Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Disegni longitudinali, Appunti di Psicometria

Mega riassunto Disegni longitudinali

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 02/07/2019

giuseppe.movia
giuseppe.movia 🇮🇹

5

(1)

8 documenti

1 / 8

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Disegni longitudinali e più Appunti in PDF di Psicometria solo su Docsity! DISEGNI LONGITUDINALI FOCUS SU: 1- Differenze individuali 2- Processi 3- Unicità 1) Differenze individuali Lo studio delle differenze individuali viene spesso fatto coincidere con l’approccio disposizionale, ovvero l’approccio che studia i tratti di personalità, perché in questo approccio si applica la psicometria per la definizione operativa ed empirica del costrutto psicologico. Le risposte comportamentali variano in funzione di: item, occasioni, contesti, rater e partecipanti. Categorie descrittive, Tecniche correlazionali. 2) Processi Dinamiche interindividuali e interpersonali che ci aiutano a comprendere e spiegare il comportamento e le differenze individuali. Modello di Cervone (teorie cognitivo-sociali). Fattori individuali che guidano il comportamento, interazione con l’esterno, within e between, categorie esplicative, tecniche sperimentali e quasi-sperimentali. 3) Unicità Fraga un cazzo. Disegni correlazionali DISEGNI QUASI SPERIMENTALI: VI NON MANIPOLATA, siamo costretti a controllare ogni variabile che potrebbe interferire nella relazione. DISEGNI SPERIMENTALI: VI che intervengono nella relazione vengono largamente controllate attraverso l’assegnazione casuale dei partecipanti alle diverse condizioni sperimentali. Una relazione viene descritta in termini di intensità (effect size) e direzione. Ampia serie di tecniche di analisi statistica che rispondono a vari scopi: scomporre la relazione in componente diretta ed indiretta (mediazione); stratificare la relazione attraverso i livelli di una terza variabile (moderazione); indagare le relazioni nel tempo (studi longitudinali). È necessario descrivere bene un fenomeno prima di spiegarlo e comprenderlo. Spiegare una variabile: capire qual è l’impatto unico di una VI sulla VD, tenendo sotto controllo la relazione che intercorre tra gli stimatori. Prevedere una variabile: trovare la combinazione più efficiente tra una serie di stimatori. Capire se mi interessa focalizzarmi su una variabile, una relazione tra 2 variabili, ecc. SPURIA: se Z precede logicamente sia X che Y e la direzione delle relazioni YZ e XZ è la stessa con la stessa intensità, allora la relazione è spuria, ovvero la componente diretta che lega X a Y è 0, mentre la correlazione semplice osservata è > 0. SOPPRESSA: se Z precede logicamente sia X che Y e la direzione delle relazioni YZ e XZ sono opposte e di simile intensità, la correlazione XY è soppressa, ovvero la componente diretta che lega X a Y è > 0, mentre la correlazione semplice osservata è 0. MEDIATA: se X precede logicamente Z e Z precede Y, allora la relazione XY è mediata da Z, se una volta introdotta la variabile Z la relazione tra X e Y scompare abbiamo una mediazione completa, se X mantiene una certa quota di effetto su Y abbiamo una mediazione parziale. La differenza tra una relazione mediata e una spuria non sta nei dati statistici, infatti l’analisi è esattamente la stessa, ma sta nella relazione che lega logicamente le variabili tra di loro. Se la relazione è SPURIA Z precede logicamente sia X che Y, se la relazione è MEDIATA X precede logicamente Z e Z precede Y. MODERATA: se la relazione tra XY varia dipendentemente dai livelli di Z la relazione XY è moderata da Z, X e Z interagiscono. Beta e b sono coefficienti di regressione parziale, ovvero rappresentano il peso, o impatto unico, di ciascuna VI nell’equazione di previsione di Y. Standardizziamo i coefficienti b di regressione perché l’unità b può avere un peso diverso a seconda dei dati campionari con cui stiamo lavorando, perciò abbiamo bisogno di uniformarli ad uno standard per poterci lavorare. L’errore standard ha a che fare con la precisione di uno stimatore. Più è elevata la numerosità del campione e tanto più preciso può essere uno stimatore, riducendo l’errore standard ad esso associato. L’errore standard di uno stimatore è l’informazione che ci consente di definire l’intervallo di confidenza intorno allo stimatore, ovvero un range di valori all’interno del quale si stima in termini probabilistici che possa ricadere il parametro della popolazione. Quanto più riusciamo a prevedere Y a partire dal nostro set di stimatori, tanto minore sarà l’errore standard della stima, perché più forte sarà l’associazione. K è il numero di stimatori che abbiamo all’interno del modello. L’errore standard dipende da: numerosità del campione, grandezza