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Approccio Intersezionale nell'Educazione Inclusiva: Razzismo, Disabilità e Identità, Schemi e mappe concettuali di Pedagogia

Educazione SpecialeDisabilità e SocietàRazzismo e discriminazionepedagogia

La storia del movimento per l'inclusione e la disgregazione, che hanno portato a battaglie politiche separate per l'istruzione scolastica integrata. Il razzismo e la disabilità sono temi collegati che influenzano l'educazione mondiale, creando svantaggi educativi. I DisCrit (Disability Critical Race Theory) studiano le interconnessioni tra razzismo e disabilità, privilegiando la prospettiva degli 'insider' e comprendendo che gli allievi sono entità complesse e non riducibili a categorie. Il documento sposta l'attenzione dalla negazione dei termini 'menomazione' e 'disabilità' a una prospettiva di abilità, eliminando il prefisso 'dis-'. La scuola dovrebbe formare un'identità positiva e la costruzione dell'identità diventa un elemento fondamentale della pratica educativa. Il testo critica l'abilismo e la separazione tra abilismo e disabilismo, che promuove un trattamento diverso delle persone a causa di presunte disabilità.

Cosa imparerai

  • Come i DisCrit studiano le interconnessioni tra razzismo e disabilità?
  • Come il documento critica l'abilismo e la separazione tra abilismo e disabilismo?
  • Come il testo sposta l'attenzione dal rifiuto dei termini 'menomazione' e 'disabilità' a una prospettiva di abilità?

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2021/2022

Caricato il 18/02/2022

V.G.92
V.G.92 🇮🇹

4.3

(14)

