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Discussioni su argomenti di etica, Appunti di Etica

Trattazione di argomenti di etica sociale ed etica della vita.

Tipologia: Appunti

2017/2018

Caricato il 30/06/2024

RicoF
RicoF 🇮🇹

13 documenti

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Scarica Discussioni su argomenti di etica e più Appunti in PDF di Etica solo su Docsity! Etica della vita Vita e esperienza umana 1. La questione della vita: un’esperienza che rivela una promessa che interpella la coscienza a fidarsi di un senso che la anticipa. 2. Esperienza che suscita la domanda del senso: il sapere morale ascolta questo senso nascosto nelle esperienze originarie della vita…come si offre in esse l’appello alla libertà? Il darsi di un senso originariamente degno di fiducia carica di una promessa che muove l’agire…la verità: è una promessa anticipata in un senso che ci interpella, che coinvolge la mia libertà. L’uomo è debitore di questo senso, lo conosce solo se gli accorda fiducia incondizionata – dono. 3. Ipseità: identità personale nella relazionalità con altro corpo-tu-noi. Ipseità Alterità Alterità Ipseità Un processo di identità –alterità. Un principio che viene alla luce soprattutto nell’esperienza di figliolanza, una originaria relazione all’altro-origine…in una costitutiva qualità religiosa. 4. Coscienza e corpo- immagine di una passività originaria che è forma dell’esperienza attiva dell’uomo. Rischio di abbandonarsi ad una originaria e utopica vita animale e naturale, ma è irriducibile alla dimensione biologica. Il comportamento etico no è deducibile dalla dimensione biologica…rischio di una pratica medica che si riduca a tekné, senza praxis. Il corpo è più di un oggetto … sente nel sentire esperisce la sua identità. a. Nel corpo l’uomo esperisce le situazioni-esperienze originarie (nascita, sofferenza, morte) in esse riconosce un senso che non delude a prezzo di impegnarsi a credere ad esso. b. Sono esperienze di passività che sono in sé vissute sempre con altri…in relazione. (tu, corpo, noi). 5. Nella dimensione filiale riconosco che altri hanno fatto dono di me a me stesso, una coperta compiuta nell’infanzia…che diviene così il luogo significativo per dire quanto accade nella vita. Il senso eccede la coscienza perché la precede-la comprensione vi riconosce il suo scacco e la necessità stessa di credere. La coscienza si scopre debitrice di sé ad altri, quindi attesa e chiamata … la libertà è donata non assoluta! Io genero un figlio ma io stesso sono stato generato. Esperienza originale di relazione all’altro…ma anche altre esperienze come morire e soffrire. È nella prova che il dono oscurato da situazioni difficili…è il tempo in cui la libertà si riconosce promessa e dono in un nuovo inizio per vivere con riconoscenza. 6. La vita è una esperienza grata al fondamento della coscienza è dono è simbolo del dono che anticipa e promette, autorizza la mia libertà o decidermi per essa. Un bene nato in modo in modo incondizionato che mi interpella perché non sono io a darmelo: esperienza morale. 7. Unica opera buona dell’uomo è la fede nella quale l’uomo si affida non a sé ma ad una promessa … la norma tutela l’uomo dalla possibilità di perdere il senso del bene … nella relazione buona si da una grazia che la trascende: tali relazioni rivelano l’opera di Dio a tutti donata in Gesù. L’azione vale se esprima la buona qualità della fede. La vita nella sacra scrittura 1. La parola rivela un’interpretazione della vita che attua la verità del senso dell’esperienza umana. L’esperienza umana e l’esperienza credente presentano la stessa struttura…la libertà è interpellata da un bene che la precede e alla quale deve credere. La teologia morale riconosce il primato del teologico e quindi dell’agire di Dio svelando il compimento della verità dell’esperienza umana. Una promessa di altro da sé. 2. Legge e vita: la tutela nell’uomo dell’immagine di Dio che lo chiama alla santità. a. Esodo: la legge è data nella storia dopo la liberazione e il dono, il comandamento viene prima del compimento della promessa ed è dato nel tempo della prova, nello spazio che precede il compimento…sostegno dell’uomo nel tempo dell’attesa. Essendo data prima riconosce la possibilità della libertà. Uomo come nell’infanzia riconosce il debito. La legge annuncia che ancora si può sperare nella iniziativa di Dio…custodisce i fratelli nei loro rapporti per non perdere la libertà ricevuto con il dono. Non uccidere senza complemento oggetto (evita i casuismi) riguarda il rapporto con altro e esprime rifiuto di ostilità verso l’altro. b. Genesi: Dio parla per creare le cose e aumentare il senso, è parola mantenuta cha annuncia alleanza anche prima dell’uomo. Gn1: - uomo è creato a immagine dell’unico, ha sugli animale il potere di pace e dolcezza (richiamo al regime vegetariano) … se fosse brutale deformerebbe immagine di Dio. – il sabato conclude il lavoro evitando l’idolatria delle sua opere. L’uomo riconosce di essere immagine di Dio con tutti i suoi limiti. Ogni colpa è deformazione dell’immagine, il potere dell’uomo è nella dolcezza. c. Lv19:La santità è all’origina della morale, è un dono affidato all’uomo e lo investe in tutta la sua totalità. Santità del corpo significa inaccessibilità, il corpo proprio è luogo della rivelazione dell’io, è considerato nella sua proprietà personale, nella distinzione dei corpo (divieto dell’incesto). È irriducibile ad oggetto (la nudità svelata…). Riconosce un principio di separazione-indistinzione (rapporti co padre e madre). 