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Dispensa di storia moderna, Dispense di Storia Moderna

PRPOSTE DI PERIODIZZAZIONNE E PROBLEMI DI METODO; SCOPERTE GEOGRAFICHE; RIFORMA PROTESTANTE; RIFORMA IN INGHILTERRA; CONTRORIFORMA; MONARCHISMO FEMMINILE; BODIN E MACHIAVELLI; INNGHILTERRA ELISABETTIANA; FILIPPO II; GUERRA DEI 30 ANNI; GUERRA CIVILE E HOBBES; POPOLAZIONE IN ETA' MODERNA; 7 PROVINCE UNITE NEL 600; LUIGI XIV; GLORIOUS REVOLUTION E JOHN LOCKE; RUSSIA DI PIETRO IL GRANDE; CRISI DEL 600 IN ITALIA; AGRICOLTURA; INDUSTRIA; CIRCOLAZIONE E MERCATO; IMPERO OTTOMANO; ASSOLUTISMO ILLUMINATO; RIFORME ILLUMINISTICHE IN ITALIA; CACCIA ALLE STREGHE; RIVOLUZIONE INDUSTRIALE; GUERRA D'INDIPENDENZA AMERICANA; RIVOLUZIONE FRANCESE; EUROPA NAPOLEONICA; PAUPERISMO E POLITICHE ASSISTENZIALI; GUERRE ED ESERCITI; RESTAURAZIONE

Tipologia: Dispense

2022/2023

Caricato il 31/01/2024

senuri.fernando
senuri.fernando 🇮🇹

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Scarica Dispensa di storia moderna e più Dispense in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! PRIMO SEMESTRE PROPOSTE DI PERIODIZZAZIONE E PROBLEMI DI METODO La categoria storiografica di età moderna viene fondata alla fine del XVII secolo dallo storico tedesco Christoph Keller, autore nel 1696 di una sintesi di storia universale in 3 volumi intitolati: 1. Historia Antiqua; 2. Historia Medii Aevi; 3. Historia nova, sive moderna. Tale periodizzazione per Keller aveva valenza di tipo religioso. Infatti la Historia moderna di Keller era la storia della rigenerazione spirituale dell’Europa in seguito alla Riforma protestante. La categoria di età moderna, può essere definita in maniera diversa a seconda della periodizzazione adottata. Le scelte di periodizzazione non sono mai ideologicamente neutrali, si sceglie di far partire la storia in una certa data anziché in un’altra, perché si vuole veicolare un messaggio ideologico. Esempio: nella manualistica italiana, anteriormente alla 1° guerra mondiale, l’inizio dell’età moderna veniva fatto coincidere con l’anno 1313. Perchè ci fu la morte di Arrigo VII di Lussemburgo; con la sua morte fallisce l’ultimo tentativo di riportare l’Italia sotto il controllo imperiale. A partire dagli anni 40 la storia moderna viene fatta iniziare in 2 date alternative, o il 1492 (scoperta dell’America e l’instaurarsi di un nuovo ordine di rapporti economici e di una nuova mentalità). L’Europa ha iniziato un processo di Reconquista. Il santo sotto la cui egida si è compiuto questo processo è Santiago de Compostela. All’epoca della Reconquista era chiamato Santiago Matamoros ovvero ammazza Mori, arabi. Qui inoltre la Spagna ha espulso definitivamente i Mori. O il 1453 (l’impero romano d’oriente, Costantinopoli cade sotto la pressione dei turchi ottomani, quindi l’ultimo avamposto occidentale in Oriente finisce, finisce simbolicamente l’impero romano). È una data simbolica, perché nel 476 finisce il Medioevo con la caduta dell’impero romano d’occidente, che dura più di 1000 anni. Nel mondo tedesco i manuali indicano come data d’inizio dell’età moderna il 1517, perché il monaco Martin Lutero affigge le 95 tesi sulla porta della chiesa di Wittenberg. Quindi dall’epoca di Keller in poi, il Nuovo Mondo è identificato nella storiografia della Germania con l’età della Riforma protestante. Secondo i francesi e la storiografia francese ha identificato la fine dell’epoca moderna con la rivoluzione francese del 1789. Nella storiografia italiana si è preferito porre come data di conclusione dell’età moderna il 1815, dunque con il congresso di Vienna. Ed è giusto che sia così, perché in questo modo si viene a ricomprendere tutta l’età napoleonica nel contesto della storia moderna. Mentre, lo storico americano Arno J. Mayer che indica come data di inizio dell’epoca moderna il 1848. E fine dell’epoca moderna (dell’antico regime) il 1918, con i trattati di Versailles che concludono la 1° guerra mondiale. La tesi di Mayer è sviluppata nel libro “Il potere dell’Antico regime fino alla 1° guerra mondiale”, in cui si sostiene che economicamente, fino ai primi del 900 in Europa prevale la grande proprietà terriera nobiliare, mentre la piccola manifattura è più diffusa della grande industria. Nel 900, una delle opere più significative sull’antico regime è quella dello storico francese Pierre Goubert, “l’ancien régime” (1973), che presenta un articolato quadro della società francese del secolo di Luigi XIV sottolineando il ruolo della proprietà nobiliare ed ecclesiastica, mentre lo Stato risulta essere un apparato di potere inteso al mantenimento di una struttura sociale fondata sull’ineguaglianza. Fonti primarie per il lavoro dello storico sono i documenti: testimonianze scritte di fatti giuridicamente rilevanti, compilate con l’osservanza di determinate forme, destinate a procurarle fede. 1 Esempio: il libro intitolato “storia del paesaggio agrario italiano” di Emilio Sereni uscita nel 1961, studio sulla storia del paesaggio. I documenti utilizzati sono: storia della pittura. “L’uomo e la morte dal medioevo a oggi” di Philippe Ariès, storia del mondo in cui gli uomini hanno percepito la morte. Studio della mentalità. Documenti utilizzati: studio dei testamenti, studio dei fregi presenti nei cimiteri, studio della lingua, opere poetiche… Il lavoro di documentazione dello storico può essere distinto in 3 fasi: 1. Raccolta delle fonti documentarie; 2. Esame critico delle fonti; 3. Interpretazioni e utilizzazione delle fonti. Tra i problemi inerenti alla fase 1 va annoverata la distruzione dei documenti, intenzionale (vandalismo) o accidentale→ terremoto di Lisbona del 1755 che distrusse l’archivio con i documenti relativi alle esplorazioni portoghesi in Africa ed in Asia nei secoli XVI-XVII, o i danni al patrimonio artistico romano in seguito alla piena del Tevere del dicembre 1870. Problemi relativi alla 2° fase. La fase 2 prevede 4 processi interdipendenti: a) Interpretazione letterale dei testi (decifrazione); b) Interpretazione contenutistica; c) Determinazione della loro autenticità; d) Specificazione del loro grado di attendibilità. La storiografia positivista diffusa nel 1800 nutriva una cieca fiducia nei confronti del documento: tale atteggiamento ha condotto ad una supervalutazione delle fonti documentarie e ad una svalutazione delle fonti narrative, troppo viziate da elementi soggettivi (personalità del cronista, sue predilezioni morali o politiche). In quest’ottica, le fonti documentarie sarebbero la verità nuda e cruda, non deformata né deformabile attraverso occhiali di qualsiasi colore. Lo storico può trovarsi di fronte a: a) Una fonte falsa con un contenuto falso, si riproducono i materiali dell’epoca nella quale si mette una data falsa e scrivendo anche un contenuto falso. Es. donazione di Costantino, con cui l’imperatore nel 315 avrebbe concesso al papa la sovranità temporale sulla parte occidentale dell’impero, legittimando il potere temporale del Vescovo di Roma. La falsità del documento venne provata nel 1440 da Lorenzo Valla con inoppugnabili argomenti linguistici, ma anche da un’errore come la menzione di Costantinopoli, all’epoca non ancora fondata. b) Una fonte falsa con un contenuto vero. Es: una lite fra un aristocratico e un nobile per il confine di un determinato terreno. Loro non sono più d’accordo sul confine che debba separare le rispettive proprietà. Può accadere che uno dei 2 incarichi un falsario di redigere un falso atto di proprietà, dal quale risultino i confini a seconda della dimensione e della collocazione voluta da colui che commissiona questo falso. È evidente che se i confini dichiarati in quel documento sono autentici abbiamo la produzione di un falso che però dice la verità. c) Una fonte vera con un contenuto falso. Es. la Chiesa cattolica ha vietato nei secoli dell’età moderna il prestito ad interesse, perché c’è un precetto evangelico che dice “quando prestate denaro a qualcuno non chiedete nulla in cambio”. C’è un interesse ma non c’è scritto nel documento. d) Una fonte vera con un contenuto vero. Lo storico di valore è quello che, pur forzato a fornire una ricostruzione semplificata della realtà storica, riesce a trasmettere al lettore l’idea che la storia è di gran lunga più complessa di quanto lui la racconta. Il senso storico è il senso della tremenda complessità della vicenda umana. 2 resa: anche 1:80, contro 1:6 della segale e 1:4 del grano. Per questo motivo, fin dal ‘500 divenne un alimento base nella dieta di poveri e contadini. È un prodotto americano, che è stato importato nel Vecchio Continente e ha trovato un habitat nel tratto compreso fra l’Italia centrale e il corso della Loira a nord. La coltivazione del granturco richiede molta acqua e (no terreni aridi del meridione dell’Europa). Nell’Italia meridionale, nella Grecia, nella Spagna non è mai cresciuto. Che cosa si intende in termini agronomici per resa? La resa è un rapporto numerico tra la quantità di semente e la quantità di raccolto. L’ampia diffusione di mais, diventata monofagismo, fu all’origine di grandi epidemie di pellagra (dovuta alla carenza di acido nicotinico o vitamina PP). Si trattava di una malattia cronica con andamento stagionale che si manifestava dapprima con un eritema della pelle, progrediva con diarrea e parestesie, e finiva con interessare il sistema nervoso, conducendo spesso alla morte. - Il secondo alimento che rivoluzionò i consumi degli europei è la patata. Il vantaggio che la patata presentava rispetto al grano era che la stessa estensione coltivata forniva un prodotto almeno doppio e talora triplo in termini di calorie disponibili. La patata ha avuto un’affermazione lenta, in quanto la parte commestibile proveniva dal terreno e pensavano che non fosse buono. Il consumo della patata, vincendo forti pregiudizi contro l’ordine medico, visto che nella medicina, passò nel 7-800, dalle bestie ai poveri, alle classi borghesi urbane, e infine ai ricchi. La diffusione della patata in Francia dovette molto al chimico e speziale Antoine-Augustin Parmentier (1737-1813), il quale convinto delle qualità nutritive di questa solanacea, ne promosse con tutti i mezzi la diffusione nel corso delle carestie che afflissero il suo paese nella seconda metà del ‘700. Purtroppo questa sorta di monofagismo si reggeva su basi precarie, come dimostrò la carestia del 1845-48. In quegli anni si diffuse in Irlanda la peronospora della patata, che spazzò via le coltivazioni del tubero. - Un altro prodotto importante è lo zucchero di canna, richiede climi caldissimi. Tant’è vero che in Europa la canna è stata coltivata soltanto in alcune isole come la Sicilia, isole Azzorre, Madeira e Cipro. Nel 1600 lo zucchero cominciò a essere richiesto. All’epoca dei romani veniva usato come dolcificante il miele. Ma a partire dal 1600 quando si diffusero bevande come il tè e il caffè si richiedeva lo zucchero. Lo zucchero veniva utilizzato anche come medicinale. Vi è un ben preciso intreccio fra coltivazione della canna da zucchero e impiego del lavoro schiavile. Infatti la produzione di zucchero richiedeva una manodopera numerosa, perché il processo di estrazione implicava un’attività ininterrotta. Un sottoprodotto della lavorazione dello zucchero era la melassa, il rum. Il Brasile si distinse come un’area principale per la produzione dello zucchero. La lavorazione dello zucchero e del cotone ha provocato questo fenomeno dell’importazione forzata di manodopera degli schiavi dal continente africano, perchè a differenza degli americani i negri erano immuni alla malaria. Il dibattito sul numero di schiavi deportati dall’Africa nelle Americhe è tuttora assai vivace. Lo storico statunitense, Philip Curtin nel 1969 propose il numero di circa 11 milioni imbarcati in Africa e di 9.5 milioni di individui giunti in America tra il 1492 e 1870. Da successive indagini emergono cifre più alte, che oscillano fra i 12 e 17 milioni di neri. In ogni caso, si tratta di uno dei più grandi spostamenti forzati di essere umani nella storia: una vera deportazione di massa. La tratta dei negri fu fondamentalmente abolita dal Congresso di Vienna nel 1815, ma né le leggi di soppressione della schiavitù decretate in vari paesi, né le tardive condanne ecclesiastiche (la prima si ebbe con la lettera apostolica In supremo di Gregorio XVI nel 1839) valsero a sradicare tale fenomeno. Nell’800 si svolse infatti circa il 33% del traffico complessivo, e le condizioni degli schiavi peggiorarono. 5 La nostra conoscenza delle condizioni degli schiavi a bordo delle navi è stata assai incrementata dal ritrovamento, nel 1972, della Henrietta Marie, una nave negriana affondata nel 1700 a largo della Florida, su cui erano stipati almeno 160 africani, oltre a 18 membri dell’equipaggio. La campagna antischiavistica nacque nel contesto delle correnti di pensiero illuminista. Le immagini furono un elemento chiave della propaganda. Nel 1787, la London Abolition Society diffuse in molti esemplari la figura di un uomo di colore in catene, poi spedita anche in America, dove divenne un distintivo di moda (usato anche come fermaglio per i capelli) tra i sostenitori e i simpatizzanti della causa antischiavista. LA RIFORMA PROTESTANTE Lutero era nato in Sassonia nel 1483 e nel 1505 aveva conseguito il grado di magister presso l’Università di Erfurt, intraprendendo per volontà del padre lo studio della giurisprudenza. Nello stesso anno, tuttavia, prese la decisione di interrompere tale percorso di studi e di entrare in convento. Una diffusa tradizione attribuisce questo cambiamento di rotta allo spavento provato durante un temporale estivo, per un fulmine che gli cadde a pochi metri di distanza. La vendita delle indulgenze si era trasformata in una grande speculazione finanziaria, in cui concorrevano prelati, banchieri, affaristi. Predicatori senza scrupoli svolgevano intense campagne propagandistiche per convincere i fedeli che il versamento di denaro, per intercessione della Chiesa, avrebbe procurato la remissione dei peccati e abbreviato il tempo dell’espiazione in Purgatorio. Di fronte a questo, contro la predicazione in favore delle indulgenze, Lutero divulgò 95 tesi. Queste tuttavia non contenevano nulla di propriamente eretico. Professavano anzi rispetto alla chiesa e alla gerarchia ecclesiastica, contenendo tuttavia una vibrante protesta contro la rapacità dei predicatori di indulgenze e dei loro committenti. Es:Tesi 50: “si deve insegnare ai cristiani che se il papa conoscesse le esazioni dei predicatori di indulgenze, preferirebbe che la basilica di S. Pietro andasse in cenere, piuttosto che essere edificata sulla pelle, la carne e le ossa delle sue pecorelle”. Un paragone di Lutero è Calvino, il quale fu importante. Nel senso che la riforma si è piuttosto diffusa in Europa molto più nell’accezione nella versione calvinista che in quella luterana. Il luteranesimo è una religione che ha fatto un numero di proseliti limitato alla Germania. Invece il calvinismo si è diffuso veramente in tantissimi luoghi. Allora Calvino ha scritto un libro, la Institutio religionis cristiane, che è una vera e propria summa del suo pensiero coerente, dove il suo pensiero teologico è espresso in maniera organica e assolutamente completa. Non vi è un’opera in cui Lutero esponga sistematicamente la sua dottrina. Vi sono scritti esegetici, pastorali, liturgici, ecclesiologici, omiletici, dogmatici, da cui possono desumersi, non senza difficoltà, i fondamenti del suo pensiero. Ciò legittima in qualche modo l’immagine del controversista cattolico Giovanni Cocleo, che ha parlato di Lutherus septiceps, per sottolineare la scarsa coerenza dottrinale del suo pensiero. Lutero nega l’esclusivo ruolo della Chiesa di interpretare la Scrittura, di custodirne e spiegarne il significato ai fedeli, ma attribuisce ad ogni cristiano il diritto/ dovere di leggere la Bibbia e di sforzarsi di intenderne il senso. Egli stesso tradusse il Nuovo Testamento in tedesco, creando un’opera che rimane unica per precisione espressiva, pregnanza ed efficacia linguistica. 