Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Diritto Unione Europea Daniele riassunto, Sintesi del corso di Diritto dell'Unione Europea

Riassunto del libro Daniele, comprensiva di tutti i capitoli.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 18/04/2020

giulia-matranga-2
giulia-matranga-2 🇮🇹

4.6

(5)

1 documento

Anteprima parziale del testo

Scarica Diritto Unione Europea Daniele riassunto e più Sintesi del corso in PDF di Diritto dell'Unione Europea solo su Docsity! Capitolo 1:Le origini e lo sviluppo del processo d'integrazione europea L'ideale di un continente europeo non più diviso in tanti Stati perennemente in lotta tra di loro,si afferma sin dal XIX secolo.Tale movimento di idee prende piede soltanto tra gli stati dell'europa occidentale.Gli stati dell'europa orientale diedero invece vita a forme alternative di aggregazione militare(Patto di Varsavia) ed economica(Comecon). L'integrazione dell'Europa occidentale segue 2 metodi distinti: ∙ METODO TRADIZIONALE: Il metodo tradizionale si fonda sulla ​cooperazione intergovernativa cioè gli stati partecipanti cooperano tra loro come soggetti sovrani creando apposite strutture per organizzare la loro cooperazione; le caratteristiche di questo metodo sono: 1)​Prevalenza di organi di stati​: Negli organi principali dell'organizzazione siedono persone che agiscono quali ​rappresentanti dello Stato di appartenenza e seguono le direttive impartite dal potere politico di tale stato ​2)​Prevalenza del principio dell'unanimità​: Le deliberazioni degli organi principali dell'organizzazione vengono assunte ​esclusivamente o prevalentemente all'unanimità​,di modo che ciascuno Stato ha il potere di opporsi(diritto di veto) ​3)​Assenza o rarità del potere di adottare atti vincolanti​: Le deliberazioni dell'organizzazione hanno prevalentemente natura di raccomandazioni e non hanno mai natura vincolante. Il metodo della cooperazione intergovernativa è stato usato in passato in diversi settori: A)Nel SETTORE MILITARE vennero fondate la ​UEO​ e la ​NATO​. B)Nel SETTORE DELL'INTEGRAZIONE ECONOMICA per riuscire a gestire gli aiuti erogati dagli Stati Uniti attraverso il piano Marshall venne creata l' OECE​(organizzazione europea per la Cooperazione economica). ∙ METODO COMUNITARIO: Le caratteristiche del metodo comunitario sono le seguenti: 1)​Prevalenza degli organi di individui​: Le persone che siedono nella maggior parte delle istituzioni comunitarie ​rappresentano se stesse ​e pertanto sono portatrici di proprie opinioni e proprie scelte che devono compiere in maniera ​del tutto indipendente. 2)​Prevalenza del principio maggioritario​: Tale principio da largo spazio alle deliberazioni a maggioranza 3)​Ampiezza del potere di adottare atti vincolanti​: Il potere deliberativo dell'organizzazione non si esprime soltanto in atti di natura raccomandatoria,bensì attraverso ​veri e propri atti vincolanti 4)​Sottoposizione degli atti delle istituzioni ad un sistema di controllo giurisdizionale di legittimità​: Proprio perchè le istituzioni sono dotate del potere di adottare atti vincolanti, è necessario che la legittimità di tali atti possa essere sindacata da un organo giurisdizionale inserito nella stessa struttura dell'organizzazione. La nascita del metodo comunitario si fa risalire al 9 maggio 1950 giorno in cui l'allora ministro degli esteri francese SCHUMAN rende un'importante dichiarazione(europa dei piccoli passi).Il governo francese propose di mettere l'insieme della produzione franco-tedesca di carbone e acciaio sotto una comune ALTA AUTORITA'. La proposta nasce quindi come un progetto franco-tedesco aperto però ad altri stati. Tale proposta viene accettata da 6 stati: ​BELGIO ​FRANCIA ​GERMANIA ​ITALIA LUSSEMBURGO ​PAESI BASSI​. Sorge così la ​Piccola europa​. I 6 stati danno vita alla CECA​(comunità europea del carbone e dell'acciaio) istituita con il trattato di Parigi del 12 aprile 1951, la quale prevedeva l'istituzione di un ​mercato comune del carbone e dell'acciaio comprendente una ​zona di libero scambio tra gli stati membri, il divieto di discriminazioni tra produttori,acquirenti e consumatori,il divieto di sovvenzioni e di aiuti statali alle imprese e il divieto di pratiche restrittive della concorrenza. La CECA si basa su 4 istituzioni: 1)​ALTA AUTORITA'​: E' un organo di individui composto da 9 persone nominate dagli Stati di comune accordo e scelte in funzione della loro competenza professionale.L'alta autorità può emanare ​pareri,decisioni,raccomandazioni. 2)​CONSIGLIO SPECIALE DEI MINISTRI ​: E' composto da un rappresentante del governo di ogni Stato membro e ha funzioni consultive. 3)​ASSEMBLEA COMUNE​: E' composta dai rappresentanti dei parlamenti nazionale e ha funzioni consultive 4)​CORTE DI GIUSTIZIA​: Esercita funzioni di controllo giurisdizionale sulla legittimità degli atti o dei comportamenti delle istituzioni. dell'integrazione europea e di definire gli orientamenti politici generali. Dopo il Trattato di Lisbona, il Consiglio europeo figura addirittura tra le istituzioni dell'unione all'art 15 TUE. Tale istituzione è composta dai Capi di Stato e di governo degli Stati membri. Un altro campo in cui si è manifestata la riemersione della dimensione intergovernativa riguarda le ​deliberazioni del Consiglio ​e, in particolare, le ​votazioni a maggioranza qualificata​. I trattati prevedono che in numerosi casi il Consiglio deliberi a maggioranza. Tuttavia tale sistema ha suscitato forti resistenze e contrastri che hanno portato al ridimensionamento del principio maggioritario. 1.3)Dalle Comunità europee all'Unione europea: Anche l'istituzione dell'Unione europea avviene inizialmente nel segno del metodo intergovernativo. Con il passare degli anni, gli Stati membri avvertono il bisogno di estendere la loro cooperazione a settori inizialmente non rientranti nel campo di applicazione dei trattati. L'ampliamento delle competenze materiali previste dal TCE comporta l'assoggettamento dei nuovi settori ai principi del metodo comunitario. Non sempre però gli Stati hanno accettato di agire secondo tale metodo, e quindi si assiste anche all'affermarsi ed allo svilupparsi di forme di cooperazione tra gli Stati membri svolte secondo il metodo tradizionale della cooperazione intergovernativa. Il settore più importante in cui ciò si verifica è quello della ​politica estera generale​. Il TCE attribuiva alla competenza della Comunità soltanto alcuni aspetti della politica estera(es:gli scambi commerciali internazionali). Ciò implicava per gli Stati membri la ​necessità di un certo coordinamento ​anche degli aspetti non commerciali della rispettiva politica estera. ​Questo coordinamento non avviene però in sede comunitaria, preferendosi invece dar vita a periodiche riunioni dei ministri degli esteri o dei capi di Stato e di governo. Nel ​settore degli affari esteri ​il TUE istituisce la ​Politica estera di sicurezza comune(PESC), ​alla quale viene affiancata la cooperazione in materia di ​Giustizia e Affari Interni(GAI). ​La ​PESC e la ​GAI ​insieme alle allora 3 comunità sono ricondotte ad una realtà comune, ​l'UNIONE EUROPEA​. "​L'Unione è infatti paragonata ad un tempio greco con un frontone sorretto da 3 pilastri. Il primo è costituito dalla ​cooperazione comunitaria​, il secondo dalla ​PESC ​e il terzo dalla ​GAI​. Il frontone rappresenta le disposizioni comuni contenute nel TUE". Benchè distinti, i 3 pilastri sono quindi funzionalmente legati l'uno all'altro: le stesse isituzioni operano nell'ambito di tutti e 3 i pilastri. Ulteriori passi verso l'assimilazione tra i 3 pilastri vengono compiuti con in Trattato di Amsterdam e con il Trattato di Nizza. ∙ Da un lato, una parte consistente del pilastro GAI vengono trasferite nel primo pilastro(visti,diritti di asilo,immigrazione) e vengono quindi sottoposte al metodo comunitario. Nel terzo pilastro rimane la sola ​Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale​. ∙ Dall'altro, si assiste all'introduzione parziale nel 2° e nel 3° pilastro di alcuni dei principi caratterizzanti del metodo comunitario​. Nelle intenzioni, la struttura a pilastri avrebbe dovuto essere soppressa con la riforma dei trattati prevista dal Trattato di Lisbona. In realtà viene meno soltanto la distinzione tra 1° e 3° pilastro. Di quest'ultimo sopravvive solo la Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale. Permangono invece notevoli differenze per quanto riguarda l'ex secondo pilastro (PESC) la cui disciplina è interamente affidata al TUE. 1.4)L'europa a più velocità: Un'esempio molto importante di tale fenomeno è offerto dal ricorso a ​forme di cooperazione differenziata,​così detta perchè applicabile ad un numero ristretto di Stati membri: si tratta del fenomeno noto come ​Europa a più velocità. Tale fenomeno nasce come soluzione di ripiego cui ricorrere quando si constata che l'estenzione della competenza comunitaria ad un nuovo settore ​o ​la previsione di poteri d'azione comunitari più efficienti​, rischiano di essere bloccate per l'opposizione di un numero molto limitato di Stati membri. In questi casi, si preferisce talvolta rinunciare all'idea di un'integrazione uguale per tutti e permettere agli Stati che lo desiderano di andare avanti senza gli Stati contrari, nella speranza che, col tempo, anche questi seguiranno. Un primo esempio si realizza con l'accordo di Schengen del 14 giugno 1985 finalizzato a ridurre drasticamente i cotrolli fisici sulle persone alle frontiere. Un secondo esempio di integrazione differenziata riguarda l'​Unione economica e monetaria(UEM). All'adozione dell'euro come moneta unica non parteciparono tutti gli Stati ma quelli non aderenti hanno la possibilità di entrarne a far parte. 1.5)Il trattato che adotta una costituzione per l'Europa: Il Consiglio europeo di Laeken, tenutosi il 14 e 15 dicembre 2001, approva un'ulteriore dichiarazione, nota come Dichiarazione di Laeken. L'aspetto più interessante consiste nell'aver deciso di convocare una ​Convenzione ​composta dai ​principali partecipanti al dibattito sul futuro dell'unione ​e con il ​compito di esaminare le questioni essenziali che il futuro dell'unione comporta e di ​ricercare le diverse soluzioni possibili​. La Convenzione esegue il mandato ricevuto il 18 luglio 2003, trasmettendo al Presidente del Consiglio europeo in carica, un progetto di trattato che istituisce una Costituzione per l'Europa. Il Consiglio europeo tenutosi a Bruxelles il 17 e 18 giugno 2004vapprova infatti il testo del Trattato che adotta una Costituzione per l'europa che viene poi solennemente firmato a Roma il 29 ottobre 2004. 1.6)Il trattato di riforma di Lisbona: Dopo aver infruttuosamente esplorato varie soluzioni alternative, gli Stati membri si decidono a riaprire le trattative al fine di predisporre un nuovo testo di trattato che, sia in grado di ottenere l'approvazione prima dei ​governi degli Sati membri e poi dei ​parlamenti nazionali ​e degli ​elettori in caso di referendum. Il Consiglio europeo di Bruxelles del 21 e 22 giugno 2007 decide di convocare una nuova CIG per definire il testo della riforma, la quale doveva soltanto incorporare nel testo degli attuali TUE e TCE, le innovazioni contenute nel Trattato costituzionale. Si è così giunti in tempi molto rapidi all'approvazione del nuovo ​Trattato che modifica il Trattato sull'Unione europea(TUE) Trattato che istituisce la Comunità europea(TFUE), firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007, noto come Trattato di Lisbona. Rispetto al Trattato costituzionale, il Trattato di Lisbona presenta: ∙ Elementi di continuità: La maggior parte delle innovazioni contenute nel Trattato costituzionale sono sopravvissute al passaggio nel Trattato di Lisbona. ∙ Elementi di discontinuità: Vi sono numerosi elementi di discontinuità: anzitutto va sottolineata la scelta di procedere ad una ​de-costituzionalizzazione della riforma e di privarla di quelle ​caratteristiche di eccezionalità e di originalità che avrebbero dovuto distinguerla dalle riforme precedenti. Questa scelta ha numerose manifestazioni: a) La prima manifestazione ha ​carattere formale​;il Consiglio europeo dichiara infatti che <<​il progetto costituzionale è abbandonato>>​. ​Il TUE è completamente riscritto​, mentre ​il TCE cambia nome e natura e si trasforma in Trattato sul funzionamento dell'Unione europea(TFUE) ​e diventa il contenitore di tutte quelle disposizioni che sono giudicate di livello meno importante rispetto a quelle riservate al TUE. b) La seconda manifestazione ha ​carattere terminologico: i vocaboli ​Costituzione e costituzionale ​sono banditi da entrambi i trattati. c) La terza manifestazione è ​di contenuto: consiste nell'eliminare o attenuare alcune novità che avvicinano il nuovo trattato ad una vera e propria Costituzione La de-costituzionalizzazione della riforma costituisce la componente centrale della strategia messa in atto dal Consiglio europeo al fine di evitare il ripetersi delle difficoltà incontrate dal trattato costituzionale in sede di ratifica. Altre differenze riguardano l'inserimento nei trattati di alcuni meccanismi di garanzia a favore degli Stati membri. x) ​alcuni meccanismi consentono ad uno o più Stati membri di bloccare o almeno di ritardare l'assunzione di decisioni alle quali siano contrari (es: nuovo sistema di calcolo della maggioranza qualificata in sede di consiglio). y) ​altri meccanismi permettono ad uno o più Stati membri di sottrarsi alla obbligatorietà di certe parti dei trattati o di certi atti delle istituzioni o ancora di accettare di esserne b) La giurisprudenza delle Corti costituzionali nazionali che hanno riconosciuto <<​l'efficacia diretta e il primato del diritto di fonte sovranazionale rispetto a quello di fonte nazionale>>. Nei settori che i Trattati attribuiscono alla competenza dell'Unione, le Corti costituzionali riconoscono che il potere di governo,sul piano della potestà normativa,non appartiene più agli Stati membri. ​L'unione non è una semplice organizzazione internazionale, ma è dotata,nei settori attribuiti alla sua competenza, di poteri assimilabili a quelli di un vero e proprio Stato. Capitolo 2: Il quadro istituzionale La struttura su cui si regge l'Unione europea è formata da alcuni organi denominati istituzioni: ∙ Parlamento europeo(oi) ∙ Consiglio europeo(os) ∙ Consiglio(os) ∙ Commissione(oi) ∙ Corte di giustizia dell'Unione europea(oi) ∙ Corte dei conti(oi) ∙ Banca centrale europea(BCE)(oi) All'interno di alcune di queste istituzioni operano alcune figure che possono essere qualificate come ​organi monocratici: Il Presidente del Consiglio europeo L'Alto rappresentante dell'Unione Il Presidente della Commissione Le istituzioni sono le stesse per l'intera Unione, quindi l'intero sistema è gestito da un quadro istituzionale unico. Dopo l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona le disposizioni relative alla ​composizione​, ai ​poteri​, e al ​funzionamento delle istituzioni risultano distribuite tra il TUE(disposizioni più importanti) e il TFUE(disposizioni di dettaglio). 1 Secondo il ​principio di coerenza ​le azioni svolte dalle istituzioni devono essere tra di loro ​coordinate​. 2 Invece secondo il ​principio dell'equilibrio istituzionale​, ciascuna istituzione agisce nei limiti delle attribuzioni che le sono state conferite dai trattati, secondo le ​procedure​, ​condizioni e ​finalità da essi previsti. La violazione di tale principio trova apposita sanzione nel ​vizio di incompetenza e comporta ​l'illegittimità dell'atto ​adottato da un'istituzione diversa da quella competente. Secondo la Corte(caso Chernobyl)<<​il rispetto dell'equilibrio istituzionale comporta che ogni istituzione eserciti le proprie competenze nel rispetto di quelle delle altre isitituzioni>>. 3 Secondo il ​principio della leale collaborazione ​le istituzioni attuano tra di loro una leale collaborazione. Tale principio è stato individuato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia nella sentenza 30 marzo 1995 ​Parlamento europeo c. Consiglio​. Lo stesso principio vale nei rapporti tra UE e Stati membri i quali:<<​si rispettano e si assistono reciprocamente nell'adempimento dei compiti derivanti dai trattati>>. 4 Per quanto riguarda il ​principio del rispetto dell'acquis ​il termine ​acquis ​indica l'insieme di quanto è stato realizzato(acquisito) in un determinato momento storico sul piano dell'integrazione europea(​trattati​, ​atti delle istituzioni​, ​principi generali​, ​la giurisprudenza della Corte ​ecc...). ​Secondo tale principio l'acquis deve essere rispettato, nel senso che non sarebbe stato consentito approvare atti che costituissero un regresso rispetto all'obiettivo di una sempre maggiore integrazione. E' dubbio che il principio del rispetto dell'acquis sia stato confermato dal Trattato di Lisbona. ​Il nuovo testo prevede espressamente che i progetti intesi a modificare i trattati possono,tra l'altro, essere intesi ad accrescere o a ridurre le competenze attribuite all'Unione nei trattati. Quindi gli Stati membri possono esercitare nuovamente la loro competenza ma soltanto nella misura in cui l'unione ha deciso di cessare la propria. 2.1)Il Parlamento europeo(art.14 TUE): Ai sensi dell'art 14,par.2,TUE,<<​il Parlamento europeo è composto da rappresentanti dei cittadini dell'Unione>>. I membri sono eletti a ​suffragio universale diretto. ​Secondo l'art 223, par.1 TFUE, l'elezione dei membri del Parlamento europeo avviene ​<<secondo una procedura uniforme in tutti gli Stati membri o secondo principi comuni a tutti gli Stati membri>>.