dell’effetto, numero di stimatori k che abbiamo nel modello (più sono e più l’errore standard è grande). Coefficiente di correlazione semi-parziale: quota di variabilità che ogni VI, parzializzata dalle altre VI, spiega della varianza totale di Y. Elevato al quadrato otteniamo la quota di varianza che quello stimatore, parzializzato dal legame che ha con le altre variabili, spiega della varianza totale di Y. Coefficiente di correlazione parziale: quota di variabilità che ogni VI, parzializzata dalle altre VI, spiega della varianza di Y parzializzata dalle altre VI. Coefficiente di determinazione R2: rapporto tra la varianza spiegata dallo stimatore e quella totale di Y. Calcolando la radice quadrata del coefficiente di determinazione ottengo il coefficiente di correlazione R, che non è più un rapporto tra varianze ma tra deviazioni standard (perché la deviazione standard è la radice quadrata della varianza). 2. Continuità assoluta: andamento dei livelli medi nel tempo (studi trasversali e longitudinali), gap maturazionali; 3. Continuità strutturale: stabilità dell’organizzazione delle variabili in strutture fattoriali e validità nomologica (stabilità della rete di relazioni che intercorrono tra le variabili); 4. Continuità ipsativa: stabilità dei profili individuali rispetto a più variabili (shape ed evoluzione); 5. Continuità individuale: stabilità di una singola variabile a livello individuale; 6. Continuità eterotipica o coerenza “latente”: stabilire in termini logici il legame tra le variabili che attraverso il tempo possono conservare lo stesso nome ma diversi indicatori. Continuità differenziale Verifica la stabilità degli ordini di rango, si misura con il coefficiente di correlazione (test-retest). Es. Qual è la relazione tra età e stabilità dei tratti? A quale età si osserva il picco della stabilità? Qual è il livello di questo picco? È sufficientemente elevato per dire che non si cambia più? Ci sono differenze per i diversi tipi di tratto? Esiste una relazione tra l’età e i livelli di stabilità, il picco è nella piena età adulta (50-59 anni) ma non si può escludere che ci sia uno spazio significativo di cambiamento anche dopo. Continuità assoluta: gap maturazionali Il gap maturazionale sia per coscienziosità che per amabilità è dai 18 ai 24 anni. Continuità strutturale Si parla di continuità strutturale quando si riesce a dimostrare che quella continuità attesa, verificata in un campione, riesce ad essere replicata con uno strumento ad hoc costruito con item diversi anche in un campione diverso. Continuità individuale Livello di cambiamento mostrato da un singolo individuo sul singolo tratto. Quando ragioniamo in termini di relazione tra variabili attraverso il tempo, lo facciamo in termini di ciò che oggi mi permette di spiegare il cambiamento che vi è stato in una variabile dal T1 al T2, non di prevedere i comportamenti di domani. Quello che ci interessa capire è che cosa può contribuire a spiegare il mantenimento o il cambiamento di una variabile attraverso il tempo. DISEGNI LONGITUDINALI PER LO STUDIO DELLO SVILUPPO DI PROBLEMI CLINICI IN RELAZIONE ALLE DIFFERENZE INDIVIDUALI. • Vulnerabilità o predisposizione: test-retest  legare le variabili attraverso il tempo. Alcune caratteristiche individuali possono predisporre l’individuo ad un rischio maggiore di sviluppare comportamenti disfunzionali. Quando mettiamo in relazione le variabili di personalità al T0 con quelle al T1 possiamo ragionare sui fattori di vulnerabilità che favoriscono la possibilità che da un tempo in cui il disturbo non era presente ci si trovi ad un tempo successivo in cui quella variabile è cambiata in direzione di interesse clinico. Se invece al T0 i pazienti hanno già raggiunto un livello soglia del disturbo, un disegno longitudinale che misura di nuovo le stesse persone aiuta ad individuare i fattori che favoriscono un decorso favorevole o meno del caso clinico. Alcuni tratti possono predisporre l’individuo a maggiore rischio di condizioni/tratti clinici, personalità e psicopatologia sono indipendenti l’una dall’altra. • Modello della “complicazione”: una condizione/tratto clinico può comportare conseguenze o modificare caratteristiche di personalità (scar model  effetti a lungo termine; state model effetti transitori). • Modello della patoplasticità: Alcuni tratti normali possono influenzare lo sviluppo di condizioni/tratti clinici, pur essendo da questi distinti (indipendenza dei fattori causali latenti). • Modello della causa comune: stessa causa con manifestazioni fenotipiche qualitativamente differenti (= modello del terzo fattore comune); manifestazioni qualitativamente differenti dello stesso tratto clinico (= modello spettro). Cross-lagged pattern (x1, y1  y2) Non possiamo semplicemente