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dispensa del corso di storia moderna, Dispense di Storia Moderna

dispensa del corso di storia moderna

Tipologia: Dispense

2021/2022

Caricato il 25/01/2023

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lorenzo-bruno-4 🇮🇹

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Scarica dispensa del corso di storia moderna e più Dispense in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! INTRODUZIONE ALLA STORIA MODERNA (non presente sul libro) 0.1 TRA STORIA E STORIOGRAFIA Nei programmi didattici di solito si fissa l’inizio della storia moderna (indicato col termine a quo) al 1492, anno in cui Cristoforo Colombo scopre l’America, evento che si pensava ponesse le basi per la globalizzazione e dunque momento di snodo e cambiamenti. Ovviamente questa è una data simbolo di un insieme di rivolgimenti che in realtà avvengono negli anni immediatamente precedenti e successivi. Alcuni storici, soprattutto quelli che si occupano di questioni sociali, preferiscono invece far risalire l’inizio della storia moderna al 1350, anno fine della peste nera. Gli storici religiosi prediligono il 1454, anno della caduta di Costantinopoli, che rappresenta anche la fine della cristianità in Oriente. Infine, gli storici protestanti fanno riferimento al 1517, infatti il 31 ottobre di quell'anno Martin Lutero affisse le sue 95 tesi sulla Cattedrale di Wittenberg, dando così simbolicamente inizio alla Riforma Protestante. Mentre il 1454 e la caduta di Costantinopoli non ebbero grande impatto sulle monarchie occidentali, la riforma protestante del 1517 e la conseguente rottura dell'unità della fede, segnò profondamente molti aspetti la vita sociale e politica dell'Europa, caratterizzata fino al medioevo dall'unità religiosa. Con il termine ad quem si indica invece il termine della storia moderna che, almeno in Italia, viene fatto risalire al 1815, anno del Congresso di Vienna. LA PERIODIZZAZIONE Si tratta questa di una PERIODIZZAZIONE: Con questo termine, nelle discipline di tipo storico, si intende la delimitazione di un arco temporale ben preciso contraddistinto da caratteri originali che lo distingueranno dai periodi precedenti e successivi. Le periodizzazioni non sono mai univoche e definitive. Preferire una periodizzazione piuttosto che un'altra significa interpretare il corso degli eventi in modo diverso. Le date 1492-1815 non rappresentano uno spartiacque ma un semplice punto di riferimento di eventi e processi molteplici che si sono avviati o evidenziati; tali processi conferiscono alla scoperta del Nuovo Mondo un valore emblematico per l’inizio dell’età moderna. IL SIGNIFICATO DI MODERNO La denominazione moderno deriva dall’avverbio latino “modo” che vuol dire “ora”, ovvero un qualcosa di più recente rispetto a ciò che è accaduto precedentemente. Assume un nuovo significato, va al di là del passato e si fa riferimento anche a tutte le innovazioni tecniche del 400-500, infatti le generazioni di allora maturarono un senso di superiorità anche rispetto agli antichi, tanto stimati e amati, da sentirsi uguali o addirittura superiori. Il termine moderno viene utilizzato per la prima volta in relazione al termine storia nel 1696 dal filologo tedesco Christoph Keller, nella sua opera “Historia Universalis”, divisa in tre volumi: Historia Antiqua, Historia Medii Aevi e Historia Nova sive Moderna. In quest'ultimo caso si intende la storia della rigenerazione spirituale dell'Europa e della Riforma Protestante, posta in contrapposizione al medioevo, età di decadenza e degenerazione della Chiesa Cattolica. MODERNO E POSTMODERNO L’aggettivo moderno privilegia tutto ciò che si afferma come particolarità dei tempi nuovi. Nella cosiddetta “società post-industriale” anche l’insieme delle caratteristiche proprie della società moderna appaiono subire una radicale modifica. Con il termine "postmoderno" si intende il superamento di un sistema di valori, di un patrimonio storico, culturale e mentale di cui sono ormai evidenti anche i limiti. IL TERMINE ANTICO REGIME Gli storici della società europea impiegano abitualmente la categoria storiografica di “antico regime” per distinguere il modello sociale prevalente in Europa nell’epoca compresa tra il XVI e XVIII secolo. Questo modello presenta elementi di crisi e di conflitto che ne segnano tutta la storia ma che si fanno dirompenti solo con il XVIII secolo culminando con la Rivoluzione francese. IL TERMINE STORIA La parola “storia” deriva dal greco “historia” e vuol dire ricerca, investigazione. In italiano la parola storia assume diversi ruoli: ● Storia come l’insieme dei fatti umani accaduti nel tempo (res gestae) ● Storia come il racconto e l’interpretazione dei fatti umani accaduti nel tempo (historia rerum gestarum) Nell’ultimo caso dovremmo far riferimento alla STORIOGRAFIA, cioè la scienza che studia la storia. Lo studioso francese March Bloch afferma che la storia è la scienza degli uomini del tempo, il cui scopo è esclusivamente conoscitivo, essa non serve a dare giudizi morali sul passato ma solo a conoscere eventi e fenomeni. La storia è una disciplina dinamica, studia l’evoluzione, i cambiamenti e dunque tutto ciò che si modifica. Un concetto centrale è il pensiero dello storico Edward Carr, il quale afferma che i fatti non parlano da soli, è lo storico che decide quali fatti, in che ordine ed in quale contesto vanno presi in considerazione. Non tutti gli eventi possono essere considerati “fatti storici”; sono considerati tali, quelli che sono capaci di produrre degli effetti, di essere causa di altri fatti, di condizionare o influenzare il comportamento dei contemporanei. Possiamo affermare che la storia è interpretazione, dunque fatti e documenti sono indispensabili, ma da soli non fanno nulla. Ciò vuol dire che è necessario l’intervento dello storico, l’interazione tra storico e fatti storici, un dialogo continuo tra presente e passato. IL RAPPORTO TRA STORIA E STORIOGRAFIA Riprendendo anche il pensiero di Benedetto Croce, possiamo considerare ogni storia come storia contemporanea perché risponde alla curiosità dello studioso, la quale deriva dal suo presente in quanto egli è condizionato dal contesto politico e sociale in cui si trova. Inoltre, la storia sempre ripercussioni sul presente. Possiamo affermare che la storia ha una duplice funzione: 1. Capire le società del passato 2. Aumentare il nostro dominio su quella presente Ciò richiede l’utilizzo di termini non assoluti ma comparativi, nulla è dato mai senza possibilità di revisione critica. Se i fatti storici sono tali solo grazie al significato che lo storico attribuisce loro, allora l'obiettività della storia può valere soltanto come criterio riferito al rapporto tra fatti e interpretazione, in quanto lo storico, e quindi la sua interpretazione dei fatti, è influenzato dal suo presente. Lo storico deve quindi essere obiettivo, nel senso che deve attenersi, nel suo lavoro, alle regole proprie della disciplina. Inoltre lo storico deve possedere la consapevolezza del grado di condizionamento che gli deriva dall'essere comunque parte integrante in un determinato contesto sociale e culturale e pertanto deve tentare di sollevarsi al di sopra di esso. L’obiettività assoluta è impossibile in quanto il lavoro dello storico è inevitabilmente contaminato dalla soggettività dell’uomo. In conclusione, la storia è il rapporto tra il presente dello storico e il documento che lo riporta al passato. Indiano. Questa mappa mostra chiaramente che navi possono navigare direttamente dall'Africa alle Indie, ma indica anche che non ci sono punti di passaggio per mare su quella rotta. Paolo Toscanelli, geografo fiorentino, sostenitore della sfericità della terra e della possibilità di raggiungere le Indie dalle coste atlantiche dell’Europa, attraversando l’oceano, era corrispondente di Cristoforo Colombo, cui fornisce fin dal 1474 una carta nautica, strumento sul quale il navigatore immagina ed elabora i suoi tragitti. 4. TECNICI  Le conoscenze tecniche, anche quelle della vita marittima, si sviluppano fuori del sapere universitario: i marinai possedevano strumenti empirici per la navigazione come bussola, quadrante nautico, balestriglia, che facilitavano il calcolo della latitudine in mare.  Si afferma nell'uso comune la caravella, una nave equipaggiata con vele latine. Si tratta di un’imbarcazione di piccole dimensioni, generalmente dalle 30 alle 40 tonnellate, molto più manovrabile e adatta a tenere il mare rispetto alle galee. Può portare una maggiore quantità di provviste anche perché richiede un equipaggio più ridotto; può navigare più lontano dalle coste e rimanere in mare per più lungo tempo. Di origine portoghese, fu usata soprattutto nei viaggi di esplorazione del sec. XV. LE CONSEGUENZE DELLE SCOPERTE GEOGRAFICHE POLITICHE:  La costruzione degli imperi coloniali diventa terreno di scontro tra le potenze europee. Dominare i mari e le nuove terre è un elemento di assoluta importanza per stabilire anche un’egemonia in Europa.  Differenti modelli di colonizzazione usati da portoghese, spagnoli, olandesi, inglesi, francesi. ECONOMICHE: Si apre un ciclo economico nuovo caratterizzato da: a) Afflusso di oro e d'argento nella madrepatria; b) Tendenza a spostare il centro di gravità dei traffici dal Mediterraneo all’oceano; c) Monopolio regio del commercio; d) Importazione di prodotti in Europa (mais, patate) e conseguente trasformazione delle abitudini alimentari. N.B. Le patate rappresenteranno sempre una coltura che nel Mezzogiorno italiano non verrà accettata perché i contadini sono avversi nei confronti del tubero soprattutto per il metodo di raccolta. Mentre in altre zone come Francia, Germania e in particolare Irlanda, si verrà invece a creare una sorta di monocoltura, che a causa di un agente patogeno che distrugge le culture, causerà, anche a distanza di anni, il flagello delle carestie. e) Organizzazione del sistema creditizio e bancario, mentre prima erano i banchieri genovesi e toscani a occuparsi degli istituti bancari. Nel 1472 nasce il Monte dei Paschi di Siena, la banca più antica del mondo. f) Incremento del commercio degli schiavi. CULTURALI E RELIGIOSE  Crisi dell’identità culturale dell’Europa che interviene nelle interpretazioni dei fatti nuovi: reagendo ad essi “l’Europa scopre sé stessa” (Elliott) (=È costretta a fare i conti con la propria identità, capire il luogo e il modo di rapportarsi con quanto è stato scoperto.)  Origine del mito del buon selvaggio (settecentesco). Colombo descrive i selvaggi miti, belli, facili da convertire. Nella cultura occidentale si comincia ad associare a questi l’idea di rappresentare l’immaginario stato di natura, presente prima della società in cui gli uomini o vivono in maniera armoniosa e pacifica, condividendo i propri beni o combattendo tra loro. Questo diventerà oggetto fondamentale della letteratura politica dei secoli successivi, per alcuni è solo un’ipotesi per far capire le caratteristiche della società civile in confronto con uno stato di natura esistente solo nell’immaginario, per altri invece è veramente esistito.  Le nuove generazioni si trovano a dover entrare in contatto con popoli non impregnati della tradizione culturale, religiosa e dell’identità europea. Anche se in Europa gli stati si combattono l’un l’altro hanno dei caratteri simili: la comune fede religiosa, la base del diritto, della lingua sulla cultura greca e romana.  Evangelizzazione attraverso l’opera dei missionari e dell’istituzione del requerimiento nei possedimenti spagnoli. REQUERIMIENTO: ingiunzione=dichiarazione di sovranità obbligatoriamente letta dai conquistadores agli indigeni. Può essere in realtà considerato un tentativo di razionalizzare, giustificare e far accettare la conquista agli indigeni. In base al contenuto gli indios dovevano riconoscere Il Papa come signore del mondo e il re di Castiglia come suo vicario e in quanto tale per donazione da parte del Pontefice, signore delle terre d’oltremare. Solo dopo quest’accettazione gli indigeni possono essere considerati dei vassalli che devono osservare degli obblighi nei confronti dei conquistadores. Gli indios non potevano comprendere le sottigliezze del messaggio giuridico e i risvolti teologici presenti. 1.2 L’ESPANSIONE PORTOGHESE E SPAGNOLA PRIMA DI COLOMBO I PRESUPPOSTI DEL COLONIALISMO PORTOGHESE Il Portogallo costituisce il primo grande impero coloniale grazie ad alcuni fattori determinanti:  Posizione geografica di avamposto sull’Atlantico.  Precoce unità nazionale, già realizzata nel XIII secolo.  La dinastia Aviz (fondatrice del Portogallo moderno), in particolare re Enrico detto il Navigatore, sensibile alle esigenze dei ceti mercantili, adotta una politica di potenziamento del settore navale e crea una scuola specializzata (istituto nautico) per piloti e navigatori.  Presenza di una forte tradizione di riconquista: lotta ai mori.  L’insufficienza delle risorse agricole per le caratteristiche geomorfologiche e la ricerca di oro e merci, rappresentano potenti spinte alle esplorazioni geografiche. PRINCIPALI TAPPE DELLE ESPLORAZIONI PORTOGHESI L'obiettivo dei portoghesi è aprire la via per mare verso l'Oriente, circumnavigare l'Africa per raggiungere l’oceano Indiano e l'Asia e controllare il traffico delle spezie. Le principali tappe delle esplorazioni sono:  1420 ricognizione delle coste africane e inizio tratta degli schiavi; i protagonisti sono veneziani e genovesi al servizio della corona portoghese.  1445 scoperta delle Isole di Capo Verde.  1456 Il veneziano Alvise Ca’ da Mosto e il genovese Antonio Usodimare raggiungono la foce del fiume Gambia.  1472 Ferdinando Po raggiunge il golfo di Guinea  1482-1487 Diego Cao, dopo aver attraversato il Congo, raggiunge l'Africa sud-occidentale.  1487 Bartolomeo Diaz doppia il Capo di Buona Speranza (circumnavigazione dell’Africa) L'espansione portoghese nel continente africano ha consentito lo sfruttamento di enormi risorse: gli schiavi, l’oro della Guinea (di cui furono i maggiori fornitori in Europa), l'avorio, il cotone, il pepe, lo zucchero di Madera. Sostenuta da capitali italiani ed ebraici e affidata agli schiavi importati dalle stazioni commerciali africane, la coltivazione dello zucchero diventa un'attività economica di primaria importanza. I PROBLEMI GIURIDICI DELL’ESPANSIONE Per giustificare la conquista delle terre e l'assoggettamento delle popolazioni africane, i giuristi inventarono la formula della “terra nullius”, cioè di una terra non sottoposta ad alcuna signoria, disabitata o abita da selvaggi senza ordinamenti né leggi civili. Di qui la possibilità di imporre la signoria portoghese sui territori africani con il semplice atto della scoperta e dell'occupazione. Si tratta di un importantissimo principio che avrà un'influenza enorme in tutta la storia della colonizzazione. Fin dall’origine l'impero coloniale portoghese in Africa mostrava due limiti che avrebbero sensibilmente inciso sul suo sviluppo: la difficoltà da parte dello stato di gestire razionalmente le risorse commerciali e coloniali; la forte dipendenza dai mercanti stranieri, soprattutto italiani. L’ESPANSIONE SPAGNOLA Prima dei viaggi di Colombo, tra il 1477 e il 1479, la Spagna portò a termine la colonizzazione dell'arcipelago delle Canarie; quest'ultima fu il tramite che collegò la Reconquista, cioè la guerra santa contro i Mori che occupavano ancora una vasta area della Penisola iberica, all'espansione castigliana e aragonese che creò la Spagna moderna e alla conquista dell'America. Nel 1479, inoltre, fu siglato il Trattato di Alcaçovas tra Portogallo e Spagna, con il quale si segnò la prima divisione e spartizione del globo: il Portogallo accettava di riconoscere i diritti castigliani sulle Canarie e la Spagna riconosceva i titoli portoghesi sulle altre isole dell'Atlantico e sulle coste africane a sud di Capo Bojador. Ancora una volta il principio che giustifica l'occupazione dei territori era la fede, la guerra contro gli infedeli. Inoltre, fu anche sancito un importante principio che poi avrà ripercussioni sulla colonizzazione dell’America, cioè il principio secondo cui la legittimità giuridica di qualsiasi spedizione e conquista dovesse risiedere nel potere pubblico. Nei fatti la regina Isabella di Castiglia si riservò i diritti di signoria e sovranità sulle Isole Canarie, nominò governatori, concesse ai capitani e artefici della conquista il potere di effettuare  Incapacità delle attività primarie di soddisfare le esigenze della popolazione in aumento, il Portogallo è dipendente per l'approvvigionamento granario dal Baltico dalla Francia e dal nordafrica  Incapacità della Corona portoghese di gestire la distribuzione dei prodotti esportati: tutte le attività commerciali sono controllate dai mercanti stranieri. LE PRINCIPALI TAPPE DELL'ESPANSIONE SPAGNOLA  1492-1520 conquiste caraibiche della Giamaica, Portorico, Cuba; esplorazione dello Yucatán; iniziative volte al consolidamento dei diritti della Corona (Casa de contractaciòn, 1503)  1519 Spedizione di Cortés in Messico. Sbarcato nel Messico con una spedizione di 400 soldati spagnoli, Cortes riesce a sconfiggere gli Aztechi: rafforza il suo esercito con soldati, reclutati fra le popolazioni sottomesse agli Aztechi; massacra tutti i principi locali; reprime rivolte; bombarda, con l'artiglieria inviata dalla Spagna, la capitale azteca, oggi Città del Messico. Semina insomma il terrore, cattura e fa giustiziare l'imperatore Montezuma.  1519-1522 Ferdinando Magellano, navigatore portoghese al servizio della Spagna, costeggia l'America meridionale, supera lo stretto che porterà il suo nome, si avventura nel nuovo Oceano Pacifico e raggiunge le isole Filippine, dove muore ucciso da indigeni.  1522 Spedizione di Pizarro in Perù, alla conquista dell’impero inca. In questo caso le brutalità e le violenze sono superiori a quelle commesse da Cortez: stragi, sterminio di popolazioni, raggiri. Nel 1533 è conquistata Cuzco, capitale dell'impero Inca.  1540 Conquista del Cile  1550 Conquista della Bolivia a nord e della regione del Rio de la Plata a sud. LA FRAGILITÀ DELLE CIVILTÀ INDIGENE  Notevole superiorità tecnologica degli europei dotati di armi da fuoco, balestre, corazze impenetrabili per le armi in dotazione agli indigeni e cavalli che consentivano una potenza e una mobilità sconosciute agli eserciti locali  Assenza di anticorpi contro le malattie portate dai conquistadores  Distruzione del sistema economico e culturale realizzata tramite la sottomissione e il brutale sfruttamento delle popolazioni autoctone. 1.5 FORME E PROBLEMI DELLA COLONIZZAZIONE SPAGNOLA Il primo problema che la colonizzazione pone è l'organizzazione della conquista, cioè l'individuazione di un equilibrio fra il riconoscimento del potere statale sui territori d'Oltremare e la soddisfazione delle aspettative dei Conquistadores. La regina Isabella di Castiglia aveva sempre sottolineato i tre principi fondamentali che avrebbero dovuto condurre alla costruzione dell'impero: la sovranità esclusiva sulle nuove terre e la loro unione diretta con la madrepatria; l'importanza decisiva di questi territori per la Hacienda real, cioè per le finanze statali; il fine dell'evangelizzazione. La necessità di contemperare queste linee guida con la voglia di arricchimento e di sfruttamento dei Conquistadores portò la corona spagnola a intraprendere la strada dei compromessi e della sperimentazione sia con i Conquistadores che con le popolazioni locali. Si andò così a creare un modello istituzionale articolato con la creazione di organismi che affiancano il sovrano nel governo delle colonie:  In Spagna: Consiglio delle Indie (Il consiglio doveva occuparsi delle colonie americane, il centro del sistema coloniale spagnolo), Casa di Contractaciòn a Siviglia (cause civili e penali per commercio, controllo della navigazione e tutto ciò che riguardava le colonie).  Nelle colonie: i vicereami della Nuova Spagna (Colombia, Venezuela, Messico) e del Perù (centro sud dell’America latina): a) Giudici per le circoscrizioni giudiziarie (audiencias) b) Vescovi (22 diocesi) e prelati c) Creazione dell’encomienda: adattamento di un istituto spagnolo simile al feudo, ma non ereditario. Le terre venivano date in commenda (godimento) ad un colono che esigeva tributi e prestazioni in denaro, assicurando difesa (=ordine pubblico) e conversione. Si verificano problemi e contrasti tra gli interessi della monarchia e quelli dell’encomendario. La monarchia intende salvaguardare le proprie prerogative impedendo dal punto di vista giuridico che l’encomienda si trasformi in diritto ereditario. I tributi si tramutarono rapidamente in prestazioni di lavoro, le comunità create dall’encomendero non erano altro che prigioni di manodopera forzata, sul cui sfruttamento si formò l'elite sociale del Nuovo Mondo. Alla fine, gli encomenderos furono posti sotto rigido controllo della Corona. d) Urbanizzazione ispirata al modello a scacchiera delle città castigliane. Le città erano però soggette a continui spostamenti e ricostruzioni dovute soprattutto a uragani e terremoti. Inoltre, il sistema urbano era debolmente articolato, le distanze tra le città erano enormi e i centri di popolazioni dispersi e isolati. Gli insediamenti crebbero in modo squilibrato: la congestione che vediamo oggi è già nella genesi dello sviluppo urbano latino-americano. Verso la metà del Cinquecento, in gran parte delle regioni sudamericane, il 50% circa della popolazione viveva in una sola grande città. 1.6 L’AMERICA E LA COSCIENZA EUROPEA DEL CINQUECENTO I nuovi arrivati nel Nuovo Mondo, soprattutto i missionari, sono attenti osservatori e scrivono cercando di narrare ciò che osservano per il lettore europeo ma le notizie non si ottengono subito, bisogna attendere il loro ritorno in patria. La conquista del nuovo mondo innescò un ampio dibattito negli ambienti colti del vecchio continente, investendo in pieno la coscienza europea, al di là delle differenze di accentuazione tra paese e paese. Gli europei si pongono il problema su come debbano considerare gli Indios, se sono uomini bisogna evangelizzarli, anche loro devono avere la prospettiva della salvezza eterna. Il problema è la nostra consapevolezza della loro ignoranza della fede, non hanno avuto modo di entrare in contatto con il Cristianesimo prima dell'arrivo degli europei e allora ci si pone l’interrogativo se sia possibile la salvezza anche per loro. Juan Ginés de Sepulveda, un religioso sostenne in un’opera del 1547 la tesi dell’esistenza di uomini schiavi per natura, sostiene che gli Indios sono omuncoli, esseri inferiori rispetto alla razza umana (se non sono uomini, non hanno un’anima e quindi non esiste la salvezza per loro) così giustificando in tal senso tutto l’operato dei conquistadores. È molto forte l’elemento razzista, anche la cultura illuminista se ne trova immensa in riferimento agli schiavi. Bartolomeo de Las Casas, dopo esser stato un conquistador, tornato in patria ed entrato nell’ordine dei Domenicani (gestivano le più importanti università europee), prese posizione in difesa degli indigeni d’America, riconoscendo la validità dei loro ordinamenti economici e politici, del modello di società e delle loro virtù morali (Brevissima relazione sulla distruzione delle Indie). Las Casas si scagliò contro il sistema dell’encomienda considerato il perno dello sfruttamento e del dominio imposto dagli spagnoli, incrociando il punto di vista della monarchia contraria all’eccessiva autonomia degli encomenderos e desiderosa di mantenere un saldo controllo sulle colonie. Las Casas appoggiando la monarchia garantì la fortuna dei suoi testi. Le denunce di Las Casas contribuirono a far mutare almeno parzialmente la politica di conquista del governo spagnolo, inducendo (Carlo V) Carlo I d’Asburgo ad emanare le Leyes Nuevas (1542, Nuove leggi) che sancivano alcuni diritti fondamentali degli indios e ne vietavano la riduzione in schiavitù, sono il primo provvedimento legislativo attraverso il quale la monarchia spagnola almeno parzialmente si fa carico delle popolazioni Indios. Si cercò anche di far mutare il linguaggio corrente: con le Ordenanzas sobre descubrimiento (1573) (Filippo II, figlio di Carlo) si vietava di parlare di conquista, bisognava utilizzare il termine "descubrimiento" scoperta, lo sforzo lessicale deve accompagnare il mutamento di prospettiva della monarchia nei confronti delle popolazioni indigene.  Le Ordenanzas vietano la violenza fisica sugli indigeni (non schiavi) e la spoliazione delle loro proprietà appartenenti all'intera comunità (consentivano lo scambio non eguali) ma nella prassi tali leggi furono scarsamente applicate. CAPITOLO 2: RINASCIMENTO E STATO MODERNO 2.1 IL CONCETTO DI RINASCIMENTO La nozione di Rinascimento ha ancora oggi un valore periodizzante, rappresenta cioè un'epoca di reali trasformazioni che investono, con differenti cronologie, intensità e ritmi di sviluppo, gran parte dell'Europa. La parola ed il concetto hanno origini religiose: rinascita è la seconda nascita, la nascita dell’uomo nuovo o spirituale di cui parlano l’Evangelo di S. Giovanni e le Lettere di S. Paolo. In quest'epoca si possono distinguere un'origine, nel XIV secolo, al tempo del Petrarca; una maturità, tra Il XV secolo e la prima metà del XVI; uno stadio finale, nella seconda metà del Cinquecento. Il Rinascimento ha origini italiane e non va confuso con i fenomeni medievali. Questi circa due secoli e mezzo sono caratterizzati da importanti mutamenti culturali, politici, economici e sociali. 2.2 GLI STATI MODERNI E LE NUOVE FORME DELLA VITA POLITICA I concetti di Stato moderno e stato del Rinascimento non vanno confusi con quello di Stato nazionale: i primi due indicano un'organizzazione del potere diversa da quella medievale; il terzo indica entità politiche corrispondenti a insiemi etnicamente e geograficamente omogenei. La formazione di quest'ultimo ha riguardato, alla fine del XV secolo solo la Spagna, l'Inghilterra e la Francia, paesi che, sia pure in misura relativa, riuscirono ad attuare un livello di unificazione Nazionale superiore a quello di altre aree europee. Lo stato moderno rappresenta la forma storicamente determinata di un ordinamento politico, sorta in Europa dal XIII-XIX, per poi estendersi in tutto il mondo civilizzato. Con la nascita dello Stato moderno nasce anche la coscienza nazionale, che avrà sua massima espressione nell’Ottocento con la creazione dello Stato italiano (1861) e dello Stato tedesco (1870), ma ciò non significa che in queste aree la mancata unità territoriale abbia impedito la diffusione di una lingua e una cultura comune. Tutti gli stati moderni (dai più piccoli stati regionali italiani ai più grandi come l'impero spagnolo) in linea generale hanno un’organizzazione politica simile: al vertice c'è il sovrano, unico titolare del potere che proviene direttamente da Dio, giudice supremo e legislatore, assistito nella sua attività di governo da un Consiglio del Re (il nome può variare da Stato a Stato, ma le funzioni sono le stesse). Un insieme di organismi amministra diversi settori dello Stato e da essi dipendono anche le istituzioni periferiche. Si conservano gli organi rappresentativi dei diversi ceti e territori. Si costruiscono rappresentanze diplomatiche stabili degli appaltatori (chiamati sanguisughe) per giustificare l’aumento delle tasse. La colpa però non era dei riscossori, che divennero in realtà pedine nel gioco politico di costruzione del consenso del potere centrale per essere garante di sicurezza e pace. L’INGHILTERRA La monarchia inglese era andata consolidandosi e aveva restaurato il suo potere a conclusione della Guerra delle Due Rose, quando anche in Inghilterra, come in Francia, il conflitto tra le fazioni, che aveva caratterizzato un'intera fase della vita politica, si esaurì. Dopo l'unità del paese, conseguita da Enrico VII Tudor (1485-1509), considerato il fondatore dell’Inghilterra moderna, e la conseguente crisi del potere feudale, l’Inghilterra si presentava con un peculiare assetto istituzionale:  Il re era affiancato da un Consiglio formato da un cancelliere, un tesoriere e alcuni dignitari. Inparticolare, questi elementi furono inseriti nel governo da Enrico VIII, tra il 1530 e il 1542, il quale: affidò il centro dell'amministrazione al primo segretario e al consiglio privato; affermò la supremazia dell'Ufficio dello Scacchiere; soppresse ineguaglianze costituzionali e speciali privilegi nel paese. L'artefice di questa rivoluzione amministrativa è in realtà Thomas Cromwell che cerca di attuare il progetto della concentrazione del potere nello Stato, aggiornando istituti e procedure dell'amministrazione.  Le Contee erano governate da sceriffi (funzionari regi che amministravano la giustizia) e da giudici dipace, scelti fra la nobiltà locale che si occupavano della giustizia di primo grado. La suddivisione per contee caratterizzerà la storia inglese per secoli tanto da esportare tale suddivisione anche nelle colonie, specialmente negli Stati Uniti d’America.  La giustizia era esercitata, sotto il controllo del Consiglio, attraverso tre grandi tribunali (civile, criminaleo penale, finanziario) ai quali si affiancava la Camera Stellata che giudicava i tumulti, sorvegliava gli sceriffi e avocava i casi con risvolti politici. La Camera Stellata era una specie di tribunale straordinario per le cause contro le famiglie feudali e ribelli, a cui, spesso, sono confiscati i patrimoni. Essa era il mezzo con il quale la monarchia si liberava degli oppositori ed era molto temuta dal momento che tutti coloro accusati di aver cospirato ai danni della monarchia erano condannati a morte.  La rappresentanza dei gruppi sociali era affidata al Parlamento diviso in 2 Camere: a) dei Lords (ereditaria), considerata diretta emanazione della nobiltà inglese; successivamenteriusciranno a diventarne membri gli alti magistrati, alti funzionari e i prelati capeggiati dal vescovo di Canterbury. b) dei Comuni (elettiva), il diritto di voto per scegliere la rappresentanza della camera bassa era ristretto auna minoranza della popolazione: la gentry, i proprietari terrieri e gli uomini più facoltosi della società. A seguito della Gloriosa Rivoluzione diventerà il cuore della politica inglese. Le più importanti caratteristiche del sistema politico inglese erano: - la separazione del potere giudiziario da quello legislativo, infatti quest’ultimo è affidato al Parlamento - il riferimento dei parlamentari ad una legge comune (Common Law) indipendente dallo stesso sovrano (ancora oggi nel Regno Unito non esiste una legge costituzionale). -tendenza all’assolutismo coesistente con l’autogoverno delle contee. In Inghilterra, al principio del 500, si sviluppa la teoria dei due corpi del re: oltre che del suo corpo naturale, mortale, soggetto alle malattie e alla vecchiaia, il sovrano è dotato di un corpo politico, incorruttibile, non soggetto a invecchiamento, malattia e morte. In questo secondo corpo, che passa da un re all'altro in una concatenazione senza fine, si concentra l'essenza della sovranità. La Spagna L’unità territoriale spagnola si ebbe con il matrimonio (19 ottobre 1469) dei Re Cattolici Ferdinando d’Aragona (re di Sicilia ed erede al trono d’Aragona) e Isabella di Castiglia (erede al trono di Castiglia) e si completò con la fine della reconquista (1492 annessione dell'ultimo dominio arabo in terra spagnola, il regno di Granada) del territorio, la quale contribuì al superamento dell’aspetto “patrimoniale” e favorì il carattere nazionale, centralizzatore e protettivo del dominio politico. L'Unione delle Corone sotto i Re Cattolici mette in rapporto due realtà abbastanza diverse sia sotto il profilo economico-sociale, sia sotto il profilo politico. Il territorio Castigliano è molto esteso (tre volte quello Aragonese); la densità della popolazione è assai elevata; la sua società è ancora fondamentalmente pastorale; nomadismo, espansionismo, guerra hanno largamente determinato e comportamenti delle popolazioni castigliane. L'Aragona ha dato invece vita nel corso del tardo medioevo al grande impero commerciale catalano- aragonese. Mercanti e patrizi delle città hanno contribuito a creare un particolare sistema costituzionale, fondato sull'idea di contratto: tra sovrano e sudditi doveva esistere una reciproca fiducia e sincerità di rapporti, fondate sul riconoscimento da entrambe le parti contraenti che ognuno aveva i suoi obblighi e che esistevano limiti al loro potere. Tappa fondamentale nel passaggio allo stato moderno fu la ristrutturazione amministrativa adoperata per mezzo di uno Stato burocratico polisinodale (1479): • I Consigli spagnoli erano: organi di consulta, corti di giustizia, tribunali amministrativi e si distinguevano: - su base territoriale (Consiglio superiore di Castiglia, Aragona, Indie, Consiglio d’Italia: Napoli, Milano eil Regno di Sicilia) - per competenze (finanze, guerra, ordini) • La giustizia era amministrata dalla Cancelleria che si occupava sia della trasmissione sia del rispettodelle norme legislative. • Particolare rilievo ebbe il Consiglio della Suprema Inquisizione spagnola, tribunale temutissimo estrumento dell’assolutismo. • Le rappresentanze degli ordini (le Cortes), nonostante l’unificazione territoriale, rimasero divise esempre meno consultate. Negli anni ci furono numerosi tentativi di ottenere l’indipendenza da parte di numerose regioni facenti parte dei possedimenti spagnoli, esempi sono la Catalogna (supportata dai francesi) e Napoli. Nonostante la politica di Madrid sia stata mossa nel rispetto delle diverse componenti del sistema imperiale, era impossibile trattare allo stesso modo le colonie. La politica spagnola nel vicereame di Napoli si mostrò comprensiva e flessibile, tanto che i napoletani riuscirono a non far entrare nel raggio d’azione de La Suprema il vicereame. •Rispetto per l’autonomia dei Reinos, tutela del pluralismo delle unità istituzionali e degli ordinamenti giuridici particolari L’Inquisizione spagnola Il tribunale della Suprema Inquisizione fu istituito dalla monarchia spagnola nel 1478 per rafforzare l’unità del paese e le sue istituzioni statali. I suoi giudici erano ecclesiastici regolari (monaci), mentre il capo del Consiglio della Suprema e Generale Inquisizione (il grande inquisitore) era nominato dal sovrano e a sua volta nominava gli inquisitori nei diversi regni; quindi, seppur gestito dal clero dipendeva dalla Corona. La Suprema fu creata a causa della mancanza di uniformità di fede religiosa dovuta alla presenza di ebrei (marranos) e musulmani (moriscos) (che restarono nella penisola iberica anche dopo il 1492) i quali potevano rappresentare gruppi di opposizione al potere politico e quindi minacciare la sicurezza pubblica. Per evitare ciò furono costretti alla conversione (anche se è lecito pensare che sia stata una conversione “apparente” e non veritiera, fatta solo per restare in Spagna). Aveva come scopo la difesa dell’ortodossia religiosa e la creazione di una cultura uniforme all’ortodossia cattolica, lo si può considerare una sorta di ministero per sorvegliare le coscienze, uno strumento amministrativo e di controllo sociale a disposizione della monarchia. In Sicilia la Suprema Inquisizione spagnola fu sciolta solo nel 700, mentre a Napoli e nel Paesi Bassi non fu mai approvata. Il principio della legittimazione dinastica Legittimazione: L’affermazione della sovranità viene ricercata con la forza della dinastia (fattore di stabilizzazione di una monarchia, fondamentale nel processo di consolidazione di uno stato) e il prestigio carismatico del re (facendo riferimento anche alle sue capacità politico-militari), utilizzando nuovi strumenti di propaganda: - Si valorizza il potere taumaturgico del re (attribuito a chi riesce a far guarire da malattie). Per esempio, secondo la cultura popolare francese l'unzione da parte del Signore permetteva la guarigione da scrofola (malattia simile alla tubercolosi, non colpisce i polmoni ma i linfonodi del collo). - Cerimoniali di corte e rituali finalizzati a colpire la sensibilità collettiva: il consenso emotivo è un elemento moderno che verrà usato anche nei secoli successivi, occorre colpire l’immaginazione collettiva e distrarre dalle necessità di porsi domande sulle scelte fatte. Il consenso emotivo però non è stabile, deve essere supportato da altri mezzi: repressione, soppressione delle libertà. Inoltre, tutto ciò che viene emesso dagli organi di stampa ufficiale deve essere attentamente controllato: sia ciò che si trasmette all’interno sia ciò che si fa vedere fuori dai confini nazionali. (Anche le democrazie sono attente a come appaiono ma in questo caso ci sono organi di stampa liberi che possono intervenire sull’aspetto che uno stato mostra di sé, evidenziando gli eventuali difetti e mancanze.) -Politica di rivendicazione dinastica → monarchia perno della società dell’antico regime in un nuovo ruolo rispetto al passato. -Il re può imporre tributi perché dispensa benefici. Importantissimo è il fisco per la necessità di trovare risorse per finanziare le proprie attività. Limiti del sovrano: • Impero : con la crisi delle pretese di potere sovranazionale e universale dell’imperatore, i sovrani avanzano pretese di un potere assoluto, sostenuti da giuristi che offrono nuove forme di legittimazione. L'impero costituisce un ostacolo perché l'imperatore non ha intenzione di rinunciare a un potere universalistico, che fin dalle origini si sente capace di sopra ordinare, comandare rispetto ai poteri dei singoli signori territoriali fossero anche i re di Inghilterra, Spagna, Francia. • Papato : la crisi del papato costretto a nuovi patti con i sovrani e la progressiva distinzione tra la sfera spirituale e quella temporale aprono nuove possibilità di rivendicare all’ambito statale il potere temporale. La chiesa vive una crisi senza precedenti, sotto l'attacco dei riformatori protestanti anche sul piano temporale; i sovrani delle potenze europee tentano di autonomizzare il proprio potere rispetto alle conquisteranno Belgrado, Rodi, Buda e assedieranno Vienna. A metà Cinquecento con Solimano I l'Impero ottomano è il più potente impero del mondo, ma questa struttura Imperiale funziona in ragione dell’espansione territoriale, così quando quest'ultima viene bloccata a Lepanto nel 1571 Inizia ufficialmente il declino dell'impero Ottomano. I fondamenti interni del sistema turco sono: 1) La base del dispotismo del sovrano Ottomano è nel rapporto tra il sultano e le fonti di ricchezza delregno: manca la proprietà privata della terra; il sultano frutta come possedimenti personali tutte le fonti di ricchezza. 2) Esistono due istituzioni parallele: l'istituzione di governo e quella religiosa musulmana. Nei paesidell'Islam non c'è separazione fra Chiesa è Stato. Il personale dell'amministrazione civile e militare è reclutato fra gli schiavi di origine cristiana, che ricevono una formazione tecnica e sono educati alla religione musulmana (essere proprietà umana del sultano non era quindi degradante). Il controllo del sistema spettava alla potentissima cassa sacerdotale degli ulema, i teologi musulmani. 3) Non esiste il feudalesimo: i cavalieri musulmani nelle province ricevono dal sultano terra in cambio diservizio militare. I cavalieri non esercitano giurisdizioni e non possono trasmettere a titolo ereditario queste Terre. 4) Lo Stato Ottomano comprende diverse etnie, lasciate libere di mantenere in vita leggi e costumipreesistenti: non è perseguito nessun tentativo di unificazione e centralizzazione. 2.3 Una proposta di sintesi sullo Stato moderno Lo Stato moderno e la nuova forma di organizzazione politica che caratterizza il sistema dei rapporti in Europa tra il XV e il XVII secolo. la sua origine è nella crisi degli ordinamenti medievali e nel distacco della sovranità da vecchie basi popolari e territoriali. quasi tutti gli stati europei, nel corso del XVI secolo, mostrano caratteri simili: - progressivo accentramento del potere, il quale si fonda sul principio della territorialità dell’obbligazionepolitica e sulla progressiva acquisizione della impersonalità del comando politico, attraverso l’evoluzione del concetto di officium: se all'inizio il processo di formazione dello Stato moderno non è dissociabile dal ruolo che il singolo sovrano assume, pian piano si passa dalle autorità del sovrano all'autorità dello Stato: il comando e l'obbligo politico vengono imposti dallo stato non dal singolo sovrano, non si tratta di consolidare l'autorità e il prestigio di un singolo monarca ma di costruire un qualcosa che deve andare al di là nel tempo e della vita stessa del singolo sovrano. - divisione tra la titolarità spettante al sovrano e l'esercizio del potere affidata l'amministrazione pubblica.Dal sistema policentrico e complesso delle signorie di origine feudale si giunge allo Stato Territoriale accentrato e unitario attraverso una razionalizzazione del potere dettata dall’evolversi delle condizioni storiche materiali. La storia della nascita dello Stato moderno è la storia di una tensione tra policentrismo e accentramento del potere. - tendenziale unificazione del territorio e delimitazione dei suoi confini. - protezione del territorio all'interno e all'esterno da parte del sovrano. - tendenziale unificazione legislativa, giudiziaria e fiscale del paese. • Legislazione: un ruolo fondamentale è giocato dal modo di intendere la legge: essa non è la consideriamo oggi, in Occidente essa era considerata un patrimonio ereditato dal passato e regolato da usi e consuetudini, perciò plurale e da non alterare, a tutela delle prerogative di ogni corpo e comunità. 20 • Giurisdizione: l’estensione della giustizia regia nella periferia non comporta il controllo della giustizia di I istanza che ha sede in sfere politiche e sociali quasi del tutto autonome rispetto all’autorità sovrana: signorie rurali, magistrature ecclesiastiche, magistrature urbane. La giurisdizione del sovrano è riservata alla giustizia di appello che nella sua espansione ricorre all’istituto della delega nei confronti delle autorità periferiche. La prevalenza della sfera giurisdizionale invade anche l’amministrazione (confusione fra le due sfere: l’amministratore è anche giudice) infatti in questa situazione (giustizia delegata di I grado, accentrata nei gradi alti) il potere regio ha scarsa efficacia periferica. • Fiscalità: tradizionalmente le imposte erano concepite come contributi straordinari, legati cioè ad una situazione contingente. Ma l’idea che dovesse essere la monarchia dal centro a garantire la sicurezza e ad amministrare la giustizia richiede notevoli risorse. Occorreva perciò stabilire un prelievo fiscale sistematico e continuativo: fu questo il principale terreno di scontro tra il potere centrale e le richieste delle assemblee dei ceti e risente dei differenti rapporti di forza tra Stato e società. Rappresenta mancanza di uniformità, con diversità di regimi fiscali, città privilegiate a danno delle campagne, con imposte dirette ed indirette (per es. in Francia: stabilizzazione della taille, imposta diretta che gravava esclusivamente sui contadini e gabella del sale). L’esazione fiscale, come nel caso francese, è affidata alle autorità periferiche che l’hanno approvata e che ne sono esenti: la monarchia, concedendo benefici, ottiene un gettito fiscale per un potere lontano, ricorrendo alla mediazione delle assemblee provinciali. La storia della fiscalità ecclesiastica è legata a quella della diversa presenza della Chiesa nei singoli paesi europei. Non tutti gli stati moderni hanno i medesimi assetti, Essi dipendono da alcune importanti variabili: - Il rapporto tra l'organizzazione politica e la società . Per esempio, le assemblee dei ceti si pongono come limite all’esercizio del potere sovrano, assumono diverse caratteristiche a seconda dell’area presa in esame e supportano la formazione di un nuovo modello costituzionale diverso rispetto ai precedenti. In tutti gli stati europei, anche in quelli territorialmente piccoli (ex. penisola italiana), si riuniscono i rappresentanti dei vari ordini sociali nelle assemblee, le quali hanno una funzione interlocutoria nei confronti del potere regio. In nessuno stato le assemblee elettive hanno il diritto di contestare il potere legislativo: il diritto del sovrano di emanare leggi, diritto che i sovrani hanno acquisito gradualmente nel tempo. Esse hanno origine contrattuale: il re per ottenere il riconoscimento della supremazia politica territoriale deve riconoscere privilegi e consuetudini che finiscono per essere limiti alla supremazia regale; il monarca riconosce alle assemblee il diritto di contrattare, specialmente in campo fiscale. Nei singoli Stati denominazioni e caratteri diversi (Commons [Inghilterra], Etats [Francia], Cortes [Spagna], Parlamenti [Napoli] o Senati [Milano e Palermo]). Le assemblee sono le fondamentali organizzazioni in cui si sviluppa una dialettica politico istituzionale e solitamente (tranne in Inghilterra) sono controllate da ceti esenti dal pagamento dei tributi o interessati a esercitare più potere in periferia. - I conflitti e le contese politico-religiose . La transizione allo Stato moderno non fu indolore, ma si verificò su un terreno insanguinato dalle guerre di religione. L’esperienza dei conflitti all’interno del cristianesimo spinse al superamento di ogni pretesa di fondare il potere su una fede religiosa. L’aspirazione alla pace favorì come necessità la fondazione politica del potere; ci si avvia ad un processo di secolarizzazione. Lo stato apparato o stato macchina si presenta come organizzazione dei rapporti 21 sociali (potere) attraverso procedure tecniche stabilite (istituzioni) utili alla prevenzione e al superamento dei conflitti e al raggiungimento di fini terreni. Ciò è possibile perché si cambia prospettiva, si tende a valorizzare la vita terrena, non vivendola e concependola strettamente in relazione al raggiungimento della vita ultraterrena. Non bisogna mai dimenticare la potenza politica dello Stato della Chiesa: la formazione dello Stato moderno deve scontrarsi anche con lo stato pontificio, diverso dagli altri Stati in quanto caratterizzato dalla duplicità temporale e spirituale del suo sovrano. A seconda di come le forze sociali nei singoli paesi si sono collocate rispetto a questo problema, si sono sviluppati modelli diversi di Stato. - la minore o maggiore omogeneità etnica e geografica del territorio. I principali fattori di modernità, che indicano anche le diverse vie allo Stato moderno nell'Europa del Cinquecento, sono: • il principio della legittimazione dinastica (Francia, Spagna, Inghilterra); • il sistema di governo del territorio; • l'equilibrio costituzionale tra monarchia centralizzata e Parlamento (il caso in inglese); • la capacità della monarchia di trasformare i ceti privilegiati da potenze antagoniste della sovranità apoteri ad essa sottomessi e cointeressati alle sue sorti. Il 500 ha conosciuto altri due modelli di Stato: l'autocrazia (centralizzazione statale russa) e il dispotismo (Impero Ottomano). 2.4 La “rivoluzione dei prezzi” e le diverse velocità delle economie europee Un’economia sottoposta a molteplici trasformazioni A partire dalla prima metà del Cinquecento già si rendono pienamente evidenti le diverse velocità delle economie europee e la formazione di economie centrali ed economie fortemente dipendenti. Verso la fine del 400 si registrò in tutta Europa, soprattutto in Spagna, una tendenza all'aumento dei prezzi: l'importazione di metalli preziosi dalle conquiste coloniali, permise di impiegare questi ultimi nella produzione di nuovi coni. L'eccessiva circolazione di moneta sul mercato porta ad una sua svalutazione e ad una diminuzione del suo potere di acquisto, di qui la necessità di aumentare i prezzi determinando il fenomeno dell’inflazione. Jean Bodin (1568) fu il primo che collegò l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità all’afflusso dei metalli preziosi (usati per il conio) dal Nuovo Mondo, influenzando la storiografia che oggi valuta la rivoluzione dei prezzi come un indice di molteplici trasformazioni in atto nell’economia tra ‘400 e ‘500: - maggior disponibilità di metalli per il conio con conseguente svalutazione della moneta - aumento demografico - crescita della domanda di generi alimentari e sviluppo dell’agricoltura - crescita della domanda di prodotti manifatturieri e sviluppo della Proto-industria (=attività manifatturieraprecedente alla rivoluzione industriale) - inurbamento e nuova organizzazione del lavoro: una parte della popolazione in alcune areegeografiche si riversa nelle città creando agglomerati urbani e lasciando il lavoro nelle campagne; conseguenza di ciò è una diminuzione della forza lavoro disponibile per l’agricoltura e la conseguente riduzione della disponibilità di prodotti agricoli, che porta ad un aumento dei prezzi degli stessi. 22 superficie coltivata (colture estensive e non intensive) → verso l’uniformità cerealicola anziché verso la varietà delle colture. Eccezione fu l’Olanda che inizialmente pagò un prezzo più alto ma successivamente fu favorita rispetto ai paesi caratterizzati da una coltura a monocoltura. La campagna è la base di tutta la produzione perché l'80-90% della popolazione europea vive disperso fuori dai grandi centri urbani e dei grossi borghi del contado. Una parte della popolazione comincia a muoversi: nascono e crescono città con nuove funzioni urbane, centri di traffici finanziari e commerciali internazionali, centri industriali, sedi delle burocrazie statali e delle Corti di principi e sovrani. La crescita della domanda di prodotti industriali Accanto alla domanda agricola, soprattutto cerealicola, si sviluppa anche la domanda di prodotti industriali. Certo non possiamo ancora parlare di capitalismo industriale, ma molti storici concordano nell'identificare in quest'epoca una prima età industriale, caratterizzata soprattutto dalla produzione di articoli siderurgici e metallurgici, dallo sviluppo dell'attività mineraria, dallo sfruttamento del patrimonio boschivo, dalle manifatture tessili, dall'incremento dell'attività edilizia. La novità rispetto all'epoca medievale sta in una diversa organizzazione del lavoro, che spesso convive con quella precedente, con le vecchie botteghe artigiane e con le corporazioni. Si tratta della cosiddetta industria rurale, in cui emergono la figura del mercante in possesso dei capitali e dei mezzi di produzione e la figura dei salariati che svolgono il lavoro a domicilio nella campagna. Mercanti imprenditori e operatori finanziari Sia in volume che in varietà la disponibilità di manufatti e di prodotti finiti aumenta sui vari mercati europei tra il Quattro e il Cinquecento. La figura che emerge è quella del mercante imprenditore e operatore finanziario, che si interessa dell'attività creditizia, notevolmente intensificata in questo periodo grazie alla complessità assunta dal commercio internazionale, all'accelerazione dell'attività manifatturiera, alla crescita delle esigenze finanziarie degli Stati. Il segreto di questi banchieri sta nell'aver saputo ereditare la pratica mercantile dai loro antenati medievali, adeguandola alle mutate condizioni dell'economia internazionale. Il modello ereditato è quello della compagnia commerciale, formata da una casa madre, nel centro di residenza della famiglia di banchieri, e da una serie di succursali e filiali nelle principali piazze commerciali finanziarie. Le diverse velocità delle economie europee La Spagna nei primi sei decenni del Cinquecento vide un rialzo considerevole dei prezzi, ma l'inflazione prodotta dal metallo 'americano non dà impulso all'attività produttiva, non si crea quindi una accumulazione di capitale. In Francia l'aumento dei prezzi è l'espressione di un fisiologico impulso dato all'economia del paese dall’aumento delle disponibilità finanziarie: i progressi demografici e produttivi vengono consolidati dal rafforzamento delle risorse e delle istituzioni monetarie. In Italia, soprattutto nella seconda metà del Cinquecento, grazie agli uomini d'affari genovesi, arriva una grande massa monetaria dalla Spagna. In Inghilterra la rivoluzione dei prezzi è solo un indice dello sviluppo generale dell'economia: si delinea ormai la rivoluzione agraria. In Polonia l'aumento dei prezzi è fortemente dipendente dalla domanda internazionale di derrate agricole. 2.5 Gerarchie sociali e gerarchie del potere Potere, onore, denaro: vecchi nuovi valori costituiscono il cemento di vecchie e nuove stratificazioni che contribuiscono a creare società fortemente gerarchizzate. La società è divisa in ORDINI o STATUS, cioè 25 l’insieme di persone che, per la comune condizione in cui si trovano, godono della medesima posizione in quanto ai diritti e ai doveri politici, elaborano e praticano forme di gestione della loro posizione comunitaria e forme di rappresentazione. Gli individui vengono assegnati agli ordini con meccanismi di natura ascrittiva: società fondata su sistema ereditario di trasmissione di caratteri. (Nei meccanismi di natura acquisitiva sono importanti le capacità, a prescindere dal ruolo sociale, anche se clientele e possibili favoritismi persistono). N.B.Il concetto di CLASSE distingue un gruppo sociale per la sua posizione economica all’interno del processo produttivo (es.: la borghesia, il proletariato); questo termine verrà utilizzato dalla Rivoluzione Industriale in poi. Il concetto di CETO distingue un insieme di individui per la posizione di “status” occupata all’interno della gerarchia sociale. I ceti si distinguono dalle classi perché il discrimine non è fondato sul reddito, sulla ricchezza, ma sulla posizione occupata all’interno di una gerarchia sociale 26 prestabilita e sul modo in cui sono percepiti dagli altri attori sociali. La società si basa su un’organizzazione standard, statica e immodificabile perché si basa sul convincimento di una necessaria gerarchia sociale naturale oltre la quale c’è solo caos e il dissoluzione della società Riprendendo la distinzione medioevale (orantes/ pugnantes/ laborantes) la società resta divisa fondamentalmente negli stessi tre ordini: • CLERO - secolare (sacerdoti e qualsiasi ecclesiastico a contatto diretto col mondo circostante) o regolare (ordinireligiosi) - alto o basso in relazione alle cariche e alle ricchezze Gli ecclesiastici curano culto, predicazione, assistenza, carità, insegnamento • NOBILITÀ - di spada fa risalire le origini agli antichi conquistatori del paese (in Francia con la venalità degli uffici ela tassa della Paulette si crea anche una nuova nobiltà di toga) - di toga sviluppatasi in Francia e in Inghilterra, era composta dagli appartenenti al terzo stato cheriuscivano ad acquistare una carica nobiliare e un ufficio pubblico. All’inizio del 600 alla corte di Enrico IV di Francia fu varata la tassa Paulette (per cercare di eliminare la pratica di vendita delle cariche pubbliche) che permetteva, previo pagamento, la possibilità di rendere la propria carica nobiliare ereditaria, ex: un Deputato del Parlamento della nobiltà di toga pagava per permettere al figlio di ricoprire la sua carica una volta andato in pensione. - I nobili che posseggono feudi esercitano la giurisdizione feudale (proprietà e gestione del poteregiuridico, economico e politico solo nel loro feudo). • TERZO STATO Comprende tutti coloro che non sono nobili né ecclesiastici: mercanti/Professionisti/Artigiani/Commercianti/Contadini, la maggioranza della forza lavoro. La sua componente è troppo disomogenea e articolata per creare un’ideologia comune a tutti. • I POVERI Con l’affermazione di una nuova etica del lavoro e della produttività, i poveri vengono visti come una minaccia sociale, non più come fratelli da aiutare nella comunità. Alcune Città adottano specifici provvedimenti: - Londra decide di concedere delle licenze di accattonaggio per zone stabilite e predispone segni diriconoscimento per autorizzati a chiedere la carità con misure severe, dalla schiavitù alla morte, per i disobbedienti. - In alcuni luoghi (Lione, 1533; Londra, 1544; Parigi, 1554) vengono create istituzioni come Ospedali(ricoveri per invalidi senza risorse) e Ospizi (ricoveri per mendicanti sani). 2.6 La vita e la circolazione della cultura I mutamenti culturali investono visioni del mondo, mentalità, comportamenti. Il passaggio determinante è quello dell'universalismo medievale a una nuova concezione dell'individuo e alla celebrazione dell'opera dell'uomo nel mondo. Grande fioritura e fortuna hanno le biografie e le 27 Milano e Napoli però, nel sistema degli stati italiani, sono anche i punti deboli: non possono contare né sul principio del legittimismo dinastico, né su una signoria locale radicata da secoli (come Firenze), né su una struttura politica rappresentativa aristocratica e oligarchica (come Venezia). Nel sistema degli stati italiani ci sarebbero potuti essere dei punti realmente forti capaci di confrontarsi e paragonarsi con i grandi stati europei: il Ducato di Savoia aveva il suo fondamento nella dinastia, lo Stato della Chiesa nel diritto divino, Firenze in una grande tradizione politica cittadina e Venezia nell'unica struttura statale efficiente. Nessuno di questi stati però poteva realizzare una supremazia riconosciuta è dotata di consenso nell'Italia quattro-cinquecentesca. 3. Con la pace di Cateau-Cambrésis l'Italia entra nei “secoli bui” dell'egemonia spagnola. Tuttavia, è sbagliato attenersi fedelmente a questa schematizzazione storiografica: non bisogna attribuire tutti i disastri dell'Italia al periodo spagnolo. Anche dopo la pace di Cateau-Cambrésis nell'Italia non diventata dominio spagnolo continua ad essere importante il valore della libertà d'Italia. 3.2 La spedizione di Carlo VIII e la fine dell’indipendenza del Regno di Napoli Carlo VIII di Valois (re di Francia, 1483-1498) discese in Italia nel 1494. Quest’ultima fu una distesa rapida e facile, infatti fu favorita da: 1. Appoggio di un principe italiano : Il Ducato di Milano era uno dei punti deboli del sistema degli stati italiani. Dopo l'uccisione di Galeazzo Maria Sforza 1476 in una congiura nobiliare, i poteri furono assunti dal figlio Gian Galeazzo II (1476-94), ma di fatto governò lo zio Ludovico Sforza, detto Il Moro, che nel 1494 fece assassinare il nipote e si proclamò Duca. Gian Galeazzo era sposato con la figlia del Re di Napoli, Ferrante d’Aragona, il quale dichiarò di voler invadere i territori del Ducato. Con tale azione Ferrante minacciava l’equilibrio instaurato precedentemente con la Pace di Lodi. In conclusione, la legittimità del potere del Duca Ludovico e quindi le tensioni provocate dalle spinte legittimiste, le mire degli Aragonesi sul Ducato, portarono alla necessità per il Moro di stringere un'alleanza con il sovrano di una potenza straniera, alleanza che fu stabilita con Carlo VIII nel 1492. Carlo VIII poteva rivendicare alcuni titoli di legittimità sul regno di Napoli: il regno era feudo papale (per diventare regnanti era necessaria la consacrazione del re da parte del pontefice e l’omaggio della Chinea, una giovane giovenca bianca accompagnata da un cospicuo dono, questa tradizione rimarrà fino a 700 inoltrato) e, legato alla dinastia angioina dal 1266, era successivamente passato ad Alfonso D'Aragona nel 1442. 2. Preparazione politico-diplomatica : Carlo VIII si assicurò la neutralità di Spagna e Inghilterra (con La cessione di due passi pirenaici ambiti dagli spagnoli per la sicurezza dei loro confini). A favore dell'Impero rinunciò ai feudi imperiali della Franca Contea e dell’Artois. 3. Appoggio di un partito aristocratico filofrancese : - Papa Alessandro VI Borgia cercava di creare, attraverso il figlio Cesare, un forte Stato nell’Italia centrale e aveva quindi bisogno dell'appoggio di una potenza straniera. - Venezia avrebbe potuto trarre vantaggi in quanto aspirava a nuove conquiste nella Pianura padana - Il sovrano francese poteva inoltre contare su una cospicua fazione filofrancese e 30 antiaragonese di nobili napoletani fuoriusciti e riparati in Francia dopo il fallimento della Congiura dei baroni contro Ferrante d’Aragona (1485). 4. Preparazione militare: L’apparato militare francese era superiore a quello dei piccoli stati regionali italiani, in quanto moderno e con un’efficiente artiglieria. Le tappe della discesa di Carlo VIII ● 1494 agosto: Carlo VIII è ad Asti ● Novembre : a Firenze. Il successore di Lorenzo il Magnifico, suo figlio Piero de’ Medici (1492-1494), Provocò, con il suo atteggiamento mentale soggezione a Carlo VIII, la ribellione dei fiorentini, chi lo cacciarono da Firenze e proclamarono la Repubblica (1494) nelle mani del domenicano Girolamo Savonarola. ● Dicembre 1494 : Carlo VIII entra in Roma e prosegue la sua marcia trionfale verso il Regno di Napoli. ● Febbraio 1495 : Napoli. Dopo la morte di Ferrante d'Aragona, il 25 gennaio 1494, il figlio Alfonso aveva provveduto, sia con l’azione diplomatica sia con la politica militare, a contrastare i progetti francesi di invasione del regno napoletano. Aveva mandato inviati a Milano, Venezia, Firenze, aveva stretto legami con il papato, aveva persino sollecitato aiuti dai turchi, dagli spagnoli, dagli Asburgo. Alfonso, quindi, non era totalmente impreparato di fronte al pericolo francese ma non aveva le doti e le capacità politiche, tattiche e strategiche del padre. Dopo l’abdicazione di Alfonso d’Aragona, la corona passò al figlio Ferdinando II, detto Ferrandino, che rimase re per un mese. Il sovrano francese entrò con l’appoggio dei Baroni e del patriziato (=nobiltà) della capitale, e seppur per un periodo molto limitato, adottò una serie di misure politiche che modificarono la genetica politica della città: - Premiò il consenso degli strati artigiani e borghesi di Napoli con la conferma dei privilegi corporativi - Allargò i poteri della rappresentanza popolare nel governo cittadino. Creò un consiglio formato da: ► 5 seggi nobili originali che corrispondevano alle antiche circoscrizioni della città ► 1 seggio popolare. Quest’ultimo rappresenta la componente del ceto civile, la forza economica e sociale, che esprimeva un singolo rappresentante. Il Consiglio di governo aveva più compiti rispetto al sindaco odierno. - Impose nuove tasse, per pagare i soldati del suo seguito, che però gli alienarono il sostegno dei “popolari” e del “popolo minuto”. ● 31 marzo 1495: Venne firmata a Venezia un'alleanza antifrancese, la Lega antifrancese, a cui aderirono Venezia, Ludovico il Moro che aveva compiuto il voltafaccia, papa Alessandro VI, Massimiliano d'Asburgo, Ferdinando II d'Aragona che era dovuto fuggire da Napoli, i Re cattolici. ● 6 luglio 1495: battaglia di Fornovo per tentare di impedire la ritirata di Carlo VIII. Con tale battaglia finisce la spedizione in Italia. ● 7 luglio 1495 : Ferrandino riconquista il Regno di Napoli e inizia così la restaurazione aragonese, che fu però carica di problemi: il regno visse in uno stato permanente di tensione, caratterizzato dalla lotta fra le fazioni aristocratiche filofrancese e filoaragonese e da un atteggiamento sostanzialmente ambiguo della nobiltà fondato su continui mutamenti di campo. ● 5 ottobre 1495 : Ferrandino muore senza eredi e il trono passa allo zio Federico. Iniziò così un nuovo corso politico: 31 - Ridimensionamento del potere dei “popolari” nella capitale - Compromesso di interessi tra la Corona e feudalità del Mezzogiorno - Equilibrio politico rappresentativo a Napoli caratterizzato dal governo dei Seggi - Il re rinunciò ad alcuni poteri, si sarebbe occupato della politica estera e militare mentre avrebbe dato autonomie amministrative, sociali, politiche ed economiche a livello locale. Ciò influenzerà la storia del Mezzogiorno per secoli. ● 18 novembre 1496 : Federico conquista Gaeta e l'anno successivo viene sottoscritta una tregua tra Francia, Spagna e Stati italiani. ● agosto 1497 : Federico viene incoronato a Capua Luigi XII e la penisola italiana ● 1498: Carlo VIII morì lasciando il trono a Luigi XII, della famiglia ORLEANS, il quale, riprendendo il progetto della conquista di Milano, ribalta le alleanze francesi: - si allea con Venezia (favorita in ulteriori espansioni territoriali) e con papa Alessandro VI Borgia (incoraggiato a creare per il figlio Cesare un Principato nell'Italia centrale) - rivendica titoli legittimi sul Ducato di Milano per via della propria discendenza materna dai Visconti. ● 1499: Luigi XII conquista Milano. Le mire del sovrano francese si spostano quindi su Napoli. ● 1500: Trattato di Granada (sanzionato dalla bolla pontificia del 25 giugno 1501), con il quale la Francia e la Spagna si accordano per la spartizione del Mezzogiorno: - alla Francia: Napoli e la parte settentrionale del regno, già aragonese - alla Spagna: le Puglie e la Calabria 32 fine dell'esperienza del Valentino aveva spinto la Repubblica di Venezia ad attuare una politica espansionistica verso lo Stato della Chiesa. ● 1508 : Giulio II promosse la Lega di Cambrai, a cui aderirono ROMA, IMPERO, SPAGNA, FRANCIA. La Lega aveva lo scopo di contrastare le mire espansionistiche di Venezia. ● 1509 : il 14 maggio la lega sconfisse la Serenissima ad Agnadello; fu una disfatta che mise a repentaglio la stessa sopravvivenza della Repubblica di San Marco che straordinariamente riuscì a riprendersi rapidamente. La Serenissima seppe far leva su una serie di paci separate con gli avversari e sul fatto gli interessi degli alleati di Cambrai erano diversi fra loro. ● 1512 : papa Giulio II promuove una seconda alleanza, la Lega Santa, a cui aderirono PAPA, SPAGNA, VENEZIA, SVIZZERA (per i soldati mercenari). Lo scopo di questa nuova Lega era fronteggiare il problema della massiccia presenza francese nel Nord Italia. I francesi furono sconfitti e a Milano tornarono gli Sforza, mentre a Firenze i Medici. Gli unici ad uscire forti e vittoriosi da queste continue lotte furono Venezia e lo Stato della Chiesa. Alla morte di Luigi XII salì al trono di Francia suo genero Francesco I di Valois che riuscì a conquistare Milano sbaragliando svizzeri e milanesi con l’aiuto della Serenissima. Arrivati a questo punto l’Italia si trovò divisa in due sfere d’influenza: - I Francesi a Nord - Gli Spagnoli al Sud 35 -Principali domini delle grandi Casate Italiane nel 1499 3.5 L'Impero di Carlo V L'impero Germanico era un insieme di realtà politiche diverse: principati laici, principati ecclesiastici, città libere. Ciò impediva all'imperatore di godere appieno dei propri poteri in quanto doveva fare i conti con l'autonomia dei principi e dei ceti territoriali. Questa fu la situazione che Massimiliano I d'Asburgo, re di Germania dal 1493, ereditò dal padre Federico III al momento della sua elezione a imperatore nel 1508. Il sogno di Massimiliano I era quello di creare un vasto impero che si estendesse in tutta Europa, a tal fine furono importanti le sue strategie matrimoniali: dal matrimonio con Maria di Borgogna, figlia di Carlo il Temerario, Massimiliano aveva ereditato le Fiandre; aveva poi fatto sposare il figlio Filippo, Arciduca d'Austria, con Giovanna la Pazza, figlia dei Re cattolici. Dal punto di vista militare invece furono superiori gli insuccessi: - nel 1508 la Confederazione Svizzera fu liberata dalla giurisdizione Imperiale - nel 1506 l'Ungheria riuscì a liberarsi del controllo Imperiale sul proprio trono - numerosi furono poi anche i successi in Italia. 36 Quando nel 1519 Massimiliano I d'Asburgo muore la corona imperiale passa a Carlo V, figlio di Filippo e Giovanna la Pazza. Carlo V aveva ereditato dai genitori le Fiandre, gli stati ereditari di casa d'Austria, i regni d'Aragona e di Castiglia, le loro dipendenze e domini. Inoltre, nel 1516, alla morte di Ferdinando il Cattolico, era stato proclamato re di Spagna. Carlo V era quindi vicino al governare un impero “su cui non tramontava mai il sole”: un impero universale. La Spagna, in particolare la Castiglia, non accettò la nuova condizione di dipendenza da una dinastia nuova e straniera come gli Asburgo, che significava il governo dei consiglieri borgognoni di Carlo V, un'intensa pressione fiscale, l'accentramento dei poteri nelle mani del principe e un drastico ridimensionamento dei fueros, i privilegi goduti dalle città nelle epoche precedenti. Questi problemi portarono alla rivolta dei comuneros, un movimento a base urbana che riusciva a coagulare la protesta della piccola nobiltà, degli artigiani legati alle corporazioni e di esponenti del ceto civile contro il governo dei consiglieri di Carlo. Ben presto la natura del movimento da rivolta contro lo straniero si trasformò in rivolta sociale con una forte impronta antinobiliare. In questo modo il comuneros si inimicarono l'aristocrazia, e fu su quest'ultima che Carlo V fece leva per reprimere il movimento dei comuneros nel 1521. Il decennio 1520-30 fu importantissimo nell'elaborazione di una linea politica per la parte spagnola dell'impero, nella ricerca di un punto d'equilibrio fra due esigenze: l'affermazione dell'autorità della monarchia e la ricerca di alleanze con i ceti sociali dei singoli regni. Il modello portato avanti dall'imperatore nei diversi corpi della monarchia spagnola, in Castiglia come nel Regno di Napoli, fu la ricerca dei mezzi più adatti per neutralizzare il potere politico dell'aristocrazia feudale cercando, al tempo stesso, di consolidare il proprio potere giurisdizionale, sociale ed economico. Per quanto riguarda il fronte Mediterraneo Carlo Quinto per seguì i medesimi obiettivi di Ferdinando il Cattolico. Su questo fronte importanza decisiva libro alcune operazioni militari come la presa di Tripoli (1510) è quella di Tunisi (1535), Che contribuirono nel contenimento del pericolo turco i danni dei possedimenti nell'Italia meridionale. Carlo V nella salita al soglio imperiale dovette fronteggiare numerosi rivali: - Federico I, re di Francia, spaventato dalla possibile elezione di Carlo, la quale avrebbe infatti determinato un accerchiamento francese completo tra Paesi Bassi, Germania e Spagna. - Anche Enrico VIII d'Inghilterra - il principe elettore di Sassonia Federico il Saggio - A fomentare il conflitto contro Carlo fu anche papà Leone X, della famiglia Medici. Carlo riuscì comunque ad ottenere il titolo di imperatore sia per la riluttanza dei principi tedeschi a mettersi nelle mani di un candidato straniero, sia soprattutto per l'acquisto dei voti degli elettori, grazie agli aiuti finanziari forniti dai più importanti banchieri del tempo. Importantissime furono, inoltre, le concessioni che principi tedeschi riuscirono a strappare: 1) la libertà della nazione tedesca nello spirituale quanto nel temporale 2) la conferma di tutti i loro diritti e la difesa contro alleanze fra piccola nobiltà e popolo 3) il diritto alla consultazione per definire le idee di politica estera 4) il divieto di imporre nuove tasse 5) il divieto di introdurre soldati stranieri in Germania 6) la conferma del sistema elettivo per la scelta dell'imperatore. 37 3) Fine dell’idea dell’impero universale: Filippo II lasciò le Fiandre e tornò in Castiglia: fu una svolta perché da un impero con dinastia fiamminga a base continentale si passò ad un impero spagnolo a base atlantica. 3.7 L’Italia spagnola come laboratorio politico La storiografia romantica ha esaltato l’età dei liberi comuni con la partecipazione dei cittadini al governo delle città. Il passaggio alla Signoria è stato considerato come la fine dell’esperienza democratica e l’avvio della dipendenza da potenze straniere. La storiografia più recente ha, invece, profondamente rivisto questo schema e ha riconosciuto una continuità evolutiva tra Signoria-Principato-Stato moderno quale caratteristica della via italiana dalle strutture politiche cittadine allo stato moderno di tipo europeo. Nell’Italia del ‘400 e ‘500 non si realizzò uno stato nazionale ma si ebbe lo sviluppo dello STATO RINASCIMENTALE, Se connesso intendiamo il distacco della sovranità dalle vecchie basi popolari e territoriali del comune, una più compiuta organizzazione amministrativa, finanziaria e giudiziaria del potere centrale, la molteplicità di giurisdizioni tendenti ad allargare la fascia dei poteri economici e sociali dei Ceti privilegiati. Dopo Cateau-Cambrésis nella penisola restarono profonde differenze: 1) Stati indipendenti/sovrani e Stati non indipendenti, integrati nella Corona spagnola 2) Stati a base cittadina (Venezia, Genova, Firenze, Milano, Lucca) e Stati monarchici con una forte impronta feudale (Ducato di Savoia, Stato della Chiesa, Regno di Napoli). Gli stati a base cittadina sono caratterizzati da un sistema di governo oligarchico, dal predominio della città dominante sul resto dello Stato, dallo sviluppo precoce di una rete di istituzioni amministrative del territorio. Gli stati monarchici sono, invece, caratterizzati da una più forte presenza della sovranità: dinastica, nel caso del Ducato di Savoia; pontificia, nel caso dello Stato della Chiesa; imperiale, nel caso del Regno di Napoli. Inoltre, tutti gli stati monarchici italiani sono caratterizzati dall'appoggio della nobiltà feudale, dallo sviluppo del ceto civile, da un supremo organismo consiliare politico che governa insieme al sovrano, da un organismo di natura finanziaria e da un supremo tribunale di giustizia, da cui dipendono tribunali periferici. 3) Repubbliche (Genova, Venezia, Lucca, Siena) e Principati. 40 41 CAPITOLO 4: LA RIFORMA PROTESTANTE. 4.1 Origini, significati e valore di un movimento europeo Lo storico Lucien Febvre, del XX secolo, afferma che la Riforma protestante fu un movimento europeo, che coinvolse l’intero Vecchio Continente, anche paesi di forte e consolidata tradizione cattolica, come la Francia, la Spagna, l’Italia. I promotori di questo movimento furono in maggioranza uomini di chiesa: Martin Lutero era un monaco agostiniano, sacerdote era pure Huldrych Zwingli, Calvino sia avviò presto verso la carriera ecclesiastica, alcuni fra i più importanti seguaci italiani del movimento protestante avevano vestito l'abito monacale. La riforma nacque dunque dentro e non fuori l'istituzione ecclesiastica. Le origini e i significati della Riforma Protestante rappresentano un problema storiografico tutt'oggi discusso: la storiografia moderna preferisce attribuire questo mutamento culturale e religioso ad una rete molto fitta di mutamenti che investirono, tra XIV e XV secolo, il sistema politico, economico-sociale e culturale dello Stato Pontificio. ► Crisi economico-sociale: ● la Chiesa rimane, soprattutto in Italia, il più grande proprietario terriero ● permane un legame profondo tra la Chiesa e le aristocrazie europee, le quali diventano le élite socioeconomiche dominanti all’interno degli stati ● i nuovi sovrani contrastano il drenaggio di risorse verso Roma: i principi delle grandi monarchie e degli stati territoriali non possono più accettare di veder convogliare verso Roma ingenti quantità di risorse economiche che potrebbero essere utilizzate dagli stessi regnanti per soddisfare le necessità dei propri stati. ► Crisi culturale: L'Umanesimo, attraverso l'esigenza del ritorno alle fonti, aveva inferto un duro colpo al principio dell'autorità pontificia e alle stesse basi controverse del potere dei papi. Si avvertiva il bisogno di una lettura autentica delle Sacre Scritture, di una reformatio e di una rinnovatio che risolvesse la crisi d'identità religiosa, sia attraverso un ritorno alle origini del Cristianesimo, sia attraverso una prospettiva di riforma morale. ► Crisi politica: Il Papa non è solo il sovrano dello Stato della Chiesa ma anche il capo della Chiesa universale, quindi, deve essere capace di tenere insieme i suoi due ruoli. In quanto capo di uno stato deve proteggere i suoi domini e nell’azione di governo può trovarsi anche contro stati a maggioranza cattolica (ex. nelle guerre d’Italia). ► Crisi teologica: ● la Chiesa affrontava con superficialità e disinteresse questioni come la Redenzione attraverso il sacrificio di Gesù Cristo o l'essenza dei sacramenti Esigenza di una riforma religiosa L’esigenza di una riforma religiosa era avvertita fin dall’XI secolo. In particolare, nei secoli successivi si è delineato un forte richiamo ad un cristianesimo primitivo, a una prassi evangelica delle prime comunità contro la mondanità ed il potere ecclesiastico, la rilassatezza dei costumi, la confusione tra sacro e profano, l’esteriorità religiosa, l’eccessivo e superstizioso ricorso ai santi. Sono questi gli aspetti che i riformatori del 500 mettono al centro della loro predicazione; essi si erano già manifestati all’interno della Chiesa cattolica, in particolare nei circoli dei fratelli della devotio moderna, molto attivi in specifiche aree, per esempio i Paesi bassi. Con uno di questi circoli è venuto sicuramente in contatto una delle figure più importanti dell’Umanesimo cristiano ed europeo: ERASMO DA ROTTERDAM. 42 un messaggio semplice dell'annuncio della fede. La reazione della Chiesa di Roma e la scomunica di Lutero 1517 - Alberto di Magonza accusa Lutero di eresia 1519 - a Roma viene istruito il processo contro Lutero. Papa Leone X, dopo aver fatto esaminare le 95 tesi, chiede a Lutero di rinnegarle, imponendogli di recarsi a Roma per domandare perdono. Federico il Saggio, Elettore di Sassonia, difende Lutero. 1520 - Papa Leone X nella bolla Exsurge Domine condanna 41 proposizioni del monaco agostiniano, minacciando nella scomunica se entro 60 giorni egli non ritratta. Nel dicembre dello stesso anno Lutero brucia nella piazza di Wittenberg la bolla. 1521 - A gennaio, una nuova bolla papale, la Decet Romanum Pontificem, pronuncia la scomunica di Lutero La dieta di Worms Tra il 1519 e il 1520, i fondamenti della Riforma incontrano straordinaria fortuna in città come Norimberga, Costanza, Amburgo, Magdeburgo, Erfurt, Königsberg, Breslau. L'intervento dell'autorità ecclesiastica non è più sufficiente: Essa ha bisogno dell'autorità politica. Nella dieta di Worms (1521), riunita sia la presenza dell'imperatore Carlo V, dell'inquisitore della Germania Alberto di Magonza, dei nunzi pontifici, L'utero sostiene fino in fondo la sua testimonianza di Fede, rivendicando ancora la sua piena appartenenza alla chiesa. L'esito è assai debole per Roma: la messa al bando del frate, la condanna della dottrina come eretica, ma anche una posizione Imperiale per vari motivi ancora non nettamente delineata. Federico di Sassonia, temendo per la sua incolumità, inscena un falso rapimento e fa condurre Lutero in salvo nel Castello di Wartburg (10 mesi) dove inizia la traduzione della Bibbia in tedesco: contributo determinante alla formazione dell’unità linguistica del popolo tedesco. Essa inoltre ottenne un’ampia diffusione del testo grazie all’utilizzo della stampa. 4.3 Le due alternative alla crisi religiosa del Cinquecento: Erasmo e Lutero Due diverse interpretazioni del rapporto ragione/fede Erasmo da Rotterdam nasce il 28 ottobre 1466, nell’ omonima città (si tratta infatti di un nome attribuitogli dai contemporanei, in quanto egli tradusse il suo vero nome, Geer Geertsz, in quello umanistico di Desiderio Erasmo). Formato da studi classici, controvoglia prende i voti ed è canonico agostiniano (lo stesso ordine di Lutero) nel 1488: alcuni anni dopo gli verrà accordato lo scioglimento dei voti. Viaggia a lungo in Europa studiando a Parigi, Basilea, Friburgo, Olanda e Inghilterra dove entra in contatto con Tommaso Moro; Italia, tra il 1505 e il 1509, dove è in rapporto con i più importanti circoli umanistici e con il centro europeo della stampa, Venezia; Germania, dove intorno al 1515 compie un viaggio Trionfale. È da lui e dai suoi viaggi che proviene il concetto di Erasmus. L’essere entrato in contatto con la parola di S. Agostino è molto importante per il suo pensiero, infatti S. Agostino è una matrice teologica diversa e non di rado utilizzata in chiave conflittuale e polemica contro la matrice tomista di Tommaso d’Aquino (quella in “voga” al tempo). Il pensiero di Erasmo è una fusione tra Umanesimo e cristianesimo, tra l'ideale dell'humanitas della cultura classica e la morale cristiana, depurata di tutti i cavilli e i formalismi teologici, di tutte le pratiche superstiziose, dei culti esteriori, degli ipocriti conformismi. La sua polemica contro la cultura teologica medievale trova spazio nell’Elogio della pazzia (1511), apologo satirico contro la teologia scolastica, le superstizioni del clero, i 45 comportamenti falsamente cristiani delle autorità. Rappresenta il testo baluardo della riforma seppur utilizzando una formulazione satirica e molto pungente, in cui vuole proporre l’essenza autentica del cristianesimo e della filosofia di Cristo (intesa come prassi della carità e dell’amore, ricerca della concordia e del dialogo fondata sui valori della civiltà umanistica). È un modo diverso che racchiude al suo interno: rispetto per l’altro, tolleranza religiosa, rispetto per le professioni di fede dell’altro, oggi base della società europea. I percorsi di Erasmo e di Lutero si incrociano e sono caratterizzati da tratti comuni. La comparsa dei primi scritti Lutero è considerata da Erasmo con enorme interesse e con trepidante speranza di una loro profonda incidenza sulla riforma della chiesa. Erasmo difende Lutero dagli attacchi delle gerarchie ecclesiastiche: raccomanda Lutero a Federico di Sassonia e scrive al papa ritenendo la scomunica una misura affrettata. Lutero mostra di apprezzare l'azione e l'interesse dell’umanista di Rotterdam. La religiosità di Lutero ha, però, una matrice e un modo di esprimersi che fanno pensare alla religiosità medievale, lontana dall’apertura mentale di Erasmo. Questa rappresenta una profonda differenza che porterà all'esplosione del conflitto nel 1525. Lutero ed Erasmo danno due risposte diverse alla crisi religiosa del Cinquecento: ● Nel 1524 Erasmo pubblica il De libero arbitrio, in cui esalta la religione naturale e ragionevole, fondata su un equilibrio tra grazia e volontà umana, a cui è concessa la libertà di scegliere il bene e rifiutare il male. Inoltre, per Erasmo critiche e denunce di abusi ecclesiastici non possono porre il cristiano fuori della chiesa, che resta comunque l'unica depositaria della parola divina: le dispute possono investire il mondo di dotti mentre il mondo dei semplici ha bisogno della guida sicura della chiesa. ● Nel 1525 Lutero risponde con il De servo arbitrio, in cui esalta la religione soprannaturale, fondata sull’assoluta certezza delle Sacre Scritture e sulla distanza tra Dio e l'uomo, il primo assoluto e incondizionato, il secondo condizionato e dipendente da Dio. 4.4 Riforma e rivoluzione: la guerra dei contadini Le tensioni sociali e politiche della Germania Nel primo decennio del Cinquecento, la Germania è in fermento dal punto di vista non solo religioso, ma anche sociale e politico. I livelli di questa conflittualità sono diversi. Il primo è rappresentato dai contrasti fra il principe elettore Federico Di Sassonia e l'arcivescovo di Magdeburgo sulla questione delle indulgenze: l’elettore non può tollerare che il denaro dei suoi sudditi vada a finire a Magdeburgo e che l'arcivescovo gli sottragga potere e giurisdizione. Da questo conflitto parte la generale opposizione di altri principi territoriali agli interessi temporali della Chiesa di Roma. Un insieme di conflitti La predicazione luterana investe tutti gli strati sociali: l’aspettativa della reformatio si coniuga con le aspirazioni dei ceti a modificare i rapporti esistenti. È importante specificare che quella che esplode nella Germania di questi anni non è una lotta di classe, cioè il contrasto tra due grandi gruppi socialmente ben definiti e caratterizzati. La predicazione luterana contro il potere temporale della Chiesa ha portato alla nascita di un insieme di conflitti, i cui protagonisti devono essere attentamente ricostruiti. Questi conflitti hanno in comune l'intreccio tra il rinnovamento dello spirito religioso e il programma di riforma politica. 46 La rivolta dei Cavalieri (1522-23) La grande nobiltà germanica ha cresciuto enormemente potere giurisdizioni e ha emarginato la piccola nobiltà di cavalieri. Esaltato dalle nuove idee di Lutero, un piccolo esercito di cavalieri (esponenti della nobiltà minore), guidato da Franz von Sickingen e Ulrich von Hutten, attacca le terre del principevescovo di Treviri, affermando la fine della proprietà ecclesiastica e la propria autonomia dai signori, ma viene subito schiacciato dalle truppe dei principi cattolici e protestanti. La rivolta dei cavalieri consente ai principi di rafforzare il loro potere sul territorio. La guerra dei contadini (1524-25) Fin dai primi anni Venti, alcuni seguaci di Lutero più radicali, come Andrea Bodenstein e Thomas Muntzer, hanno sottolineato la possibilità di un ritorno alle primitive comunità dei fedeli, basate sul medesimo ideale evangelico della povertà ecclesiale e dell'abolizione delle disuguaglianze sociali e del privilegio. Su questa base sono andate formandosi numerose comunità di fedeli, soprattutto fra operai e minatori. Alle origini delle ribellioni popolari è la situazione sociale nelle campagne tedesche, sulle quali gravano il potere signorile, il dominio personale della feudalità, la limitazione dei diritti dei vassalli e i rapporti di servitù, gli Abusi e l'estensione del dominio feudale anche nelle terre comuni. Partita nel 1524 dalla Selva Nera, la rivolta si diffonde nei Principati circostanti fino a raggiungere, nel 1525, le campagne della Contea del Tirolo, che comprende i due Principati vescovili di Trento e Bressanone. I protagonisti della rivolta non sono solo contadini, ma anche abitanti delle città soggette ai Principi territoriali, cittadini esclusi dagli uffici (cioè dal potere delle città imperiali), minatori e operai. Si tratta quindi di una massa troppo ampia e socialmente articolata per permetterci di parlare di guerra dei contadini, è per questo che la moderna storiografia parla di rivoluzione dell’uomo comune, a cui attribuisce i seguenti obiettivi: 1. abbattere la particolare struttura per ceti, caratteristica della Germania 2. formare una federazione di leghe su base corporativa e ispirate al Vangelo, al bene comune, all'amore cristiano e fraterno 3. sottrarre prerogative politiche alla nobiltà 4. espropriare ecclesiastici e religiosi Questi sono solo alcuni punti del programma dei rivoltosi, formulato esplicitamente nei Dodici articoli di Memmingen, il manifesto politico o programma di riforme della Lega Sveva. I 12 articoli contengono in primo luogo una denuncia degli abusi feudali e una richiesta di modifica dell’ordinamento signorile, fondata sulla riduzione delle prestazioni di denaro, sulla abolizione della servitù, sull'amministrazione della Giustizia secondo il diritto consuetudinario. In secondo luogo, nel programma di Memmingen c'è la 47 La chiesa di Calvino è organizzata sulla base delle ORDONNANCES ECCLÉSIASTIQUES che, con leggere modifiche, diventano il codice morale e legale di Ginevra per due secoli. Sono previste 4 istituzioni: ● PASTORI: annunciano la parola di Dio per indottrinare, ammonire, esortare e riprendere, tanto in pubblico come in privato, amministrare i sacramenti e impartire i rimproveri solenni d’accordo con gli anziani. ● DOTTORI: devono istruire i fedeli nella santa dottrina; la scuola è compito affidato alla Chiesa ● ANZIANI: laici che vigilano sulla condotta di ciascuno, aiutati da collaboratori incaricati di sorvegliare i cittadini in ciascun quartiere, si occupano della disciplina comunitaria ● DIACONI: devono provvedere all’assistenza di poveri ed ammalati L’istituzione in cui si realizza la simbiosi tra religione e politica è il CONCISTORO (assemblea di 12 anziani e 10 pastori). Calvino conferisce alla chiesa di Ginevra una rigida struttura: non si tratta di una libera comunità, ma di un’organizzazione obbligatoria nella quale devono integrarsi tutti gli abitanti della città, secondo un criterio selettivo che espelle i cattolici e accoglie i profughi. Si crea una sorta di teocrazia, in cui lo Stato realizza la sua vocazione divina di educazione cristiana sotto la sorveglianza del clero. Il rigore del modello calvinista è garantito dalla sua base biblica. La dottrina calvinista Calvino crede nella fede come strumento di salvezza perché il peccato originale ha allontanato in maniera irrevocabile l’uomo da Dio, quindi come i luterani non crede nella possibilità di salvarsi tramite le opere (svalutazione delle opere umane). Proprio per questo introduce la dottrina della predestinazione. Dal momento che la salvezza non dipende dall’uomo, la preoccupazione principale del cristiano deve essere la glorificazione di Dio perché l’uomo non solo può, ma deve agire nella storia con lo scopo di servire Dio nel mondo. Tutta l’attività umana deve essere vissuta dal calvinista come realizzazione della VOCAZIONE: Dio comanda a ciascuno di noi di considerare la propria vocazione in ciascuno degli atti della propria vita. Per l'uomo calvinista le opere buone sono un mezzo per corrispondere all’elezione e ai disegni divini, non assicurano la salvezza, ma liberano solo dall'ansia della salvezza. Questa confessione religiosa sarà destinata uno straordinario successo presso i gruppi sociali urbani proprio grazie alla funzione positiva assegnata al lavoro produttivo e all'attività professionale vissuta con intenso spirito religioso. 4.6 Carlo V e il protestantesimo della Germania La questione protestante accompagna Carlo V per tutta la durata del suo impero. Possiamo distinguere quattro fasi La prima fase: l'editto di Worms Due anni dopo la pubblicazione delle 95 tesi, il 3 luglio 1519, Carlo V giura la Costituzione imperiale, in base a cui nessuno può essere messo al bando dall’Impero senza processo. L’imperatore è impegnato a: - non radicalizzare lo scontro con i principi territoriali. Infatti, Carlo V ha bisogno dell'alleanza con i principi territoriali e con le città imperiali della Germania per la sua strategia internazionale volta verso il Mediterraneo, dove deve fronteggiare il pericolo turco, e verso l'Italia, dove è in guerra contro i francesi per il predominio europeo. 50 - difendere comunque la pax Christiana, l’unità della Chiesa, dell’eresia. Infatti, lo Stato Pontificio rimane uno dei principali alleati dell’imperatore. Da tale compromesso si giunge all’editto di Worms (1521): Lutero è condannato come eretico ma la soluzione definitiva viene demandata, proprio su proposta dell’imperatore, alla convocazione del concilio. Carlo V attraverso il rinvio al concilio tenta, da un lato, di attuare una pressione politica sul papato e, dall’altro, di perseguire una riforma interna della Chiesa, dovuta alla sua volontà di creare un Impero universale. Per un brevissimo periodo, l’auspicio sembra potersi realizzare con il pontificato di Adriano VI, ex precettore dell’imperatore. La seconda fase: la dieta di Augusta (1525-30) A conclusione della guerra dei contadini, nel 1525, i principi cattolici della Germania meridionale stringono un’alleanza contro i principi luterani. Questi, allora volta, un anno dopo, stabiliscono un'analoga intesa. La I e la II Dieta di Spira (1526 e 1529) congelano la situazione e proibiscono ogni innovazione in materia di fede prima del concilio. I principi protestanti «protestano» (da qui nasce la definizione di protestanti) e formano un'ulteriore alleanza difensiva. Dopo la pace di Cambrai è l'incoronazione di Carlo V nel 1530 si cerca di attenuare la situazione con la Dieta di Augusta (1530), in cui svolge un ruolo di mediazione importante Filippo Melantone (uno dei più importanti e preparati teologi che si sono avvicinati alla Riforma). Nella Confessione Augustana, da lui redatta, È evidente il bisogno di tutelarsi nei confronti dell'imperatore, di delimitare la vera dottrina più rispetto all’ala sinistra della Riforma che nei confronti della Chiesa Cattolica. Le deliberazioni della Dieta, assunte in assenza di rappresentanti protestanti, prevedono: una moratoria di alcuni mesi per i seguaci della Confessione Augustana, i quali per tale periodo non possono introdurre innovazioni e non possono ostacolare l'antica fede; la convocazione, entro un anno, di un concilio ecumenico per una riforma Cristiana, prima del quale non sarà permessa alcuna innovazione religiosa; la restituzione dei patrimoni di chiese e conventi espropriati con la forza, da principi elettori e "Stati obbedienti”; l'attribuzione al Tribunale della Camera Imperiale di compiti di tutela della pace nel paese. La terza fase: la Lega di Smalcalda e la Dieta di Spira (1531-42) Gli esiti della Dieta di Augusta sono: 1) fine dell’ipotesi di conciliazione sia interna al movimento cattolico, sia interna al movimento protestante 2) articolazione del protestantesimo in 3 diverse confessioni (Lutero, Zwingli e, poi, Calvino) 3) divisione religiosa del Sacro Romano Impero germanico. Il 27 febbraio 1531 viene fondata dai principi e dalle città protestanti la Lega di Smalcalda (1531): alleanza anti-asburgica che stringe relazioni con Francia e Inghilterra, due monarchie che si trovano ad avere interessi che hanno come ostacolo proprio gli Asburgo. L'imperatore è impegnato in Ungheria, a causa dell'invasione dei Turchi, e in Italia, per consolidare i propri possedimenti spagnoli; pertanto, non può permettersi di aprire un conflitto di vaste proporzioni con gli stati e le città protestanti della Germania. Sospende quindi i processi istituiti dal Tribunale della Camera Imperiale fino alla convocazione del Concilio e proibisce ogni ricorso alla forza per quanto concerne questioni di fede e di religione. Il Concilio però continuamente rinviato perché i principi protestanti rifiutano di parteciparvi. Nel 51 1542, alla Dieta di Spira, i principi tedeschi richiedono all’imperatore il riconoscimento ufficiale della loro posizione, devono avere lo stesso peso dei loro omologhi cattolici e non possono essere discriminati per la loro confessione di fede. A tale riconoscimento condizionano il loro aiuto militare e finanziario contro i Turchi. La quarta fase: la pace di Augusta (1546-55) La guerra tra Lega di Smalcalda e l’imperatore scoppia nel 1546. A Muhlberg (1547) i principi protestanti sono sconfitti ma, successivamente, aiutati dalle offensive turche, inglesi e francesi riescono a costringere Carlo V alla pace religiosa di Augusta (1555) la quale pone fine alla contrapposizione tra i principi cattolici e tedeschi in area germanica, ammettendo: → la libera scelta confessionale solo per gli stati imperiali e per i principi → l’obbligo dei sudditi a sottostare al principio «un solo signore, una sola religione». Possono comunque emigrare se non accettano la scelta confessionale del principe. Con la pace di Augusta non si mirava ad un accordo sulla dottrina ma soltanto a conseguire una pace politica duratura tra i territori dell’Impero di diversa confessione [Lortz-Iserloh]; il protestantesimo è accettato come parte integrante dell’Impero e ai principi protestanti venivano riconosciuti gli stessi diritti dei principi cattolici. 4.7 Aree e mezzi di diffusione della riforma: analogie e specificità territoriali Il quadro dello sviluppo territoriale della Riforma nell'Europa verso la metà del ‘500 è caratterizzato dalle due grandi aree di diffusione, luterana e calvinista, dall'area della Chiesa anglicana e dalla disseminazione di movimenti e gruppi ereticali. L'atto di supremazia e il distacco inglese dalla Chiesa di Roma La riforma religiosa in Inghilterra fu un momento chiave nella formazione dello Stato moderno inglese. Re Enrico VIII in un primo momento aveva condannato gli scritti di Lutero, ottenendo, da papa Leone X nel 1521, il titolo onorifico di difensore della fede (ancora oggi in possesso dei sovrani inglesi). Successivamente iniziarono gli scontri tra la corona inglese e la Chiesa di Roma. Il re desiderava un erede maschio ma da Caterina d’Aragona, figlia dei re Cattolici, aveva avuto cinque figlie di cui solo una, Maria Tudor (Maria la Sanguinaria), era sopravvissuta. Secondo l’usanza del tempo, un’erede donna non garantisce la successione al trono della famiglia. Ciò, unito all’infatuazione del sovrano per la dama di corte Anna Bolena, lo spinge a chiedere l'annullamento del matrimonio. Enrico VIII sostiene la sua decisione rifacendosi al primo matrimonio di Caterina con il fratello maggiore. Caterina, di contro, sosteneva il mancato consumo del matrimonio (avvalorata da una bolla papale rilasciata per permetterle il secondo matrimonio). All'apertura del processo, nel 1529, la regina si appellò a papa Clemente VII, il quale, sotto le pressioni di Carlo V (nipote di Caterina), acconsentì al trasferimento del processo a Roma. D’altro canto, Enrico VIII fece intervenire illustri teologi e giuristi a difesa delle sue ragioni. Condizionato dalle diverse pressioni, papa Clemente VII, non riusciva ad emettere una sentenza. Questo in realtà fu un semplice pretesto utilizzato dal sovrano per giungere allo scisma, esistevano, infatti, ragioni molto più profonde. Dal ‘400 il sovrano inglese è considerato l’unica fonte del diritto sia nella sfera temporale, sia in quella spirituale. Enrico VIII e i suoi ministri codificarono questa tendenza. 52 CAPITOLO 5: CONTRORIFORMA E RIFORMA CATTOLICA. 5.1 I concetti di Controriforma e riforma cattolica Il termine Controriforma compare per la prima volta nel 1770 nel manuale di storia tedesca di Johann Stephan Pütter, giurista dell’università di Göttingen, ad indicare il “ripristino dell’obbedienza confessionale” nel Sacro romano impero tra il 1555 e il 1648. Il termine si afferma definitivamente a metà Ottocento grazie allo storico protestante Leopold von Ranke, autore di una celebre Storia dei Papi. Per la storiografia del XIX secolo, Controriforma indica una reazione complessa e a più livelli: ● Repressione antiprotestante ● Consolidamento dei dogmi e delle strutture ecclesiastiche ● Riorganizzazione interna della Chiesa cattolica Ad esso si contrappone il concetto di Riforma cattolica, introdotto a fine Ottocento dagli storici cattolici tedeschi (Ludwig von Pastor, 1886) e sancito nel 1949 con l’opera dello storico della chiesa Hubert Jedin: “Riflessione su di sé attuata dalla Chiesa in ordine all’ideale di vita cattolica raggiungibile mediante un rinnovamento interno”. In questa prospettiva non si tratta solo di una reazione contro la Riforma, ma di un’autonoma e spontanea spinta riformatrice nata all’interno della Chiesa e culminata con le grandi riforme post-tridentine. Basandosi sul pensiero di von Pastor, si sottolinea: a) il rinnovamento religioso che investe la Chiesa tra XV e XVII sec. e l’azione sui fedeli e sugli uomini, non tanto quella sulle strutture. b) diffusione del movimento della Devotio moderna; dei cenacoli erasmiani; dell’attività assistenziale e d’istruzione ad opera di nuovi ordini (Minimi, Teatini, Filippini, Barnabiti) e delle confraternite laicali; della nuova religiosità promossa dal Concilio tridentino. La storiografia recente ha superato la contrapposizione tra “Riforma cattolica” e “Controriforma” per insistere sulla interdipendenza e la connessione: si tratta di due tendenze del Cattolicesimo convergenti verso una sua più solida affermazione. Quanto alla periodizzazione, lo storico Delio Cantimori, pur ritenendo il termine Controriforma generico e indeterminato, ha proposto di accettarlo per il periodo che va dal 1580 al 1640: il periodo cioè della repressione della Riforma Protestante e di tutte le spinte al rinnovamento interno al cattolicesimo. ■ Significato attuale di “Controriforma”: 1) processo di cristallizzazione delle confessioni religiose tra la metà del XVI secolo e la metà del successivo 2) nuovo sistema giuridico della Chiesa cattolica con il Papa all’apice, riconoscimento del ruolo supremo del Papa. 3) prassi pastorale per riconquistare o non fare allontanare le masse soprattutto il clero regolare i monaci 4) teologia tridentina dalla forte carica riformatrice 5) abusi ed intolleranza che caratterizzarono l’utilizzo di nuove istituzioni 6) alleanza tra il trono e l’altare nei paesi cattolici. 55 5.2 Il Concilio di Trento Dopo la riforma protestante si inizia a sentire l'esigenza di un concilio, sia da parte dell'imperatore Carlo V (il quale sperava di collegare la riforma della Chiesa al sogno dell'impero universale), sia da parte del papato (che riteneva necessaria una risposta adeguata, in termini teologici e dottrinali, al dilagare dello scisma protestante). Il primo intervento fu quello del papa fiammingo Adriano VI, il quale alla Dieta di Norimberga presentò numerosi progetti di riforma dell'istituzione ecclesiastica, che saranno poi ripresi, in un contesto mutato, durante il Concilio di Trento. I papi successivi si comportarono in modo diverso: - Clemente VII, di casa Medici (1523-34), privilegia il consolidamento dello spazio politico all’interno del sistema degli Stati italiani e teme il concilio, possibile occasione di messa in discussione dell’autorità papale - Paolo III Farnese (1534-49) si rende conto della crisi anche per l’acutizzarsi dello scontro tra imperatore e principi protestanti. Durante il suo pontificato i cardinali del Sacro Collegio gli sottopongono un progetto di riforma all’interno della Chiesa, il Consilium de emendanda ecclesia (1537) che però non sortisce gli effetti sperati. Nel 1541 il papa promuove il Colloquio di Ratisbona (città tedesca) per tentare l’ultima mediazione prima di convocare il Concilio. Paolo III ci prova nel 1536, nel 1537, nel 1538 e nel 1542, fallendo per: - Il rifiuto dei principi protestanti di partecipare - La ripresa del conflitto franco-asburgico in Europa - Le difficoltà dell'azione pontificia nell’organizzazione e convocazione - I dissensi tra il papa e i principi italiani sulla scelta della sede II 13 dicembre 1545 si apre a Trento il Concilio, un’assemblea di uomini di Chiesa (vescovi; abati; generali di ordini religiosi, operanti sotto l’attento controllo di legati pontifici; ambasciatori del papa con numerosi esperti in teologia e diritto) e di ambasciatori e plenipotenziari politici. Non si trattò di un vero concilio ecumenico, sia per il numero assai limitato dei vescovi partecipanti (circa 50), sia per la scarsa rappresentatività geografica dei padri conciliari, in maggioranza italiani e spagnoli. Il potere decisionale definitivo spettava al papa, unico depositario della verità soprattutto in materia dogmatica. La localizzazione del Concilio veniva incontro sia alle aspettative del principale alleato pontificio, l'imperatore Carlo V, sia a quelli della Chiesa: Trento era infatti in territorio italiano, ma apparteneva anche all'orbita giurisdizionale dell'impero, inoltre, era un principato ecclesiastico (il principe di Trento era anche un vescovo: principe vescovo). Il Concilio si propone 3 obiettivi: 1. recuperare i territori protestanti 2. arginare l’eresia protestante che rischiava di penetrare anche nell’ortodossia Cattolica, alterandone profondamente i principi teologici, dogmatici, disciplinari 3. riaffermare il primato papale in una Chiesa cattolica riformata. La tradizione storiografica divide il Concilio di Trento in tre fasi: Prima fase (1545-47) Nella prima fase, svoltasi durante la guerra tra Carlo V e la Lega di Smalcalda, le delibere conciliari riguardarono soprattutto le questioni teologiche: era necessario che la Chiesa Cattolica riacquistasse l'autorità dottrinale, profondamente scossa dalla contestazione luterana. I decreti relativi a tale materia furono 5, e si riferirono proprio ai punti che erano stati oggetto della Riforma di Lutero: l'origine della 56 fede, la verità delle Sacre Scritture stabilita dall'autorità pontificia, il peccato originale, la giustificazione e i sacramenti. Questa prima fase fu segnata dalla dialettica fra due modi diversi di concepire la riforma della Chiesa: o per l’imperatore è un ultimo tentativo di pacificazione religiosa o per il papa è un modo per stroncare l’eresia protestante L’assemblea risente della congiuntura critica sfavorevole al papato, rafforzata dal definitivo ingresso dell’Inghilterra nell’orbita protestante dopo la morte di Enrico VIII. Proprio a causa di questa congiuntura, dal 1547 al 1550, il Concilio fu paralizzato, anche a causa di un conflitto al suo interno sulla questione della sede. Papa Paolo III aveva deciso di trasferire la sede del Concilio a Bologna, città dello Stato Pontificio: la decisione, appoggiata dai vescovi italiani, fu contestata dai Vescovi Imperiali, che per protesta restarono a Trento. Prima di essere sospeso, il concilio emanò un importante decreto: l'obbligo della Residenza per i vescovi. Seconda fase (1551-1552) Alla morte di Paolo III (1549), in Conclave (elezione del papa) si scontrano due candidati: il riformatore Reginald Pole, sostenuto dagli spirituali (si rifanno alle proposte di riforma cattolica che risentono 57 ecclesiastica. Egli è un principe senza continuità dinastica (papato come monarchia elettiva), eletto dal Conclave ► quindi il Sacro Collegio, che è al tempo stesso: organo di governo della Chiesa, strumento di consenso nei confronti del papa e potenziale elemento di disgregazione. Gradualmente il papa lo trasforma in un corpo di funzionari disciplinati e a lui sottoposti, compiendo così il passaggio al governo assoluto della Chiesa sconfiggendo il conciliarismo (questo processo inizia con il Concilio di Trento) ► successivamente i vescovi, a cui fu affidata soprattutto la funzione di controllare i fedeli della loro diocesi e il retto comportamento degli ecclesiastici ► alla base le parrocchie, guidate dal parroco, centro e autorità dottrinale e morale della comunità dei fedeli. Proprio per vigilare sul rispetto di questa funzione attribuita alla parrocchia dai decreti conciliari, fu richiesto ai vescovi di visitare con frequenza le parrocchie sottoposte alla loro giurisdizione (visite pastorali). Un altro terreno di intervento del Concilio fu quello della formazione del clero. Tra le denunce di Lutero c'era stata anche quella dell'ignoranza dei sacerdoti sull'intera materia religiosa, ignoranza che andava di pari passo con la loro corruzione. Pertanto, furono istituiti i seminari, che, attraverso orientamenti e programmi uniformi, avevano il compito di formare il buon prete, accertarne la vera vocazione al sacerdozio, stimolarne la consapevolezza della missione fino all'ordinazione sacerdotale. L’obiettivo più importante della Chiesa post-tridentina fu la riconquista delle anime grazie al contributo fondamentale offerto dagli ordini religiosi: - Teatini (1524): scopo assistenziale e impegno nella lotta all’eresia (a Napoli e Venezia) - Cappuccini (1528): potente ordine mendicante di derivazione francescana con compiti di predicazione - Barnabiti (1530): formazione del clero, predicazione e missioni extraeuropee. - Somaschi (1532): assistenza, educazione e formazione degli orfani - Scolopi (1597): prima scuola popolare gratuita d’Europa a Roma. I Gesuiti L'ordine della Controriforma che seppe meglio interpretare lo spirito della Chiesa Cattolica del tuo tempo fu quello dei gesuiti della Compagnia di Gesù. Il suo fondatore, Ignazio di Loyola, è di origine basca, inizia la sua carriera come hidalgo e soldato nell’esercito di Carlo V, dopo esser stato ferito in guerra si converte alla vita religiosa, trasferendo nella Compagnia l’ideale che aveva maturato nei mesi in convalescenza: “Combattere per Dio sotto la bandiera della Croce e servire unicamente il Signore e il pontefice romano suo vicario in terra”. Per seguire rigidamente questa regola, era necessario trasferire nel nuovo ordine religioso, fondato nel 1534 e riconosciuto da Paolo III nel 1540, lo schema della gerarchia militare, basato sulla subordinazione, totale e non soggetta ad alcuna deroga, alla volontà del capo. Fu per questo che Ignazio aggiunse ai 3 voti tradizionali della professione monacale (povertà, castità e obbedienza) un quarto voto: quello dell'assoluta obbedienza al papa perinde ac cadaver, cioè fino al sacrificio della vita. Ignazio redige le Costituzioni (regola) approvate nel 1558, due anni dopo la sua morte, prevedono: - reclutamento selettivo - formazione prolungata con noviziato di due anni e quasi dieci anni di studi di teologia, filosofia, retorica, letteratura e scienze (unici ad approcciare gli studi scientifici) 60 - struttura centralizzata, il padre generale era eletto dai superiori, cioè dai responsabili delle case della Compagnia, e da due rappresentanti per ogni provincia ed aveva il compito di scegliere i padri provinciali L’ordine ebbe una crescita rapidissima: 60 membri nel 1540, 5000 nel 1581, 16000 nel 1625. La sua attività e il suo campo di influenza furono enormi, sia dal punto di vista dell'estensione spaziale sia dal punto di vista della capacità di penetrazione capillare in tutta la vita sociale del tempo. Ma l'opera di restaurazione del cattolicesimo romano non avrebbe potuto attuarsi senza un modello pedagogico positivo, senza cioè una linea di politica culturale orientata a ricostruire i fondamenti della Chiesa cattolica sulla base: o della teologia di San Tommaso (la Scolastica), che divenne anche il fondamento filosofico della Controriforma o del metodo umanistico dell'analisi, dello studio e della ricostruzione dei testi dei Padri della Chiesa, delle Sacre Scritture, delle delibere dei primi concili In questo senso si può parlare di un connubio tra Controriforma e Umanesimo, inteso, però, solo come strumento al servizio di un altro ideale, cioè l’assoluta obbedienza all’autorità del pontefice in tutti i campi del sapere. Al centro del loro progetto educativo ci sono i COLLEGI. Essi nascono come sede della formazione dei membri dell’ordine, successivamente diventano scuole per l’educazione delle future classi dirigenti delle città e degli Stati europei. Il meglio dell’élite europea già alla fine del Cinquecento proviene dai collegi gesuitici. Tutto questo garantisce l’affermarsi di un modello scolastico per controllare lo sviluppo intellettuale e spirituale dei discepoli, fondato su un metodo rigorosamente filologico teso a rafforzare l’indiscutibile autorità del dogma. I collegi gesuiti si addensarono nell’Italia centro settentrionale, Francia, Spagna, presenza massiccia nei Paesi Bassi e le frontiere orientali dell’Europa cristiana Oltre alla cultura, un altro mezzo di intervento dei Gesuiti fu l’attività missionaria a vastissimo raggio: essa, infatti, si dispiegò non solo in Europa, ma anche nelle terre d’oltremare. In America i Gesuiti presenti nei domini portoghesi e in quelli spagnoli sono difensori delle condizioni degli indigeni e si impegnano a creare un modello alternativo all’encomienda più rispettoso delle istanze degli indigeni (Reducciones del Paraguay = centri di civilizzazione e di difesa contro le razzie dei coloni). Inoltre, l’ordine è impegnato nell’azione di evangelizzazione tramite predicazione e missioni, svolte all’interno degli Stati europei per istruire il popolo e provocare nel fedele il senso di colpa con il conseguente pentimento. È necessario ridurre la distanza tra la religione dei dotti e la religione dei semplici, liberando quest’ultima dal suo alone superstizioso. Aiuto fondamentale in tal senso si rileva il catechismo istituito (con un decreto tridentino e pubblicato nel 1566 da Pio V) per indottrinare sulle verità fondamentali del Cattolicesimo. 61 CAPITOLO 6: UN SOLO RE, UN SOLO IMPERO: L’ETÀ DI FILIPPO II. 6.1 Filippo II e l’egemonia in Europa Dopo la Pace di Augusta (1555), Carlo V aveva diviso i suoi domini in due: ► al fratello Ferdinando D’Asburgo, eletto imperatore nel 1558: territori di casa d’Austria, Regni di Boemia ed Ungheria ► al figlio Filippo II, re di Spagna dal 1556 grazie all’abdicazione del padre: la Spagna; i domini italiani (Milano, Napoli, Sicilia e Sardegna); la Franca Contea (tra Francia e Stati germanici); i Paesi Bassi; i possedimenti americani. Carlo e Filippo sono due personalità profondamente diverse: - Carlo: nativo di Gand, discendente da una famiglia di alta tradizione, e con scarsa dimestichezza con la sensibilità spagnola. Si era formato nel clima erasmiano di una religiosità interiore e visse drammaticamente la lacerazione dell’unità cristiana. Carlo era ancora, per molti versi, il “re guerriero” di stampo medievale e “re itinerante”, senza corte fissa. - Filippo: pur essendo stato per un breve periodo governatore delle Fiandre, era profondamente spagnolo per cultura, sensibilità e valori. Egli era privo di attitudini militari, ma seppe capire che per governare il suo vasto impero occorrevano una corte, una dimora fissa e un apparato di funzionari. Filippo II consolida il prestigio della dinastia anche ricorrendo a segni visibili: l’Escorial, l’immensa reggia costruita su modello di un monastero (centro burocratico del potere sovrano), vicino Madrid, divenuta capitale nel 1560. Infine, Filippo II viene ricordato per essere: - il re della Controriforma - l’artefice dello Stato moderno spagnolo, esteso tra Mediterraneo e Atlantico ma costituito da diversi reynos tra loro eterogenei per il titolo originario di appartenenza alla corona (domini ereditari, paesi conquistati militarmente, formazioni storiche autonome dotate di un loro profilo giuridico- istituzionale) 6.2 La Spagna da Carlo V a Filippo II La storiografia più recente tende a distinguere due fasi del regno di Filippo II: - Prima fase: 1559-1565 - Seconda fase: 1565-1580 - Terza fase: fino al 1598, morte di Filippo Filippo II nasce nel 1527 a Valladolid da Isabella di Portogallo e Carlo V d’Asburgo, il quale come il nonno Massimiliano, impone al figlio precise strategie matrimoniali, ognuna riconducibile a un problema politico. ● Nel 1543 a sedici anni sposa la cugina Maria Manuela di Portogallo (morta nel 1545). L'amicizia con il Portogallo era volta alla difesa delle Indie. ● Dal 1554 al 1559 si sposta a Bruxelles assumendo la reggenza dei Paesi Bassi. Un anno dopo il suo arrivo sposa in seconde nozze Maria Tudor (figlia di Enrico VIII e di Caterina d’Aragona), regina d’Inghilterra. Tale matrimonio guasta i sogni di diversi monarchi europei perché si profila l’unione dei due regni in un nuovo grande impero marittimo e coloniale atlantico. 62 alla diffusione del luteranesimo, dell’anabattismo e soprattutto del calvinismo che decretano la fine dell’unità religiosa (il Sud rimase cattolico), alimentando una nuova cultura politica in cui si intrecciano sentimenti nazionalistici, aspirazioni all’indipendenza e la lotta al Cattolicesimo: il collante ideologico per fermenti contro la dominazione spagnola. La politica di Carlo V tenta di mantenere saldo il legame della corona con le oligarchie e l’aristocrazia locali, cerca di non mutare i privilegi per mantenere buoni rapporti con l’aristocrazia olandese, ma subisce una radicale inversione di tendenza negli anni Quaranta-Sessanta del XVI secolo. Durante la prima fase del regno di Filippo II, la strategia di governo dei Paesi Bassi fu oggetto, presso la corte spagnola, di un acceso dibattito che investì il modello stesso di organizzazione politica dell'impero. Si formarono due partiti: ● uno capeggiato da Ruy Gomez De Silva, principe d’Eboli, che auspicava un’organizzazione politica Imperiale rispettosa delle autonomie e delle costituzioni politiche dei diversi paesi che componevano il mosaico asburgico ● l'altro capeggiato dal Duca d'Alba, che spingeva verso la repressione di tutti i fermenti autonomistici e prefigurava un modello molto centralizzato dell'impero. Nel 1559 Filippo II affidò le 17 province dell’eredità borgognona alla sorellastra Margherita d’Asburgo che continua a rispettare formalmente le autonomie. Nel Consiglio di reggenza, che affianca Margherita, entrano alcuni dei nobili più in vista dei Paesi Bassi, tra cui il cardinale Granvelle, strettamente legato a Filippo II. Inoltre, il sovrano spagnolo istituì un Consiglio segreto spagnolo, che di fatto annullava il Consiglio di Reggenza fiammingo, per governare i Paesi Bassi senza l’interlocuzione delle élites locali. Tale innovazione incontrò una forte opposizione guidata da Guglielmo d’Orange. Filippo II non disposto a tollerare il crescente potere dell’aristocrazia locale, nel 1565 aumenta la pressione fiscale e l’anno successivo una delegazione di nobili si vede costretta a presentare una petizione a Margherita d’Asburgo contro le imposizioni di nuove tasse e l’introduzione dell’Inquisizione. La così detta Petizione dei pezzenti segna l’inizio della contrapposizione tra monarchia e aristocrazia locale, supportata dalla popolazione. La crisi economica spinge, ad Anversa e altrove, i lavoratori calvinisti al saccheggio e alla furia iconoclasta contro chiese cattoliche (vengono distrutte le statue dei santi). Per la situazione critica, nel 1567 Filippo invia il Duca d’Alba come nuovo governatore dei Paesi Bassi per intraprendere un’azione repressiva, al fine di ristabilire la situazione ed eliminare le opposizioni. Inoltre, viene istituito il Consiglio dei Torbidi (tribunale ideato per giudicare gli oppositori), il quale commina 13000 condanne, facendo giustiziare alcuni dei nobili olandesi più in vista. La linea del duca d’Alba provoca la fine dell’alleanza tra la monarchia spagnola e una parte dell’aristocrazia locale, danneggiata dall'azione repressiva del governo spagnolo. Inoltre, tutto ciò aumenta il consenso di Guglielmo d’Orange, leader riconosciuto della resistenza, che oppone le province settentrionali dei Paesi Bassi (Olanda e Zelanda) al dominio spagnolo, sempre più privo di consenso e autore di una repressione indiscriminata che colpisce con misure fiscali la ricchezza del paese e le attività commerciali, non considerando neanche gli interessi delle aree cattoliche. Viene organizzata una ribellione generalizzata: - Le città contro i presidi spagnoli - I marinai con azioni di pirateria contro le navi iberiche 65 - Le popolazioni locali di Olanda e Zelanda, le due province più grandi del settentrione, esasperate dai saccheggi delle truppe del duca d’Alba ma particolarmente attive e compatte grazie al fattore unificante del calvinismo. La politica imperiale spagnola spinge l’Inghilterra ad appoggiare le province ribelli contro gli spagnoli: viene sequestrato nei porti inglesi il denaro inviato dai banchieri genovesi al duca d’Alba, manca così il danaro per pagare i soldati, provocando il fallimento del duca d’Alba, sostituito prima da Giovanni d’Austria e poi da Alessandro Farnese, abilissimo diplomatico di origine romana. Nel 1576, dopo il Sacco di Anversa ad opera delle truppe spagnole non pagate, anche le province meridionali si unirono a quelle settentrionali in funzione antispagnola. L’unione tra olandesi e valloni viene sancita nella pacificazione di Gand (1576). Si tratta di un’unificazione assai precaria e di breve durata a causa dei diversi interessi delle due parti: - Nel Nord, protestanti e ceti sociali vogliono l’indipendenza - Nel Sud, cattolici e aristocrazia desideravano aumentare le proprie prerogative ed erano inclini al compromesso con il governo di Madrid per ottenere maggiore autonomia, senza una rottura dell'indipendenza. Facendo leva su questa diversa strategia Alessandro Farnese riuscì a sottrarre le province meridionali dall’alleanza con Olanda e Zelanda. Nel 1579, con l’unione di Arras, l’area meridionale cattolica torna sotto Filippo II, mentre le sette province settentrionali firmarono l’Unione di Utrecht. Nel 1581 viene stipulata la Dichiarazione d’Indipendenza che comporta la nascita della Repubblica delle Provincie Unite (Olanda, Zelanda, Gheldria, Utrecht, Overijssel, Groninga, Frisia). La guerra tra le Province Unite e la Spagna si prolungò ancora per diversi decenni fino al 1648 con la Pace di Westfalia. Ripresa minaccia turca Dopo essere stati cacciati da Malta, i turchi avevano promosso una politica di intenso riarmo marittimo: a dimostrare che la loro potenza era ancora minacciosa servirono sia l’attacco a Cipro, possesso veneziano dal 1489, sia l'assedio di Famagosta. Proprio per questi due eventi Spagna, Venezia e Roma si unirono nella Lega Santa: Il Trattato prevedeva la creazione di una flotta di circa 300 navi, la liberazione del Mediterraneo Orientale dalla minaccia turca, la presa di Tunisi. I cristiani vincono il 7 ottobre 1571 la battaglia di LEPANTO grazie ai Veneziani comandati da Sebastiano Venier e al contributo di DON GIOVANNI, figlio naturale di Carlo V e alla superiorità dell’artiglieria europea nel favorire l’abbordaggio. Sul fronte muoiono 60.000 soldati su 100.000 impegnati, vengono liberati molti cristiani prima prigionieri. A questo punto la Lega Santa si divide: ● Pace separata di Venezia con i Turchi (rinunciando a Cipro). ● Questa pace rappresenta un duro colpo per la Spagna che non può fronteggiare da sola i Turchi e che si vede costretta alla pace con il sultano Murad III perché impegnata nei Paesi Bassi ed in Portogallo mentre i Turchi devono affrontare i Persiani a est. La vittoria di Lepanto ha un’enorme risonanza anche per l’uso propagandistico che se ne fece nel mondo cristiano (un mito dell’Europa cristiana capace di sconfiggere le ambizioni turche) tanto che scrittori e pittori immortalano le gesta della flotta cristiana. Le conseguenze si avvertono solo dopo un decennio: “La pace sul mare fu per la flotta turca il peggiore dei disastri. La fece marcire nei porti” [Braudel]. 66 6.5 La terza fase: l’imperialismo attivo (1580-98) Le maggiori risorse provenienti dall’Atlantico inducono Filippo II ad occuparsi di progetti espansionistici. ► Portogallo: Nel 1578, il re del Portogallo, Sebastiano di Braganza, si impegnava in una spedizione contro il potente Marocco ma viene sconfitto e muore in battaglia, provocando una crisi dinastica per la mancanza di erediti, con la conseguente fragilità della potenza militare portoghese. Filippo II, figlio di Isabella, aveva contratto il suo primo matrimonio con Maria Emanuela di Portogallo: rivendicava quindi titoli per la successione. Tra i ceti portoghesi, soprattutto quelli mercantili, l’annessione all’Impero spagnolo non era malvista (mercanti speravano infatti in uno sviluppo dei commerci portoghesi). Il partito che si batteva a favore di un sovrano locale, dopo la morte, nel 1580, dell’anziano principe Enrico, rimasto per poco più di un anno, si era profondamente indebitato e non era più riuscito a guadagnare seguito nella società. Così quando le truppe di Filippo II, comandate dal duca d’Alba, già governatore dei Paesi Bassi, occuparono il Portogallo, incontrarono una debolissima resistenza che fu immediatamente e spietatamente repressa. L’annessione del Portogallo nel 1580 significò per la Spagna l’ampliamento del suo impero coloniale, annettendo non solo il Portogallo ma anche le sue colonie. Il paese non fu sottoposto agli ordinamenti spagnoli, gli vennero riconosciuti l’autonomia istituzionale e la separazione dei domini coloniali. L’economia mercantile portoghese non rileva nessun miglioramento dall’integrazione all’impero spagnolo e ciò causa l’inizio della decadenza del Portogallo. ► Inghilterra: A metà degli anni Ottanta del ‘500 a Filippo II sembrava giunto il momento di poter compiere il tentativo, tanto agognato, di conquista dell'Inghilterra. Egli sperava di poter contare su: - la penetrazione cattolica nel regno, grazie ai gesuiti - l’aiuto di Roma, contraria alla Chiesa anglicana - le proprie pretese sul trono (Filippo II era infatti vedovo di Maria Tudor) sostenute da un’ampia coalizione (papa, partito cattolico inglese, partito dei Guisa in Francia) Ma il re spagnolo sottovalutò la forza navale e militare inglese, enormemente cresciuta a partire dai primi anni di regno di Elisabetta I. Sottovalutò pure le reazioni che la semplice minaccia dell'invasione avrebbero provocato nella società inglese: il rafforzamento della sovranità di Elisabetta I fra tutti i ceti sociali e dell'alleanza tra la regina e il Parlamento. Filippo II allestì l’Invincibile Armata (130 navi, oltre 30.000 uomini, 2400 pezzi di artiglieria), che Nella primavera del 1588 riuscì a partire (dopo un anno di ritardi) da Lisbona, a luglio entrò nella manica e si scontrò con la flotta inglese. Nello scontro si pongono a confronto due tattiche diverse di battaglia navale: quella spagnola, basata sui galeoni, navi molto pesanti e dotate di un’artiglieria adatta solo al tiro ravvicinato; quella inglese, fondata invece su navi leggere, specializzate nell’abbattimento delle navi avversarie. Alla fine del 1588 dell'Invincibile Armata restavano poco più di cinquanta navi. Si trattò del primo tentativo su larga scala di invasione dell’Inghilterra, che nessuno riuscì a completare, neanche Napoleone o Hitler. Studi recenti hanno dimostrato che la flotta spagnola fu decimata soprattutto dalle avversità atmosferiche. I calvinisti olandesi, già prima della sconfitta spagnola, coniarono delle medaglie con un’incisione che fa capire il motivo della sconfitta: Iddio soffiò e furono dispersi. La sconfitta determinò: - l’arresto delle mire espansionistiche spagnole 67 partecipazione sia attraverso la rappresentanza formale, sia per via informale, con il ricorso alla pratica delle petizioni dirette a tutti i livelli dell’amministrazione. La potenza commerciale Data la scarsa produttività del suolo (non in grado di soddisfare il fabbisogno di una popolazione in rapida crescita), le Province Unite sono “condannate al commercio”. Il modello economico olandese presenta i seguenti caratteri: ● Ampliamento notevole della flotta mercantile 70 ● Conquista del monopolio finanziario fino ad allora nelle mani dei genovesi ● Controllo del mercato internazionale dei beni e del denaro ● Crescita autosostenuta ● Efficiente apparato produttivo ● Rilevante presenza di industrie manifatturiere di trasformazione ● Efficace guida politica dell’economia: non si aspetta l’afflusso di metalli preziosi, l’élite sente la necessità di elaborare le linee guida che si tramutano in scelte vantaggiose per la politica olandese. Un’isola di tolleranza Il modello culturale e religioso si basa su cultura, sensibilità e religiosità di matrice calvinista che esaltano i valori del lavoro, del risparmio, della produttività. Tutti gli olandesi si sentono partecipi a rispondere a una vocazione: far del proprio impegno lo strumento tramite cui ottenere soddisfazioni terrene che indichino il giusto cammino. Rappresenta un modello alternativo a quello spagnolo, reso ancora più vitale dalla capacità di sfruttare il contributo proveniente da forze ed energie intellettuali di diverso orientamento ma comunque messe in condizione di esprimersi in un paese caratterizzato da un alto indice di tolleranza. La rivolta dei Paesi Bassi dispiega in pieno il suo carattere rivoluzionario nell’impulso fondamentale che fornì alla maturazione del pensiero politico in tutta Europa. 6.8 La formazione della potenza inglese Tra la prima metà del 500 e la prima metà del 600, l’Inghilterra subisce delle trasformazioni che ne rendono possibile il passaggio da “isola semisconosciuta” a grande potenza marittima e coloniale [C. Russel]: ● da un’economia agricola arretrata e dominata dall’aristocrazia fondiaria ad un intenso sviluppo economico-sociale che consente la formazione di un mercato nazionale e il dominio nei traffici marittimi ● da paese agricolo, basato sulla pastorizia e sull’allevamento di pecore, e caratterizzato dalla dipendenza univoca dal settore agricolo a paese dotato di risorse del sottosuolo (carbone) e di un notevole apparato manifatturiero ● da paese cattolico a concentrato di religioni diverse (anglicani, cattolici, puritani, presbiteriani, quaccheri). Tale differenza influenza la storia britannica specialmente negli anni Quaranta del 600 con la Rivoluzione inglese. ● dal primato del re al primato del Parlamento Nel 1649 Carlo Stuart è il primo regnante ad essere giustiziato in pubblica piazza; nel resto d’Europa bisogna attendere il 1791 quando Luigi XVII e Maria Antonietta sono ghigliottinati in pubblica piazza. La precocità dell’Inghilterra la distinguerà sempre dal resto del continente europeo. Essa è un paese investito da un radicale rivolgimento culturale che sovverte le convenzioni e i tradizionalismi medievali per affermare la nuova morale del “far da sé” [Ch. Hill, marxista eterodosso] e consente lo straordinario sviluppo della scienza moderna (Newton). Le tappe fondamentali di questo processo sono da collocare durante il regno di Elisabetta Tudor (1558- 1603): si realizza la maturazione di un sistema economico, sociale e politico che consente all’Inghilterra di raggiungere il rango di grande potenza. 71 Le ragioni del successo inglese Nella prima metà del XVI secolo, l’Inghilterra è ancora un piccolo paese come risulta da alcuni indici: - entrate fiscali di Enrico VIII molto ridotte rispetto a quelle della Francia e dell’imperatore Carlo V - popolazione inferiore a quella di Francia e Spagna (4 milioni contro 12 e 8). Tuttavia, essa gode di alcuni vantaggi: ● La posizione geografica garantisce l’affaccio sull’Atlantico e il controllo della Manica, una delle vie di comunicazione tra Spagna e Paesi Bassi ● Un rapporto tra popolazione e risorse meno squilibrato, dovuto ad un modello produttivo nel quale la terra non è soltanto sostegno alimentare ma investimento di capitali. Produrre per vendere rende appetibili gli investimenti di capitali ● Viene a crearsi un modello alternativo di sviluppo fondato su una diversa caratterizzazione della proprietà fondiaria e in generale dell’agricoltura: - Sviluppo tecnico e mercantilizzazione dell’agricoltura: si lavora la terra anche per venderne i prodotti, non solo per soddisfare il fabbisogno della famiglia contadina - Intensificazione del fenomeno delle recinzioni (enclosures): abolizione delle terre comuni, le quali avevano diversi possessori nell’ambito giuridico cioè soggetti diversi che potevano vantare diritti diversi sul medesimo appezzamento di terreno. Questo comportava una non piena possibilità di godere del diritto di proprietà perché anche il proprietario fondiario che aveva una consistente proprietà doveva rispettare vincoli o diritti residuali. Nella dimensione civica, ereditata dal Medioevo, i diritti residuali sono garantiti a soggetti non individuali ma comunitari che avevano il diritto di pascolare, di coltivare piccoli orti per il fabbisogno familiare su un terreno di cui non erano proprietari. Questa organizzazione del possesso fondiario viene messa in crisi proprio dagli inglesi con le recinzioni, che spinge ad abbracciare una dimensione totalmente individuale. Nell’Europa continentale solo nel 1804 col Codice napoleonico si sancisce il diritto di proprietà così come lo intendiamo noi. La precocità inglese per quanto riguarda il diritto fondiario e civile è uno dei fattori che spiega il differenziarsi della storia dell’isola rispetto al resto del continente. - Mobilità sociale all’interno di ogni classe: yeomen e gentry nuova piccola nobiltà terriera di contea che ha acquistato il titolo nobiliare (non ha paragoni nel contesto europeo). La gentry vuole avere una parte di primo piano nella gestione politica, amministrativa giurisdizionale e che in pochi decenni riesce a costituire una parte fondamentale nell’assetto sociale inglese, tanto da essere importante anche nella dialettica parlamentare. ● Spirito imprenditoriale e tendenza al rischio presente in tutte le classi ricche: non solo alcuni settori della società inglese ma la stessa aristocrazia - unica tra quelle europee – rischiano il proprio capitale in imprese economiche. L’aristocrazia avvia iniziative economiche e, con la garanzia delle proprie terre, attira capitali [L. Stone]. Spinta a mettersi in gioco, a cercare di accrescere la propria consistenza patrimoniale attraverso iniziative economiche che vanno al di là del tradizionale sfruttamento della proprietà fondiaria. ● Mercanti inglesi dotati di una peculiare fisionomia e funzioni specifiche: - Merchant adventurers detentori del monopolio della lana ad Anversa. Hanno però la capacità di monopolizzare i commerci anche in altri settori. 72 sociali ricche sono coinvolte). Supportate da questa politica si formano imprese mercantili, condotte all’insegna del rischio e della spregiudicatezza. ● La regina per aumentare gli introiti della corona fa ricorso ai corsari, autorizzati dalla regina attraverso le lettere di corsa. L’età elisabettiana fu infatti l’epoca d’oro della pirateria ● Nascita di numerose compagnie di mercanti che coprono la domanda commerciale dei territori sul Mare del Nord fino alla Russia e si spingono verso l’Africa così da permettere agli inglesi di interessarsi a un nuovo e lucroso commercio: Tratta degli schiavi. (Nel 700 dominatori incontrastati dell’infame commercio) Elisabetta dimostra di essere abilissima nell’usare il Parlamento come strumento della politica economica e sociale, garantendo: - La riorganizzazione del mercato del lavoro: statuto degli artigiani (1563) misure di carattere legislativo attraverso le quali si concedono sostanziosi incentivi agli artigiani protestanti e specializzati, avviando la regolarizzazione del mercato del lavoro per garantire la manodopera specializzata - Poor Law: misure orientate a combattere mendicità e vagabondaggio per far sì che non possano rappresentare un rischio per l’ordine pubblico, individuando percorsi alternativi che garantiscano ai sani di poter essere recuperati ed integrati nel sistema produttivo come forza lavoro. La dialettica politico-costituzionale inglese La regina vergine perfezionò il modello costituzionale inglese che presenta precise caratteristiche di fondo: ● Nel processo legislativo la regina sottopone i suoi provvedimenti ad entrambe le Camere del Parlamento (Lords e Comuni) ● Il Parlamento discute e delibera sul provvedimento e lo formula sotto forma di statuto: legge scritta avente l’approvazione delle due Camere. Questo iter legislativo dimostra la capacità e la modernità di Elisabetta I nello sfruttare a pieno i meccanismi dell’azione legislativa e di governo che consolidino il sostegno di una fetta maggioritaria dell’opinione pubblica inglese. La sovrana così salvaguardava le sue scelte tramite uno scudo formato dalle camere, è attenta nel coinvolgere il parlamento nelle sue scelte amministrative ● Lo Stato dei Tudor è dotato di organismi centrali con funzioni prevalentemente finanziarie (lo Scacchiere), di Cancelleria (una sorta di ministero della Giustizia) e di strutture esecutive come il Consiglio privato e il primo segretario ● Assenza di una burocrazia nazionale e di un esercito permanente [L. Stone] ● Governo locale sotto il controllo della gentry (nobiltà di contea) 6.10 La Francia nelle guerre di religione Tra la pace di Cateau-Cambrésis (1559) e la pace di Vervins (1598), la Francia vive una gravissima crisi dell’autorità monarchica e della sua legittimità, dovuta alla crisi dinastica dopo la morte di Enrico II di Valois (1559). In questi stessi anni è sempre più forte la contrapposizione tra cattolici e ugonotti (calvinisti francesi) che rappresenta il connubio tra lotta politica e conflitti religiosi. Anche le potenze straniere hanno un ruolo importante tramite le strategie belliche e matrimoniali. Gli storici parlano di Guerre di religione come episodi della lotta tra Riforma e Controriforma a livello locale (rispetto allo 75 scenario europeo). Gli effetti delle guerre di religione non terminarono con l’Editto di Nantes ma si prodigarono per i secoli successivi, coinvolgendo non solo la Francia ma anche il resto d’Europa. Le guerre di religione Nel 1559 moriva Enrico II, lasciando tre principi minorenni. Il maggiore, Francesco II, aveva 14 anni: convolò a nozze con Maria Stuart, regina di Scozia, e morì poco dopo. La reggenza passava perciò alla vedova di Enrico II, Caterina de' Medici. Dotata di notevoli capacità politiche, la regina era però straniera e doveva affrontare, nel governo del suo paese uscito da una lunga guerra, numerosi problemi: la crisi finanziaria e l'aumento del debito pubblico, la diffusione dell'eresia calvinista nel suo territorio. Il potere centrale era debole e doveva fare i 76 conti con nobilita forte, soprattutto quella di più antico lignaggio, e divisa in partiti per la conquista del potere a corte. Il leader del partito cattolico era Francesco di Guisa. Antonio Borbone, re di Navarra, era invece il leader del partito ugonotto. Alla morte di Enrico II il partito del Guisa controllava gran parte delle cariche politiche più importanti del paese, da cui erano stati esclusi gli ugonotti. Caterina adottò allora una linea di mediazione: da un lato per tentare di non far aumentare a dismisura il potere del Guisa, dall'altro per allineare le concessioni al partito ugonotto con il sempre maggiore peso dei protestanti nella società francese. La linea politica tracciata da Caterina era quindi l'unica possibile, basata soprattutto sull'equilibrio politico più che sull'opportunismo, nonostante a causa di quest’ultimo la Regina fu accusata di machiavellismo. Con il primo editto di Saint-Germain, del 1562, 77 CAPITOLO 9: LA CRISI DEL SEICENTO 9.1 la “crisi generale" La storiografia indica come crisi generale del Seicento l’insieme di trasformazioni presentatesi tra la fine del XVI e XVII secolo. Si parla di crisi generale per via della molteplicità dei fattori e delle componenti che entrano nel processo storico e per la vastità delle aree investite da queste trasformazioni strutturali. Tuttavia, tale crisi non colpisce tutti i paesi allo stesso modo, negli stessi tempi, negli stessi settori, nelle stesse attività economiche. Crisi agraria, ristagno demografico, declino manifatturiero, commerciale e finanziario, inflazione e recessione sono fenomeni dall'andamento assai diverso nel contesto delle società europee. Quello di crisi generale è un concetto storiografico emerso nel dibattito ospitato dalla rivista “Past and Present” (negli anni Cinquanta e Sessanta) e condiviso da Hill, Hobsbawn, Trevor Roper, Mousnier, Elliott: questo fa capire come la crisi del 600 ha interessato molti storici provenienti da tutto il mondo, anche dalla Russia, nonostante di solito gli studiosi russi non si interessassero delle questioni poste al di fuori del proprio paese. Il tema delle trasformazioni in atto nelle società seicentesche è affrontato in un’ottica comparativa, privilegiando un’analisi che mette in relazione ambiti statuali e società diverse. Oggi il dibattito sulla questione può dirsi esaurito ma alcuni studiosi ritengono il concetto di crisi generale un’opzione «fertile ma implausibile» (Benigno), e limitano il suo utilizzo al solo significato politico-sociale per gli anni intorno alla metà del secolo: la rivoluzione inglese, la rivolta di Masaniello, la Fronda in Francia. La crisi interessa tutta l’Europa ed ha come sfondo la Guerra dei Trent’anni (16181648). I risvolti sono diversificati e si basano sul singolo sistema cetuale, istituzionale, politico, religioso, economico e culturale, dando anche frutti diversi: lo Stato assolutistico francese esce rafforzato dagli scontri e delle Fronde, mentre la Rivoluzione inglese degli anni ‘40 porta a un indebolimento della monarchia tanto da causare la prima morte di un sovrano dovuta alla decisione di un Parlamento. Oggi complessivamente si può dire che nella storiografia negli ultimi anni si è andata gradualmente superando la visione del Seicento come età di decadenza e si va meglio definendo il suo carattere di età di transizione dal rinascimento all’Illuminismo, sottolineandone i caratteri culturali che sono sempre legati alle questioni politiche di quegli anni. La demografia Nel corso del XVI secolo la popolazione europea passò da 80 a 100 milioni di abitanti. Alla fine del secolo successivo, il Seicento, questa cifra mutò di poco, arrivando a 110 milioni di abitanti. Importante è specificare che l’aumento demografico non è sempre indice di benessere; infatti, ciò che conta è il rapporto tra popolazione e risorse. Per esempio, nell’Europa del Nord l’incremento demografico fu in rapporto equilibrato con la distribuzione del reddito e l’aumento dei prezzi: l’aumento della popolazione fu in grado di alimentare una crescente domanda in ragione del livello di reddito raggiunto dagli abitanti dell’Europa del Nord, della sua distribuzione in modo più equilibrato tra le diverse fasce della popolazione, di un andamento più lineare dei livelli dei prezzi. Il Seicento comunque registra una debole crescita demografica, accompagnata da una crescita maggiore in Inghilterra, nei Paesi Bassi e nell’Europa Nord-Orientale. Le cause di questo ristagno della popolazione (cioè del suo aumento minimo) sono: 80 a. malattie, peste, guerre, carestie. Fondamentale è, infatti, il determinarsi del circolo vizioso carestiaepidemia-carestia: una carestia comporta un’insufficienza di derrate alimentare che provoca a sua volta l’indebolimento dell’organismo umano che comporta una minor capacità di resistere a patogeni esterni (facilitata dalle precarie condizioni igienico sanitarie). Diminuiscono la forza lavoro disponibile e le derrate alimentari necessarie per il fabbisogno della popolazione. Infine, l’andamento demografico è legato all’andamento dell’economia b. aumento della mortalità per denutrizione c. mortalità infantile (61/100 arrivano a 15 anni; 41/100 maschi superano i 50 anni) d. aumento dell’età media del matrimonio e diminuzione delle nascite. Questo perché si rimanda il matrimonio in attesa di tempi migliori e di conseguenza diminuisce l’arco di tempo in cui le donne possono procreare e quindi si riduce il numero dei figli. Conseguenze di questa minore crescita, sono: - contrazione dei consumi, del mercato del lavoro e dei processi di formazione socio-professionale - crescita dell’urbanizzazione nel Nord anche per le migrazioni forzate per motivi religiosi, soprattutto per le persecuzioni - nuove gerarchie urbane Un significativo elemento da considerare risulta essere il divario nel tasso di urbanizzazione tra paesi del Nord e paesi meridionali: aumenta notevolmente la popolazione delle grandi città dell’Europa settentrionale (in particolare in Olanda e Inghilterra) e occidentale mentre crolla quella delle città dei paesi mediterranei (Spagna in particolare); tale differenza determina conseguenze che caratterizzeranno i paesi europei nei secoli successivi. In Italia nel 600 l'area pugliese più densamente abitata è Trani, solo successivamente diventa Bari a seguito delle trasformazioni e cambiamenti nelle gerarchie urbane, nella creazione di un nuovo reticolo urbano. L’incremento del tasso di urbanizzazione provoca una caduta secca della domanda reale, dovuta alla maggiore propensione al consumo delle popolazioni urbane, che a differenza di quella della campagna non lavora per produrre il proprio fabbisogno. L’agricoltura All’espansione agricola cinquecentesca segue una crisi agraria. Nel 1962 lo storico R. Romano ha proposto un’ipotesi di periodizzazione, indicando quale punto di svolta l’intervallo di tempo intorno al 1620. Romano ha indicato tre periodi caratterizzati da particolari andamenti congiunturali: 1. la generale espansione agricola del lungo Cinquecento (fine XV secolo-1620), utile per comprendere questioni che caratterizzano un periodo maggiore del 500; 2. l’evidenza, a partire dal 1600, di una pausa caratterizzata dal forte rallentamento del settore agricolo, settore trainante dell’economia di antico regime; 3. la stagnazione generalizzata che, in misura diversa, colpisce gran parte dei paesi europei a partire dal 1620, aggravata negli anni 40-’50 del Seicento. L'agricoltura è il punto di forza delle società preindustriali. All’inizio del XVII secolo la secolare espansione dell’agricoltura si interrompe. I segnali sono molteplici: • diminuzione o ristagno dei prezzi dei cereali, in ascesa fino al secolo precedente 81 • diminuzione delle superfici coltivate (all’infuori di Inghilterra, Olanda ed alcune regioni francesi) • diminuzione delle rese, cioè il rapporto semente-prodotto • affermazione della tendenza a passare dalla cerealicoltura all’allevamento, reputato più redditizio e meno esposto alle variazioni di prezzo indotte dalla domanda fluttuante. Alla fine del Cinquecento lo sviluppo della cerealicoltura fu bloccato dalla convergenza di molteplici fattori: 1. fase climatica negativa. I climi più freddi, insieme alle crisi alimentari ed epidemiche, colpirono soprattutto le economie agricole più deboli e più esposte 2. aumento del costo del lavoro, legato alla crisi demografica in quanto essa produce meno forza lavoro 3. calo della domanda anche per effetto di un processo di pauperizzazione (=impoverimento della popolazione) che colpì soprattutto le economie agricole fondate su una monocultura. Conseguenze: 1. restrizione delle aree coltivate e conseguente ritorno al pascolo 2. aumento dei gravami fiscali, soprattutto in concomitanza della guerra dei Trent’anni, dispendiosa sia per le risorse economiche sia per le vite umane, tanto da mandare in rovina alcuni tra i più forti paesi europei. Sulla scia di R. Romano si apre un dibattito storiografico sul termine rifeudalizzazione, intesa non come nuova feudalizzazione (dovrebbe verificarsi precedentemente una defeudalizzazione) ma come aggravamento della feudalizzazione e rafforzamento dei poteri della nobiltà feudale. quest'ultima, nelle aree più deboli dell’economia europea (Italia meridionale, paesi dell’Est) tese ad allargare la sua giurisdizione, la sfera degli abusi, e il potere dei signori sulle terre e sugli uomini divenne assai rigido. In particolar modo cerca di avere ancora più controllo sui tribunali e sulle corti. Importante è ricordare che al tempo la giustizia è a pagamento, quindi aumentando i costi dei ricorsi giudiziari la feudalità cerca di bilanciare i costi della crisi agricola. Si tratta di un concetto da usare soltanto per riferirsi ad un aggravamento della dipendenza degli addetti all’agricoltura verso i signori proprietari. 3. aumento del peso della rendita fondiaria su fittavoli e mezzadri, contratto agrario molto diffuso in Toscana e nell’Italia centrale. Geografia della crisi: - Europa orientale: rafforzamento della servitù della gleba, strettamente legata alla terra, anche per sposarsi bisogna ottenere l’autorizzazione del signore (quando si vende un terreno, la vendita comprende anche la servitù) - Olanda, parte della Francia: limitati effetti della crisi - Inghilterra: si avvia la rivoluzione agricola supportata dalla politica delle recinzioni (enclosures), redistribuzione e accorpamento delle terre. In tal modo diminuisce la presenza di piccole proprietà terriere, meno attraenti per gli investimenti di capitali finalizzati allo sviluppo agricolo, ciò garantisce uno slancio dell’economia nazionale base del vantaggio inglese sul resto d'Europa. Secondo lo storico dell’agricoltura Slicher Van Bath (Olandese) sono diversi gli elementi necessari per spiegare il diverso andamento della recessione agricola del Seicento: - diminuzione dei prezzi dei cereali rispetto a quelli di altre merci e ai salari (le economie diversificate furono quindi favorite) 82 9.2 Il declino dell'Impero spagnolo Alla fine del Cinquecento l’Impero spagnolo era ancora uno dei più temibili candidati alla conquista del mondo. In poco più di cent’anni il Regno di Castiglia aveva attirato a sé il resto della Penisona iberica, buna parte dell’Italia (Sardegna, Sicilia, Napoli, Milano), i Paesi Bassi, l’America centrale e meridionale, la Indie orientali portoghesi. La burocrazia e l’esercito più grandi d’Europa erano alimentati dall’argento delle miniere andine. Ma verso la metà del Seicento, vengono meno, progressivamente, alcune delle condizioni che avevano consentito l’ascesa del sistema sotto Filippo II: - la ricchezza e l’egemonia politica della Castiglia, regione-guida - il consenso dei paesi sudditi del Re Cattolico - la capacità del sistema di subordinare ad esso tutte le relazioni internazionali. Usiamo la categoria di “declino” e non quella di “crisi” proprio per sottolineare la durata non breve del processo e per escludere il significato di crollo verticale associato alla nozione di crisi Il regno di Filippo III (1598-1621): Durante il regno di Filippo III si manifestarono i primi segnali di declino. La Spagna fu investita da una crisi economica di vaste proporzioni: • i cattivi raccolti; • la peste del 1599-1600 • la decadenza di gran parte dei settori agricoli • l’esaurimento del filone dell’argento americano, il quale, insieme alla politica fiscale dello Stato, sottoponeva a pressione e penalizzava soprattutto la produttività, scoraggiando qualsiasi spinta imprenditoriale Un ulteriore colpo all’economia iberica fu, tra il 1609 e il 1614, l’emanazione di un editto a favore dell’espulsione dei moriscos. Questi mussulmani, convertiti solo superficialmente al cristianesimo, costituivano, per il governo spagnolo, il problema di una minoranza razziale non integrata, che, fin dalla conquista di Granada, aveva provocato disordini e rivolte. Ma, al tempo stesso, i moriscos costituivano la spina dorsale dell’agricoltura e dell’artigianato spagnolo, la loro espulsione quindi esaurì di risorse preziose l’economia spagnola. Durante il regno di Filippo III si produssero anche importanti mutamenti nel sistema politico spagnolo: il centro del sistema politico passò dall'essere il rapporto sovrano-Consiglio all’essere concentrato nella figura del valido, una personalità politica a metà strada tra il favorito del sovrano e il primo ministro. I due più importanti validos furono il duca di Lerma sotto Filippo III e il conte-duca d’Olivares sotto Filippo IV. La politica internazionale di Filippo II e del duca di Lerma fu caratterizzata da una linea pacifista: la pace con l’Inghilterra (1603) e la tregua con la Province Unite (1609) ne costituirono i due atti più importanti. Il regno di Filippo IV e il governo del conte-duca La situazione cambia ulteriormente con il regno di Filippo IV (1621-1665) e con la politica del duca di Olivares, suo principale valido, la quale si divide in tre fasi: 1. 1621-27: la prima fase inizia con la fine della tregua con l’Olanda, che segna la fine della pax hispanica dell’età di Filippo II. In questo periodo Olivare costruisce un sistema di alleanze in funzione anti- olandese, ottenendo un importante successo militare a Breda contro l’esercito delle Province Unite. 2. 85 1627-35: durante questa fase la Francia è occupata dalla questione degli ugonotti; l’Inghilterra aveva tentato un attacco contro il porto di Cadice, prontamente fermato dagli spagnoli, che aveva quindi portato al termine delle ostilità anglospagnole; le truppe alleate dell’Impero germanico aveva ottenuto molti successi. A trascinare la Spagna in una nuova avventura militare fu la questione della successione del Monferrato. Nel dicembre del 1627 moriva il duca di Mantova Vincenzo II. Aveva maggiori titoli alla successione il candidato francese Carlo I di Gonzaga-Nevers, ma Mantova sotto il controllo francese era un pericolo per tutta l’Italia spagnola. Olivares inviò quindi invio quindi forze militari nel ducato dando inizio alla guerra di Mantova, che portò alla vittoria dei francesi. Il progetto più importante di Olivares è l’Unión de las armas: partecipazione di tutti i domini spagnoli, con uomini e risorse, alla formazione della potenza militare dell’impero (processo di “castiglianizzazione”) volta a rendere omogenea l’organizzazione del potere spagnolo e a garantire la centralizzazione del potere monarchico. Contro il disegno di Olivares furono numerose le opposizioni che ne resero impossibile l’attuazione. 3. 1635-48: quest’ultima fase è tutta assorbita dalla guerra franco-spagnola che chiude la guerra dei Trent’anni, vinta dalla Francia con conseguenze importantissime nel vecchio continente. In questo periodo la monarchia spagnola fu impegnata sia sui fronti militari internazionali sia sul fronte interno. Le rivolte degli anni Quaranta Il decennio 1640-50 fu caratterizzato per la Spagna da numerose crisi e rivolte interne: • l’inasprimento dei rapporti tra il governo di Madrid e la Catalogna, causati dalla sempre maggiore pressione fiscale e militare richiesta da Olivares, portò quest'ultima a chiedere l’aiuto della Francia nel 1641. Tale rivolta però fu facilmente repressa dalla Spagna, grazie alla frammentarietà della società catalana, che le impedì di unirsi in un'insurrezione nazionale, e alla ritirata del supporto francese. • alla fine del decennio i portoghesi approfittarono della debole presenza dell’esercito spagnolo, impegnato su altri fronti, ottenendo, nel giro di poco, tempo l’indipendenza • per sostenere l’esercito spagnolo e il progetto dell’Union de las armas, sul Mezzogiorno gravava un enorme peso fiscale, che causò il malcontento sfociato, alla fine, nella rivolta di Palermo (1647) e nella rivolta antispagnola di Napoli tra 1647-1648, causata, in particolare, anche dall’aumento dell’inflazione e del costo delle merci. Quest’ultima rivolta può essere divisa in 3 fasi: 1. nella prima fase, la rivolta fu dominata dal capopopolo Tommaso Aniello d'Amalfi, detto Masaniello, un pescivendolo legato sia al sottoproletariato cittadino, sia ai ceti artigiani della capitale. Vera mente del moto fu Giulio Genoino, avvocato originario della provincia di Salerno, rappresentante del ceto civile napoletano. Insieme a Masaniello, egli seppe interpretare i motivi della protesta antifiscale e quelli della lotta politica dei ceti popolari (artigiani, commercianti, piccoli impiegati, intellettuali, avvocati non nobili) contro la nobiltà dei Seggi. La rivendicazione più importante in questa prima fase fu la richiesta di pari peso politico tra nobili e popolo nell’amministrazione cittadina (il rappresentante del ceto popolare non aveva lo stesso peso nella gestione e nelle decisioni rispetto ai rappresentanti dell'aristocrazia) 2. Dopo l'assassinio di Masaniello e l'esilio di Genoino: la rivolta si estende alle province con una forte radicalizzazione antifeudale 86 3. Nell’ottobre 1647, i leader popolari proclamarono la Real Republica Napoletana protetta dal re di Francia. Ma il doge francese e i diversi leader della Real Republica non riuscirono ad ottenere il consenso e l’appoggio del ceto civile. Vennero quindi aperte le trattative con il potere spagnolo che si conclusero con il ritorno trionfale degli spagnoli a Napoli il 6 aprile 1648. ► Bilancio complessivo: • negli anni ’40-’50 per larga parte l’impero spagnolo appare restaurato nella sua consistenza ad eccezione del Portogallo e non si presentarono cambiamenti rilevanti • fallimento progetto politico e militare di Olivares per il deficit di risorse effettivamente mobilitate. 9.3 Il consolidamento dello Stato moderno in Francia Il regno di Enrico IV Il regno di Enrico IV è contraddistinto da un solido legame tra re e burocrazia, strumento fondamentale per consolidare il potere del sovrano. Il re si occupò di stabilizzare la vendita degli uffici e la loro ereditarietà con l’editto di Paulet detto “la Paulette”, istituita dal duca di Sully. In questo modo, sia attraverso il meccanismo del reclutamento degli ufficiali rigidamente controllato dal sovrano e dal suo entourage di corte, sia attraverso il sistema della compravendita degli uffici, si costruì un solido legame fra il re e la nuova burocrazia. Proprio questo legame consentì alla monarchia francese di superare alcune crisi politiche assai gravi durante il XVII secolo e contribuì a formare un corpo di funzionari, una classe di governo fedele ai Borbone. Su questo ceto della nobiltà di toga, distinta dalla nobiltà di spada, i sovrani francesi fecero leva per neutralizzare le eventuali spinte eversive dell’aristocrazia e della più antica nobiltà. Un altro settore di intervento fu quello dell’economia. Enrico IV, grazie anche all’aiuto del suo primo ministro, il duca di Sully, cercò di ricostruire le basi produttive del paese attraverso una politica protezionistica che permise lo sviluppo dell’agricoltura e delle manifatture tessili. In politica estera Enrico IV fu impegnato a promuovere alleanze in funzione antiasburgica: con gli olandesi, con i Savoia, con Venezia. Il suo regno accentuò tensioni e conflitti interni alla società francese.: - tra cattolici e ugonotti (attenuato solo in parte dell’editto di Nantes) - tra antica aristocrazia e nobiltà di toga - tra Parlamenti e funzionari creati dal sovrano La reggenza di Maria de’ Medici e il governo di Richelieu Nel 1610 Enrico IV fu assassinato da un fanatico estremista della Lega cattolica. Lasciando tutti figli piccoli, la reggenza passò alla vedova del re, Maria de' Medici, la quale nel 1614 convocò gli Stati Generali. L'assemblea di tre Stati - clero, nobiltà e Terzo Stato (avvocati, professionisti, mercanti ecc.) - fu la cassa di risonanza di tutte le lacerazioni del regno, ma non riuscì a imporre nessuna riforma proposta all'approvazione del re, tra cui l'abolizione della venalità delle cariche. Fu anche l'ultima convocazione degli Stati Generali prima della Rivoluzione francese. Il decennio 1614-24 fu per la Francia un periodo critico. Nel vuoto di potere statale l'aristocrazia rialzo la testa ed esplosero conflitti di natura religiosa e politica. Ma questi anni furono anche l'età di formazione di Richelieu, il futuro cardinale e primo ministro francese. Richelieu entrò a far parte dell'entourage della regina madre, Maria de' Medici. Nel 1614 però all'assemblea degli Stati Generali la causa dell'abolizione della venalità delle cariche e nel 1624 divenne primo ministro di Luigi XIII. Nel governo e Richelieu possiamo individuare due periodi: 87 9.5 La guerra dei Trent’anni: un conflitto “mondiale” In quella passa dalla storia come guerra dei Trent'anni, per la sua durata dal 1618 al 1648, si scontrarono innanzitutto due credi religiosi: quello protestante e quello cattolico. Col tempo però il conflitto assunse anche un aspetto di natura politica: a scontrarsi erano la Boemia, che mirava a difendere il suo statuto di tolleranza religiosa, aiutata dagli Stati germanici dell'Unione evangelica, e gli Stati germanici della Lega cattolica, gli Asburgo d'Austria e le forze Imperiali, che miravano a restaurare l'unità dell'Impero, attraverso l'unione controriformistica e la distruzione dell'eresia protestante. Una seconda caratteristica della guerra dei Trent'anni fu l'internazionalizzazione del conflitto dovuta alle diverse alleanze fra gli stati. Da tale punto di vista la guerra dei Trent'anni rappresenta forse uno dei primi modelli di guerra che, partito da un conflitto su scala locale, produsse come risultato il mutamento degli equilibri politici sul continente europeo. Una terza caratteristica della guerra dei Trent'anni fu l'emergenza di nuovi protagonisti sulla scena politica europea: le potenze del Nord, la Danimarca e, soprattutto, la Svezia. Infine, il conflitto fu una guerra di massa, forse la prima della storia moderna: quasi 100 milioni di europei furono coinvolti nello scontro e i costi furono elevatissimi. La periodizzazione più tradizionale per dividere la guerra dei Trent’anni prevede quattro fasi: la fase boemo-palatina; la fase danese; la fase svedese; la fase francese. La fase boemo-palatina (1618-1624) Nel 1618 la distruzione di alcune chiese protestanti porta alla defenestrazione di Praga. Ferdinando di Stiria vinse le resistenze del morente imperatore Mattia e richiese l'intervento armato delle forze imperiali che nell'agosto dello stesso anno entrarono in Boemia. A fianco di quest'ultima si schierarono Federico V, principe elettore del Palatinato e capo dell'Unione evangelica, e il duca di Savoia. Per reazione scese in campo anche la Lega cattolica. Nell'agosto 1619 le province dell'Unione evangelica elessero come nuovo sovrano Federico V, ma nello stesso mese Ferdinando di Stiria venne eletto imperatore con il nome di Ferdinando II. Federico V godeva di una fitta rete di alleanze: - aveva sposato in Inghilterra la figlia di Giacomo Stuart, Elisabetta, e ricevuto l’onorificenza dell’Ordine della Giarrettiera. - era appoggiato dalle Province Unite e da Venezia contro gli spagnoli Nonostante ciò, l'esercito dell'Unione evangelica Fu sconfitto da quello dell'imperatore Ferdinando II nella battaglia della montagna bianca nel 1620, vicino Praga. Alla sconfitta di Federico V seguono violente repressioni e una campagna di riconquista cattolica. I Gesuiti usano la stampa per diffondere caricature di Federico ritratto in fuga mentre perde la giarrettiera (simbolo dell’alleanza con gli inglesi) e si impegnano, attraverso il monopolio dell’istruzione, a realizzare la restaurazione cattolica. Intanto, nel 1621, alla scadenza della tregua d'Olanda di 12 anni, si riapre il fronte di guerra tra la Spagna, con il primo ministro conte-duca d’Olivares, e le Province Unite. In questi anni la Spagna riuscì a mettere a segno una serie di vittorie contro esercito olandese. Un terzo fronte di guerra si aprì in Italia: nel 1625 la Spagna intervenne a fianco dei cattolici della Valtellina contro i seguaci della Riforma. La fase danese (1625-1629) Il conflitto assume una dimensione molto più ampia per l’entrata in guerra di una delle medie potenze: la Danimarca. Qui regnava, all'epoca della guerra, il giovane sovrano Cristiano IV. Egli era riuscito a creare uno Stato relativamente solido dal punto di vista finanziario grazie alla riscossione dei dazi sul 90 canale di Sund e all'esportazione di bestiame verso la Germania. Forte dell'appoggio di Olanda e Inghilterra e della Francia di Richelieu (impegnata, tuttavia, in questo periodo, nella lotta contro gli ugonotti) Cristiano IV interviene a fianco dei protestanti contro l’Impero, al fine di mantenere il controllo del Baltico (in funzione anti-svedese). Intervenne, però l’esercito asburgico, guidato da Alberto von Wallenstein, che sconfisse le truppe protestanti, invase la Danimarca, la costrinse a una pace umiliante e, praticamente, la escluse al gioco del conflitto. Con la Pace di Lubecca (1629) Cristiano IV rinunciò ad ogni ingerenza nell’Impero. L'imperatore a sua volta emanò l'Editto di Restituzione, in base al quale dovevano essere riconsegnati alla chiesa cattolica tutti i beni confiscati dopo il 1552. Alla fine della seconda fase della guerra l'impero estendeva quindi il proprio controllo sul Mare del Nord e sul Baltico. La fase svedese (1630-1635) Nel 1592 il re di Polonia Sigismondo Vasa ereditò anche la corona di Svezia, ma nel 1599 la Dieta svedese depose quest'ultimo a cui successe lo zio, Carlo IX. Le mire espansionistiche di Carlo verso la Polonia e verso la Danimarca non ebbero successo; costituirono, tuttavia, le linee direttrici per l'affermazione della Svezia sia sul piano interno sia su quello internazionale, che fu l'opera del successore Gustavo Adolfo. I fattori che permisero l'ascesa tanto rapida della Svezia furono: - il possesso di una fonte di ricchezza importantissima, cioè le risorse minerarie come ferro e rame - un sistema di rapporti di produzione che privilegiava la piccola proprietà contadina, da cui venivano reclutati i soldati - l’abilità politica e amministrativa del re Gustavo Adolfo, che si circondò di ministri di elevatissima esperienza e seppe creare un sistema di potere fondato sul rapporto privilegiato con l'aristocrazia e sul suo coinvolgimento nell'amministrazione dello Stato. Gustavo Adolfo, definito “Leone del Nord”, dopo aver stipulato un trattato d'alleanza con Richelieu, scese in guerra: si spinse in Germania con il suo esercito, occupò Monaco, centro della Lega cattolica, e a Lützen (1632) sconfisse l'esercito imperiale, morendo però in battaglia. La morte del sovrano disorientò le truppe svedesi le quali furono sconfitte da quelle imperiali nel 1634, a Nordlingen. I principi protestanti li abbandonarono e firmarono il 1635 la pace di Praga. Anche alla fine della terza fase il sistema di alleanza cattolico pareva avere il sopravvento sul sistema alternativo. La fase francese (1635-1648) 91 Richelieu, interessato a costruire l’egemonia francese in Europa, decide di scendere direttamente in campo contro gli Asburgo (non solo diplomaticamente, come negli anni precedenti). Le due parti in conflitto erano ora Francia, Svezia, Olanda contro Spagna e Impero. Al trono imperiale era succeduto Ferdinando III. Le fila della politica francese erano tirate, in questi anni, da Richelieu, mentre il suo omologo spagnolo, il conte-duca d’Olivares, impegnava la Spagna su più fronti. A Rocroi, nel 1643, nelle Ardenne, Luigi di Borgogna, principe di Condé, comandante delle truppe francesi, ottenne una brillantissima vittoria sugli spagnoli. Insieme agli svedesi, i francesi penetrarono in Sassonia, Boemia, Palatinato, Alsazia e si spinsero fin nella Baviera. Nel 1644 iniziarono le trattative di pace a Osnabrück e Münster: sono necessarie due diverse trattative perché non si riuscivano a sintetizzare i diversi punti di vista delle presenze chiamate al tavolo delle trattative, per questo si decise di trattare nella prima con i cattolici e nella seconda con i protestanti. Al principio del 1648 gli spagnoli firmarono la pace separata con l'Olanda, riconoscendo definitivamente la sua indipendenza. La pace di Vestfalia, che pose fine alla guerra dei Trent'anni, fu siglata nell'ottobre del 1648 solo da Impero, Francia e Svezia. La Spagna non firmò il trattato: la guerra con la Francia, dunque, continuò. La pace di Vestfalia sintetizzava gli accordi presi separatamente a Münster e a Osnabrück e prevedeva: • Si confermò il principio del cuius regio, eius religio, sancito ad Augusta nel 1555, con alcune integrazioni: - i principi potevano scegliere la religione del loro Stato - i sudditi erano tenuti a seguire quella che era stata la religione di famiglia da almeno 25 anni indietro - chi non voleva seguire questa norma era tenuto a lasciare il paese, conservando tuttavia il proprio patrimonio • La Francia ottenne numerosi guadagni territoriali che le permisero di estendere i propri confini fino al Reno e ad alcuni territori italiani; inoltre, le fu riconosciuto il ruolo di arbitro del trattato per via della mediazione diplomatica e di intervento politico, oltre che militare, nei conflitti locali. • Anche la Svezia ottenne alcuni territori che le permisero di sancire il proprio primato nel Baltico e nel Mare del Nord. • In Germania, invece, la pace di Vestfalia riconobbe apertamente la sovranità dei circa 350 domini che componevano il Sacro Romano Impero e vi si associavano. Si rafforzarono quindi i poteri dei principi territoriali con la conseguente restrizione delle prerogative dell'imperatore elettivo e della sua Dieta, a cui erano riconosciuti solo poteri di arbitrato e di coordinamento. Alla fine della guerra i tre stati germanici che emergevano più potenti erano: Brandeburgo, Sassonia e Baviera. • Infine, venne riconosciuta solennemente l'indipendenza dell'Olanda. 9.6 Verso un'Europa multipolare: il nuovo quadro internazionale dopo le paci di Vestfalia, Pirenei e Oliva La guerra tra Francia e Spagna continuò dal 1648 al 1659. Le sorti della guerra franco-spagnola mutarono radicalmente dopo la battaglia delle Dune del 1658, grazie anche all'alleanza tra Francia e Inghilterra. Con la pace dei Pirenei del 1659, la Spagna cedeva all'Inghilterra e alla Francia parte dei propri territori statali e coloniali. Inoltre, il matrimonio di Luigi XIV con Maria Teresa, figlia di Filippo IV, stabilì altri legami tra Spagna e Francia. La guerra proseguì nel Baltico tra il sovrano svedese Carlo X e la Danimarca, alleata con l'elettore di Brandeburgo-Prussia. Nel 1660 la pace di Oliva, grazie alla mediazione diplomatica di Mazarino, concludeva il conflitto a spese dello stato più debole, la Polonia: parte dei suoi territori venne spartita fra Svezia, Brandeburgo e Russia. 92 1.1 al livello più basso si trovano i lavoratori dei campi, i braccianti, gli operai pagati a ore nelle fabbriche o nei negozi 1.2 al secondo grafico ci sono i copyholders, cioè i detentori di una terra signorile, e i freebolders, cioè i liberi detentori di una piccola proprietà fondiaria 1.3 al terzo gradino ci sta la borghesia 95 2.4 il primo gradino del secondo piano (cioè il quarto gradino) era occupato dai pubblici funzionari, dagli avvocati e dagli ecclesiastici 2.5 al quinto gradino troviamo gli esquires e l’elite della gentry 2.6 infine il gradino più elevato era occupato dai Pari e dall'aristocrazia Elisabetta rimase nubile e senza figli, pertanto alla sua morte gli successe Giacomo I, figlio di Maria Stuart regina di Scozia (e quindi a sua volta anche re di Scozia): si realizzò così l’unione dell’Inghilterra e della Scozia, sotto il regno di Giacomo I. Il suo regno fu un'età di forti lacerazioni e contrasti, che investirono, in sostanza, tutti gli ambiti della politica. ● Politica religiosa: - il re sosteneva la Chiesa anglicana episcopalista a cui si opponevano i puritani, una corrente del calvinismo più ortodosso, che predicava l’abolizione del potere delle gerarchie ecclesiastiche. Questo movimento religioso, si trasformò quindi anche in politico, dal momento che si opponeva alla religione di Stato, i cui ministri acquistavano sempre più potere. ● Politica economica: - carenza di supporti allo sviluppo produttivo - ridotti finanziamenti alla flotta ● Politica fiscale: - tentativo di tassare la rendita fondiaria, osteggiata e affossata dal Parlamento ● Politica estera: - avvicinamento tra Filippo II, re di Spagna, e Giacomo I, fortemente osteggiato dal ceto civile. In particolare, il risultato della nuova intesa anglo-spagnola, fu la decapitazione di Walter Raleigh, esplorato inglese (fondatore della Virginia, la prima colonia inglese in America) che sosteneva la necessità di una guerra contro la Spagna. ● Politica interna: - il conflitto tra il Parlamento e la corte era alimentato dalla corruzione e dal clientelismo dell’apparato di governo. Il suo centro era costituito dal favorito del re, il duca di Buckingham, dispensatore di prebende e titoli nobiliari non solo per donazione ma anche per accrescere il proprio appoggio politico. Per comprendere meglio il clima che caratterizzò il regno di Giacomo I è interessante ricordare la Congiura delle Polveri o meglio conosciuta come ‘‘The Gunpowder Plot’’, considerata ancora oggi il simbolo della lotta contro la tirannia e il potere politico forte. Questo complotto, infatti, è stato ordito da ferventi cattolici e aveva come scopo l’uccisione del re Giacomo I e della sua dinastia e l’esplosione del Parlamento con una carica esplosiva dalla quale il nome ‘‘gunpowder’’. Il piano prevedeva l’assassinio e l’esplosione durante la cerimonia di apertura del Parlamento inglese, lo State Opening, che si sarebbe tenuta il 5 novembre 1605. Il loro scopo era creare di certo una monarchia ma cattolica. Tra gli esponenti principali del complotto si ricordano il capo Robert Catesby e Guy Fawkes che sarà trovato in possesso di 36 barili di polvere da sparo nella notte del 4 novembre. Il piano infatti fallisce perché svelato da una lettera misteriosa mandata a Lord Monteagle che venne poi recapitata al re pochi giorni prima dell’attentato. Nonostante il fallimento della congiura, rimane significativo l’atto per capire in che clima si troverà sempre il sovrano Stuart a governare. 96 10.2 La reazione di Carlo I Alla morte di Giacomo I sale al trono Carlo I (1625-1649), sposo della cattolica Enrichetta Maria di Francia, ultima figlia di Enrico IV. Carlo sale al potere durante la guerra dei Trent’anni e gli scontri tra cattolici e ugonotti in Francia. Proprio per sostenere questi ultimi, esplose il conflitto tra sovrano e Parlamento, contrario all’imposizione di nuove imposte fiscali. I parlamentari infine accettarono di approvare la richiesta regia di denaro per far fronte alla guerra solo dopo aver ottenuto dal sovrano il riconoscimento della Petition of rights. Nel 1628 il Parlamento presenta la Petizione dei diritti, mediante la quale le Camere chiedono il rispetto degli antichi diritti: ● consenso del Parlamento per tutte le forme di imposizione fiscale straordinaria, legate alle esigenze del paese. ● mandati d’arresto affidati solo ai tribunali ordinari e non ai tribunali speciali ● divieto di ricorrere alla corte marziale e di imporre acquartieramenti militari nelle case private La reazione di Carlo I si sviluppò lungo tre direttrici fondamentali: 1. LA REAZIONE POLITICA: nel 1629 il sovrano sciolse il Parlamento e, in sostanza, diede vita a un governo personale formato da lui stesso, dal Consiglio Privato e dalla Camera Stellata, che aveva la giurisdizione sui reati di lesa maestà e che, nei fatti, divenne un vero tribunale politico per l’eliminazione degli oppositori. Il potere fu affidato a Thomas Wentworth, conte di Strafford, governatore in Irlanda dal 1633 al 1639. 2. LA REAZIONE RELIGIOSA: nel 1633 fu nominato arcivescovo di Canterbury William Laud, così che il connubio tra Chiesa e Stato divenne ancora più stretto. Fu ripristinato il privilegio dei vescovi, che ricomparvero nel Consiglio Privato e nelle altre magistrature. Si riformò la proprietà ecclesiastica. Le persecuzioni dei puritani, compiute da Laud, costrinsero all’emigrazione molti oppositori religiosi, che andarono a formare le prime comunità inglesi nordamericane nel Massachusetts. 3. LA REAZIONE ECONOMICA E SOCIALE: il sovrano concesse nuovi monopoli e la vendita di titoli nobiliari. La Corona, inoltre, incentivò un ulteriore irrigidimento corporativo e sollecitò un sempre più stretto rapporto tra il sovrano e i Lord, ossia l’alta aristocrazia. Carlo I tentò quindi di stabilire un assolutismo gerarchico, socialmente stabile e paternalistico, caratterizzato da un ruolo di tutela del sovrano, alleato con la Chiesa e in piena sintonia con la teoria e la prassi degli altri Stati europei (come in Francia e Svezia). Ma questo tentativo ha esiti negativi perché alla monarchia inglese mancano alcuni requisiti fondamentali: · unità religiosa · esercito permanente e burocrazia salariata ed affidabile · credito finanziario a lungo termine. Per esempio, il tentativo di imporre la ship money (una tassa sulle navi, così da permettere la costruzione di una flotta), fallì per la mancanza di mezzi per la riscossione delle tasse. Alla fine degli anni Trenta il malcontento verso il sistema di corte si spostava direttamente verso il sovrano: la crisi di fiducia investiva i vertici del potere fino al re. Il sistema politico inglese Il sistema politico (the body politic) inglese ha costituzionalmente tre componenti: 97
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