​ L'elezione segue le seguenti tappe: ∙ Iniziativa del Parlamento europeo ∙ Delibera all'unanimità del Consiglio ∙ Approvazione del Parlamento europeo ∙ Approvazione degli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali Tra i principi comuni attualmente in vigore troviamo: il carattere di tipo proporzionale del voto il regime delle incompatibilità(è vietato il doppio mandato) il principio un elettore-un voto il momento di inizio dello spoglio delle schede elettorali La durata del mandato è di 5 anni; quanto al numero dei membri l'art 14 si limita a stabilire un ​numero massimo che non può essere superiore a 750, più il presidente(751 totale) e a precisare che la rappresentanza dei cittadini è garantita in modo ​degressivamente proporzionale con una ​soglia minima di 6 membri per Stato membro ​ed una ​soglia massima di 96 seggi. Il numero totale e la distribuzione dei seggi tra gli Stati membri è disposta con una ​decisione del Consiglio europeo ​adottata su iniziativa del parlamento europeo e con la sua approvazione. Il Parlamento europeo dispone di alcuni ​organi. Tra questi particolare importanza assume il Presidente​, il quale dirige i lavori del Parlamento e lo rappresenta nelle relazioni internazionali, nelle cerimonie, negli atti amministrativi e giudiziari. Il Presidente è assistito da 14 vice-presidenti, insieme ai quali costituisce l'​Ufficio ​di Presidenza con funzioni consultive. Il Parlamento europeo lavora in ​Aula o in ​Commissione​. Le commissioni possono essere di 2 tipi: Commissioni permanenti​: Commissioni speciali e commissioni temporanee d'inchiesta Il Parlamento europeo ha diverse ​funzioni: ∙ Esercita congiuntamente al Consiglio,la funzione legislativa e la funzione di bilancio ∙ Esercita funzioni di controllo politico e consultive alla condizioni previste dai trattati ∙ Elegge il presidente della Commissione Per esercitare le funzioni di ​controllo politico ​il Parlamento dispone di numerosi canali attraverso i quali riceve informazioni sull'operato delle ​altre istituzioni​, degli ​Stati membri ​e dei ​privati​. L'informazione regolare e periodica del Parlamento è assicurata dalla presentazione allo stesso di ​relazioni o ​rapporti da parte di altre istituzioni ed organi. La più importante è la ​relazione generale annuale ​presentata dalla Commissione ed esaminata dal Parlamento. Il Presidente del Consiglio europeo presenta al Parlamento europeo una relazione dopo ogni riunione. ​Il Parlamento europeo deve essere consultato regolarmente dall'Alto rappresentante sui principali aspetti di politica estera e di sicurezza comune​. Il Parlamento europeo dispone altresì del ​potere di procurarsi autonomamente informazioni ​attraverso lo strumento delle ​interrogazioni e quello delle audizioni della Commissione, del Consiglio e del Consiglio europeo(CANALI ISTITUZIONALI). Vi sono inoltre altri canali che fanno leva ​sull'iniziativa degli individui​: ∙ PETIZIONI: Il diritto di presentare ​petizioni al Parlamento, su una materia che rientra nel campo di attività dell'Unione spetta a ​qualsiasi cittadino dell'Unione​, ∙ L'unanimità​: Quando i trattati richiedono l'​unanimità​, il voto contrario di 1 solo Stato membro è sufficiente ad impedire l'approvazione;al contrario l'astenzione non ha questo effetto. Il modo normale di deliberazione secondo l'art 16 TUE è la ​maggioranza qualificata​; La maggioranza semplice ​o l'​unanimità ​si applicano soltanto se lo prescrive la norma dei trattati su cui il Consiglio si basa per agire. Il Consiglio esercita: La funzione ​legislativa​ e di ​bilancio Le funzioni di ​definizione delle politiche ​e di ​coordinamento alle condizioni stabilite dai trattati. 2.3)L'Alto rappresentante(art.18 TUE): Il Trattato di Lisbona ha istituito inoltre la carica di ​Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Ai sensi dell'art 18 TUE, le ​funzioni dell'alto rappresentante sono le seguenti: Guida la PESC, ​con il compito di formulare proposte per l'elaborazione di tale politica e di attuarla in qualità di mandatario del Consiglio. Presiede il Consiglio Affari esteri E' uno dei Vicepresidenti della Commissione Proprio in ragione della sua ​duplice qualità ​di ​organo del Consiglio e di ​membro della Commissione​, la procedura di nomina dell'Alto rappresentante coinvolge sia il ​Consiglio europeo ​che il ​Presidente della Commissione​. ​La nomina spetta infatti al Consiglio europeo<<A maggioranza qualificata con l'accordo del Presidente della Commissione>>. La durata del mandato, non espressamente indicata, coincide con quella degli altri membri della Commissione. 2.4)Il Consiglio europeo(art.15 TUE): Il Consiglio europeo è un ​organo di Stati, in quanto è composto da soggetti che rappresentano direttamente i singoli Stati membri di appartenenza. Il Trattato di Lisbona ha reso il Consiglio europeo un'istituzione vera e propria. Il Consiglio europeo è composto da: ∙ Capi di Stato e di governo degli Stati membri ∙ Dal suo Presidente ∙ Dal Presidente della Commissione ∙ Dall'Alto rappresentante​(partecipa solamente ai lavori, non è dunque un vero e proprio membro) Dal punto di vista del ​potere deliberativo​,in caso di deliberazione a maggioranza qualificata votano soltanto i capi di Stato e di governo. Prima del trattato di Lisbona, il presidente del Consiglio europeo era il Capo di Stato o di Governo dello Stato membro che deteneva la presidenza del Consiglio secondo il sistema di rotazione semestrale. Per dare ​maggiore continuità ​ai lavori del Consiglio europeo, è stata prevista un'​apposita carica​: l'art 15 TUE stabilisce infatti che <<​il Consiglio europeo elegge il Presidente a maggioranza qualificata per un mandato di 2 anni e mezzo rinnovabile una sola volta​>>. Tra le funzioni del Presidente vi è quella ​della ​preparazione e della continuità dei lavori del Consiglio europeo​, e quella ​della rappresentanza esterna dell'Unione per le materie relative alla politica estera e di sicurezza comune​. Il modo di deliberazione tipico del Consiglio europeo è il ​consenso: il consenso sì forma, senza bisogno di votare, ​quando nessuno dei membri si oppone al testo presentato dal Presidente. Il Trattato di Lisbona prevede però alcuni casi in cui il Consiglio europeo, può deliberare a ​maggioranza qualificate​(es: nominare il proprio Presidente) ma il Presidente del Consiglio europeo e il Presidente della Commissione non partecipano al voto. Per quanto riguarda le sue ​funzioni​, il Consiglio europeo ​dà all'Unione gli impulsi necessari al suo sviluppo e ​ne definisce gli orientamenti e le priorità politiche generali, ma ​non esercita funzioni legislative. ​Il Consiglio europeo è il supremo organo di indirizzo dell'intera Unione​. Con il Trattato di Lisbona vengono assegnati compiti decisionali veri e propri. Il Consiglio europeo si va delineando sempre di più come ​una sorta di presidenza collegiale dell'Unione​, interprete dell'interesse generale(es:il Consiglio europeo ha un ruolo esclusivo o determinante nella nomina del ​propio Presidente​, dell'​Alto rappresentante ​e del ​Presidente della Commissione​. Infine il Trattato di Lisbona moltiplica le ipotesi in cui il Consiglio europeo opera come una sorta di istanza di appello rispetto al Consiglio​. In taluni settori,il Consiglio europeo può essere adito da uno Stato membro che non intenda subire una decisione presa a maggioranza qualificata,ottenendo di bloccare o di rinviare la decisione. 2.5)La Commissione(art.17 TUE): La Commissione è un ​organo di individui; essa è formata da un ​numero di componenti uguale a quello degli Stati membri(28 membri); I membri della Commissione devono soddisfare altri requisiti relativi alla loro indipendenza e alla loro ​professionalità​. Il ​mandato dei membri della Commissione dura ​5 anni​. La durata è stata armonizzata con quella del mandato dei membri del Parlamento europeo, in modo che il nuovo Parlamento abbia tra i suoi primi compiti quello di partecipare alla nomina di una nuova Commissione. Il mandato dei ​singoli membri ​o dell'​intera ​Commissione può terminare anticipatamente: ciò può avvenire in caso di ​dimissioni individuali o collettive​. Le dimissioni possono anche essere pronunciate ​d'ufficio da parte della Corte di giustizia per violazione degli obblighi derivanti dalla loro carica. Infine, la fine anticipata del mandato può aversi in seguito ad una ​mozione di censura ​da parte del Parlamento europeo. La procedura di nomina è composta da più fasi: 1 La ​prima fase ​ha ad oggetto ​l'individuaizione del solo candidato alla carica di Presidente. Tale individuazione viene effettuata dal ​Consiglio europeo che decide a ​maggioranza qualificata. 2 La ​seconda fase ​consiste ​nell'elezione del candidato Presidente da parte del Parlamento europeo 3 Alla ​terza fase ​partecipa lo stesso Presidente eletto. Essa consiste in una deliberazione del ​Consiglio​, di comune accordo con il ​Presidente eletto​,​con la quale adotta l'elenco delle altre personalità selezionate in base alle proposte degli Stati membri. La decisione del Consiglio va adottata a ​maggioranza qualificata.​(​questa terza fase non riguarda l'Alto rappresentante che viene nominato dal Consiglio europeo, con l'accordo del Presidente della Commissione​). 4 Nella ​quarta fase ​il ​Presidente​, l'​Alto rappresentante ​e gli ​altri membri della Commissione ​sono soggetti collettivamente ad un ​voto di approvazione da parte del Parlamento europeo​. 5 La ​quinta e ultima fase ​è affidata al ​Consiglio europeo ​che, sempre a maggioranza qualificata, ​nomina la Commissione​. Il Presidente della Commissione ha il compito di: Definire gli orientamenti ​della Commissione Definire l'organizzazione interna ​della Commissione Nominare i vicepresidenti (​ad eccezzione dell'Alto rappresentante) Ripartire le competenze​ tra i membri della Commissione Può obbligare ​un membro della Commissione a ​rassegnare le dimissioni (per quanto riguarda l'Alto rappresentante, il Presidente può soltanto chiederne le dimissioni ma ogni decisione in merito va presa dal Consiglio europeo). Il Presidente è membro del Consiglio europeo Le deliberazioni della Commissione vengono prese ​a maggioranza del numero dei suoi membri. ​La Commissione ha come compiti: 1 Promuove l'interesse generale dell'Unione e adotta le iniziative appropriate a tal fine 2 Vigila sull'applicazione dei trattati e delle misure adottate dalle istituzioni in virtù dei trattati Il Tribunale ha una natura duplice: In genere è ​giudice di primo grado​: Le pronunce emesse dal Tribunale come giudice di primo grado sono soggette ad ​impugnazione ​davanti alla Corte di giustizia. Il termine è di ​2 mesi a decorrere dalla notifica della decisione da impugnare.(in questi casi non è possibile parlare di un vero e proprio doppio grado di giudizio. L'impugnazione delle pronunce del tribunale dinnanzi alla Corte ​non costituisce infatti un giudizio d'appello​, essendo limitata ai ​soli motivi di diritto​. ​Il giudizio sul fatto si esaurisce dinnanzi al tribunale ed è oggetto di un unico grado​. Rispetto alle cause che sono assegnate alla competenza dei tribunali specializzati, il Tribunale è invece ​giudice di secondo grado​, ​in quanto conosce delle impugnazioni proposte contro le sentenze di primo grado di questi tribunali. Il Tribunale, come giudice di secondo grado emette decisioni praticamente definitive per le parti. Per quanto riguarda la ​competenza ​del Tribunale esso ha una ​competenza diretta ​a conoscere dei ricorsi ad eccezione di quelli attribuiti ad un tribunale specializzato, e di quelli riservati alla Corte di giustizia. Il Tribunale è competente in primo grado: Per i ricorsi proposti dalle persone fisiche o giuridiche contro le istituzioni e gli altri organi Per i ricorsi d'annullamento e in carenza proposti da uno Stato membro contro la Commissione. Per i ricorsi d'annullamento proposti da uno Stato membro contro il Consiglio ∙ I Tribunali specializzati (Tribunale per la funzione pubblica): A partire dal Trattato di Nizza, il ​Parlamento europeo ​e il ​Consiglio ​possono istituire tribunali specializzati affiancati al Tribunale​,incaricati di conoscere in primo grado di talune categorie di ricorsi proposti in materie specifiche. La nomina dei membri è compito del Consiglio. Le sentenze dei Tribunali specializzati sono impugnabili davanti al Tribunale per i ​soli motivi di diritto o,se il regolamento istitutivo lo prevede,​anche per i motivi di fatto​. Il primo tribunale specializzato è il ​Tribunale della funzione pubblica dell'Unione europea(TFP): esso è composto da 7 giudici scelti tra persone che offrano tutte le garanzie di indipendenza e possiedano la capacità per l'esercizio delle funzioni giurisdizionali; la loro nomina è affidata al ​Consiglio che decide all'​unanimità previa consultazione di un ​comitato​. Il termine di impugnazione è di 2 mesi dalla notifica, e deve essere limitata ai soli motivi di diritto. 2.7)La corte dei conti, la BCE e gli altri organi: ∙ La ​Corte dei conti ​è un ​organo di individui; ​è composta da ​1 cittadino di ciascuno stato membro nominati dal ​Consiglio a ​maggioranza qualificata ​previa consultazione del Parlamento europeo, per un mandato di 6 anni. I requisiti di indipendeza ​e di ​professionalità sono analoghi a quelli previsti per i giudici della Corte di giustizia. La ​Corte dei conti ​ha il compito di ​assicurare il controllo dei conti dell'Unione​. L'atto più rilevante in cui si estrinseca la funzione di controllo della Corte è costituito dalla ​relazione annuale che viene redatta alla fine di ogni esercizio. ∙ La ​BCE è un'organo creato dal TUE, e sempre da quest'ultimo è stato eretto al rango di istituzione​. Essa ​gode di personalità giuridica​, ha il diritto esclusivo di autorizzare l'emissione dell'euro​, ed ​è indipendente nell'esercizio dei suoi poteri e nella gestione delle sue finanze​. Essa si articola al suo interno in un ​Comitato esecutivo​, composto da un Presidente, un Vicepresidente e altri 4 membri nominati dal Consiglio europeo e delibera a ​maggioranza qualificata​, e un Consiglio direttivo​, composto dai ​membri del comitato esecutivo ​e dai governatori delle banche centrali nazionali degli Stati membri la cui moneta è l'euro. La BCE ha il diritto esclusivo di autorizzare l'emissione di banconote in euroall'interno dell'Unione. Capitolo 3:Le procedure decisionali Per ​procedure decisionali si intende la sequenza di ​atti o ​fatti ​richiesta dai trattati affinchè la ​volontà dell'Unione si possa manifestare attraverso determinati atti giuridici. Le procedure decisionali hanno prevalentemente ​carattere interistituzionale​. Esse si compongono di atti o fatti provenienti da più di un'istituzione. Molto spesso le procedure decisionali necessitano dell'​iniziativa ​della Commissione​. Altre volte, invece, l'iniziativa può venire anche da altri soggetti istituzionali o addirittura da uno Stato membro o da un gruppo di essi. Le procedure decisionali si distinguono per la loro ​grande varietà​. I trattati prevedono numerose procedure decisionali. La ​disciplina delle procedure decisionali è ​stabilita direttamente dai trattati ed è pertanto ​inderogabile dalle istituzioni. Prima del Trattato di Lisbona, le procedure più frequentemente utilizzate non si distinguevano in funzione della ​natura del potere esercitato dalle istituzioni coinvolte o in ​relazione al tipo di atto da adottare. Il TFUE corregge questo difetto d'origine, riservando alla adozione degli ​atti legislativi alcune specifiche procedure le quali vengono appunto definite ​procedure legislative​: ∙ La procedura legislativa ordinaria: E' la procedura più applicata, consiste nell'​adozione congiunta ​di un ​regolamento​, di una ​direttiva o di una ​decisione da parte del ​Parlamento europeo​ e del ​Consiglio​ su ​proposta della Commissione​. ∙ Procedure legislative speciali: Si applicano soltanto nei casi specifici previsti dai Trattati e prevedono l'adozione di un ​regolamento​, di una ​direttiva o di una decisione da parte del ​Parlamento europeo con la partecipazione del Consiglio o da parte di quest'ultimo con la partecipazione del Parlamento europeo. Mentre la ​procedura legislativa ordinaria ​è ​tipizzata​(cioè si svolge sempre secondo le modalità previste​), le ​procedure legislative speciali ​hanno in comune soltanto la partecipazione di entrambi il Parlamento europeo e il Consiglio​: l'esatto svolgimento di ciascuna di esse è ​definito di volta in volta dalla disposizione dei Trattati che la prevede; è tuttavia possibile individuare 2 modelli di gran lunga prevalenti: la procedura ​di consultazione ​e quella ​di approvazione​. Accanto alle procedure legislative i Trattati ne prevedono altre per l'adozione di atti di natura diversa(​procedure non legislative​). 