usare la differenza tra i punteggi y2 – y1, e poi correlare il livello di cambiamento con x1, perché dobbiamo controllare la relazione tra x1 e y1. Quindi se mettessimo in relazione x1, così come sta, con la differenza tra y2 e y1, non terremo sotto controllo la covariabilità che x1 può avere con y1, e quindi non riusciremmo a parzializzare/ripulire l’impatto che x1 ha sulla VD da quella che è la parte di covariabilità che x1 ha con y al T1. QUINDI  metodo delle correlazioni incrociate ovvero controllare sistematicamente, con un’equazione di previsione multipla, la variabile target del T2 (che funge da VD) tenendola sotto controllo anche al T1. Cambiamento correlato: come iò grado di cambiamento che vi è stato in una variabile si associa/correla al cambiamento in un’altra variabile (focus sul cambiamento). La direzione è bidirezionale, quindi non permette di stabilire se è il cambiamento dell’una a determinare il cambiamento dell’altra variabile, ma ho bisogno di un incrocio dei dati attraverso il tempo per verificare la direzione della relazione. MULTI LEVEL MODELLING PER DISEGNI LONGITUDINALI CON ALMENO 3 MISURAZIONI Limiti dei disegni longitudinali a 2 misurazioni: è un approccio between people, non rivela l’andamento nel tempo né i processi a breve termine. Disegni longitudinali a 3 o più misurazioni: permette di definire relazioni tra variabili secondo un approccio between people, ma anche di definire le traiettorie di sviluppo di una variabile, anche non lineari, indaga sui processi a breve termine, permette di lavorare integrando l’approccio between people e within person rivelando la variabilità individuale intorno all’andamento normativo, e permette inoltre di superare i limiti metodologici dei disegni trasversali e con 2 misure ripetute. Gli eventi di vita possono avere un impatto sul cambiamento a livello individuale, per dire ciò bisogna assicurarsi che gli individui siano diversi prima dell’evento, che ci sia stato effettivamente un cambiamento, quindi per far ciò c’è bisogno di misurare i livelli al t0 (pre evento) e al t1 (post evento) per valutare se c’è differenza nei due tempi. Il cambiamento potrebbe essere reversibile, o avere degli effetti temporanei brevi, quindi occorrono diverse misurazioni prima e dopo l’evento, l’una a breve distanza temporale dall’altra- Il cambiamento potrebbe avvenire prima dell’evento, per cui è la persona che anticipa l’evento cambiando in funzione anticipatoria, occorrono più misurazioni precedenti l’evento. Le traiettorie di cambiamento potrebbero non essere lineari, l’impatto maggiore, ossia l’intensità del cambiamento è maggiore nei primi mesi dopo l’evento ma l’effetto si attenua, potendo modificarsi anche rapidamente da un momento all’altro. Il cambiamento potrebbe essere rapido subito dopo l’evento e mantenersi nel tempo, o potrebbe iniziare già prima dell’evento, avvenire gradualmente e rientrare altrettanto gradualmente. Il cambiamento potrebbe infine avvenire in seguito all’evento, essere dapprima più rapido e poi più graduale ma sempre nella stessa direzione. Metodologicamente occorrono almeno 3 misurazioni, con occasioni di misurazioni ripetute a breve distanza per cogliere le dinamiche e per archi temporali che potrebbero essere anche lunghi. Ulteriori elementi da considerare nelle relazioni tra persona ed evento sono il gruppo di controllo e il tipo di evento (normativi/non-normativi, non-eventi attesi, eventi multipli, eventi maggiori o minori, esperienze ripetute di eventi maggiori, in brevi archi temporali). Effetto a cascata: quando t1 pesa su t3, direttamente e indirettamente attraverso il suo impatto su t2. DISEGNI LONG. Con 3 o più MISURAZIONI: Le tecniche. ANOVA per misure ripetute (attraverso il tempo): non mi permettono di tenere in considerazione quanta variabilità c’è intorno ai valori medi (che confronto), non si può utilizzare se ho dei missing. Modelli MLM multilivello (o modello dello sviluppo individuale)  bottom-up. Modelli SEM (o modello della curva latente di sviluppo)  top-down. MULTI LEVEL MODELLING Data continuum: fluttuazioni e dinamiche intrapersonali entro brevi archi temporali; cambiamento entro archi temporali più lunghi. Livelli di analisi: APPROCCIO BETWEEN  lavorare con le differenze individuali, vedere come queste differenze di natura diversa possono associarsi tra di loro. Permettono di osservare come le variabili siano mediamente associate tra di loro nel tempo, tenendo conto delle differenze inter-individuali, vale a dire come maggiori livelli della VI rispetto ai valori medi della stessa VI nel campione di riferimento si associno a maggiori (o minori) livelli della VD rispetto al valore medio della stessa VD del campione.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved