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Dispensa classe concorso Infanzia, Dispense di Pedagogia

Utile dispensa con materiale per preparazione concorso Infanzia

Tipologia: Dispense

2018/2019

Caricato il 03/03/2019

Aryfac72
Aryfac72 🇮🇹

4.6

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Scarica Dispensa classe concorso Infanzia e più Dispense in PDF di Pedagogia solo su Docsity! CORSO DI FORMAZIONE CONCORSO DOCENTI INFANZIA, PRIMARIA E SOSTEGNO Ins. SARA SARTORI L’USO DELLE TECNOLOGIE INFORMATICHE NELLA SCUOLA DELL’INFANZIA. La ricerca e sperimentazione tra esperienze, criteri e condizioni per una efficace attività didattica. INDICE MODULO 1 1. LA SCUOLA E L’EUROPA 1.1 Cittadini del mondo 1.2 L’Europa e l’apprendimento permanente 1.3 La scuola italiana accoglie le istanze europee 2. EDUCARE ALLA COMPETENZA DIGITALE 2.1. La competenza digitale 2.2. Quale modello di competenza digitale promuovere 2.3. Media Education e Indicazioni nazionali 2.4. Costruire la Cittadinanza con la Media Education 2.5. Il ruolo dell’insegnante MODULO 2 3. TECNOLOGIE DIGITALI ALLA SCUOLA DELL’INFANZIA 3.1. Apprendere con le tecnologie digitali 3.2. Valore educativo dell’ipermedialità 3.3. I bambini davanti al computer 4. PER UNA EFFICACE DIDATTICA DIGITALE 4.1. Metodologie tecnologico-educative 4.2. I campi di esperienza e le Competenze Europee 4.3. “Immagini, suoni e colori” 4.4. Una proposta educativa: “La natura in…canto!” 4.5. L’uso delle tecnologie nei processi inclusivi 5. CONCLUSIONE Il nostra Paese è stato fra quelli che hanno saputo maggiormente sfruttare tale opportunità, soprattutto utilizzando Fondi strutturali. L’iniziativa più importante è stata il Programma Operativo Nazionale (PON) Ricerca e Competitività 2007/2013. Le attività hanno riguardato varie azioni per sostenere lo sviluppo e l’innovazione del sistema scolastico. Molte scuole, grazie ai Fondi realizzati con il PON, hanno potuto attrezzare ambienti di apprendimento e investire nella formazione e aggiornamento del personale docente. La prospettiva dell’apprendimento permanente (lifelong learning) è stata arricchita dal concetto di orizzontalità dell’apprendimento: si parla in tal senso di life wide learning, prendendo consapevolmente atto del proliferare dei contesti formali e informali di costruzione dei saperi. Ciò evidenzia che l’apprendimento avviene in un’ampia varietà di ambienti e contesti: lavoro, vita sociale, famiglia e non è solo limitato all’educazione e non è necessariamente intenzionale. Per quanto concerne le competenze che i giovani devono conseguire, la Commissione ha pubblicato nel 2006 una specifica Raccomandazione nella quale sono state definite otto competenze chiave per l’apprendimento permanente; esse riguardano: - la comunicazione nella madrelingua; - la comunicazione nelle lingue straniere; - la competenza matematica e le competenze di base nella scienza e in tecnologia; - la competenza digitale; - l’imparare a imparare; - le competenze sociali e civiche; - lo spirito di iniziativa e l’imprenditorialità; - la consapevolezza e l’espressione culturale. Ciascuna delle competenze è stata definita in maniera dettagliata sia sul piano generale, sia su quello specifico, utilizzando i concetti di conoscenze, abilità e competenze. - conoscenze: indicano il risultato dell’assimilazione di informazioni attraverso l’apprendimento. Sono descritte come teoriche e/o pratiche; - abilità: indicano le capacità di applicare le conoscenze, di usare know-how per portare a termine compiti e risolvere problemi; sono descritte come cognitive (uso del pensiero logico, intuitivo e creativo) e pratiche (che implicano abilità manuali e l’uso di metodi, materiali, strumenti); - competenze: indicano la comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o personale; sono descritte in termini di responsabilità e autonomia. Nel marzo 2010 la Commissione Europea ha presentato la nuova strategia Europa 2020, elaborata con l’obiettivo di agevolare l’uscita dalla crisi economica e delineare un modello di sviluppo per rispondere in maniera adeguata alle sfide del decennio 2010-2020. L’obiettivo perseguito è il miglioramento dei livelli di istruzione e la riduzione della dispersione scolastica. Ecco le sette iniziative faro, di cui tre legate al tema della ricerca L’agenda digitale europea ha l’obiettivo di sfruttare al meglio il potenziale sociale ed economico delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, e in particolare di internet, con lo scopo di creare nuove opportunità di collaborazione, nuovi lavori, nuove modalità di partecipazione della cittadinanza, nuovi mercati. Nel paragrafo “Alfabetizzazione e competenze digitali” infatti si legge: “È essenziale insegnare agli europei a utilizzare le TIC e gli strumenti digitali, attirando soprattutto i giovani verso le formazioni in questo settore. Occorre aumentare sul piano qualitativo e quantitativo le competenze in materia di TIC e di commercio elettronico (e-business), vale a dire, le competenze digitali necessarie per l'innovazione e la crescita.” 