3.1)La definizione della corretta base giuridica: Per stabilire quale procedura vada seguita di volta in volta, occorre definire la ​base giuridica ​dell'atto che si intende adottare. ​Occorre quindi individuare la disposizione dei trattati che attribuisce alle istituzioni il potere di adottare un determinato atto​. Sarà la disposizione così individuata ad indicare la procedura decisionale da seguire. Quindi la corretta individuazione della base giuridica di ciascun atto è un'operazione estremamente delicata. ​Ciò spiega il perchè sono sorti spesso numerosi conflitti in cui il Parlamento europeo o la Commissione contestano la base giuridica prescelta dal Consiglio​, attraverso un ​ricorso d'annullamento proposto dinnanzi alla ​Corte di giustizia. In alcuni casi l'istituzione ricorrente è interessata a far valere un diverso articolo del medesimo o addirittura un diverso trattato come base giuridica dell'atto del Consiglio impugnato. In altri casi la contestazione della base giuridica individuata dal Consiglio è legata alla volontà di ricondurre l'atto impugnato in un settore di competenza maggiormente caratterizzato dal metodo comunitario. La corretta individuazione della base giuridica dipende dall'analisi di alcuni elementi oggettivamente rilevabili, tra i quali lo ​scopo e il ​contenuto​. ​La scelta del fondamento giuridico di un atto non può dipendere solo dal convincimento di un'istituzione circa lo scopo perseguito, ma deve basarsi su ​elementi oggettivi suscettibili di sindacato giurisdizionale​. ​Laddove accanto ad una base giuridica di carattere generale, sia utilizzabile una base giuridica più specifica per un determinato atto, occorre sempre privilegiare quest'ultima​. Può tuttavia accadere che uno stesso atto persegua una pluralità di scopi o presenti contenuti differenziati. In casi del genere, la base giuridica va dedotta dal ​centro di gravità dell'atto​. Qualora non sia possibile determinare il centro di gravità dell'atto, perchè i vari scopi e i vari contenuti hanno uguale importanza, l'atto dovrà eccezionalmente avere una ​base giuridica plurima, caso si apre una fase intermedia e viene convocato un ​comitato di conciliazione. ​Tale comitato è composto dai membri del Consiglio e da attrettanti membri del Parlamento europeo, ed ha il compito di approvare entro 6 settimane un ​progetto comune ​con la collaborazione della Commissione. Se il comitato non riesce ad approvare entro il termine un progetto comune, l'atto si considera non adottato. Se invece il comitato approva un progetto comune,l'atto dovrà poi essere definitivamente approvato in 3° lettura dal Parlamento e dal Consiglio entro ulteriori 6 settimane. In mancanza dell'approvazione di una delle 2 istituzioni l'atto si considera non adottato. 3.3)La procedure legislative speciali: La procedura di consultazione e la procedura di approvazione: Vi sono anche alcune procedure legislative speciali, il cui svolgimento è definito di volta in volta dalle disposizioni che fungono da base giuridica. Nella maggior parte dei casi esse consistono nell'adozione dell'atto da parte del Consiglio previa consultazione ​del Parlamento europeo(​procedura di consultazione​). In un numero limitato di casi l'atto deliberato dal Consiglio è sottoposto all'​approvazione del Parlamento europeo(​procedura di approvazione​). Nelle procedure legislative speciali, l'isitiuzione competente non può deliberare in mancanza di una ​proposta della Commissione​. ∙ Procedura di consultazione: ​Quando il TFUE prevede che il potere di adottare atti legislativi in un certo settore spetti solo al Consiglio, il potere di quest'ultimo è controbilanciato dall'​obbligo di consultare il Parlamento europeo. Si parla in questi casi di ​procedura di consultazione. Quello che il Parlamento è chiamato ad emettere è un ​parere consultivo: esso è obbligatorio ma non vincolante. Il Consiglio è libero di non seguire il parere. Nella sentenza 29 ottobre 1980 ​Roquette Frères la Corte afferma che ​la consultazione è lo strumento che consente al Parlamento l'effettiva partecipazione al processo legislativo della Comunità. La regolare consultazione del Parlamento è una ​formalità sostanziale​, la cui inosservanza implica la nullità dell'atto considerato. La consultazione del Parlamento europeo, quando richiesta, deve quindi essere una ​consultazione effettiva e regolare. Il TFUE non stabilisce alcun termine per l'emanazione del parere del Parlamento, ma quest'ultimo è tenuto all'osservanza del ​principio di leale collaborazione ​che prevede che il parere sia emanato entro un ​termine ragionevole ​e che venga tenuto conto delle richieste di delibera urgente. In mancanza, al Parlamento è precluso il diritto di invocare il ​difetto di consultazione​. L'esigenza di una ​consultazione effettiva e regolare si avverte anche qualora il Consiglio intenda deliberare un atto diverso da quello sul quale il Parlamento è stato chiamato ad esprimere il proprio parere. Dalla sentenza 15 luglio 1970 ​Chemiefarma ​si evince che ​il parere del Parlamento deve essere dato sull'atto che poi sarà effettivamente adottato dal Consiglio. Pertanto se il Consiglio decide di modificare l'atto già precedentemente approvato dal Parlamento è necessaria una seconda consultazione. ∙ Procedura di approvazione: ​In alcuni casi di particolare importanza, il TFUE prevede che l'​atto ​legislativo deliberato dal Consiglio debba essere approvato dal Parlamento europeo(​procedura di approvazione​). Nelle ipotesi in cui la procedura legislativa speciale richiede l'approvazione del Parlamento europeo in realtà il ​potere deliberativo non appartiene più al Consiglio, ma è ​condiviso con il Parlamento​, come avviene nella procedura legislativa ordinaria, ma a differenza di quest'ultima il ​Parlamento si limita ad approvare o a respingere l'atto​. 3.4)Procedure legislative nel settore dello Spazio di sicurezza, libertà e giustizia: Con il Trattato di Lisbona è stato stabilito che il Consiglio europeo definisce gli orientamenti strategici della programmazione legislativa nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Permangono tuttavia alcune differenze dal punto di vista delle procedure legislative applicabili. In tali settori la procedura ordinaria è molto presente, ma è affiancata dalle procedure speciali. Qualunque sia la procedura legislativa applicabile, il ​potere di proposta non spetta soltanto alla ​Commissione ma anche all'iniziativa di ​1/4 degli Stati membri​. In numerosi casi sono previsti taluni ​strumenti procedurali che consentono agli Stati membri contrari a determinati atti di ​impedirne o ritardarne l'adozione​. In 2 casi tali strumenti sono associati alla procedura legislativa ordinaria e si presentano pertanto come delle ​varianti rispetto al suo normale svolgimento. Lo Stato membro contrario interviene perchè ritiene che il progetto di atto <<​incida su aspetti fondamentali del proprio ordinamento giuridico penale>>. L'intervento avviene prima della deliberazione dell'atto da parte del Consiglio e comporta la ​sospensione della procedura legislativa ordinaria. L'esame dell'atto passa al Consiglio europeo che ha 4 mesi per approvare l'atto per consenso​. Se ciò avviene, l'atto è rinviato al Consiglio e la procedura legislativa ordinaria riprende. In caso contrario,<<​se almeno 9 Stati membri desiderano instaurare una cooperazione rafforzata sulla base del progetto di atto, essi ne informano il Parlamento europeo​, il ​Consiglio e la ​Commissione​>> ​e l'autorizzazione a procedere alla cooperazione rafforzata si considera concessa. In altre ipotesi invece lo strumento procedurale è associato a ​procedure legislative speciali ​che richiedono una ​delibera unanime da parte del Consiglio​. In questi casi lo strumento si presenta come una variante rispetto al normale svolgimento che consente di superare, sia pure parzialmente, la mancanza di unanimità. Infatti, in mancanza di unanimita, ​un gruppo di almeno 9 Stati membri può chiedere che del progetto sia investito il Consiglio europeo​. Entro 4 mesi, il Consiglio europeo, decidendo per consenso, rinvia il progetto al Consiglio perchè lo adotti, altrimenti almeno 9 Stati possono dar vita una Cooperazione rafforzata e l'autorizzazione si considera concessa. ​Lo Stato membro che provoca il rinvio al Consiglio europeo può ritardare l'adozione del progetto di atto ma corre il rischio che l'atto sia adottato comunque sotto forma di Cooperazione rafforzata. 3.5)Le procedure non legislative: In molti casi i trattati prevedono l'adozione da parte delle istituzioni dell'Unione di ​atti non legislativi e stabiliscono di volta in volta la procedura decisionale applicabile. Il ​Consiglio europeo​, i cui atti non hanno mai natura legislativa, delibera seguendo procedure diverse da caso a caso. ∙ Alcune sono disciplinate in ​maniera originale ​rispetto alle procedure applicabili al Consiglio e riflettono il ruolo di superiorità che il Consiglio europeo svolge​. In questi casi il ​Consiglio europeo decide in piena autonomia​, senza necessità di alcuna proposta e senza che sia richiesta la consultazione o l'approvazione di altre istituzioni(es: elezione del Presidente del Consiglio europeo). In questa categoria possono rientrare anche procedure in cui la deliberazione del Consiglio europeo, benchè non condizionata da una proposta proveniente da altri soggetti, è tuttavia subordinata all'​approvazione di un'altra istituzione o organo(es: l'approvazione del Parlamento europeo è necessaria per la nomina del Presidente della Commissione). ​In tutti questi casi il Consiglio europeo delibera a maggioranza qualificata. ∙ Altre volte le procedure sono articolate in ​modo simile ​a quelle del Consiglio​. Tali procedure si ispirano ai modelli della ​procedura di consultazione o della procedura di approvazione​. In questi casi il ​Consiglio non agisce di propria iniziativa ma ha bisogno di una proposta. In genere è poi tenuto a consultare altre istituzioni ovvero deve ottenerne l'approvazione. accordo sull'adesione dell'Unione alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali La fase della conclusione degli accordi segue in generale il modello della ​procedura di consultazione​. Il Parlamento europeo deve infatti essere sempre previamente consultato(tranne che per gli accordi che riguardano esclusivamente la PESC). Per altri tipi di accordi si segue invece il modello della ​procedura di approvazione​. Il Consiglio non può decidere la conclusione dell'accordo senza la preventiva approvazione del Parlamento europeo. Tale procedura può prevedere la ​consultazione della Corte di giustizia​: uno Stato membro, il Parlamento, il Consiglio o la Commissione possono domandare il <<​parere della Corte di giustizia sulla compatibilità di un accordo previsto con le disposizioni del presente trattato>>. Lo scopo di tale procedura è quello di prevenire il rischio che l'incompatibilità di un'accordo con le disposizioni dei trattati sia constatata solo dopo che l'accordo sia divenuto vincolante. 3.8) Le procedure per l'adozione degli atti d' attuazione e d'esecuzione: Gli atti del Consiglio o quelli adottati congiuntamente dal Parlamento e dal Consiglio(​atti di base o di primo grado​) affidano alla ​Commissione il compito di adottare atti di attuazione​/​esecuzione​(​atti di secondo grado). In alcuni casi l'atto di base si limita a definire gli elementi essenziali della disciplina. L'atto di base delega la Commissione a completare la disciplina stessa con regole di dettaglio o addirittura la autorizza a modificare la disciplina di base su aspetti non centrali(​atti di attuazione​). In altri casi invece l'atto di base conferisce alla Commissione soltanto il compito di applicare la normativa contenuta nell'atto di base(​atti di esecuzione​). L'art 290 TFUE introduce nel sistema dell'Unione l'istituto della ​delega di attuazione​. Esso prevede che <<​un atto legislativo può delegare alla Commissione il potere di adottare ​atti non legislativi di portata generale che ​integrano o ​modificano determinati elementi non essenziali dell'atto legislativo>>.​ Gli atti legislativi di delega: delimitano esplicitamente gli ​obiettivi​, il ​contenuto​, la ​portata e la ​durata della delega di potere. fissano esplicitamente le ​condizioni​ cui è soggetta la delega Per ​condizioni si intendono le ​modalità di controllo che le istituzioni autrici dell'atto legislativo di delega possono esercitare sulla maniera in cui la Commissione da attuazione alla delega ricevuta. Esse consistono: nel potere di ​revocare la delega nel potere di ​impedire l'entrata in vigore dell'atto delegato della Commissione sollevando <<​obiezioni>> entro un termine fissato dall'atto legislativo di delega L'elemento più problematico consiste nella possibilità che l'atto di delega autorizzi la Commissione anche a modificare alcuni ​elementi non essenziali dell'atto legislativo​. Da un lato, infatti, non è agevole distinguere tra ​elementi essenziali ed elementi che tali non sono, D'altro lato, ammettere che l'atto delegato possa modificare l'atto legislativo di regola introduce una confusione tra le fonti e porta ad una forma di ​delegificazione​(la delega consiste infatti nell'autorizzare una fontr sub-legislativa a modificare norme poste da una fonte legislativa). L'art 291 TFUE si occupa dell'​esecuzione degli <<​atti giuridici vincolanti dell'Unione>>. L'esecuzione è normalmente affidata agli ​Stati membri i quali <<​adottano tutte le ​misure di diritto interno ​necessarie per l'attuazione degli atti giuridicamente vincolante dell'Unione>>. L'esecuzione può essere affidata alla Commissione o eccezzionalmente al ​Consiglio ​soltanto se sono necessarie ​condizioni uniformi di esecuzione. Il par.3 ha ad oggetto il ​controllo da parte degli Stati membri sull'operato della Commissione(e non del Consiglio). 3.9) La procedura per instaurare una cooperazione rafforzata: L'instituto della cooperazione rafforzata si è affermato in occasione del Trattato di Amsterdam. Esso rappresenta la piena accettazione di quella concezione che è stata definita ​Europa a più velocità. ​Lo ​scopo della cooperazione rafforzata è quello di consentire ad un gruppo di Stati membri di utilizzare le ​istituzioni​, le ​procedure ed i ​meccanismi decisionali previsti dai trattati per instaurare tra loro forme di cooperazione non condivise da tutti gli Stati membri​. La disciplina dell'istituto è contenuta nell'art 20 TUE e negli art da 326 a 334 TFUE. Numerosi sono i ​requisiti materiali​ necessari: la cooperazione deve riguardare una ​competenza non esclusiva dell'Unione deve essere intesa a promuovere la ​realizzazione degli obiettivi dell'Unione​, a proteggere i suoi interessi ​e a rafforzare il suo processo di integrazione ed essere ​aperta a qualsiasi stato membro​. deve essere ​autorizzata in ultima istanza deve ​rispettare i trattati e il diritto dell'Unione non può arrecare pregiudizio al mercato interno La procedura per l'​autorizzazione ad instaurare una cooperazione rafforzata diverge a seconda che l'oggetto della cooperazione riguardi o meno la PESC: PESC: ​La richiesta ad instaurare una cooperazione rafforzata è presentata dagli Stati interessati al ​Consiglio e ​trasmessa ​all'Alto rappresentante e alla Commissione perchè esprimano un parere sulla coerenza con la PESC e al Parlamento europeo ​per conoscenza. ​L'autorizzazione è concessa dal Consiglio con deliberazione all'unanimità​. Altri settori: Gli Stati membri interessati devono trasmettere la loro richiesta alla ​Commissione​. Questa può presentare al ​Consiglio ​una proposta al riguardo ma anche rifiutarsi di farlo. L'autorizzazione è concessa secondo una procedura di approvazione: ​il Consiglio delibera, a maggioranza qualificata, previa approvazione del Parlamento europeo​. Nella cooperazione rafforzata vi è una particolarità che riguarda il Consiglio: i rappresentanti di Stati membri non partecipanti, non possono votare, mentre il quorum per raggiungere la maggioranza qualificata è determinato proporzionalmente rispetto agli Stati partecipanti. Tutti gli altri aspetti sono invece uguali. Capitolo 4:L'ordinamento dell'Unione europea Nella sentenza 5 febbraio 1963 ​Van Gend & Loos si legge che <<​la Comunità costituisce un ​ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo del diritto internazionale​, a favore del quale gli Stati hanno rinunziato, anche se in settori limitati, ai loro poteri sovrani, ordinamento che riconosce come soggetti non soltanto gli ​Stati membri ​ma anche i loro cittadini​>>. Nella sentenza 15 luglio 1964 ​Costa c.ENEL si legge che <<​il Trattato CEE ha istituito un ​proprio ordinamento giuridico integrato nell'ordinamento giuridico degli Stati membri​ e che i giudici nazionali sono tenuti ad osservare​>>. Il TCE a differenza dei ​trattati internazionali tradizionali comporta delle vere e proprie limitazioni di sovranità a carico degli Stati membri​. Inoltre il TCE e il complesso di norme che ne scaturisce ​toccano la sfera giuridica dei cittadini​, i quali diventano perciò soggetti anche dell'ordinamento comunitario. Tali differenze servono soprattutto a segnare ​l'autonomia del diritto comunitario rispetto al diritto interno degli Stati membri​. Tale diritto è considerato autonomo rispetto a quello interno degli Stati membri:​l'applicazione del diritto comunitario nei settori assegnati alla sovranità L'art 288 non prevede alcuna gerarchia tra atti vincolanti di tipo diverso. Di conseguenza una direttiva potrebbe abrogare un regolamento o una decisione potrebbe prevedere una deroga rispetto ad una direttiva. ​Normalmente la base giuridica specifica di volta in volta quale tipo di atti le istituzioni possono adottare​. L'eleco dell'art 288 non è completo nè tassativo; gli stessi trattati prevedono atti non corrispondenti a quelli elencati. In particolare per la PESC è prevista una tipologia di atti con denominazione e struttura diverse(​atti atipici​). Accanto agli atti atipici vanno annoverati alcuni tipi di atto affermatisi soltanto in via di prassi( disciplina della concorrenza, aiuti di Stato alle imprese). In questi settori la Commissione gode di ​poteri diretti di controllo e sanzione ma anche di un ampio ​margine di discrezionalità​. Per orientare i comportamenti dei destinatari di tali poteri, la Commissione pubblica periodicamente delle ​comunicazioni per rendere noto il modo in cui intende applicare le norme del TFUE con riferimento a determinate categorie di fattispecie. Le comunicazioni sono considerati atti con cui la Commissione definisce i limiti del proprio potere discrezionale. Gli art 296 e 297 TFUE disciplinano alcuni aspetti comuni a tutti gli atti delle istituzioni: ∙ motivazione: Gli atti delle istituzioni sono motivati e fanno riferimento alle proposte, iniziative, raccomandazioni, richieste o pareri previsti dai trattati ∙ firma: ​Gli atti legislativi sono firmati dal ​Presidente del Parlamento europeo e/o dal ​Presidente del Consiglio a seconda della procedura legislativa applicabile. Gli ​atti non legislativi sono firmati dal ​Presidente dell'istituzione che li ha adottati​. ∙ entrata in vigore: Sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea gli ​atti legislativi​, e tra gli ​atti non legislativi i regolamenti e le direttive rivolte a tutti gli Stati membri. Gli atti pubblicati nella GU entrano in vigore ​20 giorni dopo la pubblicazione​. 