6 Dal principio sola scriptura discendono le conseguenze più dirompenti del Luteranesimo: 1. Rifiuto della dottrina del Purgatorio; secondo la escatologia cristiana, l’aldilà comprende 3 regni. A differenza del Paradiso e Inferno, il Purgatorio, è invece un luogo in cui si resta per un tempo limitato per eliminare le tracce del peccato, per poi andare in Paradiso. Lutero invece afferma che il Purgatorio non esiste, sulla base del fatto che gli unici passi della Sacra Scrittura, sembra adombrare l’idea di un Purgatorio che è veramente contenuta in passi scritturali molto labili. Gli unici punti della Sacra Scrittura in cui si parla del Purgatorio sono appunto il 2o libro dei Maccabei, che lui considerava apocrifo. Per questa ragione dice che quando si muore o si va all’Inferno o al Paradiso e il Purgatorio non esiste. 2. Teoria del sacerdozio universale; nella concezione cattolica i fedeli si suddividono in 2 categorie: i laici e i chierici, fondata sul fatto che nell’ambito dei seguaci di Gesù c’era una demarcazione netta fra i 12 apostoli e il resto dei discepoli. Soltanto in presenza dei 12 apostoli, Gesù ha istituito l’Eucaristia e quindi autorizzando a pensare che soltanto i sacerdoti, sono titolati a consacrare il pane e il vino. Per Lutero, in realtà, questa divisione non è stata mai voluta da Gesù. Pertanto all’interno dei fedeli non può esserci nessuna distinzione fra laici e sacerdoti. Questa è la ragione per la quale presso la religione luterana, non esistono sacerdoti. Esiste la figura del pastore luterano, che ha il compito unicamente di leggere la parola di Dio e di commentarla. Il luogo centrale di una chiesa luterana è il pulpito da cui si proclama la parola di Dio e si commenta. Può avere una famiglia. 3. Riduzione dei sacramenti a 2 o a 3; secondo Lutero gli unici sacramenti istituiti da Gesù sono il battesimo e l’eucaristia. In relazione al terzo di questi sacramenti, cioè la confessione ha avuto sempre una posizione oscillante. Nella dottrina luterana dei sacramenti, che è contenuta nel De camp civitate Babilonia Ecclesiae, all’inizio dice che la confessione è un sacramento seguito da Gesù. Alla fine del libro invece dice di no. Quindi è all’interno dello stesso testo che esiste la contraddizione. Per Lutero, la confessione era sempre considerata un mezzo sacramento. In relazione all’eucaristia, la posizione di Lutero è lievemente diversa rispetto a quella cattolica. La posizione cattolica è espressa in termini teologici tecnici con il vocabolo→ transustanziazione. Che cosa vuol dire? Secondo la tradizione cattolica, quando il sacerdote consacra le particole del pane e del vino sull’altare durante la messa, quello che succede è una trasformazione della sostanza del pane nel corpo di Cristo e del vino nel sangue di Cristo. Quello che resta sono soltanto le apparenze, ma quello che cambia è la sostanza. Per Lutero, invece, vale il principio della consustanzialità, cioè il pane resta pane e il vino resta vino. Ma assieme al pane e al vino c’è il corpo e il sangue di Cristo. C’è un altro elemento che differenzia la posizione luterana da quella cattolica in relazione ai sacramenti. Per la teologia cattolica il sacramento ha una sua efficacia oggettiva, cioè una volta che un fedele riceve il sacramento, a meno che non opponga una volontà contraria, il sacramento agisce ipso facto, ex operato. Questo vocabolo appunto è l’espressione latina con cui si esprime questo concetto. Viceversa, per Lutero l’efficacia di un sacramento dipende molto dalla disposizione interiore di chi lo riceve. E quindi lui assegna un’importanza proprio alla disposizione della persona. Questa posizione, se fosse applicata coerentemente al battesimo, porterebbe a una conseguenza, cioè si bisognerebbe impartire soltanto agli adulti. E Lutero non è mai arrivato a questo. Lo faranno gli anabattisti, sono l’estrema sinistra del movimento protestante.Per Lutero il sacramento del battesimo andava in particolare gli infanti. E a chi gli obiettava che l’infante non poteva chiaramente esprimere con una volontà consapevole di adesione al battesimo, allora lui si è salvato dicendo che l’infante aveva una fede implicita. Questa posizione ha detto che c’era la fede dei padrini che suppliva a quella mancante del bambino. 4. Abolizione del culto della vergine e dei santi; c’è un solo tramite fra Dio e gli uomini. È soltanto Gesù Cristo, che può essere oggetto di culto, non i santi. E quindi questa idea cattolica che i santi sono oggetto, se non di culto, quantomeno di venerazione, oggetto di pellegrinaggi, di preghiere è un’idea idolatria. Se si va in una chiesa protestante non c’è un’icona che raffiguri un santo. Ci sono delle statue di Lutero, qualche volta di Melantone, ma non ci sono culti. Non ci sono edicole di santi come ci sono in tutte le chiese cattoliche, neanche della Vergine. 5. Abolizione della regola del celibato ecclesiastico; è una regola puramente organizzativa. Chiaramente, non esistendo il clero, non esisteva neppure la regola del celibato a cui i sacerdoti erano vincolati. Lui stesso, da religioso qual era, gettò la tonaca alle ortiche e si sposò con Caterina von Bora. Conseguenze sociali della riforma protesante: 1. Un episodio importante è avvenuto in Germania negli anni 20, in particolare la leadership della guerra dei cavalieri fu assunta da Franz von Sickingen, un cavaliere che ambiva a divenire principe territoriale ai danni dell’Arcivescovo di Treviri. Egli però non riuscì a staccare i cittadini di Treviso dal loro Arcivescovo, che nel 1523 intraprese contro di lui una spedizione punitiva, e lo sconfisse. Nello stesso anno un esercito sgominò le residue forze dei cavalieri. 7 abate, Richard Whiting, per essersi rifiutato nel 1539 di cedere l’abbazia agli agenti del re, fu impiccato e squartato. Tra le poche abbazie che furono convertite in chiese diocesane anglicane, va ricordata la splendida cattedrale gotica di Gloucester con il suo magnifico ruolo chiostro, che è il più bello e il meglio conservato di tutta l’Inghilterra. L’ascesa al trono nel 1547 di Edoardo VI, Quando salì al trono aveva 9 anni e quando morì ne aveva 15. Edoardo era stato educato nella fede protestante e circondato da consiglieri protestanti, provocò mutamenti profondi nella politica religiosa, perché fu proprio sotto il suo breve regno che si ebbe la trasformazione della Chiesa in un’istituzione riconoscibilmente protestante. Sebbene Enrico VIII avesse reciso ogni legame con la Chiesa di Roma, egli non aveva mai permesso deviazioni dalla dottrina cattolica. Fu solo durante il regno di Edoardo che il protestantesimo fu stabilito per la prima volta in Inghilterra. 2 anni dopo, nel 1549, l’arcivescovo di Canterbury Thomas Cranmer, fu poi il vero architetto delle riforme edoardiana, che pubblicò “The first book of Common Prayer” (1549), was a dramatic change for England. La nuova reginaMaria Tudor (1553-1558) cercò di riportare il paese alle condizioni precedenti alla riforma enricana. Nello stesso anno in cui Maria salì al trono, il parlamento abrogò il Treason Act, ripristinò la messa in latino e reintrodusse il celibato del clero. In seguito, agli altari nelle chiese vennero nuovamente eretti, i preti sposati furono dichiarati decaduti, e si consacrarono nuovi vescovi in conformità all’antico rituale. LA CONTRORIFORMA Il termine Controriforma compare per la prima volta nel 1776 negli scritti del giurista tedesco Johannesburg Stephan Putter, con una connotazione negativa che sottolineava gli aspetti repressivi del fenomeno, il suo caratterizzarsi come recupero violento e coercitivo di una parte degli spazi che il Protestantesimo aveva occupato. Per gli storici cattolici era più giusto parlare di una Riforma cattolica parallela alla Riforma protestante, e addirittura precedente ad essa. Fu soprattutto lo storico tedesco Hubert Jedin nell’opera “Riforma cattolica o Controriforma?” (1946) a definire e distinguere i concetti di Riforma cattolica e Controriforma. La scelta di Trento, compiuta nel 1542 da papa Paolo III Farnese come sede del Concilio fu fatta per non dispiacere né ai cattolici né ai protestanti. La città apparteneva all’Impero, ed era dunque congeniale a Carlo V e ai principi tedeschi, ma era situata in territorio italiano, in modo da risultare accettabile anche per vertici romani della Chiesa. Si confrontarono nel Concilio 2 tendenze: da una parte coloro che volevano che l’assemblea affrontasse principalmente il tema delle riforme disciplinari (tra questi lo stesso imperatore Carlo V), dall’altra chi reputava necessaria in primo luogo una chiarificazione dottrinale, per riaffermare i cardini della fede cattolica di fronte alle nuove eresie. II Concilio dichiarò che i sacramenti sono 7, tutti istituiti da Gesù Cristo. Nell’Eucaristia è contenuto realmente e sostanzialmente Gesù Cristo (transustanziazione). Furono poi confermate la dottrina della S. Messa, e le posizioni dogmatiche tradizionali sul Purgatorio, la venerazione dei santi, le reliquie e le sacre immagini. 10 Sotto il profilo della disciplina, a Trento furono presi alcuni importanti provvedimenti: fu sancito l’obbligo dei vescovi di risiedere nelle proprie diocesi. L’assenza per 6 mesi dalla sede senza un legittimo impedimento era punita con la privazione di un quarto dei frutti della mensa episcopale. Vietato per conseguenza anche il cumulo dei benefici ecclesiastici. I vescovi dovevano riunire annualmente i sinodi diocesani, e ogni 3 anni i concili provinciali. Dovevano effettuare annualmente la visita pastorale di tutta la diocesi, o almeno di una parte di essa. Un ulteriore strumento di controllo sull’operato degli ordinari diocesani consisteva nell’obbligo delle relationes ad limina S. Petri, che aveva cadenza triennale. Papa III Farnese (1534-1549), che convocò il Concilio di Trento, fu lo stesso che diede nuovo vigore al tribunale dell’Inquisizione per la lotta contro l’eresia e la stregoneria. Il papa accentrò il tribunale sotto la direzione di una Commissione cardinalizia, la Congregazione del S. Uffizio, che aveva giurisdizione assoluta in materia di fede nei territori della cristianità e coordinava i tribunali inquisitoriali locali. Paolo IV Carafa (1555-1559) riorganizzò la censura sulla stampa e promulgò il primo Indice dei libri proibiti (1559), suddiviso in 3 parti: 1. Autori di cui era proibita l’opera omnia; 2. Singole opere proibite di autori consentiti; 3. Opere anonime. Un nuovo indice, meno rigoristico, fu emesso da papa Pio IV Medici nel 1564, mentre nel 1571 fu istituita la Congregazione dell’Indice, con il compito di aggiornare la proibizione di opere ed autori. La volontà di attuare una riforma del Cattolicesimo attraverso nuove forme organizzative, e di intervenire nella società con azioni di supporto delle fasce più deboli ed emarginate era già emersa prima del Concilio di Trento, con la fondazione di una serie di ordini religiosi ed istituzioni caritative ed assistenziali. 1528: i cappuccini 1532: i somaschi 1533: i barnabiti La più importante di queste istituzioni fu la Compagnia di Gesù, fondata da Ignazio di Loyola, un ufficiale spagnolo che trasfuse nell’Ordine, approvato nel 1540, molti aspetti della sua precedente esperienza di vita. Il nome stesso dell’istituzione, Compagnia, appare preso in prestito dal mondo militare. Analogamente, l’enfasi posta negli scritti del fondatore sulla virtù dell’obbedienza, ed espressa dal quarto voto, appare almeno in parte un’eredità della sua originaria professione. Sebbene l’apostolato educativo non rientrasse fra i compiti previsti dal fondatore per i gesuiti, essi si convertirono presto in un Ordine insegnante (non di primi rudimenti), al punto che i loro collegi di educazione si diffusero in tutta Europa. Un codice educativo, la Ratio studiorum (1598), definì i caratteri fondamentali della pedagogia gesuitica, tradizionalmente rivolta all’educazione della nobiltà e dei ceti dirigenti. 11 IL MONARCHISMO FEMMINILE Che cosa hanno in comune le streghe con le monache? I ruoli che erano riconosciuti alla donna nell’età moderna sono pochissimi, oltre a quello della madre di famiglia e della monaca, essenzialmente c’è il ruolo della prostituta e della strega. Un monastero era una cellula di un più ampio organismo sociale ed era come tale soggetto alla necessità di intrecciare relazioni di vario tipo economico, sociale, finanziario con il tessuto sociale circostante. Esempio: quando in un monastero c’era bisogno di riparazioni, è evidente che si richiedeva l’afflusso dentro il monastero di personale maschile che andassero a riparare i guasti. Quando una monaca si sentiva male, era necessario che entrasse nel monastero un medico per visitarla. E questo, naturalmente, implicava delle infrazioni continue alla clausura passiva perché la clausura è di 2 tipi. La clausura attiva impone alle monache di non uscire dal monastero. La clausura passiva impone alle persone di non entrare nel monastero. Da tempo, in molti istituti non si osservava più il sistema della vita comune, prescritto dalle regole canoniche della “vita comune”. Le monache cioè non consumavano più i pasti insieme refettori comuni, né riposavano in grandi dormitori, bensì vivevano in “celle” organizzate su base clientelare e familiare. In queste “celle”, talora più simili ad un appartamento che ad una semplice stanza, le monache dormivano, preparavano e consumavano i loro pasti. Agli inizi dell’età moderna, i casi di genuina e volontaria vocazione della monacanda costituivano un’eccezione. La scelta dello stato monastico delle ragazze spettava per lo più ai maschi delle loro rispettive famiglie, padri o fratelli maggiori, e dipendeva da motivazioni esclusivamente connesse con quelle strategie familiari (ad es. l’economia) finalizzate, oltre che a sistemare figlie inadatte al matrimonio per evidenti difetti fisici, a conservare ed accrescere il patrimonio domestico, senza intaccarlo con l’erogazione di ricche doti coniugali o con lasciti testamentari. Nel mondo dei chiostri si era prodotto il singolare fenomeno delle “sante vive”: donne di intensa vita spirituale e di forte carisma personale, a cui erano attribuite doti profetiche, sia a livello popolare, sia da parte degli stessi potenti, i quali si contendevano la loro presenza a corte e nei monasteri dei propri domini. Il culto di queste sante ebbe un carattere eminentemente cittadino, in numerosi casi cortigiano, e svolse un importante ruolo politico in funzione del consolidamento del potere, attraverso il trasferimento al principe del carisma sacrale che le circondava. Nel 1566, con la costituzione Circa pastoralis officii, e 2 anni dopo con la Lubricum vitae genus, papa Pio V Ghislieri estese l’obbligo della rigida clausura a tutti i monasteri femminili, compresi quelli “aperti” (o sin dalla loro fondazione, o o da tempi immemorabili), e sulla medesima linea si mosse anche il pontefice Gregorio XIII Buoncompagni con la bolla Deo sacris virginibus del 1572. Questi decreti vennero poi interpretati e integrati in senso rigorista sia dagli stessi pontefici, sia dai loro successori. Precise norme regolavano l’altezza delle mura esterne, le dimensioni e le caratteristiche della “ruota” (il cilindro girevole che consentiva di introdurre oggetti dentro la clausura) e dei fori nelle grate, sia anche la collocazione di doppie grate poste a debita