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Dispensa di Chirurgia Toracica, Dispense di Pneumologia

Dispensa di chirurgia toracica

Tipologia: Dispense

2020/2021

Caricato il 12/02/2021

v-g
v-g 🇮🇹

3

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Scarica Dispensa di Chirurgia Toracica e più Dispense in PDF di Pneumologia solo su Docsity! Piervito Lopriore CHIRURGIA TORACICA Prof. Sollitto Cavo pleurico  spazio virtuale caratterizzato dalla presenza di una pressione negativa che varia tra -3/-6/-8 cm d’acqua , delimitato da una pleura parietale che a livello dell’ilo polmonare continua nella pleura viscerale. Meccanica respiratoria L’inspirazione è un fenomeno attivo che avviene grazie alla contrazione dei muscoli inspiratori i quali generano una pressione negativa all’interno del polmone tale da permettere l’ingresso di aria all’interno di esso (inflazione del polmone). L’espirazione è invece un fenomeno passivo che avviene grazie alla retrazione elastica polmonare con conseguente fuoriuscita di aria (deflazione del polmone). Cosa è necessario per una normale respirazione? -Elasticità della parete toracica; -Integrità delle strutture; -Contrattilità muscolare; -Pressione negativa endopleurica (legame tra parete toracica e polmone); -Polmone sufficientemente elastico da espandersi e poi svuotarsi. Es patologie che comportano anomalie nella respirazione: - fibrosi  difficile espansione polmonare enfisema  difficile fuoriuscita d’aria PNEUMOTORACE (PNX) = presenza di aria libera nel cavo pleurico con conseguente perdita di negatività all’interno di esso. Eziologia 1) Spontaneo idiopatico benigno 2) Da affezioni pleuropolmonari 3) Traumatico 4) Iatrogeno 5) Artificiale 1) Lo pneumotorace idiopatico spontaneo insorge improvvisamente in assenza di una causa esterna e va incontro a risoluzione. Epidemiologia: si manifesta tra i 15 e i 30 anni. Prevale nel sesso maschile con un rapporto M:F=6/8:1. Colpisce i soggetti longilinei che vanno incontro a rapida crescita ed è molto frequente in presenza di repentini cambi di temperatura. Patogenesi: secondo alcuni, alla base vi è un deficit di alfa-1-anti-tripsina, glicoproteina inibitore della serin- proteasi (serpina) che ha la capacità di inibire un gran numero di proteasi. Viene prodotta da fegato, macrofagi e cellule epiteliali respiratorie e fa parte del gruppo elettroforetico ematico della alfa-globuline (deficit dosabile). Il deficit non è presente in tutti i casi di PNX idiopatico spontaneo: alla sua patogenesi concorrono altri fattori Clinica: si osserva la formazione di piccole bolle di rarefazione del parenchima polmonare in punti deboli di parenchima (tipicamente sub-pleurali) che si formano in particolari condizioni. L’incidenza è aumentata per l’ingente diffondersi dell’abitudine tabagica (anche marijuana per irritazione bronchiale) tra i giovani (un tempo causata da TBC, oggi con minore incidenza). Alla base deve esserci comunque una predisposizione alla sviluppo di tale patologia. I soggetti longilinei sono più colpiti per: 1) la costituzione del polmone 2) crescita tumultuosa con rischio aumentato di disordini di costituzione parenchimale. La rottura riguarda generalmente le bolle apicali. I soggetti bassi hanno larghe superfici che proteggono i loci di minor resistenza mentre, nei soggetti alti, la pressione si esercita su piccole superfici. 2) Lo pneumotorace da affezioni pleuropolmonari insorge spontaneamente senza cause apparenti ma, alla base, c’è una storia di malattie polmonari. Colpisce qualunque fascia d’età. Le patologie pleuropolmonari che possono essere alla base sono varie: può risalire al torace) con conseguente rapida ri-espansione del parenchima polmonare. Se tale dispositivo non funziona, si procede con un intervento di riparazione polmonare. TRAUMI DEL TORACE In costante aumento per: diffusione del traffico lavorativo, aumento della sopravvivenza in seguito ad incidenti stradali. La mortalità infatti è diminuita per il miglioramento di strade e vetture, per l’utilizzo di cinture di sicurezza e di airbag  però hanno determinato un incremento dell’incidenza delle lesioni diaframmatiche e delle lesioni midollari. Al momento dell’arrivo del paziente in ospedale, bisogna fare una valutazione delle lesioni riportate dal paziente in seguito all’incidente, ma anche una valutazione delle condizioni che preesistono al trauma: abitudini, stile di vita, patologie concomitanti, stato psico-fisico, motivazione (tutte condizioni che poi influenzano l’entità delle lesioni e l’esito delle terapie e quindi la prognosi). Importante capire quali sono le condizioni che sottendono l’instaurarsi di un’insufficienza respiratoria. In virtù del dolore il pz assume delle posizioni antalgiche: resta immobile, esegue respiri piccoli (non profondi) e frequenti. In un paziente giovane e in buona salute questa condizione è facilmente sopportabile mentre nel soggetto già compromesso (es. fumatore con ipersecrezione bronchiale, pz asmatico, pz bronchitico cronico, pz cardiopatico) vi sono condizioni che favoriscono insufficienza repiratoria: - bassi volumi respiratori e chiusura via aeree e alveoli - atellettasia (ciò che avviene fisiologicamente dopo periodi di sedenterietà e che in pz sani viene ovviato attivando il riflesso del sospiro  riapertura via aeree). La diminuzione degli scambi respiratori per via del dolore nei pz traumatici esacerba questo fenomeno - ristagno di secrezioni a cui si somma un’ipersecrezione riflessa in seguito al trauma  alterazione dell’equilibrio tra la