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dispensa di diritto costituzionale, Dispense di Diritto Costituzionale

dispensa diritto costituzionale

Tipologia: Dispense

2018/2019

Caricato il 29/06/2024

KKKJJNN
KKKJJNN 🇮🇹

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Scarica dispensa di diritto costituzionale e più Dispense in PDF di Diritto Costituzionale solo su Docsity! GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DELLO STATO Fra tutti gli ordinamenti giuridici costruiti nel corso della storia ha assunto particolare rilievo, dal XVI secolo in poi, lo stato. L’espressione «stato» compare già nel Il Principe di Niccolò Machiavelli, scritto nel 1513. Gli stati sorsero allorché in varie parti d’Europa alcuni ordinamenti territoriali si organizzarono attorno a un princeps, un feudatario che per forza militare, economica o strategica acquisì posizioni di preminenza rispetto ad altri. Il processo si sviluppò in una duplice direzione, esterna e interna: • ESTERNA: affermando la propria autonomia sia nei confronti del Papato, sia dell’Impero, ai quali spettava il potere giurisdizionale. Questa autonomia trova consacrazione con la fine della Guerra dei trent’anni e il trattato di Vestfalia (1648). • INTERNA: affermando la propria sovranità nei confronti degli ordinamenti particolari, preesistenti dagli ordinamenti feudali, piuttosto che municipali. Lo stato moderno è caratterizzato da diversi elementi, tra cui i fondamentali sono: POLITICITÀ: che sta ad indicare che l’ordinamento statale assume fra le proprie finalità la cura di tutti gli interessi generali che riguardano il popolo, stanziato su un determinato territorio; SOVRANITÀ: cioè la sua supremazia (interna ed esterna). Questi due concetti sono relazionati tra loro perché non si possono esercitare e raggiungere fini generali estesi a tutta la popolazione senza la sovranità. Uno stato può definirsi sovrano se riesce a conseguire, sopra un determinato territorio, il monopolio della forza: se è in grado, in altre parole, di agire tendenzialmente senza resistenze al proprio interno e senza interferenze dall’esterno. Si potrebbe dire parafrasando la celebre formula di Cartesio, «iubeo ergo sum», comando, dunque sono (V.E. Orlando). Lo stato esercita il monopolio della forza sia in forma diretta (istituisce tribunali e forze di polizia, fa uso della coazione fisica nei confronti di chi trasgredisce la legge, organizza le forze armate per la difesa esterna) sia in forma indiretta, cioè legittimando altri soggetti all’uso della forza (ad es. autorizza la costituzione di forze di polizia locali con compiti delimitati). “Si può parlare di Stato, quindi, quando una popolazione, sottomettendosi a un potere politico, dà vita a un ordinamento in grado di soddisfare i suoi interessi generali.” In questo modo una popolazione diviene popolo, accumunate dalla stessa cittadinanza e stanziate su di un egual territorio delineato. Il vincolo di cittadinanza determina un vero e proprio status giuridico, cioè un insieme di diritti e doveri che derivano da esso. ELEMENTI COSTITUENTI DELLO STATO SONO: 1. Territorio: non necessariamente contiguo: vedi ad es. l’Alaska rispetto al resto degli Stati Uniti, o Campione d’Italia rispetto al nostro paese 2. Popolo: anche multietnico ma che sia «uno», cioè si sia dato un unico ordinamento 3. Governo: che sappia esercitare il potere sovrano L’insieme dei cittadini costituisce il popolo, ed è dunque parte della popolazione che si trova nel territorio di uno stato, ma può anche risiedere all’estero, cioè fuori dai confini statali. La popolazione, invece, assume un senso più geografico ed è l’insieme di tutti coloro che si trovano entro i confini di un qualsiasi ente territoriale (siano essi cittadini, stranieri o aploidi). Non costituisce uno stato, invece, un popolo privo di territorio (si pensi ai rom o ai berberi) o un popolo stanziato su un determinato territorio ma privo di un governo in grado di controllarlo (si pensi ai curdi, divisi fra Turchia, Iraq, Iran. Non c’è stato senza territorio o stato senza governo Siria e altri paesi del Caucaso). Né parimenti costituisce uno stato una popolazione insediata su un territorio disputato fra più governi in conflitto (come nel caso della Bosnia-Erzegovina prima degli accordi di Dayton del 1995). Non si può poi parlare di stato quando, pur essendoci un governo, la sicurezza esterna è assicurata da uno stato straniero (è il caso dei protettorati o, ancor più chiaramente, delle colonie ancora esistenti, spesso dotate di forme di autogoverno ma prive di propri apparati di difesa). LA SOVRANITÀ È il potere supremo di governo, originario (cioè non derivante da organi superiori) e indipendente (all'esterno) da ogni altro potere, pur potendo lo Stato porne delle limitazioni in ambito internazionale. Essa appartiene esclusivamente al popolo nella sua totalità, pur potendo essere esercitato nei soli modi e nelle sole forme previste dalla Costituzione Presupposti della sovranità ¨ Originarietà (autolegittimazione) ¨ Indipendenza da vincoli giuridici assunti in modo non volontario ¨ Coattività (esecuzione anche coattiva delle sue norme e dei sui provvedimenti) ¨ Territorialità (esercizio del potere su un ben determinato territorio) I due concetti di sovranità e politicità sono fra loro collegati: non si possono perseguire fini generali se non si dispone della forza e delle risorse che possano rendere ciò effettivamente possibile, in poche parole se non si è sovrani. Non contraddice questa affermazione l’art. 7 della Costituzione italiana, secondo il quale «lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani». Infatti, la sovranità della Chiesa non è riferita all’ordine temporale, bensì a quello spirituale: sovrano deve considerarsi lo Stato della Città del Vaticano. Ne è riprova la circostanza che lo Stato italiano entra in relazione con questo attraverso un Trattato, vale a dire uno strumento tipico del diritto internazionale; e con la Chiesa cattolica, invece, attraverso un atto chiamato Concordato. Collegato alle categorie della politicità e della sovranità è il concetto di costituzione: la sovranità è un potere non costituito ma costituente («quel potere assoluto e perpetuo che è proprio dello stato», la definì nel XVI secolo Jean Bodin, il primo teorico della sovranità moderna); e in quel potere trova legittimazione la costituzione dello stato, che a sua volta legittima ogni altro potere pubblico. In breve: solo gli stati sovrani possono darsi (o comunque possedere) una costituzione. Altri ordinamenti possono avere un loro documento fondamentale che assolve alla stessa funzione, ma non può parlarsi in senso proprio di costituzione (ad es., come ha rimarcato la nostra Corte costituzionale, gli statuti delle regioni non sono costituzioni). Ma la sovranità dello stato non ha più le caratteristiche di assolutezza che i vecchi stati nazionali rivendicavano. L’esercizio del potere statale incontra limiti crescenti: LIMITI DI FATTO: derivanti dallo sviluppo delle tecnologie informatiche e dai processi di globalizzazione, che rendono difficile il controllo degli stati sia sulla circolazione delle informazioni sia sulla circolazione di beni, capitali e persone (tanto che si parla di crisi di legittimazione dello stato, e in particolare dello «stato nazione», quello nel quale ordinamento giuridico sovrano e comunità nazionale coincidono); LIMITI GIURIDICI: derivanti dall’evoluzione dell’ordinamento internazionale, caratterizzato dall’affermarsi di numerose organizzazioni internazionali, prima fra tutte l’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu), che non mira più solo ad assicurare la pacifica coesistenza fra stati, ma considera fra i propri soggetti anche i popoli e i singoli individui, da proteggere in nome dei diritti umani (tanto che si parla di ingerenza umanitaria, contrapponendola al tradizionale principio di non ingerenza negli affari interni di uno stato). Nonostante tali limiti, la categoria della sovranità rimane ancora valida almeno dal punto di vista del diritto interno, poiché si può presupporre che, in linea di principio, le limitazioni alla sovranità dello stato siano volute dal popolo stesso nell’esercizio del potere costituente (ad es. il costituente italiano ha consentito espressamente «limitazioni di sovranità», La sovranità ha due distinte accezioni A. sovranità interna= supremazia B. sovranità esterna= indipendenza e originarietà La sovranità interna: lo Stato è sovrano perché l’ordinamento giuridico dello Stato gode si supremazia su tutti gli altri ordinamenti giuridici operanti nell’ambito del proprio territorio B. È lo Stato che ha il monopolio dell’uso della forza e ha dunque la forza coattiva e la capacità giuridica per fare osservare gli atti dei poteri pubblici e mediare gli interessi in gioco C. È lo Stato che decide condizioni e modi coi quali possono operare altri ordinamenti giuridici minori, territoriali (Regioni, Province, Città metropolitane, Comuni) o non territoriali (p.es. Università, camere di commercio) D. È lo Stato che è in grado di irrogare le sanzioni più forti (penali) per chi violi le sue norme La sovranità esterna si manifesta nel rapporto con gli altri stati che deve avvenire su un piano di parità ed indipendenza; lo stato italiano ha previsto la possibilità di limitare tale sovranità al fine di raggiungere obiettivi politico- economici per i quali sia necessaria la collaborazione tra gli stati, contemperando i diversi interessi. Oltre a quanto previsto all’art. 11 Cost. (ONU), si pensi alle organizzazioni sovranazionali quali UE, UME. È caratterizzata da: Originarietà: l’ordinamento giuridico dello Stato non ha un’altra fonte di legittimazione, ma si autolegittima: lo Stato si crea di solito su decisione dei popoli (eccezioni stati coloniali e stati nati su decisione e con le garanzie esterne fornite dalla comunità internazionale, come la Bosnia Erzegovina) Indipendenza: è indipendenza giuridico-politica: lo Stato è libero da vincoli internazionali non voluti e/o non reversibili (i trattati internazionali possono essere sempre denunciati dallo Stato che li ha ratificati) Oggi, inoltre, non si può prescindere dall’ordinamento internazionale. Articolo 11 recita che: L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. IL TERRITORIO Il territorio dello Stato è lo spazio entro il quale e in relazione al quale lo Stato esercita le sue funzioni, è il suo centro di riferimento, in cui vi sono tutti gli interessi di cui si prenda cura lo Stato. Su quel territorio in cui risiede quella popolazione sono legittimati all’esercizio del potere di comando e all’uso legittimo della forza soltanto quei soggetti che rappresentano lo Stato dopo • norme di particolare tutela per le minoranze linguistiche sono previste con legge dello Stato ai sensi dell’art. 6 Cost. Legge n. 482/1999 prevede che: Nei Comuni in cui sono presenti cittadini appartenenti alla minoranza sono conservati nomi, uso pubblico della lingua negli atti, nei documenti, nella toponomastica, nell’istruzione scolastica, nella cultura, nella radio-tv. Articolo 2 recita che: La Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo. Restano prive di apposita tutela le minoranze sprovviste di territorio: Rom e Sinti Vi sono poi gli italiani non appartenenti alla Repubblica (persone non di cittadinanza italiana, ma di cultura e lingua italiana come gli svizzeri italiani o i cittadini sloveni o croati appartenenti alla comunità nazionale italiana), ai quali l’articolo 51 Cost. consente l’accesso al pubblico impiego in condizione di parità con i cittadini. Ogni Stato ha norme giuridiche che regolano autonomamente e in modo diverso uno dall’altro casi e modi di acquisto, riacquisto e perdita della cittadinanza I limiti internazionali alla libertà degli Stati derivano da: 1. Convenzioni internazionali per la riduzione dell’apolidia, 2. Eventuali trattati bilaterali o multilaterali (sulle doppie cittadinanze o sulla tutela delle minoranze) 3. Diritto di ogni persona ad una cittadinanza e divieto di privare arbitrariamente una persona della sua cittadinanza e del diritto di mutare cittadinanza (articolo 15 Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo) 4. Rifiuto o revoca della cittadinanza non deve comportare un’arbitraria lesione al diritto al rispetto della vita privata e familiare di una persona garantito dall’art. 8 CEDU, né una lesione ai suoi diritti a difendersi con ricorsi giurisdizionali davanti ad un giudice terzo e imparziale. Ogni stato UE è sovrano nell’attribuire la sua cittadinanza, a cui però è automaticamente associata anche la cittadinanza europea. Secondo la giurisprudenza della CGUE: 1. eventuali revoche della cittadinanza di ogni stato (anche fondate sulla frode dei documenti presentati) devono essere comunque sottoponibili ad un controllo giurisdizionale. 2. occorre verificare anche la proporzionalità degli effetti di tale revoca sul diritto (anche dei familiari conviventi) sul diritto rispetto alla vita privata e familiare e sul superiore interesse del minore garantiti dagli articoli 7 e 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE Limite costituzionale nella scelta dei criteri di attribuzione o perdita della cittadinanza: Articolo 22 recita che: Nessuno può essere privato della cittadinanza per motivi politici I. Divieto di perdita o revoca della cittadinanza italiana per motivi politici J. Divieto di rifiuto della domanda di acquisto della cittadinanza italiana per motivi politici Non possono essere rilevanti il semplice orientamento politico manifestato pacificamente e pubblicamente dal cittadino o da uno straniero o la sua condanna per reati politici o la mera appartenenza di uno straniero ad uno Stato politicamente ostile. Ogni Stato UE è sovrano nell’attribuire la sua cittadinanza, a cui però è automaticamente associata anche la cittadinanza europea. LA CITTADINANZA ITALIANA La legge sulla cittadinanza italiana è basata attualmente sul principio del cd. ius sanguinis, in base al quale acquista di diritto la cittadinanza alla nascita colui che sia nato da madre o padre cittadini italiani (legge 5 febbraio 1992, n. 91). Invece il diritto alla cittadinanza per ius soli - in virtù del quale l'acquisizione della cittadinanza di un dato paese è conseguenza del fatto giuridico di essere nati sul suo territorio - è garantito soltanto in alcune situazioni particolari, caratterizzate dalla impossibilità per il bambino di avere alcuna cittadinanza a causa di filiazione da parte di genitori privi di cittadinanza (apolidi) o ignoti, ovvero in presenza di norme del Paese di provenienza che impedisce l'acquisizione della cittadinanza dei genitori. Legge 5 febbraio 1992, n. 91 prevede 4 tipi di modi di acquisto della cittadinanza italiana 1. per nascita (acquisto di diritto) 2. per adozione di minore (acquisto di diritto) 3. per iuris communicatio (acquisto di diritto) 4. per naturalizzazione (acquisto su domanda dell’interessato, presentata ad autorità amministrative e successivo procedimento amministrativo, con spazi di discrezionalità) o acquisto automatico previa dichiarazione di voler acquistare la cittadinanza o attribuzione su richiesta del coniuge non separato di cittadino italiano o concessione in caso di lunga residenza sul territorio italiano ACQUISTO CITTADINANZA ITALIANA DI DIRITTO PER NASCITA: È cittadino italiano • il figlio di genitore italiano (in qualsiasi territorio nasca) (ius sanguinis) • chi è riconosciuto figlio di genitore italiano (ius sanguinis) • il figlio di genitori entrambi apolidi che nasce in Italia (ius soli) • il figlio che nasce in Italia di genitori stranieri, la cui legge sulla cittadinanza non consente in alcun modo non consente l’acquisto della cittadinanza all’estero (ius soli) • il minore nato in Italia da genitori ignoti (ius soli) • il figlio di ignoti trovato nel territorio italiano, se non è provato il possesso di altra cittadinanza. ACQUISTO CITTADINANZA ITALIANA DI DIRITTO PER ADOZIONE: Avviene per K. acquisto automatico per adozione di minore di età da parte di genitore cittadino italiano L. si ha dopo la trascrizione nei registri dello stato civile della sentenza del tribunale per i minorenni italiano che riconosce la sentenza del tribunale straniero che ha decretato l’adozione da parte del cittadino italiano per i minori appartenenti a Stato che abbia ratificato la convenzione dell’Aja sulle adozioni, subito dopo l’arrivo in Italia; decorre dalla data della sentenza straniera M. decorre dalla sentenza del tribunale italiano che dichiara l’avvenuta adozione di minore straniero appartenente a Stato che non ha ratificato la convenzione dell’Aja sulle adozioni, dopo che sia cessato favorevolmente il periodo di affidamento preadottivo (1 anno dall’arrivo in Italia, rinnovabile) e il tribunale per i minorenni abbia pronunciato adozione È importante ricordare che conta l’età che aveva il minore al momento dell’inizio del procedimento adottivo, anche se si concluda dopo il compimento del procedimento adottivo. ACQUISTO CITTADINANZA ITALIANA DI DIRITTO PER <<IURIS COMMUNICATIO>>: Quando I figli minori di chi acquista o riacquista la cittadinanza italiana, se convivono con esso, acquistano la cittadinanza italiana, ma, divenuti maggiorenni, possono rinunciarvi, se in possesso di altra cittadinanza. (articolo 14 legge n. 91/1992) L’irrazionalità di dubbia legittimità: resta straniero il figlio maggiorenne che convive in Italia col genitore diventato italiano e con fratello o sorella che diventano cittadini italiani. ACQUISTO CITTADINANZA ITALIANA DI DIRITTO PER NATURALIZZAZIONE: Per quattro cause 1. Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data (cioè tra i 18 e i 19 anni). a. Occorre la dichiarazione di volere diventare cittadino presentata all’ufficiale di stato civile del Comune di residenza e il pagamento di una tassa di 250 Euro b. Ogni comune ha l’obbligo di segnalare l’opportunità a tutti i minori stranieri almeno 6 mesi prima del compimento dei 18 anni. Con questa modalità diverse centinaia di migliaia di stranieri sono diventati cittadini italiani 2. Per matrimonio con coniuge italiano: attribuzione della cittadinanza italiana con decreto del Ministro dell’Interno su domanda (presentata in Prefettura) del coniuge di cittadino italiano non legalmente separato, che non abbia precedenti penali o condanne per reati medio-gravi in Italia e nei Paesi del mondo in cui è stato e non sia pericoloso per l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato a. Se il matrimonio è stato celebrato all’estero: 3 anni ridotti a 1,5 se dal matrimonio è nata prole b. Se il matrimonio è stato celebrato in Italia: 2 anni ridotti a 1 anno se dal matrimonio è nata prole La presentazione della domanda di separazione legale sospende il procedimento è sospeso In caso di separazione legale il procedimento è archiviato. 3. Per lunga residenza: cittadinanza concessa (in modo discrezionale) con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’interno, previo parere del Consiglio di Stato, allo straniero che documenti I. Residenza regolare ininterrotta in Italia per a. 3 anni per il discendente di cittadino italiano che abbiano svolto il servizio militare o prestino servizio nella pubblica amministrazione oppure prima di partire dal Paese di origine faccia dichiarazione di volere acquistare la cittadinanza entro 1 anno dalla residenza in Italia b. 4 anni, per i cittadini di altri Stati membri della UE c. 5 anni per rifugiati e apolidi d. 10 anni per gli altri stranieri di Stati extra UE II. Conoscenza della lingua italiana (titolo di studio o prova di lingua italiana appositamente sostenuta), III. Altri elementi richiesti dalla giurisprudenza amministrativa come: N. Disponibilità di un reddito annuo non inferiore a quello richiesto alla quota di esenzione dal pagamento della spesa sanitaria, O. Regolare pagamento dei tributi negli anni precedenti P. Mancanza di precedenti penali o condanne per reati medio-gravi in Italia e nei Paesi del mondo in cui lo straniero è stato Q. Mancanza di elementi di pericolosità per l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato 4. Concessione (discrezionale) della cittadinanza italiana con decreto del Presidente della Repubblica sentito il Consiglio di Stato e previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’interno, di concerto col Min. Aff. Esteri a. per avere svolto reso eminenti servizi all’Italia oppure b. quando ricorra un eccezionale interesse dello Stato I termini per la conclusione del procedimento di attribuzione o di concessione sono 2 anni, prorogabili a 3 (secondo il D.l. 130/2020). Dunque, si arriva alla cittadinanza per matrimonio in 1-3 anni + altri 2-3 anni dal matrimonio= tot. Da 3 a 6 anni. Si arriva alla cittadinanza per lunga residenza in un termine che va da 3 a 10 anni + 2-3 anni = tot. Da 5 a 13 anni di residenza effettiva L’acquisto della cittadinanza per naturalizzazione a seguito di concessione della cittadinanza ha effetto soltanto il giorno dopo avere prestato entro 6 mesi dalla notifica del decreto del Presidente della Repubblica giuramento di osservanza della Costituzione e delle leggi davanti al Sindaco o all’ufficiale di stato civile del Comune di residenza (14,5 anni di residenza…),ma si esige che prima del giuramento si riproduca al Comune tutta la documentazione aggiornata richiesta per l’acquisto della cittadinanza. DOPPIA CITTADINANZA E PERDITA È consentito al cittadino italiano possedere, acquistare o riacquistare una cittadinanza straniera La cittadinanza italiana può essere perduta in caso di RINUNCIA VOLONTARIA: di chi acquista un’altra cittadinanza e si trova in un altro Stato ASSUNZIONE DI IMPIEGHI O SERVIZIO MILITARE: per uno Stato estero senza rinunciarvi dopo che il Governo italiano abbia intimato di rinunciarvi ACCETTAZIONE O MANCATA RINUNCIA DI UN IMPIEGO PUBBLICO O CARICA PUBBLICA O SERVIZIO MILITARE: presso uno Stato estero durante lo stato di guerra o acquisto volontario della cittadinanza di un altro Stato durante lo stato di guerra (perdita al momento della cessazione dello stato di guerra) La cittadinanza italiana acquisita per naturalizzazione è revocata con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’Interno, entro 3 anni dal passaggio in giudicato della sentenza definitiva di condanna per alcuni reati gravissimi, anche politicamente ispirati (come quelli di terrorismo) L’ipotesi è stata introdotta col d.l. n. 113/2018, incostituzionale per violazione del divieto di privare della cittadinanza per motivi politici previsto dall’articolo 22 Cost. e per violazione dell’art. 117, comma 1 per violazione della convenzione internazionale sulla riduzione dei casi di apolidia che vieta di privare della cittadinanza senza che ve ne sia un’altra e comunque mai per motivi politici. LA CITTADINANZA EUROPEA Istituita dal Trattato di Maastricht sull’Error! Hyperlink reference not valid. (UE) del 1992, la cittadinanza europea è la condizione giuridica propria di ogni persona appartenente a uno Stato membro dell’UE. In base al Trattato di Amsterdam (1997), essa non sostituisce la cittadinanza nazionale, ma ne rappresenta un complemento, essendo finalizzata a instaurare la solidarietà tra i popoli che fanno parte dell’UE e a favorire il processo di integrazione politica tra gli Stati membri. È cittadino dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. I cittadini dell’Unione godono dei diritti, e sono soggetti ai doveri, previsti dal Trattato. In particolare, possono circolare e soggiornare liberamente nei territori dell’Unione (Libera circolazione delle persone), hanno diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali e alle elezioni del Parlamento europeo nello Stato membro di residenza; ove si trovino in un paese terzo in cui lo Stato di provenienza non è rappresentato, hanno diritto di beneficiare della tutela diplomatica e consolare di qualsiasi Stato membro dell’Unione; hanno diritto di petizione al Parlamento europeo e possono adire il europeo. Tali diritti sono suscettibili d’integrazione, grazie a una clausola che consente al Consiglio dell’UE di adottare disposizioni intese a completarli. DIRITTI DEL CITTADINO EUROPEO 1. Libertà di circolare e soggiornare nei territori dell’Unione, salvi i limiti previsti per motivi di sanità pubblica o sicurezza dello Stato o sicurezza pubblica (con trattamento quasi identico a quello dei cittadini nazionali, escluso l’accesso all’elettorato politico e ai posti di vertice dell’amministrazione pubblica) 2. Diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali del comune di residenza 3. Diritto di elettorato passivo al Parlamento europeo per qualsiasi Stato dell’Unione 4. Diritto di elettorato attivo alle elezioni del Parlamento europeo per i deputati dello Stato di cittadinanza (votando nello Stato di residenza) oppure per i deputati dello Stato membro di residenza 5. Diritto alla tutela diplomatica e consolare di qualsiasi Stato membro dell’Unione ove si trovino in un paese terzo in cui lo Stato di provenienza non è rappresentato, 6. Diritto di petizione al Parlamento europeo 7. Diritto di ricorrere al Mediatore europeo CONDIZIONE GIURIDICA DELLO STRANIERO Il concetto di straniero si ricava per differenza, ovvero è straniero colui che non ha la cittadinanza italiana e che non è apolide; extracomunitario è colui che non è cittadino italiano o di un altro stato dell’Unione Europea. L’articolo 10.2 dichiara che: la situazione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. La disciplina dell’ingresso, del soggiorno e dell’espulsione dello straniero – anche aploide – è uniformata alla politica dell’Unione Europea in materia, sulla base della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen relativo all’abolizione dei controlli alle frontiere interne. Il d.lgs. 286 del 1998, chiamato legge Turco – Napolitano e modificato dalla legge Bossi – Fini riconosce: • Allo straniero comunque presente nel territorio, ovvero indipendentemente dalla regolarità della sua presenza, i diritti fondamentali della persona umana previsti dal diritto interno, dalle convenzioni internazionali e dai principi di diritto internazionale riconosciuti. • Allo straniero regolarmente soggiornante – in possesso di permesso di soggiorno o carta di soggiorno – vengono riconosciuti i diritti civili riconosciuti al cittadino italiano e il diritto di partecipazione alla vita pubblica locale. • A tutti i lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti vengono riconosciuti parità di trattamento e piena eguaglianza dei diritti rispetto ai lavoratori italiani. • Sulla base delle Convenzioni di Ginevra e del Protocollo di New York, l’Italia può dare rifugio a coloro che abbandonano il proprio paese a causa di persecuzioni. • Lo straniero può essere espulso come conseguenza dell’ingresso o del soggiorno illegale, nei casi in cui lo straniero risulti pericoloso per l’ordine pubblico perché aderente ad associazioni terroristiche; su ordine del giudice a titolo di misura di sicurezza, al posto che l’incarceramento; per motivi di ordine pubblico. La divisione dei poteri è uno dei principi cardine dello stato liberale; questa divisione consente di raggruppare in diverse attività e funzioni con cui lo Stato provvede agli interessi generali del popolo. Le funzioni dello Stato oggi possono essere almeno cinque: 1. FUNZIONE NORMATIVA 2. FUNZIONE AMMINISTRATIVA 3. FUNZIONE GIURISDIZIONALE 4. FUNZIONE DI INDIRIZZO POLITICO 5. FUNZIONE DELLA GIUSTIZIA COSTITUZIONALE FUNZIONE NORMATIVA La funzione normativa è l’attività con cui organi dello Stato o di altri enti da esso autorizzati producono e modificano norme giuridiche (costituzionali, legislative o regolamentari) In particolare, la Costituzione è quell’insieme di norme (scritte in unico testo o in più testi oppure non scritte) che dà fondamento e legittimazione al potere e alle funzioni dello Stato e alle altre norme e limita il potere esercitato dai titolari delle funzioni dello Stato A. La costituzione formale: insieme di norme poste al vertice delle fonti del diritto, adottate con procedure (e maggioranze) speciali dai titolari del potere costituente (in uno Stato democratico il popolo che elegge assemblee costituenti; in uno Stato liberale può essere il monarca assoluto che si autolimita; in uno Stato autoritario un autocrate o il partito unico che usa la forza) e destinate ad influire e limitare il potere costituito da essa stessa Costituzione e a disciplinare procedure, limiti e contenuti delle altre norme B. La costituzione materiale: insieme di norme fondamentali che organizzano i poteri supremi dello Stato e regolano i rapporti tra di loro e i rapporti tra i cittadini e i pubblici poteri Dopo l’approvazione della Costituzione essa è modificabile dall’organo (indicato dalla Costituzione stessa) titolare della funzione di revisione costituzionale (in Italia in base all’art. 138 Cost. spetta alle due Camere del Parlamento, eventualmente con la conferma di referendum popolare) FUNZIONE ESECUTIVA-AMMINISTRATIVA La funzione esecutiva-amministrativa, dapprima (nella forma di Stato liberale) consisteva soprattutto in attività di esecuzione delle leggi e delle altre norme, mediante provvedimenti amministrativi puntuali e concreti, nel rispetto del principio di legalità: la pubblica amministrativa può esercitare funzioni soltanto se previsto dalla legge e con i modi, i limiti e i fini indicati dalla legge approvata a maggioranza nel rispetto della volontà popolare (rispetto oggi del principio democratico) Oggi invece consiste in ogni altra attività cui la pubblica amministrazione persegue gli interessi pubblici individuati dalla legge come ad esempio: • Emanazione di atti con cui determinati comportamenti sono imposti, vietati o permessi • Organizzazione di servizi pubblici (p.es. servizio sociale o assistenza sanitaria) • Costruzione di opere pubbliche • Riscossione dei tributi • Mantenimento delle relazioni internazionali • Difesa civile e militare • Mantenimento della sicurezza FUNZIONE GIURISDIZIONALE È affidata a giudici che decidono: A. Le controversie sull’applicazione delle norme B. L’applicazione delle sanzioni previste dalle norme per i trasgressori delle norme stesse Per poter adottare decisioni il più possibili conformi al diritto il giudice deve essere imparziale, cioè • Indipendente da poteri pubblici o privati • Estraneo all’oggetto del giudizio • Terzo, cioè giudica una causa su richiesta di altri, una causa sulla quale prima di allora non si è mai pronunciato Ogni procedimento giudiziario si conclude con la sentenza. Nel PROCESSO CIVILE la controversia tra due o più parti (di solito private) e si conclude con una sentenza che: a) Accerta quale sia la situazione giuridica tra le parti (sentenza dichiarativa) (p.es.: a chi spetta un diritto, quali siano i limiti tra due diritti) a) Determina essa stessa una nuova situazione giuridica (sentenza costitutiva) (p.es.: sentenza di adozione di minore) a) Ordina ad una delle parti di tenere un determinato comportamento (p.es. svolgere una determinata attività o pagare una certa somma) (sentenza di condanna) (p.es.: sentenza di condanna al pagamento del risarcimento del danno) Nel PROCESSO PENALE avviene dopo che un organo dello Stato (il pubblico ministero) che ha svolto indagini su un fatto previsto e punito dalla legge come reato, esercita l’azione penale nei confronti di un indagato, chiedendo al giudice di disporre l’archiviazione o il giudizio nei suoi confronti. Se è disposto il rinvio a giudizio, di fronte ad altro giudice il pubblico ministero e i difensori in parità sottopongono le prove a carico o a discarico dell’imputato Il processo si conclude con la sentenza del giudice che stabilisce l’innocenza o la colpevolezza dell’imputato e individua la pena da applicarsi al condannato Nel PROCESSO AMMINISTRATIVO il destinatario di un atto amministrativo presenta contro questo atto un ricorso W. Al giudice ordinario perché ritiene l’atto illegittimo e lesivo dei suoi diritti soggettivi e chiede al giudice di disapplicarlo al ricorrente; X. Al giudice amministrativo perché ritiene l’atto illegittimo e lesivo dei suoi interessi legittimi e perciò chiede al giudice amministrativo di annullarlo con efficacia verso tutti La sentenza pronunciata da ogni giudice è definitiva, salvo che la parte rimasta insoddisfatta dalla sentenza presenti una impugnazione di fronte ad un altro giudice di merito (giudizio d’appello) o un giudizio di legittimità (giudizio di cassazione) Quando la sentenza non può più essere impugnata assuma natura di cosa giudicata, cioè fissa in modo definitivo il giudizio (salvo il giudizio di revisione qualora si scoprano nuove prove o nuovi elementi che avrebbero fatto assolvere il condannato) FUNZIONE DI INDIRIZZO POLITICO Le attività di tutti i poteri dello Stato devono essere preventivamente e costantemente coordinate e indirizzate, anche per realizzare i valori che ispirano ogni forma di Stato (p.es. allorchè si devono attuare i diritti fondamentali) La funzione di indirizzo politico consiste in: A. Scelta e posizione dei fini da raggiungere B. Orientamento della volontà degli organi pubblici e apprestamento dei mezzi necessari per realizzare i fini prescelti C. Realizzazione dei fini K La funzione di indirizzo politico raccorda le varie funzioni dello Stato e perciò apparentemente contrasta con la teoria della separazione dei poteri che Montesquieu enunciò nel 1746 ne L’esprit des lois, secondo la quale ogni funzione dello Stato deve essere esercitata da organi diversi e indipendente gli uni dagli altri, per evitare concentrazioni e abusi di poteri, cioè per evitare la tirannide. Oggi quella teoria è rimodulata nella distinzione e collaborazione dei poteri In particolare, esistono organi costituzionali, cioè organi posti in posizione superiore ad ogni altro organo e indipendenti gli uni dagli altri, i quali mediante l’uso dei loro poteri concorrono a determinare l’indirizzo politico In Italia sono organi costituzionali: le due Camere del Parlamento, il Governo, il Presidente della Repubblica, la Corte costituzionale FUNZIONE DELLA GIUSTIZIA COSTITUZIONALE La giustizia costituzionale nasce con le Costituzioni rigide, che devono essere rispettate da tutti i cittadini e da tutti coloro che esercitano le funzioni dello Stato. Il giudice costituzionale garantisce che le funzioni dello Stato siano esercitate secondo la Costituzione Consiste nel giudizio su: 1. Questioni di legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge dello Stato e delle Regioni 2. Ricorsi sui conflitti di attribuzioni tra i poteri dello Stato, tra Stato e regioni e tra le Regioni 3. Accuse per i reati commessi dal Capo dello Stato 4. Ammissibilità costituzionale dei referendum popolari abrogativi La funzione della giustizia costituzionale negli ordinamenti costituzionali democratici spetta: Y. Ad un apposito organo accentrato (giudizio accentrato) Z. Ad ogni giudice (giudizio diffuso), a volte in concorso con giudici supremi In quasi tutti gli Stati (esclusi Israele, USA, Grecia e Giappone) il giudizio di costituzionalità è accentrato in un solo organo. IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Ogni ordinamento statale2 conosce una figura istituzionale che lo rappresenta nella sua interezza e nella sua unità: sia nei confronti degli altri stati, cioè nell’ordinamento internazionale3, sia al suo interno. Questa figura si usa chiamare capo dello stato: è un’espressione che richiama l’idea di un soggetto che sta in posizione più alta di tutti. In effetti, fino a tempi relativamente recenti, le funzioni di capo dello stato si sono identificate con quelle proprie dei sovrani. Capo dello stato era per definizione il re (e viceversa). Oggi non è più così, anche se le monarchie restano numerose: circa un quarto degli stati. In rari casi il capo dello stato è un organo collegiale (in Svizzera, ad esempio, vertice dell’ordinamento è il Consiglio federale, e nondimeno anche nella Confederazione elvetica uno dei sette membri del Consiglio funge a rotazione da presidente). Quasi sempre capo dello stato è un organo monocratico, costituito cioè da una sola persona. Il capo dello stato può essere: • un presidente della repubblica di estrazione rappresentativa, cioè eletto direttamente dal corpo elettorale oppure indirettamente da un collegio a sua volta elettivo; • un monarca di estrazione ereditaria, cioè figlio o figlia (a seconda delle leggi di successione dinastica) di re o regina, oppure titolare di altra carica nobiliare (ad es. il granduca del Lussemburgo) o altro titolo ancora (ad es. l’imperatore del Giappone). La Costituzione accoglie pienamente il principio repubblicano perché B. La sovranità appartiene al popolo (articolo 1 Cost.) C. L’articolo 87 Cost. attribuisce al Presidente della Repubblica funzioni precisamente enumerate. Ciò comporta il Presidente: • non ha competenze potenzialmente generali • è uno degli organi di esercizio della sovranità popolare al pari degli altri organi costituzionali 2 ordinamento che assume fra le proprie finalità la cura, almeno potenzialmente, di tutti gli interessi generali che riguardano una determinata collettività stanziata su un determinato territorio (politicità), supremo rispetto ad ogni altro potere costituito al suo interno e indipendente rispetto ai poteri esterni (sovranità). 