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Disegno Tecnico Industriale, Appunti di Disegno Tecnico

Programma Disegno Tecnico Industriale. Federico II, Antonio Lanzotti

Tipologia: Appunti

2019/2020
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Caricato il 05/03/2020

Alessandra1212000
Alessandra1212000 🇮🇹

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Scarica Disegno Tecnico Industriale e più Appunti in PDF di Disegno Tecnico solo su Docsity! DISEGNO TECNICO INDUSTRIAL E Se passo questa esame al primo colpo, non so bene cosa farò. Probabilmente tra molti anni, questo esame sarà diventato una di quelle storielle simpatiche da raccontare alle matricole come me, incapaci di disegnare che hanno scelto ingegneria per inerzia e follia acuta. Come riassumere 1000 pagine in sole 15 1. Cos’è il disegno tecnico? È uno strumento di sintesi (rappresentazione) e comunicazione dei dati progettuali. La diffusione dell’informazione ha reso necessaria l’utilizzo di un linguaggio unico, convenzionale e internazionale. Tale linguaggio è stato stabilito da enti nazionali ed internazionali di normazione ed unificazione.  Norma È una regola, approvata da un ente riconosciuto, che fornisce delle indicazioni, linee guida, caratteristiche relative a determinate attività e risultati il cui fine è quello di ottenere il miglior ordine in un determinato campo.  Normazione Azio che stabilisce ed applica delle regole per mettere ordine in un certo campo d’attività a vantaggio di tutti gli interessati. L’obbiettivo è raggiungere un’economia ottimale nel rispetto delle esigenze funzionali e della sicurezza. 2. Standardizzazione e normazione La normazione ha acquistato un peso crescente ed un’autorità sempre più importante nel corso degli anni. L’organismo che coordina l’attività di normazione a livello mondiale si chiama ISO (International Organization for Standardization). È necessario abolire l’ostacolo del “Linguaggio” per favorire l’integrazione continentale delle tecniche di lavoro. La normazione attuale è stata elaborata dal CEN (Comité Europèen de Normalisation). Gli aspetti caratterizzanti delle norme sono: consensualità, democraticità, trasparenza e volontarietà. Le norme sono indentificate da numeri e sigle, le quali indicano l’ente che le ha elaborate:  UNI, norme nazionali italiane – se è l’unica sigla presente significa che è stata elaborata dalle Commissioni UNI;  EN, norme elaborate dal CEN, servono a uniformare la normativa in tutta Europa;  ISO, norme applicabili in tutto il mondo. In Italia, se adottata come norma nazionale, diventa UNI ISO; 3. Metodi di proiezione Per rappresentare su un piano un oggetto tridimensionale è necessario rispettare tre requisiti:  Mantenere la precisione dimensionale;  Lo sviluppo dimensionale dell’oggetto rappresentato deve avvicinarsi al normale sentire;  Utilizzare simbolismi efficaci e di significato univoco. La proiezione è la vista di un oggetto, riportato sul piano per mezzo di rette passanti nei suoi punti più significativi. Per collocare una forma nello spazio geometrico si fissano degli elementi di riferimento, ossia tre piani fondamentali: orizzontale, verticale, laterale – tra loro ortogonali. Esistono diversi sistemi di proiezione:  Metodo europeo Considero un oggetto all’interno di una scatola a forma di parallelepipedo, si proiettino i suoi punti lungo le sei direzioni, ossia lungo le sei facce interne della scatola. Le sei proiezioni avranno una lettera specifica che indicherà la loro posizione:  VISTA A, vista anteriore o il prospetto  VISTA B, vista dall’alta o pianta  VISTA C, vista da sinistra  VISTA D, vista da destra Elementi fondamentali nella quotatura:  Linee di riferimento, che indicano gli elementi, punti, rette, piani;  Linea di misura, segmento rettilineo od arco di circonferenza che rappresenta la distanza o quota che si vuole precisare;  Le frecce, che indicano gli estremi delle linee di misura;  La quota, o parte numerica, che indica il valore della misura che si vuole precisare. Ricordare che le quote sul disegno indicano le misura reali, indipendentemente dalla scala di rappresentazione. Disposizione delle quote Secondo il criterio A (impiegato usualmente): 1. Le quote devono essere disposte in modo da essere leggibile sia in verticale che in orizzontale; 2. Le quote devono essere poste parallelamente alla linea di misura, leggermente staccata da questa; 3. I valori su misure oblique o angolari devono essere ugualmente orientate secondo il criterio sancito dalla norma. Conicità Si definisce conicità C il rapporto tra la differenza tra i diametri D e d di due sezioni di un cono e la distanza L fra queste due sezioni misurata in senso assiale (vd. Quaderno) Quotatura funzionale Le quote sono classificate in: a) funzionali, essenziali alla funzione del pezzo; b) non funzionali, cioè non indicenti sulla funzionalità del pezzo ma necessarie per definirlo completamente; c) ausiliarie, non indispensabili alla definizione del prodotto, ottenibili dalle altre quote. Quotatura tecnologica La quotatura tecnologica ha lo scopo di mettere in evidenza le quote che sono strettamente legate al procedimento di fabbricazione, individuando gli elementi di riferimento. Dipende quindi dal particolare ciclo di lavorazione adottato per produrre un componente (tornitura, fresatura, trapanatura, stampaggio,…). È pensata in modo che gli operatori delle macchine utensili trovino direttamente a disegno le quote necessarie per le lavorazioni, senza doverle ricavare con calcoli. 7. Tolleranze Dimensionali La forma e le dimensioni di un oggetto a disegno rappresentano delle condizioni ideali che non possono essere raggiunte con precisione assoluta. I processi di produzione sono sempre affetti da errori che fanno sì che la geometria e le dimensioni dei pezzi realizzati (forma e dimensioni reali) si discostino da quelle indicate a disegno (forma e dimensioni nominali). La tolleranza è l’errore consentito nella costruzione di un pezzo. Stabilire una tolleranza dimensionale significa indicare i limiti entro i quali può variare una determinata dimensione. Albero: termine convenzionale per indicare una parte piena (ad esempio albero o perno cilindrico). Convenzionalmente le grandezze riferite ad alberi si indicano con lettera minuscola. Foro: termine convenzionale per indicare una parte vuota (ad esempio foro cilindrico). Convenzionalmente le grandezze riferite ad alberi si indicano con lettera maiuscola. Dimensione nominale (Dn, dn): dimensione teorica indicata dalla quota. Dimensione limite massima (Dmax, dmax): massima dimensione ammessa. Dimensione limite minima (Dmin, dmin): minima dimensione ammessa. Scostamento fondamentale: è lo scostamento che definisce la posizione della zona di tolleranza rispetto alla linea dello zero. Lo scostamento fondamentale può essere sia lo scostamento superiore sia quello inferiore. Per convenzione si sceglie però quello più prossimo alla linea dello zero. Scostamento superiore (Es = Dmax – Dn; es = dmax - dn): differenza tra la dimensione limite massima e la dimensione nominale. Scostamento inferiore (Ei = Dmin – Dn; ei = dmin - dn): differenza tra la dimensione limite minima e la dimensione nominale. Tolleranza (IT = Dmax – Dmin; IT = dmax - dmin): differenza tra la dimensione limite massima e la dimensione limite minima. Si vede semplicemente che IT = Es – Ei; IT = es – ei. Grado di tolleranza normalizzato L’ampiezza del campo di tolleranza è determinata, nel sistema ISO, dal grado di tolleranza normalizzato (IT). Esistono 20 gradi di tolleranza normalizzati, denominati con le sigle da IT0 a IT18 (IT0 e IT01 solo per usi particolari). L’ampiezza del campo di tolleranza è funzione di due parametri: la dimensione nominale e il valore di IT (consultare tabella, pag. 120). Si possono individuare tre gruppi di tolleranze in base alla loro precisione: 1. Lavorazione calibri (alberi da IT01 a IT4, fori da IT01 a IT5); 2. Lavorazioni precise (alberi da IT5 a IT11, fori da IT6 a IT11); 3. Lavorazioni grossolane (alberi e fori da IT12 a IT18). Accoppiamenti Per accoppiamento si intende una situazione di montaggio tra due componenti (albero e foro) di uguale dimensione nominale e diversa tolleranza. Un accoppiamento viene indicato riportando: a) la dimensione nominale comune ai due pezzi; b) i simboli relativi alla tolleranza relativa al foro ed a quella relativa all’albero. Esempio: Ø 60 G7/g6. A seconda delle tolleranze assegnate un accoppiamento può essere dei seguenti tipi: 1. con gioco: la dimensione massima ammissibile dell’albero è minore della dimensione minima ammissibile del foro (dmax < Dmin). 