Scarica Dispensa del libro "Avviamento alla Pedagogia" e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia solo su Docsity! Capitolo 1 l'educazione come apprendimento:
“apprendere per la vita”
Per capire bene che cosa sia l'apprendimento, bisogna partire da lontano ponendosi due domande:
. In cosa consiste?
. A che cosa serve?
Ricordare una scelta giusta e ripeterla vuol dire appunto averla presa.
Per rispondere alla seconda domanda porterò come esempio le parole di un grande
filosofo contemporaneo, Karl Popper. Egli disse che fra Einstein è un'ameba c'è solo una
differenza fondamentale:
l’ameba se sbaglia la scelta muore, se Einstein sbaglia scegliendo un'ipotesi, muore solo
l'ipotesi sbagliata, lui ne sceglie un'altra, e va avanti così finché non trova quella giusta. La scienza
e’ quindi il caso più alto di apprendimento per tentativi ed errori.
1.2 come avviene l'apprendimento.
Che si apprenda per tentativi di errori non solo è facile da capire perché ci accade
continuamente di farne esperienza ma è anche stato il concetto chiave di una famosa teoria
psicologica dell'apprendimento, “la teoria comportamentista”. Gli psicologi del comportamentismo,
ponevano quest'ultimo alla base dell'apprendimento: “consideravano l'apprendimento come una
modifica del comportamento, o l'acquisizione di un comportamento nuovo, limitandosi perciò a
studiare dalle modifiche di esso come conseguenza di stimoli provenienti dall'ambiente”.
Legge dell'effetto: il cambiamento di un comportamento si ottiene attraverso una serie di tentativi
errati corretti in base ai risultati e agli effetti ottenuti.
I comportamentisti, consideravano l'apprendimento esclusivamente nei limiti dell'osservazione
degli stimoli e delle risposte che si determinavano e concepivano, il sistema nervoso e in
particolare il cervello come una scatola nera. Ma la teoria comportamentista odierna, è stata
integrata per quanto riguarda la specie umana da altre teorie più complesse. L'apprendimento e
il linguaggio può essere concepito come una serie di risposte linguistiche a stimoli linguistici
provenienti dall'ambiente, ma dire una parola confort comporta riferirsi a un'idea che sia in
testa. Apprendere un linguaggio vuol dire apprendere le idee che il linguaggio esprime e che
sono costruite nella nostra mente la maggior parte delle nostre idee nasce da percezioni
sensoriali che sono elaborate dalla mente in immagine: un certo insieme di percezioni così
elaborate da un'immagine di una figura.
L'elaborazione della nostra figura è stata studiata dai filosofi come operazioni logiche, non
come fenomeni di apprendimento, le possiamo riscontrare e ricostruire nella nostra mente e
dimostrano che essa non è una scatola nera, come sostenevano gli psicologi comportamentisti,
poiché noi siamo in grado in questo caso di dire come la mente funzioni ragionando. In questo
ci aiuta l'introspezione.
Le teorie cognitiviste, si occupano appunto di capire quel che accade nella nostra testa e più
precisamente nella nostra mente: fanno delle ipotesi in merito e ne cercano conferme indirette le
teorie che nascono in tal modo non affermano che il cervello umano sia identico a un computer
ma che il suo funzionamento deve essere in qualche modo analogo a quello di un computer o
piuttosto di quelle macchine che realizzano i processi di apprendimento imitando le reti di
neuroni.
In genere queste teorie considerano il l'apprendimento come il risultato di un'elaborazione di
informazioni (Information processing).
Un'altra teoria cognitivista sostiene che la mente umana prende in base a ciò che già sa’.
Teorie di questo tipo si chiamano «costruttiviste».
1.3Apprendimento ed esperienza
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Esistono altre teorie dell'apprendimento che si presentano come loro variazioni o come
combinazione di loro elementi inclusi in particolari attività della mente ad esempio il “problem
solving”.
Possiamo riportare a quella parte della psicologia per ulteriori approfondimenti che si occupa
soprattutto dello sviluppo dell'intelligenza durante l'infanzia e l'adolescenza sulla base degli
studi fondamentali di Jean Piaget.
Analoga a Piaget c'è un'altra teoria molto più complessa dell'apprendimento che lo tratta come
esperienza e ha una base scientifica anche se è stata trattata in termini filosofici da John Dewey.