1.3. La scuola italiana accoglie le istanze europee Il legislatore italiano ha recepito con insolita rapidità la Raccomandazione europea: già nell’agosto 2007 infatti, il Governo promulgava il “Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione”, con il quale la Raccomandazione veniva attuata. L’aspetto sicuramente più interessante riguardo questo documento è sicuramente il metodo adottato per la sua utilizzazione. Le Indicazioni 2007, infatti, non vengono proposte con l’idea di essere esaustive o che debbano durare a lungo ma viene fissata una data di scadenza molto precisa, due anni, periodo entro il quale le scuole avranno modo di approfondirne l’impianto, metterlo alla prova in aula e verificarne aspetti positivi e limiti. Non solo, ma l’intenzione è quella di coinvolgere la pluralità di soggetti significativi nel mondo della scuola, affinché le Indicazioni rappresentino uno strumento di lavoro da utilizzare secondo il modello circolare della cooperazione tra i soggetti coinvolti nella scuola. Le Indicazioni Ministeriali rivestono una notevole importanza per un duplice motivo. Innanzitutto esse sono inserite in una cornice culturale che fa da sfondo all’intero impianto curricolare e che è definita attraverso quattro principi ispiratori: 1- la scuola nel nuovo scenario; 2- la centralità della persona; 3- per una nuova cittadinanza; 4- un nuovo umanesimo. Attraverso questa cornice di sfondo, emerge la chiave di lettura che il decreto intende offrire per poter realizzare gli obiettivi proposti dalle Raccomandazioni europee. L’invito è quello di prendere coscienza di come la scuola, oggi, sia inserita in un mondo nuovo, in cui il concetto di cittadinanza e umanesimo la portano inevitabilmente a ridefinire i propri compiti educativi. In particolare, riguardo la nuova cittadinanza, nell’attuale società della conoscenza occorre che ogni persona possegga la chiave di accesso ai diversi ambiti culturali e di linguaggio, alle diverse modalità di comunicazione, per esercitare a pieno i propri diritti. Il nuovo umanesimo, infine, richiede cha la scuola dia senso a ciò che insegna agli alunni, fornendo dei saperi trasversali che permettano agli alunni di prendere coscienza di sé in relazione al mondo. In secondo luogo, il sistema educativo italiano è tradizionalmente caratterizzato da rigide suddivisioni fra le diverse discipline; per tentare di conciliare l’approccio disciplinare con le competenze europee, il Ministro ha suddiviso raggruppato le discipline all’interno di tre macro-aree: 1. area linguistico-artistico-espressiva; 2. area storico-geografica; 3. area matematico-scientifico-tecnologica. Per quanto riguarda il concetto di competenza, le Indicazioni 2007 assumono la competenza come riferimento per l’impostazione della didattica, nei Traguardi per lo Sviluppo delle Competenze, ma senza alcun riferimento alle competenze-chiave europee, e nemmeno all’articolazione in abilità e conoscenze. Un documento contemporaneo alle Indicazioni 2007, il DM 139 del 22 agosto 2007, assume una prospettiva interessante tentando il superamento delle discipline con la formulazione di sedici competenze di base, raggruppate in quattro assi culturali: 1. asse dei linguaggi; 2. asse matematico; 3. asse scientifico-tecnologico; 4. asse storico-culturale. Ogni Literacy viene declinata in una serie di competenze specifiche, come di seguito riportato: - Information tehnology Literacy: consiste nel saper scegliere e utilizzare le tecnologie in modo funzionale agli obiettivi; - Visual Literacy: consiste nel saper leggere e interpretare immagini e contenuti visuali; - Information Literacy: consiste nel saper trovare, valutare, selezionare e gestire l’informazione; - Media Literacy: consiste nel saper analizzare, comprendere e interpretare criticamente i media. Un altro documento fondamentale a cui far riferimento sono le Indicazioni nazionali del 2012; esse sono connotate da un profondo senso di continuità rispetto gli obiettivi posti dal Consiglio Europeo sul tema dell’istruzione e formazione, trovando in essi il senso della propria identità. Infatti, “le Indicazioni nazionali intendono promuovere e consolidare le competenze culturali di base e irrinunciabili tese a sviluppare progressivamente, nel corso della vita, le competenze-chiave europee”. La competenza digitale viene posta al quarto posto tra le competenze-chiave e può assumere una duplice valenza: da un lato si riferisce ad un preciso ambito disciplinare, connotandosi quale oggetto di studio, dall’altro però, come si vedrà più avanti, è altresì riferibile ad una competenza trasversale quale approccio metodologico rispetto ogni altro campo disciplinare. Ad esempio è possibile insegnare la matematica o la geometria, così come la storia e i costrutti di grammatica italiana attraverso varie strategie digitali. Infine, e a conferma, la competenza digitale trova uno spazio specifico anche al termine dell’intero percorso scolastico del primo ciclo; infatti, nel Profilo delle competenze si precisa che “lo studente al termine del primo ciclo, ha buone competenze digitali, usa con consapevolezza le tecnologie della comunicazione per ricercare e analizzare dati ed informazioni, per distinguere informazioni attendibili da quelle che necessitano di approfondimento, di controllo e di verifica e per interagire con soggetti diversi nel mondo”. Tale competenza è strettamente connessa con la dimensione dell’autonomia e responsabilità, così spesso citate nell’intero documento, insieme allo sviluppo della consapevolezza di sé per una cittadinanza matura e aperta al mondo. Con il decreto 851/2015 è stato approvato il Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD), che prevede notevoli finanziamenti con lo scopo di guidare le scuole in un percorso di innovazione e digitalizzazione. Il Piano, che non comprende solo l’ascquisto dei dispositivi tecnologici, si sviluppa su quattro ambiti fondamentali: 1. Strumenti 2. Competenze e contenuti 3. Formazione 4. Accompagnamento della scuola verso l’innovazione. Per la prima volta un documento istituzionale parla di accesso alla rete come di un diritto imprescindibile per tutti. Il laboratorio è visto non più come uno spazio separato ma come strategia di lavoro in cui si concilia il “sapere con il saper fare”, promuovendo la partecipazione attiva dell’alunno, posto al centro delle attività di apprendimento. La digitalizzazione viene promossa in ogni settore, anche quello amministrativo (registro elettronico). Con il D.M. 781/2013 l’adozione dei libri di testo è diventata non più obbligatoria, e alle scuole è data la possibilità di implementare i contenuti con risorse integrative come il libro digitale. Inoltre, con il PNSD è stata riconosciuta la figura dell’animatore digitale (AD). Il suo nominativo, individuato dal Dirigente, viene trasmesso al MIUR attraverso una piattaforma online e i suoi compiti sono: - formazione interna; - coinvolgimento della comunità scolastica; - creazione di soluzioni innovative. Infine, 22/05/2018 il Miur ha pubblicato il documento “Indicazioni Nazionali e Nuovi Scenari”, con lo scopo di “rilanciare” e rileggere in modo più approfondito le Indicazioni 2012. Esso vuole dare maggiore centralità al tema della cittadinanza, nonché riprendere alcune “zone d’ombra” delle Indicazioni, quale ad esempio quello delle “nuove marginalità” generate da questo rapido sviluppo tecnologico. Il documento propone alcune azioni per le singole scuole, come:  attività di formazione in servizio;  iniziative di ricerca-azione;  forme di dialogo sociale sui compiti formativi della scuola di base. 2.2. Quale modello di competenza digitale promuovere Lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione degli ultimi decenni ha prodotto considerevoli trasformazioni nella nostra società contemporanea, inducendo a parlare sempre più di nuovi linguaggi, nuovi alfabeti, nuove competenze. Infatti, hanno assunto una rilevanza eccezionale al punto da imprimere un tratto caratterizzante alla società in cui viviamo, denominata sempre più società dell’informazione, della rete. In essa i codici diventano sempre più variegato e si contaminano (testo, ipertesto, immagine, multimedialità), la struttura della comunicazione è sempre più articolata (la connettività a internet è dilagata), le pratiche comunicative danno luogo a nuove entità partecipative e comunicative (comunità virtuali). La scuola non può non essere interessata da una simile trasformazione che coinvolge tutto il tessuto socioculturale di cui essa fa parte; ma, soprattutto, il cambiamento profondo apportato dalle nuove tecnologie induce a ridefinire il concetto di alfabetizzazione attorno a cui la scuola, storicamente, ha trovato la sua identità. Insegnare le competenze alfabetiche è parte fondamentale della missione educativa della scuola. Ma, in una società caratterizzata da un tale eclatante cambiamento dei mezzi di comunicazione, come deve essere ridefinito il concetto di “competenza alfabetica”? In questo senso la scuola è chiamata a porsi il problema dell’eduzione ai media e ai nuovi linguaggi, per trovare una risposta attorno a cui pensare la propria missione educativa, oggi. Le Tic sono apparse nella scuola intorno agli anni ’80, con l’avvento del personal computer. Da allora tra scuola e tecnologia si è avviato un rapporto destinato a durare nel tempo. Le novità tecnologiche che si sono avvicendate sono state molte e diverse: la multimedialità alla fine degli anni Ottanta; gli ipertesti e Internet negli anni ’90; il Web, la Lim e tablet negli ultimi dieci anni. Quando una nuova tecnologia fa il suo ingresso nella scuola ne vengono celebrati i vantaggi derivanti dal suo utilizzo: sviluppo di nuove competenze, facilitazioni nell’apprendimento. Si assume che le tecnologie in quanto tali debbano apportare significativi miglioramenti nei processi cognitivi e conoscitivi degli alunni. Allo stesso tempo, però, emergono criticità legate alle difficoltà della fruizione, ai problemi tecnici, alla mancanza di tempo di insegnanti non sempre adeguatamente preparati. A questo punto, l’uso della tecnologia passa in secondo piano e si preferisce tornare alla più rassicurante pratica tradizionale. Al giorno d’oggi i bambini vivono circondati dalle tecnologie informatiche fin dai primi anni, e questa ha diffuso l’opinione che essi siano portatori della competenza digitale in quanto acquisizione spontanea e naturale dovuta al moderno stile di vita. Ciò porta inevitabilmente a chiedersi dunque il motivo di un’educazione alle Tic nella scuola. Tali osservazioni nascono dal presupposto che la competenza digitale si possa identificare con la pura familiarità tecnologica, e che le nuove generazioni la possano acquisire spontaneamente nel contesto scolare ed extrascolare; cresciuti e immersi negli strumenti tecnologici, circondati da computer, cellulari, videocamere, videogame e tanti altri dispositivi tipici dell’era digitale. Tali generazioni vengono spesso viste quindi come portatrici di un cambiamento epocale, i cosiddetti “nativi digitali”, secondo il termine introdotto da Prensky. Tuttavia, tale rappresentazione delle nuove generazioni appare eccessiva e infondata, sempre più messa in discussione negli ultimi anni da indagini condotte da esperti. Non appare infatti accettabile parlare di “generazione”, attribuendo a “tutti” i giovani tratti di familiarità tecnologica. Le competenze tecnologiche sono diffuse in modo stratificato tra la giovane popolazione, e appaiono fortemente condizionate da fattori socioculturali. Per concludere, i ricercatori ritengono sempre più che quello dei nativi digitali sia un costrutto ad effetto ma privo di valenza scientifica. La scuola deve quindi interrogarsi sul modello di competenza digitale che essa intende promuovere. scuola allora deve mettere in piedi una profonda operazione di senso che sviluppi nei bambini l’attitudine ad analizzare e distinguere mettersi in una condizione di verifica e ricerca costanti. Deve dare loro gli strumenti per guardare il mondo connesso e percepirlo, prendendo posizione, istituendo dei confronti tra il tempo e la rete, lo spazio e lo spazio della reta, la propria identità in rete e la relazione con gli altri. L’educazione digitale implica il superamento dell’approccio di Internet come mero strumento, per affrontarlo invece come un ambiente in cui si intersecano tre tipi di alfabetizzazione: al computer, ai media, all’infodocumentale. Se i bambini cominciano a realizzare caratteristiche e regole del mondo mediale a collocare se stessi in quel mondo forse potranno agire in modo libero e consapevole nella vita e nella rete. Proviamo a fare qualche esempio di come l’agire didattico possa insegnare ai bambini a dare valore al mondo in cui vivono. Un mondo di storie Narrare storie è tipico di tutte le comunità in tutte le epoche; l’essere umano vive immerso nelle storie, a partire dalle fiabe che raccontano i genitori. Oggi molte storie vengono fruite in rete attraverso videogiochi, film e serie tv in streaming, youtube o siti dedicati. Essere immersi nelle storie ci rende persone migliori, quindi cittadini migliori. Infatti il piacere che si prova a stare dentro una storia fa sì che il lettore si immedesimi nei protagonisti e nelle situazioni, al punto che i conflitti della storia così come le emozioni vengono percepiti e vissuti pienamente. Il libro è certamente un medium ma non è l’unico. Anzi, gran parte delle narrazioni oggi arrivano ai bambini attraverso i media. Le canzoni, le serie tv, i videogiochi, i film di animazione, sono tutti mondi narrativi da cui i bambini imparano a vivere e a pensare. Si può imparare da Aladin o da Peppa Pig, ma è necessario essere guidati a dare valore alla propria attività di spettatore, alla costruzione di nuovi significati. Questa è un’operazione di cittadinanza che può avvenire solo con la Media Education. Espressione di creatività Di fronte alla critica di minore creatività dei bambini perché abituati a usare risorse confezionate, è necessario rispondere con attività precise. Ci sono apps che inducono i bambini a modificare e/o unire immagini diverse, a mischiare testi e immagini, a realizzare video veloci, insomma a costruire veri e propri artefatti. Una webapp molto usata alla scuola primaria è la Storybird, che consente di costruire storie digitali con parole e immagini, come semplici Digital Storytelling. Qui, artisti offrono le loro opere firmate in base a temi precisi. Il bambino incontra vincoli che lo portano implicitamente a ragionare su come utilizzare le immagini, e sulla sua possibilità di intervenire nel lavoro degli altri. L’analisi attenta di un’immagine o di un video, l’attenzione al “posso usarla o no”, chi ne è l’autore, è un utile apprendimento per i bambini. Occasione di collaborazione e cooperazione La scuola ha il compito di convogliare tutto in una direzione di sviluppo alla collaborazione e la condivisione, cioè il riconoscimento dell’altro. Si può fare ciò sviluppando competenze di ricerca, di selezione, di networking, di distinzione tra ciò che è vero e ciò che è falso, insegnando fin da piccoli a guardarsi intorno e ad analizzare tutto quello che con estrema facilità si trova in rete. Si può fare sensibilizzando i bambini a fare lavori in rete insieme, che spingano alla discussione e negoziazione di significati. Come tutto questo può coniugarsi con la scuola dell’infanzia? Innanzitutto i bambini vivono molte esperienze in un ambiente multimediale e sono abituati ad esperienze almeno esplorative dei mezzi che sono largamente utilizzati anche dai genitori. Quindi nella scuola dell’infanzia la Media Education può essere considerata come offerta di esperienze di apprendimento e di attività, prevalentemente ludiche ed esplorative, che rendano i bambini in grado di pensare e condividere un uso più creativo di tali strumenti. E’ innegabile che nel passato la scuola dell’infanzia ha assegnato ai media una posizione precaria e subalterna. Spesso i media, soprattutto video o cartoni animati, sono stati utilizzati come strumenti di intrattenimento o esplorazione. E anche quando si sono realizzate esperienze più riconducibili alla Media Education, esse sono state spesso caratterizzate da non sistematicità, legata all’entusiasmo di singoli insegnanti. Un’esperienza di Media Education nella scuola significa invece sollecitare gli insegnanti ad elaborare un progetto formativo che permetta al bambino di conoscere i media e di viverne l’esperienza in modo più esplorativo e creativo. 2.5. Il ruolo dell’insegnante Secondo Pier Cesare Rivoltella “ogni insegnante, in quanto insegnante, deve possedere tra i suoi saperi e le sue competenze professionali anche quelli relativi ai media che diverranno poi lo spazio abituale del suo fare scuola”. L’uso delle nuove tecnologie a scuola può essere influenzato dalla mancanza di: - familiarità dei docenti con l’uso delle tecnologie; - supporto tecnico e/o difficoltà nella loro fruizione; - conoscenze/abilità riguardo all’utilizzo del computer. In generale, si può sostenere che l’insegnante, oltre a saper scegliere in modo consapevole e critico le tecnologie da utilizzare, dovrebbe avere molto chiari gli obiettivi e le metodologie attraverso cui utilizzarle. Sta quindi alle competenze dell’insegnante far emergere il potenziale delle tecnologie come strumento facilitatore di contesto o come oggetto stesso dell’apprendimento. La pedagogia offre preziosi spunti sulla tipologia di didattica che può favorire il processo di insegnamento/apprendimento attraverso l’uso delle TIC. A partire dall’approccio costruttivista di Piaget, secondo cui l’organizzazione cognitiva si evolve progressivamente attraverso l’interazione del soggetto con ‘ambiente circostante. Il soggetto infatti apprende attraverso varie fasi di “adattamento”, “assimilazione” e “accomodamento” grazie alle quali lo schema cognitivo trova nuovi equilibri e si evolve. A ciò fa riferimento l’approccio allo stile di apprendimento dei bambini di oggi. Ad un tipo di conoscenza in divenire, in cui il bambino è attore e protagonista del suo stesso apprendere. Inoltre è un bambino che fa esperienza, che si coinvolge, scopre nuove conoscenze che si interconnettono an le altre. L’attivismo di Dewey ed il costruttivismo sociale di Vygotskij fanno da sfondo alle metodologie didattiche tipiche della didattica digitale, in cui il mezzo (dispositivo elettronico) e il tipo di linguaggio permettono al soggetto di rappresentarsi la realtà e darle senso attraverso il pieno coinvolgimento dell’esperienza. Il docente, quindi, a partire da questo sfondo pedagogico dovrà saper trovare la giusta motivazione per allontanarsi dagli stili di insegnamento tipici della scuola tradizionale, istruttivi, frontali, esaustivi, rigidi, per assumere invece stili di insegnamento più vicini ai bambini di oggi. Egli non può più essere un semplice trasmettitore di saperi, ma mediatore, facilitatore dell’apprendimento, supporto in un processo di apprendimento in cui nulla è dato per scontato, e la scoperta guida il percorso del conoscere. In particolare per quanto riguarda la didattica digitale, gli insegnanti sono chiamati a: - costruirsi un quadro di riferimento teorico-cultural sul significato e possibili funzioni della multimedialità nella scuola primaria; - maturare la consapevolezza che le tecnologie non sono un’innovazione di per sé, ma che possono facilitare l’apprendimento solo se supportate da una progettazione riflessiva e critica; - conoscenza essenziale delle abilità informatiche di base; - essere in grado di analizzare i prodotti multimediali con adeguato spirito critico; - saper utilizzare alcuni programmi conoscendone strumenti e processi interni come programmi di grafica, scrittura, per acquisire suoni e immagini; - saper usare strumentazioni quali tastiera/mouse, stampante, scanner, videocamere digitali, masterizzatori, cuffie, microfono, ecc… Insegnare con le nuove tecnologie significa inserire nella relazione alunno-insegnante un terzo soggetto, un dispositivo elettronico come ad esempio il computer. In questo modo l’insegnante diventa una conduttrice, una facilitatrice di apprendimento, capace di motivare e fornire strumenti per permettere all’alunno di apprendere attraverso il fare, attraverso l’esperienza. Pertanto, la multimedialità richiede necessariamente una modifica nell’attuale organizzazione del lavoro, oggi ancora molto centrata sulla classe “lezione”; inoltre essa mette in evidenza l’importanza dell’apprendimento collaborativo, che richiede una dimensione cooperativa fra le insegnanti e anche con le famiglie. 3.3. I bambini davanti al computer L’uso delle nuove tecnologie nella scuola dell’infanzia può facilitare i percorsi dell’apprendimento. Un uso appropriato della multimedialità, infatti, ha il vantaggio di incidere sulla motivazione dei bambini, offrendo luoghi e occasioni di socializzazione. Per i bambini, l’apprendimento può risultare più accattivante e stimolante, evitando il primato della comunicazione verbale e favorendo l’uso integrato di vari linguaggi. Siamo in un momento in cui, con l’entrata in vigore della riforma della scuola, l’informatica viene proposta agli studenti della scuola italiana sin dalle prime classi della scuola dell’infanzia; pertanto, i bambini possono imparare fin da piccoli ad utilizzare con abilità il computer non solo per giocare, ma anche per apprendere. Da che età? Quando cominciare? Fin dai primi anni: al nido, ascoltando musica e attivando reazioni corporee a ritmico e all’intensità dei suoni, guardando video e parafrasando movimenti, facendo personificazioni dei personaggi, ecc… Si possono pure fare riflessioni su ciò che si sta guardando, la pubblicità, un cartone animato. Ma è nella scuola dell’infanzia che tale approccio “critico” viene poi a consolidarsi, con pratiche di riflessività più organiche e mirate. Quale tra i personaggi della storia è più interessante (ti piace, non ti piace, oppure vorresti essere e perché) e quale vuoi interpretare in un gioco di animazione? Oppure: che emozioni provi guardando questo cartone animato? Cosa pensi dell’esito di questa narrazione visiva? Cosa faresti tu se fossi al posto di quel personaggio? C’è tutta una serie di “esercizi riflessivi” già ben attuati nelle pratiche scolastiche per la prima infanzia e che si svolgono in classe con viva partecipazione dei bambini. E così siamo già dentro una Media Education, anche se iniziale: si ritorna su, si personalizza, si dice la propria opinione, si duplica l’ottica visione/ascolto, si fa vivere un’esperienza metacogntiva e riflessiva. Ma lascerà un segno? Sì, se ciò avviene in modo costante e con spirito critico. Ma sono già tutte esperienze che nella scuola dell’infanzia sono oggi largamente presenti e sperimentate anche nel loro effetto formativo. Poi, certo, sta alla scuola primaria consolidarne la prospettiva e renderla una vera forma mentis e un habitus cognitivo, con esperienze di riflessività più complesse, mirate e consolidate. Interazioni positive o negative con il pc Le tecnologie digitali, coinvolgendo il lavoro intellettuale, possono trasformarsi in “tecnologie cognitive”, cioè in strumentazioni che interagiscono sensibilmente con i processi interni della mente. Basti pensare alle conseguenze che la scrittura he esercitato sul pensiero e sulla scienza, favorendo lo sviluppo del pensiero analitico. Quando l’allievo si trova ad affrontare un compito con il computer, tra le mente (processi cognitivi interni) e il mezzo (interfaccia tecnologica) si mette in atto una dinamica complessa nella quale possono prodursi esiti diversi per quanto riguarda le funzionalità cognitive. Alcuni tipi in interazione possono provocare risultati indubbiamente positivi, some ad esempio: - internalizzazone: quando il soggetto acquisisce funzioni proprie del mezzo (es. l’abaco per potenziale le abilità di calcolo); - consolidamento: attraverso le tecnologie alcune abilità esistenti possono essere esercitate perfezionate e ampliate; - sinergia: situazioni in cui mente e mezzo danno luogo a un significativo sistema condiviso; può partire dalla mente (es. revisione di un testo da parte del suo autore) oppure dal mezzo (es. lo studente scopre il funzionamento di un apparecchio o una procedura). Tuttavia alcuni tipi di interazione, invece, possono produrre risultati negativi in quanto non viene ad instaurarsi un vero bilanciamento tra mente e medium, come ad esempio: - limitato coinvolgimento cognitivo: usare le tecnologie per intrattenimento o per scopi puramente comunicativi può richiedere un impegno cognitivo notevolmente basso; - sovraccarico tecnologico: l’attenzione dell’allievo è attratta dal computer stesso e impedisce di acquisire una vera conoscenza; - disabilitazione cognitiva: quando la mente delega al mezzo un’attività cognitiva rilevante ai fini dell’apprendimento. E’ molto importante, per l’insegnante, tenere in considerazione tutto ciò quando i bambini si pongono difronte al mezzo elettronico; anche se sono bambini tra i 3 e i 5 anni, al fine di rendere le occasione del loro utilizzo efficaci dal punto di vista educativo-didattico. 4. PER UNA EFFICACE DIDATTICA DIGITALE 4.1. Metodologie tecnologico-educative L’approccio corretto parte da un’analisi dei bisogni dello studente (formativi, cognitivi, psico- sociali), articolandosi successivamente nelle tipiche fasi della pianificazione didattica (obiettivi, contenuti, metodologie, ecc…). In un secondo momento, il docente cercherà di individuare quale, fra le tecnologie disponibili, può offrire un valore aggiunto all’attività didattica, favorendo il raggiungimento degli obiettivi dichiarati. La scelta di usare tecnologie a supporto del processo di insegnamento-apprendimento non può prescindere da un’accurata pianificazione didattica. Per una buona attività didattica bisogna saper utilizzare i differenti sistemi di segni, saperli utilizzare alternandoli in funzione di diverse situazioni, saper guidare gli alunni all’uso consapevole degli strumenti di comunicazione. Gli insegnanti tendono a privilegiare il codice verbale orale e scritto, ritenendo che la parola sia il sistema più flessibile, adatto a comunicare qualsiasi situazione, emozione, sentimento, idea. Ciò è vero, ma dà un’idea riduttiva della complessità della comunicazione, la quale si realizza attraverso molti altri modi. Le tecnologie digitali invece, allargano il concetto di testo: - Verbale: utilizza una logica di tipo sequenziale procedendo in modo lineare e trattando una sola situazione alla volta; - Iconico: ad esempio un’immagine, può essere percepito e fruito interamente e può trasmettere più messaggi contemporaneamente; - Verbo-iconico: è l’unione del testo scritto e dell’immagine fissa che integrandosi danno maggiore efficacia e forza alla comunicazioe (manifesto, fumetto, testo informatico); - Ipertesto: è caratterizzato dalla presenza di collegamenti (link) tra le diverse parti. Il lettore può dunque procedere anche in modo non lineare per seguire il proprio pensiero; - Ipermedia: ha una struttura non sequenziale come l’ipertesto con l’aggiunta di codici di comunicazione visivi e uditivi (ipertesto con filmati, animazioni, audio). Il gioco come media Le Indicazioni nazionali presentano l’apprendimento nei bambini della scuola dell’infanzia caratterizzato dall’azione, esplorazione, contatto con gli oggetti, la natura, l’arte, il territorio, in una dimensione ludica, intesa come forma tipica di relazione e conoscenza. Un tipo di apprendimento quindi fatto di esperienza significative per la propria crescita. Le tecnologie possono favorire molte attività di apprendimento, a partire dall’orientamento spazio-temporale fino alla conoscenza di sé e del mondo. La valutazione L’uso delle nuove tecnologie chiama in causa la necessità di predisporre nuovi strumenti di valutazione orientati a cogliere gli aspetti qualitativi e non solo quantitativi che consentano di evidenziare come si svolge concretamente il processo didattico. Si privilegia l’autovalutazione e la raccolta di materiale significativo via via prodotto dal gruppo e dai singoli. L’aggiornamento di diari di bordo, l’uso di schede quotidiane di sintesi, l’elaborazione di riflessioni personali e collettive sull’operato, la costruzione in itinere di mappe concettuali che rappresentano fotografie cognitive dei singoli e del gruppo. Questi nuovi strumenti pongono l’accento sul processo piuttosto che sul prodotto prendendo in considerazione ciò che i bambini sanno fare piuttosto che quello che non sanno fare. 4.2. I campi di esperienza e le Competenze Europee La scuole dell’infanzia si articola nei campi di esperienza. Per campo di esperienza si intende uno spazio circoscritto dell’esperienza culturale umana, in cu si attivano particolari comportamenti evocati dalle parole e dagli altri segni utilizzati per comunicare. Le espressioni verbali e i segni dei codici simbolico-culturali attivano nei bambini immagini, ricordi, conoscenze sui fenomeni; evocano vissuti, modi di fare, procedure per trivare soluzioni. Il campo di esperienza è uno strumento molto utile per organizzare le attività di insegnamento/apprendimento. Un campo di esperienza rappresenta quindi il vissuto del bambino nelle sue manifestazioni comportamentali, comunicative, relazionali. Nel tempo i nomi dei diversi campi e il loro numero è cambiato varie volte. Nelle Indicazioni 2012 diventano “un insieme di oggetti, situazioni, immagini e linguaggi, riferiti ai sistemi simbolici della nostra cultura, capaci di evocare, stimolare, accompagnare apprendimenti progressivamente più sicuri”. I campi di esperienza sono: - Il sé e l’altro; - Il corpo e il movimento; - Immagini, suoni e colori; - I discorsi e le parole; - La conoscenza del mondo. Le tecnologie digitali possono essere utilizzate come approccio metodologico per ciascuna delle attività realizzabili nei campi di esperienza e collegandosi allo sfondo integratore di riferimento. Anche le Competenze–chiave europee necessitano di essere integrate in un curricolo per la scuola dell’infanzia, soprattutto per quanto riguarda le competenze trasversali. Qui di seguito si riportano in tabella i possibili collegamenti dei campi con le Competenze-chiave: Competenze chiave europee I campi d’esperienza Comunicazione nella madrelingua I discorsi e le parole - tutti Comunicazione nelle lingie straniere I discorsi e le parole - tutti Competenze di base in matematica, scienze e tecnologia La conoscenza del mondo Competenze digitali Tutti Imparare a imparare Tutti Competenze sociali e civiche Ilse’ e l’altro - tutti Spirito di iniziativa e imprenditorialita’ Tutti Consapevolezza ed espressione culturale Il corpo e il movimento - Immagini, suoni e colori 4.3. “Immagini, suoni e colori” Le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione del 2012 ci affermano: “I bambini esprimono pensieri ed emozioni con immaginazione e creatività… I linguaggi a disposizione dei bambini come la voce, il gesto la drammatizzazione, i suoni, la musica, la manipolazione di materiali, le esperienze grafico-pittoriche, i mass-media vanno scoperti ed educati perché sviluppino, nei piccoli il senso del bello, la conoscenza di se stessi, degli altri, della realtà” E ancora: “Il bambino si confronta con i nuovi media e con i nuovi linguaggi della comunicazione, come spettatore e come attore. La scuola può aiutarlo a familiarizzare con l’esperienza della multimedialità (la fotografia, il cinema, la televisione, il digitale) favorendo un contatto attivo con i “media” e la ricerca delle loro possibilità espressive e creative”. Tra i campi di esperienze, quello relativo a “immagini, suoni e colori” certamente si presta in modo in particolare per progettare attività didattiche con l’utilizzo delle tecnologie digitali. I traguardi per lo sviluppo delle competenze del suddetto campo di esperienza si trova: “il bambino esplora le potenzialità offerte dalle tecnologie…, segue con curiosità e piacere spettacoli di vario genere (teatrali, visivi, musicali, di animazione)”. Mentre il soggetto comunica, nel comunicare, attraverso le molteplici forme linguistiche non comunica un concetto dato ma sviluppa il concetto stesso e avanza nella costruzione di mappe concettuali. Il bambino non disegna ciò che ha in mente, come si sosteneva negli anni Settanta, ma nel disegnare sviluppa ed elabora. Attraversando diversi media, il concetto si allarga, si struttura e si relaziona. In questa prospettiva i linguaggi mediali sono forme nuove attraverso le quali il bambino può esprimersi in forme creative attraverso l’offerta di esperienze didattiche significative. Creatività è dare forma alle proprie idee, scegliendo i media più idonei. La mutlimedialità della canzone La musica ha un ruolo molto rilevante nei contesti educativi dei bambini piccoli, e il loro utilizzo è molto frequente. La diffusione di canzoni pensate appositamente per bambini riguarda anche il web e, sia a livello italiano che internazionale sono in costante aumento i portali che offrono contenuti pensati per bambini, in cui le canzoni si affiancano ad animazioni o interpretazioni di semplici balli che accompagnano i bambini, facendoli interagire con il corpo. Il senso di impostare un laboratorio musicale sta nel rendere più attiva e partecipata possibile la fruizione di di contenuti musicali. Le nuove tecnologi epermettono di montare in modo semplice e intuitivo, anche per un utente non esperto, foto, immagini, video, musica e testo scritto. Il laboratorio potrebbe avere l’obiettivo di realizzare una serie di immagini (video o foto) che facciano da accompagnamento in un videoclip della canzone individuata. La progettazione L’elaborazione del percorso didattico richiede una progettazione attenta e rispettosa dei tempi e dei bisogni dei bambini, una condivisione collegiale tra gli insegnanti, un’integrazione con le attività didattiche, nella logica delle scelte formative assunte dalla scuola. Nella scuola dell’infanzia, in particolare, significa favorire l’apprendimento attraverso l’esperienza diretta del bambino, di predisporre un ambiente educativo come contesto di relazione, di cura ma anche di apprendimento, in cui le sollecitazioni che i bambini sperimentano a contatto con la realtà possano essere analizzate, discusse ed elaborate. Gli approcci metodologici da preferire sono l’esplorazione e la scoperta, la cooperazione tra bambini, il gioco; particolare importanza rivestono inoltre la predisposizione di spazi accoglienti e tempi distesi, l’assunzione della documentazione come monitoraggio costante dell’esperienza didattica e di riflessione sull’azione, l’do<zione di uno stile educativo fondato sull’osservazione, sull’ascolto, sulla progettazione collegiale, sulla partecipazione anche delle famiglie. 4.4. Una proposta educativa: “La natura in… canto!” L’attività proposta è rivolta al gruppo dei bambini “grandi” (5 anni), ed ha lo scopo di: 1- esplorare e conoscere l’ambiente circostante; 2- apprezzare la natura come un dono per l’uomo. Competenze-chiave europee  La competenza digitale.  Imparare a imparare  Le competenze sociali e civiche.
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