componente sol-gel del muco. Immobilità apparato ciliare. Volumi scarsi nei piccoli bronchi (trattenimento respiro per dolore)  accumulo ipersecrezione densa  occlusione progressiva vie aeree (dalle più piccole)  atelettasia (dis-ventilazione prima, collasso completo poi) di un segmento polmonare, di un lobo o di un intero polmone Presupposti per l’insufficienza respiratoria. Esistono alcuni trattamenti che vanno instaurati subito nel pz traumatizzato perché ci aiutano a prevenire la complicanza dell’insufficienza respiratoria, primo tra tutti il trattamento del dolore. Il controllo del dolore in questi pz deve essere assoluto e deve anche garantire che il pz sia collaborante. I farmaci usati sono: - FANS - Morfina e derivati – la morfina è vantaggiosa perché è efficace e aumenta la dilatazione dei vasi a capacitanza, quindi diminuisce il ritorno venoso al cuore quindi riduce il carico polmonare, PERÒ bisogna calibrare il dosaggio al peso e alla condizione del pz perché non si devono deprimere i centri midollari del respiro. Il sistema migliore per garantire l’analgesia in questi pz sono i sistemi di blocco, come l’analgesia peridurale; si inserisce un catetere nel distretto toracico in sede intervertebrale per dare delle quantità di oppiaceo o di anestetico locale che blocca le vie dolorifiche che partono dal distretto toracico. Si usa una pompa elastometrica che rilascia una quantità minimale di farmaco ad infusione continua; si ottiene anche un effetto di protezione cardiaca perché va ad agire sul simpatico (diminuisce i fenomeni ipertensivi, le aritmie e i fenomeni di vasospasmo coronarico). Di contro, proprio per questi fenomeni di blocco del simpatico, l’analgesia peridurale necessita di uno stretto monitoraggio del pz perché si può sviluppare un’ipotensione importante a cui è difficile porre rimedio perché gli anestetici usati di solito hanno una lunga durata d’azione. Altra misura da attuare è garantire al pz una posizione che consenta il miglior rapporto ventilazione/perfusione su entrambi i polmoni e su tutto il parenchima polmonare. Se non ci sono fratture vertebrali, se non ci sono situazioni di shock in atto o altre complicanze, la posizione migliore per un pz traumatizzato (ma anche per un pz sottoposto a interventi chirurgici in genere) è quella seduta, con un sostegno lombare, quanto più possibile eretto  in questa maniera il pz può respirare liberamente e il rapporto ventilazione/perfusione è ideale su tutti livelli del polmone. Di contro, la posizione supina è la peggiore che si possa avere perché causa un ristagno. Altro elemento da tenere in considerazione è la muco-fluidificazione. Il più efficace fluidificante è la soluzione fisiologica (acqua), quindi va somministrata una buona idratazione, ma sempre commisurata alle condizioni del paziente; particolare attenzione a pz cardiopatici o nefropatici. Comunque nel post operatorio il pz inizia a bere, quindi l’acqua viene introdotta anche per via orale, l’importante è sempre che quest’acqua non sia ritenuta e che non si formino edemi. I farmaci fluidificanti vengono somministrati con aerosol terapia, in modo da facilitare l’eliminazione di tutte le secrezioni che tendono ad addensarsi.  l’ipoventilazione comporta una riduzione della quota di ossigeno traferita al sangue a livello alveolare, ma soprattutto un aumento della CO2 nel sangue. Emogasanalisi – prelievo arterioso per la valutazione di alcuni parametri: 1. pressione parziale di ossigeno (di solito è intorno a 96-100 mmHg) 2. pressione parziale anidride carbonica (di solito è intorno a 40 mmHg) 3. pH (7,38 – 7,44) 4. bicarbonati nell’insufficienza respiratoria per ipoventilazione si assiste a 1. discesa della pressione parziale di ossigeno 2. aumento della pressione parziale di CO2 3. ↓ pH  ipercapnia  acidosi respiratoria La caduta della pO2 può essere corretta con l’ossigenoterapia, mentre l’unico modo per eliminare l’anidride carbonica è aumentare la ventilazione del paziente: l’anidride carbonica è in rapporto con la ventilazione del pz  se il pz riduce o ferma la sua ventilazione oppure se si riduce la quantità di parenchima ventilante la pCO2 tende a salire. La CO2 oltre certi limiti agisce sui centri nervosi e determina nel pz il coma ipercapnico. Ossigenoterapia: non possiamo somministrare concentrazioni a caso, perché nel caso di un coma ipercapnico l’unico stimolo alla ventilazione è la bassa concentrazione di ossigeno: il centro respiratorio è dis-regolato, ma viene comunque stimolato dai glomi aortici e carotidei sensibili alla concentrazione di ossigeno nel sangue; quindi se mi somministra ossigeno si elimina anche questo stimolo e il pz smette di respirare completamente  estrema attenzione alla somministrazione dell’ossigeno. Altro fattore da considerare è che questi pz, soprattutto i più compromessi, vanno incontro a fenomeni infettivi: nel contesto del ristagno di secrezioni si sviluppano dei focolai infettivi che esacerbano l’ipersecrezione e causano polmoniti. In questo senso è importante la somministrazione di antibiotici ad ampio spettro. L’ultimo elemento è la valutazione dello shock, cioè l’impossibilità a mantenere una perfusione periferica adeguata. I parametri che vanno valutati sono: 1. Pressione arteriosa – non è un elemento conclusivo, ma va rapportata allo stato di salute pregresso del paziente. Per esempio, in un soggetto giovane e in buona salute potremmo trovare una pressione normale nonostante l’emorragia e questo può essere dovuto ad un meccanismo di compenso che si attua in maniera efficace nel giovane che è la vasocostrizione periferica (i circoli maggiormente interessati dalla vasocostrizione è il distretto splancnico, mentre viene garantita la perfusione al cuore e al cervello). Nel caso di un pz anziano trovare una pressione di 100-110 non ci fa stare tranquilli se si tratta di un soggetto precedentemente iperteso e quindi abituato a regimi pressori di gran lunga più alti (150-160- 170). 2. Frequenza Cardiaca – è importante perché si instaura una tachicardia come compensazione all’ipotensione. Attenzione all’anziano già di suo iperteso, che va quindi in ipotensione e in cui la frequenza non aumenta perché il meccanismo di compenso non è efficace come nel giovane; anche questo dato quindi è importante ma non completamente esaustivo. 3. Esami di laboratorio – ematocrito e Hb (non sono affidabili perché nell’emorragia l’ematocrito non cambia in quanto si perde sangue intero quindi il rapporto tra globuli rossi e plasma resta uguale); importanti è la diuresi oraria: ad un pz traumatizzato va messo subito un catetere ma per valutare la diuresi nell’immediato si usa l’urinometro, che indica indirettamente quanto sangue sta arrivando al rene (considerare che la produzione di urina da parte del rene è continua, quindi dovremmo vedere 30- 40 cc di urina nel giro di un’ora). 4. Pressione venosa centrale – pressione misurata nel tratto terminale della vena cava superiore e corrispondente alla pressione vigente nell'atrio destro. Per la misurazione si inserisce un catetere venoso centrale attraverso una vena profonda di grosso calibro (vena succlavia, o giugulare, o basilica o più raramente safena). Il valore di PVC permette di valutare il volume ematico circolante ed il ritorno venoso e si esprime in cm d’acqua; normalmente i livelli sono tra 6-12 cm d’acqua. Vari fattori influiscono sui valori di PVC: ipovolemia o ipervolemia (diminuzione o aumento del volume ematico circolante), insufficienza cardiaca, ostacoli meccanici alla circolazione cardiaca, alterazioni della pressione intratoracica (ad esempio pneumotorace), farmaci, ventilazione meccanica. Valori superiori alla norma indicano sovraccarico di volume, insufficienza cardiaca destra (il cuore non è in grado di pompare adeguatamente), aumento della pressione intratoracica o turbe vasomotorie. Valori inferiori alla norma indicano perdite di volume (emorragie, vomito, diarrea, shock) o turbe vasomotorie  vanno dati liquidi al paziente. Il valore della PVC è importante perché indica anche quanti liquidi somministrare. TIPI di LESIONI 1. Alterazioni dello scheletro osteo-cartilagineo 2. Alterazioni del contenuto pleurico 3. Alterazioni parenchimali 4. Lesioni vascolari (cuore e grossi vasi) 5. Lesioni diaframmatiche 1. Alterazioni dello scheletro osteo-cartilagineo Possono interessare le coste, lo sterno e i corpi vertebrali. Si tratta essenzialmente di fratture che possono essere semplici (con creazioni di monconi ossei) o complesse (si associano a lesioni del parenchima polmonare all’insorgenza di uno pneumotorace). Più frequenti sono le fratture costali semplici. È importante stabilire quali siano le conseguenze delle fratture sul parenchima circostante.  si fa sia la radiografia per le coste (ad alto voltaggio) sia la radiografia normale per il polmone (2). Una delle possibili complicanze è il volet costale (o lembo paradosso o lembo mobile)  in presenza di una frattura costale multipla, il segmento costale scollato non è solidale con il resto della gabbia toracica e quindi assume un movimento paradosso durante i movimenti ventilatori: durante l’inspirazione la riduzione della pressione interna al torace determina un'attrazione verso i polmoni del segmento costale scollato; durante l'espirazione, sale la pressione all’interno del cavo pleurico e, mentre la gabbia toracica riduce le proprie dimensioni, il lembo sporge all’esterno. batteri, diventare una vera e propria pleurite a carattere purulento. Dovrebbe essere sospettato in un pz con polmonite in via di risoluzione che sviluppa febbre ricorrente  più del 50% degli empiemi sono correlati ad un’infezione del parenchima polmonare. Gli empiemi di origine batterica sono più frequenti nelle regioni del Nord (Friuli, Veneto, Emilia Romagna), regioni in cui alcolismo e tossicodipendenza hanno maggiore incidenza. Effetti alcol: 1) polmoniti da aspirazione per fenomeni di rigurgito; 2) depressione del riflesso della deglutizione; 3) danno meccanismi di difesa vie aeree Gli empiemi si verificano anche nell’anziano o nel paziente neurologico che hanno scarso controllo o veri e propri deficit della deglutizione. Possono tradursi in un empiema, per contiguità, anche un’esofagite, un ascesso esofageo, un ascesso vertebrale (es. TBC), un linfonodo ingrossato, spondilodisciti. Altre cause: - diffusione per via ematica in seguito a interventi cardiochirurgici, terapie intensive, rianimazioni (stati settitici) - diffusione per via linfatica da processi infettivi addominali (es. appendiciti acute necrotizzanti con raccolta purulenta peri-appendicolare) Pus: composto da granulociti neutrofili, detriti tissutali, batteri degradati (difficile fare un esame batteriologico del pus perché tutto necrotizzato), elementi enzimatici. Un intervento chirurgico che spesso può dare come complicanza un empiema pleurico è la pneumectomia (asportazione dell’interno polmone, spesso per eventi neoplastici). cavo residuo  rischio di contaminazione elevato nei primi 2-3 mesi (dopo il polmone controlaterale tende ad occupare il cavo che progressivamente