4.1) I trattati: Le ​fonti di diritto primario dell'Unione ​sono in massima parte contenute nei ​trattati(TUE e TFUE). Il rapporto tra i 2 trattati è ​paritetico dal punto di vista della natura giuridica​, mentre è ​gerarchico dal punto di vista funzionale​. Dal primo punto di vista i 2 trattati hanno pari natura giuridica. Dal punto di vista funzionale, il ​TFUE è strumentale rispetto al TUE​: le disposizioni più importanti sono concentrate nel TUE, mentre il TFUE è il contenitore di tutte quelle disposizioni che sono state considerate di importanza minore o di dettaglio. Tra i 2 testi esiste pertanto un ​legame funzionale​, nel cui ambito il TFUE è servente rispetto al TUE. Natura di fonti primarie hanno anche i protocolli​ e gli ​allegati ​ai trattati. Una questione dibattuta è quella della ​natura giuridica dei trattati. Vi sono 2 diverse concezioni: ∙ Semplici trattati internazionali ∙ Carta costituzionale Sicuramente i trattati non costituiscono una Costituzione di tipo statuale. La Corte di giustizia considera ed adopera i trattati come una Costituzione, piuttosto che come trattati internazionali. Nel ​parere 1/91 del 14 dicembre 1991 ​si legge: <<​il Trattato CEE, benchè sia stato concluso in forma di accordo internazionale, costituisce la carta costituzionale di una comunità di diritto>>. Tale concezione si riflette nei ​criteri interpretativi seguiti dalla Corte, che infatti si discostano notevolmente dai criteri utilizzati per i trattati internazionali. Un criterio interpretativo applicato al Trattato è quello dell'​effetto ​utile​: tra le varie interpretazioni possibili, la Corte preferisce quella che consente di riconoscere alla norma la maggiore effettività possibile, in maniera che gli scopi a cui la norma è rivolta possano essere raggiunti più compiutamente​. I trattati possono essere modificati soltanto ricorrendo alle procedure previste a questo scopo dagli stessi trattati, in particolare l'art 48 TUE che disciplina le ​procedure di revisione​. La più importante è la ​procedura di revisione ordinaria che è anche la sola ad avere un campo di applicazione generale. Sono poi previste ​2 procedure di revisione semplificate​, che si applicano, la prima solo a ​determinate parti dei trattati e, la seconda, soltanto per ​modificare le procedure decisionali​. La ​procedura di revisione ordinaria si suddivide in numerose fasi, di cui ​le prime​, aventi carattere preparatorio, si svolgono ​all'interno del circuito istituzionale dell'Unione​, mentre le ​fasi finali​, nel corso delle quali vengono assunte le deliberazioni vere e proprie, si svolgono ​all'esterno di tale circuito e vedono come protagonisti gli ​Stati membri ​e i loro parlamenti nazionali​. La procedura si articola in questo modo: ∙ Presentazione al ​Consiglio di un ​progetto di modifica da parte del ​governo di qualsiasi Stato membro​, del ​Parlamento europeo​ o della ​Commissione​. ∙ Decisione del ​Consiglio europeo a maggioranza semplice, previa consultazione del ​Parlamento europeo​ e della ​Commissione​. ∙ Conseguente convocazione da parte del Consiglio europeo di una <<​convenzione composta da rappresentanti dei parlamenti nazionali, dei capi di Stato o di governo degli Stati membri, del Parlamento europeo e della Commissione​>> con lo scopo di esaminare progetti di modifica e di adottare per consenso una raccomandazione per la conferenza intergovernativa(CIG). ∙ In alternativa, qualora l'entità delle modifiche non giustifichi la convocazione della convenzione, ​decisione del Consiglio europeo a maggioranza semplice, previa approvazione del Parlamento europeo, che definisce il mandato della CIG ∙ Convocazione di una CIG​, formata dai ​rappresentanti dei governi degli Stati membri​ per ​stabilire di comune accordo le modifiche da apportare ai trattati. ∙ Ratifica delle modifiche approvate da parte di tutti gli Stati membri <<​conformemente alle rispettive norme costituzionali>> ​e loro ​entrata in vigore​. L'avvio della procedura è agevolato dalla circostanza che il Consiglio europeo può deliberare a maggioranza semplice. Tuttavia poi alla CIG è necessario ​l'accordo unanime degli Stati membri sul trattato di revisione​. Tale accordo, tuttavia, non è ancora sufficiente, perchè l'entrata in vigore è subordinata alla ​ratifica da parte di tutti gli Stati membri​, secondo le rispettive norme costituzionali (essendo rimessa a ciascuna costituzione nazionale la definizione delle forme necessarie per la ratifica, è a queste che spetta stabilire se la ratifica debba avvenire come per qualsiasi trattato internazionale, o se invece sia necessario seguire procedure speciali). L'art 48 prevede che:<<​qualora passati 2 anni dalla firma del trattato di modifica, i 4/5 degli Stati membri abbiano ratificato detto trattato e uno o più Stati membri abbiano incontrato difficoltà nelle procedure di ratifica, la questione è deferita al Consiglio europeo>>. ​Il Consiglio europeo può così decidere misure che favoriscano l'entrata in vigore del trattato di revisione nonostante la mancata ratifica di alcuni Stati. Accanto alla procedura ordinaria, il Trattato di Lisbona ha previsto ​2 procedure semplificate di revisione​. 1 La procedura disciplinata dall'art 48 par 6 TUE può avere ad oggetto soltanto modifiche delle ​disposizioni ​relative alle politiche e azioni interne dell'Unione.​ La procedura consta delle seguenti fasi: ∙ presentazione al ​Consiglio europeo ​da parte del ​governo di qualsiasi Stato membro​, del ​Parlamento europeo o della ​Commissione​, di ​progetti di modifica ∙adozione delle modifiche da parte del ​Consiglio europeo con decisione approvata all'​unanimità previa consultazione del ​Parlamento europeo o della Commissione ∙entrata in vigore della decisione del Consiglio europeo previa approvazione degli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali L'unica differenza rispetto alla procedura ordinaria è che si evita la convocazione della convenzione e della CIG, essendo affidato al Consiglio europeo il compito di definire le modifiche con una propria decisione non discriminazione e vanno pertanto interpretate in maniera ampia. Anche il ​campo d'applicazione del principio di non discriminazione è stato interpretato in senso estensivo. ​L'aver stabilito che quello di non discriminazione è un principio generale, ne consente anche l'applicazione ad ipotesi che non sono espressamente contemplate da alcuna delle norme ​richiamate(autonomia del principio di non discriminazione)​. Una manifestazione ulteriore dell'autonomia del principio generale di non discriminazione è ravvisabile nel ​principio generale di parità di trattamento o di uguaglianza. Esso impone che situazioni paragonabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato​. Tale principio trova espressione nell'art 20 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, secondo cui ​tutte le persone sono uguali davanti alla legge. La Corte non ritiene che rientrino nel campo d'applicazione del principio generale di non discriminazione le ​discriminazioni alla rovescia​: si tratta di situazioni che si creano quando norme di uno Stato membro prevedono per i propri cittadini un ​trattamento deteriore rispetto a quello riservato ai cittadini di altri Stati membri. Un esempio di discriminazione alla rovescia si produce nel caso esaminato dalla sentenza 28 gennaio 1992 ​Steen. ​L'indifferenza dell'ordinamento dell'Unione rispetto a situazioni di discriminazioni alla rovescia comporta che le stesse vanno risolte nell'ambito del ​sistema giuridico nazionale dello Stato membro in questione. Nella sentenza 30 dicembre 1997, ​Pastificio Volpato, era stata sollevata una questione di costituzionalità per una sanzione amministrativa comminata per violazione di una legge che vietava l'utilizzo di alcuni ingredienti nella fabbricazione delle paste alimentari. Tale normativa non era applicabile ad un produttore stabilito in un'altro Stato membro. La Corte ne dichiara l'incostituzionalità poichè ​il legislatore ha l'obbligo di assicurare ai cittadini italiani che versano in una situazione puramente interna, un trattamento paritario rispetto a quello riservato ai beneficiari del diritto dell'Unione​. Tra gli altri principi generali del diritto comunitario troviamo: il ​principio di libera circolazione e il principio di tutela giurisdizionale effettiva. ∙ Una seconda categoria è costituita dai ​principi generali del diritto comuni agli ordinamenti degli Stati membri. Si tratta di principi che vengono desunti non dal diritto dell'Unione,ma ​dall'esame parallelo dei vari ordinamenti nazionali​. Questi vengono utilizzati soprattutto quando si tratta di verificare la legittimità del comportamento delle istituzioni o degli Stati membri in relazione alla posizione dei singoli. Tra questi si segnalano: Il ​principio di legalità​: ogni potere esercitato dalle istituzioni deve trovare la sua fonte legittimante in una norma dei trattati che ne fissi le condizioni d'esercizio Il ​principio della certezza del diritto​: chi è tenuto al rispetto di una norma giuridica deve essere messo in condizione di poterlo fare e di conoscere il comportamento che la norma gli impone Il ​principio del legittimo affidamento​: può essere invocato in caso di modifica normativa improvvisa e imprevedibile da parte degli operatori giuridici senza che ciò sia giustificato da ragioni imperative di interesse generale Il ​principio del contraddittorio​: le istituzioni e gli organi dell'Unione quando intendono assumere un provvedimento sfavorevole a carico di un singolo, devono consentire a quest'ultimo di far valere il proprio punto di vista prima che il provvedimento stesso venga adottato Il ​principio di proporzionalità​: gli interventi della pubblica autorità limitativi della ​libertà o dei ​diritti dei singoli​, per essere legittimi devono essere ​idonei a raggiungere l'obiettivo di interesse pubblico perseguito e devono essere ​necessari a questo fine evitando di imporre ai privati sacrifici superflui. 4.3) La protezione dei dititti fondamentali: Dopo l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona la protezione dei diritti fondamentali dell'uomo è oggetto dell'art 6 TUE. La protezione dei diritti umani nell'ordinamento dell'Unione trova la sua fonte e la sua disciplina in una pluralità di strumenti normativi: ∙ La Carta dei diritti fondamentali dell Unione europea (Carta di Nizza) ∙ CEDU ∙ Principi generali Inizialmente l'assenza di qualsiasi riferimento alla tutela dei diritti fondamentali nel TCE aveva condotto la giurisprudenza a teorizzare l'esistenza di ​principi generali. Successivamente si era immaginato che l'Unione potesse aderire alla CEDU diventandone parte contraente. Vista l'impossibilità di pervenire rapidamente all'adesione dell'Unione alla CEDU, si è deciso di redigere un ​autonomo catalogo dei diritti fondamentali​. Questo ha preso la forma della ​Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea​, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000. L'art 6 di tale Carta ha previsto che quest'ultima ha lo ​stesso valore giuridico dei trattati. L'affermazione della giurisprudenza secondo cui esistono principi generali del diritto che proteggono i diritti fondamentali e che vincolano le istituzioni è collegata alla presa di posizione delle Corti costituzionali italiana e tedesca. Queste partono dal presupposto che le norme costituzionali che hanno permesso all'Italia e alla Germania di aderire alla CE non consentono di derogare a quelle altre norme costituzionali che definiscono e proteggono i diritti fondamentali della persona umana. Ne consegue che tali norme costituzionali devono essere rispettate anche dagli atti adottati dalle istituzioni dell'Unione. Nella sentenza 27 dicembre 1973 ​Frontini la Corte costituzionale italiana ritiene che, nel caso di atti delle istituzioni che violassero i principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale o i principi inalienabili della persona umana, sarebbe sempre assicurata la garanzia del sindacato di questa corte sulla perdurante compatibilità del Trattato con i predetti principi fondamentali. La Corte allude alla possibilità di dichiarare l'illegittimità costituzionale della legge recante l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione del TCE nella misura in cui tale legge permette l'ingresso nell'ordinamento italiano di un atto comunitario lesivo dei principi fondamentali dell'ordinamento o dei diritti fondamentali della persona umana. La Corte esclude invece di poter operare il proprio controllo direttamente sugli atti comunitari in questione. La Corte tedesca invece nella sentenza Solange I addirittura allude ad un possibile controllo diretto da parte sua sull'atto comunitario in causa. La soluzione prospettata dalle 2 Corti costituzionali comportava un ​grave attentato al carattere unitario del diritto comunitario: ​un atto delle istituzioni, se giudicato in contrasto con i diritti fondamentali, non avrebbe trovato più applicazione in questi ordinamenti, pur trovandola negli altri. Quindi negli stessi anni la Corte di giustizia elabora ​in via giurisprudenziale una forma<<​comunitaria>> di tutela dei diritti fondamentali; ​tale tutela viene ricondotta ai principi generali del diritto che le istituzioni devono rispettare e la cui osservanza è sottoposta al controllo della Corte​. Secondo la Corte: ∙ i ​diritti fondamentali vanno tutelati nell'ordinamento comunitario in quanto rientranti nei ​principi generali del diritto ∙ al fine di definire il contenuto e la portata di tali diritti la Corte si ispira alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri​, ed ai ​trattati internazionali​ in materia di tutela dei diritti dell'uomo. sono uguali. La Carta deve quindi essere applicata in maniera che il livello di protezione assicurato dalla Carta ai diritti tutelati anche dalla CEDU sia almeno equivalente a quello della CEDU. In ogni caso è possibile che il diritto dell' Unione preveda un livello di tutela addirittura superiore. La Carta può quindi soltanto estendere la portata della tutela dei diritti fondamentali rispetto a quanto già previsto da altre fonti e mai restringerla. 