2. con interferenza: la dimensione minima ammissibile dell’albero è maggiore della dimensione massima ammissibile del foro (dmin > Dmax) 3. incerto: situazione intermedia tra le altre due. C’è sovrapposizione tra le zone di tolleranza. Nell’accoppiamento con gioco, quest’ultimo può essere: a) minimo, è costituito dalla differenza positiva tra la dimensione limite minima del foro e la dimensione limite massima dell'albero: Gmin = Dmin – dmax b) massimo, è costituito dalla differenza positiva tra la dimensione limite massima del foro e la dimensione limita minima dell’albero: Gmax = Dmax – dmin Nell’accoppiamento con interferenza, quest’ultima può essere: a) minima, è la differenza negativa, prima del montaggio, tra la dimensione minima dell’albero e la dimensione massima del foro: Imin = dmin – Dmax b) massima, è la differenza negativa, prima del montaggio, tra la dimensione massima dell’albero e la dimensione minima del foro: Imax = dmax- Dmin Allo scopo di limitare ulteriormente le attrezzature per il controllo e gli utensili per la lavorazione, le tabelle ISO presentano una serie di accoppiamenti raccomandati da usare nella progettazione. PRECISIONE LIBERO MOBILE DI SCORRIMENTO BLOCCATO LEGGERO BLOCCATO SERRATO ALTA H6/g5 Parti rotanti lubrificate; acciaio bonificato rettificato H6/h5 Accoppiamento di centratura lubrificato internamente H6/n5 Parti non bloccate assialmente (vincolo torsionale linguetta o profili scanalato) H6/p5 Parti da considerarsi un sol pezzo BUONA H7/g6 Accoppiamenti rotanti con buona centratura; lubrificazione mediocre H6/h6 Alberi veloci poco caricati H7/n6 Parti bloccate assialmente (senza linguetta o scanalato); buona centratura H7/r6 Trasmissione con carichi assiali e torsionali senza linguette o scanalati MEDIA H7/f7 Accoppiamenti rotanti veloci; centratura imperfetta H7/h6 Centratura di scorrimento; comandi idraulici di precisione H8/n8 Ingranaggi di forza da smontare raramente GROSSOLANA H11/d11 Macchine agricole; apparati di sollevamento; organi esposti ad intemperie H8/f8; H8/h8 Accoppiamenti rotanti in genere con bassi carichi e limitate esigenze di centratura Condizioni di Massimo e Minimo materiale In un accoppiamento con giuoco (mobile): 1. se la configurazione è di massimo gioco, questa condizione rappresenta una condizione che possiamo chiamare di minimo materiale; 2. se la configurazione è di minimo gioco, questa condizione rappresenta una condizione che possiamo chiamare di massimo materiale. In un accoppiamento con interferenza: 1. se la configurazione è di massima interferenza, questa condizione rappresenta una condizione che possiamo chiamare di massimo materiale; 2. se la configurazione è di minima interferenza, questa condizione rappresenta una condizione che possiamo chiamare di minimo materiale. Tolleranze Generali Le tolleranze dimensionali sono di solito applicate alle quote funzionali del disegno. Per tutte le quote non oggetto di specifica tolleranza si fa riferimento alle tolleranze generali. Controllo delle tolleranze generali e calibri Il controllo della dimensioni tollerate può eseguirsi attraverso calibri fissi o mobili. I calibri fissi sono molto utilizzati in quanto il loro impiego è rapido. Essi sono di solito di tipo differenziale, ossia hanno due lati: lato passa e lato non passa. I calibri mobili richiedono la lettura su una scala o un display: la procedura è più lenta, ma sono indispensabili se il numero di dimensioni e/o tolleranze da controllare è elevato. Un’altra tecnica utilizzata per il controllo dimensionale è quella di valutarla in maniera indiretta, attraverso la differenza tra la lunghezza del pezzo in esame e la lunghezza del pezzo campione. Gli strumenti utilizzati sono detti comparatori. 8. Errori micro-geometrici e macrogeometrici Montaggio e smontaggio di un prigioniero. Si effettua avvitando sul lato gambo due dadi (dado e controdado). Una volta a contatto la rotazione di uno dei due dadi provoca la rotazione del prigioniero.  Collegamento con vite mordente Si effettua praticando un foro liscio su uno dei pezzi, con diametro più grande del gambo della vite di circa 0,5 mm. Nell’altro pezzo (pezzo base) si realizza un foro filettato cieco o passante. L’elemento filettato utilizzato è una vite con testa esagonale o cilindrica ad esagono incassato quando la sporgenza della testa è motivo di pericolo o pregiudica la funzionalità dei pezzi accoppiati. Il pezzo viene serrato tra la testa della vite e la filettatura della stessa accoppiata col foro filettato del pezzo base. Vite mordente.  Collegamento con bullone Si effettua praticando due fori lisci passanti su entrambi i pezzi da collegare. I diametri dei fori hanno diametro più grande di quello del gambo della vite di circa 0,5 mm. Gli elementi filettati utilizzati sono una vite e un dado (con funzione di madrevite), normalmente preceduto da una rosetta. L’azione di serraggio è generata sui pezzi attraverso la testa della vite e il dado; tale azione determina nella vite uno sforza di trazione, in cui la sezione resistente è quella del nocciolo della vite (tabellato nelle UNI). Rosette Le rosette (spesso chiamate anche rondelle) sono dischetti piatti forati posti fra il dado ed il pezzo da serrare, allo scopo di aumentare la superficie d’appoggio, proteggere il materiale in caso di frequenti svitamenti ed in particolari casi svolgere funzioni di tenuta o di bloccaggio. Classi di Bulloneria Per le viti si hanno nove classi, indicate con due cifre separate da un punto. La prima cifra indica il carico unitario di rottura e la seconda indica il rapporto fra il carico unitario di snervamento ed il precedente. Per i dadi si hanno sette classi di resistenza, indicate con una cifra ed una lettera, corrispondenti a determinati valori di durezza. L’accoppiamento consigliato assicura la migliore resistenza a fatica, con una maggior deformabilità dei filetti del dado ed una buona redistribuzione degli sforzi sui filetti della vite. Dispositivi antisvitamento spontaneo La stabilità degli accoppiamenti filettati è dovuta all’attrito che si sviluppa tra i fianchi dei filetti della vite e della madrevite e tra le superfici di appoggio di vite e dado. Quando il collegamento filettato è sottoposto a vibrazioni o a variazioni di temperatura, si generano forze che possono opporsi a quella di reazione elastica del materiale della vite. In queste condizioni, anche se in modo discontinuo, si riduce o si annulla l’attrito tra i filetti con conseguente allentamento spontaneo del collegamento. I dispositivi che impediscono l’allentamento spontaneo si suddividono in due categorie in base al principio che utilizzano:  dispositivi (PER ATTRITO) che sfruttando l’elasticità del materiale della vite o di altro elemento elastico, mantengono costante la pressione tra le superfici che generano attrito. Di questi dispositivi fanno parte DADO e CONTRODADO, DADO CON GUARNIZIONI ELASTICHE (autofrenante), ROSETTA ELASTICA;  dispositivi (PER OSTACOLO) che impediscono meccanicamente la rotazione relativa tra vite e madrevite. Di questi fanno parte DADO CON INSERTO ELASTICO, COPIGLIE PER DADO A INTAGLI. Dispositivi per attrito  L’avvitamento del secondo dado (CONTRODADO) provoca un allungamento del gambo della vite e il contatto tra i fianchi dei filetti di vite e dado avviene tra le superfici superiori di ogni filetto della vite. La pressione generata tra le superfici di dado e controdado determina una forza d’attrito che rende il bloccaggio più stabile nel tempo.  Le ROSETTE ELASTICHE si presentano come una spira elicoidale. Durante il montaggio la loro deformazione aumenta la pressione di attrito tra i fianchi dei filetti. Inoltre, le punte della spira si incastrano nel dado e nella superficie d’appoggio, così da impedire la rotazione relativa di svitamento; affinché ciò avvenga è necessario che l’elica della rosetta sia sinistra per viti destrorse e viceversa.  Il sistema con GUARNIZIONI ELASTICHE prevede l’impiego di dadi provvisti di un anello in nylon. Tale anello, non essendo filettato, durante il serraggio si deforma e applica una pressione sui filetti che incrementa l’attrito, rendendo più stabile il bloccaggio. Dispositivi per ostacolo  I DADI CON INSERTO ELASTICO presentano un anello in nailon o simili. L’azione di questo anello è duplice: la resistenza che oppone spinge verso l’alto il dado e crea attrito fra i filetti, mentre la spinta di tipo radiale ne impedisce la rotazione.  Uno dei più usati è quello basato sull’impiego simultaneo di un DADO AD INTAGLI e di una COPIGLIA; il dado ad intagli è un dado esagonale con sei intagli radiali che si infila in un foro sulla vite ed impedisce la rotazione fra vite e dado. In corrispondenza di uno degli intagli, verrà infilata una copiglia in un foro passante per la vite. La copiglia è una barra di acciaio o altro materiale, di sezione semicircolare, ripiegata su se stessa con occhiello. Ogni rotazione relativa tra vite e dado è impedita; per eseguire lo smontaggio si deve rimuovere la copiglia. 12. Collegamenti smontabili non filettati I collegamenti di tipo smontabile hanno lo scopo di impedire la relativa rotazione di due elementi accoppiati (in genere albero e mozzo). Il collegamento fra due o più parti può essere necessario per: a) Evitare la rotazione reciproca; b) Evitare la traslazione reciproca; c) Assicurare un centraggio o una determinata posizione; d) Garantire una sicurezza contro uno smontaggio spontaneo o impedire uno spostamento oltre un certo limite. Chiavette Linguette Spine Anelli Scanalati Impediment o rotazione     Impediment o traslazione    Centraggio o riferimento    Sicurezza o arresto   Chiavette Le chiavette permettono di collegare un albero con un mozzo in modo da consentire la trasmissione del momento torcente. Le chiavette hanno forma di prisma a sezione rettangolare con larghezza costante e spessore decrescente da un’estremità all’altra. L’inclinazione fra le facce superiore ed inferiore della chiavetta è in genere di 1:100. Funzionamento. Le chiavette agiscono quindi come un cuneo tra albero e mozzo, il suo inserimento tendere tra loro ad allontanarli, si realizza un forzamento radiale che consente la trasmissione del momento torcente. Vengono inserite in apposite scanalature dette cave ricavate, in genere, sull’albero e sul mozzo. Forma. Le chiavette possono essere diritte (forma B) o ad estremità arrotondate (forma A). Unificazione. L’anello più comune è il cosiddetto anello Seeger, a sezione rettangolare, con diametro poco maggiore nella zona diametralmente opposta al taglio, dove si ha maggiore sollecitazione di flessione in seguito alla deformazione dell’anello. 13. Collegamenti Fissi Si definiscono collegamenti fissi o permanenti, tutti quei collegamenti che una volta realizzati non consentono più la separazione delle parti. Come tipi fondamentali si distinguono: 1. Collegamenti forzati; 2. Chiodature e rivettature; 3. Saldature. Collegamenti forzati. Sono ottenuti per mezzo delle elevate forze di attrito, generate dalle deformazioni elastiche degli stessi elementi da collegare. Talvolta vengono definiti collegamenti semipermanenti, in quanto possono essere sciolti con delle forze che siano superiori a quelle d’attrito. Chiodature e rivettature. Per assicurare un collegamento permanente fra due parti vengono utilizzati i chiodi. Nota bene: nei collegamenti in legno o in strutture murario, i chiodi operano per l’attrito sul gambo che si inserisce nei pezzi da congiungere; nelle costruzioni meccaniche i chiodi comprimono fra loro i pezzi da collegare ed il bloccaggio derivata dall’attrito generato fra i pezzi stessi. I chiodi sono costituiti da un gambo cilindrico con una testa all’estremità e vengono inseriti in fori praticati nei pezzi da unire, una controtesta viene ottenuta per ricalcatura del tratto di gambo sporgente dal foro. Saldature. Per saldatura si intende una operazione con la quale si collegano due o più parti (giunto) mediante l’azione del calore (o calore e pressione) a creare un unico corpo. In taluni processi il metallo che viene portato a temperatura prossime a quella di fusione è lo stesso delle parti da saldare, in altri processi è presente un metallo d’apporto diverso dal metallo base. I processi di saldatura si dividono in due grandi categorie: a) Saldatura autogena, si esegue con o senza metallo d’apporto, il metallo base partecipa per fusione alla costituzione del giunto saldato. Si divide in saldatura per pressione e per fusione; b) Saldatura eterogena, è ottenuta per sola fusione del metallo d’apporto. Si divide in brasatura e saldobrasatura. Un’ulteriore suddivisione individua saldature per: c) Fusione, implica una fusione localizzata del materiale base ed eventualmente l’utilizzo di materiale di apporto (non vi è pressione); d) Resistenza, i lembi da giuntare sono messi in pressione ed il riscaldamento avviene per effetto Joule (non si usa materiale di apporto); e) Brasatura, la saldatura avviene mediante materiale di apporto avente temperatura di fusione inferiore a quella del materiale base (le parti da saldare non fondono); f) Saldobrasatura, il procedimento è simile a quello della s. autogena. La differenza è data da un particolare: non si porta a fusione i lembi da saldare. 14. Tutela della proprietà intellettuale La proprietà intellettuale, in diritto, si riferisce all'apparato di principi giuridici che mirano a tutelare i frutti dell'inventiva e dell'ingegno umano. La proprietà intellettuale (PI) può essere protetta, inter alia, da diritti o titoli di PI, ad esempio marchi o brevetti. Tali titoli di norma conferiscono al titolare diritti negativi, ossia il diritto di privare altri dell'uso o della commercializzazione, ad esempio, di un'invenzione protetta da brevetto. Il processo che consiste nel proibire ad altri di utilizzare o commercializzare la PI protetta è noto come tutela dei diritti, la quale può essere realizzata attraverso misure civili, amministrative e penali volte a prevenire l'uso non autorizzato della proprietà intellettuale, sanzionando tale uso e fornendo rimedi ai titolari dei diritti per i danni causati da usi non autorizzati. Brevetto. Il brevetto per invenzione industriale viene concesso al titolare dell’invenzione, dietro richiesta corredata dalla descrizione chiara, completa e idonea a consentire a ogni persona esperta del ramo di attuare l’invenzione, e dai disegni necessari alla sua intelligenza. La concessione è devoluta all’Ufficio italiano brevetti e marchi, che accerta la regolarità della domanda, la liceità e la brevettabilità dell’invenzione ma non l’effettiva titolarità del diritto in capo al richiedente. Una volta concesso, il brevetto conferisce al suo titolare il diritto di utilizzare in via esclusiva l’invenzione e di trarne profitto nel territorio dello Stato per venti anni, senza possibilità di rinnovo. Requisiti di brevettabilità. I requisiti di validità dell’invenzione ai fini della sua brevettabilità sono quattro: 1. industrialità (art. 49 d.lg. 30/2005): secondo la normativa vigente un’invenzione è da considerarsi industriale se il suo oggetto può essere fabbricato o utilizzato in qualsiasi genere di industria, ivi compresa quella agricola; 2. novità (art. 46 d.lg. 30/2005): un’invenzione è nuova se non è compresa nello stato della tecnica. Lo stato della tecnica racchiude tutto ciò che è stato reso accessibile al pubblico nel territorio dello stato, o all’estero, prima della data di deposito della domanda di brevetto, attraverso una descrizione scritta od orale, una utilizzazione o un qualsiasi altro mezzo; 3. originalità (art. 48 d.lg. 30/2005): tale requisito ha la funzione di selezionare, tra tutto ciò che è nuovo, ciò che si differenzia in maniera qualificata dallo stato della tecnica. L’originalità segna una linea di confine tra ciò che appartiene al divenire normale di ciascun settore e ciò che è frutto di un’idea che supera le normali prospettive di evoluzione del settore; 4. liceità (art. 50 d.lg. 30/2005): viene preclusa la brevettabilità delle invenzioni la cui attuazione sarebbe contraria all’ordine pubblico o al buon costume.
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