3. Sapienza e vita: l’uomo è presentato come abitato da una duplicità costitutiva (figlio della terra e spirito vitale insufflato da Dio). L’uomo fatto ad immagine di Dio riconosce nella sua relazione con Lui la sua attuazione e un debito originario…un dono, una promessa anticipata per il quale spendersi. – Albero della vita: la vita buona è dono di Dio. – Albero del bene e del male: segno del compito morale, il senso della vita è dato indipendentemente dall’uomo, il suo desiderio di provare tutto dice che si ritiene padrone del senso, trova in sé la propria consistenza. “soggiogate la terra” = kabassignifica l’assegnazione a ciascun popolo di un territorio come dello spazio vitale: dono. Il dominio sugli animali è detto con il termine rada, accompagnare, funzione pastorale di guida, si proclama un regime alimentare vegetariano. Ma dopo il diluvio una fondamentale ostilità anche tra uomo e animale … possibilità di magiare carni. Una profonda unità tra creato e uomo che deve esercitare pace e dolcezza. Il peccato del serpente pone il non riconoscimento di nessun limite si ritiene origine di tutto non ascoltando più il senso buono che lo interpella. Collocando l’uomo al vertice di una catena ordinata appare come colui che ha ricevuto il dono e il comando di coltivare e custodire i beni della terra. Nella natura l’uomo sperimenta l’anticipazione della benedizione di Dio. Il sapere sapienziale dischiude una prospettiva etica sul senso delle cose. Magistero ecclesiastico GPII uomo deve esercitare un dominio non assoluto e una custodia intelligente sulla natura. Donum vitae non c’è scienza senza coscienza evitare confusione del bene morale con progredire della ricerca scientifica. Ritrovare il compito affidato all’uomo all’interno della natura come dimora ricca di senso. Riguardo alla ricerca farmacologica e clinica GPII riconosce che i pazienti possano correre qualche rischio per giovare al progresso medico. Anche Donum vitae accetta un rischio proporzionale pure sulla diagnosi prenatale ma valutandone i rischi escludendo ogni connessione tra diagnosi prenatale e aborto. Norma e coscienza: il discernimento etico. 1. Evitare allarmismi e riconoscere la positività dell’intervento umano errata è la riduzione della scelta umana a mera questione tecnica. Dall’altra evitare il tecnicismo dimenticando la rilevanza etica e antropologica dei problemi. Il sapere delle scienze è necessario ma non basta perché non sa del senso come il sapere morale che riguarda le esperienze buone. L’etica apre ad una ermeneutica del sospetto, come esercizio critico della responsabilità, svolge una funzione promuovente non limitante. Evitare di perdere la capacità simbolica…il mondo cesserebbe di essergli gradito, portatore di una promessa… a. Biotecnologie su piante e animali: questione degli OGM è questione del perfezionamento, la sua plausibilità è data dal riconoscimento del rapporto simbolico uomo –natura che valuti la possibilità dell’uomo di abitare la natura con spirito di conservazione, con un ascolto sapiente. Da qui la costituzione di politiche economiche adatte. b. Sperimentazione su malati e sani: la sperimentazione terapeutica richiede la libera collaborazione e il libero consenso del malato, il rischio è più accettabile quanto più procura beneficio (non è accettabile sperimentazione su feti che comporti rischio di morte). La sperimentazione su soggetti sani è positiva come in quanto apertura ad altri. Ma con ambiguità – non sperimentare il corpo del volontario – valutare il grado di rischio a cui si oppone il volontario – è necessario un consenso bene informato. Resta la possibilità del sacrificio di sé ma con ragioni proporzionate intorno alla gravità. c. Diagnostica genetica: evitare il rischio grave di una schedatura genetica (eugenetica, emarginazione dei deboli…). La diagnosi prenatale dovrebbe aprire ad una migliore accoglienza del figlio (sapere è potere), la diagnosi non deve essere praticata in vista di una selezione. La diagnostica pre-impiantale si trasforma in una metodica per la selezione degli embrioni. La questione per entrambe le diagnosi va ricondotta alla relazione tra genitori e figlio. Nella generazione è inscritto un atto di fede che comporta accettazione del rischio e chiede di non rifiutare a priori la sofferenza, costitutiva dell’esperienza umana. Evitare ricerca di perfezione. d. Terapia genica: attuabile quando non si pone alternativa terapeutica, ma non sono sempre valutabili i rischi di tale terapia. La ricerca su embrione deve evitare l’uso di embrioni prodotti a questo scopo. La clonazione riproduttiva è aberrante. Male la produzione di individui con identico patrimonio cromosomico e non saranno mai uguali, perché il corpo dice l’identità personale segnata dalle relazioni. Rifiuto assoluto dell’ “eugenica positiva” per rimediare a svantaggi, comprometterebbe l’uguaglianza degli uomini tra loro e reificherebbe, cosificando, l’uomo stesso. Un figlio può essere accolto non perché conforme ai nostri gusti (non sarebbe voluto per se stesso),ma come un altro. Non affidare il senso della vita alla tecnica perché il prodotto soddisfi il desiderio. L’aborto provocato 1. La questione del nascere mette in gioco padre e madre ma soprattutto la decisione riguardo ad un terzo: il figlio. Questi si affaccia sulla scena del mondo grazie alla buona decisione di altri, una scelta nella quale è inscritta una promessa. 