si riduce). Il termine empiema identifica ogni generico accumulo di liquido purulento all'interno di una cavità corporea PRE-formata. L'empiema va quindi distinto dall'ascesso, che consiste nell'accumulo di materiale purulento all'interno di una cavità NEO-formata. L’ Empiema polmonare è una situazione di frequente riscontro nel periodo invernale in quanto vi sussistono condizioni concomitanti come le polmoniti o le infezioni stagionali. Le polmoniti, a loro volta, sono di più frequente osservazione nei soggetti a rischio quali: alcolisti, tossicodipendenti, soggetti con patologie neurologiche che comportino alterazione della deglutizione, o alterazione meccanismo di chiusura delle corde vocali al passare del cibo o gastrico, o alterato riflesso della tosse. La pleura (come le altre sierose) presenta un’altissima reattività: l’evento infiammatorio può essere rapidamente evolutivo. Reazione infiammatoria: vasodilatazione, rilascio sostanze pro-infiammatorie, arrivo di leucociti neutrofili, arrossamento della superficie pleurica, processo edematoso, raccolta liquida nel cavo pleurico (vasodilatazione + alterazione circolazione linfatica deputata al riassorbimento). La pleura normalmente è umettata da liquido che continuamente si forma e viene riassorbito in ragione della pressione idrostatica che agisce sia a livello della viscerale che della parietale; circa 10-15cc/m3 sono impegnati in ciascuna pleura. I liquidi mantengono le sierose fluide e lubrificate permettendone lo scivolamento e favorendo il meccanismo della negatività endopleurica. La pleura viscerale è dipendente dalla circolazione polmonare (bassa pressione, 20-30 mmHg), quella parietale da quella sistemica (120-125 mmHg); questo gradiente tende a trasferire liquido dalla pleura parietale verso quella viscerale facilitando il trasferimento di liquido dal sito di produzione (pleura parietale) a quello di riassorbimento (pleura viscerale). L’ altro elemento è rappresentato dalla pressione oncotica, uguale sia sul versante parietale che su quello viscerale. L’ ultimo elemento è la permeabilità vascolare della parete che cambia allorquando si realizza una vasodilatazione ed il rilascio di sostanze pro-infiammatorie. Esempi: - ↑ pressione idrostatica viscerale da scompenso cardiaco sinistro (causa aumento pressione atriale sinistra media, assimilabile alla pressione d’incuneamento capillare)  versamento pleurico - ↓ pressione oncotica endovascolare da cirrosi, sindrome nefrosica o kwashiokor  versamento pleurico Fasi iniziali: pleurite essudativa, accumulo liquido ricco di fibrina sulla superficie del parenchima e all’interno del cavo pleurico. Dolore irritativo, puntorio, forte bruciore ad ogni atto respiratorio d sfregamento dei due foglietti pleurici tra loro e irritazione terminazioni nervose. Successivamente L’ulteriore accumulo di liquido (versamento) fa recedere il dolore acuto iniziale, seguito da una sensazione dolorosa più torbida, gravativa, “di peso” nel cavo pleurico. - Empiema a camera unica - Empiema con pluricamerazioni (raccolte “saccate”) Tale differenza morfologica dipende prevalentemente dall’ agente batterico: - polmoniti stafilococciche e streptococciche, tendenza a provocare una rutilante produzione di versamento e quindi riempimento rapido del cavo pleurico (i ponti di fibrina fra pleura parietale e pleura viscerale non hanno tempo di formarsi). - polmoniti da pneumococco, si formano multiple sacche all’ interno del cavo pleurico perché si formano più lentamente le aderenze e perché vengono rilasciati meno enzimi fibrino litici  formazione di ponti aderenziali. Presentazione clinica Il paziente si presenta febbricitante, sofferente, talvolta dispnoico (dipende dall’ età e dalle condizioni preesistenti), accusa dolore acuto nella fase precoce della malattia che diventa più gravativo nelle fasi più avanzate. Di solito si osserva alterazione degli esami bioumorali, condizionati dallo stato settico: - leucocitosi prevalentemente neutrofila; - ↑ VES e indici di flogosi - alterazione del fibrinogeno e della coagulazione - talvolta ↑ D-dimeri * * Il D-dimero è un prodotto di degradazione della fibrina (FDP), un frammento proteico rilevabile nel sangue in caso di fibrinolisi. Costituito da due frammenti D di fibrina, stabilizzati da legami crociati covalenti. PM circa 180.000 dalton, emivita pari a 4-6 ore. La sua determinazione mediante un esame del sangue trova indicazione clinica nella diagnosi dell'embolia polmonare, della trombosi venosa profonda e della CID. Si può associare anche uno scompenso diabetico, alterazioni dell’ azotemia e creatininemia (pz disidratato). In una condizione septica come quella dell’ empiema è importante agire tempestivamente; se trattato nelle fasi precocissime della patologia può risolversi senza trattamenti chirurgici. Generalmente però la diagnosi è tardiva: molto spesso il versamento osservato all’RX in corso di polmonite è interpretato come un mero evento flogistico/reattivo (terapia cortisonica + antibiotico per polmonite); questo da tempo alla patologia di evolvere fino alla fase conclamata. Nelle fasi acute si fa innanzitutto la terapia medica: - adeguata idratazione - farmaci disintossicanti (TAD, a base di glutatione) per sostenere la funzione epatica (esistono teorie contradditorie sulla sua validità) - correzioni elettrolitiche, spesso osserviamo ipopotassiemia, ipoalbuminemia - corretta alimentazione - Il cardine terapeutico è rappresentato dalla terapia antibiotica ad ampio spettro ed in generose quantità, tuttavia dev’essere