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dispensa diritto amministrativo- Clarich, Dispense di Diritto Amministrativo

dispensa del Clarich ho preparato l'esame in 20 giorni studiando unicamente dalla dispensa e riuscendo a prendere 28

Tipologia: Dispense

2022/2023

In vendita dal 01/02/2023

xvaleriarusso
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Scarica dispensa diritto amministrativo- Clarich e più Dispense in PDF di Diritto Amministrativo solo su Docsity! DIRITTO AMMINISTRATIVO PREMESSA Il diritto amministrativo: branca del diritto pubblico che ha per oggetto l’organizzazione e l’attività della pubblica amministrazione. Riguarda i rapporti che quest’ultima instaura con i soggetti privati nell’esercizio di poteri ad essa conferiti dalla legge per la cura di interessi della collettività. Si compone di un corpo di regole e principi che si è andato formando nell’Europa nel corso del XIX secolo, è un diritto recente È un diritto a legalità debole: si adatta alle esigenze, è un diritto del potere e al contempo tutela dal potere. La presenza di apparati burocratici organizzati secondo criteri razionali è una costante nella storia. Fin dall’antichità i grandi imperi, in Oriente e in Occidente si dotarono di strutture burocratiche stabili senza le quali nessun sovrano sarebbe stato in grado di esercitare il proprio potere su territori assai estesi. => ma gli esempi antichi non sono d’aiuto per comprendere il fenomeno amministrativo nella realtà contemporanea BISOGNA PARTIRE DA: formazione degli Stati nazionali in Europa nel XVI secolo e superamento dell’ordinamento feudale. IL CASO FRANCESE: la nascita dello Stato moderno, con l’unificazione del potere politico in capo al re, andò di pari passo con la formazione dell’apparato amministrativo. - l’accentramento burocratico (quindi la nascita di uno Stato amministrativo) costituì un modo per ricondurre a unitarietà il potere politico e statuale; Nell’esperienza francese lo stato assoluto si connotava come stato amministrativo. Nel XVIII secolo emerse lo Stato di Polizia e presero corpo filoni di studio che si occupavano dei metodi di buona gestione della cosa pubblica nell’interesse delle finanze statali e per la soddisfazione dei bisogni della collettività. - l’espansione dei compiti dello Stato e l’attribuzione dei poteri amministrativi ai funzionari delegati del sovrano fece emergere la funzione amministrativa come funzione autonoma, separata da quella giudiziaria Il potere esecutivo ebbe una fisionomia autonoma solo a seguito della teoria della separazione dei poteri. Rivoluzione francese => crisi del modello dello Stato assoluto => nasce lo Stato di diritto Lo stato di diritto è oggi uno dei principi fondamentali dell’Unione europea, indicato nella Carta di diritti fondamentali dell’Unione europea proclamata a Nizza. Lo Stato di diritto poggia su alcuni pilastri: a) presuppone il trasferimento della titolarità sovrana a un parlamento eletto da un corpo elettorale; b) Si fonda sul principio della tendenziale separazione dei poteri, necessaria per evitare abusi a danno dei cittadini; c) Lo Stato di diritto è l’inserimento nelle costituzioni di riserve di legge, queste escludono o limitano il potere normativo del governo. Il potere regolamentare dell’esecutivo è ammesso esclusivamente nelle materie non sottoposte a riserva di legge assoluta. Pagina di 1 165 d) Al cittadino deve essere data la possibilità di ottenere la tutela dei diritti vantati nei confronti della pubblica amministrazione innanzi ad un giudice imparziale, indipendente dal potere esecutivo; In Francia e in altri Paesi dell’Europa continentale, la giustizia nell’amministrazione venne realizzata attraverso l’istituzione verso la fine del XIX secolo di un giudice speciale, separato da quello ordinario . Nei Paesi di common law il principio della Rule of law implicava che all’amministrazione non fosse riconosciuto alcun privilegio e che il giudice al quale il cittadino poteva rivolgersi per far valere le proprie ragioni contro il potere esecutivo fosse quello ordinario. - ciò rallentò la nascita di un diritto amministrativo Lo stato di diritto è sempre esposto al rischio di involuzioni. Recentemente la Polonia e l’Ungheria hanno messo in discussione più volte alcuni principi della democrazia liberale e dello Stato di diritto. TRA XIX-XX SECOLO => ci furono una pluralità di fasi e di esperienze A) lo Stato guardiano notturno; Con la rivoluzione francese si fecero strada le ideologie di impronta liberista in campo economico tendenti a ridurre al minimo le ingerenze dello Stato nei rapporti economici e sociali. L’abolizione di corpi intermedi tra Stato e cittadino, la generalità, l’astrattezza e il principio di eguaglianza formale. Lo Stato aveva due compiti: 1. Tutela dell’ordine pubblico interni; 2. Difesa del territorio da nemici esterni; Tale stato entrò in crisi sul finire del XIX secolo con l’inaugurarsi di nuove ideologie, allo Stato monacasse si sostituti uno Stato pluriclasse che rappresentava e mediava gli interessi contrapposti di tutti gli strati sociali. B) Lo Stato interventista o Stato del benessere; Questo si intensificò soprattutto all’indomani del regime fascista degli anni ’30, lo Stato estese la sua influenza diretta e indiretta su tutte le principali espressioni della società civile e dell’economia. La successiva ripresa di ideologie anti-stataliste dapprima in Gran Bretagna e poi negli Stati Uniti (e successivamente negli altri Paesi) portarono alla riduzione del campo d’azione dei pubblici poteri. Furono avviate politiche di deregolamentazione. Tale processo fu promosso in Europa anche da numerose direttive europee di liberalizzazione volte a favorire l’apertura dei mercati alla concorrenza transfrontaliera all’interno del mercato unico. Si afferma => lo Stato regolatore - si limita a predisporre la cornice di regole e gli strumenti di controllo necessari affinché l’attività dei privati, svolta in regime di concorrenza, non leda interessi pubblici rilevanti Tale modello ha costituito il paradigma di riferimento per un trentennio. La necessità di rafforzare la presenza attiva dello Stato è emersa in occasione della pandemia da Covid-19. Gli stati hanno varato misure eccezionali volte ad incidere sulle libertà personali. Pagina di 2 165 A) SOCIOLOGIA; La sociologia analizza le relazioni di potere interne ed esterne agli apparati burocratici e la varietà dei bisogni e degli interessi della collettività di cui essi si fanno carico. => il potere è un fenomeno sociale presente in ogni gruppo o collettività organizzata Va ricordata l’analisi di Max Weber dei tipi storici di potere: - il potere è definito come la possibilità per specifici comandi di trovare obbedienza da parte di un determinato gruppo di uomini; Tale potere si basa su 3 criteri di legittimazione: 1. Potere tradizionale: legato al carattere sacro delle tradizioni; 2. Potere carismatico: fondato sulla forza eroica; 3. Potere razionale: fondato sulla legalità di ordinamenti statuiti; Quest’ultimo modello si connota per la presenza di un’amministrazione burocratica e impersonale che agisce entro i limiti posti da regole giuridiche certe ed è funzionale all’economia capitalista. B) SCIENZE POLITICHE ED ECONOMICHE; Le scienze politiche ed economiche attribuiscono una crescente importanza alle istituzioni come fattore di freno o di impulso allo sviluppo economico. Operiamo una distinzione tra due tipi di istituzioni: • Estrattive: tipiche di ordinamenti chiusi ed autoritari; • Inclusive: tipiche di ordinamenti pluralisti e democratici; Le scienze politiche analizzando il ruolo degli apparati burocratici all’interno del circuito politico rappresentativo, ossia come strumenti per realizzare le politiche pubbliche decise dal Parlamento. - mettono in evidenza come la burocrazia non sia un attore neutrale nei processi decisionali ma ha un ruolo attivo di elaborazione e di condizionamento delle politiche governative; Le scienze politiche ed economiche individuano le situazioni nelle quali è giustificato l’intervento dei pubblici poteri. Soprattutto nel mondo anglosassone ha avuto impulso la teoria della regolazione pubblica che studia le ragioni e le modalità di intervento dei poteri pubblici in campo sociale ed economico. Si distinguono due modelli di regolazione pubblica: 1. Indirizzata a promuovere scopi sociali (es.tutela della salute, inclusione); 2. Indirizzata a massimizzare l’efficienza economica e il benessere dei consumatori; Questa in particolare mira a correggere i cosiddetti “fallimenti del mercato”, situazioni nelle quali il mercato deregolamentato non è in grado di tutelare gli interessi della collettività. I principali fallimenti del mercato che giustificano l’intervento dei pubblici poteri sono: • Monopoli naturali: es. porti o aerei Esse pongono chi le gestisce in una situazione di potere di mercato. I rimedi più frequenti consistono nel sottoporre l’impresa monopolista ad una serie di vincoli • Beni pubblici: come la difesa o l’ordine pubblico, dei quali beneficia l’intera collettività • Esternalità negative i cui benefici vanno vantaggio dell’impresa: come le produzioni industriali inquinanti i cui costi gravano sull’intera collettività. Da qui l’imposizione di massimi e di regimi autorizzatori per le emissioni inquinanti • Asimmetrie informative: tra chi offre e chi acquista beni e servizi circa le caratteristiche qualitative essenziali di questi ultimi. Esempio: rapporti tra istituzioni finanziarie e imprese quotate in borsa e piccoli risparmiatori Il principio che dovrebbe guidare il legislatore nella scelta degli strumento correttivi è quello secondo il quale vanno preferiti, tra gli strumenti astrattamente idonei a tutelare l’interesse pubblico, quelli meno restrittivi della libertà d’impresa. Pagina di 5 165 Sempre nell’ambito delle scienze sociali va menzionato l’indirizzo della public choice affermatosi negli Stati Uniti nella seconda metà del secolo scorso. Per spiegarne il funzionamento bisogna partire dalla considerazione che è sbagliato pensare che gli apparati pubblici agiscano sempre per il perseguimento di interessi pubblici, anche il loro comportamento è guidato da self-interest - anche gli apparati amministrativi tendono ad essere influenzati nelle loro decisioni da interessi soprattutto economici; La microeconomia elabora alcuni concetti come: teoria del principal-agent Studia i meccanismi e gli incentivi per far sì che l’attività dell’agente, delegato dal principale a compiere una certa attività, venga posta in essere nell’interesse di quest’ultimo e non venga piegata all’interesse egoistico dell’agente. C) SCIENZE STORICHE; Le istituzioni si evolvono nel tempo e anche gli apparati amministrativi hanno subito modifiche in conseguenza alla successione dei modelli di Stato. Si occupa della nascita e dello sviluppo del diritto amministrativo indagandone, con approccio giuridico, i profili di specialità rispetto al diritto comune, la tutela giurisdizionale, l’evoluzione della scienza del diritto amministrativo ecc. D) SCIENZE DEL DIRITTO AMMINISTRATIVO; Storicamente l’applicazione rigorosa del metodo giuridico al diritto amministrativo risale in Italia alla fine del XIX secolo, seguendo l’esempio tedesco. Il metodo proposto fu quello di espungere ogni elemento filosofico, storico e politico dall’analisi giuridica e di non limitarsi alla mera esposizione ed esegesi della legislazione amministrativa. In questa prima fase il diritto amministrativo concentrò la sua attenzione sull’attività amministrativa. Venne posto l’accento sulle prerogative degli apparati pubblici, attraverso l’elaborazione della teoria dell’atto amministrativo come espressione del potere unilaterale attribuito dalla legge agli apparati pubblici. - inizialmente l’atto amministrativo venne inquadrato entro gli schemi del negozio giuridico di derivazione privatistica; Successivamente, con il mutare dei rapporti politici e sociali e con l’espandersi della legislazione amministrativa, la scienza del diritto amministrativo estese il suo campo d’indagine a fenomeni emergenti come l’ordinamento del credito, enti pubblici e l’impresa pubblica. Emerse poi una prospettiva del => diritto amministrativo paritario - tesa a operare un riequilibrio nel rapporto tra Stato e cittadino attraverso un potenziamento delle garanzie formali e sostanziali e l’impiego di moduli consensuali di disciplina dei rapporti tra privati e pubblica amministrazione IL DIRITTO AMMINISTRATIVO E I SUOI RAPPORTI CON LE ALTRE BRANCHE DEL DIRITTO • Diritto amministrativo ≠ diritto costituzionale Diritto costituzionale: riguarda i rami alti dell’ordinamento. Trova fondamento nella costituzione. Diritto amministrativo: riguarda i rami bassi dell’ordinamento, cioè quel complesso poliedrico di apparati pubblici che si è sviluppato soprattutto nel corso del XX secolo. Regolato in prevalenza da fonti normative subcostituzionali e dai principi di elaborazione giurisprudenziale. Pagina di 6 165 Tuttavia => sono strettamente correlati => due sono i nessi da considerare PRIMO: il diritto amministrativo, per riprendere l’affermazione del presidente della Corte amministrativa federale tedesca Werner, non è altro che il diritto costituzionale resto concreto Esempio: il diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione ex art.21 Cost è condizionato dalla legislazione amministrativa SECONDO: è riassunto dall’affermazione di uno dei giuristi tedeschi maggiori del novecento Mayer “il diritto costituzionale passa, il diritto amministrativo resta” Essa mette in luce la diversa velocità dei mutamenti costituzionali rispetto alle riforme amministrative • Diritto europeo Il diritto amministrativo italiano ha acquisito una dimensione europea sotto 5 profili principali: 1. La legislazione amministrativa; L’art. 117 co.1 Cost stabilisce che la potestà legislativa dello Stato e delle regioni deve essere esercitata nel rispetto, oltre che della Costituzione, dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario. Questo vincolo condiziona la legislazione amministrativa statale e regionale. 2. L’attività; art.1 co.1 l.n. 241/1990 include tra i principi generali dell’attività amministrativa anche i principi generali dell’ordinamento comunitario. Questi ultimi sono ricavabili sia dai Trattati e dalle altre fonti del diritto europeo, sia dalla giurisprudenza della Corte di giustizia 3. L’organizzazione; Il diritto europeo condiziona l’assetto organizzativo degli apparati pubblici. Numerose agenzie e autorità indipendenti sono state istituite in Italia specie nell’ultimo quarto di secolo in attuazione di direttive europee, queste hanno dato origine e ad una vera e propria rete integrata di organismi. 4. La finanza; Il diritto europeo impone agli Stati membri vincoli stringenti alla finanza pubblica che condizionano in ultima analisi l’operatività delle pubbliche amministrazioni e l’attuazione dei loro programmi di intervento. 5. La tutela giurisdizionale; Vi è un’influenza sul diritto processuale amministrativo. Il codice del processo amministrativo stabilisce che la giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo. • Diritto privato; I nessi tra diritto amministrativo e diritto privato possono essere illustrati con 3 proposizioni principali: - il diritto amministrativo è un diritto autonomo del diritto privato; - Non esaurisce tutta la disciplina dell’attività e dell’organizzazione della pubblica amministrazione; - Ha una capacità espansiva in quanto si applica, a certe condizioni, anche a soggetti privati; Pagina di 7 165 Poiché il diritto amministrativo è un diritto giurisprudenziale, per dirimere i contrasti interviene l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, collegio allargato composto da giudici provenienti da tutte le sezioni giudicanti. - svolge una funzione nomofilattica, cioè di promozione di un diritto uniforme IMPORTANTE => LEGGE 241/1990 • Da un lato ha soltanto letificato e precisato istituti e principi già elaborati dalla giurisprudenza; • Dall’altro ha posto una disciplina meno organica e di dettaglio rispetto a quella posta da altre leggi sul procedimento amministrativo; DISTINZIONE TRA: DIRITTO AMMINISTRATIVO GENERALE E SPECIALE • Speciale: costituito da filoni legislativi che disciplinano i vari campi di intervento delle pubbliche amministrazioni. All’interprete è richiesta la capacità di operare una ricognizione completa e aggiornata sulle norme vigenti così come applicate e interpretate dalla giurisprudenza • Generale: ha natura trasversale ed è opera della scienza giuridica. Procede alla rielaborazione del materiale giuridico grezzo, costituito da norme vigenti e dalle sentenze dei giudici, attraverso un’attività di elaborazione dei concetti giuridici che costituiscono il nucleo essenziale del diritto amministrativo => non può quindi aspirare ad un inquadramento completo del proprio oggetto, può solo tracciare le coordinate principali e le costanti. Esso è per lo più codificato nella l.n. 241/1990 Diritto generale e speciale si condizionano reciprocamente e si evolvono di pari passo CAPITOLO 2- LE FUNZIONI DI REGOLAZIONE E LE FONTI DEL DIRITTO La funzione regolatrice della pubblica amministrazione ha assunto un ruolo crescente negli ultimi decenni in conseguenza della crisi della legge come fonte di disciplina dei rapporti giuridici. A causa della velocità dei cambiamenti tecnologici, economici e sociali nel mondo contemporaneo, il parlamento è sempre meno in grado di elaborare testi legislativi completi e di operare tempestivamente gli aggiornamento necessi. In molti casi => la legge pone i principi generali della disciplina di una determinata materia e delega agli apparati amministrativi il compito di porre in via sublegislativa le regole per disciplinare i comportamenti dei privati. - ciò è anche attuazione del principio della separazione dei poteri Le pubbliche amministrazioni prima ancora che soggetti regolatori sono soggetti regolati sottoposti ad un corpo più o meno esteso di norme. Emerge una distinzione tra: a) fonti sull’amministrazione; Hanno come destinatarie le pubbliche amministrazioni che diventano soggetti eteroregolati, sottoposti ai principi dello Stato di diritto. Esse disciplinano l’organizzazione, le funzioni e i poteri di queste ultime e fungono da parametro per sindacare la legittimità dei provvedimenti da esse emanati. Sono costituite, in base alla riserva di legge relativa all’art.97 Cost, da fonti di rango primario e di secondo grado b) Fonti dell’amministrazione; Pagina di 10 165 Strumenti a disposizione delle pubbliche amministrazioni sia per regolare comportamenti dei privati sia per disciplinare i propri apparati e il loro funzionamento LA COSTITUZIONE La Costituzione del 1948 è la fonte giuridica di rango più elevato, è il parametro in base al quale la Corte Costituzionale esercita il sindacato sulle leggi e sugli atti aventi forza di legge. La nostra Costituzione, dal punto di vista contenutistico, appartiene alle costituzioni lunghe. - non definisce soltanto diritti e libertà ma anche una serie di compiti dei quali lo Stato deve farsi carico nell’interesse della collettività; Essa non tratta in modo diffuso l’assetto della pubblica amministrazione, enuncia i principi essenziali in tema di organizzazione (come ad es. art.95-97). Contiene invece una disciplina compiuta delle fonti del diritto soprattutto di rango primario. la riforma del Titolo V ha ridefinito i rapporti tra le fonti statali e regionali sulla base dei seguenti principi: - la equiordinazione tra competenze legislative statali e regionali che devono essere esercitate nel rispetto della Costituzione e dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali; - L’attribuzione alle regioni di una competenza legislativa generale residuale, con indicazione tassativa delle materie attribuite alla competenza legislativa esclusiva e concorrente dello Stato; FONTI DELL’UNIONE EUROPEA In base all’art.117 co.1 Cost le fonti dell’Unione europea si pongono su un livello gerarchicamente più elevato rispetto alle fonti primarie. Questo principio vale sia per i giudici nazionali sia per le pubbliche amministrazioni. Per la PA il vincolo derivante dal diritto europeo è addirittura più stringente di quello che discende dalla Costituzione. - Questa non può disapplicare le leggi contrarie alla Costituzione, né ha il potere attribuito al giudice di sollevare in via incidentale la questione alla Corte Costituzionale Le fonti del diritto europeo: • I TRATTATI: TUE e TFUE, insieme ai principi della Corte di giustizia dell’UE godono di diretta applicazione. Bisogna inoltre richiamare la CEDU e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea • REGOLAMENTI: hanno portata generale e sono direttamente vincolanti per gli Stati membri e per i loro cittadini, non richiedono alcuna forma di recepimento da parte degli Stati membri ma devono essere motivati. Costituiscono un parametro diretto per sindacare la legittimità degli atti amministrativi • DIRETTIVE: emanate dal Consiglio e dalla Commissione hanno per destinatari gli Stati e sono vincolanti, impongono agli Stati membri soltanto un obbligo di risultato e non incidono sull’autonomia di questi ultimi nell’individuare le modalità concrete e il tipo di atti che devono essere adottati per raggiungere gli obiettivi • DECISIONI: hanno un contenuto puntuale, applicano a fattispecie concrete norme generali e astratte previste da fonti europee. Sono vincolanti per gli Stati membri ma non hanno un’efficacia diretta. Pagina di 11 165 Il recepimento delle norme europee avviene con 2 leggi annuali di iniziativa governativa: a) la legge europea: che modifica o abroga le disposizioni statali vigenti contrastanti con il diritto europeo; b) La legge di delegazione europea: attribuisce deleghe legislative al governo per il recepimento delle direttive europee. FONTI NORMATIVE STATALI La Costituzione pone una disciplina delle fonti statali di rango primario: • La legge: approvata dalle due Camere e promulgata dal presidente della Repubblica; • Decreto legge: può essere adottato dal governo in casi di straordinaria necessità e urgenza e deve essere convertito in legge dalle Camere entro 60 giorni; • Il decreto legislativo: emanato dal governo sulla base di una legge di delegazione che definisce l’oggetto e determina i principi e i criteri direttivi e il limite di tempo entro il quale la delega può essere esercitata Le riserve di legge: numerose disposizioni costituzionali prevedono che determinate materie debbano essere disciplinate con legge escludendo o limitando il ricorso a fonti secondarie e in particolare a regolamenti governativi. - viene istituita una riserva di competenza a favore del parlamento Storicamente le riserve di legge sono state previste in funzione di garanzia dei diritti di libertà dei cittadini contro gli abusi del potere esecutivo. Le riserve di legge sono di tre tipi: A) Assoluta; Ad esempio quella in materia penale ex art 25 co.2, esclude l’intervento di fonti sublegislative e ammette solo i regolamenti di stretta esecuzione B) Rinforzata; Aggiunge al carattere dell’assolutezza il fatto che la Costituzione pone direttamente taluni principi materiali o procedurali relativi alla disciplina della materia che costituiscono un vincolo per il legislatore ordinario. Essa è prevista soprattutto in relazione ai diritti di libertà es. art 18 in tema di liberà di associazione C) Relativa; Come quella relativa all’organizzazione dei pubblici uffici (art.97) richiede che la legge ponga prescrizioni di principio e consente l’emanazione di regolamenti di tipo esecutivo contenenti le norme più di dettagli che completano la disciplina della materia. La qualificazione della riserva di legge come assoluta o relativa dipende nei singoli casi da un’interpretazione letterale e sistematica delle disposizioni costituzionali che pongono la riserva IL PRINCIPIO DI LEGALITA’ È un principio fondamentale del diritto amministrativo ed è richiamato all’art.1 l.241/1990, secondo il quale l’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge. Tale principio si ricava indirettamente da disposizioni costituzionali. In particolare art.113 in tema di giustiziabilità degli atti amministrativi, presuppone che il giudice trovi nella legge un parametro oggettivo rispetto al quale sindacare gli atti impugnati. Il principio di legalità assolve una duplice funzione: 1. Garanzia delle situazioni giuridiche soggettive dei privati che possono essere incise dal potere amministrativo; Pagina di 12 165 Previsti nelle materie non coperte da riserva assoluta di legge e attuano la delegificazione. Sostituiscono la disciplina posta da una fonte primaria con una disciplina posta da una fonte secondaria. - la loro entrata in vigore determina l’abrogazione delle norme vigenti anche se contenute in fonti di rango primario È necessario che sussistano talune condizioni: I. Una legge che autorizzi il governo ad emanarli; II. La legge deve contenere le norme generali regolatrici della materia; III. La legge deve disporre l’abrogazione delle norme vigenti rinviando il prodursi dell’effetto abrogativo al momento dell’entrata in vigore del regolamento; f) Ministeriali; Sono previsti nelle materie attribuite alla competenza di uno o più ministri. Possono essere emanati solo nei casi espressamente previsti dalla legge e sono subordinati ai regolamenti governativi. - devono essere comunicati prima della loro emanazione ai fini di coordinamento PROFILI PROCEDURALI: i regolamenti sono adottati previo parere del Consiglio di Stato e sono sottoposti al controllo preventivo di legittimità della Corte dei Conti. Tale legge non esaurisce la tipologia dei regolamenti governativi in quanto numerose leggi speciali prevedono fattispecie che derogano alla disciplina generale. ESEMPIO: regolamenti emanati con decreto del presidente del Consiglio dei ministri, assunti con deliberazione del Consiglio dei ministri e senza l’iter procedurale previsto per gli altri regolamenti - di essi si è fatto ampio uso durante il Covid REGIME GIURIDICO: il regime giudico dei regolamenti è in parte quello proprio dei provvedimenti amministrativi. Qualora abbiano disposizioni contrarie alla legge, possono essere impugnati dinanzi al giudice amministrativo. Inoltre sono suscettibili di disapplicazione da parte del giudice ordinario, questo può verificarsi anche da parte del giudice amministrativo allorquando: 1) il provvedimento impugnato viola un regolamento a sua volta difforme dalla legge; 2) Quando il provvedimento impugnato è conforme a un regolamento che però contrasta con una legge; In entrambi i casi il giudice esercita il proprio sindacato valutando la legittimità del provvedimento direttamente rispetto alla norma primaria. Ai regolamenti si applicano le norme generali sull’interpretazione contenute ex art.12 delle disposizioni preliminari del cc. TESTI UNICI E CODICI Negli ultimi decenni la legislazione amministrativa si è estesa e ha acquistato a tratti una dimensione patologica; le leggi amministrative organiche frutto di un disegno coerente sono poco frequenti. A partire dagli anni ’90 del secolo scorso è stato promosso un riordino della legislazione almeno nelle materie più rilevanti. Si è cercato di istituzionalizzare questa attività prevedendo a cadenza annuale un disegno di legge per la semplificazione e il riassetto normativo da presentare al parlamento entro il 31 maggio. Pagina di 15 165 • Lo strumento tradizionale => testi unici Accorparono e razionalizzano in un unico corpo normativo le disposizioni legislative vigenti relative a una determinata materia. Si distinguono: A) testi unici innovativi; Emanati sulla base di un’autorizzazione legislativa che stabilisce i criteri del riordino. Sono onti del diritto in senso proprio in quanto sono atti a innovare il diritto oggettivo e determinano l’abrogazione delle fonti legislative precedenti. B) Testi di mera compilazione; Emanati su iniziativa autonoma del governo e hanno solo la funzione pratica di unificare in un unico testo le varie disposizioni vigenti, rendendo più semplice il loro reperimento. Esempio: enti locali, edilizia o espropriazione per pubblica utilità • Altro strumento => il codice Esso è concepito, oltre che per coordinare i testi normativi, anche per innovare la disciplina usualmente sulla base di una legge di delega. Esempio: hanno riordinato varie materie come i contratti pubblici, dati personali, amministrazioni digitali CENNI ALLE FONTI NORMATIVE REGIONALI, DEGLI ENTI LOCALI E DI ALTRI ENTI PUBBLICI La Costituzione prevede 3 fonti normative regionali: a) gli statuti; Determina la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento. Per esso è previsto un procedimento aggravato sono forma di duplice approvazione a maggioranza assoluta da parte del consiglio regionale, con possibilità di sottoposizione a referendum popolare => lo statuto delle regioni speciali è approvato con legge costituzionale b) Le leggi regionali; Approvate dal consiglio regionale e promulgate dal presidente nelle materie attribuite ex art.117 Cost alla competenza regionale concorrente e residuale. La giurisprudenza costituzionale ha ritenuto che anche nelle materie di competenza regionale lo Stato possa legiferare: - da un lato: alcune materie attribuite alla competenza legislativa esclusiva statale hanno natura trasversale e consentono alle leggi statali di introdurre disposizioni che non possono essere derogate dalle regioni; - Dall’altro lato: per la sussidiarietà verticale, ove una funzione richieda di essere esercitata in modo unitario a livello statale, anche la funzione legislativa viene attratta nell’ambito della competenza statale c) I regolamenti regionali; Sono adottati dalla giunta regionale e possono essere emanati, secondo il principio di parallelismo tra funzioni legislative e funzioni regolamentari, nelle materie attribuire alla competenza legislativa concorrente e residuale delle regioni. LE FONTI NORMATIVE DI COMUNI-PROVINCE-CITTA’ METROPOLITANE SONO: a) gli Statuti; Approvato dal consiglio dell’ente locale a maggioranza dei 2/3 oppure con delibera approvata due volte dalla maggioranza assoluta dei consiglieri. Pagina di 16 165 Deve contenere le norme fondamentali sull’organizzazione dell’ente, le forme di garanzia e di partecipazione delle minoranze, il decentramento ecc. Nella gerarchia delle fonti, lo statuto ha un rango subprimario perché si pone al di sotto delle leggi statali di principio b) i regolamenti; Emanati nelle materie di competenza degli enti locali nel rispetto dei principi fissati dalla legge e dallo statuto e disciplinano l’organizzazione e il funzionamento degli organi e degli ufficio e l’esercizio delle funzioni. A partire dagli anni ’90, molti altri enti pubblici hanno acquisito una maggiore autonomia organizzativa e funzionale che include anche la potestà di dotarsi di un proprio statuto. GLI ATTI DI REGOLAZIONE AVENTI NATURA NON NORMATIVA La funzione di regolazione delle pubbliche amministrazioni si esplica anche attraverso atti aventi natura non normativa. La distinzione tra atti normativi e atti non normativi => si basa su criteri formali e sostanziali ATTI NORMATIVI: hanno i criteri della generalità, astrattezza e della novità (attitudine della norma a sostituire, modificare o integrare le norme preesistenti), => La giurisprudenza tende a qualificare come atti atipici quelli che dettano regole di comportamento a soggetti esterni all’amministrazione. Nell’ambito del diritto amministrativo, la distinzione tra atti normativi e non ha scarsa rilevanza poiché il loro regime giuridico è in massima parte coincidente. In sede di teoria generale, all’atto normativo derivano talune conseguenze come l’applicazione di: a) jura novit curia: quindi sotto il profilo probatorio la parte privata è sottratta all’onere di allegazione e di prova delle norme applicabili al caso concreto; b) È consentito il ricorso in Cassazione per violazione o falsa applicazione di norme di diritto; MA => questi criteri sfumano se si considera il regime processuale e sostanziale degli atti amministrativi => il principio jura novit curia: nel processo amministrativo il ricorrente deve specificare nell’atto introduttivo del giudizio i motivi di ricorso e quindi gli articoli di legge o di regolamento che si ritengono violati => quanto al ricorso per Cassazione, ex art. 111 ultimo co. Cost, si consente avverso le sentenze del giudice amministrativo per i soli motivi inerenti alla giurisdizione => in riferimento alle regole sull’interpretazione, non tutte le disposizioni codicistiche sono ritenute compatibili con il carattere unilaterale e autoritativo dei provvedimenti. GLI ATTI AMMINISTRATIVI GENERALI I provvedimenti amministrativi hanno un contenuto concreto e si rivolgono a uno o più destinatari determinati. - fissano il modo di essere di un rapporto giudico tra pubblica amministrazione e privato in relazione alla specifica situazione di fatti e agli interessi pubblici e privati in gioco Frequentemente la pubblica amministrazione ha il potere di emanare atti amministrativi aventi contenuto generale. Pagina di 17 165 ESEMPIO: potere del prefetto nel caso di urgenza o grave necessità pubblica di adottare provvedimenti indispensabili per la tutela dell’ordine pubblico o della sicurezza pubblica. Per contrastare la pandemia da Covid-19 il d.l 19/2020 ha ripartito in modo più chiaro le competenze statali, regionali e locali in materia di emanazione di ordinanze contingibili e urgenti, assegnando un ruolo preminente a quelle adottate nella forma del decreto del presidente del Consiglio dei ministri e ciò al fine di evitare misure troppo differenti a livello regionale e locale. le leggi attributive di questo tipo di poteri si limitano di solito a individuare l’autorità amministrativa competente ad adottarli, a descrivere in termini generali il presupposto che ne legittima l’emanazione e a specificare il fine pubblico da perseguire. => pur rispettose del principio di legalità formale, lasciano indeterminato il contenuto del potere e i destinatari del provvedimento, quindi l’autorità competente è titolare di un’ampia discrezionalità. CIO’ : è una deroga al principio della tipicità degli atti amministrativi - in base al quale la norma attributiva del potere deve definirne in modo preciso presupposti e contenuti LIMITI: le ordinanza non possono essere emanate in contrasto con i principi generali dell’ordinamento giuridico e con i principi della Costituzione. Devono avere un’efficacia limitata nel tempo e devono essere motivate/pubblicizzare LIMITE INTERNO: principio di proporzionalità Il contenuto delle ordinanze deve essere calibrato in funzione dell’emergenza da fronteggiare Essendo uno strumento extra ordinem, il potere di ordinanza è residuale e non può essere esercitato in luogo di poteri tipici previsti dalle norme vigenti. QUALIFICAZIONE GIURIDICA: le ordinanze hanno di regola natura non normativa anche quando si rivolgono a categorie più o meno ampie di destinatari. Quando le situazioni di emergenza tendano a protrarsi, le ordinanze acquistano un carattere di astrattezza e perdono quello di temporaneità. D) LE DIRETTIVE E GLI ATTI DI INDIRIZZO; Le direttive amministrative assumono rilevanza per il loro contenuto, limitato all’indicazione di fini e obiettivi da raggiungere, criteri di massima, mezzi per raggiungere tali fini. Attribuiscono ai destinatari spazi di valutazione più o meno estesi. - ove giustificato, i destinatari, possono anche disattenderle in tutto o in parte per ragioni che dovranno essere espresse nella motivazione Distinguiamo: I. Direttive che si inseriscono in rapporti interorganici; Strumento attraverso il quale l’organo sovraordinato orienta l’attività dell’organo sottordinato. - se il rapporto ha carattere gerarchico: la direttiva può essere utilizzata in luogo dell’atto che è più caratteristico di questo tipo di relazione; - Se l’organo sottordinato ha una competenza autonoma: la direttiva acquista contorni più tipici e connota un rapporto come quello di direzione; ESEMPIO: rapporto di direzione che intercorre tra ministro e dirigenti generali in base al principio della distinzione tra indirizzo politico-amministrativo e attività di gestione. Pagina di 20 165 Al ministero => è preclusa ogni competenza gestionale e amministrativa diretta, può solo formulare direttive generali per l’attività amministrative e per la gestione I dirigenti generali => sono titolari dei poteri di gestione e di emanazione di atti e provvedimenti II. Direttive che attengono a rapporti intersoggettivi; Costituiscono uno strumento attraverso il quale, per esempio, il ministro competente o le regioni esercitano il potere di indirizzo nei confronti di enti pubblici strumentali, la cui attività deve essere resa coerente con i fini istituzionali propri del ministero di settore o della regione. Storicamente esse furono previste di frequente dal legislatore nel campo del diritto dell’economia. Interi settori di imprese furono sottoposti a poteri di indirizzo. Con lo Stato regolatore => la direttiva è stata utilizzata con minor frequenza Sono emerse però altri tipi di direttiva a valenza regolatoria ESEMPIO: le autorità indipendenti preposte ai servizi di pubblica utilità possono emanare direttive nei confronti delle imprese erogatrici dei servizi per definire i livelli generali di qualità di questi ultimi. - la violazione comporta sanzioni amministrative CON LA RIFORMA DEL GOVERNO E DEI MINISTERI 1999: la direttiva è stata prevista per creare un raccordo tra il ministero di settore e le agenzie istituite per lo svolgimento di particolari attività a carattere tecnico-operativo e dotate di ambiti di autonomia funzionale e finanziaria. E) LE NORME INTERNE E LE CIRCOLARI; Le organizzazioni complesse, anche quelle private, si dotano di regole interne volte a disciplinare il funzionamento e i raccordi tra le varie unità operative. Nel diritto pubblico, il tema delle norme interne si ricollega alla ricostruzione dell’ordinamento della pubblica amministrazione come ordinamento giuridico speciale, in qualche misura separato da quello statuale. => all’interno dello Stato-ordinamento (che identifica una comunità di individui) si colloca lo Stato-amministrazione (costituisce uno degli ordinamenti derivanti dall’ordinamento statuale) In base alla teoria della pluralità degli ordinamenti, ciò che avviene all’interno di ciascun ordinamento speciale non ha sempre una rilevanza nell’ordinamento generale. Gli ordinamenti sezionali si fondano su alcuni elementi costitutivi: 1. La plurisoggettività: con la predeterminazione dei soggetti inseriti nell’ordinamento settoriale sulla base di atti di ammissione, iscrizione o attribuzione di status; 2. Un’organizzazione interna stabile: con distribuzione di ruoli e competenze; 3. Presenza di norme interne emanate dagli organi preposti all’ordinamento speciale e rese effettive da un sistema di sanzioni anche’esse interne; 4. Istituzione di organi giustiziali speciali; Le norme interne possono assumere la forma di regolamenti interni, istruzioni o ordini di servizio, direttive generali ecc. La forma usuale di comunicazione delle norme interne è costituita dalla circolare. Il modello degli ordinamenti giuridici speciali viene via via superato con la Costituzione che non smette, se non entro limiti assai ristretti, la rinuncia o la compressione dei diritti fondamentali. Pagina di 21 165 Oggi è limitato a pochi settori come ad es: lo sport, la cui normativa prevede un’organizzazione pubblicistica che fa capo a un ente pubblico e alle federazioni sportive. - le norme interne e i comportamenti assunti sulla base di esse acquisiscono sempre più spesso rilevanza nell’ordinamento generale Infatti, ad esempio, l’illecito sportivo può comportare l’applicazione sia delle sanzioni speciali previde dalle norme interne sia quelle previste dall’ordinamento generale. LA DISTINZIONE TRA NORME INTERNE ED ESTERNE VIENE ATTENUANDOSI, a ciò ha contribuito anche la l.n. 241/1990 All’art. 26 prevedeva un obbligo generalizzato di pubblicare: 1) e direttive, programmi, istruzioni, circolari; 2) ogni altro atto che disponeva in generale sulla organizzazione, funzione, obiettivi, sui procedimento di una pubblica amministrazione; 3) Atti nei quali e si determinava l’interpretazione di norme giuridiche o si dettavano disposizioni per l’applicazione di esse; Analogamente per sovvenzioni, contributi e altri sussidi finanziari, le amministrazioni competenti erano obbligate a predeterminate e rendere pubblici i criteri e le modalità alle quali si devono attenere nell’individuare i singoli beneficiari. => gli obblighi di pubblicazione rendono conoscibili le norme interne e fanno sorgere l’aspettativa che esse costituiranno una guida dell’azione amministrativa finalizzata all’adozione di atti che producono effetti diretti nei loro confronti UNA SPECIE SUI GENERSI DI NORME INTERNE: PRASSI AMMINISTRATIVA Ossia la condotta uniforme assunta nel tempo dagli uffici in relazione alle valutazioni compiute e alle decisioni prese in casi analoghi. I precedenti, una volta consolidatisi, acquistano una forza normativa interna ≠ consuetudine: diventa vera e propria fonte del diritto allorché si forma un convincimento generalizzato della sua obbligatorietà Il mezzo principale di comunicazione delle norme interne è costituto dalle circolari. - esse sono uno strumento di orientamento e di guida degli uffici In origine trovavano impiego nelle organizzazioni militari per poi trovare applicazione nell’organizzazione amministrativa. Secondo una definizione classica sono “atti di un’autorità superiore che stabiliscono in via generale ed astratta regole di condotta di autorità inferiori nel disbrigo degli affari d’ufficio” - quindi costituiscono atti tipici aventi efficacia esclusivamente interna Tenuto conto però dell’evoluzione della pubblica amministrazione, esse acquistano una dimensione intersoggetiva quando vengono indirizzate a enti e soggetti esterni all’apparato che le emette. Il loro contenuto può essere vario. Nella prassi si sono avute 3 tipologie di circolari: 1. Interpretative; Rendono omogenea l’applicazione di nuove normative da parte delle pubbliche amministrazioni. Hanno un maggior grado di vincolatività allorché vengono emanate nell’ambito di apparati strutturati in via gerarchica, mentre al di fuori del criterio gerarchico vale solo come un’opinione più o meno autorevole che però non è giuridicamente vincolante. 2. Normative; Orientano l’esercizio del potere discrezionale degli organi titolari di poteri amministrativi. Pagina di 22 165 Gli interessi pubblici: presuppongono un riconoscimento formale da parte di una legge dello Stato che li individui, ponga regole e istituisca apparati che si facciano istituzionalmente carico della loro cura. - tali interessi possono variare nel tempo, in funzione dell’evoluzione della consapevolezza sociale e politica ed inoltre possono porsi in contrato tra loro richiedendo da parte del legislatore/pubbliche amministrazioni un bilanciamento LE FUNZIONI: la legge, allorché istituisce un apparato amministrativo, delinea le funzioni correlate alle finalità di interesse pubblico. I fini pubblici: concorrono a definire, in maniera tecnica, la missione affidata a un soggetto pubblico che consiste nella cura di un determinato interesse pubblico individuato dalla legge. Il termine funzione ha una molteplicità di significati, ma in tale contesto indica i compiti che la legge individua come propri di un determinato apparato amministrativo. => l’apparato è tenuto a esercitarle per la cura in concreto dell’interesse pubblico. - a tal fine la legge conferisce agli apparati amministrativi le risorse e i poteri necessari e distribuisce la titolarità di questi ultimi tra gli organi che compongono l’apparato Di solito le funzioni amministrative vengono individuate dalla legge in modo più o meno analitico : - o al momento dell’istituzione di un apparato amministrativo; Es. la legge istitutiva delle autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità che dopo aver individuato le finalità generali della normativa elenca le funzioni attribuite alle autorità di regolazione - In sede di riassetto della legislazione di settore e degli apparati amministrativi; Es. d.lgs. 112/98 che ridefinì i rapporti tra Stato e periferia ATTIVITA’ AMMINISTRATIVA: l’esercizio delle funzioni comporta lo svolgimento da parte dell’apparato pubblico di una varietà di attività materiali e giuridiche. Essa consiste nell’insieme delle azioni e delle decisioni riconducibili a una pubblica amministrazione in relazione alle funzioni affidate ad essa da una legge. Essa è rivolta a uno scopo o fine pubblico, il mancato esercizio può essere fonte di responsabilità. All’attività amministrativa fa riferimento l’art.1 legge 241/90 “persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza”. Attività amministrativa ≠ atto o provvedimento Attività amministrativa: si riferisce all’operato complessivo delle singole amministrazioni, valutato in termini sia di legalità, ma soprattutto di efficienza, efficacia ed economicità. - tale valutazione è effettuata da organi di controllo come soprattutto la Corte dei Conti, preposta al controllo successivo sull’attività degli enti pubblici Atto o provvedimento: singolo episodio o frammento dell’attività posta in essere da un apparato e si presta a essere valutato sotto i profili della conformità o meno all’ordinamento. QUESTIONE CONTROVERSA: linea di confine tra attività amministrativa e attività di diritto privato in senso proprio della pubblica amministrazione La giurisprudenza tende a ritenere che un apparato pubblico svolge attività amministrativa non solo quando esercita pubbliche funzioni e poteri autoritativi, ma anche quando persegue le proprie finalità istituzionali mediante un’attività disciplinata in tutto o in parte dal diritto privato. È emersa così la distinzione tra: Pagina di 25 165 a) attività amministrativa in forma privatistica: riferibile a soggetti privati che operano per conto della pubblica amministrazione; b) Attività di impresa di enti pubblici; IL POTERE, IL PROVVEDIMENTO, IL PROCEDIMENTO L’attività amministrativa può esprimersi, oltre che in azioni e comportamenti materiali, nell’adozione di atti o provvedimenti che sono la manifestazione concreta dei poteri amministrativi. In relazione a ciascuna funzione la legge individua in modo puntuale i poteri conferiti al singolo apparato. POTERE: tale nozione appartiene alla teoria generale Il potere, prima ancora di essere una categoria giuridica, è una categoria sociologica legata alle dinamiche dei gruppi organizzati. I poteri amministrativi conferiscono agli apparati che ne assumono la titolarità una capacità giuridica speciale di diritto pubblico che si esprime nella possibilità di produrre, con una manifestazione di volontà unilaterale, effetti giuridici nella sfera dei destinatari. => essa si aggiunge alla capacità giuridica generale di diritto comune, intesa quale attitudine ad assumere la titolarità delle situazioni giuridiche soggettive attive e passive previste dall’ordinamento. Occorre distinguere tra: a) potere in astratto: quando la legge definisce gli elementi costitutivi di ciascun potere Quando l’amministrazione agisce in mancanza di una norma attributiva del potere, si configura un difetto assoluto di attribuzione che determina la nullità del provvedimento. Tale potere ha il carattere dell’inesauribilità, fin tanto che resta in vigore la norma attributiva, esso si presa a essere esercitato in una serie indeterminata di situazioni concrete b) Potere in concreto: quando si verifica una situazione di fatto conforme alla fattispecie tipizzata dalla norma di conferimento del potere, l’amministrazione è legittimata a esercitare il potere. L’amministrazione è tenuta ad avviare un procedimento che si conclude con l’emanazione di un atto o provvedimento idoneo a incidere nella sfera giuridica del soggetto destinatario e a disciplinare il rapporto con l’amministrazione. ATTO E PROVVEDIMENTO: nel diritto italiano manca una definizione legislativa di atto o provvedimento. La legge sul procedimento amministrativo tedesca lo definisce come “ogni provvedimento decisione o altra misura autoritativa che è emanata da un’autorità amministrativa per regolare un caso singolo nel campo del diritto pubblico e che è volta a produrre un effetto giuridico diretto verso l’esterno. Nel nostro ordinamento invece l’atto amministrativo costituisce una nozione elaborata dalla dottrina e dalla giurisprudenza; alcune indicazioni si possono ricavare sia dalla Costituzione che da leggi generali. ART.113 COST: “contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale” La legge determina quali organi giurisdizionali abbiano il potere di annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge. Queste disposizioni richiamano due aspetti del regime giuridico degli atti amministrativi: 1. La loro sottoesposizione necessaria a un controllo giurisdizionale operato dal giudice amministrativo e dal giudice ordinario; Pagina di 26 165 2. La loro annullabilità nei casi di accertata difformità dei medesimi rispetto alle norme giuridiche; SUL VERSANTE STORICO: la nozione di atto amministrativo emerse quando in Italia fu istituito un giudice speciale, distinto da quello ordinario. La IV Sezione del Consiglio di Stato si pose subito il problema di quali caratteristiche dovessero avere gli atti delle amministrazioni per poter essere sottoposto a controllo giurisdizionale e contribuì (insieme alla dottrina) ad elaborare la teoria dell’atto amministrativo. ART. 26 TESTO UNICO DELLE LEGGI SUL CONSIGLIO DI STATO: questa disposizione, del 1889, definiva le condizioni minime per poter accedere alla tutela giurisdizionale amministrativa: - atto emanato da un’autorità amministrativa, ritenuto illegittimo e che fosse lesivo di una situazione giuridica soggettiva del privato Altre disposizioni rilevanti: l.n. 241/1990 ART. 1 co. 1 bis: la pubblica amministrazione agisce di regola secondo le norme del diritto privato nell’adozione di atti di natura non autoritativa. Questi vanno distinti dagli atti di natura autoritativa, per i quali vige il regime pubblicistico proprio degli atti amministrativi. ART. 2 co.1: pone in capo all’amministrazione il dovere di concludere il procedimento mediante l’adozione di un provvedimento espresso. ART.7: l’avvio del procedimento deve essere comunicato ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finali è destinato a produrre effetti diretti; Da ciò emerge che il termine di atto o provvedimento sono utilizzati spesso come sinonimi. In dottrina si è cercata una distinzione: I. Atto: ogni dichiarazione di volontà, di desiderio, di conoscenza, di giudizio, compiuta da un soggetto dell’amministrazione pubblica nell’esercizio di una potestà amministrativa; Esempio: atti endoprocessuali come i pareri o valutazioni tecniche II. Provvedimento: subcategoria più importante degli atti amministrativi, manifestazione di volontà, espressa dall’amministrazione titolare di un interesse pubblico e tesa a produrre in modo unilaterale effetti giuridici nei rapporti esterni con i soggetti destinatari del provvedimento medesimo IL PROCEDIMENTO: l’esercizio del potere amministrativo avviene secondo il modulo del procedimento, ossia attraverso la sequenza di operazioni e di atti strumentali all’emanazione di un provvedimento produttivo degli effetti giuridici nei rapporti esterni. La l.n.241/1990 non fornisce una definizione di procedimento Esso costituisce la modalità ordinaria di esercizio delle funzioni pubbliche corrispondenti ai 3 poteri dello Stato, in considerazione delle esigenze di accentuare la trasparenza e di garantire meglio la tutela dei soggetti interessati di fronte ad atti che sono espressione diretta dell’autorità dello Stato. IL RAPPORTO GIURIDICO AMMINISTRATIVO rapporto giuridico amministrativo: il rapporto che intercorre tra la pubblica amministrazione che esercita un potere e il soggetto privato titolare di un interesse legittimo. Nella visione tradizionale: lo Stato era concepito come un’entità collocata in una posizione di sovraordinazione rispetto ai soggetti privati relegati nella posizione di amministrati o di sottoposto, tale da escludere la configurabilità di vincoli giuridici bilaterali. Pagina di 27 165 => seguono lo schema norma-fatto-potere-effetto Essa segna i limiti interni al potere volti a guidare l’attività amministrativa Sul piano della situazione giuridica: interesse legittimo Con l’applicazione della categoria dell’annullabilità o nullità degli atti che violano l’uno o l’altro tipo di norma. Il giudice amministrativo è chiamato ad accertare la conformità, non solo del fatto, ma anche dell’atto rispetto alla norma di azione b) Norme di relazione; Volte a regolare i rapporti intercorrenti tra l’amministrazione e i soggetti privati, a garanzia anche di questi ultimi, definendo direttamente l’assetto degli interessi e dirimendo i conflitti insorgenti tra cittadino e pubblica amministrazione => seguono lo schema norma-fatto-effetto Essa segna i limiti esterni al potere tracciando i confini tra la sfera giuridica dei soggetti privati rispetto a quella dell’amministrazione. Sul piano della situazione giuridica: diritto soggettivo Con l’applicazione della categoria dell’annullabilità o nullità degli atti che violano l’uno o l’altro tipo di norma. Il giudice ordinario è chiamato ad accertare la conformità o meno del fatto rispetto alla norma di relazione QUESTA DICOTOMIA (azione-relazione) E’ ORMAI DATATA Essa è legata ad una concezione dell’interesse legittimo ormai superata, quale situazione giuridica soggettiva che riceve al massimo una tutela indiretta e riflessa dall’ordinamento. In attuazione del principio di legalità, la norma attributiva del potere individua gli elementi caratterizzanti del potere: 1. SOGGETTO COMPETENTE; Ogni potere amministrativo deve essere attribuito in modo specifico dalla norma alla titolarità di un soggetto e , ove l’organizzazione di questo preveda una pluralità di organo, ad uno solo. 2. FINE PUBBLICO; Definito come interesse pubblico primario affidato alla cura dell’apparato amministrativo titolare del potere, costituisce un elemento specificato: - in modo espresso dalla norma di conferimento del potere; - o può essere ricavato implicitamente dalla legge che disciplina la particolare materia; 3. PRESUPPOSTI E REQUISITI; La loro sussistenza è una delle condizioni dell’esercizio legittimo del potere. Tale definizione è prevista ex art.19 l.n.241/1990 ed è riferita alle autorizzazioni vincolate che sono sostituite dalla cosiddetta segnalazione certificata d’inizio di attività (SCIA) Art. 6 prevede che il responsabile del procedimento valuti a fini istruttori le condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione ed i presupposti che siano rilevanti per l’emanazione del provvedimento. Il potere può risultare più o meno vincolato, distinguiamo: Pagina di 30 165 • Poteri integralmente vincolati: in relazione ad essi l’amministrazione ha il compito di verificare se nella fattispecie concreta siano rinvenibili tutti gli elementi indicati in modo univoco ed esaurito dalla norma attributiva e, nel caso positivo, emanare il provvedimento che produca gli effetti previsti dalla norma; • I poteri in bianco: rimettono al soggetto titolare del potere spazi molto ampi di apprezzamento, di valutazione della fattispecie. La discrezionalità emerge allorché la norma autorizza ma non obbliga l’amministrazione ad emanare un determinato provvedimento. Es. “l’amministrazione ha la facoltà di” Gli spazi di valutazione dei fatti costitutivi del potere sono tanto più ampi quanto più la norma fa ricorso ai cosiddetti concetti giuridici indeterminati, espressione ripresa dalla giurisprudenza. Tali concetti giuridici possono essere di due tipi: => concetti empirici o descrittivi: si riferiscono al modo di essere di una situazione di fatto, involgono concetti a carattere tecnico-scientifico => concetti normativi o di valore: contengono un elemento di soggettività, ricoprono l’area della discrezionalità 4. MODALITA’ DI ESERCIZIO DEL POTERE E I REQUISITI DI FORMA; Indica altresì la sequenza degli atti e degli adempimenti necessari per l’emanazione del provvedimento finale. 5. GLI EFFETTI GIURIDICI; I provvedimenti, in quanto manifestazione del potere, hanno l’attitudine a produrre effetti costitutivi, cioè possono costituire/modificare/estinguere situazioni giuridiche di cui sono titolati i destinatari del provvedimento. 6. L’ELEMENTO TEMPORALE; Questo sotto più profili: Individuare un termine per l’avvio del procedimento d’ufficio; Specificare il termine massimo entra il quale, una volta avviato il procedimento, l’amministrazione deve emanare il provvedimento conclusivo; Le leggi amministrative scandiscono anche i tempi per l’adozione degli atti endoprocessuale; IL POTERE DISCREZIONALE La discrezionalità può essere riferita oltre che al potere, anche all’attività e al provvedimento amministrativo. Nel diritto amministrativo la discrezionalità connota l’essenza stessa dell’amministrare, cura in concreto gli interessi pubblici. => tale attività presuppone che l’apparato titolare del potere abbia la possibilità di scegliere la soluzione migliore nel caso concreto Emerge una tensione con il principio di legalità inteso in senso sostanziale, tuttavia se il potere è vincolato si andrebbe a mutare la stessa funzione dell’atto amministrativo. - Poiché se il potere è vincolato, l’effetto giuridico sorge automaticamente, senza l’intermediazione di un atto che accerti la sussumibilità della fattispecie concreta nella fattispecie normativa astratta RESTA IL PROBLEMA DI CONCILIARE DUE ESIGENZE: 1) attribuire all’amministrazione quel tanto di discrezionalità che consente la flessibilità necessaria per gestire i problemi della collettività; Pagina di 31 165 2) Evitare che la discrezionalità si traduca in arbitrio; Vi è una differenza => autonomia negoziale ≠ potere negoziale Potere negoziale: espressione della libertà dei privati di provvedere alla cura dei propri interessi Le scelte dei privati non sono sottoposte a regole particolari, basta che il soggetto privato sia pienamente capace e che la sua volontà non sia affetta da vizi. - se la scelta è irragionevole o arbitraria ciò non inficia sul negozio posto in essere Potere discrezionale: l’amministrazione deve operare la scelta tra diverse soluzioni, non solo nel rispetto dei limiti esterni posti dalla norma di conferimento del potere e dei principi dell’azione amministrativa, ma anche per il dovere di perseguire il fine pubblico. ART. 1 l.n. 241/1990: l’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta dai criteri di imparzialità, trasparenza e pubblicità. => è superata la teoria ottocentesca che sottraeva l’ambito della discrezionalità al controllo del giudice La discrezionalità amministrativa non trova una definizione legislativa, è richiamata direttamente o indirettamente da alcune disposizioni generali. Volendo porre una definizione potremmo affermare che: essa consiste nel margine di scelta che la norma rimette all’amministrazione affinché possa individuare, tra quelle consentite, la soluzione migliore per curare nel caso concreto l’interesse pubblico. La scelta avviene all’esito di una valutazione comparativa tra gli interessi pubblici e privati. Tra di essi vi è l’interesse pubblico primario (corrispondente al fine pubblico) individuato dalla norma di conferimento del potere e affidato alla cura dell’amministrazione titolare del potere. Ma tale interesse deve essere messo a confronto con: interesse pubblico secondario - tra essi rientrano non solo gli interesse pubblici incisi dal provvedimento, ma anche gli interessi dei privati I soggetti privati possono partecipare al procedimento allo scopo di rappresentare il proprio punto di vista presentando memorie e documenti QUINDI: la scelta operata dall’amministrazione deve contemperare l’esigenza di massimizzare l’interesse pubblico primario con quella di causare il minor sacrificio possibile degli interessi secondari incisi dal provvedimento. La discrezionalità amministrativa incide su 4 elementi distinti: a) sull’an: sul se esercitare il potere in una determinata situazione concreta ed emanare il provvedimento; b) Sul quid: sul contenuto del provvedimento; c) Sul quomodo: sulle modalità da seguire per l’adozione del provvedimento al di là delle sequenze di atti imposti dalla legge che disciplina lo specifico provvedimento; d) Sul quando: sul momento più opportuno per esercitare un potere d’ufficio avviando il procedimento e poi emanando il provvedimento, tenuto conto dei termini massimi per la conclusione del procedimento. Una distinzione è tra: discrezionalità in astratto e vincolatezza in concreto Nel corso del procedimento, la discrezionalità può cioè ridursi via via fino ad annullarsi del tutto (si parla di vincolatezza in concreto), diversa è l’ipotesi in cui la norma già predefinisce in modo puntuale tutti gli elementi che caratterizzano il potere (si parla di vincolatezza in astratto). Tale distinzione è posta dal Codice del processo amministrativo, art.31 co.3 relativo al giudizio sul silenzio della pubblica amministrazione Pagina di 32 165 Al giudice amministrativo può essere devoluta, in casi tassativi, anche la cognizione di diritti soggettivi ma solo quando sono connessi ed intrecciati a un rapporto nel quale l’amministrazione si presenta in veste di autorità 2. Delimitare l’ambito della responsabilità civile della pubblica amministrazione; Ad oggi quest’ultimo profilo è stato superato a seguito della sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione 1999 che ha aperto la strada alla risarcibilità del danno da lesione di interesse legittimo. Per inquadrare l’interesse legittimo occorre porsi in una prospettiva storica. LA NASCITA: PRIMA FASE: l’abolizione del contenzioso amministrativo si attribuì al giudice civile la giurisdizione in tutte le controversie tra il privato e la pubblica amministrazione nelle quali si facesse questione di un diritto soggettivo, ancorché la controversia fosse correlata all’emanazione di un provvedimento. - nella prassi il giudice civile non andò a sindacare gli atti della pubblica amministrazione Si creò un vuoto di tutela di fronte a numerosi casi di illegittimità e abusi da parte dell’amministrazione SECONDA FASE: legge 1889 istitutiva della IV Sezione del Consiglio di Stato La sezione fu investita del potere di decidere sui ricorsi contro gli atti o provvedimenti illegittimi aventi per oggetto un interesse d’individui o di enti morali giuridici. Dottrina e giurisprudenza hanno cercato di riempire di contenuto la formula generica di “interesse”, sono state offerte nel tempo varie ricostruzioni: • DIRITTO FATTO VALERE COME INTERESSE; Vi fu chi inizialmente ritenne che la situazione giuridica soggettiva devoluta alla cognizione della IV Sezione fosse un normale diritto “fatto valere come interesse” utilizzando il criterio del petitum (richiesta formulata dal ricorrente di annullamento del provvedimento emanato). - tale concezione fu subito disattesa e si diede rilevanza alla causa petendi, situazione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio; • INTERESSE LEGITTIMO COME INTERESSE DI MERO FATTO; Un filone dottrinale negò a lungo all’interesse legittimo la consistenza di vera e propria situazione giuridica avente natura sostanziale, dandole un significato processuale. Fu considerato come interesse di mero fatto che fa sorgere in capo al privato un interesse processuale ad attivare la tutela dinanzi al giudice amministrativo allorché vi sia un’atto illegittimo. Se l’interesse legittimo è una posizione meramente processuale, quando agisce? Dopo che è stato emanato il provvedimento perché nasce con il provvedimento, alla sua lesione. Vi è irrilevanza giuridica di tutto quello che avviene prima, questo è il limite della teoria processualistica perché l’attenzione è rivolta alla tutela • DIRITTO ALLA LEGITTIMITA’ DEGLI ATTI; L’interesse legittimo doveva essere qualificato come un diritto alla legittimità degli atti della funzione governativa, ossia un diritto avente per oggetto la pretesa formale a che l’azione amministrativa sia conforme alle norme che regolano il potere esercitato. • IL DIRITTO AFFIEVOLITO; Altra interpretazione è quella della teoria della “degradazione” o “affievolimento” del diritto soggettivo. Essa considera l’interesse legittimo come un diritto affievolito, come la risultante dell'atto di esercizio del potere amministrativo che incide su un diritto soggettivo. Pagina di 35 165 Il provvedimento autoritativo, ancorché illegittimo, è idoneo ad intaccare il diritto soggettivo trasformandolo in interesse legittimo. Esempio: diritto di proprietà inciso dal potere amministrativo. A tale categoria fa coppia quella dei diritti “in attesa di espansione”, diritti il cui esercizio è condizionato all’esercizio di un potere dell’amministrazione, nei confronti del quale il titolare del diritto vanta un interesse legittimo. Esempio: autorizzazione ad aprire un esercizio commerciale • INTERESSE OCCASIONALMENTE PROTETTO; Altre ricostruzioni tradizionali sottolineando il fatto che l’interesse del privato è posto in una posizione subalterna rispetto all’interesse pubblico. Solo in presenza di un diritto soggettivo l’interesse del privato correlato a un bene della vita è oggetto di una tutela diretta e immediata da parte dell’ordinamento. Poiché si definisce l’interesse legittimo come: interesse occasionalmente protetto da una norma volta a tutelare in modo diretto e immediato l’interesse pubblico. L’interesse legittimo fonda, in capo al suo titolate soltanto la pretesa a che l’amministrazione eserciti il potere in modo legittimo, ossia in conformità con la norma d’azione. - il titolare dell’interesse legittimo può cercare di influenzare l’esercizio del potere in senso a sé favorevole attraverso la partecipazione al procedimento • LE RICOSTRUZIONI PIU’ RECENTI DELL’INTERESSE LEGITTIMO; Le definizioni tradizionali dell’interesse legittimo sono state criticate dalla dottrina, poiché si affermava che tali definizioni fossero connotate da una visione autoritaria dei rapporti tra Stato e cittadino. L’impostazione tradizionale entra in crisi con i nuovi valori espressi da: A) Costituzione; B) Ordinamento europeo; C) l.n. 241/1990; L’interesse legittimo ha assunto una valenza di ordine sostanziale a seguito dell’apertura della strada sulla sua risarcibilità ad opera della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione n.500/1999. La giurisprudenza si è posta il problema del se il risarcimento del danno costruisca un diritto soggettivo distinto dall’interesse legittimo, ancorché collegato. La Corte costituzionale con sentenza 204/2004 ha inteso l'azione risarcitoria non già come volta a tutelare un diritto soggettivo autonomo, bensì come funzione rimediale, ossia una tecnica di tutela dell’interesse legittimo che si affianca e integra la tecnica dell’annullamento. => Se l’interesse legittimo incorpora anche una pretesa risarcitoria, esso ha necessariamente per oggetto un bene della vita suscettibile di essere leso da un provvedimento illegittimo. ALTRO TEMA INTERESSANTE: pregiudizialità amministrativa Precedentemente: si afferma la pregiudizialità amministrativa dell’azione di annullamento rispetto all’azione di risarcimento Cassazione: l’azione di risarcimento dell’interesse legittimo può essere proposta autonomamente, non è richiesta la previa impugnazione del provvedimento. Non vi era pregiudizialità amministrativa rispetto all’azione risarcitoria. - È stato approvato il codice del processo amministrativo che prevede l’autonomia dell’azione risarcitoria però deve essere esercitata entro 120 giorni, termine di decadenza stretto dalla produzione del danno e del provvedimento amministrativo (Oppure 120 dall’atto per l’annullamento) Pagina di 36 165 Il giudice nel riconoscere il danno deve tener conto dei danni che non si sarebbero prodotti se la parte si fosse comportata in maniera diligente, ex art. 1227 cc. Il bene della vita trova tutela anche attraverso l’azione di adempimento. Il giudice può condannare l’amministrazione e emanare il provvedimento richiesto dal privato attribuendogli così il bene della vita. ALLA LUCE DEI CIO’ (quindi di questa visione sostanziale): la norma di conferimento del potere ha lo scopo di tutelare sia l’interesse pubblico curato dalla pubblica amministrazione, sia l’interesse del privato che mira a conservare o ad acquisire una utilità finale o bene della vita. DEFINIZIONE DI INTERESSE LEGITTIMO: situazione giuridica soggettiva, correlata al potere della pubblica amministrazione e tutelata in modo diretto dalla norma di conferimento del potere che attribuisce al suo titolare una serie di poteri e facoltà volti a influire sull’esercizio del potere medesimo allo scopo di conservare o acquisire un bene della vita. I poteri e facoltà: si esplicano all’interno del procedimento attraverso l’istituto della partecipazione, essi tengono a riequilibrare la posizione di soggezione nei confronti del titolare del potere. In capo all’amministrazione: doveri comportamentali nella fase procedimentale e decisionale che sono finalizzati alla tutela dell’interesse del soggetto privato. QUINDI: il titolare dell’interesse legittimo fa valere nei confronti dell’amministrazione una pretesa a che il potere sia esercitato in modo legittimo in senso conforme all’interesse sostanziale del privato alla conservazione o all’acquisizione di un bene della vita. TALE PRESTAZIONE E’ QUINDI INFUNGIBILE => il titolare dell’interesse legittimo può conservare o acquisire una certa utilità esclusivamente tramite l’esercizio o il mancato esercizio del potere da parte dell’unica autorità competenti in base alla norma attributiva del potere. Sulla base di ciò è emersa in dottrina una visione che dissolve l’interesse legittimo nella figura del diritto soggettivo. Il diritto soggettivo include anche figure di diritti diverse da quelle correlate in modo diretto e immediato a un bene della vita. Tale categoria è analoga all’interesse legittimo, il quale potrebbe essere ricondotto a una figura particolare di diritto avente per oggetto una prestazione-comportamento da parte dell’amministrazione a favore del soggetto privato. IN DEFINITIVA: l’interesse legittimo ha 2 dimensioni: • Dimensione passiva: soggezione rispetto al potere esercitato; • Dimensione attiva: pretesa a un esercizio corretto del potere alla quale corrispondono una serie di poteri e facoltà nei confronti dell’amministrazione da far valere nel procedimento o in sede giurisdizionale; A questa duplice dimensione corrisponde una duplice dimensione del potere: • Attiva: se riferita alla produzione unilaterale dell’effetto giuridico; • Passiva: se correlata ai doveri di comportamento che gravano sull’amministrazione GLI INTERESSI LEGITTIMI OPPOSITIVI E PRETENSIVI Sotto il profilo funzionale possiamo adoperare tale distinzione: A) interessi legittimi oppositivi; Correlati a poteri amministrativi il cui esercizio determina la produzione di un effetto giuridico che incide negativamente e restringe la sfera giuridica del destinatario, sacrificando il suo interesse. ESEMPIO: potere di espropriazione Pagina di 37 165 3. Diversa natura del vizio dedotto dal soggetto privato nei confronti dell’atto emanato; Ove venga constatata la carenza di potere, ossia l’assenza di un fondamento legislativo del potere, l’atto emanato è inidoneo a produrre l’effetto tipico nella sfera giuridica del destinatario. La situazione giuridica soggettiva di cui quest’ultimo è titolare, in particolare diritto soggettivo, resiste al potere e non subisce affievolimento. Ove invece il soggetto lamenti il cattivo esercizio del potere, senza però contestarne l’esistenza, deducendo un vizio di illegittimità del provvedimento, la situazione giuridica fatta valere ha la consistenza di un interesse legittimo. IL DIRITTO DI ACCESSO AI DOCUMENTI AMMINISTRATIVI L’accesso ai documenti, ex art 22 co.1 l.n. 241/1990: è il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi => tale costituisce un principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e assicurare l’imparzialità e la trasparenza (co.2) L’accesso si distingue in: A) accesso procedimentale; Rientra tra quelli attribuiti ai soggetti che partecipano a un determinato procedimento amministrativo in modo da consentire ad essi di tutelare meglio le loro ragioni avendo condizione di tutti gli atti e documenti acquisiti nel fascicolo. - vi è quindi un legame funzionale tra principio di trasparenza (accesso agli atti) e diritto di partecipazione (informata) B) Accesso non procedimentale; Il diritto di accesso può essere esercitato in via autonoma da chi ha interesse a esaminare documenti detenuti stabilmente da una pubblica amministrazione. In entrambe le ipotesi sembra costituirsi il diritto di accesso secondo lo schema del diritto soggettivo. In riferimento a quello non procedimentale: Si richiede che il soggetto abbia => un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso. Ed è escluso in una serie tassativa di casi, cioè in relazione ai documenti coperti dal Segreto di Stato, quelli relativi a procedimenti tributari o a procedimenti per l’adozione di atti amministrativi generali. Allorché vi siano esigenze di tutela della riservatezza l’amministrazione deve compiere una duplice operazione: 1. Comparare l’interesse all’accesso all’interesse alla riservatezza di terzi; 2. Deve valutare se l’accesso ha il carattere della necessarietà; In particolare tale criterio è stringere nel caso in cui i documenti contengano dati definiti come sensibili dal Codice dei dati personali e giudiziari. Sotto il profilo processuale: il diritto di accesso ai documenti amministrativi è incluso tra le materie devote alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo Difficile è definire la natura giuridica del diritto di accesso, in dottrina si è parlato di una situazione giuridica nuova. DI RECENTE: si afferma che non si tratti di un diritto soggettivo ma di interesse legittimo. Pagina di 40 165 - da ciò la conseguenza che il diniego di accesso costituisce un provvedimento impugnabile nel termine di decadenza di 30 giorni; Accanto a tale forma di accesso l.n.241/1990 si sono aggiunte altre fattispecie di accesso qualificabili in termini di diritto soggettivo in senso proprio. Es. materia d’ambiente, a livello di amministrazioni locali e l’accesso civico L’ACCESSO CIVICO: esso trova fondamento nel nostro ordinamento ex art.2-118 Cost che decina un modello di cittadinanza attiva, fondata sulla cooperazione spontanea dei cittadini con le istituzioni pubbliche mediante la partecipazione alle decisioni e alle azioni che riguardano la cura dei beni comuni. Vi sono due ipotesi: a) acceso semplice; Riguarda le informazioni e i dati che le amministrazioni hanno l’obbligo di pubblicare sui propri siti o con altre modalità. Se questo adempimento non è stato effettuato, chiunque può richiedere l’accesso b) Acceso generalizzato; Si attribuisce a chiunque il diritto di accedere a dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, anche per i quali non sussiste un obbligo di pubblicazione. Tuttavia non riguarda tutti i documenti, vi è un elenco tassativo di esclusioni. INTERESSI DI FATTO, DIFFUSI E COLLETTIVI Le norme che disciplinano la pubblica amministrazione possono imporre ad essa doveri di comportamento, finalizzati alla tutela di interessi pubblici. - ciò può avvenire da parte di norme interne o da norme poste da fonti normative primarie o secondarie; La violazione di tali doveri rileva all’interno dell’organizzazione degli apparati pubblici e può dar origine, a seconda dei casi: - interventi propulsivi (diffide) o sostitutivo da parte di organi di vigilanza; - Irrogazione di sanzioni nei confronti dei dirigenti e dei funzionari responsabili della violazione o altre forme di penalizzazione; I soggetti privati che possono trarre un beneficio o pregiudizio da tali attività sono portatori di un interesse di mero fatto, a tutela del quale non è attivabile alcun rimedio giurisdizionale. - possono al massimo promuovere l’osservanza da parte dell’amministrazione di doveri es con segnalazioni o petizioni IMPORTANTE DISTINGUERE: INTERESSI DI FATTO ≠ INTERESSI LEGITTIMI I criteri giurisprudenziali sono due: a) Differenziazione; Affinché possa configurarsi un interesse legittimo, occorre che la posizione in cui si trova il soggetto privato rispetto all’amministrazione, gravata da un dovere di agire, sia diversa da quella della generalità dei soggetti dell’ordinamento. È utile l’elemento fisico-stazione della vicinanza, esso rende concreto il pregiudizio in capo a taluni soggetti ESEMPIO: il proprietario di un terreno che confina con il terreno al cui proprietario è stato rilasciato un permesso a costruire un edificio che impedirebbe la vista panoramica; egli si trova in una posizione differenziata rispetto al proprietario di aree non contigue b) Qualificazione; Pagina di 41 165 Una volta appurato il carattere differenziato, occorre accertare se tale interesse rientri nel perimetro di tutela offera dalle norme attributive del potere. Nella casistica giurisprudenziale i due criteri appaiono collegati, quanto più è differenziato un interesse, tanto più è probabile che esso venga ritenuto anche meritevole di tutela. Gli interessi di mero fatto possono avere una dimensione individuale o superindividuale. È così emersa in dottrina e in giurisprudenza la nozione di interesse diffuso. INTERESSE DIFFUSO: interessi non personalizzati senza struttura, riferibili in modo indistinto alla generalità della collettività o a categorie più o meno ampie di soggetti. => il carattere diffuso dell’interesse deriva dalla caratteristica del bene materiale o immateriale ad esso correlato che non è suscettibile di appropriazione e di godimento esclusivi (ambiente, paesaggio ecc) Gli interessi diffusi costituiscono una categoria dai confini incerti. Superano la dimensione individuale in quanto sono riferibili agli individui non in sé, ma in relazione al loro status di consumatore, utente ecc. - si sovrappongono alla nozione di interesse pubblico L’ordinamento ha iniziato a prendere in considerazione gli interessi diffusi attribuendo ad essi una certa rilevanza sia in sede procedimentale, sia in sede processuale. • IN SEDE PROCEDIMENTALE: art. 9 l.n. 241/1990 Attribuisce la facoltà di intervenire nel procedimento a qualsiasi soggetto portatore di interessi pubblici o privati, nonché a portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati ai quali possa derivare un pregiudizio dal provvedimento. • IN SEDE PROCESSUALE: i criteri elaborati per aprire la strada alla tutela giurisdizionale sono tre 1. Individuare nella partecipazione al procedimento un elemento di differenziazione e qualificazione tale da consentire l’impugnazione innanzi al giudice amministrativo del provvedimento conclusivo del procedimento; Tuttavia diritto di partecipazione al procedimento e legittimazione processuale hanno funzioni diverse. la partecipazione assolve alla funzione di tutela preventiva degli interessi dei soggetti suscettibili di essere incisi dal provvedimento e fornire all’amministrazione una gamma più ampia di informazioni per esercitare il potere. Ha quindi un ambito più ampio della legittimazione che può essere riconosciuta solo al titolare di una situazione giudica soggettiva che ha subito una lesione. 2. Ampliare l’ambito dell’interesse legittimo fino a includervi alcune situazioni in cui il ricorrente agisce in giudizio per tutelare in realtà un interesse superindividuale; È stata posta in risalto la distinzione tra interessi propriamente diffusi e interessi collettivi, interessi riferibili a specifiche categorie o gruppi. Agli organismi rappresentativi della categoria o del gruppo è stata riconosciuta una legittimazione processuale autonoma, collegata a una situazione di interesse legittimo, allo scopo di tutelare gli interessi non dei singoli appartenenti alla categoria ma alla categoria in quanto tale. 3. In settori particolari il legislatore ha attribuito a determinati soggetti istituti per la cura di interessi diffusi una legittimazione speciale a ricorrere (ex lege); Un cenno lo meritano => interessi individuali omogenei Hanno una dimensione superindividuale in senso proprio. Pagina di 42 165 II. Proporzionalità: Trae origine dalla giurisprudenza tedesca ed è poi stato fatto proprio dalla Corte di Giustizia dell’UE. Questo richiede di applicare in sequenza 3 criteri: - Idoneità: mette in relazione il mezzo adoperato con l’obiettivo da raggiungere - Necessarietà: detta la regola del mezzo più “mite”, mette a confronto le misure ritenute idonee e orienta la scelta su quella che comporti il minor sacrificio possibile degli interessati; - Adeguatezza: valutazione della scelta finale in termini di tollerabilità della restrizione III. Ragionevolezza: In base alla teoria delle scelte razionali, anche la pubblica amministrazione è un agente in grado di perseguire determinati obiettivi. È illogico l’impiego di un mezzo che eccede per dimensione o intensità quello strettamente necessario per raggiungere l’obiettivo. => esso ha estensione più ampia rispetto a quello di proporzionalità e vincola inoltre la discrezionalità del legislatore IV. Tutela del legittimo affidamento: Mira a tutelare le aspettative ingenerate dalla pubblica amministrazione con un suo atto o comportamento. Esso trova applicazione => nell’ambito UE in materia di aiuti di Stato: le imprese che siano state beneficiare non possono contrastare l’azione di recupero sulla base del principio del legittimo affidamento ove gli aiuti siano stati concessi senza che il regime sia stato notificato preventivamente alla Commissione europea. => nell’ordinamento interno: interviene a proposito del potere d’annullamento ex officio del provvedimento illegittimo, ove è richiesta una valutazione da parte dell’amministrazione degli interessi dei destinatari e del tempo ormai trascorso V. precauzione: Comporta che, quando sussistono incertezze in ordine all’esistenza o al livello di rischi per la salute delle persone, le autorità competenti possono adottare misure protettive senza dover attendere che sia dimostrata la realtà o gravità dei rischi. PRINCIPI SUL PROVVEDIMENTO; Principio della motivazione: obbligo dell’amministrazione di motivare le proprie decisioni. Esso è il presupposto, il fondamento e l’essenza stessa del legittimo esercizio del potere amministrativo e un presidio di legalità sostanziale. => attraverso tale il destinatario e il giudice amministrativo sono messi in grado di ricostruire le ragioni poste a fondamento della decisione (ricollegandosi a trasparenza e imparzialità) Principio di sindacabilità degli atti: gli atti amministrativi che ledono i diritti soggettivi e gli interessi legittimi sono sempre sottoposti al controllo giurisdizionale del giudice amministrativo o ordinario PRINCIPI SUL PROCEDIMENTO; a) principio del contraddittorio; Richiamato dalla Carta dei diritti fondamentali secondo la quale ogni individuo ha diritto di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio. b) Principio di certezza dei tempi; Pagina di 45 165 La Carta attribuisce ai singoli il diritto a che le questioni che lo riguardano siano trattate entro un termine ragionevole. La l.n. 241/1990 lo rende concreto nella disciplina volta a individuare per ciascun tipo di procedimento un termine massimo entro il quale l’amministrazione deve emanare il provvedimento finale che conclude il procedimento amministrativo. c) Principio di efficienza; L’amministrazione non può aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria. d) Principio di correttezza e buona fede; e) Principio di buona fede; Entrambe le parti del rapporto giuridico amministrativo sono tenute al rispetto del principio in questione: - l’amministrazione non deve disattendere gli affidamenti incolpevoli ingenerati nei privati; - Questi ultimi sono gravati da oneri di diligenza e leale collaborazione verso l’amministrazione; CAPITOLO 4- IL PROVVEDIMENTO PREMESSA Il provvedimento amministrativo: è la manifestazione di volontà dell’amministrazione tesa a produrre in modo unilaterale effetti giuridici nei confronti del soggetto destinatario. In un sistema costituzionale improntato al principio della separazione dei poteri il provvedimento, espressione del potere esecutivo, si colloca a fianco di due atti tipici riconducibili agli altri poteri dello Stato: a) la legge: espressione del potere legislativo che innova l’ordinamento giuridico; b) La sentenza: espressione del potere giurisdizionale, che risolve la controversia imponendo alle parti in modo definitivo la regola concreta del rapporto giuridico intercorrente tra esse Il provvedimento è assunto all’esito di un procedimento atto a garantire la trasparenza a la tutela degli interessi coinvolti. La disciplina del provvedimento è contenuta nella l.n. 241/1990 TRATTI CARATTERISTICI DEL PROVVEDIMENTO: A) TIPICITA’; La tipicità dei poteri e dei provvedimenti amministrativi è un corollario del principio di legalità in senso sostanziale. - La P.A è tenuta a perseguire esclusivamente il fine stabilito dalla norma di conferimento del potere e può utilizzare solo lo strumento giuridico definito dalla stessa norma. Un’attenuazione le principio di tipicità: le ordinanze contingibili ed urgenti possono essere emanate nei casi e per i fini previsti dalla legge, ma che non sono tipizzate, rimettendo la legge all’organo competente la determinazione del contenuto e degli effetti del provvedimento. Si fa riferimento talora anche alla nominatività dei provvedimenti per indicare che, in omaggio al principio di legalità inteso in senso formale, l’amministrazione può emanare soltanto gli atti ai quali la legge fa espresso riferimento.  => in questo senso si può dire che anche le ordinanze contingibili e urgenti, pur essendo atipiche, sono nominate Pagina di 46 165 Il principio di tipicità e la nominatività escludono che si possano riconoscere in capo all’amministrazione poteri impliciti, cioè poteri non espressamente previsti dalla legge, ma ricavabili indirettamente da norme che definiscono altri poteri. La giurisprudenza tuttavia, specie nel caso delle autorità amministrative indipendenti, tende ad offrire un’interpretazione estensiva ed elastica delle norme attributive del potere. B) IMPERATIVITA’; l’imperatività o autoritarietà: la P.A. titolare di un potere attribuito dalla legge può imporre al soggetto privato destinatario del provvedimento le proprie determinazioni operando in modo unilaterale una modifica nella sua sfera giuridica (es. espropriazione).   L’imperatività altro non è che una formula lessicale che esprime la particolare modalità di produzione degli effetti nei rapporti tra l’amministrazione titolare del potere e il soggetto privato titolare di un interesse legittimo: - il provvedimento è imperativo nel senso che ha l’attitudine a modificare la sfera giuridica del soggetto privato destinatario senza che sia necessario acquisire il suo consenso. L’imperatività quindi coincide con l’unilateralità nella produzione di un effetto giuridico che accomuna ogni atto di esercizio di un potere in senso proprio.   L’efficacia del provvedimento non dipende dalla validità del medesimo, cioè dalla sua conformità alla norma attributiva del potere. => vi è il principio dell’equiparazione dell’atto invalido all’atto valido anche l’atto illegittimo è in grado di produrre gli effetti tipici al pari dell’atto valido; tuttavia, gli effetti possono essere rimossi con efficacia retroattiva, insieme al provvedimento viziato, in seguito a una sentenza di annullamento del giudice amministrativo o in seguito all’annullamento pronunciato dalla stessa amministrazione (es. in sede di autotutela). Infatti, solo il provvedimento affetto da nullità ex art. 21-septies l. 241/1990 non ha carattere imperativo. A ben vedere, la relazione giuridica con l’amministrazione non è paritaria e consensuale neppure nel caso degli atti amministrativi emanati su domanda o istanza dell’interessato. Infatti, la domanda o istanza del privato fa sorgere in capo all’amministrazione un dovere di avviare il procedimento e di emanare all’esito di quest’ultimo, ove il soggetto privato risulti in possesso dei presupposti e dei requisiti di legge, il provvedimento richiesto. La volontà del soggetto privato espressa nell’istanza costituisce il fatto presupposto che legittima l’esercizio del potere. C) ESECUTORIETA’ ED EFFICACIA;  Esecutorietà: potere dell’amministrazione di procedere all’esecuzione coattiva del provvedimento in caso di mancata cooperazione da parte del privato obbligato, senza doversi rivolgere a un giudice allo scopo di ottenere l’esecuzione forzata. L’esecutorietà deroga al principio civilistico del divieto di autotutela, cioè di farsi giustizia da sé: nei rapporti interprivati l’autotutela è ammessa infatti solo in casi eccezionale (es. eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c.). ESEMPIO DI ESECUTORIETA’: ordine di abbattimento di un edificio abusivo Se il proprietario dell’immobile non provvede spontaneamente alla riduzione in ripristino, possono essere gli stessi dipendenti del comune o di un’impresa privata incaricata a porre in essere le attività necessarie. Pagina di 47 165 Le pubbliche amministrazioni soffrono, anche se in misura minore rispetto ai giudici, di un deficit di legittimazione democratica che richiede di essere compensato attraverso un onere di giustificazione. La motivazione adempie a tre funzioni: 1) promuove la trasparenza dell’azione amministrazione; 2) agevola l’interpretazione del provvedimento; 3) costituisce una garanzia per il soggetto privato che subisce un pregiudizio dal provvedimento. La motivazione deve dar conto di tutti gli elementi rilevanti, acquisiti nel corso dell’istruttoria procedimentale, che hanno indotto l’amministrazione a operare una determinata scelta, in particolare sugli apporti partecipativi dei privati. La motivazione può anche essere per relationem, cioè mediante un rinvio ad altro atto acquisito al procedimento (art. 3, co. 3, l. 241/1990). - La motivazione assume particolare importanza nel caso di provvedimenti discrezionali, mentre in quelli vincolati può essere limitata all’enunciazione dei presupposti di fatto e di diritto che giustificano l’esercizio del potere L’art. 3, co. 2, l. 241/1990: esclude dall’obbligo di motivazione gli atti normativi e quelli a contenuto generale; tuttavia, la legislazione recente, in particolare con riferimento alle autorità amministrative indipendenti preposte alla vigilanza sui mercati finanziari, ha previsto un obbligo di motivazione con riferimento alle scelte di regolazione e di vigilanza. Sulla motivazione del provvedimento si è acceso un dibattito in seguito ad alcune disposizioni: ! Quanto alla l. 15/2005, di riforma della l. 241/1990, l’art. 10-bis l. 241/1990 sulla comunicazione dei motivi ostativi dell’accoglimento dell’istanza valorizza l’istituto della motivazione: prima di poter rigettare l’istanza di un privato volta ad ottenere un provvedimento favorevole, l’amministrazione deve comunicare all’interessato i motivi per i quali la domanda non può essere accolta. Inoltre quando l’organo competente ad adottare un provvedimento, si discosti dalle risultanze dell’istruttoria, deve indicare nella motivazione le ragioni ! Quanto l. 1290/2012, l’art. 21-octies, co. 2, l. 241/1990 Esclude che il provvedimento possa essere annullato per vizi formali o procedurali ove il contenuto dispositivo del medesimo in ogni caso non avrebbe potuto essere diverso. Si discute se dunque la motivazione abbia perso almeno in parte la sua rilevanza venendo ad essere deputata a vizio formale. IN REALTA’: ciò che importa è che la decisione sia sorretta da ragioni valide, che potrebbero emergere magari anche nel corso del giudizio amministrativo instaurato per sindacare la legittimità dell’atto. Si pone così la questione del se ed entro quali limiti sia superato il divieto tradizionale dell’integrazione della motivazione del giudizio e dunque dell’ammissibilità della motivazione postuma. • La forma: l’atto amministrativo richiede di regola la forma scritta (per gli atti degli organi collegiali è prevista la verbalizzazione); in taluni casi l’atto può essere esternato oralmente (es. l’ordine di polizia o impartito dal superiore gerarchico). Pagina di 50 165 Il provvedimento può assumere, a determinate condizioni, la veste formale di un accordo tra l’amministrazione titolare del potere e il privato destinatario degli effetti volto a determinare il contenuto discrezionale del provvedimento. In giurisprudenza emerge talora anche la nozione di provvedimento implicito: - quando la volontà in esso espressa sia desumibile da un comportamento concludente dell’organo o da un precedente atto del quale l’atto implicito si ponga come unica conseguenza possibile. ESEMPIO: nomina di un dipendente pubblico che, senza l’adozione di un atto formale, venga inserito nell’organizzazione, gli siano conferiti compiti specifici e riceva in modo regolare la retribuzione.. L’art. 21-septies l. 241/1990 contiene un richiamo agli “elementi essenziali” del provvedimento, la cui mancanza costituisce una delle cause di nullità, essi non sono però elencati tassativamente. In riferimento all’interpretazione, si applicano le regole del codice civile sull’interpretazione dei contratti.    I PROVVEDIMENTI ABLATORI REALI, I PROVVEDIMENTI ORDINATORI E LE SANZIONI AMMINISTRATIVE I provvedimenti amministrativi si prestano ad essere ordinati secondo una pluralità di criteri che possono essere usati anche i modo concorrente. È opportuno riprendere la distinzione tra: a) Provvedimenti aventi effetti limitativi della sfera giuridica del destinatario; b) Provvedimenti aventi effetti ampliativi della sfera giuridica del destinatario; Le principali subcategorie dei primi sono: PROVVEDIMENTI ABLATORI REALI; Tra i provvedimenti ablatori reali va ricordata soprattutto l’espropriazione per pubblica utilità, nella quale si manifesta al massimo grado il conflitto tra l’interesse pubblico e gli interessi privati. Esso trova un punto di composizione: - da un lato, nel consentire alla P.A., all’esito di un procedimento in contraddittorio, di trasferire coattivamente il diritto di proprietà dal privato all’amministrazione o al soggetto beneficiario dell’espropriazione; - dall’altro, attribuendo al privato il diritto a un indennizzo (art. 42, co. 3, Cost.). La disciplina sostanziale e procedimentale in materia è contenuta nel Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentare in materia di espropriazione per pubblica utilità.   L’indennizzo non coincide necessariamente con il valore di mercato, ma non deve neppure essere irrisorio: su questo aspetto è intervenuta più volte la Corte costituzionale che ha posto il principio del “serio ristoro”, in base al quale occorre far riferimento al valore del bene in relazione alle sue caratteristiche essenziali, fatte palesi dalla potenziale utilizzazione economica di esso, secondo legge.   Tra i provvedimenti ablatori reali si annoverano anche: - l’occupazione temporanea preordinata all’espropriazione di opere dichiarate indifferibili ed urgenti, che consente così la presa in possesso e l’avvio immediato dei lavori nelle more della conclusione del procedimento espropriativo; Pagina di 51 165 - la requisizione in uso di beni mobili ed immobili per periodi di tempo limitati, che può essere disposta per gravi ed urgenti necessità pubbliche militari o civili; - le servitù pubbliche. PROVVEDIMENTI ABLATORI PERSONALI; Tra i provvedimenti ablatori personali rientrano gli ordini amministrativi e i provvedimenti che impongono ai destinatari obblighi di fare o di non fare (divieti) puntuali. L’ORDINE: è un provvedimento che prescrive un comportamento specifico da adottare in una situazione determinata. nelle organizzazioni improntate al principio gerarchico (es. l’esercito), esso è lo strumento in base al quale il titolare dell’organo o dell’ufficio sovraordinato impone la propria volontà e guida l’attività dell’organo o dell’ufficio sottordinato.   Come precisa il Testo unico degli impiegati civili dello Stato: l’impiegato deve eseguire gli ordini impartiti dal superiore gerarchico. Se l’ordine appare palesemente illegittimo, l’impiegato è tenuto a farne rimostranza motivata al superiore, il quale ha sempre il potere di rinnovarlo per iscritto. => In questo caso, l’impiegato deve darvi esecuzione, a meno che non si tratti di un atto vietato dalla legge penale. La mancata osservanza dell’ordine impartito può comportare l’adozione di sanzioni disciplinari in caso al titolare dell’organo o dell’ufficio sottordinato e può indurre il superiore gerarchico ad avocare a sé la competenza.   Gli ordini amministrativi sono previsti talvolta anche al di fuori dei rapporti interorganici. Gli ordini di polizia :sono emanati dalle autorità di pubblica sicurezza in base al Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza: tra essi vi è l’invito a comparire dinanzi all’autorità di pubblica sicurezza entro un termine assegnato, la cui inosservanza è sanzionata anche penalmente. Esempi di ordini aventi contenuto negativo (divieti) sono il divieto di svolgimento di riunioni per ragioni di ordine pubblico, di moralità o di sanità pubblica o di detenzione di armi, munizioni ed esplosivi impartito a persona ritenute capaci di abusarne. L’effettività di questo genere di provvedimenti è rafforzata, sotto il profilo penale, dal fatto che l’art. 650 c.p. (inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità) prevede che sia punito “chiunque non osservi un provvedimento legalmente dato da un’autorità amministrativa per ragioni di sicurezza pubblica o di ordine pubblico”.   L’imposizione di obblighi comportamentali è prevista da numerose leggi, specie nell’ambito di rapporti con autorità preposte alla vigilanza di categorie di imprese o a controlli su attività private. ESEMPI: => in materia bancaria e creditizia, la Banca d’Italia può emanare nei confronti delle banche vigilate provvedimenti specifici riguardanti l’adeguatezza patrimoniale, il contenimento dei rischi, l’organizzazione aziendale, inclusi il divieto di effettuare determinate operazioni o di distribuire utili => In base al Codice di consumo, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato può vietare, d’ufficio o su istanza di chi abbia interesse, la continuazione di pratiche commerciali scorrette elIminandone gli effetti.   Questi esempi già introducono una sottospecie di provvedimenti ordinatori costituita dalla : DIFFIDA => consiste nell’ordine di cessare da un determinato comportamento posto in essere in violazione di norme amministrative, anche con la fissazione di un termine per eliminare gli effetti dell’infrazione. Pagina di 52 165 nullaosta), a un regime meno intrusivo di controllo successivo (ex post), effettuato cioè dall’amministrazione una volta ricevuta la comunicazione di avvio dell’attività. L’avvio dell’attività può essere contestuale alla presentazione della SCIA, la cui segnalazione dev’essere corredata con un’autocertificazione del possesso dei presupposti e requisiti previsti dalla legge per lo svolgimento dell’attività. In caso di dichiarazioni mendaci, scattano sanzioni amministrative e penali.   In caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti previsti dalla legge per lo svolgimento dell’attività: - l’amministrazione, nel termine perentorio di 60 giorni, emana un provvedimento motivato di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti; - in alternativa, può invitare il privato a conformare l’attività alla normativa vigente entro un termine non inferiore a 30 giorni prescrivendo le misure necessarie. Nel caso della SCIA, dunque, l’amministrazione esercita un potere d’ufficio di verifica che può sfociare in un provvedimento di tipo ordinatorio.   Anche dopo la scadenza del termine di 60 giorni per l’attività di controllo, l’amministrazione può esercitare i poteri di vigilanza, prevenzione e controllo previsti da leggi vigenti; può persino attivare il potere interdittivo ove sussistano i presupposti previsti dalla l. 241/1990 per l’annullamento d’ufficio dei provvedimenti illegittimi, che richiede una serie di apprezzamenti discrezionali e prevede un termine di 18 mesi per i provvedimenti autorizzativi. => Il rinvio alla disciplina dell’annullamento è però ambiguo, perché nel modello della SCIA non c’è alcun atto di assenso esplicito da parte dell’amministrazione e l’attività resta libera.   Il campo di applicazione della SCIA è definito dall’art. 19 l. 241/1990: - essa sostituisce di diritto ogni atto di tipo autorizzativo il cui rilascio dipende esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge, cioè ogni atto di tipo vincolato. - deve trattarsi di atti autorizzativi per i quali non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o altri strumenti di programmazione di settore ESCLUSIONI: qualora entrino in gioco interessi pubblici particolarmente rilevanti (es. ambiente, finanze) o si tratti di atti autorizzativi imposti dalla normativa europea.   La SCIA ha dato origine a un dibattito dottrinale che si è incentrato soprattutto sulla questione se la stessa attui una liberalizzazione effettiva delle attività in precedenza soggette a un regime autorizzatorio tradizionale, oppure se rientri ancora in qualche modo all’interno di tale schema, sia pur rivisitato. • Secondo alcune ricostruzioni superate, la SCIA sarebbe una forma di autoamministrazione dei privati, resa possibile proprio dal fatto che lo svolgimento dell’attività è subordinato dalle leggi amministrative alla presenza di presupposti e requisiti vincolanti; così ricostruita, la dichiarazione presentata dal privato avrebbe natura procedimentale e come tale potrebbe essere impugnata innanzi al giudice amministrativo da un soggetto terzo che abbia interesse a contrastare l’avvio dell’attività. • Le ricostruzioni più recenti riconducono la SCIA all’ambito delle attività libere, anche se conformate dalle leggi amministrative, sottoposte a vigilanza da parte delle autorità pubbliche. Un problema delicato è quello della tutela del terzo che affermi di subire una lesione nella propria sfera giuridica per effetto dell’avvio dell’attività. => mentre l’autorizzazione espressa costituisce un atto impugnabile da parte del terzo che vuole opporsi all’avvio dell’attività, nel caso della SCIA manca un provvedimento che gli consenta il ricorso al giudice amministrativo. Pagina di 55 165 Secondo una prima interpretazione, il terzo potrebbe proporre innanzi al giudice amministrativo un’azione di accertamento atipica, volta a far dichiarare che l’attività avviata non è conforme alle norme amministrative e a indurre l’amministrazione ad esercitare i poteri repressivi e interdittivi. Il legislatore ha precisato che la SCIA, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili che gli interessati possono sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l’azione contro il silenzio.  LE AUTORIZZAZIONI E LE CONCESSIONI La scelta da parte del legislatore tra i due modelli di controllo ex post o ex ante richiede una valutazione caso per caso. In base al d.lgs. 59/2010: i regimi autorizzatori possono essere istituiti o mantenuti solo se giustificati da motivi imperativi di interesse generale indicati in un elenco tassativo piuttosto esteso. L’autorizzazione preventiva è ammessa quando l’obiettivo della tutela dell’interesse pubblico non può essere conseguito tramite una misura meno restrittiva, in particolare in quanto un controllo a posteriori interverrebbe troppo tardi per avere reale efficacia. Nell’ambito del controllo ex ante sulle attività dei privati vanno considerate principalmente le autorizzazioni e le concessioni.   Secondo una definizione classica: L’ AUTORIZZAZIONE: è l’atto con il quale l’amministrazione rimuove un limite all’esercizio di un diritto soggettivo del quale è già titolare il soggetto che presenta la domanda. Il suo rilascio presuppone una verifica della conformità dell’attività ai parametri normativi posti a tutela dell’interesse pubblico. => le autorizzazioni danno origine al fenomeno dei diritti soggettivi in attesa di espansione, il soggetto privato vanta una posizione di interesse legittimo (es. apertura di un esercizio commerciale).   LA CONCESSIONE: l’atto con cui l’amministrazione attribuisce ex novo o trasferisce la titolarità di un diritto soggettivo in capo a un soggetto privato. => il soggetto privato che presenta l’istanza di concessione ha un interesse legittimo allo stato puro, solo a seguito dell’emanazione del provvedimento sorgerà un diritto soggettivo pieno che potrà essere fatto valere anche nei confronti dei terzi Sul piano funzionale: L’AUTORIZZAZIONE: è uno strumento di controllo da parte dell’amministrazione sullo svolgimento dell’attività allo scopo di verificar preventivamente che essa non si ponga in contrasto con le norme che definiscono i presupposti e i requisiti. - spesso si esaurisce con un actu, senza che si instauri una relazione con l’amministrazione che vada aldilà di una generica attività di vigilanza. LA CONCESSIONE: instaura invece in molti casi un rapporto di lunga durata con il concessionario, caratterizzato da diritti ed obblighi reciproci e da poteri di vigilanza continuativi e talora anche di indirizzo dell’attività. (la concessione costituisce spesso uno strumento attraverso il quale l’amministrazione, invece di provvedere con le proprie strutture alla gestione di beni e servizi, l’affida a soggetti privati, cd. esternalizzazione).   Le concessioni si suddividono in: Pagina di 56 165 1) traslative: trasferiscono in capo ad un soggetto privato un diritto o un potere di cui è titolare l’amministrazione (es. concessione dell’uso di un bene demaniale per l’installazione di uno stabilimento balneare). 2) costitutive: attribuiscono al soggetto privato un nuovo diritto (es. un’onorificenza).   Quanto all’oggetto, invece, le concezioni sono di più specie, esempi: - concessioni di beni pubblici, in particolare demaniali sui quali possono essere attribuiti diritti d’uso esclusivo (es. l’assegnazione di radiofrequenze). - concessioni di servizi pubblici o di attività ancor oggi sottoposte a un regime di monopolio legale o di riserva di attività a favore dello Stato o di enti pubblici (es. trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica). - concessioni di lavori (es. per costruire una tratta autostradale) o di servizi assimilate dal Codice dei contratti pubblici a normali contratti. - alcuni tipi di sovvenzioni, sussidi e contributi di denaro pubblico erogati, spesso con criteri discrezionali, per il perseguimento di interessi pubblici (sociali, economici, culturali). Alla definizione classica si sono accompagnate talune critiche PRIMA: la bipartizione delle autorizzazioni e delle concessioni apparve fin dall’inizio troppo rigida e vennero così individuate, all’interno di ciascuna categoria, alcune fattispecie intermedie. In particolare fu posta la distinzione tra: => autorizzazioni costitutive: talune connotate da un un‘ampia discrezionalità e in relazione alle quali è dubbia la preesistenza di un diritto soggettivo in capo al privato (es. in passato le autorizzazioni previste per le banche); => autorizzazioni permissive: operano come condiciones iuris, cioè come fatti permissivi o ostativi all’esercizio di una determinata attività con funzione talora di mero controllo di quest’ultima, talaltra anche di programmazione e direzione (es. vendita di alcolici); => autorizzazioni ricognitive: volte in prevalenza a valutare l’idoneità tecnica di persone o di cose (es. abilitazioni previste per i professionisti). Tra le categorie ibride vanno menzionate anche le licenze (es. caccia) aventi due caratteristiche: 1) riguardano attività nelle quali non sono rinvenibili preesistenti diritti soggettivi dei soggetti privati, né settori in dominio dell’amministrazione come nel caso delle concessioni; 2) il loro rilascio è subordinato a valutazioni di tipo tecnico o discrezionale o di coerenza con un quadro programmatorio che ne comporti il contingentamento, previsto per esempio nei piani commerciali. SECONDA: storicamente le autorizzazioni e le concessioni vennero inquadrate all’interno della teoria del provvedimento amministrativo come atti autoritativi. Nella seconda metà dell’Ottocento le concessioni amministrative vennero qualificate come contratti a prestazioni corrispettive disciplinati dalle norme civiliste. Qualche decennio dopo le concessioni vennero considerate provvedimenti discrezionali, modificabili e revocabili ad mutuo senza alcun obbligo di indennizzo. Alle autorizzazioni e concessioni => fu riconosciuto il carattere unilaterale e autoritativo. Il tentativo di depurare le concessioni da ogni elemento privatistico e paritario apparve ben presto una forzatura. La dottrina e la giurisprudenza elaborarono la nozione di concessione-contratto volta ad attenuare il carattere unilaterale-pubblicistico dell’atto concessorio: Pagina di 57 165 LA SECONDA: La messa a disposizione ai soggetti interessati dei dati in essi contenuti per mezzo di attestazioni e certificazioni che costituiscono la modalità tradizionale per dimostrare il possesso di presupposti e requisiti richiesti ai privati per poter svolgere molte attività.   L’art. 18 l. 241/1990 ed il Testo unico sulla documentazione amministrativa prevedono però due modalità alternative alle certificazioni che dovrebbero esser e preferite: => da un lato, le pubbliche amministrazioni sono tenute a scambiarsi d’ufficio le informazioni rilevanti senza gravare i soggetti privati dell’onere di ottenere il rilascio dei certificati; => dall’altro, in molti casi le certificazioni possono esser sostituite con l’autocertificazione, cioè tramite una dichiarazione formale assunta sotto propria responsabilità dal soggetto.   Le dichiarazioni sostitutive di certificazione possono avere ad oggetto la data, il luogo di nascita, la residenza, la cittadinanza, l’iscrizione in albi, la qualità di studente o di pensionato. L’amministrazione che utilizza il dato autocertificato nell’ambito di un procedimento può verificarne, almeno a campione, la correttezza e deve farlo nei casi in cui sorgono dubbi sulla veridicità delle dichiarazioni; - se l’autocertificazione è falsa, possono essere irrogate sanzioni anche di tipo penale. DICHIARAZIONI MENDACI O FASLE ATTESTAZIONI: all’interessato è negata la possibilità di conformare l’attività alla legge sanando la propria posizione. Viene altresì disposta nei suoi confronti la decadenza dai benefici eventualmente conseguiti dal provvedimento emanato in base alla dichiarazione non veritiera. B) Atti paritetici; Atto meramente ricognitivo di un assetto già definito in tutti i suoi elementi dalla norma attribuita di un diritto soggettivo. Tale categoria => fu elaborata dalla giurisprudenza quando negli anni Trenta il legislatore attribuì al giudice amministrativo in particolari materie (soprattutto il pubblico impiego) la cognizione di diritti soggettivi in aggiunta ai tradizionali interessi legittimi (giurisdizione esclusiva). La figura dell’atto paritetico serviva in quel contesto a superare la regola della necessità di impugnare l’atto nel termine di 60 giorni, con la conseguenza che la pretesa del privato poteva essere fatta valere in sede giudiziale nel normale termine di prescrizione (es. l’amministrazione nega un compenso spettante a un dipendente pubblico non privatizzato). C) Le verbalizzazioni; narrazioni storico-giuridica da parte di un pubblico ufficio di atti, fatti e operazioni avvenuti in sue presenza es. la polizia municipale, nell’abito dell’attività di vigilanza in materia edilizia, può recarsi in un cantiere e constatare in un processo verbale la difformità delle opere già realizzate rispetto al permesso a costruire La verbalizzazione assume un rilievo particolare i relazione alle attività deliberative degli organi collegiali: di regola essa è affidata a un segretario non componente del collegio che dà atto della presenza dei membri del collegio al fine della verifica del quorum costitutivo, dell’andamento della discussione sui punti all’ordine del giorno, riporta le eventuali dichiarazioni di voto e l’esito delle votazioni. Il verbale viene approvato dall’organo collegiale nella seduta successiva. D) Pareri e valutazioni tecniche;  Manifestazioni di giudizio da parte di organi o enti pubblici contenenti valutazioni e apprezzamenti in ordine a interessi pubblici secondari o a elementi di carattere tecnico che l’amministrazione titolare del potere amministrativo e competente a emanare un provvedimento amministrativo deve tener in considerazione. Pagina di 60 165 ATTI COLLEGIALI, COLLETTIVI, PLURIMI, DI ALTA AMMINISTRAZIONE I provvedimenti possono essere classificati in base a ulteriori criteri: a) provenienza soggettiva del provvedimento; Da un organo monocratico (decreto del ministro) da un più organi (decreto ministeriale) b) Destinatari del provvedimento;  Atti amministrativi generali: si rivolgono a classi omogenee più o meno ampie di soggetti Atti collettivi: categorie, generalmente ristrette, di soggetti considerati in modo unitario ma individuati singolarmente con precisione Atti plurimi: si rivolgono ad una pluralità di soggetti ma i loro effetti sono scindibili in relazione a ciascun destinatario (es. decreto che approva una graduatoria di concorso) c) Natura della funzione esercitata e ampiezza della discrezionalità; Ciò ha portato alla nascita degli atti di alta amministrazione distinti dagli atti politici non sottoposti al regime del provvedimento amministrativo. La linea di confine è sempre stata dibattuta. Il legislatore ha accolto una nozione oggettiva di atto politico: atti liberi nel fine ed emanati da un organo costituzionale. Atti di alta amministrazione: hanno natura amministrativa anche se caratterizzati da un’amplissima discrezionalità. Questi atti opera un raccordo tra la funzione di indirizzo politico e amministrativa, devono essere motivati e sono impugnabili dinanzi al giudice amministrativo il quale però esercita un sindacato meno intenso, limitandosi a rilevare le violazioni dei principi che presiedono l’esercizio del potere discrezionale. L’INVALIDITA’ DELL’ATTO AMMINISTRATIVO Non tutti i casi di difformità tra il provvedimento e le norme che lo disciplinano danno origine ad invalidità. Nei casi di imperfezioni minori => l’atto è semplicemente irregolare ed è suscettibile di rettifica o regolarizzazione si ha invalidità quando la difformità tra atto e norme determina una lesione di interessi tutelati da queste ultime e incide sull’efficacia del primo in modo più o meno radicale, sotto forma di nullità o di annullabilità. L’invalidità trova una disciplina compiuta nella l. 241/1990 in seguito alle modifiche introdotte dalla l. 15/2005 e, per i risvolti processuali, nel Codice del processo amministrativo.   La teoria generale opera una distinzione tra: a) norme che regolano una condotta: impongono obblighi comportamentali o attribuiscono diritti I comportamenti che violino tali norme sono qualificabili come illeciti e contro di essi l’ordinamento reagisce in vario modo (sanzioni penali, obbligo di risarcimento ecc) b) Norme che conferiscono poteri: conferiscono poteri (es fare testamento, contrarre matrimonio) gli atti posti in essere in violazione sono qualificabili come invalidi e contro di essi l’ordinamento reagisce disconoscendone gli effetti. L’invalidità può essere definita come la difformità di un negozio o di un atto dal suo modello legale e può essere sanzionata, in funzione della gravità della violazione, secondo due modalità: 1) NULLITA’: l’inidoneità dell’atto a produrre gli effetti giuridici tipici (nullità); Pagina di 61 165 2) ANNULLAMENTO: l’idoneità a produrre effetti in via precaria, fintanto che non intervenga un giudice (o altro organo) che, accertata l’invalidità, rimuova con efficacia retroattiva gli effetti prodotti (annullamento). Il regime dell’invalidità del provvedimento amministrativo si ispira, ma no coincide, con quello accolto dal codice civile. DIFFERENZE: LA NULLITA’ => nel diritto civile ha carattere atipico il codice del 1942 ha abbandonato la logica della tassatività delle ipotesi nelle quali essa è comminata, delineando uno schema atipico sanzionando con la nullità tutti i casi di contrarietà del contrato a norme imperative; rimette all’interprete la valutazione caso per caso in ordine al carattere imperativo o meno della norma violata (cd. nullità virtuale). => nel diritto amministrativo ha carattere tassativo è prevista solo in relazione a poche ipotesi tassative, mentre la violazione delle norme attributive del potere viene attratta nel regime ordinario dell’annullabilità (sotto il profilo della violazione di legge). • Perché questa distinzione? Perché le norme in materia di contratti hanno carattere dispositivo, possono cioè essere derogate dalle parti. Le norme imperative invece segnano in negativo i limiti all’autonomia negoziale a tutela di interessi generali. Sanzionare con la nullità ogni difformità tra provvedimento e norma attributiva del potere costituirebbe una reazione sproporzionata da parte dell’ordinamento. Storicamente si affermò il principio che equipara il provvedimento amministrativo invalido a quello valido ai fini della produzione dell’effetto giuridico tipico (salvo suo successivo annullamento), che appare più rispettoso delle prerogative dell’amministrazione e dell’esigenza di consentire la realizzazione immediata della cura in concreto dell’interesse pubblico. ANNULLABILITA’ => nel diritto civile è confinata a ipotesi tassative => Nel diritto amministrativo le figure sintomatiche dell’eccesso di potere, frutto dell’elaborazione giurisprudenziale sono un catalogo aperto e non tipizzato. In definitiva: il regime dell’annullabilità costituisce il regime ordinario del provvedimento amministrativo invalido, mentre la nullità è categoria residuale del diritto amministrativo. L’invalidità può essere: a) totale: se investe l’intero atto; b) parziale: se investe una parte di questo lasciando inalterata la validità e l’efficacia della parte non affetta dal vizio. Anche il provvedimento amministrativo può essere colpito da invalidità totale o parziale, quest’ultima si può avere nel caso di provvedimenti con effetti scindibili come gli atti plurimi (es. atto di nomina di una pluralità di vincitori di un concorso). In genere si ritiene applicabile al provvedimento il principio enunciato dall’art. 159 c.p.c., secondo il quale l’invalidità di una parte dell’atto si estende alle altre parti solo ove siano strettamente dipendenti da quella viziata; Pagina di 62 165 L’annullabilità è disciplinata dall’art. 21-octies l. 241/1990 e dall’art. 29 Codice del processo amministrativo: entrambe le disposizioni riprendono la tripartizione tradizionale dei vizi di legittimità. La nullità è disciplinata invece dall’art. 21- septies l. 241/1990 che individua quattro ipotesi tassative e dall’art. 31, co. 4, Codice del processo amministrativo che disciplina l’azione di nullità.   L’ANNULLABILITA’ Per tradizione, l’atto amministrativo affetto da incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge viene qualificato come illegittimo (e pertanto suscettibile di annullamento). La l. 241/1990 ricalca invece la distinzione civilistica tra nullità e annullabilità: => l’art. 21-octies, sia nella rubrica che nel primo comma infatti fa riferimento solo all’annullabilità; => l’art. 21-nonies usa invece ancora la terminologia “provvedimento amministrativo illegittimo”, prevedendo che esso possa essere annullato d’ufficio.   In realtà, annullabilità e illegittimità sono sostantivi usati in modo intercambiabile, ma, poiché l’art. 21-octies, co. 2, opera una dequotazione dei vizi formali, non si può più ritenere che tutti gli atti illegittimi siano annullabili.   L’annullamento elimina l’atto e i suoi effetti in modo retroattivo e l’amministrazione ha l’obbligo di porre in essere tutte le attività necessarie per ripristinare, per quanto possibile, la situazione di fatto e di diritto in cui si sarebbe trovato il destinatario dell’atto ove quest’ultimo non fosse stato emanato (effetto ripristinatorio).  Ciò che varia in funzione del tipo di vizio è invece l’effetto conformativo dell’annullamento, cioè il vincolo che sorge in capo all’amministrazione nel momento in cui essa emana un nuovo provvedimento sostitutivo di quello annullato. => Se il vizio accertato ha natura formale o procedurale (error in procedendo, es. mancata acquisizione di un parere obbligatorio), non è da escludere che l’amministrazione, acquisito il potere, possa emanare un nuovo atto dal contenuto identico rispetto a quello dell’atto annullato. => Se al contrario il vizio ha natura sostanziale (error in iudicando, es. la mancanza di un presupposto o di un requisito posto dalla norma attributiva del potere) l’amministrazione non potrà reiterare l’atto annullato.   La retroattività dell’annullamento è oggetto di un ripensamento nella giurisprudenza. Il Consiglio di Stato ha stabilito che l’atto viziato continua a produrre i propri effetti fin quando l’amministrazione non provveda a modificarlo o a sostituirlo entro un termine assegnato e ciò per evitare la conseguenza paradossale che, eliminati gli effetti del piano, ritenuto dalla sentenza illegittimo a causa di un vizio procedurale, riprendesse vigore il piano procedente ancor meno protettivo.   Sul versante processuale, l’art. 29 Codice del processo amministrativo conferma il regime tradizionale secondo cui: - contro il provvedimento affetto da violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere può essere proposta l’azione di annullamento innanzi al giudice amministrativo nel termine di decadenza di 60 giorni. L’annullabilità non piò essere rilevata d’ufficio dal giudice, ma, in base al principio dispositivo, può essere pronunciata solo in seguito alla domanda proposta nel ricorso che deve indicare anche in modo specifico i motivi dello stesso. L’art. 30 Codice del processo amministrativo stabilisce inoltre che insieme all’azione di annullamento può essere proposta anche l’azione risarcitoria.   Pagina di 65 165  L’INCOMPETENZA L’incompetenza è un vizio del provvedimento adottato da un organo o da un oggetto diverso da quello indicato dalla norma attributiva del potere: si tratta dunque di un vizio che attiene all’elemento soggettivo dell’atto. Si distingue generalmente tra: a) incompetenza relativa: quando l’atto viene emanato da un organo che appartiene alla stessa branca, settore o plesso organizzativo dell’organo titolare del potere; b) Incompetenza assoluta: determina nullità o carenza di potere (difetto di attribuzione), si ha quando sussiste un’assoluta estraneità sotto il profilo soggettivo e funzionale tra l’organo che ha emanato l’atto e quello competente.   La linea di confine tra le due figure è però spesso assai incerta (es. caso del decreto di espropriazione emanato dal presidente della Regione, anziché dal prefetto). Nella casistica emerge che il vizio è generalmente individuato come incompetenza relativa, mentre l’incompetenza assoluta è un fenomeno raro.   Sul piano meramente descrittivo il vizio di incompetenza può essere: • Per materia: attiene alla titolarità della funzione (es. le materie urbanistica e commerciale hanno ambiti di disciplina contigui); • Per grado: attiene all’articolazione interna degli rognai negli apparati organizzati secondo il criterio gerarchico (es. organizzazioni militari); • Per territorio: attiene agli ambiti in cui gli enti territoriali o le articolazioni periferiche degli apparati statali possono operare (es. prefetture di due Province contigue). Si fa riferimento talora anche alla competenza per valore all’interno di apparati pubblici con riguardo alla ripartizione tra i vari organi del potere di emanare provvedimenti che comportino esborsi di spesa.   La specificità del regime giuridico dell’incompetenza rispetto a quello della violazione di legge sta venendo meno progressivamente: - la giurisprudenza più recente ritiene applicabile anche al vizio di incompetenza l’art. 21-octies, co. 2, cioè il principio di dequotazione dei vizi formali volto a limitare l’annullabilità degli atti vincolati; l’art. 21-nonies, co. 2, prevede in via generale la possibilità della convalida del provvedimento annullabile ed è dunque dubbio se sopravviva ancora questa specificità del regime dell’incompetenza.    LA VIOLAZIONE DI LEGGE La violazione di legge è considerata una categoria generale residuale, perché in essa confluiscono i vizi che non sono qualificabili come incompetenza o eccesso di potere essa raggruppa tutte le ipotesi di contrasto tra il provvedimento e le disposizioni normative contenute in fonti di rango primario o secondario, che definiscono i profili vincolati, formali e sostanziali del potere.   Si discute se la nozione di violazione di legge includa anche la violazione dei princìpi generali dell’azione amministrativa ai quali fa esplicitamente o implicitamente rinvio l’art. 1 l. 241/1990 in passato sussunti nella categoria dell’eccesso di potere.   La principale distinzione intera alla violazione di legge è quella tra vizi formali (errores in procedendo) e vizi sostanziali (errores in iudicando). l’art. 21-octies, co. 2, l. 241/1990 enuclea tra le ipotesi di violazione di legge => la violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti Pagina di 66 165 Si tratta di una subcategoria di vizi formali che, a certe condizioni, sono dequotati a vizi che non determinano l’annullabilità del provvedimento. La disposizione pone più specificamente due condizioni: 1) il provvedimento deve avere natura vincolata; 2) Deve essere palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Se si accerta che il potere è integralmente vincolato, ne discende anche l’altra condizione. In questo caso il provvedimento non può essere annullato né dal giudice amministrativo nell’ambito di un giudizio di impugnazione, né dalla stessa amministrazione in sede di esercizio del potere di autotutela.   Il secondo periodo dell’art. 21-octies, co. 2, l. 241/1990 individua una fattispecie particolare => costituita dall’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento disciplinata dagli artt. 7 ss. l. 241/1990, L’interprete deve la ricostruzione di quello che sarebbe stato l’esito del procedimento ove tutte le norme sul procedimento e sulla forma fossero state rispettate. La disposizione presenta però due specificità: • Manca il riferimento alla natura vincolata del potere: la disposizione include nel suo campo di applicazione anche i poteri discrezionali solo qualora risulti ex post, tenuto conto di tutte le circostanze specifiche, che l’amministrazione non aveva altra scelta legittima se non quella di emanare un atto con quel contenuto (vincolatezza in concreto), può operare il principio della non annullabilità per violazione delle norme formali e procedurali; •       l’onere della prova grava sull’amministrazione: sarà ll’amministrazione che ha emanato l’atto di dimostrare in giudizio che il vizio procedurale o formale accertato non ha avuto alcuna influenza sul contenuto del provvedimento Ciò comporta una deroga alle regole processuali ordinarie che vietano all’amministrazione di integrare la motivazione nel corso del giudizio.   Il regime della legittimità degli atti amministrativi si avvicina così a quello degli atti processuali, per i quali vale il principio che “la nullità non può mai esser pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato” (art. 156, co. 3, c.p.c.).   LA GIURISPRUDENZA, in riferimento a tale articolo: Ha affermato che il difetto di motivazione non può essere assimilato alla violazione di nome procedimentali o ai vizi di forma e non può essere considerato un vizio non invalidante. L’art. 21-octies, co. 2, l. 241/1990 pone varie questioni interpretative. PRIMA QUESTIONE => è dubbio se essa abbia rilevanza sostanziale, se attenga cioè al regime giuridico del provvedimento, o soltanto processuale. In questa seconda visione, l’articolo rileva solo ai fini dell’accertamento della sussistenza di uno dei presupposti processuali costituito dall’interesse a ricorrere, che manca nei casi in cui il ricorrente, in seguito all’annullamento e alla rinnovazione del procedimento, non possa attendersi una decisione diversa da quella già emanata. => L’atto non può essere annullato dal giudice, ma sotto il profilo sostanziale continua a essere affetto da illegittimità che potrebbe portare l’amministrazione a esercitare il potere di annullamento d’ufficio. Questa tesi sembra oggi smentita dalla modifica dell’art. 21-nonies l. 241/1990, che esclude espressamente l’annullamento d’ufficio in presenza di vizi formali ex art. 21-octies, co. 2, l. 241/1990. Pagina di 67 165 RICORDA: la motivazione può consistere soltanto in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo nel caso in cui l’amministrazione ritenga un’istanza manifestamente inammissibile o infondata. Motivazione illogica e contraddittoria: quando contiene proposizioni o riferimento a elementi incompatibili tra loro Motivazione perplessa o dubbiosa: laddove non consente di individuare con precisione il potere che l’amministrazione ha inteso esercitare (es. provvedimento che ordina di abbattere una costruzione ove non risulti chiaro se esso è emanato nell’esercizio del potere di sanzionare un abuso edilizio o del potere di prevenire pericoli all’incolumità pubblica).   Anche nel caso di difetto di motivazione, non è da escludere che, una volta annullato il provvedimento, l’amministrazione possa emanarne uno di contenuto identico, emendato dal vizio rilevato. Nel caso in cui la motivazione manchi del tutto, il vizio può essere qualificato come violazione di legge, in quanto l’obbligo di motivazione è ora previsto espressamente dall’art. 3 l. 241/1990.   Una questione dibattuta è se nel caso dei concorsi e delle procedure di aggiudicazione di contratti pubblici l’attribuzione dei punteggi assolva di per sé all’obbligo di motivazione o se essa debba essere ulteriormente sviluppata in forma discorsiva. La giurisprudenza tende a ritenere legittima la motivazione in forma numerica qualora siano stati definiti a monte parametri per l’attribuzione del punteggio molto analitici. ILLOGICITA’, IRRAGIONEVOLEZZA, CONTRADDITORIETA’ La PA deve agire come soggetto razionale, emerge un vizio di eccesso di potere tutte le volte che il contenuto del provvedimento e le statuizioni del medesimo fanno emergere profili di illogicità o irragionevolezza, apprezzabili in modo oggettivo in base a canoni di esperienza. => Può essere considerata come sottospecie dell’illogicità e irragionevolezza la contraddittorietà interna al provvedimento, che emerge se non vi è coerenza tra le premesse del provvedimento e le conclusioni tratte nel dispositivo => La contraddittorietà può essere anche esterna al provvedimento, quando è rilevabile dal raffronto tra provvedimento impugnato e altri provvedimenti precedente dell’amministrazione che riguardano lo stesso soggetto Se la contraddittorietà riguarda invece provvedimenti emanati nei confronti di soggetti diversi, si avrà la disparità di trattamento. DISPARITA’ DI TRATTAMENTO I princìpi di coerenza ed eguaglianza impongono all’amministrazione di trattare in modo eguale casi eguali. Per stabilire in concreto se le situazioni da confrontare siano identiche o meno va utilizzato il criterio della ragionevolezza. Affinché possa essere censurata la disparità di trattamento è necessario che il provvedimento sia discrezionale; inoltre la comparazione deve riferirsi a provvedimenti legittimi. VIOLAZIONE DELLE CIRCOLARI E DELLE NORME INTERNE, DELLA PRASSI AMMINISTRATIVA L’attività della p.a. deve essere conforme anche alle norme interne contenute in circolari, direttive, atti di pianificazione o altri atti contenenti criteri e parametri di vario tipo che hanno come scopo Pagina di 70 165 quello di orientare l’esercizio della discrezionalità da parte dell’organo competente ad emanare il provvedimento.   Una particolare specie di norma interna è costituita dalla prassi amministrativa, che si forma all’interno delle amministrazioni attraverso una serie di comportamenti e decisioni assunte in situazioni simili. INGIUSTIZIA GRAVE E MANIFESTA In qualche occasione la giurisprudenza, per ragioni essenzialmente equitative, si spinge fino al punto di censurare provvedimenti discrezionali il cui contenuto appaia manifestamente ingiusto. Il caso dal quale trae origine questa figura sintomatica risale agli anni Venti e riguarda l’esonero dal servizio per scarso rendimento di un dipendente delle ferrovie, che aveva subìto un incidente sul lavoro con effetti disabilitanti e permanenti.   L’ingiustizia manifesta è una figura sintomatica che si colloca al confine tra il sindacato di legittimità e il sindacato di merito. Perché non si finisca nel merito, il carattere ingiusto del provvedimento deve essere “manifesto”, cioè di immediata evidenza per qualsiasi persona di sensibilità media; Altre figure sintomatiche hanno una configurazione più dubbia: - talora in esse vengono inclusi anche i vizi della volontà, la violazione dei princìpi di proporzionalità e del legittimo affidamento. In passato veniva annoverata tra le figure sintomatiche dell’eccesso di potere anche la violazione o elusione del giudicato amministrativo, ora attratta nella categoria della nullità.   La giustificazione teorica delle figure sintomatiche dell’eccesso di potere è controversa: SECONDO ALCUNE TEORIE: esse rilevano essenzialmente come prove indirette dello sviamento di potere e hanno una valenza essenzialmente processuale, potendo essere ricondotte allo schema civilistico delle presunzioni che, sono le conseguenze che il giudice ritrae da un fatto noto per risalire a un fatto ignoto. SECONDO ALTRE: le figure sintomatiche hanno ormai raggiunto una completa autonomia dallo sviamento di potere e hanno una valenza sostanziale, prim’ancora che processuale. Esse cioè sono riconducibili alla violazione dei princìpi generali che presiedono all’esercizio della discrezionalità. Il giudice analizza tutte le fasi dell’esercizio del potere discrezionale, ripercorrendo l’iter seguito e verificando la ricostruzione della situazione di fatto e l’acquisizione di tutti gli elementi rilevanti per la decisione, la valutazione e ponderazione degli interessi acquisiti, la coerenza tre le premesse e il dispositivo del provvedimento, gli altri elementi di contesto. RIVISITAZIONE CRITICA DELL’ECCESSO DI POTERE: le figure sintomatiche sono state ricondotte alle clausole generali (es buonafede, imparzialità), che fanno sorgere obblighi comportamentali nell’ambito del rapporto giuridico amministrativo intercorrente tra p.a. e cittadino.    LA NULLITA’ L’art. 21-septies l. 241/1990 individua quattro ipotesi tassative di nullità: • Mancanza degli elementi essenziali: accomuna la nullità del provvedimento a quella del contratto (art. 1418, co. 2, c.c.) anche se la l. 241/1990 non li elenca in modo preciso, rimettendo così all’interprete il compito di individuare le singole fattispecie. Pagina di 71 165 • Difetto assoluto di attribuzione: è già stato esaminato trattando della carenza di potere (in astratto e in concreto) e dell’incompetenza assoluta. Esso corrisponde alla figura dello straripamento di potere.   • Violazione o elusione del giudicato: è un’ipotesi particolare   Si ha elusione del giudicato quando l’amministrazione, in sede di nuovo esercizio del potere in seguito all’annullamento pronunciato dal giudice con sentenza passata in giudicato, emana un nuovo atto che si pone in contrasto con quest’ultima. Il nuovo atto ignora e palesemente trascura il sostanziale contenuto del giudicato.   Uno dei casi emblematici di questo filone giurisprudenziale riguarda un concorso pubblico: il giudice amministrativo aveva riconosciuto a un partecipante il diritto ad ottenere un certo punteggio più alto e aveva pertanto annullato il provvedimento dell’amministrazione, che successivamente aveva confermato in un nuovo provvedimento lo stesso punteggio inferiore. INIZIALMENTE: si affermava che l’elusione del giudicato fosse causa di nullità e potesse essere dedotta nell’ambito del giudizio di ottemperanza mentre la violazione del giudicato (quando il nuovo atto è affetto da vizi non immediatamente riconducibili al giudicato) rendeva l’atto annullabile. TUTTO CIO’ VIENE SUPERATO: La giurisprudenza ha ritenuto esperibile il giudizio di ottemperanza (cioè in sede di giudizio di esecuzione) tutte le volte che il ricorrente faccia valere una difformità tra atto emanato in sostituzione di quello annullato e accertamento contenuto nella sentenza da eseguire.   • Altri casi espressamente previsti dalla legge: casi in cui la legge qualifica espressamente come nullo un atto amministrativo. La nullità è talora disposta per legge con riguardo a termini di conclusione di procedimenti amministrativi qualificati espressamente dalla legge come termini perentori, cioè posti a pena di decadenza.   Un’ipotesi di nullità prevista per legge riguarda gli atti adottati da organi collegiati scaduti, decorso il periodo di prorogatio di 45 giorni durante il quale possono comunque esser posti in essere solo gli atti di ordinaria amministrazione. Si è discusso se un’ipotesi di nullità sia costituita dagli atti adottati dall’amministrazione in applicazione di norme nazionali contrastanti con il diritto europeo. - è prevalso l’orientamento che lo qualifica invece solo come annullabile, e ciò in ragione dell’esigenza di certezza dei rapporti giuridici di diritto pubblico.   Sul versante processuale => l’art. 31, co. 4, Codice del processo amministrativo disciplina l’azione di nullità (azione di accertamento), che può essere proposta innanzi al giudice amministrativo entro un termine di decadenza breve di 180 giorni e ciò in relazione all’esigenza di garantire stabilità all’assetto dei rapporti di diritto pubblico. ESSA E’ RILEVABILE D’UFFICIO DAL GIUDICE O OPPOSTA DALLA PARTE RESISTENTE. Il Codice del processo amministrativo attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice le controversie relative alla nullità dell’atto adottato in violazione o elusione del giudicato. Il vizio va fatto valere nella sede del giudizio dell’ottemperanza, cioè del rito speciale previsto nel caso di mancata esecuzione da parte della p.a. delle sentenze del giudice amministrativo e del giudice ordinario. Pagina di 72 165 Interviene qui uno degli istituti più caratteristici del diritto amministrativo, cioè la revoca del provvedimento. Nel diritto amministrativo il potere di revoca è considerato come una manifestazione del potere di autotutela della p.a.:. tra i casi più risalenti => quello delle concessioni di illuminazione a gas rilasciate a livello comunale, revocate in seguito alla possibilità d’impiego di lampade elettriche. Il potere di revoca, che ha carattere discrezionale, è giustificato dall’esigenza di garantire nel tempo la conformità dell’interesse pubblico dell’assetto giuridico derivante da un provvedimento.   L’art. 21-quinquies l. 241/1990 disciplina la revoca, precisandone i presupposti e gli effetti. La disposizione distingue due fattispecie: a) la revoca per sopravvivenza: Essa si ha in due ipotesi tipizzate: LA PRIMA => revoca per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, interviene allorché l’amministrazione opera una rivalutazione dell’assetto degli interessi alla luce di fattori ed esigenze sopravvenute. LA SECONDA => mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento b) Revoca espressione dello jus poetinendi; Riguarda l’ipotesi di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, nei casi in cui l’amministrazione si rende conto di aver compiuto una ponderazione errata degli interessi nel momento in cui ha emanato il provvedimento. SOTTO IL PROFILO SOGGETTIVO: la revoca può essere disposta dallo stesso organo che ha emanato l’atto ovvero da altro organo previsto dalla legge. EFFETTI: la revoca determina l’inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti La revoca, inoltre, ha tipicamente per oggetto provvedimenti a efficacia durevole (es. concessioni di servizi pubblici), ma il comma 1-bis, nel disciplinare l’indennizzo, fa riferimento anche agli atti aventi efficacia istantanea nei casi in cui incidano su rapporti negoziali. RICORDA: Non sono revocabili gli atti i cui effetti siano già stati interamente eseguiti e gli atti vincolati. vi è un obbligo di indennizzo nei casi in cui la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati. L’INDENNIZZO: è limitato al danno emergente, escludendo il lucro cessante. È suscettibile di una riduzione anzitutto in relazione alla conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell’atto oggetto di revoca all’interesse pubblico. - presuppone che sia onere anche del soggetto privato operare una valutazione dell’interesse pubblico che invece, nella dinamica del rapporto giuridico amministrativo, spetta esclusivamente alla pubblica amministrazione SOTTO IL PROFILO PROCEDIMENTALE: la revoca è un procedimento di secondo grado che si apre con la comunicazione di avvio ed è aperto alla partecipazione dei soggetti interessati. Il provvedimento deve essere motivato. La revoca disciplinata dall’art. 21-quinquies va distinta da:   ! Revoca sanzionatoria (o decadenza) :può essere disposta dall’amministrazione nel caso in cui il privato, destinatario di un provvedimento amministrativo favorevole (es. autorizzazione), non Pagina di 75 165 rispetti le condizioni e i limiti in esso previsti (es. ritiro di un porto d’armi in caso di abuso) o non intraprenda l’attività oggetto del provvedimento entro il termine previsto (es. permesso a costruire); ! Mero ritiro: ha per oggetto atti amministrativi che non sono ancora efficaci e può avvenire per ragioni di legittimità o anche di merito e non necessita di una valutazione specifica dell’interesse pubblico e degli interessi dei destinatari del provvedimento. • IL RECESSO DAI CONTRATTI; L’art. 21-sexies l. 241/1990 disciplina il recesso unilaterale dai contratti della p.a., prevedendo che esso è previsto nei casi previsti dalla legge o dal contratto: si tratta di una disposizione che riguarda l’attività negoziale di diritto privato della p.a. e che ribadisce che in questo ambito essa non gode di alcun privilegio.  => Tra le disposizioni legislative che disciplinano in modo specifico il recesso dai contratti vi è quella in tema di comunicazioni e certificazioni antimafia, che lo prevede nei casi in cui emergano tentativi di infiltrazione mafiosa. CAPITOLO 5- IL PROCEDIMENTO NOZIONE E FUNZIONE DEL PROCEDIMENTO Il procedimento amministrativo: la sequenza di atti ed operazioni posti in essere in vista dell’emanazione di un provvedimento produttivo di effetti nella sfera giuridica di un soggetto privato.   L’effetto giuridico può prodursi: => a seguito di un singolo accadimento (fatto giuridico semplice); => al verificarsi di una pluralità di accadimenti (fatti complessi). Nelle fattispecie a formazione successiva l’effetto giuridico si produce solo allorché la sequenza è integralmente realizzata secondo l’ordine normativamente dato. Prima di tale momento possono sorgere solo effetti prodromici (es. contratto sottoposto a condizione) La nozione di procedimento acquista rilevanza a partire dalla seconda metà del secolo scorso. Con la l.n. 241/1990 il procedimento è assurto al rango di istituto carine del sistema. IN ORIGINE: dopo la legge 1889 istitutiva della IV Sezione del Consiglio di Stato, l’attenzione della giurisprudenza e della dottrina si concentrò sull’atto amministrativo. - ciò soprattutto per distinguere atti impugnabili da quelli non impugnabili I tempi non erano maturi per dare rilevanza giuridica degli atti e delle operazioni prodromici all’emanazione del provvedimento. 1) l’organizzazione delle amministrazioni era ritenuta irrilevante per il diritto: tutto ciò che accadeva a monte del provvedimento era relegato alla sfera interna dell’amministrazione; 2) La procedimentalizzazione dell’attività ai fini di coordinamento tra apparati e organi non era un’esigenza avvertita in un’epoca in cui la struttura dell’amministrazione era compatta e ruotava intorno al modello ministeriale; IL PROCEDIMENTO => TROVA INGRESSO NEGLI ANNI ’30 DEL SECOLO SCORSO Viene elaborata la nozione di atto complesso, cioè del provvedimento frutto della confluenza di manifestazioni di volontà provenienti da più soggetti, tutti necessarie ai fini della produzione dell’effetto giuridico. Pagina di 76 165 Del procedimento amministrativo sono state offerte in dottrina varie ricostruzioni: • LA PRIMA: SANDULLI Effettua un’analisi formale e strutturale degli atti e delle operazioni della sequenza procedimentale e delle fasi in cui è articolata. • LA SECONDA: BENVENUTI Vede il procedimento quale momento della concretizzazione del potere in un atto, ovvero della trasformazione del potere in un atto produttivo di effetti nella sfera giuridica di un determinato soggetto. • LA TERZA: GIANNINI Effettua una ricostruzione volta a mettere in luce la connessione con la discrezionalità amministrativa. Per poter effettuare una scelta corretta, tutti i fatti e gli interessi rilevanti devono essere, prima ancora che valutati e ponderati, acquisiti all’interno del procedimento dall’organo decidente => Il responsabile del procedimento può valutare caso per caso, nel corso dell’istruttoria, se sia necessario acquisire qualche altro interesse potenzialmente inciso dall’atto da emanare.   Il procedimento amministrativo assolve a una pluralità di funzioni: 1) consentire un controllo sull’esercizio del potere attraverso una verifica del rispetto della sequenza degli atti e operazioni normativamente predefinita. 2) far emergere e dar voce agli interessi incisi direttamente o indirettamente dal provvedimento; La partecipazione dei privati acquista così una dimensione collaborativa, presente soprattutto nei procedimenti di tipo individuale nei quali il provvedimento determina effetti ampliativi nella sfera giuridica del destinatario. 3) Garanzia del contraddittorio; essa emerge soprattutto nei procedimenti di tipo individuale, nei quali la p.a. esercita un potere che determina effetti restrittivi della sfera giuridica del destinatario e il rapporto giuridico si connota in termini di contrapposizione, più che di collaborazione. Il contraddittorio può assumere una dimensione: => verticale: casi in cui il rapporto giuridico ha carattere bilaterale e coinvolge l’amministrazione titolare del potere e il destinatario diretto dell’effetto giuridico restrittivo => orizzontale: procedimenti in cui i privati sono portatori di interessi contrapposti e in cui l’organo decidente è pertanto chiamato a garantire la parità delle armi In alcuni casi il contraddittorio orizzontale è perfettamente paritario (es. nei procedimenti di tipo concorsuale), altre volte no (es. procedimenti sanzionatori antitrust in cui all’impresa accusata di aver compiuto un illecito anticoncorrenziale si contrappone l’impresa che lo ha segnalato all’Autorità garante dalla concorrenza e del mercato). 4) costituire un fattore di legittimazione del potere dell’amministrazione e di promuovere pertanto la democraticità dell’ordinamento amministrativo; La caduta della legalità sostanziale, dovuta all’impossibilità del legislatore di prefigurare in modo preciso tutte le situazioni che richiedono l'esercizio del potere è compensata dalla legalità procedurale. Il procedimento è la sede in cui si individua la regola per il caso concreto dettata dal provvedimento. 5) promuovere il coordinamento tra più amministrazioni nei casi in cui un provvedimento amministrativo vada ad incidere su una pluralità di interessi pubblici curati da ciascuna di esse. Pagina di 77 165 5) cerca di superare anche la tradizionale separatezza tra le stesse pubbliche amministrazioni; Si privilegiano strumenti di collaborazione paritaria per lo svolgimento di attività di interesse comune (accordi ex art. 15) e di coordinamento tra procedimenti paralleli (conferenza dei servizi ex artt. 14 ss.).    IL PROCEDIMENTO: esso si articola in tre fasi INIZIATIVA: avvio del procedimento destinato a sfociare nel provvedimento finale produttivo di effetti nella sfera giuridica del destinatario Va posta anzitutto la distinzione tra due obblighi, entrambi espressione del principio della doverosità dell’esercizio del potere amministrativo: • obbligo di procedere: l’amministrazione competente è tenuta ad aprire il procedimento su istanza di parte o d’ufficio e a porre in essere le attività previste nella sequenza procedimentale. • obbligo di provvedere: l’amministrazione ha il dovere di portare il procedimento a conclusione attraverso l’emanazione di un provvedimento espresso.   I due obblighi si deducono dall’art. 2, co. 1, l. 241/1990, secondo il quale “ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso”. SU ISTANZA DI PARTE: l’atto di iniziativa consiste in una domanda o istanza formale presentata all’amministrazione da un soggetto privato interessato al rilascio di un provvedimento favorevole. Tuttavia, l’obbligo di procedere sorge solo in relazione a sequenze procedimentali tipiche (es. procedimenti autorizzativi previsti dalle leggi che regolano le attività economiche). INIZIATO D’UFFICIO: Le pubbliche amministrazioni formulano proposte all’amministrazione competente (es. l’amministrazione straordinaria o la liquidazione coatta amministrativa di un istituto di credito viene disposta dal ministero dell’Economia e delle Finanze su proposta della Banca d’Italia). => l’apertura del procedimento avviene su iniziativa della stessa amministrazione competente a emanare il provvedimento finale: questi riguardano perlopiù poteri il cui esercizio determina un effetto restrittivo nella sfera giuridica del soggetto privato destinatario (titolare di un interesse legittimo oppositivo).   PROBLEMA: nei procedimenti d’ufficio si pone il problema di individuare con precisione il momento in cui sorge l’obbligo di procedere in molte situazioni l’apertura formale del procedimento avviene all’esito di una serie di attività preistruttorie, condotte sempre d’ufficio, dai cui esiti possono emergere situazioni di fatto che rendono necessario l’esercizio di un potere. ESEMPIO: le ispezioni Il potere di ispezione è attribuito dalla legge ad autorità di vigilanza (es. Banca d’Italia, CONSOB) ed è esercitato nei confronti di soggetti privati allo scopo di verificare il rispetto delle normative di settore. => consiste in una serie di operazioni di verifica effettuate presso un soggetto privato, in contraddittorio con quest’ultimo, delle quali si dà atto in un verbale. Possibili conclusioni: Pagina di 80 165 a) la constatazione che l’attività è conforme alle norme; b) può far emergere fatti suscettibili di integrare una o più violazioni, sorgendo in capo all’amministrazione l’obbligo di aprire un procedimento d’ufficio;   Lo svolgimento delle attività preistruttorie e l’avvio dei procedimenti d’ufficio possono avvenire anche in seguito a denunce, istanze o esposti di soggetti privati, che tuttavia non fanno sorgere automaticamente il dovere dell’amministrazione di aprire il procedimento nei confronti del soggetto denunciato. Rientro nella discrezionalità dell’amministrazione valutarne la serietà e la fondatezza. in rari casi la giurisprudenza: riconosce una pretesa giuridicamente rilevante qualificata in capo al soggetto privato a che l’amministrazione eserciti un potere d’ufficio nei confronti di un terzo (es. in materia di tutela del consumatore).   COMUNICAZIONE D’AVVIO DEL PROCEDIMENTO, EX ART 7 L’amministrazione deve dare comunicazione dell'avvio del procedimento al soggetto o ai soggetti destinatari diretti del provvedimento, cioè a coloro nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti. - essa è inviata anche a coloro che per legge devono intervenire nel procedimento e coloro che potrebbero subire un pregiudizio Art. 8: la comunicazione deve indicare l’amministrazione competente, l’oggetto del procedimento, il responsabile del procedimento, il termine di conclusione del procedimento, l’ufficio in cui si può prendere visione degli atti. Nei procedimenti d’ufficio => la comunicazione di avvio del procedimento è funzionale a garantire il contraddittorio L’omessa comunicazione rende annullabile il provvedimento finale ISTRUTTORIA: ha lo scopo di accertare i fatti e di acquisire gli interessi rilevanti ai fini della determinazione finale I fatti da accertare: riguardano i presupposti e i requisiti richiesi dalla norma di conferimento del potere o, secondo la l. 241/1990, le condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione ed i presupposti che siano rilevanti per l’emanazione del provvedimento valutati dal responsabile del procedimento. Gli interessi da acquisire: entrano in gioco esclusivamente nei procedimenti relativi a poteri propriamente discrezionali, nei quali l’interesse pubblico primario deve essere valutato e ponderato unitamente agli interessi secondari, pubblici e privati.   L’istruttoria è retta dal principio inquisitorio: il responsabile del procedimento accerta d’ufficio i fatti, disponendo il compimento degli atti allo scopo necessari, senza essere vincolato alle allegazioni dei soggetti privati. => l’amministrazione può compiere tutti gli accertamenti necessari con le modalità ritenute più idonee (es. rilascio di dichiarazioni, esperimento di accertamenti tecnici, ispezioni, ordini di esibizioni documentali). Nella scelta dei mezzi istruttori l’amministrazione deve ispirarsi ai criteri di efficienza ed economicità. Alcuni atti istruttori sono richiesti talvolta dalle leggi che disciplinano i singoli procedimenti come i pareri obbligatori e le valutazioni tecniche di competenza di amministrazioni diverse da quella procedente. Pagina di 81 165 I PARERI espressione della funzione consultiva, possono essere: •  obbligatori: previsti dalla legge in relazione a specifici procedimenti e l’omessa acquisizione rende illegittimo il provvedimento finale. L’amministrazione competente ad esprimere il parere deve rilasciarlo entro un termine di 20 giorni e, in caso di ritardo, l’amministrazione titolare della competenza decisionale può procedere indipendentemente dall’espressione del parere. • Facoltativi: sono richiesti ove l’amministrazione procedente ritenga possano essere utili ai fini della decisione. In casi non frequenti, i pareri possono essere => oltre che obbligatori anche vincolanti l’amministrazione che li riceve non può assumere una decisione difforme dal contenuto del parere, neppure motivando le ragioni in relazione alle quali essa ritiene di discostarsi. VALUTAZIONI TECNICHE: sono richieste a organismi dotati di particolari competenze non giuridiche soggette a un regime che ricalca in parte quello dei pareri. L’art. 17-bis introduce un meccanismo inedito di silenzio-assenso tra amministrazioni: Stabilisce termini stringenti per il rilascio di assensi, concerti e nullaosta di amministrazioni statali, decorsi i quali l’atto si intende acquisito e in ogni caso se l’atto è emanato in ritardo esso è inefficace => Il termine è interrotto qualora l'amministrazione o il gestore che deve rendere il proprio assenso, concerto o nulla osta rappresenti esigenze istruttorie o richieste di modifica, motivate e formulate in modo puntuale nel termine stesso. In caso di mancato accordo tra amministrazioni statali la questione viene rimessa al presidente del Consiglio dei ministri che decide sulle modifiche da apportare allo schema di provvedimento. RICORDA: il silenzio-assenso tra amministrazioni non vale nel caso in cui il diritto dell’Unione richiesta l'adozione di provvedimenti espressi. L’art. 18 in tema di adempimento istruttori sgrava per quanto possibile i soggetti privati da oneri di documentazione: infatti, “i documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l'istruttoria del procedimento, sono acquisiti d'ufficio quando sono in possesso dell'amministrazione procedente, ovvero sono detenuti, istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni. L'amministrazione procedente può richiedere agli interessati i soli elementi necessari per la ricerca dei documenti”.   L’attività istruttoria può essere effettuata anche con modalità informali (es. l’art. 11 prevede che per favorire la conclusione di accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento può essere predisposto un calendario di incontri ai quali sono invitati, separatamente o contestualmente, il destinatario del provvedimento ed eventuali controinteressati).   Le attività istruttorie compiute e le risultante delle medesime vengono verbalizzate In quanto provenienti da un’autorità amministrativa i verbali fanno piena prova fino a querela di falso dei fatti che in essa risultino menzionati. LA PARTECIPAZIONE: L’istruttoria è aperta alla partecipazione dei soggetti che abbiano diritto di intervenire e partecipare al procedimento. Pagina di 82 165 - l’eventuale adempimento tardivo è inefficace MANCATO RISPETTO DEL TERMINE DI CONCLUSIONE:può provocare conseguenze di vario tipo 1) responsabilità di tipo disciplinare nei confronti del funzionario o una responsabilità di tipo dirigenziale nei confronti del vertice della struttura; 2) può essere fonte di responsabilità penale (art. 328 c.p., che disciplina il reato di rifiuto od omissione di atti d’ufficio).   Il mancato rispetto del termine può costituire anche motivo per l’esercizio del potere sostitutivo da parte del dirigente sovraordinato. • in primo luogo l’organo di governo di ciascuna amministrazione individua tra le figure apicali il soggetto (di regola un dirigente) titolare del potere sostitutivo; • in secondo luogo, in caso di ritardo, il privato può rivolgersi al titolare del potere sostitutivo che deve concludere il procedimento entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto; • in terzo luogo, entro il 30 gennaio di ogni anno il titolare del potere sostitutivo comunica all’organo di governo i procedimenti nei quali non è stato rispettato il termine.   L’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento può anche far sorgere l’obbligo di risarcire il danno a favore del privato. INOLTRE: Ai sensi dell’art. 2-bis, “in caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento ad istanza di parte, per il quale sussiste l'obbligo di pronunziarsi, l'istante ha diritto di ottenere un indennizzo per il mero ritardo alle condizioni e con le modalità stabilite dalla legge”. SILENZIO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE Può accadere che l’amministrazione non concluda il procedimento entro il termine previsto e la situazione di inerzia si protragga nel tempo, ponendosi la questione del silenzio della p.a. FINO AD ANNI RECENTI: il regime ordinario del silenzio della p.a. di fronte a istanze o domande presentate da soggetti privati è stato quello del silenzio-inadempimento: l’inerzia assume il significato giuridico di inadempimento dell’obbligo formale di provvedere posto dall’art. 2. => Tuttavia, l’inadempimento di tale obbligo non fa venir meno il potere-dovere di provvedere, potendo l’amministrazione emanare il provvedimento anche in ritardo, ferma restando l’eventuale responsabilità per il danno cagionato al privato che aveva confidato nel rispetto del termine. il privato interessato può proporre al giudice amministrativo: A) azione avverso il silenzio; B) Azione di adempimento; CON LA LEGGE 241/1990: si prevedono due ipotesi di silenzio significativo 1) il silenzio-diniego (o rigetto); 2) il silenzio-assenso (o accoglimento); Il decorso del termine di conclusione del procedimento produce un effetto giuridico ex lege, nel primo caso di diniego dell’istanza, nel secondo di accoglimento della medesima, trattandosi in entrambi i casi di provvedimento tacito.   Le fattispecie (non frequenti) di silenzio avente valore di diniego sono tassativamente stabilite dalla legge. Le ipotesi legislative di silenzio-assenso sono molto più numerose, in linea con la tendenza a rimuovere gli ostacoli alle attività dei privati. Pagina di 85 165 Il campo di applicazione del silenzio-assenso definito dall’art. 2’ è individuato sulla base di criteri di tipo negativo. Tale regime non vale per: - provvedimenti autorizzato: sostituiti dalla SCIA - Procedimenti che riguardano un elenco lungo di interessi pubblico: patrimonio culturale e paesaggistico ecc. - Casi in cui la normativa europea impone l’adozione di un provvedimento formale; L’amministrazione può evitare che si formi il silenzio-assenso non soltanto provvedendo nel termine previsto, ma anche indicendo entro 30 giorni dalla presentazione dell’istanza una conferenza di servizi. Il silenzio-assenso ha valore provvedimentale, ciò ha due conseguenze => il silenzio può essere oggetto di provvedimenti di autotutela sotto forma di revoca e di annullamento d’ufficio => può essere impugnato innanzi al giudice amministrativo  INOLTRE: esso non fa venir meno l’obbligo di provvedere in capo all’amministrazione, non altera la struttura del procedimento ma incide solo sulla fase decisionale Il regime del silenzio-assenso ha alcuni difetti: • In primo luogo: poiché esso può applicarsi anche a provvedimenti discrezionali, la valutazione di interessi pubblici, di fatto, nei casi di inerzia assoluta dell’amministrazione, non viene operata, né essa può essere ovviamente demandata al soggetto privato che presenta l’istanza. • In secondo luogo, dal punto di vista del soggetto privato che ha presentato l’istanza, il silenzio-assenso non soddisfa l’esigenza di certezza in relazione allo svolgimento di attività sottoposte a controllo pubblico. Infatti, formatosi il silenzio-assenso, il privato non è in grado di sapere se dietro l’atteggiamento silenzioso dell’amministrazione si celi un’inerzia assoluta degli uffici o se una qualche istruttoria sia stata in realtà compiuta. Pertanto il rischio che l’amministrazione intervenga in autotutela è molto maggiore nel caso del silenzio assenso. ACCORDO COME MODALITA’ CONSENSUALE ALTERNATIVA AL PROVVEDIMENTO UNILATERALE   Il provvedimento espresso costituisce l’esito normale e più frequente del procedimento amministrativo. Esiste tuttavia una modalità alternativa di conclusione del procedimento che la l. 241/1990 tende a favorire e cioè l’accordo integrativo o sostitutivo del provvedimento. => laddove occorra valutare e ponderare più interessi di regola è preferibile la composizione negoziata a quella imposta. L’accordo ha per oggetto il contenuto discrezionale del provvedimento ed è finalizzato a ricercare un miglior contemperamento tra l’interesse pubblico perseguito dall’amministrazione procedente e l’interesse del privato. - i poteri vincolanti non si prestano a essere oggetto di accordi Esso potrà essere proposto dal privato e fa salvi i diritti dei terzi che potrebbero contestarne i contenuti proponendo un’azione di annullamento innanzi al giudice amministrativo. Pagina di 86 165 L’amministrazione non è obbligata a concludere accordi integrativi o sostitutivi con i privati e può sempre optare per il provvedimento unilaterale non negoziato. SOTTO IL PROFILO FORMALE: devono essere stipulati per atto scritto, a pena di nullità, salvo che la legge disponga altrimenti, e devono essere motivati. Ad essi si applicano i princìpi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti, in quanto compatibili. Data la matrice pubblicistica degli accordi, le controversie relative alla loro conclusione ed esecuzione rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (art. 133 Codice del processo amministrativo).   Gli accordi possono essere: • Integrativi: servono solo a concordare il contenuto del provvedimento finale che viene emanato in attuazione dell’accordo; sul piano formale il provvedimento mantiene la sua configurazione di atto unilaterale produttivo di effetti; gli accordi integrativi pongono la questione se il mancato o parziale recepimento dei suoi contenuti nel provvedimento finale renda quest’ultimo illegittimo. • Sostitutivi : gli effetti giuridici si producono in via diretta con la conclusione dell’accordo, ma, a garanzia dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione amministrativa, gli accordi devono essere preceduti da una determinazione dell’organo competente per l’adozione del provvedimento, che autorizza e stabilisce i limiti della negoziazione.   Un altro momento di unilateralità può emergere anche dopo la conclusione dell’accordo. l’amministrazione, per sopravvenuti motivi di interesse pubblico, può recedere dall’accordo, e ciò anche se il recesso non sia espressamente previsto in quest’ultimo. Il potere di recesso è riconducibile alla revoca per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ex art. 21-quinquies, cui si accompagna l’obbligo di liquidare un indennizzo per gli eventuali danni subiti dal privato.    PROCEDIMENTI SEMPLICI, COMPLESSI, COLLEGATI. IL SUBPROCEDIMENTO  I procedimenti possono avere una struttura semplice o complessa a seconda del loro oggetto, numero e natura degli interessi pubblici e privati e dunque la necessità di coinvolgere una pluralità di amministrazioni. Abbiamo due estremi: A) procedimenti autorizzatori semplici: la sequenza procedimentale consiste soltanto in una domanda o istanza, un’istruttoria limitata a poche verifiche documentali e in una decisione affidata ad un’unica autorità; B) Procedimenti complessi: richiedono accertamento fattuali, momenti partecipativi, acquisizioni di pareri o di valutazioni tecniche con il coinvolgimento anche nella fase decisionale di una molteplicità di amministrazioni statali, regionali e locali; I procedimenti complessi sono spesso articolati al loro interno in subprocedimenti sequenziali, aventi una unità funzionale autonoma. - talvolta i subprocedimenti si concludono con atti suscettibili di incidere in via immediata in situazioni giuridiche soggettive, producono cioè effetti esterni diversi e indipendenti rispetto all’effetto giuridico primario riferibile al provvedimento ESEMPIO: procedimento per la conclusione di un contratto pubblico Pagina di 87 165 ECCEZIONE => nell’ipotesi di complessità è convocata in modalità sincrona Riunione nella quale sono invitate tutte le amministrazioni. Gli aspetti più rilevanti della disciplina della conferenza decisoria, che deve concludersi entro 45 giorni dalla data della riunione, sono due: 1) la partecipazione obbligatoria di tutte le amministrazioni invitate i cui rappresentanti devono essere muniti dei poteri necessari per assumere determinazioni vincolanti; 2) attiene al dissenso manifestato da una o più amministrazioni partecipanti alla conferenza di servizi; INIZIALMENTE: la legge prevedeva il principio dell’unanimità dei consensi AD OGGI: la determinazione finale motivata all’esito della conferenza di servizi adottata dall’amministrazione procedente è formulata sulla base delle posizioni prevalenti espresse dalle amministrazioni partecipanti. In caso di approvazione unanime => la determinazione è immediatamente efficace. Contro tale determinazione, i rappresentanti di amministrazioni che curano interessi pubblici ritenuti di rango prioritario e che abbiano espresso in sede di conferenza un motivato dissenso possono proporre entro 10 giorni una opposizione al presidente del Consiglio dei ministri il quale convoca una riunione per cercare una soluzione condivisa. - se il dissenso non è superato, la determinazione finale viene rimessa al Consiglio dei ministri La conferenza di servizi è soprattutto uno strumento di coordinamento tra pubbliche amministrazioni, ma in alcuni casi anche i soggetti privati possono partecipare, ma senza diritto di voto. La disciplina della conferenza di servizi decisoria incrina il principio dell’esclusività delle competenza attribuite alle singole amministrazioni. CONFERENZA DI SERVIZI PRELIMINARE può essere convocata su richiesta motivata di soggetti privati interessati a realizzare progetti di particolare complessità o di insediamenti produttivi. Il privato sottopone uno studio di fattibilità alle amministrazioni competenti a rilasciare gli atti autorizzativi, i pareri e le intese ancor prima di presentare formalmente le istanze necessarie.   Accanto alla conferenza di servizi, l’ordinamento prevede altre forme di coordinamento. a) Testo unico sull’ordinamento degli enti locali: disciplina uno strumento di coordinamento analogo alla conferenza di servizi decisoria, costituito dall’accordo di programma promosso, a seconda dei casi, dal presidente della Regione, della Provincia o dal sindaco. Tale accordo è retto dal principio del consenso unanime dei partecipanti ed è finalizzato alla definizione e attuazione di opere, interventi o di programmi che coinvolgono una pluralità di amministrazioni b) accordi tra pubbliche amministrazioni: strumenti per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune A questi accordi si applicano alcune delle regole previste per gli accordi tra privati e p.a. c) l’autorizzazione unica: nella quale confluiscono una pluralità di atti di assenso attribuiti alla competenza di più amministrazioni ESEMPIO: la costruzione e l’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili; Pagina di 90 165 d) lo sportello unico: un ufficio istituito con la funzione di far da tramite tra i privati e i vari uffici e amministrazioni competenti a emanare gli atti di assenso, i pareri e le valutazioni di volta in volta necessari ESEMPIO: lo sportello unico per l’edilizia si rapporta con tutti gli uffici comunali e con le altre amministrazioni competenti per l’intervento edilizio in relazione al quale il privato ha proposto la richiesta di permesso a costruire o presentato una SCIA. L’ufficio in questione, istituito a livello comunale, provvede alla ricezione della domanda del privato, fornisce le informazioni necessarie in ordine agli adempimenti richiesti, esamina le eventuali istanze di accesso ai documenti amministrativi, cura i rapporti con altre amministrazioni.   TIPI DI PROCEDIMENTO Vi è da effettuare esempi di provvedimenti produttivi di effetti restrittivi e ampliativi della sfera giuridica del destinatario. procedimenti relativi a provvedimenti che producono effetti restrittivi nella sfera giuridica del destinatario: ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA’: Il procedimento espropriativo è uno di quelli che per primi sono stati oggetto di una disciplina legislativa articolata, attesa la sua incidenza sul diritto di proprietà. DISCIPLINA NORMATIVA: => art. 42, co. 3, Cost. => Testo unico in materia di espropriazioni, il quale prevede in primo luogo il principio di legalità “l’espropriazione può essere disposta nei soli casi previsti dalle leggi o dai regolamenti” Il procedimento è articolato in quattro fasi: • l’apposizione del vincolo finalizzato all’esproprio che consegue all’approvazione del piano urbanistico generale o a una variante; Esso instaura un raccordo tra l’attività di pianificazione del territorio e il procedimento espropriativo. Il vincolo può essere posto all’esito delle procedure di pianificazione urbanistica ordinarie o speciali o in seguito all’approvazione di un progetto preliminare o definitivo di un’opera pubblica. L’apposizione del vincolo è circondata da alcune garanzie: è infatti prevista la partecipazione dei proprietari ai quali dev’essere inviato con un congruo anticipo un avviso di avvio del procedimento affinché essi possano formulare nei 30 giorni successivi le proprie osservazioni. => Il vincolo ha la durata di cinque anni ed entro questo termine deve intervenire la dichiarazione di pubblica utilità, costituendo un atto impugnabile innanzi al giudice amministrativo in quanto già produttivo di effetti giuridici nei confronti dei proprietari. • la dichiarazione di pubblica utilità; IN PASSATO: costituiva una fase fondamentale della procedura espropriativa in quanto volta ad accertare la conformità dell’opera da realizzare all’interesse pubblico. AD OGGI: molte leggi speciali hanno tuttavia dequotato questa fase ritenendola assorbita in altri atti. in molti casi infatti la dichiarazione di pubblica utilità è implicita, perché costituisce uno degli effetti automatici prodotti da alcuni atti, come l’approvazione del progetto definitivo di un’opera pubblica. Pagina di 91 165 Anche la dichiarazione di pubblica utilità ha a sua volta un’efficacia temporalmente limitata e prima della scadenza del termine deve intervenire il decreto di esproprio. • l’emanazione del decreto di esproprio; Esso determina il trasferimento del diritto di proprietà dal soggetto espropriato al soggetto nel cui interesse il procedimento è stato avviato. A questo effetto si aggiunge anche l’estinzione automatica dei diritti reali o personali gravanti sul bene espropriato, salvo quelli compatibili con i fini cui l’espropriazione è preordinata. L’efficacia non è immediata, è subordinata a due condizioni sospensive: - l'effetto traslativo si produce in seguito alla notifica e all'esecuzione del decreto, che deve avvenire nel termine perentorio di due anni mediante l’immissione in possesso del beneficiario dell’esproprio • la determinazione dell’indennità di espropri; Il decreto di esproprio deve indicare l’importo dell’indennità che è quantificato all’esito di una fase in contraddittorio con gli interessati: non appena sia divenuta efficace la dichiarazione di pubblica utilità il promotore della procedura espropriativa formula ai proprietari un’offerta, potendo questi ultimi indicare quale sia il valore da attribuire al bene ai fini della determinazione dell’indennità. L’autorità procedente, valutate la osservazioni degli interessati, determina in via provvisoria la misura dell’identità; => nei 30 giorni successivi i privati possono comunicare all’autorità espropriante una dichiarazione irrevocabile di assenso rispetto alla proposta e in questo caso il beneficiario dell’espropriazione e il proprietario possono stipulare la cessione volontaria del bene, con il pagamento immediato dell’indennità concordata. Se il privato non accetta la proposta (o comunque decorsi inutilmente 30 giorni dalla notifica dell’atto che determina l’indennità provvisoria) l’autorità competente emana il decreto di esproprio e deposita l’indennità provvisoria rifiutata presso la Cassa depositi e prestiti. Da questo momento in poi il procedimento per la determinazione in via definitiva dell’indennità ha uno svolgimento autonomo: - il procedimento prevede l’intervento di una commissione provinciale istituita presso l’ufficio tecnico erariale che procede alla determinazione definitiva dell’importo. A questo punto il proprietario che intenda contestare quest’ultima può avviare un procedimento innanzi alla Corte d’appello per ottenere una determinazione in via giudiziale dell’indennità. (il giudizio deve essere instaurato entro 30 giorni dalla notifica del decreto di esproprio o della stima peritale) Il procedimento di esproprio è espressione di un potere tipicamente unilaterale l’ordinamento tende a favorire soluzioni consensuali attraverso l’istituto della cessione volontaria del bene, configurata come un diritto soggettivo dell’espropriando nei confronti del beneficiario dell’espropriazione che può essere esercitato fino alla data in cui è eseguito il decreto di esproprio. => i vantaggi per l’espropriando sono di tipo pecuniario visto che il prezzo di cessione è commisurato all’indennità di esproprio con alcune maggiorazioni LA VICENDA ESPROPRIATIVA PUO’ DAR LUOGO A FENOMENI DI PROCEDIMENTI COLLEGATI IN PARALLELO: Una volta avviato il procedimento di espropriazione e subito dopo che sia intervenuta la dichiarazione di pubblica utilità, l’amministrazione può avviare il procedimento di occupazione Pagina di 92 165   Norme speciali relative ai procedimenti sanzionatori di competenza dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato e di altre autorità di regolazione prevedono che: - il procedimento sanzionatorio possa concludersi con l’approvazione di impegni proposti dall’impresa alla quale è stato contestato l’illecito volti a porre rimedio alle distorsioni concorrenziali. In caso di mancata ottemperanza il procedimento sanzionatorio può essere riaperto. UNA SPECIE DI SANZIONI AMMINISTRATIVE => SANZIONI DISCIPLINARI previste per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, ma anche per altri soggetti sottoposti a regimi speciali e poteri di vigilanza attribuiti ad apparati pubblici (es. promotori finanziari vigilati dalla CONSOB). Anche i procedimenti per l’irrogazione delle sanzioni disciplinari prevedono ampie garanzie del contraddittorio.   In particolare, il d.lgs. 165/2001, il dirigente dell’ufficio o, per le sanzioni più gravi, l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari che vengano a conoscenza di comportamenti illeciti di un dipendente pubblico devono contestare per iscritto l’addebito senza indugio e comunque non oltre 20 giorni. Il dipendente è convocato con un preavviso di 10 giorni per esercitare il proprio diritto di difesa con l’eventuale assistenza di un procuratore o di un rappresentante di un’associazione sindacale. Il dipendente può decidere di non presentarsi e può limitarsi a inviare una memoria scritta. Il procedimento si conclude con l’archiviazione o con l’irrogazione della sanzione, entro 60 giorni dalla contestazione dell’addebito. I termini sopraindicati hanno carattere perentorio. => IMPUGNAZIONE: possono essere impugnate dal dipendente davanti al giudice ordinario previo esperimento di un tentativo obbligatorio di conciliazione presso un collegio di conciliazione istituito presso la Direzione provinciale del la oro     PROVVEDIMENTI CHE PRODUCONO EFFETTI AMPLIATIVI NELLA SFERA DEL DESTINATARIO: LE AUTORIZZAZIONI   La direttiva 123/2006 pone anzitutto il principio secondo il quale le procedure e le formalità per l’accesso a un’attività di servizi devono essere sufficientemente semplici. Le procedure e le formalità devono essere chiare, rese pubbliche preventivamente e tali da garantire ai richiedenti che la loro domanda sarà trattata con obiettività e imparzialità. Non devono essere dissuasive e tali da complicare o ritardare indebitamente la prestazione del servizio; - gli oneri per i richiedenti devono essere ragionevoli e commisurati ai costi delle procedure di autorizzazione. La domanda di autorizzazione deve essere trattata entro un termine di risposta ragionevole prestabilito e reso pubblico preventivamente; la mancata risposta entro il termine stabilito fa scattare il silenzio-assenso (solo in presenza di un motivo imperativo di interesse generale le leggi di settore possono escluderlo introducendo un regime del silenzio-inadempimento). ogni domanda di autorizzazione deve essere riscontrata con una ricevuta inviata al richiedente. Essa deve contenere informazioni relativa al termine di conclusione del procedimento, ai mezzi di ricorso esperibili, all’eventuale applicazione della regola del silenzio assenso. Pagina di 95 165 Le singole leggi amministrative che individuano regimi autorizzatori prevedono, a seconda della complessità della materia, sequenze procedimentali più o meno articolate. ESEMPIO: rilascio del permesso a costruire disciplinato dal Testo unico in materia edilizia. Il procedimento: PRIMA FASE: presentazione allo sportello unico per l’edilizia del Comune di una domanda sottoscritta, di regola, dal proprietario. La domanda dev’essere corredata da un’attestazione concernente il titolo di legittimazione, dagli elaborati progettuali, da altra documentazione tecnica. Nel caso in cui si tratti di un intervento di edilizia residenziale è richiesta anche un’autocertificazione circa la conformità del progetto alle norme igienico- sanitarie. ENTRO 10 GIORNI LO SPORTELLO UNICO: comunica al richiedente il nominativo del responsabile del procedimento. - Quest’ultimo cura l’istruttoria acquisendo i pareri interni degli uffici comunali, nonché altri pareri come quello dell’azienda sanitaria locale e dei vigili del fuoco.   ALL’ESITO DELL’ISTRUTTORIA: entro 60 giorni dalla presentazione della domanda, il responsabile del procedimento, valutata la conformità del progetto alla normativa applicabile, formula una proposta al dirigente del servizio il quale nei successivi 30 giorni rilascia il permesso a costruire. Decorsi i termini sopramenzionati, s’intende formato il silenzio-assenzo, lo sportello rilascia su richiesta un’attestazione circa il decorso dei termini. Della determinazione è dato avviso pubblico mediante affissione all’albo pretorio. ALTRO PROCEDIMENTO A STRUTTURA COMPLESSA: VIA (valutazione impatto ambientale) esso dev’essere avviato da chi intende realizzare progetti con impatto elevato sul territorio. PRIMA FASE (di screening): si apre con una prima istanza all’autorità competente a valutare uno studio preliminare ambientale che viene pubblicata sul sito web in modo tale che tutti gli interessati possano presentare osservazioni. Di tale pubblicazione devono essere informate tutte le amministrazioni e tutti gli enti territoriali potenzialmente interessati. => tale fase prevede anche la richiesta eventuale di chiarimenti e integrazioni al proponente SECONDA FASE: l’autorità stabilisce con un provvedimento pubblicato sul sito web se il progetto debba essere o meno assoggettato alla VIA. a questo punto, il proponente presenta un’altra istanza corredata di tutta la documentazione necessaria. Entro 60 giorni dalla presentazione dell’istanza chiunque può prendere visione della documentazione e presentare osservazioni e nei 30 giorni successivi il proponente piò presentare le proprie controdeduzioni. Entro 60 giorni dalla conclusione della fase di consultazione, nel caso di provvedimenti di competenza statale, l’autorità competente propone al ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio l’adozione del provvedimenti di VIA.    I PROCEDIMENTI CONCORSUALI Le pubbliche amministrazioni sono spesso enti erogatori di denaro e di altre utilità a favore di soggetti privati; in molti casi le risorse e i beni attribuibili hanno il carattere della scarsità, cioè coloro che ambiscono ad acquisirli sono in numero superiore rispetto alle quantità disponibili.  - Si pone allora per l’amministrazione il problema di come scegliere tra più aspiranti. Pagina di 96 165 Per l’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e più in generale agli uffici pubblici si applicano i principi di eguaglianza e il principio del concorso pubblico. La direttiva 123/2006 dispone che quando il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato a causa della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento. La l. 241/1990 prevede che la concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi e ausili finanziari e l’attribuzione di vantaggi economici di qualsiasi genere sono subordinate alla predeterminazione e alla pubblicazione da parte delle amministrazioni procedente dei criteri e delle modalità cui esse devono attenersi. In definitiva, nei procedimenti di tipo competitivo o concorsuale per assegnare una risorsa scarsa valgono alcuni princìpi generali: la pubblicità, la parità di trattamento, la trasparenza della procedura, l’oggettività dei criteri.    ACCESSO AI DOCUMENTI AMMINISTRATIVI La richiesta di accesso ex artt. 22 ss. l. 241/1990 va rivolta a una p.a. e può riferirsi soltanto a documenti ben individuati e già formati. Il d.p.r. 184/2006 distingue due modalità di accesso: A) ACCESSO INFORMALE; si può avere quando non vi siano soggetti controinteressati per i quali si ponga un problema di riservatezza. La richiesta può essere anche verbale, è esaminata immediatamente ed è accolta senza l’adozione di un particolare atto. B) ACCESSO FORMALE; è necessario nei casi in cui l’amministrazione riscontri l’essenza di potenziali controinteressati, o quando sorgano dubbi sulla legittimazione del richiedente sotto il profilo dell’interesse o sull’accessibilità di un documento in relazione alle norme sull’esclusione e in altre ipotesi che richiedono una valutazione più approfondita. La richiesta va presentata anche in via telematica e deve indicare gli estremi del documento che consentano di individuarlo. - deve inoltre essere motivata sotto il profilo dell’interesse diretto  => Il procedimento prevede anche una fase di contraddittorio con i soggetti controinteressati. L’accesso è gratuito e consiste nell’esame dei documenti presso l’ufficio con la presenza, ove ritenuta necessaria, di personale addetto. Il procedimento di accesso deve concludersi entro 30 giorni dalla richiesta e, decorso tale termine, la richiesta si intende respinta (silenzio-diniego). Il provvedimento che rifiuta, limita o differisce l’accesso deve essere motivato; l’atto di accoglimento della richiesta indica l’ufficio e il periodo di tempo (almeno 15 giorni) concesso per prendere visione o per ottenere copia dei documenti.   Il procedimento può concludersi: 1) provvedimento che concede o nega l’accesso; 2) Provvedimento che dispone il differimento; questo potere si giustifica nei casi in cui l’accesso possa compromettere, specie nella fase preparatoria dei provvedimenti, il buon andamento dell’azione amministrativa, fermo restando Pagina di 97 165
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