2. La nascita è subita (nascor-verbo deponente). L’aborto dimostra drammaticamente che il nascere trascende dall’uomo, non dipende da lui, ma è sottomesso al riconoscimento altrui. 3. In Italia è regolato dalla legge 194, che lo ha regolamentato e disciplinato ma ha contribuito a diffondere. All’origine della pratica abortiva: riduzione della libertà ad arbitrio, separazione tra atto sessuale e generazione, nella coppia scarsa qualità della relazione tra i due. 4. Aristotele. L’anima entra nel corpo solo al momento della nascita e nello sviluppo dell’embrione si distinguono alcune tappe formative. Fin dall’inizio è presente un principio organizzatore che è anima sensitiva e vegetativa, in un secondo tempo l’anima sensitiva e percettiva, dopo 40 gg. L’aborto è possibile solo prima di questa fase…molto complesso. 5. Tradizione cristiana. La condanna dell’aborto ha caratterizzato inizio del cristianesimo. a. I concili e i padri rifiutano l’aborto e pongono in questione il problema dell’animazione. Due teorie: a) Pre-esistenza delle anime (Origene), b) post- esistenza delle anime o animazione mediata (amina creata dopo il corpo) (Teodoreto di Ciro). Massimo il confessore rifiuta l’idea di un feto non animato, in nome dell’unità dell’uomo. Tertulliano l’anima è trasmessa immediatamente dal genitori. (eresia del traducianesimo). In occidente la condanna dell’aborto viene sostenuta e condotta dai libri penitenziali. b. Tommaso. La riscoperta di Aristotele permette la riscoperta dell’animazione successiva. Tommaso. Anima è forma del corpo, il quale non può sussistere senza, l’anima, invece può sussistere senza corpo perché essendo spirituale e quindi superiore alla materia (intellettualismo!!!!). Quindi l’anima non è totalmente forma del corpo perché può essere ad esso dipendente. Ne giustifica la sua immortalità ma non la sua preesistenza al corpo dato che ne è forma (non è creata prima del concepimento). La sua idea di generazione vuole rendere conto la novità di un essere e il suo sviluppo attraverso alcune fasi formali. Attraverso successive corruzioni e generazioni di forme superiori: un compimento non auto-dato ma che avviene per intervento di Dio. Tommaso rifiuta l’aborto perché contrario all’inclinazione naturale, ma affermando che la forma sostanziale umana no sussiste fin dal principio, riconosce un imperfezione nel movimento della generazione, lo conduce a non considerare l’aborto come un omicidio. Si pone una questione forte: quando il frutto del concepimento è da considerarsi uomo?Occorre riconoscere che il dualismo anima corpo va superato, occorre riconoscere una non-duplicità cronologica di cause … restituire all’agire umano (atto sessuale) un ruolo decisivo nella generazione: atto sessuale generante manifesta l’opera trascendente di Dio. c. Casistica XVI-XX sec.Generalmente si condanna l’aborto ma rimaneva la distinzione tra feto animato e non animato. Anche s. Alfonso ammette però l’assunzione di medicine che uccidano il feto nel caso di pericolo di vita della madre…nel XX sec. Il dibattito divenne più acceso. Eutanasia e accanimento terapeutico 1. Nel contesto odierno si manifesta una forma di censura civile nei confronti della morte-tabù. È un’esperienza umana e culturalmente mediata. È figura radicale dello scacco simbolicamente rivelativa della condizione umana…interpella la nostra vita acconsentendo al senso che le si manifesta…porta un senso simbolico che non delude se si crede senza condizioni alla promessa della vita. 2. Panorama storico - Ariès, Storia della morte in occidente. a. Alto medioevo:la morte addomesticata-è familiare-appare come sonno e trapasso, in attesa della risurrezione e del giudizio finale-è vissuta in una dimensione collettiva e comunitaria-è addomesticata in cerimonie e riti (viatico, preghiere…)-convivenza tra vivi e morti v. cimiteri nelle città-è comunque vista come disgrazie. b. XI-XII: comincia ad assumere un carattere individuale e personale-atto del testamento mantiene il legame-si attribuisce importanza all’hora mortis, rituale intorno al letto del moribondo-uomo occidentale si interpreta come morituro e interpreta questo momento come fatto sintetico della propria vita-ars moriendi. c. Fino XVIII: la morte è allontanata comincia ad incutere paura malgrado scoperte scientifiche-spesso associata all’amore appaiono come situazioni limite perché fuori dalla portata scientifico sperimentale. d. Dal 700 al 900: fa paura la morte dell’altro che è solitamente l’amata/o-provoca il risveglio dei sentimenti perché è patetica… e. Oggi: la vicenda della morte viene relegata nell’ambito del privato insieme alla nascita della famiglia nucleare-diviene una dimensione da nascondere. 3. Nella cultura post-moderna: mette in atto una rimozione addizionale della morte, quasi una fuga. La fuga assume dei connotati di un vero e proprio ethos. È cancellata, se ne nascondono tutti i simboli. Intorno al malato prende forma la menzogna sulla sua condizione che trasforma la relazione familiare in falsità eliminando i segni che avvisano il moribondo della fine (anche il prete). Allontanamento dei bambini. Cancellare segni invecchiamento. Rimuovere l’impatto con la morte rende ancora più tragico e catastrofico l’incontro con essa. Allontanare la morte è allontanare il “fine”, ma senza fine viene meno anche ogni “compito” e quindi il senso. Intesa come un fatto esclusivamente biologico. Rischia aumento della spersonalizzazione…questo è il contesto in cui sorgono questioni su accanimento terapeutico e eutanasia…lo scacco della morte rimane nella sua imbarazzante presenza. 4. La questione: la morte è una esperienza anticipata e quindi assunta come qualità fondamentale del vivere. È l’unica cosa certa della vita di ciascuno. È una esperienza inevitabilmente presente e incombente e si anticipa nella nostra vita in molti modi…fa parte del vivere quotidiano, è lo scacco del potere e del sapere dell’uomo. È totalmente indisponibile e quindi segno dell’alterità, la fine della sovranità del soggetto. Nell’alterità della morte il soggetto si comprende totalmente passivo…radicale esperienza di passività: nella morte è Altri a decidere per noi. Occorre dire che l’esperienza di passività è inscritta nel soggetto come ipseità: essere morituro è la stessa possibilità di decisione. L’uomo nella morte vive la prova e quindi l’appello per la sua libertà a riconoscere l’incondizionatezza del senso. Non è solo passività ma anche possibilità, la morte ci chiede di decidere, è il tempo decisivo in cui la coscienza rende definitiva la decisione fondamentale…la morte è compimento della storia dell’uomo. Si decide anche la qualità della propria relazione a Dio-Origine. La possibilità dell’impossibilità delle possibilità (ricapitola il senso di ogni scelta). In essa si decide la qualità della fede. Teologia biblica 1. Antico Testamento: morte è condizione costitutiva dell’uomo (v. Patriarchi). La concezione dell’al di là rimane collegata alla tradizione mesopotamica (sheol), raffigurazione plastica della fine della libertà dell’uomo, manca ancora un’idea di vita eterna. La fede pone al credente un interrogativo: perché? La Sapienza medita sulla morte come la condizione dello scacco in cui appare il vero problema: la fede. In Es 17 la lamentela del popolo nel deserto accuse Dio di essere un Dio di morte, di non mantenere la promessa di vita. InGn 2, 17 se vuoi che la vita sia buona essa deve dipendere da Dio…la vita buona è donata solo a chi crede, accogliendo e ubbidendo al comando nel quale Dio manifesta che il senso del dono è accolto e mantenuto solo credendo. La morte è sanzione al rifiuto di non credere. La fede genera la speranza, non come ragionamento logico, ma come esperienza di una comunione vitale tra Dio e il credente. Con i profeti la speranza si apre alla risurrezione. Ez 37, è ancora soluzione comunitaria…nel II sec. a. C. con la persecuzione del giudaismo diviene una dimensione individuale (Dn). La Sapienza annuncia che è solo la morte ad essere vincitrice sulla morte e sullo scacco. 2. Nuovo Testamento: davanti alla morte e alla tempesta spicca la calma di Gesù (Mc 4, 35-41; Mc 6, 45-52). La morte di Lazzaro rivela Gesù come risurrezione e vita. Sula propria morte Gesù, annunci la sua singolare esperienza umana di Figlio, con piena fiducia, in attesa di un esito tragico (croce) e un ribaltamento radicale (risurrezione). Nella sua morte Gesù vive l’esperienza dell’abbandono e della nuda fede…vive l’abbandono ma ne fa preghiera: conserva la fede nella prova. Nel silenzio della croce (la parola della croce) Dio manifesta il dono d’amore. L’amore che salva si dimostra libero di offrirsi per la nostra salvezza. Nel sacrificio del figlio di Dio si attua la comunione definitiva tra Dio e uomo che era obiettivo dei sacrifici antichi…sacrificio categoria fondamentale. La sua morte è salvifica non perché sperimenta l’angoscia profonda, ma perché ha realizzato l’opera del Figlio Dio: la sua fede assoluta è la manifestazione dell’identità ontologica di Figlio. La risurrezione è la verità della morte di Cristo. Pensare la morte cristianamente • Fede: il problema è l’indisponibilità della morte, impossibilità di ridurla in nostro potere. Il cristiano deve dare forma in questo paradosso di possibilità e impossibilità a uno stile personale e comunitario di morire. In questa prova atto fondamentale è il credere, affidandosi a Cristo, amore che salva. La morte divine esperienza di grazia e condizione propizia per