sempre guidata dall’ antibiogramma: prelievo pus  coltura  antibiogramma, individuazione resistenze  scelta antibiotico più opportuno Tuttavia nella maggior parte dei casi nel pus non si riesce ad isolare il germe attivo (presente solo nelle fasi molto precoci); è quindi più facile isolarlo con emocultura durante un picco febbrile. - analgesia rende il pz collaborativo: respirazione corretta, movimento e attività fisica (coerentemente all’età e alla condizione del pz) facilitano il riassorbimento dei liquidi, soprattutto dei piccoli versamenti pleurici da immobilità Terapia chirurgica - Introduzione precoce di un drenaggio pleurico, posizionato nelle parti più declivi del cavo pleurico in modo tale da facilitare la fuoriuscita del materiale purulento, coadiuvata dai movimenti respiratori. A volte più di uno. Il drenaggio va monitorizzato perché può ostruirsi. Spesso accade che un atteggiamento attendista (terapia cortisonica senza drenaggio, interpretazioni errate, toracentesi mostra liquido torbido ma non purulento) possa portare all’evoluzione della pleurite essudativa con versamento in pleurite organizzata. Deposizione di fibrina a livello del focolaio infiammatorio (tentativo di riparazione)  tessuto fibroso denso, tralci connettivali o pseudoconnettivali sulla superficie del parenchima e sulla pleura parietale  “cotenne pleuriche”, ponti aderenziali. N.B. le superfici di affrontamento dei due ispessimenti riportano i caratteri della membrana piogenica continuando così a sostenere l’ infezione ed a produrre materiale purulento. In queste condizioni il polmone risulta collassato, con una membrana piogenica ed una cotenna (ispessimento fibrotico), con i ponti aderenziali tra le due pleure con pleura parietale anche ispessita*, e la presenza di materiale purulento con residui all’interno; questo è un polmone che risulta quindi escluso da una corretta ventilazione  shunt: polmone non ventilato ma perfuso. * gli ispessimenti sulla pleura parietale altro non sono che cicatrici guarite per seconda intenzione, quindi retraenti - Intervento di chirurgia toracica  liberazione del polmone cercando di trovare un piano di clivaggio tra il parenchima sano e la cotenna (viene letteralmente asportata), facendo in modo di ventilare adeguatamente e nuovamente il polmone; liberazione della pleura parietale ispessita e quindi della parete toracica retratta. . Riassumendo: si introduce un drenaggio precoce, lo si sostituisce rapidamente nel caso in cui risultasse inefficace o malfunzionante, si moltiplicano i drenaggi se si nota che non sono sufficienti e poi quando il trattamento precoce non è più valido (dal pus siamo passati all’ empiema organizzato) e non si riesce a garantire una buona espansione parenchimale, si passa all’ intervento chirurgico per garantire la ri-espansione parenchimale. Mediastiniti necrotizzanti discendenti patologia gravissima caratterizzata da una mortalità elevatissima (85-90% dei casi, decesso per shock settico) se non si interviene precocemente in modo aggressivo. La causa è riconducibile a tutti i processi infettivi o infiammatori che riguardano la zona cervicale (in particolare oltre la fascia cervicale media, verso la cervicale profonda, quindi la parte posteriore del collo e del cranio). Un processo infettivo di questo genere per azione della gravità o per aspirazione sostenuta dalla negatività endotoracica può diffondersi al mediastino provocando una mediastinite a carattere purulento. Esempio: - infezioni degli ultimi denti dell’arcata dentale (7’ ed 8’)  vie linfatiche più posteriori, possono defluire materiale infetto verso i piani più profondi del collo Il MSM alla TC appare come massa di tessuto soffice, lobulata, spesso interessa scissure interlobulari e pleura mediastinica. Le immagini fornite dalla TC, seppur suggestive, non sono sempre patognomiche, altre patologie benigne hanno caratteristiche simili: metastasi, TBC pleurica, empiemi, asbestosi. RM: differenziazione tra malingità/benignità, coinvolgimento parete toracica, diaframma, pericardio (info su resecabiltà chirurgica). PET: differenziazione tra malingità/benignità, estensione, corretta stadiazione. VATS (toracoscopia video-assistita): esplorazione della cavità pleurica, caratteristiche della pleura, aspetto del versamento, aspetto macroscopico della massa con biopsia della stessa [diagnosi istologica (DD con adenocarcinoma), stadiazione, info per terapia e prognosi]. Anatomia Patologica e Stadiazione - forma epitelioide (mucina-, TTF1-, calretinina+, CK5/6+) (DD con adenocarcinoma); - forma sarcomatoide (o mesenchimale) (15%); - forma mista. Stadio Ia: pleura parietale, unilaterale, possibile interessamento pleura diaframmatica; Stadio Ib: diffusione anche alla pleura viscerale; Stadio II: presenza di mammelloni neoplastici e/o interessamento diaframma; Stadio III: interessamento parete toracica, pericardio o LN omolaterali in malattia ancora resecabile; Stadio IV: malattia non resecabile + metastasi (LN controlaterali o sovraclaveari o ematogene). Prognosi e terapia Sopravvivenza media: 8-10 mesi dalla diagnosi. Fattori prognostici positivi: diagnosi tempestiva, giovane età, buon performance status, istotipo epitelioide, malattia resecabile. Pz in genere muoiono per complicazioni polmonari (polmoniti e sepsi). Per gli stadi I, II e III la chirurgia è la modalità singola più efficace. Due approcci: - PEP (pneumonectomia extrapleurica), permette resezione radicale malattia con interessamento polmonare. Asportazione in blocco di polmone, pleura, pericardio