati; le controversie sui contributi che i legali devono versare all'Ordine o al Cnf vanno devolute al giudice tributario; 11) controversie concernenti il diritto d'iscrizione annuale in albi e registri delle Camere di commercio; 12) controversie relative al credito d’imposta; 4 Controversie devolute alla giurisdizione ordinaria Rientrano, invece, nella giurisdizione del giudice ordinario: 1) le controversie tra fornitore ed utente privato relative all’IVA applicabile; 2) i contributi dovuti ai consorzi di bonifica su base contrattuale, avendo natura privatistica; 3) i ricorsi relativi a cartelle esattoriali notificate da Equitalia per il mancato pagamento dei contributi INPS; 4) la controversia avente ad oggetto diritti e obblighi attinenti ad un rapporto previdenziale obbligatorio 5) la domanda di rivalsa IVA; 6) sanzioni per uso di videogiochi irregolari; 7) l’impugnazione della cartella esattoriale per il pagamento di crediti non aventi carattere fiscale; 8) Il canone per la occupazione di spazi ed aree pubbliche (e le relative sanzioni); PARTE 29 “RAPPORTI TRA GIURISDIZIONE TRIBUTARIA ED AMMINISTRATIVA” 1 Riparto della giurisdizione tra commissioni tributarie e giudice amministrativo Il riparto di giurisdizione tra giudice tributario e giudice amministrativo si fonda, invece non sulla natura, ma sugli effetti dell’atto: se trattasi di effetti di natura tributaria va affermata la competenza delle Commissioni tributarie, se, invece, trattasi di contestare ulteriori effetti diversi da quelli propriamente tributari, la competenza sarà del TAR – Consiglio di Stato. In tale ultimo caso, poiché si è in presenza di interessi legittimi, non può che spettare al giudice amministrativo il sindacato sul provvedimento. Le commissioni tributarie possono disapplicare i regolamenti comunali sui tributi locali, se ritenuti illegittimi, sia pure con efficacia limitata al rapporto dedotto in giudizio. Tale principio non può mai comportare una doppia tutela (dinanzi al giudice amministrativo e a quello ordinario o tributario) nei confronti di atti impostivi o di atti del procedimento impositivo. La giurisdizione del giudice tributario è piena ed esclusiva. Le CT se ritengono illegittimo un regolamento o un atto generale rilevante ai fini della decisione e non lo applicano, in relazione all'oggetto dedotto in giudizio, resta salva l'eventuale impugnazione nella diversa sede competente. Rientra nella competenza del giudice tributario valutare l’illegittimità degli atti amministrativi generali al limitato fine di decidere la controversia relativa ad uno specifico rapporto tributario senza poter procedere all'annullamento dell'atto generale. Sono di competenza del giudice amministrativo: I ricorsi per l’impugnazione di un atto di carattere generale; I regolamenti o atti normativi del governo e degli enti locali e i ricorsi contro i vizi formali dell’atto  non attinenti al profilo impositivo; Vanno decise dal giudice ordinario le controversie nelle quali il fisco abbia già riconosciuto al contribuente il diritto al rimborso o nel caso in cui la richiesta di rimborso delle imposte sia stata riconosciuta da una sentenza passata in giudicato. Sono di competenza del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto non la misura dei corrispettivi dovuti, bensì la legittimità dell’atto amministrativo di cui si chieda l’annullamento, ma non la disapplicazione dell’atto. Il giudice tributario ha il dovere di riconoscere la rimozione per annullamento di un atto generale o presupposto, con conseguente ripristino ex tunc della situazione giuridica preesistente. Qualora dinanzi al giudice tributario si prospetta una questione d’illegittimità di un atto amministrativo presupposto, anche se non sia stata disposta la sospensione del giudizio, la pronuncia del giudice amministrativo che sia nel frattempo intervenuta, soprattutto quando sia assistita da efficacia di giudicato, non può non svolgere un effetto vincolante nei confronti di tutti i soggetti dell'ordinamento. 2 Rapporti tra processo tributario e processo amministrativo Sussiste il dovere generale per il giudice tributario di riconoscere la rimozione per annullamento di un atto generale o presupposto, con conseguente ripristino ex tunc della situazione giuridica preesistente, e tale dovere prescinde dall'estensione del giudicato ai soggetti che non hanno assunto la qualità di parti nel giudizio. Il giudicato di annullamento di atti generali o indivisibili si estende a tutti i soggetti interessati, pur non aventi qualità di parte. Il giudice tributario, dinanzi al quale si prospetta una questione di illegittimità di un atto amministrativo presupposto, può disporre la sospensione del processo se la stessa questione forma oggetto di specifico giudizio dinanzi al giudice amministrativo. Da ciò discende che, anche se non sia stata disposta la sospensione, la pronuncia del giudice amministrativo che sia nel frattempo intervenuta, soprattutto quando sia assistita da efficacia di giudicato, non può non svolgere un effetto vincolante nei confronti di tutti i soggetti dell'ordinamento. 3 Principio di autonomia delle giurisdizioni: effetti L’effetto di fattispecie degli atti costitutivi consiste nel dovere di tutti i soggetti dell'ordinamento, ivi compresi gli altri giudici, di riconoscere l'avvenuta rimozione dell'atto annullato. Il principio di autonomia delle singole giurisdizioni, in materia di verifica della validità degli atti amministrativi, non esclude che il giudice tributario, dinnanzi al quale sia stata prospettata l'illegittimità di un atto costituente presupposto di quello impositivo, possa disporre la sospensione del processo, nel caso in cui la medesima questione formi oggetto di uno specifico giudizio pendente dinnanzi al giudice amministrativo. Il processo tributario non consente l'intervento adesivo dipendente e in generale la partecipazione di soggetti che non siano parti del rapporto tributario essendovi ammessi soltanto i soggetti che hanno partecipato direttamente all'emissione dell'atto impositivo o che ne sono diretti destinatari. La cd. antigiuridicità in senso oggettivo, intesa quale elemento costitutivo della fattispecie attributiva del diritto al risarcimento del danno ai sensi dell’articolo 2043 c.c., non può essere accertata in via incidentale e senza efficacia di giudicato. PARTE 30 “GLI ORGANI DELLA GIURISDIZIONE TRIBUTARIA E LE QUESTIONI DI COMPETENZA” 1 Struttura e funzionamento delle commissioni tributarie A ciascuna delle Commissioni tributarie è preposto un presidente, che presiede anche la prima sezione. In caso di assenza o di impedimento, il presidente è sostituito nelle funzioni non giurisdizionali dal presidente di sezione con maggiore anzianità nell'incarico o, in subordine, di età. I presidenti delle Commissioni provinciali e regionali sono nominati tra i magistrati ordinari, ovvero amministrativi o militari, in servizio o a riposo. A ciascuna sezione è assegnato un presidente, un vice-presidente e non meno di quattro giudici tributari. Se in una sezione mancano i componenti necessari per costituire il collegio giudicante, il presidente della Commissione designa i componenti di altre sezioni. Ogni Collegio giudicante è presieduto dal presidente della sezione o dal vice-presidente e giudica con numero invariabile di tre votanti. 2 I componenti delle Commissioni tributarie I giudici delle Commissioni Tributarie non formano una magistratura professionale, nonostante gran parte dei suoi componenti sia costituita da magistrati togati appartenenti alle diverse giurisdizioni. Il provvedimento di nomina non costituisce in nessun caso un rapporto di pubblico impiego: essi cessano dalla carica al compimento del 75° anno di età. I componenti delle Commissioni sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'Economia e delle Finanze, previa deliberazione del Consiglio di presidenza, sulla base delle speciali graduatorie. L'obbligo di astensione vige anche in ogni caso in cui il giudice abbia o abbia avuto rapporti di lavoro autonomo ovvero di collaborazione con una delle parti. Ricorrendo una delle ipotesi di astensione obbligatoria, ciascuna delle parti può propone la ricusazione mediante ricorso motivato. Il ricorso va presentato, a pena d'inammissibilità, almeno due giorni prima dell'udienza, se al ricusante è noto il nome dei membri del collegio, e prima dell'inizio della discussione, in caso contrario. L'istanza di ricusazione ha effetto sospensivo del giudizio ed è decisa dal collegio al quale appartiene il giudice ricusato, senza la sua partecipazione e con l'integrazione di altro membro della stessa Commissione designato dal suo presidente. L'ordinanza che accoglie il ricorso conferisce giuridica rilevanza all'incapacità del giudice ricusato determinando la nullità della sentenza quando tale giudice abbia fatto parte del collegio che ha deciso la controversia per cui è stato ricusato; tale provvedimento, inoltre, designa il magistrato che deve sostituire quello ricusato. Il provvedimento reiettivo della ricusazione decide sulle spese e può condannare la parte che l'ha sollevata a una pena pecuniaria non superiore a 250 euro. 6 La competenza per Territorio Il rito tributario ha realizzato un sistema estremamente semplificato, cosicché, nel processo tributario, l'unica questione di competenza prospettabile è quella territoriale, non ricorrendo alcun altro problema di ripartizione della giurisdizione fra le diverse commissioni. Gli unici organi di giustizia tributaria sono le Commissioni, cui l'ordinamento attribuisce la stessa frazione di giurisdizione per materia, quale che sia il valore della vertenza, con i soli limiti del grado e della circoscrizione territoriale. Le commissioni tributarie provinciali sono competenti per le controversie proposte nei confronti degli uffici delle entrate o del territorio