accogliere atto di fede…evento di affidamento a Cristo e ricapitolazione della propria libertà. • Speranza: non risolve l’oscurità della morte, solo affidandosi l’uomo mentre spira spera consegnandosi ad Altro. Un atto di fede che spera a causa della fedeltà di un Altro, la speranza è giustificata nell’atto stesso della fede. Si fida della promessa di Dio…credendo possibile l’impossibile. Spera credendo incondizionatamente oltre la morte. Magistero ecclesiastico Affronta questioni di morale normativa, stabilire di volta in volta un comportamento lecito in circostanze di perplessità. Pio XII nel discorso Problemi religiosi e morali dell’analgesia rifiuta un cristianesimo dolorista ma riconosce un valore etico alla sofferenza. Ammette la privazione della coscienza del morente quando si pongono seri motivi di ordine medico. Si oppone all’eutanasia diretta distinguendola dalla somministrazione di narcotici... l’uso di questi ultimi va individuato in relazione al principio del duplice effetto. Nel discorso problemi religiosi e morali della rianimazione, in una situazione di grave incertezza esiste l’obbligo morale per le sole cure ordinarie e nega le cura straordinarie. Dichiarazione sull’eutanasia (1980) eutanasia non è mai legittima ma in alcuni momenti può divenire un’invocazione di aiuto…evitare ogni tecnicismo abusivo, il rispetto del malato non richiede che si faccia tutto quanto è tecnologicamente possibile…diritto a morire in tutta serenità con dignità umana e cristiana. Condanna sia eutanasia e accanimento terapeutico, pone la questione della proporzionalità dei mezzi messi a disposizione dalla medicina più avanzata rifacendosi ad aspetti personali, familiari e sociali…sembra in ogni caso richiamare al giudizio saggio della situazione concreta. Il discernimento etico 1. In origine il termine eutanasia indica le pratiche di cura che evitano ogni forma di abbandono del paziente…con il tempo assume significato di suicidio razionale assistito: un atto deliberatamente posti per concludere le sofferenze del paziente. Generalmente è giustificata richiamandosi al principio di autonomia dell’individuo (può disporre liberamente di sé) e al principio di beneficienza (evitare sofferenze al malato per pietà nei suoi confronti). Dietro l’affermazione morire con dignità si cela un orientamento favorevole all’eutanasia, come diritto di autodeterminazione. Si pone il problema del testamento biologico o dichiarazione anticipata di trattamento. È ambiguo impongono una visione della sofferenza reificata e aprioristicamente negativa, e una visione individualistica della libertà umana…la scelta viene considerata buona solo perché è propria (!!!). il testamento biologico impone di decidere di sé in un tempo di salute tanto diverso dal tempo di prova, non hanno valore legale ma possiedono un forte legame morale relazionale…in generale riguardano la sospensione del trattamento. 2. Oltre l’accanimento terapeutico. a. Prolungare ad ogni costo la vita biologica non è sempre cosa buona, rispettare il prossimo non significa fare sempre quanto è medicalmente possibile. La cura del malato non si riduce alla medicalizzazione…i criteri di interpretazione provengono da esperienza pratica stessa…alla decisione saggia della situazione concreta. Occorre porre al centro il malato lasciando a lui, in un rapporto di comunicazione umana, la possibilità di valutare il grado di medicalizzazione. Sospendere un trattamento sproporzionato significa non eutanasia ma riconoscere l’ineluttabilità della morte, accettando proprio destino mortale. Il primato della decisione del paziente va distinto dalla sua assoluta autonomia, il medico non è puro esecutore della sua volontà. Paziente e medico sono coinvolti in una stessa dinamica relazionale. Il medico, essendo la volontà del paziente quella di essere salvato, aiutato a superare momenti di disperazione. Al medico il compito di dire la verità riguardo alla sua situazione, il Il suicidio 1. È una forma dell’esperienza umana della morte, uomo ha la possibilità di uccidersi, un atto solamente umano, è una esperienza che interpella intorno al senso della vita un dono a noi indisponibile che interpella la nostra fede. La coscienza è sempre chiamata a rispondere alla promessa inscritta nella vita … ogni dono si appella all’accoglienza di colui che lo riceve. Sorge da situazioni che sembrano far perdere alla vita la sua qualità buona e amabile. È una forma di morte volontaria, una resa che si sottrae al dialogo, una resa una sconfitta. Ultimamente solleva la questione della fede, manifesta la fine della fiducia e della speranza. 