Quando parliamo di esperienza ci riferiamo a questo rapporto: al fatto di agire nell'ambiente
fisico di reagire adesso, respirare a nutrirci a muoverci in esso soltanto in esso e a condividerlo
con altri esseri come noi, al dipendere da alcuni di loro e di e dipendere di alcuni e dipendere di
alcuni di loro da noi tutti i rapporti reciproci. Noi siamo nell'ambiente al modo stesso in cui
siamo parte dell'ambiente di altri esseri viventi e di altri esseri viventi ancora.
Potremmo così affermare che la nostra esperienza e’ controllabile.
Possiamo affermare che l’esperienza è connaturata.
L'apprendimento e’ la costante di organizzazione della nostra esperienza rientrando in questa
visione nell'ambito delle teorie costruttiviste.
1.4 apprendimento e memoria
Non ci può essere apprendimento senza memoria; Quando si impara per tentativi di errori, ad
esempio si devono ricordare i tentativi sbagliati per non ripeterli e per ripetere quelli giusti. La
memoria esaminata dalle neuroscienze ed è distinta in memoria a breve termine e memoria a lungo
termine.
Ma esiste anche una memoria di lavoro, che comprende tutte le abilità apprese e impiegate per
svolgere l'attività mentale.
La seconda osservazione è questa: di solito quando ci troviamo di fronte a un problema di qualsiasi
specie siamo obbligati a scegliere un modo di affrontarlo e se possibile di risolverlo; I tentativi che
hanno successo ci procurano soddisfazione eh al contrario i tentativi sbagliati ci portano
frustrazione. e a capo la gratificazione e la frustrazione sono due emozioni e sono fondamentali
nell'apprendimento:
-la gratificazione porterà a fare nostro un comportamento;
- la frustrazione può né porterà all'estinzione
1.5.la motivazione e la scelta
La sopravvivenza e la motivazione fondamentale all’apprendimento, l'apprendimento consiste
nel ricordare e ripetere in ogni occasione le scelte giuste.
Possiamo quindi concludere che i due tratti fondamentali dell'apprendimento sono la
motivazione e la scelta.
Si apprende quando si è motivati a fare delle scelte che servono soddisfare
1.6 Punto sei apprendimento ed emotività
L'apprendimento ha una componente emotiva essenziale. È implicita nella natura della
motivazione, la quale è sentita dall'organismo, nasce dalle reazioni fra l'insieme degli organi e
degli apparati di cui esso è costituito è l'area più profonda (Il sistema limbico) del cervello, dove
nascono i sentimenti.
L’emotività opera nell'organismo umano in modo molto più generale e pervasivo a due livelli:
° E° quello della frustrazione e gratificazione.
. Riguarda soltanto la nostra specie, ha a che fare con tutta la nostra
personalità, con il complesso di rapporti fra stati fisici e conoscenze, memorie, credenze,
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vista dell'allievo a sua volta lui deve comunicare all'insegnante quel che ha capito, la
ricostruzione dei singoli concetti e dei loro nesti di come è riuscito a ricostruirlo. In
un rapporto educativo ideale l'allievo si preoccupa direttamente di rimandare
all'insegnante il messaggio ricevuto: “ instaura con lui un dialogo attraverso il quale
il contenuto del messaggio iniziale puo essere corretto fino a coincidere a sufficienza
con quelli originari. In questo caso l'insegnante e allievo si sono capiti e si potrebbe
parlare di ottimizzazione dell'apprendimento”.
Se la classe è ben organizzata ogni allievo e’ in modo stesso destinatario della
comunicazione dell'insegnante e anche destinatario di ogni comunicazione dei suoi
compagni. Un dialogo giusto può intrecciarsi tra tutti i componenti della classe del
proprio insegnante. Sta nella didattica generale spiegare come si può arrivare ad un
tale risultato in una classe e come questi intrecci di messaggi possono diventare un
lavoro di gruppo.
2.5 La comunicazione scritta
Quanto si è detto della comunicazione dell'insegnante orale vale anche per la
comunicazione scritta. Il contenuto del libro e dei libri diventa così l'oggetto
preferenziale della comunicazione scolastica. Assumono una funzione analoga di
oggetto comune anche eventuali messaggi scritti dagli allievi o dall'insegnante nel
senso che nella situazione ideale a cui si riferisce: “appunti, sintesi, parafrasi di testi
e altri scritti possono concorrere a integrare il processo di comunicazione interna al
gruppo classe nel comportamento degli allievi si saranno riconosciuti i caratteri
dell'apprendimento”. L'allievo che dal messaggio dell'insegnante (stimolo) risponde
ad esso decodificando con un tentativo di comprenderlo. Si potrebbe analizzare
questo processo attraverso lo schema dei tentativi ed errori; si può aggiungere anche
che il comportamento mentale di un alunno dopo la decodifica del messaggio si trova
modificato.
L'aver riconosciuto che la comunicazione dell'insegnante non è accolta passivamente
dall'allievo sta a dire che l'allievo sui messaggi dell'insegnante opera in proprio con
motivazioni proprie, scegliendo da sé i modi di ricostruire il loro significato,
accettandolo o no... ossia opera secondo la propria libertà!
Capitolo tre rapporto e processo educativo
3.1 il rapporto educativo come problema pedagogico.
Il rapporto educativo, è stato ed è ancora oggi uno dei problemi pedagogici
tradizionali. Tale rapporto assieme ai fini dell'educazione hanno sempre avuto il
centro dell'attenzione. Del fine dell'educare si discute prevalentemente quando si
impianta la ricerca pedagogica dal punto di vista morale, sociale, politico. Si esamina
per cui rapporto educativo, quando si ha riguardo all'esito dell'opera dell'insegnante e
quindi all'efficacia di essa. L'attenzione e l'interesse di chi vuol comprendere in qual
modo si svolge l'atto dell'educare e’ quindi l'insegnante. Poiché attraverso di esso si
forma la persona tanto dal punto di vista intellettuale e tanto da quello morale,
riuscire a capire come operi nella mente, nel cuore e nell'anima del fanciullo l'atto
dell'educare implica molte altre questioni relative appunto ai concetti espressi da
queste parole .
3.2 dalla centralità del maestro alla centralità dell'educando.
Finora si è parlato degli insegnanti e di allievi, ma nella storia
dell'educazione quando questa si rivolgeva a quasi soltanto l'infanzia : le serie
educative erano soltanto la famiglia e la scuola. In opere fondamentali nella storia
della pedagogia prendono il titolo de Magistro in Sant'Agostino e San Tommaso, e
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gli allievi quando si parla di loro appaiono soprattutto come gli oggetti o i destinatari
dell'attività educativa. Per quanto la scuola di tutti i giorni abbia tenuto sempre ben
poco conto di queste teorie, l'attenzione degli studiosi andava rivolgendosi sempre
più deliberatamente alla natura del bambino e dell'adolescente .Cercando di
individuare le leggi naturali della loro maturazione psichica ed emotiva.
La svolta decisiva si ebbe con l'illuminismo e fu segnata da opere come la
“Didactica Magna” di G.A.Komensky soprattutto dal “Emilio” di J.J Roseau 1769.
Dopo Rousseau, l’educando passa decisamente al centro del rapporto educativo e
l'azione del maestro è obbligata a uniformarsi ai suoi bisogni e interessi, le sue
capacità intellettuali, la maturità morale.
Si parlò allora di una rivoluzione Copernicana in pedagogia in analogia con il
cambiamento portato da Copernico dell'universo conosciuto delle antichità. Con
questo centramento, la figura del maestro era messa in secondo piano, fino ad
apparire quasi sfocata in certe teorie della scuola.
3.3 il rapporto educativo oggi
In Italia la pedagogia di Giovanni Gentile, aveva evitato un esito del genere. Il suo
interprete più profondo Giuseppe Lombardo, manteneva posizioni più equilibrate
concependo il rapporto educativo come un incontro di due spiriti in un certo senso
alla pari: “l'alunno cerca nel maestro la propria coscienza, ma è anche giudice del
maestro”.
Anche negli Stati Uniti la pedagogia di John Dewey evitava il puro centrismo,
concependo il rapporto maestro allievo come ad un rapporto che per sua natura
configura i ruoli tanto del maestro che dell'allievo. Due soggetti diventano maestro
allievo soltanto nell'ambito del rapporto educativo; Al di fuori di esso sono soltanto
un uomo e un ragazzo o una ragazza, è perciò il rapporto educativo che detta i
comportamenti di ciascuno dei due assegnando a loro ruoli.
La condizione dell’ educando è quella del figlio in famiglia e dell'allievo della scuola
3.4 il rapporto fra autorità e libertà nell'educazione
Il ruolo di educatore, che è sempre naturale nel rapporto educativo, tuttavia va
incontro a problemi più o meno seri in ragione della maturità dell'educando di cui si
è descritta la condizione. La quale condizione è ben chiara a noi che ci rifacciamo la
teoria del naturale, ha origine anche la inconsapevolezza di essa un bambino, un
bambino piccolo e disponibilissimo ad apprendere.
Un bambino piccolo, non fa altro che apprendere tutta la sua giornata. Nei suoi
primi anni non ha neppure bisogno di educatori perché è impegnato a fare
un'esperienza globale di tutto il piccolo mondo in cui vive.
In questa situazione il bambino realizza la sua condizione di libertà.
E’profondamente motivato ad apprendere, scegliendo quel che gli va di apprendere
secondo i bisogni e gli interessi del momento. Nel tentativo di imparare sceglie, caso
per caso, il comportamento che gli sembra più buono. Sbagliando e correggendosi
senza soste!
Anche in quel piccolo mondo ci sono cose che egli non sa. Nel concetto di quel che è
bene e quel che male vi entra l'educatore. Il rapporto educativo a questo punto si
configura come conflittuale il conflitto è fra la libertà dell'educando bambino e
l'educatore genitore, perché non puoi rinunciare a insegnargli, per questo ha bisogno
di imporsi e così il rapporto educativo si configura come rapporto fra autorità
dell'educatore e libertà dell'educando. Tale rimarrà la sua configurazione in tutta la
vita familiare e successivamente nella vita scolastica. Quando si è individuata la
libertà dell'educando intomno ad essi si è costruita completamente la sua figura ci si
trova di fronte al problema del rapporto fra autorità dell'insegnante e libertà
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dell'allievo nella sua forma più complessa l'insegnante non è che il giudice più
sensibile, più esperto, più accettato.
Questa è la teoria della didattica generale dovrebbe fornire i mezzi per realizzarla.
3.5 conflittualità del rapporto educativo e scuola di massa
Un vecchio adagio pedagogico, dice che l'alunno non giunge alla scuola come una
tabula rasa perché reca con sé tutta la precedente formazione familiare ambientale
ciò serviva a orientare l'insegnante e a fargli tener conto della cultura appresa. Per
fare si venga utilizzata al meglio come punto d'innesto dell'azione didattica
successiva. La cultura di cui era portatore l'allievo soprattutto quello della scuola
secondaria era analoga a quella della scuola dove molti allievi erano cresciuti nella
medesima classe in cui si sono formati i loro insegnanti.
Ma nella scuola di massa questa situazione è cambiata, la maggior parte degli alunni
giunge da culture di classi socialmente depresse, storicamente lontane dalla cultura
nazionale e sono perciò portatori di valori, abitudini, costumi e mentalità differenti a
quelle degli insegnanti.
3.6 il processo ed educativo dalla teoria alla realtà
La teoria coincide con la realtà concreta fino a che si parla dell'educazione naturale.
La scuola è un ambiente sociale come ogni altro in esso si formano rapporti sociali
fra gli insegnanti, fra loro e gli allievi, fra questi ultimi in genere. Questi rapporti
assieme agli eventi quotidiani che nascono, gli eventi esterni che la scuola riflette nel
proprio ambito, è fonte di esperienze e quindi di apprendimento
3.7 l'educazione: un'attività a rischio
È da sperare che chi legge possa contrapporre per propria esperienza quello di
insegnanti maestri veri. Capaci di formare coscienze morali e persone
autenticamente colte. Per fortuna non sono più rare eccezion! La differenza viene
percepita immediatamente dai ragazzi e la utilizzano in pieno, il compito che oggi ci
si propone nella forma professionale degli insegnanti è quella di aumentare
progressivamente il numero di queste eccezioni... fornendo strumenti tecnico
didattici che possano rendere più facile ed efficace il loro lavoro, ad ottenere
l'attenzione degli allievi, utilizzandola in modo soddisfacente per i propri obiettivi
culturali.
Capitolo quattro educazione, scuola e società
4.1 La scuola, istituzione sociale e artificiale
La scuola non è una istituzione naturale, come si dice della famiglia, l'educazione
nella sua struttura di rapporto educativo e’ naturale e in quanto tale si esaurisce in
essa fino a che non diventa necessario in certe società affidarla ad un'istituzione
specializzata come la scuola. L'educazione elementare ha una sua origine autonoma,
al tempo stesso religioso e politica. L'educazione diveniva così un problema
personale: ogni persona doveva avere una credenza, una fede da cui trarre l'enorme
morale della propria esistenza e per dare un senso alla propria vita; era sentita anche
come un'esigenza sociale dovunque esisteva una comunità che richiedeva
convivenza civile.
4.2 origini religiose della scuola moderna e secolarizzazione
La secolarizzazione dal secolo diciottesimo in poi ha tolto lilm monopolio alle
chiese dell'educazione in tutta l'Europa continentale.E” stato il processo per il quale il
primato della Chiesa viene eliminato e gli Stati si fondano sulla volontà del popolo.
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sulle migliori qualità morali e comunicative della persona e associando a una psicologia
personale molto concreta riusciva a sollevare entusiasmi e a sollecitare lo spirito di servizio
degli insegnanti. Nel complesso la didattica della prima metà del secolo aveva verificato e
assunto positivamente alcuni concetti fondamentali:
* Lanecessità di motivazione e' la base dell'apprendimento;
+ l'esigenzadisocializzazione;
* L'importanza dei fattori emotivi.
6.3 la didattica della cooperazione educativa
Un modo di affrontare l'insegnamento mediante particolari tecniche fu proposto da Freinet.
La loro caratteristica consisteva nel sollecitare la cooperazione fra gli alunni, con attività’ molto
motivanti.
Una classe era una cooperativa di produzione culturale, che muoveva dall'esperienza degli alunni, la
traduceva in ricerche sull'ambiente quotidiano, ne ricava la sua storia, la sua geografia locale e
svolgeva ricerche su fenomeni fisici, su animali, sulle piante jallargava la ricerca sui prodotti umani
da quelli artistici traduceva tutta l'esperienza raccolta in relazioni, i testi personali illustrati dagli
alunni, sovente poesie venivano stampate dalla tipografia semplificata inventata da Freinet
costituivano un corpus di notizia divulgare ad altre classi. Era molto motivante questa attività . La
classe diveniva così un organismo collettivo gestito dagli alunni, con la consulenza e la
partecipazione degli insegnanti. Realizzava un modello di una comunità di ricerca fondata sulla
cooperazione, su valori morali come il senso di responsabilità verso la comunità e l'autodisciplina.
Tale impostazione al lavoro scolastico comportava un costante aggiornamento degli insegnanti
operante su un circuito internazionale. L'impostazione di Freinet riassume così i caratteri portanti
della didattica della prima metà del secolo che sono:
* Lamotivazione;
. La socializzazione;
* L'importanzadel fattore emotivo.
Si trattava di caratteri impliciti anche nella didattica dell’idealismo. Essi restarono fermi nei
successivi sviluppi della didattica anche quando questa verso gli anni ’60 si trasformò
profondamente.
6.4 la questione della valutazione del rendimento scolastico
Una delle questioni didattiche che era maturata nella ricerca didattica avanzata “pedagogia
sperimentale”, durante il periodo di cui si è detto era quella della valutazione dell'apprendimento
scolastico. Una questione fondamentale che si poteva risolvere attraverso strumenti scientifici che
garantissero quello che la scuola non era riuscita a definire oggettivamente.
Cutigliano aveva elaborato il concetto di maturità per le valutazioni finali della scuola secondaria;
Un concetto quanto mai discutibile e discusso, che dava luogo a trattamenti e risultati d'esame
incommensurabili da una commissione d'esame all'altra, da un anno all'altro la scuola è differente
eccetera. Ancora oggi basta seguire una sessione di esami nelle nuove forme in cui la prova è stata
regolata, per rendersi conto di quanto entri il caso nelle valutazioni. La questione era stata affrontata
in Italia dalla fine degli anni 50 ed ha dimostrato la l'inattendibilità delle valutazioni empiriche in
uso nella nostra scuola.
Molto più difficile è stato è stata la sostituzione con prove oggettive:
“Dovevano fornire una misurazione oggettiva del rendimento nelle diverse materie per dar luogo
alla valutazione vera e propria. Si trattava di una derivazione delle prove oggettive di intelligenza
ovvero i test di intelligenza che hanno poi rivelato una validità discutibile anche se non
trascurabile. Per quanto riguarda il caso del rendimento scolastico, l'intelligenza era applicata
solamente ad alcuni contenuti e si manifestava nel modo di trattarli, giungendo a certi risultati
colturali.I test si sono rivelati in molti casi strumenti attendibili, le tecniche si sono andate affinando
nel tempo per essere attendibili devono essere validate su un sufficiente numero di soggetti prima di
essere somministrati a quelli da valutare
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La pedagogia sperimentale richiede una preparazione particolare che non è nelle tradizioni
degli studi pedagogici
7.5 la ricerca storica
In questo libro, si tratta l'educazione come essa si presenta oggi ricorrendo, a qualche cenno
storico soltanto quando risultava difficile farla comprendere.
È difficile dimostrare che cosa insegna in materia una conoscenza storica della nostra scuola del
700 e dal 700 in poi. Per dimostrarlo bisognerebbe farla la storia della della scuola e delle
istituzioni educative. E’ una parte importante della nostra storia civile e politica, cosicché per
ogni altro paese.
Naturalmente l'altra branca della storia è importante dal punto di vista pedagogico, la storia
della pedagogia trattata in termini teorici.
7.6 altre scienze dell'educazione
L'educazione entra nell'ambito di ricerca di altre scienze come l'economia la medicina. D'altra parte
si occupa di questioni sociali come quelle del disadattamento. Ildisadattamento giovanile dei
soggetti svantaggiati.
L Capitolo 8 profili di insegnanti
8.1 chi e’ adatto a insegnare, e dove?
La didattica, la tecnologia dell'istruzione, la pedagogia sperimentale e la pedagogia con il loro
contorno di Scienze dell’ educazione costituiscono insieme col tirocinio il corredo teorico dell’
insegnante tipo di domani. Che in genere se non lo si mette alla prova non garantisce nulla circa la
sua competenza. Lombardo Radice, parlava del rapporto fra insegnante e allievi come di una
comunione d'anime. Per realizzare la comunione bisogna tener presente che non tutte le anime
docenti hanno le virtù di un passepartout emotivo e cognitivo che consenta di trovare le vie delle
anime educande di ogni età. Il tirocinio preliminare all'avvio della formazione professionale
potrebbe dare indicazioni ed evitare incomunicabilità nell'attività scolastica. Servirebbe inoltre a
valutare la attitudine educativa degli aspiranti insegnanti.
8.2 tipologia
Se si parla di scuola secondaria superiore, soprattutto il tipo più tradizionale di insegnante
culturalmente qualificato che si potrebbe chiamare Gentiliano è il più tradizionale.Si richiama ai
concetti didattici elaborati da Gentile quello che ha fiducia nella propria cultura vedendola come
patrimonio dotato di trasferibilità, di una comunicabilità fatta propria, con il diritto di richiedere
all'allievo impegno perciò una disciplina in senso scolastico.
In questo tipo di insegnante alla concezione che viene chiamata disciplinare della scuola e fa sì che
essa domini.
Ne risulterà un'autorità con gli esiti da parte degli alunni di autodifesa.
In alcuni casi è suscettibile di conversione che dura poco.Se non si ha una formazione professionale
sufficientemente fondata sarà sempre difficile comprendere che una didattica razionale non si può
improvvisare.
Un'altro tipo completamente differente e’ quello versatile e banalizzato. Esso scopre e si immerge
pienamente nella didattica imparandone il linguaggio e aggiornandosi costantemente. Di fi Tequenta
questo lavorio non corrisponde ad alcun approfondimento. Questo insegnante si ingegna a scrivere
0 ad improvvisare interventi usando il meglio di quanto compreso. Espressioni e termini che gli
assicurano che assicurino di rimanere nel giro degli esperti così da dover insegnare il meno
possibile, punta ad aggiornare i colleghi e sistemarsi in qualche ufficio di studi e documentazione.
In classe questo insegnante è insignificante, distratto da impegni estemni diventa pericoloso se si
assume funzione direttive. Rischierà anche di essere comandato negli uffici centrali o periferici
dell'amministrazione. Purtroppo questo tipo di insegnanti, che costituiscono la maggioranza del
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personale della scuola, fortunatamente in essa esistono da sempre altri tipi che per vocazione
effettiva a questo lavoro, per intelligenza e carattere, quando sono in classe stabiliscono un rapporto
leale costruttivo e genuino con gli allievi quanto per simpatia, empatia per gli allievi in quanto tali.
Essi sì limiteranno a insegnare partendo dal buon senso aiutando gli allievi in maniera
personalizzata per la naturale comprensione verso gli esseri umani. Se scopriranno che una teoria
pedagogica una metodologia didattica li può aiutare nel loro lavoro saranno sulla via che oggi nasce
nelle scuole di specializzazione per insegnanti di scuola secondaria 0 nei corsi di Scienze
dell'educazione per insegnanti alimentari purtroppo contrastata. Le associazioni professionali li
mettono in rapporto con la pubblicistica E su questo tipo di insegnanti che si può reggere oggi la
fiducia nella scuola
8.3 insegnare: un mestiere difficile e nessuno lo sa
È possibile la formazione di massa in un campo professionale delicato quanto l'insegnamento?
La questione riguarda meno la prima formazione che si potrebbe già valutare se si giudicasse dai
curriculum universitari per l'abilitazione degli insegnanti della scuola elementare e secondaria.
Riguarda l'aggiornamento di centinaia e migliaia di persone che non hanno mai avuto una prima
formazione.
Quale tipo di insegnante ci si attende dalla prima formazione universitaria?
La domanda è stata proposta molte volte nella storia della scuola ed ha avuto risposte differenti.
L'insegnante non dispone di di mezzi diagnostici perché l'insegnante ha una situazione piuttosto
difficile in quanto l'educazione non dispone di mezzi diagnostici precisi sullo stato della mente degli
allievi e su ciò che porterà il suo insegnamento. Si fiderà della sua intuizione e quindi può
continuamente sbagliare, in più deve riuscire a ottenere che la mente dei suoi allievi funzionino in
modo da costruire risultati culturali e comportamenti morali e anche sociali che la società richiede.
Ricordiamoci sempre che la mente degli alunni costruisce idee, elabora sentimenti e crea
comportamenti propri. In molti casi purtroppo insegnanti sono certi di aver comunicato le proprie
idee e se questo non è avvenuto ne danno la colpa agli allievi. Uno dei risultati della formazione
professionale dell'insegnante dovrebbe dargli la consapevolezza della difficoltà del proprio compito
e che è la professione più difficile del mondo.
8.4 Un nuovo tipo di insegnante: alcuni esiti della formazione
La prima formazione professionale dovrebbe avere anche l'esito di creare nei futuri insegnanti una
mentalità tecnologica. Anche il linguaggio ha la sua importanza nei curriculi universitari è inclusa la
didattica della lingua e nella scuola circola adagio che la lingua è materia di insegnamento non solo
per chi insegna letteratura italiana ma per ogni insegnante. Bisognerebbe però ricordare
all'insegnante che prima di pensare alla lingua del proprio allievo si deve occupare della propria
perché esso può avere difficoltà della comunicazione linguistica. Codificare prende il senso di
tradurre il pensiero in parole e a volte l'esame del parlato di un'insegnante in classe riserva amare
sorprese. I curricoli formativi dovrebbero prevedere una serie di prove di prestazioni linguistiche
orali e scritte da frapporre fra gli aspiranti insegnanti e l'abilitazione punto
8.5 Autoreferenziale autoreferenzialità della pedagogia
L'idea di formare il personale per l'educazione prima di aprire la scuola non è mai stata di casa in
Italia ed è per questo che ci si trova ancora ad inventare una formazione di una scuola per gli
insegnanti, una scuola che funziona da 140 anni. La pedagogia e” una disciplina autoreferenziale.
Autoreferenziale nel nostro caso vuol dire che il linguista mentre comunica le sue analisi della
lingua... la impiega! Non può entrare in contraddizione con se stesso. Questo è molto vero nel
campo della pedagogia perché essa è una teoria dell'educazione, non può dare la garanzia di se
stessa ma la può dare nella misura in cui la insegna agli allievi. Fa loro vivere le situazioni, le leggi,
le regole oggetto dell'insegnamento nel rapporto instaurato con lui. Esistono pedagogisti che non
siano educatori.
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