3 ordinamento che si caratterizza rispetto agli altri ordinamenti giuridici per avere una base sociale costituita non da persone fisiche, da esseri umani, ma esclusivamente da stati, cioè da entità collettive D. Il Presidente della Repubblica non è diverso dagli altri organi costituzionali • né per dignità (non è superiore agli altri organi) • né per autorità (non ha la posizione di guida degli altri organi) • né per comando (non ha poteri coattivi verso altri organi costituzionali) § ma soltanto per funzioni: è il Capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale (e in quanto tale rappresenta la Repubblica all’interno e all’estero e gli spettano gli onori attribuiti a tutti i capi dello Stato) Le funzioni del Presidente della Repubblica Possono essere raggruppate in cinque tipi di poteri: 1. Poteri di controllo sospensivo 2. poteri di garanzia 3. Poteri di prerogativa extra ordinem 4. Poteri di influenza 5. Poteri di intermediazione politica POTERI DI CONTROLLO SOSPENSIVO La Costituzione attribuisce al Presidente atti con cui partecipa all’esercizio delle principali funzioni dello Stato. Ciò dà al Presidente, prima di adottare l’atto presidenziale, la facoltà di controllare tempi e modi dell’atto e di indurre a ripensare tempi e contenuti dell’atto sia per profili di legittimità, sia per profili di opportunità l’organo che prende la decisione effettiva la cui efficacia richiede l’atto presidenziale. Si tratta però soltanto di un «veto sospensivo» perché se l’organo competente a decidere l’atto lo conferma il Presidente deve firmarlo, salvo che incorra nei reati di alto tradimento o di attentato alla Costituzione, per i quali risponde penalmente personalmente (articolo 89 Cost.) Il potere di controllo sospensivo conferisce di: AA. Promulgazione delle leggi e rinvio di una legge alle Camere per un nuovo esame • Destituzione disposta dalla Corte costituzionale integrata allorché il Presidente messo in stato di accusa dalle Camere sia condannato per alto tradimento o attentato alla Costituzione (L. cost. n. 1/1953) Il presidente che cessa dalla carica, salvo in caso di destituzione da parte della Corte costituzionale, diventa senatore di diritto a vita, a meno che vi rinunzi: la rinuncia fu prevista per dargli modo, se così volesse, di ricandidarsi a cariche elettive. L’assegno e la dotazione del Presidente sono determinati per legge (articolo 84, u.c. Cost.) Assegno: per la persona che ricopre la carica Dotazione: beni mobili e immobili facenti parte del patrimonio indisponibile dello Stato e dati in uso a chi esercita la funzione di Presidente Sono disciplinati dalla Legge 9 agosto 1948, n. 1077 Istituisce anche il Segretariato generale della Presidenza della Repubblica, nel quale sono inquadrati tutti gli uffici e i servizi necessari per l'espletamento delle funzioni del Presidente della Repubblica e per l'amministrazione della dotazione. Il Segretario generale della Presidenza della Repubblica è nominato e revocato con decreto del Presidente della Repubblica, controfirmato dal Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio dei ministri. Il Segretario rappresenta l'Amministrazione della Presidenza della Repubblica, sovraintende a tutti gli uffici e servizi della Presidenza medesima e propone al Presidente della Repubblica l'approvazione del regolamento interno e dei provvedimenti relativi al personale. (autonomia regolamentare, amministrativa, contabile e finanziaria) RESPONSABILITÀ PRESIDENZIALE L’articolo 4 dello Statuto albertino affermava che «la persona del re è sacra e inviolabile». Nella Costituzione repubblicana non esiste, ovviamente, una prerogativa del genere. Essa però prevede trattamenti diversificati, rispetto agli altri cittadini, per coloro che, a partire dal presidente della Repubblica, ricoprono determinate cariche: non a titolo di personale privilegio (come nel caso degli antichi sovrani), ma per garantirne l’autonomia e la libertà nell’assolvimento delle funzioni ad essi attribuite. L’articolo 89 Cost. afferma che nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità. Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche dal Presidente del Consiglio dei ministri. 4 atto con cui il presidente della Repubblica attesta l’approvazione di una legge da parte del Parlamento; il presidente può con messaggio motivato chiedere una nuova deliberazione, essendo obbligato a promulgare quando questa ci sia. L’articolo 90 Cost. stabilisce così una forma di irresponsabilità del presidente per tutti gli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, a meno che non si sia macchiato di due reati (di fatto costruiti dal costituente stesso, che in parte li riprese dalla Costituzione cecoslovacca del 1920): si tratta dell’alto tradimento e dell’attentato alla Costituzione. La prima ipotesi vuole identificare una collusione con potenze straniere; la seconda vuole identificare non già qualsiasi violazione della carta costituzionale (altrimenti anche la promulgazione4 o emanazione di un atto successivamente dichiarato incostituzionale potrebbe comportare una responsabilità del presidente), ma solo quelle violazioni che siano tali da mettere a repentaglio caratteri essenziali dell’ordinamento. Anche se nel Codice penale può essere rintracciata una fattispecie alla quale ricondurre questa ipotesi, ciò non è necessario: il Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri, e la Corte costituzionale sono gli unici organi abilitati a valutare gli eventuali atti e fatti compiuti dal presidente. La responsabilità presidenziale riguarda: 1. Irresponsabilità giuridica (civile, penale e amministrativa) per gli atti compiuti nell’esercizio delle funzioni 2. Responsabilità per i reati, compiuti nell’esercizio delle funzioni, di • attentato alla Costituzione (articolo 283 cod. pen. Chiunque, con atti violenti, commette un fatto diretto e idoneo a mutare la Costituzione dello Stato o la forma di Governo, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni) • alto tradimento (articolo 77 cod. pen. milit. Pace) 3. Imputabilità per tutti i reati compiuti fuori dell’esercizio delle funzioni, ma non procedibilità durante lo svolgimento del mandato presidenziale 4. Piena responsabilità giuridica (civile, penale e amministrativa) su tutti gli atti presidenziale ricade sui ministri che controfirmano, eventualmente in concorso con i reati presidenziali 5. Responsabilità politica (verso gli elettori e il Parlamento) per gli atti presidenziali proposti dai ministri è dei ministri che controfirmano. Il procedimento per far valere la responsabilità del capo dello Stato per alto tradimento e attentato alla Costituzione si articola in due fasi: 1. La prima, è la messa in stato d’accusa da parte del Parlamento in seduta comune con voto a maggioranza assoluta dei componenti. Il procedimento d’accusa parlamentare si articola a sua volta in due fasi: a. L’istruttoria è condotta dal comitato parlamentare per i procedimenti d’accusa, che deve compiere una serie di indagini in relazione alle denunce trasmesse dal presidente della Camera. L’attività preliminare può concludersi o con un provvedimento di archiviazione per manifesta infondatezza delle accuse, o con una relazione da presentare al Parlamento in seduta comune contenente le conclusioni cui è giunto il comitato, favorevoli o contrarie all’accusa. b. Nel caso in cui l’atto di accusa sia approvato, il presidente della Repubblica può essere sospeso dalla carica in via cautelare con decisione della Corte costituzionale. 2. La seconda, è il giudizio della Corte costituzionale, integrata da 16 componenti estratti da un elenco di 45 cittadini compilato dal Parlamento in seduta comune ogni 9 anni. Il giudizio della Corte costituzionale si articola in tre fasi: a. L’istruttoria, condotta dal presidente della Corte o da uno o più giudici da lui delegati, si acquisiscono tutti gli elementi di prova. b. Il dibattimento, durante il quale le parti discutono sulle risultanze dell’istruttoria e fanno le loro richieste. c. La Corte si riunisce quindi in camera di consiglio per la decisione, che potrà essere di assoluzione o di condanna La sentenza emessa dalla Corte è irrevocabile e non può essere impugnata, ad eccezione delle ipotesi di revisione (ammessa solo se dovessero emergere elementi nuovi, suscettibili di provare la non colpevolezza del presidente) Le vicende della storia politico-istituzionale repubblicana hanno accentuato la difficoltà a ricostruire in modo convincente il ruolo di una figura, quale quella del capo dello Stato, che si può considerare strutturalmente ambigua: dovrebbe rappresentare l’unità nazionale, ma alcuni dei poteri che la Costituzione gli attribuisce sono tali da farne, all’occorrenza, un protagonista di scelte fortemente incidenti sull’indirizzo politico (dalla nomina del presidente del Consiglio e dei ministri allo scioglimento delle Camere). Tale ambiguità si deve anche al fatto che, come si diceva, la Costituzione, imponendo la controfirma5 per tutti gli atti presidenziali, ha rinunciato a chiarire nitidamente quali, fra i molti atti che il presidente adotta, sono da considerare suoi propri e quali invece frutto della volontà di altri organi costituzionali che egli ha il compito solo di rappresentare all’esterno. GLI ATTI DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Possono essere di diversa natura: A. Atti formalmente e sostanzialmente presidenziali B. Atti sostanzialmente governativi e formalmente presidenziali C. Atti complessi ed eguali D. Atti complessi del Presidente non come capo dello Stato, ma in qualità di presidente di organi collegiali E. Atti privati 5 apposta da un componente del governo, senza la quale gli atti del presidente della Repubblica non sono riconosciuti come validi (art. 89 Cost.). F. Atti orali G. Atti attinenti al Segretariato generale della Presidenza della Repubblica ATTI FORMALMENTE E SOSTANZIALMENTE PRESIDENZIALI: In tali categorie di atti a. La firma presidenziale attesta che l’iniziativa dell’atto è del Presidente b. La controfirma ministeriale attesta l’avvenuto controllo da parte del ministro sulla sussistenza dei requisiti giuridici dell’atto presidenziale • Controfirma non può essere rifiutata se i requisiti giuridici sono rispettati, ma deve essere rigettata se i requisiti giuridici sono violati • I ministri controfirmanti assumono la responsabilità giuridica dell’atto (civile, penale e amministrativa), ma non la responsabilità politica c. Nomina 5 giudici costituzionali (purchè professori ordinari in materie giuridiche o avvocati con 20 anni di esercizio presso le giurisdizioni superiori) d. Nomina 5 senatori a vita che abbiano illustrato la Patria per altissimi meriti in campo letterario, economico, giuridico e sociale e. Rinvio delle leggi alle Camere per nuova deliberazione (articolo 74 Cost.) f. Promulgazione delle leggi (articolo 73 cost.) g. Messaggio alle Camere h. Convocazione straordinaria delle Camere i. Concessione della grazia e commutazione della pena Articolo 681 cod. proc. pen. § Estinzione parziale o totale della pena § Atto di clemenza individuale per il condannato definitivo che non ha altre pene da scontare o altri procedimenti penali riportare la pena al senso di umanità, atto spettante al solo Presidente § Su domanda del condannato definitivamente o di un suo prossimo congiunto o convivente o del tutore o di un avvocato o su proposta del presidente del consiglio di disciplina (in cui siedono anche assistenti sociali), o anche in assenza di domanda o proposta (su iniziativa presidenziale) § Ministro della giustizia svolge istruttoria, raccogliendo parere informale della vittima del reato o dei suoi familiari, ogni elemento utile e parere del magistrato di sorveglianza e del procuratore della Repubblica § Spetta al Ministro svolgere l’attività istruttoria e comunicarne gli esiti al Capo dello Stato con le sue “proposte”. Se il Capo dello Stato non condivide le valutazioni contrarie del Ministro, “adotta direttamente il decreto concessorio esternando nell’atto le ragioni per le quali ritiene di dovere concedere egualmente la grazia, malgrado il dissenso espresso dal Ministro (corte cost. sent. n. 200/2006) j. Scioglimento anticipato delle Camere: • È atto proprio del Presidente che decide se, quando e perché sciogliere le Camere Il potere di convocare elezioni anticipate, accortamente usato, è un fondamentale strumento di stabilizzazione del governo parlamentare: la sola minaccia di farvi ricorso serve più che non il suo stesso uso, perché i parlamentari in carica temono il rischio inevitabilmente legato a nuove elezioni. Proprio per questo è uno strumento «politico» per eccellenza. Anche per lo scioglimento, come per le altre attribuzioni presidenziali, vale la regola che nessun atto del presidente è valido in assenza di controfirma. La tesi dello scioglimento come potere governativo non è certa suffragata dall’esperienza repubblicana: essa presuppone un funzionamento del governo parlamentare in senso monista, con salde e omogenee maggioranze guidate da leader in grado di imporre di fatto, all’occorrenza, lo scioglimento. La tesi dello scioglimento come potere presidenziale, specie negli ultimi tre decenni, come si è visto, ha avuto invece importanti riscontri: tale potere è stato espressamente rivendicato dal presidente stesso, come fece Napolitano in varie occasioni. Questa è la tesi sostenuta da quanti, nel quadro di una interpretazione dualista della forma di governo, ritengono che il presidente della Repubblica possa e debba esercitare attivamente le sue funzioni di garanzia, al fine del buon funzionamento del governo parlamentare che i partiti non riescono sempre ad assicurare. La logica istituzionale che sottende questa concezione presenta elementi di similarità con gli ordinamenti semipresidenziali. Provvedimenti di clemenza Einaudi (dal 12 maggio 1948), n. 15.5781 Gronchi (dall’11 maggio 1955), n. 7.423 Segni/Merzagora (dall’11 maggio 1962, Presidente Segni; dal 10 agosto 1964 al 6 dicembre 1964, Presidente supplente Merzagora), n. 926 Saragat (dal 29 dicembre 1964), n. 2.925 Leone (dal 29 dicembre 1971), n. 7.498 (7.373 per reati comuni e 125 per reati militari) Pertini (dal 9 luglio 1978), n. 6.095 (2.805 per reati comuni e 3.290 per reati militari) Cossiga (dal 3 luglio 1985), n. 1.395 (1.240 per reati comuni e 155 per reati militari) Scalfaro (dal 28 maggio 1992), n. 339 (302 per reati comuni e 37 per reati militari) Ciampi (dal 18 maggio 1999), n. 114 (71 per reati comuni e 43 per reati militari) Napolitano I (dal 15 maggio 2006), n. 23 (22 per reati comuni e 1 per reato militare).2 Mattarella (dal 3 febbraio 2015), n. 35 (per reati comuni). Al 31 dicembre 2021, i provvedimenti di clemenza individuale sono stati dunque 42.351 di cui (almeno) 3.651 per reati militari Dal suo insediamento (3 febbraio 2015), il Presidente Mattarella ha adottato 35 provvedimenti di clemenza individuale. 1. Decreto relativo alla pena dell’ergastolo, 2. 19 decreti di grazia per pene detentive temporanee (di cui uno anche per la pena accessoria inflitta con la condanna e uno che ha avuto ad oggetto la pena dell’arresto), 3. 10 decreti con cui sono state concesse grazie parziali (riduzione della pena detentiva temporanea), 4. 2 decreti di grazia per la sola pena accessoria (di cui uno adottato mentre il condannato stava espiando, in regime di affidamento in prova, la pena principale della reclusione), 5. Decreto di commutazione della pena detentiva in pena pecuniaria e 2 6. Decreti di grazia per la sola pena pecuniaria (uno relativo alla pena della multa e l’altro concernente l’ammenda). § Nessuno dei provvedimenti di grazia è stato adottato su contrario avviso del Ministro competente o in assenza di domanda dell’interessato. § Nel corso della Presidenza, sono state sottoposte all’attenzione del Presidente Mattarella sia le pratiche che hanno dato luogo all’adozione dei 35 provvedimenti di clemenza sopra indicati sia altre 2014 domande (o proposte) di grazia oppure di commutazione di pene. Di esse 1342 sono state rigettate e 672 archiviate o “poste agli atti”. § Delle domande rigettate, 369 hanno riguardato condannati la cui pena non era in corso di esecuzione perché era stata concessa la sospensione condizionale o perché l’esecuzione della pena detentiva era stata sospesa a norma dell’art. 656 c.p.p., ovvero condannati che sin dall’inizio dell’esecuzione della pena, o dopo un periodo di detenzione carceraria, erano stati ammessi a misure alternative al carcere (affidamento in prova; detenzione domiciliare; semilibertà): in questi casi il Presidente della Repubblica ha ritenuto che le esigenze poste a fondamento della domanda di clemenza risultassero già adeguatamente tutelate per effetto degli ordinari strumenti personali, sostanziali e processuali, e penitenziari (Corte cost., sent. n. 200/06). Nessuno dei due profili è sufficiente da solo a spiegare la complessa realtà della funzione giurisdizionale. Considerandoli insieme, essa può essere allora definita come la funzione diretta all’applicazione della legge, attivata su impulso delle parti (passività del giudice), per risolvere un conflitto o una controversia, esercitata ad opera di un soggetto terzo (terzietà del giudice6), vincolato solo alla legge, nel rispetto del principio del contraddittorio fra le parti, della pubblicità del procedimento e della motivazione delle decisioni. Il giudice deve essere passivo nel senso che non spetta a lui promuovere l’azione (presupposto al tempo stesso della sua terzietà); deve essere terzo rispetto alle parti in causa (un giudice non equidistante non sarebbe accettato da entrambe le parti); deve essere vincolato solo alla legge, non deve cioè ricevere istruzioni (su come giudicare) né dettare lui stesso il parametro in base al quale decidere la controversia che ha davanti; il contraddittorio garantisce che ciascuna parte possa farsi sentire dal giudice in condizioni di parità (che giudizio sarebbe un giudizio formulato sentita una parte sola?); la pubblicità del procedimento è garanzia della sua correttezza, mentre la motivazione serve a consentire forme di controllo successivo (da parte di un altro giudice che per questo è chiamato di secondo grado). Tipica espressione della funzione giurisdizionale, invece, è la sentenza: cioè l’atto processuale del giudice col quale questi risolve la questione sottoposta alla sua attenzione; mentre si chiamano ordinanza e decreto gli atti del giudice che non definiscono il procedimento, ma ne regolano il suo corso. La definizione consente a. di includere anche quelle attività che hanno natura giurisdizionale, ma sono svolte da organi amministrativi (ad es. le funzioni contenziose attribuite ad autorità indipendenti) o da organi appartenenti al potere legislativo (ad es. la verifica dei poteri attribuita a ciascuna camera); b. di escludere, al contrario, quei compiti di natura amministrativa affidati dalla legge a organi giudiziari (ad es. la volontaria giurisdizione, che postula l’assenza di un conflitto da risolvere ed è esercitata dal giudice tutelare nell’interesse delle parti; o le funzioni che riguardano la gestione del procedimento elettorale nelle sue diverse fasi sino alla proclamazione degli eletti: si pensi ai diversi uffici circoscrizionali e centrali previsti dalle leggi elettorali che, pur essendo composti da magistrati, sono considerati organi amministrativi). 6 principio per cui la risoluzione di una controversia giudiziaria deve essere affidata a un soggetto terzo: se tale non fosse il giudice non sarebbe accettato dalle parti. Giurisdizione in senso ristretto: È la mera applicazione ai casi particolari delle norme generali e astratte previste dalla legge. È concepita come un mero procedimento logico deduttivo che raffronta la proposizione generale e astratta con la fattispecie concreta. Secondo questa concezione A. L’indipendenza del giudice è una garanzia che mira ad assicurare la corrispondenza alla legge di ogni singola decisione del giudice sottraendolo da ogni influenza estranea B. La produzione del diritto si attua soltanto con le disposizioni generali e astratte prodotte dal legislatore Tuttavia, questa concezione è cambiata quando con norme legislative si sono stabiliti contestualmente A. Il divieto per il giudice di rifiutare la decisione di un caso a causa delle lacune o delle incertezze interpretative della norma legislativa da applicare B. Criteri e modi che devono essere seguiti per l’interpretazione delle norme giuridiche La giurisdizione mira all’applicazione della legge per risolvere un conflitto o una controversia o per applicare le sanzioni penali. Tuttavia, essa non è la mera applicazione puntuale e concreta della volontà legislativa, ma il risultato di una operazione più complessa in cui si inseriscono anche scelte e valutazioni autonome degli stessi giudici La giurisdizione non è totalmente vincolata e perciò si configura anche come funzione che in parte produce diritto nei casi in cui il giudice A. Debba applicare norme ambigue B. Debba applicare norme in base alla valutazione della situazione concreta C. Debba ricorrere all’analogia in presenza di lacune D. Debba annullare o disapplicare al caso singolo norme non legislative illegittime CARATTERISTICHE CHE DIFFERENZIANO LA GIURISDIZIONE RISPETTO ALLE ALTRE FUNZIONI 1. La giurisdizione si differenza dalle altre funzioni per la tipicità dei suoi atti e dei loro effetti § La sentenza del giudice fa stato tra le parti, i loro eredi o aventi causa (articolo 2909 cod. civ.) § L’effetto di giudicato è caratteristico di decisioni non più impugnabili e perciò è valido soltanto se la sentenza è definitiva e non più impugnabile § Vi sono però casi in cui la legge prevede che il giudice assuma direttamente la cura di determinati interessi o provvede circa adempimenti sui quali non esiste contestazione («volontaria giurisdizione»): p.es. nomina del tutore dei minori, cancellazione dell’iscrizione di ipoteche § 2. La giurisdizione ha peculiarità istituzionali e processuali dei modi del suo esercizio o Diritto di agire e difendersi in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi (articolo 24 Cost.) o Indipendenza del magistrato e sua soggezione soltanto alla legge (articolo 101 Cost.) o Autogoverno della magistratura o Regole del «giusto processo» (articolo 111 Cost.) § giudice terzo rispetto all’oggetto del giudizio che è richiesto da altri soggetti (parti private o pubblico ministero) § giudice imparziale rispetto alle parti del giudizio § giudizio nell’ambito del contraddittorio tra le parti § pubblicità del procedimento § obbligo di motivazione del provvedimento giudiziario INDIPENDENZA E AUTONOMIA DEL MAGISTRATO: L’indipendenza del magistrato mira a sottrarre l’attività giurisdizionale ad interferenze esterne mediante l’assetto dell’organizzazione degli apparati giurisdizionali della giurisdizione Consiste in varie garanzie 1. Inamovibilità del magistrato 2. Nomina per concorso o comunque in modi che consentano al magistrato di essere indipendente 3. Amministrazione della giustizia in nome del popolo 4. Soggezione del giudice soltanto alla legge L’indipendenza dei magistrati è ulteriormente garantita dalla loro inamovibilità: essi non possono essere «dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall’ordinamento giudiziario o con il loro consenso» (articolo 107.1 Cost.). Questa garanzia esclude ogni possibile interferenza del potere esecutivo volta a condizionare la carriera dei magistrati, in quanto i provvedimenti in questione possono essere presi unicamente dal Consiglio superiore della magistratura. Sono infatti assai ridotti i margini di intervento del ministro della giustizia: questi ha la facoltà di promuovere l’azione disciplinare (cui sono legati alcuni poteri ispettivi sugli uffici) e una competenza generale in materia di organizzazione e funzionamento dei servizi relativi alla giustizia (articoli 107.2 e 110 Cost.). L’indipendenza non si può configurare in modi precisi e identici, perché la sua regolamentazione non consente uniformità, ma deve adeguarsi ai diversi tipi di giurisdizione (Corte cost. Sent. 108/1962) L’inamovibilità esclude interferenze sulla carriera e la posizione del magistrato derivanti dalle sue decisioni eventualmente sgradite da parte degli altri poteri dello Stato o da poteri politici o economici L’inamovibilità in realtà è relativa: ogni magistrato può essere dispensato dal servizio o sospeso o spostato di sede o di funzione nei casi e con le garanzie indicate dalla legge e con decisione adottata dal solo C.S.M. L’indipendenza della magistratura va considerata sotto due profili: il profilo esterno e il profilo interno. Con riguardo all’indipendenza esterna rilevano le osservazioni appena fatte: esse dimostrano che il costituente ha voluto garantire una piena autonomia del potere giudiziario da indebite intromissioni degli altri poteri. Sotto il profilo dell’indipendenza interna rilevano, invece, i rapporti fra i magistrati all’interno dello stesso ordine giudiziario. Al fine di meglio garantire l’indipendenza interna, i magistrati raggiungono il massimo del trattamento economico e della qualifica prevalentemente attraverso il criterio dell’anzianità, a prescindere dall’effettivo esercizio delle relative funzioni (in pratica tutti i giudici terminano la loro carriera con la qualifica di consigliere di cassazione: anche se, poniamo, esercitano funzioni di tribunale). Si tratta di una scelta che ha allentato l’impostazione gerarchica del corpo giudiziario, diminuendo la possibilità dei magistrati esercitanti funzioni superiori di influire su quelli esercitanti funzioni inferiori. A giudizio di alcuni, ciò avrebbe favorito nel tempo una minore qualificazione professionale dei magistrati con funzioni superiori. Per rispondere a queste preoccupazioni sono state istituite periodiche valutazioni di professionalità cui, ogni quattro anni, ciascun magistrato è sottoposto. IMPARZIALITÀ DEL MAGISTRATO: A riprova della volontà di evitare qualsiasi condizionamento politico, la Costituzione (articolo 106.1) prevede che i magistrati siano nominati solo dopo il superamento di un pubblico concorso, per garantire imparzialità e un grado tendenzialmente elevato di selezione tecnica: in altre parole, non sono elettivi, né sono designati da organi politici. Deroghe al principio concorsuale sono ammesse solo come eccezioni e sono disciplinate dalla legge. Su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati all'ufficio di consiglieri di cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni d'esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori. La regola generale è la nomina per concorso tra i laureati magistrali in Giurisprudenza, che garantisce imparzialità ed elevata selezione di persone tecnicamente capaci di conoscere e applicare le leggi Le eccezioni sono numerose e previste per legge A. Nomina da parte del C.S.M. di magistrati onorari per svolgere funzioni attribuite a giudici singoli (giudici di pace nominati per concorso tra avvocati a svolgere le funzioni per un tempo limitato di 5 anni) B. Nomina da parte del C.S.M. di giudici della Corte di Cassazione per meriti insigni tra avvocati iscritti agli albi delle giurisdizioni superiori e professori universitari in materie giuridiche C. Giudici popolari delle Corti d’assise e delle Corti d’assise d’appello (che giudicano i delitti più gravi) estratti a sorte da albo in cui erano stati inseriti a sorte rispettivamente gli elettori titolari di diploma di scuola media e diploma di scuola media superiore (la legge lo prevede sulla base dell’articolo 102 u.c. Cost.: La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all'amministrazione della giustizia.) D. Possono soltanto istituirsi presso gli organi giudiziari ordinari sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura. (articolo 102 Cost.): MM. Tribunali delle acque pubbliche; NN. Sezioni specializzate agrarie (una in ogni tribunale e in ogni corte d’appello, ognuna composta anche degli iscritti negli albi professionali dei dottori in scienze agrarie, dei periti agrari, dei geometri e degli agrotecnici); OO. Tribunale dei minorenni (1 per ogni distretto di Corte d’appello): 2 magistrati di carriera e 2 esperti in psicologia o pedagogia; PP. Tribunale di sorveglianza (1 per ogni distretto di Corte d’appello): 2 magistrati di carriera e 2 esperti in psicologia, servizi sociali, pedagogia, psichiatria e criminologia clinica, nonché docenti di scienze criminalistiche QQ. Sezioni specializzate in materia di impresa (1 in ogni tribunale sede di capoluogo regionale); RR. Sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e circolazione dei cittadini europei (1 per ogni Tribunale che ha sede nel capoluogo del distretto di Corte d’appello) E. Nomina di ¼ dei componenti del Consiglio di Stato da parte del Consiglio dei ministri tra avvocati e dirigenti generali dell’amministrazione, anche a riposo, che abbiano esperienza giuridica forte; malgrado il parere obbligatorio e vincolante del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa circa la nomina e la sua non revocabilità, fa sorgere dubbi di legittimità costituzionale circa indipendenza e preparazione del nominato GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA IN NOME DEL POPOLO: Articolo 101 comma 1: «La giustizia è amministrata in nome del popolo» È affermazione di principio che collega la funzione giurisdizionale col titolare della sovranità e legittima la pubblicità dei dibattimenti giudiziari. SOGGEZIONE DEL GIUDICE SOLTANTO ALLA LEGGE: I giudici sono soggetti soltanto alla legge. (Articolo 101, u.c. Cost.) Comporta diverse conseguenze: a. Ogni giudice decide nei casi, nei modi e con i parametri indicati da norme legislative (fonti primarie, ma non quelle secondarie che può annullare o disapplicare se illegittime) in conformità alle norme costituzionali, internazionali ed europee e mai secondo propri parametri personali, né secondo istruzioni date da altri; tuttavia se b. Territorio c. Livello di complessità o gravità: tipologia e gravità dei reati e delle pene (per il penale) o valore della causa (per il civile) d. Particolare condizione giuridica dei destinatari del giudizio e dei provvedimenti da adottare nei loro confronti (p.es. minori di età o stranieri) e. Grado di giudizio (primo grado, appello o secondo grado, ricorso per Cassazione) ORGANIZZAZIONE DELLA MAGISTRATURA CHE CONSENTA AL SINGOLO MAGISTRATO DI SVOLGERE LE SUE FUNZIONI IN MODO IMPARZIALE E INDIPENDENTE: L’organizzazione degli organi giudiziari ordinari o speciali deve porre il singolo magistrato nelle condizioni di esercitare le proprie funzioni in modo libero e indipendente, • sia all’interno tra i magistrati, • sia all’esterno rispetto a tutti i poteri politici e finanziari Perciò la costituzione prevede I. La riserva di legge in materia di organizzazione giudiziaria e magistrati (art. 108 Cost.) II. La soggezione dei giudici soltanto alla legge (art. 101 Cost.) III. La distinzione tra i magistrati soltanto per funzione IV. L’istituzione di organi di autogoverno (C.S.M. per la magistratura ordinaria e Consigli di presidenza delle magistrature speciali) competenti a gestire le nomine e le carriere dei magistrati V. Un ben delimitato ruolo del ministro della giustizia e di mero supporto ai magistrati RISERVA DI LEGGE SU ORGANIZZAZIONE GIUDIZIARIA E MAGISTRATI: Le norme sull’ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono stabilite con legge (art. 108, comma 1 Cost.) La legge deve prevedere le norme generali su composizione, organizzazione e competenza di tutti gli uffici giudiziari e su tutta la condizione del magistrato: reclutamento, carriera, formazione, aggiornamento, retribuzioni, promozioni, trasferimenti, procedimenti disciplinari. Si tratta di riserva di legge statale: spetta alla potestà legislativa esclusiva dello Stato SS. Disciplinare giurisdizione, norme processuali e giustizia amministrativa (art. 117, comma 2 lett. g) Cost.) TT. Istituire organi di giustizia amministrativa di primo grado in ogni Regione con eventuali altre sezioni (art. 125 Cost.) Dunque, giudici istituti e ordinati con legge statale sono soggetti soltanto alla legge (art. 101 Cost.) e perciò sono tenuti ad applicare sia la legge statale, sia la legge regionale. DISTINZIONE TRA I MAGISTRATI SOLTANTO PER FUNZIONE: I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni (art. 107, comma 3 Cost.) 1. La dignità di ogni magistrato è uguale a quella dell’altro magistrato, indipendentemente dalle funzioni svolte (giudicanti o requirenti) e del grado: non esiste una vera gerarchia tra uffici giudiziari o tra magistrati 2. Ogni magistrato è libero di decidere indipendentemente dall’altro magistrato (libero convincimento del giudice) 3. La legge distingue i magistrati tra di loro soltanto per le funzioni svolte a. Uditori giudiziari, come magistrati ordinari in tirocinio b. Funzioni giudicanti di merito di primo e secondo grado c. Funzioni requirenti di merito di primo e secondo grado d. Funzioni giudicanti di legittimità e. unzioni requirenti di legittimità f. Funzioni direttive o semidirettive (di primo e secondo o di legittimità) Ogni magistrato può cambiare soltanto 4 volte in tutta la carriera dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti, purchè abbia svolto per almeno 5 anni le funzioni precedenti, abbia un giudizio positivo di idoneità e cambi distretto e regione 4. I dirigenti degli uffici giudiziari sono a loro volta magistrati nominati dall’organi di autogoverno (CSM o Consigli di presidenza) per concorso interno tra magistrati che hanno dimostrato anche doti organizzative e previo concerto del Ministro della giustizia su ognuno dei candidati (occorre leale collaborazione tra Ministro e C.S.M., ma in caso di contrasto dopo avere esperito ogni tentativo per superarlo, il C.S.M. può deliberare), per svolgere compiti limitati: a. Distribuire i procedimenti giudiziari tra i magistrati addetti all’ufficio b. Sovraintendere all’organizzazione dello svolgimento delle funzioni giudiziarie, degli uffici di supporto, del personale e delle dotazioni strutturali, informatiche e finanziarie di ogni ufficio giudiziario c. Vigilare sul corretto adempimento dei compiti da parte dei singoli magistrati addetti all’ufficio giudiziario d. Fornire informazioni al ministro della giustizia sull’andamento degli uffici giudiziari e sugli atti compiuti da ogni magistrato addetto all’ufficio, anche ai fini disciplinari 5. La gerarchia interna ad ogni Procura della Repubblica, che sono gli uffici giudiziari che svolgono le funzioni di pubblico ministero, è prevista dalla legge perché titolare di ogni procedimento è formalmente il Procuratore capo, il quale poi sub-delega ai suoi colleghi «sostituti procuratori» e nei casi e modi previsti dalla legge deve autorizzare alcuni loro provvedimenti nel singolo procedimento penale e può revocare la delega 6. Leggi recenti hanno istituito a fianco dei magistrati l’Ufficio per il processo (1 o più presso ogni ufficio giudiziario) composto di a. Personale amministrativo: svolge i compiti individuati dal dirigente insieme al capo dell’ufficio b. Magistrati togati e giudici onorari: compiono tutti gli atti preparatori utili all’esercizio della funzione giurisdizionale c. Tirocinanti che coadiuvano uno o più giudici, compiendo atti preparatori per l’esercizio della funzione giurisdizionale o hanno compiti di natura amministrativa d. Assunti a tempo determinato tra laureati in giurisprudenza e in economia o informatica, per smaltire gli arretrati e garantire la ragionevole durata del giudizio. ISTITUZIONE DI ORGANI DI AUTOGOVERNO: A. Consiglio superiore della Magistratura (presieduto dal Presidente della Repubblica) per i magistrati ordinari (di carriera e onorari) cioè i magistrati addetti agli uffici giudiziari giudicanti (Corte suprema di Cassazione, Corti d’appello, Tribunali, Corti d’assise d’appello, Corti d’assise, giudici di pace) e agli uffici giudiziari requirenti (Procura generale della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione, Procure generali della Repubblica presso le Corti d’appello, Procure della Repubblica presso i tribunali, Procure della Repubblica presso i tribunali per i minorenni) B. Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa (presieduto dal Presidente del Consiglio di Stato) per i magistrati amministrativi, cioè i magistrati addetti al Consiglio di Stato – sezioni giurisdizionali e consultive e ai T.A.R. C. Consiglio di presidenza della Corte dei conti, presieduto dal presidente della Corte dei conti, per la magistratura contabile, cioè per i magistrati addetti alla Corte dei conti, inclusi quelli delle sezioni regionali, e alle Procure della Repubblica presso la Corte stessa D. Consiglio di presidenza della giustizia tributaria per i magistrati tributari, cioè per i componenti delle Commissioni tributarie regionali e provinciali E. Consiglio della magistratura militare per i magistrati militari di carriera e onorari, cioè i magistrati addetti alle Corti militari d’appello, ai Tribunali militari, alla Procura generale militare presso la Corte di Cassazione, alle Procure generali militari della Repubblica presso le Corti militari d’appello, alle Procure militari della Repubblica presso i Tribunali militari) CSM: CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA Il Consiglio superiore della magistratura (Csm) è l’organo cui spettano, in base all’art. 105 Cost., «le assunzioni, le assegnazioni e i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari» nei confronti dei magistrati ordinari: è l’organo, in altre parole, dal quale dipende tutta la carriera del magistrato. In base all’art. 104 Cost., il Csm è così composto: Tre componenti di diritto: a. il presidente della Repubblica, che lo presiede, b. Il primo presidente c. Il procuratore generale della Corte di cassazione; Componenti elettivi: due terzi (chiamati membri togati) sono eletti da tutti i magistrati ordinari, fra gli appartenenti alla magistratura, ripartiti in categorie; Componenti elettivi: un terzo (chiamati membri laici) sono eletti dal Parlamento in seduta comune fra professori ordinari in materie giuridiche e avvocati con almeno quindici anni di professione, a maggioranza qualificata (tre quinti dell’assemblea per i primi due scrutini, tre quinti dei votanti dal terzo scrutinio) La presidenza dell’organo, affidata al capo dello Stato, ha una funzione di garanzia dell’equilibrato e imparziale svolgimento dei compiti assegnati al Csm. Il Csm elegge, fra i membri eletti dal Parlamento, un vicepresidente, il quale esercita le attribuzioni affidategli dalla legge e tutte quelle che il presidente della Repubblica gli delega. La prassi è nel senso che il presidente delega quasi tutte le sue funzioni di presidente del Csm al vice. Il Csm opera attraverso commissioni, fra le quali assume un ruolo particolarmente importante la commissione per il conferimento degli incarichi direttivi, direttamente prevista dalla legge, così come la sezione disciplinare. Il Csm non deve essere considerato una sorta di «piccolo parlamento della magistratura», rappresentativo delle correnti associative presenti nel suo seno: esso, nella sua singolare composizione mista (giuristi di nomina politica e magistrati), è l’organo cui, a tutela dell’autonomia e indipendenza ma anche della non separatezza corporativa della magistratura, la Costituzione ha attribuito la gestione della carriera e dello stato giuridico dei magistrati, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario. Ciò vuol dire che si occupa dei concorsi in vista delle assunzioni, delle assegnazioni di sedi e funzioni, dei trasferimenti, delle promozioni, delle sanzioni disciplinari. Tali attribuzioni devono coordinarsi coi poteri del ministro della giustizia il quale, come abbiamo visto, è competente in materia di organizzazione e funzionamento dei servizi giudiziari. Al Consiglio superiore della magistratura spetta adottare: 1. Nomine, promozioni, trasferimenti, assegnazioni dei magistrati ordinari (di carriera e onorari); 2. Procedimenti e sanzioni disciplinari nei confronti di magistrati ordinari; 3. Indizione dei concorsi di ammissione alla magistratura ordinaria (magistrati di carriera e magistrati onorari); 4. Organizzazione della formazione dei magistrati (salva la Scuola superiore della magistratura i cui componenti sono nominati dal CSM e dal Ministro della Giustizia); 5. Nomina dei dirigenti degli uffici giudiziari (previo concerto con il Ministro) 6. Pareri al Ministro della giustizia sui disegni di legge concernenti la giustizia 7. Regolamento interno del CSM e circolari agli uffici giudiziari Quanto alla sezione disciplinare, la sua funzione è quella di decidere l’eventuale irrogazione delle sanzioni previste dalla legge (ammonizione, censura, perdita dell’anzianità di servizio, incapacità temporanea a esercitare un incarico direttivo, sospensione dalle funzioni, rimozione) nei confronti di singoli magistrati giudicati responsabili di comportamenti contrari ai doveri d’ufficio o comunque non consoni all’appartenenza all’ordine giudiziario. Il procedimento disciplinare può essere iniziato su richiesta del ministro della giustizia o del procuratore generale presso la Corte di cassazione. Esso è strutturato come un processo ed è prevista anche la possibilità di ricorso in cassazione contro i provvedimenti emessi dal Csm, a differenza di tutti gli altri suoi provvedimenti che possono essere impugnati solo davanti al giudice amministrativo. In base all’art. 10 l. 195/1958, il Csm «dà pareri al ministro» sui disegni di legge nelle materie concernenti la giustizia. Questa disposizione può essere interpretata in due modi diversi: nel senso di consentire al Csm di esprimersi di sua autonoma iniziativa sulle proposte del governo o sui testi all’esame del Parlamento, oppure nel senso di consentire al Csm di esprimere pareri solo se richiesti dal ministro. Chi sostiene questa seconda tesi vuole evitare interferenze dell’organo nell’attività legislativa che potrebbero trasformarlo in una «terza camera» e creare, come è più volte avvenuto, conflitti con il potere politico. Sul punto intervenne nel luglio 2008 l’allora presidente della Repubblica Napolitano richiamando la prassi che è a favore della prima tesi, escludendo però che attraverso i pareri il Csm possa esercitare un vaglio di costituzionalità che non gli spetta. Durata di ogni consiliatura: 4 anni, salvo scioglimento con D.P.R. per impossibilità di funzionamento. Ogni consigliere non è punibile per le opinioni espresse nell’esercizio delle sue funzioni e concernenti l’oggetto della discussione. Il C.S.M. conclude i suoi atti con decisioni che sono firmate dal Presidente della Repubblica, come presidente del CSM. L’assetto delineato dalla Costituzione per la magistratura ordinaria ha rappresentato un modello per assicurare l’autonomia e indipendenza delle giurisdizioni speciali. Sono così stati istituiti: • Il consiglio di presidenza della giustizia amministrativa (l. 186/1982) • Il consiglio di presidenza della Corte dei conti (l. 117/1988, integrata dalla l. 15/2009) • Il consiglio della magistratura militare (l. 561/1988, sostituita dal d.lgs. 66/2010) • Il consiglio di presidenza della giustizia tributaria (d.lgs. 545/1992) RESPONSABILITÀ DEI MAGISTRATI Il problema della responsabilità dei magistrati è assai antico: si pensi alla classica domanda «quis custodiet ipsos custodes?» (chi controlla i controllori?). Abbiamo visto che per garantire l’autonomia e indipendenza della magistratura si sono ridotte al minimo, se non del tutto eliminate, le interferenze da parte degli altri poteri dello Stato. Questa necessità di garantire autonomia e indipendenza, però, non deve portare alla Direttamente o su delegazione o su ordine dell’autorità giudiziaria (ufficio del pubblico ministero), alla quale deve sempre riferire, deve • prendere notizia dei reati, • impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, • ricercarne gli autori, • compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale (art. 55 cod. proc. pen.) È costituita di nuclei di ufficiali e agenti di tutte le forze di polizia statali e locali, ma anche di ispettori del lavoro, ufficiali della Guardia costiera, funzionari dell’Agenzia delle entrate, Agenzia delle dogane, personale delle ATS, dipartimenti di prevenzione, personale dei ministeri o dell’IZP. Essi non possono essere trasferiti senza il consenso dell’a.g. e ai loro procedimenti disciplinari partecipa anche l’ufficio del p.m. PRINCIPI COSTITUZIONALI DEL PROCESSO Il fondamento di un sistema giudiziario autonomo e indipendente, accanto alle norme organizzative e alle garanzie sopra descritte, si rinviene anche nelle disposizioni costituzionali che dettano i principi cui deve conformarsi l’attività giurisdizionale nel suo concreto svolgersi, cioè quelle in materia di processo. Tali disposizioni tendono a far sì che l’esercizio della giurisdizione sia sempre rivolto alle finalità sue proprie: da un lato, la tutela delle situazioni giuridiche soggettive dei cittadini; dall’altro, il perseguimento dei responsabili di comportamenti delittuosi, nel rispetto dei diritti fondamentali della persona. Improntato a queste finalità è innanzitutto l’art. 24.1 Cost., il quale stabilisce che «tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi». Ma ciò che deve essere assicurato nella fase che precede l’instaurazione di un giudizio viene ribadito anche rispetto alla fase successiva, quella processuale, attraverso la garanzia del diritto di difesa. In base all’art. 24.2, infatti, «la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento», a prescindere dal tipo di giurisdizione. La Corte costituzionale, in merito alla possibilità di rifiutare la difesa tecnica d’ufficio (comportamento tenuto in passato da appartenenti a gruppi terroristici), ha riaffermato non solo l’inviolabilità del diritto di difesa, ma anche la sua irrinunciabilità (sent. 125/1979). L’art. 24.3 garantisce allo stesso tempo «ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione». È così riconosciuto l’istituto del gratuito patrocinio, che consiste appunto nell’assistenza legale a carico dello Stato per coloro che non possono permettersela (v. d.p.r. 115/2002). Infine, l’art. 24.4 afferma il principio della riparazione degli errori giudiziari e ne rinvia condizioni e modi al legislatore. In questo quadro si colloca il principio del giudice naturale precostituito per legge, al fine proprio di garantire appieno la tutela giurisdizionale dei diritti del cittadino. Come ha sottolineato la Corte costituzionale, l’art. 25.1 Cost. assicura «il diritto a una previa non dubbia conoscenza del giudice competente a decidere o, ancor più nettamente, il diritto alla certezza che a giudicare non sarà un giudice creato a posteriori in relazione a un fatto già verificatosi» DIRITTO DI AGIRE E DIFENDERSI IN GIUDIZIO: A. Diritto di agire in giudizio e diritto di difesa sono tra i principi supremi dell’ordinamento (Corte cost. sent. n. 98/1965) e diritto soggettivo perfetto, strumentale all’effettività di qualsiasi diritto soggettivo e interesse legittimo. Spettano ad ogni persona fisica o giuridica e possono essere esercitati con oneri di produrre documenti, purchè non ostacolino la tutela giurisdizionale (Corte cost. sent. 522/2002) B. Oggetto della tutela sono diritti soggettivi e interessi legittimi C. Talvolta la legge prevede in capo ad alcuni enti o associazioni di tutelare interessi diffusi, collettivi (azione di classe) D. Divieto per il giudice di rifiutarsi di giudicare su ogni pretesa sottoposta al suo giudizio E. È un diritto inviolabile e irrinunciabile (sent. n. 125/1979): la risoluzione delle controversie affidata ad arbitri può essere prevista dalla legge soltanto come liberamente scelta dalle parti F. Diritto alla difesa davanti ad ogni giudice di ogni ordine e grado G. Diritto alla difesa è esercitabile personalmente e/o con l’assistenza di una difesa tecnica di un difensore: la professione dell’avvocato è strumentale all’esercizio del diritto alla difesa H. Diritto alla difesa gratuita per gli indigenti (gratuito patrocinio e difesa a carico dello Stato) e copre anche il diritto all’interprete previsto dall’art. 111 Cost. I. Diritto alla riparazione degli errori giudiziari è regolato dalla legge IL DIRITTO DI AGIRE E DIFENDERSI IN GIUDIZIO CONTRO GLI ATTI DELLA P.A: Art. 113 Cost. Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa. Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti. La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa. La distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi consente alla legge di distinguere anche le competenze e i poteri dei giudici: A. Il giudice ordinario giudica sulla lesione dei diritti soggettivi e disapplica al caso singolo l’atto amministrativo illegittimo che lede diritti soggettivi e condanna la p.a. al risarcimento dei relativi danni B. Il giudice amministrativo giudica sulla lesione degli interessi legittimi e annulla l’atto amministrativo illegittimo che lede interessi legittimi C. Nei casi più complessi (p.es. edilizia, elezioni) al giudice amministrativo è data la giurisdizione esclusiva (sia sulla lesione dei diritti soggettivi, sia sulla lesione degli interessi legittimi) Restano esclusi al controllo giurisdizionale 1. «gli atti o provvedimenti emanati dal Governo nell’esercizio del potere politico» (art. 7, comma 1 cod. proc. amm.), salvi ricorsi alla Corte costituzionale per conflitto di attribuzioni • Gli atti politici sono espressione di un potere che è politico in quanto fondato sulla Costituzione e assolve alla funzione di cura di interessi statali supremi e unitari, in una prospettiva volta a garantire il libero funzionamento dei pubblici poteri. • Gli atti del Governo sono politici finché mancano norme legislative che li regolano. • Se la discrezionalità politica è limitata da norme legislative l’atto non è politico: gli atti di alta amministrazione anche se molto discrezionali sono impugnabili, per verificare il rispetto delle finalità previste dalla legge e i principi di buon andamento della p.a. previsto dall’art. 97 Cost. 2. Atti delle Camere, salvi ricorsi alla Corte costituzionale per conflitto di attribuzioni 3. Atti del Presidente della Repubblica, esclusi quelli sostanzialmente governativi, e salvi eventuali ricorsi alla Corte costituzionale per conflitto di attribuzioni 4. Atti della Corte costituzionale, contro cui non è ammessa alcuna impugnazione (art. 137, u.c. Cost.) Art. 111 Cost. recita che: «La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge.>> Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata. I. Riserva di legge in materia processuale; è riserva di legge statale, perché le norme processuali spettano alla potestà legislativa esclusiva dello Stato II. Contraddittorio tra le parti: le parti di ogni giudizio (P.M. e parti private) devono essere sullo stesso piano, avere poteri uguali prima e durante ogni tipo di processo devono addurre i propri elementi di prova, incusi i testimoni (che il giudice deve valutare ammissibili anche per garantire la ragionevole durata del giudizio) e deve potere contro argomentare davanti al giudice gli elementi addotti dall’altra parte III. Terzietà del giudice (giudica argomenti su richiesta di altri) IV. Imparzialità del giudice (giudice estraneo agli interessi delle parti e che non conosce l’oggetto del giudizio, neppure in altre fasi processuali) Il comma 3 dell’art. 111 riconosce specificamente alla persona accusata di un reato alcuni diritti fondamentali: a. essere nel più breve tempo possibile informata riservatamente dei capi di accusa a suo carico; b. disporre del tempo e delle condizioni necessari per la preparazione della difesa; c. interrogare i testimoni a suo carico e a sua difesa, alle stesse condizioni dell’accusa, e acquisire ogni altro mezzo di prova a suo favore; d. essere assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua usata nel processo. La legge deve assicurare tali diritti e deve altresì assicurare la ragionevole durata dei procedimenti giudiziari, affinché processi troppo lunghi non si trasformino di fatto in denegata giustizia. Così la nostra Costituzione ha fatto proprie le previsioni dell’art. 6 della Cedu. Sulla durata dei processi (in Italia clamorosamente più lunga che in tutti gli altri principali paesi europei), a seguito delle ripetute condanne da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo la l. 89/2001 ha previsto il diritto a un’equa riparazione in caso di mancato rispetto del termine ragionevole (fissato dalla legge in tre anni per il primo grado, due anni per l’appello, un anno per il giudizio di legittimità). Alla questione della durata media dei processi si lega anche la discussione sull’opportunità di mantenere o ridurre (per quali reati e in quali termini) la portata della prescrizione: istituto che comporta l’estinzione del reato a seguito del trascorrere di un determinato periodo di tempo. La l. 3/2019 ha previsto per i nuovi processi, a partire dal 2020, l’interruzione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado. Un altro strumento di garanzia è l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, previsto dall’art. 111.6 Cost. Attraverso tale obbligo si concretizza il diritto di difesa, perché è la motivazione stesa dal giudice che permette di controllare il ragionamento giuridico che sta alla base della decisione: e dunque di contestarla, eventualmente, attraverso il ricorso ad altro giudice (con l’impugnazione). L’importanza della motivazione è determinata, infatti, dall’esistenza nel nostro sistema giudiziario di un doppio grado di giudizio di merito, che prevede quasi sempre la possibilità di sottoporre a un giudice diverso, appunto di secondo grado, la medesima questione già risolta dal giudice di primo grado. Come ulteriore garanzia è stabilita la possibilità di ricorso alla Corte di cassazione, ma per soli motivi di legittimità (art. 111.7 Cost.): si tratta dunque, al di là del linguaggio corrente, di qualcosa di diverso da un terzo grado di giudizio. Occorre sottolineare che, mentre il ricorso in cassazione è previsto dalla Costituzione, altrettanto non è per il doppio grado di giudizio, che rientra nella libera scelta del legislatore. Tuttavia, quando il Parlamento ha voluto subordinare il potere della pubblica accusa di proporre appello contro le sentenze di proscioglimento ai soli casi in cui sopravvengano o si scoprano nuove prove dopo il giudizio di assoluzione in primo grado, come avviene nei paesi nei quali il processo penale è pienamente di stampo accusatorio, la norma è stata dichiarata illegittima. Secondo la Corte costituzionale, privando il pubblico ministero totalmente soccombente di tale potere, si sarebbe generato «un radicale disequilibrio» nella posizione delle due parti processuali che l’art. 111.2 Cost., invece, vuole salvaguardata. La Corte ha invece ritenuto legittimo limitare la possibilità del pubblico ministero di appellare contro le sentenze di condanna, come previsto dalla riforma delle impugnazioni di cui al d.lgs. 11/2018 (sent. 34/2020) LE REGOLE DEL GIUSTO PROCESSO Legge deve prevedere per ogni fase di ogni processo una durata massima complessiva ragionevole, perché commisurata alle esigenze oggettive e deve impedire che le esigenze connesse col diritto alla difesa impediscano di svolgere il giudizio o rendano all’infinito non definitiva una pronuncia del giudice o facciano durare un giudizio in tempi esagerati che ne diminuiscono l’importanza (improcedibilità o prescrizione) • La protrazione dei tempi processuali non deve diventare un abuso degli organi giurisdizionali • Lo svolgimento del processo deve essere protetto anche dal comportamento ostruzionistico di una delle parti: il possibile abuso processuale determina la paralisi del procedimento, tanto da compromettere il bene costituzionale dell’efficienza del processo, enucleabile dai principi costituzionali che regolano l’esercizio della funzione giurisdizionale, e il canone fondamentale della razionalità delle norme processuali (sent. n. 353/1996 Corte cost.) • La durata deve essere fissata non in astratto, ma sulla base di elementi concreti e di variabili enunciate dalla Corte EDU: 1) la complessità della causa per il numero delle persone coinvolte e delle prove da acquisire o per il carattere transnazionale dei reati; 2) il comportamento delle autorità statali, più o meno diligente nello svolgimento del processo e nell’assicurare i servizi necessari; 3) la condotta tenuta dal ricorrente: pur non essendovi alcun obbligo di collaborazione con le autorità procedenti, il comportamento ostruzionistico dell’accusato, intenzionalmente volto a rallentare il corso del processo, è valutato negativamente dalla Corte europea ai fini della fondatezza del ricorso. Legge n. 89/2001 ha stabilito: 3 anni per il giudizio di primo grado, 2 anni per il giudizio d’appello e 1 anno per il giudizio per Cassazione. Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa; abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell'accusa e l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo. FORME DI STATO E LA LORO EVOLUZIONE Mentre le forme di governo riguardano il modo in cui si distribuisce il potere politico fra gli organi dello stato, vale a dire come vengono assunte da chi governa le decisioni politiche che concernono una determinata comunità statale, le forme di stato riguardano invece, più a monte, il modo in cui si atteggia il rapporto fra i cittadini e il potere politico, vale a dire il rapporto fra governanti e governati, nonché i fini ultimi che si pone l’ordinamento. Le forme di stato (e le forme di governo) non rappresentano degli archetipi ideali, ma uno strumento di classificazione e conoscenza: esse sono ricavate attraverso un processo di astrazione dalle concrete forme statuali realizzatesi nel corso di secoli. È questa la ragione per cui non è sempre facile classificare alcuni stati, quando presentano caratteristiche originali o sono il frutto di ibridazioni, in questa o quella forma di stato Con riferimento, dunque, al modo in cui vengono organizzati i rapporti fra governanti e governati per perseguire i fini politici della comunità considerata, si possono individuare le seguenti forme di stato: A. Forma di Stato patrimoniale o feudale B. Forma di Stato assoluto C. Forma di Stato di polizia D. Forma di Stato liberale E. Forma di Stato autoritario-fascista F. orma di Stato socialista G. Forma di Stato democratico-sociale LA FORMA DI STATO PATRIMONIALE O FEUDALE È la forma di Stato che fu di fatto adottato durante il Medioevo in tutti gli Stati feudali. Il territorio è patrimonio personale del Sovrano: non vi è alcuna distinzione fra il patrimonio del sovrano e quello dello Stato e anche i poteri pubblici rientrano nel patrimonio del sovrano, quale persona fisica. Non vi è un popolo e una volontà popolare, perché il popolo stesso è proprietà quasi personale del feudatario. Territorio e popolo sono un patrimonio personale del titolare della sovranità: fonte di legittimazione del potere è il diritto di proprietà della terra, da cui deriva il diritto di proprietà di ciò che insiste sulla terra, comprese le persone che vi lavorano e vivono (servitù della gleba). Proprio perché proprietario della terra, il sovrano può in parte cederne il godimento o creare rapporti di vassallaggio cedendo temporaneamente a soggetti a lui fedeli (vassalli) parte del suo potere sul territorio e sulle persone che vi abitano. Unico fine dello Stato è la difesa contro le minacce interne o esterne al diritto di proprietà del sovrano. Alla proprietà sono legate le persone che vi vivono e vi lavorano e si esercitano funzioni pubbliche soprattutto in riferimento al diritto di proprietà del sovrano. Non ci sono interessi generali, ma tanti interessi particolari quanti sono i feudatari: I poteri del sovrano non sono in genere esercitati in vista di un interesse pubblico, ma solo per la difesa esterna e interna del proprio patrimonio. Spesso manca un'organizzazione amministrativa stabile, in grado di perseguire fini di carattere generale. Lo Stato non è distinto dalla persona fisica del sovrano, di cui sono considerati rappresentanti e servitori coloro che agiscono per lo Stato. Non esistono diritti della persona e si applicano le norme decise dal sovrano e il diritto romano del corpus iuris civilis di Giustiniano, riscoperto intorno all’anno Mille e considerato come fosse una illuminazione di Dio. Perciò il sovrano amministra la giustizia come se si dovesse ripristinare l’ordine divino violato In parte oggi è Stato patrimoniale lo Stato della Città del Vaticano in cui non esiste la proprietà privata, ma ogni bene immobile è proprietà della Santa sede e i cittadini vaticani sono provvisori (finchè svolgono funzioni al servizio della Santa sede). LA FORMA DI STATO ASSOLUTO Nasce a partire dal XIII secolo (partendo dai grandi Stati nazionali come Francia, Spagna, Inghilterra) come reazione alla crisi dello Stato patrimoniale, le cui continue divisioni crearono continue guerre, incertezze e insicurezza collettiva. Ora lo Stato ha finalità generali, almeno quello di mantenere l’ordine. Per assicurare l’ordine interno ed esterno sono progressivamente indebolite tutte le divisioni di potere interno ai feudatari e tutte le funzioni dello Stato sono concentrate nel solo sovrano Per legittimare questa concentrazione di potere in una sola persona si fa riferimento a Dio, ma anche ad uno scambio tra la libertà ceduta dai singoli al sovrano e l’ordine e l’incolumità individuali assicurati dal sovrano (Hobbes). Proprio perché la fonte di legittimazione del suo potere si considera divina il Sovrano fa le leggi, le fa eseguire e ne fa condannare i trasgressori dai giudici da lui stesso nominati, ma il sovrano è anche «legibus solutus» (sciolto dall’obbligo di rispettare le leggi) e può esentare alcuni dall’obbligo di rispettare i suoi ordini. Il sovrano stesso è interprete dell’ordine divino (espresso nel diritto romano riveduto e corretto) e può derogarvi con le proprie leggi. Si comprende che lo Stato è ora distinto dal sovrano. Per assicurare l’ordine lo Stato si dota di apparati stabili (esercito, sistema di tassazione, un sistema di funzionari dipendenti dal sovrano). LA FORMA DI STATO DI POLIZIA <<Polizia>> nel senso della parola greca «politeia» (l’arte di governare la città) Questa forma di Stato nasce nel XVIII secolo (soprattutto in Prussia, in Austria, in Toscana, ma anche in Francia) come un perfezionamento dello Stato assoluto, anche alla luce del pensiero illuminista che teorizza il «dispotismo illuminato» per provvedere al benessere dei sudditi, che però è quello individuato dai sovrani secondo le proprie visioni Lo Stato ora disciplina tutti i settori della vita sociale e il Sovrano di intromette nella vita più privata dei sudditi: a. impone sistemi di autorizzazioni e licenze su attività commerciali ed economiche che prima erano libere b. si occupa di istituire e costruire scuole, carceri, opere pubbliche per i collegamenti, il commercio e la difesa militare Si istituiscono ospedali, servizi sanitari, istituti pubblici di assistenza per i poveri (considerati soprattutto potenzialmente pericolosi. Lo Stato si ingerisce nelle attività di cui si occupava la Chiesa, talvolta appropriandosi di proprietà o istituendo funzioni prima gestiti dalla Chiesa (istruzioni, assistenza sanitaria e assistenza sociale). Lo Stato si ingerisce nella vita interna delle Chiese (chiese protestanti di Stato o intromissioni nella nomina dei vescovi cattolici e negli ordini religiosi). L’apparato burocratico dello Stato è ora molto sviluppato e costoso, richiede molti tributi e in ogni caso è ben distinto da quello del Sovrano. Ai singoli individui si riconoscono alcune garanzie mediante la possibilità di ricorrere ai giudici nominati dal re, anche per garantire al sovrano che le sue leggi siano effettivamente rispettate, p.es. nei confronti dell’amministrazione del fisco Il sovrano continua a concedere a singoli privilegi o franchigie personali o territoriali nel pagamento dei tributi o nel rispetto delle sue leggi, il che comporta trattamenti differenziati per i sudditi. In ogni caso si prevedevano trattamenti differenziati per le diverse classi del popolo (aristocrazia, clero, borghesia). Tuttora la forma di Stato di polizia è quella in vigore in Arabia saudita, Emirati arabi uniti, Brunei, Swaziland (Eswatini), Oman Lo stato di polizia va in crisi in Europa a causa di: • aumento della conflittualità internazionale • aumento della tassazione necessaria per sostenere le guerre dei sovrani, senza eliminare le tante esenzioni fiscali per gli aristocratici • inadeguatezza delle strutture dello Stato a provvedere alle esigenze della borghesia, spesso oppressa da un fisco eccessivo e da vari controlli e permessi amministrativi, gestiti da una burocrazia invasiva e opprimente • si ricordino i motivi delle rivoluzioni britanniche nel 1689, della rivoluzione americana nel 1776 e della convocazione degli Stati generali del 1789 e dello scoppio della Rivoluzione francese LA FORMA DI STATO AUTORITARIO-FASCISTA Nella forma di Stato autoritario-fascista la sovranità è data alla Nazione di cui si esalta l’unità e la volontà di potenza, ma che poi non si ritiene capace di autogovernarsi. Sorge la necessità di un Capo, interprete della volontà della Nazione e nel quale la Nazione deve sentirsi rappresentata unitariamente, capace di contenere e regolare i conflitti e di dirigere e far progredire la Nazione. Lo Stato non è più garante, ma interprete delle necessità popolari e perciò si impegna massicciamente in ogni campo della vita economico-sociale che domina in vari modi: 1. istituzione per legge di un partito unico, con ruolo di indottrinamento della popolazione 2. propaganda diventa funzione pubblica per orientare l’opinione pubblica 3. istituzione di sindacati di Stato e Corporazioni quali soggetti in cui i rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori possono gestire eventuali conflitti nei luoghi di lavoro 4. intervento dello Stato per aiutare lavoratori e dare assistenza sanitaria e sociale (fa crescere il consenso) 5. monopolio dei mezzi di comunicazione di massa (censura sulla stampa, controllo dei giornali, radio inventata da Marconi e subito fatta nazionalizzare da Mussolini) 6. soppressione dei diritti politici e persecuzione penale di ogni opinione critica rispetto al Governo 7. limitazione del principio di eguaglianza per quelle minoranze etniche, considerate estranee e nemiche della Nazione (ebrei e rom) fino alla loro ghettizzazione, deportazione e sterminio 8. politica estera e militare aggressiva con forte riarmo e mire di espansione della Nazione mediante guerre di occupazione e coloniali, fino a fare scoppiare guerre e la Seconda guerra mondiale Diverse forme di stato autoritario-fascista nei Paesi UU. Italia: regime fascista (Regno d’Italia 1922-1943 e poi R.S.I. 1943 e 1945) VV. Germania nazista (1933-1945) WW. Spagna: regime franchista (1936-1975) XX. Portogallo Estato novo (1926-1974) YY. Grecia: regime di Metaxas (1936-1940) e regime dei colonnelli (1967-1973) ZZ. Cile: regime di Pinochet (1973-1992) AAA. Argentina: regimi militari (1976-1983) e Brasile (1964-1984) BBB. Regimi del partito Baath in Iraq con Saddam Hussein (1979-2003) e in Siria con la famiglia Assad (dal 1970 ad oggi) CCC. Regime di Gheddafi in Libia dal 1967 al 2011. DDD. Vari regimi militari: p. es. Turchia (fino al 1983), Taiwan, Birmania LA FORMA DI STATO SOCIALISTA Ispirata alla dottrina marxista-leninista; è adottata in Russia nel 1918 e poi nell’URSS dal 1924 al 1991 e negli Stati dell’Europa orientale dal 1945 fino al 1991. Oggi è presente in Corea del Nord e, seppur con riforme, in Cina, a Cuba, in Vietnam, in Laos. In nome dell’esigenza di raggiungere l’eguaglianza sostanziale (eguaglianza di tutti in tutto) si fanno soccombere i diritti fondamentali delle persone. La disuguaglianza nata dalla proprietà privata dei mezzi di produzione è superata con la «proprietà socialista» dei mezzi di produzione La disuguaglianza che nasceva dalle classi sociali è superata mediante la soppressione violenta delle classi sociali, nazionalizzando le proprietà e incarcerando gli oppositori La disuguaglianza che nasceva dalla mancanza di coscienza politica del popolo è superata con la creazione di un partito unico, capace di orientare tutti i lavoratori e di favorire l’edificazione del socialismo, in cui con l’effettiva uguaglianza di tutti non sarà più necessario neppure lo Stato. Questa forma di stato era caratterizzata da: a. Oppressione di tutte le confessioni religiose b. Dittatura del proletariato e oppressione del dissenso con il carcere e la deportazione in campi di lavoro e di rieducazione c. Principio della «legalità socialista»: le norme di garanzia per i singoli si applicano soltanto se non impediscono la realizzazione del socialismo d. Pianificazione di tutte le attività economiche da parte dello Stato che gestisce tutte le maggiori imprese economiche e si occupa di decidere quali beni e servizi produrre e quanto produrre e. Sviluppo massimo della previdenza e dell’assistenza sociale e sanitaria STATI TOTALITARI: La forma di Stato autoritario-fascista e la forma di Stato socialista sono «Stati totalitari»: il loro obiettivo è quello di indirizzare tutte le azioni e le opinioni dei cittadini secondo gli indirizzi politici comuni decisi e propagandati dal partito unico Per fare ciò lo Stato e il partito unico si ingeriscono anche nella vita privata e familiare, con forme di controllo, delazione, indottrinamento, inquadramento della popolazione in organizzazioni del partito egemone. Ogni espressione del dissenso è repressa. LA FORMA DI STATO DEMOCRATICO-SOCIALE Nasce dopo la fine della Seconda guerra mondiale in diversi Paesi: • Gran Bretagna 1945 • Canada e USA (che resta però molto liberaldemocratico) • Francia, 1946 • Italia 1947-1948 • Germania occidentale 1949 • In tutti gli Stati scandinavi e nel Benelux Principio di legalità nell’amministrazione 1. Gli organi della p.a. non possono derogare alla legge 2. L’attività amministrativa si fonda soltanto sulla legge 3. Si istituiscono organi di giustizia amministrativa a cui i privati possono ricorrere per fare annullare gli atti amministrativi illegittimi Diventa importante e centrale il ruolo l’assemblea (Parlamento) a cui spetta esaminare e approvare la legge che poi l’amministrazione è tenuta ad applicare ed essa deve essere rappresentativa del popolo. Ruolo centrale delle leggi elettorali. Lo Stato non interviene nella vita economica a. Si applicano le sole leggi economiche del mercato e della libera concorrenza b. Il rapporto di lavoro non era regolato dalla legge c. Il diritto di sciopero non è riconosciuto d. Le organizzazioni sindacali non sono libere e. Lo Stato si occupa soltanto di grandi infrastrutture (ferrovie, strade, acquedotti, energia) Contraddizioni con le premesse teoriche dello Stato liberale: 1. Uguaglianza non di tutti (sono escluse donne, minoranze e schiavi neri) 2. Diritto di voto attivo e passivo è riservato soltanto a pochi uomini che pagano i tributi più alti o che sono più istruiti e dunque la legge come espressione della volontà popolare è una finzione 3. Sono riconosciuti i diritti civili, soprattutto come «libertà negative» (astensione dall’interferenza di altri nei propri diritti: libertà personale e di domicilio, libertà religiosa, libertà di stampa), ma senza intermediazioni tra individui e Stato e perciò non sono riconosciute le «libertà positive» (libertà di riunione in luoghi pubblici e libertà di associazione) Dallo stato liberale si sviluppa lo stato liberaldemocratico, tra il 1870 e il 1914 tutte le forme di Stato liberale, sotto la pressione delle proteste popolari e dei movimenti socialisti furono progressivamente modificate in profondità Esso si afferma allorché l’estensione del suffragio – in Italia il suffragio universale maschile si raggiunse fra il 1912 e il 1918, mentre quello femminile fu riconosciuto nel 1946 – non solo porta al riconoscimento dei diritti politici a tutti i cittadini maggiorenni, ma favorisce l’organizzazione in partiti politici e in sindacati al fine di rappresentare e tutelare i ceti più deboli. Quindi diventa stato pluriclasse7, nel quale non si possono ignorare i bisogni delle classi popolari. 7 stato nel quale l’estensione del suffragio ai ceti esclusi porta non solo al riconoscimento dei diritti politici a tutti i cittadini maggiorenni, ma favorisce l’organizzazione dei cittadini in partiti politici e in sindacati Lo Stato interviene sempre più nell’economia, istituendo le prime forme di previdenza sociale per i lavoratori e creando varie società pubbliche (p.es. per gestire le ferrovie). Lo sciopero e i sindacati sono sempre meno repressi. Queste esigenze, accentuate dalla crisi economica mondiale dopo il crollo di Wall Street (il principale mercato azionario americano) del 1929, portano a un sempre più esteso intervento dello stato nell’economia e al riconoscimento giuridico, accanto ai tradizionali diritti civili e ai conquistati diritti politici, anche di specifici diritti sociali. Di qui l’espressione stato sociale per definire quella variante della forma di stato liberaldemocratica, affermatasi soprattutto in Europa, nella quale fra i suoi fini vi è la garanzia di importanti prestazioni sociali. Nello stato liberale tali prestazioni erano elargite da enti privati quali gli istituti di carità e beneficenza, molto spesso di ispirazione religiosa. Già a partire dagli ultimi decenni dell’Ottocento alcuni stati, fra cui la Germania di Bismarck, avevano attuato riforme legislative capaci di porre le premesse per l’edificazione dello stato sociale (in Italia, ad esempio, è del 1898 la legge che introdusse l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro). La crisi dello Stato liberale avviene per molti motivi 1. Contraddizioni interne: aveva promesso di garantire i diritti e l’uguaglianza di tutti e invece non esprimeva l’interesse generale del popolo, ma esprimeva di fatto gli interessi di una minoranza benestante 2. La politica estera imperialista e coloniale degli Stati liberali richiese il riarmo militare e grandi spese 3. La Prima guerra mondiale decisa da poche persone comportò la mobilitazione generale di tutta le persone per una lunga guerra incomprensibile per le classi popolari e una forte intromissione dello Stato in tutta la vita economico-sociale 4. Le Costituzioni flessibili furono la causa della mancata attuazione di molte libertà e garanzie e della debolezza verso movimenti autoritari Lo Stato liberale che non riusciva più a governare i tanti interessi in conflitto andò progressivamente in crisi in un lungo periodo tra l’inizio della Prima guerra mondiale (1914) e la fine della Seconda guerra mondiale (1945). Sia la Prima guerra mondiale sia la grande crisi economica mondiale del 1929 comportarono un forte intervento dello Stato nell’economia e l’esigenza di un superamento di questa forma di Stato. a. La forma di Stato democratico-sociale (che sarà instaurata progressivamente tra il 1945 e il 1949 e poi si espanderà in tutto il mondo) sarà l’evoluzione e il perfezionamento della forma di Stato liberale b. In polemica con la forma di Stato liberale nascono due forme di Stato totalitarie: la forma di Stato socialista (1917) e la forma di Stato autoritario-fascista (1922) DEMOCRAZIE ILLIBERALI: Alcuni Stati (Federazione russa, Bielorussia, Turchia) pur essendo formalmente democratici e pluralisti e dotati di costituzioni con garanzie costituzionali • Non garantiscono effettivo pluralismo alle elezioni • Esercitano forme massicce di controllo e repressione poliziesca e giudiziaria contro opinioni diverse da quelle del partito egemone o del Capo dello Stato e contro la libertà di comunicazione del pensiero dei mass-media • Hanno capi dello Stato con atteggiamenti autoritari • Danno rilevante spazio alle Forze armate, alla spesa militare Nell’ambito dello Stato democratico-sociale è rilevante anche la diversa articolazione territoriale dello Stato A. Stato Unitario • Le funzioni dello Stato sono attribuite dall’ordinamento ad un unico ente, lo Stato-soggetto a. Stato accentrato: tutte le funzioni dei pubblici poteri sono esercitate da organi dello Stato-soggetto e gli enti territoriali non godono né di autonomia, né di autarchia b. Stato decentrato: gli enti locali sono garantiti dall’ordinamento ed esercitano in tutto o in parte alcune funzioni dello Stato b1) decentramento amministrativo: la funzione amministrativa è distribuita all’interno dello Stato-soggetto tra amministrazioni centrali e amministrazioni periferiche, ma dotate di un autonomo potere decisionale sulle questioni di rilevanza locale Ministeri a livello centrale con Dipartimenti, Direzioni generali, centrale; a livello periferico Prefettura, Questura ecc. b2) decentramento istituzionale: alcune funzioni tipiche della sovranità statale (ammnistrativa e legislativa) sono in parte decentrate per le questioni di rilevanza locale ad enti territoriali guidati da organi elettivi espressione degli interessi locali e dotati di autonomia statutaria, amministrativa, legislativa, finanziaria, mentre lo Stato ha il resto dei poteri e ha il potere di coordinamento (Stato regionale) B. Stato federale è Stato composto di Stati, ognuno dei quali è titolare delle funzioni tipiche dello Stato e che si uniscono per dare vita ad un ordinamento federale, sovrapposto agli ordinamenti statali e dotato di alcune funzioni espressamente previste dalla Costituzione federale (relazioni internazionali, difesa, comunicazioni di livello federale, sviluppo economico, sicurezza di livello federale ecc.) • Gli Stati federati hanno tutte le competenze, mentre lo Stato federale ha solo le competenze stabilite espressamente dalla Costituzione federale Sono: a. trasformazione in senso federale di Stati unitari (p.es. Belgio) oppure b. unione di Stati o colonie che prima erano separati (p.es. USA, Canada, Australia, India, Federazione russa) Dagli artt. 5, 114, 116, 117, 118 Cost. dopo la riforma costituzionale del 2001 si ricava che l’Italia è uno Stato regionale, decentrato, a tendenza federale…. FORME DI GOVERNO Una forma di governo è il modo come, in un determinato ordinamento, viene organizzato ed esercitato il potere politico, ossia il modo come vengono individuati i soggetti ai quali è riconosciuta, di diritto e di fatto, la capacità di esercitare la funzione di indirizzo politico. È il diverso tipo di rapporto esistente tra i vari organi costituzionali, cioè il diverso tipo di distribuzione della funzione di indirizzo politico tra i diversi organi costituzionali Le forme di governo a loro volta si possono distinguere a seconda di quali sono gli organi costituzionali sui quali grava prevalentemente la funzione di indirizzo politico EEE. Dualiste: forme di governo in cui la funzione di indirizzo politico si distribuisce e si concentra prevalentemente su due organi, di solito Parlamento da un lato e Governo o Capo dello Stato dall’altra FFF. Moniste: forme di governo in cui la funzione di indirizzo politico si concentra soprattutto (ma non in modo esclusivo) su un solo organo (di solito Governo o Capo dello Stato) In una forma di Stato democratico di solito non è più rilevante la distinzione tra Monarchia (Capo dello Stato a vita ed ereditario) e Repubblica (capo dello Stato elettivo per un termine limitato di tempo indicato dalla Costituzione) Neppure è rilevante se il Presidente della Repubblica sia o no eletto a suffragio universale, perché sono rilevanti soltanto i poteri di cui è titolare: a volta i Presidenti eletti a suffragio universale hanno poteri meno rilevanti dei Presidenti eletti in modo indiretto Tutte le monarchie tuttora esistenti nel mondo sono in realtà A. monarchie parlamentari (cioè in una forma di Stato democratico e in una forma di governo parlamentare in cui il Sovrano ha il diritto di informarsi, ammonire e consigliare, ma ha un ruolo simbolico o di garanzia del rispetto della Costituzione e di equilibrio tra i poteri, soprattutto in caso di crisi di governo): Regno Unito, Svezia, Norvegia, Belgio, Lussemburgo, Danimarca, Spagna B. monarchie costituzionali (in una forma di stato democratico e in una forma di governo parlamentare il Capo del governo è nominato e può essere revocato anche dal Sovrano, che mantiene alcuni rilevanti poteri diretti in materia esecutiva, di difesa e di politica estera): Monaco, Liechtenstein, Marocco, Giordania, Bhutan, Tonga, C. monarchie assolute (forme di Stato di polizia in cui il Sovrano ha tuttora poteri esecutivi e legislativi, anche se magari vi sono assemblee elettive dotate soltanto di 8 forma di governo in cui titolare del potere esecutivo è un organo costituito da una sola persona (governo presidenziale) o in cui il primo ministro è il vero leader del governo essendo la persona che ha portato il proprio partito o coalizione alla vittoria elettorale (governo parlamentare). poteri consultivi, e nomina e revoca il Governo e i magistrati), sia all’interno di Stati unitari (Arabia Saudita, Oman, Kuwait, Qatar, Brunei), sia all’interno di Stati federali che in realtà legano soprattutto i sovrani (Emirati arabi uniti, Malaysia), sia nell’ambito di Stati retti da regimi militari (Thailandia) o a partito unico (Cambogia), nei quali i poteri del Sovrano sono esercitati dal Governo Tuttavia, nel loro effettivo modo di operare, le forme di governo vengono fortemente condizionate dal sistema partitico e dalla cultura politica che si affermano in ciascun paese: di conseguenza, all’interno della stessa classificazione giuridico-formale trovano collocazione ordinamenti i quali, nella concreta realtà, mostrano caratteristiche di funzionamento molto diverse. Basti pensare, ad esempio, all’esperienza italiana: la forma di governo italiana è indiscutibilmente parlamentare, ma nei fatti ha funzionato in modo assai diverso rispetto ai governi parlamentari di altri paesi. Al di là della contrapposizione maggioranza-opposizioni tendenzialmente bipolare affermatasi anche in Italia, del resto occasionalmente accantonata per la necessità di inedite coalizioni a seguito di elezioni non decisive, emerge la rilevanza della cultura politica: il modo di interpretare il governo di coalizione, cioè sorretto non da uno solo ma da una pluralità di partiti, è radicalmente diverso da noi (dove tutto è oggetto di negoziato e campagna elettorale permanenti) e altrove (dove patti di coalizione puntualissimi e articolati vengono osservati alla lettera nel quadro della più leale collaborazione fra alleati). Si pensi alla formazione dei governi di «grande coalizione» fra cristianodemocratici e socialdemocratici in Germania (governi Merkel nel 2005, 2013 e 2018). In ogni caso, tutto ciò dimostra che è necessario andare al di là del dato strettamente giuridico-formale e tenere anche conto delle prassi e dei comportamenti concreti degli attori politico-istituzionali. Resta fermo che, come per le altre comparazioni proposte in questo manuale, il contesto presupposto è comune: quello delle sole forme di stato democratiche di derivazione liberale. 1. parlamentare 2. semipresidenziale 3. presidenziale 4. direttoriale FORMA DI GOVERNO PRESIDENZIALE Si chiama così perché titolare del potere esecutivo è in prima persona il presidente: si tratta dunque, per definizione, di una forma di governo a direzione monocratica8 (governa cioè un organo costituito da una sola persona). IL RAPPORTO TRA CITTADINO E ISTITUZIONI Il diritto costituzionale si occupa delle norme della Costituzione e delle altre leggi costituzionali e del diritto che deriva dalla da esse. Si occupa della Costituzione della repubblica italiana che è a fondamento di tutte le altre norme dell’ordinamento giuridico italiano. Si inquadra nella storia del costituzionalismo e nella storia dell’Italia e nelle sue dimensioni europea e internazionale. Il diritto costituzionale affianca e precede altre branche del diritto ed anzi è uno dei fondamenti di molte altre (p. es. Diritto privato, Diritto del lavoro e della sicurezza sociale, Diritto penale, Diritto regionale, Diritto amministrativo) Le materie giuridiche sono risorsa indispensabile che deve sapere conoscere e sapere usare chiunque si occupa dell’organizzazione della vita sociale ed economica e vuole capire e risolvere i problemi della vita individuale e collettiva, delle persone fisiche e delle organizzazioni. Il diritto è organizzazione della vita sociale. Diritto (oggettivo) = insieme di norme giuridiche (quelle vigenti in un dato momento storico, in una determinata società e in un determinato territorio). Il diritto sorge in modo spontaneo e non formale ovunque esista qualche forma di organizzazione delle persone per soddisfare bisogni comuni. Il diritto poi si struttura e si articola in modo sempre più complesso perché serve a regolare tutte le relazioni e i problemi della vita individuale e sociale. Il contenuto del diritto è anche l’effetto di una scelta di potere. Il diritto cresce in varie organizzazioni territoriali che si affermano fino quando nel 1648 (pace di Westfalia) sorge lo Stato (che impone il suo diritto anche con la forza su un determinato popolo che vive su un determinato territorio) e che intrattiene relazioni pacifiche od ostili (guerre) con altri Stati, che sono a volte regolate da un complesso di norme giuridiche (diritto internazionale). UMANITÀ E SOCIALITÀ DEL DIRITTO Umanità del diritto: Il diritto è nato con l’uomo e la donna ed è per l’uomo e per la donna Socialità del diritto: Il diritto è relazione tra più soggetti ossia • Persone • Comunità • Stati Dove c’è l’incontro di più persone c’è l’esigenza di dare ordine a questo incontro e di dotarsi di regole per questa convivenza e dunque c’è diritto (la fila ad uno sportello comporta regole per evitare confusione). Tuttavia, non ogni manifestazione sociale è di per sé giuridica, altrimenti sarebbe sociologia. Una realtà sociale diventa giuridica se ci sono 1. organizzazione o autorganizzazione 2. osservanza più o meno spontanea delle regole organizzative DIRITTO COME ORGANIZZAZIONE DELLA VITA SOCIALE Il diritto non è necessariamente collegato ad un apparato di potere coercitivo come lo Stato Il diritto è anzitutto organizzazione del sociale Il diritto consiste non tanto in un comando quanto piuttosto nell’organizzazione della realtà sociale. Organizzare presuppone: a. L’esistenza di una realtà sociale da organizzare b. Più persone o soggetti che sono coordinati per raggiungere uno scopo comune c. Il superamento di posizioni isolate per conseguire il risultato dell’ordine d. L’esistenza di un gruppo di persone dotate del potere di scegliere e/o imporre lo scopo comune per tutti e gli strumenti per raggiungerlo, tra cui le norme DIRITTO COME OSSERVANZA DELLE NORME L’osservanza del diritto si fonda sul timore di una sanzione per la sua violazione o sulla consapevolezza che la norma si fonda su un valore da rispettare, su un principio o modello o comportamento che è preso a modello. In tal senso il diritto è anzitutto la società che si auto-ordina e non già un insieme di comandi provenienti da chi è titolare della sovranità sulla società. Il diritto diventa invece un insieme di norme giuridiche imperative quando si inserisce in un apparato che gestisce il potere della forza e la forza del potere e così finisce per trasformare l’ordine sociale in un ordine governato dall’alto, come allorché è governato dallo Stato. La sanzione (misura attuata per assicurare l’osservanza del diritto o per punire la trasgressione del diritto) non fa parte dell’essenza fisiologica del diritto. DIRITTO E STATUALITA’ Il diritto non è stato sempre prodotto da autorità di uno Stato, ma è anzitutto un ordinamento osservato dai consociati, perché è prodotto dell’organizzazione o autorganizzazione della società. Il diritto nasce con le prime organizzazioni umane e perciò nasce molti secoli e millenni prima della nascita dello Stato, sorto dopo il 1643 Quando il diritto si inserisce nell’apparato autoritativo di potere dello Stato e si riduce all’uso della forza e a controllo minuzioso della società allora cessa la sua funzione originaria di organizzazione della società e diventa uno strumento di potere politico e di controllo sulla socialità. DIRITTO E LINGUAGGIO Diritto e linguaggio hanno molte similitudini in comune: 1. diritto e linguaggio sono relazioni tra le persone 2. diritto e linguaggio sono ordinamento del sociale. • Il diritto dà un ordinamento ad una determinata società, ordina i rapporti sociali • Il linguaggio è un ordinamento di suoni e permette un’ordinata comunicazione tra le persone 3. diritto e linguaggio sono accomunati dall’osservanza di regole 4. l’osservanza delle regole del diritto e del linguaggio nasce dalla convinzione quelle regole siano efficienti (per regolare la società o per comunicare) 5. per regolare una società o per comunicare diritto e linguaggio usano disposizioni espresse con parole e parole ben collegate che devono avere un significato univoco se vogliono produrre il risultato a cui tendono 6. ogni parola può avere più significati e perciò occorre darsi criteri e modi per interpretare in modo chiaro e condiviso il significato delle parole usate nelle disposizioni normative o nelle conversazioni LA NORMA GIURIDICA Regole e norme possono essere dei più vari tipi (sportive, morali, religiose, sociali, giuridiche) Le norme hanno due caratteristiche: 1. Generalità: Valgono per una serie indeterminata di soggetti, cioè non per qualcuno di determinato, ma per tutti coloro che si trovano o si troveranno in una determinata situazione indicata dalla norma 2. Astrattezza: si applicano ogni volta che si verifica una determinata fattispecie indicata in astratto nelle norme Le norme possono essere di due tipi: A. Norme descrittive (p.es. regole scientifiche o sociologiche): descrivono e constatano ciò che si verifica nella realtà Possono essere soltanto • Vere • False B. Norme prescrittive: mirano ad imporre un determinato comportamento. Queste sono le norme giuridiche Le norme giuridiche sono di cinque tipi a. Norme-precetto: prescrivono, vietano o consentono un determinato comportamento b. Norme- sanzione: prevedono una determinata conseguenza negativa (sanzione) nei confronti di chi trasgredisce le norme-precetto c. Norme di organizzazione: istituiscono e organizzano le autorità a cui spetta il compito di applicare e di fare applicare le norme d. Norme sulla produzione delle norme giuridiche: stabiliscono quali sono i fatti o gli atti idonei a produrre, modificare o sopprimere le norme giuridiche (fonti del diritto) e con quali modalità e. Norme sulla produzione di atti giuridici: stabiliscono modi di formazione ed effetti di atti compiuti tra soggetti privati o nelle pubbliche amministrazioni GLI ORDINAMENTI GIURIDICI Ogni norma giuridica si inserisce in una rete di altre norme giuridiche che sorgono e poi sono modificate. Questa rete di norme mira a dare un’organizzazione al gruppo sociale. Ordinamento giuridico: insieme delle norme giuridiche che si applicano a più soggetti di un determinato gruppo sociale che vive sul medesimo territorio Esistono vari tipi di ordinamenti giuridici a. ordinamenti a fini generali (mirano a regolare tutti gli aspetti della vita di una società) a1. originari (traggono la loro legittimazione da loro stessi) a2. derivati (esistono e funzionano nei limiti e nei modi indicati dalle norme di un ordinamento originario (p.es. norme di un Comune, di una regione o di una Provincia rispetto alle norme dello Stato) b. ordinamenti a fini particolari (mirano a regolare soltanto un ben determinato settore): p.es. Università 3 TIPI DI ORDINAMENTI GIURIDICI A FINI GENERALI: 1. la Chiesa cattolica (cattolica = universale) produce e applica norme (diritto canonico) che si applicano a tutti i cattolici in tutto il mondo e talvolta anche nei rapporti coi non cattolici 2. la Comunità internazionale che è l’insieme degli Stati e delle organizzazioni internazionali: produce norme che si applicano ai rapporti reciproci bilaterali o multilaterali (diritto internazionale) 3. gli Stati, ognuno dotato di sovranità interna ed esterna su un determinato territorio in cui vive un determinato popolo e ognuno dotato di un proprio ordinamento giuridico PLURALITA’ DI ORDINAMENTI GIURIDICI STATALI Esistono oggi circa 200 Stati, ognuno dotato di proprie norme giuridiche e di un proprio ordinamento giuridico, • Lo stesso aspetto è disciplinato in modo diverso dalle norme vigenti in ordinamenti diversi • Pluralità e relatività nel tempo e nello spazio delle norme e degli ordinamenti giuridici. • Possibili conflitti tra ordinamenti giuridici circa le norme applicabili nei casi di rapporti tra soggetti appartenenti ad ordinamenti giuridici diversi L’insegnamento del Diritto costituzionale riguarda soltanto le norme fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano, seppur con richiami alle norme internazionali ed europee. DIRITTO E GIUSTIZIA Le norme giuridiche non corrispondono alle norme che ognuno sente come «giuste» Diritto e giustizia non corrispondono perché la giustizia dipende dai valori morali che ispirano ognuno (relatività della giustizia) Non pare più attuale anche la teoria del «diritto naturale», secondo cui esisterebbero delle norme insite in tutti, conformi alla natura dell’essere umano e quindi intrinsecamente giuste e perciò superiore al diritto positivo (il diritto posto in essere dagli esseri umani) Le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per dichiarazione espressa del legislatore, o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l'intera materia già regolata dalla legge anteriore. Abrogazione espressa: la norma abrogatrice espressamente dichiara abrogata una determinata norma Abrogazione tacita: entra in vigore una nuova norma totalmente incompatibile con la norma previgente (p.es. la nuova norma permette un comportamento che la previgente norma vietava) Abrogazione implicita: la nuova norma ridisciplina tutta la materia a cui apparteneva la previgente norma La norma abrogata continua ad applicarsi ai rapporti giuridici sorti quando era in vigore, salvo che la norma abrogatrice disponga diversamente. Le norme abrogate sono state attuate validamente e non si applicano più ai rapporti giuridici futuri, ma possono applicarsi ancora a quelli del passato, salvo che la norma abrogatrice sia espressamente retroattiva RETROATTIVITÀ delle norme giuridiche: è vietata in materia penale (art. 25 Cost.), più esattamente per tutelare la libertà personale l’irretroattività è vietata per le norme penali incriminatrici (è invece consentita la retroattività delle norme più favorevoli È vietata alle norme secondarie, ma non a quelle primarie (lo si ricava implicitamente dall’art. 11 delle disposizioni preliminari al Codice civile, che sono entrate in vigore nel 1942 e che hanno rango di fonte primaria e che prescrivono alle leggi di applicarsi solo per l’avvenire, sicché nuove norme di rango primario entrate in vigore dopo il 1942 potrebbero essere retroattive, salvo che si tratti di norme penali incriminatrici) ILLEGITTIMITA’ di una norma si ha quando una norma è stata posta in essere in violazione dei modi, e dei criteri previsti dalle norme sulla produzione delle norme giuridiche In nome della certezza del diritto poiché tutti i cittadini hanno l’obbligo di osservare la legge (art. 54 Cost.) la norma illegittima continua a produrre effetti finché non è dichiarata illegittima dal giudice che è il solo abilitato a dichiarare l’illegittimità Dopo la dichiarazione di illegittimità la norma illegittima non può più essere applicata né ai rapporti giuridici futuri, né a quelli pendenti, mentre non si riaprono i rapporti giuridici ormai esauriti * eccezione per le norme penali dichiarate costituzionalmente illegittime dalla Corte costituzionale: in tali casi cessa l’esecuzione della pena e ne cessano gli effetti penali. DEROGA: si ha quando una norma disciplina in modo diverso non tutte le situazioni regolate da una norma previgente, ma soltanto alcune o norme eccezionali che si applicano soltanto in presenza di determinati presupposti provvisori o norme sugli stranieri, che limitano l’esercizio di diritti spettanti a tutti LE SITUAZIONE GIURIDICHE SOGGETTIVE Le norme giuridiche regolano gli atti dei soggetti di diritto 1. persone fisiche 2. persone giuridiche, cioè quei soggetti a cui le norme giuridiche attribuiscono una soggettività giuridica a. di diritto privato perché sono costituite e regolate liberamente da persone fisiche o giuridiche nei limiti delle leggi (p.es. società, associazioni, comitati, fondazioni) b. di diritto pubblico, perché sono costituite e regolate da norme giuridiche che gli assegnano finalità pubbliche (enti pubblici) o funzioni pubbliche anche con l’esercizio di poteri pubblici di tipo anche autoritativo che si impongono anche con la forza nei confronti dei privati (Stato, regioni, province, città metropolitane, Comuni) RAPPRESENTANZA Le norme giuridiche assegnano ad un soggetto (rappresentante) il compito di compiere atti giuridici in nome e per conto del rappresentato A. Rappresentanza legale si ha quando le norme giuridiche assegnano la rappresentanza ad una persona fisica perché l persona fisica rappresentata (p.es. minore di età o inabilitato) è incapace di agire B. Rappresentanza volontaria si ha quando le norme giuridiche consentono ad una persona fisica di nominare un proprio rappresentante affinché agisca in nome e per conto suo a. contratto di mandato b. Rappresentanza politica L’azione del rappresentante ricade sul rappresentato soltanto se rimane nell’ambito dei poteri conferiti dalla legge o tramite la procura IMMEDESIMAZIONE ORGANICA Nelle persone giuridiche la rappresentanza è data a determinate persone fisiche che si immedesimano completamente nella persona giuridica, ma chi agisce in nome della persona giuridica ne è anche parte (p.es. Sindaco rispetto al Comune, Presidente della Repubblica rispetto alla Repubblica italiana) Nel caso del rapporto di immedesimazione organica, l’intera azione dell’organo è imputata alla persona giuridica SOGGETTI DEL DIRITTO – ORGANI – UFFICI Ogni persona giuridica si compone di: A. Organi: sono le sole parti della persona giuridica abilitate ad esprimere la volontà della persona giuridica e a esercitare i poteri giuridici che le norme attribuiscono alla persona giuridica. • L’organo è permanente, ma è titolare dell’organo una o più persone fisiche, che cambiano nel tempo. • L’organo può essere composto di una sola persona fisica (organo monocratico, p.es. P.D.R. o giudice di pace) o di più persone (organo collegiale, p.es. Camera o Senato o Corte costituzionale o tribunale) B. Uffici (composti di persone fisiche) che sono sottoposti agli organi, li coadiuvano o ne preparano o ne eseguono le decisioni RAPPORTI GIURIDICI Le norme che si applicano ai soggetti di diritto creano tra di loro rapporti giuridici, cioè relazioni regolate dal diritto, nelle quali da un lato c’è il titolare di una situazione giuridica attiva e dall’altro il titolare di una situazione giuridica passiva. Il contenuto del rapporto giuridico è il complesso delle relazioni giuridiche soggettive in cui si articola il rapporto tra determinati soggetti Le situazioni giuridiche soggettive sono i diversi tipi di relazioni (disciplinati dal diritto) dei soggetti giuridici tra di loro, in relazione a determinati beni della vita, anch’essi disciplinati dal diritto. A seconda della posizione del portatore si possono avere: 1. situazioni giuridiche vantaggiose (attive) • diritto soggettivo • interesse legittimo • interesse semplice 2. situazioni giuridiche svantaggiose (passive): • dovere • obbligo • onere • soggezione • *** Tutti i soggetti di diritto sono dotati di capacità giuridica (idoneità ad essere titolare di situazioni giuridiche) DIRITTO SOGGETTIVO Nel diritto soggettivo l’interesse del titolare del diritto riceve una tutela diretta da parte delle norme giuridiche, mediante: JJJ. l’obbligo (imposto ad altri soggetti pubblici o privati) di rispettare tale diritto soggettivo: il titolare del diritto sta di fronte al portatore di un obbligo. KKK. la garanzia per il titolare del diritto soggettivo di godere e di disporre di un determinato bene o servizio (facoltà di godere e facoltà di disporre) LLL. la possibilità di ottenere sempre dal giudice una sentenza (che può essere eseguita in modo coattivo dalle autorità dello Stato) con cui MMM. si riconosce l’esistenza del diritto stesso o la titolarità del diritto soggettivo in capo al soggetto (allorché esso siano controverse) NNN. si riconosce l’eventuale lesione del diritto e si impone la riparazione dell’eventuale lesione del diritto a chi l’ha commessa I diritti soggettivi sono di due tipi A. diritti assoluti: consistono nella pretesa a che tutti gli altri soggetti si astengano dal ledere il diritto stesso • diritti fondamentali della persona • diritti reali (p.es. proprietà) B. diritti relativi: consistono nella possibilità di ottenere il godimento di un determinato bene o servizio soltanto in relazione a ben determinati soggetti: il titolare del diritto sta di fronte al portatore di un obbligo POTERE GIURIDICO: SITUAZIONI GIURIDICHE VANTAGGIOSE Potere giuridico è la facoltà di mutare la condizione giuridica di un bene della vita o di un altro soggetto di diritto Tutti i soggetti di diritto titolari di capacità giuridica hanno in astratto poteri giuridici I poteri giuridici possono essere di due tipi a. poteri giuridici bilaterali: richiedono la partecipazione di almeno due soggetti in posizione contrapposta, cioè il titolare di un diritto e il portatore dell’obbligo di osservare quel diritto (p.es. contratto tra due persone) b. poteri giuridici unilaterali: possono essere esercitati da un solo soggetto nei confronti di altri soggetti (i quali sono in posizione di soggezione di fronte a tale potere) b1. diritti potestativi (esercitati per tutelare l’interesse proprio del titolare del diritto) b2. potestà (esercitate nell’interesse di un soggetto diverso dal titolare della potestà) Le potestà sono presenti nel diritto privato (p.es. potestà dei genitori sui figli, oggi «responsabilità genitoriale») Il diritto pubblico è il settore in cui vi sono le più importanti potestà 1. Potestà normativa: potere giuridico di produrre norme giuridiche § Potestà legislativa (potere di adottare norme legislative, primarie) § Potestà regolamentare (potere di adottare norme regolamentari, secondarie) 2. Potestà amministrativa: potere giuridico di adottare misure puntuali e concrete di natura imperativa (provvedimento amministrativo), previste in generale dalle norme giuridiche, al fine di curare o soddisfare determinati interessi pubblici indicati dalle norme giuridiche; prima di adottare un provvedimento amministrativo si svolgono atti e attività (procedimento amministrativo) e quando sono esecutivi talvolta possono essere eseguiti coattivamente (esecutorietà) 3. Potestà giurisdizionale: potere giuridico di decidere § Le controversie tra soggetti pubblici e privati o tra soggetti privati sull’esistenza o sulla violazione di situazioni giuridiche soggettive o di norme giuridiche § La responsabilità di chi ha violato norme penali e l’irrogazione di sanzioni penali L’INTERESSE LEGITTIMO: SITUAZIONI GIURIDICHE VANTAGGIOSE È la situazione giuridica di vantaggio in cui l’ordinamento prevede una tutela della posizione del singolo soltanto in via indiretta nei confronti della pubblica amministrazione Direttamente si tutela l’interesse generale mediante l’attività che deve svolgere la pubblica amministrazione nei casi e nei modi previsti dalla legge e indirettamente si tutela anche l’interesse del singolo che è coinvolto nell’applicazione da parte della pubblica amministrazione di norme che tutelano l’interesse generale L’interesse generale è direttamente protetto con la garanzia che l’atto della pubblica amministrazione sia legittimo: • Se è legittimo l’atto della pubblica amministrazione che riguarda colui che è sottoposto alla potestà amministrativa l’interesse legittimo del singolo deve cedere al potere della pubblica amministrazione • Se è illegittimo l’atto della pubblica amministrazione che lede l’interesse legittimo allora l’atto amministrativo deve essere annullato e così si tutela anche l’interesso legittimo del soggetto coinvolto Esempi di interessi legittimi Il partecipante ad un concorso pubblico per l’assunzione di personale nell’ambito di una pubblica amministrazione non ha il diritto soggettivo di vincere il concorso, ma soltanto l’interesse legittimo che il concorso a cui partecipa sia svolto secondo i criteri e le procedure previste dalla legge: la legge tutela direttamente i principi costituzionali che impongono che alle pubbliche amministrazioni si accede per concorso e che la loro attività si svolga in modo indipendente e nel rispetto della legge (principio di legalità nelle attività della pubblica amministrazione): se per caso il concorso si è svolto illegalmente esso è annullato, il che tutela UNA COSTITUZIONE RIGIDA Le norme costituzionali sono dotate di una efficacia attiva (capacità di innovare l’ordinamento giuridico) e di una efficacia passiva (resistenza all’abrogazione) superiore ad ogni altra fonte del diritto 1. maggioranza qualificata e procedimento aggravato di revisione costituzionale Art. 138 Cost.: Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti. a. doppia approvazione conforme del progetto di revisione costituzionale da parte di entrambe le Camere, a distanza di almeno tre mesi b. maggioranza qualificata (maggioranza assoluta nella seconda votazione) c. se si raggiunge la maggioranza dei 2/3 la legge cost. può essere subito promulgata d. se si raggiunge la maggioranza assoluta, ma non i 2/3 la legge cost. è pubblicata (pubblicità notizia) e da quel momento decorrono 3 mesi entro i quali il referendum costituzionale può essere chiesto da 5 Consigli regionali, 500.000 elettori o 1/5 dei membri di una Camera • se nessuno chiede referendum dopo tre mesi può essere promulgata dal Presidente della Repubblica • il referendum costituzionale è ammesso dall’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte suprema di cassazione e indetto con d.p.r. • è un referendum formalmente approvativo, ma sostanzialmente oppositivo L’esito del referendum è valido qualunque sia il numero dei votanti. Il popolo aggiunge il suo voto decisivo a quello del Parlamento: in caso di vittoria dei SI il testo può essere promulgato dal Presidente della Repubblica; in caso di vittoria dei NO il testo non può essere promulgato e la revisione costituzionale decade § referendum del 2001 sulla riforma del titolo V della Cost.: SI § referendum del 2006 sulla riforma della seconda parte della Cost. (promossa dal centro-destra): NO § referendum del 2016 sulla riforma del Parlamento e della forma di governo (promossa dal centro sinistra): NO § referendum del 2020 sulla riduzione del numero dei parlamentari: SI 2. Il sistema di giustizia costituzionale Gli atti normativi diversi dalla Cost. non possono derogare alla Costituzione, né abrogarla e se la violano sono illegittimi a. se sono atti di rango primario (leggi statali o regionali, decreti-legge, decreti legislativi) possono essere dichiarate costituzionalmente illegittime dalla Corte costituzionale e perdono efficacia dal giorno successivo alla loro pubblicazione (art. 134 Cost.) b. se sono regolamenti o altre fonti secondarie possono essere annullati (dal giudice amministrativo) o disapplicati (dal giudice ordinario) La rigidità costituzionale protegge le norme costituzionali, che contengono i principi, i valori e i programmi che danno fondamento a tutto l’ordinamento giuridico. Protegge da modificazioni tacite o implicite effettuate con una maggioranza ordinaria (semplice) UNA COSTITUZIONE LUNGA a. vuole regolare l’intera vita sociale e perciò contiene norme su aspetti apparentemente secondari (università, paesaggio, ricerca, risparmio, cooperative, zone montane) b. contiene norme non soltanto di principio, ma anche di dettaglio immediatamente applicabili c. rinvia la disciplina di alcuni aspetti ad altre norme costituzionali (riserva di legge costituzionale) • art. 90 messa in stato di accusa del Presidente della repubblica e responsabilità dei ministri • art. 116 Statuti speciali delle regioni ad autonomia differenziata • art. 137 forme di sindacato di legittimità costituzionale d. la lunghezza del testo è integrata dal rinvio ad altre norme, a loro volta così dotate di capacità di resistenza più forte o pari a quella delle norme cost. • norme dell’UE (art. 117 Cost.) • norme internazionali (artt. 10, 11 e 117 Cost.) • norme esecutive o modificative dei patti lateranensi (art. 7 Cost.) UNA COSTITUZIONE PROGRAMMATICA La Costituzione oltre a prevedere norme sui diritti e doveri e sull’organizzazione dei poteri pubblici prevede principi da attuare, indirizzi di fondo, obiettivi a cui i pubblici poteri devono tendere: un programma di riforma dell’organizzazione sociale della collettività. Le norme costituzionali hanno natura giuridica diversa l’una dall’altra A. Norme-regole: proposizioni che ad una precisa fattispecie collegano precise conseguenze: p.es. art. 13 cost. sulla libertà personale B. Norme di principio: proposizioni che indicano il punto di partenza, l’aspirazione, il valore fondante delle norme che in futuro dovranno regolare quella materia in circostanze che devono essere a loro volta determinate. I principi limitano e orientano le possibilità di scelta legislativa nelle successive circostanze della vita I principi: • necessitano di un’attività legislativa di ulteriore attuazione che li ponga a contatto con i casi della vita • consentono adattamenti elastici a seconda delle circostanze • permettono all’ordinamento di adattarsi e alla Cost. di sopravvivere senza che sia necessaria revisione costituzionale C. Norme che prescrivono programmi, valori, obiettivi da perseguire (p.es. dignità umana, rieducazione del condannato, progressività dei tributi, condizioni che rendano effettivo il diritto al lavoro, rimozione degli ostacoli economici e sociali che impediscono l’eguaglianza) Le norme programmatiche non indicano strumenti e modi, ma indicano al legislatore lo scopo verso cui orientarsi Le norme programmatiche possono essere attuate in modo diverso Le norme programmatiche costituiscono un programma da attuare per tutti i partiti, anche se ognuno può raggiungere ogni obiettivo con metodi e strumenti diversi Le norme di principio e programmatiche: a. rendono problematica, lenta e difficile l’attuazione della Costituzione b. sono comunque norme giuridiche vincolanti: orientano il legislatore e l’interprete e fungono da parametro nel giudizio di costituzionalità delle leggi UNA COSTITUZIONE APERTA Le norme costituzionali contengono programmi e principi espressi con concetti generici, che possono essere riempiti di significato dal legislatore a seconda delle circostanze storiche e delle maggioranze politiche del momento Sono elastiche perché sono aperte ad attuazioni potenzialmente diverse, legittimano maggioranze diverse, ma le spingono tutte a realizzare obiettivi omogenei, senza svuotare di contenuto le norme costituzionali. Sono aperte ad attuazioni diverse, senza necessità di revisione costituzionale che sminuirebbe l’autorevolezza delle norme costituzionali I PRINCIPI FONDAMENTALI TRASVERSALI DELLA COSTITUZIONE ITALIANA Tutte le norme costituzionali attuano almeno cinque principi fondamentali trasversali 1. principio personalista (in cui si può ricomprendere anche il principio solidaristico) 2. principio pluralista (in cui si può ricomprendere anche i principi autonomista e di laicità dello Stato) 3. principio lavorista 4. principio democratico (in cui si può ricomprendere anche il principio repubblicano) 5. principio internazionalista L’analisi dei cinque principi consente di esaminare in modo sintetico tutti i principi fondamentali e la parte I sui diritti e doveri dei cittadini. PRINCIPIO PERSONALISTA: L'art.2 della Costituzione italiana recita: "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica, sociale ". L'articolo 2 della Costituzione italiana fissa il principio personalista: in altre parole la Repubblica riconosce i diritti inviolabili della persona. Il fatto che lo Stato riconosca tali diritti significa che essi esistono già prima dello Stato. Quest'ultimo assume semplicemente un ruolo di garante relativamente al loro rispetto: quindi, i diritti inviolabili sono diritti naturali dell'individuo. Se è vero che, a volte, gli interessi individuali devono essere sacrificati per tutelare degli interessi collettivi, ciò è ammissibile solamente in un contesto nel quale lo Stato ha come fine ultimo lo sviluppo della persona. Il principio personalista pone un limite agli interventi che i pubblici poteri effettuano nella sfera dell'individuo anche se per un interesse pubblico: questo limite è rappresentato dai diritti inviolabili. Ogni persona precede lo Stato e lo Stato è al servizio della persona umana: ogni persona non è considerata in funzione dei pubblici poteri, ma i pubblici poteri esistono soltanto con lo scopo di riconoscere e garantire i diritti fondamentali delle persone e fare adempiere i doveri reciproci di solidarietà I diritti sono anzitutto «riconosciuti» perchè in qualche modo preesistono e già sono radicati nella coscienza sociale, sono connaturati con la dignità umana I diritti sono poi garantiti, nel senso che: a. devono essere effettivamente attuati, b. devono essere protetti dalle violazioni di terzi PRINCIPIO DEMOCRATICO: L’articolo 1 della Costituzione afferma che l’Italia è una Repubblica democratica e che la sovranità appartiene al popolo. La parola democrazia deriva dal greco demos e crato e vuol dire che il comando è in mano al popolo. Sono i cittadini che hanno la sovranità e che scelgono nelle forme (ad es. elezioni o referendum) e secondo le modalità previste i loro rappresentanti politici ovvero coloro che per un certo numero di anni governeranno il Paese. Vivere in uno Stato democratico è importante e significa che in quel Paese vengono rispettati e garantiti i diritti fondamentali e inviolabili dell’uomo, garantita e promossa l’uguaglianza, garantite e promosse le libertà fondamentali dell’uomo come singolo e nelle manifestazioni sociali (ad es. partiti politici, associazioni sociali). PRINCIPIO INTERNAZIONALISTA: Negli articoli 10 e 11 della Costituzione si afferma che l’Italia adegua le proprie leggi a quelle internazionali al fine di garantire la pace e la giustizia tra le nazioni. Accetta anche di limitare la propria sovranità aderendo alle istituzioni internazionali e facendo entrare nell’ordinamento giuridico statale le leggi provenienti dagli ordinamenti sovranazionali. L’Italia è uno Stato membro dell’Unione Europea, partecipa all’ONU e ha firmato la Convenzione Europea dei diritti dell’uomo. L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa della libertà di altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Ciò significa che la guerra è vista come un estremo rimedio, a cui si deve ricorrere soltanto quando vi si è obbligati e quando non ci sono altri mezzi per difendersi. PRINCIPIO LAVORISTA: La Costituzione italiana, affermando che «l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro» (art. 1), sancisce il principio lavorista: il lavoro, dunque, costituisce il valore centrale dell’ordinamento e il criterio guida della politica nazionale, che deve essere indirizzata verso la massima occupazione. La Carta costituzionale, inoltre, considera il diritto al lavoro (art. 4, comma 1, Cost.) come mezzo necessario per l’affermazione della personalità dell’individuo e nello stesso tempo come strumento di progresso materiale e sociale (art. 4, comma 2, Cost.). In quest’ottica, il lavoro rappresenta il primo diritto sociale, in quanto costituisce idealmente la fonte privilegiata di sostentamento dell’individuo e lo strumento imprescindibile per affermare la sua autonomia al fine di consentirgli l’esercizio di ogni altro diritto costituzionalmente garantito. PRINCIPIO PLURALISTA: Le formazioni sociali nello Stato democratico-pluralista – L’art. 2 Cost. riconosce i diritti inviolabili non solo all’individuo considerato isolatamente, ma anche “nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”. La società pluralista non si compone solo di una sommatoria di individui isolati, ma si articola in una molteplicità di formazioni intermedie (così chiamate, perché si frappongono fra l’individuo e lo Stato) all’interno delle quali gli individui organizzano la propria vita. I gruppi intermedi sono considerati con favore in molteplici disposizioni particolari della Costituzione: artt. 8 e 20 (confessioni e associazioni religiose), 18 (associazioni in generale), 29 (famiglia), 39 (associazioni sindacali), 49 (partiti politici), 118 u.c. (valorizzazione dell’iniziativa delle associazioni private per lo svolgimento di attività e compiti di interesse generale). TIPOLOGIE DI AMMINISTRAZIONI A. Amministrazioni organizzate in modo gerarchico, anche se talvolta organizzate in parte con modalità autonoma B. Autorità amministrative indipendenti LE AMMINISTRAZIONI GERARCHICHE p.es. a livello statale Ministeri disciplinati dal d. lgs. n. 300/1999 (la cui organizzazione, dotazione organica, individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale ed il loro numero, relative funzioni e distribuzione dei posti di funzione dirigenziale, individuazione dei dipartimenti e definizione dei rispettivi compiti sono stabiliti con regolamenti o con decreti del ministro), sottoposte all’indirizzo politico-amministrativo del Ministro, coadiuvato dagli uffici di diretta collaborazione (uffici di staff)e le cui funzioni amministrative sono ripartite tra i seguenti uffici (line) a. Amministrazione centrale, divisa in Dipartimenti (che raggruppano Direzioni centrali) o in Direzioni generali, eventualmente coordinate da un Segretario generale, i cui dirigenti generali sono nominati e revocati dal Presidente della Repubblica previa delibera del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro b. Amministrazioni periferiche (Rappresentanze diplomatico-consolari, Prefetture, Questure, Uffici scolastici regionali e provinciali, Provveditorati delle opere pubbliche, Provveditorati regionali dell’amministrazione penitenziaria ecc.), coordinate sul territorio nazionale in ogni Provincia dall’Ufficio territoriale del Governo-Prefettura (diretto dal Prefetto nominato dal Presidente della Repubblica previa delibera del Consiglio dei Ministri) che assicura l'esercizio coordinato dell'attività amministrativa degli uffici periferici dello Stato e garantisce la leale collaborazione di tali uffici con gli enti locali c. Agenzie: sotto l’indirizzo e la vigilanza del Ministro che ne approva lo statuto e ne nomina e revoca i dirigenti, anche tra persone esterne e qualificate, svolgono attività a carattere tecnico-operativo di interesse nazionale, al servizio delle amministrazioni pubbliche statali, regionali e locali, mediante struttura centrale e periferica dotata di autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria, con proprio personale e con personalità giuridica formalmente distinta dal Ministero d. Enti pubblici, sottoposti all’indirizzo e vigilanza del Ministro, che ne nomina e revoca i dirigenti tra persone esterne e qualificate, ma dotati di autonomia operativa a livello nazionale o locale • Istituti ed enti di ricerca (p.es. L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ISPRA, Consiglio nazionale delle ricerche) • Parchi nazionali • Istituti previdenziali (INPS, INAIL) e. Forze armate e forze di polizia statali, sottoposte ad una plurima dipendenza: • alla dipendenza gerarchica, organizzativa e finanziaria da un Ministero (Difesa, per le Forze armate, o Interno, per la Polizia di Stato, o Giustizia, per la Polizia penitenziaria, o Economia e finanze, per il Corpo della Guardia di finanza), • alla dipendenza funzionale del Ministro dell’Interno per le funzioni di polizia di sicurezza e di altri Ministeri competenti per ogni funzione di polizia amministrativa di volta in volta svolta da esse svolte. • alle dipendenze dell’autorità giudiziaria per lo svolgimento di funzioni di polizia giudiziaria Esempi di agenzie o presso Ministero dell’economia e delle finanze agenzie fiscali: Agenzia delle entrate, Agenzia delle dogane e dei monopoli, Agenzia del demanio o presso Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS) o presso il Ministero della Difesa l’Agenzia industrie difesa o presso il Ministero dell’Interno l’Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata o presso il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali: l’Agenzia unica per le ispezioni del lavoro denominata «Ispettorato nazionale del lavoro» o presso il Ministero dell’Università e della ricerca: ANVUR (agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca) o presso il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti: l’Agenzia nazionale per il volo, l’agenzia FUNZIONI DI INDIRIZZO POLITICO -AMMINISTRATIVO E FUNZIONI DEI DIRIGENTI: Dal 1993 anche nella legislazione italiana si è prevista una separazione netta in ogni amministrazione pubblica, con distinti poteri e responsabilità, tra due tipi di funzioni: 1. funzioni di indirizzo politico-amministrativo (funzioni di staff) 2. funzioni dei dirigenti e funzioni del resto dell’amministrazione (Funzioni di line) Le funzioni politico- amministrativo spettano agli organi di governo: a. A livello statale: Governo (Presidente del Consiglio dei ministri, Ministri, Consiglio dei ministri) b. A livello regionale la Giunta regionale (Presidente e Assessori) c. A livello comunale Giunta comunale (Sindaco e assessori), Consiglio comunale Le funzioni politico- amministrativo spettano gli uffici pubblici che coadiuvano le autorità di indirizzo politico sono definiti Uffici di immediata collaborazione (uffici di staff): a. Gabinetto b. Ufficio stampa c. Ufficio di controllo interno d. Ufficio dei rapporti col pubblico e. Ufficio legislativo Art. 4, comma 1 d. lgs. n. 165/2011 Gli organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli obiettivi ed i programmi da attuare ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni, e verificano la rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti. Ad essi spettano, in particolare: § le decisioni in materia di atti normativi e l'adozione dei relativi atti di indirizzo interpretativo ed applicativo; § la definizione di obiettivi, priorità, piani, programmi e direttive generali per l'azione amministrativa e per la gestione; § la individuazione delle risorse umane, materiali ed economico-finanziarie da destinare alle diverse finalità e la loro ripartizione tra gli uffici di livello dirigenziale generale; § la definizione dei criteri generali in materia di ausili finanziari a terzi e di determinazione di tariffe, canoni e analoghi oneri a carico di terzi; § le nomine, designazioni ed atti analoghi ad essi attribuiti da specifiche disposizioni; § le richieste di pareri alle autorità amministrative indipendenti ed al Consiglio di Stato; I dirigenti dell’amministrazione sono nominati e revocati dalle autorità di indirizzo politico- amministrativo Art. 4, comma 2 d. lgs. n. 165/2011 Ai dirigenti spetta § l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, § compresi tutti gli atti che impegnano l'amministrazione verso l’esterno, nonchè la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa § mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. § Essi sono responsabili in via esclusiva dell'attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati. Il personale delle pubbliche amministrazioni (uffici di line) ha un rapporto di impiego che è disciplinato dalle norme che regolano i rapporti di lavoro di diritto privato in tutti gli altri casi Norme speciali di diritto pubblico regolano il rapporto di impiego di alcune categorie § magistrati § avvocati e procuratori dello Stato § personale militare e delle Forze di polizia di Stato § personale della carriera diplomatica § personale della carriera prefettizia § dirigenti del Corpo dei vigili del fuoco § dirigenti dell’amministrazione penitenziaria § professori e ricercatori universitari LE AUTORITA’ AMMINISTRATIVE INDIPENDENTI Le autorità indipendenti sono collocate in posizione autonoma rispetto al governo. Esse sono formate da personalità scelte con criteri che dovrebbero garantire autonomia e indipendenza di giudizio rispetto sia agli organi politici sia agli apparati ministeriali. A partire dal 1974 per gestire alcune funzioni pubbliche che riguardano alcuni diritti fondamentali si ritiene essenziale che l’amministrazione che li regola sia non soltanto imparziale, ma anche del tutto estranea agli interessi di parte sottostanti all’indirizzo politico- amministrativo della maggioranza che regge il Governo, per assicurare anche la neutralità nei confronti degli interessi pubblici e privati coinvolti Ogni autorità amministrativa indipendente, istituita con legge, opera in modo che • il rispetto della legge è attuato con piena autonomia di giudizio e di valutazione • gli interessi pubblici sono realizzati mediante l’adozione da parte di ogni Autorità di 1. atti normativi (regolamenti) per disciplinare parte del settore affidato dalla legge 2. atti amministrativi puntuali: autorizzazioni, concessioni ecc. 3. atti di ispezione e controllo, anche contenzioso, con potere di infliggere sanzioni civili e amministrative, ricorribili di fronte al giudice Per assicurare l’indipendenza di giudizio e di valutazione ad ogni Autorità di solito la legge istitutiva garantisce che: 1. i componenti di ogni autorità sono scelti tra persone di notevole esperienza e notoriamente molto qualificate dal punto di vista scientifico o tecnico nelle materie spettanti ad ogni Autorità 2. la nomina di ogni componente è a tempo determinato (tra 6 e 9 anni, cioè per una durata superiore a quella legislatura), non revocabile, né rinnovabile 3. la nomina a componente dell’autorità è incompatibile con ogni altro incarico pubblico o privato 4. la nomina dei componenti spetta ad organi costituzionali (a seconda del tipo di Autorità la nomina spetta al Presidente della Repubblica 5. ad ogni autorità è garantita autonomia finanziaria, amministrative e contabile 6. ad ogni autorità è garantita una quota di personale gestito dalla stessa Autorità 7. ispezioni e controlli disposti dall’Autorità sono garantiti dall’obbligo previsto dalla legge per le amministrazioni pubbliche e per i privati di collaborare con l’Autorità e da speciali nuclei di forze di polizia statali, che dipendono funzionalmente da ogni Autorità Esempi di autorità amministrative indipendenti o Banca d’Italia o Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) o Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) o Autorità di regolazione dei trasporti o Autorità garante della concorrenza e del mercato (Antitrust) o Garante per la protezione dei dati personali (Privacy) o Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale o Commissione di Garanzia dell’attuazione della Legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali o Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) o Istituto di vigilanza sulle assicurazioni (IVASS) o Commissione di vigilanza sui fondi pensione o Autorità nazionale anticorruzione o Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza L’ORGANIZZAZIONE PER MINISTERI ED ENTI L’unità organizzativa dell’amministrazione centrale dello Stato è rappresentata dai ministeri, cui è preposto un ministro: organo individuale, capo di un dicastero e componente dell’organo collegiale di governo, cerniera fra governo e amministrazione. Ai ministeri spettano compiti di amministrazione diretta, nonché compiti di indirizzo e vigilanza nei confronti degli enti che operano nello stesso settore. L’elenco dei ministeri si trova nel d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300, che li aveva originariamente ridotti a dodici; esso ha subito aumenti e riduzioni, rispondenti alle priorità politiche dei vari governi. Attualmente, dopo il d.l. 1/2020, i ministeri sono questi: • ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale: si occupa della politica estera e dei rapporti internazionali • ministero dell’interno: svolge compiti relativi all’amministrazione civile (cittadinanza e immigrazione) e alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica • ministero della giustizia: si occupa di «organizzazione e funzionamento dei servizi relativi alla giustizia» (art. 110 Cost.) • ministero della difesa: si occupa, attraverso le Forze armate, della difesa e della sicurezza militare dello Stato e da esso dipende altresì • ministero dell’economia e delle finanze: ad esso spetta il controllo dell’entrata e della spesa (politica economica, finanziaria e di bilancio e politiche fiscali • ministero dello sviluppo economico: ad esso sono attribuite funzioni in materia di politica industriale, energetica, per le comunicazioni, commercio e tutela dei consumatori • ministero delle politiche agricole alimentari e forestali: svolge compiti di coordinamento e di rappresentanza in sede europea delle politiche in materia di agricoltura, pesca, agroalimentare e foreste • ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare: svolge compiti diretti alla tutela dell’equilibrio ecologico del territorio e delle acque, alla protezione della natura, allo sviluppo sostenibile, alla gestione dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati • ministero delle infrastrutture e dei trasporti: ad esso sono attribuite funzioni relative alla realizzazione di reti infrastrutturali e opere pubbliche di competenza statale • ministero del lavoro e delle politiche sociali: esercita funzioni in materia di politiche del lavoro e dell’occupazione, tutela dei lavoratori, politiche sociali e previdenziali • ministero dell’istruzione: si occupa dell’organizzazione generale dell’istruzione scolastica e dei servizi del sistema educativo di istruzione e di formazione • ministero dell’università e della ricerca: si occupa dell’istruzione universitaria, della ricerca scientifica e tecnologica • ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo: svolge compiti di tutela, gestione e valorizzazione del patrimonio artistico, storico, artistico, archeologico, • ministero della salute: esercita funzioni in materia di tutela della salute umana, coordinamento del servizio sanitario nazionale Il modello organizzativo dei ministeri, incentrato sul ministro, assistito da un capo di gabinetto, articolato per direzioni generali o per dipartimenti si basa, sul concetto di immedesimazione organica fra il soggetto che agisce per conto dell’amministrazione e l’amministrazione stessa. Questo modello è stato ridimensionato – ma non soppiantato – dalle riforme che si sono succedute negli ultimi cinquant’anni, accelerate nel corso degli anni Novanta attraverso: a. il decentramento regionale e locale, che ha progressivamente trasferito funzioni e risorse dal centro agli enti regionali e locali b. la costituzione e riorganizzazione di enti pubblici dotati di autonoma personalità giuridica. A loro volta vanno distinti dagli enti pubblici economici, che svolgono attività produttiva in forma di impresa c. le privatizzazioni che hanno investito il settore delle partecipazioni statali, in particolare i più importanti enti pubblici economici (Iri, Eni, Enel, Ina), gli istituti di credito di diritto pubblico e le casse di risparmio. Questi processi hanno toccato 3. La fase costitutiva o deliberativa: consiste nell’adozione del provvedimento finale, secondo le modalità e forme previste dalla legge. 4. La fase integrativa dell’efficacia: una volta adottato il provvedimento finale (che dunque è «perfetto» ma ancora «inefficace»), sono previsti ulteriori adempimenti per consentirgli di dispiegare i propri effetti giuridici (ad es. obblighi di controllo e di pubblicità). Il nostro ordinamento, sulla base dei più generali principi costituzionali sull’azione amministrativa, accoglie il principio del giusto procedimento. Introdotto per influenza della regola nordamericana del due process of law e delle leggi di alcuni paesi europei (l’Austria ha una legge sul procedimento amministrativo fin dal 1925), esso è volto a garantire la corretta formazione della volontà dell’amministrazione, che deve manifestarsi in forme tipiche (principio di tipicità degli atti amministrativi), osservare determinate procedure, assicurare pubblicità e trasparenza, consentire la partecipazione dei soggetti coinvolti nel procedimento. La disciplina generale del procedimento amministrativo è contenuta nella l. 7 agosto 1990, n. 241, così come successivamente modificata (in particolare dalla l. 15/2005 e dalla l. 69/2009). Tale disciplina si fonda sui seguenti capisaldi: a. l’obbligo di motivazione degli atti amministrativi, indicandone presupposti di fatto e ragioni giuridiche; b. l’individuazione di un responsabile del procedimento, quale soggetto di riferimento cui è affidata la responsabilità dell’istruttoria e dell’adozione dell’atto finale; c. l’intervento nel procedimento, ai fini del contraddittorio con l’amministrazione procedente, dei soggetti direttamente destinatari del provvedimento finale, nonché di qualunque altro soggetto portatore di interessi pubblici o privati o di interessi diffusi che dal provvedimento possa subire un pregiudizio; d. la previsione di istituti volti a perseguire la semplificazione dell’azione amministrativa (conferenza di servizi, Scia-segnalazione certificata di inizio attività, autocertificazione); e. l’obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso entro il termine che ciascuna amministrazione è tenuta a stabilire (non superiore, comunque, a 90 giorni o, in casi particolari, 120); se non è stabilito dall’amministrazione, si applica il termine di 30 giorni; decorso inutilmente il termine per la conclusione del procedimento, si applica di regola l’istituto del silenzio-assenso. PREAVVISO DI RIGETTO: Nei procedimenti ad istanza di parte, il responsabile del procedimento, prima della formale adozione del provvedimento di diniego, comunica a coloro che hanno determinato l’avvio del procedimento i motivi che ostano all’accoglimento dell’istanza, al fine di garantire ai destinatari degli effetti del provvedimento un’ulteriore fase di contraddittorio scritto con l’amministrazione procedente. PARTECIPAZIONE AL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO: I soggetti portatori di interessi coinvolti nel procedimento possono partecipare al procedimento amministrativo che li riguarda salvo che la legge preveda diversamente 1. diritto di visionare e prendere copia degli atti del procedimento; 2. diritto di presentare memorie e documenti ACCORDI: In accoglimento di osservazioni e proposte avanzate dai privati, l'amministrazione procedente può concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi, e in ogni caso nel perseguimento del pubblico interesse, accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero in sostituzione di questo. L’accordo, quindi, può apportare elementi integrativi rispetto al contenuto del provvedimento finale ovvero può completamente sostituire quest’ultimo. CONFERENZA DEI SERVIZI: Il responsabile del procedimento può indire la conferenza di servizi a. qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento (conferenza istruttoria) oppure b. quando l'amministrazione procedente debba acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche. (conferenza decisoria) In tal caso le determinazioni concordate nella conferenza tra tutte le amministrazioni intervenute tengono luogo degli atti predetti SEGNALAZIONE DI INIZIO ATTIVITA’ (SCIA): Attraverso la Segnalazione Certificata di Inizio Attività, il privato può immediatamente iniziare l'attività alla data di presentazione della segnalazione all'amministrazione competente. In caso di accertata carenza dei requisiti necessari, ed entro il termine di 60 giorni dal ricevimento della SCIA, l'amministrazione competente adotta motivati provvedimenti con cui dispone il divieto di proseguire l'attività e la rimozione degli eventuali effetti dannosi. L'interessato può evitare tali provvedimenti conformando alla normativa vigente l'attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall'amministrazione, in ogni caso non inferiore a 30 giorni. In ogni caso, infatti, è fatto salvo il potere dell'amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, anche oltre tali termini. Restano esclusi dalla disciplina sulla SCIA i casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e gli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, all’asilo, alla cittadinanza, all’amministrazione della giustizia, all’amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito anche derivante dal gioco, nonché quelli imposti dalla normativa comunitaria. TERMINE DEL PROCEDIMENTO: Ogni procedimento amministrativo deve concludersi entro un termine prefissato dalla legge o dai regolamenti e in mancanza il termine è di 30 giorni Silenzio-assenso: nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi, il silenzio dell'amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, se la medesima amministrazione non comunica all'interessato, entro il termine previsto per la conclusione del procedimento, il provvedimento espresso di diniego ovvero non indice una conferenza di servizi. Anche nel caso del silenzio-assenso, la delicatezza di alcune materie esclude l’applicabilità dell’istituto di semplificazione. OBBLIGO DI MOTIVAZIONE DEL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO: Ogni provvedimento amministrativo (esclusi gli atti normativi e gli atti a contenuto generale) deve essere motivato, sia sulle ragioni di fatto, sia sulle ragioni di diritto. La motivazione serve alla trasparenza dell’azione amministrativa e ad eventuali ricorsi giurisdizionali La mancanza della motivazione, o l’omessa indicazione delle ragioni che hanno indotto l’autorità a adottare l’atto, costituisce un vizio del provvedimento che può portare al suo annullamento per violazione di legge. GLI ATTI AMMINISTRATIVI Le pubbliche amministrazioni, allorché agiscono come autorità amministrative, producono atti amministrativi tipici, caratterizzati cioè da un regime speciale. Sono atti emanati seguendo determinate procedure amministrative. Gli atti amministrativi sono perfetti una volta emanati a conclusione di un procedimento, e quindi divengono efficaci se non sottoposti a termini o condizioni (ad es. la pubblicazione o la notificazione agli interessati). Gli atti perfetti ed efficaci possono tuttavia essere invalidi, vale a dire nulli o annullabili. I casi di nullità e di annullabilità sono disciplinati dalla legge sul procedimento amministrativo (capo IV-bis della l. 241/1990). L’atto è nullo quando manchi di un elemento essenziale (ad es. un atto emanato da un soggetto privo di qualsiasi legittimazione a provvedere o che abbia un oggetto inesistente o impossibile). L’atto è annullabile quando risulti viziato, cioè difettoso dal punto di vista giuridico, per una delle seguenti cause: I vizi di legittimità degli atti a. per incompetenza dell’organo che ha emanato l’atto; b. per violazione di legge, derivante dal contrasto del contenuto dell’atto con norme primarie o secondarie; c. per eccesso di potere, qualora l’atto, pur non contrario alle prescrizioni di legge, sia stato emanato sviando dalle finalità per le quali è stato attribuito a una pubblica amministrazione il potere di emanare l’atto stesso (detournement de pouvoir, secondo la giurisprudenza del Consiglio di stato francese che elaborò per prima tale nozione). L’eccesso di potere riguarda il cattivo uso del potere discrezionale da parte dell’amministrazione. Esso può essere rilevato innanzitutto dalla motivazione, ove emergano sintomi (dunque in via sintomatica, come si dice) quali: illogicità manifesta, contraddittorietà interna, insufficienza di motivazione, contraddittorietà fra più provvedimenti, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, travisamento dei fatti, non giustificata violazione di prassi. In generale, un atto risulta viziato da eccesso di potere per non rispetto del principio di ragionevolezza dell’azione amministrativa e del principio di proporzionalità fra l’obiettivo da perseguire e il sacrificio imposto al cittadino. Sono atti sottoposti a controlli anche preventivi sulla loro legittimità e, talvolta, sul merito, cioè sull’opportunità delle scelte effettuate con l’atto stesso. Sono atti imperativi e informati al principio dell’autotutela, proprio perché assistiti dalla presunzione della legittimità dell’atto stesso. L’imperatività indica la speciale forza dell’atto amministrativo, grazie alla quale la modificazione della sfera giuridica del suo destinatario non richiede la collaborazione di quest’ultimo: ad esempio, l’apposizione del vincolo mo492numentale su un edificio di pregio storico-culturale impone al proprietario, di per sé sola, un particolare regime di tutela. Spesso però, si pensi a un ordine di demolizione, può non bastare l’emanazione dell’atto nel caso in cui il destinatario non ottemperi. Proprio per questo è prevista l’autotutela (o esecutorietà): essa consente all’amministrazione, se la legge lo prevede, di realizzare anche con la forza le situazioni di vantaggio determinate da un suo provvedimento, senza l’ausilio del giudice. Ancora: se un’auto arreca intralcio al privato, questi non può rimuoverla senza che una pubblica autorità lo autorizzi; lo può fare, invece, l’amministrazione competente. ESECUTIVITA’ DELL’ATTO AMMINISTRATIVO: provvedimenti amministrativi efficaci sono eseguiti immediatamente, salvo che sia diversamente stabilito dalla legge o dal provvedimento medesimo. L'efficacia o l'esecuzione del provvedimento amministrativo può essere sospesa, per gravi ragioni e per il tempo strettamente necessario, dallo stesso organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. Il termine della sospensione è esplicitamente indicato nell'atto che la dispone e può essere prorogato o differito per una sola volta, nonché ridotto per sopravvenute esigenze. La sospensione non può comunque essere disposta o perdurare oltre i termini per l'esercizio del potere di annullamento di cui all'articolo 21-nonies. § Esecutorietà: La legge disciplina i casi e le modalità secondo cui, le pubbliche amministrazioni possono imporre coattivamente l’adempimento di obblighi da parte dei destinatari, in modo da garantire l’attuazione degli stessi: il provvedimento costitutivo di obblighi deve indicare il termine e le modalità dell’esecuzione da parte del soggetto obbligato. Nel caso in cui non vi ottemperi spontaneamente, le amministrazioni, previa diffida, possono provvedere all’esecuzione coattiva nei suoi confronti nelle ipotesi, secondo le modalità previste dalla legge. OOO. Revoca: Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell'adozione del provvedimento o, salvo che per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell'organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. PPP. Annullamento (anche d’ufficio in autotutela): l’atto è illegittimo e se ne accorge la stessa p.a. LE ORDINANZE DI NECESSITÀ: Una tipologia particolare di atti amministrativi è costituita dalle ordinanze di necessità. Si tratta di provvedimenti volti a fronteggiare in modo tempestivo, al di fuori delle normali procedure, situazioni di emergenza di vario tipo che coinvolgono la collettività. In presenza di determinati presupposti, è la legge stessa che autorizza l’autorità amministrativa a provvedere anche in deroga (quando occorra) alle normative vigenti, per determinate finalità connesse alla natura dell’emergenza. Non sempre però vengono precisate le concrete modalità di esercizio del potere di ordinanza, lasciando quindi un’elevata discrezionalità all’autorità amministrativa nella determinazione del contenuto dei relativi provvedimenti. L’esempio classico sono le ordinanze di necessità e urgenza adottate dal prefetto per la tutela dell’ordine pubblico, previste dall’art. 2 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza di cui un tempo fu addirittura sostenuta l’idoneità a sospendere diritti costituzionalmente tutelati. Sulle ordinanze prefettizie si pronunciò due volte la Corte costituzionale (sentt. 8/1956 e 26/1961. La Corte affermò il loro «carattere di atti amministrativi»: in quanto «strettamente limitati nel tempo e nell’ambito territoriale e vincolati ai presupposti dell’ordinamento giuridico», questo tipo di provvedimenti non può mai porsi in contrasto con prescrizioni costituzionali che «non consentono alcuna possibilità di deroga ad opera della legge ordinaria». Questi limiti si ritrovano nella legislazione più recente in materia di ordinanze. In particolare, vengono in rilievo: 1. Ordinanze di protezione civile Le ordinanze di protezione civile previste dall’art. 25 del d.lgs. 1/2018 («codice della protezione civile», che raccoglie la legislazione istitutiva del servizio nazionale di protezione civile, organizzato a livello centrale in un dipartimento della presidenza del Consiglio). Presupposto necessario è la dichiarazione dello stato di emergenza nazionale: emergenza connessa a calamità di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo che, per la loro intensità, devono essere fronteggiate immediatamente e con mezzi e poteri straordinari, da impiegare per un tempo delimitato (non più di un anno, prorogabile per un altro anno). Una volta deliberato dal Consiglio dei ministri lo stato di emergenza, il presidente del Consiglio, o un commissario straordinario appositamente nominato, provvede all’attuazione dei necessari interventi anche a mezzo di ordinanze «in deroga ad ogni disposizione vigente», emanate tuttavia «nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e delle norme dell’Unione europea». Si richiede che sia «acquisita l’intesa delle regioni», mentre è escluso il controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti. Le ordinanze, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale, devono contenere «l’indicazione delle principali norme a cui si intende derogare» ed essere «specificamente motivate». Esse sono ritenute compatibili con il sistema costituzionale delle fonti trattandosi di una deroga temporanea autorizzata dalla legge. 2. Ordinanze di sicurezza urbana Le ordinanze di sicurezza urbana previste dall’art. 54 Tuel, adottate dal sindaco con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento «al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana» . Il sindaco esercita il potere di ordinanza in queste materie quale ufficiale del governo e i provvedimenti devono essere preventivamente comunicati al prefetto. Il d.l. 14/2017 ha specificato che le ordinanze del sindaco concernenti l’incolumità pubblica sono dirette a «tutelare l’integrità fisica della popolazione», quelle concernenti la sicurezza urbana a «prevenire e contrastare l’insorgere di fenomeni criminosi o di illegalità, quali lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, la tratta di persone, l’accattonaggio con impiego di minori e disabili, ovvero riguardano fenomeni di abusivismo, quale l’illecita occupazione di spazi pubblici, o di violenza, anche legati all’abuso di alcool o all’uso di sostanze stupefacenti». 3. Ordinanze di sicurezza urbana Si ricorda che, accanto a queste, il sindaco può adottare altre ordinanze contingibili e urgenti in una serie di casi specificati dal Tuel quale rappresentante della comunità locale, fra cui quelle previste in caso di emergenze sanitarie. Poteri di ordinanza in tali emergenze sono altresì attribuiti al ministro della salute e al presidente della regione (art. 32 l. 833/1978 e art. 117 d.lgs. 112/1998). • Presidente della Repubblica • 1/3 dei componenti di ogni Camera • Comporta riunione di diritto dell’altro Camera nuove Camere • Elezioni entro 70 gg. dalla fine delle precedenti • Riunione delle nuove Camere entro 20 gg. dalle elezioni Proroga dei poteri delle Camere sciolte fino alla riunione delle nuove Camere • si devono in ogni caso riunire per convertire in legge i decreti-legge (art. 77 Cost.) • non possono eleggere il Presidente della Repubblica, il cui mandato, anche se scaduto è prorogato e la sua elezione è convocata entro 30 gg. dalla riunione delle nuove Camere (art. 85 Cost.) • possono svolgere deliberazioni per circostanza urgenti e indifferibili o se vi è consenso tra tutti i gruppi parlamentari (autolimitazione) I lavori (soprattutto legislativi) già intrapresi dalle Camere precedenti devono essere ricominciati daccapo da parte delle nuove Camere, perché 1. il principio rappresentativo deve essere rispettato: la nuova rappresentanza esige nuove scelte 2. la funzione legislativa deve essere esercitata collettivamente dalle due Camere (art. 70 Cost.) e non da Camere elette in legislature differenti 3. i regolamenti parlamentari prevedono procedura abbreviata per esaminare, su richiesta, entro 6 mesi dalla riunione delle nuove Camere testi legislativi già approvati dalla medesima Camera, salva la possibilità di non avvalersene per lasciare salva la determinazione di ogni Camera del proprio indirizzo politico 3. IL PRINCIPIO DI AUTONOMIA INTERNA DI OGNI CAMERA 1. Autonomia rispetto al Governo 1. ogni Camera elegge fra i suoi membri il Presidente e l’ufficio di presidenza (art. 63, comma 1 Cost.) 2. immunità parlamentari (divieto di ingresso nelle sedi delle Camere di persone armate) 2. Autonomia nei confronti dell’ordine giudiziario 1. insindacabilità delle opinioni espresse e dei voti dati dai parlamentari nell’esercizio delle loro funzioni (art. 68, comma 1 Cost.) 2. ogni Camera giudica sui titoli di ammissibilità e sulle cause sopraggiunte di ineleggibilità o incompatibilità dei suoi membri (art. 66 Cost.) 3. Autonomia reciproca delle due Camere • ogni Camera regola liberamente la propria organizzazione interna e il procedimento legislativo per la parte non disciplinata dalla Costituzione (riserva di regolamento parlamentare) (art. 64, comma 1 Cost.) 4. Autonomia verso altri poteri pubblici o privati 1. sedute pubbliche, ma facoltà di disporre sedute segrete (art. 64, comma 2 Cost.) 2. divieto di mandato imperativo per i parlamentari (art. 67 Cost.) 3. indennità per parlamentari fissata dalle due camere con legge (art. 69 Cost.) LE IMMUNITÀ PARLAMENTARI 1. irresponsabilità per opinioni espresse e voti dati nell’esercizio delle loro funzioni 2. inviolabilità 3. divieto di mandato imperativo Articolo 68 costituzione recita che: I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni. Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza. Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento a intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza. a. Irresponsabilità per i voti dati e per le opinioni espresse nell’esercizio delle proprie funzioni § copre gli atti in sé in quanto protegge il libero svolgimento della funzione, sicché la persona non ne risponde neppure in seguito dopo la fine della carica parlamentare § copre atti svolti nell’esercizio delle funzioni e non atti personali o extraparlamentari § irresponsabilità civile, penale e amministrativa § dà più libertà nell’esercizio dei compiti parlamentari § Nei casi incerti l’autorità giudiziaria deve chiedere alla Camera di appartenenza che valuta se il reato è stato commesso dando voti o esprimendo opinioni nell’esercizio delle funzioni parlamentari b. Inviolabilità del parlamentare § prioritaria esigenza che il parlamentare sia libero di concorrere alla deliberazione delle Camere § autorizzazione preventiva della Camera a cui appartiene per i casi di detenzione, perquisizione (personale e domiciliare), intercettazione di comunicazioni, arresto (salvo che sia obbligatorio per legge) § richiesta dell’autorità giudiziaria alla Camera di appartenza a cui segue parere della Giunta per le autorizzazioni, infine votazione della Camera a scrutinio segreto § il rifiuto di autorizzazione è causa di non procedibilità del processo penale. Si valuta eventuale fumus persecutionis. Articolo 67 costituzione recita che: Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato. § gli elettori non possono vincolare gli eletti per mezzo di contratti di mandato § gli eletti non rappresentano la circoscrizione in cui sono eletti e i suoi interessi e problemi, ma tutta la Nazione della quale si devono fare carico § l’eventuale mutamento di opinioni o di orientamento politico del parlamentare deve essere garantito per impedire ricatti ed abusi e per tutelare la libertà di coscienza dei parlamentari § eventuali promesse di dimissioni sono inefficaci § i temi di cui si devono occupare i parlamentari in cinque anni sono imprevedibili, così come i programmi di lavoro delle Camere AUTONOMIA DELLE CAMERE 1. autonomia organizzativa 2. autonomia normativa 3. autonomia contabile 4. autodichia 5. verifica dei poteri AUTONOMIA ORGANIZZATIVA Ogni Camera e ogni suo organo interno (Commissioni, Giunte ecc..) decide liberamente priorità e tempi dei lavori, nel rispetto del regolamento Metodo della programmazione dei lavori: ogni Assemblea ha un: a. programma trimestrale dei lavori (deciso dalla Conferenza dei presidenti dei gruppi parlamentari) b. calendario dei lavori per gli ultimi 15 gg. nell’ambito del programma trimestrale, salvo urgenze e imprevisti (deciso dalla Conferenza dei presidenti dei gruppi parlamentari all’unanimità o rimesso all’Assemblea che decide a maggioranza) c. O.d.g. di ogni deciso dal Presidente Ogni Camera elegge liberamente i suoi organi interni, nel rispetto del regolamento Gli organi interni di ogni Camera sono: § Presidente: il Presidente di ogni Camera opera con imparzialità in nome dell’intera Camera, perché: I. Rappresenta tutta la Camera che presiede II. Assicura il buon andamento dei lavori parlamentari facendo osservare il regolamento di ogni Camera (presiede sedute dell’Assemblea, prepara ordine del giorno delle sedute dell’assemblea, presiede Consiglio di Presidenza e Conferenza dei presidenti dei gruppi parlamentari, decide conflitti tra Commissioni e Giunte, assegna alle Commissioni l’esame dei pdl) III. Sovraintende all’amministrazione interna della Camera Presidente è eletto con maggioranza amplissima A. Senato: • maggioranza assoluta nelle prime due votazioni • maggioranza dei presenti nel III scrutinio • ballottaggio tra i due senatori che hanno ottenuto più voti nella III votazioni B. Camera dei deputati • 2/3 dei membri nelle prime tre votazioni • Maggioranza assoluta dalla quarta votazione § Ufficio di presidenza: viene eletto dall’Assemblea Composto di: • Quattro vicepresidenti • Tre Questori che curano l’autonomia finanziaria di ogni Camera, i progetti di bilancio e rendiconto interno di ogni Camera • Otto Segretari che curano la redazione del verbale e le operazioni di voto (palese o segreto) e di elezione § Commissioni parlamentari sono composte in proporzione ai gruppi parlamentari e rinnovate ogni due anni Possono essere: A. permanenti per materia B. straordinarie • Hanno autonomia organizzativa interna • Esaminano in sede referente o consultiva o redigente progetti di legge • Svolgono indagini conoscitive • Possono ascoltare membri del Governo ed esperti § Giunte sono nominate dal Presidente tenendo conto della consistenza dei gruppi parlamentari Possono essere: B. Giunta per il regolamento: • propone all’assemblea le modifiche del regolamento, • fornisce al Presidenti sull’interpretazione delle norme dei regolamenti B. Giunta per le elezioni • Verifica le operazioni di votazione • Propone convalida, annullamento o decadenza dei deputati o dei senatori B. Giunta per le autorizzazioni • esamina le richieste della magistratura di arresto o autorizzazione a procedere e fa proposte all’Assemblea § Conferenza dei presidenti dei gruppi parlamentari: I gruppi parlamentari sono la proiezione all’interno dell’ogni Camera dei partiti politici che hanno ottenuto seggi e devono essere rappresentati in ogni Commissione e Giunta in proporzione alla loro consistenza • 20 deputati • 10 senatori • Eventuale autorizzazione del Presidente a formarne di più piccoli • Gruppo misto per i non appartenenti a gruppo costituito • Ogni parlamentare deve dichiarare il gruppo di appartenenza che deve accogliere la sua appartenenza • Ogni gruppo elegge al suo interno un Presidente del gruppo parlamentare (che partecipa alla Conferenza dei gruppi parlamentari ed è ascoltato dal Presidente della Repubblica durante la formazione del nuovo Governo) Viene presieduto dal Presidente, con la partecipazione di un rappresentante del Governo decide le proposte di: • Programmazione triennale dei lavori • Calendario dei lavori ogni 15 gg. • Decide all’unanimità o in caso di decisione a maggioranza la decisione finale è rimessa all’Assemblea AUTONOMIA NORMATIVA DELLE CAMERE: Ogni Camera approva e modifica liberamente a maggioranza assoluta 1. regolamento interno che disciplina organizzazione e procedimento legislativo 2. regolamenti speciali AUTONOMIA FINANZIARIA E CONTABILE: Ogni Camera ha la libera disponibilità di un fondo nel bilancio dello Stato, che è amministrato secondo le norme dei regolamenti dal Collegio dei questori Ogni Camera è esente dal controllo della Corte dei conti Ogni Camera ha un proprio personale, liberamente assunto prevalentemente per concorso secondo le norme dei regolamenti AUTODICHIA: Ogni Camera ha propri organi interni che decidono sui ricorsi concernenti i provvedimenti per lo stato giuridico, la carriera e il trattamento economico del suo personale VERIFICA DEI POTERI: Ogni camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità dei suoi membri • Spetta alla Giunta per le elezioni, d’ufficio o su ricorso dell’interessato • È un procedimento quasi contenzioso • La Giunta propone all’Assemblea A. Dichiarazione di convalida B. Giudizio di contestazione dell’elezione PARTICOLARE RUOLO COSTITUZIONALE DEI PRESIDENTI DELLE DUE CAMERE
 1. Devono essere sentiti dal Presidente della Repubblica nella formazione del Governo (consuetudine) 2. Devono dare parere obbligatorio, ma non vincolante al Presidente della Repubblica in caso di scioglimento anticipato delle camere (art. 88 Cost.) 3. Il Presidente del Senato è il supplente del Presidente della Repubblica in caso di morte o impedimento permanente 4. Il Presidente della Camera dei deputati è il presidente del Parlamento in seduta comune e convoca e presiede le elezioni del Presidente della Repubblica CAUSE DI INELEGGIBILITA’, INCOMPATIBILITA’ E INCANDIDABILITA’ La legge ex art. 65.1 Cost. prevede casi di incompatibilità e di ineleggibilità. In termini generali, si parla di incompatibilità quando la legge vieta di detenere contemporaneamente due cariche o uffici; si parla di ineleggibilità quando il cittadino, in ragione della carica o dell’ufficio che ricopre al momento della candidatura o che aveva ricoperto entro termini stabiliti dalla legge, non può essere eletto. Ogni elettore eleggibile alle funzioni di deputato o senatore 1. non può essere eletto e sussistono determinate cause (previste dalla legge) che gli impediscono di presentarsi all’elezione, perché la funzione svolta o i compiti svolti potrebbero ledere il rapporto tra candidato ed elettore e la libertà del voro (cause di ineleggibilità) 2. non può essere eletto o restare componente di una Camera chi è anche membro di altro organo: non si può appartenere ad entrambi. Occorre optare o si decade da uno nei casi previsti dalla Costituzione o dalle leggi (cause di incompatibilità) 3. non può neppure candidarsi (e se già eletto decade dalla carica di parlamentare) chi si trova in situazioni (determinate dalla legge) di indegnità morale o di pericolosità che lederebbero la libertà dell’elezione e la genuinità dell’elezione e lo svolgimento indipendente della funzione parlamentare (cause di incandidabilità) CAUSE DI INELEGGIBILITÀ: L’ineleggibilità parlamentare è un impedimento giuridico per assicurare una equa e giusta competizione elettorale È una situazione in cui il titolare di una carica pubblica o di un mandato elettorale al livello locale, candidandosi potrebbe trovarsi in una situazione di supremazia rispetto agli altri SISTEMI ELETTORALI Per capire il sistema elettorale occorre considerare 1. la suddivisione del territorio: • La equa distribuzione degli elettori in collegi abbastanza omogenei sia per il numero di elettori, sia per l’appartenza territoriale • Se l’elezione avviene in collegi uninominali (ogni collegio elegge un parlamentare) o in collegi plurinominali (ogni collegio elegge più parlamentari) 2. formula elettorale, cioè i metodi con cui si trasformano i voti in seggi • Tutte le formule elettorali appaiono infedeli perché matematicamente si perdono alcuni voti • Si devono contemperare due esigenze contrastanti A. l’esigenza rappresentativa: l’organo eletto deve essere il più possibile rappresentativo della volontà degli elettori B. l’esigenza funzionale: l’organo eletto deve essere messo in grado di svolgere le sue funzioni subito dopo la sua elezione I sistemi proporzionali (gli eletti sono in proporzione ai voti espressi dagli elettori per i vari candidati e le varie liste) privilegiano l’esigenza rappresentativa, ma sono corretti spesso con • Sistema di riparto dei resti (metodo D’Hondt: resti ripartiti tra i gruppi che hanno ottenuto più voti) • Soglie minime di sbarramento per accedere alla ripartizione dei seggi I sistemi maggioritari (risulta eletto il candidato che prende più voti nella votazione) privilegiano l’esigenza funzionale. Possono essere • a turno unico • a doppio turno di votazione tra i candidati che abbiano ottenuto più voti senza raggiungere la maggioranza assoluta degli elettori o dei votanti I sistemi elettorali non sono mai puri, spesso combinano i diversi criteri (una parte proporzionale e una parte maggioritaria) LE LEGGI ELETTORALI IN ITALIA a. dal 1946 al 1993: sistema proporzionale tra liste concorrenti di candidati, con facoltà di esprimere nella stessa scheda voto di lista e voti di preferenza tra i candidati della stessa lista (2 o 3 o 4, 1 sola dopo referendum del 1991) b. dal 1994 al 2004 sistema misto: per ¾ maggioritario a turno unico in collegi uninominali e per ¼ proporzionale da eleggersi sulla base dei voti dati nei collegi uninominali (Senato) o in due schede distinte (una per sistema maggioritario e uno per proporzionale. Per la Camera) c. dal 2005 al 2018 sistema proporzionale con obbligo di apparentamenti e coalizioni e soglie minime di sbarramento d. dal 2018 per 2/3 proporzionale tra liste concorrenti di candidati e per 1/3 maggioritario a turno unico (con due elezioni distinte votate nella medesima scheda) (L. n. 167/2017 mod. con L. n. 51/2019) LA LEGGE ELETTORALE IN VIGORE (L. n. 167/2017 mod. con L. n. 51/2019) suddivisione del territorio nazionale in circoscrizioni: • 20 per il Senato della Repubblica (coincidenti con le regioni come nelle precedenti leggi elettorali) • 28 per la Camera dei deputati (una per Regione, ma nelle regioni più popolose sono più di una e sono 4 in Lombardia). • 4 ripartizioni per la circoscrizione Estero così divise secondo la legge cost. n. 1/2020: • 3 deputato e 1 senatore per la ripartizione Europa, Federazione russa e Turchia. • 2 deputato. e 1 senatore per la ripartizione America settentrionale e centrale • 2 deputato e 1 senatore per la ripartizione Africa, Asia, Oceania e Antartide Ogni circoscrizione è suddivisa in collegi uninominali ed in collegi plurinominali: a. per il Senato della Repubblica in ognuna delle 20 circoscrizioni (regionali) proporzionalmente alla popolazione di ciascuna, sulla base dell'ultimo censimento generale, 3/8 senatori sono eletti in altrettanti collegi uninominali (comprensivi di 1 collegio uninominale in Valle d'Aosta e in Molise e 3 collegi uninominali in Trentino- Alto Adige) e 5/8 senatori sono eletti in collegi plurinominali (il cui territorio è costituito aggregando il territorio di collegi uninominali contigui) in modo tale che ogni collegio plurinominale elegga tra 2 e 8 senatori. b. per la Camera dei deputati in ognuna delle 28 circoscrizioni, ognuna con un numero di deputati proporzionale alla popolazione di ciascuna, sulla base dell'ultimo censimento generale, 3/8 deputati sono eletti in altrettanti collegi uninominali (tra cui 1 collegio uninominale in Valle d'Aosta e 6 collegi in Trentino Alto-Adige) e 5/8 deputati sono eletti nell’ambito di collegi plurinominali (il cui territorio è costituito, di norma, aggregando il territorio di collegi uninominali contigui) in modo che ogni collegio plurinominale elegga, di norma, tra 3 e 8 deputati. Per entrambe le Camere: a. Circa il 37% dei seggi è assegnato con un sistema maggioritario a turno unico in altrettanti collegi uninominali; b. Circa il 61% dei seggi è ripartito proporzionalmente tra le coalizioni e le singole liste che abbiano superato le soglie di sbarramento nazionali; la ripartizione dei seggi è effettuata a livello nazionale per la Camera e a livello regionale per il Senato; a tale scopo sono istituiti collegi plurinominali nei quali le liste si presentano sotto forma di listini bloccati di pochi candidati; c. Circa il 2% dei seggi è destinato al voto degli italiani residenti all'estero e viene assegnato con un sistema proporzionale che prevede il voto di preferenza. Ogni lista di candidati deve presentare contrassegno, statuto (se è iscritta al Registro dei partiti politici), un programma e dichiari un proprio capo politico nonché, eventualmente, l'apparentamento con una o più liste al fine di creare coalizioni: l'esistenza di una coalizione, che è unica a livello nazionale, vincola le liste coalizzate a presentare un solo candidato in ogni collegio uninominale. Nei collegi plurinominali ciascuna lista è composta da un elenco di candidati, presentati secondo un determinato ordine numerico: il numero dei candidati della lista non può essere inferiore alla metà, con arrotondamento all'unità superiore, dei seggi assegnati al collegio plurinominale (e comunque non inferiore a 2), né può essere superiore al limite massimo di seggi assegnati al collegio plurinominale (e comunque non superiore a 4). In tal modo, per superare le censure della Corte costituzionale alla legge elettorale precedente, i candidati nei collegi plurinominali proporzionali di fatto sono indicati in liste corte (appunto tra i 2 e i 4 nominativi) in modo da essere singolarmente riconoscibili dall'elettore. Non è prevista l'espressione di voti di preferenza: nei collegi plurinominali, determinato il numero degli eletti che spettano a ciascuna lista, i candidati sono eletti secondo l'ordine fissato al momento della presentazione della lista stessa. Modalità