ed emidiaframma con l’intento teorico di mantenere l’integrità dell’involucro pleurico rimosso con il polmone evitando di lasciarsi dietro residui tumorali. Accesso toracotomico. Ricostruzione di pericardio e diaframma con materiale protesico. - pleurectomia e decorticazione. Riservata a pz con estensione limitata di malattia e uno status funzionale che rende rischiosa l’esecuzione di PEP. Mobilizzazione dell’intero polmone e decorticazione del tumore dal sottostante polmone. L’invasione del parenchima polmonare (Stadio >Ib) fa sì che la rimozione completa della massa tumorale con questa procedura sia impossibile. L’approccio chirurgico tuttavia necessita di un supporto chemio/radio-terapico per una migliore efficacia. Chemioterapici di solito in terapia combinata: cisplatino (+ efficace), antracicline, antifolati, inibitori delle topoisomerasi. Radioterapia utilizzata efficacemente nel controllo del dolore e del versamento. TIMOMA GENERALITA’ Il Timo è una ghiandola coinvolta nella maturazione dei linfociti e rilascia in circolo i linfociti T. Le neoplasie del Timo si dividono in timoma, carcinoma timico, carcinoide timico e timolipoma. Il Timoma è la neoplasia più comune del mediastino anteriore ed è molto rara 0.15 casi per 100.000 abitanti. Il Timoma rappresenta il 20% delle neoplasie del mediastino e il 50% di quelle del mediastino anteriore. Tipicamente insorge in età adulta tra i 40-70 anni ed è raro nei bambini. E’ associato a sindromi paraneoplastiche immunomediate come miastenia grave, aplasia pura delle cellule rosse (10%), lupus eritematoso sistemico (3%) ed ipogammaglobulinemia (sindrome di Good 3-6%). Il timoma è generalmente capsulato, può essere localmente invasivo (pleura, polmoni) o presentare anche lesioni ai linfonodi regionali o lesioni a distanza. Sebbene alcuni pazienti siano asintomatici (30-40%), altri presentano dolore o senso di compressione toracica, tosse persistente, dispnea, debolezza dei muscoli oculari, ptosi, disfagia, astenia e nel 30% dei casi miastenia grave. DIAGNOSI La prima formulazione di una diagnosi di un carcinoma timico viene solitamente sulla base di un radiogramma toracico e di un successivo esame TC, anche se una buona parte di pazienti giunge all’osservazione del medico accusando già sintomi sistemici. Alla TC la malattia si presenta come una massa ovalare o tondeggiante nel timo. I pazienti che non possono fare la TC per allergie al mezzo di contrasto iodato possono fare in alternativa una risonanza magnetica (RMN) del torace. La combinazione PET-TC può essere utile per la stadiazione cioè per definire se ci sono lesioni a distanza. Un prelievo del sangue per B-HCG, LDH, AFP è utile per escludere la presenza di un tumore germinale; se si sospetta la miastenia sempre nel sangue si possono identificare gli anticorpi diretti contro il recettore nicotinico dell'acetilcolina (AChR). Per effettuare la diagnosi istologica è necessaria una mediastinoscopia con biopsia. TRATTAMENTO DELLA MALATTIA LOCALIZZATA Operabile dall'inizio: La chirurgia rappresenta il trattamento elettivo nel Timoma e carcinoma timico in stadio I, II. L’operazione è generalmente eseguita tramite una stereotomia mediana e comporta la rimozione dell’intera ghiandola timica il grasso circostante . Per lesioni in stadio I, l’atto chirurgico è risolutivo con soli controlli per almeno 10 anni. Negli stadi II la terapia adiuvante deve essere presa in considerazione. Operabile dopo trattamento cito-riduttivo integrato: Nel paziente non operabile il trattamento neoadiuvante, primario o di induzione è rappresentato da una chemioterapia, somministrata prima di un trattamento loco-regionale (chirurgia e/o radioterapia) a scopo curativo. Questi pazienti dovrebbero pertanto essere trattati secondo protocolli standardizzati in centri che, disponendo di tutte le risorse oncologiche e radioterapiche, garantiscano una reale gestione multidisciplinare, utilizzando regimi terapeutici basati sulla combinazione di un derivato del platino con i farmaci di ultima generazione. Non operabile: Per il paziente non operabile dopo chemioterapia di induzione deve essere preso in considerazione un trattamento chemio-radioterapico definitivo. I pazienti in progressione dopo la chemioterapia o la chemio- radioterapia di induzione, in buone condizioni generali, potrebbero beneficiare di un’ulteriore trattamento chemioterapico sistemico. TRATTAMENTO DELLA MALATTIA OPERATA Trattamento adiuvante-precauzionale (finalizzato alla riduzione del rischio della ricaduta): A causa dell’elevata percentuale di recidive anche dopo una resezione completa la terapia adiuvante deve essere presa in considerazione per il timoma B2 e B3, per il carcinoma timico e anche quando l’intervento ha un residuo microscopico (R1) o macroscopico (R2) di malattia. La radioterapia adiuvante migliora la sopravvivenza nei pazienti con residuo di malattia R1-R2 dopo chirurgia. Generalmente viene somministrata una dose di 45-50 Gy entro tre mesi dalla chirurgia. A causa della mancanza di studi clinici non si conosce il beneficio in sopravvivenza della chemioterapia adiuvante da sola. Negli studi retrospettivi la chemioterapia adiuvante nei timomi tipo A, AB e B1 o negli stadi II di carcinoma timico completamente operati è dimostrato non migliorare la sopravvivenza. Negli stadi III non sottoposti a interventi R1 e R2 è sempre più considerata la chemio-radioterapia adiuvante. I regimi di chemioterapia considerati sono quelli usati nella malattia localmente avanzata. Protocollo di follow-up e