distanza l’una dall’altra, e l’eliminazione di loggiati, balconi e ballatoi. Le tribune nelle chiese monastiche aperte al pubblico dovevano essere chiuse da fitte inferriate, imposte e pesanti tendaggi neri, al fine di impedire la vista sia delle monache da parte degli estranei che degli estranei da parte delle monache: queste ultime avrebbero dovuto vedere il sacerdote officiante la messa solo nel momento dell’elevazione. Si mirò anche ad una spersonalizzazione delle recluse, attraverso la rottura dei loro legami familiari e affettivi. Sotto la parvenza dell’uguaglianza, fu imposto il passaggio dal regime “per celle” al regime “a vita comune” con dormitori, nei quali ogni monaca avrebbe dormito in un letto tutto suo, 12 Caterina de’ Medici, (moglie di Enrico e madre di Francesco e Carlo), con il titolo di “gouvernante de France”. Quest’ultima mantenne il titolo fino al 1563, quando Carlo uscì dalla minorità, tuttavia continuò ad essere il deus ex machina della politica francese, con poteri da autentica sovrana fino alla morte nel 1589. Senza spargimenti di sangue e dispendio di artiglieria, il Grand Tour de France consentì di esibire la potenza e la maestà regali in tutto il loro sfarzo, permettendo peraltro al re di fargli conoscere de visu il paese su cui regnava. La notte di San Bartolomeo, 1572, gli ugonotti, riuniti a Parigi per festeggiare dunque le nozze (matrimonio combinato) fra Margherita di Valois ed Enrico di Borbone vennero sterminati in maniera pianificata e sistematica: i primi a morire furono i nobili riuniti a corte, poi la popolazione parigina, in larga prevalenza cattolica, attaccò e massacrò tutti i sospetti di eresia e saccheggiò le loro case. L’Editto di Nantes, 1598: ● Nell’aprile del 1598, Enrico IV promulgò l’editto di Nantes; ● Con questo documento, il re sanciva la pace religiosa; ● Nell’Editto, il cattolicesimo veniva mantenuto come religione di Stato; ● I protestanti dovevano pagare la decima ecclesiastica, rispettare le feste cattoliche e le restrizioni canoniche sul matrimonio; ● Gli ugonotti avevano, tuttavia, il diritto di praticare la loro fede e i loro culti, anche se non a Parigi e in alcuni altri luoghi; ● Inoltre essi potevano mantenere il controllo militare di circa 100 piazzeforti, che garantissero loro la limitata libertà religiosa di cui godevano. Jean Bodin (1530-1596), si riallacciava ai politici. Come uomo d’azione non rifulse, fu una figura di secondo piano, deputato del terzo stato di Vermandois, agli Stati generali provinciali. Tuttavia fu il più importante teorico del movimento dei politici, avendone scritto il manifesto, cioè i Six livres de la République (1576). La sovranità è la forza coesiva della comunità politica, senza la quale essa si sfascerebbe. È il potere perpetuo e assoluto. Perpetuo perchè i sovrani lo esercitano a vita, succedendosi senza interruzione sul trono; assoluto perchè i sovrani sono sciolti dall’autorità delle leggi. Il sovrano non è vincolato alle leggi dei suoi predecessori, e neppure alle proprie. Il principale attributo della sovranità è la facoltà di fare e abrogare le leggi senza il consenso dei sudditi. Tutti gli altri attributi della sovranità sono compresi in quello. Bodin predilige la monarchia per 3 diverse ragioni: 1. È il regime più conforme alla natura; 2. Soltanto nella monarchia la sovranità trova un organo degno di lei e una garanzia di durata; 3. La monarchia assicura maggiori garanzie alla “scelta delle competenze”. Mentre in un regime repubblicano la scelta nell’attribuzione delle cariche viene assegnata per ragioni e motivi, anche clientelari. Nell’ambito della monarchia non funzionano quei meccanismi, ma semplicemente motivi di premiare una persona sulla base della sua bravura e della sua competenza nel momento in cui gli si assegna un incarico o una carica ufficiale. La monarchia preferita da Bodin non è la monarchia tirannica, perché al di sopra del sovrano ci sono le leggi di natura riflesso della ragione divina. Le principali leggi di natura sono il rispetto per 15 la libertà naturale dei sudditi e per la loro proprietà. I sudditi devono obbedire alle leggi del monarca, e il monarca alle leggi di natura. L’INGHILTERRA ELISABETTIANA Il regno elisabettiano è concentrato su 2 aspetti: la politica religiosa e la politica estera. Marie Tudor regna dal 1553 al 1558. Il breve regno di Marie è caratterizzato dal punto di vista della politica religiosa da una inversione a U. Lei cerca con ogni mezzo di riportare la sua nazione fra le braccia della Chiesa cattolica romana. La sua è una restaurazione del cattolicesimo fuorché per un aspetto. Restaura il culto cattolico, reintroduce la messa, reintroduce l’obbligo del celibato per i sacerdoti, destituendo quelli che si erano sposati. Perché come abbiamo visto durante il regno di Enrico VIII, le proprietà sottratte alla Chiesa cattolica erano state incamerate dal Demanio e vendute a privati che se ne erano impossessati. Certe volte queste proprietà erano passate ripetutamente di mano, pertanto non era possibile ripristinare e sottrarre ai nuovi proprietari quelle proprietà appartenuti alla Chiesa cattolica. Quando salì al trono Elizabeth, tutto questo venne meno, perché lei è stata educata alla fede protestante e pertanto compie ancora una volta un’inversione a U rispetto alla politica religiosa della sorellastra. Quello che Elizabeth compie sotto il profilo della politica religiosa, è il cosiddetto Elizabeth Settlement. La sistemazione elisabettiana avviene attraverso 2 provvedimenti: l’atto di supremazia e l’atto di uniformità. L’atto di Supremazia non è altro che una riedizione dell’Act of Supremacy del 1534 del padre, appunto Enrico VIII, con una piccola differenza lessicale, piccola ma significativa. L’atto di Supremazia di Enrico VIII dice che il re d’Inghilterra era da considerarsi il capo supremo della Chiesa d’Inghilterra. Viceversa, Elizabeth si attribuisce con l’Atto di Supremazia non era esente da ambiguità: definendo il sovrano non più “supreme head”, ma semplicemente “supreme governor” (cioè una specie di amministratore delegato) della Chiesa, autorizzava i Lords a pensare che capo supremo fosse ancora il papa. C’è poi un altro provvedimento: Nel 1563 furono approvati i 39 articoli, base dottrinale della Chiesa d’Inghilterra che, a partire dal 1571, tutti gli ecclesiastici dovettero sottoscrivere. Il loro scopo era quello di preservare l’ordine dogmatico della Chiesa anglicana e di esercitare un’azione unificatrice su liturgia e canoni. Nella sua estrema povertà dogmatica e dottrinale, il documento si presentava come una via di mezzo fra le posizioni cattoliche da un lato e quelle calviniste e puritane dall’altro. Come era strutturata l’organizzazione di Church of England? Dal punto di vista dell’organizzazione territoriale, la chiesa inglese risultava formata da 2 province o arcidiocesi: quella di Canterbury, che copriva le contee centro-meridionali (e fino al 1920 il Galles), e quella di York, meno ampia e popolata, che comprendeva le restanti contee, entrambe sotto un arcivescovo. Ciascuna provincia era divisa in diocesi, sottoposte ad un vescovo (bishop), queste in arcidiaconati e quindi in parrocchie (parishes). L’atteggiamento di Elisabetta verso i cattolici conobbe un progressivo irrigidimento, passando da una relativa tolleranza ad una vera e propria persecuzione. Nel 1563 fu approvata una legge che dichiarava reato di alto tradimento, il rifiuto di prestare il giuramento di supremazia. Nel decennio successivo, la bolla di scomunica di Pio V contro Elisabetta (1570) creò un clima favorevole al diffondersi di sentimenti anticattolici che sconfinavano in vera e propria intolleranza. In politica estera, Elisabetta si trovò coinvolta su più fronti. Riflessi politici e religiosi di un certo rilievo ebbero le vicende della Scozia, che ancora conservava la sua indipendenza sotto la dinastia degli Stuart. Qui la riforma era penetrata ad opera di John Knox, seguace di Calvino, la cui predicazione spinse la nobiltà scozzese alla rivolta contro la cattolica casa regnante (1599) e contro la Chiesa. 16 Sul piano economico, la conflittualità con la Spagna era accesa dalle azioni di pirati inglesi quali John Hawkins e Francis Drake, compiute con il tacito appoggio della regina, miranti ad impossessarsi di una parte dell’oro e dell’argento che venivano raccolti a Panama prima di attraversare l’Atlantico. E dunque quando nel 1587, Elisabetta fece decapitare Mary Stuart, giudicata coinvolta in un conflitto mirante a rovesciare Elisabetta dal trono, Filippo ruppe gli indugi e decise di armare contro l’Inghilterra una flotta di 330 navi e 30.000 uomini di cui circa 20.000 soldati. Era la maggior flotta a vela che si fosse mai messa in campo nell’epoca moderna. Obiettivi massimi a cui Filippo puntava: invadere l’isola militarmente, detronizzare Elisabetta e restaurare il cattolicesimo in Inghilterra. Obiettivi minimi: 1. La rinuncia dell’Inghilterra alla guerra di corsa quindi, la fine da parte dei corsari inglesi ai convogli che dalle Americhe provenivano in Spagna e quindi a tutte le ruberie e le depredazioni che gli inglesi compivano sul naviglio e sulla mercanzia spagnola proveniente dal Nuovo Mondo; 2. La concessione di piena libertà di culto ai cattolici; 3. La cessazione del sostegno inglese ai ribelli delle Fiandre. Come andarono le cose? Tatticamente si trattò di un inseguimento della flotta inglese nei confronti dell’Armada, inseguimento intervallato da ripetuti scontri. Le 2 flotte, cioè si muovevano nella stessa direzione. Sebbene alquanto logorata nel corso degli scontri, la flotta spagnola pervenne alla fine del canale della Manica ancora sostanzialmente integra: aveva perso solo 8 navi. La decisione forzata di circumnavigare l’Inghilterra e l’Irlanda per tornare in patria si rivelò esiziale. Prive dell’appoggio di un porto amico dove fermarsi e rifornirsi di acqua e viveri, le navi furono distrutte in gran parte dalle tempeste, mentre gli equipaggi furono decimati dalle malattie. Quando la flotta tornò in Spagna, contava meno della metà delle navi con cui era partita e appena 1/3 degli uomini. Ad ogni modo, gli inglesi pensarono che una volta che gli spagnoli ebbero subito questo attacco, fosse giunto il momento per sferrare un colpo decisivo alla Spagna e quindi armarono una contro armata, la quale è nota nel manuale con il nome di Drake Norris Expedition o come English Armada, posta al comando di Francis Drake, aveva anche qui 3 finalità distinte: 1. L’annientamento delle navi dell’Armada reduci dal disastro inglese. Quindi distruggere ciò che restava della flotta spagnola ancorata nel porto di Lisbona; 2. Nel 1580 Filippo II aveva conquistato, oltre al resto della penisola iberica, ciò che aveva ereditato da Carlo V conquistò anche il Portogallo. Lì gli inglesi, concependo l’idea di una spedizione punitiva contro l’armata spagnola, volevano come secondo obiettivo restaurare il regno di don Antonio de Crato; 3. Fissare alle isole Azzorre una base con lo scopo di usarla come testa di ponte per intercettare la Flota de Indias carica di ricchezze prima che giungesse in Spagna. Questa è la rotta della English Armada del 1589. 17 25.000 uomini inviato dalla Spagna, ed un altro di 50.000 uomini di Massimiliano di Baviera, che invase i confini della Boemia nell’autunno del 1620, sconfiggendo le truppe ribelli nella battaglia dellaMontagna Bianca, nei pressi di Praga, celebrata con enfasi in tutta la cattolicità. La Bolla d’oro del 1356, universalmente considerata in Germania come la legge fondamentale e immutabile dell’impero, stabiliva che l’elettorato dovesse restare in perpetuo alla casa palatina. Il documento demandava l’elezione imperiale a 7 grandi elettori, 4 laici e 3 ecclesiastici. I 4 membri laici erano il re di Boemia, il duca di Sassonia, il margravio del Brandeburgo ed il conte del Palatinato. Questa alleanza coinvolse l’Inghilterra, la Francia, altre potenze europee, soprattutto Danimarca. Capo dell’alleanza fu Cristiano IV di Danimarca, uno dei più ricchi signori della cristianità, che, intravedendo la possibilità di estendere la sua influenza nella Germania settentrionale con il pretesto di difendere la causa protestante, la invase nel giugno 1625, dando inizio alla seconda fase della guerra, quella danese. Di questo ci restano anche testimonianze letterarie e ci restano testimonianze iconografiche.Una delle più potenti testimonianze che ci sono rimaste dell’impatto della guerra sulla società europea di quel tempo è la serie di incisioni dedicate da Jacques Callot alle Grandi miserie della guerra, che si riferiscono particolarmente all’invasione francese della Lorena. Nella terza fase, la fase svedese della guerra fu provocata dalle stesse cause che avevano operato nel periodo precedente. Questa volta però fu il re di Svezia Gustavo Adolfo ad avvertire nella politica imperiale una minaccia agli interessi svedesi, particolarmente al controllo sul Baltico, e ad accogliere l'appello del principi protestanti della Sassonia e del Brandeburgo. Nel frattempo, appariva sempre più evidente che salvo l’aiuto effettivamente prestato all’imperatoreWallenstein intendeva condurre una politica del tutto personale, senza alcuna preoccupazione per le sorti degli Asburgo. Il governo di Vienna pose dunque fine a questa situazione provvedendo prima a far destituire, poi a far assassinare Wallenstein (1634). Mentre anche l’indice demografico cadde sensibilmente, la crisi economica si tradusse anche in crisi politica: la Catalogna, nella quale la tradizione indipendentistica non si era mai spenta, insorse. I ribelli a Barcellona fecero strage dei funzionari castigliani e proclamarono la repubblica (1640). Nel 1640 la Catalogna si proclamò indipendente dalla Spagna e rimase tale fino al 1652. Quindi gli spagnoli dovettero fronteggiare una tremenda rivolta interna, dando vita ad uno Stato autonomo che rimase tale per 12 anni. Soltanto nel 52 la Spagna, con uno sforzo bellico, represse nel sangue la rivolta catalana e sottraendole l’indipendenza che essa aveva conquistato. In seguito fu la volta del Portogallo, a cui l’unione con la Spagna era stata decisamente nociva, dato che aveva fornito agli olandesi il miglior pretesto per insidiare l’impero coloniale portoghese: anche in questo caso la ribellione riuscì a scacciare gli spagnoli e ad insediare sul trono la dinastia nazionale del Braganza (1641). Lo scontro decisivo si ebbe a Rocroi (1643), dove i francesi, al comando del principe di Condé, inflissero una dura sconfitta agli spagnoli, distruggendo la fama di invincibilità dei tercios, le potenti schiere della fanteria spagnola. All’indomani della 4ª ed ultima fase della guerra dei trent’anni, si risolve in senso sfavorevole all’Impero. Ed ecco allora che si perviene alle trattative e alla pace. La pace di Westfalia, sostanzialmente diede un assetto all’Europa che rimase immutato fino al 1715. Mentre i negoziati erano in corso, peraltro, la situazione si aggravò ulteriormente per l’Impero, 20 perché gli eserciti francesi ottennero notevoli vittorie in Germania e gli svedesi penetrarono in Boemia. E quindi ecco l’imperatore Ferdinando III, che era succeduto al padre. Ferdinando II dovette essenzialmente accettare la pace. I trattati che costituiscono la pace di Westfalia furono stipulati dalla Francia, dalla Svezia, dall’imperatore e dai principati tedeschi. Naturalmente le perdite di vite umane dovute alle azioni militari rappresentarono soltanto una piccola percentuale del totale. La mancanza di cibo dovuta a fattori bellici e lo scoppio di malattie epidemiche (soprattutto la peste) uccisero molte più persone. LA GUERRA CIVILE INGLESE E IL PENSIERO DI THOMAS HOBBES Invece di rivoluzione inglese è più adatta la definizione di guerra civile, perché: hanno tagliato la testa a un re; Carlo I è finito sotto il patibolo con 150 anni di anticipo rispetto a Luigi XVI di Francia; hanno abolito la monarchia; hanno instaurato al posto della monarchia, un protettorato con Commonwealth; hanno abolito la camera dei pari. Tutto questo processo si è compiuto in maniera non unanime. Cioè non c’è stata una compattezza della popolazione inglese che ha provocato questi cambiamenti istituzionali. Uno scontro armato tra 2 fazioni in lotta, una realistica fedele al re e l’altra filo-repubblicana, che si sono combattute con scontri militari rilevanti dando vita a quella che è una guerra civile. Peraltro c’è anche un altro elemento che va considerato una rivoluzione che si rispetti non è un’operazione puramente di vertice. Cioè non è un fatto che si verifica soltanto a livello delle istituzioni di un paese, ma è un fenomeno che coinvolge anche l’assetto sociale di un paese stesso. Ad Elisabetta, che non lasciava eredi diretti, succedette il figlio di Maria Stuart, Giacomo I, già re di Scozia, a cui univa ora il regno di Inghilterra e Irlanda. I 3 paesi (formalmente 2, dato che l’Irlanda non era un’entità statale autonoma) diversi per religione e per grado di sviluppo economico, non erano affatto amalgamabili in una compatta unità politica, e rimasero in effetti formalmente separati. Anche la questione religiosa costituiva un terreno pieno d’insidie. Giacomo era protestante, e fin dall’inizio del suo regno dovette sventare congiure. La più famosa di esse fu la Gunpowder plot del 1605, in quanto mirava a far saltare in aria il Parlamento durante una seduta reale, e fu promossa soprattutto da elementi cattolici. Ne seguì una drastica repressione, che colpì non solo i cattolici, ma più in generale ogni forma di dissidenza religiosa. Sotto il regno del figlio e successore di Giacomo, Carlo I Stuart, la lotta fra monarchia e Parlamento assunse toni ancora più accesi. Le ragioni dello scontro rimasero le stesse: i rappresentanti della Camera dei Comuni pretendevano di controllare il potere esecutivo, volevano che i ministri del re fossero di loro gradimento, non gradivano l’episcopalismo della monarchia in nome di una concezione presbiteriana (cioè più democratica) della chiesa. In Scozia il malcontento degenerò in aperta ribellione. Il tentativo di Laud di imporre l’adozione del Common Prayer Book aveva esasperato i fedeli, almeno quanto gli espropri ai nobili dei beni già cattolici acquisiti al tempo della dissoluzione dei monasteri. Si costituì pertanto una lega armata, il National Covenant, con lo scopo di respingere il libro di preghiere e di abolire i vescovi. Gli schieramenti in campo erano delineati abbastanza nettamente, sia geograficamente che socialmente. In generale, le regioni del Nord e del Sud-Ovest si schierarono con il sovrano, mentre l’area di Londra, l’Est e il Sud-Est si allinearono con il Parlamento. La guerra non sembrava suscettibile di grosse sorprese, fino a quando il comando delle truppe venne affidato ad un deputato dei Comuni animato da una forte carica ideale e dotato di elevate doti militari: Oliver Cromwell. 21 Il New model Army si presentava per molti versi differente dagli eserciti tradizionali. Costituito sulla base di una partecipazione volontaria, retribuita, esso era permeato da un forte senso di corresponsabilità e di impegno in una missione che molti credevano voluta da Dio. La ridotta presenza nobiliare nei ranghi elevati contribuiva inoltre al riconoscimento delle qualità individuali, e alla promozione del piccoli proprietari e degli artigiani a ruoli di comando. In Irlanda, la rivolta fu stroncata con una brutale repressione eseguita dall’esercito, di cui sono ancora vivi nella memoria degli irlandesi episodi come l’assedio di Drogheda (1649), in cui furono uccise circa 3.500 persone, fra militari e civili e il massacro di Wexford, dove i soldati irruppero nella città mentre erano in corso le trattative della resa, uccidendo 2.000 fra soldati e civili irlandesi. Molte chiese cattoliche furono profanate, come la cattedrale di Kilkenny, adibita a stalla. Nel 1651, mentre l’Inghilterra è soggetta al potere di Oliver Cromwell, Thomas Hobbes pubblica a Londra un libro intitolato Leviathan, or the matter, from and power of a Common wealth, ecclesiastical and civil. Il Leviatano è un mostro biblico, di cui si dice che “non c’è potenza sulla terra che possa essergli paragonata”. Il Leviatano è un simbolo del male inteso in senso fisico, quindi la forza dei terremoti, delle eruzioni vulcaniche, i venti, le tempeste distrugge l’opera dell’uomo e distrugge l’uomo stesso e che sfugge al controllo dell’uomo è il Leviatano. Veniamo al contenuto del libro. La concezione: per Hobbes, gli esseri umani sono egoisti, avidi e costantemente bramosi di potere. Ciò ha per effetto la guerra perpetua di tutti contro tutti. Finchè c’è libero spazio al dispiegarsi di queste pulsioni innate nell’uomo, prevalgono gli istinti di reciproca sopraffazione. Hobbes introduce una nuova concezione contrattualistica. Egli rifiuta il dualismo anteriore e fa, dei 2 contratti, uno solo. Con un atto solo, gli uomini naturali si costituiscono in società politica e si sottomettono ad un padrone. Essi non fanno patti con lui, ma tra loro, rinunciando ad ogni diritto e libertà, che nuocerebbe alla pace. Ognuno devolve al sovrano il proprio diritto naturale assoluto sopra ogni cosa. Per effetto di ciò, gli uomini hanno rinunciato alla libertà di giudizio su bene e male, giusto e ingiusto. Essi devono considerare buono ciò che il sovrano ordina, e cattivo ciò che egli proibisce. Non è concepibile alcun ricorso contro la legittimità degli ordini del sovrano. Il sovrano deve assicurare ai suoi sudditi una certa libertà. Le leggi non devono intralciare l’esistenza degli uomini, ma guidarli “come fanno le siepi che non sono fatte per fermare i viaggiatori ma per mantenerli nella loro via”. Il sovrano, inoltre, deve garantire l’uguaglianza di fronte alla legge, di fronte agli incarichi pubblici e deve anche garantire assistenza materiale a coloro che non sono in grado di lavorare. Hobbes pensa che non debbano esservi un governo spirituale e un governo temporale. Lo Stato e la Chiesa sono la stessa cosa e si identificano nel sovrano. In tal modo nessuna pretesa autorità spirituale ha il diritto di ergersi a rivale del potere temporale. Nessun suddito può vedersi proibire come cristiano un’azione che la legge civile gli ordina. 22 LE SETTE PROVINCE UNITE NEL 600 Nel suo libro La civiltà olandese nel 600 che (1941), Johan Huizinga diceva che era sorprendente il fatto che un territorio come quello delle Province Unite, così limitato rispetto all’Europa delle grandi monarchie assolute, avesse potuto conoscere una così grande prosperità. Ora la Repubblica come era fatta? La Repubblica consisteva di 7 province (Olanda, la più marittima delle Province Unite; Zelanda, che è un’appendice meridionale; Utrecht; Gheldria, la più interna, quella che ha la più marcata proiezione nell’entroterra; Overijssel, un po’ più a nord; Frisia e poi Groninga), alle quali si aggiungevano il paese Drenthe (zona rurale senza lo status di provincia) e i territori della generalità, equivalenti a circa il 20% della superficie complessiva dello Stato, che erano territori conquistati in epoca più tarda rispetto alla Costituzione della Repubblica. All’apice della piramide si trovava la nobiltà, che manteneva una posizione di preminenza. Un posto particolare occupava la casa d’Orange, i cui membri ricoprivano quasi sempre la carica di Statolder (la massima carica dello Stato, con prerogative paragonabili a quelle di un sovrano) e disponevano di grandi patrimoni. Anche i consigli amministrativi dei villaggi erano dominati da questa classe sociale. I governanti cercarono quindi di alleviare le condizioni di miseria con interventi assistenziali nei confronti degli anziani, degli ammalati, degli orfani e dei poveri. La Chiesa riformata svolse, accanto alle altre, un ruolo notevole in questo sforzo. I Paesi Bassi erano poveri di alberi, ma ricchi di depositi di torba e a partire dal secolo XVI secolo iniziarono proprio lo sfruttamento di questa fonte di energia su larga scala. Questa enorme massa di energia veniva usata non solo per il riscaldamento domestico ma anche per scopi industriali, nelle tintorie, nelle panetterie, nella produzione dei mattoni, nella produzione del vetro, nella raffinazione del sale. Similmente, sempre dal punto di vista dell’energia, gli olandesi sfruttano su larghissima scala l’energia eolica, mediante l’impiego massiccio delmulino a vento. Tali strutture sorsero come funghi e divennero una delle caratteristiche più tipiche del paesaggio olandese. Si è calcolato che a metà del 600 operavano nei Paesi Bassi settentrionali circa 3.000 mulini a vento. La caccia alle balene si configurò nel 600 come una risorsa fondamentale: dalle prede si ricavavano infatti grandi quantità di carne, di grasso, di olio (usato soprattutto per l’illuminazione e il riscaldamento); la lingua, considerata un alimento prelibato, era venduta a caro prezzo; la pelle aveva molteplici impieghi e persino i fanoni, ovvero le grandi lamine cornee che pendono dal palato dei cetacei, rappresentavano una materia utile agli artigiani, che ne facevano strumenti di ogni genere. Dove si praticava questa caccia? Con la scoperta compiuta nel 1596 delle isole Svalbard, gli olandesi gettarono le basi della prima industria baleniera. Nel giro di pochi decenni furono fondati numerosi villaggi che vivevano unicamente di questa attività. Dotati di impianti per la lavorazione delle carni e dell’olio di cantieri nautici, questi agglomerati si popolavano durante la stagione della caccia per svuotarsi completamente al suo termine. 25 Un ruolo propulsivo per lo sviluppo del commercio viene svolto dalle compagnie commerciali. La prima ad essere fondata fu la Compagnia Unificata delle Indie Orientali (1602) e conosciuta con l’acronimo olandese di VOC. Come evidenziato dallo stesso nome, la VOC risultava dalla fusione di diverse Compagnie anteriori, che avevano iniziato a contestare il monopolio portoghese nei collegamenti con l’Asia del Sud Est. L’equivalente della VOC per le Indie Occidentali, cercò di in primo luogo di impiantarsi nell’America del Nord e nelle Antille (creando fra l’altro la città di New Amsterdam nell’isola di Manhattan). Ma questa WIC non raggiunse mai lo sviluppo della sua omologa orientale. Un ambito particolarmente interessante in questo comparto produttivo fu quello della floricoltura, legata alla produzione del tulipano. Introdotto in Olanda alla metà del 500, si diffuse con rapidità, a causa di una domanda molto sostenuta presso le classi medio-alte, presso le quali il fiore era considerato una specie di status symbol, divenendo un ornamento alla moda negli abiti delle donne e negli abiti femminili. Per quanto concerne le istituzioni politico-amministrative della Repubblica (7 province), va detto anzitutto che ogni provincia aveva un’organizzazione autonoma, a capo della quale vi erano il pensionario e lo statolder, affiancati da un’assemblea detta degli stati provinciali. Al di sopra delle province vi era tuttavia un’autorità federale, formata dall’assemblea degli Stati generali non più provinciali, dal Gran pensionario e dallo Statolder generale. Il clima di tolleranza favorì il ceto intellettuale, che godette di una libertà di espressione che non aveva riscontro in nessun altro paese europeo. Testimoniano ciò la grande produzione libraria e la presenza più o meno ampia di intellettuali come ad esempio Descartes e Spinoza, che altrove sarebbero state soggette a dure persecuzioni. Mentre i mercanti olandesi erigevano questa talassocrazia di dimensioni mondiali, l’università di Leida si affermava come il più importante centro d’Europa per lo studio della medicina, Cartesio gettava le basi per l’applicazione ad ogni campo del sapere di un metodo di conoscenza basato sul rigore delle scienze matematiche, mentre nel diritto internazionale Grozio elaborava quella teoria della libertà del mare aperto e delle acque territoriali che ancora oggi è il fondamento del diritto vigente in materia. LE ROI SOLEIL. LA FRANCIA DI LUIGI XIV Alla morte del cardinale Giulio Mazarino, che aveva retto le sorti della Francia dal 1642 al 1661, Luigi XIV decise di porre fine al regimeministeriale, e di assumere personalmente la responsabilità e la direzione della politica interna ed estera. Versailles era la sede di tutto il potere della Francia, in quanto non solo il re vi visse con la sua corte a partire dal 1682, ma qui avevano sede tutti i ministeri e i principali organi di governo (ad esclusione del parlamento che non a caso era stato lasciato a Parigi). Per quanto concerne l’organizzazione del potere centrale, Luigi XIV diede vita principalmente a ristretti organi collegiali, con poteri per lo più consultivi, denominati Consigli del Re. Nella sua azione di governo, il sovrano era inoltre affiancato da un cancelliere, che presiedeva le corti di giustizia, un controllore generale e quattro segretari di Stato, responsabili della guerra, della Casa del Re e della Marina. 26 Quindi anche questa di Luigi XIV, sebbene monarchia assoluta, è una monarchia polisinodale. Il re è affiancato nell’esercizio del potere da alcuni consigli che sono responsabili per materia la marina, la guerra, la giustizia, ecc. Una delle caratteristiche più tipiche di questo modello, destinato a diventare esemplare per altri stati europei di formazione più recente, come l’Italia, fu infatti il diretto controllo del potere centrale su tutte le province in cui era ripartito il territorio nazionale. Decisiva importanza acquistò a tal riguardo la figura degli intendenti, già presenti al tempo di Richelieu e Mazzarino, ma divenuti con Luigi XIV uno dei cardini della nuova struttura statale. Nel contesto della riorganizzazione legislativa e amministrativa del Regno, si colloca la pubblicazione di distinti codici di leggi. Nel 1667 fu promulgata la Grande Ordonnance de Procédure Civile, conosciuta anche col nome Code Louis, il primo codice di procedura civile valido e uniforme per tutta la Francia, che giocò un ruolo rilevante nella storia legale del paese e gettò le basi per il futuro Codice Napoleonico. C’è un altro codice chiamato Le code noir di Luigi XIV, emesso nel 1685, regola la vita dello schiavo che è considerato come un bene mobile. Vale a dire che lo schiavo non può possedere delle cose, dato che è lui stesso una cosa. Per il diritto dell’epoca era una cosa assolutamente normale. Va comunque riconosciuto che conteneva le prime forme di tutela dello schiavo. Per es., si stabiliva che non si poteva separare una famiglia di schiavi. Anche la politica culturale fu improntata ad uno spirito di accentramento e ad una volontà di controllo analoghi a quelli che venivano esercitati negli altri campi. Riconducibile a ragioni di prestigio e di grandeur culturale fu la protezione accordata ad artisti e intellettuali, nonché la promozione di istituzioni deputate a diffondere l’arte e la cultura. Colbert si impegnò per il risanamento dell’economia francese, su 2 direttrici: da un lato si sforzò di riorganizzare il farraginoso sistema fiscale, incontrando però non poche resistenze da parte dei detentori di privilegi, soprattutto della nobiltà di spada. Dall’altro, cercò di potenziare la ricchezza del paese, promuovendo lo sviluppo della produzione agricola e manifatturiera, e l'intensificazione del commercio. Gli sforzi di Colbert per unificare il mercato interno e per superare il particolarismo derivante dall’esistenza di tariffe doganali interne, nonché di diversi pesi e misure, non ebbero un gran successo. Tuttavia, ad emblema dell’indirizzo unitario che egli voleva imprimere alla vita economica del paese, rimase la jonction de deux mers, un grandioso sistema di canali che collegava l’Atlantico con il Mediterraneo. Ben addestrato e armato con strumenti rapidi e maneggevoli (fucile, sciabola, pistola), l’esercito si appoggiava ad una solida rete di fortezze che facevano perno su quella di Metz, disegnata da Sébastien de Vauban, un geniale ingegnere militare che rivoluzionò la vecchia tattica di logoramento interminabile negli assedi, consentendo una difesa elastica e dinamica. Si arrivò alla fine, dopo alcuni scontri militari, alla pace di Nimega del 1678, che stabiliva la cessione della Franca Contea dalla Spagna alla Francia, ma anche la conferma dello statu quo tra quest’ultima e l’Olanda: risultato che sanzionava il fallimento del disegno imperialistico di Luigi XIV, costretto anche a concedere all’Olanda l’abrogazione delle tariffe doganali istituite da Colbert nel 1667. Tuttavia cosa succede? desideroso di ammorbidire la resistenza di Roma di fronte alle tesi gallicane, nonché di riabilitarsi agli occhi del mondo cattolico per il mancato aiuto all’impero nella lotta contro i turchi, Luigi XIV emana nel 1685 l’editto di Fontainebleau, con cui revocava l’editto di Nantes. Da allora, il protestantesimo non ebbe più esistenza legale. 27 La società possiede due poteri essenziali: 1. il LEGISLATIVO, che regola la maniera in cui devono essere usate le forze dello stato per la conservazione della società; 2. l’ESECUTIVO, che assicura l’esecuzione delle leggi positive all’interno. In tutte le monarchie moderate, il potere legislativo ed esecutivo devono trovarsi in mani diverse. Il potere è un deposito (trust, trusteeship) affidato ai governanti a vantaggio del popolo. Se i governanti agiscono in modo contrario al fine per cui avevano ricevuto l’autorità, cioè il bene pubblico, il popolo RITIRA LA SUA FIDUCIA e riprende la sua sovranità iniziale, per affidarla a chi giudicherà opportuno. Risultato finale della teoria di Locke: se lo Stato abusa dei suoi poteri, il popolo può impiegare la forza, ed esercitare il DIRITTO DI INSURREZIONE. Diversamente, la pace che si instaura fra potenti e deboli è simile a quella che c’è tra lupi ed agnelli, o a quella presente nella caverna di Polifemo. LA RUSSIA DI PIETRO IL GRANDE Le condizioni della Russia nel XVII secolo erano segnate da una pesante arretratezza. Sotto il profilo istituzionale, la forma di governo era simile all’assolutismo di molti stati dell’Europa occidentale, ma l’esercizio del potere era ancora più oppressivo. Lo zar esercitava una sovranità assoluta e illimitata, tanto in politica interna che estera. Al di sotto dello zar vi era un consiglio chiamato la Duma dei Boiardi, che aveva poteri solo consultivi e fungeva da corte d’appello in alcuni procedimenti giudiziari La dinamica sociale era polarizzata tra un ristretto strato di proprietari terrieri e una massa di agricoltori, praticamente senza strati intermedi. La gran parte dei contadini, inoltre (caso molto raro in Europa) si trovava in condizione servile, cioè non poteva liberarsi delle proprie obbligazioni né lasciare la terra senza il permesso del padrone, ed era soggetta ai suoi poteri giudiziali e di polizia. Fu solo l’ascesa al potere di Pietro il Grande (allora appena diciassettenne), nel 1689, a portare a maturazione le istanze di rinnovamento presenti nella élite del paese. Il giovane Pietro aveva avvertito un’immensa attrazione per i progressi tecnici e culturali e per lo stile di vita che aveva potuto osservare nella nemetckaia sloboda (o quartiere tedesco) di Mosca, in cui vivevano persone provenienti da tutta l’Europa occidentale. In Olanda Pietro si trattenne per 5 mesi, impegnandosi in modo particolare ad osservare (e a lavorare personalmente) nei rinomati cantieri navali di quel paese. La sua curiosità era insaziabile. Voleva vedere tutto con i propri occhi; visitò fattorie, segherie, filande, cartiere, botteghe di artigiani, musei, giardini botanici e laboratori. Tale ambizioso programma era collegato ad una prospettiva espansionistica in politica estera, rivolta tanto al mar Baltico, sede di intensi e lucrosi traffici commerciali, quanto al mar Nero. Il tentativo più importante di introdurre criteri meritocratici nell’amministrazione è costituito dall’adozione della Tavola dei ranghi (1722), destinata a contrassegnare durevolmente la fisionomia della burocrazia statale russa, essendo rimasta in vigore fino al 1917. 30 Per quanto concerne la politica monetaria, va osservato che fino ad allora circolava in Russia un’enorme quantità di monete straniere con sovraimpressa la lettera M che voleva dire Moscovia mentre le uniche monete russe regolari erano delle monete d’argento dette copeche. Essendo convinto che per incrementare il commercio, fosse necessario coniare una grande quantità di denaro statale, emesso e protetto dal governo, egli ordinò quindi la produzione di un grande numero di monete di rame, argento ed oro che sostituissero le copeche. Lo stile di vita libero e raffinato della nemetckaia sloboda aveva sempre attratto Pietro, e la conoscenza diretta dell’Europa fece crescere in lui il desiderio di modificare la rozza vita sociale russa. Egli costrinse i suoi sudditi a tagliarsi la barba, giudicata segno esteriore dell’arretratezza dei costumi russi, ed emanò un decreto che obbligava tutti i sudditi, contadini e sacerdoti esclusi, a radersi. Scenario di elezione della nuova cultura fu la nuova capitale, San Pietroburgo, che lo zar fece iniziare a costruire nel 1703. La posizione geografica è di per sé indicativa: la città, posta alla foce del fiume Neva sul Baltico, doveva essere (secondo l’incisiva definizione di Francesco Algarotti) una “finestra sull’Occidente”. A ideare l’impianto urbanistico di quella che sarebbe divenuta la nuova capitale fu chiamato l’architetto svizzero Domenico Trizzini, più altri architetti italiani. Si volle fare in modo che il nuovo centro avesse caratteri di eleganza e razionalità. Gli edifici furono principalmente in pietra, a differenza di quelli di Mosca, che erano in gran parte in legno. A complemento di questo piano urbanistico emulativo delle grandi monarchie occidentali, vi fu la creazione nel 1725 di una fastosa residenza regale a Peterhof, nei pressi di San Pietroburgo, edificata dall’architetto francese Jean-Baptiste Le Blond, e presto divenuta celebre con il nome di “Versailles russa”. La politica religiosa di Pietro risentì più che altri campi delle sue personali inclinazioni. Sebbene egli considerasse la religione come un utile strumento di controllo sociale ed il clero come un corpo in grado di svolgere funzioni utili, quali l’educazione e la cura dei malati, fu anche decisamente ostile alle tradizioni, ai riti e al cerimoniale. Pietro colpì i Vecchi credenti con una serie di misure, sempre più vessatorie: dapprima previde che dovessero pagare una tassa doppia in caso di mancato taglio della barba, poi che dovessero portare un medaglione che attestasse il pagamento della doppia tassa. Coinvolto in trame contro il padre, lo zarevic Aleksej Petrovic decise nel 1716 di fuggire dalla Russia, riparando prima a Vienna e poi a Napoli. Convinto dagli emissari dell’imperatore a ritornare in patria nel 1718, con la promessa di immunità, fu invece condannato e sottoposto a processo di fronte ad una corte formata dagli alti gradi dell’esercito e dell’amministrazione civile. Lenin, personaggio certo non sospettabile di simpatie per il regime zarista, ebbe ammirazione per Pietro il Grande, a cui riconobbe il merito di aver “affrettato l’introduzione dell’Occidente nella barbara Russia, non risparmiando l’impiego di mezzi barbari nella lotta contro la barbarie”. 31 SECONDO SEMESTRE LA CRISI DEL 600 IN ITALIA Quello della crisi del secolo XVII è stato un paradigma storiografico autorevolmente accreditato e largamente diffuso, seppure attualmente messo in discussione da studiosi che negano quantomeno la portata generale di questa crisi. Volendo ricostruire la genesi e lo sviluppo di questa interpretazione, è interessante notare come essa risalga agli anni immediatamente seguenti la grande crisi mondiale del 1929. Allora si moltiplicarono gli studi sulle crisi in generale e sulle loro conseguenze. Il risultato di questi studi vede la contrapposizione di una fase coincidente al 500 e una coincidente al 600, nonostante le diverse variazioni regionali. Le più recenti ipotesi sulla crisi generale del 600 in Europa si possono così riassumere. La storiografia politica ha molto insistito sulle rivolte popolari che caratterizzarono spesso la storia dei vari paesi europei verso la metà del secolo: le 2 rivoluzioni inglesi, la Fronda, la rivolta in Catalogna, in Portogallo e a Napoli. Alcuni storici parlano di squilibri fra le varie aree: 1. paesi con un’economia dinamica come Francia e Inghilterra 2. paesi con un’economia meno dinamica come Danimarca La crisi in Italia, economica e politica, avviene nel contesto della dominazione spagnola sancita con la pace di Cateau–Cambrésis del 1559, la Spagna, che già possedeva la Sicilia, la Sardegna e Napoli, aveva ottenuto il ducato di Milano e lo stato dei Presidi, e la sua influenza sul resto della penisola era divenuta ancora più forte. Gli studi e gli interessi di questa crisi risalgono all’800, pensando ad esempio ai Promessi sposi. Per De santis nel 600 l’Italia perse il suo primato sulla storia del secolo. Vi è una geografia della crisi italiana e non tutte le aree si ascrivono alla categoria della crisi seicentesca. 6 stati mantenevano la loro autonomia politica. Repubblica di Venezia, Gran Ducato di Savoia, Stato pontificio. Questi ultimi 2 sono simili: monarchie di origine feudale-medievale con un modello politico simile ad un moderno stato assolutista. Piemonte e Chiesa si espandono. La politica espansionistica dei Savoia consentì l’acquisto del marchesato di Saluzzo, di parte del Monferrato e infine del regno di Sardegna. Lo Stato pontificio riconquistò i territori di Ferrara ed Urbino, rispettivamente nel 1598 e 1631. La monarchia pontificia viene chiamata “un corpo e due anime” per le 2 funzioni del papa di sovrano e capo della chiesa: 2 funzioni che con le iniziative rispettive erano a danno l’una dell’altra. Il suo carattere elettivo ebbe conseguenze negative come la mancanza di una politica interna nazionale coerente e le strategie nepotistiche per mantenere il potere nella famiglia. Tuttavia conobbe un processo di consolidamento delle proprie strutture interne. Nel clima della controriforma cercarono di amministrare la Chiesa in un modo più efficiente alcune terre laiche furono sotto il dominio delle classi ecclesiastiche. Lo stato della Chiesa non conosce una vera crisi nella prima metà del 600. Venezia conservò un ruolo importante nella politica italiana e anche europea. La crisi del commercio internazionale era evidente, poiché in mano agli inglesi e olandesi. I patrizi veneti si lanciarono alla conquista di terraferma dalla seconda metà del 500 l’asse dell’economia è il possesso fondiario. Il ceto dirigente veneziano spese nella guerra di Candia (1645-1669) numerosi ducati, nella strenua e affascinante, quanto inutile (giacché votata fin dall’inizio ad un’inevitabile sconfitta) difesa di un impero coloniale ormai anacronistico. Il 600 vide la storia dei soldati italiani fuori d’Italia. Non vi fu assedio o grande battaglia in Europa che non vedesse la partecipazione di reggimenti italiani, reclutati in quasi tutti gli stati. Per non parlare di strateghi di geniale talento, quali il grande Ambrogio Spinola, al servizio della monarchia 32 terreni al pascolo. La cerealizzazione del paesaggio agrario fu uno dei fenomeni di maggior rilievo nelle campagne del ‘500. ovunque, con poche eccezioni, il grano guadagno terreno. In tutta Europa, i pascoli e i prati vennero limitati per lasciare spazio ai cereali. Anche le colture specializzate come la vite e l’olivo, nell’area mediterranea, dovettero cedere il passo alla coltivazione del grano. Ben documentata è anche la riduzione dei boschi. In molte regioni europee densamente popolate, anche le bonifiche dei terreni paludosi assunsero un rilievo notevole: si intensificò, tra 1540 e 1640 la costruzione di polders nei Paesi Bassi, con la sottrazione di migliaia di ettari al mare. Quale fu l’incremento intensivo più interessante, più importante dell’Europa del 500? Si tratta di un qualcosa che ha interessato soprattutto l’Europa centro settentrionale. Un’innovazione ed è l’introduzione delL’aratro pesante era trainato da animali dotati di giogo rigido. Aveva le ruote e 2 lame di ferra: il coltro spaccava le zolle; il versoio rivoltava il terreno in profondità. L’aratro pesante si diffonde soprattutto in una Europa compresa a livello di latitudini, tra la Padania e le Fiandre, quindi nell’Europa centrale e settentrionale. Nell’Europa del Sud, dove i terreni sono più friabili, la necessità dell’aratro pesante non c’è. È un’agricoltura, quindi, che rimane vincolata all’aratro semplice, ai buoi come appunto animali da traino e da agricoltura meno produttiva. Europa centro-settentrionale, cavalli, aratro pesante, terreni pesanti e più produttivi. Europa meridionale, buoi come animali da traino, aratro semplice e quindi produttività certamente inferiore. Durante il 500 l’incremento demografico e la connessa crescita della domanda di beni alimentari, quindi, stimolò anche una crescente divisione geografica del lavoro. Nell’Europa settentrionale, il traffico più intenso e più ampio è quello che si svolge attraverso il Baltico e ilMare del Nord, e collega le pianure della Polonia con i maggiori centri cittadini dell’Occidente. È un asse commerciale che poggia sui 2 porti di Danzica da una parte e Amsterdam dall’altra. Le relazioni commerciali favoriscono la specializzazione delle 2 aree comunicanti: in Oriente una crescente produzione cerealicola, e una relativa stagnazione dell’industria, mentre in Occidente l’espansione industriale e commerciale. In tutta Europa, durante il 500, si verifica una crescente polarizzazione della ricchezza. Perchè? Perchè Le condizioni della popolazione contadina si deteriorano profondamente, mentre il reddito e il potere dei maggiori proprietari di terre si accrescono dovunque: il valore del loro terreni aumenta. I canoni che ricevono risultano sempre più elevati, mentre i salari pagati al braccianti tendono a diminuire. Quali sono le conseguenze di questa stagnazione demografica che interessa l’Europa del 600? A partire dalla fine del 500, l’espansione demografica si interruppe. Alcuni studiosi stimano in 105 milioni di abitanti la popolazione europea nel 1600 e in 115 milioni quella del 1700. Quali le cause di questa lunga stagnazione? 1) frequenti carestie XVII secolo è un secolo punteggiato da annate dovute essenzialmente a un irrigidimento del clima. Gli studiosi parlano della piccola era glaciale che interessa l’Europa del 600; 2) distruzioni militari (guerra dei trent’anni); 3) diffusione della peste, con le gravi epidemie del 1630 e 1656-57. Il grano rendeva sempre meno, mentre vite e olivo sempre di più, e altrettanto i pascoli per allevare bestiame, date anche le elevate quotazioni di mercato della lana. Nel 600 si verificò dappertutto una riduzione della cerealicoltura. Alla contrazione delle colture cerealicole fece riscontro la tendenza ad un’utilizzazione più varia del suolo. 35 PROBLEMI DI STORIA DELL’INDUSTRIA IN ETÀMODERNA II termine industria con riferimento all’epoca preindustriale viene talora usato dagli storici con qualche esitazione. “Industria” evoca alla mente l’economia contemporanea, la presenza di fabbriche, di macchine, di lavoro di decine, centinaia o migliaia di operai riuniti nello stesso edificio. Di tutto questo, prima della rivoluzione industriale, non c’è traccia: al massimo qualche anticipazione. La parola industriale non significava quello che significa ai nostri giorni. Presso i latini, si intendeva per industria l’operosità, lo zelo, la diligenza, la perseveranza. Per secoli il significato di industria non cambiò rispetto a quest’accezione originaria. Così il termine veniva usato ancora nella seconda metà del 1700 nell’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert, e anche nella Ricchezza delle nazioni di Smith. Solo durante l’800, con industria si cominciò ad intendere un settore particolare dell’attività economica, poi anche l’edificio in cui tale attività era svolta. Se pertanto volessimo cercare di dare una definizione del termine industrie, possiamo dire Con industria si intende quel settore dell’economia in cui la produzione di merci avviene tramite la trasformazione di materie prime o tramite materiali che hanno già subito una parziale lavorazione (semilavorati). Quasi mai i prodotti che vengono ricavati dalla terra per mezzo dell’attività agricola sono consumati senza subire qualche modifica, superficiale o più profonda. Qualche perplessità nasce circa la collocazione dell’attività mineraria, per alcuni studiosi appartenente al settore primario. In genere, tuttavia, viene inserita fra le attività industriali, giacché i minerali subiscono sempre qualche trasformazione nelle vicinanze del luogo di estrazione. Gli studiosi indicano l’attività mineraria come industria estrattiva, e la distinguono dagli altri rami industriali, considerati come industria manifatturiera. È possibile individuare nel passato 3 tipi fondamentali di struttura industriale, ben documentati nei secoli del tardo Medioevo e nell’età moderna in Europa. Essi non sono stadi successivi, ma compaiono spesso l’uno accanto all’altro, seppure con un peso relativo diverso a seconda delle epoche. Li possiamo individuare come: 1) industria domestica; 2) artigianato; 3) industria accentrata. L’industria domestica è l’attività industriale svolta dai membri della famiglia per far fronte al proprio fabbisogno di prodotti non agricoli. È il tipo di attività industriale più diffuso. L’industria domestica non è rivolta al mercato, ma alla produzione per i membri della famiglia stessa. Caratteristica dell’industria domestica è l’identificazione fra produttore e consumatore. Il settore tessile è il cuore dell’industria domestica in età medievale e moderna. Vi è tuttavia anche l’industria alimentare. La produzione del pane, dall’antichità fin quasi ai nostri giorni, è rimasta una tipica attività domestica. Così anche la produzione del vino, della birra, del burro, del formaggio erano spesso attività domestiche. Quali erano i protagonisti dell’industria domestica? Ulisse, che costruì con le proprie mani letto in cui dormire, e Penelope, che tesseva insieme alle ancelle, sono esempi di industria domestica in una famiglia di potenti. Di solito tuttavia essa era praticata più dai poveri che dai ricchi. Anche nei monasteri, le monache, assieme alla preghiera, svolgevano spesso occupazioni manuali per provvedere ai bisogni della comunità. 36 Lo stadio un po’ più evoluto del settore secondario, è l’artigianato.Nel Medioevo e nell’età moderna, l’artigianato è la forma di organizzazione industriale più diffusa. Per artigianato si intende la piccola produzione di articoli manufatti svolta in una bottega da un lavoratore specializzato. La produzione è destinata al mercato. Rispetto al sistema dell’industria domestica, nell’artigianato c’è nella separazione fra le attività del produrre e del consumare. L’artigiano poteva anche essere un datore di lavoro: alcuni artigiani avevano infatti aiutanti. Questi potevano essere: 1) apprendisti, cioè giovani che lavoravano a titolo gratuito per apprendere un mestiere, e per aprire una bottega per proprio conto; 2) lavoranti, ossia aiutanti che lavoravano ora per un artigiano, ora per un altro dietro un salario. Il carattere economico della corporazione era rinsaldato da legami di tipo sociale che esistevano fra i membri. L’endogamia di gruppo era uno di questi. Altri erano le cerimonie religiose qui gli artigiani partecipavano, e l’esistenza di un santo patrono per ogni corporazione (ad esempio S. Caterina d’Alessandria per i Cartai). Le 2 fondamenta del sistema corporativo furono: 1) la tutela dell’uguaglianza economica fra i membri; 2) il tentativo di concentrare il monopolio della produzione nelle mani degli associati. Il punto n.1 mirava ad evitare che qualche produttore diventasse troppo potente e che qualche altro si indebolisse. Con il punto n.2 si cercava di evitare che l’attività produttiva si svolgesse al di fuori della corporazione. Il monopolio di un centro in un certo mestiere poteva resistere solo impedendo che artigiani qualificati emigrassero. A volte, i controlli erano efficaci. Ad es., ilmulino da seta, inventato a Bologna nel 200 (impiegato per la torcitura), si diffuse con lentezza nell’Italia del centro-Nord. In Inghilterra arrivò solo all’inizio del 700 grazie allo spionaggio industriale di un inglese in un mulino piemontese. L’industria accentrata si può definire come l’attività di trasformazione svolta dal lavoratore in uno stesso luogo, sotto la direzione di un supervisore, con strumenti appartenenti ad altri. L’accentramento può derivare primo da: 1. L’unicità del prodotto da realizzare; 2. L’unicità della fonte delle materie prime; 3. Necessità di un controllo continuo sulla manodopera; 4. Attrezzature tecniche costose che devono essere adoperate collettivamente. Nella miniera di Potosí le condizioni erano meno letali, ma altrettanto disumane. Nel buio quasi totale squadre di indigeni, come formiche, trasportavano a spalla carichi di minerale da mezzo quintale su per scalette invisibili di corda e cuoio, addentrandosi in gallerie che potevano raggiungere la profondità di 250 metri. Altre industrie accentrate tra le più importanti dell’economia preindustriale erano arsenali. L’esempio più famoso è l’arsenale di Venezia, dove la divisione del lavoro era molto forte già ai tempi di Dante (“chi ribatte da proda e chi da poppa/ altri fa remi e altri volge sarte/ chi terzeruolo e artimon rintoppa”). A fine 400 vi erano impiegati 3000 lavoratori. Un altro settore organizzato in forma accentrata era quello della carta. L’organizzazione produttiva nella cartiera si articola in 4 cicli principali: 1. Cernita e macerazione degli stracci; l’impianto fondamentale, costituito da diversi magli a caduta libera azionati da ruote idrauliche, viene adoperato per la seconda operazione. 37 ASCESA E DECLINO DELL’IMPERO OTTOMANO (SECOLI XV-XVIII) Potenza territoriale, militare, economica, l’impero turco era oggetto di invidia ma anche di ammirazione e di rispetto, dato che portava con sé un’aura di splendore artistico, concretizzata nella costruzione di monumenti, quasi sempre a carattere religioso, in tutti i territori conquistati. Ebbe vasta diffusione in Europa una serie di libelli e di testi che demonizzavano i turchi, considerandoli il più mortale nemico dell’Europa, con l’obiettivo di realizzare l’unità degli occidentali contro di esso. Questa lettura, ispirata in larga misura dagli Amburgo, e scritta in lingua latina, francese e tedesca, è stata diffusa in tutta l’Europa occidentale. Solo nel XVI secolo, furono stampati in Europa 2500 libri (1000 dei quali in tedesco) che dipingevano i turchi come belve assetate di sangue. Questo edificio aveva al centro la persona del sultano, monarca assoluta che riuniva in sé le tradizioni tribali turche e quelle governative arabo-islamiche. Egli era sotto tutti gli aspetti il capo supremo dello Stato, aveva un’autorità assoluta sui sudditi, prendeva qualunque decisione di carattere amministrativo, militare o diplomatico. La tradizione islamica prevedeva che l’ascesa del sovrano fosse nelle mani di Dio, e che egli fosse maschio, pubere e sano di mente, ma è chiaro che ciò era lontano dal consentire una facile individuazione del candidato al trono. Questo spiega perchè nella storia dell’impero turco, alla morte di un sultano si verificassero frequenti disordini e lotte, non rado culminati con l’eliminazione fisica dei probabili candidati. A cavallo fra i secoli XVI e XVII, vi fu un periodo di 130 anni (noto come il Sultanato delle donne) durante il quale le donne dell’harem del sultano, approfittando della presenza di sultani troppo giovani o inetti al governo, esercitarono un enorme controllo sulla vita politico-militare dell’impero. I sultani, dalla seconda metà del XV secolo al 1856, vissero nel palazzo di Topkapi a Istanbul. Il palazzo si identificava a tal punto con il potere e con lo stesso impero ottomano che uno dei suoi elementi architettonici più tipici, la Sublime Porta, fu correntemente usata come metonimia per indicare il governo dell’Impero ottomano. La parte esterna del palazzo (birun) era da un lato il luogo in cui si trovavano tutti i servizi necessari al palazzo stesso, dall’altro la sede del governo e la sala di riunione del divan, il Gran Consiglio Imperiale presieduto dal Gran Visir. Costui, nominato dal sultano e detentore del Sigillo imperiale, era il capo assoluto dopo il sovrano, anche se era esposto al rischio di una brusca cessazione dei poteri. L’esercito Ottomano, già ben organizzato a partire dalla fine del XIV secolo, fu perfezionato nel XV e XVI secolo, periodo in cui raggiunse i livelli più alti. In parte era composto di truppe permanenti, reclutate con il sistema del devscirme. Tra di loro, formavano i giannizzeri la fanteria e costituivano l’elemento più dinamico dell’esercito. La Marina era costituita dalle forze poste agli ordini del kapudan pascià, aveva come campo d’azione il Mediterraneo Orientale, e dalla marina dei corsari turchi, che si era messa in evidenza con la conquista dell’Africa del Nord. 40 Tutta questa attività economica si sviluppava lungo le grandi strade carovaniere disseminate di caravanserragli, grandi edifici dotati di una locanda, locali per custodire i carri e alloggi per i mercanti. Il grande commercio era prerogativa di negozianti, detentori di ingenti capitali forniti in parte dagli alti responsabili dell’impero. I negozianti operavano in stretto rapporto con i mercanti europei presenti negli scali. Dopo di lui, Bayazid II e soprattutto Solimano il Magnifico fecero costruire edifici religiosi, in particolare le grandi moschee, del sultano tra cui la celebre Suleymaniye, che contribuirono da una parte a fare di Istanbul uno dei principali poli dell’islam, e dall’altra a dare alla città uno splendore artistico ammirato da tutti i viaggiatori occidentali. Ragguardevole fu l’incoraggiamento dato da Solimano il Magnifico alla medicina e alla matematica. Non era assente la pittura: Maometto II, che ammirava l’arte occidentale, fece venire dall’Italia il pittore Gentile Bellini, che dipinse il ritratto del sultano, mentre una vivace scuola di miniatura si affermò nella capitale turca. Il declino dell’impero Ottomano non apparve immediatamente dopo la morte di Solimano il Magnifico, in quanto lo slancio dinamico si manifestò ancora con la conquista dell’isola di Cipro (1571) e la presa di Tunisi (1574), che completò l’occupazione dell’Africa del Nord. La disfatta navale subita a Lepanto nel 1571, benché celebrata con enfasi dagli occidentali, non fu considerata grave dai turchi. Il declino si accentuò negli anni successivi, sotto il visirato di Kara Mustafà Pascià. Desideroso di eliminare il pericolo rappresentato dagli austriaci che minacciavano l’Ungheria, egli mobilitò tutte le forze militari dell’impero contro di loro, e per trovare i mezzi finanziari necessari, impose tasse straordinarie nelle province e confiscò i beni degli alti funzionari. Tutto ciò fu inutile, in quanto l’assedio di Vienna (luglio-settembre 1683) si risolse in uno scacco, e l’armata turca venne sconfitta. Dopo altre sconfitte in Bulgaria e nel Caucaso, il sultano dovette firmare la pace, disastrosa, di Kucuk Kaynarca (1774). I russi, coronando un sogno plurisecolare, occuparono tutte le rive settentrionali del Mar Nero. Inoltre ottennero importanti privilegi commerciali, il libero accesso al Mediterraneo per le loro navi e la possibilità di costruire una chiesa russo-ortodossa a Istanbul. In particolare Si fece ricorso alla tecnologia straniera per ammodernare l’esercito ottomano: in questo modo l’artiglieria fu completamente rinnovata da un francese, il conte di Bonneval tra il 1732 e il 1747, il quale, convertitosi all’Islam e assunto il nome di Ahmet Pascià, fondò anche la prima scuola di genio militare. I viaggiatori ottomani, colpiti dal gusto degli stati cristiani, al loro rientro a Istanbul, contribuirono alla costruzione di palazzi più o meno ispirati all’Occidente, di giardini in cui erano coltivati soprattutto i tulipani, che erano raffigurati anche nelle decorazioni delle case. Questo atteggiamento ha fatto da sfondo alla cosiddetta “questione d’Oriente” (uno dei principali nodi problematici delle diplomazie europee nel corso del XIX secolo), il cui obiettivo non confessato è stato lo smembramento dell’impero Ottomano a beneficio delle grandi potenze occidentali. 41 L’ASSOLUTISMO ILLUMINATO Vi è oggi un ampio accordo fra gli studiosi nel considerare l’assolutismo illuminato (o dispotismo illuminato) del XVIII secolo come la risposta a specifiche esigenze di rafforzamento militare e di riorganizzazione amministrativa e finanziaria piuttosto che come il frutto di una piena adesione dei sovrani alle idee e alle proposte dei philosophes. L’assolutismo illuminato consiste essenzialmente in un tentativo riuscito in molti casi meno riuscito in altri di modernizzare la macchina amministrativa. Quali furono i protagonisti di questa stagione politica? Numerosi, perché tutti gli Stati europei, inclusi quelli italiani sono interessati a questo movimento, tuttavia c’è ne sono 3 che brillano per incisività e profondità dell’azione riformatrice: 1. La Prussia di Federico II; 2. La Russia di Caterina II; 3. L’Austria di Maria Teresa d’Asburgo e di Giuseppe II d’Asburgo, il figlio. Il risultato più clamoroso della politica ecclesiastica dei sovrani “illuminati” fu l’espulsione della Compagnia di Gesù (cioè l’ordine religioso più potente e influente), da molti paesi europei, e la sua soppressione (1773). Fu proprio la strenua difesa, da parte dei gesuiti, dellemissioni del Paraguay dai tentativi di occupazione del governo portoghese (che voleva impadronirsene nella convinzione che nei loro territori vi fossero ricche miniere d’argento), che indusse il ministro portoghese Sebastiano di Pombal a montare contro di loro l’accusa di un complotto contro il re del Portogallo Giuseppe I, e ad espellerli dal paese nel 1759. Tra le aree europee in cui questa formula politica trova la sua espressione più esemplare vanno annoverati i paesi asburgici, che sotto i regni diMaria Teresa e di Giuseppe II furono investiti del più vasto e profondo movimento di riforma che l’Europa del secolo XVIII abbia conosciuto prima della Rivoluzione francese. Che cos’era quella che chiamiamo impropriamente Austria, ma che si dovrebbe chiamare gli Stati asburgici? Non si trattava di una monarchia sul modello europeo occidentale, ma, per riprendere una definizione famosa di Brunner, di una “unione monarchica di stati per ceti” ciascuno dei quali manteneva non solo la sua individualità etnica e linguistica, ma le sue leggi e i suoi ordinamenti interni. Principale consigliere della sovrana e ispiratore della sua politica fu il conteWenzel Anton von Kaunitz, ministro degli esteri e cancelliere, carica quest’ultima che gli dava la presidenza del Consiglio di Stato. Con Maria Teresa si venne formando quell’apparato statale, caratterizzato da proverbiali spirito di servizio e correttezza formale, che costituì per 150 anni la struttura portante del composito impero asburgico. Non vi sono differenze sostanziali fra gli obiettivi che si era posta Maria Teresa e il programma giuseppino; il cambiamento è piuttosto nelle forme e nei metodi, nello stile di governo, nella rapidità e radicalità delle decisioni, che risentirono dell’impronta caratteriale del sovrano, con la sua innata volontà di dominio, la sua naturale propensione alla solitudine e all’orgoglio intellettuale, la sua insofferenza verso ogni ostacolo o indugio. Papa Pio VI prese la decisione senza precedenti di recarsi personalmente a Vienna per dissuadere l’imperatore da seguire la via intrapresa. Il viaggio del “pellegrino apostolico” (marzo-aprile 1782) ebbe vastissima risonanza nel mondo cattolico e riuscì a dimostrare quanto forte fosse ancora la 42 2. Il conflitto istituzionale ed ideologico fra Stato e Chiesa. Nel secondo periodo (1760-70) la polemica giurisdizionalista si inidirzzò verso un obiettivo particolare, i gesuiti, su cui già da tempo esisteva una martellante pubblicistica, a livello europeo, volta a screditare l’ordine e a cercare di ridimensionare il potere e l’influenza. In Italia furono gli stati che rientravano nella sfera d’influenza borbonica ad espellere i gesuiti prima dello scioglimento della Compagnia e cioè Napoli nel 1767 e Parma nel 1768. LA CACCIA ALLE STREGHE In Europa, l’età della persecuzione legale delle streghe ebbe luogo in un arco temporale ben definito: iniziò intorno al 1430 e finì intorno al 1780. La persecuzione ha avuto pertanto il suo fulcro nei secoli dell’età moderna, e non, come generalmente si crede, nel “buio” Medioevo. Il punto di massima intensità nella caccia alle streghe si toccò tra il 1560 e il 1630, con picchi assoluti negli anni 80 del XVI secolo e nel quinquennio 1626-1630. Quale fu la geografia della persecuzione? Secondo i dati raccolti da Behringer, il primato nel numero di streghe messe a morte spetta alla Germania, con 25.000 esecuzioni capitali, segue la Polonia con 10.000, quindi la Svizzera e la Francia (entrambe con 4.000), l’Inghilterra con 1.500, l’Italia, l’Austria, la Repubblica Ceca e la Danimarca (tutte e quattro con 1.000), l’Ungheria con 800. Qual era la suddivisione per sesso delle vittime delle peersecuzioni? Tutti i dati che abbiamo, oltre alle rappresentazioni iconografiche dell’epoca (dipinti, stampe, incisioni) sono assolutamente concordi: circa l’80% degli accusati era di sesso femminile. In alcune zone, come l’Inghilterra, la proporzione era ancora più elevata: oltre il 90%. Solo in alcune isolate aree vi fu una predominanza maschile: fra queste l’Estonia (60%), la Russia (68%) e l’Islanda (90%). Qualche volta le guaritrici avevano anche il ruolo di levatrici: in questo caso le probabilità di essere sospettate di praticare sortilegi erano ancora maggiori. Le levatrici, in teoria, avevano ampie possibilità di far del male a bambini appena nati, e poiché all’epoca la mortalità infantile era molto alta, esse erano spesso bersaglio di sospetti. In periodi di forti tensioni, le levatrici servirono da capri espiatori dell’intera comunità. La strega inoltre non era solo donna, ma una donna vecchia. Nella grande maggioranza dei casi registrati, aveva raggiunto l’età di 50 anni, il che nell’età moderna significava aver passato la menopausa da circa 10 anni ed essere considerata vecchia dai propri vicini. In alcune zone, come la contea inglese dell’Essex, l’età media delle streghe era di 60 anni. In riferimento alla sua estrazione sociale, la strega, con o senza marito, proveniva quasi sempre dai più bassi livelli della società, e spesso per sopravvivere doveva dipendere dall’assistenza pubblica o privata. La povertà delle streghe, fatta eccezione per pochi casi, è un dato non controverso. Spesso un ulteriore fattore che si riscontra nelle donne accusate di stregoneria era la loro personalità e la loro condotta. La strega era frequentemente una persona litigiosa, che a causa della povertà e della dipendenza economica si trovava al centro di dispute con i vicini a causa del diritto di pascolo o di legnatico e della proprietà di terre. Talora era una persona anche poco femminile: era aggressiva, insolente, arrogante, vendicativa e indipendente dallo stretto controllo maschile. Gostanza da Libbiano era una donna anziana e sola, ed esercitava per di più da circa 30 anni il mestiere di ostetrica e guaritrice. Nata a Firenze, era tuttavia vissuta sempre in aree periferiche del 45 Granducato di Toscana, situate nel Valdarno inferiore. Nel 1594 fu sottoposta a processo inquisitoriale a Lari in Valdarno, con l’accusa di aver provocato la morte di alcuni bambini e di praticare la medicina con il concorso di arti magiche. La Chiesa dell’Alto Medioevo aveva nel complesso perorato in favore della clemenza e della prudenza nei confronti di chi era accusato di stregoneria. In particolare, una guida delle visite episcopali redatta verso il 906 su richiesta dell’arcivescovo di Treviri (il celebre Canon episcopi) denunciava come illusoria la vecchia credenza nelle cavalcate notturne a cui certe donne credevano di partecipare. In alcuni processi per stregoneria svolti a Tolosa nel 1330-40 apparve per la prima volta il nome “sabba”. Emerge cioè degli atti processuali la visione (per mezzo di confessioni estorte sotto tortura) di un’anti-Chiesa notturna che adora Satana incarnato in un caprone, rinnega Cristo, profana l’ostia e la pace dei cimiteri, e si scatena in esecrabili dissolutezze. Nel 1484 viene emanata la bolla di Papa Innocenzo VIII attraverso cui esortava i prelati dell’area germanica a rafforzare la persecuzione contro le streghe. Nel 1486, due inquisitori tedeschi, i frati domenicani Jacob Sprenger e Heinrich Institor Kramer, compilarono il trattato Malleus maleficarum, che riscosse i consensi della quasi totalità degli inquisitori e di autorevoli ecclesiastici, al punto che ne vennero pubblicate 34 edizioni e oltre 35.000 copie. Esso rimase, fino alla metà del XVII secolo, il più consultato manuale sulla caccia alle streghe, sia da parte degli inquisitori cattolici, sia dei giudici protestanti. Lo storico Carlo Ginzburg nel suo libro i bendanti (basato sui documenti dell’Inquisizione operante in Friuli) ha messo in luce la sopravvivenza in piena età moderna di culti della fertilità di origine pre-cristiana. I vinanti erano uomini e donne nate con la membrana amniotica, che essi conservavano appesa al collo, come un amuleto. Nei periodi del cambiamento di stagione, essi immaginavano di combattere gli stregoni: dall’esito di questa battaglia dipendeva l’abbondanza o meno del raccolto. Altri storici hanno invece affermato che la strega fu l’incolpevole capro espiatorio delle tensioni emotive e dell’isteria di massa serpeggiante nella società dell’antico regime. Si tratta di un indirizzo di ricerca che utilizza un approccio di tipo psicanalitico, con un esplicito rimando alle teorie di Sigmund Freud illustrate nel saggio l’Io e i meccanismi di difesa (1936), che collegava i processi di emarginazione al meccanismo della stigmatizzazione. Come “sovversiva” e come capro espiatorio, la strega ha continuato ad esistere, molto dopo la fine della caccia alle streghe. Talora, nella storia contemporanea, quando la società è stata pervasa da profondo timore, le autorità hanno identificato all’interno di gruppi marginali l’origine dei loro problemi. Non è un caso se il termine witch hunt è stato utilizzato per definire il clima di sospetto che circondò i comunisti americani dopo la seconda guerra mondiale. 46 LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE Con l’espressione rivoluzione industriale si indica quel profondo cambiamento nella vita economica che si verificò con l’affermazione dell’industria quale settore più dinamico, e infine dominante. L’epoca in cui si svolse questo cambiamento è compresa tra 1780 circa e i primi decenni dell’800. La regione in cui avvenne fu l’Inghilterra. Alla fine del 600, l’Inghilterra presentava caratteristiche simili a quelle di altri paesi europei: l’attività prevalente era l’agricoltura, tanto che, secondo alcune stime, l’80% degli abitanti lavorava nei campi. Le attività industriali, fra le quali prevalevano quelle tessili, erano organizzate su scala domestica, e l’unità tipica di produzione era costituita dalla famiglia. Una quota notevole della produzione agricola era destinata all’autoconsumo, e anche quella parte che veniva commercializzata entrava in un mercato assai ristretto, a base locale o al massimo regionale. A partire dal 1660, il commercio inglese fu governato dalle leggi di navigazione, per le quali tutte le importazioni dovevano essere trasportate da navi britanniche. Tutte le colonie inglesi del Nord America e delle Indie occidentali erano assoggettate alle stesse leggi. Il conseguente sviluppo della flotta mercantile britannica permise ai mercanti inglesi di dominare il commercio mondiale. Alla rivoluzione commerciale si accompagnò la rivoluzione finanziaria, contraddistinta da una serie di innovazioni radicali delle istituzioni e degli strumenti del credito, ed ebbe l’effetto di abbassare in modo significativo il tasso di interesse, e quindi il costo del finanziamento dell’impresa capitalista. Nel 1694 fu costituita la Banca d’Inghilterra, che divenne, insieme con le compagnie che godevano dei privilegi nel commercio estero (quali la Compagnia dell’India orientale e la Compagnia dei Mari del Sud), la sede principale del mercato finanziario. Alternando la semina dei cereali con quella di piante foraggere come rape, trifoglio, segala, divenne possibile non soltanto ampliare la superficie coltivata, ma anche incrementare il raccolto. I legumi infatti avevano l’effetto di fissare l’azoto nel terreno, essenziale per la coltivazione di alimentare per tutto l’anno il bestiame, il cui concime aveva tra l’altro un elevato potere fertilizzante. La responsabilità della manutenzione delle strade di maggior traffico fu affidata ad un monopolio per il controllo stradale, il Turnpike trust, che doveva esigere un pedaggio dagli stessi utenti stradali. Il denaro ricavato era usato per mantenere le strade già esistenti e per erigerne di nuove. Il nuovo sistema prevedeva anche l’impiego di supervisori molto esperti, e l’impiego di manodopera salariata, senza che vi fosse più il ricorso alle vecchie e odiate corvées. Contemporaneamente, si affermarono nuovi sistemi di pavimentazione, come quello messo a punto da John Loudon MacAdam, che prevedeva l’uso, per la superficie delle strade, di breccia o ghiaia compressa, in modo da formare una specie di arco. Gli effetti di queste innovazioni consistettero nella netta riduzione della durata dei viaggi, nell’espansione del traffico stradale e nella diminuzione del numero di cavalli richiesti per trainare carri. Più spettacolare, per le loro conseguenze, furono i miglioramenti nella navigazione interna, che ebbero luogo durante la seconda metà del 1700. Infatti, la costruzione di canali rappresentò una delle prime e più importanti innovazioni della Rivoluzione Industriale. Il primo canale inglese fu costruito nel 1759-61 dal duca di Bridgewater per collegare le miniere di carbone di Worsley e la città di Manchester. 47 Una serie di dimostrazioni di piazza sconvolsero le colonie. Esse furono organizzate e guidate da associazioni spontanee denominate Sons of Liberty e rivolte contro quegli esponenti politici coloniali che si dichiaravano in favore della nuova legge. Varie case vennero bruciate, svariate persone bastonate e chi aveva ottenuto l’ufficio del distributore dei bolli fu costretto a dimettersi, in qualche caso dopo essere stato incatramato e ricoperto di piume. Una intensa opera per orientare l’opinione pubblica verso l’indipendenza e per la formazione di una coscienza nazionale svolse Benjamin Franklin, il quale, dopo aver lavorato come editore e giornalista a Filadelfia, fu inviato come delegato delle colonie presso il Parlamento inglese ed ebbe in seguito una funzione di primissimo piano nello svolgimento di tutta la vicenda rivoluzionaria. L’occasione che fece esplodere nuovamente la rivolta fu creata da un provvedimento con il quale, nel 1773, il governo inglese attribuì alla Compagnia delle Indie il monopolio del commercio del tè, escludendone i mercanti americani. Il 16 dicembre 1773 un carico di tè, trasportato da 3 navi inglesi, fu gettato in mare nel porto di Boston da un gruppo di Sons of freedom travestiti da pellirosse. Mentre la guerra aveva inizio, un comitato di 5 delegati al congresso di Filadelfia preparò una Dichiarazione di indipendenza, che fu promulgata il 4 luglio 1776. Il documento, richiamandosi al diritto naturale di tutti gli uomini alla vita, alla libertà e alla ricerca della felicità, proclamava che le 13 colonie unite “erano e dovevano essere di diritto Stati liberi e indipendenti, e che tutti i loro legami politici con la Gran Bretagna erano e dovevano essere spezzati”. Il 3 settembre 1783 al Trattato di Versailles che concludeva la guerra, le cui clausole principali erano queste: la Francia ottenne la restituzione di alcune delle isole Antille perdute nel 1763 e del Senegal; la Spagna recuperò la Florida e l’isola di Minorca. La Gran Bretagna mantenne il solo possesso del Canada. Gli Stati Uniti si videro riconosciuta l’indipendenza delle 13 colonie, nonchè la sovranità sull’enorme regione fra gli Allegani-Appalachi e il Mississippi. Le donne erano escluse dai diritti politici in condizione di inferiorità nella famiglia e nella coppia, permasero in uno stato di subordinazione legale agli uomini. Ciò a fronte dell’importante contributo al processo rivoluzionario fornito dalle Daughters of Liberty. Quanto agli indiani, definiti nella Dichiarazione di indipendenza del 1776 “merciless Indian Savages”, la rivoluzione inaugurò un processo che avrebbe portato alla loro pressoché totale cancellazione dalla storia americana. L’acquisizione dei territori ad Est del Mississippi fece delle popolazioni indiane le vere vittime del lungo e doloroso conflitto tra le mire espansionistiche degli uomini della frontiera e degli stati e i tentativi di controllo federale. 