19 documenti

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Scarica Approccio Intersezionale nell'Educazione Inclusiva: Razzismo, Disabilità e Identità e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Pedagogia solo su Docsity! CAPITOLO 1 DISCRIT: L’APPROCCIO INTERSEZIONALE NELL’EDUCAZIONE INCLUSIVA Storie condivise, lotte separate Il movimento della disgregazione, legato alle lotte per i diritti civili, e il movimento per l’inclusione, legato alla difesa dei diritti per l’inclusione delle persone con disabilità, puntavano ad una istruzione scolastica integrata ma conducendo due battaglie politiche separate. Quello che non fu previsto fu che le etichette della pedagogia speciale vennero utilizzate per giustificare la risegregazione degli allievi di colore all’interno della scuola. Quello che mancava era una teoria o un approccio di inclusione ed equità che riconoscesse e affrontasse i sistemi oppressivi che gli allievi sperimentavano all’interno della scuola a partire dalla collusione tra razza e disabilità. Inclusione 2.0 l’intreccio delle forme di oppressione Raggiungere un'inclusione definitiva non è semplice possiamo però cercare di raggiungere un'inclusione aggiornata o come viene definita un'inclusione 2.0 dove è necessario riconoscere il legame tra educazione speciale separata e altre forme di marginalizzazione. l'inclusione è un processo in continua evoluzione e devono puntare alla piena partecipazione e all'apprezzamento di tutti gli allievi. Quello che è emerso da diversi studi e che razzismo e la divismo sono temi collegati tra loro e che influenzano il pensiero e le pratiche dell'istruzione scolastica mondiale, Dando vita ad uno svantaggio educativo. Ciò che sembra più appropriato e di considerare gli effetti duraturi di un accumulo di debiti educativi da parte dei bambini che vengono marginalizzati come conseguenza della discriminazione dell'esclusione. I DisCrit: un modello intersezionale Il modello intersezionale dei DisCrit serve ad affrontare l’interdipendenza tra le diverse forme di oppressione che nelle scuole produce forme di inequità radicate. Questo modello cerca di mostrare come il razzismo e l’abilismo collaborino per rinforzare e modellare le nozioni di normalità e bianchezza. Vi sono una serie di principi che sono stati redatti per permettere lo sviluppo di un atteggiamento mentale intersezionale da estendere a studiose, insegnanti e studenti, per puntare all’utilizzo di una riforma educativa inclusiva. I DisCrit studiano come le forze del razzismo e dell’abilismo, circolando in forme interdipendenti e spesso apparentemente scontate, siano il fondamento della concezione di normalità ► Come fanno il razzismo e l’abilismo a continuare a forgiare le nostre idee in materia di normalità e ad influire? Come fanno la razza o l’etnia a influire sulla presunzione che un certo bambino sia a rischio o carente? Che senso ha pensare che alcuni allievi siano normali o ordinari? I DisCrit mettono in crisi le nozioni di identità singolari e propongono una concezione in cui gli allievi sono molteplicemente situati e complessi ► Evidenziano le differenze all’interno dei gruppi ► Aiutano a contrastare il raggruppamento dei bambini in base alle differenze percepite e a rimettere in discussione le categorie fisse o singolari perché determinati specifici aspetti dell’identità prevalgono nella percezione di un bambino? Per i DisCrit, la razza e la disabilità sono differenze socialmente costruite e nondimeno cariche di profonde implicazioni per la vita di ognuno ► rifiutano il determinismo biologico ► riconoscono le reali conseguenze materiali della razza e della disabilità, che servono a giustificare l’esclusione, la segregazione e la marginalizzazione ► studiano i mutamenti delle categorie di razza e disabilità in funzione del tempo e dei contesti ► aiutano a capire che gli allievi sono entità complesse e che non possono essere ridotti ad alcune delle categorie utilzizate per descriverli I DisCrit privilegianao il punto di vista degli “insider” ► prestano attenzione alle contronarrazioni e alle prospettive divergenti di chi sta al margine ► riconoscono il valore delle molteplici prospettive dei gruppi oppressi ► comprendono l’importanza dello slogan della disabilità “Nulla che ci riguardi senza di noi” e per questo fanno in modo che i soggetti siano rappresentati e coinvolti appieno hanno il ruolo di esperti della propria esperienza e di collaboratori apprezzati I Discrit prestano attenzione ai contesti giuridici, storici, ideologici e