controlli clinici ambulatoriali: Si suggerisce che pazienti sottoposti a terapia primaria siano sottoposti a controlli di follow-up trimestrali per i primi 2 anni, allorchè è attesa la comparsa della maggioranza delle recidive, successivamente a cadenze semestrali. Il follow-up radiologico andrebbe basato sull’impiego della TAC, mentre è sconsigliata l’esecuzione di routine della PET in pazienti sottoposti a follow-up e senza evidenza clinica e/o strumentale di malattia. TRATTAMENTO DELLA MALATTIA METASTICA Prima linea di trattamento: Il trattamento chemioterapico prevede attualmente la possibilità di scelta fra varie combinazioni contenenti derivati del platino. Il cisplatino è da considerare il farmaco di prima scelta, e il carboplatino rappresenta un valida alternativa in presenza di controindicazioni all’impiego del cisplatino. I regimi di ultima generazione si basano sul’impiego del platino in combinazione o taxani, o con adriamicina e ciclofosfamide o con etoposide. Non esistono chiare evidenze a favore di un vantaggio di sopravvivenza ottenuto dal protrarsi della chemioterapia oltre il limite dei-sei cicli. Nella maggior parte dei casi il medico effettua un controllo TC dopo 2-4 cicli di chemioterapia per identificare quei casi che sono stabili o in progressione, e per i quali il trattamento andrebbe interrotto, da quelli che hanno risposto al trattamento, per i quali può ritenersi valido continuarlo. Seconda linea di trattamento: Pazienti in progressione di malattia dopo trattamento di prima linea sono candidati a ricevere un trattamento di seconda linea. Farmaci di possibile impiego sono l’etoposide, ifosfamide, gemcitabina e il paclitaxel. Da raccomandare la partecipazione a studi clinici. Ulteriori linee di trattamento: Pazienti in progressione di malattia dopo trattamento di seconda linea possono essere valutati per ricevere un trattamento di terza linea all’interno di studi di ricerca. La manifestazione della sintomatologia nella maggior parte dei casi, quindi, è relata ad uno stadio già avanzato di malattia. Solo raramente vi possono essere diagnosi casuali (pz che devono subire interventi chirurgici per altre patologie e sono sottoposti ad Rx o TC). Classificazione NSCLC = “non small cell lung cancer” (tumore del polmone non a piccole cellule). NOS = non altrimenti specificato, forme miste, particolari Il tumore a piccole cellule invece è definito microcitoma; non esiste terapia chirurgica per esso ma solo chemio/radioterapia. L’adenocarcinoma e il Ca. squamoso sono le due forme più frequenti. Negli ultimi 15-20 anni è aumentata l’incidenza dell’adenocarcinoma e il trend si è invertito(in precedenza nettamente inferiore rispetto allo squamoso)  aumento esposizione nitrosuree, fattori ormonali (donne). Molto bassa la frequenza del Ca a grandi cellule, dei NOS o dell’Adenosquamoso Diagnosi Studio delle opacità polmonari. Gli esami strumentali sono divisi in non invasivi e invasi. Esami strumentali non invasivi: • RX torace Standard • TAC Prima scelta per: o Diagnosi e stadiazione sospetto cancro del polmone o Decidere modalità diagnostiche successive o Informazioni su patologie coesistenti (enfisema, embolia polmonare, cardiopatie, vasculopatie) MDTC (TC con multidettettore) con m.d.c. - Rapido studio torace e addome superiore - Dovrebbe comprendere regione cervicale inferiore per ricerca adenopatie sovraclaveari - Se segni o sintomi relativi all’addome inferiore, o anamnesi di neoplasia addominale, estendere a pelvi • RMN (riservata a casi specifici o allo studio del coinvolgimento delle strutture limitrofe) • PET (in associazione a TC, utilizza come m.d.c. glucosio-radiomarcato, attività metabolica cellulare) (svantaggio: limite minimo lesione 0,5 cm) • Scintigrafia • Angiografia • Esami citologici • Esami batteriologici • Spirometria • Emogasanalisi • Marcatori tumorali Esempio Pz sottoposto ad Angio-TC per un’altra patologia (es. aneurisma aorta – cardiochirurgo). Scoperta lesione di minime dimensioni, di incerto significato, non altrimenti visibile come opacità all’RX (troppo piccola). Non studiabile alla PET perché < 0,5 cm. Pz asintomatico per patologia polmonare. Cosa fare?  controlli ogni 3-4 mesi (imaging) per valutare accrescimento (più veloce, tipicamente, nei pz giovani). Se confermata diagnosi di Ca polmonare il pz viene trattato chirurgicamente; in tal caso la chirurgia non è solo diagnostica o palliativa ma soprattutto terapeutica (minima % di pz con diagnosi precoce casuale) Esami strumentali invasivi • Broncoscopia In broncoscopia è possibile bioptizzare una lesione centrale, situata a livello bronchiale. Le lesioni periferiche, parenchimali, possono essere studiate coi broncolavaggi: si inietta soluz. fisiologica nell’albero bronchiale e si aspirano le secrezioni mucose così diluite. L’esame citologico conseguente ha il fine di ricercare eventuali cellule neoplastiche rilasciate nell’albero bronchiale. Ha una migliore indicazione per lo studio di malattie infettive (citologico + batteriologico) in quanto spesso negativo per le patologie neoplastiche. Nuove tecnologie: o Broncoscopia ad autofluorescenza (AF) o Broncoscopia con imaging a banda stretta o Broncoscopia OCT (optical coherence tomography) o Endoscopia MRI o Broncoscopia con Sistema a guida elettromagnetica o Ecoendoscopia (EBUS-TBNA/TBNB). EBUS=endobronchial ultrasound. Visualizzazione di strutture periferiche non visibili in broncoscopia, oltre le vie bronchiali. Utile per imaging stazioni linfonodali (es. mediastiniche) e biopsia delle stesse. • Broncografia • Agoaspirati e/o Agobiopsie • Toracentesi • Mediastinoscopia • Toracoscopia • Toracotomia Obiettivi attuali • Prevenzione o Campagne contro il fumo o Tutela ambiente di lavoro o Educazione sanitaria o Identificazione dei fattori di rischio o Identificazione popolazioni a rischio • Diagnosi (Screening/Diagnosi precoce ?) o Esame citologico dell’espettorato o Esame cito-istologico su materiale raccolto in corso di broncofibroscopia o Esame cito-istologico su materiale raccolto in corso di agoaspirato o agobiopsie transparietali o Esame cito-istologico su materiale raccolto in corso di prelievi chirurgici (Mediastinoscopia – Mediastinotomia anteriore – Toracoscopia – Toracotomia) Tipo 1: pz con diagnosi precoce casuale • Stadiazione con lo scopo di ottimizzare la selezione preoperatoria. Il sistema TMN definisce lo stadio della malattia: • È il più importante fattore prognostico • Indirizza la decisione terapeutica • Permette il confronto dei risultati • Il sistema di stadiazione oggi in vigore è l’VIII edizione (2017)! M definisce la malattia metastatica, trattata con terapia sistemica e di scarso interesse ai fini della chirurgia toracica. Differenze VII vs VIII ed. T2  invasione bronco principale in zona più distale (candidabile alla chirurgia, togliere polmone intero e effettuare “sleeve” cioè resecare il bronco e abboccare al bronco inferiore) T3  invasione bronco principale più prossimalmente (meno di 2 cm dalla carena) e o associazione con atelettasia o polmoniti ostruttive dell’intero polmone Va effettuata una corretta valutazione del tumore per considerare la terapia chirurgica. Invasione di strutture vitali (es. aorta ascendente) - Sindrome di Pancoast: conseguenza dell'irritazione del plesso brachiale, solitamente provocata da processi a carattere espansivo (tumori, cisti). Tumore di Pancoast: definito principalmente dalla sua posizione situata all'estremità superiore del polmone destro o sinistro. Si diffonde in genere ai tessuti circostanti, come coste o vertebre. La crescita del tumore può causare la compressione della vena brachiocefalica, dell'arteria succlavia, del nervo frenico, del nervo laringeo ricorrente, del nervo vago o, tipicamente, la compressione di un ganglio simpatico, causando una serie di sintomi noti come sindrome di Horner (miosi, ipoidrosi, ptosi e enoftalmo). In alcuni casi, il plesso brachiale viene influenzato, provocando dolore e debolezza nei muscoli del braccio e della mano. - L’invasione del pericardio equivale all’invasione della pleura; è una metastasi a distanza, quindi bisogna valutare con accortezza un trattamento chirurgico RX torace: Opacità polmonare di grosse dimensioni in prossimità dell’ombra cardiaca. TC torace: conferma. Tumore polmonare con invasione pericardio. RMN utile per studiare nel dettaglio l’infiltrazione e capire se il tumore è resecabile o meno. Nuovo tipo di RMN: cine-RMN (o dinamica): visualizzazione battito cardiaco e atti respiratori per comprendere sincronia tra tumore e movimenti (se non adeso o poco infiltrante i movimenti saranno asincroni). N.B. nella maggior parte dei casi, il paziente merita la chirurgia non tanto a scopo terapeutico (inevitabilmente restano residui, trattato poi con radio e chemio) ma a scopo palliativo (es. tumore schiacciava cuore). - Invasione parete toracica (inclusa la pleura parietale ed i tumori del solco superiore): il dolore toracico è il sintomo associato (sintomatologia tardiva) Intervento chirurgico con demolizione coste infiltrate: 1-2 coste eliminate: non si inserisce nulla >2 coste eliminate: barre di titanio su misura coperte da rete (in goretex tipicamente, o altri materiali bio- tollerabili) per evitare erniazione polmone negli spazi. Parametro N I linfonodi di interesse in chirurgia toracica sono i linfonodi mediastinici e quelli sovraclaveari. - N1: metastasi nei linfonodi peribronchiali, ilari o intrapolmonari ipsilaterali - a: singola stazione - b: stazioni multiple - N2: metastasi nei linfonodi mediastinici omolaterali o subcarenali - a1: stazione singola senza interessamento N1 (N1 skip) - a2: stazione singola con interessamento N1 - b: stazioni multiple - N3: metastasi nei linfonodi ilari o mediastinici controlaterali, scaleni o sopraclavicolari*omo o controlaterali * con una semplice procedura poco invasiva il chirurgo toracico può bioptizzare il linfonodo sopraclavicolare sospetto e fare diagnosi di malignità  se positivo  stadio IV  pz inviato in oncologia per radio e chemio (non operabile) Parametro M - M1a: noduli nel polmone controlaterale, versamento pleurico o pericardico maligno, noduli pleurici e pericardici - M1b: “malattia oligometastatica”, unica lesione periferica in un singolo organo (fegato, ossa, cervello, surrene). A volte la singola lesione può essere asportata chirurgicamente - M1c: metastasi multiple in un solo organo o in più organi TC TORACE T: - accurata misurazione dello stadio T, ad eccezione del sospetto di invasione mediastinica; - in caso di sospetta invasione T4 la TC non è dirimente e sono necessarie ulteriori valutazioni. N: morfologia e dimensioni delle adenopatie mediastiniche; Ø max > 10 mm (sull’asse corto, su piano trasverso) diffusamente considerato cut-off per indicare un ingrandimento patologico. MICROCITOMA: nella stragrande maggioranza dei casi non va operato per l’elevata tendenza alla metastatizzazione. In rarissimi casi di malattia “controllata” il tumore può essere operato con miglioramento della prognosi del pz.
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