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La scimmia Kafka: l'assimilazione forzata e la ricerca di se stessi, Appunti di Letteratura Tedesca

La relazione tra la scimmia in un racconto di kafka e l'autore stesso. La scimmia rappresenta l'esperienza di kafka come ibrido animale-uomo, che si lascia umanizzare per salvarsi. Tuttavia, la forma d'arte a cui si dedica la scimmia non è quella di kafka, bensì un'esibizione commerciale dell'arte. La scimmia si adatta alle norme della borghesia capitalistica del 800, mentre kafka si sente escluso e deriso da essa. Anche la condizione di 'zuchtwahl' della scimmia, che potrebbe sembrare una giustificazione per l'assimilazione, ma in realtà è piena di ironia critica da parte di kafka. La scimmia è un personaggio estremamente distinto da kafka, che si muove in direzione opposta, ovvero quella dell'esclusione. Il testo conclude con una critica sarcastica al razionalismo umano.

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 17/01/2019

luigi-palumbo
luigi-palumbo 🇮🇹

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Anteprima parziale del testo

Scarica La scimmia Kafka: l'assimilazione forzata e la ricerca di se stessi e più Appunti in PDF di Letteratura Tedesca solo su Docsity! KAFKA • Relazione per un’Accademia (la scimmia) Abbiamo visto come Kafka ci mostra l’intero processo trasformativo di questo ibrido, animale-uomo, la scimmia si lascia umanizzare soltanto perché sente di non avere un’altra scelta per salvarsi. L’impressione qui è che Kafka sovrapponga alcuni topoi della sua scrittura, che sono riferibili alla sua esperienza personale, a questo discorso che invece abbiamo visto essere riferito ad un problema storico-culturale di un’epoca ovvero quello degli ebrei di lingua tedesca in territorio praghese. Questi topoi sono: la mancanza di una via d’uscita, questa condizione di ibridità e anche la ricerca vana di una salvezza e l’illusione di trovarla. Questa serie di situazioni narrative sono in questo campo invece riferite al processo di assimilazione degli ebrei mitteleuropei. Abbiamo anche detto che in realtà la forma d’arte a cui si dedica la scimmia non è assimilabile all’arte di Kafka, cioè al dissidio interiore uomo-artista [dissidio vocazione letteraria- vita familiare, sociale e lavorativa], bensì l’arte alla quale si dedica la scimmia è un’esibizione, spettacolo, volta ad un principio consumistico dell’arte, una commercializzazione dell’arte. La scimmia al contrario di Kafka si adegua, prima di tutto cerca un’integrazione e si adegua agli standard della borghesia capitalistica dell’800 (Nietzsche criticava il consumo dozzinale dell’arte). La scimmia diventa infatti un fenomeno da baraccone, un personaggio del varietà deriso per la sua diversità e la sua stranezza. A pag 252. Gradualità con cui la scimmia si sottoporrà a questa forma di discriminazione Fine pag. 252 “… cupi singhiozzi, penose cacce alle pulci …” Questo sarà la scimmia per la società alla quale si avvicinerà, quel pagliaccio che mostra tutta la sua diversità, non diventando mai realmente umanizzata. A pag. 255 Derisione degli uomini rispetto alle sue lotte interiori nonostante gli uomini mostrino un certo interesse per la sua complessità d’animo paradossalmente superiore a quella degli uomini. Quest’ultimo è forse l’unico riferimento autobiografico perché sappiamo che Kafka conscio delle sue lacerazioni si sentiva per questo escluso e deriso soprattutto dal padre appartenente alla categoria borghese. Se ricordate poi il momento della grappa, il traguardo della sua umanizzazione si realizza per la scimmia proprio quando finalmente imparerà a bere in un sorso la bottiglia di grappa con gli occhi spalancati che configurano sia uno stato estatico che una condizione di tortura per la scimmia. Pag. 257 “Ed imparai signori miei. Oh s’impara quando … “ Da una parte l’insistenza su questa condizione che abbiamo definito in termine scacchistico “Zuchtwahl”, [mancanza di possibilità di movimento perché qualunque mossa è una disfatta, la scelta della scimmia è tra la gabbia (probabile metafora del ghetto), il gettarsi in mare e morire o la mimetizzazione