culturali del razzismo e dell’abilismo ► ripudio dell’esclusione in tutte le sue forme con l’individuazione dei lasciti dell’oppressione e del soggiogamento per scoprire e coltivare le forme di resistenza più adeguate Nei DisCrit, la bianchezza e la capacità sono forme di proprietà ► capacità e normalità conferiscono privilegi a coloro che possono affermare di possederle. I DisCrit promuovono l’attivismo e varie forme di resistenza ► sviluppare degli strumenti critici per portare alla luce forme di esclusione sottili e pregiudizi. Decodificare I comportamenti che sono un tentativo di comunicare un bisogno di sostegno, inclusione e appartenenza. I DisCrit sono destinati ad evolvere col tempo in base allo sviluppo dei principi utili ad affrontare i nuovi bisogni. L'obiettivo è quello di rendere i DisCrit un modello vivo e dinamico, sebbene la speranza sia legata ad eliminare forme di razzismo e abilismo che giustificano l'esclusione. CAPITOLO 2 DISABILITAZIONE E POTERE: PRESUPPOSTI, IMPLICAZIONI, STRATEGIE I presupposti epistemologici della disabilitazione La mente tende a semplificare l’ambiente per favorire l’orientamento nell’ambiente stesso e l’interazione con esso, tende quindi a distinguere/discriminare ed è quindi un processo inevitabile. Quindi, per raggiungere l’inclusione di tutti è ingenuo dire che si dovrebbero evitare ed eliminare le distinzioni. Bisognerebbe arrivare all’eliminazione delle distinzioni ma non essendo possibile è preferibile elaborare strategie di controllo e gestione dei suoi effetti indesiderati. La distinzione/discriminazione porta a dei risultati che dipendono dall’insieme delle caratteristiche selezionate fra un numero infinito e che varia in base al singolo individuo e all’ammontare delle conoscenze possedute da quest’ultimo. Questa premessa teorica, fondata a partire da una posizione epistemologica di tipo prospettivista e costruttivista radicale, ha lo scopo di mostrare che l’intero discorso che oggi investe la nozione di disabilità ha a che fare con il problema dell’inevitabilità della distinzione/discriminazione operata da esseri umani nei confronti di altri esseri umani in base alle caratteristiche di ognuno con uno spostamento nel caso della disabilità nel regno del non pienamente umano. Potere di discriminare e disabilitazione L’autrice Flavia Monceri nel suo saggio ha deciso di utilizzare al posto dei termini menomazione e disabilità rispettivamente i termini intralcio e disabilitazione, che la stessa ritiene più in linea con la sua posizione critica che punta alla rimozione del potere discriminatorio. Il primo passaggio lo ritroviamo nella distinzione fra corpi pienamente umani e corpi non pienamente umani (menomazione): è un giudizio di valore che viene mascherato da un giudizio di fatto che è ispirato ad un modello precostituito di essere conforme ad un modello o meno. Il riuscire a prendere le distanze da questo modello permetterebbe di acquisire maggiore flessibilità nella relazione con gli altri, minimizzare la reazione davanti al non ancora noto ed essere pronti sia da un punto di vista percettivo che cognitivo ad una varietà di dati. Bisognerebbe decostruire la pretesa di oggettività che è basata solo su fatti biologici affermando che ciò che si ritiene oggettivo è già un risultato di un giudizio di valore che è legato al concetto di nominazione che viene esercitata da parte di qualcun altro e che diventa così arbitraria. Il secondo passaggio è legato alla costruzione di una impalcatura giustificativa all’interno del gruppo noi che condivide una visione comune di verità e valori reiterati che portano ad una teorizzazione sulla disabilitazione, avviene cosi una terza fase. La teorizzazione sulla disabilitazione è una costante e progressiva sottrazione di abilità standardizzate per un essere pienamente umano sia da un punto di vista psicofisico che da quello sociale. Il processo di disabilitazione dipende quindi dalla corretta definizione di abilità che è utile per stabilire quella che è la mancanza. Quello di cui si ha bisogno è una nominazione legata alle scienze mediche e ad una nominazione di stampo socioculturale. Questo porterebbe come effetto l’esclusione dalla partecipazione alla comunità dei corpi concreti con etichetta disabili o menomati. Il quarto passaggio riguarda la gestione dell’esclusione e della decisione sull’esclusione dove coloro che sono riconosciuti come intralciati e disabilitati ricevono la tutela dei pienamente umani che vengono chiamati a decidere L’abilismo è stato storicamente presente