di voto: a. nella stessa scheda l’elettore vota sia per il candidato nel collegio uninominale, sia per la lista nel collegio plurinominale b. il voto può essere disgiunto (voto ad un candidato nell’ambito del collegio uninominale e voto nell’ambito del collegio plurinominale ad una lista che non è collegata al candidato votato c. Il voto al solo candidato nel collegio uninominale si estende anche alle liste o alle liste coalizzate a cui il candidato è collegato d. Il voto espresso soltanto in favore di una lista nell’ambito del collegio plurinominale si estende anche al candidato nel collegio uninominale collegato alla lista votata Sono previste diverse soglie di sbarramento, (percentuali di voti al di sotto delle quali le liste non sono ammesse alla ripartizione dei seggi nei collegi plurinominali): • 3% dei voti ottenuti a livello nazionale; valida per le liste che si presentano da sole e non in coalizione; • 20% dei voti ottenuti a livello regionale; valida, alternativamente e solo al Senato, per le liste singole; • 20% dei voti ottenuti a livello regionale, o elezione di due candidati nei collegi uninominali; valida, alternativamente, per le liste rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute presentate esclusivamente nelle regioni a statuto speciale in cui sia prevista una particolare tutela di tali minoranze; • 10% dei voti ottenuti a livello nazionale; valida per le coalizioni, purché comprendano almeno una lista che abbia superato una delle altre tre soglie previste. Alla determinazione della cifra elettorale di coalizione (e dunque all'eventuale raggiungimento del 10%) non concorrono i voti espressi a favore delle liste collegate che non abbiano conseguito almeno l'1% dei voti a livello nazionale, oppure, solo per quanto riguarda il Senato, il 20% a livello regionale, oppure ancora, solo per quanto riguarda le liste rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute presentate esclusivamente nelle regioni a statuto speciale in cui sia prevista una particolare tutela di tali minoranze, il 20% a livello regionale o l'elezione di due candidati nei collegi uninominali. Le liste collegate in una coalizione che non raggiunga la soglia del 10% sono comunque ammesse al riparto dei seggi qualora abbiano superato, a seconda dei casi, almeno una delle altre soglie previste. Ogni lista deve presentare candidature in almeno due terzi dei collegi plurinominali della circoscrizione, a pena di inammissibilità; in sede di presentazione della lista, sono indicati tutti i candidati nei collegi uninominali compresi nel collegio plurinominale. Possibilità di candidarsi in più collegi plurinominali, fino a cinque, eventualmente in congiunzione alla candidatura in un collegio uninominale. Il candidato eletto in un collegio uninominale ed in uno o più collegi plurinominali, si intende eletto nel collegio uninominale. Il candidato eletto in più collegi plurinominali è proclamato eletto nel collegio nel quale la lista cui appartiene abbia ottenuto la minore percentuale di voti validi, rispetto al totale dei voti validi del collegio. Per favorire la rappresentanza di uomini e donne, nei collegi plurinominali l'elenco dei candidati di ciascuna lista deve seguire l'alternanza di genere ed inoltre nel complesso dei collegi uninominali e nelle posizioni di capolista nei collegi plurinominali i candidati di ciascun genere devono essere compresi tra il 40% e il 60% del totale (a livello nazionale per la Camera, a livello regionale per il Senato IL PARLAMENTO IN SEDUTA COMUNE L’art. 55.2 Cost. prevede che le Camere assolvano insieme alcune funzioni, riunite in seduta comune. Il Parlamento in seduta comune, formato appunto dai membri delle due Camere, si riunisce sempre nell’aula della Camera dei deputati (per ovvie ragioni logistiche), ai soli scopi già definiti in Costituzione. Le funzioni affidate al Parlamento in seduta comune sono quasi esclusivamente elettive. Ciò ha fatto ritenere che si tratti di un semplice collegio elettorale, con la conseguenza che nella prassi non sono stati ammessi dibattiti prima del voto. Funzioni del Parlamento in seduta comune • elegge, con il concorso dei delegati regionali, il presidente della Repubblica (art. 83.1 e 2 Cost.) e assiste al suo giuramento (art. 91 Cost.); lo può mettere in stato d’accusa (art. 90.2 Cost.); • elegge un terzo dei componenti del Consiglio superiore della magistratura (art. 104.4 Cost.); • elegge un terzo dei componenti della Corte costituzionale (art. 135.1 Cost.), nonché i 45 cittadini fra i quali estrarre i giudici aggregati ai fini del giudizio d’accusa contro il presidente della Repubblica (art. 135.7 Cost.). Il Parlamento in seduta comune è presieduto dal presidente della Camera; da ufficio di presidenza funge quello della Camera; anche il regolamento è quello della Camera, come prevedono gli stessi regolamenti parlamentari (il che appare logico dato che non avrebbe senso imporre alla presidenza l’uso di un regolamento diverso da quello che conosce, anche se non è esclusa la possibilità che l’organo si dia norme proprie). È sempre il presidente della Camera a indire l’elezione del nuovo presidente della Repubblica (artt. 85.2 e 86.2 Cost.). ORGANIZZAZIONE E FUNZIONAMENTO DELLE DUE CAMERE L’organizzazione e il funzionamento delle due Camere sono disciplinati da fonti costituzionali e da fonti di autonomia parlamentare (a partire dai regolamenti di ciascuna camera): il complesso di tali disposizioni, nonché delle consuetudini e delle prassi instauratesi, costituiscono quella branca del diritto costituzionale che va sotto il nome di «diritto parlamentare». Le regole fondamentali del diritto parlamentare sono stabilite dalla Costituzione. Esse sono anzitutto le seguenti. 1. I regolamenti parlamentari Ciascuna camera adotta il proprio regolamento e lo fa a maggioranza assoluta dei componenti. Si garantisce così l’autonomia della Camera dei deputati nei confronti del Senato e viceversa (il regolamento parlamentare è, a differenza della legge, un atto monocamerale); e si afferma, come negli altri casi in cui la Costituzione prevede una maggioranza speciale, la necessità che le regole parlamentari siano condivise da un numero di deputati o senatori più ampio di quello che è richiesto per le decisioni ordinarie (se la maggioranza fosse quella semplice, potrebbero essere decise da una minoranza che si trovi a essere maggioranza per le altrui assenze). I regolamenti parlamentari vigenti risalgono entrambi al 1971, ma numerose sono state le successive modifiche. 2. La pubblicità delle sedute Le sedute sono sempre pubbliche, a meno che non sia deliberata la seduta segreta. Le sedute segrete sono nella prassi rarissime, dal momento che la pubblicità è connaturata al ruolo stesso delle assemblee rappresentative. Per ogni seduta vengono redatti un processo verbale e i resoconti in forma sintetica (sommari) e in forma integrale (stenografici), che sono immediatamente disponibili sui siti Internet delle Camere. Il pubblico è ammesso ad assistere e le sedute sono in diretta audio-video su Internet e sul satellite. 3. I quorum Le decisioni di ciascuna camera sono di norma assunte con il voto favorevole della maggioranza dei presenti (chiamata quorum funzionale), purché sia presente la maggioranza dei loro componenti. Il numero legale è particolarmente elevato: la metà più uno dei componenti (ad es. alla Camera dei Comuni inglese è di soli 40 membri). Al Senato i senatori in missione (assenti per incarico del loro ufficio o in quanto membri del governo) non sono calcolati per determinare il numero legale, mentre alla Camera i deputati in missione sono considerati presenti. Quando manca il numero legale (che si presume ci sia sempre, salvo verifica del contrario), le deliberazioni non sono valide. In quel caso il presidente d’assemblea decide se sospendere la seduta per un’ora oppure toglierla, rinviandola al giorno successivo. Il quorum funzionale per l’approvazione di una proposta è quello della maggioranza semplice, costituita dalla metà più uno di coloro che votano a favore o contro, gli astenuti concorrono a formare il quorum strutturale ma non quello funzionale. I componenti del governo hanno diritto di assistere alle sedute e di essere ascoltati ogni volta che lo richiedano; hanno altresì l’obbligo di farlo se richiesti, secondo le regole classiche dei regimi parlamentari fondati sul rapporto fiduciario. GLI ORGANI DELLE CAMERE Le due Camere sono organizzate in modo sostanzialmente uguale sulla base di quanto dettano i rispettivi regolamenti, che sono, come abbiamo visto, fonti di diretta attuazione della Costituzione, e dunque fonti di rango primario. Vediamo ora quali sono gli organi delle Camere. I presidenti delle Camere Nella prima seduta della legislatura ciascuna camera elegge fra i propri componenti il presidente dell’assemblea. Il presidente è eletto a maggioranza qualificata. Esso ha il compito di rappresentare all’esterno la camera e di assicurare sia il corretto e ordinato svolgimento dei suoi lavori sia il buon andamento dell’amministrazione interna; fa osservare il regolamento e dirige le sedute (dà la parola, mantiene l’ordine, si pronuncia sull’ammissibilità di ordini del giorno ed emendamenti, chiarisce l’oggetto e il significato delle votazioni e ne annuncia l’esito). È coadiuvato da alcuni vicepresidenti e, per le funzioni amministrative, dai questori; per il processo verbale è assistito dai segretari. L’ufficio di presidenza Presidente, vicepresidenti, questori e segretari costituiscono insieme l’ufficio di presidenza (al Senato consiglio di presidenza), composto in modo da rappresentare tutti i gruppi parlamentari. Esso ha compiti amministrativi (delibera il progetto di bilancio interno, nomina su proposta del presidente il segretario generale, cioè il vertice dell’amministrazione), compiti attinenti alla disciplina dei comportamenti in aula (decide su eventuali sanzioni proposte dal presidente contro singoli parlamentari) e compiti di natura politico-organizzativa (decide in ordine alla formazione dei gruppi e alla composizione delle commissioni). L’ufficio di presidenza ha potere normativo su tutto ciò che riguarda l’amministrazione, la contabilità e il personale della camera (regolamenti minori). Le Commissioni parlamentari d'inchiesta operano con "gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria» (art. 82 Cost.). • Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere • Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati • Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario • Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità "Il Forteto Commissioni parlamentari di indirizzo, controllo e vigilanza istituite da leggi § Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi § Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria § Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica § Commissione parlamentare per il controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale § Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione § Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza PARERI SU ATTI DEL GOVERNO: Gli atti del governo sono previsti per legge e sono resi dalle Commissioni parlamentari permanenti competenti per materia Pareri su schemi di regolamento governativo o ministeriale o su schemi di decreti legislativi o su schemi di altri decreti ministeriali o interministeriali Possono essere: A. vincolanti o non vincolanti B. obbligatori o facoltativi In entrambi i casi il parere parlamentare può influire sull’operato del Governo ELEZIONE PARLAMENTARE DEI COMPONENTI DI ALCUNE AUTORITÀ AMMINISTRATIVE INDIPENDENTI 1. Autorità di regolazione dei trasporti (parere favorevole dei 2/3 delle commissioni parlamentari sulle proposte del ministro competente) 2. Autorità garante della concorrenza e del mercato (componenti nominati dai Presidenti delle Camere) 3. Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza (nominati su intesa dai Presidenti delle due Camere) 4. Autorità nazionale anticorruzione (parere favorevole dei 2/3 delle commissioni parlamentari sulle proposte del ministro competente) 5. Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (2 Commissari eletti dalla Camera e 2 eletti dal Senato e presidente proposto dal Gov. al PDR) 6. Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente trasporti (parere favorevole dei 2/3 delle commissioni parlamentari sulle proposte del ministro competente) 7. Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali (designati dai Presidenti delle Camere) 8. Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale (2 Commissari eletti dalla Camera e 2 eletti dal Senato) 9. Garante per la protezione dei dati personali (2 Commissari eletti dalla Camera e 2 eletti dal Senato) PROCEDIMENTO LEGISLATIVO Il procedimento legislativo consta di diversi momenti o fasi: Le fasi del procedimento a. fase dell’iniziativa; b. fase istruttoria, comunque affidata alle commissioni; c. fase deliberativa, che si svolge a sua volta secondo tre procedure diverse; d. fase della promulgazione, affidata al presidente della Repubblica; e. fase della pubblicazione. I titolari dell’iniziativa sono A. il governo e, naturalmente, B. ciascun membro del Parlamento (art. 71.1 Cost.), nonché C. il popolo mediante proposta firmata da almeno 50.000 elettori (art. 71.2 Cost.), D. ciascun consiglio regionale (art. 121.2 Cost.), E. il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (art. 99.3 Cost.). Mentre i parlamentari possono presentare proposte di legge alla sola camera cui appartengono, gli altri titolari dell’iniziativa hanno facoltà di scelta senza limitazione alcuna. Il governo tende a presentare le proprie proposte sulla base di considerazioni di natura politica, nonché sulla base di intese coi gruppi parlamentari e con gli stessi presidenti delle Camere. L’istruttoria in commissione non è fase che si possa evitare, essendo esplicitamente contemplata dall’art. 72.1 Cost. Dunque ogni progetto, redatto in articoli secondo la forma tipica della legge, viene assegnato dal presidente a una delle commissioni permanenti a seconda delle rispettive competenze per materia. Una o più delle altre commissioni possono essere chiamate a esprimere un parere; il parere di alcune commissioni, per questo definite «filtro», è richiesto quasi sempre e ha effetti sul procedimento. Il ruolo delle commissioni dipende dal tipo di procedimento prescelto. Esistono tre diversi procedimenti, che possono in parte intersecarsi fra loro: nel senso che è possibile che nel corso dell’esame della proposta si deliberi di passare da un procedimento all’altro. Il procedimento normale o in sede referente è quello che attribuisce alla commissione un compito esclusivamente istruttorio, in vista della discussione in aula. Il presidente della commissione, o più spesso un relatore da esso nominato, riferisce sul progetto. La commissione svolge l’istruttoria acquisendo i necessari elementi informativi su aspetti quali: la necessità di una legge, la conformità alla Costituzione e alle norme dell’Unione europea, gli obiettivi perseguiti e la congruità dei mezzi individuati, la chiarezza del testo, la quantificazione degli oneri e le relative coperture (su quest’ultimo aspetto sulla base della relazione tecnica che può chiedere al governo o che si trova allegata a ogni proposta del governo). Quindi la commissione discute il progetto in via generale e poi lo esamina articolo per articolo. Infine, perviene a un testo che invia all’assemblea, al quale sono allegati i pareri delle altre commissioni, dando mandato al relatore di riferire oralmente o mediante la presentazione di una relazione scritta (a quella di maggioranza si aggiunge, in genere, almeno una relazione di minoranza, salvo che tutti i gruppi concordino sul testo predisposto). È il procedimento in sede legislativa o deliberante, il quale dunque è di fatto possibile solo quando vi è un largo consenso (se non sui contenuti specifici di un progetto, perlomeno sull’opportunità della sua approvazione). Un tempo la gran parte delle leggi veniva approvata proprio in commissione in sede legislativa; oggi il fenomeno è più limitato, in conseguenza delle trasformazioni che hanno investito il sistema politico. L’art. 72.4 Cost. esclude questo procedimento per alcune materie (costituzionale ed elettorale, delegazione legislativa, autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali, bilancio: materie per le quali vi è riserva d’assemblea); i regolamenti delle Camere ne escludono altre ancora. Infine, alla commissione può essere conferito il compito di formulare un testo semi-definitivo: cioè un testo che, approvato dalla commissione, l’aula voterà come tale senza possibilità di proporre e votare modifiche. Si tratta del procedimento misto o in sede redigente: anche riguardo ad esso vale la riserva d’assemblea. Discussione in aula: se il procedimento seguito è quello normale, l’esame in assemblea del progetto di legge predisposto dalla commissione in sede referente, accompagnato da una o più relazioni, si sviluppa attraverso tre momenti. Innanzitutto, si apre la discussione generale, nel corso della quale i deputati o i senatori dibattono appunto sulle linee generali del progetto. Salvo deliberazione in contrario (approvazione di questioni pregiudiziali o questioni sospensive), si passa poi alla fase dell’esame e votazione articolo per articolo, nel corso della quale si discute e si vota su ciascun articolo in cui il progetto è ripartito e sugli emendamenti presentati, cioè le proposte di modifica al testo degli articoli (votando, nell’ordine, gli emendamenti soppressivi, quelli modificativi e quelli aggiuntivi, e quindi l’articolo come eventualmente emendato); seguono infine le dichiarazioni di voto finale, con le quali i rappresentanti dei gruppi rendono noto come si esprimeranno sul testo cui l’assemblea è pervenuta, e la votazione finale sull’intero progetto di legge. Schema del procedimento legislativo La trasmissione da un ramo all’altro: messaggio all’altra camera ed eventuale navette. Se il progetto è approvato, previo coordinamento formale del testo, esso viene trasmesso con apposito messaggio al presidente dell’altra camera. Questa dovrà approvare il progetto nella stessa identica formulazione: qualsiasi modificazione comporta il ritorno alla camera che lo aveva approvato per prima, senza che vi sia alcuna procedura formale per interrompere questo «su e giù» che infatti si usa chiamare col termine francese navette (esso indica la spola del telaio che va e viene in continuazione). I regolamenti prevedono procedimenti abbreviati in seconda lettura: la camera alla quale è stato rinviato il progetto riesamina soltanto ciò che è cambiato. Nel caso in cui invece il progetto sia già stato approvato nello stesso testo dall’altra camera, allora il messaggio attestante l’approvazione conforme di entrambe le Camere va al presidente della Repubblica per la promulgazione. Procedimenti legislativi speciali: i regolamenti parlamentari disciplinano procedimenti legislativi speciali, in varia misura diversi da quello ordinario appena descritto, nei seguenti casi: a. esame dei disegni di legge di conversione di decreti-legge b. esame dei progetti di legge costituzionale c. esame del disegno di legge di bilancio d. esame del disegno di legge di delegazione europea e del disegno di legge europea Le leggi costituzionali sono approvate secondo il procedimento dell’art. 138 Cost. Taluni importanti aspetti del procedimento sono specificati nei regolamenti parlamentari. Innanzitutto, essi prevedono letture alternate fra la Camera e il Senato, e non letture consecutive da parte di ciascuna camera: in questo modo il procedimento si abbrevia, ove i gruppi parlamentari lo vogliano. Inoltre, è previsto che la seconda lettura da parte di ciascuna camera abbia ad oggetto il progetto già approvato in prima lettura nel suo complesso. In seconda lettura non si votano quindi i singoli articoli e non si possono proporre emendamenti, perché si passa direttamente alle dichiarazioni di voto e alla votazione finale. LA PROGRAMMAZIONE DEI LAVORI E I SISTEMI DI VOTAZIONE A partire dai regolamenti del 1971 i lavori parlamentari sono improntati al metodo della programmazione: nel senso che sono cadenzati secondo criteri concordati dalla conferenza dei capigruppo, su proposta del governo, della maggioranza e dell’opposizione. Solo nel 1997, peraltro, il principale strumento tecnico che permette la concreta applicazione della programmazione è stato esteso dal solo ambito della sessione di bilancio (dove fu introdotto nel 1983) a tutta l’attività d’aula: si tratta del contingentamento dei tempi. I procedimenti in assemblea devono concludersi entro una data prefissata, sicché, decisa questa e decise le sedute che i presidenti dei gruppi sono disposti a tenere, il tempo disponibile è ripartito in quote fra governo, relatori, rappresentanti dei gruppi, eventuali parlamentari che intervengono a titolo personale, in modo da far sì che effettivamente, il tal giorno alla tale ora, la decisione finale venga assunta. Va da sé che, essendo le assemblee la sede dove si sviluppa il confronto politico, i casi di deroga a questa regola o di sforamento dei tempi sono relativamente frequenti. Alla Camera, inoltre, il contingentamento non si applica ai disegni di legge di conversione di decreti-legge. Ciò ha indotto la presidenza dell’assemblea ad affermare il proprio dovere di passare direttamente alla votazione finale, indipendentemente dalla conclusione delle precedenti fasi d’esame (anche senza votazione sugli emendamenti), così da garantire la decisione nei termini previsti dalla Costituzione: la cosiddetta ghigliottina (in pratica usata una sola volta, nel gennaio 2014, poiché l’annuncio dell’intenzione di ricorrervi ha sempre fatto rientrare i tentativi di dilatare i tempi per impedire la conversione), mentre al Senato essa è espressamente prevista dal regolamento. Come si svolgono le votazioni Oggi la stragrande maggioranza delle numerosissime votazioni avvengono sempre a scrutinio palese, con o senza registrazione di come ciascun parlamentare ha votato: questa c’è sempre nella votazione finale. Ciò rende impossibili «imboscate» al governo da parte di parlamentari della sua stessa maggioranza (quelli che vengono chiamati «franchi tiratori»), come accadeva spesso in passato, e obbliga singoli e gruppi ad assumersi apertamente le proprie responsabilità. Si deve aggiungere, però, che il Parlamento italiano non funziona come quelli delle democrazie parlamentari più consolidate. Chi è all’opposizione tende con frequenza a far ricorso all’ostruzionismo: cioè l’utilizzo esasperato di tutte le facoltà previste dal regolamento allo scopo di ritardare o impedire che l’assemblea deliberi. Si tratta di una pratica che appartiene alla tradizione delle assemblee rappresentative, la quale si giustifica come volontà di resistenza estrema da parte delle minoranze quando sono in discussione i valori più alti e le regole fondamentali della convivenza sociale e dei rapporti istituzionali. Nella più recente prassi italiana, invece, si fa ostruzionismo nella convinzione che compito dell’opposizione non sia tanto presentare all’opinione pubblica soluzioni diverse e un indirizzo politico alternativo alla maggioranza, quanto ostacolare il governo nel perseguimento del programma sul quale pure ha ricevuto la fiducia delle Camere. A tal fine si fa largo uso, ad esempio, della possibilità di presentare centinaia e addirittura migliaia di emendamenti (paradossale e inedito è stato il caso verificatosi durante l’esame del progetto di riforma costituzionale poi bocciato dagli elettori nel 2016, quando furono presentati oltre ottanta milioni di emendamenti prodotti grazie a un software informatico). Altro espediente ostruzionistico è quello di sollecitare continue verifiche del numero legale (ne sono state contate fino a cinquecento in tre giorni). Così, stante il quorum strutturale previsto, si obbliga la maggioranza a presidiare l’aula fisicamente, assicurando da sola la continua presenza della metà più uno dei membri della camera senza alcun concorso delle minoranze. Ciò richiede un notevole sforzo, tanto più se si considera che la maggioranza, in quanto tale, detiene cariche parlamentari (presidenze di commissione) e di governo (ministri e sottosegretari, per i quali non vige incompatibilità) che assorbono energie e obbligano a essere presenti altrove, anche nell’altra camera. Come si può intuire, l’ostruzionismo è usato soprattutto per ottenere l’attenzione dei mezzi di informazione. ¨ Casi in cui la nomina di determinati Presidenti del Consiglio o di determinati ministri proposti non è stata accolta soprattutto quando il Presidente ha ritenuto che il profilo della persona sarebbe stato così inadatto al ministero proposto da mettere in pericolo la possibilità stessa di ottenere o di mantenere la fiducia parlamentare. IL RUOLO PRESIDENZIALE NELLA FORMAZIONE DEL GOVERNO: il Presidente della Repubblica è la levatrice nella formazione del Governo: in quanto garante del processo politico non ha un proprio indirizzo politico, ma favorisce gli indirizzi politici che stanno già emergendo tra i partiti politici e deve usare il suo potere di scelta in modo discrezionale rispetto al fine che il Governo da lui nominato possa raccogliere la fiducia delle Camere. Perciò il Presidente non cerca, né inventa, né impone proprie maggioranze parlamentari che a lui rispondano, ma in tutti i modi aiuta a venir fuori e a coagularsi intorno ad una persona, ad una ipotesi di compagine e di programma le maggioranze che, sulla base delle consultazioni svolte e degli sviluppi dei rapporti tra i gruppi parlamentari, già ritiene si possano creare o già sostanzialmente vi siano Il ruolo presidenziale appare inversamente proporzionale rispetto alle capacità di autoregolamentazione del sistema politico. A. Il ruolo presidenziale è ridottissimo allorché sia già evidente l’esistenza della maggioranza parlamentare (p. es. all’esito di elezioni che abbiano dato una maggioranza di seggi parlamentari ad un determinato gruppo o coalizione di partiti che concordi su una personalità a guida del futuro Governo) B. Il ruolo presidenziale si espande in altre situazioni ¨ qualora l’individuazione di una precisa maggioranza politica sia difficile. in tal caso l’allungamento sapiente dei tempi della consultazione e anche la ripetizione delle consultazioni sono necessari quando una maggioranza precisa non emerga o siano concretamente possibili soluzioni differenti o, ancora, ciò possa facilitare rapporti diretti tra i partiti per consentire loro di raggiungere un’intesa politica difficile ¨ allorché sembra impossibile individuare qualsiasi maggioranza (ipotesi in cui il Presidente può giungere a individuare il nome di un incaricato che tenti di formare un Governo che si cerchi la fiducia - o la non-sfiducia - che al momento pare difficile trovare) ¨ allorchè all’esito delle consultazioni il Presidente ritenga indispensabile esercitare il potere di sciogliere le Camere per consentire al corpo elettorale di indicare la soluzione politica di uno stato di crisi, che non permette la formazione di un Governo o incide in modo sulla rappresentatività del Parlamento, Tutto ciò presuppone che “il Presidente intrattenga, nel periodo che precede l’assunzione della decisione, intensi contatti con le forze politiche rappresentate in Parlamento e con altri soggetti, esponenti della società civile e delle istituzioni, allo scopo di valutare tutte le alternative costituzionalmente possibili, sia per consentire alla legislatura di giungere alla sua naturale scadenza, sia per troncare, con l’appello agli elettori, situazioni di stallo e di ingovernabilità” (sent. n. 1/2013 Corte cost.) INCARICO Il presidente della Repubblica conferisce l’incarico sulla base dei risultati delle consultazioni Tuttavia, il Presidente della Repubblica non è del tutto vincolato. Poichè spetta al solo Presidente del Consiglio dei ministri dirigere la politica generale del Governo, mantenere l’unità di indirizzo politico-amministrativo, promuovere e coordinare i Ministri (art. 95 Cost.) non pare affatto irragionevole che il Presidente della Repubblica si ritenga vincolato a vagliare le effettive capacità della persona designata a svolgere quelle funzioni Il Presidente della Repubblica potrebbe ritenere del tutto fuori luogo nominare una determinata persona • nell'ipotesi in cui ella sia priva dei diritti politici o sia interdetta dai pubblici uffici da parte dell’autorità giudiziaria (pure in primo grado allorché non sia sostenibile la prospettiva di un Governo sub iudice, la cui durata dipenda da futura sentenza definitiva di condanna), • nell'ipotesi in cui dalle consultazioni svolte ricavi che quella persona non sia individualmente in grado (con disciplina e onore ai sensi dell’art. 54 Cost. e al servizio esclusivo della Nazione ai sensi dell’art. 98 Cost.) né di dirigere la politica generale del Governo (allorché sia chiaro invece che farà soltanto ciò che decideranno e gli diranno di fare altri, dentro o fuori del Governo), né di mantenere l’unità di indirizzo politico-amministrativo (allorché tale unità sia mantenuta non da lui, ma da altri dentro o fuori dal Governo), né di promuovere o coordinare l’attività di tutti o di determinati Ministri (che si ritengono di primaria importanza) Ciò spiega pure i tempi prolungati dedicati dai Presidenti nella prassi ad approfondire e a non accettare supinamente un nome qualsiasi proposto dai gruppi parlamentari dell’ipotetica futura maggioranza, allorché si tratti di persona poco conosciuta o vistosamente debole e incapace di imporsi sui principali rappresentanti politici dei gruppi che vorrebbero sostenerlo. L’incaricato di solito accoglie con riserva l’incarico ricevuto dal Presidente della Repubblica e svolge di solito sue consultazioni con i gruppi parlamentari e poi ritorna dal Presidente della Repubblica per sciogliere la riserva A. scioglimento della riserva in senso positivo: accettazione dell’incarico di formare il nuovo Governo, a cui segue la proposta dei decreti presidenziali di nomina del Presidente del Consiglio dei ministri e dei Ministri B. scioglimento della riserva in senso negativo: remissione dell’incarico al Presidente della Repubblica, che svolgerà nuove consultazioni per trovare altro incaricato e/o scioglierà anticipatamente le Camere NOMINA DEI MINISTRI La nomina presidenziale del Presidente del Consiglio e la nomina presidenziale dei Ministri appartengono alla categoria degli atti presidenziali complessi ed eguali o duumvirali: occorre la volontà di entrambi (presidente della Repubblica che emana e Presidente del Consiglio dei ministri che controfirma) infatti, il potere di proposta del presidente del Consiglio dei ministri deve bilanciarsi col potere di nomina spettante al Capo dello Stato, il che implica un concorso delle due volontà. In tale bilanciamento è rilevante il grado di consolidamento politico della posizione del Presidente incaricato, al diminuire del quale tende ad attribuirsi un maggior peso specifico agli stessi consigli e suggerimenti del Capo dello Stato. Perciò la nomina di un Ministro è proposta dal Presidente del Consiglio al Presidente della Repubblica a cui spetta la nomina, ma la proposta non è vincolante In caso di rigetto della proposta di uno o più ministri l’incaricato fa diversa proposta o rinuncerà all’incarico. DECRETI DI NOMINA Su proposta del nuovo Presidente del Consiglio dei ministri, che se ne assume la responsabilità con la sua controfirma (art. 1 lL. n. 400/1988), il Presidente della Repubblica contestualmente emana tre decreti: 1. Nomina del Presidente del Consiglio dei ministri 2. Accettazione delle dimissioni del precedente Governo 3. Nomina dei nuovi Ministri (inclusi quelli senza portafoglio) GIURAMENTO Il nuovo Governo entra in carica col giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione che il Presidente della Repubblica e i ministri prestano di fronte al Presidente della Repubblica (art. 93 Cost.) PRIME RIUNIONI DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI Nella prima riunione del Consiglio dei ministri 1. Su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri si designa il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, che svolgerà in silenzio in ogni riunione le funzioni di segretario del Consiglio dei ministri 2. Il Presidente del Consiglio dei ministri indica gli incarichi che intende conferire ai Ministri senza portafoglio 3. Si precisano i contenuti del discorso programmatico che il Presidente del Consiglio dei ministri farà alle Camere per ottenerne la fiducia MOZIONE DI FIDUCIA Davanti ad ogni Camera il Presidente del Consiglio dei ministri rende le sue dichiarazioni programmatiche, a cui seguono dibattito e deliberazioni. La mozione motivata di fiducia è posta in votazione a scrutinio palese per appello nominale: il Governo deve sapere su quale maggioranza può disporre, da chi è composta e gli eletti devono pubblicamente farlo capire agli elettori Il Governo deve ottenere il voto di fiducia della maggioranza dei deputati e dei senatori (ma è maggioranza semplice, perché le astensioni non si contano: così sono stati possibili Governi di minoranza con ampie astensioni) QUESTIONE DI FIDUCIA: La forma di governo parlamentare è razionalizzata perché il voto contrario di una delle camere alle proposte del Governo non comporta obbligo di dimissioni (art. 94 Cost.) L’eccezione è la questione di fiducia, consuetudine costituzionale, con cui il Governo dichiara che si dimetterà se la Camera non approverà un determinato testo sottoposto al suo esame È prevista dai regolamenti parlamentari, fuori dai casi in cui è consentito il voro segreto. È posta di fronte ad una delle Camere, previa autorizzazione del Consiglio dei ministri (art. 2 L. n. 400/1988), dal Presidente del Consiglio dei ministri o da un ministro da lui delegato sull’approvazione di un testo (mozione o articolo di progetto di legge) all’esame dell’Assemblea. La questione di fiducia è votata per appello nominale e si richiede sempre la maggioranza semplice L’approvazione della questione di fiducia comporta la decadenza delle proposte di emendamento presentate al testo Il rigetto della questione di fiducia comporta obbligo di dimissioni del Governo Effetti della posizione della questione di fiducia a. all’interno della maggioranza rinsaldale eventuali divisioni e mette di fronte all’alternativa tra fare approvare i propri emendamenti e mantenere il Governo in carica b. nei confronti delle opposizioni consente di sbaragliare l’eventuale ostruzionismo, facendo decadere tutte le proposte emendative poste al testo MOZIONE DI SFIDUCIA • Può essere presentata da almeno 1/10 dei componenti di ogni Camera • Deve essere votata sempre con scrutinio palese per appello nominale • Deve sempre ottenere la maggioranza semplice dei deputati e dei senatori • Se è approvata il Presidente del Consiglio dei ministri e il Governo devono rassegnare la dimissioni MOZIONE DI SFIDUCIA INDIVIDUALE AL SINGOLO MINSTRO: Nella prassi italiana è legittima perché il Governo, compreso ogni Ministro, ottiene la fiducia dalle Camere È presentata e votata con le stesse modalità e maggioranze della mozione di sfiducia: A. se il Presidente del Consiglio dei ministri prima della votazione dichiara che l’operato del Ministro corrisponde all’indirizzo politico- amministrativo del Governo l’eventuale approvazione della mozione di sfiducia comporta obbligo di dimissioni dell’intero Governo B. se il Presidente del Consiglio dei ministri prima della votazione dichiara che l’operato del Governo non è condiviso dal Governo e non corrisponde al suo indirizzo politico-amministrativo, l’approvazione della mozione di sfiducia comporta obbligo di dimissioni per il Ministro sfiduciato e se non lo fa è legittimo che il Presidente del Consiglio dei Ministri attribuisca a sé stesso l’interim del Ministero e così trasformi il Ministro sfiduciato che non vuole dimettersi in un mero Ministro senza portafoglio CRISI DI GOVERNO I. Crisi parlamentare: • mancata approvazione della mozione di fiducia iniziale • approvazione di mozione di sfiducia • mancata approvazione della questione di fiducia II. Crisi extraparlamentare • motivi personali del Presidente del Consiglio dei ministri • dissensi politici interni al Governo In tali casi dopo una mozione approvata nel 1991 dalla Camera dei deputati ogni Presidente della Repubblica respinge le dimissioni e invita il Governo a presentarsi di fronte alle Camere per verificarne il rapporto di fiducia Il Presidente della Repubblica si riserva di accettare le dimissioni del Governo Il Governo dimissionario resta in carica per il disbrigo degli affari correnti fino all’entrata in carica del nuovo Governo. In caso di elezioni anticipate il Governo dimissionario resta in carica molti mesi e spesso adotta decreti-legge Alla fine delle consultazioni per la formazione del nuovo Governo il Presidente della Repubblica accetta le dimissioni o le respinge (se rileva che il Governo dimissionario potrebbe riottenere la fiducia) SCIOGLIMENTO ANTICIPATO DELLE CAMERE Art. 88 recita che: Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse. Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura. B scioglimento anticipato come rimedio al cattivo funzionamento della forma di Governo: le Camere in carica non riescono ad accordarsi per trovare un Governo che possa ottenere la fiducia. Allora lo scioglimento ridà la parola al titolare della sovranità: spetta al corpo elettorale sbloccare la situazione rinnovando la rappresentanza parlamentare • quasi tutti gli scioglimenti anticipati dal 1972 ad oggi C scioglimento anticipato come rimedio al cattivo funzionamento della forma di Stato (democrazia rappresentativa): le Camere in carica appaiono non più rappresentative degli orientamenti politici del corpo elettorale sulla base di indirizzi gravi, precisi e concordanti ricavabili dagli esiti di recenti consultazioni elettorali (elezioni amministrative generali, elezioni europee, referendum popolari). Allora lo scioglimento ridà la parola al titolare della sovranità perché rinnovi la rappresentanza • lo scioglimento anticipato del gennaio 1994 COM’È ORGANIZZATO IL GOVERNO Nel nostro ordinamento il governo, come il Parlamento, è un organo complesso, cioè un organo a sua volta costituito da altri organi. Secondo l’art. 92.1 Cost., il governo della Repubblica è composto da un organo collegiale e da una pluralità di organi individuali: • presidente del Consiglio dei ministri; • ministri; • Consiglio dei ministri (l’organo collegiale costituito dal primo, che lo presiede, e dai secondi). Al presidente del Consiglio spetta un ruolo di direzione della politica generale del governo, della quale porta personale responsabilità politica. Art. 95 Cost.: Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l'unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l'attività dei ministri. I ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri, e individualmente degli atti dei loro dicasteri. La legge provvede all'ordinamento della Presidenza del Consiglio e determina il numero, le attribuzioni e l'organizzazione dei ministeri. Tre principi costituzionali devono essere contemperati 1. principio del primo ministro, che esalta il suolo di primazia e di direzione del Presidente del Consiglio dei ministri 2. principio collegiale, che esalta il ruolo del Consiglio dei ministri 3. principio ministeriale, che esalta la responsabilità dei singoli ministri La legge n. 400/1988 esalta la responsabilità del Presidente del Consiglio dei ministri e lascia al Consiglio dei ministri la definizione dei più importanti atti normativi e politici del Governo. Spettano al Consiglio dei ministri i principali atti nel rapporto del Governo con i suoi organi ausiliari (Consiglio di Stato, Corte dei conti, CNEL) (art. 2, comma 3 legge n. 400/1988) a. i provvedimenti da emanare con decreto del Presidente della Repubblica previo parere del Consiglio di Stato, se il ministro competente non intende conformarsi a tale parere; b. la richiesta motivata di registrazione della Corte dei conti ai sensi dell'articolo 25 del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214; Nomina dei consiglieri del CNEL e richiesta di pareri regolati dalla legge 30 dicembre 1986, n. 936 Art. 9, commi 3 e 4 legge n. 400/1988 1. Il Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio dei ministri, può conferire ai ministri, con decreto di cui è data notizia nella Gazzetta Ufficiale, incarichi speciali di Governo per un tempo determinato. 2. Il Presidente della Repubblica su proposta del Consiglio dei ministri, può conferire al Presidente del Consiglio stesso o ad un ministro l'incarico di reggere ad interim un Dicastero, con decreto di cui è data notizia nella Gazzetta Ufficiale. La Presidenza del Consiglio dei ministri è la struttura di cui si avvale il Presidente del Consiglio dei ministri per l'esercizio delle autonome funzioni di impulso, indirizzo e coordinamento attribuitegli dalla Costituzione e dalle leggi. L'organizzazione della Presidenza tiene conto dell’esigenza di assicurare, anche attraverso il collegamento funzionale con le altre amministrazioni interessate, l'unità di indirizzo politico ed amministrativo del Governo, ai sensi dell’art. 95 Cost. Il Presidente si avvale della Presidenza per l'esercizio, in forma organica e integrata, delle seguenti funzioni (D.lgs. 30 luglio 1999, n. 303, art.2) ¨ la direzione ed i rapporti con l'organo collegiale di governo; ¨ i rapporti del Governo con il Parlamento e con altri organi costituzionali; ¨ i rapporti del Governo con le istituzioni europee; ¨ i rapporti del Governo con il sistema delle autonomie; ¨ i rapporti del Governo con le confessioni religiose, ai sensi degli articoli 7 e 8, ultimo comma, della Costituzione; ¨ la progettazione delle politiche generali e le decisioni di indirizzo politico generale; ¨ il coordinamento dell'attività normativa del Governo; ¨ il coordinamento dell'attività amministrativa del Governo e della funzionalità dei sistemi di controllo interno; ¨ la promozione e il coordinamento delle politiche di pari opportunità e delle azioni di Governo volte a prevenire e rimuovere le discriminazioni; ¨ il coordinamento delle attività di comunicazione istituzionale, di informazione, nonché relative all'editoria ed ai prodotti editoriali; ¨ la promozione e verifica dell'innovazione nel settore pubblico ed il coordinamento in materia di lavoro pubblico; ¨ il coordinamento di particolari politiche di settore considerate strategiche dal programma di Governo; ¨ il monitoraggio dello stato di attuazione del programma di Governo e delle politiche settoriali. La presidenza del Consiglio dei ministri è composta da: A. Segretario generale B. Uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche (Presidente del Consiglio dei ministri, Ministri senza portafoglio, sottosegretari di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri) C. Dipartimenti e Uffici autonomi Dipartimenti e Uffici di supporto al Presidente per l'esercizio delle funzioni di coordinamento e indirizzo politico generale, nonché per il supporto tecnico-gestionale Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi § Dipartimento per il coordinamento amministrativo § Dipartimento per l'informazione e l’editoria § Ufficio del controllo interno, la trasparenza e l'integrità § Ufficio del Segretario generale § Ufficio di segreteria del Consiglio dei ministri § Dipartimento per il personale § Dipartimento per i servizi strumentali § Ufficio del bilancio e per il riscontro di regolarità amministrativo-contabile § Ufficio del cerimoniale di Stato e per le onorificenze Dipartimenti e Uffici di cui il Presidente si avvale per le funzioni di indirizzo e coordinamento relative a specifiche aree politico-istituzionali § Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie (delega a Min. senza portafoglio) § Dipartimento "Casa Italia" § Dipartimento della funzione pubblica (delega a Min. senza portafoglio) § Dipartimento per le Politiche giovanili e il Servizio civile universale (delega a Min. senza portafoglio) § Dipartimento per le pari opportunità (delega a Min. senza portafoglio) § Dipartimento per le politiche antidroga (delega a Min. senza portafoglio) § Dipartimento per le politiche di coesione § Dipartimento per le politiche europee (delega a Min. senza portafoglio) § Dipartimento per le politiche della famiglia (delega a Min. senza portafoglio) § Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica § Dipartimento della protezione civile § Dipartimento per i rapporti con il Parlamento (delega a Min. senza portafoglio) § Dipartimento per le riforme istituzionali (delega a Min. senza portafoglio) § Dipartimento per la trasformazione digitale § Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità (delega a Min. senza portafoglio) § Ufficio per il programma di Governo § Ufficio di segreteria della Conferenza Stato-città ed autonomie locali (delega a Min. senza portafoglio) § Dipartimento della protezione civile § Dipartimento delle informazioni per la sicurezza D. Strutture di Missione (Unità tecniche) • Autonomia amministrativa • Autonomia contabile Per lo svolgimento di particolari compiti per il raggiungimento di risultati determinati o per la realizzazione di specifici programmi, il Presidente istituisce, con proprio decreto, apposite strutture di missione la cui durata temporanea, comunque non superiore a quella del Governo che le ha istituite, è specificata dall'atto istitutivo. § Struttura di missione InvestItalia § Struttura di missione per le procedure d'infrazione alla normativa UE § Struttura di Missione per gli anniversari di interesse nazionale (sito web) § Unità per la semplificazione e la qualità della regolazione § Struttura di missione per il coordinamento dei processi di ricostruzione e sviluppo dei territori colpiti dal sisma del 6 aprile 2009, interventi di sviluppo nell’area di Taranto e Autorità di gestione del POin Attrattori culturali, naturali e turismo I singoli ministri costituiscono il vertice delle amministrazioni cui sono preposti. Essi rispondono insieme («collegialmente») degli atti del Consiglio dei ministri e ciascuno («individualmente») degli atti dei rispettivi ministeri. Le competenze e le norme generali di organizzazione di ogni Ministero sono disciplinate dal decreto legislativo n. 300/1999, e successive modificazioni e integrazioni Attuali ministeri disciplinati dal decreto legislativo: • Affari Esteri e Cooperazione Internazionale • Interno • Giustizia e difesa • Economia e Finanze • Sviluppo Economico • Politiche agricole alimentari e forestali • Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare • Infrastrutture e trasporti • Lavoro e Politiche Sociali • Istruzione e Università e ricerca • Beni e Attività Culturali e Turismo Tuttavia, possono essere nominati altri ministri che non sono a capo di alcun ministero, ma esercitano funzioni attribuite alla presidenza del Consiglio, a loro delegate dal presidente del Consiglio che ne resta il titolare, in genere posti a capo di un apposito dipartimento (ad es. ministri con delega per i rapporti con il Parlamento, per gli affari regionali, per gli affari europei, per la pubblica amministrazione, per le pari opportunità ecc.). Sono questi i ministri senza portafoglio: peraltro, essi siedono a pieno titolo in Consiglio dei ministri insieme ai ministri che di portafoglio sono dotati. Art. 9, commi 1 e 2 legge n. 400/1988 1. All'atto della costituzione del Governo, il Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, può nominare, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, ministri senza portafoglio, i quali svolgono le funzioni loro delegate dal Presidente del Consiglio dei ministri sentito il Consiglio dei ministri, con provvedimento da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale. 2. Ogni qualvolta la legge o altra fonte normativa assegni, anche in via delegata, compiti specifici ad un Ministro senza portafoglio ovvero a specifici uffici o dipartimenti della Presidenza del Consiglio dei ministri, gli stessi si intendono comunque attribuiti, rispettivamente, al Presidente del Consiglio dei ministri, che può delegarli a un Ministro o a un sottosegretario di Stato, e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Attuali ministri senza portafoglio: § Ministro per i Rapporti con il Parlamento § Ministro per l'Innovazione tecnologica e la Digitalizzazione § Ministro per la Pubblica Amministrazione § Ministro per gli Affari regionali e le Autonomie § Ministro per il Sud e la Coesione territoriale § Ministro per le Politiche giovanili e lo Sport § Ministro per le Pari Opportunità e la Famiglia § Ministro per gli Affari Europei La l. 400/1988 prevede una serie di organi costituzionalmente non necessari, che integrano la composizione dell’organo complesso governo. Essi sono: a. uno o più vicepresidenti del Consiglio dei ministri, cioè ministri ai quali, su proposta del presidente, il Consiglio attribuisce la funzione di supplenza in caso di assenza del presidente stesso (spesso nominati per ragioni politiche, cioè allo scopo di dare rilievo a partiti della coalizione di governo diversi da quello cui appartiene il presidente del Consiglio); art. 8 legge n. 400/1988 1. Il Presidente del Consiglio dei ministri può proporre al Consiglio dei ministri l'attribuzione ad uno o più ministri delle funzioni di Vicepresidente del Consiglio dei ministri. Ricorrendo questa ipotesi, in caso di assenza o impedimento temporaneo del Presidente del Consiglio dei ministri, la supplenza spetta al Vicepresidente o, qualora siano nominati più Vicepresidenti, al Vicepresidente più anziano secondo l’età. 2. Quando non sia stato nominato il Vicepresidente del Consiglio dei ministri, la supplenza di cui al comma 1 spetta, in assenza di diversa disposizione da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, al ministro più anziano secondo l’età. b. i sottosegretari di stato presso la presidenza del Consiglio e ciascun ministero, i quali hanno la funzione di coadiuvare il presidente o il ministro e, su delega di questi, esercitare determinati compiti (in particolare, assicurare l’obbligatoria presenza del governo ai lavori parlamentari). Uno dei sottosegretari alla presidenza del Consiglio viene nominato segretario del Consiglio dei ministri ed è responsabile del verbale: per questo è l’unico sottosegretario che partecipa alle sedute del Consiglio. Art. 10 legge n. 400/1988 1. I Sottosegretari di Stato sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il ministro che il sottosegretario è chiamato a coadiuvare, sentito il Consiglio dei ministri. 2. Prima di assumere le funzioni i sottosegretari di Stato prestano giuramento nelle mani del Presidente del Consiglio dei ministri con la formula di cui all'articolo 1. 3. II sottosegretari di stato coadiuvano il ministro ed esercitano i compiti ad essi delegati con decreto ministeriale pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Fermi restando la responsabilità politica e i poteri di indirizzo politico dei Ministri ai sensi dell’articolo 95 della Costituzione, a non più di dieci Sottosegretari può essere attribuito il titolo di viceministro, se ad essi sono conferite deleghe relative ad aree o progetti di competenza di una o più strutture dipartimentali ovvero di più direzioni generali. In tale caso la delega, conferita dal Ministro competente, è approvata dal Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri. 4. I sottosegretari di Stato possono intervenire, quali rappresentanti del Governo, alle sedute delle Camere e delle Commissioni parlamentari, sostenere la discussione in conformità alle direttive del ministro e rispondere ad interrogazioni ed interpellanze. I vice ministri di cui al comma 3 possono essere invitati dal Presidente del Consiglio dei Ministri, d’intesa con il Ministro competente, a partecipare alle sedute del Consiglio dei Ministri, senza diritto di voto, per riferire su argomenti e questioni attinenti alla materia loro delegata. 5. Oltre al sottosegretario di Stato nominato segretario del Consiglio dei ministri, possono essere nominati presso la Presidenza del Consiglio dei ministri altri sottosegretari per lo svolgimento di determinati compiti e servizi. La legge sull'organizzazione dei Ministeri determina il numero e le attribuzioni dei sottosegretari. Entro tali limiti i sottosegretari sono assegnati alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed ai Ministeri. a. compiti interni al Ministero • (sottosegretari di Stato) svolgere di indirizzo politico-amministrativo indicate nel decreto di delega dal Ministro • (soltanto viceministri) deleghe relative ad aree o progetti di competenza di una o più strutture dipartimentali ovvero di più direzioni generali, indicate nel decreto ministeriale portato all’esame del Consiglio dei ministri j. compiti esterni al Ministero • (sottosegretari di Stato) Rappresentare il Ministro nelle sedute parlamentari (assembla e commissioni) • (sottosegretari di Stato) Rispondere ad interpellanze e interrogazioni parlamentari • (soltanto viceministri) intervento al Consiglio dei ministri (senza diritto di voto) su richiesta del Presidente del Consiglio dei ministri per riferire delle attività dei settori delegati RESPONSABILITÀ PENALE DEI MINISTRI: Art. 96 Cost. Il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale LEGGE COSTITUZIONALE 16 gennaio 1989, n. 1 Art. 4. Per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dai Ministri, la pena e‘ aumentata fino ad un terzo in presenza di circostanze che rivelino la eccezionale gravita' del reato. Art. 5. L’autorizzazione prevista dall'articolo 96 della Costituzione spetta alla Camera cui appartengono le persone nei cui confronti si deve procedere, anche se il procedimento riguardi altresì soggetti che non sono membri del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati. Spetta al Senato della Repubblica se le persone appartengono a Camere Sotto il profilo della responsabilità civile e amministrativa (anche contabile), i componenti del governo rispondono alla stregua di coloro che sono preposti a pubblici uffici Per quel che riguarda la responsabilità penale, invece, occorre distinguere fra reati commessi dal presidente del Consiglio e dai ministri nell’esercizio delle loro funzioni (cioè avvalendosi della posizione e dei poteri della carica di governo) e reati commessi al di fuori delle funzioni: per questi ultimi i membri del governo sono giudicati come ogni altro cittadino; per i reati funzionali (o ministeriali), è prevista una disciplina speciale che si giustifica in considerazione del nesso fra l’eventuale reato e l’attività di governo. Secondo questa disciplina a. le indagini preliminari sono affidate a un collegio composto da tre magistrati (che viene chiamato tribunale dei ministri), estratti a sorte ogni due anni fra quelli del distretto giudiziario competente per territorio con anzianità almeno quinquennale di magistrato di tribunale; ove il collegio non disponga l’archiviazione, gli atti sono trasmessi a una delle Camere per l’autorizzazione a procedere; ove ritenga che non si tratti di reati commessi nell’esercizio delle funzioni, li rinvia al giudice competente; b. l’autorizzazione è deliberata dalla camera di appartenenza, a meno che non si proceda contro più persone appartenenti a camere diverse o che non sono parlamentari, nel qual caso spetta al Senato deliberare; c. l’autorizzazione può essere negata solo ove l’assemblea reputi a maggioranza assoluta dei componenti che l’inquisito «abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico»; tale valutazione è insindacabile; d. ove l’autorizzazione venga concessa, il tribunale del capoluogo del distretto competente per territorio è giudice naturale di primo grado. Se emerge un dissenso fra tribunale dei ministri e camera competente in ordine alla natura ministeriale del reato perseguito, la Corte costituzionale ha stabilito che unico rimedio sia per la camera sollevare il conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato: pertanto alla sola Corte spetta dirimere il contenzioso. Fino al 1989 la competenza a giudicare era attribuita alla Corte costituzionale per il giudizio sulle accuse al presidente della Repubblica, previo un procedimento parlamentare di messa in stato d’accusa istruito da una commissione inquirente. Dopo un referendum abrogativo della legge sui poteri della commissione inquirente, provocato da una prassi di insabbiamenti, la disciplina è stata riformata nel senso descritto: sia in ossequio al principio di ragionevole eguaglianza (la competenza è ora della magistratura ordinaria, previa autorizzazione parlamentare) sia perché l’esperienza dell’unico processo per reati ministeriali (caso Lockheed, 1977-79) aveva mostrato che giudizi del genere possono paralizzare a lungo la Corte, distogliendola dalle altre sue funzioni. LE FONTI DEL DIRITTO Chiamiamo convenzionalmente fonti del diritto (o fonti normative) quei meccanismi che pongono in essere regole giuridiche. Il diritto non solo disciplina i comportamenti o le organizzazioni sociali ma anche i modi per produrre regole giuridiche. Si utilizza una distinzione per indicare questo fenomeno: • Fonti di produzione giuridica: fonti che attuano nuove regole di comportamento o regole di organizzazione che tutti debbono osservare. • Fonti sulla produzione giuridica: che sono i meccanismi (organi e procedure) attraverso i quali si producono le fonti di produzione. • Esistono poi le fonti di cognizione con il quale termine si intende tutti quei supporti, di solito scritti, attraverso i quali si rendono conoscibili le fonti di produzione. à non hanno efficacia o valore normativo, ma sono solo strumenti atti a far conoscere gli atti normativi. Le fonti di cognizione sono: Gazzetta ufficiale, Raccolta ufficiale degli atti normativi e i bollettini ufficiali. Posto quindi che le fonti normative oggi sono molteplici e spesso riferite allo stesso gruppo sociale, immediatamente si pone un nodo da sciogliere, cosa accade se due norme giuridiche pongono tra di loro regole contradditorie? Queste contraddizioni normative vengono definite antinomie. Detto in altri termini cosa fa sì che un insieme di regole giuridiche divenga un vero sistema giuridico, ovvero sia un sistema ordinato di regole giuridiche, una forma di organizzazione sociale? I CRITERI ORDINATORI DEL SISTEMA DELLE FONTI I criteri per la composizione delle fonti sono dei criteri di risoluzione di conflitti (antinomie) tra norme. Nell'ordinamento giuridico, infatti, le fonti sono molte e per orientarsi in questo mosaico, si usano determinati criteri: quello gerarchico, quello cronologico, quello della competenza e infine quello della specialità: CRITERIO GERARCHICO Il criterio gerarchico deriva dal rapporto tra fonti di produzione e fonti sulla produzione. Il presupposto è che si tratti di norme di rango diverso, su piani diversi, questi piani diversi sono dati normalmente da tre piani: rango costituzionale, rango legislativo e rango secondario. Per quanto riguarda i rapporti di costituzionale e legislativo, il rapporto che si instaura obbedisce al principio di legittimità costituzionale (le leggi che il parlamento produce, atti aventi forza di legge, non possono contrastare con la costituzione). Il legislatore produce leggi, ma il contenuto può entrare il conflitto con la costituzione, nel caso dei rapporti tra fonti secondarie e legislativo, invece, si parla di principio di legalità, cioè il criterio che regola i rapporti tra queste due fonti. L'articolo 1 delle Disposizioni preliminari al codice civile afferma che i regolamenti governativi non possono contrastare con le leggi e a loro volta i regolamenti di altre attività non possono contrastare con i regolamenti governativi, quindi le preleggi, non possono contrastare con la legislazione e quelle di altre attività non possono contrastare con i regolamenti. Le conseguenze, si vedrà, sono quelle dell'annullamento della norma di rango inferiore da parte del giudice amministrativo; mentre sarà la Corte costituzionale competente a verificare se una norma primaria è in contrasto con la Costituzione. Criterio gerarchico: in caso di contrasto tra due norme, si deve preferire quella che nella gerarchia delle fonti occupa il posto più elevato → Lex superior derogat legi inferiori • Anche questo criterio è indiscutibile • Anche la Costituzione disegna implicitamente una gerarchia, per cui (in caso di contrasto) la Costituzione prevale sulla legge e sugli atti a essa equiparati → Art. 134 (1o punto): La Corte costituzionale giudica sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni • Anche le 'Preleggi' disegnano una gerarchia ancora valida (art. 1: legge - regolamenti - consuetudini) → La legge prevale sul regolamento (art. 4) - questo sulla consuetudine (art. 8) La prevalenza della norma superiore su quella inferiore si esprime attraverso l’annullamento • Annullamento = effetto di una dichiarazione di illegittimità, che un giudice (non qualsiasi interprete) pronuncia nei confronti di un atto / disposizione / norma → A seguito della dichiarazione di illegittimità, l’atto / disposizione / norma perdono validità • Validità = conformità di un atto / negozio giuridico rispetto alle norme che lo disciplinano (concetto più ristretto di 'legittimità') L’atto invalido è un atto 'viziato' → L’annullamento colpisce situazioni patologiche che si verificano nell’ordinamento (≠ abrogazione, che opera nel ricambio fisiologico dell’ordinamento) • I vizi di legittimità (≠ vizi di merito, che comportano un apprezzamento di tipo politico) possono essere di due tipi: 1. Formali → = riguardano la 'forma' dell’atto → Es.: è emanato da un organo non competente / il procedimento seguito per la sua formazione non corrisponde a quanto prescritto dalle norme superiori → Quindi sarà l’intero atto ad essere viziato 2. Sostanziali → = riguardano i contenuti normativi di una disposizione (= le norme) → La disposizione sarà viziata perché produce un’antinomia / un contrasto con norme tratte da disposizioni di rango superiore Effetti dell’annullamento In linea generale, quando un giudice dichiara l’illegittimità di un atto normativo: questa dichiarazione ha effetti erga omnes • In seguito ad essa, l’atto annullato non può essere più applicato a nessun rapporto giuridico (anche se sorto in precedenza all’annullamento): l’annullamento opera anche per il passato, cioè ex tunc • Ma gli effetti dell’annullamento si avvertono solo per i rapporti giuridici che l’interessato possa ancora sottoporre a un giudice (= ancora 'azionabili') → Questi rapporti sono 'pendenti' (≠ rapporti esauriti, che non possono più essere dedotti davanti al giudice) → In genere, i rapporti si chiudono con: decorso del tempo (= estinzione del diritto per prescrizione). Perdita della possibilità di esercitare il diritto (= decadenza) // volontà dell’interessato (= acquiescenza). Rapporto definito da sentenza non più impugnabile (giudicato) Rapporti criterio cronologico - gerarchico I. Se una norma posteriore - di grado inferiore / contraddice / una norma precedente - di grado superiore → Prevale il criterio gerarchico (vi sarà annullamento della seconda) II. Se una norma posteriore - di grado superiore / contraddice / una norma precedente - di grado inferiore → Dipende dal fatto che le 2 norme siano 'omogenee' (= entrambe di principio o entrambe di dettaglio) o meno a. Se sono omogenee → Prevale il criterio cronologico (= la norma successiva - superiore / abroga / la norma precedente - inferiore) b. Se sono disomogenee → A) C’è abrogazione (prevale cronologico) se la norma successiva - superiore è di dettaglio c. B) c’è dichiarazione di illegittimità (prevale gerarchico) nel caso più normale in cui la norma successiva - superiore sia di principio L’omogeneità / disomogeneità non può essere stabilita in modo 'oggettivo' e univoco → Ma dipende dalle valutazioni dell’interprete • Per di più, si tratta di rapporti tra singole norme, non tra gli atti → Per cui, alcune norme della legge nuova possono imporsi subito (sulle contrastanti norme dell’atto precedente) / altre no Es.: prima sentenza della Corte Cost. (sentenza 1/1956) Problema: le disposizioni di pubblica sicurezza (risalenti al fascismo), che sottoponevano a controllo amministrativo una serie di attività di propaganda politica, sono o no abrogate dall’art. 21 Cost. (che tutela la più ampia libertà di parola)? → Abrogazione o annullamento? Per la Corte, entrambe le ipotesi sono possibili: dipende da come si prospetta il caso → "I due istituti giuridici dell’abrogazione e dell’illegittimità costituzionale delle leggi non sono identici fra loro, si muovono su piani diversi, con effetti diversi e competenze diverse. Il campo dell’abrogazione inoltre è più ristretto, in confronto di quello dell’illegittimità costituzionale, e i requisiti richiesti perché si abbia abrogazione per incompatibilità secondo i principi generali sono assai più limitati di quelli che possono consentire la dichiarazione di illegittimità costituzionale" → Il problema è quindi di 'quantità' (non di 'qualità' della norma) In tal caso, la Corte ha ritenuto che ci fosse contrasto tra le nuove disposizioni costituzionali e le vecchie leggi, ma non sussistevano i requisiti dell’abrogazione → Perciò ha dichiarato illegittime le disposizioni impugnate CRITERIO DELLA COMPETENZA Il criterio della competenza, invece, si basa sulla competenza (tra alcune fonti i rapporti non si possono risolvere né sulla base della gerarchia e né sulla base cronologica). Può riguardare o i rapporti tra legge ordinaria o legge aventi forza di legge, oppure può funzionare anche nei rapporti tra stato e regioni. I rapporti tra stato e regioni, sono configurabili attraverso i tre casi indicati dall'art.117 Cost: competenze esclusive dello stato, competenze concorrenti, competenze residuali. Esso non è un criterio prescrittivo, ma esplicativo (= serve a spiegare come è organizzato attualmente il sistema delle fonti - non a indicare all’interprete come risolvere le antinomie) Tale criterio nasce dal problema per cui l’introduzione della Costituzione rigida (= fonte sovrapposta alla legge ordinaria) ha comportato che (accanto alla legge formale - cioè all’atto prodotto attraverso il normale procedimento parlamentare) siano presenti altre leggi / altri atti equiparati alla legge formale, a cui la Cost. assegna 'competenze' particolari (es.: regolamenti parlamentari, cui la Cost. 'riserva' la competenza a disciplinare il procedimento di formazione delle leggi / legge regionale, per la quale l’art. 117 Cost. riformato sembra delineare una 'riserva' di competenza generale residuale) Quindi il criterio di competenza ci spiega le suddivisioni tra fonti presenti in uno stesso grado gerarchico. Effetti dell’applicazione del criterio di competenza Se il criterio di competenza fosse utilizzato per risolvere conflitti tra norme, dovremmo dire che esso prescrive di dare preferenza alla norma competente Es.: se una legge ordinaria dovesse disciplinare alcuni aspetti della vita interna di una Camera, potrebbe essere impugnata perché violando la competenza della Camera violerebbe anche la norma costituzionale che garantisce quella competenza → Sarebbe quindi una legge 'viziata', in contrasto con una norma di rango superiore: si applicherebbe il criterio gerarchico e la legge invasiva sarebbe annullata dalla Corte costituzionale. Ma se la violazione non si esprime come un attacco preciso alla 'sfera' della Costituzione, può essere che il conflitto possa essere 'smontato' in via interpretativa → Gli organi della Camera (di fronte alla norma della legge in contrasto con la norma del regolamento interno) potrebbero ragionare così: la norma della legge vale come disciplina nell’ordinamento generale dello Stato, ma non all’interno delle Camere (dove prevale il regolamento interno)
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