malriuscita con la società umana] potrebbe sembrare una sorta di giustificazione, anche collettiva a questa assimilazione a cui si sono sottoposti i padri ma sappiamo invece che, in questo c’è una sorta di ironia critica da parte di Kafka, e leggendo anche quella lettera che abbiamo citato ( lettera a Brod) Kafka accusava le generazioni precedenti della loro ignavia e li riteneva responsabili di quel male epocale che Kafka chiamava “………..” e in quella lettera Kafka diceva anche che la disperazione divenne la loro fonte di ispirazione che ritroviamo nel comportamento disperato della scimmia. La scimmia si integrerà nella società umana che l’aveva fatto prigioniero e oggetto di scherno e proprio su quella dimensione derisa farà la sua unica possibilità di accettazione e permanenza. Possiamo inoltre riflettere sul fatto che proprio questa volontà di accettazione della scimmia la rende un personaggio estremamente distante da Kafka che sappiamo invece muoversi in direzione opposta ovvero quella dell’esclusione e in questo senso la conclusione del racconto è sarcastica in particolare come critica al razionalismo degli esseri umani infatti leggiamo Pag. 258 “Che progressi! Quale prorompere concentrico …” Questa immagine, quasi geometrica, sembra una possibilità di allusione anche ai principi dell’illuminismo che si riferisce al rischiaramento della ragione contenuto nel nome stesso e in Kafka spesso il termine “concentrico” contiene una geometria abbastanza ricorrente che è quella del cerchio che implica una condizione di paralisi e delimitazione nella chiusura del cerchio, e in questo caso è proprio la circonferenza chiusa in sé stessa della razionalità. E poi sempre con la stessa ironia dell’autore la scimmia si dichiara felice di una felicità illusoria perché più in basso nella pagina si legge l’ammissione “se do uno sguardo alla mia evoluzione …” più che felice quindi la condizione della scimmia è intermedia, indefinita. La scimmia rimane scimmia non diventa uomo e farà della sua condizione scimmiesca la sua possibilità di salvezza. Pag. 257 “La mia natura di scimmia uscì da me …” L’oggetto della derisione ovvero il corpo della scimmia rimane, ma quello che viene perduto è la natura di scimmia, perdita della più profonda condizione originaria, della sua identità. In un certo senso la sua vita evolutiva, che ha un senso darwiniano, è in realtà capovolta e rappresenta lo sradicamento della scimmia dalla sua condizione primordiale. Tutto questo è una metafora dell’assimilazione degli ebrei all’ideologia occidentale e alla rinuncia della propria identità originaria. Se astraiamo il pattern della scimmia dal contesto a cui sappiamo essa appartiene possiamo ritrovare uno stesso schema che in astratto abbiamo già visto con Nietzsche cioè è una simile aspirazione ad un recupero delle origini della cultura, di rinascita dello spirito, non solo personale ma di un popolo e anche l’idea di questa condizione di purezza della natura, così come l’anelito ad una condizione più pura dell’intelletto ed dell’arte in quanto incontaminata da schemi razionalistici borghesi che abbiamo visto corrompere la cultura e anche destabilizzare la centralità della figura dell’artista. In comune tra Nietzsche e Kafka c’era anche questo sguardo in retrospettiva che si oppone invece al concetto positivistico di avanzamento inarrestabile contenuto nell’idea di progresso. Per Kafka tutto ciò si esprime come in funzione della sua identità ebraica. Le allusioni in questo senso sono innumerevoli: Pag. 250 il gioco a cui si sottopone all’inizio la scimmia e poi la perdita di memoria tanto individuale quanto collettiva. Pag. 253 Serie di parole chiave “Oh irrisione della sacra natura!” -> si associa la natura ad una cifra di sacralità -> rimando alla sfera mistica-culturale ebraica. Passaggio più significativo che porta verso la chiusura del discorso “… anche se non raggiungerò l’antica verità valida per una scimmia …” Ironia dell’autore, il sarcasmo è chiaro dato che pochi righi più su la scimmia stessa dice: “Naturalmente oggi posso solo rappresentare con parole umane e quindi con poca esattezza … “ In questo passaggio è contenuto tutto il dilemma e tutto il dramma interiore della ricerca letteraria di Kafka, la memoria inaccessibile della scimmia o degli ebrei è anche la Verità inaccessibile contenuta nella natura scimmiesca nel racconto e per Kafka la verità dell’identità ebraico orientale a lui negata, mai conosciuta (Kafka nasce ebreo occidentale). Per questo non raggiunge mai questa verità e per questo secondo lui la sua significati. Qui il bianco dei medici e dalla stanza si contrappone ai colori del cadavere. (verde – rosso – azzurro – richiamo alle foreste vergini indiane) Entrano in gioco i medici che scrutano il cadavere “fra discorsi scientifici” ecco ancora la contrapposizione con questi rappresentanti della scienza che rappresentano il bianco asettico e opprimente collegato alla razionalità mentre il cadavere in putrefazione rappresenta la naturalità e la corporeità. Questo contrasto viene fuori quando i medici tirano fuori i loro strumenti che sembrano strumenti di tortura definiti “avidi di carne”. Più che il morto l’elemento macabro sono i medici, i vivi, “carnefici mostruosi” e si vede come dalle loro mani colerà sangue. Aldilà di ciò possiamo osservare la precisione e l’accuratezza del gergo specialistico medico, caratteristica tipica delle avanguardie del novecento, l’irruzione dell’irrazionalità non significa scrittura irrazionale ma bensì una scrittura estremamente controllata e realistica nei dettagli, tramite il prestito della terminologia di linguaggi e codici dalla tecnica. Questo processo ha sicuramente un’intenzione critica, di denuncia della dominanza di questi linguaggio nel mondo capitalista moderno, oltre alla critica la base successiva è quella di un procedimento destabilizzante di questi linguaggi per riappropriarsi della lingua opponendosi al primato linguistico della tecnica. (Intento contestativo-sovversivo) La narrazione prosegue tramite l’opposizione di colori e l’opposizione di una scena naturale fuori dalla finestra con quella dell’atmosfera all’interno della sala. La descrizione di un autopsia è un volontario indugio su un elemento disgustoso, più di Kafka e molto frequente nell’espressionismo. Il disgusto nel lettore è volontario, rientra in un gesto più di rottura che di gusto del macabro. Il concetto di drasticità più che di violenza è uno dei principali topos della scrittura espressionista che è caratterizzata da questa ricerca di un’intensità di lettura su cui si basa l’espressionismo oltre che sul tentativo di sovvertire le convenzioni linguistiche e anche sociali. Questo desiderio degli espressionisti è legato ad un’insofferenza all’età Guglielmina (Guglielmo II), anni di benessere e stabilità economico-sociale in cui l’impero portò avanti le politiche di centralizzazione statale ma anche di mire espansionistiche. Gli espressionisti che assorbirono l’insegnamento di Nietzsche soprattutto nel senso di una volontà vitalistica e attivistica da una parte furono favorevoli alla guerra perché in essa vedevano una possibilità di infrazione di quella stabilità socio-culturale in cui sentivano stagnare la storia tedesca, c’era bisogno di riattivare un popolo infiacchito. Questa brama di vita degli espressionisti si realizzo anche in una brevità della vita vissuta si intensamente ma che ha portato in numerosi casi ad una morte precoce. Heym morì giovane, esprimendo il suo conflitto generazionale in modo diverso da Kafka, lasciando la casa familiare e vivendo da artista a Berlino. Il passaggio più espressionista del racconto è “… in lui si destava un sogno, una scintilla d’amore, come fiaccola che splendeva nella sua notte.” Anche qui l’aspetto visivo è centrale, questa visualità non è soltanto legata ai rapporti con l’arte figurativa ma può essere considerata come un riferimento ad un altro medium da poco sorto, il cinema. Come vi è l’assorbimento dei linguaggi tecnici può esservi l’assorbimento della visualità del cinema anche come mezzi di adattamento della lingua letteraria ai tempi che corrono. Il romanziere deve essere nella realtà e nelle metropoli vivendo il cambiamento cosa che fanno le avanguardie letterarie. Componente utopica di eredità nietzschiana, che si esprime nella poesia espressionista e in particolare di Heym in scenari apocalittici e in questo caso nella figura del morto che viene attraversato da un barlume di nuova vita tramite un sogno ed è addirittura una scintilla d’amore, inscenando un ulteriore contrasto che è quello tra amore e morte. Pag. 77 “la decomposizione contrasse … un bacio fugace”. In questo momento il cadavere è al di sopra dei medici disumani, meccanizzati, pur nella morte sorride e prova amore, contraendo la bocca in un sorriso che diventa quasi un bacio. Segue una serie di ricorrenze cromatiche e visive, come il fuoco che sempre si contrappone ai medici. “e il morto tremò … le ossa della sua tempia.” La beatitudine del corpo del morto si contrappone alla freddezza brutale dei medici espressione del freddo razionalismo che rappresentano in quanto operatori della scienza. IL PAZZO La narrazione è assolutamente lineare, segue il punto di vista del folle con mezzi linguistici non raffinati usando talvolta il flusso di coscienza e assumendo completamente il punto di vista del pazzo. Il protagonista è un folle che esce dal manicomio, ma non è sano e spesso considera pazzi gli altri. Appena uscito ritorna sui suoi desideri omicidi sui medici e le guardie del manicomio, oltre che ammazzare la moglie (forte maschilismo). Viene anche detto come in un gioco di prospettive che forse può discolpare il pazzo in quanto i sani fanno le stesse cose che fa lui: i guardiani abusavano delle donne nei bagni e i medici torturavano i pazienti, due bambini vengono travolti dalla folla proprio come erano due i bambini uccisi dal pazzo. Testa a forma di luna, la stilizzazione geometrica degli astri è presente in tutte le poesie espressioniste. Il gioco visivo costruito sulla deformazione delle figure celesti e astrali è una ricorrenza molto gradita. Il pazzo è spaventato e disorientato all’uscita del manicomio. Il fatto che non riconosca la città è un segnale della drasticità dei cambiamenti della metropoli, la drasticità viene quindi usata dagli espressionisti come adattamento alla modernità che incombe. Sorge un sorriso beato che apre uno squarcio nella mente del pazzo che immagina una folla di persone inginocchiate ai suoi piedi e lui che schiaccia con i piedi le teste delle persone. Fantasia che sappiamo diventerà realtà più avanti. La folla è il personaggio della metropoli, da Baudelaire a Poe. Il folle alterna fasi di furia omicida, a fasi di lucidità apparente, a fasi di tenerezza o pentimento, momenti di impeto vitale e momenti di debolezza, esplosioni di ira e momenti di serenità, alterna la camminata a passo marziale a danze dionisiache e sfrenate (riferimenti nietzschiani). Frequenza avverbio improvvisamente, ancora la brusca drasticità impressionista e la ricerca dell’intensità. Alla vista dei bambini si scatena la furia del pazzo espressione dell’impeto vitale e di una forza ferina. Cambio repentino di umore dalla danza sfrenata si abbassa pentito ma presto risoluto. Quando torna la furia viene definita “follia oscura”, vi è la trasformazione in un vero e proprio animale (aggressione della donna). Ci viene data l’immagine di una trasformazione quasi effettivamente realizzata. Associazione ad un satiro, ulteriore elemento satanico associato alla pulsione sessuale. Il pazzo viene visto danzare nudo in uno stagno, scena in cui si sublima l’elemento della danza dionisiaca nietzschiana e si sublima anche nella nudità di questo corpo, qui la nudità è ricongiungimento tra la propria linfa vitale e la natura primordiale dell’ambiente circostante. Torna in sé e diviene addirittura pudico, preoccupandosi anche della convenzione sociale che gli impone di rivestirsi e tra i vari deliri confonde gli spazi. Heym riproduce fedelmente tutte le dinamiche psichiche di un folle fatte di proiezioni allucinatorie, perdite di coscienza e confusione degli spazi. L’allucinazione diventa evidente quando raggiunge la sua vecchia casa in cerca della moglie e ritorna sugli aspetti ferini. Urlando come un invasato il pazzo attira l’attenzione e poi fugge arrampicandosi come un “orangutan”.
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