nelle scuole e nella società in generale, e la sua presenza è legata alla lettura della disabilità secondo il modello medico. La rappresentazione dell’alunno e della persona disabile deriva dal confronto con il prototipo abile. La scuola che fatica a costituirsi come organizzazione flessibile e come contesto culturale in continuo mutamento, si mostra come un’istituzione abilista che non tiene conto dell’intera gamma delle capacità mentali e fisiche di tutti i suoi alunni. L’ideologia abilista crea degli spazi che portano all’esclusione di studenti disabili dagli spazi condivisi dai compagni di classe. La separazione e la “segregazione” di alcuni alunni disabili in gruppi o luoghi speciali porta a mostrare una differenza che caratterizzerà anche la loro vita adulta. Lo spazio è fondamentale per la costruzione dell’identità dei bambini sia disabili che non disabili. Gli stereotipi tendono a creare differenze attraverso una divisione tra il normale e l’anormale. 3. Meritocrazia Il concetto di meritocrazia è strettamente connesso all’abilismo. Il concetto di meritocrazia tende a valorizzare solo il lavoratore produttivo. Il termine meritocrazia fu utilizzato per primo da Michael Young. Secondo il sociologo inglese, alcune riforme fondate sull’uguaglianza promuovono una selezione basata sull’intelligenza. In questo modo l’istruzione non viene impartita a tutti nello stesso modo ma iene differenziata in base alle capacità intellettuali. Secondo la meritocrazia è l’intelligenza la capacità che permette di aumentare la produzione e la crescita economica. La parola meritocrazia fu in seguito usata con un significato positivo, per definire l’ideale della società giusta. Le cause del fallimento degli studenti sono attribuite ad un elemento individuale, all’incapacità individuale di adattarsi a un sistema meritocratico. Secondo Butera la meritocrazia nuoce all’apprendimento in quanto crea un clima di confronto tra gli allievi e limita le capacità cognitive richieste per apprendere. Diversamente dagli obiettivi dell’apprendere e dell’apprendimento la meritocrazia dà importanza al risultato finale e alla sfida con l’altro. Scopo della meritocrazia sono la performance e l’eccellere rispetto ad altri, mentre lo scopo dell’apprendimento è l’acquisizione delle conoscenze. Il sistema scolastico è sempre più improntato a criteri di meritocrazia e sempre più vengono introdotti strumenti di valutazione selettiva. L’obiettivo è quello di costruire una scuola capace di produrre competenze misurabili secondo criteri oggettivi e validi a livello internazionale. Tutto questo fa presagire la possibilità che tutto ciò che non sarà oggettivamente misurabile rischierà di essere escluso dal sistema, considerando l’obiettivo di raggiungimento dell’uniformità nei livelli di istruzione dei paesi europei in vista della competizione a livello globale. Il sistema meritocratico costruisce l’individualismo, generando un’incapacità nei soggetti di trarre vantaggio dai lavori di gruppo. Conclusioni Il sistema scolastico non equivale alla sola azione didattica, ma si trova all'interno di sistemi politici, economici, sociali e culturali. L'attività didattica dovrebbe essere capace di eliminare gli stereotipi, nei confronti della disabilità e superare i pregiudizi personali. Riconoscere la scuola come contesto non deve ridursi ad essere mera esecuzione delle direttive ministeriali, ma che ci siano proposte educative che includano la capacità di saper leggere la dimensione culturale delle relazioni che promuovano distanze o prossimità, conoscenza e riconoscimento bella differenza o marginalizzazione e estraniazione della stessa. Il grado di partecipazione garantito agli studenti con disabilità all'interno del contesto classe deve essere capace di produrre uno sguardo sulla soggettività stessa delle persone disabili, permettendo il passaggio dall' indifferenziato concettuale a quello dello “speciale” (con i suoi bisogni, obiettivi, la sua educazione ecc.). Lo spazio di partecipazione caratterizzato dall’apparire con dignità e autorevolezza dell’identità sociale delle persone con disabilità sposta culturalmente le dinamiche relazionali. Il ruolo della scuola in questo ambito dovrebbe essere quello di, supportare il mutamento delle percezioni sociali e culturali. Purtroppo, nella realtà concreta invece, essa riproduce le diseguaglianze tipiche degli anni precedenti CAPITOLO 8 L’INSEGNANTE INCLUSIVO E LA SUA FORMAZIONE UNA QUESTIONE APERTA NELL’OTTICA DEI DISABILITY STUDIES Il punto di vista dei Disability