4.5) Il ruolo dei principi generali e della Carta dei diritti fondamentali: ​I principi generali e la Carta assolvono ad una ​funzione stumentale​, in quanto ​influiscono sull'applicazione di norme materiali​ derivanti da altre fonti. ∙ In primo luogo i principi generali del diritto vengono in rilievo come ​criteri interpretativi delle altre fonti di diritto dell'Unione. L'interprete deve ispirarsi ad essi per individuare il corretto sognificator di ciascuna norma rientrante nell'ordinamento dell'Unione. ∙ In secondo luogo, i principi generali fungono da ​parametro di legittimità per gli atti delle istituzioni​. Questi possono essere annullati o dichiarati invalidi per violazione dell'uno o dell'altro dei principi o per contrarietà ai diritti sanciti dalla Carta. ∙ In terzo luogo, i principi generali operano indirettamente da ​parametro di legittimità per alcuni comportamenti degli Stati membri​. ​Ciò avviene quando il comportamento o l'atto in causa è stato adottato dallo Stato membro in attuazione di una norma dei trattati o di un atto delle istituzioni che ne autorizzi o addirittura ne richieda l'adozione. Pertanto gli interventi degli Stati membri in attuazione del diritto dell'Unione devono conformarsi ai principi generali del diritto comunitario e in particolare a quelli attinenti al rispetto dei diritti fondamentali. Qualora ciò non avvenisse, tali interventi sarebbero incompatibili rispetto alla norma dell'Unione che li autorizza o li prescrive e andrebbero pertanto disapplicate. In genere, i diritti fondamentali, vengono invocati dai singoli per opporsi a provvedimenti assunti dagli Stati membri in violazione di tali diritti. Non è però escluso che talvolta i ruoli si invertano e siano gli Stati membri ad invocare i diritti fondamentali per giustificare i propri provvedimenti(sentenza 14 ottobre 2004 ​Omega nella quale il provvedimento mira alla protezione di un valore sancito dalla Costituzione nazionale, ossia la dignità umana; la tutela di tali diritti rappresenta un legittimo interesse che giustifica una limitazione degli obblighi imposti dal diritto comunitario). La Corte dunque ammette che uno Stato membro possa giustificare un provvedimento limitativo della libera prestazione di servizi invocando esigenze legate alla necessità di tutelare un diritto fondamentale previsto dalla propria costituzione nazionale e condiviso dall'ordinamento dell'Unione. Perchè ad uno Stato membro possa essere contestata la violazione di un principio generale, o di uno dei diritti fondamentali, è necessario che sussista un ​collegamento tra il comportamento dello Stato membro e il diritto dell'Unione. Occore quindi che lo Stato membro abbia agito per attuare una norma dei trattati o un atto delle istituzioni. In mancanza, l'obbligo per lo Stato membro di rispettare i diritti fondamentali non è ricollegabile al diritto dell'Unione e la Corte di giustizia non può esercitare la propria competenza per assicurare l'osservanza di tali diritti. Anche l'art 51 della Carta conferma che il dovere degli Stati membri di rispettare i diritti fondamentali ivi previsti è limitato ai casi in cui essi agiscono nell'attuazione del diritto dell'Unione. I comportamenti degli Stati membri confliggenti con i ​diritti dell'uomo​, ​anche se privi di collegamento con il campo di applicazione dei trattati​, possono nondimeno essere oggetto della procedura di ​controllo e ​sanzione prevista dall'art 7 TUE, in caso di <<​rischio di violazione grave​>> o di ​<<​violazione grave e persistente​>> dei valori di cui all'art 2 TUE, tra i quali figura il ​rispetto dei diritti umani. L'obbligo di rispettare i principi generali del diritto e i diritti fondamentali vale per tutto il campo di attività dell'Unione 4.6) Il diritto internazionale generale e gli accordi internazionali: L'Unione costituisce un ​soggetto di diritto internazionale ​autonomo rispetto agli Stati che ne sono membri. In quanto tale essa gode delle ​prerogative delle persone giuridiche interazionali​(art 47 TFUE). Essa quindi deve rispettare le ​norme di diritto internazionale generale​. Un comportamento delle istituzioni assunto in violazione di una norma di diritto internazionale generale costituirebbe pertanto un ​illecito internazionale. ​Le norme di diritto internazionale generale vincolano l'Unione soltanto nei confronti di soggetti terzi​. Gli Stati membri non possono invece invocare tali principi nei loro rapporti reciproci, quando agiscono nel campo d'applicazione dei trattati. Per gli Stati membri, infatti, questi costituiscono una ​lex specialis ​che prevale sul diritto generale. Le norme del diritto internazionale generale svolgono varie funzioni: ∙ funzione ermeneutica: vengono utilizzate per l'interpretazione delle norme dell'Unione, comprese quelle dei trattati ∙ parametro di legittimità​ degli atti delle isituzioni In questa duplice funzione, le norme di diritto internazionale generale possono essere invocate tanto dalle ​istituzioni e dagli Stati membri quanto dai ​soggetti degli ordinamenti interni​, i quali possono avvalersene nelle azioni proposte dinnanzi ai giudici degli Stati membri. Gli ​accordi internazionali con Stati terzi che vengono in rilievo rispetto all'ordinamento dell'Unione sono di 3 tipi: 1 Accordi internazionali conclusi dagli Stati membri: Questi tipi di accordi non fanno parte dell'ordinamento dell'Unione, ma assumono rilevanza soltanto nella misura in cui un accordo del genere può essere invocato dallo Stato membro contraente come ​causa di giustificazione per il mancato rispetto degli obblighi derivanti dai trattati​. Tale possibilità vale anzitutto per quanto riguarda gli ​accordi conclusi da uno Stato membro con uno Stato terzo prima della data in cui il TCE è entrato in vigore rispetto allo Stato membro in questione​. Ciò risulta dal principio di diritto internazionale generale secondo cui il trattato concluso da 2 Stati non può essere emendato, nè tantomeno abrogato per effetto della successiva conclusione di altro trattato tra 2 Stati. Ciò comporta che lo Stato che ha concluso tanto il primo quanto il secondo trattato resta ​tenuto a rispettarli entrambi​. A tal proposito l'art 351 TFUE contiene un'apposita ​clausola di compatibilità: tale clausola consente allo Stato membro interessato di sottrarsi agli obblighi derivanti dai trattati soltanto nella misura strettamente necessaria per permettergli di rispettare gli obblighi assunti nei confronti dello Stato terzo. Tale clausola però incontra un limite nel ​rispetto dei diritti fondamentali​. Secondo la sentenza 3 settembre 2008 ​Kadi​, l'art 351 potrebbe giustificare delle deroghe anche a norme di rango primario, quali le disposizioni dei trattati, ma non ai diritti fondamentali. Invece per quegli ​accordi con Stati terzi conclusi anteriormente all'entrata in vigore del TCE da tutti gli Stati membri, che abbiano ad oggetto materie comprese nella competenza esclusiva dell'Unione è stata ipotizzata una sorta di successione di questa nei diritti e negli obblighi che gli Stati membri contraenti traevano dagli accordi in questione. Pertanto l'Unione è essa stessa tenuta a rispettarlo nell'esercizio della propria competenza. 2 Accordi internazionali conclusi dalla CE/Unione: ​Tali accordi fanno parte dell'ordinamento dell'Unione a partire dalla data della loro entrata in vigore(sentenza 10 gennaio 2006 ​IATA​). Secondo l'art 216 TFUE ​gli accordi conclusi dall'Unione vincolano le istituzioni dell'Unione e gli Stati membri​. 3 Accordi internazionali conclusi dalla CE/Unione e dagli Stati membri (accordi misti): La prassi degli ​accordi misti ​è molto diffusa; essa consiste nella conclusione di accordi a nome dell'Unione e dei suoi Stati membri, nella loro qualità di soggetti autonomi di diritto internazionale. Inizialmente la prassi degli accordi misti era imposta dal rifiuto di taluni Stati terzi di riconoscere la competenza della CE; successivamente lo strumento dell'accordo misto si è rappresentano uno ​strumento di normazione in 2 fasi: ​la prima accentrata a livello dell'Unione dove vengono fissati gli ​obiettivi ​e i ​principi generali​, e ​la seconda decentrata a livello nazionale, dove ciascuno Stato membro attua gli obiettivi ​e i ​principi generali​ fissati dalla direttiva​. 2 Obbligatorietà integrale: La direttiva è obbligatoria in tutti i suoi elementi; gli Stati membri non possono infatti applicarla selettivamente o parzialmente. Tuttavia, a differenza del regolamento, la direttiva si limita ad imporre agli Stati membri un ​risultato da raggiungere​, lasciandoli liberi di scegliere le ​misure di adattamento necessarie per realizzare il risultato prescritto. La ​direttiva comporta un ​obbligo di risultato​, mentre il ​regolamento impone un ​obbligo di mezzi​. Pertanto la direttiva non è diretta ad imporre agli Stati membri un semplice obbligo di applicare la direttiva, ma ​richiede agli Stati membri di attuare la direttiva, scegliendo i mezzi e le forme appropiate​. 3 Diretta applicabilità:​ ​Anche qui occorre distinguere tra i 2 profili: Non necessità delle misure di adattamento​: La direttiva ​non gode della diretta applicabilità​, infatti l'art 288 TFUE richiede che la direttiva riceva attuazione da parte degli Stati membri attraverso ​apposite misure​. Gli Stati membri sono tenuti ad ​adattare​(modificare) l'ordinamento interno in modo da assicurare che il risultato voluto dalla direttiva sia raggiunto. In mancanza, la direttiva non è in grado, da sola, di ottenere il risultato voluto. Efficacia diretta: La direttiva non gode di efficacia diretta(capacità di produrre effetti diretti negli ordinamenti interni) nella stessa misura in cui ne godono i regolamenti; infatti perchè possa parlarsi di efficacia diretta di una direttiva è necessario che siano soddisfatte alcune ​condizioni temporali ​e​ sostanziali​ individuate dalla giurisprudenza della Corte. L'​obbligo di attuazione di una direttiva è ​assoluto per ciascuno Stato membro al quale la direttiva è rivolta. L'unica ipotesi in cui è possibile omettere di attivarsi si ha quando lo Stato membro è in grado di dimostrare che il prorpio ordinamento interno è gia perfettamente conforme alla direttiva​(ciò si potrebbe verificare nel caso in cui una direttiva, nell'adottare un modello di disciplina, si ispiri alla normativa già vigente in uno Stato membro). L'obbligo va adempiuto entro il ​termine di attuazione fissato dalla direttiva stessa; il termine è ​imperativo e ​perentorio​. L'​obbligo di trasposizione sorge nel ​momento in cui la direttiva entra in vigore​. Lo Stato membro può attuare la direttiva anche prima della scadenza; è altresì possibile procedere ad un'​attuazione per tappe​, purchè questa sia completata entro il termine previsto. ​Viceversa, in pendenza del termine, lo Stato membro non può adottare provvedimenti in contrasto con la direttiva​(​obbligo di ​standstill​ o di non aggravamento​). Gli Stati membri sono competenti quanto alla ​scelta delle forme e dei mezzi di attuazione​. La scelta, tuttavia, non è del tutto libera. E' infatti necessario che: ∙ Gli strumenti scelti dal legislatore nazionale siano ​idonei a produrre la modificazione degli ordinamenti interni voluta dalla direttiva. Nella scelta della forma e dei mezzi si deve quindi tener conto della ​gerarchia delle fonti di diritto interno​. L'attuazione dovrà avvenire attraverso norme aventi almeno pari rango rispetto a quelle da modificare o abrogare ∙ Devono essere scelti strumenti di attuazione che garantiscano ​trasparenza e certezza​ del diritto. Per quanto riguarda il ​contenuto delle direttive il meccanismo previsto dall'art 288 si articola intorno al binomio ​risultato​/​forme e mezzi​. Il primo viene definito dalla direttiva. I secondi sono scelti dalle autorità competenti degli Stati membri. Nella prassi questa distinzione è molto difficile da tracciare e quindi non è possibile individuare ​in via generale uno spazio di competenza riservato agli Stati membri, oltre il quale la direttiva non può mai intervenire. Per quanto riguarda le ​decisioni quadro​, queste hanno avuto grande successo e sono state utilizzate frequentemente per l'adozione di misure molto importanti. Si tratta di un tipo di atti che si ispira chiaramente alle direttive: queste decisioni hanno come scopo il ravvicinamento delle disposizioni legislative degli Stati membri​, sono ​vincolanti nei risultati e non nella forma e nei mezzi​, però a differenza delle direttive ​non hanno efficacia diretta​. 4.9) Le decisioni(art 288 IV comma): ​Ai sensi dell'art 288 IV comma:<<​La decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi; se la decisione designa i destinatari è obbligatoria soltanto nei confronti di questi>>. Questa categoria comprende 2 tipi di atti molto diversi tra loro: ∙ Decisioni individuali: Le decisioni individuali sono dotate di ​destinatari individuati nell'atto che sono i soli soggetti alla sua portata obbligatoria. La decisione individuale coniuga 2 caratteristiche, l'una propria dei ​regolamenti e l'altra delle ​direttive​. Come il regolamento essa è ​obbligatoria in tutti i suoi elementi, come le direttive ​non ha portata generale​, vincolando i soli destinatari da essa designati. A differenza delle direttive ​però la decisione può essere rivolta non solo a Stati membri, ma anche ad altri soggetti, compresi i singoli​: Le ​decisioni individuali rivolte agli Stati membri sono nella sostanza simili alle direttive Le ​decisioni individuali rivolte ai singoli hanno natura spiccatamente amministrativa(es: decisioni che la Commissione adotta nell'ambito della disciplina della concorrenza ​che possono prevedere anche la comminazione di sanzioni pecuniarie a carico delle imprese) ∙ Decisioni generali: ​Le decisioni generali sono ​prive di destinatari individuati​, e hanno quindi una ​portata obbligatoria generale. ​Hanno natura varia. Gli esempi più importanti sono costituiti da ​alcune decisioni che il Consiglio europeo adotta nell'ambito delle procedure di revisione dei trattati​, le ​decisioni con cui il Consiglio europeo stabilisce la composizione del Parlamento europeo. 4.10) Gli atti nel settore PESC: Ai sensi dell'art 25 TUE, gli atti giuridici attraverso i quali l'Unione conduce la PESC sono di 2 tipi: gli ​orientamenti generali​: ​sono atti del ​Consiglio europeo ​che definiscono le linee guida su cui l'Unione deve muoversi nel settore della politica estera e di sicurezza comune. Essi devono assumere la forma di decisioni le ​decisioni: ​sono atti del ​Consiglio. Esse possono assumere vari contenuti( le azioni che l'Unione deve intraprendere, le posizioni che l'Unione deve assumere ecc...) Gli atti che possono essere adottati nell'ambito PESC ​non hanno mai carattere legislativo​. Le decisioni però vincolano gli Stati membri nelle loro prese di posizione e nella conduzione della loro azione. 4.11) L'adattamento dell'ordinamento italiano al diritto dell'Unione europea: I trattati si presentano nella forma di ​normali trattati internazionali. Pertanto l'Italia ha dato loro esecuzione con le forme e procedure seguite in casi del genere. L'​ordine di esecuzione di ciascun trattato è stato dato con la medesima legge(​legge ordinaria​) con cui il Parlamento italiano ha autorizzato la ​ratifica del trattato stesso da parte del Capo dello Stato, ai sensi dell'art 80 Cost. Il ricorso ad una legge ordinaria ha dato luogo a molte difficoltà. Molti ritenevano che fosse necessaria una legge costituzionale ​ad hoc​(mai stata adottata). Altri Stati invece hanno modificato la propria Costituzione nazionale, inserendo apposite ​clausole europee​(Francia, Germania ecc...). In assenza di una norma costituzionale specifica, si è ritenuto di poter ricondurre l'adesione italiana all'Unione all art 11 Cost., il quale consente di ​accettare limitazioni di sovranità senza necessità di procedere ad una revisione costituzionale​. Più difficile è stato il compito di assicurare l'attuazione in Italia del ​diritto secondario o derivato​. Le maggiori difficoltà si sono avute riguardo alle ​direttive​, richiedendo ciascuna di esse un'attività di attuazione da parte del legislatore nazionale. In Italia inizialmente si ricorreva allo strumento della delega legislativa al governo ai sensi dell'art 76 Cost.: il Parlamento, con legge, interno​, dal quale vengono espunte soltanto le norme incompatibili con il diritto dell'Unione (sentenza 2 febbraio 1989 ​Cowan​). In entrambi i casi la norma comunitaria produce ​effetti diretti​, ovvero gode di ​efficacia diretta negli ordinamenti interni e quindi nei confronti dei soggetti riconosciuti da tali ordinamenti (non è possibile definire a priori il ​contenuto degli effetti diretti che una norma dell'Unione può produrre, essendo questi strettamente legati al ​contenuto della norma stessa e al ​contesto in cui la norma è invocata; ad es una norma che vieta la riscossione di determinate tasse crea a favore del soggetto interessato non soltanto il diritto di opporsi al pagamento​, ma ove il pagamento sia già avvenuto, il ​diritto ad ottenerne la restituzione​). L'efficacia diretta di una norma dell'Unione implica che il soggetto nei cui confronti la norma produce effetti favorevoli può ​pretenderne il rispetto da parte dell'altro soggetto del rapporto (​efficacia diretta in senso sostanziale​). In caso di mancato rispetto, l 'efficacia diretta comporta anche ​l'invocabilità in giudizio: i soggetti favoriti dalla norma dell'Unione possono chiedere al giudice nazionale ​l'applicazione in giudizio della norma stessa ottenendo la ​corrispondente tutela giurisdizionale​. La distinzione tra la portata sostanziale dell'efficacia diretta di una norma dell'Unione e il diritto alla tutela processuale delle posizioni soggettive create dalla norma stessa risulta con evidenza dalla sentenza 22 giugno 1989 ​Fratelli Costanzo​, nella quale si legge che <<​qualora sussistano i presupposti necessari, affinchè le disposizioni di una direttiva siano invocabili dai singoli dinnanzi ai giudici nazionali, ​tutti gli organi dell'amministrazione sono tenuti ad applicare le suddette disposizioni e a disapplicare le norme del diritto nazionale non conformi>>​. L'efficacia diretta non costituisce l'unica forma attraverso cui le norme dell'Unione assumono rilevanza normativa interna; in presenza di norme prive della capacità di produrre effetti diretti,la giurisprudenza ha individuato 2 forme di ​efficacia indiretta: 1 La prima consiste nel riconoscere che il diritto dell'Unione anche non direttamente efficace ha un ​valore interpretativo cogente rispetto alle norme interne. I giudici nazionali sono infatti soggetti ad un ​obbligo di interpretazione conforme​, capace di ovviare a situazioni di apparente conflitto tra norme intene e norme dell'Unione 2 La seconda consiste nel riconoscere che la mancata attuazione di una norma dell'Unione anche se non direttamente efficace fa sorgere, in capo a coloro che sono stati danneggiati dalla mancata attuazione, il ​diritto al risarcimento del danno​ a carico dello Stato membro responsabile. 