del Ministero delle Finanze ovvero degli enti locali ovvero dei concessionari del servizio di riscossione, che hanno sede nella loro circoscrizione. La competenza territoriale delle Commissioni, quindi, è collegata alla sede dell'ufficio dal quale promana l'atto impugnato. Le Commissioni regionali sono competenti per quanto concerne le impugnazioni verso le decisioni delle CTP che hanno sede nella loro circoscrizione. La competenza delle Commissioni tributarie è inderogabile e il difetto di competenza è rilevabile solo nel grado al quale il vizio si riferisce. Inoltre, la legislatura non ammette l’adozione di sentenze non definite o limitate solo ad alcune domande. PARTE 31 “LE PARTI DEL PROCESSO TRIBUTARIO” 1 Concetto di parte Il processo tributario è un processo di parti contrapposte; necessariamente introdotto da un privato, che assume la veste di ricorrente, nei confronti di un altro soggetto (convenuto o resistente) che, tranne ipotesi eccezionali, deve essere costituito da un ente pubblico impositore o da un concessionario della riscossione. Sono parti in senso tecnico quei soggetti che pongono in essere gli atti del processo, ne subiscono gli effetti e sono destinatari dei provvedimenti del giudice: in questa accezione le parti del processo sono rispettivamente colui il quale propone la domanda e colui nei cui confronti la domanda è proposta. Vi è dunque una netta distinzione di ruoli e di attribuzioni tra parti del processo e giudice: le parti «agiscono» in vista del soddisfacimento di un proprio interesse, secondo una logica dispositiva (ossia chiedendo l'adozione di un provvedimento a sé favorevole), con il solo vincolo di un comportamento leale e probo, mentre il giudice esercita una funzione pubblica doverosa in una posizione di estraneità rispetto alla materia del contendere, secondo i principi costituzionali di terzietà, imparzialità e indipendenza. Si vuole inoltre distinguere la parte in senso formale (intendosi per tale chi compie gli atti del processo) dalla parte in senso sostanziale (chi è destinatario degli effetti di merito del provvedimento finale del giudice, ossia il vero titolare delle situazioni giuridiche soggettive oggetto di contestazione). Talvolta la parte sostanziale può anche non coincidere con la parte formale: è questo il caso della rappresentanza processuale (volontaria o legale) in virtù della quale una persona (rappresentante) esercita le prerogative processuali in nome di un'altra (rappresentato) che, tuttavia, è la vera parte del giudizio. Diverso è il caso dell'istituto della sostituzione processuale che, in ipotesi eccezionali espressamente previste dalla legge, consente a taluno di fare valere in nome proprio un diritto altrui. Per poter ottenere dal giudice una qualsiasi decisione di merito, la parte deve possedere il requisito della legittimazione ad agire: detta condizione soggettiva si riscontra esclusivamente alla stregua della fattispecie giuridica prospettata dal ricorrente, prescindendo dal problema dell'effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa e la cui risoluzione implica la decisione su altra e successiva questione, ancorché affine alla legittimazione. Una parte potrà dirsi legittimata quando essa invochi l'intervento del giudice a tutela di un interesse affermato come proprio, non essendo di regola ammissibile agire in giudizio per far valere in nome proprio un diritto altrui. 1.1. Capacità di stare in giudizio L'identificazione delle parti del giudizio è un'operazione di tipo formale che consiste in una mera presa d'atto della semplice presenza nel processo di un soggetto attivo (ricorrente) e di un soggetto passivo (resistente), prescindendo dall'esame del concreto ed effettivo coinvolgimento dei medesimi nel rapporto giuridico controverso. La capacità di stare in giudizio si riferisce alla capacità o legittimazione processuale (legitimatio ad processum), ossia al potere di un soggetto di proporre o di ricevere la domanda giudiziale. Tale requisito, inerente alla capacità delle parti a stare in giudizio, in proprio o con la debita rappresentanza, assistenza o autorizzazione, costituisce un presupposto processuale che attiene alla regolare costituzione del rapporto processuale; l'accertamento della sua esistenza o della sua mancanza può essere compiuto in ogni stato e grado del processo, anche in sede di legittimità. 2 L’assistenza tecnica Il primo comma dell'art. 12 prevede che le parti, diverse dagli enti impositori, dagli agenti della riscossione e dai soggetti iscritti nell'albo, devono essere assistite in giudizio da un difensore abilitato. L'obbligo dell'assistenza di un difensore abilitato non riguarda gli uffici dell'amministrazione finanziaria né gli enti locali resistenti, nè l’agente della riscossione, ma incombe pertanto solo sulla parte ricorrente, tranne che nelle ipotesi indicate dal secondo comma dell'art. 12 (controversie di valore inferiore a 3.000 euro), in relazione alle quali l'interessato può adire personalmente gli organi della giustizia tributaria. La norma precisa che per valore della lite si intende l'importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l'atto impugnato; Nel caso in cui si rilevi difetto di difesa tecnica, il Presidente di Sezione fissa un termine in cui la parte deve munirsi di un difensore abilitato. In caso di mancata ottemperanza il Presidente di Sezione dovrà dichiarare inammissibile il ricorso. I professionisti abilitati al patrocinio avanti le commissioni tributarie sono gli avvocati, i dottori commercialisti, i ragionieri e i periti commerciali iscritti nei relativi albi nonché i consulenti del lavoro purché non dipendenti dalla P.A. 2.1. La difesa delle agenzie fiscali L'ufficio delle Agenzie fiscali, nei cui confronti è proposto il ricorso, sta in giudizio direttamente o mediante l'ufficio del contenzioso della direzione regionale. In caso in cui si tratti di ricorsi presentati da altri enti impositori, esse dovranno essere assistite dal proprio difensore istituzionale, ossia dall'Avvocatura dello Stato. 2.2. Il patrocinio dell’avvocatura dello stato L'Avvocatura dello Stato è un corpo di legali, incardinato burocraticamente presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, esterno alle diverse amministrazioni di volta in volta patrocinate, ma con esse trasversalmente coordinato. In particolare, l'Avvocatura dello Stato provvede alla tutela legale dei diritti e degli interessi dello Stato, alle consultazioni legali richieste dalle Amministrazioni ed, inoltre, provvede a consigliarle e dirigerle quando si tratti di promuovere, contestare o abbandonare giudizi; 2.3. La difesa del concessionario e degli altri enti impositori Per quanto concerne le parti diverse dall'ufficio delle Agenzie fiscali e dall'ente locale nella veste di soggetti resistenti si deroga al principio generale dell'obbligo di assistenza tecnica. Ciò vale pure per il concessionario della riscossione, che, adesso, può stare in giudizio senza assistenza tecnica, la cui legittimazione passiva sussiste solo se l'impugnazione riguarda vizi propri della cartella o del procedimento esecutivo e non la debenza del tributo. Nell'ipotesi di amministrazioni dello Stato, il patrocinio dovrà essere assunto dall'Avvocatura dello Stato. 2.4. La difesa degli enti locali L'ente locale sta di regola in giudizio mediante l'organo di rappresentanza previsto dal proprio ordinamento (Sindaco o Presidente della Provincia). Il Sindaco e il Presidente della Provincia rappresentano l'ente e sovrintendono al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti. 3 La difesa dei non abbienti Il diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento è riconosciuto dal secondo comma dell'art. 24 della Costituzione come un diritto inviolabile. Per dare effettività a tale diritto, il terzo comma del richiamato precetto costituzionale fa carico al legislatore di assicurare ai non abbienti i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. L'introduzione dell'obbligatorietà dell'assistenza tecnica nel processo tributario ha reso quindi necessaria la previsione di un apposito istituto per la tutela dei non abbienti. A questo scopo rispondeva l'art. 13, il quale garantiva e disciplinava il gratuito patrocinio a spese dello Stato. Chi ha un reddito imponibile inferiore a 10.766,33 € in base all'ultima dichiarazione dei redditi ha diritto al patrocinio a spese dello Stato. L'istanza di ammissione al beneficio deve essere fatta innanzi alle CT, sottoscritta dall'interessato a pena di inammissibilità su carta semplice e deve contenere: – l'indicazione del processo cui si riferisce se già pendente; – le generalità dell'interessato e dei componenti la famiglia anagrafica, unitamente ai rispettivi codici fiscali; – una dichiarazione sostitutiva di certificazione attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste per l'ammissione. L’istanza respinta o dichiarata inammissibile dalla Commissione non può essere proposta al magistrato davanti al quale pende il processo o competente a conoscere il merito. PARTE 32 “IL PROCESSO TRIBUTARIO CON PLURALITÀ DI PARTI” 1 Lo schema processuale civilistico Il processo tributario non è diretto alla mera eliminazione dell'atto impugnato, ma alla pronuncia di una decisione sul merito del rapporto, sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente sia dell'accertamento effettuato dall'Ufficio. Il sindacato del giudice, sia pure nei limiti dei motivi d'impugnazione, può dunque legittimamente estendersi all'esame della relazione giuridica che intercorre i diversi soggetti coinvolti nel rapporto controverso, riquantificando la pretesa tributaria tenuto conto del petitum delle parti. Come nel processo civile, quindi, anche nel processo tributario è possibile che un unico procedimento di cognizione si instauri tra una pluralità di parti: più ricorrenti che agiscono contro un solo resistente (litisconsorzio attivo); un solo ricorrente che agisce contro più resistenti (litisconsorzio passivo); più ricorrenti che agiscono contro più resistenti (litisconsorzio attivo e passivo). Le fonti codicistiche che disciplinano la fattispecie in parola sono costituite, rispettivamente, dagli artt. 102 e 103 c.p.c., che configurano gli istituti del litisconsorzio necessario e facoltativo, istituti che, unitamente all'intervento in causa e alla riunione di cause connesse, formano il quadro del fenomeno di pluralità di parti nel processo civile. Il ricorso è inammissibile se non è sottoscritto oppure manca o è assolutamente incerta una delle indicazioni previste dal comma secondo, dell'art. 18 del D.Lgs. 546/92, ad eccezione del codice fiscale e dell'indirizzo di posta elettronica. 