Studies Assumerlo come sfondo epistemologico: ► non significa esprimere una posizione netta nel disegno di un profilo d’insegnante inclusivo ► è utile a contrastare la percezione di “ambito di nicchia” che rende le proposte d’inclusione decisamente impraticabili ► in virtù di queste erronee percezioni, è utile a contrastare forme di ortodossia sui DS ► è utile a tracciare una prospettiva di analisi ricca e articolata, lontana dalle ideologie egemoniche su DS (sfondi dell’ovvio che influenzano le nostre vite e i costrutti ideologici che diamo per acquisiti) In questo modo, si agisce in modo critico: ogni individuo va così ridefinendosi nel percorso di autodeterminazione in nome di ciò che Focault definisce critica che affronta la relazione tra potere e verità. →Nel rischio che la relazione educativa diventi esercizio di potere, Malatesta consiglia di assumere un atteggiamento fallibilista e contingente ► Fallibilista: Che promuove l’esercizio del dubbio e che vede all’errore (della ricerca) come espressione della soggettività; quindi, come esercizio della libertà → è questo l’atteggiamento che Lukacs definisce proprio del saggio, il quale nel proprio cammino ricerca la verità; ► Contingente: pensiero e azione rinunciano all’autoriproduzione forzata: è necessario lasciare liberi gli altri di percorrere la propria via → permette di fare i conti con incertezze, complessità del mondo Queste prospettive permettono di guardare ai DS in un’ottica inclusiva: si parte dalla decostruzione dell’ovvio attraverso l’esercizio della critica. Lo sfondo politico sociale Il tempo che viviamo tutto come liquido e complesso ho più genericamente globalizzato in quanto dominato da una visione centrata su logiche verticistiche e separatrici e orientate da poteri economico finanziari senza scrupoli che creano uno scenario sempre più denso di conflitti. Un mondo in crisi dove però coloro i quali detengono le redini del gioco spingono ulteriormente l'acceleratore su opzioni che si direzionano verso la disumanizzazione. Scopo è quello di non mettere in discussione il potere e il benessere di pochi a discapito delle libertà e del benessere di tutti ma di consolidarlo. Freire → si giustificano alcune precise opzioni identificate come uniche necessarie o mettendo ai più le altre possibili oppure tacciandole di utopismo Illich → concetto di crisi, tutte le comunità mondiali si trovano davanti a un bivio di scegliere se rimanere nelle gabbie in cui si è rinchiusi o avere la possibilità di vivere in maniera diversa. Himanen → venerdizzazione della domenica: fenomeno globale e globalizzante derivante da quella che viene definita l'etica protestante del lavoro che ha come assunto il motto il tempo è denaro. Siamo immersi in realtà socioculturali politiche ed economia che determinano asckholia → individui che non hanno padronanza e libertà del proprio tempo. Significa essere schiavi e soggetti alienati che subiscono il lavoro e aspirano un tempo libero che è sempre più marginale. Situazione che governa il tempo del lavoratore ma anche dello studente appunto nella logica della scuola mercanti lizzata la pratica educativa diviene strumento per adattare l'allievo a una realtà che viene rappresentata nelle contingenze del momento storico come non suscettibile di cambiamento. Chi non si conforma è posto al di fuori o viene posto in una posizione che richiede assistenza. A livello di sistema scolastico questo si evince nel fenomeno definito la tirannia della trasparenza. Si è pervasi o meglio costretti da una sorta di smania indirizzata verso la ricerca smodata di soluzioni appunto lo scopo è dimostrare e non migliorare perdendo la possibilità di fare quello che viene chiesto di dimostrare si faccia. Federico Bertoni → critica il sistema che governa l’università L’egemonia politico-economico-culturale di questo nostro tempo ha determinato a scuola quella che potremmo definire con Meirieu la sindrome da screening sistematico → obbiettivo: identificazione precoce del disturbo per il suo inquadramento diagnostico grazie al quale si categorizza l'individuo nella/per la sua disfunzionalità. Fenomeno della bessizzazione della scuola (sigle per definire gli allievi) → si opera nella reificazione della persona e si determina anche il disinvestimento nell’azione pedagogica e didattica. Allievo = caso → significa isolarlo sia sul piano delle aspettative degli insegnanti che dall’aiuto degli altri. Va messe in atto una didattica speciale per l’inclusione che però è molto spesso separata dalla didattica tout court che in realtà non necessiterebbe affatto dell’aggettivo inclusivo. Gli aspetti da evidenziare, al termine di questo discorso, sono due: ► uso distorto della valutazione → essa diventa una pratica di controllo sistematico per scopi estrinseci da quelli previsti dalla mission di autoanalisi, automiglioramento e autodeterminazione; ► erronea interpretazione dei concetti di individualizzazione e personalizzazione. La didattica speciale per l’inclusione mantiene, in risposta ai BES, la necessità di utilizzare due didattiche: una adatta alla maggior parte degli alunni con erogazione tradizionale, l’altra individualizzata, con PEI, o personalizzata, con PDP, utile a compensare le difficoltà di soggetti con bisogni speciali. La parola speciale è ancora oggi troppo legata all’idea della medicalizzazione, nutrita del paradigma clinico che è in realtà slegato dall’apporto educativo in materia di individualizzazione e personalizzazione → i fenomeni di marginalizzazione ed esclusione sono così fomentati da queste forme di incultura concettuale e interpretativa. Lo sfondo della ricerca I nodi problematici a proposito di ricerca educativa sono la non piena integrazione e sinergia tra le diverse figure che operano nella scuola , vi è la divisione tra insegnante curriculare e insegnante di sostegno, che da un punto di vista sociale non sono concepite in maniera equa e alla pari e che devono integrarsi in itinere. Una separazione che porta al generarsi del fenomeno delega. Ma anche definire un insegnante specializzato di sostegno non è corretto ed è indirizzante. Questa separazione di figura, ruolo e funzione dell’insegnante porta a 3 nodi critici: - Progettualità non condivisa - Prevalere, ieri come oggi, di metodologie didattiche tradizionali - Fenomeni di micro/macro esclusione degli allievi che non sono inquadrati nel mainstream della classe = push/pull out ; modello medico-individuale ovvero la possibilità di stare dentro o fuori la classe è spesso dovuta al fatto che il deficit dell’allievo è ritenuto, su base clinica, così grave o complesso da non far ritenere possibile la sua partecipazione alle normali attività di classe. Didattica specializzata per l’inclusione che, essendo però spesso concepita come separata non può essere attuata per l’allievo in questione insieme ad altri uscita dell’allievo dalla classe. Diversa frequenza e prevalenza di tali nodi nella realtà scolastica (da un massimo di assenza ad un massimo di presenza) = qualità dell’offerta formativa a macchia di leopardo fenomeni riconosciuti in modo trasversale delineare un profilo dell’insegnante inclusivo = figure in grado di rispondere alle criticità emerse nei diversi sfondi analizzati. Un tentativo di elaborazione del profilo dell’insegnante inclusivo Da un lato abbiamo il paradigma oliberista che da vita a disuguaglianze e categorizzazioni su base abilista e performativa e che punta la sua attenzione al prodotto finale; con una presenza delle pratiche valutative tendenti a indirizzare e confermare le categorizzazioni e gli standard di merito, senza dare altre possibilità di azione. Dall’altro lato abbiamo la necessità di rispondere sul piano delle azioni educative e didattiche alle differenze che caratterizzano gli allievi e la sfida che è proprio capire quali debbano essere le caratteristiche di un insegnante che sia in grado di affrontare queste differenze. L’inclusione/inclusività della scuola e della società non è una azione rivolta a singole o specifiche categorie di allievi o individui per consentire loro di stare con gli altri in modo che possano fare come tutti gli altri. Usando questa concezione e beneficiando di una normativa benevola vengono accolti nei contesti comuni che a seguito di adattamenti ragionevoli si modellano per consentire l’accesso e la permanenza senza modificarne la struttura principale del contesto accogliente. L’inclusione è una prospettiva di analisi che è finalizzata a modificare la staticità del sistema puntando a un cambiamento vero e proprio del sistema sociale ed educativo odierno. In ambito educativo la sfida è quella della rimozione di tutte le barriere che escludono e discriminano chiunque e operare inclusivamente a livello individuale e collettivo agendo sui dispositivi, sui meccanismi che regolano le azioni e anche i contesti per garantire una trasformazione. Per delineare le caratteristiche dell’insegnate inclusivo ci dobbiamo riferire al modello sociale di Booth e Ainscow e alle 3 dimensioni
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