50 LA RIVOLUZIONE FRANCESE Alla vigilia dello scoppio della Rivoluzione, la Francia, con la sua popolazione di 26 milioni di abitanti, le sue notevoli risorse agricole e industriali, con il suo temuto apparato militare, era una potenza di prim’ordine. Come numero di abitanti, era il più grande paese dell’Europa occidentale: gli era seconda l’Italia (17 milioni), la Spagna (10 milioni), e l’Inghilterra (9 milioni). Tuttavia lo stato, retto da una monarchia di tradizioni quasi millenarie, presentava alcuni elementi di debolezza che ne minavano gravemente le strutture. Gli Stati generali presentavano la tradizionale suddivisione in ordini, tipica della società feudale: nobiltà, clero e terzo stato. Quest’ultima componente era la più eterogenea: ne facevano parte tutti gli agricoltori, ma anche la borghesia urbana, il ceto mercantile, gli artigiani, gli impiegati nelle amministrazioni centrali e periferiche. Tra gli opuscoli politici pubblicati per sostenere le rivendicazioni del Terzo Stato, spicca per la sua incisività “Che cos’è il terzo stato?” di Emmanuel - Joseph Sieyès. Celebre è l’esordio del libro, che divenne uno degli slogan della rivoluzione: 1. Che cos’è il Terzo Stato? Tutto 2. Che cosa è stato, fino ad ora, nell’organizzazione politica? Niente 3. Che cosa chiede? Di diventare qualcosa Una volta riuniti a Versailles gli Stati generali, i deputati del Terzo stato scatenarono la battaglia per ottenere il voto per testa. Il 17 giugno 1789, vista la resistenza della monarchia ad accogliere questa rivendicazione, si staccarono dagli altri ordini e si proclamarono Assemblea nazionale. Il re vietò loro l’accesso alla sala di riunione, ma essi, riuniti, in una sala adibita al gioco della pallacorda, giurarono di non separarsi fin da quando non avessero dato alla Francia una costituzione. Il re però aveva ceduto solo in apparenza: nell’intento di preparare un colpo di forza, fece ammassare truppe a Versailles, ma a questo punto l’insurrezione del popolo di Parigi e la presa della Bastiglia (14 luglio) stroncarono la manovra, salvando l’Assemblea nazionale. Nella seconda metà di luglio si diffuse nelle campagne un movimento noto come grande paura. Temendo che bande di briganti corressero le campagne e che gli aristocratici volessero vendicarsi per l’insubordinazione del popolo, contadini si armarono, dando vita ad una vasta rivolta agraria. Castelli e abbazie furono assaltati e i documenti su cui feudatari appoggiavano i loro privilegi dati alle fiamme. Il calendario repubblicano intendeva varare un sistema di computo del tempo di ispirazione laica, sottraendo all’influsso di qualsiasi culto. L’inizio dell’anno viene ad esempio fatto coincidere con l’equinozio d’autunno. I nomi dei mesi sono i lavori agricoli oppure i fenomeni atmosferici. Sotto il profilo legislativo va citata in primis la versione della Repubblica compiuta il 5 agosto 1789, quando l’Assemblea Nazionale decise l’abolizione del sistema feudale: furono cancellati tutta una serie di diritti secolari, di ordine gerarchici, di privilegi aristocratici e obblighi che gravavano sui contadini; fu proclamata l’uguaglianza politica e fiscale di tutti i cittadini. Dichiarando questa uguaglianza anche le proprietà ecclesiastiche e nobiliari furono soggette alle stesse imposte a cui erano soggetti gli altri cittadini. Con questi atti veniva rimossa la subordinazione economica e di potere tra contadini e signori. Altro provvedimento, anche questo importantissimo il profilo simbolico: Il 26 agosto 1789 vi fu l’approvazione della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, un testo di 17 articoli destinato a diventare il manifesto programmatico della Rivoluzione, ma anche a 51 sancire principi di democrazia ed uguaglianza quanto mai attuali, se si considera che la costituzione della Francia tuttora in vigore, approvata nel 1958, ha come premessa proprio la Dichiarazione del 1789. Luigi XVI non approvò né il decreto del 5 agosto, né la Dichiarazione dei diritti. La risposta fu una nuova sollevazione popolare (5-6 ottobre 1789). Le Guardie nazionali di Parigi, insieme ad una folla di donne dei quartieri popolari, si diressero a Versailles e assalirono la reggia. La Corte e l’Assemblea nazionale furono costrette a trasferirsi a Parigi, nel centro del movimento rivoluzionario. Nessuna donna rivestì alcun ruolo nel gruppo dirigente rivoluzionario, che fu dominato dalla presenza preponderante degli uomini in seno alle assemblee. Vale la pena anche ricordare che l’attivista Olympe de Gouges, autrice nel 1791 di una Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, in cui dichiarava l’uguaglianza giuridica e sociale fra uomo e donna, fu ghigliottinata nel 1793. Le “feste rivoluzionarie” nella storia della Rivoluzione francese hanno una notevole importanza culturale e politica. Furono celebrazioni curate da registi e scenografi quali il pittore Jacques-Louis David. Con sfilate in costume, cortei di carri allegorici, luminarie e festoni, celebravano una serie di valori umani e istituzionali (la Gioventù, il Popolo, l’Amicizia, l’Agricoltura), ma anche nuove divinità, non religiose ma filosofiche (la Dea Ragione, l’Essere Supremo). Per quanto concerne l’aspetto legislativo, una novità di gran rilievo si ebbe nel gennaio 1790, con la divisione politica e amministrativa del territorio in 83 dipartimenti, di dimensioni quasi uguali, che prendevano il nome da fiumi, montagne o altri elementi geografici. La nuova carta amministrativa del Regno mostrava la volontà di rompere con la storia stessa della monarchia. La Costituzione civile del clero da una parte riprendeva le tradizioni gallicane ma dall’altra si ispirava a principi di razionalizzazione della chiesa francese, che miravano a rendere i sacerdoti una sorta di dipendenti pubblici addetti a mansioni sacre. Coerentemente con quanto avveniva nelle amministrazioni pubbliche, l’Assemblea deliberò inoltre che tutti i vescovi, parroci e vicari dovessero prestare un giuramento di fedeltà come funzionari civili, pena la perdita delle funzioni e dello stipendio. Papa Pio VI Braschi, il 10 marzo 1791, con il breve Quot aliquantum, condannò la Costituzione Civile del Clero; il 13 aprile, con il breve Charitas, dichiarava sacrilega la consacrazione di nuovi vescovi, sospendeva a divinis vescovi e preti costituzionali (“preti giurati”) e condannava il giuramento di fedeltà. L’intervento papale contribuì a dividere profondamente la Chiesa francese: refrattari fino al Concordato napoleonico (1802), che avrebbe portato pace nella Chiesa cattolica francese. La reazione contro-rivoluzionaria che si levò in tutta Europa trovò il suo più significativo araldo in Edmund Burke (1729-1797), con le sue Reflections on the Revolutions in France (1790). L’opera nacque come risposta ad un discorso pronunciato da Richard Price alla Revolution Society di Londra in cui l’autore esaltava la Glorious revolution (1688) come espressione del diritto del popolo a scegliere i propri governanti e a deporli in caso di cattiva condotta. Per Burke invece la Revolution ebbe luogo per preservare le antiche leggi e istruzioni britanniche, non per crearne di nuove. 52 Napoleone, che era riuscito ad ammassare una nuova grandiosa armata, fu sconfitto in un’epica battaglia (“la battaglia delle nazioni” che si svolse a Lipsia tra il 16 e il 19 ottobre 1813, e dovette subire l’invasione della stessa Francia, ormai sfinita, da parte degli eserciti alleati che entrarono a Parigi nel marzo 1814. Il Senato francese, guidato da Talleyrand, proclamò decaduto l’imperatore, che abdicò e si ritirò sull’isola d’Elba; sul trono di Francia fu proclamato Luigi XVIII, fratello di Luigi XVI, che concesse una Costituzione con un sistema elettorale a suffragio ristretto. PAUPERISMO E POLITICHE ASSISTENZIALI Problema della povertà nel corso dell’età moderna. La definizione del concetto di povertà è stata oggetto di continue controversie fra gli storici, dato che i criteri per individuare il suo ammontare statistico cambiano a seconda delle premesse ideologiche e delle impostazioni dottrinali. Di volta in volta, gli storici hanno proposto di utilizzare i seguenti parametri: 1. Reddito annuo 2. Livello di alimentazione 3. Esenzione dal pagamento dell’imposta diretta. È tuttavia impossibile trovare una definizione di “povero” che valga in ogni tempo e in ogni luogo. Per rispondere alla domanda: quanti erano i poveri nelle società di antico regime?, si può ricorrere all’immagine di J. P. Gutton, che ha teorizzato la presenza di 3 differenti categorie di miseri, assimilabili a 3 cerchi concentrici. Il cerchio più interno comprendeva i cosiddetti “pauvres structurels”. Il secondo cerchio includeva i “pauvres conjoncturels”, e il terzo era composto da persone con un reddito in genere adeguato, ma comunque suscettibili di pauperizzarsi. Se è difficile inquadrare con precisione i contorni della povertà, lo è altrettanto (e forse più) delineare gli atteggiamenti dominanti nei confronti dei poveri, e la loro evoluzione nel tempo. Nella storia delle mentalità e degli atteggiamenti socio-culturali, ogni divisione e periodizzazione sembra essere un taglio arbitrario nella continuità della materia storica. Nella civiltà della cristianità medievale, il principale punto di riferimento culturale fu la Sacra Scrittura. Tutte le dottrine medievali sul concetto di povertà erano basate sul messaggio sociale dei Vangeli. In questi ultimi, e particolarmente nel Vangelo di Luca, prevale una concezione fortemente negativa delle ricchezze materiali. Si pensi anche solo alla parabola di Lazzaro e del ricco epulone, che considera i beni materiali come un vero e proprio ostacolo alla salvezza. L’esercizio di mestieri redditizi, particolarmente quelli legati al prestito del denaro ad interesse, prevedeva l’obbligo di elargire denaro in beneficenza, in forme peraltro soggette a una forte ritualizzazione. Il principale beneficiario della misericordia, fu innanzitutto la Chiesa: in Italia, i lasciati “per messer Domeneddio”, che risultano dai libri contabili e dai registri deimercanti, esprimono le donazioni a favore di conventi, luoghi pii, confraternite religiose. Il gesto dell’elemosina aveva un carattere complesso. Essa era: 1. Un mezzo di espiazione dei peccati, perciò maggiore ricchezza significativa maggior bisogno di espiazione; 55 2. Un simbolo del prestigio; 3. Un modo per sottolineare la differenza di status tra chi elargiva e chi riceveva il dono; 4. La stipulazione di un implicito contratto fra il ricco, che elargiva denaro, e il povero che prometteva in cambio preghiere. L’aumento incontenibile del numero dei poveri provocò dei profondimutamenti psicologici in relazione ai mendicanti, che cominciarono ad essere percepiti come una presenza minacciosa e ostile. L’aura di sacralità che circondava i miseri nel Medioevo svanì, lasciando il posto a sentimenti di distacco, diffidenza, antipatia, quando non di vera e propria ripugnanza. I poveri, masse proteiformi incontrollabili e indisciplinate, provocano paura nei benestanti. Gli schizzi dedicati da Hieronymus Bosch al mondo della pitoccheria, prestando un’impressionante galleria di deformità, suscitano in chi guarda sentimenti di pietà, ma contemporaneamente di spavento. Più espliciti sentimenti di moralistica condanna sono presenti nell’incisione diWilliam Hogarth Gin Lane, che mostra un impressionante quadro di desolazione e vizio, associando la condizione di miseria alla piaga dell’alcolismo. Mentre la medicina rinascimentale e la coeva trattatistica giuridica riservano ancora forme di tutela nei confronti degli alienati, essendo ritenute possibili delle misure terapeutiche, ora la follia non trova più tolleranza. Essa viene considerata come una punizione inflitta all’uomo per la continua caduta nel peccato e per il perseguimento di piaceri personali. Le possibilità di cura vengono guardate spesso con derisione, come dimostra il dipinto di Bosch La cura della follia. A livello letterario, una volontà di esclusione dei pazzi è già ravvisabile nel poema satirico La nave dei folli (1494) dell’alsaziano Sebastian Brant, fonte primaria di ispirazione dell’uomo quadro di Hieronymus Bosch conservato al Louvre. Come il corpo maledetto dei suicidi viene chiuso in una botte che il fiume trasporta a valle, così la nave dei folli viene abbandonata alla deriva, e in tal modo la società se ne sbarazza. I cambiamenti degli atteggiamenti mentali sulla povertà trovarono un ben preciso riscontro sul piano legislativo, a partire dagli anni 20 del 500, segnati da una delle più difficili congiunture attraversate dall'economia europea in età moderna. In quell’epoca, più di 100 città in tutt’Europa procedettero alla creazione di nuove istituzioni di assistenza e alla pubblicazione di ordinanze contro la mendicità pubblica. Una serie di misure repressive concernevano imendicanti: espulsione dei mendicanti stranieri; divieto di mendicare nelle strade; suddivisione dei poveri in incapaci e capaci di lavorare; registrazione dei primi su liste speciali e imposizione ad essi di segni di riconoscimento che davano diritto alle distribuzioni di cibo; internamento dei secondi in istituti appositamente costituiti, governati da una rigida disciplina in cui erano assoggettati a forme di lavoro coatto. 56 GUERRE ED ESERCITI Fino a tutto il 400, gli eserciti erano caratterizzati da una prevalenza della cavalleria. Tanto sui campi di battaglia della penisola italiana, quanto quelli della guerra dei 100 anni, il numero dei cavalieri era sempre maggiore di quello dei fanti, o tutt’al più uguale ad esso. Il 400 vide la definitiva affermazione dell’armatura in piastra di ferro, prodotta secondo tecniche soffisticate, in cui eccellevano gli artigiani milanesi e tedeschi. Nel corso della guerra dei 100 anni i fanti emergono e cominciano ad acquistare nell’economia dell’esercito un ruolo almeno pari, se non più importante, rispetto a quello dei cavalieri. Questa evoluzione andò di pari passo con l’affermazione dell’arco. L’arco era un’arma associata in origine a doti di abilità e destrezza nonché segno persino di legittimità regale (si pensi all’episodio dell’arco di Ulisse nell’Odissea). Nella mentalità cavalleresca, tuttavia, l’arco era disprezzato, considerato una semplice arma da caccia. Solo nel corso delle guerre trecentesche, che ne videro un impiego su larga scala, ci si dovette arrendere all’evidenza della sua efficacia tattica. Fu anzi proprio all’arco (il longbow) che si dovettero le vittorie inglesi nella guerra dei Cent’anni. Sebbene fosse più precisa e potente dell’arco, la balestra era un’arma che richiedeva tempi molto lunghi per essere caricata. Per questo, l’arco poteva lanciare fino a 13 dardi al minuto, mentre la balestra soltanto due. La picca, lunga diversi metri e dotata di una punta in ferro, era usata da soldati schierati in un massiccio quadrato, di fronte al quale la cavalleria non aveva nessuna possibilità di successo. L’uso della picca richiedeva un addestramento collettivo, giacché la sua efficacia dipendeva dal fatto che i soldati riuscissero a manovrare quest’arma con coordinazione. Nacque da ciò l’esigenza di adibire degli specialisti all’addestramento delle reclute, e apparvero quei bassi ufficiali che hanno conservato questo ruolo fino ad oggi. A partire dalla metà del 500 l’archibugio fu sostituito dalmoschetto, più lungo e pesante (al punto tale che era necessaria una forcella da piantare nel terreno per appoggiare la canna), ma con il vantaggio di tirare una palla più pesante e a maggiore distanza. I moschettieri finirono con il costituire il nerbo dell’esercito, sia per la difesa che per l’attacco. Le cinte murarie vennero modificate, e rinforzate da terrapieni per assorbire l’urto delle palle. Da esse si protendevano a brevi intervalli delle costruzioni a forma più o meno triangolare, i bastioni (o baluardi), i cui angoli erano calcolati al meglio per minimizzare l’impatto dei proiettili. I bastioni erano peraltro piattaforme destinate ad ospitare cannoni e archibugi, così da tenere sotto tiro gli assedianti. Nel Mediterraneo, per tutto il 500, la nave da guerra più comune era ancora la galera, imbarcazione a due alberi e a doppia propulsione, che però poteva ospitare pezzi di artiglieria solo a prua e a poppa, dato che le fiancate erano occupate dai remi. Per questo limite tecnico, i veneziani progettarono la galeazza, un 3 alberi in grado di imbarcare una quantità maggiore di artiglieria. Gli elevati costi di costruzione delle galeazze ne impedirono tuttavia una vasta diffusione, e la galera continuò a costruire la spina dorsale delle flotte mediterranee. Poiché l’armamento del galeone poteva arrivare fino a circa 200 cannoni, era necessario disporli in file sovrapposte, dando alle navi un profilo alto e imponente, anche a scapito della manovrabilità e 57
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