5.1) I presupposti dell'efficacia diretta: Il giudice nazionale, qualora intenda trarre da una norma ​effetti diretti al fine di risolvere una controversia, ha l'onere di ​verificare d'ufficio se la norma presenti le ​caratteristiche necessarie​, avvalendosi, se del caso, del rinvio pregiudiziale​. Nell'indagine volta a stabilire se una norma dell'Unione abbia o meno efficacia diretta, la Corte mira ad individuare nella norma in questione alcune caratteristiche sostanziali che la rendano suscettibile di essere applicata dal giudice; tali caratteristiche sono: ∙ sufficiente precisione​: riguarda la ​formulazione della norma​; la norma deve contenere un ​precetto sufficientemente definito perchè i soggetti destinatari possano comprenderne la portata e il giudice possa applicarlo nei giudizi di propria competenza. Esso richiede che la norma comunitaria specifichi almeno i seguenti 3 aspetti: 1 il titolare dell'obbligo 2 il titolare del diritto 3 il contenuto del diritto-obbligo creato dalla norma stessa Il test basato su questi 3 aspetti è stato elaborato dalla Corte nella sentenza 19 novembre 1991 ​Francovich , nella quale il sig. Francovich chiedeva il pagamento di un'indennità istituita da una direttiva (a vantaggio dei lavoratori, in caso di insolvenza del datore di lavoro) nonostante l'Italia non avesse assunto alcuna misura per l'attuazione della direttiva. ​Tale test è utilizzato quando i soggetti interessati chiedono al giudice la tutela giurisdizionale di un diritto sostanziale che la norma dell'Unione intende loro attribuire​. Esso può essere anche utilizzato quando una norma dell'Unione impone ad uno Stato membro determinati adempimenti procedurali e viene invocata da un soggetto soltanto per ​opporsi all'applicazione di un provvedimento dello Stato membro adottato senza il rispetto della procedura prescritta(​effetto di opposizione) ∙ incondizionatezza​: attiene all'​assenza di clausole che subordino l'applicazione della norma ad ulteriori interventi normativi da parte degli Stati membri o delle istituzioni dell'Unione​, ovvero consentino agli Stati membri un ampio margine di discrezionalità nell'applicazione (un caso del genere si è verificato nella sentenza 19 gennaio 1982 ​Becker nel quale la Germania aveva attuato in ritardo una direttiva sull' esonero dall'IVA di determinate operazioni,e quindi le operazioni compiute dalla signora Becker tra la scadenza del termine di attuazione e il momento in cui la direttiva è stata applicata non consentiva l'esonero si queste. La Corte ritiene che in questi casi il soggetto abbia il diritto di godere dell'esonero senza che lo Stato membro possa opporre la mancata attuazione della direttiva). Ai fini della verifica dell'efficacia diretta, la ​destinatarietà formale della norma non ha alcun rilievo. Per quanto riguarda le ​disposizioni dei trattati, alcune di esse ​si riferiscono direttamente ai singoli (es: ​norme in materia di concorrenza​); ma anche norme dei trattati ​formalmente rivolte agli Stati membri possono produrre ​effetti diretti ​qualora siano dotate delle caratteristiche della ​sufficiente precisione e della incondizionatezza​. Le norme dei trattati producono effetti diretti tanto nei ​rapporti verticali​, quanto nei ​rapporti orizzontali​. E' dunque possibile invocarne il disposto non soltanto nei confronti di un'​autorità pubblica​, ma anche nei confronti di un ​privato​. Si parla pertanto di ​efficacia diretta verticale ​e di efficacia diretta orizzontale ​(sentenza 6 giugno 2000 Agnonese nella quale il sig.Agnonese viene escluso da un concorso alla Cassa di risparmio di Bolzano per mancanza del patentino di bilinguismo; egli ritiene di avere subito una discriminazione; la Corte di giustizia ritiene che il principio di non discriminazione(art 45 TFUE) non è rivolto solo agli Stati membri e quindi può essere opposto anche ai privati). Il problema dell'efficacia diretta si pone anche riguardo agli ​accordi internazionali conclusi dalla Comunità/Unione con Stati terzi ai sensi dell'art 216 TFUE. E' infatti possibile che soggetti privati siano interessati a far valere la disciplina contenuta in tali accordi, per contestare la legittimità di comportamenti o di provvedimenti degli Stati membri o delle istituzioni(es: accordi che prevedono per le merci dello Stato tezo un regime di importazione di particolare favore). La verifica svolta dalla Corte per decidere circa l'efficacia diretta delle disposizioni contenute negli accordi internazionali si caratterizza per una particolare attenzione rivolta al contesto​; l'analisi si svolge in 2 tempi: 1 occorre dimostrare che la ​natura e la ​struttura dell'accordo permettono di riconoscere effetti diretti​ alle sue disposizioni in generale 2 successivamente, è necessario provare che la specifica disposizione invocata presenti le caratteristiche della​ sufficiente precisione​ e della​ incondizionatezza. Riguardo ai ​regolamenti​, il ​problema dell'efficacia diretta ha ​scarsa consistenza​. Infatti la caratteristica della ​diretta applicabilità implica che, normalmente, le disposizioni dei regolamenti siano anche ​capaci di produrre effetti diretti. Il principio subisce una certa attenuazione nel caso di regolamenti che richiedono l'emanazione da parte degli Stati membri di provvedimenti di integrazione o di esecuzione. In questi casi, in mancanza di provvedimenti nazionali, non si può fare a meno di verificare che la disposizione regolamentare in questione presenti i presupposti della ​sufficiente precisione e della incondizionatezza​. Anche i regolamenti producono effetti diretti tanto nei rapporti diritti nè obblighi per i singoli e può dunque essere appicata dal giudice, senza che si possa parlare di efficacia diretta orizzontale 3 Norme contenute in direttive usate come parametro di valutazione di condotte individuali per effetto di un rinvio da parte di un regolamento dell'Unione: ​in casi del genere la direttiva rileva solo al fine di integrare la disciplina contenuta in strumenti direttamente e generalmente efficaci. Raramente la Corte è stata chiamata a pronunciarsi sull'​efficacia ​diretta delle decisioni​. La Corte ha riconosciuto la possibilità che, una decisione che abbia gli Stati membri come destinatari, possa essere invocata non soltanto dalle istituzioni dell'Unione, ma anche da ​qualsiasi soggetto interessato al suo adempimento​. Alle decisioni si applicano le stesse limitazioni che si applicano alle direttive. 5.3) L'obbligo di interpretazione conforme: Esistono numerosi motivi che possono escludere l'efficacia diretta di una norma dell'Unione. Occorre domandarsi se la norma dell'Unione possa assumere un ​valore normativo indiretto nell'ordinamento degli Stati membri. L'individuazione di ​forme di efficacia indiretta del diritto dell'Unione è stata valorizzata in particolare ​rispetto alle direttive: La prima forma di efficicia indiretta consiste nell'​obbligo ​di interpretazione conforme​: quando sono chiamatia ad applicare norme interne, gli operatori giuridici e soprattutto i giudici sono tenuti ad interpretarle, ove possibile, in conformità del diritto dell'Unione, anche se questo non è direttamente efficace. Tale obbligo si ricollega all'​obbligo ​di leale collaborazione​. In quanto organi dello Stato membro, i giudici sono tenuti a fare il possibile perchè il risultato voluto dalla direttiva sia raggiunto. ​La differenza tra ​diretta efficacia e ​interpretazione conforme consiste nel fatto che, mentre nel primo caso il giudice disapplica la norma interna confliggente con la norma dell'Unione, nel secondo egli applica pur sempre la norma interna ma interpretandola in modo aderente a quella dell'Unione​. L'obbligo di interpretazione conforme è stato affermato anzitutto quando il giudice nazionale si trova a dover ​interpretare e apllicare le disposizioni che uno Stato membro ha specificatamente adottato per attuare una direttiva​. Nella sentenza 10 aprile 1984 ​von Colson si legge che il giudice nazionale deve interpretare il proprio diritto nazionale alla luce della lettera e dello scopo della direttiva. Successivamente ​l'obbligo di interpretazione conforme è stato esteso anche a disposizioni nazionali più antiche rispetto alla direttiva​. Da ultimo, la Corte ha chiarito che ​l'obbligo in questione riguarda tutto il diritto nazionale senza alcuna distinzione​ (sentenza 5 ottobre 2004 ​Pfeiffer​). L'interpretazione conforme è considerata anche dalla Corte costituzionale italiana come un metodo per la soluzione dei conflitti tra norma interna e norma dell'Unione (sentenza 8 giugno 1984 ​Granital​, dove la corte parla di <<​presunzione di conformità della legge interna al regolamento comunitario​>> che il giudice deve applicare ancor prima di valutare se il regolamento debba essere applicato direttamente). L'obbligo di interpretazione conforme incontra alcuni ​limiti​. In primo luogo, l'obbligo resta subordinato ​all'​esistenza di un margine di discrezionalità che consenta all'interprete di ​scegliere tra più interpretazioni possibili della norma interna. Solo in questo caso, sorge l'obbligo di scegliere l'interpretazione maggiormente conforme alle esigenze del diritto dell'Unione. La sentenza 4 luglio 2006, Adeneler​, è importante perchè fornisce l'occasione alla Corte di precisare un ​secondo limite​, di carattere temporale, all'obbligo di interpretazione conforme: ​l'obbligo non sorge prima della ​scadenza del termine di attuazione della direttiva in questione​. Dalla data in cui la direttiva è entrata in vigore, i giudici degli Stati membri devono astenersi, per quanto possibile, dall'interpretare il diritto interno in un modo che rischierebbe di compromettere gravemente, dopo la scadenza del termine di attuazione, la realizzazione del risultato perseguito da questa direttiva. Nel riferirsi al contenuto delle direttive quando interpreta le norme di diritto interno, il giudice deve rispettare i ​principi della certezza del diritto e dell'irretroattività e tenere conto che ​una direttiva non può avere l'effetto di determinare o aggravare la responsabilità penale di coloro che agiscono in violazione delle sue disposizioni (ad esempio creando nuove ipotesi di reato o estendendo il campo d'applicazione di quelle già previste). Quindi nell'adempiere al proprio obbligo di interpretazione conforme, il giudice deve osservare i principi generali del diritto​ previsti dalla ​Carta dei diritti fondamentali. 5.4) Il risarcimento del danno: Un'altra forma di ​efficacia indiretta ​consiste nel riconsocere che la ​norma dell'Unione​, anche se non direttamente efficace, può essere fonte di un diritto al risarcimento del danno​. Non v'è dubbio che, qualora gli organi di uno Stato membro ledano il diritto attribuito ad un singolo da una ​norma dell'Unione direttamente efficace​, provocando un danno, tali organi siano tenuti al risarcimento (sentenza ​Brasserie du Pệcheur )​. Più problematica invece è l'ipotesi di ​mancata attuazione di una direttiva priva di efficacia diretta​. In questi casi, il ​comportamento omissivo degli organi statali ​impedisce il sorgere stesso del diritto che la direttiva intende attiribuire ai singoli, per cui il pregiudizio subito non si rapporta alla leisione di un diritto già sorto ma ​ne precede il sorgere​. In casi del genere si può perciò parlare di efficacia indiretta della direttiva. ​Il diritto ad ottenere il risarcimento del danno subito in conseguenza della mancata attuazione di una direttiva non direttamente efficace è stato affermato per la prima volta nella sentenza 19 novembre 1991 ​Francovich​. Le ​condizioni​ perchè il diritto al risarcimento sorga sono 3: 1 la norma dell'Unione violata deve essere diretta a conferire ​diritti ai singoli danneggiati​, il cui contenuto possa essere individuato in base alla norma stessa 2 la ​violazione della norma​ deve essere sufficientemente ​grave ​e​ manifesta 3 tra la ​violazione​ e il ​danno​ deve esistere un ​nesso di causalità​ diretto Quanto agli ​organi che, con il loro comportamento, possono mettere in gioco la responsabilità per danni dello Stato membro, la Corte ha riconosciuto che può trattatarsi di: ∙ organi legislativi di uno Stato ∙ autorità fiscali ∙ enti locali ∙ potere giudiziario​(sentenza ​Kobler: ​professore universitario austriaco che lavorava in Germania) 5.5) La tutela processuale dei diritti derivanti da norme dell'Unione: Le ​norme dell'Unione possono essere ​invocate di fronte ai giudici degli Stati membri per ottenere la tutela giurisdizionale delle posizioni create in loro favore da tali norme. La definizione degli ​aspetti processuali spetta all'​ordinamento nazionale dello Stato membro nel cui ambito la norma dell'Unione è azionata. Secondo il principio affermato nella sentenza ​Rewe​, in mancanza di una specifica disciplina comunitaria, ​è l'ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro che designa il giudice competente e stabilisce le modalità procedurali​. Tale ​principio è noto come principio dell'autonomia processuale degli Stati membri ​(sentenza 3 ottobre 2009 ​Olimpiclub)​. Esso tuttavia non è assoluto; le ​condizioni perchè tale principio possa valere sono 2 e sono ​cumulative​: ∙ principio di equivalenza: ​le modalità definite dal diritto nazionale per l'esercizio di posizioni che derivano dal diritto dell'Unione non possono essere meno favorevoli di quelle applicate per la protezione in via giudiziaria di posizioni analoghe, di origine puramente interna. ∙ principio di effettività: le modalità non possono essere tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti derivanti da norme dell'Unione 5.6) Il primato del diritto dell'Unione: La capacità del diritto dell'Unione di produrre effetti diretti all'interno degli ordinamenti degli stati membri pone il problema dei questo caso il giudice non potrà fare altro che sollevare la questione di legittimità costituzionale e attendere la decisione della Corte costituzionale​. Il sopravvenire della sentenza ​Simmenthal costringe la Corte a modificare nuovamente il proprio orientamento. L'occasione viene fornita dalla sentenza 8 giugno 1984 ​Granital (alcuni regolamenti imponevano di calcolare i prelievi agricoli all'importazione secondo il tasso in vigore alla data dell'accettazione della dichiarazione d'importazione. In applicazione di alcune ​norme italiane successive​, Granital invece aveva corrisposto dei prelievi calcolati secondo il tasso più favorevole previsto dalla norma interna. Di fronte alla opposizione di Granital a versare la differenza, il Tribunale di Genova, solleva questione di costituzionalità delle norme stesse per violazione dell'art 11 Cost​; sorprendentemente ​la Corte dichiara inammissibile la questione​). L'aspetto di maggiore novità consiste nel ​rifiuto di assimilare le norme dell'Unione a norme nazionali di legge. Da ciò discende l'impossibilità di applicare ai conflitti tra le une e le altre i metodi di risoluzione previsti per l'ipotesi di conflitto tra norme entrambe appartenenti all'ordinamento italiano. Trattandosi di ​norme di ordinamenti diversi​, gli eventuali conflitti vanno risolti in base al ​criterio della competenza​: occorrerà pertanto ​stabilire se la materia rientri tra quelle in relazione alle quali l'Italia ha accettato di limitare la propria sovranità in favore dell'Unione​(tale compito è svolto dal giudice ordinario); qualora risulti che la materia rientra nella competenza che i trattati attribuiscono alle istituzioni dell'Unione, ​il giudice italiano accerta che la normativa scaturente da tale fonte regola il caso sottoposto al suo esame e ne applica di conseguenza il disposto, con esclusivo riferimento al sistema dell'ente sopranazionale La Corte costituzionale esclude in 2 ipotesi il potere del giudice di applicare immediatamente la norma dell'Unione e di disapplicare l'eventuale legge interna confliggente, esigendo invece che ​sia sollevata questione di costituzionalità​: ∙ Norma dell'Unione contraria ai principi fondamentali dell'ordinamento costituzionale e ai diritti dell'Uomo: é da escludersi che le limitazioni di sovranità possano comportare per gli organi della CEE un inammissibile potere di violare i principi fondamentali del nostro ordinamento e i diritti inalienabili della persona umana (sentenza 27 dicembre 1973 ​Frontini​). Di conseguenza sarebbe sempre assicurata la garanzia del sindacato giurisdizionale della Corte costituzionale(​teoria dei controlimiti​) ∙ Norme di legge dirette ad impedire il rispetto dei principi fondamentali dei trattati: rientrano in questa situazione una serie di casi caratterizzati da particolare gravità e da una ​comprovata intenzione di ​impedire l'applicazione in Italia di interi settori del diritto dell'Unione Con la riforma del Titolo V della Costituzione, il principio del primato del diritto dell'Unione su quello interno ha trovato un'esplicita consacrazione nel nuovo testo dell'art 117, primo comma, che recita:<<​La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario>>. Nel caso di contrasto rispetto ad una ​norma dell'Unione priva di efficacia diretta​, il giudice, non potendo procedere alla disapplicazione della legge interna, deve sollevare davanti alla Corte costituzionale eccezione di costituzionalità. Capitolo 6: Il sistema di tutela giurisdizionale L'​ordinamento dell'Unione comprende un ​sistema di tutela giurisdizionale che assicura la protezione delle posizioni giuridiche sorte per effetto del diritto dell'Unione. Tale sistema è ripartito su 2 livelli: ∙ La Corte di giustizia dell'Unione europea​: spettano in via esclusiva alcune azioni tassativamente enumerate dai trattati, che