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Dispensa diritto costituzionale, Dispense di Diritto Costituzionale

Dispensa di diritto costituzionale

Tipologia: Dispense

2021/2022

Caricato il 06/09/2023

alessiamariabrusciani
alessiamariabrusciani 🇮🇹

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Scarica Dispensa diritto costituzionale e più Dispense in PDF di Diritto Costituzionale solo su Docsity! DIT COTILE CALO UN: LO SA COTILE SE I: ELTI INDIV LO SA Lo Stato è la principale organizzazione della vita collettiva (rapporti tra comunità ed individuo). Le norme dettate dallo Stato e collocate al vertice dell’ordinamento statale costituiscono oggetto di studio del diritto costituzionale. Una caratteristica dello Stato è la sua natura autoritaria: l’individuo non si trova mai posto sullo stesso livello dello Stato, in quanto deve rispettarne le regole. Lo Stato possiede il monopolio dell’uso della forza, è un’organizzazione ad appartenenza necessaria (tutti gli individui devono appartenere allo Stato), produce norme giuridiche (regole a cui tutti si devono attenere per vivere all’interno della collettività), svolge delle attività di interesse generale (rivolte a tutti i suoi appartenenti, tali attività possono prevedere che lo Stato offra dei servizi pubblici: sia a cittadini dello stato sia a coloro che si trovano sul suo territorio ma non sono cittadini) e si fa garante di altri ordinamenti e presta la propria forza per garantire l’osservanza dei patti e dei rapporti privati. Lo Stato esercita la sua sovranità sia sul suo territorio (sovranità interna) sia operando all’interno della Comunità Internazionale (sovranità esterna). NOZIONE: modo in cui si atteggia il rapporto tra cittadini e potere politico, cioè il rapporto tra governanti e governati. Oggi il fine ultimo dello Stato Italiano è di garantire i diritti dei cittadini. DA PIT DE LE AL PIT DE COTI Per tutto l'Ottocento e fino alla Grande Guerra, nel continente europeo è esistito un modello di Stato Liberale (o legislativo) fondato sul primato della legge, concepita come la più alta espressione della libertà e che ha visto l'affermarsi dei Parlamenti, in funzione limitante al potere del sovrano ed il cui potere deriva dai cittadini politicamente attivi. Il suffragio, inizialmente censitario, venne progressivamente allargato. I legislatori ottocenteschi, si riproponevano di affermare nelle leggi i caratteri della generalità e astrattezza, a garanzia del principio di eguaglianza formale. Generalità→ eguale applicazione della legge nei confronti di tutti i cittadini. Astrattezza→ comporta che la norma non si esaurisca con una sola applicazione, presentando uno schema potenzialmente ripetibile all'infinito. La crisi del modello liberal-borghese ha inizio con la Grande Guerra, quando le esigenze belliche conducono a Governi di unità nazionali alla sospensione di alcune garanzie e libertà. Con la fine della Grande Guerra, scoppiano le rivendicazioni di natura sociale e politica delle classi meno abbienti, poi veicolate dai nuovi partiti di massa. I vecchi partiti di impronta liberal-borghese non riescono più a contenere le nuove spinte provenienti dalla società. Stato interventista dove i sudditi non hanno libertà. Non esistono cittadini, ma sudditi. LO SA LILE Il modello di stato liberale caratterizzerà l'esperienza degli stati europei del 1800. Il dato di partenza del modello è costituito dal radicale cambiamento dei sudditi che diventano cittadini, riconoscendogli così il godimento di diritti naturali e innati che l'istituzione politica deve salvaguardare. L'altro fondamentale mutamento di prospettiva riguarda la legittimazione del potere statuale, che appartiene al popolo, che la esercita attraverso il diritto di voto. Nasce così la democrazia moderna. Lo stato liberale riconosce la separazione dei poteri, tutti gli uomini nascono con delle libertà che lo Stato non può negare. Il potere statale si deve fermare dinanzi all individuo. Lo Stato diventa lo strumento per la tutela dell’individuo. Al centro dello stato non vi è il Re ma vi è la legge. Un altro tratto rilevante è costituito dal principio di uguaglianza, inteso nello Stato liberale in senso soltanto formale→ lo Stato doveva assicurare in astratto a tutti i cittadini gli stessi diritti, in condizioni di uguaglianza, indipendentemente dalle diverse condizioni di fatto delle persone e disinteressarsi del loro effettivo godimento. Altro aspetto tipico dello Stato liberale è costituito dal fatto che le libertà sono intese in senso “negativo”, cioè, si realizzano con l'astensione da parte dello Stato nello spazio di libertà della persona. Caratteristiche della legge, sono la sua tendenziale generalità ed astrattezza. Lo Stato liberale nasce anche come Stato di Diritto→i poteri supremi sono sottoposti al diritto e gli atti pubblici sono sottoponibili ad un controllo giuridico. Vige quindi il principio di legalità. Limiti dello Stato liberale: ● stato sicuramente funzionale ad una classe sociale, quella borghese, ● Parlamento era espressione di pochi cittadini, i quali godevano del diritto di voto rigorosamente selezionato per reddito o per cultura, ● esclusione del genere femminile nella rappresentanza politica. NB: Le donne voteranno per la prima volta nel 1946, in occasione del referendum per la scelta fra Monarchia o la Repubblica, e per l'elezione dei membri dell'Assemblea Costituente. La legge per garantire questo tipo di uguaglianza deve essere astratta (suscettibile di essere applicata in una serie di situazioni analoghe astrattamente ripetibili) e generale (si deve applicare a tutti indistintamente). La legge è perfettamente corrispondente alla volontà di garantire un’uguaglianza formale (diverso dall'uguaglianza reale). Questa è la caratteristica che porta alla crisi dello stato liberale, che si sviluppa agli inizi del Novecento quando mutano delle condizioni sui cui si basava lo stato stesso. Le principali ragioni del cambiamento sono: ● estensione del suffragio, emergono nuove istanze: anche la classe operaia viene ammessa al voto. ● nascita dei partiti politici di massa: nello stato liberale vi era molta omogeneità nella classe sociale ammessa al voto, con l’allargamento della partecipazione politica viene a manifestarsi l’esigenza di una maggiore organizzazione sul piano politico. Questa estensione porta che i cittadini ammessi al voto devono poter contare su maggiori rappresentanti> nascono i partiti politici di massa e i sindacati. Associazioni private che cercano di coagulare degli interessi politici secondo una visione generale e stilare dei programmi da presentare ai loro gruppi di riferimento. I sindacati sono organizzazioni non riconosciute che hanno il compito di tutelare gli interessi e i diritti dei lavoratori. Nel parlamento iniziano a manifestarsi delle maggiori contrapposizioni e quindi entra in crisi la generalità della legge e l’uguaglianza formale. In questa situazione di crisi in Europa si fanno strada i populismi e gli stati totalitari. Lo stato non può intervenire nella sfera di libertà dei singoli. LO SA SOE Nella seconda metà dell'Ottocento, a causa della rivoluzione industriale, comincia ad emergere una nuova classe sociale, quella proletaria, che preme per ottenere il diritto di voto e inizia verso la fine del secolo ad organizzarsi in partiti e sindacati. L'ampliamento del suffragio, che avviene in tutta Europa porta a una forte spinta per la tutela di diritti diversi e ulteriori rispetto ai diritti tipici dello Stato liberale. Questi nuovi diritti necessitano, dell'intervento dello Stato, il quale diventa un soggetto attivo nei processi politici ed economici. Inoltre comincia ad occuparsi dei problemi del lavoro, esercitando poteri pubblici sull'allocazione delle risorse e praticando il prelievo fiscale in modo proporzionale al reddito. Il nuovo Stato utilizza la spesa pubblica per creare nuove condizioni di benessere. Provvede a distribuire la ricchezza attraverso lo strumento di regolazione del mercato. Istituisce la previdenza sociale. Quindi questo modello, completa il modello liberale. In Italia, le prime leggi “sociali” nascono a tutela dei soggetti allora più deboli, le donne e i fanciulli – Legge Carnano. Centrale punto è la trasformazione del principio di eguaglianza, garantendo quella sostanziale→ Art. 3 Cost Nello Stato Sociale, si trasforma anche la legge: il legislatore è espressione di gruppi sociali diversi e conflittuali. La legge esprime compromessi e perde spesso le sue caratteristiche di generalità e astrattezza. Fanno ingresso le leggi speciali, che si riferiscono non a tutti, ma solo ad alcune categorie di persone, e le leggi provvedimento, che perdono la caratteristica dell'astrattezza, per “provvedere” direttamente ed esaurirsi quindi con una o poche applicazioni circoscritte al caso concreto. Al centro vi è la Costituzione e non la legge, che è rivolta a tutelare la minoranza. E’ un limite al potere, contiene degli strumenti che possono paralizzare le iniziative della maggioranza dal momento che, facendo leva sulla maggioranza, del popolo lede la minoranza. La corte costituzionale ha il compito di fare rispettare la Costituzione. Si affermano le libertà sociali. Nello stato sociale questo si consolida con l’aggiunta della Costituzione che limita la legge. Anche lo Stato sociale, conosce nel tempo momenti di crisi, derivanti dall'alto costo dei diritti sociali che spesso mette in difficoltà persone che non hanno mezzi sufficienti per pagare. LE FO DI SA NE DION TETI DE PO Se si studia lo Stato a partire dal modo in cui è articolata la distribuzione del potere nel territorio, le forme di Stato possono essere studiate diversamente catalogate: ● Stato centrale; ● Stato regionale: ● Stato federale. STATO CENTRALE: è connotata dall'assenza di una qualsivoglia articolazione del potere nel territorio. Possiamo dire che questo tipo di Stato è privo di istituzioni territoriali rappresentative di popolazioni o comunità locali. Questo non toglie che l'apparato amministrativo possa controllare il territorio dislocandosi nelle diverse aree geografiche che compongono lo Stato. Si badi però che un'articolazione del potere di questo tipo è il frutto di un decentramento meramente burocratico e non politico. Il modello dello Stato centrale è sorto negli Stati nazionali del XVI secolo, nati allo scopo di sopperire al particolarismo e alla frammentazione dell'ordinamento medievale. il potere viene accentrato allo Stato Centrale, che è il proprietario del potere. Su tutto il territorio nazionale sono garantiti allo stesso modo i diritti, lo Stato interviene direttamente sul territorio. es. Francia STATO FEDERALE: il decentramento politico è massimo. In esso devono affiancarsi uno “Stato centrale” ed altre entità territoriali, denominate “Stati membri”, che rappresentano politicamente le comunità locali. Lo Stato federale può nascere con un percorso aggregativo, quando cioè più Stati sovrani decidono di unirsi in uno Stato federale. Affinché possa parlarsi di Stato federale, gli Stati membri devono essere enti autonomi, ma non sovrani. Proprio per questo lo Stato federale è dotato di una Costituzione posta al vertice dell'ordinamento giuridico, oltre che delle Costituzioni degli Stati membri, subordinate alla Costituzione federale. Altra costante è la composizione bicamerale del Parlamento, formato da una prima camera rappresentativa dei cittadini di tutto il territorio e da una seconda camera che costituisce emanazione degli Stati membri. Il decentramento politico dello Stato federale è assicurato dalla Costituzione, la quale è modificabile solo con il consenso degli Stati membri, i quali sono oltretutto chiamati a partecipare alla revisione costituzionale e tutelati, nell'esercizio delle loro competenze, anche legislative, da una Corte costituzionale federale, incaricata del compito di far rispettare il testo costituzionale nel caso di conflitti fra Stato federale e Stati membri. La sovranità è ripartita tra lo Stato Centrale e gli Stati Federati. Si manifesta anche nella distribuzione del potere legislativo, giudiziario ed esecutivo che è esercitato sia dallo Stato federale a livello centrale sia ai singoli stati federati. Negli Stati Federali è prevista una camera che rappresenta tutti gli Stati federati, che vengono rappresentati a livello centrale. Senza la fiducia da parte del Parlamento, il Governo non può nascere e, una volta che questa venga meno il Governo, è obbligato a dimettersi. Questa forma di governo può ambientarsi in un contesto monarchico o repubblicano: Nel primo caso il Re e nel secondo caso il Presidente della Repubblica, assumono un ruolo esterno ai poteri statali, di garanzia dell'equilibrio fra i poteri e in posizione di neutralità rispetto ad essi. Essi, dunque, non partecipano all'indirizzo politico e tuttavia sono necessari in particolari momenti, soprattutto durante le crisi istituzionali. Le attuali forme di governo parlamentari sono molto diverse tra loro→ la loro conformazione dipende in larga misura dall’assetto dei partiti politici, il quale, a sua volta è condizionato dai sistemi elettorali. Il sistema maggioritario: tende a semplificare riducendo il numero dei partiti rappresentati in Parlamento, giungendo in casi estremi a creare persino un bipartitismo. I sistemi proporzionali: tendono invece a determinare la presenza in Parlamento di un numero ampio di partiti, a meno che non prevedano degli specifici correttivi. Il modello tedesco fondato su un sistema proporzionale con la clausola di sbarramento per i partiti che non ottengono almeno il 5% ha condotto al risultato di un multipartitismo temperato. Il numero dei partiti infatti non ha mai superato quello di 4 o 5. La stabilità di questo modello politico è dato anche da altre due regole: 1. sfiducia costruttiva→ comporta che il Parlamento non possa sfiduciare il Governo se non provvedendo a votare a favore di uno nuovo 2. impossibilità per i partiti incostituzionali→ destra estrema e la sinistra estrema, di entrare in Parlamento In Italia, fino al 1993, il sistema elettorale proporzionale non prevedeva alcun correttivo e questo ha dato luogo a un sistema di multipartitismo estremo, comportando una democrazia bloccata con impossibilità di alternanza, scarsissima influenza del voto degli elettori sul Governo del paese e frequenti crisi di governo. Con un referendum popolare nel 1993, i cittadini si sono espressi nel senso di un rifiuto del sistema proporzionale. E' nata quindi una fase nuova nella quale, di fatto, si sono create le condizioni per arrivare a un sostanziale bipolarismo, cioè il raggruppamento di tanti partiti in coalizione che ha consentito l'alternanza, anche se non la stabilità. Esistono più tipologie di Governo parlamentare: 1. Parlamentarismo maggioritario o a prevalenza del Governo→ in Inghilterra vi troviamo il partito dei conservatori e il partito dei laburisti che si alternano al Governo. Si può parlare di sistema politico bipolare o bipartitico. Il leader del partito vincente diventa il Premier, nominato dalla regina. Il governo è così forte che utilizza il tempo necessario per realizzare il suo programma ed immediatamente si va a votare, si parla infatti di Governo di Legislatura (durata prestabilita delle camere). 2. Parlamentarismo compromissorio o a prevalenza del Parlamento→ in Italia il governo è indeboliti e sottoposto ai ricatti del Parlamento. I partiti che sostengono il Governo sono più d'uno e sono a loro volta divisi al loro interno, il Governo deve quindi continuare ad adattare il piano politico in modo da mantenere i voti. Quando si va a votare non si ha in mente il risultato delle elezioni, in base a questo esito i partiti riescono a formare un'alleanza che è del tutto inaspettata dagli elettori, si parla di Governo di Coalizione. 3. Modello parlamentare basato su un multipartitismo temperato→ in Germania vi sono diversi partiti ma meno frammentati al loro interno. LA FO DI GON PEDIL La forma di governo presidenziale è nata negli Stati Uniti si fonda sulla ripartizione del potere fra due organi che sono: 1. il presidente degli USA; 2. le assemblee elettive, senato e camera dei rappresentanti. Le assemblee elettive hanno il potere legislativo e di controllare il presidente e il suo apparato ma sono prive del potere di sfiducia. L'aspetto caratteristico è la totale separazione del potere legislativo ed esecutivo. Questa forma di governo è caratterizzata dall'elezione diretta del Presidente, che è legittimato dal popolo ( diverso dall’Italia che è eletto dal Capo dello Stato). Per limitare il potere la forma di governo prevede una marcata separazione tra Presidente e Parlamento. Le elezioni di Presidente e Parlamento sono anche sfasate temporalmente. In italia il Governo e Parlamento devono lavorare insieme, favorendo il Governo. Negli Stati Uniti non è così, d’altro canto il Presidente rimane in carica anche se non appoggiato dal Parlamento. Il presidente non può essere sfiduciato. Il Capo dello Stato presiede e dirige l’esercizio della funzione esecutiva, tramite l’azione dei Segretari di stato. Questa forma di governo si ritrova con tante varianti in alcuni paesi del latino america. AL FO DI GON: IL SE-PEDILO E IL GON DITI La forma di governo semi-presidenziale è nata in Francia e combina elementi della forma di governo presidenziale con elementi di quella parlamentare. Il presidente della repubblica viene eletto dal popolo e nomina un governo. Questo sistema è adatto se il presidente e il parlamento fanno parte della stessa maggioranza politica. In Francia il capo dello stato è eletto dal popolo, il potere esecutivo è affidato sia al capo dello stato che al governo (un organo collegiale composto dai ministri e presieduto dal capo dello stato) che stanno in carica se hanno la fiducia del parlamento. Questa forma di governo è stata elaborata sull’idea del generale Gaulle, che voleva un presidente della repubblica forte. Non aveva intenzione di impedire l'ipotesi di una maggioranza parlamentare di un tipo e di un presidente della repubblica di un altro. Quando le elezioni avvengono in momenti differenti poteva verificarsi il fenomeno della coabitazione, quando parlamento e presidente della repubblica appartenevano a due partiti differenti. Di recente è stata approvata una riforma costituzionale in Francia che ha appaiato le elezioni del presidente e del parlamento, in ogni modo il governo deve avere la fiducia del parlamento. Oggi Macron è il presidente della repubblica. Nella forma di governo direttoriale i due organi costituzionali necessari sono il governo e il parlamento. Il governo viene eletto dal potere legislativo, ma quando entra in carica diventa autonomo. Il parlamento non può far dimettere il governo. Questa forma è utilizzata in paesi piccoli dove non ci sono forze politiche particolarmente differenti le une dalle altre. (ad esempio la Svizzera). Questa forma di governo è difficile da esportare. Il parlamento è eletto dall’intero corpo elettorale e il parlamento elegge un direttorio, questo esercita il potere esecutivo ed è formato da un numero limitato di membri e non può essere revocato dal Parlamento. Il ruolo di Governo è svolto da tutto il direttorio nel suo complesso e il Capo dello Stato ruota tra i membri del direttorio. Il direttorio sta in carica fin tanto rimane in carica il Parlamento. Questo possibile perché i rapporti politici sono consolidati e il paese ha un numero ridotto di cittadini. SE I: CE DI SO COTILE ITA LA VIZ DE SAT ALTO FI AL TEN DE RE FAS Lo Statuto Albertino, concesso dal Re di Sardegna Carlo Alberto di Savoia il 4 marzo 1848, si ispirava al modello della monarchia costituzionale francese: il Re, pur rimanendo titolare della sovranità, vedeva parzialmente limitati i propri poteri dalla presenza delle due Camere. Il Monarca manteneva un notevole peso in relazione a ciascuno dei tre poteri dello Stato, infatti esercitava, attraverso i suoi ministri, il potere esecutivo. Nominava i magistrati e interviene nella funzione legislativa mediante la convocazione e lo scioglimento delle Camere e il potere di sanzione e di promulgazione delle leggi. Poco rilievo avevano la proclamazione di alcuni diritti dell'uomo, sinteticamente enunciati in soli nove articoli. Lo Statuto si autodefiniva nel suo preambolo “legge fondamentale, perpetua e irrevocabile della Monarchia” ma nonostante questa definizione e il suo carattere elastico e flessibile poté resistere a diverse modifiche del tempo. Questo perché l'elasticità consentì, nel rispetto della lettera dello Statuto, un'interpretazione evolutiva delle sue disposizioni. Mentre la flessibilità ne ha permesso la modificazione formale mediante semplice legge ordinaria. Via via però, il sistema costituzionale si è evoluto sino all'affermazione di una monarchia parlamentare. Il Parlamento si afferma come organo di indirizzo politico e per prassi si afferma una sorta di rapporto fiduciario col Governo. Il ruolo del sovrano nel potere legislativo ed esecutivo si ridusse notevolmente e i cittadini iniziarono a godere di maggiori diritti. La crisi del modello liberale trova il suo apice con le riforme fasciste, intervenute nel periodo fra il 1922 e il 1928. Tali riforme, pur non intaccando formalmente lo Statuto, modificano i principi fondamentali dello Stato e la stessa architettura costituzionale. In particolare: questo senso si dice che la Costituzione ha una valenza programmatica perché non si limita a disciplinare l'organizzazione dello Stato, i rapporti fra i poteri e coi cittadini, bensì stabilisce indirizzi economici e sociali e dei pubblici poteri. La Costituzione ha una natura compromissoria tra tutti i partiti politici che l'hanno redatta perciò al suo interno esistono disposizioni non immediatamente operative ma non per questo meno vincolanti sul piano giuridico. Ad esempio, i diritti sociali richiedono per il loro effettivo esercizio interventi da parte dello Stato. Il legislatore è tenuto ad attuare il “programma” stabilito dalla Costituzione. La distinzione tra norme precettive e programmatiche non incide sul rilievo e sull'efficacia di queste ultime. Infatti, proprio con la prima sentenza della Corte Costituzionale del 1956, i giudici hanno stabilito che tutte le disposizioni costituzionali fossero immediatamente utilizzabili quale parametro di costituzionalità. Inoltre, in alcuni casi i diritti affermati nella Costituzione hanno trovato applicazione anche in assenza di leggi che regolassero il diritto. Un esempio è il diritto alla sciopero che pur non avendo leggi che lo regolano non viene negato ai lavoratori. Quindi, l'efficacia delle norme programmatiche si evince in più direzioni: orientano l'interpretazione delle leggi, forniscono direttive vincolanti al legislatore e possono fondare la rivendicazione di un diritto. I CAN DE COTI La Carta considera per primo l’individuo, enunciandone i diritti sia come singolo sia nella formazioni sociali nelle quali è inserito, per poi disciplinare i vari poteri dello Stato, iniziando con quelli che definiscono la forma di governo (Parlamento, Presidente della Repubblica e Governo), passando poi a quello giurisdizionale (la Magistratura), a quelli espressione del pluralismo territoriale (le Regioni, le Province e i Comuni), e infine alla Corte Costituzionale, organo di garanzia dell’intero sistema costituzionale. Nonostante la Costituzione si apra con l’enunciazione dei principi fondamentali si tiene che: 1. da un lato→ hanno valore normativo, costituendo il nucleo intangibile della Costituzione immodificabile persino col procedimento di revisione costituzionale. 2. dall’altro→ si atteggiano a linee guida per l’interpretazione del disposto costituzionale e per l’esplicazione di regole implicite. Principio personalista→il riconoscimento e la garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo, comportano la centralità, nell’impianto costituzionale, della persona umana. In questa prospettiva possono essere interpretati i numerosi richiami alla dignità umana e all’inviolabilità della persona. Principio solidaristico→ accostamento ai diritti dei “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” che consentono limitazioni alla posizione soggettiva del singolo, in ragione delle esigenze di altri individui e della comunità in generale. Principio di eguaglianza→ affermato nell’art 3 Cost per tutti gli esseri umani (riferendosi ai soli cittadini). Divieto di discriminazioni, sia quale obiettivo sostanziale per la Repubblica, impegnata a rimuovere gli ostacoli che, in concreto impediscono il pieno sviluppo della persona umana. L’azione della Repubblica è dunque limitata da un lato da una serie di indicazioni/fattori che non possono essere posti a fondamento (sesso, razza, religione ect.) e dall’altro dall’indicazione dell’obiettivo consistente nel pieno sviluppo della persona umana e nell’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. “Centrale nella Costituzione è l’obiettivo sociale”, espresso dall’art. 3 comma 2, che assegna alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica economica e sociale del paese. Proprio per questo la Costituzione affida ai pubblici poteri il compito di raggiungere obiettivi di eguaglianza sostanziale e giustizia sociale. Diritti sociali→posizione di concreta parità per fare in modo di eliminare le differenze di fatto, economiche e sociali, che ostacolano la giustizia sociale. Essi sono esempio: diritto al lavoro, all’istruzione, etc..; affermati anche come posizioni giuridiche che devono trovare realizzazione attraverso concrete scelte legislative positive. Principio lavorista→ essa abbandona l’idea che la posizione dei cittadini nella società dipenda dalle condizioni di nascita o dal censo e supera così il primato della proprietà privata dei beni, valore fondamentale delle tradizioni liberali. Qui il lavoro, NON è inteso quale semplice mezzo per la sussistenza bensì quale strumento di realizzazione della personalità del singolo, mediante il quale questi contribuisce al “progresso materiale o spirituale della società”. Principio pluralista→in virtù del quale si ammette la presenza, fra individuo e la collettività statale, di organizzazioni sociali, quali mezzi indispensabili per lo svolgimento della personalità umana, superando così l’impostazione marcatamente individualistica delle Costituzioni liberali. Formazioni sociali→ titolari di ambiti di libertà garantiti dall’ordinamento statale e reclamano il rispetto della propria autonomia, organizzativa e funzionale, nei confronti dei pubblici poteri ai quali è fatto divieto di asservirle a interessi superiori anche attraverso misure di natura legislativa. NB: L’intromissione nella vita interna delle formazioni sociali è tuttavia ammessa e anzi doverosa allo scopo di assicurare la tutela dei diritti fondamentali. UN SA DERI IN UN ORME INNILE La struttura dei pubblici poteri è informata al principio democratico contemperato dal principio garantista. Principio democratico→ gli organi titolari dell’indirizzo politico sono strumenti della volontà popolare e, per conseguenza devono trovare legittimazione, diretta o indiretta nel popolo. La democraticità del sistema è attuata dalla Costituzione mediante la costruzione di un meccanismo di “pesi / contrappesi”, in funzione di un'altra garanzia del singolo nei confronti del potere stesso. Esigenza garantita da un lato con la separazione dei poteri, e dall’altro con l’attribuzione a ciascuno di essi di una specifica funzione. Principio garantistico→riguardo al potere giudiziario e alla Corte Costituzionale, la cui funzione di garanzia del sistema costituzionale e dei diritti del singolo potrebbe venire compromessa dall’applicazione radicale del principio democratico. La giurisdizione, infatti, è esercitata in posizione di indipendenza dagli altri poteri dello Stato e di terzietà rispetto agli interessi coinvolti, al fine di realizzare una genuina tutela dei diritti. Principio internazionalista→ consente l’apertura dell’ordinamento verso valori e fini esterni, in funzione di garanzia sia dei diritti del cittadino e dello straniero sia del carattere democratico dello Stato. LO SA DERI DI FOT AL’EPI L'improvviso e rapidissima diffusione del virus covid-19, ha messo a dura prova le fondamenta dello Stato costituzionale. Le istituzioni si sono trovate ad affrontare impreparate una situazione del tutto inattesa, anche in ragione di un quadro costituzionale che non prevede una specifica disciplina finalizzata a regolare prolungate situazioni di emergenza. Nel nostro paese, in una prima fase, il tentativo di contrastare la diffusione del contagio del virus è stato perseguito principalmente attraverso una severa limitazione dei diritti di circolazione e di movimento delle persone, che ha avuto conseguenti ripercussioni anche sulle esercizio di molti altri diritti costituzionali. Si è imposto in tutto il paese il cosiddetto lockdown→ alle persone è stato fatto divieto di uscire di casa se non per motivi indifferibili e urgenti, che dovevano essere autocertificati. E’ stata imposta la chiusura generalizzata di tutti i luoghi di lavoro, delle attività commerciali e dei servizi di ristorazione. Sono state chiuse le scuole e l'università e non è stato possibile frequentare i luoghi di culto. Le attività lavorative in presenza sono state sostituite, nei casi in cui ciò è stato possibile, dagli strumenti informatici, così come le attività scolastiche. Mai, nella storia dell'Italia, se ha verificato una situazione di sospensione generalizzata di tante libertà garantite dalla costituzione. Tra i primi mesi di maggio e settembre 2020 le misure di restrizione sopra descritte sono state pian piano allentate. La diffusione del contagio è però nuovamente tornata ad aumentare tra i mesi di ottobre 2020 e aprile 2021, per questa ragione, seppure con un grado di maggiore ponderazione rispetto allo specifico livello di diffusione territoriale del virus, sono state nuovo introdotte rigorose misure di restrizione. L'avvio massivo della campagna vaccinale ha portato, a partire dal maggio 2021, ad una flessione sensibile di casi di contagio e ad un generale abbandono delle misure restrittive. La pandemia ha determinato notevoli tensioni anche su principi di separazione dei poteri. Per garantire la funzionalità di un Parlamento si è persino ipotizzato di utilizzare forme di partecipazione ai lavori parlamentari da remoto, non previste però espressamente dalla costituzione e dai regolamenti parlamentari. Le regole e limitazioni ai diritti sono state veicolate per lo più da una serie di numerosissimi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri. Alcune fonti sulla produzione si trovano al di fuori dell'ordinamento italiano. L’unione Europea e il diritto da essa prodotto hanno delle fonti sulla produzione che stanno al di fuori della Costituzione. Queste sono contenute nei trattati dell’Unione Europea e nel Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. L’Unione Europea non ha una Costituzione vera e propria ma ha questi trattati. Allo stesso tempo l’Unione Europea non ha una legge: ci sono le direttive, regolamenti, pareri,.. Questo perché la legge è l’espressione della volontà popolare da parte dei rappresentanti democraticamente eletti che si confrontano in un dibattito pubblico (maggioranze e minoranze) e nell’Unione Europea questo ancora non c’è, perché le fonti dell’Unione Europea sono approvate con un buon margine di potere di organi esecutivi che rappresentano i Governi degli Stati Membri e non il popolo europeo. All’Unione Europea manca una maggiore legittimazione del Parlamento e i partiti europei, che fungano da raccordo tra la volontà popolare e le istituzioni nella scelta dei rappresentanti. I trattati dell’Unione Europea stanno sotto la Costituzione. LA DINO TA FO AT E FO FA Le fonti del diritto si distinguono in: ● fonti atto: che sono testi normativi frutto di una manifestazione di volontà espressa da un’autorità individuata dall’ordinamento. ● fonti fatto: consistono in eventi o in comportamenti ai quali l’ordinamento attribuisce l’idoneità a produrre effetti giuridici > corrispondono a fonti non scritte, come la consuetudine, ovvero la ripetizione nel corso del tempo di un certo comportamento. NB: esistono fonti fatto che sono scritte e che stanno assumendo maggiore rilievo. Si tratta di fonti prodotte da organi non appartenenti allo Stato Italiano, ma che in questo stesso Stato hanno rilevanza giuridica. Esempio: le norme di diritto internazionale privato e le norme dell’EU. LE FO DI COZO DE DIT Le fonti di cognizione costituiscono lo strumento attraverso il quale è possibile prendere conoscenza dell’esistenza e dei contenuti delle norme giuridiche (NB: non vanno confuse con le fonti di produzione che, invece, creano il diritto). Queste fonti non creano diritto e si distinguono in fonti ufficiali e non ufficiali. Esempi: Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana (GU), i Bollettini Ufficiali delle Regioni (BURL) e la Gazzetta Ufficiale dell’UE (GUUE). Tutte le norme devono essere pubblicate ai fini della propria entrata in vigore. A meno che esse non prevedano un termine diverso, le leggi entrano in vigore il 15° giorno successivo alla loro pubblicazione. Durante il periodo della vacatio legis tutti i consociati possono prendere visione dell’innovazione normativa. Le raccolte non ufficiali sono strumentali alla sola conoscibilità del diritto, non concorrendo a determinarne l’entrata in vigore. In alcuni casi, anche la pubblicazione su fonti ufficiali ha mero scopo notiziale. Esempio, è la pubblicazione di una legge costituzionale. Questa viene pubblicata affinché possano prenderne visione coloro che, entro 3 mesi, hanno facoltà di proporre il referendum costituzionale. Qualora non venisse proposto nessun referendum o nell’ipotesi di esito favorevole, questa verrà pubblicata una seconda volta, in questo caso ai fini della propria entrata in vigore. SE I: LE NO GIIC LE CATIT DE NO GIIC Nella dottrina classica le caratteristiche tendenziali delle norme sono state individuate in astrattezza e generalità. La generalità denota il riferirsi ad una categoria indeterminata di destinatari. Il grado di generalità è variabile: si possono avere: ● norme a generalità assoluta> ad esempio, quelli in cui è contenuta la parola “chiunque”, ● norme a generalità ridotta> ad esempio, norme riferite ai soli pubblici ufficiali, ma sempre e comunque riferite a insiemi di persone non individuate. ↓ NON POSSONO ESISTERE NORME AD PERSONAM L’astrattezza invece comporta la ripetuta applicazione della norma tutte le volte che si verifichi la fattispecie espressa. L’astrattezza ha a che fare con la stabilità nel tempo della regola normativa. La norma giuridica si caratterizza per il fatto di non contenere prescrizioni individuate e di non esaurire i propri effetti dopo la prima applicazione. In questo senso gli atti normativi si distinguono da quelli amministrativi emanati dalle pubbliche amministrazioni> quest’ultimi sono caratterizzati dal fatto di avere per destinatari soggetti individuati. Un’altra caratteristica delle norme giuridiche è l’innovatività. Queste infatti sono in grado di modificare l’ordinamento giuridico. Tuttavia, le norme possono essere PRIVE di questo carattere. Da qui deriva la distinzione tra: ● leggi in senso meramente formale: hanno solo forza legislativa. Esempio le leggi di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali ● leggi in senso meramente materiale: portano innovazioni giuridiche. NB: Siamo di fronte ad una norma giuridica solo se è veicolata da un atto adottato secondo quanto stabiliti dall’ordinamento stesso in un’apposita fonte sulla produzione o se la norma deriva da un fatto in cui l’ordinamento riconduce l’idoneità a produrre diritto. LEGGI-PROVVEDIMENTO→ si rivolgono a un determinato numero di soggetti o disciplinano situazioni che si verificano una tantum. Queste leggi rappresentano il massimo allontanamento dal modello della legge quale generale ed astratta. In questi casi è molto più probabile che venga violato il principio di eguaglianza. Proprio in virtù del rischio di discriminazione insito nelle leggi provvedimento, vengono sottoposte dalla Corte costituzionale a uno stretto scrutinio di costituzionalità. Queste leggi risultano essere conformi se rispettano il principio di ragionevolezza, cioè abbiano fondate giustificazioni risultanti dagli obiettivi che le hanno ispirate. Quando si cerca di aggirare il principio di eguaglianza e imparzialità vengono dichiarate incostituzionali. Un'ulteriore limitazione di queste leggi è il rispetto della funzione giurisdizionale, infatti non è consentito risolvere alcune controversie giudiziarie tramite legge quando la sentenza sia già passata in giudicato perché lederebbe il principio di separazione dei poteri. LA VATÀ’ ED EFCI DE AT GIIC Per validità si intende che l’atto non sia viziato, ovvero non conforme alle regole giuridiche sovraordinate. La norma giuridica non si pone in contrasto con la o le fonti ad essa sovraordinate. Inefficacia significa incapacità di produrre effetti giuridici, non perchè c’è un vizio ma perchè c’è una limitazione degli effetti. La limitazione può essere nello spazio e nel tempo. L’inefficacia e l’invalidità si saldano quando la Corte Costituzionale ha accertato il vizio. Quando il vizio è accertato la legge perde l'effetto fin dall'origine> annullamento. Questo costituisce la perdita di efficacia giuridica, conseguente all’accertamento di un vizio. L’annullamento rispecchia l’invalidità, rispecchia un vizio perché la fonte inferiore è in contrasto con la fonte superiore. Quando la Corte Costituzionale accerta il vizio annulla la legge e questa perde di efficacia. L’annullamento ha effetto sia per il futuro che per il passato. Ci possono essere degli atti che sono validi ma sono inefficaci. Ci possono essere degli atti invalidi ma efficaci. ↓ Questo perché per accertare l’esistenza di un vizio serve la presenza di un organo, in Italia la Corte Costituzionale. Prima che questa si pronunci la legge è già invalida, ma è ancora efficace. Ha il vizio ma può ancora produrre effetti. Se la Corte Costituzionale accerta il vizio la legge diventa invalida anche per il passato. Esempio: la legge che viene modificata perché vi è una riforma, la legge vecchia viene abrogata. La legge vecchia si applica fino ai fatti avvenuti prima dell’abrogazione, quella nuova si applica per i fatti avvenuti dopo l’approvazione della nuova legge. Il vizio può essere: ● sostanziale> quando si esplica sul piano dei contenuti. Il contenuto della legge è in contrasto con il contenuto della Costituzione. La norma è in contrasto con il contenuto precettivo di disposizioni di rango superiore. ● formale> quando viene violato il procedimento di adozione della fonte. E’ stata violata la fonte sulla produzione. Riguarda il procedimento di adozione stabilito dalla relativa fonte sulla produzione. L’efficacia di un atto, si rinviene nella sua capacità di produrre effetti giuridici. Una norma può essere valida ma non efficace. Questo avviene nel periodo di vacatio legis. I giudici devono esprimere un tentativo di interpretazione sempre conforme alla Costituzione. →interpretazione del legislatore e ratio legis Fa riferimento alla “intenzione del legislatore”. Nell'attività interpretativa, occorre dunque verificare anche quali siano le ragioni che abbiano mosso il legislatore ad approvare una previsione normativa. È necessario distinguere la volontà originaria del legislatore storico (interpretazione storica) dalla oggettiva volontà della legge (ratio legis), che con il passare del tempo si attrae e allontana dall'intento che legislatore perseguiva nel momento in cui approva la legge. Per rinvenire l'intenzione del legislatore storico bisogna ricorrere ai lavori preparatori. Per individuare la ratio legis occorre astrarsi dalle specifiche circostanze che avevano indotto il legislatore ad elaborare la disposizione e ricercarne la finalità perseguita dalla regola giuridica come se ad averla posta fosse legislatore attuale. contrasto=seconda disposizione →interpretazione evolutiva Consente di tenere in considerazione, proprio facendo leva sulla ratio legis, gli eventuali mutamenti del contesto sociale, tecnologico, culturale o giuridico. Il ricorso a questo criterio consente di ampliare la portata della disposizione, in modo che possano essere ricondotte fattispecie di cui non si era tenuto conto al momento della sua approvazione. →interpretazione analogica e ricorso ai principi generali dell’ordinamento Sono criteri utilizzabili soltanto in presenza di una lacuna nell'ordinamento. Se un caso della vita non è espressamente disciplinato da una norma, si potrà infatti ricorrere alla disciplina prevista per una fattispecie simile. L'utilizzo di tale criterio presuppone l'individuazione della ratio legis della disposizione che si intende utilizzare a fini analogici. Il ricorso all' interpretazione analogica soccorre nelle ipotesi in cui una fattispecie concreta non sia riconducibile ad una specifica disciplina normativa. Il ricorso al criterio dell'interpretazione analogica non è però sempre consentito. L'art. 14 delle Preleggi vieta l'interpretazione analogica delle leggi speciali e delle leggi penali. L'interpretazione analogica è vietata per le leggi speciali in quanto si snaturerebbe la ratio legis della disposizione, creata proprio al fine di porre una disciplina eccezionale e dunque non suscettibile di alcuna estensione applicativa. →interpretazione estensiva Si tratta di un criterio simile a quello dell' interpretazione analogica. Attraverso l'interpretazione estensiva viene ampliato il significato letterale della disposizione, in modo che vi si possa ricomprendere fattispecie che ad una lettura strettamente letterale risulterebbero escluse. →interpretazione autentica Vi ricorre il legislatore quando ritiene necessario chiarire definitivamente il significato di una disposizione dubbia, al fine di precludere ai giudici interpretazioni diverse da quella che il legislatore stesso vuole attribuire della disposizione. È un'attività solo apparentemente interpretativa, ma in realtà è legislativa. SE IV: LA COZA DE SIM DE FO LE CORZI RE E APNI TA LE FO E I CIR PE RIVE Può capitare che il medesimo comportamento o il medesimo fatto della vita venga disciplinato in modo diverso da più disposizioni normative. Queste sono contraddizioni tra fonti del diritto dette anche antinomie→ contraddizione tre regole giuridiche contenute in disposizioni diverse. Nel nostro sistema giuridico esso è dovuto sia alla tendenza all'ipertrofia normativa che lo caratterizza, sia il maggior rilievo che alcune fonti del diritto hanno assunto negli ultimi decenni. A ciò si aggiunge poi una sempre più evidente approssimazione da parte dei legislatori nella redazione delle disposizioni e nel coordinamento con la normativa esistente. Poiché l'ordinamento giuridico non può presentare contraddizioni occorre risolvere le antinomie stabilendo quale fonte debba prevalere ed essere utilizzata. Le antinomie si distinguono in: 1. reali→ quando l'operazione volta risolverla produce conseguenze sulla validità o sull'efficacia della fonte non preferita. I criteri incidono sulla validità a l’efficacia due una delle due disposizioni. Si risolve con il criterio gerarchico, il criterio di competenza e il criterio cronologico. 2. apparenti→ nessuna conseguenza si produce sulla validità e sull'efficacia della fonte non preferita. Viene risolta unicamente sul piano interpretativo, mediante il ricorso al criterio di specialità. Le due disposizioni rimarranno entrambe valide ed efficaci nell'ordinamento, con la precisazione che solo una di esse sarà applicata allo specifico caso preso in considerazione. L’APCI DE CIRO GECO Il criterio da utilizzare qualora si accerti un contrasto fra due disposizioni di grado diverso è questo, che impone di preferire la disposizione che, tra le due, è posta a livello più elevato nella gerarchia delle fonti. La prevalenza della fonte superiore comporta l’INVALIDITA’ della fonte subordinata. > Quest’ultima, proprio perché in contrasto con la fonte sovraordinata, potrà essere ANNULLATA. Se il contrasto si presenta tra una fonte super primaria e una primaria sarà la Corte costituzionale a dichiarare l’illegittimità della norma di grado primario secondo quanto previsto dagli articoli 134 e ss. Della Costituzione. In caso di contrasto tra una fonte primaria e una secondaria occorre procedere a una distinzione a seconda dell’autorità giurisdizionale che si trovi di fronte all’antinomia: se si tratta di un giudice amministrativo si avrà l’annullamento. Il giudice ordinario, non avendo il potere di procedere all’annullamento della norma secondaria, dovrà limitarsi a disapplicarla nel caso concreto. NB: La dichiarazione di illegittimità costituzionale e l’annullamento delle fonti secondarie hanno efficacia erga omnes ed ex tunc. Essi determinano infatti l’espulsione dall’ordinamento della norma invalida, che non potrà più essere da nessuno e in nessun caso applicata. Nel caso della disapplicazione da parte del giudice ordinario si hanno effetti inter partes, cioè limitati al giudizio in cui la norma sia stata ritenuta illegittima > significa che la disposizione conserva validità e che potrebbe essere applicata in altri rapporti giuridici. IL PICO DI LETÀ E IL PICO DI COTILIÀ Il principio gerarchico si esplica nel principio di legalità e in quello di costituzionalità. La nostra Costituzione è rigida e non ammette deroghe da parte delle leggi ordinarie. Il primato della fonte costituzionale si estrinseca nella regola per cui essa non può essere modificata o derogata mediante l’adozione di una fonte primaria, ma solo seguendo un procedimento aggravato. Inoltre, a garanzia del rispetto della Costituzione, è previsto un controllo di costituzionalità sulle leggi, nonché sugli atti aventi forza di legge dello Stato e delle Regioni. Questo controllo, demandato, alla Corte costituzionale può comportare l’annullamento delle leggi e degli atti aventi forza di legge che si pongano in contrasto con la Costituzione e con le altre leggi Costituzionali. Ad un secondo livello il principio gerarchico è incarnato dal principio di legalità che è antecedente a quello di costituzionalità. Dal principio di legalità discendono 2 corollari: ● PREFERENZA DELLA LEGGE: divieto delle fonti formative e degli atti amministrativi di disporre in violazione della legge. In questa prospettiva, il principio di legalità postula la soggezione alla legge anche degli atti adottati nell’ambito dell’attività giurisdizionale. ● PREVIA LEGGE: da intendersi nel senso che il potere pubblico, per potersi legittimamente manifestare attraverso fonti secondarie deve essere stato preventivamente autorizzato da una fonte normativa primaria. > Principio non espressamente scritto nella Costituzione, ma desumibile alla lettura di articoli. NB: A garanzia del rispetto di questi principi l’articolo 113 conferisce a ciascuno il potere di ricorrere contro atti della pubblica amministrazione contrari alla legge. Un’esplicitazione del principio di legalità è contenuta nell’articolo 4 delle Preleggi secondo cui i regolamenti governativi non possono contenere norme contrarie alla disposizioni delle leggi. NON è ammessa, quindi la presenza di un potere normativo autonomo della P.A. che non trovi il proprio limite e fondamento nella legge. Il principio di legalità, in assenza di indicazioni, sembrerebbe da intendersi in senso formale. Solo quando la Costituzione richiede espressamente che una certa materia sia disciplinata dalla legge (riserva di legge), il principio di legalità sembrerebbe da intendersi in senso sostanziale. LA RIV DI LE Attraverso la previsione di una riserva di legge, la Costituzione prescrive che una certa materia sia disciplinata dalla legge con esclusione o limitazione delle fonti ad essa subordinate. Con la presenza di una riserva di legge si conferisce al legislatore, un potere non rinunciabile, non potendo questo decidere di autorizzare esso stesso fonti secondarie ad intervenire in sua vece. La previsione di un simile istituto risponde ad esigenze di garanzia per i cittadini. Alcune riserve di leggi sono presenti nell’art 13 in materia di limitazione della libertà personale; nell’art. 14 in materia di limitazione delle libertà di domicilio; negli art. 15, 16, 21, 25. Quando non sia possibile applicare il criterio di competenza per dirimere un’antinomia tra norme di pari grado è necessario ricorrere al criterio cronologico, in base al quale è la norma più recente a dover prevalere. L’effetto, dell’applicazione di tale criterio è l’abrogazione della norma più risalente. Dare preferenza alla norma più recente SIGNIFICA seguire la volontà attuale del potere normativo. E’ la delimitazione nel tempo dell’efficacia della norma. DIRA TA ANLET E ABZI: ● L’annullamento comporta la perdita di validità, ● Abrogazione restringe solo l’efficacia. La norma abrogata, in quanto frutto di scelte politiche superate, continuerà a spiegare i suoi effetti dovendo essere applicata a tutti i rapporti sorti prima dell’entrata in vigore della norma abrogante. ESEMPIO: E’ la legge n.1815 del 1939 abrogata dalla legge n.266 del 1997. L’art 15 delle Preleggi contempla diversi tipi di abrogazione: 1. ABROGAZIONE ESPRESSA: Le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per dichiarazione espressa o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l’intera materia già regolata dalla legge anteriore” > Si parla di tale abrogazione ogni qualvolta in cui una nuova disposizione indichi esplicitamente le disposizioni precedenti che intende abrogare; questi devono essere nominativamente richiamate dalla disposizione abrogante affinché non sorgano dubbi interpretativi. L’effetto abrogativo ha effetto erga omnes. 2. ABROGAZIONE TACITA: Quando si rilevi un’incompatibilità di contenuto tra la disciplina prevista nella disposizione recente e quella precedente. In questi casi, è il giudice che nel caso concreto è l’organo competente a stabilire se l’abrogazione sia o meno intervenuta. Ha effetto solo inter partes, limitati al giudizio in cui l’abrogazione sia stata rilevata dal giudice. 3. ABROGAZIONE IMPLICITA: Quando un atto normativo successivo intervenga a disciplinare interamente una materia. Il fenomeno è tipico della successione nel tempo di codici. L’attività interpretativa del giudice in questo caso è molto semplificata perché non è necessario che proceda ad una puntuale verifica della compatibilità tra le singole disposizioni della vecchia e della nuova disciplina. L’effetto è inter partes e non vincolerà le decisioni degli altri giudici. Esiste il fenomeno della REVISCENZA DI UNA NORMA: “Qualora la norma B abroghi la norma A e poi intervenga una norma C che abroghi B ci si chiede se la norma A torni in vigore. > Questione controversa. SOLUZIONE: Corte costituzionale afferma che “il fenomeno della reviscenza non opera in via generale e automatica” essendo “ammesso soltanto in ipotesi tipiche e molto limitate”. L’IRRAVÀ DE LE Il principio di irretroattività della legge è il principio in forza del quale le leggi sono destinate a riferirsi unicamente a rapporti e situazioni future e che in presenza di leggi abrogative di precedenti disposizioni, sono comunque quest’ultime a dover continuare ad essere applicate per regolare rapporti e situazioni pregresso. AL di fuori dell’ambito penale, il principio di irretroattività trova il suo fondamento nell’art 11 delle Preleggi secondo cui “La legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo” > Tale principio non ha dunque rango di norma costituzionale, essendo previsto da una fonte primaria. QUINDI? Una legge retroattiva non è automaticamente incostituzionale. La Corte costituzionale sottopone le norme retroattive a un rigoroso scrutinio di ragionevolezza, dichiarandole illegittime nell’ipotesi in cui la scelta del legislatore di estendere al passato gli effetti di una disciplina nuova non corrisponda a specifiche esigenze di rilievo costituzionale, come il riconoscimento di un diritto. La Corte ha affermato, inoltre che le leggi retroattive devono fondarsi su “motivi imperativi di interesse generale”: La retroattività è connaturata alle leggi di interpretazione autentica emanate dal legislatore: esse vengono infatti adottate con l’obiettivo di obbligare gli operatori giuridici ad applicare, in un determinato senso, una disposizione anteriore. > L’interpretazione così imposta fa corpo unico con la disposizione sin dalla sua entrata in vigore e dovrà essere fatta rivalere anche nei giudizi pendenti. Può accadere che il legislatore, anziché limitarsi ad assegnare alla disposizione interpretata un significato rientrante tra le varianti interpretative introduca una norma del tutto differente, quindi nuova rispetto al precetto normativo > In questo caso, l’erroneità della qualificazione di legge di interpretazione autentica viene considerata un indice di manifesta irragionevolezza della legge stessa dalla Corte Costituzionale che potrebbe condurre ad una dichiarazione di illegittimità. In materia penale, invece, il principio di irretroattività è sancito direttamente a livello costituzionale per quanto riguarda le leggi che introducono un nuovo reato o che aggravino la sanzione per un reato già previsto. Queste leggi penali, dette in malam partem, laddove dispongano anche per il passato sono dichiarate incostituzionali, ai sensi dell’art 25 Cost - secondo cui “nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”: QUINDI: il principio di irretroattività si pone quale essenziale strumento di garanzia del cittadino ed è espressivo dell’esigenza di calcolabilità delle conseguenze penali della propria condotta quale condizione necessaria per la libera autodeterminazione. Vale il discorso opposto per le leggi penali che aboliscono una fattispecie di reato o che introducono un regime sanzionatorio più favorevole al reo – leggi in bonam partem. > In questi casi, si applica la regola della retroattività al fine di evitare che taluno possa trovarsi a sopportare gravose conseguenze sulla base di una norma che non corrisponde alla volontà dell’ordinamento. > Tale principio però non è inderogabile, infatti il Legislatore può introdurre deroghe al principio di irretroattività delle norme penali più miti, PURCHE’ sorrette da ragionevoli giustificazioni. LA RIZI DE ANMI APNI: IL CIRO DI SELIÀ Le antinomie apparenti si risolvono con una tecnica interpretativa che non comporta alcuna conseguenza sulla validità e sull’efficacia della norma che non verrà applicata al caso concreto. Questo criterio impone di preferire, tra le due norme poste sullo stesso piano gerarchico e che siano in rapporto in genere e specie, la norma speciale rispetto a quella generale. Il giudice dovrà limitarsi a non applicare la norma inconferente per il caso concreto, senza che ciò comporti ripercussioni sulla sua vigenza. ESEMPIO: Fattispecie dell’omicidio del consenziente del art 579 del C.p. > Se il legislatore non avesse previsto una disposizione ad hoc l’autore del reato sarebbe punibile ai sensi dell’articolo 575 C.p. SOLUZIONE: Poiché il legislatore ha deciso di adottare una norma specificamente delicata a quest’ipotesi che aggiunge un elemento di specialità rispetto alla previsione di carattere generale dell’omicidio, l’autore dell’omicidio del consenziente ne risponderà ai sensi dell’art 579. NB: L’ARTICOLO 575 NON PERDERA’ COMUNQUE DI EFFICACIA E VALIDITA’. INOLTRE VA PRECISATO CHE QUESTO PRINCIPIO CHE è ESPRESSAMENTE CONTENUTO NELL’ARTICOLO 15 DEL CODICE PENALE, PUO’ ESSERE RITENUTO UNA TECNICA INTERPRETATIVA PASSIBILE DI APPLICAZIONE IN QUALSIASI SETTORE DELL’ORDINAMENTO. CALO I – LE SIL FO DE DIT LA GECA DE FO ● FONTI SUPERPRIMARIE: Costituzione o Leggi costituzionali o Leggi di revisione costituzionale o Statuti delle regioni speciali ● FONTI PRIMARIE: Leggi statali e regionali Atti aventi forza di legge (decreti legge, decreti legislativi, referendum abrogativo, regolamenti parlamentari) ● FONTI SECONDARIE:o Regolamenti governativi e regionali ● FONTI SUBSECONDARIE: Usi o Consuetudini LA COTI La Costituzione rappresenta il vertice del sistema. Il potere fu conferito ai costituenti tramite il decreto luogotenenziale n.151 del 1944 ai sensi del quale “dopo la liberazione le forme istituzionali saranno scelte dal popolo italiano che a tal fine eleggerà un’assemblea costituente per deliberare la nuova costituzione” L’art. 4 del decreto legislativo luogotenenziale n.98 del 1946 stabilì poi che l’Assemblea costituente sarebbe stata sciolta il giorno dell’entrata in vigore della Costituzione e non oltre otto mesi dopo la sua prima riunione CONCLUSIONE: è che il Fondamento della Costituzione, è di matrice storico-materiale, è cioè rintracciabile nell’accordo intercorso tra forze politiche che, al termine della guerra, si impegnarono solidamente nella costruzione di un nuovo ordine democratico. La sua superiorità rispetto alle altre fonti del diritto sarebbe infatti illusoria se fosse possibile modificarla attraverso l’iter di approvazione delle leggi ordinarie. Cosi come lo sarebbe altrettanto se il legislatore non avesse previsto un rimedio alla violazione, da parte del legislatore ordinario, delle norme costituzionali. La rigidità della Costituzione, dunque, è data sia dal procedimento aggravato che richiede una maggior riflessione e un ampio consenso, sia dalla presenza nel sistema Si è posta un’ultima questione nel 2016 riguardo l’esistenza di un limite di metodo che riguardi la “dimensione” della revisione. QUESITO: ci si è chiesti se le Camere possano deliberare solo leggi costituzionali puntuali o se sia loro consentito adottare anche riforme più ampie, vertenti su molteplici ambiti materiali. SOLUZIONE: L’ultima ipotesi esposta pare essere l’ipotesi corretta. PERCHE? Non si rinviene un limite nel testo costituzionale. Inoltre le riforme costituzionali, pur quando molto ampie, normalmente rispondono ad un disegno unitario. GI SAT DE REI SELI Tra le fonti del diritto di rango super primario sono da annoverarsi anche gli statuti delle regioni speciali, trattandosi di atti che vengono approvati leggi costituzionali del Parlamento. Le regioni a statuto speciale sono: - Valle d’Aosta, - Trentino Alto Adige, - Friuli Venezia Giulia, - Sardegna, - Sicilia. Ogni regione ha un proprio statuto. A quelle a statuto speciale, per motivi storici, la Costituzione concede un’autonomia maggiore. REGIONI ORDINARIE: si trovano direttamente disciplinate nel testo Costituzionale - Art. 114 e ss. REGIONI SPECIALI: art. 116 Cost ha prospettato un regime ad hoc, la cui definizione viene dalla stessa disposizione costituzionale demandata a “Statuti speciali adottati con leggi costituzionali”. Esistono alcune differenze. > Necessarie a garantire alle Regioni toccate dall’intervento statale la facoltà di far sentire la propria voce. Tali fattori sono contenuti nella legge costituzionale n.2 del 2001. In primo luogo, viene stabilito che quando il potere di iniziativa di modifica degli Statuti non sia esercitato dal Consiglio Regionale, ma la proposta venga dal Governo o dal Parlamento, il Consiglio Regionale deve esserne comunque informato. Lo stesso, potrà entro 2 mesi esprimere un proprio parere sul testo, ancorché si tratti di parere non vincolante. > Queste leggi di modifica degli Statuti non sono passibili di referendum nazionale. NB: QUESTE LEGGI DI MODIFICA, PUR DEROGANDO ALLA REGOLA GENERALE, DEVONO SOTTOSTARE AL LIMITE COSTITUITO DALL’INTANGIBILITA’ DEI PRINCIPI SUPREMI DELL’ORDINAMENTO. Sempre questa legge costituzionale, inoltre, prevede che alcuni ambiti rilevanti siano disciplinati dalle leggi statuarie delle Regioni speciali, che i Consigli regionali approvano seguendo un procedimento legislativo particolare: “Occorre almeno la maggioranza assoluta, ed è prevista la possibilità di far sottoporre la legge a referendum regionale”. LA LE SAL ORRI La legge statale ordinaria è l’atto normativo approvato dal Parlamento con il procedimento prescritto dagli artt. 70 e ss Cost. > Essa è definita anche formale, per chiarire che l’atto legislativo preveniente dal Parlamento è differente dagli altri atti normativi aventi forza di legge che condividono SOLO il rango con la legge, MA NON la forma. La legge è stata ritenuta a lungo la fonte del diritto per eccellenza proprio in quanto approvata dall’organo rappresentativo del popolo. Con l’entrata in vigore della Costituzione, tuttavia, ha ceduto il proprio ruolo di fonte apicale. > Pur mantenendo la denominazione di fonte primaria, è subordinata alla Costituzione e alle leggi Costituzionali e può essere pertanto dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale. Infine, l’abuso degli strumenti normativi governativi, quali il decreto-legge e il decreto legislativo hanno marginalizzato il ruolo della legge parlamentare. L’art. 70 Cost – attribuisce definitivamente la funzione legislativa al Parlamento e al suo interno è stabilito che non ci sono limiti di competenza tranne quelli stabiliti dalla Costituzione. ESEMPIO: nelle materie stabilite nell’art. 117 Cost, che abilita ad intervenire la legge regionale. IL PODET LELI: LA FA DE’INAV La legge viene approvata dalle Camere con un procedimento disciplinato dagli arti. 70 e ss. Cost, nonché dai regolamenti parlamentari, per effetto del rinvio a tale fonte operato dall’art. 72 Cost. PROCEDIMENTO LEGISLATIVO: è l’insieme preordinato di quegli atti che si conclude con l’entrata in vigore di con l’entrata in vigore di una legge. Tale procedimento si compone di più fasi: L’iniziativa legislativa; L’approvazione della legge; La promulgazione e l’entrata in vigore della legge. L’INIZIATIVA LEGISLATIVA: Il potere di presentare proposte di legge è affidato a diversi soggetti, in primis, quella di maggiore rilievo è l’iniziativa del Governo. I progetti di legge presentati dal Governo prendono il nome di disegni di legge. ESEMPIO: È il caso della legge di bilancio e del rendiconto annuale. Lo schema del disegno di legge è predisposto dal Ministro o dai Ministri competenti per materia ed è in seguito sottoposto alla delibera del Consiglio dei Ministri. Terminata questa fase, la presentazione del disegno di legge ad una delle due Camere è autorizzata dal Presidente della Repubblica mediante decreto. INIZIATIVA PARLAMENTARE: Ogni deputato e ogni senatore ha titolo per presentare progetti di legge. UNICO LIMITE: è l’impossibilità di sottoscrivere proposte di legge nelle materie riservate all’iniziativa governativa. INIZIATIVA POPOLARE: La Costituzione propone che 50000 elettori possano presentare un progetto di legge redatto in articoli. LIMITE: è quello che le iniziative non sfocino in materie sottoposte alla mera iniziativa governativa. NB: Si tratta di uno strumento di democrazia diretta che nella prassi ha trovato scarsissima applicazione, anche in virtù del fatto che quando sono state presentate delle proposte il Parlamento non le ha mai considerate. CONSIGLI REGIONALI: hanno la facoltà di presentare progetti di legge senza alcuna espressa delimitazione d’oggetto, a parte per le materie governative. Anche in questo caso, deve dirsi che la prassi ha messo in evidenza la scarsa propensione delle Regioni a servirsi di tale strumento. INIZIATIVA DEL CONSIGLIO NAZIONALE DELL’ECONOMIA E DEL LAVORO: La Costituzione attribuisce a questo organo consultivo di ausilio al Parlamento e al Governo, composto di “esperti e rappresentanti delle categorie produttive”, la facoltà di presentare progetti di legge. La stessa Costituzione stabilisce, inoltre, che il CNEL può contribuire all’elaborazione della legislazione economica e sociale, quindi è opinione comune che l’iniziativa legislativa debba riguardare tali ambiti. Come per l’iniziativa popolare e regionale, il CNEL non ha mai assunto un ruolo di rilievo nella proposta di leggi. LA FA DE’APVI L’approvazione della legge richiede che entrambe le Camere in un sistema di bicameralismo paritario perfetto si esprimano favorevolmente sul medesimo testo. Così, una volta che il progetto di legge sia stato approvato da una delle Camere, esso è trasmesso all’altro ramo del Parlamento. Se la seconda Camera approva degli emendamenti il testo dovrà tornare alla prima Camera per una nuova approvazione. L’iter di approvazione per ciascuna Camera si trova disciplinata nell’articolo 72 Cost e nelle norme dei regolamenti parlamentari. Il procedimento legislativo vede sempre coinvolte le Commissioni parlamentari permanenti e più precisamente quelle competenti per la materia di volta in volta considerata dal progetto di legge. Il passaggio obbligatorio in una Commissione risponde all’esigenza di affidare ad un organo a composizione ristretta lo svolgimento dell’istruttoria sul testo proposto che a causa dell’elevato numero di parlamentari non potrebbe svolgersi adeguatamente in Parlamento. Attraverso l’istruttoria che prevede il parere di esperti, le Commissioni acquisiscono tutti gli elementi utili ad una consapevole deliberazione da parte del Parlamento. A seconda del ruolo che la Commissione permanente è chiamata a svolgere nell’ambito dell’iter di approvazione della legge si possono distinguere tre diverse modalità di approvazione: ● PROCEDIMENTO ORDINARIO: prevede che la proposta di legge sia esaminata articolo per articolo dalla Commissione competente per materia, e che, in seconda battuta, essa venga esaminata articolo per articolo e approvata dall’Assemblea nella sua composizione plenaria. La Commissione permanente che si dice operi in sede referente procede dapprima ad una discussione generale sul progetto di legge per poi passare all’esame dei singoli articoli, con la possibilità di approvare emendamenti. Il progetto di legge è anzitutto oggetto di una discussione sulle linee generali. In questa fase, possono anche essere messe al voto questioni pregiudiziali di legittimità costituzionale e di merito, volte a impedire la prosecuzione dell’esame del progetto di legge. relativa delega. La previsione di atti governativi aventi forza di legge costituisce una deroga al principio di separazione dei poteri. Il Parlamento non è estromesso dall’iter che conduce all’entrata in vigore di tali atti o alla loro stabilizzazione nel sistema normativo. Nel caso dei decreti legislativi: le Camere sono chiamate infatti ad intervenire prima della loro emanazione, attraverso l’attribuzione, con legge delega al Governo; Nel caso dei decreti legge: il Parlamento interviene invece successivamente, attraverso la necessaria conversione in legge del decreto governativo che solo in questo modo può entrare a far parte stabilmente dell’ordinamento. LA LE DE E IL DET LELI L’art 77 Cost - stabilisce che il “Governo non può, senza delega delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria”. Quindi, viene riconosciuto al Governo il potere di emanare atti aventi forza di legge denominati decreti legislativi. Nulla vieta alle Camere di revocare esplicitamente (abrogando) o implicitamente (intervenendo con una legge in materia) la delega. > Quest’ultima secondo quanto stabilito nell’articolo 76 Cost può essere conferita solo per oggetti definiti, con l’indicazione dei principi e dei criteri direttivi e per un tempo prestabilito. > Da ciò si deduce che l’ambito materiale in cui il Governo è chiamato ad intervenire è circoscritto dalla legge delega, ma esistono casi in cui i settori di intervento sono molto ampi. Al di là di questo limite, il Parlamento può conferire al Governo la disciplina di qualsiasi materia, fatta eccezione per quelle coperte da riserva di legge formale (artt 80- 81). CRITICA: Rimane controversa la materia elettorale, ma in tale ambito sono stati ampiamente utilizzati sia la delega-legislativa che la decretazione d’urgenza. La legge delega LIMITA ANCHE l’attività delegata del Governo. Il Parlamento fissa, dunque, le norme fondamentali della materia e gli obiettivi da perseguire, indirizzando l’attività delegata del Governo. Le Camere talvolta inseriscono nella legge anche prescrizioni di carattere procedimentale, come la necessità di sentire il parere di alcune Commissioni parlamentari o altri organi consultivi. Infine, la delega è conferita al Governo per un tempo limitato necessariamente indicato. Il termine può essere fissato facendo riferimento ad un lasso di tempo o ad un evento futuro purché certo. Non pare ci siano limiti massimi di tempo. > L’articolo 14 della legge n.400 del 1988, però, stabilisce che se il termine previsto eccede i 2 anni, il Governo è tenuto a richiedere il parere delle Camere sugli schemi dei decreti legislativi. Il termine che decorre da quando la delega entra in vigore si ritiene rispettato quando, entro la scadenza, il decreto legislativo sia emanato dal Presidente della Repubblica (almeno 20 gg prima). Non è richiesto che la pubblicazione ed entrata in vigore del decreto avvenga entro il termine prescritto dal Parlamento. Il tempo limitato concerne il mero esercizio della funzione legislativa e non i successivi adempimenti. Negli anni più recenti è, invalsa la prassi di adottare decreti legislativi correttivi ed integrativi su espressa autorizzazione del Parlamento. Quest’ultimo è come se autorizzasse una delega in più tempi: In un primo momento adempiendo alla delega principale, In un secondo, alla luce degli effetti concretamente prodotti dal precedente intervento normativo, adottando le correzioni che si siano rivelate necessarie. Questione differente: è quella che riguarda la possibilità che il Governo adempia con più decreti legislativi a una legge di delega che contenga una pluralità di oggetti distinti. La stessa legge delega solitamente specifica che il Governo è delegato ad adottare entro il termine previsto uno o più decreti legislativi negli oggetti indicati. L’approvazione del decreto legislativo deve avvenire mediante deliberazione del Consiglio dei Ministri ed emanato dal Presidente della Repubblica. > Nel preambolo deve essere indicata la legge di delega, la deliberazione del Consiglio di ministri e degli eventuali altri adempimenti previsti dalla legge di delega. Esso deve essere pubblicato col nome di decreto legislativo. Qualora non si attenga, nei propri contenuti, alle prescrizioni previste nella legge delega incorre in un’indiretta violazione dell’articolo 76 Cost. e perciò può essere dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale per vizio di eccesso di delega. > Per verificare se il legislatore delegato si sia posto in difformità rispetto al legislatore delegante occorre individuare la ratio della delega e poi valutare se il legislatore abbia ecceduto i margini di discrezionalità conferiti dal Parlamento. La Corte costituzionale ha, inoltre, chiarito che in assenza nella legge di delega di puntuali direttive su ogni aspetto della materia, al Governo non è precluso intervenire A tale proposito l’ordinamento prevede la possibilità di discostarsi dal modello di delega proposto dall’articolo 76 Cost. Si parla di DELEGHE LEGISLATIVE ANOMALE con cui vengono conferiti particolari poteri al Governo. ESEMPIO: è quella con cui si attribuisce al Governo il compito di raccogliere tutte le disposizioni normative vigenti in una determinata materia. L’atto normativo è definito testo unico e serve a riordinare un certo ambito di disciplina, soprattutto quando è complicato da un’eccessiva produzione normativa. PARTICOLARITA’: di questa delega sta nel fatto che il Parlamento non indica i principi e i criteri direttivi cui l’esecutivo si deve attenere che sono implicitamente ricavabili dal complesso delle leggi che il Governo deve riordinare. Nell’attività di riordino il Governo può essere abilitato anche a modificare e abrogare le norme che è chiamato a coordinare – DEFINITI TESTI UNICI DI COORDINAMENTO Esistono anche testi unici che sono il risultato di un’attività meramente compilativa. Questo tipo di testo unico ha funzione ricognitiva. Un altro caso di delega anomala è anche quella con la quale si procede al conferimento di poteri in caso di dichiarazione dello stato di guerra: l’articolo 78 della Costituzione stabilisce che le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari. Questo articolo non prevede che la delega sia da conferire tramite legge anche se la dottrina la ritiene indispensabile. > Il Parlamento nel conferire la delega non è tenuto a dover indicare l’oggetto della delega, i principi e i criteri direttivi e nemmeno il tempo limite. PERCHE? La genericità della disposizione si deve alla necessità di garantire all’Esecutivo un ampio spazio di manovra in un momento delicato. IL DET-LE L’istituto del decreto-legge risponde alla necessità del sistema di approntare un intervento normativo nei casi che, per l’eccezionalità, l’imprevedibilità e l’urgenza coi quali si presentano non possono attendere i tempi richiesti dall’ordinario iter legislativo. DIT COTILE CALO UN: LO SA COTILE SE I: ELTI INDIV LO SA Lo Stato è la principale organizzazione della vita collettiva (rapporti tra comunità ed individuo). Le norme dettate dallo Stato e collocate al vertice dell’ordinamento statale costituiscono oggetto di studio del diritto costituzionale. Una caratteristica dello Stato è la sua natura autoritaria: l’individuo non si trova mai posto sullo stesso livello dello Stato, in quanto deve rispettarne le regole. Lo Stato possiede il monopolio dell’uso della forza, è un’organizzazione ad appartenenza necessaria (tutti gli individui devono appartenere allo Stato), produce norme giuridiche (regole a cui tutti si devono attenere per vivere all’interno della collettività), svolge delle attività di interesse generale (rivolte a tutti i suoi appartenenti, tali attività possono prevedere che lo Stato offra dei servizi pubblici: sia a cittadini dello stato sia a coloro che si trovano sul suo territorio ma non sono cittadini) e si fa garante di altri ordinamenti e presta la propria forza per garantire l’osservanza dei patti e dei rapporti privati. Lo Stato esercita la sua sovranità sia sul suo territorio (sovranità interna) sia operando all’interno della Comunità Internazionale (sovranità esterna). NOZIONE: modo in cui si atteggia il rapporto tra cittadini e potere politico, cioè il rapporto tra governanti e governati. Oggi il fine ultimo dello Stato Italiano è di garantire i diritti dei cittadini. DA PIT DE LE AL PIT DE COTI Per tutto l'Ottocento e fino alla Grande Guerra, nel continente europeo è esistito un modello di Stato Liberale (o legislativo) fondato sul primato della legge, concepita come la più alta espressione della libertà e che ha visto l'affermarsi dei Parlamenti, in funzione limitante al potere del sovrano ed il cui potere deriva dai cittadini politicamente attivi. Il suffragio, inizialmente censitario, venne progressivamente allargato. I legislatori ottocenteschi, si riproponevano di affermare nelle leggi i caratteri della generalità e astrattezza, a garanzia del principio di eguaglianza formale. Generalità→ eguale applicazione della legge nei confronti di tutti i cittadini. Astrattezza→ comporta che la norma non si esaurisca con una sola applicazione, presentando uno schema potenzialmente ripetibile all'infinito. La crisi del modello liberal-borghese ha inizio con la Grande Guerra, quando le esigenze belliche conducono a Governi di unità nazionali alla sospensione di alcune garanzie e libertà. Con la fine della Grande Guerra, scoppiano le rivendicazioni di natura sociale e politica delle classi meno abbienti, poi veicolate dai nuovi partiti di massa. I vecchi partiti di impronta liberal-borghese non riescono più a contenere le nuove spinte provenienti dalla società. Stato interventista dove i sudditi non hanno libertà. Non esistono cittadini, ma sudditi. LO SA LILE Il modello di stato liberale caratterizzerà l'esperienza degli stati europei del 1800. Il dato di partenza del modello è costituito dal radicale cambiamento dei sudditi che diventano cittadini, riconoscendogli così il godimento di diritti naturali e innati che l'istituzione politica deve salvaguardare. L'altro fondamentale mutamento di prospettiva riguarda la legittimazione del potere statuale, che appartiene al popolo, che la esercita attraverso il diritto di voto. Nasce così la democrazia moderna. Lo stato liberale riconosce la separazione dei poteri, tutti gli uomini nascono con delle libertà che lo Stato non può negare. Il potere statale si deve fermare dinanzi all individuo. Lo Stato diventa lo strumento per la tutela dell’individuo. Al centro dello stato non vi è il Re ma vi è la legge. Un altro tratto rilevante è costituito dal principio di uguaglianza, inteso nello Stato liberale in senso soltanto formale→ lo Stato doveva assicurare in astratto a tutti i cittadini gli stessi diritti, in condizioni di uguaglianza, indipendentemente dalle diverse condizioni di fatto delle persone e disinteressarsi del loro effettivo godimento. Altro aspetto tipico dello Stato liberale è costituito dal fatto che le libertà sono intese in senso “negativo”, cioè, si realizzano con l'astensione da parte dello Stato nello spazio di libertà della persona. Caratteristiche della legge, sono la sua tendenziale generalità ed astrattezza. Lo Stato liberale nasce anche come Stato di Diritto→i poteri supremi sono sottoposti al diritto e gli atti pubblici sono sottoponibili ad un controllo giuridico. Vige quindi il principio di legalità. Limiti dello Stato liberale: ● stato sicuramente funzionale ad una classe sociale, quella borghese, ● Parlamento era espressione di pochi cittadini, i quali godevano del diritto di voto rigorosamente selezionato per reddito o per cultura, ● esclusione del genere femminile nella rappresentanza politica. NB: Le donne voteranno per la prima volta nel 1946, in occasione del referendum per la scelta fra Monarchia o la Repubblica, e per l'elezione dei membri dell'Assemblea Costituente. La legge per garantire questo tipo di uguaglianza deve essere astratta (suscettibile di essere applicata in una serie di situazioni analoghe astrattamente ripetibili) e generale (si deve applicare a tutti indistintamente). La legge è perfettamente corrispondente alla volontà di garantire un’uguaglianza formale (diverso dall'uguaglianza reale). Questa è la caratteristica che porta alla crisi dello stato liberale, che si sviluppa agli inizi del Novecento quando mutano delle condizioni sui cui si basava lo stato stesso. Le principali ragioni del cambiamento sono: ● estensione del suffragio, emergono nuove istanze: anche la classe operaia viene ammessa al voto. ● nascita dei partiti politici di massa: nello stato liberale vi era molta omogeneità nella classe sociale ammessa al voto, con l’allargamento della partecipazione politica viene a manifestarsi l’esigenza di una maggiore organizzazione sul piano politico. Questa estensione porta che i cittadini ammessi al voto devono poter contare su maggiori rappresentanti> nascono i partiti politici di massa e i sindacati. Associazioni private che cercano di coagulare degli interessi politici secondo una visione generale e stilare dei programmi da presentare ai loro gruppi di riferimento. I sindacati sono organizzazioni non riconosciute che hanno il compito di tutelare gli interessi e i diritti dei lavoratori. Nel parlamento iniziano a manifestarsi delle maggiori contrapposizioni e quindi entra in crisi la generalità della legge e l’uguaglianza formale. In questa situazione di crisi in Europa si fanno strada i populismi e gli stati totalitari. Lo stato non può intervenire nella sfera di libertà dei singoli. LO SA SOE Nella seconda metà dell'Ottocento, a causa della rivoluzione industriale, comincia ad emergere una nuova classe sociale, quella proletaria, che preme per ottenere il diritto di voto e inizia verso la fine del secolo ad organizzarsi in partiti e sindacati. L'ampliamento del suffragio, che avviene in tutta Europa porta a una forte spinta per la tutela di diritti diversi e ulteriori rispetto ai diritti tipici dello Stato liberale. Questi nuovi diritti necessitano, dell'intervento dello Stato, il quale diventa un soggetto attivo nei processi politici ed economici. Inoltre comincia ad occuparsi dei problemi del lavoro, esercitando poteri pubblici sull'allocazione delle risorse e praticando il prelievo fiscale in modo proporzionale al reddito. Il nuovo Stato utilizza la spesa pubblica per creare nuove condizioni di benessere. Provvede a distribuire la ricchezza attraverso lo strumento di regolazione del mercato. Istituisce la previdenza sociale. Quindi questo modello, completa il modello liberale. In Italia, le prime leggi “sociali” nascono a tutela dei soggetti allora più deboli, le donne e i fanciulli – Legge Carnano. Centrale punto è la trasformazione del principio di eguaglianza, garantendo quella sostanziale→ Art. 3 Cost Nello Stato Sociale, si trasforma anche la legge: il legislatore è espressione di gruppi sociali diversi e conflittuali. La legge esprime compromessi e perde spesso le sue caratteristiche di generalità e astrattezza. Fanno ingresso le leggi speciali, che si riferiscono non a tutti, ma solo ad alcune categorie di persone, e le leggi provvedimento, che perdono la caratteristica dell'astrattezza, per “provvedere” direttamente ed esaurirsi quindi con una o poche applicazioni circoscritte al caso concreto. Al centro vi è la Costituzione e non la legge, che è rivolta a tutelare la minoranza. E’ un limite al potere, contiene degli strumenti che possono paralizzare le iniziative della maggioranza dal momento che, facendo leva sulla maggioranza, del popolo lede la minoranza. La corte costituzionale ha il compito di fare rispettare la Costituzione. Si affermano le libertà sociali. Nello stato sociale questo si consolida con l’aggiunta della Costituzione che limita la legge. Anche lo Stato sociale, conosce nel tempo momenti di crisi, derivanti dall'alto costo dei diritti sociali che spesso mette in difficoltà persone che non hanno mezzi sufficienti per pagare. LE FO DI SA NE DION TETI DE PO Se si studia lo Stato a partire dal modo in cui è articolata la distribuzione del potere nel territorio, le forme di Stato possono essere studiate diversamente catalogate: ● Stato centrale; ● Stato regionale: ● Stato federale. STATO CENTRALE: è connotata dall'assenza di una qualsivoglia articolazione del potere nel territorio. Possiamo dire che questo tipo di Stato è privo di istituzioni territoriali rappresentative di popolazioni o comunità locali. Questo non toglie che l'apparato amministrativo possa controllare il territorio dislocandosi nelle diverse aree geografiche che compongono lo Stato. Si badi però che un'articolazione del potere di questo tipo è il frutto di un decentramento meramente burocratico e non politico. Il modello dello Stato centrale è sorto negli Stati nazionali del XVI secolo, nati allo scopo di sopperire al particolarismo e alla frammentazione dell'ordinamento medievale. il potere viene accentrato allo Stato Centrale, che è il proprietario del potere. Su tutto il territorio nazionale sono garantiti allo stesso modo i diritti, lo Stato interviene direttamente sul territorio. es. Francia STATO FEDERALE: il decentramento politico è massimo. In esso devono affiancarsi uno “Stato centrale” ed altre entità territoriali, denominate “Stati membri”, che rappresentano politicamente le comunità locali. Lo Stato federale può nascere con un percorso aggregativo, quando cioè più Stati sovrani decidono di unirsi in uno Stato federale. Affinché possa parlarsi di Stato federale, gli Stati membri devono essere enti autonomi, ma non sovrani. Proprio per questo lo Stato federale è dotato di una Costituzione posta al vertice dell'ordinamento giuridico, oltre che delle Costituzioni degli Stati membri, subordinate alla Costituzione federale. Altra costante è la composizione bicamerale del Parlamento, formato da una prima camera rappresentativa dei cittadini di tutto il territorio e da una seconda camera che costituisce emanazione degli Stati membri. Il decentramento politico dello Stato federale è assicurato dalla Costituzione, la quale è modificabile solo con il consenso degli Stati membri, i quali sono oltretutto chiamati a partecipare alla revisione costituzionale e tutelati, nell'esercizio delle loro competenze, anche legislative, da una Corte costituzionale federale, incaricata del compito di far rispettare il testo costituzionale nel caso di conflitti fra Stato federale e Stati membri. La sovranità è ripartita tra lo Stato Centrale e gli Stati Federati. Si manifesta anche nella distribuzione del potere legislativo, giudiziario ed esecutivo che è esercitato sia dallo Stato federale a livello centrale sia ai singoli stati federati. Negli Stati Federali è prevista una camera che rappresenta tutti gli Stati federati, che vengono rappresentati a livello centrale. Senza la fiducia da parte del Parlamento, il Governo non può nascere e, una volta che questa venga meno il Governo, è obbligato a dimettersi. Questa forma di governo può ambientarsi in un contesto monarchico o repubblicano: Nel primo caso il Re e nel secondo caso il Presidente della Repubblica, assumono un ruolo esterno ai poteri statali, di garanzia dell'equilibrio fra i poteri e in posizione di neutralità rispetto ad essi. Essi, dunque, non partecipano all'indirizzo politico e tuttavia sono necessari in particolari momenti, soprattutto durante le crisi istituzionali. Le attuali forme di governo parlamentari sono molto diverse tra loro→ la loro conformazione dipende in larga misura dall’assetto dei partiti politici, il quale, a sua volta è condizionato dai sistemi elettorali. Il sistema maggioritario: tende a semplificare riducendo il numero dei partiti rappresentati in Parlamento, giungendo in casi estremi a creare persino un bipartitismo. I sistemi proporzionali: tendono invece a determinare la presenza in Parlamento di un numero ampio di partiti, a meno che non prevedano degli specifici correttivi. Il modello tedesco fondato su un sistema proporzionale con la clausola di sbarramento per i partiti che non ottengono almeno il 5% ha condotto al risultato di un multipartitismo temperato. Il numero dei partiti infatti non ha mai superato quello di 4 o 5. La stabilità di questo modello politico è dato anche da altre due regole: 1. sfiducia costruttiva→ comporta che il Parlamento non possa sfiduciare il Governo se non provvedendo a votare a favore di uno nuovo 2. impossibilità per i partiti incostituzionali→ destra estrema e la sinistra estrema, di entrare in Parlamento In Italia, fino al 1993, il sistema elettorale proporzionale non prevedeva alcun correttivo e questo ha dato luogo a un sistema di multipartitismo estremo, comportando una democrazia bloccata con impossibilità di alternanza, scarsissima influenza del voto degli elettori sul Governo del paese e frequenti crisi di governo. Con un referendum popolare nel 1993, i cittadini si sono espressi nel senso di un rifiuto del sistema proporzionale. E' nata quindi una fase nuova nella quale, di fatto, si sono create le condizioni per arrivare a un sostanziale bipolarismo, cioè il raggruppamento di tanti partiti in coalizione che ha consentito l'alternanza, anche se non la stabilità. Esistono più tipologie di Governo parlamentare: 1. Parlamentarismo maggioritario o a prevalenza del Governo→ in Inghilterra vi troviamo il partito dei conservatori e il partito dei laburisti che si alternano al Governo. Si può parlare di sistema politico bipolare o bipartitico. Il leader del partito vincente diventa il Premier, nominato dalla regina. Il governo è così forte che utilizza il tempo necessario per realizzare il suo programma ed immediatamente si va a votare, si parla infatti di Governo di Legislatura (durata prestabilita delle camere). 2. Parlamentarismo compromissorio o a prevalenza del Parlamento→ in Italia il governo è indeboliti e sottoposto ai ricatti del Parlamento. I partiti che sostengono il Governo sono più d'uno e sono a loro volta divisi al loro interno, il Governo deve quindi continuare ad adattare il piano politico in modo da mantenere i voti. Quando si va a votare non si ha in mente il risultato delle elezioni, in base a questo esito i partiti riescono a formare un'alleanza che è del tutto inaspettata dagli elettori, si parla di Governo di Coalizione. 3. Modello parlamentare basato su un multipartitismo temperato→ in Germania vi sono diversi partiti ma meno frammentati al loro interno. LA FO DI GON PEDIL La forma di governo presidenziale è nata negli Stati Uniti si fonda sulla ripartizione del potere fra due organi che sono: 1. il presidente degli USA; 2. le assemblee elettive, senato e camera dei rappresentanti. Le assemblee elettive hanno il potere legislativo e di controllare il presidente e il suo apparato ma sono prive del potere di sfiducia. L'aspetto caratteristico è la totale separazione del potere legislativo ed esecutivo. Questa forma di governo è caratterizzata dall'elezione diretta del Presidente, che è legittimato dal popolo ( diverso dall’Italia che è eletto dal Capo dello Stato). Per limitare il potere la forma di governo prevede una marcata separazione tra Presidente e Parlamento. Le elezioni di Presidente e Parlamento sono anche sfasate temporalmente. In italia il Governo e Parlamento devono lavorare insieme, favorendo il Governo. Negli Stati Uniti non è così, d’altro canto il Presidente rimane in carica anche se non appoggiato dal Parlamento. Il presidente non può essere sfiduciato. Il Capo dello Stato presiede e dirige l’esercizio della funzione esecutiva, tramite l’azione dei Segretari di stato. Questa forma di governo si ritrova con tante varianti in alcuni paesi del latino america. AL FO DI GON: IL SE-PEDILO E IL GON DITI La forma di governo semi-presidenziale è nata in Francia e combina elementi della forma di governo presidenziale con elementi di quella parlamentare. Il presidente della repubblica viene eletto dal popolo e nomina un governo. Questo sistema è adatto se il presidente e il parlamento fanno parte della stessa maggioranza politica. In Francia il capo dello stato è eletto dal popolo, il potere esecutivo è affidato sia al capo dello stato che al governo (un organo collegiale composto dai ministri e presieduto dal capo dello stato) che stanno in carica se hanno la fiducia del parlamento. Questa forma di governo è stata elaborata sull’idea del generale Gaulle, che voleva un presidente della repubblica forte. Non aveva intenzione di impedire l'ipotesi di una maggioranza parlamentare di un tipo e di un presidente della repubblica di un altro. Quando le elezioni avvengono in momenti differenti poteva verificarsi il fenomeno della coabitazione, quando parlamento e presidente della repubblica appartenevano a due partiti differenti. Di recente è stata approvata una riforma costituzionale in Francia che ha appaiato le elezioni del presidente e del parlamento, in ogni modo il governo deve avere la fiducia del parlamento. Oggi Macron è il presidente della repubblica. Nella forma di governo direttoriale i due organi costituzionali necessari sono il governo e il parlamento. Il governo viene eletto dal potere legislativo, ma quando entra in carica diventa autonomo. Il parlamento non può far dimettere il governo. Questa forma è utilizzata in paesi piccoli dove non ci sono forze politiche particolarmente differenti le une dalle altre. (ad esempio la Svizzera). Questa forma di governo è difficile da esportare. Il parlamento è eletto dall’intero corpo elettorale e il parlamento elegge un direttorio, questo esercita il potere esecutivo ed è formato da un numero limitato di membri e non può essere revocato dal Parlamento. Il ruolo di Governo è svolto da tutto il direttorio nel suo complesso e il Capo dello Stato ruota tra i membri del direttorio. Il direttorio sta in carica fin tanto rimane in carica il Parlamento. Questo possibile perché i rapporti politici sono consolidati e il paese ha un numero ridotto di cittadini. SE I: CE DI SO COTILE ITA LA VIZ DE SAT ALTO FI AL TEN DE RE FAS Lo Statuto Albertino, concesso dal Re di Sardegna Carlo Alberto di Savoia il 4 marzo 1848, si ispirava al modello della monarchia costituzionale francese: il Re, pur rimanendo titolare della sovranità, vedeva parzialmente limitati i propri poteri dalla presenza delle due Camere. Il Monarca manteneva un notevole peso in relazione a ciascuno dei tre poteri dello Stato, infatti esercitava, attraverso i suoi ministri, il potere esecutivo. Nominava i magistrati e interviene nella funzione legislativa mediante la convocazione e lo scioglimento delle Camere e il potere di sanzione e di promulgazione delle leggi. Poco rilievo avevano la proclamazione di alcuni diritti dell'uomo, sinteticamente enunciati in soli nove articoli. Lo Statuto si autodefiniva nel suo preambolo “legge fondamentale, perpetua e irrevocabile della Monarchia” ma nonostante questa definizione e il suo carattere elastico e flessibile poté resistere a diverse modifiche del tempo. Questo perché l'elasticità consentì, nel rispetto della lettera dello Statuto, un'interpretazione evolutiva delle sue disposizioni. Mentre la flessibilità ne ha permesso la modificazione formale mediante semplice legge ordinaria. Via via però, il sistema costituzionale si è evoluto sino all'affermazione di una monarchia parlamentare. Il Parlamento si afferma come organo di indirizzo politico e per prassi si afferma una sorta di rapporto fiduciario col Governo. Il ruolo del sovrano nel potere legislativo ed esecutivo si ridusse notevolmente e i cittadini iniziarono a godere di maggiori diritti. La crisi del modello liberale trova il suo apice con le riforme fasciste, intervenute nel periodo fra il 1922 e il 1928. Tali riforme, pur non intaccando formalmente lo Statuto, modificano i principi fondamentali dello Stato e la stessa architettura costituzionale. In particolare: questo senso si dice che la Costituzione ha una valenza programmatica perché non si limita a disciplinare l'organizzazione dello Stato, i rapporti fra i poteri e coi cittadini, bensì stabilisce indirizzi economici e sociali e dei pubblici poteri. La Costituzione ha una natura compromissoria tra tutti i partiti politici che l'hanno redatta perciò al suo interno esistono disposizioni non immediatamente operative ma non per questo meno vincolanti sul piano giuridico. Ad esempio, i diritti sociali richiedono per il loro effettivo esercizio interventi da parte dello Stato. Il legislatore è tenuto ad attuare il “programma” stabilito dalla Costituzione. La distinzione tra norme precettive e programmatiche non incide sul rilievo e sull'efficacia di queste ultime. Infatti, proprio con la prima sentenza della Corte Costituzionale del 1956, i giudici hanno stabilito che tutte le disposizioni costituzionali fossero immediatamente utilizzabili quale parametro di costituzionalità. Inoltre, in alcuni casi i diritti affermati nella Costituzione hanno trovato applicazione anche in assenza di leggi che regolassero il diritto. Un esempio è il diritto alla sciopero che pur non avendo leggi che lo regolano non viene negato ai lavoratori. Quindi, l'efficacia delle norme programmatiche si evince in più direzioni: orientano l'interpretazione delle leggi, forniscono direttive vincolanti al legislatore e possono fondare la rivendicazione di un diritto. I CAN DE COTI La Carta considera per primo l’individuo, enunciandone i diritti sia come singolo sia nella formazioni sociali nelle quali è inserito, per poi disciplinare i vari poteri dello Stato, iniziando con quelli che definiscono la forma di governo (Parlamento, Presidente della Repubblica e Governo), passando poi a quello giurisdizionale (la Magistratura), a quelli espressione del pluralismo territoriale (le Regioni, le Province e i Comuni), e infine alla Corte Costituzionale, organo di garanzia dell’intero sistema costituzionale. Nonostante la Costituzione si apra con l’enunciazione dei principi fondamentali si tiene che: 1. da un lato→ hanno valore normativo, costituendo il nucleo intangibile della Costituzione immodificabile persino col procedimento di revisione costituzionale. 2. dall’altro→ si atteggiano a linee guida per l’interpretazione del disposto costituzionale e per l’esplicazione di regole implicite. Principio personalista→il riconoscimento e la garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo, comportano la centralità, nell’impianto costituzionale, della persona umana. In questa prospettiva possono essere interpretati i numerosi richiami alla dignità umana e all’inviolabilità della persona. Principio solidaristico→ accostamento ai diritti dei “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” che consentono limitazioni alla posizione soggettiva del singolo, in ragione delle esigenze di altri individui e della comunità in generale. Principio di eguaglianza→ affermato nell’art 3 Cost per tutti gli esseri umani (riferendosi ai soli cittadini). Divieto di discriminazioni, sia quale obiettivo sostanziale per la Repubblica, impegnata a rimuovere gli ostacoli che, in concreto impediscono il pieno sviluppo della persona umana. L’azione della Repubblica è dunque limitata da un lato da una serie di indicazioni/fattori che non possono essere posti a fondamento (sesso, razza, religione ect.) e dall’altro dall’indicazione dell’obiettivo consistente nel pieno sviluppo della persona umana e nell’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. “Centrale nella Costituzione è l’obiettivo sociale”, espresso dall’art. 3 comma 2, che assegna alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica economica e sociale del paese. Proprio per questo la Costituzione affida ai pubblici poteri il compito di raggiungere obiettivi di eguaglianza sostanziale e giustizia sociale. Diritti sociali→posizione di concreta parità per fare in modo di eliminare le differenze di fatto, economiche e sociali, che ostacolano la giustizia sociale. Essi sono esempio: diritto al lavoro, all’istruzione, etc..; affermati anche come posizioni giuridiche che devono trovare realizzazione attraverso concrete scelte legislative positive. Principio lavorista→ essa abbandona l’idea che la posizione dei cittadini nella società dipenda dalle condizioni di nascita o dal censo e supera così il primato della proprietà privata dei beni, valore fondamentale delle tradizioni liberali. Qui il lavoro, NON è inteso quale semplice mezzo per la sussistenza bensì quale strumento di realizzazione della personalità del singolo, mediante il quale questi contribuisce al “progresso materiale o spirituale della società”. Principio pluralista→in virtù del quale si ammette la presenza, fra individuo e la collettività statale, di organizzazioni sociali, quali mezzi indispensabili per lo svolgimento della personalità umana, superando così l’impostazione marcatamente individualistica delle Costituzioni liberali. Formazioni sociali→ titolari di ambiti di libertà garantiti dall’ordinamento statale e reclamano il rispetto della propria autonomia, organizzativa e funzionale, nei confronti dei pubblici poteri ai quali è fatto divieto di asservirle a interessi superiori anche attraverso misure di natura legislativa. NB: L’intromissione nella vita interna delle formazioni sociali è tuttavia ammessa e anzi doverosa allo scopo di assicurare la tutela dei diritti fondamentali. UN SA DERI IN UN ORME INNILE La struttura dei pubblici poteri è informata al principio democratico contemperato dal principio garantista. Principio democratico→ gli organi titolari dell’indirizzo politico sono strumenti della volontà popolare e, per conseguenza devono trovare legittimazione, diretta o indiretta nel popolo. La democraticità del sistema è attuata dalla Costituzione mediante la costruzione di un meccanismo di “pesi / contrappesi”, in funzione di un'altra garanzia del singolo nei confronti del potere stesso. Esigenza garantita da un lato con la separazione dei poteri, e dall’altro con l’attribuzione a ciascuno di essi di una specifica funzione. Principio garantistico→riguardo al potere giudiziario e alla Corte Costituzionale, la cui funzione di garanzia del sistema costituzionale e dei diritti del singolo potrebbe venire compromessa dall’applicazione radicale del principio democratico. La giurisdizione, infatti, è esercitata in posizione di indipendenza dagli altri poteri dello Stato e di terzietà rispetto agli interessi coinvolti, al fine di realizzare una genuina tutela dei diritti. Principio internazionalista→ consente l’apertura dell’ordinamento verso valori e fini esterni, in funzione di garanzia sia dei diritti del cittadino e dello straniero sia del carattere democratico dello Stato. LO SA DERI DI FOT AL’EPI L'improvviso e rapidissima diffusione del virus covid-19, ha messo a dura prova le fondamenta dello Stato costituzionale. Le istituzioni si sono trovate ad affrontare impreparate una situazione del tutto inattesa, anche in ragione di un quadro costituzionale che non prevede una specifica disciplina finalizzata a regolare prolungate situazioni di emergenza. Nel nostro paese, in una prima fase, il tentativo di contrastare la diffusione del contagio del virus è stato perseguito principalmente attraverso una severa limitazione dei diritti di circolazione e di movimento delle persone, che ha avuto conseguenti ripercussioni anche sulle esercizio di molti altri diritti costituzionali. Si è imposto in tutto il paese il cosiddetto lockdown→ alle persone è stato fatto divieto di uscire di casa se non per motivi indifferibili e urgenti, che dovevano essere autocertificati. E’ stata imposta la chiusura generalizzata di tutti i luoghi di lavoro, delle attività commerciali e dei servizi di ristorazione. Sono state chiuse le scuole e l'università e non è stato possibile frequentare i luoghi di culto. Le attività lavorative in presenza sono state sostituite, nei casi in cui ciò è stato possibile, dagli strumenti informatici, così come le attività scolastiche. Mai, nella storia dell'Italia, se ha verificato una situazione di sospensione generalizzata di tante libertà garantite dalla costituzione. Tra i primi mesi di maggio e settembre 2020 le misure di restrizione sopra descritte sono state pian piano allentate. La diffusione del contagio è però nuovamente tornata ad aumentare tra i mesi di ottobre 2020 e aprile 2021, per questa ragione, seppure con un grado di maggiore ponderazione rispetto allo specifico livello di diffusione territoriale del virus, sono state nuovo introdotte rigorose misure di restrizione. L'avvio massivo della campagna vaccinale ha portato, a partire dal maggio 2021, ad una flessione sensibile di casi di contagio e ad un generale abbandono delle misure restrittive. La pandemia ha determinato notevoli tensioni anche su principi di separazione dei poteri. Per garantire la funzionalità di un Parlamento si è persino ipotizzato di utilizzare forme di partecipazione ai lavori parlamentari da remoto, non previste però espressamente dalla costituzione e dai regolamenti parlamentari. Le regole e limitazioni ai diritti sono state veicolate per lo più da una serie di numerosissimi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri. Alcune fonti sulla produzione si trovano al di fuori dell'ordinamento italiano. L’unione Europea e il diritto da essa prodotto hanno delle fonti sulla produzione che stanno al di fuori della Costituzione. Queste sono contenute nei trattati dell’Unione Europea e nel Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. L’Unione Europea non ha una Costituzione vera e propria ma ha questi trattati. Allo stesso tempo l’Unione Europea non ha una legge: ci sono le direttive, regolamenti, pareri,.. Questo perché la legge è l’espressione della volontà popolare da parte dei rappresentanti democraticamente eletti che si confrontano in un dibattito pubblico (maggioranze e minoranze) e nell’Unione Europea questo ancora non c’è, perché le fonti dell’Unione Europea sono approvate con un buon margine di potere di organi esecutivi che rappresentano i Governi degli Stati Membri e non il popolo europeo. All’Unione Europea manca una maggiore legittimazione del Parlamento e i partiti europei, che fungano da raccordo tra la volontà popolare e le istituzioni nella scelta dei rappresentanti. I trattati dell’Unione Europea stanno sotto la Costituzione. LA DINO TA FO AT E FO FA Le fonti del diritto si distinguono in: ● fonti atto: che sono testi normativi frutto di una manifestazione di volontà espressa da un’autorità individuata dall’ordinamento. ● fonti fatto: consistono in eventi o in comportamenti ai quali l’ordinamento attribuisce l’idoneità a produrre effetti giuridici > corrispondono a fonti non scritte, come la consuetudine, ovvero la ripetizione nel corso del tempo di un certo comportamento. NB: esistono fonti fatto che sono scritte e che stanno assumendo maggiore rilievo. Si tratta di fonti prodotte da organi non appartenenti allo Stato Italiano, ma che in questo stesso Stato hanno rilevanza giuridica. Esempio: le norme di diritto internazionale privato e le norme dell’EU. LE FO DI COZO DE DIT Le fonti di cognizione costituiscono lo strumento attraverso il quale è possibile prendere conoscenza dell’esistenza e dei contenuti delle norme giuridiche (NB: non vanno confuse con le fonti di produzione che, invece, creano il diritto). Queste fonti non creano diritto e si distinguono in fonti ufficiali e non ufficiali. Esempi: Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana (GU), i Bollettini Ufficiali delle Regioni (BURL) e la Gazzetta Ufficiale dell’UE (GUUE). Tutte le norme devono essere pubblicate ai fini della propria entrata in vigore. A meno che esse non prevedano un termine diverso, le leggi entrano in vigore il 15° giorno successivo alla loro pubblicazione. Durante il periodo della vacatio legis tutti i consociati possono prendere visione dell’innovazione normativa. Le raccolte non ufficiali sono strumentali alla sola conoscibilità del diritto, non concorrendo a determinarne l’entrata in vigore. In alcuni casi, anche la pubblicazione su fonti ufficiali ha mero scopo notiziale. Esempio, è la pubblicazione di una legge costituzionale. Questa viene pubblicata affinché possano prenderne visione coloro che, entro 3 mesi, hanno facoltà di proporre il referendum costituzionale. Qualora non venisse proposto nessun referendum o nell’ipotesi di esito favorevole, questa verrà pubblicata una seconda volta, in questo caso ai fini della propria entrata in vigore. SE I: LE NO GIIC LE CATIT DE NO GIIC Nella dottrina classica le caratteristiche tendenziali delle norme sono state individuate in astrattezza e generalità. La generalità denota il riferirsi ad una categoria indeterminata di destinatari. Il grado di generalità è variabile: si possono avere: ● norme a generalità assoluta> ad esempio, quelli in cui è contenuta la parola “chiunque”, ● norme a generalità ridotta> ad esempio, norme riferite ai soli pubblici ufficiali, ma sempre e comunque riferite a insiemi di persone non individuate. ↓ NON POSSONO ESISTERE NORME AD PERSONAM L’astrattezza invece comporta la ripetuta applicazione della norma tutte le volte che si verifichi la fattispecie espressa. L’astrattezza ha a che fare con la stabilità nel tempo della regola normativa. La norma giuridica si caratterizza per il fatto di non contenere prescrizioni individuate e di non esaurire i propri effetti dopo la prima applicazione. In questo senso gli atti normativi si distinguono da quelli amministrativi emanati dalle pubbliche amministrazioni> quest’ultimi sono caratterizzati dal fatto di avere per destinatari soggetti individuati. Un’altra caratteristica delle norme giuridiche è l’innovatività. Queste infatti sono in grado di modificare l’ordinamento giuridico. Tuttavia, le norme possono essere PRIVE di questo carattere. Da qui deriva la distinzione tra: ● leggi in senso meramente formale: hanno solo forza legislativa. Esempio le leggi di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali ● leggi in senso meramente materiale: portano innovazioni giuridiche. NB: Siamo di fronte ad una norma giuridica solo se è veicolata da un atto adottato secondo quanto stabiliti dall’ordinamento stesso in un’apposita fonte sulla produzione o se la norma deriva da un fatto in cui l’ordinamento riconduce l’idoneità a produrre diritto. LEGGI-PROVVEDIMENTO→ si rivolgono a un determinato numero di soggetti o disciplinano situazioni che si verificano una tantum. Queste leggi rappresentano il massimo allontanamento dal modello della legge quale generale ed astratta. In questi casi è molto più probabile che venga violato il principio di eguaglianza. Proprio in virtù del rischio di discriminazione insito nelle leggi provvedimento, vengono sottoposte dalla Corte costituzionale a uno stretto scrutinio di costituzionalità. Queste leggi risultano essere conformi se rispettano il principio di ragionevolezza, cioè abbiano fondate giustificazioni risultanti dagli obiettivi che le hanno ispirate. Quando si cerca di aggirare il principio di eguaglianza e imparzialità vengono dichiarate incostituzionali. Un'ulteriore limitazione di queste leggi è il rispetto della funzione giurisdizionale, infatti non è consentito risolvere alcune controversie giudiziarie tramite legge quando la sentenza sia già passata in giudicato perché lederebbe il principio di separazione dei poteri. LA VATÀ’ ED EFCI DE AT GIIC Per validità si intende che l’atto non sia viziato, ovvero non conforme alle regole giuridiche sovraordinate. La norma giuridica non si pone in contrasto con la o le fonti ad essa sovraordinate. Inefficacia significa incapacità di produrre effetti giuridici, non perchè c’è un vizio ma perchè c’è una limitazione degli effetti. La limitazione può essere nello spazio e nel tempo. L’inefficacia e l’invalidità si saldano quando la Corte Costituzionale ha accertato il vizio. Quando il vizio è accertato la legge perde l'effetto fin dall'origine> annullamento. Questo costituisce la perdita di efficacia giuridica, conseguente all’accertamento di un vizio. L’annullamento rispecchia l’invalidità, rispecchia un vizio perché la fonte inferiore è in contrasto con la fonte superiore. Quando la Corte Costituzionale accerta il vizio annulla la legge e questa perde di efficacia. L’annullamento ha effetto sia per il futuro che per il passato. Ci possono essere degli atti che sono validi ma sono inefficaci. Ci possono essere degli atti invalidi ma efficaci. ↓ Questo perché per accertare l’esistenza di un vizio serve la presenza di un organo, in Italia la Corte Costituzionale. Prima che questa si pronunci la legge è già invalida, ma è ancora efficace. Ha il vizio ma può ancora produrre effetti. Se la Corte Costituzionale accerta il vizio la legge diventa invalida anche per il passato. Esempio: la legge che viene modificata perché vi è una riforma, la legge vecchia viene abrogata. La legge vecchia si applica fino ai fatti avvenuti prima dell’abrogazione, quella nuova si applica per i fatti avvenuti dopo l’approvazione della nuova legge. Il vizio può essere: ● sostanziale> quando si esplica sul piano dei contenuti. Il contenuto della legge è in contrasto con il contenuto della Costituzione. La norma è in contrasto con il contenuto precettivo di disposizioni di rango superiore. ● formale> quando viene violato il procedimento di adozione della fonte. E’ stata violata la fonte sulla produzione. Riguarda il procedimento di adozione stabilito dalla relativa fonte sulla produzione. L’efficacia di un atto, si rinviene nella sua capacità di produrre effetti giuridici. Una norma può essere valida ma non efficace. Questo avviene nel periodo di vacatio legis. I giudici devono esprimere un tentativo di interpretazione sempre conforme alla Costituzione. →interpretazione del legislatore e ratio legis Fa riferimento alla “intenzione del legislatore”. Nell'attività interpretativa, occorre dunque verificare anche quali siano le ragioni che abbiano mosso il legislatore ad approvare una previsione normativa. È necessario distinguere la volontà originaria del legislatore storico (interpretazione storica) dalla oggettiva volontà della legge (ratio legis), che con il passare del tempo si attrae e allontana dall'intento che legislatore perseguiva nel momento in cui approva la legge. Per rinvenire l'intenzione del legislatore storico bisogna ricorrere ai lavori preparatori. Per individuare la ratio legis occorre astrarsi dalle specifiche circostanze che avevano indotto il legislatore ad elaborare la disposizione e ricercarne la finalità perseguita dalla regola giuridica come se ad averla posta fosse legislatore attuale. contrasto=seconda disposizione →interpretazione evolutiva Consente di tenere in considerazione, proprio facendo leva sulla ratio legis, gli eventuali mutamenti del contesto sociale, tecnologico, culturale o giuridico. Il ricorso a questo criterio consente di ampliare la portata della disposizione, in modo che possano essere ricondotte fattispecie di cui non si era tenuto conto al momento della sua approvazione. →interpretazione analogica e ricorso ai principi generali dell’ordinamento Sono criteri utilizzabili soltanto in presenza di una lacuna nell'ordinamento. Se un caso della vita non è espressamente disciplinato da una norma, si potrà infatti ricorrere alla disciplina prevista per una fattispecie simile. L'utilizzo di tale criterio presuppone l'individuazione della ratio legis della disposizione che si intende utilizzare a fini analogici. Il ricorso all' interpretazione analogica soccorre nelle ipotesi in cui una fattispecie concreta non sia riconducibile ad una specifica disciplina normativa. Il ricorso al criterio dell'interpretazione analogica non è però sempre consentito. L'art. 14 delle Preleggi vieta l'interpretazione analogica delle leggi speciali e delle leggi penali. L'interpretazione analogica è vietata per le leggi speciali in quanto si snaturerebbe la ratio legis della disposizione, creata proprio al fine di porre una disciplina eccezionale e dunque non suscettibile di alcuna estensione applicativa. →interpretazione estensiva Si tratta di un criterio simile a quello dell' interpretazione analogica. Attraverso l'interpretazione estensiva viene ampliato il significato letterale della disposizione, in modo che vi si possa ricomprendere fattispecie che ad una lettura strettamente letterale risulterebbero escluse. →interpretazione autentica Vi ricorre il legislatore quando ritiene necessario chiarire definitivamente il significato di una disposizione dubbia, al fine di precludere ai giudici interpretazioni diverse da quella che il legislatore stesso vuole attribuire della disposizione. È un'attività solo apparentemente interpretativa, ma in realtà è legislativa. SE IV: LA COZA DE SIM DE FO LE CORZI RE E APNI TA LE FO E I CIR PE RIVE Può capitare che il medesimo comportamento o il medesimo fatto della vita venga disciplinato in modo diverso da più disposizioni normative. Queste sono contraddizioni tra fonti del diritto dette anche antinomie→ contraddizione tre regole giuridiche contenute in disposizioni diverse. Nel nostro sistema giuridico esso è dovuto sia alla tendenza all'ipertrofia normativa che lo caratterizza, sia il maggior rilievo che alcune fonti del diritto hanno assunto negli ultimi decenni. A ciò si aggiunge poi una sempre più evidente approssimazione da parte dei legislatori nella redazione delle disposizioni e nel coordinamento con la normativa esistente. Poiché l'ordinamento giuridico non può presentare contraddizioni occorre risolvere le antinomie stabilendo quale fonte debba prevalere ed essere utilizzata. Le antinomie si distinguono in: 1. reali→ quando l'operazione volta risolverla produce conseguenze sulla validità o sull'efficacia della fonte non preferita. I criteri incidono sulla validità a l’efficacia due una delle due disposizioni. Si risolve con il criterio gerarchico, il criterio di competenza e il criterio cronologico. 2. apparenti→ nessuna conseguenza si produce sulla validità e sull'efficacia della fonte non preferita. Viene risolta unicamente sul piano interpretativo, mediante il ricorso al criterio di specialità. Le due disposizioni rimarranno entrambe valide ed efficaci nell'ordinamento, con la precisazione che solo una di esse sarà applicata allo specifico caso preso in considerazione. L’APCI DE CIRO GECO Il criterio da utilizzare qualora si accerti un contrasto fra due disposizioni di grado diverso è questo, che impone di preferire la disposizione che, tra le due, è posta a livello più elevato nella gerarchia delle fonti. La prevalenza della fonte superiore comporta l’INVALIDITA’ della fonte subordinata. > Quest’ultima, proprio perché in contrasto con la fonte sovraordinata, potrà essere ANNULLATA. Se il contrasto si presenta tra una fonte super primaria e una primaria sarà la Corte costituzionale a dichiarare l’illegittimità della norma di grado primario secondo quanto previsto dagli articoli 134 e ss. Della Costituzione. In caso di contrasto tra una fonte primaria e una secondaria occorre procedere a una distinzione a seconda dell’autorità giurisdizionale che si trovi di fronte all’antinomia: se si tratta di un giudice amministrativo si avrà l’annullamento. Il giudice ordinario, non avendo il potere di procedere all’annullamento della norma secondaria, dovrà limitarsi a disapplicarla nel caso concreto. NB: La dichiarazione di illegittimità costituzionale e l’annullamento delle fonti secondarie hanno efficacia erga omnes ed ex tunc. Essi determinano infatti l’espulsione dall’ordinamento della norma invalida, che non potrà più essere da nessuno e in nessun caso applicata. Nel caso della disapplicazione da parte del giudice ordinario si hanno effetti inter partes, cioè limitati al giudizio in cui la norma sia stata ritenuta illegittima > significa che la disposizione conserva validità e che potrebbe essere applicata in altri rapporti giuridici. IL PICO DI LETÀ E IL PICO DI COTILIÀ Il principio gerarchico si esplica nel principio di legalità e in quello di costituzionalità. La nostra Costituzione è rigida e non ammette deroghe da parte delle leggi ordinarie. Il primato della fonte costituzionale si estrinseca nella regola per cui essa non può essere modificata o derogata mediante l’adozione di una fonte primaria, ma solo seguendo un procedimento aggravato. Inoltre, a garanzia del rispetto della Costituzione, è previsto un controllo di costituzionalità sulle leggi, nonché sugli atti aventi forza di legge dello Stato e delle Regioni. Questo controllo, demandato, alla Corte costituzionale può comportare l’annullamento delle leggi e degli atti aventi forza di legge che si pongano in contrasto con la Costituzione e con le altre leggi Costituzionali. Ad un secondo livello il principio gerarchico è incarnato dal principio di legalità che è antecedente a quello di costituzionalità. Dal principio di legalità discendono 2 corollari: ● PREFERENZA DELLA LEGGE: divieto delle fonti formative e degli atti amministrativi di disporre in violazione della legge. In questa prospettiva, il principio di legalità postula la soggezione alla legge anche degli atti adottati nell’ambito dell’attività giurisdizionale. ● PREVIA LEGGE: da intendersi nel senso che il potere pubblico, per potersi legittimamente manifestare attraverso fonti secondarie deve essere stato preventivamente autorizzato da una fonte normativa primaria. > Principio non espressamente scritto nella Costituzione, ma desumibile alla lettura di articoli. NB: A garanzia del rispetto di questi principi l’articolo 113 conferisce a ciascuno il potere di ricorrere contro atti della pubblica amministrazione contrari alla legge. Un’esplicitazione del principio di legalità è contenuta nell’articolo 4 delle Preleggi secondo cui i regolamenti governativi non possono contenere norme contrarie alla disposizioni delle leggi. NON è ammessa, quindi la presenza di un potere normativo autonomo della P.A. che non trovi il proprio limite e fondamento nella legge. Il principio di legalità, in assenza di indicazioni, sembrerebbe da intendersi in senso formale. Solo quando la Costituzione richiede espressamente che una certa materia sia disciplinata dalla legge (riserva di legge), il principio di legalità sembrerebbe da intendersi in senso sostanziale. LA RIV DI LE Attraverso la previsione di una riserva di legge, la Costituzione prescrive che una certa materia sia disciplinata dalla legge con esclusione o limitazione delle fonti ad essa subordinate. Con la presenza di una riserva di legge si conferisce al legislatore, un potere non rinunciabile, non potendo questo decidere di autorizzare esso stesso fonti secondarie ad intervenire in sua vece. La previsione di un simile istituto risponde ad esigenze di garanzia per i cittadini. Alcune riserve di leggi sono presenti nell’art 13 in materia di limitazione della libertà personale; nell’art. 14 in materia di limitazione delle libertà di domicilio; negli art. 15, 16, 21, 25. Quando non sia possibile applicare il criterio di competenza per dirimere un’antinomia tra norme di pari grado è necessario ricorrere al criterio cronologico, in base al quale è la norma più recente a dover prevalere. L’effetto, dell’applicazione di tale criterio è l’abrogazione della norma più risalente. Dare preferenza alla norma più recente SIGNIFICA seguire la volontà attuale del potere normativo. E’ la delimitazione nel tempo dell’efficacia della norma. DIRA TA ANLET E ABZI: ● L’annullamento comporta la perdita di validità, ● Abrogazione restringe solo l’efficacia. La norma abrogata, in quanto frutto di scelte politiche superate, continuerà a spiegare i suoi effetti dovendo essere applicata a tutti i rapporti sorti prima dell’entrata in vigore della norma abrogante. ESEMPIO: E’ la legge n.1815 del 1939 abrogata dalla legge n.266 del 1997. L’art 15 delle Preleggi contempla diversi tipi di abrogazione: 1. ABROGAZIONE ESPRESSA: Le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per dichiarazione espressa o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l’intera materia già regolata dalla legge anteriore” > Si parla di tale abrogazione ogni qualvolta in cui una nuova disposizione indichi esplicitamente le disposizioni precedenti che intende abrogare; questi devono essere nominativamente richiamate dalla disposizione abrogante affinché non sorgano dubbi interpretativi. L’effetto abrogativo ha effetto erga omnes. 2. ABROGAZIONE TACITA: Quando si rilevi un’incompatibilità di contenuto tra la disciplina prevista nella disposizione recente e quella precedente. In questi casi, è il giudice che nel caso concreto è l’organo competente a stabilire se l’abrogazione sia o meno intervenuta. Ha effetto solo inter partes, limitati al giudizio in cui l’abrogazione sia stata rilevata dal giudice. 3. ABROGAZIONE IMPLICITA: Quando un atto normativo successivo intervenga a disciplinare interamente una materia. Il fenomeno è tipico della successione nel tempo di codici. L’attività interpretativa del giudice in questo caso è molto semplificata perché non è necessario che proceda ad una puntuale verifica della compatibilità tra le singole disposizioni della vecchia e della nuova disciplina. L’effetto è inter partes e non vincolerà le decisioni degli altri giudici. Esiste il fenomeno della REVISCENZA DI UNA NORMA: “Qualora la norma B abroghi la norma A e poi intervenga una norma C che abroghi B ci si chiede se la norma A torni in vigore. > Questione controversa. SOLUZIONE: Corte costituzionale afferma che “il fenomeno della reviscenza non opera in via generale e automatica” essendo “ammesso soltanto in ipotesi tipiche e molto limitate”. L’IRRAVÀ DE LE Il principio di irretroattività della legge è il principio in forza del quale le leggi sono destinate a riferirsi unicamente a rapporti e situazioni future e che in presenza di leggi abrogative di precedenti disposizioni, sono comunque quest’ultime a dover continuare ad essere applicate per regolare rapporti e situazioni pregresso. AL di fuori dell’ambito penale, il principio di irretroattività trova il suo fondamento nell’art 11 delle Preleggi secondo cui “La legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo” > Tale principio non ha dunque rango di norma costituzionale, essendo previsto da una fonte primaria. QUINDI? Una legge retroattiva non è automaticamente incostituzionale. La Corte costituzionale sottopone le norme retroattive a un rigoroso scrutinio di ragionevolezza, dichiarandole illegittime nell’ipotesi in cui la scelta del legislatore di estendere al passato gli effetti di una disciplina nuova non corrisponda a specifiche esigenze di rilievo costituzionale, come il riconoscimento di un diritto. La Corte ha affermato, inoltre che le leggi retroattive devono fondarsi su “motivi imperativi di interesse generale”: La retroattività è connaturata alle leggi di interpretazione autentica emanate dal legislatore: esse vengono infatti adottate con l’obiettivo di obbligare gli operatori giuridici ad applicare, in un determinato senso, una disposizione anteriore. > L’interpretazione così imposta fa corpo unico con la disposizione sin dalla sua entrata in vigore e dovrà essere fatta rivalere anche nei giudizi pendenti. Può accadere che il legislatore, anziché limitarsi ad assegnare alla disposizione interpretata un significato rientrante tra le varianti interpretative introduca una norma del tutto differente, quindi nuova rispetto al precetto normativo > In questo caso, l’erroneità della qualificazione di legge di interpretazione autentica viene considerata un indice di manifesta irragionevolezza della legge stessa dalla Corte Costituzionale che potrebbe condurre ad una dichiarazione di illegittimità. In materia penale, invece, il principio di irretroattività è sancito direttamente a livello costituzionale per quanto riguarda le leggi che introducono un nuovo reato o che aggravino la sanzione per un reato già previsto. Queste leggi penali, dette in malam partem, laddove dispongano anche per il passato sono dichiarate incostituzionali, ai sensi dell’art 25 Cost - secondo cui “nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”: QUINDI: il principio di irretroattività si pone quale essenziale strumento di garanzia del cittadino ed è espressivo dell’esigenza di calcolabilità delle conseguenze penali della propria condotta quale condizione necessaria per la libera autodeterminazione. Vale il discorso opposto per le leggi penali che aboliscono una fattispecie di reato o che introducono un regime sanzionatorio più favorevole al reo – leggi in bonam partem. > In questi casi, si applica la regola della retroattività al fine di evitare che taluno possa trovarsi a sopportare gravose conseguenze sulla base di una norma che non corrisponde alla volontà dell’ordinamento. > Tale principio però non è inderogabile, infatti il Legislatore può introdurre deroghe al principio di irretroattività delle norme penali più miti, PURCHE’ sorrette da ragionevoli giustificazioni. LA RIZI DE ANMI APNI: IL CIRO DI SELIÀ Le antinomie apparenti si risolvono con una tecnica interpretativa che non comporta alcuna conseguenza sulla validità e sull’efficacia della norma che non verrà applicata al caso concreto. Questo criterio impone di preferire, tra le due norme poste sullo stesso piano gerarchico e che siano in rapporto in genere e specie, la norma speciale rispetto a quella generale. Il giudice dovrà limitarsi a non applicare la norma inconferente per il caso concreto, senza che ciò comporti ripercussioni sulla sua vigenza. ESEMPIO: Fattispecie dell’omicidio del consenziente del art 579 del C.p. > Se il legislatore non avesse previsto una disposizione ad hoc l’autore del reato sarebbe punibile ai sensi dell’articolo 575 C.p. SOLUZIONE: Poiché il legislatore ha deciso di adottare una norma specificamente delicata a quest’ipotesi che aggiunge un elemento di specialità rispetto alla previsione di carattere generale dell’omicidio, l’autore dell’omicidio del consenziente ne risponderà ai sensi dell’art 579. NB: L’ARTICOLO 575 NON PERDERA’ COMUNQUE DI EFFICACIA E VALIDITA’. INOLTRE VA PRECISATO CHE QUESTO PRINCIPIO CHE è ESPRESSAMENTE CONTENUTO NELL’ARTICOLO 15 DEL CODICE PENALE, PUO’ ESSERE RITENUTO UNA TECNICA INTERPRETATIVA PASSIBILE DI APPLICAZIONE IN QUALSIASI SETTORE DELL’ORDINAMENTO. CALO I – LE SIL FO DE DIT LA GECA DE FO ● FONTI SUPERPRIMARIE: Costituzione o Leggi costituzionali o Leggi di revisione costituzionale o Statuti delle regioni speciali ● FONTI PRIMARIE: Leggi statali e regionali Atti aventi forza di legge (decreti legge, decreti legislativi, referendum abrogativo, regolamenti parlamentari) ● FONTI SECONDARIE:o Regolamenti governativi e regionali ● FONTI SUBSECONDARIE: Usi o Consuetudini LA COTI La Costituzione rappresenta il vertice del sistema. Il potere fu conferito ai costituenti tramite il decreto luogotenenziale n.151 del 1944 ai sensi del quale “dopo la liberazione le forme istituzionali saranno scelte dal popolo italiano che a tal fine eleggerà un’assemblea costituente per deliberare la nuova costituzione” L’art. 4 del decreto legislativo luogotenenziale n.98 del 1946 stabilì poi che l’Assemblea costituente sarebbe stata sciolta il giorno dell’entrata in vigore della Costituzione e non oltre otto mesi dopo la sua prima riunione CONCLUSIONE: è che il Fondamento della Costituzione, è di matrice storico-materiale, è cioè rintracciabile nell’accordo intercorso tra forze politiche che, al termine della guerra, si impegnarono solidamente nella costruzione di un nuovo ordine democratico. La sua superiorità rispetto alle altre fonti del diritto sarebbe infatti illusoria se fosse possibile modificarla attraverso l’iter di approvazione delle leggi ordinarie. Cosi come lo sarebbe altrettanto se il legislatore non avesse previsto un rimedio alla violazione, da parte del legislatore ordinario, delle norme costituzionali. La rigidità della Costituzione, dunque, è data sia dal procedimento aggravato che richiede una maggior riflessione e un ampio consenso, sia dalla presenza nel sistema Si è posta un’ultima questione nel 2016 riguardo l’esistenza di un limite di metodo che riguardi la “dimensione” della revisione. QUESITO: ci si è chiesti se le Camere possano deliberare solo leggi costituzionali puntuali o se sia loro consentito adottare anche riforme più ampie, vertenti su molteplici ambiti materiali. SOLUZIONE: L’ultima ipotesi esposta pare essere l’ipotesi corretta. PERCHE? Non si rinviene un limite nel testo costituzionale. Inoltre le riforme costituzionali, pur quando molto ampie, normalmente rispondono ad un disegno unitario. GI SAT DE REI SELI Tra le fonti del diritto di rango super primario sono da annoverarsi anche gli statuti delle regioni speciali, trattandosi di atti che vengono approvati leggi costituzionali del Parlamento. Le regioni a statuto speciale sono: - Valle d’Aosta, - Trentino Alto Adige, - Friuli Venezia Giulia, - Sardegna, - Sicilia. Ogni regione ha un proprio statuto. A quelle a statuto speciale, per motivi storici, la Costituzione concede un’autonomia maggiore. REGIONI ORDINARIE: si trovano direttamente disciplinate nel testo Costituzionale - Art. 114 e ss. REGIONI SPECIALI: art. 116 Cost ha prospettato un regime ad hoc, la cui definizione viene dalla stessa disposizione costituzionale demandata a “Statuti speciali adottati con leggi costituzionali”. Esistono alcune differenze. > Necessarie a garantire alle Regioni toccate dall’intervento statale la facoltà di far sentire la propria voce. Tali fattori sono contenuti nella legge costituzionale n.2 del 2001. In primo luogo, viene stabilito che quando il potere di iniziativa di modifica degli Statuti non sia esercitato dal Consiglio Regionale, ma la proposta venga dal Governo o dal Parlamento, il Consiglio Regionale deve esserne comunque informato. Lo stesso, potrà entro 2 mesi esprimere un proprio parere sul testo, ancorché si tratti di parere non vincolante. > Queste leggi di modifica degli Statuti non sono passibili di referendum nazionale. NB: QUESTE LEGGI DI MODIFICA, PUR DEROGANDO ALLA REGOLA GENERALE, DEVONO SOTTOSTARE AL LIMITE COSTITUITO DALL’INTANGIBILITA’ DEI PRINCIPI SUPREMI DELL’ORDINAMENTO. Sempre questa legge costituzionale, inoltre, prevede che alcuni ambiti rilevanti siano disciplinati dalle leggi statuarie delle Regioni speciali, che i Consigli regionali approvano seguendo un procedimento legislativo particolare: “Occorre almeno la maggioranza assoluta, ed è prevista la possibilità di far sottoporre la legge a referendum regionale”. LA LE SAL ORRI La legge statale ordinaria è l’atto normativo approvato dal Parlamento con il procedimento prescritto dagli artt. 70 e ss Cost. > Essa è definita anche formale, per chiarire che l’atto legislativo preveniente dal Parlamento è differente dagli altri atti normativi aventi forza di legge che condividono SOLO il rango con la legge, MA NON la forma. La legge è stata ritenuta a lungo la fonte del diritto per eccellenza proprio in quanto approvata dall’organo rappresentativo del popolo. Con l’entrata in vigore della Costituzione, tuttavia, ha ceduto il proprio ruolo di fonte apicale. > Pur mantenendo la denominazione di fonte primaria, è subordinata alla Costituzione e alle leggi Costituzionali e può essere pertanto dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale. Infine, l’abuso degli strumenti normativi governativi, quali il decreto-legge e il decreto legislativo hanno marginalizzato il ruolo della legge parlamentare. L’art. 70 Cost – attribuisce definitivamente la funzione legislativa al Parlamento e al suo interno è stabilito che non ci sono limiti di competenza tranne quelli stabiliti dalla Costituzione. ESEMPIO: nelle materie stabilite nell’art. 117 Cost, che abilita ad intervenire la legge regionale. IL PODET LELI: LA FA DE’INAV La legge viene approvata dalle Camere con un procedimento disciplinato dagli arti. 70 e ss. Cost, nonché dai regolamenti parlamentari, per effetto del rinvio a tale fonte operato dall’art. 72 Cost. PROCEDIMENTO LEGISLATIVO: è l’insieme preordinato di quegli atti che si conclude con l’entrata in vigore di con l’entrata in vigore di una legge. Tale procedimento si compone di più fasi: L’iniziativa legislativa; L’approvazione della legge; La promulgazione e l’entrata in vigore della legge. L’INIZIATIVA LEGISLATIVA: Il potere di presentare proposte di legge è affidato a diversi soggetti, in primis, quella di maggiore rilievo è l’iniziativa del Governo. I progetti di legge presentati dal Governo prendono il nome di disegni di legge. ESEMPIO: È il caso della legge di bilancio e del rendiconto annuale. Lo schema del disegno di legge è predisposto dal Ministro o dai Ministri competenti per materia ed è in seguito sottoposto alla delibera del Consiglio dei Ministri. Terminata questa fase, la presentazione del disegno di legge ad una delle due Camere è autorizzata dal Presidente della Repubblica mediante decreto. INIZIATIVA PARLAMENTARE: Ogni deputato e ogni senatore ha titolo per presentare progetti di legge. UNICO LIMITE: è l’impossibilità di sottoscrivere proposte di legge nelle materie riservate all’iniziativa governativa. INIZIATIVA POPOLARE: La Costituzione propone che 50000 elettori possano presentare un progetto di legge redatto in articoli. LIMITE: è quello che le iniziative non sfocino in materie sottoposte alla mera iniziativa governativa. NB: Si tratta di uno strumento di democrazia diretta che nella prassi ha trovato scarsissima applicazione, anche in virtù del fatto che quando sono state presentate delle proposte il Parlamento non le ha mai considerate. CONSIGLI REGIONALI: hanno la facoltà di presentare progetti di legge senza alcuna espressa delimitazione d’oggetto, a parte per le materie governative. Anche in questo caso, deve dirsi che la prassi ha messo in evidenza la scarsa propensione delle Regioni a servirsi di tale strumento. INIZIATIVA DEL CONSIGLIO NAZIONALE DELL’ECONOMIA E DEL LAVORO: La Costituzione attribuisce a questo organo consultivo di ausilio al Parlamento e al Governo, composto di “esperti e rappresentanti delle categorie produttive”, la facoltà di presentare progetti di legge. La stessa Costituzione stabilisce, inoltre, che il CNEL può contribuire all’elaborazione della legislazione economica e sociale, quindi è opinione comune che l’iniziativa legislativa debba riguardare tali ambiti. Come per l’iniziativa popolare e regionale, il CNEL non ha mai assunto un ruolo di rilievo nella proposta di leggi. LA FA DE’APVI L’approvazione della legge richiede che entrambe le Camere in un sistema di bicameralismo paritario perfetto si esprimano favorevolmente sul medesimo testo. Così, una volta che il progetto di legge sia stato approvato da una delle Camere, esso è trasmesso all’altro ramo del Parlamento. Se la seconda Camera approva degli emendamenti il testo dovrà tornare alla prima Camera per una nuova approvazione. L’iter di approvazione per ciascuna Camera si trova disciplinata nell’articolo 72 Cost e nelle norme dei regolamenti parlamentari. Il procedimento legislativo vede sempre coinvolte le Commissioni parlamentari permanenti e più precisamente quelle competenti per la materia di volta in volta considerata dal progetto di legge. Il passaggio obbligatorio in una Commissione risponde all’esigenza di affidare ad un organo a composizione ristretta lo svolgimento dell’istruttoria sul testo proposto che a causa dell’elevato numero di parlamentari non potrebbe svolgersi adeguatamente in Parlamento. Attraverso l’istruttoria che prevede il parere di esperti, le Commissioni acquisiscono tutti gli elementi utili ad una consapevole deliberazione da parte del Parlamento. A seconda del ruolo che la Commissione permanente è chiamata a svolgere nell’ambito dell’iter di approvazione della legge si possono distinguere tre diverse modalità di approvazione: ● PROCEDIMENTO ORDINARIO: prevede che la proposta di legge sia esaminata articolo per articolo dalla Commissione competente per materia, e che, in seconda battuta, essa venga esaminata articolo per articolo e approvata dall’Assemblea nella sua composizione plenaria. La Commissione permanente che si dice operi in sede referente procede dapprima ad una discussione generale sul progetto di legge per poi passare all’esame dei singoli articoli, con la possibilità di approvare emendamenti. Il progetto di legge è anzitutto oggetto di una discussione sulle linee generali. In questa fase, possono anche essere messe al voto questioni pregiudiziali di legittimità costituzionale e di merito, volte a impedire la prosecuzione dell’esame del progetto di legge. relativa delega. La previsione di atti governativi aventi forza di legge costituisce una deroga al principio di separazione dei poteri. Il Parlamento non è estromesso dall’iter che conduce all’entrata in vigore di tali atti o alla loro stabilizzazione nel sistema normativo. Nel caso dei decreti legislativi: le Camere sono chiamate infatti ad intervenire prima della loro emanazione, attraverso l’attribuzione, con legge delega al Governo; Nel caso dei decreti legge: il Parlamento interviene invece successivamente, attraverso la necessaria conversione in legge del decreto governativo che solo in questo modo può entrare a far parte stabilmente dell’ordinamento. LA LE DE E IL DET LELI L’art 77 Cost - stabilisce che il “Governo non può, senza delega delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria”. Quindi, viene riconosciuto al Governo il potere di emanare atti aventi forza di legge denominati decreti legislativi. Nulla vieta alle Camere di revocare esplicitamente (abrogando) o implicitamente (intervenendo con una legge in materia) la delega. > Quest’ultima secondo quanto stabilito nell’articolo 76 Cost può essere conferita solo per oggetti definiti, con l’indicazione dei principi e dei criteri direttivi e per un tempo prestabilito. > Da ciò si deduce che l’ambito materiale in cui il Governo è chiamato ad intervenire è circoscritto dalla legge delega, ma esistono casi in cui i settori di intervento sono molto ampi. Al di là di questo limite, il Parlamento può conferire al Governo la disciplina di qualsiasi materia, fatta eccezione per quelle coperte da riserva di legge formale (artt 80- 81). CRITICA: Rimane controversa la materia elettorale, ma in tale ambito sono stati ampiamente utilizzati sia la delega-legislativa che la decretazione d’urgenza. La legge delega LIMITA ANCHE l’attività delegata del Governo. Il Parlamento fissa, dunque, le norme fondamentali della materia e gli obiettivi da perseguire, indirizzando l’attività delegata del Governo. Le Camere talvolta inseriscono nella legge anche prescrizioni di carattere procedimentale, come la necessità di sentire il parere di alcune Commissioni parlamentari o altri organi consultivi. Infine, la delega è conferita al Governo per un tempo limitato necessariamente indicato. Il termine può essere fissato facendo riferimento ad un lasso di tempo o ad un evento futuro purché certo. Non pare ci siano limiti massimi di tempo. > L’articolo 14 della legge n.400 del 1988, però, stabilisce che se il termine previsto eccede i 2 anni, il Governo è tenuto a richiedere il parere delle Camere sugli schemi dei decreti legislativi. Il termine che decorre da quando la delega entra in vigore si ritiene rispettato quando, entro la scadenza, il decreto legislativo sia emanato dal Presidente della Repubblica (almeno 20 gg prima). Non è richiesto che la pubblicazione ed entrata in vigore del decreto avvenga entro il termine prescritto dal Parlamento. Il tempo limitato concerne il mero esercizio della funzione legislativa e non i successivi adempimenti. Negli anni più recenti è, invalsa la prassi di adottare decreti legislativi correttivi ed integrativi su espressa autorizzazione del Parlamento. Quest’ultimo è come se autorizzasse una delega in più tempi: In un primo momento adempiendo alla delega principale, In un secondo, alla luce degli effetti concretamente prodotti dal precedente intervento normativo, adottando le correzioni che si siano rivelate necessarie. Questione differente: è quella che riguarda la possibilità che il Governo adempia con più decreti legislativi a una legge di delega che contenga una pluralità di oggetti distinti. La stessa legge delega solitamente specifica che il Governo è delegato ad adottare entro il termine previsto uno o più decreti legislativi negli oggetti indicati. L’approvazione del decreto legislativo deve avvenire mediante deliberazione del Consiglio dei Ministri ed emanato dal Presidente della Repubblica. > Nel preambolo deve essere indicata la legge di delega, la deliberazione del Consiglio di ministri e degli eventuali altri adempimenti previsti dalla legge di delega. Esso deve essere pubblicato col nome di decreto legislativo. Qualora non si attenga, nei propri contenuti, alle prescrizioni previste nella legge delega incorre in un’indiretta violazione dell’articolo 76 Cost. e perciò può essere dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale per vizio di eccesso di delega. > Per verificare se il legislatore delegato si sia posto in difformità rispetto al legislatore delegante occorre individuare la ratio della delega e poi valutare se il legislatore abbia ecceduto i margini di discrezionalità conferiti dal Parlamento. La Corte costituzionale ha, inoltre, chiarito che in assenza nella legge di delega di puntuali direttive su ogni aspetto della materia, al Governo non è precluso intervenire A tale proposito l’ordinamento prevede la possibilità di discostarsi dal modello di delega proposto dall’articolo 76 Cost. Si parla di DELEGHE LEGISLATIVE ANOMALE con cui vengono conferiti particolari poteri al Governo. ESEMPIO: è quella con cui si attribuisce al Governo il compito di raccogliere tutte le disposizioni normative vigenti in una determinata materia. L’atto normativo è definito testo unico e serve a riordinare un certo ambito di disciplina, soprattutto quando è complicato da un’eccessiva produzione normativa. PARTICOLARITA’: di questa delega sta nel fatto che il Parlamento non indica i principi e i criteri direttivi cui l’esecutivo si deve attenere che sono implicitamente ricavabili dal complesso delle leggi che il Governo deve riordinare. Nell’attività di riordino il Governo può essere abilitato anche a modificare e abrogare le norme che è chiamato a coordinare – DEFINITI TESTI UNICI DI COORDINAMENTO Esistono anche testi unici che sono il risultato di un’attività meramente compilativa. Questo tipo di testo unico ha funzione ricognitiva. Un altro caso di delega anomala è anche quella con la quale si procede al conferimento di poteri in caso di dichiarazione dello stato di guerra: l’articolo 78 della Costituzione stabilisce che le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari. Questo articolo non prevede che la delega sia da conferire tramite legge anche se la dottrina la ritiene indispensabile. > Il Parlamento nel conferire la delega non è tenuto a dover indicare l’oggetto della delega, i principi e i criteri direttivi e nemmeno il tempo limite. PERCHE? La genericità della disposizione si deve alla necessità di garantire all’Esecutivo un ampio spazio di manovra in un momento delicato. IL DET-LE L’istituto del decreto-legge risponde alla necessità del sistema di approntare un intervento normativo nei casi che, per l’eccezionalità, l’imprevedibilità e l’urgenza coi quali si presentano non possono attendere i tempi richiesti dall’ordinario iter legislativo. La disciplina di questo istituto si trova nell’articolo 77. Questo articolo premette che il Governo non può emanare decreti con valore di legge ordinaria senza delegazione delle Camere. ECCEZIONE: Il Governo è abilitato ad adottare in casi straordinari di necessità e d’urgenza sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge. Il decreto-legge è soggetto ad una serie di restrizioni, riguardanti oltre i presupposti di adozione anche l’efficacia del provvedimento. Il decreto-legge ha natura provvisoria: se non convertito in legge in Parlamento entro 60 giorni dalla sua pubblicazione perde efficacia sin dall’inizio. Inoltre, il decreto-legge è assunto sotto la responsabilità non solo politica ma anche giuridica del Governo che potrebbe essere chiamato a rispondere in sede civile, penale o amministrativa delle conseguenze prodotte dal decreto. 1. I PRESUPPOSTI DEL DECRETO-LEGGE: Quanto ai presupposti giustificativi l’articolo 77 Cost si riferisce a situazioni per far fronte alle quali non è possibile attendere il Parlamento, con gli ordinari tempi di approvazione della legge. Nella prassi si è avuto scarso rispetto delle condizioni richieste dall’articolo 77, infatti, i Governi hanno spesso fatto uso della decretazione d’urgenza all’unico scopo di evitare lungaggini del procedimento legislativo ordinario. La Corte costituzionale ha via via affinato la tecnica per individuare i fattori indicativi dell’assenza dei presupposti di straordinaria necessità e urgenza. Esistono ulteriori presupposti stabiliti dall’articolo 15 della legge n.400 del 1988. Tra questi troviamo: ● Il divieto per il Governo di ricorrervi al fine di conferire deleghe legislative; ● Di intervenire nelle materie per le quali è prevista la riserva di assemblea; ● Di regolare rapporti sorti sulla base di decreti-legge non convertiti. ● Il divieto di adottare decreti-legge che ripristino l’efficacia di disposizioni dichiarate incostituzionali per vizi sostanziali. > Nel caso succedesse si incorrerebbe in una violazione del cosiddetto giudicato incostituzionale, protetto dall’articolo 136 Cost. ● Non rinnovare disposizioni di precedenti decreti di cui sia stata negata la conversione in legge. > Nel caso succedesse verrebbe violata la natura stessa del decreto-legge quale strumento di eccezione. ● Deve introdurre misure di immediata applicazione e che abbiano contenuto specifico e omogeneo. > Sarebbero illegittimi decreti-legge che introducessero discipline ad efficacia differita nel tempo o per la cui effettiva operatività si rende necessaria l’approvazione di ulteriori atti normativi. 2. IL PROCEDIMENTO DI APPROVAZIONE E DI CONVERSIONE DEL DECRETO LEGGE: Il decreto-legge deve essere adottato su deliberazione del Consiglio dei ministri, presentato al Presidente della Repubblica per l’emanazione e immediatamente pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Grazie alla pubblicazione il decreto entra in vigore. Il giorno stesso il Governo è tenuto a presentare al Parlamento previa autorizzazione del Presidente della Repubblica, un disegno 2. FASE DEI CONTROLLI PREVENTIVI ALL’INDIZIONE DEL REFERENDUM: I controlli preventivi sono due: ● Il vaglio sulla legittimità del referendum della Corte di cassazione: si svolge presso l’Ufficio centrale istituito presso la Cassazione che ha il compito di verificare il rispetto della legge nella fase dell’iniziativa. La decisione va resa entro il 15 dicembre. Qualora vengano presentati più quesiti referendari e questi abbiano ad oggetto materie uniformi o analoghe, l’Ufficio ha il compito di concentrare i quesiti stessi. Terminato il primo controllo, l’ordinanza dell’Ufficio centrale viene notificata alla Corte costituzionale affinché possa procedere al secondo controllo. ● Il giudizio di ammissibilità del referendum della Corte costituzionale: stato devoluto alla competenza della Corte costituzionale non direttamente dalla Costituzione, ma dall’articolo 2 della legge costituzionale n.1 del 1953. La corte è chiamata a decidere con sentenza da depositarsi entro il 10 febbraio. > Termini così stretti sono necessari per consentire lo svolgimento della votazione popolare nel periodo che va dal 15 aprile al 15 giugno. Il presidente della Corte costituzionale fissa la data della deliberazione in Camera di Consiglio che deve tenersi entro il 20 gennaio e nomina il relatore. Di ciò vengono informati i promotori e il Presidente del Consiglio dei ministri che hanno la possibilità di depositare memorie in cui portare argomenti a favore o contro l’ammissibilità. > La Corte ha aperto l’intervento nel giudizio di ammissibilità di soggetti diversi dal Governo e dai promotori che possono solo depositare memorie scritte e non illustrarne il contenuto in Camera del Consiglio. Con questo giudizio la Corte verifica in primo luogo che il quesito referendario non riguardi leggi ESCLUSE dalla sottoponibilità a referendum: Leggi tributarie e di bilancio, Leggi di amnistia e di indulto, Leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali (oltre alle leggi di rango costituzionale). Anche se l’articolo 75 non lo prevede espressamente, è implicito nell’articolo 123 Cost. che il referendum abrogativo non possa svolgersi su leggi regionali. In secondo luogo, sempre nella stessa decisione, la Corte ha affermato che non sono ammissibili referendum abrogativi sulla Costituzione, su leggi costituzionali e su tutti gli atti legislativi dotati di una forza passiva peculiare. Inoltre ha escluso che possano svolgersi referendum aventi per oggetti leggi a contenuto costituzionalmente vincolato, cioè leggi che attuano la Costituzione nel solo modo possibile. Come ad esempio la legge n.194 del 1978 recante la disciplina sull’aborto. > L’abrogazione di tale legge determinerebbe il venir meno di un regime minimo di tutela che il legislatore ha deciso di garantire nei confronti della salute della donna e alla protezione della vita del nascituro (interessi costituzionalmente rilevanti). Con alcune sentenze del 1987 la Corte ha poi introdotto un’altra categoria di leggi escluse: quella delle leggi costituzionalmente necessarie, cioè quelle che pur non avendo un contenuto vincolato non possono non essere presenti nell’ordinamento e quindi essere abrogate. > È il caso delle leggi che disciplinano il funzionamento degli organi costituzionali. Un chiaro esempio è la legge elettorale che può recare sistemi diversi, ma è necessaria. > Quindi, queste leggi, non possono essere sottoposte a referendum totale, bensì solamente a referendum parziale. ALLA SOLA CONDIZIONE che la normativa sia autosufficiente, cioè idonea a consentire la formazione degli organi in questione e che essi possano svolgere le loro funzioni. Esistono anche dei REFERENDUM MANIPOLATIVI che riguardano singole parole o parti di frasi prive di significato autonomo. La Corte costituzionale ha cercato di tracciare i confini tra: - Manipolazione ammissibile: ammissibili i referendum manipolativi che, pur incidendo inevitabilmente sull’ordinamento mirano solo ad espandere principi e regole già incorporati nella legislazione vigente. ESEMPIO: è la sentenza n. 32 del 1993 che ha ritenuto ammissibile un referendum parziale sul sistema elettorale del Senato eliminando il riferimento alla soglia del 65%, abbandonando cioè il criterio proporzionale che veniva sostituito con un sistema maggioritario (solo parzialmente corretto dal criterio proporzionale): ciò senza giungere alla creazione di un sistema completamente sconosciuto alla legge oggetto di abrogazione parziale. - Manipolazione inammissibile: quei quesiti parziali che, nell’abrogare frammenti di una disposizione mirano ad introdurre norme del tutto estranee al contesto normativo previgente. Questi quesiti vengono anche detti propositivi e sotto le mentite spoglie dell’abrogazione sono volte a creare un nuovo diritto attraverso uno strumento che ha un altro fine. ESEMPIO: è stata dichiarata inammissibile la richiesta di abrogazione parziale della legge n. 223 del 1990 recante la disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato che mirava a rideterminare il limite quantitativo degli introiti pubblicitari della rete pubblica stravolgendo, secondo la Corte, la ratio originaria della norma. La giurisprudenza, non si ferma a porre dei limiti sulle leggi non passibili di referendum, ma pone dei limiti anche ai quesiti che si possono sottoporre ai cittadini. In particolare, è richiesta l’omogeneità del quesito e che venga formulato in maniera tale per cui risulti univoco, non essendo ammissibili quesiti che contengano più domande prive di matrice razionalmente unitaria. ESEMPIO: con la sentenza n.28 del 1981 la Corte ha dichiarato inammissibile la proposta di abrogazione di 31 articoli del Codice penale. Gli elettori avrebbero potuto volere l’abrogazione solo di alcune norme sottoposte al voto e non di altre: la formulazione del quesito, però, precludeva questa possibilità. SOLUZIONE: Corte costituzionale HA PRETESO che il quesito rispettasse i requisiti di chiarezza, coerenza, completezza ed esaustività e verificando che il risultato finale del referendum coincidesse con gli intenti dei promotori. 3. FASE DELL’INDIZIONE: L’indizione del referendum avviene con decreto del Presidente della Repubblica previa delibera del Consiglio dei ministri. La data viene fissata in un periodo compreso tra il 15 aprile e il 15 giugno. Ma se una volta indetto il referendum accade che le Camere vengano sciolte anticipatamente, il referendum viene sospeso e i termini ricominciano a decorrere alla scadenza di un anno dallo svolgimento delle elezioni. Se le elezioni avvengono dopo il 15 giugno il referendum può slittare di due anni perché il termine del 15 giugno per il referendum è indefettibile. Nel caso in cui, prima che si svolga il referendum, il Parlamento intervenga ad abrogare o modificare con una propria legge, quella oggetto del referendum, cosa succede? - La Corte ha, chiarito che “se l’abrogazione degli atti o delle singole disposizioni cui si riferisce il referendum venga accompagnata da altra disciplina della stessa materia senza modificare né i principi della disciplina preesistente né i contenuti normativi essenziali dei singoli precetti” il referendum deve svolgersi comunque sulle nuove disposizioni legislative”. 4. FASE DELLA VOTAZIONE: Perché il referendum sia valido occorre che partecipino al voto la metà più 1 degli aventi diritto e perché il quesito sia approvato che si pronunci in maniera positiva la metà più 1 dei votanti. La previsione del quorum di validità ha la funzione di impedire che una minoranza possa decidere di abrogare le leggi votate dal Parlamento. 5. FASE DI PROCLAMAZIONE DEL RISULTATO: ESITO POSITIVO: il Presidente della Repubblica lo dichiara con decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Il Capo dello Stato può ritardare l’abrogazione di al massimo 60 giorni dalla data di pubblicazione e previa delibera del Consiglio dei ministri. RATIO: è quella di permettere al Parlamento, se ritiene, di intervenire per evitare il determinarsi di un vuoto normativo per effetto dell’esito referendario. ESITO NEGATIVO: il Ministro di Giustizia ne dà notizia sulla Gazzetta Ufficiale e inoltre, non è possibile effettuare richiesta di referendum analogo per cinque anni. Questo vincolo opera solo nel caso in cui sia stato raggiunto il quorum. Tenendo conto di tutti questi aspetti si capisce perché il referendum abrogativo sia un atto avente forza di legge. PERCHE? Si tratta di una fonte atto perché espressione della manifestazione di volontà proveniente da un soggetto (il corpo elettorale) cui una norma di riconoscimento demanda il potere di abrogazione. PUNTO DI VISTA FORMALE / SINTESI: gli effetti del referendum potrebbero dirsi “unidirezionali”. In caso di esito positivo, infatti, l’effetto è la sola abrogazione di norme o parti di norme. Inoltre, va tenuto conto che l’abrogazione non comporta semplicemente il venir meno di una data norma, ma ha come conseguenza una sostanziale modifica del sistema normativo preesistente; il vuoto lasciato dalla norma abrogata costringe l’interprete a cercare la disciplina della materia in disposizioni legislative dal contenuto diverso. I REME PAMAR Sono gli atti che dettano, per ciascuna delle Camere di cui si compone il Parlamento la disciplina di organizzazione e funzionamento delle attività che esse sono chiamate a svolgere. Con essi sono stabilite: - Le regole di comportamento di deputati e senatori, - Le regole di organizzazione degli organi interni a ciascuna camera, - Le regole con cui detti organi operano, - Le regole che riguardano i rapporti di ciascuna Camera con il proprio personale dipendente e anche con soggetti esterni. Art 64 Cost - stabilisce che ciascuna camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta (garanzia per le minoranze politiche presenti) dei suoi componenti. I regolamenti parlamentari sono qualificabili come fonti del diritto e, in particolare, come fonti primarie. > Si tratta di fonti a competenza riservata: infatti, nella materia che la Costituzione ad essi riserva è precluso alla legge e a qualsiasi altra fonte di intervenire. Il regolamento viene poi sottoposto ad un parere, non vincolante, del Consiglio di Stato. Successivamente, il regolamento è emanato con decreto del Presidente della Repubblica e sottoposto al controllo di legittimità della Corte dei conti. La Corte, operato il controllo, procede alla registrazione del regolamento, che viene poi pubblicato in GU ai fini della sua entrata in vigore. Sono previste diverse tipologie di regolamenti governativi: ● Regolamenti di Esecuzione: delle leggi, dei decreti legislativi e dei regolamenti comunitari. Sono adottati quando si renda necessario specificare il contenuto delle disposizioni di una legge. Essi non hanno una vera e propria portata innovativa. Questi regolamenti attengano alla funzione istituzionale del Governo, autorizzazioni legislative. Si tratta di atti che si pongono in funzione strumentale rispetto alla legge e ne consentono una migliore esecuzione. Questi regolamenti non possono intervenire in materie coperte da riserva di legge assoluta ECCEZIONE: è costituita dai regolamenti di stretta esecuzione. ● Regolamenti di Attuazione e Integrazione delle leggi: dei decreti legislativi recanti norme di principio. Non sono sempre distinguibili dai precedenti, ma hanno portata normativa innovativa. Essi non possono intervenire, senza eccezioni, nelle materie coperte da riserva di legge assoluta. Perché, il Governo possa adottarne, è necessario che la legge detti i principi cui il regolamento deve attenersi. ● Regolamenti Indipendenti: Intervengono nei settori in cui manchi una disciplina legislativa, La condizione perché possano essere legittimamente adottati, è che la materia in questione non sia coperta da una riserva di legge. > In quest’ultimo caso, infatti, anche qualora il Parlamento non intervenga a regolare la materia, la lacuna non potrà essere colmata da un regolamento. NB: Si tratta della categoria più controversa di regolamenti governativi. Il principio di legalità potrebbe ritenersi violato perché manca una base legislativa sulla quale poggiare la disciplina regolamentare ● Regolamenti di Organizzazione: Essi intervengono a disciplinare tutto ciò che riguarda il personale, le strutture, il funzionamento dei pubblici uffici, nel rispetto della legge. ● Regolamenti Autorizzati: vengono detti anche regolamenti delegati o di delegificazione. Sono adottati sulla base di leggi che delegano un successivo regolamento ad intervenire in materie che non siano coperte da riserva di legge assoluta. La legge che autorizza l’adozione di tali regolamenti deve fissare i principi generali della materia e dispone che l’entrata in vigore delle norme regolamentari comporta l’abrogazione delle norme di leggi La sostituzione di leggi con regolamenti consente di semplificare il procedimento necessario ad aggiornare le discipline normative perché occorre la meno complessa procedura di approvazione di un regolamento rispetto a quella di un atto legislativo. CURIOSITA’: Sono regolamenti autorizzati quelli abilitati dalla legge n. 127 del 1997 che ha introdotto la semplificazione delle regole sulla documentazione amministrativa. ● Regolamenti Ministeriali ed Interministeriali: Essi sono adottati dal singolo Ministro o dai Ministri che si occupano delle materie oggetto del regolamento ed assumono la forma di Decreto ministeriale o di Decreto interministeriale. Occorre il parere del Consiglio di Stato e il controllo di legittimità della Corte dei conti. Di tali atti deve darsi comunicazione al Presidente del Consiglio che potrebbe decidere di sospenderne l’adozione per rimetterla alla decisione del Consiglio dei ministri. ● Regolamenti della Pubblica Amministrazione: Sono quelli che l’articolo 4 delle Preleggi definisce “di altre autorità” e sono espressivi di un potere esercitabile dalle singole pubbliche amministrazioni nelle rispettive competenze. Non possono comunque dettare norme contrarie a quelle governative. I REME REAL Le Regioni hanno titolo per approvare anche regolamenti, fonti del diritto che si posizionano al di sotto delle leggi regionali. La Costituzione prevede direttamente tale potere all’articolo 117 in cui è stabilito che le Regioni possono adottare un regolamento in tutte le materie in cui esse hanno competenza legislativa concorrente o residuale. Viceversa, nelle sole materie di competenza legislativa esclusiva statale spetta allo Stato anche la relativa funzione regolamentare. In assenza di disposizioni costituzionali espresse, la Corte costituzionale ha ritenuto che sia lo Statuto regionale, nel definire la forma di governo, a indicare se i regolamenti debbano essere adottati dall’organo legislativo o dall’organo esecutivo. Prima della riforma costituzionale del 1999, l’articolo 121 Cost. attribuiva questo potere al solo Consiglio regionale. GI AT NOTI DE EN LO L’articolo 114 della Costituzione stabilisce che i comuni, le Province e le Città Metropolitane sono “enti autonomi con propri Statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione” e, inoltre, l’articolo 117 sancisce che questi enti hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite. Per individuare i rispettivi ambiti di competenza e la procedura di adozione è necessario riferirsi a delle leggi statali, la n. 131 del 2003 e al d.lgs. n. 267 del 2000. Per gli statuti si stabilisce che questi hanno la competenza a fissare le norme fondamentali dell’organizzazione dell’ente, nonché ad intervenire su altri profili di ordine istituzionale o a garantire il rispetto di alcuni diritti e principi cardine. Per l’approvazione dello Statuto è richiesto al Consiglio dell’ente locale di seguire un procedimento speciale volto a garantire un consenso ampio. LE COTU Le consuetudini sono fonti-fatto, in quanto non corrispondenti ad una manifestazione di volontà normativa proveniente da un organo. Sono fonti NON scritte. Per la configurazione occorre la sussistenza di 2 elementi: - Natura oggettiva: corrispondente al costante ripetersi nel tempo di un comportamento tenuto dai membri di una comunità - Natura soggettiva: corrispondente alla convinzione di coloro che assumono come proprio quel comportamento che esso sia giuridicamente obbligatorio. NON SONO CONSUETUDINI: - Le regole di correttezza, e di buona educazione. PERCHE? - Occorre che ci sia il convincimento collettivo della sua rilevazione giuridica. Nel nostro ordinamento, la consuetudine ha un rango variabile. Infatti, troviamo: 1. CONSUETUDINI DI RANGO PRIMARIO: Consuetudini internazionali: regole di comportamento osservate, perché ritenute obbligatorie dalla generalità degli Stati e che entrano nel nostro sistema normativo con lo stesso rango di fonte costituzionale, Consuetudini costituzionale: prive di una propria espressa fonte sulla produzione. Si tratta di un comportamento tenuto da organi costituzionali in ambiti in cui non esiste una disciplina costituzionale puntuale. ESEMPIO: Procedimento di formazione del Governo. 2. CONSUETUDINI COLLECATE IN FONDO ALLA GERARCHIA DELLE FONTI: Usi: previsti dalle Preleggi. Nel nostro ordinamento non sono ammesse consuetudini contra legem, cioè, in difformità rispetto a quanto stabilito dalle leggi e dai regolamenti, 3. CONFIGURABILI: Consuetudini secundum legem: cui rinviano di volta in volta specifiche norme di legge o di regolamento, Consuetudini praetor legem: che possono intervenire nei settori che non siano stati già regolati dal diritto scritto 4. CONVENZIONI COSTITUZIONALI: E’ una consuetudine che non si ritiene giuridicamente vincolata, poiché deriva da un accordo tacito, tra organi costituzionali, per risolvere una lacuna nella Costituzione. I COR COTI DI LA L’art. 39 Cost – riconosce la libertà di organizzarsi in sindacati prefigurando la possibilità che essi si registrino presso degli uffici pubblici. E tale conseguenza della registrazione, consiste nell’acquisizione da parte dei sindacati di personalità giuridica e nella facoltà di stipulare con le rappresentanze delle imprese contratti collettivi di lavoro. Tali contratti rispondono ad un modello di normazione del tutto peculiare, in quanto sono per natura riconducibili alla dimensione privatistica-negoziale. Inoltre hanno capacità di estendere la propria portata precettiva oltre le parti contraenti vincolando tutti coloro che rientrano nella categoria lavorativa coinvolta. OGGI: I contratti collettivi sottoscritti tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le rappresentazioni dei datori dei lavoratori sono riconducibili a contratti di diritto comune che dovrebbero vincolare solo gli iscritti ai sindacati dei lavoratori. finanze o modificazioni di leggi”. La legge deve essere approvata in maniera ordinaria e non può essere abrogata tramite referendum. Talvolta gli accordi internazionali vengono ratificati dall’ordinamento anche in forma semplificata. PERCHE? - Questo si verifica quando la fonte internazionale si perfeziona e produce effetti senza una ratifica del Capo dello Stato, ma con la mera conclusione dell’accordo da parte di un rappresentante del Governo. Quindi, il rinvio per le fonti internazionali pattizie è fisso. Il rango delle fonti pattizie si determina guardando la fonte interna che ha provveduto all’adattamento: avranno rango legislativo solo nel caso in cui vi sia stata autorizzazione alla ratifica da parte di una legge ai sensi dell’articolo 80 Cost. La Corte costituzionale ha chiarito con sentenza n. 348 e 349 del 2007 che le fonti internazionali pattizie, nonostante siano recepite mediante fonte legislativa, godono di una maggiore forza di resistenza rispetto alle leggi ordinarie. Esse, pur essendo subordinate alla Costituzione italiana si collocano in una posizione intermedia tra questa e le fonti primarie. Si parla quindi di norme interposte. La CEDU è un atto di diritto internazionale pattizio recepito in Italia tramite legge. Esso ha consacrato in un catalogo i diritti fondamentali della persona e ha istituito la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo a cui è demandato il compito di interpretarne e applicarne le disposizioni. L’UNE ERE Il primo atto di costituzione dell’Europa fu l’adozione del Trattato di Parigi del 1951 che istituiva la CECA – Comunità Europea Carbone Acciaio e dei due Trattati di Roma del 1957 (EURATOM- Comunità Europea Energia Atomica e CEE – Comunità Economica Europea). Successivamente nel 1992 venne adottato il Trattato di Maastricht, integrato nel’97 dal Trattato di Amsterdam. Nel 2000 a Nizza, invece, viene ratificata la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea che sin da subito ha consentito l’estensione alla tutela dei diritti umani i confini dell’impegno degli Stati Europei. L’ultimo importante atto della costruzione di questa comunità è stato il Trattato di Lisbona del 2007. Esso ha allargato gli ambiti entro i quali gli Stati si assoggettano a regole comuni e ha incrementato il tasso di democraticità dei processi decisionali. Il trattato di Lisbona è intervenuto riformulando i trattati istitutivi dell’Unione Europea che ad oggi risultano essere due: il Trattato sull’Unione Europea e il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. – SI E’ BEN LONTANI DA UNA VERA E PROPRIA COSTITUZIONE EUROPEA – VINCENDA DELLA BREXIT. Attualmente fanno parte dell’UE 28 Stati e nella sua struttura essenziale gli organi che compongono l’UE sono: - Il Parlamento europeo: eletto dai cittadini, - Il Consiglio dell’Unione Europea: di cui fanno parte i rappresentanti dei Governi degli Stati membri, - La Commissione europea: nel quale siede un componente per ogni Stato, - La Corte di Giustizia dell’Unione Europea: che si compone di un giudice per ogni Stato. LE FO DE’UNE ERE Il Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea cataloga materie di: ● Competenza cosiddette esclusive dell’UE: come la concorrenza o la politica monetaria; ● Competenza concorrente dell’UE rispetto a quella degli Stati membri: come l’ambiente o i trasporti; ● Come sostegno dell’UE all’azione degli Stati membri: come il turismo o l’istruzione. DIRITTO PRIMARIO: Posto al vertice del sistema normativo comunitario. Ne fanno parte i trattati istitutivi. I trattati, si occupano di delineare la struttura e l’articolazione istituzionale dell’Unione, di individuare gli ambiti entro i quali hanno competenza a produrre diritto le istituzioni comunitarie e le procedure di approvazione. DIRITTO SECONDARIO O DERIVATO: Si deve attenere a quello primario, pena il possibile intervento della Corte di Giustizia che ha il compito di far prevalere i trattati. Fanno parte le norme successivamente prodotte dall’unione Europea. Inoltre sono annoverabili in tale categoria: I REGOLAMENTI: - Hanno portata generale, - Sono obbligatori in tutti i loro elementi - Sono direttamente applicabili in tutti gli Stati membri. Quindi, affinché un regolamento produca effetti giuridici nel nostro ordinamento non è richiesto alcun atto di trasposizione interno. LE DIRETTIVE: Vincolano lo Stato membro cui sono rivolte per quanto riguarda i risultati da raggiungere, ferma restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi. Le direttive non sono subito applicabili e non riguardano i cittadini, bensì gli Stati UE che vengono impegnati a uniformarsi entro un limite stabilito ad un obiettivo di carattere generale, attraverso l’adozione di proprie discipline normative. Gli effetti giuridici si producono solo in un momento successivo, una volta che un atto legislativo nazionale abbia provveduto a dare attuazione alla direttiva con una disciplina puntuale capace di applicarsi ai casi concreti. Anche le direttive, però, sono ad effetti diretti e quindi, il cittadino potrà rivendicare nei confronti dello Stato il rispetto dei diritti che la direttiva ha previsto. Questo vale anche qualora la direttiva non sia ad effetti diretti perché non incondizionata. Si tratta di atti immediatamente applicabili ma con specifici destinatari. LE DECISIONI: E’ obbligatoria in tutti i suoi elementi LE RACCOMANDAZIONI E I PARERI: Non sono vincolanti, sollecitano solamente uno Stato ad orientare le proprie politiche verso un obiettivo o esprimono un parere su una materia. Il loro richiamo è utile a fini interpretativi. Questi atti godono di un primato reso possibile dalla scelta dell’Italia di cedere all’UE parte della propria sovranità. Un secondo criterio che può essere usato per distinguere le fonti è quello che riguarda gli effetti prodotti dalle fonti stesse. Esistono: - FONTI IMMEDIATAMENTE APPLICABILI: non necessitano di una attuazione sul piano normativo nazionale e sono pertanto capaci di vincolare immediatamente i loro destinatari. - FONTI NON IMMEDIATAMENTE APPLICABILI: in ragione del fatto che si limitano a indicare gli obiettivi da raggiungere richiedono che gli Stati membri provvedano a dettagliarne i contenuti. IL PIT DE DIT DE’UNE ERE NE COTI E I CORIT L’ordinamento comunitario in forza degli art. 11 e 117 Cost - si vede riconosciuto uno statuto giuridico del tutto particolare che gli consente di avere prevalenza sul diritto nazionale. Questi articoli esprimono la volontà dello Stato Italiano di cedere una parte del proprio potere a vantaggio di quest’organizzazione internazionale. Nella Costituzione del 1948 non era stato previsto il processo di avviamento dell’Unione Europea, quindi a posteriori si ritenne di poter ricondurre l’ordinamento dell’UE all’ambito applicativo dell’articolo 11 che prescrive: “consente in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni, promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Un fondamento esplicito è, però, ORA contenuto nell’articolo 117, norma che ha imposto alla legislazione nazionale e regionale di attenersi ai vincoli “derivanti dall’ordinamento comunitario” oltre che agli obblighi internazionali. Il meccanismo di risoluzione delle antinomie utilizzato per la generalità dei trattati internazionali si applica nei confronti del diritto dell’Unione Europea soltanto quando l’antinomia si produca rispetto ad una norma del diritto UE non direttamente applicabile. In questi casi, il giudice non potrà procedere alla disapplicazione della legge nazionale, ma dovrà sollevare la questione di legittimità. Nella sentenza n. 170 del 1984 la Corte costituzionale ha stabilito che la fonte italiana non è invalida e, quindi, non deve essere annullata. Il giudice dovrà semplicemente disapplicarla e risolvere il caso secondo la normativa contenuta nell’atto comunitario, ma la fonte rimarrà vigente nell’ordinamento e potrà essere applicata a fattispecie differenti. La prevalenza delle fonti UE non è illimitata; esse, infatti, devono cedere il passo ai principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale italiano > cosiddetti CONTROLIMITI. CALO IV – IL PAMO IL PAMO NE DERI MON L’antecedente storico degli odierni parlamenti si rinviene nel Parlamento inglese. DEFINIZIONE: Il Parlamento può essere definito come il luogo in cui siedono coloro che, attraverso le elezioni, sono stati scelti come rappresentanti dei cittadini al fine di esercitare la funzione legislativa e di contribuire all’adozione dell’indirizzo politico. Nel mondo i parlamenti si presentano con caratteri diversi. Si distinguono in: ● MONOCAMERALI: presenti in Cina, Corea, Nuova Zelanda, ● BICAMERALI: presenti in Germania, Giappone, Regno Unito e Italia. Con le leggi n.276 e n.277 del 1993, il Parlamento modificò le leggi elettorali per l’elezione della Camera e del Senato. Il nuovo sistema elettorale venne denominato Mattarellum, dal nome del suo proponente. Il sistema previsto era misto, ma prevalentemente maggioritario, analogo al sistema elettorale determinatosi per il Senato all’esito del referendum. Questo sistema prevedeva che: - Sia alla Camera che al Senato il 75% dei seggi venisse attribuito in collegi uninominali nei quali veniva applicato il sistema maggioritari. - Il restante 25% dei seggi veniva, invece, ripartito con alcuni correttivi (soglia di sbarramento al 4% a livello nazionale per la Camera e l’applicazione dello scorporo) su base proporzionale. Lo scorporo prevede che i voti risultati decisivi per ottenere il seggio nel collegio uninominale non venissero conteggiati dalla lista cui apparteneva il vincitore del collegio ai fini dell’applicazione alla quota proporzionale. In questo modo dovevano essere favoriti i partiti minori che si sarebbero avvicinati al quoziente elettorale della forza vincitrice. In realtà, il sistema NON FUNZIONO’ per la presenza di liste civetta. I partiti invece di collegare i candidati nel sistema maggioritario alla lista che avrebbe partecipato al proporzionale, collegavano i candidati nel maggioritario a liste fittizie. > Così facendo i partiti che si presentavano al proporzionale non risultavano aver vinto il collegio uninominale e partecipavano al proporzionale senza la decurtazione dei voti legata allo scorporo. Questo sistema elettorale è stato applicato alle elezioni del 1994, 1996 e 2001. LA SANE DE POROL CO PE DI MARA E LA SU INTUNAÀ Con la legge n.270 del 2005 il sistema elettorale venne modificato significativamente e si decise di tornare a un sistema proporzionale caratterizzato da alcuni correttivi che lo hanno reso ad effetti sostanzialmente maggioritari. 1. Vennero previste soglie di sbarramento al 4% alla Camera e 8% al Senato per le liste singole, mentre per le coalizioni erano previste soglie rispettivamente al 2% e al 3%. 2. Era, inoltre, previsto un significativo premio di maggioranza, pari al 55% dei seggi per la lista non coalizzata o per la coalizione che avesse ottenuto il maggior numero di voti, ma non sufficienti per ottenere autonomamente il 55%, con l’obiettivo di garantire una maggiore governabilità. 3. Il voto avveniva poi tramite liste bloccate lunghe che consentivano all’elettore il voto per la sola lista senza che questi potesse indicare la preferenza per uno o più candidati e la possibilità dei candidati di candidarsi in più circoscrizioni. Da subito, però, questo sistema elettorale fu oggetto di critiche tanto la legge venne definita con l’epiteto di Porcellum, secondo la qualificazione (“porcata”) che ne aveva dato lo stesso ideatore Calderoli. PERCHE? Il metodo di assegnazione del premio di maggioranza risultò sin da subito irragionevole, rendendo difficoltosa la governabilità. Infatti, alla Camera il premio era attribuito su base nazionale e consentiva di ottenere ad una lista 340 seggi, mentre al Senato il premio veniva distribuito su base regionale. In ogni regione, tranne che in Valle d’Aosta, Trentino e Molise era a disposizione un premio regionale che consentiva di ottenere il 55% dei seggi messi in palio in ogni singola Regione. Nelle singole Regioni il premio poteva venire conseguito da liste tra loro diverse, la somma dei tanti piccoli premi di maggioranza regionali non restituiva necessariamente un premio di maggioranza a livello nazionale. Quindi si concretizza un rischio che la forza politica che avesse ottenuto la maggioranza alla Camera dovesse confrontarsi con una situazione precaria al Senato dovendo fronteggiare una situazione di ingovernabilità. NB: Questa situazione si è verificata in due occasioni su tre: nel 2006 e nel 2013. Un’altra critica riguarda la previsione delle liste bloccate perché espressione di autoreferenzialità di partiti politici che scelgono i candidati senza sottoporli al voto dei cittadini. La Corte costituzionale si è pronunciata dichiarando incostituzionali diverse parti con la sentenza n.1 del 2014. In particolare, è stato stabilito che il premio di maggioranza ha prodotto “eccessiva divaricazione tra la composizione dell’organo e la volontà dei cittadini”, proprio in virtù del fatto che il premio veniva assegnato senza che fosse raggiunta una soglia minima di voti. Tutto ciò è stato ritenuto contrario al principio di eguaglianza del voto sancito dall’articolo 48 Cost. che stabilisce che “ciascun voto contribuisca con pari efficacia alla formazione degli organi elettivi”. Ed, inoltre, il premio di maggioranza su scala regionale poteva “vanificare il risultato che si intende conseguire con un’adeguata stabilità della maggioranza parlamentare e del Governo”. Con la stessa sentenza sono state dichiarate incostituzionali anche le lunghe liste bloccate di candidati che violavano nuovamente l’articolo 48 Cost. Perché la scelta veniva rimessa unicamente ai partiti. L’ITUM – LA LE ELRA PE LA SO CA E LA SU INTUNAÀ La vicenda della legge elettorale si è intrecciata con quella della riforma costituzionale RenziBoschi bocciata col referendum del 2016. Tra gli elementi centrali della revisione costituzionale vi era la riforma del Senato, i cui membri non sarebbero più stati eletti direttamente dai cittadini, ma dai Consigli Regionali. Nella convinzione che la riforma sarebbe entrata in vigore e che, quindi, non sarebbe stata più necessaria una legge elettorale per il Senato, il Parlamento approvava la legge n.52 del 2016 che riformava la legge elettorale della sola Camera. La legge venne dichiarata parzialmente incostituzionale. 1. Nella sua versione originale l’Italicum prevedeva un sistema proporzionale, eventualmente a doppio turno, con un correttivo maggioritario. 2. La legge prevedeva l’assegnazione di un premio di maggioranza per la lista vincitrice, se avesse conseguito al primo turno almeno 40% dei consensi tale da garantire almeno 340 seggi. Nel caso in cui non si fosse raggiunto il 40% al primo turno si sarebbe svolto un secondo turno che avrebbe visto sfidarsi in ballottaggio le due liste che avevano conseguito il maggior numero di voti al primo turno per assegnare il premio. 3. Un’altra caratteristica prevedeva una soglia di sbarramento del 3% su base nazionale. Le liste erano formate da un capolista bloccato candidabile al massimo in dieci collegi diversi e da altri candidati sottoposti al voto di preferenza degli elettori. Questi ultimi avrebbero potuto esprimere al massimo due preferenze purché di due candidati di sesso diverso. 4. Il capolista poi sarebbe stato sempre il primo ad essere eletto. Nel caso in cui la lista avesse guadagnato più seggi all’interno del collegio, questi seggi sarebbero stati attribuiti ai candidati con il maggior numero di preferenze. Con la sentenza n.35 del 2017 la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionali alcuni elementi: - Il premio di maggioranza ottenuto a seguito del ballottaggio - La possibilità del capolista risultato eletto in più collegi di scegliere il collegio di elezione. SOLUZIONI: - Secondo la Corte una lista può accedere al turno di ballottaggio anche avendo conseguito al primo turno un consenso esiguo e ottenere il premio. > Vengono sacrificati eccessivamente i principi costituzionali di rappresentatività ed uguaglianza del voto. - La Corte ha stabilito che in caso di pluri-elezione, la scelta del collegio di elezione sarebbe dovuta avvenire a seguito di un sorteggio. IL ROLU Alla fine del 2017 con lo scopo di evitare il ritorno alle urne con due leggi elettorali diverse per la Camera e per il Senato, il Parlamento ha approvato una nuova legge elettorale: la legge n.165 del 2017 denominata col nome di Rosatellum in ragione del relatore Ettore Rosato. ● La legge n.165 del 2017 introduce un sistema elettorale misto a prevalenza proporzionale. Sia alla Camera che al Senato poco più di 1/3 dei seggi viene assegnato su base maggioritaria in collegi uninominali. I restanti seggi sono invece assegnati con metodo proporzionale nell’ambito di collegi plurinominali di dimensione ridotta (al massimo 8 deputati o senatori). ● L’elettore con un’unica scheda, è chiamato ad effettuare 2 scelte, individuando sia il candidato che vuole sostenere nella competizione maggioritaria, sia il partito che vuole sostenere nella competizione proporzionale. I partiti possono presentarsi da soli o in coalizioni. ● Nella competizione maggioritaria le forze politiche che scelgono di coalizzarsi presentano un solo candidato. ● Per la competizione proporzionale, invece, ciascun partito predispone liste corte composte da 2 a 4 candidati. Siamo nuovamente in presenza di liste bloccate. La legge prevede che i candidati siano alternati per genere e nessuno dei due possa in ogni caso essere rappresentato in misura superiore al 60%. ● Inoltre, sono previste soglie di sbarramento al 3% per le liste che si presentano da sole, mentre per le liste coalizzate è necessario raggiungere la soglia del 10% e ciascuna lista deve comunque raggiungere almeno il 3% dei voti. ● Le liste coalizzate che non avranno raggiunto l’1% vedono i voti dispersi, viceversa tra l’1% e il 3% i voti vengono ripartiti tra le liste della coalizione che hanno raggiunto il 3%. ● Per quanto concerne la modalità di voto non è consentito il voto disgiunto: non si può votare nel proporzionale per un partito diverso da quello (singolarmente o in coalizione) sostiene il candidato per il quale l’elettore ha votato nel maggioritario. il funzionamento delle Camere per quanto non sia già direttamente disciplinato dalla Costituzione. Entrambe le Camere, poi, sono dotate di altri regolamenti definiti “minori” volti a disciplinare alcune specifiche attività del Parlamento o delle sue articolazioni. Sono equiparabili ai regolamenti generali in quanto approvati con le stesse maggioranze. Oltre a questi vi sono, poi, alcuni “regolamenti di amministrazione” che disciplinano ambiti interni alle Camere come ad esempio i regolamenti di contabilità, dei servizi e del personale ecc. 2. Autonomia Organizzativa e Funzionale: Con questo tipo di autonomia si intende la possibilità delle Camere di organizzarsi liberamente con riferimento a tutto quanto attiene all’articolazione interna dei propri organi e allo svolgimento delle proprie funzioni. Questa forma di autonomia è conseguenza dell’autonomia parlamentare. 3. Immunità della Sede: Impedisce alla forza pubblica di entrare all’interno delle sedi parlamentari senza che vi sia sul punto un ordine del Presidente di Assemblea. In questa rientra il divieto per tutte le persone estranee al Parlamento di introdursi nell’Aula dove siedono i parlamentari. Inoltre, nessuna autorità estranea può far eseguire coattivamente propri provvedimenti rivolti al Parlamento e ai suoi organi. 4. Autonomia Finanziaria e Contabile: Grazie a questo tipo di immunità le Camere possono gestire, senza alcuna interferenza esterna, i fondi che annualmente vengono loro riservati. Neppure, la Corte dei conti può verificare la modalità con cui i fondi sono utilizzati. Le Camere hanno appositi regolamenti di amministrazione e contabilità in cui sono delineate le regole di spesa, di rendicontazione e di controllo interno. 5. Autodichia: Si tratta della cosiddetta giustizia domestica, in virtù della quale spetta alle Camere non solo il compito di adottare i provvedimenti relativi alla carriera giuridica ed economica dei propri dipendenti, ma anche quello di risolvere in via definitiva le eventuali controversie. Quest’ambito di autonomia ha fatto sorgere molte critiche. I dipendenti delle Camere non possono rivolgersi ad un giudice per risolvere le controversie col datore di lavoro, ma devono fare ricorso presso organi interni alle Camere stesse. Il giudice costituzionale ha ribadito di non poter verificare la legittimità costituzionale dei regolamenti parlamentari nell’ambito del giudizio sulle leggi, ma successivamente ha chiuso la questione in senso favorevole alle Camere, partendo dalla premessa che l’autonomia normativa riconosciuta dall’articolo 64 Cost. “Logicamente investe anche gli aspetti organizzativi”. Se le Camere hanno allora il potere di darsi regole speciali inerenti l’organizzazione, quindi anche il rapporto coi dipendenti, altrettanto deve riconoscersi l’autonomia nell’interpretazione e applicazione delle stesse regole. Inoltre, secondo la Corte costituzionale gli organi di autodichia interni alle Camere risultano comunque oggi assistiti da sufficienti garanzie di indipendenza e imparzialità. 6. L’Autonomia delle Camere nella Verifica dei Poteri L’ultimo ambito di autonomia si ricava dall’articolo 66 Cost - secondo cui ciascuna camera giudica i titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineligibilità e di incompatibilità. Si tratta della cosiddetta VERIFICA DEI POTERI, cioè del procedimento con cui Camera e Senato controllano: se coloro che sono stati eletti avevano titolo per conseguire la carica di deputato o senatore e se a seguito di eventi verificatisi durante la legislatura, deputati e senatori possono continuare a mantenere la carica parlamentare. I candidati che risultano eletti vengono proclamati deputati dall’ufficio circoscrizionale centrale o senatori dall’ufficio elettore regionale. La comunicazione viene trasmessa alla Camera e al Senato. La posizione dell’eletto non è, però, definitiva fino a quando la Camera d’appartenenza non effettua la convalida. Le Camere, infatti, svolgono due diversi controlli: - Verificano che le operazioni elettorali si siano svolte correttamente. Il procedimento si suddivide in due fasi: Prima la Giunta delle elezioni effettua il cosiddetto controllo di delibazione che consiste nella verifica dei documenti elettorali. Al termine di questo controllo, la Giunta propone all’Assemblea la convalida o la contestazione dell’elezione. PROPOSTA DI CONVALIDA: l’Assemblea ne prende atto, senza neppure sottoporre tale proposta al voto. CONTESTAZIONE DA PARTE DELLA GIUNTA: si apre il cosiddetto giudizio di contestazione. Questo giudizio prevede una seduta pubblica in cui si apre un contradditorio orale tra l’eletto contestato e gli altri interessati al giudizio stesso. All’esito della discussione la Giunta decide e propone l’annullamento dell’elezione o la sua convalida. La decisione definitiva dovrà essere presa dall’Assemblea: i regolamenti di Camera e Senato presentano qualche differenza. ● Al Senato, l’Assemblea voterà solo qualora vi sia una richiesta da parte di 20 senatori. In caso contrario la proposta della Giunta si intenderà approvata. ● Alla Camera, invece, lo stesso procedimento vale SOLO per questioni legate “ad accertamenti numerici”; negli altri casi, invece, il voto è sempre previsto. NB: L’eventuale annullamento dell’elezione non ha effetto retroattivo, quindi non ci sono conseguenze sull’attività del parlamentare precedenti all’annullamento della convalida. - Accertano che gli eletti siano titolari della capacità elettorale passiva e siano in possesso, quindi, dei requisiti di eleggibilità, compatibilità e candidabilità. Il secondo tipo di controllo concerna la verifica delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e incompatibilità. Si tratta di accertare la sopravvenienza, a legislatura già cominciata, di eventuali cause preclusive alla permanenza in carica del parlamentare. Si tratta dei cosiddetti giudizi sulle cause di decadenza. Il procedimento è identico a quello esaminato per le ineleggibilità originarie. La Giunta formulerà la proposta di decadenza o meno. Contro le decisioni delle Camere sulla validità delle elezioni e sulla sussistenza di cause di ineleggibilità e incompatibilità non sono ammessi ricorsi di alcun tipo. IL DIT DI ELRA PAV E LE SU LIZI Quali sono le condizioni richieste per accedere alla carica di parlamentare? L’art 51 Cost - sancisce il diritto di tutti i cittadini di accedere alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza. L’art 65 Cost - stabilisce che è la legge statale ad avere il compito di determinare i casi di ineleggibilità e incompatibilità. A queste due limitazioni, si aggiunge anche la condizione di incandidabilità. 1. L’ineleggibilità: è la condizione, che a causa di un impedimento giuridico, non consente ad un candidato di essere eletto parlamentare. L’eventuale elezione deve essere annullata dalla Camera di appartenenza. ● Una delle ragioni di ineleggibilità è l’età, mentre le altre cause sono indicate nel d.p.r n.361 del 1957 e hanno l’obiettivo di tutelare il corretto svolgimento delle consultazioni elettorali. ● NON SONO ELEGGIBILI: i titolari alcune cariche elettive, come i presidenti delle Giunte provinciali e i sindaci dei Comuni con popolazione superiore ai 20000 abitanti e i titolari di alcuni pubblici uffici, come i magistrati, il capo e il vice capo della polizia, gli ispettori generali di pubblica sicurezza, i prefetti, i viceprefetti e gli ufficiali delle Forze Armate dello Stato. Per queste categorie di soggetti, l’ineleggibilità si giustifica con il fine di impedire che il candidato possa in qualche modo alterare la par condicio fra i vari concorrenti attraverso la possibilità di esercitare una captatio benevolentiae o un metus publicae potestatis nei confronti degli elettori. ● Le cause di ineleggibilità, però, non sono ostative all’elezione parlamentare qualora i soggetti interessati cessino di esercitare le funzioni relative alla carica ricoperta almeno 180 giorni prima della fine della legislatura. In caso di scioglimento anticipato delle Camere, la cessazione deve avvenire entro i 7 giorni successivi al decreto di scioglimento. Ancora, sono ineleggibili: coloro che intrattengono con lo Stato rapporti di carattere economico. Questo per evitare che tali soggetti, una volta eletti, possano farsi promotori di leggi volte a favorire la loro situazione economica in conflitto di interessi con lo Stato. Inoltre, non sono eleggibili i diplomatici e tutti coloro che lavorano nelle ambascerie e nei consolati per evitare possibili interferenze di altri Stati. NB: Anche il Presidente della Repubblica e i giudici costituzionali risultano essere ineleggibili. 2. L’incompatibilità: è la condizione di chi, eletto parlamentare, e ricoprendo già un’altra carica, deve scegliere se mantenere o acquisire il mandato parlamentare. L’incompatibilità non rende nulla l’elezione ma obbliga il candidato eletto a effettuare una scelta entro 30 giorni dalla proclamazione. Qualora non decida la Camera ne dichiara la decadenza. La legge n.140 del 2003 ha disciplinato anche il caso delle intercettazioni indirette e casuali. - Intercettazioni diretta: riguardano intercettazioni operate su mezzi di comunicazione di persone che abitualmente entrano in contatto con il parlamentare: anche per queste è richiesta l’autorizzazione preventiva delle Camere. - Intercettazioni casuali: sono intercettazioni che, pur effettuate tra terze persone, riguardino fortuitamente anche un parlamentare. > La legge in questo caso richiede che venga richiesta in via successiva l’autorizzazione all’uso giudiziario delle stesse. Qualora non venga concessa l’autorizzazione, l’intercettazione che coinvolge il parlamentare dovrà essere distrutta. La Corte costituzionale ha, però, chiarito che le intercettazioni casuali possono comunque essere usate nei processi che riguardino la posizione di terze persone coinvolte. L’INNÀ L’ultima prerogativa che concerne lo status del parlamentare è contenuta nell’articolo 69 Cost. ed è l’indennità la cui entità deve essere stabilita dalla legge. Le polemiche sono molte a riguardo. L’indennità parlamentare netta è di circa 5000€ a cui si deve aggiungere una diaria di rimborso spese per il soggiorno a Roma di massimo 3.500€ mensili. Inoltre, è previsto il rimborso spese di trasporto, telefoniche e quelle relative al mandato. In questo modo viene consentito anche a chi non è titolare di rendite indipendenti dallo svolgimento di un lavoro di diventare parlamentare. NB: Se la carica fosse gratuita sarebbero interessati a ricoprirla solo coloro che possono permettersi di vivere senza lavorare. In secondo luogo, però, la carica parlamentare deve interessare anche coloro che hanno un buon reddito e che non sarebbero disposti ad abbandonare il loro lavoro per una retribuzione minore. Inoltre, tale cifra consente al parlamentare di svolgere la sua funzione in maniera indipendente senza condizionamenti esterni accettati in ragione di una debolezza economica. IL PEDE D’ASBA E L’UFO DI PEDA I principali organi delle Camere sono : IL PRESIDENTE DI ASSEMBLEA Art 63 Cost – stabilisce che ciascuna Camera elegge fra i componenti il Presidente e l’Ufficio di presidenza. I regolamenti di Camera e Senato prevedono alcune differenze. - Alla Camera il primo scrutinio è richiesta la maggioranza dei 2/3 dei componenti; al secondo la maggioranza dei 2/3 dei presenti e dal terzo scrutinio in poi è sufficiente la maggioranza assoluta. - Mentre al Senato nei primi due scrutini occorre la maggioranza assoluta dei componenti; al terzo scrutinio occorre la maggioranza dei voti dei presenti. Se nessuno ha ancora raggiunto la maggioranza si esegue un ballottaggio tra i due più votati al terzo scrutinio. Il Presidente assolve a diverse funzioni sia all’interno della Camera che all’esterno. Tra le FUNZIONI DI RILIEVO INTERNO: ● La direzione dei lavori e delle discussioni, ● Programmazione dei lavori e definizione dei calendari, ● Interpretare e far rispettare i regolamenti, ● Potere disciplinare nei confronti dei parlamentari. FUNZIONI DI RILIEVO ESTERNO: Si può richiamare l’art 88 Cost che stabilisce che i presidenti delle Camere devono essere sentiti dal Presidente della Repubblica prima dello scioglimento delle Camere stesse; Il Presidente del Senato, inoltre, ha funzione di supplenza del Presidente della Repubblica nel caso in cui questi si trovi in una condizione di impedimento temporaneo. Nel mondo esistono 3 modelli con cui il Presidente dovrebbe esercitare le sue funzioni: - Come arbitro imparziale ed è l’esempio dello Speaker britannico della Camera dei Comuni che una volta eletto non intrattiene più alcun rapporto con il suo partito di provenienza. Talvolta viene rieletto nonostante cambi il partito vincitore alle elezioni successive. - Nel modello statunitense, invece, lo Speaker è uno dei leader del partito maggioritario ed è protagonista attivo nell’assicurare l’attuazione del programma legislativo della maggioranza. - Vi è poi un modello intermedio che è quello francese perché si tratta di una figura che svolge con imparzialità le funzioni che gli sono attribuite, ma che rimane comunque legato al partito di maggioranza. In Italia dalla prima legislatura e fino alla fine degli anni 60 i Presidenti delle Camere erano esponenti della DC, il partito di maggioranza. Facevano un uso incisivo dei loro poteri e in questo modo avrebbero contribuito all’attuazione del programma di governo. Poi, fino all’avvento del maggioritario, è cominciata la prassi di nominare Presidente di uno dei due rami un esponente di spicco di un partito non di maggioranza. Con il sistema maggioritario o ad effetti maggioritari i Presidenti di entrambe le Camere erano tornati ad essere eletti tra i membri dei partiti di maggioranza (almeno a inizio legislatura). Più recentemente questa circostanza non si è più verificata. > Da questo ragionamento si deduce che risulta impossibile ricondurre ad uno dei tre modelli di Presidente sopra citati. UFFICIO DI PRESIDENZA: Opera in ciascuna Camera con lo scopo di adiuvare il Presidente ed è composto: - Da 4 vicepresidenti che sostituiscono il Presidente in caso di impedimento; - 8 segretari che collaborano col Presidente per garantire il regolare andamento dei lavori e delle operazioni di voto; - 3 questori che si occupano della gestione dei fondi e della predisposizione dei bilanci. NB: La competenza più rilevante è quella di deliberare le sanzioni disciplinari più gravi e deve essere rappresentativo di tutti i gruppi parlamentari. I GRUPPI PARLAMENTARI: Uno dei primi adempimenti cui sono chiamati i neoeletti è la dichiarazione con cui segnalano a quale gruppo parlamentare vogliono aderire. I regolamenti impongono che ciascun senatore o deputato faccia parte di un gruppo. Attraverso la costituzione dei gruppi parlamentari i partiti svolgono le loro attività all’interno del Parlamento. Alla Camera i gruppi devono essere formati da almeno 20 deputati, mentre al Senato solo 10. Vige l’obbligo di formare solo gruppi che rappresentino un partito o movimento politico che abbia presentato alle elezioni del Senato propri candidati con lo stesso contrassegno. Alla Camera, invece, sono consentiti anche gruppi con meno di 20 deputati purché costituiscano la proiezione di un partito organizzato nel Paese. Qualora il parlamentare non dichiari il gruppo o non venga raggiunto il numero necessario, questi verrà assegnato al gruppo misto. Mentre ai senatori a vita è consentito non far parte di nessun gruppo. I parlamentari durante la legislatura possono passare da un gruppo all’altro o, alla Camera, formare nuovi gruppi a seconda delle modifiche del contesto politico, mentre al Senato dal 2017 questa possibilità è preclusa. I gruppi al loro interno hanno un’organizzazione che prevede la presenza di un presidente di gruppo (capogruppo), di uno o più vicepresidenti e, alla Camera, di un comitato direttivo. I gruppi si dotano di regolamenti e dispongono di locali e attrezzature e possono usufruire dei contributi erogati dalle Camere. CONFERENZA DEI CAPIGRUPPO: Sono riservati ai presidenti dei diversi gruppi poteri ulteriori. Questi insieme al Presidente d’Assemblea formano la Conferenza dei Capigruppo, alla quale è riservato il compito di decidere la programmazione dei lavori dell’aula, di decidere il calendario e l’ordine del giorno delle singole sedute e la ripartizione dei tempi di intervento. Per consuetudine i capigruppo partecipano alle consultazioni svolte dal Presidente della Repubblica al fine di nominare il Presidente del Consiglio. LE COMMISSIONI PARLAMENTARI: I gruppi parlamentari provvedono a designare quali membri andranno a comporre le Commissioni parlamentari che sono formate rispecchiando la proporzione tra i gruppi. Si distinguono per composizione e durata. Esistono, infatti, commissioni monocamerali o bicamerali e commissioni temporanee o permanenti a seconda che restino in carica tutta la legislatura o siano istituite soltanto per il periodo necessario ad assolvere i compiti che vengono loro assegnati. Attualmente ci sono 14 Commissioni permanenti sia alla Camera che al Senato. Ciascuna di queste svolge le sue funzioni con riferimento alla materia di specifica competenza. Così: - Al Senato sono presenti le Commissioni: Affari Costituzionali, Giustizia, Esteri, Difesa, Bilancio, Finanze, Istruzione pubblica e beni culturali, Lavori pubblici, Agricoltura, Industria, Commercio, Lavoro, Igiene e Sanità, Territorio e Politiche Ue. NB: La stessa ripartizione di competenze è presente anche tra le Commissioni della Camera. Queste commissioni oltre alla partecipazione al procedimento legislativo, possono svolgere anche funzioni di indirizzo, controllo ed informazione. Il presidente dirige i lavori della singola commissione. Tra le Commissioni temporanee si ricordano le Commissioni d’inchiesta che sono previste nell’articolo 82 Cost. e procedono alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria. Possono essere sia monocamerali che bicamerali, in quest’ultimo caso è necessaria una legge che indichi il numero dei componenti, l’oggetto d’indagine, il termine di conclusione dei lavori e i poteri della Commissione stessa. L’obiettivo è quello di indagare su questioni di particolare interesse pubblico al fine di fornire al dibattito politico elementi che possano consentire una maggior conoscenza del fenomeno indagato, la ricerca di responsabilità politiche o l’acquisizione di informazioni da usare in future iniziative parlamentari. Questa funzione, però, non è di mero appannaggio del Parlamento. L’adozione di atti aventi forza di legge spetta, infatti, al Governo. Il Parlamento riveste comunque una funzione prevalente in questi procedimenti. Ma esiste anche la funzione legislativa dei Consigli Regionali. LA FUNE DI INZO POCO La funzione di indirizzo politico ha come scopo quello di determinare e perseguire le linee fondamentali di sviluppo dell’ordinamento. I soggetti ai quali l’ordinamento attribuisce la maggiore responsabilità della funzione di indirizzo politico sono Governo e Parlamento, nella cui collaborazione e concorso tale funzione si svolge. Per collaborazione si intende quella tra Governo e maggioranza parlamentare in particolar modo. La funzione di indirizzo politico del Parlamento trova la sua origine nell’approvazione della fiducia iniziale che il Parlamento stesso accorda al Governo con mozione motivata. Durante la legislatura, il Parlamento attribuisce concretezza allo svolgimento della funzione di indirizzo politico attraverso l’approvazione di mozioni, risoluzioni e ordini del giorno. Un altro strumento è il voto sull’eventuale questione di fiducia posta dal Governo. L’indirizzo politico può poi trovare concretizzazione nell’approvazione da parte del Parlamento delle leggi. Tra le leggi che concorrono in modo importante alla funzione di indirizzo politico c’è la legge di bilancio. - Grazie ad essa il Parlamento indica il modo con cui dovranno essere ripartite le risorse di cui lo Stato stesso dispone grazie all’entrate tributarie. Gli altri atti con cui il Parlamento esplica la funzione di indirizzo politico durante la legislatura sono le mozioni, le risoluzioni e gli ordini del giorno. Ma solo gli strumenti fiduciari hanno conseguenze effettive rispetto alla sorte del Governo. Attraverso una mozione: un numero minimo di parlamentari mira ad aprire una discussione e a promuovere una deliberazione dell’Assemblea su un determinato tema. Con l’approvazione della mozione il Parlamento invita il Governo ad agire in un determinato modo su uno specifico tema. Con la risoluzione: invece, il singolo parlamentare può manifestare un orientamento su un determinato tema e impegnare il Governo a prendere i relativi provvedimenti. È usata per chiudere e riassumere un dibattito. L’approvazione di un ordine del giorno: impegna il Governo ad adottare un determinato indirizzo in futuro sulla materia oggetto della legge in discussione. Il Parlamento, infine, può determinare anche l’esaurimento della funzione di indirizzo politico presentando una mozione di sfiducia. LA FUNE DI COR La funzione di controllo può essere operata, nei confronti del Governo, sia dalle forze di maggioranza sia da quelle di opposizione. Le prime possono verificare se l’azione esecutiva svolta corrisponde a quella del programma su cui il Governo ha ricevuto la fiducia. Le forze di opposizione possono utilizzare il controllo per verificare come il Governo abbia affrontato questioni di interesse generale, all’evidente scopo di segnalarne l’inadeguatezza. Gli strumenti di controllo usati tradizionalmente sono: ● Con l’interrogazione: qualsiasi parlamentare può con una domanda, chiedere per iscritto al Governo informazioni o spiegazioni su una determinata questione al fine di sapere se e quali provvedimenti il Governo abbia adottato o intenda adottare in merito. Il Governo può rispondere per iscritto o oralmente, sia in aula che in Commissione. Inoltre, allo scopo di rivitalizzare uno strumento poco rilevante, si è introdotta l’interrogazione a risposta immediata (question time). Una volta alla settimana, alle interrogazioni dei parlamentari viene data immediatamente la risposta dall’esponente del Governo. Lo scambio avviene in tempi molto serrati (7/8 minuti) ed è generalmente trasmesso in diretta televisiva. Secondo i regolamenti, lo stesso Presidente del Consiglio dovrebbe partecipare al question time almeno una volta al mese alla Camera e ogni due al Senato. Ma ciò si verifica molto raramente, rendendo meno efficace questo istituto. ● Con l’interpellanza: uno o più parlamentari possono chiedere al Governo le ragioni che hanno portato ad assumere una determinata condotta su una determinata questione. Il fatto oggetto dell’interpellanza è noto, a differenza dell’interrogazione, e serve per obbligare il Governo a rendere pubbliche le ragioni delle sue azioni. Si svolgono solo in Assemblea in ragione della loro rilevanza. La procedura prevede la presentazione dell’interpellanza, il suo svolgimento in aula, la risposta del Governo, la replica dell’interpellante e l’eventuale presentazione di una linea politica diversa da quella del Governo. Le interpellanze rimangono spesse inevase e in generale questi strumenti assurgono ormai a mere ritualità per via della più rapida circolazione delle notizie. GI SUM COCI DE PAMO La maggior parte della dottrina non riconosce una vera e propria funzione conoscitiva: le Camere hanno strumenti che permettono loro di ottenere informazioni, ma quest’attività non si svolge mai per un mero scopo conoscitivo, ma è sempre strumentale all’esercizio delle funzioni precedentemente elencate. Ne fanno parte: - Le interrogazioni, - Le interpellanze, - Le inchieste parlamentari. Vanno, infine, ricordate un’altra serie di attività utile all’esercizio della funzione legislativa: - Richieste all’ISTAT; - Chiedere pareri al CNEL; - Chiedere informazioni alla Corte dei conti; - Di deliberare in Commissioni indagini conoscitive e di svolgere audizioni con ministri e funzionari della pubblica amministrazione. Capo V: IL GON LA FOZO DE GON La costituzione detta poche regole sul governo, prevedendo solo i tratti essenziali della disciplina. Infatti sono ad esso dedicati solo gli articoli dal 92 al 96 della costituzione. I costituenti hanno riservato la disciplina che ordina la Presidenza del Consiglio e ad individuare il numero, le attribuzioni e l’organizzazione dei Ministeri. In Assemblea costituente ci incentrò sulle modalità di nomina del Presidente del Consiglio e sul suo ruolo nella determinazione della politica generale del Governo. Si deduce dall’art. 95 che il Governo è l’organo costituzionale che determina l’indirizzo politico (contribuisce qui anche il Parlamento che determina la formazione e le sorti del Governo attraverso gli istituti fiduciari) del Paese ed ha la titolarità di diverse funzioni amministrative. Il Governo è dotato anche di poteri normativi (riferimento all’adozione dei decreti legge, decreti legislativi e regolamenti). La disciplina costituzionale e la prassi. Art. 92 Cost – stabilisce che il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio e su proposta di questo, i ministri. Il Presidente della Repubblica esercita il potere di nomina del Governo a seguito delle elezioni che si svolgono alla fine di ogni legislatura. Nel caso in cui il Governo presenti le dimissioni prima del termine, il Capo dello Stato sarà chiamato a formare un nuovo Governo. Si parla di Crisi di Governo e il Presidente della Repubblica prima di nominare un nuovo Presidente del Consiglio dovrà mettere in atto delle attività non disciplinate dalla Costituzione, ma che ormai sono prassi consolidata e hanno assunto il rango di consuetudini costituzionali. Procedimento: 1) Prima di tutto, il Presidente della Repubblica deve svolgere delle Consultazioni, durante le quali incontra i presidenti dei gruppi parlamentari, i Presidenti delle Camere gli ex Presidenti della Repubblica e qualsiasi altra figura ritenuta opportuna per risolvere la crisi. Se la situazione è critica possono essere svolti due o più cicli di consultazioni. 2) Qualora le consultazioni non siano state sufficienti a individuare tale soggetto, il Presidente può affidare, anche se non necessariamente, un mandato esplorativo ad una personalità super partes, di solito il Presidente della Camera o del Senato. NB: La figura a cui il Presidente della Repubblica affida il mandato non è la stessa persona a cui lo stesso Presidente pensa di affidare l’incarico di formare il nuovo Governo. – Esempi: Presidente Mattarella ha affidato 2 mandati, uno al Presidente del Senato e poi uno al Presidente della Camera > entrambi con esito negativo. 3) Alternativa: può essere attribuito un pre-incarico già a colui al quale ipotizza di conferire l’incarico di formare il Governo. Il pre-incaricato deve comprendere se è in grado di coagulare una maggioranza da lui successivamente presieduta. – Esempio: Napolitano affida il pre-incarico all’On. Bersani nel 2013. Se NON E’ stato possibile individuare nessun soggetto da incaricare per formare il Governo il Presidente della Repubblica dovrà sciogliere le Camere > processo fluido e flessibile - perché? – poiché il Capo dello Stato concede alle forze politiche altro tempo per la formazione del Governo. Esempio – All’inizio del XVIII legislatura sono occorsi 89 giorni, due mandati esplorativi e innumerevoli consultazioni che hanno portato alla formazione del Governo Conte. Se si E’ INDIVIDUATO un soggetto che sia in grado di formare un Governo che possa ottenere la fiducia del Parlamento, il Presidente della Repubblica procede ad affidargli l’incarico vero e proprio. A seguito del conferimento dell’incarico oralmente, l’incaricato accetta di solito “con riserva”. Cos’è? ---- è una formula di rito. Significa che il premier dell’attività di Governo e su problemi di rilevante importanza da sottoporre al Consiglio, Non adottano atti di rilevanza esterna. Quelli INTERMINISTERIALI possono farlo. COMPONENTI DEL GOVERNO: La legge ha fissato a 65 il numero massimo, compresi i ministri senza portafoglio, sottosegretari e viceministri. Le competenze del Consiglio dei ministri, del Presidente del Consiglio e dei Ministri Art. 95 Cost – “Il Presidente del Consiglio dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei ministri”. I ministri a loro volta “sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio e individualmente degli atti dei loro dicasteri”. E’ possibile desumere che, se il Presidente ha il compito di dirigere la politica generale del Governo, il Consiglio dei ministri è l’organo deputato a definirne i contenuti. Legge n.400 del 1988 – indica quali sono i compiti del Consiglio: 1. Deve determinare la politica generale del Governo e l’indirizzo generale dell’azione amministrativa, 2. Deve deliberare su ogni questione relativa all’indirizzo politico fissato dal rapporto fiduciario con le Camere e dirimere eventuali conflitti di attribuzione, Spetta la parola definitiva su tutti i disegni di legge e su tutti gli atti normativi, sugli atti che lo Stato può essere chiamato a compiere nei confronti delle Regioni e delle autonomie locali e sulle linee di indirizzo in tema di politica internazionale e comunitaria. Funzioni del Presidente del Consiglio: 1. Indirizzare ai ministri le direttive politiche e amministrative in attuazione delle deliberazioni del Consiglio dei ministri, 2. Coordinare e promuovere l’attività dei ministri in ordine agli atti che riguardano la politica generale del Governo, 3. Sospendere l’adozione di atti da parte dei ministri competenti in ordine a questioni politiche e amministrative, sottoponendoli al Consiglio dei ministri, 4. Concordare coi ministri interessati le pubbliche dichiarazioni che intendono rendere ogni volta che possano impegnare la politica generale del governo, 5. Adottare le direttive per assicurare l’imparzialità, il buon andamento e l’efficienza degli uffici pubblici e promuovere le verifiche necessarie, 6. Promuovere l’azione dei ministri per assicurare che le aziende e gli enti pubblici svolgano la loro attività secondo gli obiettivi indicati dalle leggi che ne definiscono l’autonomia, 7. Esercitare le attribuzioni conferitegli dalla legge in materia di servizi di sicurezza e di segreto di Stato, 8. Disporre l’istituzione di particolari Comitati di ministri, 9. Disporre la costituzione di gruppi di studio e di lavoro composti in modo da assicurare la presenza di tutte le competenze dicasteriali interessate ed eventualmente anche di esperti non appartenenti alla PA, 10. Titolare dell’iniziativa legislativa relativa all’apposizione della questione di fiducia alle Camere, 11. Spetta convocare il Consiglio e scegliere l’ordine del giorno, 12. Fa parte del Consiglio europeo > organo deputato a definire gli orientamenti e le priorità politiche dell’Unione. Compiti dei singoli ministri: 1. Contribuiscono alla determinazione dell’indirizzo politico in virtù della loro partecipazione ai lavori e alle deliberazioni del Consiglio dei ministri, 2. Sono a capo dei singoli ministeri che costituiscono il vertice delle amministrazioni centrali dello Stato. NB: Il numero dei ministeri, dopo vari cambiamenti risulta essere 13. I rapporti tra Presidente e Ministri 1 tesi: Il Presidente del Consiglio sarebbe da considerarsi alla stregua di un mero primus inter partes rispetto ai ministri. Egli non avrebbe alcuna supremazia nei confronti dei ministri, né guida rispetto agli stessi, dovendosi limitare a svolgere un ruolo analogo a quello di un coordinatore. Dal punto di vista costituzionale trova fondamento in 3 ragioni: 1) Nell’assenza del potere di revocare i ministri, 2) L’attribuzione collegiale del potere di determinare la politica del Governo anche alla luce dell’art. 92 Cost, 3) La responsabilità collegiale dei singoli ministri per gli atti approvati dal Consiglio dei ministri. 2 tesi: La Costituzione riconoscerebbe al Presidente del Consiglio comunque una posizione di preminenza rispetto agli altri ministri, attribuendogli il compito di dirigere la politica generale del Governo. 3 tesi: Sarebbe il fatto che, nella fase di formazione del Governo, il Presidente abbia il potere di individuare e proporre i nomi dei singoli ministri. La supremazia del Presidente rispetto ai ministri dovrebbe desumersi dal fatto che le dimissioni del Presidente, a differenza dei singoli ministri, determinano la conseguenza radicale della crisi di governo. Quindi, poiché la scelta di dimettersi del Presidente del Consiglio può porre fine all’esecutivo, questo determinerebbe una posizione di superiorità dello stesso all’interno della compagine ministeriale. Quanto accaduto nel nostro Paese tra il 1994 e il 2013 sembrerebbe poter corroborare quest’ultima impostazione. Il rapporto Governo-Parlamento Art. 94 Cost – Prevede che affinché il Governo possa entrare nella pienezza delle sue funzioni esso debba ottenere la fiducia del Parlamento entro 10 giorni dal giuramento. La fiducia costituisce la necessaria valutazione globale sul programma e sulla composizione del Governo. La fiducia iniziale deve essere votata in maniera motivata per appello nominale. Nella prassi il Presidente del Consiglio si presenta, entro 10 giorni, prima nell’una poi nell’altra Camera ed espone il suo programma di Governo. Dopo le dichiarazioni programmatiche si svolge un dibattito e poi il Parlamento vota la mozione di fiducia, la cui motivazione si sostanzia nell’adesione alle dichiarazioni enunciate dal Presidente. L’appello nominale: consente il più alto grado di trasparenza; poiché si tratta dell’atto che più di tutti impegna l’indirizzo politico del Parlamento il Costituente non ha voluto lasciare zone d’ombra. Il permanere della fiducia al Governo può essere oggetto di verifica anche durante la legislatura. In particolare, il Governo può chiedere al Parlamento di votare sulla questione di fiducia. Richiesta di fiducia: il Governo chiede al Parlamento di approvare un atto che lo stesso esecutivo ritiene fondamentale per proseguire il mandato, ponendo il Parlamento di fronte ad un’alternativa drastica. Qualora la fiducia non venisse approvata tale voto avrà come conseguenza le dimissioni del Governo stesso. In questo modo il Governo è in grado di mettere alle strette la propria maggioranza. Questa questione può essere posta dal Governo su qualsiasi deliberazione delle Camere. Anche la questione di fiducia come la mozione di fiducia si vota per appello nominale ed inoltre, il suo voto favorevole impedisce la presentazione di proposte alternative a quelle presentate dal Governo. Nella prassi i Governi ne fanno uso quando l’approvazione di un provvedimento è in bilico a causa di un non generalizzato consenso tra i parlamentari che hanno votato la fiducia iniziale; oppure, quando, in presenza di un atteggiamento ostruzionistico delle minoranze il Governo ha comunque intenzione di giungere all’approvazione di un determinato provvedimento in tempi rapidi. La mozione di Sfiducia Art. 94 Cost. – disciplina anche le modalità con cui il Parlamento può mettere fine all’esperienza di Governo in corso. Questo si verifica quando, anche in una sola delle due Camere viene approvata la mozione di sfiducia. Questa deve essere firmata da almeno 1/10 dei componenti della Camera e non può essere discussa prima di 3 giorni dalla presentazione. Deve essere motivata e votata per appello nominale affinché vi sia chiara assunzione di responsabilità politica rispetto alle ragioni della decisione che ciascun parlamentare assumerà. I 3 giorni sono necessari, oltre che per una corretta ponderazione, ad evitare gli assalti alla diligenza. La mozione viene approvata a maggioranza semplice e il preavviso consente a tutti i parlamentari di essere a conoscenza della mozione di sfiducia e di essere presenti in aula. Ciò evita che una decisione così drastica sulle sorti del Governo possa essere adottata quando in aula non c’è una presenza rappresentative delle forze politiche. Pur non essendo prevista in Costituzione si può votare una mozione di sfiducia anche contro un singolo ministro. Ciò è stato affermato con la sentenza della Corte Costituzionale con sentenza n.7 del 1996. LE CI DI GON Ogni volta che un Governo si dimette si apre la cosiddetta crisi di governo. Nella prassi distinguono le crisi parlamentari da quelle extraparlamentari. Sono determinate dall’approvazione di una mozione di sfiducia di una delle due Camere o dal voto contrario sulla questione di fiducia posta dal Governo. In questi casi il Governo è giuridicamente obbligato a presentare le dimissioni. In soli due casi la fine di un governo si è prodotta a seguito di un esplicito voto parlamentare: Governo Prodi I 1998 e Governo Prodi II 2008. Determinate dalle dimissioni spontanee del Presidente del Consiglio dei ministri indipendentemente dall’approvazione di una mozione di sfiducia o dal diniego della fiducia. Motivi: 1. Impedimento fisico, 2. Venir meno del sostegno politico di una delle forze della maggioranza, Una sconfitta elettorale intermedia e ragioni di carattere personale. Altre autorità sono invece preposte alla tutela di specifici diritti, libertà o interessi di natura costituzionale, come il diritto alla riservatezza o la prevenzione della corruzione. Caratteri: - Esse godono di un particolare regime di autonomia rispetto all’esecutivo e agli altri enti dello Stato. - Sono datate di poteri di normazione e di poteri sanzionatori. Problema: è l’esercizio di questi poteri normativi che rischiano di mettere in discussione il principio di legalità. Le autorità esercita legittimamente i loro poteri se e in quanto sia garantito un “principio di legalità procedimentale, da intendersi nel senso del necessario rafforzamento delle “forme di partecipazione” al procedimento di formazione dell’atto normativo dei soggetti interessati. Però c’è un problema: - Si consente ad un’autorità priva di legittimazione democratica di regolare, in assenza di un fondamento legislativo, settori delicati che incidono sui diritti delle persone. A tal proposito le persone conservano la possibilità di ricorrere di fronte al giudice amministrativo per violazioni sui loro interessi legittimi e diritti. Capo VI: IL PEDE DE REBA NO INDIV Art. 87 Cost. – “Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato e rappresenta l’unità della nazione”. Si tratta di un organo monocratico. Prassi dei singoli Presidenti: 1. De Nicola – Capo provvisorio 2. Einaudi 3. Gronchi 4. Segni 5. Saragat 6. Leone 7. Pertini 8. Cossiga 9. Scalfaro 10. Ciampi 11. Napolitano – x 2 volte 12. Mattarella. Tutti i presidenti sono stati al centro della scena politica e istituzionale italiana. Le funzioni attribuite a ogni singolo Presidente hanno come obiettivo quello di garantire l’armonico funzionamento dei poteri, politici e di garanzia, nonché di consentire allo stesso Presidente della Repubblica di indirizzare gli appropriati impulsi ai titolari degli organi che devono assumere decisioni di merito, senza mai sostituirsi a questi o in ipotesi di blocco o stasi, adottando provvedimenti intesi a riavviare il normale ciclo di svolgimento delle funzioni costituzionali. La Corte costituzionale afferma che il Presidente della Repubblica è stato collocato dalla Costituzione al di fuori dei tradizionali poteri dello stato e al di sopra di tutte le parti politiche. Succede però, che nei periodi difficili in cui i partiti sono incapaci di dare al Paese continuità e stabilità istituzionale è il Presidente ad ergersi a protagonista per individuare una soluzione in grado di sbloccare fasi di stallo. In situazioni meno complicate il ruolo di garante della Costituzione ha dimostrato come i Costituenti avessero delineato una figura capace di elevare un argine a scelte sospette di incostituzionalità. Il Capo dello Stato non assumendo posizioni di parti garantisce che il disegno costituzionale non subisca fratture e si fa così garante dei principi costituzionali che nella loro unitarietà rappresentano il collante dell’unità nazionale. IL COGO ELRA E LE MOTÀ DI ELO Il Presidente della Repubblica non viene eletto direttamente dal corpo elettorale, ma da un collegio elettorale formato dai parlamentari e dai rappresentanti delle regioni. Un Presidente eletto dal popolo dovrebbe necessariamente poter intervenire nella determinazione dell’indirizzo politico, ma nell’ordinamento italiano questo compete solo al Parlamento e al Governo e dunque una scelta simile sarebbe risultata essere incompatibile. Art. 85 Cost – Le operazioni di elezione devono iniziare 30 giorni prima che scada il mandato presidenziale in corso. Il presidente della Camera deve convocare il Parlamento in seduta comune e i delegati regionali. Se le Camere sono sciolte o mancano meno di 3 mesi alla loro cessazione, l’elezione ha luogo entro 15 giorni dalla riunione delle Camere nuove. Nel frattempo, sono prorogati i poteri del Presidente in carica. La scelta viene quindi affidata al Parlamento neoeletto. Art. 83 Cost - Modalità di elezione: La scelta spetta ad un collegio elettorale speciale, formato da tutto il Parlamento integrato da 3 delegati di ciascuna Regione eletti dai rispettivi Consigli Regionali (la Val d’Aosta ha un solo delegato). Lo stesso articolo specifica che i Consigli regionali, nella scelta dei delegati, devono assicurare la rappresentanza delle minoranze. I singoli statuti regionali prevedono le modalità di elezione dei delegati. I delegati regionali rappresentano meno del 6%. L’articolo disciplina anche che l’elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell’assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta. Si tratta di un quorum molto elevato, a testimonianza della convergenza politica trasversale sulla figura presidenziale. Nella storia della Repubblica sono stati solamente due i Presidenti eletti al primo scrutinio: Cossiga e Ciampi. Mattarella è stato eletto al 4 scrutinio. Art. 87 Cost – dispone che lo scrutinio sia segreto e che non ci siano candidature ufficiali. Questo assicura una maggiore libertà per l’elettore e garantisce sul Presidente della Repubblica l’indipendenza nei confronti dei partiti. Nella prassi, però, l’elezione risulta un momento delicato e imprevedibile, tanto che sono sorti episodi con protagonisti i franchi tiratori, cioè i parlamentari che non seguono le direttive del gruppo parlamentare di appartenenza. > esempio: nel 2013 l’elezione di Prodi, apparentemente scontata venne BOCCIATA per 101 franchi tiratori. I requisiti di eleggibilità e la durata del Mandato L’art 84 Cost. – stabilisce che può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto 50 anni d’età e goda di diritti civili e politici. Non è necessario essere un parlamentare. In sole due occasioni è stata eletta una personalità che in quel momento non svolgeva un incarico parlamentare: Ciampi era ministro del Tesoro e del Bilancio e Mattarella era giudice costituzionale. Art 85 Cost. – stabilisce poi che l’incarico presidenziale dura 7 anni ed è incompatibile con qualsiasi altra carica. Questa durata ha l’obiettivo di garantire l’indipendenza del Presidente della Repubblica rispetto alle Camere e di preservare la doverosa continuità nell’esercizio delle funzioni presidenziali. Nella storia, la durata dei mandati è stata più breve. > Segni si dimise dopo 2 anni e il 2 mandato di Napolitano durò 21 mesi. QUON DE RIIN DE CA DE SA: La rielezione del Presidente Napolitano rappresenta un fatto senza precedenti nella storia della Repubblica. L’art. 85 non contiene alcun limite alla possibilità di rielezione; sebbene non siano mancate, proposte di divieto. La questione sembra doversi affrontare nel concreto svolgersi dell’esperienza costituzionale italiana. In questo senso, la rielezione del Presidente della Repubblica è parsa UN’EVENTUALITA’ LEGATA A CIRCOSTANZE ECCEZIONALI. Non ci sono stati altri casi. Gli impedimenti e la Cessazione dell’incarico Art. 86 Cost – le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente del Senato che dovrebbe limitare la sua attività all’ordinaria amministrazione > IMPOSSIBILE in quanto il sistema potrebbe richiedere l’adozione di atti eccezionali, come il rinvio di una legge, o la nomina di un nuovo governo etc.) Le cause impeditive possono essere: - Temporanee: sono considerati un viaggio all’estero, una situazione di malattia, la sospensione dalla carica in ragione di una pronuncia della Corte costituzionale per alto tradimento. - Permanenti: sono le dimissioni, la morte, una situazione di malattia irreversibile, la destituzione dalla carica in seguito alla sentenza della Corte costituzionale, la decadenza dalla carica per la perdita della cittadinanza o dei diritti civili e politici. A riguardo degli atti che svolge il supplente, va ricordato che l’unico precluso è lo scioglimento anticipato delle Camere a cui viene applicato in via analogica l’art 80 Cost, secondo cui il Presidente della Repubblica non può sciogliere le Camere nell’ultimo semestre di mandato. Art 86 Cost. – prevede che in caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica, il Presidente della Camera indice l’elezione del nuovo Presidente entro 15 giorni salvo termine maggiore se le Camere sono sciolte o manca meno di 3 mesi alla loro cessazione. Terminato l’incarico presidenziale, si assume di diritto la carica di senatore a vita. GI AT DE PEDE DE REBA L’art. 87 Cost – presenta un elenco di atti di competenza del Capo dello Stato. Le funzioni presidenziali si possono classificare secondo due diverse prospettive: - La prima fa riferimento al potere o all’organo dello Stato cui ineriscono le varie funzioni; inoltre occorre verificare se l’atto presidenziale sia riconducibile ad una La concessione della grazie e la commutazione delle pene. > Al Presidente della Repubblica è attribuita la facoltà di esercitare i cosiddetti poteri di clemenza su singole persone. GRAZIA: si estingue totalmente o parzialmente la pena che è stata inflitta. Su questo tema, la Corte ha stabilito che il suo impiego debba essere entro ambiti circoscritti destinati a valorizzare soltanto eccezionali esigenze di natura umanitaria. Questo affinché possa non essere considerata una violazione al principio di uguaglianza. > Nel 2013 Napolitano concesse la grazia ad un militare statunitense condannato per aver organizzato il sequestro di un Imam. GIUSTIFICAZIONE? --- situazione delicata sotto il profilo delle relazioni bilaterali con un Paese amico. COMMUTAZIONE: la pena irrogata si trasforma in una pena diversa. Le altre funzioni Presidenziali Sono: La nomina di 5 giudici costituzionali: il Capo dello Stato ha il compito di nominare 1/3 dei membri che compongono la Corte costituzionale, Lo scioglimento dei Consigli Regionali e la rimozione dei Presidenti delle Giunte regionali. Questi poteri possono essere esercitati qualora gli organi regionali citati commettano atti contrari alla Costituzione, violino gravemente la legge o per ragioni di sicurezza nazionale, Il potere di esternazione libero: si tratta di un potere che non è codificato in Costituzione ma che non è possibile mettere in discussione. LA CASAZE DE AT PEDIL IN BA AL SOT Gli atti presidenziali possono essere catalogati anche in base alla paternità dell’atto stesso. Art. 89 Cost – prevede che nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti che ne assumono la responsabilità. Le Categorie sono: - Atti formalmente e sostanzialmente presidenziali (in senso stretto): si tratta di atti la cui iniziativa è imputabile al Presidente della Repubblica perché è lui stesso a decidere se adottare quell’atto e a stabilirne i contenuti. Ricordiamo: o La convocazione straordinaria delle Camere, o La nomina di 5 senatori a vita, o La promulgazione, Il rinvio al Parlamento della legge, o L’invio di messaggi alle Camere, o Concessione della grazia, o Nomina dei 5 giudici costituzionali. - Atti formalmente presidenziali ma sostanzialmente governativi: Il Presidente della Repubblica non ha alcun potere decisorio con riferimento al loro contenuto. Le determinazioni sui contenuti sono imputabili esclusivamente al Governo. Il Presidente svolge un controllo rispetto alla conformità a Costituzione e può rifiutarsi di procedere all’adozione se li ritiene illegittimi. Fanno parte: L’emanazione di decreti legge, decreti legislativi e regolamenti, o L’autorizzazione alla presentazione dei singoli disegni di legge di iniziativa governativa alle Camere, La nomina dei funzionari di Stato, o L’accreditamento dei funzionari diplomatici, La ratifica dei trattati internazionali, o Il conferimento delle onorificenze e gli atti assunti al comando delle Forze Armate. - Atti formalmente presidenziali e sostanzialmente complessi: Il contenuto sostanziale di questi atti nasce dall’incontro delle volontà del Governo e del Presidente. Fa parte: La nomina del Presidente del Consiglio che non può avvenire qualora lo stesso non voglia. - Atti dovuti: Atti in merito ai quali non è riscontrabile alcuna discrezionalità né rispetto all’adozione, né rispetto ai contenuti. E’ la stessa Costituzione a imporne l’esecuzione e sono: La promulgazione in caso di riapprovazione della legge, o Lo scioglimento delle Camere, o L’indizione delle elezione delle nuove Camere. - Atti di incerta classificazione: sono quegli atti la cui riconducibilità all’una o all’altra categoria sopra citate è molto dibattuta e oggetto di dibattiti dottrinali. > Esempio: In merito al provvedimento di scioglimento anticipato delle Camere. > la dottrina oscilla tra coloro che lo ritengono un atto presidenziale in senso stretto e coloro che, ritengono comunque indispensabile una condivisione della decisione col Governo. LA CORMA MITI Art. 89 Cost – stabilisce che nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti che ne assumono la responsabilità. Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche dal Presidente del Consiglio dei ministri. > Questa norma indica che gli atti presidenziali NON possono essere assunti se non c’è un controllo da parte dell’Esecutivo. QUINDI? Sorge la necessità, che, ai fini della loro validità, tutti gli atti siano accompagnati dalla firma di un componente del Governo. Art. 90 Cost – stabilisce ancora che il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. > La responsabilità si sposta quindi in capo al ministro controfirmante. QUESTIONE IMPORTANTE: Quella che riguarda il valore della controfirma negli atti presidenziali in senso stretto. Su questo fatto la Corte costituzionale con sentenza n. 200 del 2006 ha chiarito che la controfirma non ha sempre il medesimo valore e svolge invece funzioni diverse a seconda del tipo di atto di cui la controfirma rappresenta il requisito di validità. La controfirma riveste carattere sostanziale quando l’atto sottoposto alla firma del Capo dello Stato è di tipo governativo. Viceversa, la controfirma ministeriale ha valore soltanto formale, quindi ha la mera unzione di rendere valido l’atto, quando l’atto sia espressione dei poteri propri del Presidente. La firma si limita, ad attestare la legittimità formale e la provenienza presidenziale dell’atto. Per quanto riguarda gli atti complessi la controfirma è espressione dell’accordo delle volontà dei due organi. La controfirma in questi casi viene apposta dal Presidente del Consiglio. NB: NON TUTTI GLI ATTI NECESSITANO DI CONTROFIRMA. NE SONO ESENTI: - Le dimissioni, - Gli atti compiuti dal Presidente in qualità di componente di organi collegiali, fatta eccezione per gli atti del CSM che attengono allo status giuridico dei magistrati, - I messaggi orali, - I regolamenti presidenziali che attengono all’organizzazione della Presidenza della Repubblica. LA RENILÀ DE PEDE DE REBA La disciplina costituzionale è finalizzata a consentire al Capo dello Stato di svolgere le sue funzioni in autonomia e con la più ampia libertà. Esistono, però, due casi in cui si potrebbe determinare la responsabilità giuridica all’esito di una procedura processuale particolare. Art. 90 Cost – evoca l’alto tradimento o l’attentato alla Costituzione quali tassative cause di responsabilità per il Presidente della Repubblica. Si ritiene che tali situazioni si verifichino qualora il Presidente ponga in essere comportamenti diretti a violare deliberatamente la Costituzione e quindi mettere a repentaglio i carattere essenziali del nostro ordinamento. In questi casi, il Presidente è sottoposto ad un giudizio d’accusa che consta di due fasi: 1) Politica: si tratta della messa in stato d’accusa da parte del Parlamento in seduta comune con voto a maggioranza assoluta. Preceduta da un’istruttoria svolta dal Comitato costituito dai membri dello Giunte per le immunità di Camera e Senato. Questo comitato può disporre di intercettazioni, perquisizioni personali e domiciliari e anche misure cautelari. Al termine dell’istruttoria, il comitato può procedere all’archiviazione se ritiene infondata l’accusa o dichiarare la propria incompetenza qualora il reato non rientri nel novero. In alternativa può presentare una relazione sulla messa in stato d’accusa contenente le conclusioni cui è giunto il comitato > il Parlamento in seduta comune procede alla votazione. 2) Giurisdizionale: si svolge di fronte alla Corte costituzionale, solo se il Parlamento ha approvato lo stato d’accusa. Per quanto riguarda i reati commessi al di fuori dell’esercizio, il Capo dello Stato è assoggettato alla medesima responsabilità penale che grava su tutti i cittadini > La Corte costituzionale ha chiarito che NON è ammissibile l’utilizzo di strumenti quali le intercettazioni. Perché? --- coinvolgerebbero troppo la sfera di comunicazione costituzionalmente protetta dal Presidente. Capo VI – LA MATUR LA GIDIE E I SU COLI Art. 101 Cost – afferma che la giustizia è amministrativa in nome del popolo dai magistrati che sono soggetti soltanto alla legge. > significa che il magistrato è indirettamente subordinato alla volontà Ai soggetti che ne fanno parte spetta il compito di pronunciare diritto”. L’attività giurisdizionale può essere definita come l’attività di applicazione delle astratte norme giuridiche alla fattispecie concrete che vengono ad esistenza. > Questa decisione ha la capacità di imporsi tra le due parti e di diventare definitiva e incontrovertibile. del magistrato. > proprio per questa sua caratteristica viene classificato come organo di autogoverno della Magistratura. NB: Sia la sua articolata composizione, sia le sue modalità di funzionamento delineano un organo deputato, in funzione di garanzia dell’indipendenza dei magistrati, a gestire autonomamente l’organizzazione dell’ordine giudiziario, MA NON a determinare le regole della gestione stessa. Le modalità di composizione del CSM rispondono all’esigenza di realizzare un equilibrio tra plurime necessità. Il CSM si compone di 2 membri di diritto e di una parte elettiva “mista”. Membri di diritto sono: - Il Presidente della Repubblica che presiede l’organo, - Il primo presidente della Corte di Cassazione, - Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione Membri elettivi sono: - Per 2/3, magistrati eletti da magistrati, > definiti membri togati. In numero pari a 16 di cui: - 10 magistrati che svolgono la funzione giudicante, - 4 magistrati che svolgono la funzione requirente, - 2 magistrati che svolgono funzioni di legittimità presso la Cassazione. - Per 1/3, soggetti estranei alla Magistratura eletti dal Parlamento in seduta comune, > definiti membri laici. In numero pari ad 8, e trattasi di: - Professori ordinari di Università in materie giuridiche o di avvocati che abbiano alle spalle almeno 15 anni di esercizio. NB: L’elezione avviene a scrutinio segreto a maggioranza dei 3/5 dei componenti per i primi 2 scrutini e dalla 3 tornata di voto a maggioranza dei 3/5 dei votanti. Quindi: - Da un lato con i membri togati si è voluto caratterizzare la composizione del CSM in ragione delle funzioni, - Dall’altra si è cercato di evitare di costruire un organo autoreferenziale e totalmente distaccato dagli altri poteri dello Stato. La volontà di posizionare al vertice del CSM il Capo dello Stato risponde alla volontà di non sganciare del tutto il CSM dalle altre componenti della Repubblica. In realtà il Presidente della Repubblica non è nella materiale possibilità di svolgere a pieno il ruolo di Presidente del CSM, nel senso della gestione organizzativa di tutte le sedute e dei suoi lavori. Queste attività sono affidate al Vicepresidente la cui carica è affidata ad uno dei membri laici che compongono l’organo. > La funzione del PDR è di garanzia. PERCHE? - Ha concorso a proteggere l’autonomia dell’organo da attacchi esterni, - Ha in alcune occasioni richiamato il CSM ed i componenti dell’ordine a mantenersi entro i confini delle proprie competenze. I membri del CSM rimangono in carica per 4 anni e non sono rieleggibili. Durante questo periodo, non possono essere iscritti agli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale. Anche per i componenti del CSM è stata prevista la garanzia dell’insindacabilità. > prerogativa introdotta dal legislatore ordinario e non stabilita in Costituzione. Art. 105 Cost – competono all’organo le assunzioni, le assegnazioni e i trasferimenti, le promozioni ed i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati. Inoltre l’articolo assegna al CSM anche il compito di designare all’ufficio di consiglieri della Corte di cassazione alcune categorie di soggetti non appartenenti all’ordine giudiziario. Art 107 Cost – riserva in esclusiva all’organo il potere di dispensare, sospendere o destinare ad altre sede o funzioni i magistrati, nel rispetto di talune garanzie o con il loro consenso. Si tratta di provvedimenti che ricadono sul rapporto di lavoro del magistrato con l’obiettivo di sottrarli alla sfera di influenza del potere esecutivo. A tale proposito la Costituzione ha stabilito che l’organo esercita le sue competenze secondo le norme dell’ordinamento giudiziario stabilite con legge. Le delibere del CSM prendono normalmente la forma del decreto del Presidente della Repubblica. In questo modo, le decisioni del CSM assumono la natura di atti amministrativi, suscettibili di un controllo giurisdizionale. Coloro che vogliano impugnare un atto posso farlo davanti al Tar del Lazione, in secondo grado, davanti al Consiglio di Stato. A meno che non si tratti di provvedimenti disciplinari contro i quali è prevista la possibilità di ricorso davanti alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. GI AM DI COTA DE MIT DE GIZI Il Ministro della Giustizia, con l’entrata in vigore della Costituzione, ha subito un ridimensionamento dei suoi poteri. Ad oggi, gli è richiesto di occuparsi dell’organizzazione e del funzionamento dei servizi relativi alla giustizia. Il Ministero è chiamato a predisporre e garantire l’adeguatezza delle strutture, delle sedi, del personale amministrativo e della strumentazione. Inoltre, gli spetta anche il compito di organizzare gli uffici giudiziari, attraverso la determinazione del numero di magistrati da destinare a ciascuna sede. Al Ministro compete anche il potere di osservazione sull’efficienza degli uffici giudiziari che è strumentale all’eventuale attivazione del potere di promozione dell’azione disciplinare nei confronti dei magistrati, mettendo in moto un procedimento di cui è però dominus il CSM. La legge prevede poi un importante ruolo nelle decisioni che riguardano l’attribuzione di incarichi direttivi stabilendo che il Consiglio delibera su proposta formulata di concerto col Ministro di Grazia e Giustizia di una commissione formata da 6 dei suoi componenti di cui 4 eletti dai magistrati e 2 dal Parlamento. > in caso di controversia è il CSM a vedersi riconosciuto il diritto all’ultima parola. L’indipendenza del Magistrato Strumentali all’indipendenza del magistrato sono: - L’ingresso in Magistratura tramite concorso: si tratta di un metodo di selezione in grado di assicurare ad un tempo due esigenze: 1. Trovare persone dotate di una preparazione tecnico-giuridica adeguata, attraverso il metodo concorsuale, basato su criteri obiettivi e trasparenti, 2. Improntare sin dall’inizio all’indipendenza la carriera dei magistrati. Una valutazione basata solo sul merito, che esclude la via di accesso alla magistratura tramite nomina di un’altra autorità, impedisce che tra questa ed il magistrato si istauri un rapporto di dipendenza. Queste regole presentano alcune eccezioni: - In primo luogo ci sono i cosiddetti magistrati onorari, come il giudice di pace, i giudici onorati di Tribunale, i viceprocuratori onorari, che contribuiscono a rispondere all’imponente carico di lavoro. La riforma del 2017 prevede che i candidati che svolgono le funzioni di magistrato onerario verranno individuati a seguito di un bando pubblico e all’esito di una valutazione. Per essere ammessi alla selezione è indispensabile aver conseguito la laurea, mentre gli altri titoli di merito posseduti costituiscono elementi utili per la formazione della graduatoria. Lo stesso articolo prevede poi la nomina senza concorso per alcuni consiglieri della Corte di cassazione scelti per meriti insigni e avvocati con almeno 15 anni di servizio iscritti agli albi delle giurisdizioni superiori, - L’assegnazione di sede e funzione e l’inamovibilità del magistrato. L’art 104 Cost - attribuisce al CSM il compito di assegnare il magistrato alla sede e alla funzione. L’art. 107 Cost – prescrive l’inamovibilità del magistrato. Questa regola mette il magistrato al riparo dal rischio di trasferimenti arbitrari dietro i quali si possono nascondere interessi politici. Il principio conosce, delle eccezioni. Il magistrato può essere destinato ad altra sede o funzione solo su decisione del CSM in due ipotesi: che il magistrato acconsenta al trasferimento o che, in assenza di consenso, il trasferimento sia adottato per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall’ordinamento giudiziario. Un’ipotesi è quella del trasferimento disposto nell’ambito del procedimento disciplinare. Il trasferimento può essere adottato sia in via cautelare e dunque provvisoriamente durante il procedimento sia all’esito del procedimento. Questo accade quando il CSM ritenga che per la condotta tenuta, la permanenza nella stessa sede o nello stesso ufficio appare in contrasto con il buon andamento dell’amministrazione della giustizia. Quindi, il CSM conserva un margine di apprezzamento nel valutare se ricorrano o meno le esigenze di un trasferimento del magistrato. Un’altra ipotesi è quella del cosiddetto trasferimento per incompatibilità ambientale. Inizialmente, il magistrato poteva essere trasferito di sede o assegnato ad un’altra funzione quando, per qualsiasi causa anche indipendente da sua colpa, non fosse più nella condizione di amministrare giustizia nelle condizioni richieste dal prestigio dell’ordine giudiziario. Quest’ambigua disposizione dette luogo ad applicazioni distorsive della sua ratio. Di fatto, il CSM aveva infatti utilizzato l’istituto a mo’ di sanzione disciplinare, ma senza le garanzie che circondano il procedimento disciplinare. Il decreto legislativo del 2006 è intervenuto e ora la disposizione stabilisce che il trasferimento può essere disposto nei confronti dei magistrati quando per qualsiasi causa indipendente da loro colpa non possono svolgere le proprie funzioni con piena indipendenza i imparzialità. - La distinzione solo funzionale tra magistrati e le progressioni in carriera. L’art 107 Cost – statuisce che essi si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni. Quest’assenza di gerarchia sta a significare che giudici di grado superiore non sono nella condizione di vincolare giuridicamente i giudici di grado inferiore. In questo senso, va ricordato che le pronunce dei magistrati, di qualsiasi grado di giudizio, hanno tutte la stessa efficacia, essendo le sentenze preordinate a passare in giudicato una volta esaurita la possibilità di ricorso a mezzi di impugnazione ordinaria. La nuova disciplina fa perno su procedure concorsuali, alle quali possono accedere solo i magistrati che abbiano conseguito la valutazione di professionalità richiesta. Le valutazioni si svolgono periodicamente, al fine di riscontrare le capacità, la laboriosità, la diligenza e l’impegno del magistrato. Le verifiche cui sono sottoposti i magistrati ai fini della progressione in carriera non possono riguardare in nessun caso l’attività di interpretazione del diritto. Per il conferimento di funzioni semi-direttive e direttive, la legge richiede oltre al superamento di un certo numero di valutazione di professionalità, anche ulteriori requisiti volti a testare l’attitudine del magistrato a svolgere compiti di gestione, organizzazione e direzione.
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