2 Ricorso collettivo e cumulativo: ammissibilità e limiti Il ricorso collettivo è una domanda proposta da una pluralità di soggetti che decidono di agire in giudizio insieme, mediante un unico atto, per la tutela giurisdizionale dei propri interessi, in tal modo realizzando un litisconsorzio attivo. Il ricorso cumulativo rappresenta, invece, un'impugnazione, mediante il medesimo atto processuale, di una pluralità di provvedimenti incidenti sfavorevolmente sulla sfera giuridica di uno o più ricorrenti. 3 Gli atti impugnabili Il ricorso può essere proposto avverso uno dei seguenti atti: a) l’avviso di accertamento del tributo; b) l'avviso di liquidazione del tributo; c) il provvedimento che irroga le sanzioni; d) il ruolo e la cartella di pagamento; e) l'avviso di mora; f) gli atti relativi alle operazioni catastali; g) il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti; h) il diniego o la revoca di agevolazioni o il rigetto di domande di definizione agevolatà di rapporti tributari; i) ogni altro atto per il quale la legge ne preveda l'autonoma impugnabilità davanti alle Commissioni tributarie. Gli atti espressi individuati al primo comma devono recare l'indicazione del termine entro il quale può essere proposta l'impugnazione innanzi alla Commissione tributaria competente, nonché delle modalità di presentazione 4 I vizi prospettabili Gli atti impugnabili sono tutti atti amministrativi idonei ad incidere, con diversa intensità e sotto diversi profili, sul rapporto tributario che intercorre tra ente impositore e contribuente. Essi sono anzitutto ricorribili per motivi di legittimità, ossia facendo valere i vizi di incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge. Qualunque atto di quelli autonomamente impugnabili può essere opposto solo per vizi formali e sostanziali relativi al contenuto della pretesa fiscale in esso esplicitata. Si è così affermato che i vizi dell'atto di accertamento, divenuto definitivo per omessa tempestiva impugnazione, non si trasmettono agli atti successivi della riscossione; Tale regola conosce un'eccezione: il terzo comma dell'art. 19, ultimo periodo, stabilisce che il ricorso si può estendere anche ai vizi propri di altri atti precedenti, autonomamente impugnabili, che non siano stati notificati all'interessato. Le doglianze avverso gli atti istruttori che si assumono viziati possono essere fatte valere solo successivamente, in via mediata, in sede di ricorso contro il primo atto autonomamente impugnabile notificato al destinatario. PARTE 34 “LE VARIE AZIONI INNANZI ALLE COMMISSIONI TRIBUTARIE” 1 Le controversie in materia di rimborso L'attuazione del prelievo fiscale può determinare situazioni in cui il contribuente abbia corrisposto all'erario somme non dovute in tutto o in parte: tale fenomeno può avvenire per diverse ragioni riconducibili ora all'erronea attività dell'Amministrazione finanziaria, ora a cause imputabili al soggetto passivo, ora a cause esterne e sopravvenute. Secondo la Corte Suprema l'azione di ripetizione dell'indebito deve essere impugnata, dunque qualsiasi contestazione riguardante la fase precedente conclusa con un atto compreso tra quelli impugnabili ma non impugnato, non può essere rimborsato. L'azione di rimborso innanzi alle CT è strutturata come una normale azione di ripetizione di indebito, la cui restituzione si presenta come interesse legittimo. Il contribuente che abbia impugnato l'avviso di accertamento sia pure sul presupposto dell'esclusione dall'imposta, non può, perciò solo pretendere anche la ripetizione del tributo indebitamente già versato essendo necessario a tal fine un provvedimento impugnabile. Il contribuente che ha versato un tributo che non doveva, deve presentare all’ufficio finanziario competente un’apposita istanza di rimborso, se l’ufficio nega il rimborso il contribuente può impugnare il provvedimento. Il ricorso può essere presentato dopo il novantesimo giorno della domanda di restituzione presentata entro i termini previsti da ciascuna legge d'imposta e fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto. In mancanza di disposizioni specifiche, la norma prevede che la domanda di restituzione non può essere proposta dopo 2 anni dal pagamento, o se posteriore dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione. Nelle controversie di rimborso sarà il contribuente, nella propria veste di creditore, ad assumere la qualità di attore in senso sostanziale, con relativa assunzione dell'onere della prova. Una volta che l’Amministrazione abbia riconosciuto il credito del contribuente e disposto il rimborso delle imposte, la lite che può insorgere sull’estinzione del credito appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario. 2 Le ingiunzioni fiscali L’ingiunzioni fiscale consiste nell’ordine emesso dal competente ufficio dell'ente creditore di pagare entro 30 giorni, sotto pena degli atti esecutivi, la somma dovuta. Devono ritenersi impugnabili avanti le Commissioni Tributarie le ingiunzioni fiscali emesse ai sensi del R.D. 14 aprile 1910, n. 639, recante il testo unico delle disposizioni di legge relative alla procedura coattiva per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli altri enti pubblici, dei proventi del demanio pubblico e di pubblici servizi e delle tasse sugli affari. Secondo l'interpretazione prevalente, l'ingiunzione fiscale cumulava in sé la duplice natura e funzione di titolo esecutivo, e di atto prodromico (che preannuncia) all’inizio dell’esecuzione coattiva. Ad eccezione degli enti locali che provvedono alla riscossione dei tributi autonomamente o tramite servizio di concessione a terzi in cui l’ingiunzione continua ad avere duplice natura e funzione, con il d.lgs. del 26 febbraio 1999 l’ingiunzione rimane utilizzabile solo come atto di accertamento del credito conservando la valenza di titolo esecutivo ma perdendo l'efficacia di precetto. 3 Le controversie in materia di iscrizione nel registro delle onlus Con il D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460 il legislatore ha inteso disciplinare la materia del settore no profit, ossia di quelle attività di carattere sociale un tempo disimpegnate dallo Stato e ora progressivamente assunte da privati, precisando e ipotizzando i casi tipici in cui a determinati soggetti strutturati su base associativa si potesse assegnare la qualifica di Organizzazione non lucrativa di utilità sociale (ONLUS). Non costituisce esercizio di attività commerciale lo svolgimento delle attività istituzionali nel perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale. Inoltre non si considerano imponibili i proventi derivanti dall'esercizio delle attività direttamente connesse alle prime. Per quanto riguarda l'IVA, oltre all'insussistenza dell'obbligo di certificare i corrispettivi mediante ricevuta o scontrino fiscale, è prevista l'esenzione dall'imposta per tutte le prestazioni rientranti nelle finalità istituzionali. Ulteriori agevolazioni ed esenzioni sono inoltre stabilite in materia di altre imposte e tasse. La vigilanza ed il controllo sulla sussistenza e sulla permanenza dei requisiti necessari ai fini dell'iscrizione nell'anagrafe delle ONLUS è di competenza dell'Agenzia delle Entrate. L’iscrizione all'anagrafe delle ONLUS non modifica lo status dell'associazione, comitato, fondazione, società cooperativa o altro ente di carattere privato, ma la ratio dell'intera disciplina sono prettamente fiscali. PARTE 35 “LA PROPOSIZIONE DEL RICORSO” 1 Modalità di presentazione del ricorso Il ricorso può essere presentato alternativamente: 1) mediante notificazione a mezzo di ufficiale giudiziario secondo le norme del c.d.c; 2) con invio, a mezzo del servizio postale, di plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento. 3) mediante consegna diretta all'ufficio che ha emesso l'atto. Nelle ipotesi di consegna diretta o di spedizione, il ricorrente avrà cura di conservare una copia in carta semplice del ricorso ai fini della succesiva costituzione in giudizio. Il ricorso s'intende proposto rispettivamente alla data della notificazione, della spedizione o della consegna all'ufficio, per cui è a quel preciso momento che deve farsi riferimento ai fini della valutazione della tempestività del gravame. 2 Termini per la proposizione del ricorso Nelle ipotesi d'impugnazione di un provvedimento espresso dell’amministrazione finanziaria, il ricorso deve essere proposto entro il termine decadenziale di sessanta giorni dalla data di notificazione dell'atto impugnato. L’ufficio tributario è tenuto ad informare il contribuente delle variazioni organizzative che modifichino il soggetto attivo del rapporto giuridico tributario oggetto del contenzioso. La mancata indicazione del termine o delle forme da osservare per l'impugnazione o della commissione tributaria competente rendono l'atto inidoneo a far decorrere il termine di decadenza. Ai fini della tempestività del ricorso, dovrà tenersi conto della sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale 1° - 31 agosto di ogni anno. Se il termine per proporre ricorso scade nella giornata di sabato, lo stesso deve intendersi automaticamente prorogato al primo giorno non festivo successivo a tale scadenza. A tale sospensione può eventualmente aggiungersi ulteriore termine di 90 giorni collegata alla presentazione, da parte del contribuente, dell'istanza di fruire dell'accertamento con adesione. 4 I motivi aggiunti L'istituto dei motivi aggiunti consente al ricorrente di far valere nuove censure quando queste non siano state proponibili al momento dell'introduzione del giudizio in quanto l'interessato, per cause non imputabili a sua negligenza o inerzia, non era a conoscenza degli elementi di fatto, documentali o tecnici, dai quali le nuove doglianze prendono spunto. Lo strumento dei motivi aggiunti è stato così ritenuto funzionale al principio della pienezza della tutela giurisdizionale avverso gli atti della pubblica amministrazione che trova fondamento nella carta costituzionale. L'istituto dei motivi aggiunti deve essere effettato nel termine perentorio di 60 giorni dalla data in cui l'interessato ha avuto notizia di tale deposito. Se è stata già fissata la trattazione della controversia, l'interessato, a pena d’inammissibilità, deve dichiarare non oltre la trattazione in camera di consiglio o la discussione in pubblica udienza, che intende proporre motivi aggiunti: in tal caso la trattazione o l'udienza deve essere rinviata ad altra data per consentire l'effettuazione dell'incombente. 5 La costituzione in giudizio del ricorrente Con la proposizione del ricorso si instaura il contraddittorio tra le parti. Il processo viene incardinato solo con la costituzione del ricorrente, per effetto della quale costui è legalmente presente nel procedimento e porta ufficialmente la domanda a conoscenza del giudice tributario. La costituzione del ricorrente deve essere effettuata entro il termine perentorio di trenta giorni dalla proposizione del ricorso mediante deposito, presso la segreteria della commissione adita, dell'originale del ricorso notificato o di copia del ricorso consegnato o spedito per posta, con fotocopia della ricevuta di deposito o della spedizione per raccomandata del servizio postale. L'esame preliminare si sostanzia nello stralcio di tutti quei ricorsi che non sono suscettibili di essere decisi nel merito in quanto affetti da manifesti vizi di inammissibilità espressamente previsti e cioè quando: b) il ricorso non è sottoscritto; c) il ricorso è stato proposto tardivamente; d) il ricorrente si è costituito tardivamente; e) si rilevi la difformità tra la copia depositata del ricorso rispetto a quella notificata; f) la parte che sta in giudizio personalmente non ha ottemperato all'ordine presidenziale di munirsi di un difensore abilitato; Ricorrendone i presupposti, quindi, il presidente dichiara con decreto l'inammissibilità del ricorso; Avverso il decreto presidenziale è, comunque, ammesso reclamo con atto da notificarsi alle altre parti costituite nel termine perentorio di trenta giorni, decorrenti dalla data della sua comunicazione da parte della segreteria. La contestazione del decreto presidenziale può essere effettuata solo con il rimedio del reclamo. Il reclamante dovrà quindi formalizzare la propria costituzione nel termine perentorio di quindici giorni dall'ultima notificazione. Nei successivi quindici giorni dalla notifica le altre parti possono presentare memorie. Il reclamo è deciso dal collegio in camera di consiglio nella forma di sentenza qualora vengano confermati l'inammissibilità o l'estinzione del processo; negli altri casi la Commissione pronuncia ordinanza non impugnabile nella quale vengono adottati gli opportuni provvedimenti per la prosecuzione del processo. 1.2. Nomina e fissazione della data di trattazione Superato il vaglio preliminare di ammissibilità, scaduto in ogni caso il termine per la costituzione delle parti, il ricorso viene incardinato nel ruolo delle udienze e assegnato ad un giudice relatore. 2 Comunicazioni e notificazioni Le comunicazioni sono fatte mediante avviso della segreteria consegnato alle parti, che ne rilasciano immediatamente ricevuta, o spedito a mezzo del servizio postale in plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento. Le comunicazioni all'ufficio delle agenzie fiscali, all’agente della riscossione ed all'ente locale possono essere eseguite mediante trasmissione di elenco in duplice esemplare, uno dei quali, immediatamente datato è sottoscritto per ricevuta, è restituito alla segreteria della commissione; Solo alle parti costituite è assicurata la notificazione o comunicazione dei seguenti atti: 1) l'avviso di fissazione della data di trattazione del ricorso; 2) il reclamo contro i provvedimenti presidenziali; 3) l'istanza di trattazione in pubblica udienza; 4) l’ordinanza di differimento della trattazione a data fissa; 5) il dispositivo della sentenza; 6) la denuncia di variazione del domicilio. Le comunicazioni sono effettuate anche mediante l'utilizzo della posta elettronica certificata (PEC). 2.1. L’avviso di trattazione La segreteria comunica alle parti costituite la data di trattazione almeno trenta giorni liberi prima. Il medesimo avviso deve essere dato quando la trattazione sia stata rinviata dal presidente in caso di giustificato impedimento del relatore, che non possa essere sostituito, o di alcuna delle parti o per esigenze del servizio. Tale avviso risponde alla finalità di assicurare la regolare costituzione del contraddittorio e la tutela del diritto di difesa, cosicché la sua omissione è causa di nullità del procedimento e della successiva decisione. 3 La trattazione del giudizio 3.1. Trattazione in camera di consiglio Per ragioni di economia processuale, a meno che una delle parti non richieda espressamente la discussione del procedimento in pubblica udienza, la causa è trattata in camera di consiglio: in tal caso il relatore espone al collegio, senza la presenza delle parti, i fatti e le questioni della causa. 3.2. La trattazione in pubblica udienza Se una delle parti interessate ne fa apposita richiesta, con istanza da depositare presso la segreteria e da notificare alle altre parti costituite almeno dieci giorni liberi prima della data fissata per la trattazione, la causa è discussa in pubblica udienza. L'istanza può essere avanzata contestualmente allo stesso ricorso introduttivo del giudizio; qualora la richiesta di pubblica udienza venga presentata dalla parte resistente nelle proprie controdeduzioni, queste dovranno pertanto essere notificate alla contoparte. Aperta l'udienza alla presenza del segretario, il relatore espone al collegio i fatti e le questioni della controversia, successivamente il presidente ammette le parti presenti alla discussione. Quanto praticato in udienza deve constare nel verbale, redatto dal segretario sotto la direzione del presidente del collegio. Il verbale deve essere scritto in modo chiaro e facilmente leggibile, in continuazione, senza spazi in bianco, senza alterazioni o abrasioni. 3.3. L’istruzione probatoria I poteri di accertamento del fatto delle Commissioni tributarie sono disciplinati dall'art. 7 del D.Lgs. 546/92. Il primo comma della norma in commento attribuisce al giudice tributario tutte le facoltà di accesso, di richiesta di dati, di informazioni e chiarimenti conferite agli uffici tributari ed all'ente locale da ciascuna legge d'imposta. Gli ampi e penetranti poteri istruttori riconosciuti al giudice tributario sono, tuttavia, esercitabili nei limiti dei fatti dedotti dalle parti, venendo così in qualche modo recepito il principio dispositivo che ispira il processo civile. Nell’istruzione probatoria il giudice può far ricorso ad un consulente tecnico, scelto di regola tra persone iscritte in albi speciali, con il compito di fornire al giudice, l’ausilio di cognizione tecniche che non possiede. Le parti, pubbliche e private, hanno facoltà di avvalersi di un proprio consulente di parte, nel termine concesso dal giudice. I consulenti di parte oltre a partecipare alle operazioni del consulente d’ufficio, possono partecipare all'udienza e alla camera di consiglio ogni volta che il consulente tecnico interviene, allo scopo di chiarire e svolgere, su autorizzazione del presidente, le proprie osservazioni sulle indagini tecniche. 3.4. L’onere della prova Una delle questioni più dibattute del diritto tributario attiene alla prova ed al problema del riparto dell'onere probatorio tra la parte privata (ricorrente) e l'Amministrazione. A tal proposito si configura estremamente opportuna la duplice accezione giuridica che la prova viene a presentare, prima in relazione al procedimento amministrativo di accertamento e, poi, in sede contenziosa. Nel procedimento amministrativo, infatti, la prova mira non tanto all'accertamento di un fatto fiscalmente rilevante, quanto alla formazione di un convincimento dell'ufficio tributario circa la correttezza o meno della rappresentazione del presupposto di fatto offerta dal contribuente. Nel processo tributario la prova fonda l'accertamento giurisdizionale dei fatti controversi e, quindi, condiziona la definitiva disciplina sostanziale del rapporto d'imposta. 4 La decisione della causa Di regola, al termine della discussione in pubblica udienza o, comunque, successivamente all'esposizione del relatore, il collegio giudicante delibera immediatamente la decisione della causa in segreto nella Camera di consiglio. Tuttavia, quando ne ricorrono i motivi, la Commissione può rinviare di non oltre trenta giorni la deliberazione. Il termine predetto ha natura ordinatoria, cosicché la sua eventuale violazione non comporta alcuna nullità della sentenza. La decisione è assunta nel segreto della Camera di consiglio. Alla deliberazione possono partecipare soltanto i giudici che hanno partecipato alla discussione, senza la presenza del segretario, che è necessaria solo durante la trattazione del processo, in relazione alla quale si estrinseca il suo dovere di verbalizzazione. La decisione è presa a maggioranza di voti: il primo a votare è il relatore, quindi l'altro giudice e infine il presidente. Chiusa la votazione, adottata a maggioranza, il presidente scrive e sottoscrive il dispositivo mentre la niotivazione è stesa dal relatore a meno che il presidente non creda di stenderla egli stesso o affidarla ad altro giudice. La sentenza è resa pubblica, nel testo integrale originale, mediante deposito nella segreteria della Commissione entro trenta giorni dalla data di deliberazione. Alle parti costituite viene data comunicazione del dispositivo entro dieci giorni dalla pubblicazione. Non sono ammesse sentenze non definitive o limitate solo ad alcune domande. PARTE 38 “LA TUTELA CAUTELARE” 1 L’art. 47 del d.lgs. 546/92 e l’articolazione del procedimento cautelare L’art. 47 del d.lgs. 546/92 prevede che il ricorrente, se dall'atto impugnato può derivargli un danno grave ed irreparabile, può chiedere alla commissione tributaria provinciale competente la sospensione dell'esecuzione dell'atto stesso con istanza motivata proposta nel ricorso o con atto separato notificato alle altre parti e depositato in segreteria sempre che siano osservate le disposizioni. Il presidente fissa con decreto la trattazione della istanza di sospensione per la prima camera di consiglio utile disponendo che ne sia data comunicazione alle parti almeno dieci giorni liberi prima. Il collegio, sentite le parti in camera di consiglio e delibato il merito, provvede con ordinanza motivata non impugnabile, i cui effetti cessano dalla data di pubblicazione della sentenza di primo grado. La sospensione può anche essere parziale e subordinata alla prestazione di idonea garanzia mediante cauzione o fideiussione bancaria o assicurativa, nei modi e termini indicati nel provvedimento, fermo l'obbligo della commissione di fissare udienza per la trattazione della controversia non oltre novanta giorni dalla pronuncia. L'ordinanza cautelare ha natura provvisoria, essa può essere revocata o modificata, su istanza motivata di parte e prima della sentenza. La sospensione può essere disposta purché ricorrano gli estremi del danno grave e irreparabile (periculum in mora) e del cosiddetto fumus boni juris. Il periculum è il danno da ritardo, ossia il pregiudizio conseguente al tempo necessario affinché il processo approdi a una decisione nel rito o nel merito. Si considera irreparabile il pagamento di una somma di denaro solo quando l'istante alleghi e documenti circostanze di fatto concrete e significative di particolari difficoltà finanziarie. 2 Struttura del provvedimento cautelare Il provvedimento di sospensione può, dunque, assumere una duplice natura: quando è adottato dal collegio in Camera di consiglio, previa audizione delle parti, esso ha la veste di ordinanza; allorché, nei casi di eccezionale urgenza, la sospensione sia ordinata con atto monocratico del presidente, il provvedimento ha la forma del decreto, interinalmente destinato a perdere efficacia a seguito della pronuncia della Commissione tributaria provinciale. In entrambi i casi la sospensione deve essere sommariamente motivata ed è preordinata ad anticipare i prevedibili effetti caducatori della decisione di annullamento dell’atto impugnato paralizzandone l'esecutorietà. L'ordinanza di sospensione (e a maggior ragione il decreto) è insuscettibile di acquisire la stabilità della cosa giudicata: coerentemente alla sua natura provvisoria, essa, pur dichiaratamente non impugnabile, può essere modificata e/o revocata in seguito al verificarsi di un non meglio precisato mutamento delle circostanze. La sospensione potrà concernere solo le parti degli avvisi di accertamento ove è prevista la riscossione frazionata e provvisoria e non per quelle parti per le quali la riscossione sia già inibita per legge. Esistono quattro fattispecie di sospensione: Sospensione necessaria (art. 295 c.p.c.) si applica al processo tributario nei c.d. rapporti interni. Essa  è preordinata ad evitare la contraddittorietà dei giudicati e deve essere disposta quando la previa definizione di una controversia davanti allo stesso o ad altro giudice sia imposta da un'espressa disposizione di legge o quando, per il suo carattere pregiudiziale, costituisca l'indispensabile antecedente logico/giuridico dal quale dipende la decisione della causa ed il cui accertamento sia richiesto con efficacia di giudicato. Essa è disposta quandoè presentata querela di falso o deve essere decisa in via pregiudiziale una questione sullo stato o la capacità delle persone, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio. Questo tipo di sospensione può essere disposta o di ufficio o attraverso sollecitazione di una delle parti. Sospensione su istanza delle parti (art. 296 c.p.c.) attribuisce al giudice, su istanza di tutte le parti e  sempre che sussistano giustificati motivi, di sospendere il processo per una sola volta e per un periodo non superiore a 3 mesi, fissando l'udienza per la prosecuzione del processo medesimo. Sospensione facoltativa, è discrezionalmente disposta dal magistrato al di fuori delle ipotesi previste  dall'ordinamento sulla base di motivi di opportunità non sindacabili in sede di legittimità. Altre ipotesi di sospensione.  2 La sospensione necessaria nel processo tributario Il processo è sospeso «quando è presentata querela di falso o deve essere decisa in via pregiudiziale una questione sullo stato o la capacità delle persone, salvo che si tratti della capacità ai stare in giudizio». Il giudice tributario risolve in via incidentale ogni questione da cui dipende la decisione sulle controversie rientranti nella sua giurisdizione. L'art. 39 in commento prevede pertanto che il processo tributario deve essere sospeso in relazione alle seguenti questioni: 1) presentazione di querela di falso 2) proposizione di una questione sullo stato o la capacità delle persone 3 L’interruzione del processo tributario Anche l'interruzione determina uno stato di quiescenza del processo impedendo il compimento di ogni attività processuale in ragione di alcuni eventi che incidono sulle parti o sul loro difensore. In termini generali, se l'istituto della sospensione appare ispirato dalla necessità di evitare la formazione di giudicati contrastanti, l'interruzione è diretta all'esigenza di garantire l'effettività del diritto di difesa. L'art. 40 del D..Lgs. 546/92 indica le fattispecie che possono condurre all'interruzione del processo, A tal proposito, il citato art. 40 prevede che il processo venga dichiarato interrotto se, dopo la proposizione del ricorso si verifica: a) il venir meno, per morte altre cause, o la perdita della capacità di stare in giudizio di una delle parti, diversa dall'ufficio tributario, o del suo legale rappresentante o la cessazione di tale rappresentanza; b) la morte, la radiazione o sospensione dall'albo o dall'elenco di uno dei difensori incaricati. L'interruzione del processo andrà dichiarata solo qualora gli eventi sopra descritti intervengano in un lasso di tempo che va dalla proposizione del ricorso fino alla conclusione del processo. Qualora la perdita della capacità di stare in giudizio, o la morte di una delle parti, ovvero del suo rappresentante legale, o la cessazione di tale rappresentanza abbiano luogo durante la decorrenza del termine di sessanta giorni utili al fine di impugnare la sentenza, il suddetto termine verrà interrotto per poi ricominciare a decorrere dal giorno in cui la notifica della sentenza verrà rinnovata. Infine, se uno dei fatti predetti si verifichi dopo sei mesi dalla data di pubblicazione della sentenza, il termine è da ritenersi prorogato di sei mesi (per tutte le parti) dalla data dell'evento. 4 Effetti della sospensione e dell’interruzione e ripresa del processo La ripresa del processo deve essere proposta dalla parte colpita dall’evento interruttivo tramite istanza dai suoi successori o da qualsiasi altra parte entro 6 mesi dalla data di dichiarazione dell’interruzione al presidente della sezione. Tale istanza deve contenere l’indicazione degli estremi relativi al processo interrotto, evento che ha comportato l’interruzione, fatto che consente la ripresa del processo e la sottoscrizione dell’istante e la sollecitazione alla fissazione dell’udienza per la trattazione e la decisione della controversia. 5 Estinzione del processo L'estinzione rappresenta una fine anticipata del processo, conseguente alla mancanza di volontà di una o di entrambe le parti al suo proseguimento fino al suo esito naturale costituito dalla sentenza, sia perché esse hanno raggiunto un accordo conciliativo, sia perché esse non intendono assoggettarsi al rischio della soccombenza e del conseguente carico di spese. L'estinzione del processo non incide sul diritto di azione cosicché la parte può riproporre la domanda purché, medio tempore, non si siano verificate prescrizioni o decadenze. Una delle cause di estinzione del processo è la rinuncia al ricorso, che tuttavia è efficace solo se è accettata dalle parti costituite che abbiano interesse alla prosecuzione del processo. Il rinunciante deve rimborsare le spese ove non sia stato diversamente pattuito. Le spese sono liquidate dal presidente della sezione o dalla commissione con ordinanza non impugnabile che costituisce titolo esecutivo. Altra ipotesi di estinzione del processo si ha con la cessazione della materia del contendere da parte dell'amministrazione finanziaria successivamente alla sua impugnazione, tipico dell’autotutela di un atto. Se il processo si estingue rimane fermo il solo effetto interruttivo istantaneo determinato dalla proposizione della domanda, annullandosi l'effetto sospensivo. PARTE 41 “NUOVA TUTELA CAUTELARE IN APPELLO E MECCANISMI DI NEUTRALIZZAZIONE DEL CONTENZIOSO” 1 La nuova tutela cautelare nel processo tributario e l’esecutività delle sentenze Ai sensi del nuovo art. 52 del D. Lgs. n. 546/1992, l'appellante può chiedere alla commissione regionale di sospendere in tutto o in parte l'esecutività della sentenza impugnata, se sussistono gravi e fondati motivi. Il contribuente può comunque chiedere la sospensione dell'esecuzione dell'atto se da questa può derivargli un danno grave e irreparabile. Il legislatore, pertanto, sembra configurare un doppio sistema di tutela cautelare in appello: uno generale, a prescindere da chi sia l’appellante, sostanzialmente identico a quello del rito civile, ed uno tipico, riservato all’eventualità che l’appellante sia il contribuente, che prevede la possibilità di sospensione dell’atto, oltre che della sentenza, sulla base del solo danno grave ed irreparabile. E’ stata, infine, introdotta la liquidazione delle spese già per la sola fase cautelare. Nei casi in cui è prevista la riscossione frazionata del tributo oggetto di giudizio davanti alle commissioni, il tributo, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere pagato: a) per i due terzi, dopo la sentenza della commissione tributaria provinciale che respinge il ricorso; b) per l'ammontare risultante dalla sentenza della commissione tributaria provinciale, e comunque non oltre i due terzi, se la stessa accoglie parzialmente il ricorso; c) per il residuo ammontare determinato nella sentenza della commissione tributaria regionale; d) per l'ammontare dovuto nella pendenza del giudizio di primo grado dopo la sentenza della Corte di cassazione di annullamento con rinvio e per l'intero importo indicato nell'atto in caso di mancata riassunzione. In sintesi, quindi: 1) l'esecutività riguarda le sole sentenze aventi ad oggetto l'impugnazione di un atto impositivo, ovvero un'azione di restituzione di tributi in favore del contribuente nonché quelle emesse su ricorso della parte avverso gli atti relativi alle operazioni catastali. Per le altre controversie, quali ad esempio quelle sulla qualifica di ONLUS ovvero su esenzioni fiscali, si è ritenuto preferibile mantenere il principio della coincidenza tra esecutività e giudicato. 2) L'esecutività della sentenza in favore dell'Amministrazione consentirebbe di esigere l'intero tributo già dopo la sentenza di primo grado. 3) L'esecutività immediata delle sentenze di condanna in favore del contribuente. 4) Modalità di esecuzione della sentenza. 2 Il ravvedimento operoso Con l’istituto del ravvedimento operoso è possibile sanare, entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all'anno in cui stata commessa la violazione o, in mancanza, entro un anno dalla violazione, le omissioni e le irregolarità commesse in materia di imposte di imposte dirette, IVA, successioni, donazioni, registro, ipotecaria e catastale, ottenendo una sostanziale riduzione delle sanzioni amministrative comminate. Il rimedio in esame è esperibile solo quando la violazione non sia stata contestata dall'ufficio impositore, e ciò al fine di premiare lo spontaneo adempimento degli obblighi fiscali da parte del trasgressore. Il ravvedimento: - preclude l'applicazione della recidiva; - impedisce che la violazione possa costituire l'applicazione di sanzioni accessorie; - l'estinzione dei debiti tributari conseguenti al ravvedimento effettuata prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado conduce alla riduzione fino alla, metà delle pene previste per la specifica violazione e alla non applicazione delle pene accessorie 3 L’autotutela, l’accertamento con adesione e l’acquiescenza L'autotutela rientra nella più ampia espressione del potere della Pubblica Amministrazione di comporre al suo interno le controversie in atto in potenza senza necessità di un preventivo ricorso all'intervento dell'autorità giudiziaria. L’autotutela è il potere di annullamento e di revoca o di rinuncia all'imposizione che spetta all'ufficio che ha emanato l'atto illegittimo o che è competente per gli accertamenti d'ufficio, oppure, in via sostitutiva, in caso di grave inerzia del primo, alla direzione regionale o compartimentale dalla quale l'ufficio stesso dipende. L’Amministrazione finanziaria può procedere all'auto - annullamento (totale o parziale) o alla revoca dei propri atti illegittimi non solo d’ufficio ma anche su impulso della parte privata interessata o del Garante del contribuente, salvo che fosse intervenuto un giudicato. L’accertamento con adesione è applicabile a tutte le tipologie reddituali e a qualsiasi modalità di determinazione dell'imponibile, consentendo la definizione anche in caso di omissione di presentazione della dichiarazione o di contestazione di reati di frode fiscale. L’istituto non è impugnabile, integrabile o modificabile da parte dell'ufficio e non rileva ai fini extratributari, fatta eccezione per i contributi previdenziali e assistenziali la cui base imponibile è riconducibile a quella delle imposte sui redditi. Il contribuente che usufruisce di questo istituto vede applicarsi le sanzioni nella sola misura di un terzo. Il procedimento può essere attivato su iniziativa dell'ufficio o del contribuente prima della notifica dell'avviso di accertamento. Nel primo caso, l'ufficio invia al contribuente un invito a comparire recante i motivi dell’invito. La procedura può avere i seguenti sviluppi: adesione all'invito al contraddittorio; accettazione della convocazione e apertura del contraddittorio; mancata accettazione della convocazione (l'ufficio procederà direttamente con l'avviso di accertamento su istanza del contribuente). Caratteristiche dell’accertamento con adesione sono: Il contraddittorio con il contribuente.  L’impossibilità per il contribuente di ricorrere giudizialmente una volta che abbia prestato la sua  adesione. L'impossibilità per gli uffici finanziari di integrare o modificare quanto definito in sede di  accertamento. L'adesione ai verbali di constatazione consente al contribuente di definire la pretesa fiscale contenuta nei processi verbali che legittimano l'emissione di accertamenti parziali. L'adesione può avere ad oggetto esclusivamente il contenuto integrale del verbale e deve intervenire entro i 30 giorni successivi alla data delle consegna del verbale. Esso comporta una riduzione delle sanzioni maggiore di quella ottenibile con l’accertamento con adesione. La definizione degli inviti a comparire consente al contribuente di definire, prima di instaurare il contraddittorio, il rapporto tributario in materia d’imposte sui redditi e sul valore aggiunto, sulla base degli elementi contenuti nell'invito stesso. 4 La res iudicata Per quanto riguarda il profilo strettamente processuale, la cosa giudicata formale si realizza una volta consumati i termini per la proposizione delle impugnazioni ordinarie, ossia quando la sentenza non è più soggetta ad appello, ricorso per Cassazione né a revocazione. Per quanto attiene ai profili sostanziali, essi si distinguono in oggettivi e soggettivi: l'ambito oggettivo della statuizione del giudice va individuato in relazione alla domanda e alle questioni esplicitamente o implicitamente decise. Sotto il profilo soggettivo, attribuisce rilievo dell'accertamento contenuto nella sentenza nei confronti delle parti, dei loro eredi ed aventi causa. Si distingue altresì: Il giudicato interno, ossia quello che si forma sulle questioni sollevate e decise con sentenza all'interno dello stesso processo e non riproposte in sede d’impugnazione. Il giudicato esterno designa l'efficacia espansiva della cosa giudicata al di fuori del processo anche nei confronti delle successive cause tra le stesse parti che abbiano ad oggetto la situazione giuridica azionata o le questioni decise, espressamente o solo implicitamente, nella causa precedente. Il giudicato esterno è rilevabile d'ufficio ed è deducibile, anche per la prima volta, in sede di legittimità, dove è pertanto consentita la produzione della prima sentenza passata in giudicato. 6 La correzione delle sentenze In materia tributaria, la sentenza pronunciata in riferimento ad una determinata imposta, sebbene fondata sui medesimi fatti rilevanti ai fini dell'applicazione di un'imposta diversa, non spiega efficacia preclusiva nel giudizio avente ad oggetto quest'ultima imposta, essendosi formata mediante l'applicazione di norme giuridiche diverse da quelle sotto le quali deve avere luogo l’assunzione della fattispecie controversa. Il testo di una sentenza può recare un errore o un'omissione di natura materiale, che non rappresenta un vizio di giudizio ma che integra un mero difetto redazionale dell'atto processuale. La correzione di tali errori è di competenza del giudice che ha adottato il provvedimento e non ricorrono preclusioni di ordine temporale, potendo il rimedio essere esperito anche in relazione a sentenze passate in giudicato. Per quanto riguarda le sentenze già appellate provvederà il giudice di primo grado ad eliminare l’errore o l’omissione. PARTE 43 “LE IMPUGNAZIONI” 1 Il sistema delle impugnazioni 1.1 Principi generali Le impugnazioni sono gli strumenti previsti dall'ordinamento processuale per contestare un provvedimento giurisdizionale che si assuma ingiusto o erroneo, provocando così un nuovo giudizio. Il diritto d'impugnazione è assoggettato al principio dell'iniziativa di parte: esso pertanto è anche un onere dell'interessato, il quale è tenuto a provocare, secondo tempi e modi previsti dalla legge processuale, il riesame della controversia invocando l'intervento del giudice di grado superiore. Soltanto chi sia stato parte del precedente grado di giudizio è legittimato a proporre impugnazione. Per proporre validamente un'impugnazione occorre avervi interesse; tale requisito ricorre esclusivamente in capo alla parte soccombente, ossia al soggetto processuale che abbia riportato dalla sentenza un pregiudizio. La soccombenza è il presupposto legittimante l'esercizio del diritto d'impugnazione e che rende ammissibile la richiesta di rimozione del provvedimento giurisdizionale. Soccombente è quindi soltanto il soggetto la cui domanda non sia stata accolta in tutto o in parte, indipendentemente dei motivi che hanno condotto a tale risultato. L'impugnazione può essere integrale (quando richiede la totale riforma o annullamento della decisione contestata) o anche solo parziale, ossia diretta alla riforma (o all'annullamento) solo di alcuni capi della sentenza, con consequenziale acquiescenza tacita in relazione delle parti della decisione del tutto autonome rispetto a quelle impugnate. I mezzi d'impugnazione previsti dal codice di procedura civile sono molteplici: l’appello, il ricorso per Cassazione, la revocazione e l'opposizione di terzo. Ad essi viene assimilato il regolamento di competenza che, quando proposto dalle patti e non provocato ufficiosamente dal giudice, è comunque preordinato a riformare la sentenza con specifico riferimento alla statuizione sulla competenza L'appello, il ricorso per Cassazione, la revocazione nei casi previsti dai numeri 4 e 5 dell'art. 395 c.p.c. e il regolamento di competenza sono diretti a riformare sentenze non ancora passate in giudicato e, pertanto, sono designati mezzi d'impugnazione ordinari. L’impugnazione è assoggettata a termini perentori, oltre tale termine la sentenza è passata in giudicato. Indipendentemente dalla scadenza dei termini per impugnare, la sentenza può divenire definitiva anche per acquiescenza. In alcune casi anche la sentenza passata in giudicato può essere messa in discussione con l’impugnazione straordinaria. Il termine per proporre tutte le impugnazioni è di 30 giorni, ad eccezione del ricorso per Cassazione ove il termine è di 60 giorni. 2 Il sistema delle impugnazioni nel processo tributario I rimedi esperibili per contestare le sentenze delle Commissioni Tributarie sono: a) l'appello b) il ricorso per Cassazione c) la revocazione. Restano pertanto esclusi sia il regolamento di competenza che l'opposizione di terzo, tanto ordinaria che revocatoria. 3 I termini per l’impugnazione Di regola, il termine per impugnare la sentenza della Commissione tributaria è di sessanta giorni dalla sua notificazione ad istanza di parte. Le parti hanno l' onere di provvedere alla notificazione della sentenza alle altre parti depositando, nei successivi trenta giorni, l'originale o copia autentica dell'originale notificato, ovvero copia autentica della sentenza consegnata o spedita per posta, con fotocopia della ricevuta di deposito o della spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale unitamente all'avviso di ricevimento nella segreteria, che ne rilascia ricevuta e l'inserisce nel fascicolo d'ufficio. Se nessuna delle parti provvede alla notifica si applica il termine lungo per impugnare la sentenza, ossia 6 mesi dalla pubblicazione della sentenza. 4 Luogo di notifica dell’impugnazione e impugnazioni incidentali In difetto di notifica, la sentenza passa in giudicato decorsi 6 mesi dalla sua pubblicazione, ossia dalla data del deposito nella segreteria. Tale disposizione è inoperante qualora la parte non costituita dimostri di non avere avuto conoscenza del processo per nullità della notifica del ricorso e della comunicazione dell'avviso di fissazione d'udienza. Anche la parte cui sia stata notificata un'impugnazione può avere interesse a impugnare, perché a sua volta parzialmente soccombente: in tal caso essa deve proporre, a pena di decadenza, la propria impugnazione in via incidentale nello stesso processo. L'impugnazione incidentale è ammessa anche quando per la parte sia decorso il termine per impugnare o la stessa abbia fatto acquiescenza alla sentenza. 5 Litisconsorzio in sede impugnatoria L’art. 331 c.p.c. stabilisce che se la sentenza pronunciata tra più parti in una causa inscindibile o in cause tra loro dipendenti non è stata impugnata nei confronti di tutte, il giudice ordina l'integrazione del contraddittorio fissando il termine nel quale la notificazione deve essere fatta e, se è necessario, l'udienza di comparizione. Se nessuna parte provvede all'integrazione nel termine fissato, l'impugnazione è dichiarata inammissibile. Nel caso in cui, invece, la causa è scindibile (esempio coobbligazione solidale) il giudice ordina l'integrazione del contraddittorio nei confronti delle parti nei cui confronti l'impugnazione non sia preclusa o esclusa, in modo da consentire a costoro di sollevare a loro volta l’impugnazione incidentale. In virtù della non necessarietà del litisconsorzio, la sanzione prevista per la mancata ottemperanza all'ordine di integrare il contraddittorio determina la sospensione del processo, in attesa che decorrano i termini per il passaggio in giudicato della sentenza nei confronti delle parti rimaste pretermesse dall'impugnazione. Carattere distintivo del litisconsorzio necessario tributario è che l'atto autoritativo impugnato presenti elementi comuni a una pluralità di soggetti e che siano proprio questi elementi comuni a essere posti a fondamento del ricorso proposto da uno dei soggetti obbligati. PARTE 44 “L’APPELLO” 1 L’appello L'appello è un mezzo d'impugnazione che può condurre ad un integrale riesame della controversia. Esso produce il cosiddetto effetto devolutivo, in virtù del quale il giudice di secondo grado conosce della res litigiosa già esaminata dal primo giudice, ovviamente nei limiti fissati dall'atto di appello e, più in generale, dalle difese delle parti. L'appello avverso le sentenze delle Commissioni provinciali tributarie si propone avanti la Commissione regionale competente. Il giudizio è promosso con ricorso che va presentato secondo gli stessi criteri dell'atto introduttivo del procedimento di primo grado e si svolge secondo le norme che disciplinano il procedimento avanti la Commissione provinciale, in quanto compatibili. Dopo la notificazione del ricorso, quindi l'appellante dovrà provvedere alla propria costituzione in giudizio e ciò nel termine di trenta giorni dalla proposizione del gravame, sotto pena d'inammissibilità. L'appello s'intende proposto al momento della spedizione, cosicché dal timbro apposto dall'ufficio postale decorrono i termini per la costituzione in giudizio dell'appellante. Il ricorso in appello deve contenere, a pena d’inammissibilità, l'indicazione della Commissione tributaria cui è diretto, dell'appellante e delle altre parti nei cui confronti è proposto, gli estremi della sentenza impugnata, l'esposizione sommaria dei fatti, l'oggetto della domanda ed i motivi specifici dell'impugnazione. L'appello dichiarato inammissibile non può essere riproposto anche se non è decorso il termine d'impugnazione. 1.1. Costituzione dell’appellato ed appello incidentale Le parti diverse dall'appellante debbono costituirsi nei modi e nei termini di cui all'art. 23, depositando apposito atto di controdeduzioni. Nello stesso atto, può essere proposto, a pena di inammissibilità, appello incidentale. L'appello incidentale può essere avanzato solo da chi vi abbia interesse e tale requisito sussiste solo in caso di soccombenza, anche parziale, della parte. Si intende per appello incidentale tardivo quello depositato anche successivamente alla scadenza del termine per impugnare la sentenza, purché entro il termine per la costituzione in giudizio, nonché quello proposto anche nella prima udienza successiva alla comunicazione di altro appello incidentale, se l'interesse ad appellare sorge in conseguenza di quest'ultimo e non dell'appello principale. 2 Domande ed eccezioni nuove Le parti hanno l'onere a pena di decadenza, di riproporre specificamente in appello le questioni ed eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado. Peraltro, nel giudizio di appello non possono essere sollevate domande nuove e, se proposte, esse debbono essere dichiarate inammissibili d'ufficio. Si ha domanda nuova quando la parte introduce, al fine di ottenere rispettivamente la conferma, l'eliminazione o la riduzione delle conseguenze dell'atto impugnato, una causa petendi diversa, fondata su situazioni giuridiche non prospettate in primo grado, sicché risulti inserito nel processo un nuovo tema di indagine. La domanda può, inoltre, essere nuova anche sotto il profilo del petitum. L’ordinanza viene utilizzata quando si tratta di: Dichiarare inammissibile il ricorso principale e quello incidentale per mancanza dei motivi previsti  dall'art. 360 c.p.c. Ordinare l’integrazione del contraddittorio o di disporre rinnovazione.  Provvedere a dichiarare l’estinzione del processo in tutti i casi ad eccezione della rinuncia.  Accogliere o rigettare il ricorso principale e l'eventuale ricorso incidentale per manifesta fondatezza  o infondatezza. Il ricorso è proponibile per: Motivi attinenti alla giurisdizione, ossia per le sentenze che hanno erroneamente declinato o  affermato la giurisdizione del giudice tributario violando le norme in materia di riparto di giurisdizione. Violazione di norme sulla competenza.  Violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ossia quando ha per oggetto l'error in iudicando,  che contempla ogni possibile errore sull'individuazione della norma applicabile alla controversia, sulla sua corretta interpretazione nonché sulla sua concreta applicazione alla fattispecie. Nullità della sentenza o del procedimento (violazione del principio del contraddittorio, assenza di un  litisconsorzio necessario, mancanza della sottoscrizione della sentenza, ecc). Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il  giudizio prospettato dalle parti o rilevabile d'ufficio e per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. 3 Svolgimento del processo Il ricorso per Cassazione non sospende l'esecuzione della sentenza di 2° grado, tuttavia il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata può, su istanza di parte e qualora dall'esecuzione possa derivare grave e irreparabile danno, disporre con ordinanza non impugnabile che l'esecuzione sia sospesa o che sia prestata congrua cauzione. Il ricorso per Cassazione si propone nel termine di 60 giorni dalla notifica della sentenza della CTR o, comunque, entro 6 mesi dalla pubblicazione della stessa. 4 La decisione Le decisioni della suprema Corte possono avere diverso contenuto ed effetto. a) Pronunce d'inammissibilità, improcedibilità o di rigetto. Quando la Corte dichiara il ricorso inammissibile o improcedibile, o comunque pronuncia reiezione del ricorso, la sentenza impugnata passa in giudicato. b) Pronunce di accoglimento per motivi attinenti alla giurisdizione o alla competenza. In tale ipotesi il procedimento deve essere ripreso ex novo avanti al giudice del quale è stata dichiarata la giurisdizione. Qualora, invece, venga ritenuto che la materia del contendere sia sottratta ad ogni giurisdizione, la sentenza viene cassata senza rinvio. c) Pronunce di accoglimento per altri motivi. Quando la Corte accoglie il ricorso per motivi diversi dalla giurisdizione o dalla competenza può disporre il rinvio ad altro giudice di pari grado a quello che ha emesso la sentenza impugnata oppure cassare senza rinvio. 5 Il giudizio di rinvio La Corte quando accoglie il ricorso, cassa la sentenza rinviando la causa ad altro giudice, il quale deve uniformarsi al principio di diritto e comunque a quanto statuitito dalla Corte, ovvero decide la causa nel merito qualora non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto. Conseguentemente, quando si rende necessario l'espletamento di ulteriore attività istruttoria, la Corte si limita a rescindere l'efficacia della sentenza impugnata, rinviando gli atti al giudice che l'ha emessa, il quale rimane vincolato al principio di diritto espresso nella pronuncia di legittimità (Riassunzione). La riassunzione deve essere fatta nei confronti di tutte le parti personalmente, entro il termine perentorio di 6 mesi dalla pubblicazione della sentenza, nelle forme rispettivamente previste per i giudizi di primo e di secondo grado in quanto applicabili. In caso di mancata o tardiva riassunzione, o comunque nell'ipotesi di estinzione del giudizio di rinvio, l'intero processo si estingue, tuttavia la domanda potrà essere riproposta ma la sentenza della Cassazione conserva il suo effetto vincolante anche nel nuovo processo eventualmente instaurato. In sede di rinvio, le parti conservano la stessa posizione processuale che avevano nel procedimento in cui è stata pronunciata la sentenza cassata e non possono formulare richieste diverse da quelle prese in tale procedimento, salvi gli adeguamenti imposti dalla sentenza di Cassazione. PARTE 46 “LA REVOCAZIONE” 1 Caratteristiche generali della revocazione Come è noto, il processo termina di regola con una statuizione idonea a dare certezza giuridica al rapporto che è stato oggetto di controversia. Potrebbe accadere, però, che successivamente alla formazione di tale giudicato, sopravvengano fatti la cui gravità possa essere tale da mettere in discussione la veridicità del contenuto della sentenza stessa. Grazie all’istituto della revocazione, pertanto, è possibile intaccare l’irrevocabilità di una sentenza, che con i mezzi di gravame ordinari, come l’appello o il ricorso per Cassazione, non sarebbe possibile impugnare. È proprio per questo motivo che si dice che la revocazione sia un mezzo di impugnazione a carattere eccezionale, in grado di evitare l’ingiustizia di una sentenza che, se non impugnata, non è idonea a ricostruire quell’ordine giuridico che i suoi vizi o la sua ingiustizia hanno violato. La revocazione ad istanza di parte quindi, ha due caratteristiche importanti: la prima, come appena accennato, consiste nel fatto di essere un mezzo di impugnazione eccezionale, che permette di impugnare cioè le sole sentenze che non siano ulteriormente impugnabili o che non siano state impugnate con i mezzi ordinari di gravame, e solo per errori di fatto e non invece per errori di diritto. E’ tipico, per quanto concerne la revocazione, il coinvolgimento di accertamenti di fatto poiché tutti i motivi di revocazione riguardano il giudizio di fatto e l’esatta ricostruzione dei relativi elementi per giungere alla decisione della controversia e la funzione della revocazione è quella di eliminare e sostituire la sentenza impugnata con un'altra sentenza di pari grado ma che possa definirsi “giusta”, eliminando in definitiva la sentenza viziata da errori nel giudizio di fatto che la rendono ingiusta. Grazie all’istituto della revocazione, quindi, è ammessa la possibilità di sostituire e annullare tale sentenza errata ripristinando così l’ordine giuridico. La seconda caratteristica che delinea questo istituto, dopo l’eccezionalità, è il fatto di essere esperibile in maniera limitata, ossia la legge enuncia tassativamente i motivi per cui essa può essere richiesta. 2 Revocazione ordinaria e straordinaria L’istituto della revocazione si distingue in ordinario e straordinario, a seconda del tipo di vizio posto a base dell’esperibilità dell’impugnazione e soprattutto in relazione alla distinzione fra vizi “palesi” e “occulti”. I vizi “palesi” sono quei vizi facilmente individuabili nella sentenza stessa già dal momento della sua pubblicazione, ovvero: 1) la sentenza è l'effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l'inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell'uno quanto nell'altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare; 2) la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata, purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione. La revocazione ordinaria si propone negli ordinari termini di impugnazione, ovvero sessanta giorni dalla notificazione della sentenza o entro il termine semestrale in assenza di notificazione. Per quanto concerne la revocazione straordinaria essa si basa su circostanze non desumibili dalla sentenza, ovvero i cosiddetti “vizi occulti”. Tali vizi sono conoscibili solo in un momento successivo all’emanazione della sentenza e possono venire scoperti anche dopo che la stessa è passata in giudicato. In particolare, è stabilito che le sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado possono essere impugnate per revocazione: 1) se sono l’effetto del dolo di una parte nei confronti dell’altra; 2) se si è giudicato sulla base di prove giudicate false dopo la sentenza oppure prove che la parte soccombente ignorava essere state dichiarate false prima della sentenza; 3) se, dopo la sentenza, sono stati rinvenuti dei documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario; 6) se la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato. Un’importante distinzione fra revocazione straordinaria e ordinaria è relativa ai termini di impugnazione. A proposito di revocazione ordinaria, essa deve essere proposta entro sessanta giorni dalla notifica della sentenza. A differenza di quella ordinaria, la revocazione straordinaria va invece proposta entro sessanta giorni che decorrono non tanto dalla data di pubblicazione della sentenza, quanto dal momento della scoperta dei vizi, nello specifico, dalla scoperta del “vizio revocatorio” quale il dolo, la falsità, il ritrovamento di documenti decisivi e infine la sentenza passata in giudicato sull’accertamento del dolo del giudice. La revocazione è ammessa solo contro le sentenze pronunciate in grado di appello o in un unico grado, mentre la sentenza di primo grado è suscettibile di tale rimedio solo se si tratta di revocazione straordinaria o quando sia scaduto il termine per proporre l’appello. La sentenza ancora appellabile non è suscettibile in alcun caso di essere revocata, poiché è sufficiente il solo appello per far valere i motivi dell’ingiustizia o dei vizi. La competenza del giudice della revocazione è funzionale e inderogabile. Qualora la commissione tributaria adita non sia competente, deve dichiarare la propria incompetenza e indicare la commissione tributaria competente a cui rimettere la causa. 4 Il procedimento La revocazione della sentenza deve essere presentata dinanzi alla medesima Commissione Tributaria che ha pronunciato la sentenza impugnata e deve contenere a pena di inammissibilità, rilevabile d’ufficio, una serie di elementi, ovvero: a) l’indicazione del giudice adito; l’indicazione del ricorrente e delle altre parti nei cui confronti è proposta la domanda; b) gli estremi della sentenza impugnata; c) l’esposizione sommaria dei fatti di causa; l’oggetto della domanda; d) l’indicazione specifica del motivo di revocazione; e) le prove su cui la richiesta di revoca si basa; f) nel caso del dolo del giudice, la produzione della sentenza che accerta il dolo, in copia autentica e, infine, la sottoscrizione del difensore o del ricorrente nei casi in cui può difendersi in giudizio personalmente. Particolare attenzione deve essere posta al motivo della revocazione il quale, in questo contesto, assume una certa importanza in ragione del carattere di gravame a critica vincolata, quale appunto è la revocazione. I motivi di revocazione non possono essere ne modificati né integrati dopo che sono stati proposti nella domanda iniziale, ad eccezione dei casi previsti dalla legge. Il ricorso per revocazione va proposto, mediante notifica, a tutte le parti che hanno partecipato al giudizio. La notifica può avvenire, come peraltro indicato in parti precedenti, a mezzo di ufficiale giudiziario oppure a mezzo del servizio postale mediante spedizione dell’atto in plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento, oppure anche tramite consegna diretta, quando la controparte
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