i soggetti interessati possono proporre direttamente davanti ad una delle articolazioni(Corte di giustizia, Tribunale, Tribunale della funzione pubblica) della Corte di giustizia(​competenze dirette​): ricorsi per infrazione​, che vengono proposti nei confronti di uno Stato membro accusato di aver violato obblighi derivanti dai trattati ricorsi d'annullamento​, attraverso i quali viene contestata la legittimità degli atti delle istituzioni ricorsi in carenza​, attraverso i quali si vuole far contestare l'illegittimità delle omissioni addebitabili alle istituzioni ricorsi per risarcimento​, che hanno ad oggetto la responsabilità extracontrattuale delle istituzioni. ∙ Gli organi giurisdizionali degli Stati membri​: al di fuori delle azioni sopra elencate, vige invece la competenza dei giudici nazionali. I soggetti interessati all'applicazione di una norma dell'Unione possono infatti rivolgersi ai giudici nazionali e chiedere loro di assicurare la tutela giurisdizionale delle posizioni giuridiche loro spettanti Quindi la competenza della Corte di giustizia ha carattere speciale, poichè fatte salve le competenze attribuitele dai trattati, le controversie nelle quali l'Unione è parte non sono per tale motivo, sottratte alla competenza delle giurisdizioni nazionali. I 2 livelli di tutela giurisdizionale non operano in maniera del tutto distinta. Per evitare che, nell'applicare il diritto dell'Unione, i giudici degli Stati membri possano pregiudicare l'uniformità delle disposizioni di tale diritto, i trattati hanno previsto uno ​strumento di raccordo con la Corte di giustizia: si tratta del ​rinvio pregiudiziale​(art 267 TFUE), attraverso il quale il giudice nazionale ha la ​facoltà​, o in taluni casi, l'​obbligo di deferire alla Corte di giustizia le questioni riguardanti il diritto dell'Unione. In questo modo si instaura una ​collaborazione tra i 2 giudici che consente di ​preservare il carattere uniforme delle norme dell'Unione​. La Corte eserciterà sempre una ​competenza meramente indiretta​, infatti questa conosce solo delle ​questioni di diritto dell'Unione deferite dal giudice nazionale, al quale spetta il potere di decidere l'intera controversia dopo che la Corte si sia pronunciata. L'ordinamento dell'Unione rispetta il principio generale del ​diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva​. Ne consegue che: ∙ da un lato il titolare di una posizione soggettiva derivante dalle norme dell'Unione deve avere la possibilità di esperire un ricorso effettivo dinnanzi ad un giudice competente contro gli atti delle autorità pubbliche di uno Stato membro che violino tale disposizione ∙ dall'altro un soggetto che venga pregiudicato da un'atto delle istituzioni, deve potere ottenere il controllo giurisdizionale della validità dell'atto Qualora dovessero darsi delle ​lacune​, nel senso che manchi un rimedio giurisdizionale utilizzabile, dovrebbe essere messa in atto un'​interpretazione evolutiva delle norme applicabili​. Perchè si possa parlare di lacune è necessario prendere in considerazione i rimedi esistenti ​tanto a livello dell'Unione quanto a livello nazionale​, poichè il sistema di tutela giurisdizionale va esaminato nella sua unità. ​Se non esiste un rimedio giurisdizionale effettivo​, sorge la necessità di ​colmare la lacuna in via interpretativa​. 6.1) Il ricorso per infrazione (art 258 e 259 TFUE): L'​oggetto del ricorso per infrazione è la ​violazione da parte di uno Stato membro di uno degli obblighi a lui incombenti in virtù dei trattati​. Per ​Stato membro va inteso lo ​Stato-organizzazione​, comprensivo di tutte le articolazioni in cui è organizzato l'esercizio del potere pubblico sul territorio statale. Quindi lo Stato membro può essere chiamato a rispondere per comportamenti del governo nazionale​, o per comportamenti addebitabili a ​poteri indipendenti da quello esecutivo​(Parlamento,Magistratura) o ad ​enti territoriali dotati di autonomia e di competenze esclusive(Regioni,Comuni). ​L'oggetto del ricorso ​può riguardare la violazione di qualsiasi obbligo derivante direttamente dai trattati. Vi sono tuttavia alcune eccezioni; una procedura di infrazione non può essere attuata per: ∙ divieto di disavanzi eccessivi: è prevista una procedura sanzionatoria di carattere politico affidata al Consiglio ∙ violazioni commesse nell'ambito della PESC o della GAI: interessati di presentare in contraddittorio le loro osservazioni scritte. Successivamente la Commissione emette un ​parere motivato​. Se però il parere non è stato formulato entro 3 mesi dalla domanda il primo Stato può rivolgersi direttamente alla Corte. 6.2) Il ricorso d'annullamento(art 263 TFUE): Il ricorso d'annullamento costituisce la forma principale di ​controllo giurisdizionale di legittimità prevista per gli atti delle istituzioni. Esso mira ad ottenere l'​annullamento​ ​degli atti che risultano viziati​. Secondo la Corte, essa è l'unico organo competente a controllare la legittimità degli atti delle istituzioni e, se del caso, a dichiararne l'illegittimità. La Corte ritiene quindi di essere investita del ​monopolio sul controllo di legittimità del diritto derivato dell'Unione. La teorizzazione del monopolio della Corte si ha nella sentenza 22 ottobre 1987 ​Foto-Frost Invece i ​giudici nazionali non dispongono del potere di dichiarare invalido o anche soltanto di disapplicare un'atto delle istituzioni che non sia già stato dichiarato invalido dalla Corte. Per escludere che un giudice nazionale possa autonomamente valutare la validità di un atto delle istituzioni,, la Corte fa valere che, ​se ogni giudice nazionale potesse procedere in questo senso, si minerebbe l'uniforme applicazione del diritto dell'Unione​. Ciascun giudice nazionale potrebbe giungere a conclusioni diverse. Per individuare la categoria degli ​atti impugnabili​ l'art 263 fa riferimento a 3 criteri: ∙ l'autore: possono essere impungati gli atti di tutte le istituzioni eccetto la ​Corte di giustizia​ e la ​Corte dei conti ∙ il tipo: gli ​atti legislativi sono sempre impugnabili; per gli altri l'impugnabilità dipende dal terzo criterio ∙ gli effetti: possono essere impugnati gli ​atti non legislativi che sono destinati a produrre effetti giuridici nei confronti dei terzi​. I ​soggetti legittimati a proporre ricorso d'annullamento(​legittimazione attiva​) sono individuati ai commi II III e IV dell'art 263; vengono individuati 3 categorie di ricorrenti: 1 ricorrenti privilegiati:​ ​sono ricorrenti privilegiati: ∙ gli Stati membri ∙ il Parlamento europeo ∙ il Consiglio ∙ la Commissione Si definiscono ricorrenti privilegiati dal momento che il loro diritto di ricorso ha portata generale​(possono proporre ricorso contro ​qualunque atto impungabile​, e ​non devono dimostrare alcuno specifico interesse a ricorrere​). 2. ​ricorrenti intermedi:​ ​rientrano in questa categoria: ∙ Corte dei conti ∙ BCE ∙ Comitato delle regioni La legittimazione a ricorrere di tali soggetti non è generale, ma specificatamente finalizzata a ​salvaguardare le proprie prerogative​. Essi possono quindi ricorrere solo sostenendo che l'atto impugnato invade la sfera riservata alle loro competenze o ne pregiudica l'esercizio. 3. ​ricorrenti non privilegiati: ​fanno parte di quest'ultima categoria le ​persone fisiche e giuridiche​. Esistono 2 ipotesi perchè le persone possano effettuare il ricorso: persona fisica o giuridica impugna un atto adottato nei suoi confronti: in questo caso occorre soltanto dimostrare di avere ​interesse a ricorrere​(posizione giuridica del ricorrente pregiudicata dalla permanenza dell'atto impugnato) persona fisica o giuridica impugna un'atto di cui formalmente non è il destinatario: in questo caso il ricorrente deve dimostrare che l'atto lo riguarda direttamente​ e​ individualmente​. Perchè una persona fisica o giuridica possa impugnare una ​decisione rivolta ad un'altra persona fisica o giuridica basta dimostrare che il ​ricorrente è portatore di un'​interesse qualificato all'annullamento dell'atto​. Qualora invece l'atto impugnato sia costituito da un ​regolamento o anche da una decisione rivolta a uno o più Stati membri​, l'onere probatorio che il ricorrente non privilegiato deve superare è senz'altro maggiore. Le difficoltà si pongono per il requisito dell'​interesse individuale​: in proposito, la giurisprudenza applica una formula derivante dalla sentenza 15 luglio 1963 ​Plaumann​: ​<<​Chi non sia destinatario di una decisione può sostenere che questa lo riguarda individualmente soltanto qualora il provvedimento lo tocchi a causa di determinate ​qualità personali​, ovvero di ​particolari circostanze atte a distinguerlo dalla generalità​, e quindi lo identifichi alla stessa stregua dei destinatari​>>​. Dalla ​formula Plaumann si evince che ciò che rileva non è che l'atto impugnato colpisca il ricorrente ma ​a quale titolo lo colpisce​. Occorre dimostrare che l'atto ha preso in considerazione proprio la posizione individuale del ricorrente e pertanto: ∙ produce effetti giuridici soltanto nella sua posizione individuale ∙ produce sul ricorrente effetti giuridici diversi rispetto a quelli che si producono a carico di tutti gli altri soggetti L'art 263 elenca i ​vizi di legittimità ​che possono essere fatti valere nell'ambito di un ricorso d'annullamento​: 1 incompetenza: l'incompetenza può essere ​interna o ​esterna​. Si ha ​incompetenza interna nel caso in cui l'istituzione che emette l'atto non ha il potere di farlo, perchè tale potere spetta ad altra istituzione. Si ha invece ​incompetenza esterna quando nessuna istituzione ha il potere di emanare l'atto in questione,che non rientra affatto nella competenza dell'Unione ma, in quella degli Stati membri 2 violazione delle forme sostanziali: tale vizio sussiste quando non sono rispettati quei ​requisiti formali di tale importanza da influire sul contenuto dell'atto. Può trattarsi anzitutto di ​forme relative al procedimento da seguire per l'emanazione dell'atto (es: obbligo di consultazione). Un'atto adottato senza osservare tali formalità è viziato e deve essere annullato. Altre ipotesi di forme sostanziali attengono all'atto in quanto tale (violazione obbligo di ​motivazione​). L'obbligo di motivazione risulta violato quando la motivazione è del tutto assente oppure quando è insufficiente. 3 violazione dei trattati: tale vizio è quello di gran lugna più invocato dal momento che esso ​ingloba anche l'incompetenza e la violazione di forme sostanziali​. Esso è espressione del principio della gerarchia delle fonti dell'Unione e può riguardare la violazione di qualunque norma giuridica che sia da considerare superiore rispetto all'atto impugnato. 4 sviamento di potere: si ha quando un'istituzione emana un atto che ha il potere di adottare perseguendo però scopi diversi da quelli per i quali tale potere le è stato attribuito Questi 4 vizi ricalcano il sistema del ​recours pour exès de pouvoir previsto dal diritto amministrativo francese. A norma dell'art 263 TFUE il ​termine di ricorso ​è di ​2 mesi​. Esso decorre: dalla ​pubblicazione ​nella GU se l'atto è stato pubblicato dalla ​notificazione​ se l'atto è stato notificato La competenza della Corte di giustizia è pertanto limitata a danni derivanti da responsabilità extracontrattuale (la responsabilità contrattuale della Corte può essere prevista solo da una ​clausola compromissoria​ inserita nel contratto). La definizione di ciò che debba intendersi per ​controversie relative al risarcimento dei danni ha dato luogo a notevoli difficoltà. Inizialmente si è cercato di assimilare il ​ricorso per risarcimento al ​ricorso d'annullamento e al ricorso in carenza​, sostenendo che esso mira a conseguire risultati analoghi. La Corte tuttavia non si è prestata a tale manovra. Secondo questa il ricorso per risarcimento differisce dall'azione di annullamento in quanto tende ad ottenere, non l'eliminazione dell'atto, bensì il risarcimento del danno causato da un'istituzione nell'esercizio dei suoi compiti. E' stato inoltre necessario distinguere il ​ricorso per risarcimento dalle ​azioni che i soggetti interessati possono esperire dinnanzi ai giudici degli Stati membri​. Il criterio distintivo è legato, oltre che all'​oggetto della pretesa del singolo, anche alla ​disponibilità di un'azione da proporre dinnanzi ai giudici nazionali che sia in grado di soddisfare pienamente la stessa. Se un'azione del genere è possibile, la competenza della Corte è esclusa. Il ricorso per risarcimento si configura pertanto come un ​rimedio residuale rispetto alla tutela che possono offrire i giudici nazionali. I ​presupposti della responsabilità extracontrattuale della Comunità vanno tratti dai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri.​ Tali presupposti sono: 3 danno 4 illegittimità del comportamento delle istituzioni 5 nesso di causalità tra danno e comportamento A questi presupposti, che sono sempre necessari, se ne aggiungono altri 2, qualora il comportamento delle istituzioni consista nell'esercizio di ​poteri caratterizzati da un'ampio margine di discrezionalità e, in particolare, nell'​adozione di atti normativi implicanti scelte di politica economica. In questi casi è necessario dimostrare anche gli altri 2 requisiti: la ​norma​ violata dalle istituzioni sia ​preordinata a conferire diritti ai singoli la violazione di tale norma sia una ​violazione grave e manifesta In epoca più recente la giurisprudenza si è domandata se fosse possibile imputare alle istituzioni una ​responsabilità da attività lecita ​(responsabilità senza colpa); il presupposto di questo tipo di responsabilità sarebbe ​l'eccezzionalità del danno subito da un determinato soggetto come effetto di un'attività svolta nell'interesse generale. Nella sentenza 9 settembre 2008 ​FIAMM ​la Corte nega la stessa possibilità di una responsabilità delle istituzioni per fatto lecito​. Il ​diritto al risarcimento dei danni è soggetto ad un ​termine di prescrizione di 5 anni a decorrere dal momento in cui avviene il fatto che dà loro origine. Il termine di prescrizione inizia a decorrere non dalla data dall'evento dannoso, ma dal momento in cui il danno si è effettivamente realizzato in capo alle persone (sentenza 28 febbraio 2013 Cremonini​). 6.5) La competenza pregiudiziale (art 267 TFUE): A norma dell'art 267 TFUE, la Corte di giustizia ​può o, secondo i casi, deve essere chiamata a ​pronunciarsi in via pregiudiziale sulle questioni riguardanti il diritto dell'Unione che si pongono nell'ambito di un giudizio instaurato davanti ad un ​organo giurisdizionale di uno degli Stati membri​. In base alla competenza pregiudiziale, la Corte conosce di determinate questioni del diritto dell'Unione soltanto in seguito al ​rinvio operato da un ​giudice nazionale​, nell'ambito di un giudizio iniziato e destinato a concludersi dinnanzi allo stesso giudice nazionale. Questi chiede alla Corte di pronunciarsi su determinate questioni perchè reputa nacessaria per emanare la sua sentenza una decisione su questo punto​. La pronuncia della Corte ha ​natura pregiudiziale​, sia in ​senso temporale perchè precede la sentenza del giudice nazionale, sia in ​senso funzionale​, perchè è strumentale rispetto all'emanazione di tale sentenza. La competenza pregiudiziale è quindi una ​competenza limitata potendo la Corte esaminare soltanto le questioni del diritto dell'Unione sollevate dal giudice nazionale. Le ​ragioni ​che hanno condotto ad una ​competenza di tipo pregiudiziale sono legate ad alcune ​caratteristiche tipiche​ dell'ordinamento dell'Unione: ∙ da un lato, il ​sistema decentralizzato di applicazione ​del diritto dell'Unione, per cui il compito di applicare tale normativa ai soggetti degli ordinamenti interni è affidato alle ​autorità di ciascuno Stato membro​. ∙ dall'altro, l'essere la maggior parte delle ​norme dell'Unione dotate di ​efficacia diretta Entrambe queste caratteristiche rendono estremamente frequente ​l'insorgere di controversie​ intorno all'applicazione del diritto dell'Unione. Lo ​scopo​ di tale meccanismo è duplice: 1 da un lato, esso tende ad evitare che ciascun giudice nazionale interpreti e verifichi la validità delle norme dell'Unione in maniera autonoma, col ​rischio di infrangere l'unitarietà del diritto dell'Unione​. 2 dall'altro, esso mira ad offrire ai giudici nazionali uno ​strumento di collaborazione per superare le difficoltà interpretative che il diritto dell'Unione può sollevare. La competenza pregiudiziale viene in rilievo anche sotto il profilo del ​diritto fondamentale ad una tutela giurisdizionale effettiva​. Omettendo di sollevare una questione pregiudiziale davanti alla Corte di giustizia quando le circostanze lo richiederebbero, il giudice, soprattutto se di ultima istanza, ​pregiudica il diritto dei soggetti interessati ad un ​rimedio giurisdizionale effettivo​. Infatti, un giudice avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno è ​tenuto a rivolgersi alla Corte di giustizia, al fine di evitare che siano violati i diritti conferiti ai singoli dal diritto comunitario(sentenza 30 settembre 2003 ​Kobler​). 