2. La spiegazione delle scienze umane. a. Sociologica: Durkheim, Il suicidio. L’educazione morale.Lo riconosce come un fatto esclusivamente sociale. Per primo elabora la nozione di “tasso di suicidi” per dire che all’origine del suicidio stanno alcuni fatti sociali, è un fenomeno collettivo con cause sociali. – suicido egoistico: avviene per una affermazione eccesiva dell’individuo, quando un gruppo ha scarsa coesione al suo interno. Ripiegamento su di sé. – suicidio altruistico: per una eccessiva integrazione e dedizione al proprio gruppo sociale, i fini della società superano l’individuo, si toglie la vita per senso del dovere. – suicidio anomico: un gruppo perde le sue regole, si infrange un ordine, l’individuo se ne va col suo mondo. – suicidio fatalistico: per un eccesso di regolamentazione, non accetta norme che non condivide. Le situazioni individuali sono un riflesso di situazioni sociali. b. Psicologia: Freud colloca il suicidio nella dinamica della personalità, un evento suicidario è frutto di tanti piccoli suicidi quotidiani. Lutto e melanconia, l’aggressività verso di sé è sempre aggressività verso l’altro e viene rivolta contro di sé solo in un secondo momento. Quando un individuo sente aggressività verso qualcuno che lo ha abbandonato rivolge l’aggressività verso di sé sentendosi colpevole di aver provato un istinto simile. In u secondo momento Freud inquadra il suicidio nella dinamica di opposizione tra eros e thanatos. La tendenza autodistruttiva è inquadrata nei rapporti tra pulsione sessuale e autodistruttiva…Klein il suicida è un persecutore che sposta la carica aggressiva dall’altro al sé…ma dove finisce la libertà dell’atto del soggetto, non libero dai dinamismi psichici. Il magistero ecclesiastico I padri si opposero alla riflessione stoica che appoggiava il suicidio, alcuni esaltavano figure come Apollonia e Pelagia (gettate nel fuoco per non essere violentate), ma non proposto come comportamento da seguire. 1. Agostino: combatte ogni esaltazione del suicidio. Non accetta un gesto simile, si oppone direttamente al quinto comandamento, è una mancanza di fortezza (anche con rischio della perdita della verginità, il peccato non sta nella perdita dell’integrità materiale). Conosce anche le eccezioni al non uccidere (per volontà divina espressa nella Scrittura e obbedienza a giusti dettami della ragione. 2. Tommaso: SThIIaIIae a5 q64, propone 5 argomenti a favore del suicidio e da per ciascuno una risposta (p. 251). Avanza la sua riflessione personale e ritiene il suicidio illecito per tre ragioni. – contrario all’inclinazione che appartiene alla legge naturale, la carità che esige amore di sé. – essendo il singolo parte di un tutto, togliendosi la vita farebbe un torto alla società. .- la vita dell’uomo è a lui indisponibile in quanto dono, l’uomo compie un atto orgoglioso divenendo assolutamente autonomo. 3. La theologiamoralis dei secoli successivi riconosce la non liceità del suicidio e prende atto di una sempre maggiore complessità della situazione (v. introduzione diretto-indiretto, attenzione casistica…). 4. Nei documenti del magistero rimane opposizione al suicidio. Nuovo CJC revoca per i suicidi l’esclusione dalle esequie ecclesiastiche. I tentati suicidi non possono essere ordinati in modo perpetuo. GS condanna il suicidio volontario. Dichiarazione sull’eutanasia suicidio è rifiuto della sovranità di Dio. Teologia biblica 1. La condanna il suicidio, ma riconosce che non tutti i modi di porre fine alla propria vita sono assimilabili l’uno all’latro. Il suicidio è considerato peccato perché proclama l’autosufficienza e rifiuta la fede (Gn 3, diventare come Dio). Il peccato è il rifiuto di credere e di riconoscere il debito originario al Dio dell’alleanza. È tentazione grave in cui uomo è messo alla prova (Giobbe, Qohelet…). Viene, però, presentata come un’esperienza complessa e stratificata legata a situazioni difficili. In alcuni passi appare come atto glorioso ed eroico (Gdc 16 Sansone). 2. Nel NT l’unicità singolare della morte di Cristo, mostra come darsi la morte sia diverso, dal dare la vita. Il senso della vita è tradito quando ad esso ci si attacca egoisticamente. L’atto del suicidio dice un’intenzione contraria alla volontà di sacrificare la vita v. martirio accettazione della morte come suprema fedeltà a Cristo, il martire non cerca la morte ma è disposto a morire come segno di fede…donazione incondizionata di sé. Discernimento etico 1. Divenne argomento importante nei dibattiti filosofici del XVI-XVII sec. a. Hume-Lecaldano. Modello “utilitaristico”. Un tono di accusa nei confronti del cristianesimo e contro l’idea di provvidenza divina (suicidio mancanza di ubbidienza). Al contrario, l’uomo può andare contro il corso della natura se fa uso dei poteri ricevuti da Dio. Essendo stato Dio a offrire all’uomo la possibilità di uccidersi allora il suicidio è buono. In questa prospettiva la libertà è ridotta a causa efficiente con una totale autonomia, la legge naturale è interpretata con leggi empiriche della natura, una riflessione astratta dall’effettiva esperienza umana. b. Jaspers. Ammette il suicidio a certe condizione vedendo in esso una azione incondizionata, uomo può decidere non solo di sopportare ma anche di superarle. Non ne possono essere ricostruite le cause, rimane inaccessibile, ma rimane come affermazione di una sovranità che in una situazione insopportabile si afferma nel “no”. Un “no” doveroso e inimitabile (quasi eroico). 2. Occorre riflettere sul senso obiettivo di un atto umano come il suicidio. È uno no tragico alla promessa della vita, al dono creduto e non più degno di fede. La stanchezza di vivere. L’angoscia spezza la volontà e la morte viene invocata come sollievo e liberazione. È una sconfitta del desiderio umano: scacco matto a se stessi. Nella stanchezza, ansia…si insinua la disperazione. È un illusione nessuno può decidere se morire. La norma contro il suicidio vuole tutelarla la vita dal disprezzo. Rifiuto del dono contro il signore della vita, mancanza di fiducia nel fatto che il Signore può riscattare anche le situazioni più penose. Non ucciderti: non smettere di credere alla grazia dell’incontro con altri, luogo dove la tua fede si gioca. La norma che rifiuta il suicidio mette in evidenza un senso positivo e obiettivo a riconoscere la bontà della vita, non condanna con un giudizio morale, perché non può accedere al senso inscritto nel gesto di colui che lo compie. 3. Che differenza tra suicidio e sacrificio della vita? Un’azione non è mai solo materiale ma è anche intenzione e viceversa. L’intenzione non giustifica l’azione, ma la specifica moralmente. Sacrificio di sé è dono della vita per essere fedeli ad una causa ritenuta degna, testimonia la fiducia nel senso della vita, si continua a credere nella promessa della relazione con l’altro, un atto della libertà che morendo accoglie la vita; il suicidio è poca fedeltà alla terra. 4. Martirio: martire accetta la morte non come affermazione di sé ma come testimonianza di assoluta fedeltà. Rahner invita a superare per il martirio la distinzione tra morte subita passivamente e attivamente cercata. La attiva comporta un elemento di passività e viceversa. C’è un dare la vita attuato nelle scelte di ogni giorno. Morire nella fede è dare la vita, un atto d’amore, perdere la vita per quella promessa che è più preziosa della nostra vita, ma che è inscritta in essa. La questione della sofferenza Il dolore è una forma del patire strettamente legata alla passività originaria dell’uomo e alla sua condizione corporale. In tale passività l’uomo attua una dimensione profondamente attiva: la sua libertà è radicalmente messa in gioco e il dolora ‘da a pensare’. Il dolore tocca l’esperienza unica de sé ma è vissuto e mediato storicamente, socialmente ed eticamente (tutte le culture riflettono sul dolore). Medicina e sofferenza 1. La pratica medica implica la questione del senso della medicina, non è solo tecnica, ma pratica morale e virtuosa. La perdita del senso di ‘alleanza’ che accompagna la medicina la conduce ad una inevitabile perdita di autorità e consenso. La medicina va intesa come processo di educazione reciproca. Non è impegnata all’infallibilità, ma alla cura costante 2. La medicina non è solo analgesia … non sopprime la malattia. Ha lo scopo di prendersi cura del paziente. La cultura edonistica e del benessere hanno tentato di occultare il dolore. La sofferenza è affrontata esclusivamente con mezzi clinici. 3. La tradizione cristiana in passato ha visto una degenerazione del concetto di sofferenza. In una visione retributiva è stata intesa come castigo per la colpa e il peccato. Anche l’ascesi perciò si è manifestata come espiazione della colpa. Ma il cristianesimo non è un’apologia della sofferenza. Dio non è causa dei nostri mali. Il dolore rimane per il cristiano motivo di continua interrogazione, rimane saldo il problema della teodicea. La risposta ultima rimane la storia di Gesù che ci istruisce sulla questione del male e del dolore. Teologia biblica 1. Antico Testamento a. Il male è presentato come enigma e scandalo. È un’esperienza che porta il credente a interrogarsi su di sé e su come la sofferenza ponga in questione il peccato personale. La rivelazione biblica pone il rapporto sofferenza-peccato, ma tela nesso deve essere chiarito. b. Gn 2-3. Il dolore non è causato dalla punizione di Dio ma è l’evidenza intrinseca del peccato. L’uomo si priva da sé della promessa di vita buona. c. Giobbe. È in questione la fede di Giobbe. Contro ogni forma di logica retributiva. Credere in Dio per nulla. La sofferenza rivela la misteriosa peccaminosità della condizione umana. Gli amici di Giobbe avanzano la tesi teologica della giusta retribuzione: dove c’è patire prima c’è stato il peccato. Si sostituiscono a Dio e tentano di spiegare il suo dolore (ma se fosse così basterebbe riconoscersi peccatore per smettere di soffrire). Giobbe accusa Dio ma in questo modo lo lega a lui. Può esistere un’accusa credente. Il credente mentre protesta attende umilmente la rivelazione di un senso. Giobbe giunge ad amare Dio per nulla, può solo tacere, davanti al creato sente la sproporzione. d. Salmi di lamentazione. Hanno una struttura dialogica tra Io-Dio-nemico(altro). Usano il linguaggio del dolore, della disgrazia e della malattia. Parlano di un’esperienza singolare che di apre al tu del lettore divenendo universale. Comprende il dolore universale, manca il nome della sofferenza (malattia, tradimento…), tocca la fede stessa e l’affidabilità della promessa di Dio. Quando il sofferente si lamenta parla degli altri a Dio…spesso la sofferenza è intesa come abbandono. La fede è messa alla prova, in questione sono i benefici di Dio. Il lamento si trasfigura nella lode passando attraverso la supplica. e. Il servo sofferente. Il fallimento della sua impresa mette in crisi la fede di molti. Gli uomini gli attribuiscono il peccato, per questo è condannato. Ora vedono il corpo sfigurato con occhi nuovi, il servo è vivo e partecipa alla comunione con Dio. Il servo giustifica le moltitudini perché le ha liberte dalla menzogna e dal peccato. La sua morte è dono di salvezza per tutti. Il suo dolore supera il peccato che lo ha originato. 2. Nuovo Testamento. a. Vangeli. Compimento della figura. Assume l’attitudine della compassione dell’uomo sofferente. L’annuncio del regno passa attraverso parole e segni di guarigione miracolosi. Tali gesti provocano sempre la domanda intorno a lui. La fede per ottenere il miracolo ma soprattutto la salvezza. Il guarito diventa testimone per tutti. Si istituisce la relazione tra malattia e peccato ma Gesù rifiuta ogni forma di legame automatico. Tipico del principio di retribuzione. Malattia non è equivalente della colpa ma annuncia una vita buona perduta nel nostro corpo. La via d’uscita è la fede nella potenza salvifica di Dio in Gesù. La guarigione è segna della salvezza che tocca l’uomo nella sua condizione reale. Anche la liberazione dal demonio annuncia la liberazione del regno. Per il credente ogni sofferenza lo interpella a vivere partendo da quella salvezza offerta da Gesù. Gesù stesso vive l’abbandono e il dolore rimanendo fedele in tutto alla volontà del Padre: croce è segno non del dolore ma della comunione con il Padre, la sofferenza del Figlio di Dio va compresa a partire dall’amore. Il dolore e la sofferenza con la loro ambiguità restano ad interpellare l’uomo a provocarlo. b. Predicazione: la fede non risparmia l’apostolo. Suo vanto sono le sofferenze vissute con fede che autorizza la speranza. Magistero ecclesiastico Salvifici Doloris GPII. La domanda sul ‘perché’ della sofferenza. Trova una risposta nel richiamo alla vita di Gesù Cristo. La croce di Cristo si pone come principio interpretativo della sofferenza umana. Il vangelo della sofferenza-spiritualità della sofferenza. L’uomo mediante la fede scopre la sofferenza redentrice di Cristo. Il discernimento etico 1. Malattia e dolore sono esperienza pratiche che interpellano il soggetto e lo costringono a decidersi. Superare il tempo della malattia vivendolo solo come perdita, può essere vissuta come esperienza che provoca e istruisce. 2. Sofferenza è segno della passività che istituisce l’attività dell’uomo. Ma cosa è la sofferenza? a. Prova. Sembra vanificare il desiderio a l’aspirazione alla vita buona. Mette alla prova la libertà e quindi la fede: non è tanto come riuscire a vivere il dolore, ma nel vivere anche il dolore. Mette in gioco la libertà e la fatica della libertà. L’uomo si scopre non padrone di quel senso che appella la sua libertà. È prova perché costringe a riflettere sulla serietà della vita. b. Tempo. Soffrire apre a due possibilità: a)rifiuto b)riconoscimento di un senso. L’uomo accede ad una speranza che domanda di credere. In questa fede incondizionata l’uomo partecipa alla speranza che non è lui a darsi ma che offre un compimento. c. Speranza. • Sorge nelle situazioni tragiche, nella vita come atto incondizionato. • È legata strettamente alla pazienza. Cioè prendere tempo, vivere con distensione, al di là dell’adesso. • Non va confusa con ottimismo. È umile e timida e per questo assoluta e incondizionata. Rinuncia a rappresentare l’oggetto nell’attesa, va oltre ogni attesa determinata. Non si esaurisce nell’immagine di ciò che spera (ottimismo), rifugge così la disperazione, non rivendica rinuncia a stabilire i tempi e forma dell’attesa. • È “la risposta della creatura che riconoscendo la differenza accetta la dipendenza rinunciando a porsi come arbitro della propria vita” (Marcel). Entrare in una relazione di fiducia . “attendere tutto da…”. • Dipende da noi perché trascende il nostro desiderio. Non si fonda su di noi ma è anticipata dal senso dato nell’esperienza. Resistenza e resa 3. La risposta al dolore della’altro passa attraverso la testimonianza della fede come risposta pratica nell’agire concreto ed efficace. Con gesti concreti di prossimità non predeterminati. Malattia, trapianto e dono 1. Tema riassuntivo in quanto mette in questione il soffrire, il morire e in (ri)nascere. Si si incrociano tre esperienze fondamentali della vita. 2. Nel magistero si oppongono due posizione a) contro i trapianti (l’uomo è usufruttuario del suo corpo non è proprietario) b) approvano il trapianto rifacendosi al principio di totalità, unità deòl genere umano e principio di carità e solidarietà. V. posizione di Pio XII 3. Nel trapianto è in gioco il senso della decisione di donare. La questione del sono è centrale e si pone in rapporto a donatario e donatore. a. Donatore. Il suo consenso è una condizione fondamentale. La sua decisione merita di essere considerate con il massimo rispetto. Secondo le norme di gratuità e anonimato. Da vivente a vivente il donatore non può rinunciare alla cura di sé.
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