6.6) Ammissibilità e rilevanza della questione pregiudiziale: Il meccanismo della competenza pregiudiziale costituisce uno ​strumento di cooperazione fra i ​giudici nazionali e la ​Corte di giustizia​. Questi svolgono un ​ruolo complementare al fine di individuare una soluzione al caso concreto che sia ​conforme al diritto dell'Unione​. Non può invece dirsi che esista una gerarchia, per cui i giudici nazionali sarebbero subordinati alla Corte. L'​assenza di un rapporto di tipo gerarchico spiega perchè la Corte ​non eserciti alcun tipo di controllo sulla competenza del giudice nazionale a conoscere del giudizio nel cui ambito le questioni pregiudiziali sono sollevate, o sella regolarità del giudizio stesso. La Corte ha invece posto alcuni ​requisiti riguardanti il ​contenuto del provvedimento di rinvio. ​Essa richiede che il giudice nazionale definisca l'ambito di fatto e di diritto in cui si inseriscono le questioni sollevate. In mancanza di sufficienti indicazioni al riguardo, la Corte non potrebbe giungere ad un interpretazione del diritto comunitario che sia utile per il giudice nazionale, e si riserva quindi la ​possibilità di non rispondere​ alle questioni pregiudiziali​. Normalmente, la Corte non verifica la ​necessità del rinvio e la rilevanza delle questioni di diritto dell'Unione rispetto alla soluzione pendente davanti al giudice nazionale. Secondo l'art 267, il giudice nazionale si rivolge alla Corte ​qualora reputi necessario per emanare la sua sentenza una decisione sul punto​. Di conseguenza, in una prima fase, la Corte riteneva che spettasse al ​solo giudice nazionale valutare la necessità del rinvio. Successivamente, un uso talvolta improprio e persino abusivo del rinvio pregiudiziale ha indotto la Corte a mutare atteggiamento. ​La Corte si è così riservata il ​potere di verificare la rilevanza delle questioni pregiudiziali al fine di controllare se essa ​sia competente a rispondere e se non sussista alcune delle ​ipotesi patologiche individuate​; Tali ipotesi sono: questioni poste nell'ambito di controversie fittizie: in questi casi le parti sono d'accordo tra di loro sull'interpretazione da dare alle norme dell'Unione e vogliono L'ultima ipotesi, quella dell'atto chiaro, è la più delicata; la Corte infatti precisa che, prima di concludere nel senso che la questione è chiara e il rinvio alla Corte non è dovuto, al giudice di ultima istanza è fatto obbligo di procedere alle seguenti verifiche: ∙ convincersi che la ​stessa soluzione si imporrebbe anche ai giudici degli altri Stati membri e alla Corte di giustizia ∙ raffrontare le diverse questioni linguistiche​ delle norme dell'Unione ∙ tenere conto della ​non necessaria coincidenza tra il ​significato ​di una ​medesima nozione giuridica​ nel diritto dell'Unione e nel diritto interno ∙ ricollocare la norma dell'Unione nel suo contesto​ e alla luce delle sue finalità Qualora il giudice di ultima istanza ritenga di non essere obbligato a sollevare un rinvio pregiudiziale per una delle ragioni descritte, è in ogni caso tenuto a fornire una motivazione del suo rifiuto di rivolgersi alla Corte di giustizia. In assenza di tale motivazione, il mancato rinvio potrebbe essere considerato ​arbitrario e costituisce una delle ipotesi di ​responsabilità dello Stato ​(nell'esercizio del suo potere giudiziario) e dare luogo ad un ​risarcimento per danni a favore del singolo i cui diritti siano stati lesi dalla pronuncia giudiziale. Recentemente è stata introdotta un'ipotesi di ​obbligo di rinvio anche per i giudici di ultima istanza​. Essa riguarda le sole ​questioni pregiudiziali di validità​. Quindi qualora ritenga fondati i motivi d'invalidità addotti dalle parti riguado ad un'atto delle istituzioni, il giudice, anche se non di ultima istanza, ​è tenuto a rinviare alla Corte la relativa questione pregiudiziale​. 6.9) L'oggetto delle questioni pregiudiziali: La competenza pregiudiziale della Corte può riguardare: ∙ ​questioni di interpretazione: ​le questioni pregiudiziali d'interpretazione possono avere ad oggetto: 1 i trattati: per trattati si deve intendere il TUE e il TFUE, compresi i protocolli e gli allegati 2 gli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi e dagli organismi dell'Unione: tale nozione comprende gli atti appartenenti alle categorie di cui all'art 288 TFUE, incluse le ​raccomandazioni e i ​pareri​, ma anche gli atti atipici​, gli ​accordi internazionali e gli ​atti privi di efficacia diretta​. Non rientrano invece nella competenza pregiudiziale della Corte gli accordi o le convenzioni concluse tra gli Stati membri. L'art 267 esclude che, nell'ambito di una questione di interpretazione, la Corte possa essa stessa procedere all'applicazione di norme dell'Unione alla fattispecie oggetto del giudizio pendente davanti al giudice nazionale. Tale articolo contrappone l'interpretazione all'applicazione del diritto dell'Unione e attribuisce alla Corte solo la prima funzione, riservando la seconda al giudice nazionale. Parimenti non è previsto che la Corte possa procedere all'​interpretazione delle norme degli Stati membri o pronunciarsi sull'​incompatibilità di una norma nazionale con norme dell'Unione​. Entrambi questi compiti spettano al giudice nazionale. Tuttavia, qualora il giudice nazionale chieda alla Corte un giudizio sulla compatibilità con il diritto dell'Unione di specifiche norme interne, la Corte, pur mantenendo fermo il principio della sua incompetenza a rispondere a questioni del genere, non le dichiara senz'altro inammissibili, ma le ​riformula​, in modo da fornire al giudice nazionale tutti gli ​elementi di interpretazione che gli consentano di valutare tale compatibilità ai fini della soluzione della causa (sentenza 18 giugno 1991 Piageme​) (​uso alternativo del rinvio pregiudiziale​). ∙ ​questioni di validità: ​possono avere ad oggetto soltanto gli ​atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi e dagli organismi dell'Unione​. Tali questioni consentono alla Corte di effettuare un controllo sulla ​validità di tali atti ad integrazione del controllo che la Corte esercita attraverso il ​ricorso d'annullamento o attraverso l'eccezione di invalidità​. L'analogia con il ricorso d'annullamento comporta che oggetto di una questione pregiudiziale di validità possano essere ​tutti gli atti contro i quali si può proporre un ricorso ai sensi dell'art 263. Tuttavia non trova applicazione il termine di 2 mesi; ne consegue che una questione pregiudiziale di validità ​può essere proposta anche a distanza di anni dall'entrata in vigore dell'atto in causa​. Tuttavia, qualora il soggetto che si rivolge al giudice nazionale avrebbe potuto proporre ricorso d'annullamento e non lo ha fatto lasciando decorrere il termine, il giudice nazionale non può più sollevare questione pregiudiziale di validità (sentenza 9 marzo 1994 TWD). 6.10) Il valore delle sentenze pregiudiziali: Le sentenze rese dalla Corte in un procedimento vincolano anzitutto il giudice che aveva effettuato il rinvio (sentenza 3 febbraio 1997 ​Benedetti​). ​Questi non può discostarsene​, ma può soltanto, qualora lo ritenga necessario, ​adire nuovamente la Corte per chiedere ​ulteriori chiarimenti​. Tuttavia la sentenza della Corte assume un ​valore generale​, che travalica i confini del giudizio nel cui ambito le questioni pregiudiziali sono state sollevate. ​Qualunque giudice nazionale, il quale si trovi a dover risolvere questioni in merito alle quali la Corte si è già pronunciata mediante sentenza pregiudiziale, deve adeguarsi a tale sentenza, salva la possibilità di rivolgersi nuovamente alla Corte​. L'esistenza di una sentenza emessa dalla Corte, rende ​superflua la proposizione di un nuovo rinvio sulle stesse questioni o su questioni simili​. Il principio è stato affermato nel caso di ​sentenze pregiudiziali di validità che dichiarano l'invalidità di un atto delle istituzioni (sentenza 13 maggio 1981 International Chemical Corporation nella quale si legge: <<​La sentenza della Corte che accerti l'invalidità di un'atto di un' istituzione, sebbene abbia come diretto destinatario solo il giudice che si è rivolto alla Corte, costituisce per qualsiasi altro giudice un motivo sufficiente per considerare tale atto non valido ai fini di una decisione ch'esso debba emettere>>​. In linea di principio tutte le sentenze pregiudiziali hanno ​valore retroattivo​. L'interpretazione contenuta in una sentenza pregiudiziale, infatti, ​chiarisce il significato e la portata della norma quale deve o avrebbe dovuto essere intesa ed applicata ​dal momento della sua entrata in vigore​, e la norma così interpretata può e deve essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti o costituiti prima della sentenza interpretativa​. Il valore retroattivo delle sentenze della Corte va tuttavia conciliato con il ​principio generale della certezza del diritto​. Di conseguenza un soggetto che non abbia agito in giudizio entro il termine previsto, non può, scaduto tale termine, invocare una sentenza pregiudiziale emessa dalla Corte, a meno che il termine in questione non sia irragionevole (sentenza 13 gennaio 2005 ​Kuhne & Heitz​). Inoltre la Corte si riserva il ​potere di limitare nel tempo la portata delle proprie sentenze pregiudiziali tanto ​interpretative quanto ​di validità​. L'esercizio di tale potere viene motivato da ​esigenze di certezza del diritto e di tutela dell'affidamento​. La Corte tuttavia fa generalmente salva la possibilità di ​invocare la sentenza pregiudiziale da parte di coloro che abbiano proposto un'azione giudiziaria o un reclamo equivalente prima della sentenza stessa (sentenza 15 gennaio 1986 ​Pinna​). (es: nella causa ​FRAGD​, una società aveva versato importi compensativi monetari in base ad un regolamento dichiarato invalido dalla Corte di giustizia in una serie di sentenze, nelle quali, tuttavia, la Corte specificava che ​l'accertata invalidità delle disposizioni regolamentari non consente di rimettere in discussione la riscossione o il pagamento degli importi compensativi o monetari effettuati dalle autorità nazionali in base a dette disposizioni, per il periodo anteriore alla data della presente sentenza​. Capitolo 7: Le competenze dell'Unione europea Inizialmente il problema di come venivano ​determinate e qualifcate le competenze dell'Unione europea si è posto soprattutto riguardo la CE. La CE era caratterizzata da un'impostazione sovranazionale che la rendeva molto autonoma rispetto agli Stati membri. Questi non sempre riuscivano a controllarne i processi decisionali; grande era pertanto il rischio che si verificasse una strisciante estenzione delle competenze della Nell'ambito della procedura legislativa ordinaria si apre così una ​fase preliminare esclusivamente dedicata alla ​verifica del rispetto del principio di sussidiarietà​. Basta che il Consiglio voti a maggioranza del 55% dei membri nel senso che la proposta non sia compatibile con il principio di sussidiarietà o che altrettanto faccia il Parlamento europeo a maggioranza dei voti espressi a far si che ​la proposta legislativa decada e non formi oggetto di ulteriore esame​. Si è a lungo discusso se il rispetto del principio di sussidiarietà possa essere oggetto di controllo giurisdizionale o se si tratti di un'indicazione meramente politica rivolta alle istituzioni. Secondo la Corte la scelta di considerare un atto conforme al principio di sussidiarietà appartiene a quella sfera di discrezionalità politica che deve essere riservata alle istituzioni e nella quale il giudice non intende intromettersi, salvo il caso di ​travalicamento dei limiti della discrezionalità ​o di ​errore manifesto. ∙ il ​principio di proporzionalità: ​l'art 5 TUE prevede che: in virtù del principio di proporzionalità, il ​contenuto e la ​forma dell'azione dell'Unione si limitano a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei trattati. Anche questo principio attiene alle ​modalità ​di esercizio delle competenze dell'Unione. L'intervento dell'Unione deve infatti essere limitato a ​quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei trattati​. Tale principio ha quindi la funzione di tutelare gli Stati membri da interventi dell'Unione di portata ingiustificatamente ampia. Gli Stati membri molto spesso hanno utilizzato il principio di proporzionalità per contestare gli atti delle istituzioni giudicati eccessivamente invasivi. La Corte tuttavia limita il proprio riesame alle ipotesi di: 1 errore manifesto 2 sviamento di potere 3 manifesto travalicamento dei limiti della discrezionalità L'esigenza di rispettare la proporzionalità comporta restrizioni per quanto riguarda tanto la ​scelta del tipo di atto da adottare (le istituzioni lo decidono di volta in volta nel rispetto delle procedure applicabili e del principio di proporzionalità), quanto il ​contenuto di quest'ultimo ​(le misure comunitarie devono lasciare il maggior spazio possibile alle decisioni nazionali). In un secondo momento, l'esigenza di ​definire e di ​contenere le competenze dell'Unione ha costituito uno dei temi centrali del dibattito e dei negoziati che hanno portato alla riforma del Trattato di Lisbona. 7.1) I vari tipi di competenza: Non tutte le competenze attribuite dai trattati all'Unione hanno pari natura. L'art 2 TFUE stabilisce che le competenze dell'Unione si distinguono nelle seguenti ​categorie: ∙ competenze esclusive: l'art 2 , par 1, TFUE, è dedicato alle competenze esclusive; secondo questo: ​quando i trattati attribuiscono all'Unione una competenza esclusiva in un determinato settore, solo l'Unione può legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti. Gli Stati membri possono farlo autonomamente solo se autorizzati dall'Unione oppure per dare attuazione agli atti dell'Unione​. E' da sottolineare che è esclusa l'ipotesi per cui uno Stato membro possa riacquisire tale competenza a seguito del mancato esercizio di quest'ultima da parte dell'Unione. L'art 3, par 1, contiene un'​elencazione tassativa dei settori in cui l'Unione ha competenza escusiva: unione doganale definizione delle regole di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno politica monetaria per gli Stati membri la cui moneta è l'euro conservazione delle risorse biologiche del mare politca commerciale comune conclusione di accordi internazionali ∙ competenze concorrenti: ​l'art 2, par 2, TFUE, si occupa delle competenze concorrenti; secondo questo: ​quando i trattati attribuiscono all'Unione una competenza concorrente con quella degli Stati membri in un determinato settore, l'Unione e gli Stati membri possono legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti in tale settore. Gli Stati membri esercitano la loro competenza nella misura in cui l'Unione non ha esercitato la propria, o nella misura in cui l'Unione ha deciso di cessare di esercitare la propria​. Nei settori di competenza concorrente, infatti, inizialmente Unione e Stati membri possono ciascuno esercitare i propri poteri; si tratta tuttavia di una ​situazione transitoria​, che potrebbe modificarsi nel tempo in favore dell'Unione. Infatti man mano che questa agisce ​diminuisce corrispondentemente lo spazio d'azione degli Stati membri​. In forza del ​principio di leale collaborazione gli Stati membri sono tenuti ad astenersi da qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell'Unione. Essi non potrebbero pertanto adottare provvedimenti in materie già oggetto di atti dell'Unione. L'art 2 prevede anche l'ipotesi che gli Stati tornino ad esercitare la loro competenza se l'Unione decide di cessare di esercitare la propria; si ipotizza pertanto che la perdita di competenza non sia mai definitiva. L'art 4 TFUE definisce i ​settori di competenza concorrente dell'Unione; ​non è prevista un'elencazione tassativa​; ​le competenze dell'Unione sono pertanto concorrenti a meno che non ricadano tra quelle espressamente esclusive o di terzo tipo​. Vengono elencati i settori principali: 1 mercato interno 2 agricoltura e pesca 3 ambiente 4 protezione dei consumatori 5 trasporti 6 energia ∙ competenze di ​sostegno​, ​coordinamento e ​completamento​: la competenza dell'Unione è esercitata ​in parallelo con la competenza degli Stati membri, attraverso azioni destinate a sostenere, coordinare o integrare quelle degli Stati membri. L'esercizio della competenza dell'Unione non può mai sostituirsi a quella degli Stati membri o portare ad un suo progressivo svuotamento. I settori oggetto delle competenze del terzo tipo sono indicate in ​maniera tassativa dall'art 6 TFUE: tutela e miglioramento della salute umana industria cultura turismo istruzione, formazione professionale, gioventù e sport protezione civile cooperazione amministrativa 7.2) La competenza a concludere accordi internazionali: Particolarmente complessa si rivela la definizione e la classificazione della competenza dell'Unione per la conclusione di accordi internazionali (​competenza esterna​). In quanto soggetto autonomo di diritto internazionale, l'Unione ha la capacità di concludere accordi con altri soggetti di tale ordinamento, senza dover passare attraverso i propri Stati membri. Tuttavis la competenza esterna dell'Unione non ha portata illimitata​. Il Trattato di Lisbona prevede 2 appositi articoli del TFUE: ∙ art 216, par 1, che definisce in termini generali in quali casi l'Unione è competente a concludere accordi internazionali: i casi in cui l'Unione è dotata di competenza estenra sono: casi in cui la conclusione di un'accordo è prevista dai trattati casi in cui la conclusione di un'accordo è necessaria per la realizzazione di uno degli obiettivi fissati dai trattati, nell'ambito delle politiche dell'Unione casi in cui la conclusione di un'accordo è prevista da un'atto giuridico vincolante dell'Unione
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved