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Dispensa diritto costituzionale, Dispense di Diritto Costituzionale

Dispensa diritto costituzionale libro

Tipologia: Dispense

2020/2021

Caricato il 16/04/2024

federica-bellino-1
federica-bellino-1 🇮🇹

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Scarica Dispensa diritto costituzionale e più Dispense in PDF di Diritto Costituzionale solo su Docsity! DINHO COS++Uzionale n999099609 AAAAASAAAAAANA n9999909 AAAAASAAAAAANA e © 0 © 0 ©. o © mann cogitue A A A 1 CPITOLO I: LO STATO COSTITUZIONALE 1. LO STATO Lo stato è la principale organizzazione della vita collettiva. Lo stato moderno convenzionalmente nasce in Europa a metà del 1600 da un processo di concentrazione del potere nelle mani del sovrano. Lo stato ha diverse caratteristiche: • è un’organizzazione ad appartenenza necessaria: ogni individuo fa necessariamente parte e dal quale nessuno può sottrarsi (non si sceglie di far parte di un certo stato) • ha natura autoritaria: l’individuo non si trova mai posto sullo stesso livello dello stato in quanto deve rispettare le regole. • Assume su di sé il monopolio della forza→ fa rispettare le regole attraverso apparati indipendenti, solo lo stato può privarci della libertà personale, chiedere il pagamento delle imposte... può prestare questa forza per garantire l’osservanza dei patti tra i privati (es. appartamento in affitto, lo stato aiuta in caso di mancato rispetto del patto di locazione) • lo stato si fa garante di altri ordinamenti e presta la propria forza per garantire l’osservanza dei patti e dei rapporti privati • la sovranità può essere interna o esterna→ SOVRANITA’ INTERNA: esclude che senza il suo consenso nel proprio territorio si manifestino altri poteri capaci di imporsi con l’uso della forza sui cittadini→art. 1 costituzione→ la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione. SOVRANITA’ ESTERNA: lo stato non riconosce entità superiori e si mantiene autonomo e indipendente e può entrare in contatto con altre entità autonome e indipendenti a loro volta→ stato e chiesa→ rapporto descritto nell’art. 7 costituzione→ lo stato e la chiesa sono ciascuno nel proprio ordine indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati da Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale. Nel corso degli ultimi sessant’anni→ “cessioni” di sovranità→ con la nascita della CEE (oggi UE)→ gli stati hanno rinunciato a parte della loro sovranità→ l’Italia ha rinunciato alla sovranità sulla moneta→ introduzione della moneta unica nel 2000→ art 11 costituzione: L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. • lo stato produce norme e fornisce servizi pubblici 2. PRIMATO DELLA LEGGE E DELLA COSTITUZIONE Ci sono diversi fattori storico-politici che hanno portato all’affermazione dello stato costituzionale. per tutto l’Ottocento fino alla grande guerra→ stato liberale o legislativo→ fondato sul primato della legge → ha visto affermarsi dei parlamenti in funzione limitante al potere del sovrano. Novità dello stato liberale→ centralità del parlamento da cui il potere deriva dai cittadini politicamente attivi→ suffragio→ progressivamente allargato. Primato della legge→ assenza di limiti→ la legge era concepita come più alta espressione della libertà→ nasceva con il proposito di limitare l’autorità del sovrano: la legge, dunque, concedeva la libertà e il giudice (bocca della legge) garantiva l’applicazione. Primato della legge→ applicato anche alle costituzioni flessibili. Primato della legge→ importanza riconosciuta ai codici che erano lo strumento necessario per sintetizzare e razionalizzare l’ordinamento giuridico. Inoltre, i legislatori ottocenteschi→ affermano la generalità e astrattezza della legge. GENERALITA’→ eguale applicazione della legge nei confronti di tutti i cittadini. ASTRATTEZZA→ la norma non si deve esaurire con una sola applicazione ma deve presentare uno schema potenzialmente ripetibile all’infinito. La crisi dei modelli liberali→ inizio della grande guerra 1914→ esigenze belliche→ governi di unità nazionale→ sospensione di alcune garanzie e libertà e ampia produzione normativa proveniente - 4 concezioni e concetti dello stato. Entra dunque in crisi la generalità della legge astratta, e in questo contesto si fanno strada gli stati totalitari, cioè che si affermano alle esperienze della Germania e dell’Italia, del nazionalsocialismo e del fascismo. Crolla l’asse portante della separazione dei poteri. Si affermano Stati che mettono lo stato al servizio di sé stesso. Cercano di approfittarsi della rottura da parte della popolazione a loro favore. Ma non a favore del consolidamento degli istituti democratici. I diritti conquistati vengono svuotati quasi dal loro contenuto, e l’uguaglianza anche a livello formale crolla. Ciò si verifica sia in Germania che in Italia, nonostante in quest’ultima non si sia mai affermato completamente, ma gradualmente tende a favore del partito del duce, ne è un esempio lo statuto Albertino. 7. STATO SOCIALE Lo stato sociale si inizia a sviluppare a metà dell’Ottocento con l’inizio della rivoluzione industriale e con l’emergere della nuova classe sociale. Lo stato diventa un soggetto attivo nei processi politici ed economici, utilizza la spesa pubblica per creare nuove condizioni di benessere: provvede a distribuire la ricchezza. Diventa dinamico dal punto di vista economico e si comincia a ragionare degli strumenti di regolazione del mercato. Non rinnega affatto l’esperienza liberale anzi la completa ponendo attenzione alla proclamazione astratta dei diritti ma anche alla loro concreta attenzione. Centrale è la trasformazione di eguaglianza infatti era necessario garantire un principio di uguaglianza che affida allo stato il compito di rimuovere le condizioni di fatto che, limitano di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Si trasforma anche la legge: fanno ingresso le leggi speciali→ si riferiscono solo ad alcune categorie di cittadini e le leggi di provvedimento. STATI TOTALITARI Lo stato totalitario nasce in seguito alla 2 G.M. in risposta alla crisi dello stato liberale, prendono il potere regimi che negano il pluralismo politico e comprimono i diritti fondamentali. Durante un regime fascista vengono approvate altre leggi che attribuiscono poteri legislativi molto importanti al governo. Vi è un graduale spostamento dell’asse del potere, che rode quel poco di democrazia liberale che era stata conseguita. Vengono compressi i diritti delle minoranze, quello di pensiero, di ribellione, quella di creare diversità tra partiti politici, tant’è vero che c’era solo quello fascista. Esempio di ciò è Vittorio Emanuele III che scrive le leggi sulla razza. Gli stati totalitari, quindi, opprimono i diritti delle minoranze e, allo stesso tempo, non appena vengono creati gruppi contro il partito fascista, annientano il diritto a quelle libertà. Si limita la libertà di riunione, e associarsi a partiti politici diversi. Una delle manifestazioni più di basso regime è l’approvazione dei decreti sulla razza, fortemente voluto dal duce e richiesti dalla Germania, che limitano i soggetti di nazionalità o cultura ebraica di quasi tutte le libertà, insegnare, studiare, andare a lavoro, ecc…, ed è qui che l’uguaglianza formale va proprio in frantumi. 8. LE FORME DI STATO NELLA DIVISIONE TERRITORIALE DEL POTERE Gli stati si possono studiare anche a partire dalla distribuzione del potere ne territorio ed esistono tre forme di stato: stato centrale, stato federale e stato regionale. STATO CENTRALE Lo stato centrale è connotato dal’ ’assenza di un’articolazione del potere nel territorio: esiste un solo centro dell’ente statuale che è titolare del potere sovrano. Nasce nel XVI sec. con lo scopo di sopperire al particolarismo e alla frammentazione dell’ordinamento medievale. STATO FEDERALE Nello stato federale i decentramento politico è massimo in esso si affiancano allo stato centrale delle entità territoriali denominate stati membri che rappresentano politicamente le comunità locali. Lo stato federale può nascere da un percorso aggregativo dove più stati decidono di unirsi in uno stato federale (stati uniti e svizzera) oppure da un percorso disgregativo dove trae origine da una emersione di articolazioni territoriali all’interno di uno stato centrale (Belgio, Austria, Germania). Gli stati membri sono enti autonomi ma non sovrani, lo stato federale è dotato di una costituzione che sta al vertice dell’ordinamento giuridico e inoltre poi sono presenti anche delle costituzioni degli stati 5 membri che devono sottostare alla costituzione federale. La costituzione è modificabile solo con il consenso degli stati membri che sono tenuti a partecipare alla revisione costituzionale e che sono tutelati da una Corte costituzionale federale. Un’altra caratteristica è la composizione bicamerale formato da una prima camera rappresentativa dei cittadini di tutto il territorio e una camere che costituisce l’emanazione degli stati membri. STATO REGIONALE Lo stato regionale è uno stato unitario i cui operano enti territoriali intermedi dotati di autonomia politica. Nascono nel Novecento dopo processi di parziale disarticolazione di stati centrali. Se l’ente regione è previsto dalla costituzione allora si ha uno stato regionale, ente che per essere eliminabile deve seguire un procedimento legislativo particolarmente complesso. Le regioni condividono la potestà legislativa con lo stato centrale e non partecipano al procedimento di revisione costituzionale, a differenza dello stato federale le regioni non hanno una costituzione ma uno statuto STATO COSTITUZIONALE Si afferma dopo la 2 guerra mondiale ed è caratterizzato dal primato della costituzione I principi che caratterizzano lo stato sono messi al riparo dalle mutevoli maggioranze elettorali (rigidità della costituzione= per cambiarla c’è bisogno di un procedimento aggravato). Non è sufficiente per avere uno stato costituzionale una costituzione che si limiti a descrivere l'organizzazione statuale (concezione descrittiva di costituzione); ma è necessario che la costituzione preveda la separazione dei poteri e garantisca i diritti dei cittadini dalle ingerenze del potere (concezione prescrittiva della costituzione). La costituzione contiene le regole fondamentali del vivere nella nostra società. Nelle costituzioni europee i primati della costituzione erano semplicemente scritti nero su bianco, diventano effettivi attraverso un organo che cancella le leggi istituzionali. Se lo stato propone una legge contro la costituzione interviene la CORTE COSTITUZIONALE e la ritiene INCOSTITUZIONALE eliminandola. Lo stato costituzionale riconosce i diritti sociali. Le costituzioni dello stato costituzionale si chiamano LUNGHE, perché al contrario dello Statuto Albertino hanno riconosciuto i diritti sociali. Lo Statuto Albertino è comunque rimasto in vigore durante tutta l’esperienza fascista. Era una costituzione concessa da Carlo Alberto che conteneva la separazione dei poteri e di alcuni diritti, ma era riconosciuta in modo molto limitato. Tutte le costituzioni precedenti alla Seconda guerra mondiale venivano considerate come una legge, e prendono il nome di costituzioni FLESSIBILI. Ma una nuova legge che da un sacco di potere all’esecutivo al duce, non è in contrasto con lo Statuto Albertino perché viene applicata la legge più recente. Tutte le precedenti costituzioni alla Seconda guerra mondiale sono flessibili perché bastava una legge per cambiarle 9. FORME DI GOVERNO Per forma di governo si intende il modo in cui il potere è distribuito e organizzato fra i diversi organi statali, la forma di governo si può dividere in: - Monarchia → il capo dello stato non è rappresentativo ne elettivo, la carica dura tutta la vita e il governo è autocratico - Repubblica→ il capo dello stato è rappresentativo ed elettivo, la carica ha durata limitata e il PDR opera in uno stato democratico ovvero il potere risiede nel popolo - Forma di governo pura → regimi nel quale un solo organo detiene il monopolio del potere politico - Forma di governo mista → il potere è ripartito in più poteri 10. MONARCHIA COSTITUZIALE Il potere è ripartito fra due organi: il re e il parlamento. Il re è titolare del potere esecutivo e di quello giurisdizionale mentre il parlamento del potere legislativo. I ministri sono nominati dal re che può revocarli e non esiste un rapporto di fiducia tra governo e parlamento. 11. FORMA DI GOVERNO PARLAMENTARE La forma di governo parlamentare si basa sul rapporto di fiducia tra governo e parlamento. Può ambientarsi in un contesto monarchico o repubblicano. Il PDR ha un ruolo di garanzia di equilibrio 6 tra i poteri in posizione di neutralità ed è fondamentale per le crisi istituzionali. Inoltre, esiste una differenza tra sistema maggioritario e i sistemi proporzionali. -PARLAMENTO INGLESE→ sistema maggioritario fondato sul bipartitismo -PARLAMENTO TEDESCO→ multipartitismo temperato→ numero dei partiti ristretto -PARLAMENTO ITALIANO→ multipartitismo estremo→ elevato numero di partiti. 12. FORMA DI GOVERNO PRESIDENZIALE=STATI UNITI Si fonda sulla ripartizione del potere fra due organi: presidente e assemblee elettive. Il presidente viene eletto dai cittadini e detiene il potere esecutivo mentre le assemblee detengo il potere legislativo. L’aspetto che caratterizza questo forma di governo è la separazione del potere legislativo ed esecutivo. 13. FORMA DI GOVERNO SEMI-PRESIDENZIALE E GOVERNO DIRETTORIALE FORMA DI GOVERNO SEMI-PRESIDENZIALE=FRANCIA Il PDR è eletto dal popolo e nomina il governo che può essere sfiduciato dal parlamento. Il capo dello stato deve esercitare i suoi poteri attraverso il governo FORMA DI GOVERNO DIRETTORIALE=SVIZZERA Forma di governo particolare, si hanno due organi costituzionali: parlamento e governo. Il governo viene eletto dal potere legislativo e una volta entrato in carica diventa autonomo e i due organi dunque procedono parallelamente. Non è possibile che il parlamento possa dimettere il governo 14. LA COSTITUZIONE ITALIANA DALLO STATUTO ALBERTINO AL REGIME FASCISTA Lo statuto albertino entra in vigore nel 1848 (concesso da Carlo Alberto di Savoia, re di Sardegna), si ispira al modello della monarchia costituzionale francese: il re vedeva limitati i propri poteri dalla presenza delle camere. Egli esercitava, attraverso i ministri, il potere esecutivo; nominava i magistrati e interveniva nella funzione legislativa mediante la convocazione e lo scioglimento delle camere. Lo statuto era elastico e flessibile. L'elasticità ha consentito un'interpretazione evolutiva delle sue disposizioni mentre la flessibilità ha permesso la modificazione formale attraverso una legge ordinaria. a seguito dell'unificazione dell'Italia il sistema costituzionale vede l'estensione dell'applicazione dello statuto albertino tutto il territorio il Parlamento si afferma come perno nella definizione dell'indirizzo politico e stabilisce un rapporto fiduciario col governo quale organo costituzionale a sé stante separato dalla corona. la crisi del modello liberale trova il suo apice con le riforme fasciste tra il 1922 il 1928. Queste riforme modificano i principi fondamentali dello Stato: - 1922→istituito il gran consiglio del fascismo che ha un ruolo costituzionale e il re sceglie il capo del governo - 1923→ legge acerbo attraverso cui si introduce una formula maggioritaria con collegio unico nazionale in modo tale da neutralizzare la rappresentanza delle opposizioni contrarie al regime fascista - 1925/1926→ diverse riforme che consentono l'emersione del figura del capo del governo come organo centrare nel sistema costituzionale. - Ventennio fascista→ le libertà diventano oggetto di numerose violazioni sia previste dalla legge sia attraverso provvedimenti amministrativi e ciò determina l'abrogazione tacita dello statuto - 1939→la Camera dei deputati viene soppressa e sostituita con la Camera dei fasci delle corporazioni: la rappresentanza elettiva fa spazio alla rappresentanza degli interessi delle categorie economiche e sociali 15. FINE DEL FASCISMO E COSTITUZIONE PROVVISORIA nel 1943 ha inizio la transizione dello Stato fascista al regime costituzionale democratico data dalla revoca di Mussolini. Il re Vittorio Emanuele III nominò il governo Badoglio composto di tecnici e militari che tentò ritorno allo statuto modificando abrogando alcuni istituti del regime fascista attraverso decreti-legge. Il CLN composto da partiti antifascisti si oppose l’8/09/1948 (giorno dell’armistizio) al tentativo del governo Badoglio di ripristinare le precedenti istituzioni statutarie e si 9 dall'esigenza di un moderato esercizio del potere con l'esigenza della separazione dei poteri e l'attribuzione a ciascuno di essi di una specifica funzione. Principio garantistico→ prevale su quello democratico con riguardo al potere giudiziario e alla Corte costituzionale. La giurisdizione è esercitata in posizioni di indipendenza dagli altri poteri dello Stato e di terzietà rispetto agli interessi coinvolti al fine di realizzare una genuina tutela dei diritti. La costituzione non si limita a considerare la Repubblica come ente a se stante ma la colloca entro la comunità internazionale che è fondata sugli ideali del rispetto dei diritti dell'uomo e di pacifica collaborazione fra le azioni questo è il principio internazionalista che consente anche l'apertura dell'ordinamento verso valori fine esterni funzioni di garanzia sia dei diritti del cittadino dello straniero sia del carattere democratico dello Stato 20. STATO DEMOCRATICO DI FRONTE ALLA PANDEMIA Con la diffusione del Covid-19 le istituzioni si sono trovate ad affrontare impreparate una situazione inattesa anche in ragione di un quadro costituzionale che non prevede una specifica disciplina finalizzata a regolare prolungate situazioni di emergenza. FASI DELL’EPIDEMIA - Febbraio-aprile 2020→ severa limitazione dei diritti di circolazione di movimento delle persone che ha avuto conseguenze ripercussioni anche sull'esercizio di molti altri diritti costituzionali. Per circa due mesi si è imposto in tutto il paese il lockdown alle persone è stato fatto divieto di uscire di casa se non per motivi indifferibili e urgenti non state vietate le riunioni sono stati chiusi tutti i luoghi di lavoro se sospesa l'attività giurisdizionale sono state chiuse scuole università conto mai nella storia d'Italia si è verificata una situazione di sospensione generalizzata di tante libertà garantite dalla costituzione. - Maggio-settembre 2020→ le misure di restrizione sono state pian piano allentate per una minore diffusione del virus e una diminuzione del contagio - ottobre 2020-Aprile 2021→ sono state nuovamente introdotte rigorose misure di restrizione diritti delle persone come, per esempio, il divieto di spostamento tra le regioni punto - Maggio 2021→ avvio massivo della campagna vaccinale che ha portato a una flessione sensibile dei casi di contagio e a un generale abbandono delle misure restrittive ASPETTI NEGATIVI Oltre alle restrizioni ai diritti fondamentali la pandemia ha determinato notevoli tensioni anche sul principio di separazione dei poteri. le rigorose limitazioni diritti sono state veicolate perlopiù da una serie di numerosi decreti del presidente del Consiglio dei ministri: peculiari fonti del diritto che hanno determinato una sostanziale esautorazione della gestione dell'emergenza non solo del Parlamento ma anche dell'organo governativo considerato nel suo complesso. La concentrazione di poteri era nelle mani del presidente del consiglio del commissario straordinario all'emergenza da lui stesso nominato che ha creato una fortissima tensione con il principio di separazione dei poteri. Inoltre, la situazione pandemica ha evidenziato le difficoltà in cui versa il sistema regionalistico italiano, le regioni si sono spesso contrapposte alle politiche messe in atto dallo stato in alcuni casi hanno adottato misure in contraddizione rispetto a quelli statali contenute in ordinanze o in leggi regionali che hanno portato lo stato ricorrere di fronte alla Corte costituzionale. ASPETTI POSITIVI L'unione europea ha introdotto misure di sostegno indirizzata a favorire nell'ottica della solidarietà tra gli Stati la ripresa delle economie nei paesi più colpiti. L'Italia ha concretizzato ciò nell'adozione del piano nazionale di resistenza e resilienza che ambisce a riformare entro il 2026 quattro settori centrali della vita del paese: pubblica amministrazione giustizia, semplificazione della legislazione e promozione della concorrenza grazie anche a un cospicuo piano di investimenti finanziato con i fondi europei. CAPITOLO II: LE FONTI DEL DIRITTO.NOZIONI GENERALI 1. FONTI DEL DIRITTO Le norme giuridiche sono regole vincolanti che disciplinano comportamenti e rapporti in una qualsiasi società organizzata. Compongono l’ordinamento giuridico che è un sistema in costante evoluzione poiché le regole giuridiche sono soggetti a continue modifiche. Le norme giuridiche vengono prodotte dalle fonti di diritto che si articolano in due tipologie: 10 - Foni di produzione del diritto → sono quelle che mettono direttamente nell'ordinamento le norme giuridiche che regolano la vita in comune. sono quegli atti o fatti di cui l'ordinamento riconosce l'idoneità a produrre modificare enormi giuridiche. - Fonti sulla produzione del diritto→ hanno un ruolo strumentale perché stabiliscono come si produce il diritto. Sono quelle norme che indicano l'autorità il procedimento e l'atto con il quale le fonti di produzione possono essere create. Sono il mezzo attraverso cui l'ordinamento dispone in che modo una fonte di produzione può correttamente dar vita ad una norma giuridica che modifica l'ordinamento stesso le fonti del diritto sono organizzato secondo un criterio gerarchico: - Fonti super primarie: costituzione e leggi costituzionali - fonti primarie: la legge gli atti aventi forza di legge - Fonti secondarie: regolamenti - consuetudini Il criterio gerarchico impedisce ad una fonte di grado inferiore di dettare previsioni in contrasto con una fonte di grado superiore e varia anche nei rapporti tra fonti sulla produzione e fonti di produzione: una fonte di produzione del diritto non potrà essere approvata secondo modalità diverse da quelle prescritte dalla propria fonte sulla produzione. 2. FONTI DI PRODUZIONE DEL DIRITTO: FONTI ATTO E FONTI FATTO FONTI-ATTO Manifestazioni di volontà, espresse secondo determinate procedure da un'autorità individuata dall'ordinamento. Rappresentano la volontà politica→la legge→volontà del parlamento, regolamento governativo→ volontà del governo FONTI FATTO Sono eventi o comportamenti ai quali l'ordinamento riconosce la capacità di produrre norme giuridiche. Sono dei fatti che si producono indipendentemente dalla volontà degli organi e assumono la capacità di innovare l'ordinamento giuridico, non è la manifestazione di volontà, sono fatti estranei all'apparato governativo. Nel nostro ordinamento sono previlegiate le fonti fatto→ un fatto che può introdurre una regola sono le consuetudini-> fatti che si producono spontaneamente e non sono voluti da organi Tra le fonti fatto anche quelle fonti prodotte da organi non appartenenti allo stato italiano le quali hanno comunque rilievo giuridico nello stesso→ le norme di diritto internazionale privato e le norme dell'UE 3. FONTI DI COGNIZIONE Non producono diritto ma permettono di conoscere l'esistenza e il contenuto delle fonti di diritto Sono strumenti che ci permettono di conoscere l'esistenza e il contenuto delle fonti di diritto Fonti di cognizione ufficiali→ gazzetta ufficiale, bollettini ufficiali delle regioni. Riportano il testo legale che fa fede nei rapporti intersoggettivi, la pubblicazione sulle raccolte ufficiali prevista per tutti gli atti normativi che fa decorrere un termine che si chiama vacatio legis, di solito 15 giorni in cui si consente di conoscere la nuova legge-> art 73 ultimo comma-> vacatio legis 15 giorni di norma La pubblicazione su raccolte ufficiali non ha la funzione di far partire la vacatio legis ma ha scopo notiziale-> art 138 far conoscere ai cittadini il contenuto della legge che può modificare un art della costituzione-> ci può essere un referendum costituzionale, per 500 mila cittadini è possibile chiedere un referendum per approvarla o respingerla Fonti di cognizione non ufficiali→ raccolte di norme realizzate per gli operatori del settore. Sono strumentali alla conoscibilità del diritto, non concorrendo a determinarle l’entrata in vigore. 4. CARATTERISTICHE TENDENZIALI DELLE NORME GIURIDICHE:(possono anche essere non astratte, possono essere anche concrete) Generalità→ si riferiscono ad una categoria indeterminata di destinatari però il grado è variabile La generalità può essere assoluta: contiene la parola chiunque, si riferisce a tutti→ es art 575 Codice penale; può essere anche generalità ridotta→rivolta a una determinata categoria di soggetti→ art 314 Codice penale 11 Astrattezza→ capacità della norma di essere applicata a un numero indefiniti di casi, garantisce la stabilità nel tempo delle norme, che non si esauriscono in una sola applicazione Innovatività →capacità di modificare l’ordinamento. Questa qualità non deve per forza esistere. Da qui deriva la distinzione tra leggi in senso meramente formale e le leggi materiale. La costituzione italiana non richiede che le norme devono essere generali e astratte→ legislatore può approvare delle leggi che non siano generale né astratte. la norma giuridica si caratterizza per il fatto di non contenere prescrizioni individuali e di non esaurire i proprie effetti con una sola applicazione, dunque, gli atti normativi si differenziano dagli atti amministrativi che sono caratterizzati dalla circostanza di avere per destinatari uno o più soggetti individuati e di circoscrivere i propri effetti al caso singolo. Le leggi provvedimento si rivolgono a una delimitata categoria di soggetti che vengono nominalmente individuati o disciplinano situazioni che si verificano una tantum. In questi casi è molto elevato il rischio che il legislatore nell’indirizzare la disciplina ad uno o più soggetti determini una violazione di principio di eguaglianza. Le leggi provvedimento giungono al vaglio della Corte costituzionale vengono sottoposte a uno stretto scrutinio di costituzionalità sono dunque costituzionalmente legittime solo se conforme al principio di ragionevolezza: se abbiano dalla loro parte fondate giustificazioni risultanti dagli obiettivi che le hanno ispirate e non siano espressione di un esercizio arbitrario del potere legislativo. Un altro limite che incontrano è il rispetto della funzione giurisdizionale non possono essere risolte, con la forma della legge, specifiche controversie giudiziarie che siano state definitivamente decise con una precedenza e sentenza passata in giudicato. Le caratteristiche delle norme sono di carattere tendenziale ma non necessario. Il nostro ordinamento non attribuisce valenza decisiva a elementi sostanziali ma a criteri di carattere formali: siamo in presenza di una norma giuridica soltanto se essere veicolata da un atto adottato secondo quanto stabilito dall'ordinamento stesso in un'apposita fonte sulla produzione del diritto o se la norma è veicolata da un fatto cui l'ordinamento riconosce l'idoneità a produrre diritto. 5. VALIDITÀ ED EFFICACIA DEGLI ATTI GIURIDICI Validità→assenza di vizi, la fonte giuridica non si pone in contrasto con la fonte ad essa sovraordinate Invalidità→ presenza di un vizio non conforme alle regole giuridiche sovraordinate: una legge in contrasto con la costituzione ha un vizio di costituzionalità→ costituzionalmente illegittima e quindi è invalida, questa norma non può produrre effetti e non essere vincolante La legge è invalida quando è in contrasto con la costituzione. Il vizio può essere formale se riguarda il procedimento di adozione stabilito della relativa fonte sulla produzione, il vizio è sostanziale se la norma è in contrasto con il contenuto percettivo di disposizione di rango superiore. Efficacia→ efficace è un atto idoneo a produrre gli effetti giuridici voluti e ad innovare così l’ordinamento giuridico Inefficacia→limitazione degli effetti giuridici nello spazio e nel tempo incapacità di produrre effetti giuridici → LIMITAZIONE Invalidità e inefficacia si saldano quando la Corte costituzionale ha accertato il vizio Ci possono essere atti validi ma inefficaci e atti invalidi ma efficaci→ finché non emerge il vizio Per accertare i vizi servono degli organi→ Corte costituzionale Finché la Corte costituzionale non accerta il vizio la legge è efficace ma invalida La Corte costituzionale→ deve riconoscere il vizio Se una legge a un vizio la legge è efficace ma invalida Leggi valide ma inefficacie→ legge abrogata: limitazione degli effetti - ANNULAMENTO: comporta la perdita di validità. La norma annullata non può trovare applicazione. → efficacia sia per il passato che per il futuro. - ABROGAZIONE: restringe solo l’efficacia. La norma abrogata in quanto frutto di una scelta politica superata, ma non illegittima, continuerà a spiegare i suoi pur limitati effetti, dovendo essere applicata a tutti i rapporti sorti prima dell’entrata in vigore della norma abrogante. → efficacia solo per il passato→ IRRETROATTIVA. 14 retroattività mira sempre il legittimo affidamento di certe regole, la retroattività in questo caso mira a una legge già esistente→ le leggi di interpretazione autentica pongono dei dubbi di legittimità costituzionale→ intervengono quando ci sono degli orientamenti giurisprudenziali in contrasto con la volontà del legislatore→ rischio di abuso della legge di interpretazione autentica→ che nei gradi successivi di giudizio si possono sovvertire le decisioni già posti in essere e i giudizi in corso possono essere cambiati. Il rischio è che la separazione dei poteri viene messo in dubbio. L’interpretazione autentica può essere una maschera. Non c’è un ordine da cui partine il giudice, a volte i criteri possono essere utilizzati in concorso tra loro INTERPRETAZIONE DEL DIRITTO PENALE: ALCUNE PARTICOLARITÀ→ art 14 c.d. preleggi→ “le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati”→ divieto di interpretazione analogica Art 15 c.p→ “quando più leggi penali o più disposizioni della medesima legge penale regolano la stessa materia la legge o la disposizione di legge speciale regola alla legge o alla disposizione di legge generale salvo che sia altrimenti stabilito”→ criterio di specialità Per fare una corretta interpretazione→ quella che rende la legge conforme alla costituzione→ interpretazione sistematica→ connessione tra la legge e la costituzione, interpretazione molto difficile ma molto importante (1 domanda fonti del diritto, 1 domanda forma di governo 1 domanda la magistratura, regioni, parte inziale della Corte costituzionale) Riserva di legge 8. CRITERI DI RISOLUZIONE DELLE ANTINOMIE Controversia→ tra due persone, un dibattito, lite tra due individui che viene portato davanti a un giudice Contrasto→ tra due norme Le antinomie sono contraddizioni tra fonti del diritto in quanto il medesimo comportamento o il medesimo fatto della vita venga disciplinato in modo diverso da più disposizioni normative. ➔ Apparenti: è solo apparente perché nessun conseguenza si produce sulla validità/efficacia della fonte non preferita. Viene risolta unicamente sul piano interpretativo, mediante il ricorso al criterio di specialità. Le due disposizioni rimarranno entrambe valide ed efficaci, con specificazione che una sola di esse sarà applicata allo specifico caso preso in considerazione., mentre quella scartata potrà trovare applicazione in altre situazioni. ➔ Reali: che si ha quando l’operazione volta a risolvere tale antinomia, produce conseguenze sulla validità o sull’efficacia della fonte non preferita. Questa antinomia si risolve utilizzando il criterio gerarchico(tra fonti di grado diverso), il criterio di competenza e il criterio cronologico (tra fonti dello stesso grado) 9. APPLICAZIONE DEL CRITERIO GERARCHICO ➢ Criterio gerarchico: Nel nostro ordinamento le fonti del diritto→ vi è un’organizzazione gerarchica delle fonti, il criterio da utilizzare fra due disposizioni di grado diverso è dunque quello gerarchico che impone di preferire la disposizione che, tra le due, è posta a livello più elevato nella gerarchia delle fonti. La prevalenza della fonte superiore comporta l’invalidità della fonte subordinata e potrà essere annullata ovvero dichiarata illegittima. il contrasto si presenta tra: - Fonte superprimaria e fonte primaria: La Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità delle norme di grado primario secondo quanto previsto dall’ART.134 Cost. - Fonte primaria e fonte secondaria: In caso di contrasto tra una fonte primaria e una secondaria occorre procedere a una distinzione a seconda dell’autorità giurisdizionale che si trovi di fronte all’antinomia: se si tratta di un giudice amministrativo si avrà l’annullamento della fonte secondaria. ! La dichiarazione di illegittimità costituzionale e l’annullamento delle fonti secondarie hanno efficacia erga omnes ed ex tunc. Essi determinano infatti l’espulsione dall’ordinamento della norma invalida, che non potrà più essere applicata e non potrà più regolare né rapporti che 15 sorgono successivamente alla pronuncia, né quelli sorti in precedenza e ancora pendenti. Non verranno invece intaccati i rapporti considerati ‘’ esauriti’’. Il giudice ordinario si limita a disapplicare la fonte secondaria nel caso concreto. ! La disapplicazione ha effetti inter partes, cioè limitati al giudizio in cui la norma sia stata ritenuta illegittima. Significa che la disposizione conserva validità e potrebbe trovare applicazione in altri rapporti giuridici. 10. PRINCIPIO DI COSTITUZIONALITA’ E LEGALITA’ Il principio gerarchico si manifesta nel principio di costituzionalità e nel principio di legalità: PRINCIPIO DI COSTITUZIONALITA’: Comporta la subordinazione della legge e degli atti aventi forza di legge alla costituzione e alle leggi costituzionali. La nostra costituzione è rigida e dunque non può essere modificata se non seguendo un procedimento aggravato. A garanzia del rispetto della costituzione è previsto un controllo di costituzionalità sulle leggi e sugli atti aventi forza di legge, dello stato e delle regioni, tale controllo effettuato dalla corte costituzionale può comportare l’annullamento delle leggi e degli atti aventi forza di legge che sono in contrasto con la costituzione e le altre leggi costituzionali. PRINCIPIO DI LEGALITA’: trova le sue radici nel diritto otocentesco nel quale la legge godeva di un primato che la escludeva da qualsivoglia limite e che non la rendeva intoccabili da altre fonti. oggi non è più cosi in quanto la legge deve rispettare quanto previsto dalla costituzione. Dal principio di legalità discendono due corollari: PREFERENZA DELLA LEGGE ovvero il divieto delle fonti normative secodnarie e degli atti amministrativi di disporre in violazione della legge. in questa prospettiva il principio di legalità postula la soggezione della legge anche degli atti adottati nell’ambito dell’attività giurisdizionale e PREVIA LEGGE da intendersi nel senso che il potere pubblico per poter legettimamente manifestare deve essere stato preventivamente autorizzato da una fonte normativa primaria. ! in costituzione è assente un esplicito riconoscimento del principio di legalità ma ci sono richiami in alcuni articoli: Il principio di legalità è anzitutto corollario del principio di uguaglianza sancito dall’ART.3. NB: l’ART. 113 conferisce a ciascuno il potere di ricorrere contro atti della pubblica amministrazione contrari alla legge. Passando all’esame del principio di legalità quale criterio ordinatore tra le fonti del diritto; nell’articolo 4 delle Preleggi si afferma che i regolamenti governativi “non possono contenere norme contrarie alla disposizioni delle leggi”. NON è ammessa, quindi la presenza di un potere normativo autonomo della P.A. che non trovi il proprio limite e fondamento nella legge. Il principio di legalità, in assenza di indicazioni, sembrerebbe da intendersi in senso formale (il principio di legalità si ritiene soddisfatto in presenza di una legge che si limita ad autorizzare l’emanazione di un atto regolamentare o amministrativo). Solo quando la Costituzione richiede espressamente che una certa materia sia disciplinata dalla legge (riserva di legge), il principio di legalità sembrerebbe da intendersi in senso sostanziale (la legge deve determinare anche i principi cui l’attività pubblica si deve conformare). 11. RISERVA DI LEGGE ➢ Riserva di legge: Attraverso la previsione di una RISERVA DI LEGGE, la Costituzione prescrive che una certa materia sia disciplinata dalla legge o da un atto avente forza di legge escludendo o limitando l’interventi di fonti ad essa subordinate. Con la presenza di una riserva di legge si conferisce al legislatore, un potere non rinunciabile. La previsione di una riserva di legge risponde ad esigenze di garanzia per i cittadini. QUALI SONO LE RAGIONI PER CUI LA COSTITUZIONE EVITA/DELIMITA L’INTERVENTO DEGLI ATTI NORMATIVI NON APPROVATI IN PARLAMENTO? 1) Il Parlamento è l’organo rappresentativo di tutti i cittadini quindi le leggi sono approvate all’esito di un confronto fra tutte le forze politiche (di maggioranza e di opposizione) che sono espressione della volontà popolare. Tali garanzie non sussistono invece quando un atto normativo è approvato dal Governo ove siede solo la maggioranza che non potrà discutere il contenuto dell’atto con le forze politiche di opposizione. - 16 2) Il procedimento legislativo si caratterizza per la sua trasparenza, dunque è massima la possibilità degli elettori di verificare la responsabilità degli eletti. La garanzia di pubblicità non sussiste invece per i lavori del governo, le cui sedute non sono soggette al principio di pubblicità. 3) Gli atti del Parlamento sono assoggettabili al controllo di costituzionalità rimesso alla Corte Costituzionale. RISERVA DI LEGGE STATALE O REGIONALE? Dipende dall’ambito di competenza materiale in cui ricade la riserva di legge. RISERVA DI LEGGE FORMALE (ART.80 COST): L’unico caso eccezionale è quello in cui la Costituzione fa espresso richiamo all’atto normativo emanato dal Parlamento o dalle Camere. In questo caso si parla si riserva di legge formale. ! In presenza di una riserva di legge si ritiene sufficiente l’adozione di una fonte di rango primario quindi anche di un decreto legislativo o decreto – legge del governo in quanto anche in questo caso la volontà del Parlamento non è totalmente estromessa. Le riserve le legge si distinguono in: RISERVE DI LEGGE ASSOLUTE: richiedono che l’intera materia sia disciplinata dalla legge o dall’atto avente forza di legge. Ne consegue l’estromissione totale delle fonti subordinate. RISERVA DI LEGGE RELATIVA: si hanno quando la Costituzione si limita a richiedere che la legge determini i principi fondamentali della materia, permettendo che la disciplina sia integrata e dettagliata da atti normativi ad essa subordinati. RISERVA DI LEGGE RINFORZATA: La Costituzione obbliga il legislatore, limitandone la discrezionalità, al rispetto di ulteriori vincoli, di contenuto o di procedimento. RISERVA DI LEGGE SEMPLICE: la Costituzione si limita a riservare alla legge la disciplina della materia. RISERVA DI LEGGE COSTITUZIONALE: la Costituzione talvolta richiede che a regolare alcuni ambiti sia la sola fonte super primaria. (P.90) 12. APPLICAZIONE DEL CRITERIO DI COMPETENZA ➢ Criterio della competenza: è un misto tra incisione della validità e dell’efficacia. Tra fonti confliggenti poste sullo stesso piano gerarchico va data prevalenza a quella cui la costituzione conferisce la competenza a regolare la materia. Se una fonte, cui è assegnato un certo ambito materiale di competenza, eccede quell’ambito e disciplina oggetti riservati ad altra fonte, è illegittima, in quanto “viziata per incompetenza”. Si applica per derimere i contrasti fra fonti diverse a cui la costituzione assegna delle materie di intervento. La costituzione→ art 117→ assegna alla legge statale o regionale delle materie, la legge statale è competente in alcune materie e la regionale in altre. L’interprete in caso di contrasto tra due fonti a cui la costituzione assegna due diverse competenze deve fare prevalere la fonte che sulla base della costituzione è competente a regolare quella materia. La competenza è l’idoneità a regolare una certa materia. Le leggi statale sono più competenti in politica estera e difesa. se una fonte eccede dalla sua materia di competenza è illegittima in quanto viziata per incompetenza. ad ogni fonte è affidata una materia, allo stato è affidata la materia della sicurezza, quindi, disciplina le forze dell’ordine ma per fare ciò richiede accesso anche alla polizia locale ma che spetta alle regioni→ legge statale quindi viziata per incompetenza. Unica forma di stato in cui non ci sono criteri di competenza→stato unitario. Il criterio di competenza è strettamente connesso al criterio gerarchico perché bisogna fare un raffronto tra le leggi e l’art 117. La norma che invade un ambito riservato ad altra fonte lede la disposizione costituzionale che prevede tale riserva di competenza. Art 117, secondo comma lettera H→ la legge statale prevede che per questioni di sicurezza possono fare i vigili urbani solo coloro che hanno partecipato a diversi corsi→ la legge statale però sta intervenendo nella materia riservata alla regione→ viziata per incompetenza→ sta violando la lettera H dell’art 117 della costituzione. Il criterio di competenza abbraccia al suo interno il criterio gerarchico. AMBITI DI APPLICAZIONE DEL CRITERIO DI COMPETENZA→ rapporti tra leggi statali e leggi regionali, rapporti tra leggi statali e regolamenti parlamentari (fonti che regolano l’organizzazione interna della Camera dei deputati e del senato) e rapporti tra fonti ↳ 19 È una fonte SUPERPRIMARIA anche perché è stato previsto un rimedio alla violazione, da parte del legislatore ordinario, delle norme costituzionali. La rigidità della Costituzione è data sia dalla previsione di regole procedurali ad hoc sia dalla presenza nel sistema di un’autorità, la Corte costituzionale, deputata a garantire il rispetto della Costituzione. 2. LEGGI DI REVISIONE COSTITUZIONALE Alla categoria di leggi costituzionali sono riconducibili 2 tipologie di atti normativi: 1) LEGGI DI REVISIONE COSTITUZIONALE: Il loro contenuto normativo incide sul testo della costituzione, sostituendo disposizioni in essa contenute, abrogandole, modificandole o operando delle aggiunte. 2) LE ALTRE LEGGI COSTITUZIONALI: Fonti che si pongono al di fuori del testo della costituzione e con la finalità di conferire alle discipline introdotte rango pari a quello della costituzione. L’INIZIATIVA LEGISLATIVA: Si ritengono applicabili le regole comuni previste dall’art.71 cost. E dunque i soggetti legittimati a presentare un progetto di legge costituzionale, sono i medesimi che hanno facoltà di presentare un progetto di legge ordinaria cioè ciascun parlamentare, 50 mila elettori e altri organi ed enti indicati da leggi costituzionali. LA FASE DI APPROVAZIONE : ART.138 COST. – PROCEDIMENTO AGGRAVATO: Le leggi costituzionali devono essere adottate con 2 successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi e a maggioranza assoluta nella seconda votazione. Dunque, sia la Camera sia il Senato devono esporsi 2 volte sul medesimo testo. La prima volta a maggioranza semplice cioè a maggioranza dei presenti e la seconda volta a maggioranza assoluta cioè a maggioranza dei componenti, con una deliberazione che non può intervenire prima che siano trascorsi tre mesi dalla precedente. L’obiettivo è quello di far riflettere deputati e senatori, dopo la prima votazione, sull’opportunità di proseguire nell’iter di approvazione di una legge tanto importante quale è una legge costituzionale. Nella prima deliberazione ciascuna camera può approvare modifiche (emendamenti) al progetto di legge costituzionale mentre la seconda deliberazione consta solo del voto confermativo o negativo sul testo complessivo approvato in prima deliberazione. Se in seconda deliberazione si raggiunge la maggioranza dei 2/3 dei componenti (maggioranza qualificata), la legge può essere trasmessa direttamente per la sua promulgazione al Presidente della Repubblica e successivamente pubblicata ai fini della sua entrata in vigore. Diversamente se in seconda deliberazione si raggiunge la maggioranza assoluta, l’art.138 prevede la possibilità per 1/5 dei membri di una camera, 50 mila elettori o 5 consigli regionali che siano venuti a conoscenza dell’approvazione in parlamento di un progetto di legge costituzionale di fare richiesta entro 3 mesi per un eventuale referendum. Se il referendum non viene richiesto, la legge è nuovamente pubblicata ed entra in vigore. REFERNDUM COSTITUZIONALE: Nel caso in cui la consultazione referendaria sia richiesta e conseguentemente indetta, l’ART. 138 Cost. stabilisce che la legge non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Legge n. 352 del 1970: ‘’ Approvate il testo della legge costituzionale … concernente... approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero … del …?’’ Il referendum costituzionale viene considerato un istituto di carattere oppositivo posto come strumento di garanzia nelle mani delle minoranze affinché queste possano evitare l’entrata in vigore della revisione costituzionale votata dal Parlamento. A confermare tale natura oppositiva è anche la mancata previsione di un quorum partecipativo; è sufficiente, infatti, che si esprima solo la maggioranza dei votanti, risultando indifferente quanti siano stati i partecipanti al voto. 20 3. I LIMITI ALLA REVISIONE COSTITUZIONALE Le leggi di revisione costituzionale e le altre leggi costituzionali sono al pari della Costituzione e sono quindi fonti super primarie, attraverso queste è possibile modificare il testo della Cost. Ma esistono parti non rivedibili della Costituzione. LIMITE ESPRESSO alla revisione costituzionale è dettato dall’ART. 139 COST: ‘’ La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale.’’ Evidente è il legame tra questa previsione e il risultato del referendum, istituzionale del 2 giugno del 1946 con quale gli italiano scelsero di abbandonare la monarchia in favore della repubblica. LIMITI IMPLICITI: - I limiti desumibili dall’ART.2 COST: sono sottratti alla revisione costituzionale diritti inviolabili dell’uomo come il diritto di libertà personale, domicilio, corrispondenza, ecc., i quali sono irrivedibili e non possono essere modificati. - Limite desumibile dal combinato disposto degli articoli 1 e 139 secondo cui non possono subire interventi di revisione quei principi e diritti costituzionali che conferiscono al nostro sistema repubblicano proprio quella connotazione democratica prevista nell’art.1, tali disposizioni non sono del tutto immuni a una revisione costituzionale ma ciò che è preclusa è la loro soppressione o una correlazione tale da intaccare il principio democratico. - SENTENZA CORTE COST. 1146 Del 1988 (PAG.110). L’AMPIEZZA DELLA REVISIONE COSTITUZIONALE. Ci si è chiesti se le Camere possano deliberare solo leggi costituzionali puntuali o se sia loro consentito adottare riforme più ampie. La seconda ipotesi sembra corretta in quanto non vi è un limite nel testo della Costituzione. Non è di ostacolo l’obiezione secondo cui i cittadini eventualmente chiamati a referendum si vedrebbero poi costretti ad esprimersi con un unico voto su profili tra loro eterogenei. L’art. 138 d’altra parte non contempla uno strumento giuridico per poter procedere ad un eventuale ‘’ spacchettamento’’ del quesito in più quesiti interamente omogenei. 4. GLI STATUTI DELLE REGIONI SPECIALI Tra le fonti del diritto di rango super primario sono da annoverarsi anche gli Statuti delle Regioni speciali che sono atti che vengono approvati mediante leggi costituzionali del Parlamento. PREMESSA: Il nostro ordinamento è articolato territorialmente e istituzionalmente in 15 Regioni a Statuto ordinario e 5, ossia Valle d’Aosta, Sardegna, Sicilia, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, a statuto speciale/Regioni speciali.Ogni regione ha un proprio statuto. Alle Regioni a Statuto speciale la Costituzione ha ritenuto necessario garantire forme particolari e più accentuate di autonomia. ART.116 COST: ‘’Statuti speciali adottati con leggi costituzionali.’’ ! Vi sono però delle differenze, rispetto alle regole di approvazione di una legge costituzionale adottata ai sensi dell’art. 138, necessarie a garantire la facoltà alle Regioni di far sentire la propria voce. Tali fattori di specificità sono definiti dalle Legge costituzionale n. 2 del 2001: ▪ Stabilisce che quando il potere di iniziativa di modifica degli Statuti proviene dal Governo o dal Parlamento, il Consiglio Regionale deve esserne comunque informato in modo tale che esso si potrà comunque esprimere entro due mesi sul testo di proposta di legge costituzionale, ancorché si tratti di parere non vincolante. ▪ Alcuni ambiti tra cui la forma di governo, iniziativa legislativa popolare e referendum sono disciplinate dalle leggi statuarie delle regioni speciali che i consigli regionali approvano seguendo un procedimento legislativo particolare. Occorre almeno la maggioranza assoluta ed è prevista la possibilità di far sottoporre la legge a referendum regionale. !! Le leggi costituzionali di modifica degli Statuti non possono essere sottoposte a referendum nazionale. 21 5. LEGGE ORDINARIA La legge statale ordinaria è l’atto normativo approvato dal Parlamento con il procedimento prescritto agli ARTT. 70 e successivi della Costituzione. L’aggettivo ordinaria viene utilizzato per segnare la differenza rispetto alla legge costituzionale, approvata con il complesso iter previsto dall’ART. 138 Cost. La legge statale ordinaria è detta anche formale per differenziare tale atto con gli altri atti normativi aventi forza di legge ossia il decreto legge, decreto legislativo e referendum abrogativo, che non sono frutto della deliberazione esclusiva del parlamento ma vedono coinvolti altri organi e applicate diverse regole procedurali. La legge del Parlamento è stata ritenuta per lungo tempo la fonte del diritto per eccellenza. Oggi anche se mantiene la denominazione di ‘’ fonte primaria’’, essa è subordinata alla Costituzione e alle leggi costituzionali e può essere pertanto dichiarata illegittima dalla corte costituzionale quando ne violi le prescrizioni. ! Nel corso del tempo, la legge del parlamento ha visto ulteriormente scalfita la propria posizione di centralità a causa di: ▪ RIFORMA DEL TITOLO V COST, con la quale le Regioni hanno guadagnato maggiore spazio di intervento legislativo proprio a discapito del legislatore statale. ▪ FONTI INTERNAZIONALI e ATTI DELL’UE sempre più persuasivi. ▪ Abuso dei DECRETI LEGGE e DECRETI LEGISLATIVI. ▪ La legge del Parlamento come atto normativo generale ed astratto va in crisi in quanto il Parlamento interviene per regolare specifici settori dell’ordinamento, vincolare determinati soggetti o per approntare discipline ad hoc per particolari eventi. ! Il PARLAMENTO è libero di regolare con LEGGE qualsiasi ambito. Il POTERE LEGISLATIVO non ha bisogno di essere autorizzato di volta in volta: ART. 70 – Attribuisce definitivamente al Parlamento la funzione legislativa. La legge non incontra limiti di competenza se non quelli espressi e stabiliti in Costituzione. 6. IL PROCEDIMENTO LEGISLATIVO La legge viene approvata dalle Camere con un procedimento disciplinato dagli ART.70 e seguenti. ROCEDIMENTO LEGISLATIVO: è l’insieme preordinato di quegli atti che si conclude con l’entrata in vigore di una legge. Tale procedimento si compone di più fasi: 1) INIZIATIVA LEGISLATIVA. 2) APPROVAZIONE DELLA LEGGE. 3) LA PROMULGAZIONE E L’ENTRATA IN VIGORE DELLA LEGGE. 1) L’INIZIATIVA LEGISLATIVA (ART.71) è il potere di presentare proposte di legge è affidata a più soggetti: ➢ L’INIZIATIVA DEL GOVERNO: I progetti di legge presentati dal Governo prendono il nome di disegni di legge ed è l’iniziativa legislativa di maggior rilievo in quanto il Governo si compone delle forze politiche che, in Parlamento, rappresentano la maggioranza e dunque è più probabile che vengono approvate le proposte del Governo. Inoltre, il Governo può proporre disegni di legge in qualsiasi materia. DISEGNO DI LEGGE: Frutto di un procedimento che si svolge all’interno del Governo. Lo schema del disegno di legge è predisposto dai Ministri competenti ed è in seguito sottoposto alla delibera del Consiglio dei ministri. La presentazione del disegno di legge ad una delle 2 Camere è poi autorizzata dal Presidente della Repubblica mediante decreto. ➢ L’INIZIATIVA PARLAMENTARE: Ogni parlamentare ha titolo per presentare progetti di legge alla propria camera d’appartenenza e possono essere firmatari dello stesso progetto anche più parlamentari. Non possono sottoscrivere proposte di legge nelle materie riservate al Governo. È l’iniziativa più numerosa ma non più efficace, spesso dettata da motivi propagandistici. 24 La previsione di atti governativi aventi forza di legge costituisce una deroga al principio di separazione dei poteri. Essi sono idonei ad abrogare, modificare o derogare una legge precedentemente approvata. La previsione di atti governativi aventi forza di legge costituisce una deroga al principio di separazione dei poteri, in quanto la funzione legislativa dovrebbe poter essere esercitata solo dal Parlamento, quindi l’esercizio di tali poteri da parte del Governo risulta limitato dagli articoli 76 e 77 Cost. ! Il Parlamento partecipa all’iter che conduce all’entrata in vigore di tali atti o alla loro stabilizzazione nel sistema normativo: ▪ DECRETI LEGGE: Il Parlamento interviene successivamente attraverso la conversione in legge del decreto governativo che solo in questo modo entra a far parte stabilmente dell’ordinamento. ▪ DECRETI LEGISLATIVI: Le Camere sono chiamate a intervenire prima della loro emanazione attraverso l’attribuzione di un delega al Governo. 11. LA LEGGE DELEGA E IL DECRETO LEGISLATIVO L’ART. 77 riconosce al Governo il potere di adottare atti aventi forza di legge, denominati DECRETI LEGISLATIVI. Ciò Può avvenire sulla base della LEGGE DELEGA del Parlamento approvata con i contenuti dell’art.76. L’utilizzo di tali deleghe da parte delle Camere si motiva per l’esigenza di demandare al Governo la disciplina di materie di particolare complessità tecnica. Le Camere si limitano ad attribuire solo una porzione limitata della funzione legislativa e ad escludere che al Governo possa essere attribuito un potere illimitato è lo stesso art.76 Cost. secondo cui il legislatore può conferire la delega: 1) Solo per OGGETTI DEFINITI, l’ambito materiale entro il quale il Governo è chiamato ad intervenire risulta circoscritto dalla legge di delega. Il Parlamento può conferire al Governo la disciplina di qualsiasi materia, fatta eccezione, per le materie coperte da una riserva di legge formale. 2) La legge di delega limita l’attività delegata del governo individuando i principi e i criteri direttivi cui esso si deve attenere nella predisposizione del decreto legislativo. Il Parlamento fissa, dunque, le norme fondamentali della materia e gli obbiettivi da perseguire indirizzando l’attività delegata del Governo. Le camere talvolta inseriscono nella legge di delega anche prescrizioni di carattere procedimentale: ESEMPIO: Il Governo sente prima dell’approvazione definitiva del decreto il parere di talune commissioni parlamentari o di altri organi consultivi. 3) La delega è conferita al Governo per un TEMPO LIMITATO. Il TERMINE può essere fissato facendo riferimento ad un lasso di tempo o ad un evento futuro purché sia CERTO. Il Parlamento non incontra limiti massimi nella determinazione dl tempo. ▪ ART.14 della legge n. 400 del 1988: Se il termine previsto per l’esercizio della delega eccede i 2 anni, il Governo è tenuto a richiedere il parere delle Camere sugli schemi dei decreti legislativi. Il termine decorrente dall’entrata in vigore della legge di delega, si ritiene rispettato quando, entro la scadenza, il decreto legislativo sia emanato dal Presidente della Repubblica. È convinzione diffusa che il Governo può adempiere alla delega legislativa con un solo atto e dunque l’esercizio del potere delegato sembrerebbe necessariamente istantaneo, consumandosi per effetto dell’approvazione del primo atto legislativo. Negli anni più recenti però il Parlamento ha autorizzato il Governo ad intervenire in più tempi adottando decreti legislativi correttivi ed integrativi. PROCEDIMENTO PER L’APPROVAZIONE DEL DECRETO LEGISLATIVO: * 2102 25 Il decreto legislativo è adottato su deliberazione del Consiglio dei ministri ed emanato dal Presidente della Repubblica. Deve essere pubblicato con la denominazione di DECRETO LEGISLATIVO al fine di evitare confusione con altri atti di emanazione presidenziale. IL MANCATO RISPETTO DELLA LEGGE DI DELEGA: Il Decreto legislativo può essere dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale per violazione dell’art. 76 per VIZIO DI ECCESSO DI DELEGA. Per valutare concretamente se il LEGISLATORE DELEGATO si sia posto in difformità rispetto al LEGISLATORE DELEGANTE e dunque abbia ecceduto i margini di discrezionalità, occorre individuare la ratio della delega per verificare se la norma delegata sia con essa coerente. La disciplina del decreto legislativo deve mantenersi entro le scelte operate dalla legge delega… senza contrastare con gli indirizzi generali desumibili da questa. DELEGHE LEGISLATIVE ANOMALE: Il Parlamento conferisce attraverso esse al Governo particolari poteri. Un tipo anomalo di delega legislativa sono i TESTI UNICI, cioè raccolte effettuate dal Governo di disposizioni normative vigenti nell’ordinamento in una determinata materia. Il testo unisco serve, dunque, a riordinare un certo ambito di disciplina. Nell’attività di riordino il Governo può essere chiamato a modificare e abrogare le norme che è chiamato a coordinare ed in questo caso si parla di TESTI UNICI DI COORDINAMENTO. Esistono poi testi unici che sono il risultato di un’attività meramente compilativa con una funzione esclusivamente RICOGNITIVA. CONFERIMENTO DI POTERI IN CASO DI GUERRA: È un tipo di delega anomala previsto dall’art. 78 cost. stabilendo che Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari. Il parlamento non è tenuto ad indicare i principi e criteri direttivi, né il tempo limite entro il quale il Governo deve intervenire in modo da garantire all’Esecutivo un ampio spazio di manovra in un momento tanto delicato. Va escluso comunque che il Governo possa delegare a sua volta l’emanazione di bandi militari con efficacia di legge. 12. DECRETO LEGGE È un atto avente forza di legge che risponde alle necessità del sistema di approntare un tempestivo intervento normativo nei casi che per l’urgenza coi quali si presentano, non possono attendere i tempi richiesti dall’ordinario iter legislativo. ART.77: Il Governo è abilitato ad adottare ‘’ in casi straordinari di necessità e d’urgenza’’, ‘’ sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge.’’  Il decreto-legge ha una NATURA PROVVISORIA ed infatti se non viene convertito in LEGGE DEL PARLAMENTO entro 60 giorni dalla sua pubblicazione perde efficacia sin dall’inizio.  È assunto sotto la responsabilità non solo politica ma anche giuridica del governo che quindi potrà essere chiamato a rispondere in sede civile, penale o amministrativa delle conseguenze prodotte dal decreto. I PRESUPPOSTI DEL DECRETO LEGGE: Per quanto riguarda I PRESUPPOSTI GIUSTIFICATIVI, l’art. 77 si riferisce a situazioni per far fronte alle quali non è possibile attendere il Parlamento, con gli ordinari tempi di approvazione della legge. I governi hanno spesso fatto uso del decreto-legge per evitare le lungaggini del procedimento legislativo ordinario. La Corte costituzionale ha man mano indicato i fattori indicativi dell’assenza dei presupposti di STRAORDINARIA NECESSITA’ E URGENZA. 26 Gli UTERIORI PRESUPPOSTI del DECRETO LEGGE fissati dall’art. 15 della legge n. 400 del 1988 sono:  Il DIVIETO del governo di ricorrervi al fine di conferire DELEGHE LEGISLATIVE, di intervenire nelle materie per le quali è prevista UNA RISERVA DI ASSEMBLEA, di regolare rapporti sulla base di DECRETI NON CONVERTITI.  IL DIVIETO per il Governo di adottare decreto-legge che ripristino l’efficacia di DISPOSIZIONI DICHIARATE INCOSTITUZIONALI per vizi sostanziali in quanto incorrerebbero in una violazione del GIUDICATO COSTITUZIONALE (ART.136).  IL DIVIETO DI RINNNOVARE DISPOSIZIONI di precedenti decreti di cui sia stata negata la conversine in legge con il voto di una delle 2 camere in quanto comporta la violazione della natura stessa del decreto quale strumento di ECCEZIONE.  L’OBBLIGO per i decreto-leggi di introdurre misure di IMMEDIATA APPLICAZIONE e che abbiano un contenuto SPECIFICO E OMOGENEO. Si ritengono illegittimi decreto-legge che introducano una disciplina ed efficacia DIFFERITA NEL TEMPO o per la cui effettiva operatività si rende necessaria l’approvazione di ulteriori ATTI NORMATIVI. La GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE ha segnalato però, come il decreto-legge possa fondarsi sulla necessità di provvedere con urgenza anche laddove sia per qualche aspetto necessariamente differito. Per quanto riguarda l’OMOGENEITA’ non è affatto inusuale l’inserimento nel medesimo decreto- legge di norme riguardanti molteplici materie. IL PROCEDIMENTO DI APPROVAZIONE E DI CONVERSIONE IN LEGGE. (PAG.140). Deve essere adottato su deliberazione del Consiglio dei ministri, successivamente emanato dal Presidente della Repubblica e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Il giorno stesso, il Governo con la previa autorizzazione del Presidente, presenta un DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE composto da un solo articolo. Le Camere devono essere convocate per riunirsi entro 5 giorni. Una volta che il disegno legge è stato presentato al Parlamento, sono tre le ipotesi che si possono verificare: 1) Il Parlamento non esaurisce l’iter legislativo entro 60 giorni e il decreto-legge decade sin dall’inizio e deve intendersi come non adottato. 2) Il Parlamento non approva la legge di conversione. Il decreto decade sin dalla sua entrata in vigore e deve intendersi come non adottato. 3) Il Parlamento approva la legge di conversione e i suoi effetti vengono stabilizzati nell’ordinamento. In sede di conversione le Camere possono apportare delle modifiche alla disciplina originaria del decreto-legge. Le modifiche apportate producono effetti EX NUNC, cioè a partire dal giorno successivo a quello della pubblicazione della legge stessa. Discorso diverso vale però per gli emendamenti ed in quanto equivalgono ad un rifiuto di conversione solo parziale, le modifiche approvate dal Parlamento comportano la perdita di efficacia sin dall’inizio. IL CONTROLLO SUGLI ABUSI NELLA DECRETAZIONE D’URGENZA. La GIURISPUDENZA COSTITUZIONALE è intervenuta più volte a SANZIONARE PRASSI CHIARAMENTE DISTORSIVE del dettato costituzionale, sia quando gli abusi sono stati commessi dal Governo sia quando sono stati commessi dal Parlamento. Quanto alla sussistenza dei presupposti di straordinaria necessaria ed urgenza, la Corte ha chiarito che quelli prescritti dall’ART.77 sono da considerarsi requisiti di validità costituzionale. La Corte ha chiarito che per potersi configurare un VIZIO DI LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE del decreto, la carenza dei requisiti deve risultare EVIDENTE. La Corte ha poi successivamente chiarito che il suo sindacato può estendersi anche alla legge che abbia convertito un decreto-legge sprovvisto dei requisiti di straordinaria necessità e 29  LEGGI A CONTENUTO COSTITUZIONALMENTE VINCOLATO, ossia quelle leggi che attuano la Costituzione nel solo modo possibile (legge sull’interruzione volontaria della gravidanza) REFERENDUM ABROGATIVO PARZIALE:  Leggi costituzionalmente necessarie che per non avendo un solo contenuto costituzionalmente vincolato devono essere presenti nell’ordinamento. (leggi che disciplinano il funzionamento degli organi costituzionali). Le leggi che regolano il funzionamento degli organi costituzionali dovendo necessariamente essere in vigore non possono essere sottoposte ad un referendum totale ma possono essere sottoposte ad un referendum parziale, ma alla sola condizione che la normativa risultante dall’eventuale esito positivo della consultazione referendaria sia autosufficiente cioè idonea a consentire la formazione degli organi in questione e che essi possano svolgere le proprie attribuzioni. Esistono anche i cosiddetti referendum “manipolativi” ovvero quei referendum che colpiscono singole parole o parti di frasi prive di significato autonomo. Distinzione tra:  MANIPOLAZIONE INAMMISSIBILE: sono inammissibili quei quesiti referendari parziali che, nell’abrogare frammenti di una disposizione, mirano ad introdurre norme del tutto estranee al contesto normativo previgente. Si crea nuovo diritto attraverso l’abrogazione. (esempio p.144)  MANIPOLAZIONE AMMISSIBILE: sono ammissibili quei referendum manipolativi che, pur incidendo inevitabilmente, modificandolo, sull’ordinamento, mirano solo ad espandere principi e regole già incorporati nella legislazione vigente. (esempio p.145). I referendum ritenuti ammissibili investono le leggi costituzionalmente necessarie. LA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE SUL QUESITO: Con la sentenza n.16 del 1978 si è richiesta l’omogeneità del quesito. È necessario che il quesito da porre agli elettori venga formulato in maniera che esso risulti univoco, non essendo ammissibili quesiti che contengono più domande prive di “matrice razionalmente unitaria”. È indispensabile che l’elettore possa esprimersi singolarmente su ciascuna questione. La Corte si è spinta anche oltre pretendendo che il quesito rispettasse i requisiti di chiarezza, coerenza, completezza ed esaustività, e verificando che il risultato finale del referendum coincidesse con gli intenti dei promotori. c) FASE DELL’INDIZIONE: l’indizione del referendum avviene con decreto del Presidente della Repubblica su deliberazione del Consiglio dei ministri. La data del referendum deve essere fissata in una domenica compresa fra il 15 aprile ed il 15 giugno. Nel caso di scioglimento anticipato delle Camere, il referendum viene sospeso per evitare la sovrapposizione di due consultazioni. d) FASE DELLA VOTAZIONE DEGLI ELETTORI: perché il referendum sia valido occorre che partecipino al voto la metà più uno degli aventi diritto, e perché il quesito sia approvato che si pronunci in senso positivo la metà più uno dei votanti. La previsione del quorum di validità ha la funzione di impedire che una minoranza possa decidere di abrogare le leggi votate dal Parlamento. Da molto tempo con grande difficoltà si riesce a raggiungere la soglia minima di validità 30 richiesta. !! Il quorum di validità non è richiesto per il referendum costituzionale. e) FASE DELLA PROCLAMAZIONE DEL RISULTATO DEL REFERENDUM: se l’esito del referendum è positivo, il Presidente della Repubblica dichiara l’avvenuta abrogazione della legge con decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Dall’abrogazione referendaria di una legge discende il divieto per il legislatore di approvare una legge analoga a quella abrogata. La Corte ha quindi affermato che non è ammissibile porre nel nulla l’esito della consultazione popolare referendaria. In casi eccezionali e rari il Parlamento può riadottare una disciplina abrogata. PER QUANTO TEMPO IL LEGISLATORE PUO’ DIRSI OBBLIGATO A NON RIPRISTINARE LE NORME ABROGATE DAL POPOLO? In casi eccezionali e rari il Parlamento può riadottare la disciplina abrogata. Non si può congelare all’infinito la potestà normativa ma neppure porre nel nulla subito dopo l’esito del referendum. Se invece l’esito è negativo il Ministro della Giustizia ne dà notizia sulla Gazzetta Ufficiale inoltre nel caso in cui la consultazione referendaria abbia raggiunto il quorum di validità non è più possibile effettuare richiesta di identico referendum per cinque anni (ART.38.1). Mentre nel caso di referendum fallito è possibile attivare nuovamente il procedimento referendario prima che siano trascorsi i cinque anni. Il referendum abrogativo quale fonte del diritto. Più precisamente si tratta di una fonte atto avente forza di legge, poiché il referendum è abilitato ad abrogare proprio leggi o atti aventi forza di legge. È una fonte atto perché espressione della manifestazione di volontà proveniente da un soggetto cui una norma di riconoscimento demanda il potere di abrogazione. EFFETTI DEL REFERENDUM: o Esito positivo: abrogazione di norme o parti di norme già esistenti senza la possibilità per il corpo elettorale di introdurre una nuova disciplina nell’ordinamento; o L’abrogazione ha come conseguenza una sostanziale modifica del sistema normativo preesistente, l’interprete deve cercare la disciplina della materia in disposizioni legislative dal contenuto diverso. 14. I REGOLAMENTI PARLAMENTARI I regolamenti parlamentari sono gli atti che dettano la disciplina di organizzazione e funzionamento delle attività che ciascuna Camera è chiamata a svolgere. I regolamenti parlamentari contengono norme primarie; né subordinate né sovraordinate alle leggi. Hanno una competenza riservata dalla Costituzione, quindi neppure una legge che cercasse di sostituirvisi o di modificarli sarebbe incostituzionale. Con i regolamenti parlamentari sono stabilite: – Regole di comportamento di deputati e senatori; – Regole di organizzazione degli organi interni a ciascuna Camera; – Regole con cui detti organi operano; – Regole che riguardano i rapporti di ciascuna Camera con il proprio personale dipendente ma anche soggetti esterni, ad esempio il Governo, ad esempio la questione di fiducia che non è prevista in Costituzione ma disciplinata dai regolamenti parlamentari. 31 Le assemblee parlamentari, fin dal loro sorgere, hanno difeso da sempre la propria indipendenza (soprattutto dal Sovrano) rivendicando il potere di darsi le proprie regole di funzionamento in via autonoma. EVOLUZIONE DEI REGOLAMENTI PARLAMENTARI: 1971-1988: parlamentarismo compromissorio: voto segreto, ostruzionismo. Erano anni in cui erano governi di colazione, in cui esisteva una convenzione per escludere dalle camere del governo il partito comunista. Dal 1988: scompaiono i partiti politici come li avevamo conosciuti fino ad allora per una serie di ragioni interne ed anche internazionali (caduta del muro di Berlino). Obiettivo governi più stabili aumentando anche il potere del Governo in Parlamento. La regola diventa il voto palese, aumento dei poteri del Governo in Parlamento. 2017 riforma del regolamento del Senato: norme anti frammentazione dei gruppi, modifica della regola del computo degli astenuti. ART.64 della Cost. stabilisce che “Ciascuna camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti”. Questo potere di autoregolamentazione è ritenuto la massima espressione dell’autonomia della Camere rispetto agli altri poteri dello Stato. La maggioranza assoluta è una garanzia per le minoranze politiche presenti nell’Assemblea parlamentare. I regolamenti parlamentari sono qualificabili come fonti del diritto e specificamente come fonti primarie. Si tratta di fonti a competenza riservata nelle materie che la Costituzione ad essi riserva è precluso alla legge e a qualsiasi altra fonte di intervenire. I regolamenti parlamentari sono “fonti dell’ordinamento generale della Repubblica, produttive di norme sottoposte agli ordinari canoni interpretativi”. La Corte Costituzionale ha escluso che i regolamenti possano costituire oggetto del giudizio di costituzionalità sulle leggi per due ragioni:  Perché non si tratta di fonti annoverabili nella categoria degli atti aventi forza di legge (argomento letterale)  Perché una diversa interpretazione urterebbe contro il sistema che vede in posizione centrale di indipendenza le camere, cui spetta “una indipendenza guarentigiata nei confronti di qualsiasi altri poteri” (argomento di sistema) SENTENZA N.120 del 2014 IN TEMA DI AUTODICHIA (P.154) Se una legge adottata senza rispettare una o più norme previste dai regolamenti parlamentari non sarà possibile far valere tale vizio in un giudizio di costituzionalità poiché il regolamento parlamentare stesso non può fungere da parametro. 15. LE LEGGI STATUTARIE DELLE REGIONI ORDINARIE La previsione delle regioni fu una delle innovazioni più significative della Costituzione. o Le regioni speciali si avviano subito mentre quelle ordinarie dovranno attendere gli anni 70. I consigli regionali furono eletti la prima volta nel 1970 e lo Stato trasferì le funzioni amministrative alle Regioni solo nel 1972 e nel 1977 TESTO ORIGINALE COST – 8 DISPOSIZIONE: entro il 1949 dovevano entrare in vigore i Consigli regionali. o Alla fine degli anni 90: leggi ordinarie (leggi Bassanini) che a Costituzione invariata ampliano il trasferimento delle funzioni amministrative dallo Stato alle Regioni. PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETA’: Laddove è possibile è l’ente più vicino al cittadino a dover esercitare la funzione amministrativa. o La riforma del titolo V della Costituzione: composta da due leggi costituzionali diversi una del 1999 che si occupava degli Statuti regionali e della forma di governa mentre una del 2001 che si occupava della potestà legislativa. 34 LA POTESTA’ REGOLAMENTARE: spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salvo delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. A quale organo spetta? Consiglio o giunta’ ora la scelta è rimessa agli Statuti regionali che l’hanno però attribuita nella maggior parte dei casi alla giunta. 17. I REGOLAMENTI DEL POTERE ESECUTIVO I regolamenti del potere esecutivo sono fonti statale secondarie. Ne fanno parte i regolamenti governativi, i regolamenti ministeriali e interministeriali. Sono subordinati alla legge e trovano in esse il suo fondamento; ma i regolamenti ministeriali e interministeriali sono sottoposti anche ai regolamenti governativi. In virtù del principio di legalità tutti i regolamenti del potere esecutivo sono subordinati alla legge e in essa devono trovare fondamento. PROCEDURA DI APPROVAZIONE DEI REGOLAMENTI GOVERNATIVI: La disciplina dei regolamenti del potere esecutivo è contenuta nell’ART. 17 DELLA LEGGE N.400 DEL 1988, norma che stabilisce la procedura di adozione e che ne indica le diverse tipologie. È proposto dal Ministro o dai Ministri competenti per materia, il regolamento è deliberato dal Consiglio dei ministri. Il regolamento è poi sottoposto ad un parere, obbligatorio ma non vincolante, del Consiglio di Stato. Il regolamento è emanato con decreto del Presidente della Repubblica e sottoposto al controllo di legittimità della Corte dei conti. La Corte procede alla registrazione del regolamento che viene poi pubblicato nella Gazzetta Ufficiale ai fini della propria entrata in vigore. L’ART. 17 della legge n.400 del 1988 prevede diverse tipologie di regolamenti governativi: a. REGOLAMENTI DI ESECUZIONE delle leggi, dei decreti legislativi e dei regolamenti comunitari. Sono adottati quando si rende necessario specificare il contenuto delle loro disposizioni e dunque non hanno portata innovativa. I regolamenti di esecuzione non possono intervenire in materie coperte da riserva di legge assoluta se non nelle ipotesi di presenza di regolamenti di stretta esecuzione. b. REGOLAMENTI DI ATTUAZIONE E DI INTEGRAZIONE delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio. Essi hanno portato innovativa. Essi non possono intervenire, questa volta senza eccezioni, nelle materie coperte da riserva assoluta di legge. c. REGOLAMENTI INDIPENDENTI: regolamenti che intervengono nei settori in cui manchi una disciplina legislativa; la materia in questo però non deve essere coperta da una riserva di legge. Si tratta della categoria più controversa dei regolamenti governativi in quanto potrebbe essere violato il principio di legalità perché manca una base legislativa sulla quale appoggiare la disciplina regolamentare a meno che l’ART.17 della Cost. della legge n.400 del 1988 consenta con una autorizzazione ad adottare regolamenti in assenza di legge. Va peraltro sottolineato che gli spazi lasciati ai regolamenti indipendenti nel nostro ordinamento sono praticamente inesistenti. d. REGOLAMENTI DI ORGANIZZAZIONE: intervengono a disciplinare tutto ciò che riguarda il personale, le strutture, il funzionamento dei pubblici uffici, nel rispetto di quando disposto dalla legge. e. REGOLAMENTI AUTORIZZATI (REGOLAMENTI DELEGATI O DI DELEGIFICAZIONE): sono adottati sulla base di leggi che delegano un successivo regolamento ad intervenire in materie che non siano coperte da riserva di legge assoluta. L’entrata in vigore delle norme regolamentari comporta l’abrogazione delle norme di leggi vigenti. Di conseguenza, la materia in questione non sarà più disciplinata da una fonte di rango legislativo, ma da una fonte di grado regolamentare. Tale abrogazione è disposta dalla legge che autorizza l’adozione del regolamento. La sostituzione di leggi con regolamenti consente di semplificare il procedimento necessario ad aggiornare le discipline normative, non occorrendo più l’approvazione di un atto legislativo ma l’approvazione di un atto regolamentare. 35 REGOLAMETNI MINISTERIALI E INTERMINISTERIALI: sono adottati dal singolo Ministro o dai Ministri che si occupano delle materie oggetto del regolamento, ed assumono la forma di Decreto ministeriale o di Decreto interministeriale. Occorre il parere del Consiglio di Stato e il controllo di legittimità della Corte dei conti. Si deve dare comunicazione prima della loro emanazione al Presidente del Consiglio, che potrebbe decidere di sospenderne l’adozione per rimetterla alla decisione del Consiglio dei ministri. REGOLAMENTI DI ALTRE AUTORITA’ (ART.4 delle PRELEGGI): sono atti espressivi di un potere esercitabile dalle singole pubbliche amministrazioni nelle rispettive competenze. Tali regolamenti non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. 18. REGOLAMENTI REGIONALI Le regioni hanno titolo per approvare anche regolamenti, fonti del diritto che si posizionano al di sotto delle leggi regionali. ART.117 comma 6: tale norma prevede che le Regioni possano adottare un regolamento in tutte le materie in cui esse hanno competenza legislativa concorrente o residuale. La Corte Costituzionale ha ritenuto che sia lo Statuto regionale a indicare se i regolamenti debbano essere adottati dall’organo legislativo (Consiglio) o dall’organo esecutivo (Giunta) della Regione. 19. ATTI NORMATIVI DEGLI ENTI LOCALI ART.114 comma 2: stabilisce che i Comuni, le Provincie e le Città metropolitane sono “enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione”. ART.117 comma 6: aggiunge che questi stessi enti “hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuire”. Gli enti locali hanno potestà normativa in quanto hanno il potere di adottare statuti e regolamenti. Gli statuti hanno competenza a fissare le norme fondamentali dell’organizzazione dell’ente, nonché ad intervenire su altri profili di ordine istituzionale o a garantire il rispetto di alcuni diritti e principi cardine. Per l’approvazione dello statuto è richiesto al Consiglio dell’ente locale di seguire un procedimento speciale. I regolamenti hanno competenza a disciplinare più specificamente l’organizzazione dell’ente locale, nonché a dare regole sullo svolgimento e la gestione delle funzioni ad ecco conferite. 20. LE CONSETUDINI Le consuetudini sono fonti-fatto in quanto non corrispondenti ad una manifestazione di volontà normativa proveniente da un organo, difatti sono fonti non scritte e non trovano sede in una disposizione normativa. CARATTERISTICHE DELLE CONSETUDINI: 2 ELEMENTI:  DIUTURNITAS: elemento di natura oggettiva che corrisponde al costante ripetersi nel tempo di un comportamento tenuto dai membri di una comunità.  OPINIO IURIS AC NECESSITATIS: elemento di natura soggettiva che corrisponde alla convinzione di coloro che assumono come proprio quel comportamento che esso sia giuridicamente obbligatorio. !! Deve esserci il convincimento collettivo della sua rilevanza. Nel nostro ordinamento la consuetudine ha un rango variabile. Esistono:  CONSUETUDINI DI RANGO SUPERPRIMARIO - CONSUETUDINI INTERNAZIONALI: regole di comportamento osservate, perché ritenute obbligatorie, non da soggetti qualsiasi, ma dalla gerarchia degli Stati. (ART.10) - CONSUETUDINI COSTITUZIONALI: comportamenti tenuti da organi costituzionali in ambiti in cui non esiste una disciplina costituzionale puntuale, cosicché le consuetudini costituzionali ne integrano il contenuto. 36 2 CONSUETUDINI COSITUZIONALI: SENTENZA N.129 DEL 1981: principio dell’autonomia delle Camere. Principio dell’autonomia contabile delle Camere fondata su una consuetudine costituzionale. Le risorse che vengono stanziate dal Parlamento senza il controllo della Corte dei Conti, autonomia anche nel controllo. La Corte dei Conti ha chiesto di far vedere entro 6 mesi ai tesorieri i conti del Parlamento. I tesorieri si rifiutano di far vedere i conti per via del principio dell’autonomia contabile. La Corte costituzionale riconosce l’esistenza di una consuetudine costituzionale ricostruendo la prassi: i tesorieri sono già esentati dalla giurisdizione contabile. Afferma che questa autonomia contabile è fondata su una consuetudine; il ricorso è a favore del Parlamento. SENTENZA N.7 DEL 1996: sulla possibilità di votare una mozione di sfiducia nei confronti del singolo ministro. Il Senato decide di sfiduciare solo il solo ministro Manuco, egli fa intervenire la Corte in quanto sostiene che o vi è una mozione di sfiducia sull’intero governo o non si può sfiduciare un solo ministro. La Corte invece afferma che vi è una consuetudine che dichiara la possibilità di sfiduciare un solo ministro. La sfiducia individuale non è disciplinata in Costituzione. La Corte dice che anche se non è prevista in Costituzione e nemmeno dai regolamenti parlamentari, una lettura sistematica degli articoli della Costituzione permette di intendere che è possibile questa mozione di sfiducia.  CONSUETUDINI che si collocano AL FONDO DELLA GERARCHIA delle fonti USI: ART.8 delle Preleggi stabilisce che “nelle materie regolate dalle legge e dai regolamenti gli usi hanno efficacia solo in quanto sono da essi richiamati” Nel nostro ordinamento non sono ammesse CONSUETUDINI CONTRA LEGEM cioè che dispongano in difformità rispetto a quanto stabilito dalle leggi e dai regolamenti. Sono invece configurabili CONSUETUDINI SECUNDUM LEGEM cui rinviano di volta in volta specifiche norme di legge o di regolamento. Sono inoltre ammesse CONSUETUDINI PRAETER LEGEM che possono cioè intervenire nei settori che non siano stati già regolati dal diritto scritto. Diverse dalle consuetudini costituzionali sono le CONVENZIONI COSTITUZIONALI: in presenza di una lacuna della Costituzione può accadere che gli organi costituzionali raggiungano semplicemente un “accordo”, per lo più tacito, su come operare, senza ritenersi, giuridicamente vincolati. È ancora molto discussa la questione a quale rango costituzionale appartengono tali convenzioni. 21. I CONTRATTI COLLETTIVI DI LAVORO ART.39 della Cost.: riconosce la libertà di organizzarsi in sindacati e prefigura la possibilità che essi si registrino presso degli uffici pubblici. La conseguenza della registrazione consiste nell’acquisizione da parte dei sindacati di personalità giuridica e nella facoltà di stipulare con le rappresentanze delle imprese contratti collettivi di lavoro “con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce”. CARATTERISTICHE DEI CONTRATTI COLLETIVI: sono per natura riconducibili alla dimensione privatistico-negoziale, ma allo stesso tempo, hanno la capacità di estendere la propria portata percettiva oltre le parti contraenti, vincolando tutti coloro che rientrano nella categoria lavorativa coinvolta e dunque sono delle vere e proprie fonti del diritto. Lo schema ideale descritto nella disposizione costituzionale è rimasto inattuato perché le organizzazioni sindacali esistenti sono sempre state contrarie all’ipotesi di procedere ad una registrazione probabilmente perché ostili alla possibilità che ciò comportasse intrusioni statali al proprio interno. Ad oggi i contratti collettivi sottoscritti tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le rappresentanze dei datori di lavoro sono riconducibili a contratti di diritto comune, che dovrebbero vincolare solo gli iscritti ai sindacati dei lavoratori. -2102 39 III. SCAMBIO: tra gli Stati interessati dei rispettivi strumenti di ratifica con conseguente responsabilità di internazionale degli uni nei confronti degli altri. IV. ORDINE DI ESECUZIONE: determina la produzione di effetti giuridici della fonte internazionale all’interno del sistema italiano. Le fasi della ratifica e dell’esecuzione del trattato internazionale sono disciplinate da ciascun ordinamento secondo regole proprie. Gli accordi internazionali vengono ratificati dal nostro ordinamento anche in forma “semplificata”, ciò si verifica quando la fonte internazionale si perfeziona e produce effetti nel nostro sistema senza una ratifica del Capo dello Stato ma con la sola conclusione dell’accordo da parte di un rappresentante del Governo. Per le fonti internazionali pattizie il rinvio operato dall’ordinamento italiano è fisso: il recepimento si riferisce alla specifica disciplina in essa prevista nella fonte internazionale. RANGO DEI TRATTATI: il rango delle fonti pattizie si determina guardando alla fonte interna che ha provveduto all’adattamento: – Rango legislativo: quando vi è stata la autorizzazione alla ratifica da parte di una legge; – Rango sub-legislativo: nelle altre ipotesi. CONTRASTO CON UNA DISPOSIZIONE CONTENUTA IN UN TRATTATO INTERNAZIONALE SENTENZE n.348 e n.349 del 2007: le fonti internazionali pattizie pur essendo subordinate alla Costituzione italiana, si collocano in una posizione intermedia tra la Costituzione e le fonti primarie; sono quindi norme interposte. Il giudice che si trova di fronte ad un conflitto tra una legge statale e una norma internazionale convenzionale non può in alcun modo procedere alla disapplicazione della norma interna essendo indispensabile l’intervento della Corte costituzionale. CEDU=Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. La CEDU è un atto di diritto internazionale pattizio recepito in Italia tramite legge che presenta delle innegabili peculiarità: o Ha consacrato in un catalogo i diritti fondamentali della persona; o Ha istituito la Corte europea dei diritti dell’uomo che è un organo giurisdizionale con il compito di interpretare e applicare le disposizioni. Il giudice italiano che riscontri una antinomia tra una disciplina interna e una norma della CEDU, prima di sollevare questione di legittimità costituzionale dovrà tentare di interpretare la disciplina nazionale conformemente alla CEDU. Le decisioni della CEDU alle quali dare rilievo nella ricerca dell’esatto significato della disposizione convenzionale devono essere espressive di una interpretazione consolidata. 29. UNIONE EUROPEA LA STORIA DELL’UNIONE EUROPEA: all’indomani della seconda guerra mondiale, con l’obiettivo di aprire una nuova pacifica fase di convivenza, alcuni Stati europei si resero promotori dell’avvio di un progetto di reciproca collaborazione e integrazione che ha portato all’attuale conformazione dell’Unione europea. L’origine di questo processo volto all’edificazione di un’Europa unita ha coinciso con l’adozione del TRATTATO DI PARIGI del 18 Aprile del 1951 (istitutivo della CECA – COMUNITA’ EUROPEA DEL CARBONE E DELL’ACCIAIO) e dei due TRATTATI DI ROMA del 25 marzo 1957 (istitutivi dell’EURATOM – COMUNITA’ EUROPEA PER L’ENERGIA ATOMICA E DELLA CEE – COMUNITA’ ECONOMICA EUROPEA). 7 febbraio 1992: TRATTATO DI MAASTRICHT, successivamente integrato nel 1997: 1997: TRATTATO DI AMSTERDAM 2000: proclamazione a Nizza della “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”, la quale ha esteso alla tutela dei diritti umani i confini dell’impegno degli Stati europei. 40 13 dicembre 2007: TRATTATO DI LISBONA entrato in vigore il 1° dicembre del 2009. Esso ha allargato gli ambiti entro i quali gli Stati si assoggettano a regole comuni e ha inoltre incrementato il tasso di democraticità dei processi decisionali che conducono alla loro adozione. Il Trattato di Lisbona è intervenuto sui Trattati istitutivi che oggi sono due: 1. TRATTATO SULL’UNIONE EUROPEA 2. TRATTATO SUL FUNZIONAMENTO DELL’UNIONE EUROPEA Infine esso ha dato valenza giuridica alla Carta dei diritti fondamentali approvata a Nizza. 31 GENNAIO 2020: BREXIT, ha testimoniato un momento di forte crisi e delegittimazione delle istituzioni europee che hanno visto l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea. ORGANI DELL’UNIONE EUROPEA: 28 Stati membri aderiscono all’UE, i quali hanno organi dotati ciascuno di ruolo e competenze specifiche. Ne fanno parte:  PARLAMENTO EUROPEO (potere LEGISLATIVO): eletto direttamente dai cittadini dei diversi Stati membri  CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA (potere LEGISLATIVO): di cui fanno parte rappresentanti dei Governi degli Stati-membri  COMMISSIONE EUROPEA: nel quale siede un componente per ogni Stato membro. Detiene il potere ESECUTIVO in quanto propone l’adozione degli atti normativi e l’attuazione delle politiche dell’UE.  CORTE DI GIUSITIZIA DELL’UNIONE EUROPEA: che si compone di un giudice per ogni Stato membro. Ha il compito di garantire il rispetto da parte degli Stati membri e delle stesse istituzioni comunitarie del diritto dell’Unione europea. 30. FONTI DELL’UE Uno dei tratti essenziali dell’Unione europea è riconducibile alla circostanza che si tratta di una organizzazione abilitata a produrre, negli ambiti indicati dai Trattati istitutivi, norme giuridiche vincolanti per gli Stati membri. L’altro connesso aspetto di grande rilievo è che, insieme ai Trattati istitutivi (diritto primario), le norme successivamente prodotte dall’Unione europea (diritto derivato o secondario) godono del nostro ordinamento di un vero e proprio “primato” reso possibile dalla scelta dell’Italia di cedere all’UE parte della propria sovranità. FONTI – FATTO CHE COMPONGONO IL DIRITTO DELL’UE: Prima catalogazione è quella che porta a distinguere le fonti di diritto primario dalle fonti di diritto derivato, le prime gerarchicamente sovraordinate alle seconde. Un secondo criterio di classificazione è quello che guarda agli effetti prodotti dalla fonte, bisogna distinguere le fonti immediatamente applicabili e le fonti non immediatamente applicabili. Quando una fonte di diritto dell’Unione europea presenta una formulazione completa, chiara e puntale, essa ha effetti diretti. a) DIRITTO PRIMARIO: appartengono alla categoria delle fonti di diritto primario tutti i Trattati istitutivi dell’UE. Sono le fonti poste al vertice del sistema normativo comunitario. I Trattati contengono le norme che si occupano di: - Delineare la struttura e l’articolazione istituzionale dell’Unione. - Fissare le principali regole della convivenza comunitaria. - Individuare gli ambiti entro i quali hanno competenza a produrre diritto le istituzioni comunitarie, nonché le procedure attraverso le quali ciò avviene. La Corte di giustizia dell’UE ha il compito di garantire la supremazia dei Trattati. 41 Le norme dei trattati sono talvolta capaci di produrre effetti diretti, cioè sono immediatamente applicabili. Il diritto primario è capace di incidere direttamente sulla posizione dei singoli che potranno pretenderne il rispetto davanti ai propri giudici nazionali. b) DIRITTO DERIVATO O SECONDARIO: Diritto prodotto dalle istituzioni comunitarie secondo i dettami dei Trattati istitutivi. Sono annoverabili nel diritto derivato: - I REGOLAMENTI: “Il regolamento ha portata generale, esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri”. Sono fonti che recano norme generali dotate di diretta applicabilità e quindi sono capaci di vincolare al rispetto di ogni parte della loro disciplina i cittadini dell’UE. Non è dunque richiesto alcun ulteriore atto di trasposizione interno. - LE DIRETTIVE: “Le direttive vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezze”. Non sono geneticamente capaci di applicazione diretta nel nostro ordinamento. I destinatari delle direttive non sono i cittadini comunitari ma sono gli Stati dell’UE che vengono impegnati a conformarsi entro un termine stabilito ad un obbiettivo di carattere generale, attraverso l’adozione di proprie discipline normative. Ne consegue che una volta entrate in vigore, le direttive producono effetti giuridici interni solo in un momento successivo cioè una volta che un atto legislativo nazionale abbia provveduto a dare attuazione alla direttiva con una disciplina puntuale capace di applicarsi a casi concreti. ! Anche le direttive però se hanno una disciplina sufficientemente chiara, precisa e incondizionata avranno effetti diretti: il cittadino europeo potrà rivendicare nei confronti del proprio Stato il rispetto dei diritti che la direttiva ha previsto. - LE DECISIONI: “La decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi. Se designa i destinatari è obbligatoria soltanto nei confronti di questi”. Atti normativi immediatamente applicabili ma indirizzate solo a specifici destinatari come uno o più Stati o talune persone giuridiche o fisiche. - LE RACCOMANDAZIONI: Sollecitano gli Stati ad orientare le proprie politiche e il proprio diritto verso un obbiettivo. - I PARERI: Esprimono la posizione degli organi comunitari in merito ad una materia o una questione. ! “Le raccomandazioni e i pareri non sono vincolanti”. Sono entrambi atti incapaci di produrre vincoli giuridici. 31. PRIMATO DEL DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA NELLA COSTITUZIONE E I CONTROLIMITI Anche i Trattati istitutivi dell’Unione europea sono Trattati internazionali. L’ordinamento comunitario, tuttavia, si vede riconosciuto uno statuto giuridico del tutto particolare che gli consente di avere prevalenza sul diritto nazionale, in modalità e limiti precisi. Le norme costituzionali richiamate, infatti, (ART. 11 e ART. 117) esprimono la volontà dello Stato italiano di cedere una parte del proprio potere sovrano a vantaggio di questa particolare organizzazione internazionale e del diritto da essa prodotto. Si ritenne di poter ricondurre l’ordinamento dell’UE all’ambito applicativo dell’ART. 11 COMMA 2: “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.” Un fondamento costituzionale ‘’ esplicito’’ al primato del diritto UE è ora rintracciabile nell’ART.117 al COMMA 1 norma che ha imposto alla legislazione nazionale e regionale di attenersi ai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario oltre che agli obblighi internazionali. 44 solo i canditati più votati tra quelli che si erano presentati alle elezioni, possono partecipare al secondo turno, al quale seguirà l’attribuzione dei seggi. SISTEMA ELETTORALE PROPORZIONALE: I seggi vengono attribuiti in proporzione dei voti ricevuti da ciascuna forza politica. Il vantaggio è che consente alle componenti minoritarie di ottenere rappresentanti in Parlamento, garantisce la rappresentatività in quanto questi sistemi rispecchiano fedelmente gli orientamenti politici; lo svantaggio è che si formano assemblee molto frammentate e si favorisce il multipartitismo SISTEMA MISTO: assegna parte dei seggi in quota maggioritaria e la restante parte in quota proporzionale, oppure in virtù della previsione di alcuni correttivi. Si ricorre al sistema misto per attenuare gli effetti distorsivi del sistema maggioritario. La tendenza alla frammentazione tipica dei sistemi proporzionali è attenuata dall’applicazione di CORRETIVI. Tra i correttivi dei sistemi proporzionali vanno ricordate le SOGLIE DI SBARRAMENTO che consentono di partecipare alla ripartizione dei seggi solo alle forze politiche che hanno ottenuto una determinata percentuale di voti. Un altro correttivo ad un sistema proporzionale può essere l’attribuzione di un PREMIO DI MAGGIORANZA, grazie al quale la forza politica che ha raccolto più voti ottiene una quota di seggi aggiuntiva che dovrebbe consentirle di conseguire più agevolmente la maggioranza parlamentare, tutto questo al fine di garantire maggiore governabilità. Il correttivo del sistema maggioritario più tipico è il DOPPIO TURNO DI BALLOTTAGGIO. 2 modi con cui i cittadini possono esercitare il diritto di voto: 1. Gli eletti sono scelti direttamente dai cittadini (ART.56 e 58); 2. Elezione di secondo grado: i cittadini eleggono i rappresentati intermedi, che poi sceglieranno il titolare della carica. 3. Sistemi plurinominali: - preferenze: i cittadini possano indicare direttamente quali candidati vogliono eleggere. - voto per liste bloccate: i cittadini esprimono il voto soltanto per la forza politica, che avrà precedentemente predisposto la lista e l’ordine dei candidati. ALTRI FATTORI CHE INCIDONO SUGLI ESITI DELLE ELEZIONI: Ampiezza dei collegi elettorali; Numero di seggi messi in palio in ciascun collegio; Concreto assetto politico-partitico e dunque il numero di forze politiche e il loro concreto atteggiarsi nel momento della presentazione agli elettori; Meccanismo matematico che deriva dall’applicazione della formula elettorale. 1. L’ELEZIONE DEL PARLAMENTO ITALIANO: DAL PROPORZIONALE AL MATTARELLUM (1948 – 2005) In Costituzione non si rinviene alcuna scelta legata al sistema elettorale: i Costituenti decisero infatti di riservare tale disciplina alla legge ordinaria. Però in Costituzione sono presenti elementi che lasciavano ipotizzare la preferenza dei Costituenti per un sistema elettorale di tipo proporzionale (ART.72 Cost), ma si preferì non inserirlo in Costituzione. Dal punto di vista costituzionale, oltre alle norme che stabiliscono che Camera e Senato devono essere eletti a suffragio universale e diretto, l’unica norma che disciplina le modalità di elezione del Parlamento è l’ART.57 Cost. che dispone che l’elezione dei componenti del Senato deve avvenire “a base regionale”. Perciò il sistema elettorale del Senato si basi su circoscrizioni regionali, al cui interno deve avvenire l’elezione dei senatori. SISTEMA ELETTORALE PROPORZIONALE PURO IN VIGORE DAL 1948 – 1992: I costituenti decisero di adottare per entrambi i rami del Parlamento sistemi elettorali sostanzialmente proporzionali senza correttivi. 45 Sono gli anni in cui nascono tantissimi partiti nel Parlamento italiano infatti vi fu un multipartitismo estremo in cui però i Governi duravano molto poco causando una scarsa governabilità. Democrazia bloccata che esclude il Partito Comunista dalle funzioni del Governo. Tra la fine degli anni 80 e l’inizio degli anni 90 del secolo scorso, però, la centralità dei partiti che erano stati fino ad allora indiscussi protagonisti della storia istituzionale italiana subì una forte crisi. Tale crisi che decreta la fine del proporzionale ebbe molteplici cause: - Ragioni internazionali (caduta del Muro di Berlino): Mutamento avvenuto a livello globale e il conseguente affievolirsi delle ideologie che avevano caratterizzato la seconda parte del 900 e di cui i partiti tradizionali si nutrivano; - Ragioni interne: Comportamenti e modi di agire degli stessi partiti, che videro molti dei loro maggiori esponenti finire al centro di episodi di corruzione molto gravi. REFERENDUM DEL 1993: con questo referendum abrogativo i cittadini italiani decretarono la fine della stagione proporzionale. I cittadini si espressero per la sostituzione del sistema proporzionale con un sistema misto prevalentemente maggioritario. SISTEMA ELETTORALE MISTO PREVALENTEMENTE MAGGIORITARIO (MATTARELLUM) 1993 – 2005: Il Parlamento modificò le leggi elettorali per l’elezione della Camera e del Senato. La scelta del Parlamento cadde su un sistema misto, ma prevalentemente maggioritario. Sia alla Camera che al Senato il 75% dei seggi veniva attribuito in collegi uninominali nei quali si applicava il sistema maggioritario, veniva cioè eletto il candidato che nell’unico turno previsto avesse ottenuto il maggior numero di voti. Il restante 25% dei seggi veniva ripartito su base proporzionale. Legge applicata in 3 turni elettorali: 1994 centrodx, 1996 centrosx, 2001 centrodx. Questo sistema di voto è rimasto in vigore per poco più di un decennio, ed è stato applicabile in tre turni elettorali (1994, 1996, 2001). Questo sistema ha portato i partiti politici verso un sostanziale bipolarismo e ha favorito una maggiore stabilità dei governi (anche se molto frammentati al loro interno) rispetto all’esperienza del proporzionale. 2. SEGUE: LA STAGIONE DEL PROPORZIONALE CON PREMIO DI MAGGIORANZA (2005 – 2014) E LA SUA INCOSTITUZIONALITA’ LA LEGGE N.270 DEL 2005 (PORCELLUM): ritorno ad un SISTEMA PROPORZIONALE, pur caratterizzato da alcuni correttivi che finivano per renderlo ad EFFETTI SOSTANZIALMENTE MAGGIORITARI. applicata nelle elezioni del 2006,2008.2013. Oltre alle elevate soglie di sbarramento si era introdotto un PREMIO DI MAGGIORANZA per la lista non coalizzata o per la coalizione che avesse ottenuto il maggior numero di voti, ma non sufficienti per ottenere autonomamente il 55% dei seggi. Inoltre questa legge prevedeva LUNGHE LISTE BLOCCATE, che consentivano all’elettore di esprimere il proprio voto solo per la lista, senza potere indicare la preferenza per uno o più candidati, e la possibilità per i candidati di candidarsi in più circoscrizioni, con la contestuale facoltà dell’eletto di optare in quale circoscrizione ottenere il seggio. Sin da subito questo sistema elettorale fu oggetto di critiche, tanto che nell’opinione pubblica la legge è stata denominata con l’evocativo epiteto di Porcellum (“porcata”). Infatti l’obiettivo della maggioranza di centro-destra era quello di rendere incerta la vittoria dello schieramento di centro- sinistra, che i sondaggi davano in quel momento nettamente favorito. L’IRRAGIONEVOLEZZA ATTRIBUZIONE DEL PREMIO DI MAGGIORANZA AL SENATO: alla Camera il premio di maggioranza era attribuito su base nazionale, al Senato il premio di maggioranza veniva distribuito su base regionale e poiché nelle singole Regioni il premio poteva venire conseguito da liste tra loro diverse, la somma dei tanti piccoli premi di maggioranza regionali non restituiva necessariamente un premio di maggioranza a livello nazionale; comportamento così un rischio elevato di ingovernabilità poiché la forza politica che aveva ottenuto una solida maggioranza alla Camera doveva confrontarsi con una situazione molto più precaria al Senato. 46 L’EFFETTO DISTORSIVO DEL PREMIO DI MAGGIORANZA rispetto all’effettivo numero di voti ricevuti: ESEMPIO: elezioni elettorali 2013 in cui alla Camera lo schieramento di centro-sinistra ha potuto contare sul 55% dei seggi pur avendo ottenuto solo il 29,5% dei voti. Perché la Corte Costituzionale ci mette tanto tempo a pronunciarsi? In quanto non è facile che la questione della legge venga considerata tanto rilevante da essere sottoposta al controllo della Corte. L’INCOSTITUZIONALITA’ DELLA LEGGA N.270 DEL 2005 SENTENZA N.1 DEL 2014: la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale diverse norme del Porcellum tra cui:  L’assegnazione del premio di maggioranza in quanto produce una “alterazione profonda della composizione della rappresentanza democratica”, è stato quindi ritenuto contrario al principio di eguaglianza del voto sancito dall’ART. 48 della Costituzione che, nell’interpretazione della Corte, richiede che “ciascun voto contribuisca potenzialmente e con pari efficacia alla formazione degli organi elettevi”. L’assegnazione del premo di maggioranza aveva causato una eccesiva differenza tra voto di entrata e voto di uscita e per come era ripartito al Senato il premo non garantiva neppure la governabilità.  Incostituzionalità delle liste bloccate di candidati che, privando l’elettore di ogni margine di scelta dei propri rappresentati e rimettendo tale scelta unicamente ai partiti, finivano per violare la libertà di volontà di cui all’ART.48 della Cost. N.B: per il principio di continuità dello Stato l’annullamento delle norme produrrà effetto dalla successiva consultazione elettorale. 3. LA LEGGE ELETTORALE PER LA SOLA CAMERA E LA SUA INCOSTITUZIONALITA’ RIFORMA COSTITUZIONALE RENZI-BOSCHI: nonostante sia stata bocciata dal corpo elettorale nel referendum del 4 dicembre 2016 ha significativamente condizionato la questione elettorale. LEGGE N.52 DEL 2015: legge del Parlamento che è stata dichiarata parzialmente incostituzionale; che riformava la legge elettorale soltanto per la Camera. Nella sua versione originaria, il sistema elettorale – denominato ITALICUM – era un sistema proporzionale, eventualmente a doppio turno. CARATTERISTICHE ITALICUM:  PREMIO DI MAGGIORANZA per la lista vincitrice delle elezioni che se avesse conseguito al primo turno almeno il 40% dei consensi, avrebbe ottenuto un premio di maggioranza tale da garantire almeno 340 seggi.  BALLOTAGGIO: nel caso in cui la lista vincitrice non avesse raggiunto al primo turno la soglia del 40% dei voti, si sarebbe svolto un secondo turno che avrebbe visto sfidarsi in ballottaggio le due liste che avevano conseguito il maggior numero di voti al primo turno.  SOGLIA DI SBARRAMENTO DEL 3% dei voti da calcolarsi su base nazionale. Le liste di candidati erano formate da un “capolista bloccato”, candidabile al massimo in dieci collegi diversi, e da altri candidati, alternati per genere, sottoposti al voto di preferenza degli elettori. Questi ultimi avrebbero potuto esprimere al massimo due preferenze, purché candidati di sesso diverso. Qualora la lista avesse conseguito voti sufficiente per ottenere seggi nel collegio, il capolista stesso sarebbe risultato sempre il ad essere eletto all’interno della lista. Nel caso in cui la lista avesse guadagnato più seggi all’interno del collegio, questi seggi sarebbero stati attribuiti ai candidati con il maggio numero di preferenze. Ancora prima di essere applicata, viene dichiarata parzialmente incostituzionale dalla Corte costituzionale. 49 componenti”; non sono ammesse ingerenze da parte della Camera nei confronti del Senato e viceversa. I regolamenti parlamentari dettano le modalità con cui ciascuna Camera può approvare le leggi. Inoltre disciplinano ciò che concerne l’organizzazione e il funzionamento delle Camere e dunque si tratta di ambiti di competenza molto ampi. Entrambe le Camere si sono dotare di altri regolamenti minori equiparabile ai regolamenti generali volti a disciplinare alcune specifiche attività del Parlamento o delle sue articolazioni. Si verificò una evoluzione dei regolamenti parlamentari. (P.213) 2. AUTONOMIA ORGANIZZATIVA E FUNZIONALE (ART.63): Intesa come la possibilità per le Camere di organizzarsi liberamente con riferimento a tutto quanto attiene alla articolazione interna dei propri organi e allo svolgimento delle proprie funzioni. Questa forma di autonomia è diretta conseguenza della titolarità dell’autonomia regolamentare. 3. IMMUNITA’ DELLA SEDE: Essa impedisce alla forza pubblica di entrare all’interno delle sedi parlamentari senza che vi sia sul punto un ordine del Presidente di Assemblea. Comporta che nessuna autorità estranea può far eseguire coattivamente propri provvedimenti rivolti al Parlamento ed ai suoi organi senza autorizzazione del Presidente. Vi è inoltre il divieto per tutte le persone estranee al Parlamento di introdursi nell’aula dove siedono i parlamentari. 4. AUTONOMIA FINANZIARIA E CONTABILE: Grazie al quale le Camere possono gestire, senza alcuna interferenza esterna, i fondi che annualmente vengono loro riservati. Le Camere sono infatti dotate di appositi regolamenti di amministrazione e contabilità in cui sono delineate le regole di spesa, di rendicontazione e di controllo interno. 5. AUTODICHIA (significa GIUSTIZIA DOMESTICA): Giustizia domestica per le controversie con i propri dipendenti. Spetta alle Camere non solo il compito di adottare i provvedimenti relativi alla carriera giuridica ed economica dei propri dipendenti, ma anche quello di risolvere in via definitiva le eventuali controversie che dovessero sorgere in merito a tali provvedimenti. Ma è rispettato il principio del giudice terzo e parziale? Si, la Corte si pronuncia a favore delle Camere. 10. SEGUE: L’AUTONOMIA DELLE CAMERE NELLA VERIFICA DEI POTERI 1. VERIFICA DEI POTERI (ART.66): ovvero del procedimento con cui Camera e Senato controllano: Se coloro che sono stati eletti avevano titolo, al momento dell’elezioni, per conseguire la carica di deputato o senatore; PROCEDIMENTO DI CONVALIDA DELLE ELEZIONI: i candidati che risultano eletti vengono proclamati deputati dall’ufficio circoscrizionale centrale o senatori dall’ufficio elettore regionale. La comunicazione della proclamazione viene trasmessa alla Camera e al Senato. La posizione dell’eletto non è però definitiva fino a quando la Camera d’appartenenza non effettua la convalida dell’elezioni. Attraverso questo procedimento le Camere svolgono due diversi controlli: - verificano che le operazioni elettorali si siano svolte correttamente; - accertano che gli eletti siano titolari della capacità elettorale passiva e siano dunque in possesso dei requisiti di eleggibilità, compatibilità e candidabilità. Il procedimento si svolge in due fasi: --06102 50  CONTROLLO DI DELIBEAZIONE: la Giunta delle elezioni verifica i documenti elettorali e propone poi all’Assemblea la convalida o la contestazione dell’elezione. Nel caso di contestazione si apre il giudizio di contestazione tra l’eletto contestato e gli altri interessati al giudizio stesso. All’esito della discussione la giunta propone l’annullamento dell’elezione o la sua convalida.  DECISIONE DEFINITIVA DOVRA’ ESSERE PRESA DALL’ASSEMBLEA che avrà modalità diverse per Camera e Senato. 2. GIUDIZIO SULLE CAUSE DI DECADENZA: si tratta di verificare le cause sopraggiunte di ineleggibilità e incompatibilità e dunque se i deputati e senatori possono continuare a mantenere la carica parlamentare. Spetta alla Giunta delle elezioni il compito di esaminare la questione e di svolgere, dove è necessario, un’istruttoria e qualora vi sia la proposta di contestazione si verifica la seduta pubblica per lo svolgimento del giudizio di contestazione. Al termine della discussione, la Giunta formulerà la proposta di decadenza o meno sulla quale l’Assemblea dovrà esprimere il suo giudizio. Contro le decisioni delle Camere sulla validità delle elezioni e sulla sussistenza non sono ammessi ricorsi di alcun tipo. 4. LO STATUS DEL PARLAMENTARE 11. IL DIRITTO DI ELETTORATO PASSIVO E LE SUE LIMITAZIONI: INELEGGIBILITA’, INCOPATIBILITA’ E INCANDIDABILITA’ LIMITAZIONI DEL DIRITTO DI ELETTORATO PASSIVO:  INELEGGIBILITA’: non consente ad un candidato di essere eletto parlamentare e perciò l’eventuale elezione deve essere annullata dalla Camera di appartenenza. Ragioni di ineleggibilità:  Legata all’ETA’ in quanto non sono eleggibili a deputato coloro che nel giorno delle elezioni non hanno compito 25 anni, non sono eleggibili a senatore i cittadini che non hanno compito i 40 anni;  Le altre cause sono accomunate dall’obiettivo di tutelare il corretto svolgimento delle consultazioni elettorali. Non sono eleggibili alla funzione parlamentare:  I titolari di alcune cariche elettive, quali i presidenti delle giunte provinciali e i sindaci dei comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti; per evitare che questi possano sfruttare la loro posizione per attribuire privilegi agli elettori.  I titolari di alcuni uffici pubblici. Si vuole evitare che gli elettori possano votarli soltanto per timore di eventuali ritorsioni nei loro confronti. In entrambi i casi si ritiene che il voto potrebbe non essere più libero. Queste cause di ineleggibilità non sono però considerate ostative all’elezione parlamentare nel caso in cui i soggetti cessino di esercitare le funzioni relative alla carica ricoperta almeno 180 giorni prima della fine della legislatura. In caso di scioglimento anticipato delle camere la cessazione della funzione deve avvenire entro i 7 giorni successivi alla data di pubblicazione del decreto di scioglimento anticipato nella G.U. Sono altresì INELEGGIBILI:  Coloro che intrattengono con lo Stato rapporti di carattere economico al fine di evitare che possano farsi promotori di leggi volte a favorire la loro situazione economica in conflitto di interessi con lo stato.  I diplomatici e tutti cloro che lavorano nelle ambasciate e nei consolati, nonché tutti coloro che abbiano impiego da governi esteri, al fine di evitare interferenze di altri stati nell’esercizio della funzione parlamentare.  INCOMPATIBILITA’: Condizione di chi, eletto parlamentare, e ricoprendo già un’altra carica, deve scegliere se mantenerla o acquisire il mandato parlamentare. 51 L’incompatibilità non rende nulla l’elezione ma obbliga il candidato eletto a effettuare una scelta entro 30 giorni dalla proclamazione. Se il parlamentare non procede all’opzione, la Camera di appartenenza può dichiararne la decadenza. È INCOMPATIBILE:  La funzione di senatore con quella di deputato e viceversa.  La carica di Presidente della Repubblica.  La carica di membro del CSM.  La carica di consigliere o assessore regionale.  La carica di giudice costituzionale.  Le cariche e uffici di qualsiasi specie in enti pubblici o privato per nomina o designazione del governo.  La carica di parlamentare con ogni altra carica elettiva ad organi di governo monocratici di enti pubblici territoriali con più di 15 mila abitanti.  INCANDIDABILITA’: Sono in candidabili i soggetti che sono stati condannati in via definitiva per tre categorie di reati:  Reati di maggiore allarme sociale come terrorismo, associazione mafiosa e tratta di persone, per i quali si è stati condannati alla reclusione per più di due anni.  Reati contro la pubblica amministrazione come corruzione, concussione e peculato. Per i quali si è stati condannati alla reclusione per più di due anni.  Tutti i reati per cui è prevista una pena minima di 4 anni di reclusione e per i quali si è stati condannati a più di due anni. L’INCANDIDABILITA’ preclude del tutto al soggetto la possibilità di candidarsi, è una situazione in alcun modo sanabile. Questa cause non possono essere rimosse. Tale condizione deve essere rilevata prima dello svolgimento delle elezioni, dagli uffici elettorali competenti che quindi cancelleranno il nome del soggetto dalla lista dei candidati. La condizione di incandidabilità può però sopraggiungere a legislatura in corso ed in questo caso sono le camere ad accertare tale condizione e a votare sulla decadenza del parlamentare. La riserva di legge assoluta viene considerata come una fonte del diritto che può prevedere cause che limitano il diritto di elettorato passivo e l’art. 65 richiede che sia la legge a prevedere tali casi. La Corte costituzionale ha anche richiesto che le limitazioni al diritto di elettorato passivo siano interpretate in modo restrittivo, senza lasciare spazio ad eventuali interpretazioni analogiche. 12. IL DIVIETO DI MANDATO IMPERATIVO Lo status di parlamentare si acquista con la convalida dei voti. Una volta avvenuta la proclamazione il candidato eletto assume lo status parlamentare che è caratterizzato da una serie di prerogative che la Costituzione riconosce e cessano con la fine del mandato; si tratta a) del DIVIETO DI MANDATO IMPERATIVO, b) delle cosiddette GUARANTIGIE PARLAMENTARI, c) dell’INDENNITÀ. L’eletto, una volta acquisito lo status di parlamentare, non diventa il rappresentante degli elettori da cui è stato votato, ma della Nazione nella sua interezza. Di conseguenza non può essere vincolato a seguire eventuali disposizioni provenienti dagli elettori, né può essere sanzionato rispetto al mancato mantenimento di promesse elettorali. Per nessuna ragione gli elettori possono in qualche modo determinare la perdita dello status parlamentare dell’eletto. – RAPPORTO TRA PARLAMENTARE E PARTITO: La Costituzione vieta che l’ordinamento possa in qualche modo sanzionare il parlamentare che non ottemperi alle indicazioni provenienti dal suo partito. Il partito può adottare provvedimenti negativi nei confronti del parlamentare ma essi non possono incidere sulla titolarità dello status. 54 decisioni in virtù di condizionamenti esterni accettate in ragione di una sua debolezza economica. 5. L’ORGANIZZAZIONE INTERNA DELLE CAMERE 16. IL PRESIDENTE D’ASSEMBLEA E L’UFFICIO DI PRESIDENZA I principali organi delle Camere sono: il Presidente dell’Assemblea, l’ufficio di presidenza, i gruppi parlamentari, la conferenza dei capigruppo, le Commissioni parlamentari e le Giunte. ART. 63: ‘’ Ciascuna Camera elegge fra i suoi componenti il Presidente e l’ufficio di Presidenza’’. I regolamenti di Camera e Senato presentano significative differenze. DIFFERENZE TRA LE CAMERE PER LE MAGGIORANZE DELL’ELEZIONE: Presidente CAMERA: o 1° scrutinio: MAGGIORANZA DEI 2/3 DEI COMPONENTI. o 2° scrutinio: MAGGIORANZA DEI 2/3 DEI PRESENTI. o 3° scrutinio: MAGGIORANZA ASSOLUTA. Presidente SENATO: o 1° e 2° scrutinio: MAGGIORANZA ASSOLUTA DEI COMPONENTI. o 3° scrutinio: MAGGIORANZA DEI VOTI PRESENTI. o BALLOTAGGIO: Avviene se nessuno tra i votati ha raggiunto la maggioranza. Ballottaggio decisivo tra I DUE PIU’ VOTATI AL TERZO SCRUTINIO. FUNZIONI DEL PRESIDENTE D’ASSEMBLEA: FUNZIONI che hanno RILEVANZA ALL’INTERNO della Camera: Direzione dei lavori e delle discussioni. Poteri sulla programmazione dei lavori e sulla definizione dei calendari. Interpretare e far rispettare i regolamenti. Potere di disciplinare nei confronti dei parlamentari. FUNZIONI che hanno RILEVANZA ALL’ESTERNO della Camera: I Presidenti delle Camere vengono ascoltati dal Presidente della Repubblica prima dell’eventuale scioglimento anticipato delle Camere. Il Presidente del Senato può sostituire il Presidente della Repubblica nel caso in cui esso si trovi in una condizione di impedimento temporaneo. I Presidenti delle Camere sono consultati dal Presidente della Repubblica prima della nomina del Presidente del Consiglio. Il Presidente della Camera presiede il Parlamento in seduta comune. Nel DIRITTO COMPARATO si possono individuare tre modelli circa le MODALITA’ CON CUI IL PRESIDENTE D’ASSEMBLEA SVOLGE LE SUE FUNZIONI: 1) FUNZIONE ARBITRALE E IMPARZIALE: Lo speaker della Camera dei comuni presente in Gran Bretagna, una volta eletto, non intrattiene più alcun rapporto con il suo partito politico di provenienza. 2) PROTAGONISTA ATTIVO: Sulla base del modello statunitense, lo speaker è uno dei leader del partito maggioritario ed è protagonista attivo nell’assicurare l’attuazione del programma legislativo della maggioranza parlamentare. 3) POSIZIONE INTERMEDIA (V REPUBBLICA FRANCESE): Il Presidente d’Assemblea svolge con imparzialità le funzioni che gli sono attribuite, ma rimane comunque profondamente legato al partito di maggioranza. La configurazione del Presidente d’Assemblea dipende anche dal sistema elettorale e dal contesto partitico in cui opera:  CONTESTO MULTIPARTITICO CON SISTEMA ELETTORALE PROPORZIONALE: Le maggioranze previste dai regolamenti, impongono la ricerca di un consenso anche tra le forze di minoranza.  SISTEMA ELETTORALE MAGGIORITARIO: L’elezione del Presidente sarà di fatto nell’esclusiva disponibilità del partito di maggioranza. ! È difficile proporre una ricostruzione unitaria della figura del Presidente d’Assemblea nell’ordinamento giuridico italiano, al fine di ricondurlo ad uno dei 3 modelli. 55 I Presidenti d’Assemblea pur non avendo mai rinunciato del tutto a mantenere una loro connotazione politica attiva al di fuori del Parlamento, hanno sempre considerato l’imparzialità come un’importante bussola da seguire durante lo svolgimento dei loro mandati. I PRESIDENTI DI ASSEMBLRA NELLA STORIA PARLAMENTARE: Fino alle fine degli anni ‘60 i Presidenti dell’Assemblea sempre esponenti della maggioranza. Negli anni ‘70 e ‘80 eletti Presidenti esponenti dei partiti di opposizione. Dalla metà degli anni ‘90, con la riforma elettorale del Mattarellum, il Presidente di Assemblea è stato scelto tra gli esponenti della maggioranza. 17. I GRUPPI PARLAMENTARI E LA CONFERENZA DEI CAPIGRUPPO. I gruppi parlamentari costituiscono la proiezione dei partiti politici in Parlamento. Ciascun deputato o senatore deve far parte di un gruppo parlamentare. Il gruppo parlamentare riunisce tutti i parlamentari che aderiscono allo stesso partito e nel quale svolgono le attività all’interno del Parlamento. L’esistenza dei gruppi parlamentari è presupposta dalla Costituzione. CAMERA DEI DEPUTATI: I gruppi devono essere formati almeno da 20 deputati o anche meno di 20 purché questi costituiscano però la proiezione di un partito organizzato nel Paese. SENATO: Occorrono 10 senatori e vi è l’obbligo di formare solo gruppi che rappresentano un partito o movimento politico che abbia presentato alle elezioni del Senato propri candidati con lo stesso contrassegno, conseguendo l’elezione dei Senatori. Non vi possono essere gruppi con meno di 10 senatori ad eccezione del gruppo delle minoranze linguistiche. GRUPPO MISTO: Gruppo al quale vengono assegnati i parlamentari che non hanno dichiarato a quale gruppo intendono aderire o che abbiano aderito ad un gruppo che non raggiunge il requisito numerico richiesto. ! I parlamentari possono durante il corso della Legislatura: - Passare da un gruppo all’altro. - Alla Camera formare nuovi gruppi a seconda delle modifiche del contesto politico. !! I gruppi possono anche estinguersi. ORGANIZZAZIONE INTERNA: I gruppi prevedono la presenza di:  Un CAPOGRUPPO: Partecipa alle consultazioni svolte dal Presidente della Repubblica al fine di nominare il Presidente del Consiglio.  1 o più VICEPRESIDENTI.  Alla Camera di un COMITATO DIRETTIVO.  CONFERENZA DEI CAPIGRUPPO: Formata dai presidenti dei diversi gruppi e dal Presidente dell’Assemblea che la presiede, ha il compito di decidere la programmazione dei lavori dell’aula, di decidere il calendario e l’ordine delle singole sedute, nonché la ripartizione dei tempi di intervento. I gruppi si dotano di regolamenti interni e dispongono di locali e attrezzature e possono usufruire dei contributi delle Camere a seconda della numerosità. 18. LE COMMISSIONI E LE GIUNTE PARLAMENTARI COMMISSIONI PARLAMENTARI: Sono composte in modo tale da rispecchiare la proporzione dei gruppi presenti in Assemblea. I gruppi parlamentari poi provvedono a designare quali membri andranno a comporre le commissioni parlamentari che sono formate in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi. Le varie funzioni: legislative, di inchiesta, di controllo e di vigilanza.  COMMISSIONI MONOCAMERALI: Formate da Parlamentari di 1 SOLA CAMERA.  COMMISSIONI BICAMERALI: Formate da Parlamentari di ENTRAMBE LE CAMERE.  COMMISSIONI TEMPORANEE: Istituite soltanto per il periodo necessario ad assolvere i compiti che vengono loro assegnate. -- 07102 56 - Tra le commissioni temporanee vanno ricordati le COMMISSIONI DI INCHIESTA (ART.82): Ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse con quindi l’obbiettivo di indagare su questioni di particolare interesse per la collettività al fine di fornire al dibattito politico elementi che possano consentire una maggiore conoscenza del fenomeno indagato, la ricerca di eventuali responsabilità politiche o l’acquisizione di informazioni da poter utilizzare in future iniziative parlamentari sul punto. Le commissioni possono fare ricorso alle intercettazioni, sequestri, interrogatori di testimoni con una conseguente collaborazione con la magistratura.  COMMISSIONI PERMANENTI: Restano in carica per TUTTA la legislatura. Vi sono attualmente 14 commissioni permanenti sia alla camera sia al senato. Ciascuna di esse svolge le sue funzioni con esclusivo riferimento alla materia di sua specifica competenza e generalmente è composta da parlamentari che hanno una specializzazione proprio nell’ambito di competenza della Commissione stessa. Le Commissioni possono svolgere anche funzioni e di indirizzo, controllo ed informazione secondo quanto previsto dai rispettivi regolamenti. Il Presidente della Commissione dirige i lavori della stessa. LE GIUNTE PARLAMENTARI: Trovano la loro fonte di disciplina direttamente nei regolamenti parlamentari. - Il REGOLAMENTO DELLA CAMERA prevede 3 giunte: giunta per il regolamento, giunta delle elezioni e giunta per le autorizzazioni. - IL REGOLAMENTO DEL SENATO prevede 2 giunte: giunta per il regolamento e la giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari I Membri delle giunte sono nominati direttamente dai Presidenti di Assemblea e sono tenuti a rispettare il principio di rappresentatività nella composizione delle Giunte stesse. GIUNTA PER IL REGOLAMENTO: Ha il compito di proporre ed esaminare le modifiche ai regolamenti parlamentari, nonché, se il Presidente lo richiede, di esprimere pareri sulle questioni di interpretazione dei regolamenti stessi. Le giunte parlamentari hanno compiti più tecnici delle commissioni. 19. IL PARLAMENTO IN SEDUTA COMUNE In alcuni casi previsti tassativamente dalla Costituzione, il Parlamento si riunisce e delibera in seduta comune e avviene per:  Elezione, giuramento e messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica.  Elezione dei 5 giudici costituzionali.  Elezione di 1/3 dei componenti del CSM.  Elezione dei cittadini che compongono gli elenchi dai quali estrarre a sorte i giudici chiamati a integrare la Corte Costituzionale nei giudizi d’accusa contro il P. Della Rep. È presieduto dal Presidente della Camera e si riunisce presso la Camera dei deputati. Il funzionamento del Parlamento in seduta comune è disciplinato dal regolamento della camera. Al Parlamento in seduta comune si può oggi attribuire la qualità di collegio perfetto, distinto da Camera e Senato, capace di discutere, deliberare e anche darsi proprie regole interne autonome e distinte da quelle della camera dei deputati. 6. FUNZIONE DEL PARLAMENTO 20. I PRINCIPI GENERALI DI FUNZIONAMENTO (MAGGIORANZAE, QUORUM DELIBERATIVI, MODALITA’ DI ESPRESSIONE DEL VOTO E PROGRAMMAZIONE DEI LAVORI) ART. 64, COMMA 3, COST: ‘’Le deliberazioni di ciascuna Camera e del Parlamento non sono valide se non è presente la maggioranza dei loro componenti e se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che la Costituzione prescriva una maggioranza speciale.’’ In base a questo articolo possiamo individuare 2 diversi requisiti di validità:  Il primo concerne la VALIDITA’ DELLE SEDUTE: si tratta del quorum costitutivo o numero legale pari alla metà più uno dei componenti, necessario perché l’Assemblea possa considerarsi regolarmente costituita. Il numero legale è dato sempre per presupposto ciò vuol dire che i lavori di camera e senato possono deliberare regolarmente anche in assenza del 59 dell’interpellante, la risposta del Governo, la replica dell’interpellante stesso e la eventuale presentazione di una mozione che prospetti una linea politica diversa da quella governativa. 24. GLI STRUMENTI CONOSCITIVI DEL PARLAMENTO La FUNZIONE CONOSCITIVA del Parlamento è strumentale all’esercizio delle altre funzioni. Tra gli strumenti conoscitivi vanno ricordate una serie di attività che sono utili al fine dell’esercizio della funzione legislativa: - La Camera ha la possibilità di rivolgere richieste all’ISTAT o pareri al CNEL, chiedere informazioni e chiarimenti alla Corte dei conti. - La Camera ha la possibilità di deliberare in Commissioni indagini conoscitive, grazie alle quali le Commissioni possono ottenere notizie e informazioni da tutti i cittadini esperti in merito a disegni di legge in esame o su questioni di generale interesse della Commissione stessa, di svolgere audizioni con ministri e funzionari della P.A. CAPITOLO 5: IL GOVERNO 1. LA FORMAZIONE DEL GOVERNO 1. INTRODUZIONE La Costituzione detta poche regole sul Governo, limitandosi a prevedere i tratti essenziali della disciplina. Soltanto 5 articoli, dal 92 al 96, sono infatti ad esso dedicati. La completa ricostruzione dei poteri, dell’organizzazione e del funzionamento del Governo richiede anche lo studio della prassi, delle convenzioni e delle consuetudini costituzionali formatesi nel corso del tempo, nonché delle leggi e delle altre norme che su tali ambiti si sono succedute. ART. 95 COST: Il Governo è l’organo costituzionale che determina l’indirizzo politico del Paese ed ha la titolarità di diverse ed importanti funzioni amministrative. Il Governo è anche dotato di importanti poteri normativi: il riferimento è all’adozione dei decreti legge, dei decreti legislativi e dei regolamenti. 2. LA DISCIPLINA COSTITUZIONALE E LA PRASSI ART. 92:” Il presidente della repubblica nomina il presidente del consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri” Il Presidente della Repubblica nomina il Governo a seguito delle elezioni per la formazione delle nuove Camere che si svolgono al termine di ogni legislatura. Può anche essere chiamato a formare un nuovo Governo tutte le volte in cui il Governo in carica presenti le proprie dimissioni. Il Presidente della Repubblica, prima di provvedere alla nomina del Presidente del Consiglio, deve provvedere ad una serie di attività che trovano il loro fondamento in una prassi ormai consolidata, che ha oggi assunto il rango di consuetudine costituzionale: 1) Il Presidente della Repubblica svolge le consultazioni, durante le quali incontra i presidenti dei gruppi parlamentari, i Presidenti delle due Camere e gli ex Presidenti della Repubblica. Grazie all’esito delle consultazioni, disporrà il quadro della situazione politica e potrà comprendere se è possibile individuare un soggetto capace di formare un governo in grado di ottenere il sostegno di una maggioranza parlamentare. 2) Se il Presidente non ha individuato tale soggetto, potrà far ricorso al mandato esplorativo ad una personalità super partes che avrà il compito di verificare, con ulteriori colloqui con i principali esponenti delle forze politiche presenti in Parlamento, l’esistenza di un soggetto in grado di formare il Governo e ottenere la maggioranza parlamentare. In alcuni casi, il Presidente della Repubblica ha circoscritto la portata del mandato esplorativo richiedendo di individuare una particolare maggioranza o la presenza di un consenso su un limitato programma di Governo. In alternativa al mandato esplorativo, il P.D.R può attribuire un pre – incarico a colui al quale ipotizza di conferire l’incarico di formare il Governo. Anche in questo caso, il preincaricato dovrà cercare di comprendere se egli è effettivamente in grado di coagulare una 60 maggioranza che possa poi sostenere il Governo che lo stesso preincaricato si accingerà a presiedere. ! Se al termine di questa fase non sarà stato possibile individuare nessun soggetto da incaricare ai fini della formazione di governo, il P.D.R dovrà sciogliere le camere. 3) Quando invece si arriva ad avere un soggetto adatto a tale incarico, il P.D.R procede a conferire a tale soggetto l’incarico vero e proprio della formazione di Governo. A seguito del conferimento dell’incarico che viene assegnato solo oralmente, l’incaricato deve accettare generalmente ‘ con riserva’ che verrà sciolta positivamente solo quando l’incaricato riesce ad aggregare consenso attorno ad un programma ed una lista dei ministri da proporre al P.D.R, con la ragionevole aspettativa di ricevere la fiducia del Parlamento. Quando ciò non accade, gli incaricati scioglieranno negativamente la riserva. 4) Quando l’incaricato scioglie positivamente la riserva, il P.D.R può procedere a nominare con decreto il Presidente del Consiglio e i ministri da questo proposti. Quanto al RUOLO DEL P.D.R rispetto alla scelta dei ministri, vi sono 2 tesi: - Non può essere considerato sostanzialmente responsabile della composizione della compagine ministeriale nonostante possa porre, in via eccezionale, il veto alla nomina dei ministri per serie di ragioni di natura istituzionali inerenti alla persona proposta. - Può ritenersi responsabile alla nomina dei ministri e dunque potrebbe opporsi alle proposte provenienti dal Presidente del Consiglio incaricato. 5) Il Presidente del Consiglio e i ministri prima di assumere le funzioni, prestano giuramento nelle mani del P.D.R. Con il giuramento, la fase di formazione del Governo, può ritenersi conclusa anche se i poteri del Governo che non ha ancora ricevuto la fiducia del Parlamento sarebbero limitati all’attività di ordinaria amministrazione. 6) Entro 10 giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia. La mozione di fiducia viene votata separatamente da ciascuna delle 2 camere a seguito del discorso programmatico che il Presidente del Consiglio svolge alla camera e al senato. 3. IL RUOLO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA L’ELASTICITA’ DEL PROCEDIMENTO DI FORMAZIONE DEL GOVERNO. Il Capo dello Stato si è trovato molto spesso ad utilizzare poteri molto penetranti nella formazione dei Governi. Emblematici in questa prospettiva sono i governi del Presidente che sono caratterizzati per il peculiare ruolo ricoperto dal Capo dello Stato nella scelta del Presidente del Consiglio e nella fase di formazione del Governo. Non sono mancati inoltre, incarichi conferiti dal Presidente della Repubblica ponendo specifiche condizioni all’incaricato quanto alla maggioranza che avrebbe dovuto sostenere il Governo e agli obbiettivi che il Governo avrebbe dovuto perseguire. LA FORMAZIONE DEI GOVERNI NEL CONTESTO PROPORZIONALE (1948 – 1992): Il contesto di multipartitismo estremo non consentiva al partito di maggioranza relativa ossia la Democrazia Cristiana di ottenere i voti sufficienti per formare autonomamente una maggioranza parlamentare e si rendeva spesso necessario svolgere lunghe e complesse trattative tra i partiti al fine di individuare un’alleanza in grado di formare un governo di coalizione. In queste fasi di incertezza, il ruolo di intermediazione del P.D.R è risultato decisivo soprattutto quando i partiti dimostravano serie difficoltà nel raggiungimento di un accordo. LA FORMAZIONE DEI GOVERNI NEL CONTESTO MAGGIORITARIO (1994 – 2008): I principali partiti politici si sono aggregati in 2 coalizioni, centro destra e centro sinistra, indicando preventivamente ai cittadini sia le alleanze elettorali, sia colui che avrebbero proposto come Presidente del Consiglio. Questo ha facilitato, almeno all’inizio della legislatura, il compito del 61 P.D.R che è stato nei fatti chiamato a prendere atto e ratificare l’indicazione proveniente dal corpo elettorale. Il ruolo del P.D.R è ritornato centrale quando le coalizioni si sono disgregate nel corso della legislatura e hanno determinato la crisi dei governi iniziali. LA FORMAZIONE DEI GOVERNI NELLA XVII E XVIII LEGISLATURA: XVII LEGISLATURA: La comparsa sullo scenario politico di un 3° soggetto, cioè il Movimento a 5 Stelle, ha fatto sì che nessuna forza politica riuscisse ad ottenere la maggioranza dei seggi al Senato. In quell’occasione il ruolo del Presidente Napolitano è stato decisivo in quanto a seguito della sua rielezione, egli ha spronato i partiti a trovare un accordo che, soltanto a 40 giorni dalle elezioni, consentì la nomina e la formazione del Governo Letta. XVIII LEGISLATURA: Solo il paziente lavoro di esplorazione compiuto in quasi 3 mesi dal Capo dello Stato, che ha svolte numerose consultazioni, ha affidato un duplice mandato esplorativo, ha attribuito l’incarico a due diversi soggetti, ha portato alla formazione del Governo CONTE 1. GOVERNO CONTE 2: La nuova maggioranza era composta, oltre che dal Movimento 5 Stelle, anche dal Partito Democratico, forza politica che si era posta all’opposizione del precedente governo, mentre la Lega diventava forza di opposizione. Situazione che dimostra la fluidità che caratterizza la possibilità di formare Governi in un contesto proporzionale. TERZO GOVERNO: Dopo le dimissioni nel gennaio 2021 del Presidente Conte, il Presidente Mattarella, ritenendo inopportuno sciogliere anticipatamente le Camere e indire le elezioni, rivolse alle forze politiche un appello a conferire la fiducia di un ‘’ Governo di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna formula politica’’. Ne seguì l’affidamento dell’incarico di formare il nuovo governo al Prof. Mario Draghi, che effettivamente riusciva ad ottenere la fiducia con una larghissima maggioranza. 2. LA COMPOSIZONE, LE COMPETENZE E I RAPPORTI CHE COMPONGONO IL GOVERNO 4. LA COMPOSIZIONE DEL GOVERNO: ORGANI NECESSARI E NON NECESSARI ART. 92: “Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri.” Questi elencati sono gli organi necessari. Il governo è un organo complesso, caratterizzato cioè della presenza di una pluralità di organi al suo interno, e ineguale, poiché gli organi che lo compongono sono tra loro differenziati sia in termini di struttura, sia quanto alle funzioni, sia in relazione ai loro rapporti reciproci. TRE ORGANI COSTITUZIONALMENTE NECESSARI CHE COMPONGONO IL GOVERNO: 1. Il PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI che è l’organo individuale chiamato a presiedere il Governo; 2. I SINGOLI MINISTRI (con portafoglio) che a loro volta sono organi individuali posti al vertice dei singoli ministeri vale a dire di uno specifico settore della pubblica amministrazione; 3. Il CONSIGLIO DEI MINISTRI è l’organo collegiale nel quale siedono sia il Presidente del Consiglio che i singoli ministri. ORGANI NON NECESSARI: Organi che possono essere previsti dai singoli Governi, nel loro potere di autoorganizzazione, per rendere maggiormente funzionale l’attività di Governo, anche se spesso la scelta di istituirli è volta a regolare gli equilibri politici delle coalizioni governative. Tali organi sono: 1. Il VICEPRESIDENTE DEL CONSIGLIO: in caso di assenza o impedimento temporaneo del Presidente del Consiglio ha funzioni suppletive di quest’ultimo e che spesso viene nominato in Governi di coalizione al fine di garantire una certa visibilità anche ad un partito diverso rispetto a quello che esprime il Presidente. Possono essere anche nominati più vicepresidenti; la proposta spetta al Presidente del Consiglio mentre la delibera è del 64 Nella storia repubblicana il ruolo di guida del Presidente del Consiglio è stato spesso ridimensionato dal peso dei ministri. In Italia si poteva parlare di “GOVERNO DEI FEUDI” dove i feudi erano i ministeri, nell’ambito dei quali né il Presidente del Consiglio né il Consiglio dei ministri erano in grado di assumere poteri decisivi. I ministri all’epoca esercitavano un ruolo molto forte e questo comportava che il Presidente del Consiglio aveva scarsi margini per poter imporre una vera e propria supremazia. 1. Seconda una diversa tesi la Costituzione riconoscerebbe al Presidente del Consiglio una posizione di preminenza rispetto agli altri ministri. Questa tesi si giustifica dal fatto che il Presidente del Consiglio dirige la politica generale del Governo e che inoltre che abbia il potere di individuare e proporre i nomi dei singoli ministri. Infine la supremazia del Presidente rispetto ai ministri dovrebbe desumersi dal fatto che le dimissioni del Presidente del Consiglio determinano la conseguenza radicale e irrimediabile della crisi di governo. PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRI NEL CONTESTO BIPOLARE (1994-2013): Tra il 1994 e 2013 i Presidenti del Consiglio erano leader del partito più importante tra quelli della coalizione che aveva ottenuto il maggior consenso dal voto degli elettori. Dal 1994 le campagne elettorali sono caratterizzate dalla personalizzazione dei partiti anche attraverso l’inserimento dei nomi dei candidati alla carica di Presidente del Consilio nei simboli della coalizione delle schede. Un ‘ulteriore elemento che ha portato la dottrina a valorizzare la posizione presidenziale è dovuto all’accresciuto ruolo che il Presidente del Consilio ha assunto nelle istituzioni dell’Unione europea. PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI NELLA XVII E XVIII LEGISLATURA: Nel Governo Letta la figura del Presidente del Consiglio fu individuata in una personalità che durante la campagna elettorale non aveva assunto il ruolo di leader della coalizione e i ministri vennero scelti tra gli esponenti di tutte le forze politiche che sostenevano il Governo. Il Presidente del Consiglio non era realmente dotato di particolari poteri rispetto ai suoi ministri. Episodi successivi hanno però dimostrato il contrario: difatti nella prima fase del Governo Renzi, egli è riuscito ad influenzare significativamente la politica dell’intero governo e anche le attività dei ministri, fino a poterne indurre anche le dimissioni. All’inizio della XVIII legislatura (PRIMO GOVERNO CONTE) si verificò un’interpretazione riduttiva dei poteri e del ruolo del Presidente del Consiglio dei ministri; che per esempio non partecipò agli incontri volti a determinare il programma del Governo e aveva avuto uno scarso margine di manovra nella proposta dei ministri da sottoporre al Presidente della Repubblica. Conte di fatto era di fatto una figura tecnica priva di un percorso politico pubblico riconoscibile. SECONDO GOVERNO CONTE: Nonostante la figura del Presidente del Consiglio aveva assunto un peso politico e una autorevolezza maggiore rispetto all’esperienza del Governo Conte 1, la fragilità della maggioranza che aveva determinato il governo Conte due, determinò il logoramento del Presidente del Consiglio che dovette alla fine dimettersi. GOVERNO DRAGHI: Nonostante tale Governo abbia le caratteristiche di un esecutivo di “large intese”, l’indiscussa autorevolezza anche internazionale del prof. Mario Draghi e il contesto emergenziale originato dalla pandemia, hanno certamente garantito un maggior rilievo della figura del Presidente del Consiglio capace di imprimere una chiara guida al Consiglio dei ministri. Il rapporto tra Presidente del Consiglio e ministri deve necessariamente essere letto anche alla luce della concreta situazione politica esistente. Molto dipenda dagli equilibri interni alla coalizione di Governo e dalla specifica personalità e autorevolezza del Presidente del Consiglio e dei ministri. 3. IL RAPPORTO GOVERNO-PARLAMENTO 7. IL RAPPORTO GOVERNO-PARLAMENTO: LA MOZIONE DI FIDUCIA E LA QUESTIONE DI FIDUCIA 65 ART.94: il Governo perché possa entrare nella pienezza delle sue funzioni, esso deve ottenere la fiducia, entro 10 giorni dal giuramento, da parte di entrambe le Camere. Approvando la fiducia le Camere esprimono la consonanza rispetto all’indirizzo politico che il Governo si propone di svolgere. Il venir meno della fiducia da parte anche di una sola delle due Camere determina l’obbligo per il Governo stesso di rassegnare le dimissioni. La MOZIONE DI FIDUCIA deve essere MOTIVATA e votata per APPELLO NOMINALE. Il Presidente del Consiglio, entro 10 giorno dal giuramento, si presenta prima nell’una e poi nell’altra Camera ed espone il suo programma di governo. Al termine del dibattito che si svolge dopo le dichiarazioni del Presidente del Consiglio, il Parlamento vota la mozione di fiducia, la cui motivazione si sostanzia nell’adesione alle dichiarazioni programmatiche enunciate dal Presidente del Consiglio. APPELLO NOMINALE: consente di garantire il più alto grado di trasparenza rispetto alla scelta del singolo parlamentare di concedere o meno la fiducia. Il permanere della fiducia tra Parlamento e Governo può essere oggetto di verifica anche nel corso della legislatura. Il Governo può chiedere al Parlamento di votare sulla cosiddetta questione di fiducia. Con la richiesta della fiducia, il Governo chiede al Parlamento di approvare un atto che lo stesso esecutivo ritiene fondamentale e indispensabile per proseguire nel suo mandato, ponendo così il Parlamento di fronte ad una alternativa drastica. Qualora la fiducia non venisse approvata tale voto avrà come conseguenza le dimissioni del Governo stesso. La questione di fiducia può essere posta dal Governo su qualsiasi deliberazione delle Camere. Sia la questione di fiducia che la mozione di fiducia si vota per appello nominale; i regolamenti parlamentari prevedono che il voto favorevole alla fiducia impedisca il voto su proposte alternative a quelle presentate dal Governo. I governi fanno ricordo a questo strumento quando l’approvazione di un provvedimento è in bilico a causa di un non generalizzato consenso tra i parlamentari che hanno votato la fiducia iniziale al Governo, oppure quando ci troviamo di fronte ad un atteggiamento ostruzionistico delle minoranze. 8. SEGUE: LA MOZIONE DI SFIDUCIA NEI CONFRONTI DEL GOVERNO E LA MOZIONE DI SFIDUCIA NEI CONFRONTI DEL SINGOLO MINISTRO L’ART.94, COMMA 5, COST: “La mozione di sfiducia deve essere firmata da un almeno un decimo dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di 3 giorni dalla sua presentazione”. Tale articolo disciplina dunque la modalità con cui il Parlamento può porre fine all’esperienza di governo in corso; ciò si verifica quando anche in una sola delle due Camere, viene approvata una mozione di sfiducia. La mozione con cui si revoca la fiducia deve essere MOTIVATA e votata per APPELLO NOMINALE, affinché vi sia chiara assunzione di responsabilità politica rispetto alle ragioni della decisione che ciascun parlamentare prenderà. Per potere richiedere il voto una mozione di sfiducia deve esserci il consenso di un numero minimo e non irrisorio di parlamentari, ossia un decimo di senatori o di deputati. Il termine di tre giorni che deve decorrere dal momento della presentazione al voto della sfiducia è necessario per evitare i cosiddetti “assalti alla diligenza”. Il preavviso di tre giorni consente a tutti i parlamentari di essere a conoscenza della mozione di sfiducia e di essere presenti in aula a votare. MOZIONE DI SFIDUCIA INDIVIDUALE (nei confronti del singolo ministro): L’ammissibilità di tale strumento è stata affermata dalla Corte costituzionale nella sentenza n.7 del 1996. Il Senato aveva approvato una mozione di sfiducia nei confronti del singolo ministro, il quale non condivideva questo atto in quanto riteneva che il nostro ordinamento non consentisse l’approvazione di simile mozione. Egli fece ricorso alla Corte costituzionale la quale ha valorizzato 66 le norme che attribuiscono una vera e propria responsabilità politica che deriva dall’esercizio dei poteri individuali dei singoli ministri per gli atti dei loro dicasteri, evidenziando come la possibilità di sfiduciare il singolo ministro sia una diretta conseguenza della sua responsabilità individuale. 9. LE CRISI DI GOVERNO CRISI DI GOVERNO avviene ogni volta che un Governo si dimette, spontaneamente o costretto da un esplicito voto del Parlamento che faccia venire meno la fiducia. Si distinguono in: CRISI PARLAMENTARI: determinate dall’approvazione di una mozione di sfiducia di una delle due Camere o dal voto contrario sulla questione di fiducia posta dal Governo. In questi casi il Governo è giuridicamente obbligato a presentare le dimissioni al Presidente della Repubblica. Nella storia repubblicana del nostro Paese, in solo 2 casi la fine di un governo si è prodotta a seguito di un esplicito voto parlamentare. In entrambi i casi, la scelta di voler verificare la possibilità di dare continuità all’esperienza governativa con un voto delle Camere venne giustificata dall’allora Presidente del Consiglio con la volontà di rendere pubbliche le responsabilità del Parlamento e, contemporaneamente, di rispettare il disposto costituzionale che condiziona la sopravvivenza del Governo alla sussistenza della fiducia da parte delle Camere. CRISI EXTRA-PARLAMENTARI: determinate dalle dimissioni spontanee del Presidente del Consiglio dei ministri indipendentemente dall’approvazione di una mozione di sfiducia o dal diniego della fiducia. Nella prassi le dimissioni sono per lo più state determinate nella presa d’atto, da parte dei Presidenti del Consiglio, del venire meno della maggioranza parlamentare che aveva fino a quel momento sostenuto il Governo. IL CAMBIO DI GOVERNO ALLA FINE DELLA LEGISLATURA: Non si parla propriamente di crisi di Governo nei casi in cui invece la fine del rapporto fiduciario tra Governo e Parlamento è determinato dalla fisiologica scadenza della legislatura e dallo scioglimento delle Camere. Nel momento in cui le nuove Camere si riuniscono per la prima volta, il Presidente del Consiglio del Governo formatosi durante la precedente legislatura ha l’obbligo di rassegnare le dimissioni e consentire così la formazione di un nuovo esecutivo. LA RISOLUZIONE DELLE CRISI DI GOVERNO: L’insorgere di una crisi di governo nel corso della legislatura richiede l’intervento del Capo dello Stato e si può risolvere in 2 modi: – Se le condizioni politiche lo consentono il Presidente della Repubblica nominerà un nuovo Presidente del Consiglio che potrà così formarsi un nuovo Governo. – Se invece le forze politiche presenti in Parlamento non sono in nessun modo in grado di esprimere una maggioranza parlamentare tale da permettere la costruzione di un nuovo Governo, il Presidente della Repubblica deve sciogliere anticipatamente le Camere e indire nuove elezioni. Lo scioglimento anticipato del Parlamento è una decisione presa dal P.D.R solo dopo aver riscontrato l’assoluta impossibilità di crearsi, all’interno delle Camere, una maggioranza capace di dare e sostenere la fiducia ad un nuovo Governo. 10. LE RESPONSABILITA’ DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E DEI MINISTRI RESPONSABILIA’ DI TIPO POLITICO: Il Presidente è responsabile della politica generale del Governo, mentre i ministri hanno una duplice responsabilità uno di tipo collegiale per gli atti adottati dal Consiglio dei ministri e una di tipo individuale per gli atti dei loro dicasteri. Queste norme appena citate individuano una responsabilità di tipo politico in virtù della quale il Governo è tenuto a rendere conto e a rispondere delle proprie azioni davanti al Parlamento che con la decisione di far venir meno il rapporto di fiducia potrà effettivamente sanzionare politicamente l’esecutivo in modo definitivo. 69 2. IL COLLEGIO ELETTORALE E LE MODALITA’ DI ELEZIONI Il Presidente della Repubblica non viene eletto direttamente dal corpo elettorale, ma da un collegio formato da Parlamentari e dai rappresentanti della Repubblica coerentemente con la nostra forma di Governo. Le operazioni per l’elezione del Presidente devono iniziare 30 giorni prima che scada il mandato presidenziale in corso. Entro questo termine il Presidente della Camera dei Deputati deve convocare il Parlamento in seduta comune e i delegati regionali. Se invece le Camere sono sciolte o mancano meno di 3 mesi per la loro cessazione, l’elezione ha luogo entro 15 giorni dalla riunione delle Camere nuove e nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica. Ciò avviene per far sì che le Camere non eleggano il Presidente alla fine del loro mandato, ritenendo opportuno attribuire tale scelta ad un organo che, per la sua recente formazione, deve ritenersi dotato di maggiore legittimazione rispetto alle Camere in scadenza. MODALITA’ DI ELEZIONE DEL PRESIDENTE: La scelta spetta ad un collegio elettorale speciale formato dal Parlamento in seduta comune (600 membri + senatori a vita) integrato da 3 delegati di ciascuna Regione eletti dai rispettivi Consigli regionali, tranne la Valle d’Aosta che ha invece un solo delegato. I delegati regionali sono in totale 58. I Consigli regionali, nella scelta dei delegati, devono assicurare la rappresentanza delle minoranze e i singoli Statuti devono prevedere le modalità di elezione dei delegati. La presenza dei delegati regionali nell’elezione del Capo dello Stato assume quindi una funzione meramente simbolica dalla quale emerge il ruolo di rappresentante dell’unità nazionale. L’elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per SCRUTINIO SEGRETO A MAGGIORANZA DEI 2/3 DELL’ASSEMBLEA. Dopo il 3° scrutinio è sufficiente la MAGGIORANZA ASSOLUTA. La Costituzione richiede dunque quorum particolarmente elevati, che testimoniano la necessità di una convergenza politica trasversale sulla figura presidenziale che è un organo chiamato ad esercitare importanti funzioni di garanzia. LA SEGRETEZZA DEL VOTO: L’elezione presidenziale avviene a SCRUTINIO SEGRETO e non è consentito che vi siano candidature ufficiali al ruolo di Capo dello Stato per assicurare una maggiore libertà a ll’elettore e garantire al Presidente l’indipendenza nei confronti dei partiti. L’elezione del Capo dello Stato è un momento particolarmente delicato e dall’esito spesso imprevedibile come dimostrano gli episodi dei ‘’ FRANCHI TIRATORI’’ cioè di quei parlamentari che, grazie alla segretezza del voto, non seguono le indicazioni provenienti dal gruppo parlamentare di appartenenza e votano dunque in modo difforme da quanto stabilito dal gruppo stesso. In altre parole, l’elezione del Presidente della Repubblica rappresenta uno dei momenti in cui le forze politiche possono evidenziare maggiormente la loro scarsa omogeneità interna. 3. I REQUISITI DI ELEGGIBILITA’, LA DURATA DEL MANDATO E LA RIELEGGIBILITA’ ‘’Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto 50 anni d’età e goda dei diritti civili e politici.’’ I REQUISITI sono:  Età minima di 50 ANNI.  CITTADINANZA ITALIANA.  GODIMENTO DEI DIRITTI CIVILI E POLITICI. L’incarico presidenziale, incompatibile con qualsiasi altra carica, è di 7 anni per garantire l’indipendenza del Presidente della Repubblica dalle Camere che lo hanno eletto che invece rimangono in carica 5 anni. Un tempo così lungo garantisce inoltre la continuità nell’esercizio delle funzioni presidenziali RIELEZIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 70 Pur nell’assenza di un esplicito divieto da parte della Costituzione, non sono mancate tesi volte a sostenere l’incompatibilità con la forma di governo italiana. Si è osservati come quella presidenziale sia una carica che dura già molti anni e che dunque una rielezione finirebbe per personalizzare eccessivamente un ruolo di garanzia che invece richiederebbe il ricambio al termine del settennato. Quanto avvenuto però nel 2013, con la RIELEZIONE DI NAPOLITANO, ha risolto la questione nel senso della LEGITTIMITA’ DELLA RIELEZIONE del Capo dello Stato. Si dovrebbe ricorrere alla rielezione in casi del tutto eccezionali, per risolvere situazioni di stallo che diversamente non potrebbero rientrare. 4. GLI IMPEDIMENTI E LA CESSAZIONE DELL’INCARICO “Le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempirle, sono esercitate dal Presidente del Senato”. La Costituzione attribuisce al Presidente del Senato il compito di supplenza delle funzioni del Presidente della Repubblica in tutte le circostanze in cui questi sia impossibilitato a svolgere le funzioni cui è preposto. CAUSE IMPEDITIVE:  IMPEDIMENTI TEMPORANEI:  Viaggio all’estero.  Grave situazione di malattia.  Sospensione della carica in ragione di una pronuncia della Corte costituzionale nell’ambito del processo per alto tradimento e attentato alla costituzione.  IMPEDIMENTI PERMANENTI:  Dimissioni.  Morte.  Situazione di malattia irreversibile.  Destituzione dalla carica in seguito alla sentenza della Corte costituzionale.  Decadenza della carica per perdita della cittadinanza o dei diritti civili e politici. LA SUPPLENZA: Il Presidente del Senato in linea di principio, durante la supplenza, può svolgere solo gli atti di ordinaria amministrazione. In casi di impedimento prolungato, il sistema potrebbe richiedere anche l’adozione di atti eccezionali. L’unico atto che è precluso al supplente è quello di sciogliere anticipatamente le Camere, in relazione al quale, il Presidente non può sciogliere le Camere nell’ultimo semestre del suo mandato. In caso di impedimenti permanenti o di morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica, il Presidente della Camera dei deputati indice l’elezione del nuovo Presidente entro 15 giorni. ! Non c’è certezza sulle condizioni che possano rendere permanente un impedimento temporaneo, né è in alcun modo stabilito quali siano i soggetti chiamati ad accertare l’esistenza di tali circostanze. Terminato l’incarico presidenziale, si assume di diritto la CARICA DI SENATOREA A VITA. 2. ATTI DEL PDR: 5. GLI ATTI E LE FUNZIONI DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA: PREMESSA L’art. 87 Cost. elenca un numero di atti di competenza del Presidente della Repubblica. È possibile classificare le funzioni presidenziali secondo 2 diverse prospettive: 1) Si fa riferimento al potere o all’organo dello Stato cui inseriscono le varie funzioni. Occorre dunque verificare se l’atto presidenziale sia riconducibile ad una delle funzioni del Governo, del Parlamento, della Magistratura, della Corte Costituzionale o delle autonomie regionali. 2) Si classificano i vari atti in ragione della paternità sostanziale dell’atto stesso. La classificazione ha come presupposto la circostanza che non tutti gli atti del Presidente della 71 Repubblica sono decisi nella sostanza dal Presidente stesso. Si ragiona in questa prospettiva di:  Atti presidenziali in senso stretto.  Atti formalmente presidenziali e sostanzialmente complessi.  Atti formalmente presidenziali e sostanzialmente governativi. 6. GLI ATTI PRESIDENZIALI RICONDUCIBILI AL POTERE LEGISLATIVO Cominciando dalla prima classificazione, le funzioni e gli atti presidenziali riconducibili al potere legislativo sono: A) INDIZIONE DELLE ELEZIONI DELLE NUOVE CAMERE E LA FISSAZIONE DELLA LORO PRIMA RIUNIONE: Si tratta di atti che consentono il rinnovo del Parlamento. L’ART.61 limita fortemente la discrezionalità del Capo dello Stato che è tenuto a indire le elezioni entro 70 giorni dallo scioglimento delle precedenti Camere e a fissare la riunione delle nuove Camere entro 20 giorni successivi alle elezioni. La titolarità di tali poteri ben si spiega in considerazione del fatto che il Capo dello Stato è l’organo deputato ad assicurare l’ordinato funzionamento e la continuità di tutti i poteri dello Stato. B) LA CONVOCAZIONE STRAORDINARIA DELLE CAMERE: Potere cui il Presidente potrebbe fare ricorso nel caso in cui, per qualsiasi ragione, i Presidenti di Camera e Senato non convocassero le Camere e ne bloccassero così la possibilità di agire regolarmente, impedendo l’esercizio delle funzioni ad esse costituzionalmente attribuite. Si tratta dunque di un’attribuzione in grado di garantire comunque, in casi di crisi eccezionali, lo svolgimento dell’attività parlamentare. C) L’INVIO DI MESSAGGI ALLE CAMERE: I messaggi ‘’liberi’’ scritti inviati dal Presidente della Repubblica alle Camere possono riguardare qualsiasi materia in merito alle quali il Presidente stesso ritenga opportuno sensibilizzare il Parlamento. Questi messaggi non vanno confusi con i messaggi motivati. D) L’AUTORIZZAZIONE DEI DISEGNI DI LEGGE DI INIZIATIVA GOVERNATIVA: Funzione legata al rapporto del Presidente della Repubblica con il potere esecutivo. Il Presidente non può rifiutare l’autorizzazione alla presentazione di tali disegni di legge perché ciò lederebbe le prerogative del Parlamento che è titolare della potestà legislativa. E) LA PROMULGAZIONE DELLE LEGGI: Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro 1 mese dall’approvazione. Se le Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiarano l’urgenza, la legge è promulgata nel termine da essa stabilita. Con la promulgazione, il Capo dello Stato accerta la volontà espressa delle 2 Camere, verificando la corrispondenza dei testi prevenutigli, ed ordina la pubblicazione della legge sulla Gazzetta Ufficiale. F) IL RINVIO DELLA LEGGE: In alternativa alla promulgazione, il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione. Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata. Tale potere mette in luce la funzione presidenziale di controllo e di garanzia della Costituzione. Con esso, il Presidente della Repubblica pone un veto sospensivo, ad una decisione del Parlamento, in ragione della presenza nella legge approvata dalle Camere di gravi ed evidenti profili di illegittimità costituzionale. In questi casi il Presidente della Repubblica può decidere di non promulgare la legge e di rinviarla alle Camere che dovranno prendere in considerazione quando egli ha indicato nel suo messaggio. I messaggi che accompagnano il rinvio sono definiti a ‘’ contenuto vincolato’’ perché in essi devono essere inserite le motivazioni che hanno portato il Presidente della Repubblica ad utilizzare il potere di rinvio. Se le Camere approvano nuovamente il testo originario, il Presidente sarà obbligato a promulgare la legge, essendo vietata la possibilità di un secondo rinvio. 74 B) LA CONCESSIONE DELLA GRAZIA E LA COMMUTAZIONE DELLE PENE: Al Presidente della Repubblica è attribuita la facoltà di esercitare i cosiddetti poteri di clemenza su singole persone.  con la GRAZIA si estingue totalmente o parzialmente la pena che è stata inflitta al condannato a seguito della sentenza definitiva. SENTENZA N. 200 DEL 2006: La Corte ha affermato che ‘’ l’esercizio del potere di grazia risponde a finalità essenzialmente umanitarie, da apprezzare in rapporto ad una serie di circostanze, inerenti alla persona del condannato o comunque involgenti apprezzamenti di carattere equitativo, idonee a giustificare l’adozione di un atto di clemenza individuale.’’ la Corte ha ritenuto inoltre che ‘’ il suo impiego debba essere contenuto entro ambiti circoscritti destinati a valorizzare soltanto eccezionali esigenze di natura umanitaria’’ per evitare che essa possa essere considerata alla stregua di una violazione del principio di eguaglianza. L’applicazione della grazia da parte dei Presidenti ha dimostrato però come l’atto di clemenza debba tener conto anche di valutazioni più generali di carattere politico.  Con la COMMUTAZIONE, la pena irrogata si trasforma in una pena diversa. 9. LE ALTRE FUNZIONI PRESIDENZIALI A) LA NOMINA DI 5 GIUDICI COSTITUZIONALI: Il Presidente nomina 1/3 dei membri che compongono la Corte costituzionale. Nella sua scelta, il Presidente dovrebbe bilanciare le scelte del Parlamento e delle supreme magistrature rispetto all’eventuale assenza, nel collegio, di giudici dotati di una determinata cultura politica o di giudici competenti in alcune particolari materie. B) LO SCIOGLIMENTO DEI CONSIGLI REGIONALI E LA RIMOZIONE DEI PRESIDENTI DELLE GIUNTE REGIONALI: Questi poteri che vengono esercitati quando gli organi regionali commettono atti contrari alla Costituzione o per gravi violazioni della legge; tali atti vengono adottati per ragioni di sicurezza nazionale. La proposta di tali atti viene dal Governo e il provvedimento presidenziale viene adottato dopo l’emanazione di un parere da parte della commissione bicamerale per le questioni regionali. C) IL POTERE DI ESTERNAZIONE LIBERO: Con una tendenza ad una esposizione sempre più frequente, i Presidenti della Repubblica hanno fatto sentire la propria voce all’interno del dibattito politico – istituzionale con interviste, comunicati, libri, via web e tramite social network riuscendo così a raggiungere i cittadini e autorevolmente influenzare l’opinione pubblica. Ciò rischia di metterne in qualche modo in discussione la funzione di rappresentante dell’unità nazionale. 3. LA CONTROFIRMA E LE RESPONSABILITA’ DEL PDR 10. LA CLASSIFICAZIONE DEGLI ATTI PRESIDENZIALI IN BASE AL SOGGETTO CHE NE DECIDE IL CONTENUTO Questa classificazione non è fine a sé stessa, ma è intrinsecamente connessa all’ART. 89 che prevede che nessun atto del P.D.R è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità. Tale disposizione implica quindi il coinvolgimento di un altro soggetto. Occorre classificare gli atti presidenziali in base al proprio soggetto, Presidente della Repubblica o Ministro controfirmante, cui deve attribuirsi la titolarità sostanziale dell’atto. Possiamo dunque distinguere: A) ATTI FORMALMENTE E SOSTANZIALMENTE PRESIDENZIALI: Si tratta degli atti la cui iniziativa è imputabile unicamente al Presidente della Repubblica che decide se adottare quell’atto e ne stabilisce i contenuti. - 10102 75 Si possono annoverare a tale categoria i seguenti atti:  LA CONVOCAZIONE STRAORDINARIA DELLE CAMERE.  LA NOMINA DI 5 SENATORI A VITA.  LA PROMULGAZIONE E IL RINVIO AL PARLAMENTO DELLA LEGGE.  L’INVIO DI MESSAGGI ALLE CAMERE.  LA CONCESSIONE DELLA GRAZIA.  LA NOMINA DI 5 GIUDICI COSTITUZIONALI. B) ATTI FORMALMENTE PRESIDENZIALI MA SOTANZIALMENTE GOVERNATIVI: pur assumendo la forma di atti presidenziali, le determinazioni sui contenuti sono infatti imputabili esclusivamente al Governo. Il Presidente della Repubblica ha comunque il potere di controllo rispetto alla conformità a Costituzione di questi atti e potrà persino rifiutarsi di procedere all’adozione dell’atto ritenuto illegittimo.  EMANAZIONE DI DECRETI LEGGE, DECRETI LEGISLATIVI E REGOLAMENTI.  AUTORIZZAZIONE ALLA PRESENTAZIONE DEI DISEGNI DI LEGGE DI INIZIATIVA GOVERNATIVA ALLE CAMERE.  NOMINA DI ALTI FUNZIONARI DELLO STATO.  ACCREDITAMENTO DEI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI.  RATIFICA DEI TRATTATI INTERNAZIONALI.  CONFERIMENTO DELLE ONORIFICENZE.  ATTI ASSUNTI AL COMANDO DELLE FORZE ARMATE. C) ATTI FORMALMENTE PRESIDENZIALI E SOSTANZIAMENTE COMPLESSI: Il contenuto sostanziale di questi atti nasce dall’incontro delle volontà del Governo e del Presidente della Repubblica. Atto senza dubbio riconducibile a questa categoria è:  LA NOMINA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO che non può infatti avvenire qualora il Presidente del Consiglio individuato non sia consenziente. D) ATTI DOVUTI: Atti in merito ai quali non è riscontrabile alcuna discrezionalità né rispetto all’adozione, né rispetto ai contenuti; è la Costituzione a imporne i contenuti. Si tratta dei seguenti atti:  PROMULGAZIONE IN CASO DI RIAPPORVAZIONE DELLA LEGGE.  LO SCIOGLIMENTO DELLE CAMERE AL TERMINE DEI 5 ANNI DELLA LEGISLATURA.  L’INDIZIONE DELLE ELEZIONI DELLE NUOVE CAMERE. E) ATTI DI INCERTA CLASSIFICAZIONE: La riconducibilità degli atti del Presidente della Repubblica all’una o all’altra categoria non è sempre pacifica. In alcuni casi, anzi, essa è molto incerta ed è oggetto di ampio dibattito nazionale.  SCIOGLIMENTO ANTICIPATO DELLE CAMERE: La dottrina oscilla tra coloro che lo ritengono un potere ascrivibile alla sola volontà del P.D.R e coloro che, invece, ritengono comunque indispensabile una condivisione della decisione con il Governo.  NOMINA DEI MINISTRI: Funzione che può presentare dubbi in merito alle obiezioni che il Capo dello Stato può muovere alle proposte di colui che ha incaricato di formare il Governo.  SCIOGLIMENTO DEI CONSIGLI REGIONALI.  ATTI ADOTTATI QUALE PRESIDENTE DEL CSM O DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA: La paternità di tali atti è da attribuire al collegio di cui il Presidente è parte. 11. LA CONTROFIRMA MINISTERIALE 76 ART. 89: ‘’ Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità. Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri atti indicati dalla legge sono controfirmati anche dal Presidente del Consiglio dei ministri.’’  Questa norma indica che gli atti presidenziali non possono mai essere adottati se non vi è il controllo da parte del potere esecutivo. Tutti gli atti del Presidente della Repubblica devono essere accompagnati dalla firma di un componente del Governo. La controfirma ministeriale è l’elemento la cui assenza determina l’invalidità degli atti presidenziali.  La norma costituzionale individua la figura dei MINISTRI PROPONENTI e da ciò si deduce implicitamente che la controfirma rende irresponsabile il Presidente della repubblica che non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. La sottrazione di responsabilità nei confronti del Capo dello Stato ne comporta l’assunzione in capo al ministro controfirmante. IL VALORE DELLA CONTROFIRMA: SENTENZA N. 200 DEL 2006: La Corte ha chiarito che la controfirma non ha sempre il medesimo valore e svolge invece funzioni diverse a seconda del tipo di atto di cui la controfirma rappresenta il requisito di validità. La controfirma di carattere sostanziale e pertanto è rappresentativa della scelta e della conseguente responsabilità dell’esecutivo quando l’atto sottoposto alla firma del Capo dello Stato sia di tipo governativo e, dunque, espressione delle potestà che sono proprie dell’esecutivo. La controfirma ministeriale ha valore formale quindi ha la funzione di rendere valido l’atto quando l’atto è espressione di poteri propri del Presidente della Repubblica. La controfirma del ministro competente si limita ad attestare la legittimità formale e la provenienza presidenziale dell’atto. Atti complessi: La controfirma ministeriale del Presidente del consiglio ha la funzione di attestare che l’atto è il frutto dell’incontro delle volontà dei due organi. GLI ATTI ESENTI DA CONTROFIRMA:  Le dimissioni.  Gli atti compiuti dal Presidente in qualità di componente di organi collegiali.  Regolamenti presidenziali. 12. LA RESPONSABILITA’ DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Vi sono situazioni che, nell’esercizio delle sue funzioni, potrebbero determinare la responsabilità giuridica del Presidente della Repubblica, all’esito di una procedura processuale peculiare. CAUSE DI RESPONSABILITA’ PER IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA:  L’ ALTO TRADIMENTO O L’ ATTENTATO ALLA COSTITUZIONE si verificano qualora il Presidente della Repubblica ponga in essere comportamenti diretti a sovvertire le istituzioni costituzionali o a violare deliberatamente la Costituzione con l’obbiettivo dimettere a repentaglio i caratteri essenziali del nostro ordinamento. In questi casi il Presidente della repubblica è sottoposto ad un giudizio di accuso che consta di 2 fasi: 1) Prima fase è prettamente POLITICA: LA MESSA IN STATO D’ACCUSA DA PARTE DEL PARLAMENTO IN SEDUTA COMUNE CON VOTO A MAGGIORANZA ASOLUTA (FASE POLITICA): La deliberazione del Parlamento in seduta comune è preceduta da un’istruttoria svolta da un comitato composto dai membri delle Giunte per le immunità del Senato e della Camera. Al termine dell’indagine istruttoria, il Comitato può procedere a: - ARCHIVIAZIONE se ritiene infondata l’accusa. - DICHIARARE LA PROPRIA INCOMPETENZA qualora il reato oggetto non rientri nel novero di quelli previsti dall’art. 90 Cost. - PRESENTARE UNA RELAZIONE SULLA MESSA IN STATO D’ACCUSA, contenente le conclusioni cui è giunto il Comitato, favorevoli o contrarie all’accusa stessa. Il Parlamento procede così alla votazione. 79 o 3° GRADO: La Corte di Cassazione è l’organo di ultima istanza. A differenza di quando compete a un giudice di secondo grado, la Corte non ha il potere di rivalutare il merito dei fatti già esaminati dagli altri giudici e infatti può essere investita solo di questioni inerenti all’osservanza delle leggi. Essa ha il compito di pronunciarsi sulle questioni inerenti ai confini della giurisdizione ordinaria e delle giurisdizioni speciali. 2) MAGISTRATURA REQUIRENTE alla quale appartengono I PUBBLICI MINISTERI: Partecipano al processo prendendo parte al contradditorio. È un organo pubblico che agisce nell’esercizio di un potere a tutela di interessi collettivi. Questo spiega perché i P.M. sono sempre presenti nel processo penali e lo sono solo in alcuni casi in quello civile. Sono assegnati a uffici incardinati nei tre gradi di giudizio:  PROCURE DELLA REPUBBLICA PRESSO I TRIBUNALI.  PROCURE GENERALI PRESSO LE CORTI D’APPPELLO.  PROCURE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE. L’ ART. 102: I Costituenti hanno affermato il divieto di istituire ‘’ giudici straordinari’’ e ‘’ giudici speciali’’. GIUDICI STRAORDINARI: Giudici selezionati ad hoc per occuparsi di fatti già avvenuti. GIUDICI SPECIALI: Sono giudici diversi da quelli la cui disciplina è ricavabile dalle norme sull’ordinamento giudiziario. La disposizione costituzionale si limita a vietarne l’istituzione ex novo. La Costituzione si avvicina così al principio di unicità della giurisdizione. I Costituenti ritennero di affidare in via generale la funzione giurisdizionale alla magistratura ordinaria, e allo stesso tempo ammisero la sopravvivenza, per circoscritti ambiti di competenza, di alcuni giudici speciali pretendendo però l’adeguamento al canone dell’indipendenza. SENTENZA. N. 278 DEL 1987: La Corte ha chiarito che esistono principi che attengono al concetto stesso di giurisdizione, sicché gli organi o procedimento disciplinati in violazione dei già menzionati principi non possono qualificarsi né ordinari né speciali in quanto, ancor prima, non costituiscono organi o procedimenti giurisdizionali. I GIUDICI SPECIALI AMMESSI DALLA COSTITUZIONE: a) IL CONISGLIO DI STATO: In ciascuna Regione, esso si occupa, quale organo di secondo grado, della maggior parte delle controversie tra privati e pubblica amministrazione. Si deve ricordare che il diritto di difesa si esplica anche nel potere del cittadino di reagire in sede giurisdizionale ad un atto illegittimo dell’autorità pubblica. Se ad essere leso è un diritto soggettivo del cittadino, questi si dovrà rivolgere al giudice ordinario. Se invece ad essere leso è un interesse legittimo, il cittadino si dovrà rivolgere al giudice amministrativo. b) LA CORTE DEI CONTI: Organo al quale la Costituzione attribuisce sia funzioni consultive e di controllo sia funzioni giurisdizionali. Essa opera in uffici dislocati a livello regionale e in una sede centrale. Essa è chiamata ad occuparsi di:  CONTABILITA’ PUBBLICA: ovverosia delle responsabilità patrimoniali dei funzionari pubblici che abbiano causato danno allo Stato. Tali giudizi hanno carattere inquisitorio e vengono promossi dal Procuratore generale della Corte dei Conti e dai procuratori regionali.  PENSIONI: I giudizi in materia di pensioni vengono promossi dalle parti interessate. c) I TRIBUNALI MILITARI: Possono operare ‘’ in tempo di guerra’’ e in ‘’ tempo di pace’’ nel quale essi hanno una giurisdizione limitata a ‘’ reati militari ’’ commessi dagli appartenenti alle forze armate le fattispecie di reato militare si sono avvicinate a quelle comuni. Va detto che da tempo si ragiona della possibilità di intervenire sul testo costituzionale per abolirla. 80 LA REVISIONE DELLE GIURISDIZIONI SPECIALI PREESISTENTI ALLA COSTITUZIONE: LA VI DISPOSIZIONE TRANSITORIA E FINALE DELLA COSTITUZIONE: Essa aveva imposto la revisione di tali giurisdizioni speciali entro cinque anni dall’entrata in vigore della Costituzione. Per evitare di non lasciare sguarniti di un’autorità giurisdizionale specializzata, settori di particolari tecnicità, si preferì garantirne la sopravvivenza attraverso una generosa lettura del vincolo previsto nella disposizione costituzionale. La Corte procedette a decretare la cessazione dei soli giudici special preesistenti privi dei requisiti di indipendenza e di contro salvare quelli oggetti di adeguamento come le Commissioni tributarie. CORTE COSTITUZIONALE – SENTENZA N. 6 E N. 10 DEL 1969: La Corte definì le Commissioni tributarie organi di natura amministrativa e non giurisdizionale. SENTENZE N. 287 DEL 1974 E SENTENZA N. 215 DEL 1976: La nuova legislazione esclude che, nell’interpretare la legislazione precedente, si possa attribuire alle vecchie commissioni natura semplicemente amministrativa. SEZIONI SPECIALIZZATE: Istituite presso la magistratura ordinaria e competenti ad occuparsi determinate materie. Si tratta di organi che possono vedere la propria composizione integrata da soggetti esterni, il cui compito è di portare all’interno del collegio competenze specifiche che i membri togati non saprebbero ricoprire. ! Dalle sezioni specializzate vanno tenute distinte le sezioni in cui si articolano, da un punto di vista organizzativo, gli uffici giudiziari. 2. AUTONOMIA DELLA MAGISTRATURA 4. IL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA: RUOLO, COMPOSIZIONE, FUNZIONI ART. 104: La Magistratura è un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere dello Stato. È un rapporto strumentale in quanto i magistrati svolgono in modo indipendentemente la propria funzione perché oltre ad essere al riparo da possibili ingerenze direttamente incidenti sul processo della cui celebrazioni siano incaricati, sono anche indipendenti da un punto di vista istituzionale, nei propri percorsi di carriera. L’ordine giudiziario è stato reso autonomo in virtù dell’istituzione di un organo incaricato di assumere, senza interferenze esterne, decisioni relative all’organizzazione della Magistratura e alla carriera dei magistrati, infatti la Magistratura non dipende da altro potere per tutto quanto avendo la Costituzione demandato al CSM il compito di adottare i provvedimenti incidenti sullo status di magistrato. Ecco perché si è preferito attribuire queste funzioni ad un organo ad hoc composto il CSM secondo criteri che ne assicurano lo stretto legame con la Magistratura e l’estraneità agli interessi di parte rappresentati negli organi di indirizzo politico. CSM: Organo di AUTOGOVERNO deputato, in funzione di garanzia dell’indipendenza dei magistrati, a gestire autonomamente l’organizzazione dell’ordine giudiziario, ma non a determinare le regole della gestione stessa. LA COMPOSIZIONE DEL CSM: le modalità di composizione del CSM rispondono al proposito di realizzare un equilibrio tra plurime esigenze, i Costituenti hanno rigettato la prospettiva di conferire unicamente ai magistrati il potere di decidere di magistrati, e hanno allora allargato il collegio a componenti esterne alla Magistratura. MEMBRI DI DIRITTO:  PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA che presiede il CSM: Egli risponde alla volontà di non sganciare del tutto il CSM alle altre componenti della Repubblica. La sua funzione di garanzia ha consentito sia di proteggere l’autonomia dell’organo da attacchi esterni, sia perché in alcune occasioni ha richiamato il CSM e i componenti dell’ordine giudiziario a mantenersi entro i confini delle proprie competenze. = 1102 81  Il primo PRESIDENTE DELLA CORTE DI CASSAZIONE.  PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE. MEMBRI ELETTIVI:  MEMBRI TOGATI (16 membri): 2/3 magistrati eletti dai Magistrati, cioè da tutti gli appartenenti all’ordine giudiziario. Data la sotto rappresentanza femminile all’interno del CSM, nel sistema di elezione dei consiglieri togati, sono state introdotte norme volte a promuovere l’elezione di entrambi i sessi.  MEMBRI LAICI (8 membri): Scelti per evitare di costruire un organo completamente autoreferenziali. Quanto ai membri laici si deve trattare 8 professori ordinari di università in materie giuridiche o avvocati con alle spalle almeno 15 anni di esercizio della professione. Sono eletti dal parlamento in seduta comune, a scrutinio segreto, a maggioranza assoluta dei 3/5 dei propri componenti (primi 2 scrutini) e il 3° scrutinio: maggioranza dei 3/5 dei votanti. Si tratta di maggioranze molto ampie che vedono la necessaria partecipazione delle minoranze politiche. I membri del CSM rimangono in carica 4 anni e non sono rieleggibili. Non possono inoltre essere iscritti agli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionali. Nell’esercizio della loro funzione è prevista la garanzia dell’insindacabilità. LE FUNZIONI DEL CSM: ART. 105: competono all’organo le assunzioni, le assegnazioni e i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati. ART. 106: Il CSM ha il compito di designare all’ufficio di consiglieri della Corte di Cassazione alcune categorie di soggetti non appartenenti all’ordine giudiziario. ART. 107: Il CSM ha il potere di dispensare, sospendere dal servizio o destinare ad altre sedi o funzioni i magistrati, nel rispetto di talune garanzie o con il loro consenso. Si tratta di provvedimenti che ricadono sul rapporto di lavoro del magistrato con l’obbiettivo di sottrarli alla sfera di influenza del potere esecutivo. ! La Costituzione non ha inteso riconoscergli un potere senza limiti che quindi esercita le sue competenze secondo le norme dell’ordinamento giudiziario stabilite con legge. RISERVA DI LEGGE IN MATERIA DI ORDINAMENTO GIUDIZIARIO: Riserva di legge alla quale la Costituzione ha affidato una garanzia duplice: 1) Essa è funzionale a contenere il potere normativo del Governo in una materia che si vuole affidare alla decisione del Parlamento. 2) Serve a ridurre la totale discrezionalità dell’organo deputato a garantire quella autonomia per evitare che l’eccessiva libertà del CSM nella gestione delle competenze riservategli potesse produrre derive di stampo corporativo incontrollabili. LE DELIBERE DEL CSM: Le sue delibere prendono generalmente la forma del DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA. In quanto le decisioni del CSM assumono la natura di atti amministrativi, suscettibili di un controllo di tipo giurisdizionale. Coloro che abbiano a dolersi di una lesione provocata da un atto del CSM potranno quindi impugnarlo in:  1° GRADO: Davanti al Tribunale amministrativo del Lazio.  2° GRADO: Davanti al Consiglio di Stato.  3° GRADO: Davanti alle Sezioni unite della Corte di Cassazione solo per provvedimenti assunti in materia disciplinare. LA CRISI DEL CSM E LE PROPOSTE DI RIFORMA: 84 ART. 101: Di fronte ad una legge il giudice non può venire meno all’obbligo di rispettarla e dunque non avrà il potere di disapplicarla, nel caso in cui egli pensa sia incostituzionale, ma dovrà sospendere il giudizio e sollevare questione di legittimità alla Corte costituzionale. Se la legge viola invece, una norma del diritto dell’UE con efficacia diretta, il giudice sarà abilitato a non applicarla. 8. IL PUBBLICO MINISTERO E LE PARTICOLARI CONDIZIONI DELLA SUA INDIPENDENZA ART. 101: La disposizione si riferisce letteralmente ai giudici e non alla più ampia categoria dei magistrati. Ci si è chiesti allora se la garanzia di indipendenza da esso presidiata si estenda anche ai P.M ART. 112 COST: I P.M. godono di un’indipendenza funzionale in quanto ha l’obbligo di esercitare l’azione penale. Ciò significa che, ricevuta una notizia di crimine e sussistenti le condizioni prescritte dalla legge, il P.M. è tenuto dare impulso al processo penale. Diversamente si rischierebbe che possibili interferenze esterne si possano insinuare minando l’indipendenza del magistrato. LE GARANZIE POSTE A TUTELA DELL’INDIPENDENZA DEL P.M SONO LE STESSE CHE TUTELANO L’INDIPENDENZA DEL GIUDICE? ART.108: L’indipendenza del P.M. deve essere assicurata dalla legge. È una forma attenuata di indipendenza, che la Cost. ha voluto abbassare a livello legislativo. Le disposizioni di legge in questione non sono da ritenersi illegittime se per alcune fasi del processo informano l’attività che il P.M. svolge all’interno della procedura al criterio gerarchico. Si è quindi consentito al legislatore ordinario di temperare la regola dell’indipendenza del P.M. al fine di soddisfare altre esigenze. Ad essere considerato indipendente è l’ufficio della procura unitariamente considerato e non i singoli pubblici ministeri che vi operano. Il POTERE DI COORDINAMENTO demandato al procuratore non può trasformarsi nell’esercizio fine a sé stesso di atti di direzione gerarchica che si estrinsechino in ordini puntuali più che in direttive di carattere generale perché produrrebbe l’arbitrarietà del procuratore capo nella gestione dell’attività dell’ufficio 9. L’IMPARZIALITA’ DEL MAGISTRATO Ogni processo si deve svolgere di fronte ad un giudice terzo e imparziale. 1) L’IMPARZIALITA’ va valutata in concreto, che egli debba essere imparziale significa sia non deve sussistere un suo interesse personale all’esito della controversia sia che egli deve deciderla senza pregiudizi. ISTITUTI PER GARANTIRE L’IMPARZIALITA’ del giudice:  INCOMPATIBILITA’: che ricorre nel momento in cui il magistrato si trova in una condizione prevista dalla legge come, ad esempio, aver già pronunciato sentenza in un grado di giudizio inferiore del procedimento.  ASTENSIONE: Obbligatoria per il giudice nei casi stabiliti dalla legge, per esempio, quando egli è creditore o debitore di una delle parti, o ne sia parente.  RICUSAZIONE: Può aversi su istanza di parte nelle ipotesi in cui il magistrato non si sia astenuto di sua iniziativa.  RIMESSIONE DEL PROCESSO: Ha luogo su richiesta delle parti laddove si verificano situazioni tali da turbare lo svolgimento del processo e pregiudicare la libera determinazione delle persone che partecipano al processo, ovvero la sicurezza o l’incolumità pubblica o determinano motivi di legittimo sospetto. 2) TERZIETA’: I P.M non sono destinatari della previsione che vuole i giudici anche soggetti terzi. Il P.M. partecipa al contradditorio in una posizione peculiare. 85 10. LE GARANZIE A TUTELA DEI GIUDICI SPECIALI INDIPENDENZA GARANTITA DALLA LEGGE: Per i giudici speciali vale il principio di indipendenza, sebbene in forma non coincidente a quella garantita ai magistrati ordinari e a differenza di essi la tutela dell’indipendenza trova una disciplina differenziata e meno rigorosa. Il legislatore ha però deciso di dotare i giudici speciali di proprie autorità di organizzazione autonoma, con il compito di svolgere per ciascuno di essi le importanti funzioni che, il CSM svolge per la magistratura ordinaria.  Per i MAGISTRATI AMMINISTRATIVI: L’organo è il CONSIGLIO DI PRESIDENZA DELLA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA.  Per i MAGISTRATI CONTABILI: L’organo deputato ad assicurarne l’autonomia è il CONSIGLIO DI PRESIDENZA DELLA CORTE DEI CONTI  Per i MAGISTRATI MILITARI: L’organo di autonomia è il CONSIGLIO DELLA MAGISTRATURA MILITARE.  Per la MAGISTRATURA TRIBUTARIA: L’organo di amministrazione autonoma è il CONSIGLIO DI PRESIDENZA DELLA GIUSTIZIA TRIBUTARIA. 2 ASPETTI CRITICI DELL’INDIPENDENZA DEI GIUDICI SPECIALI. 2) Circostanza che del Consiglio di Stato e della Corte dei conti continua a fare parte, accanto ad una componente di magistrati di concorso promossi alla carica, una componente di nomina governativa, pur selezionata tra persone in possesso dei necessari requisiti. Questa è una previsione molto discussa per le possibili ripercussioni sull’indipendenza degli organi giurisdizionali. 3) I GIUDICI AMMINISTRATIVI IMPEGNATI IN INCARICHI EXTRA – GIUDIZIARI: Aspetto molto criticato perché lo svolgimento di simili attività rischia di incidere sulla loro indipendenza e imparzialità sia in quanto può esservi un’interferenza diretta fra compiti propri e ulteriori attività svolte, sia in quanto l’attribuzione stessa dell’incarico, per la sua natura e per i vantaggi che possono derivarne, può tradursi in un indiretto condizionamento del magistrato. 4. IL REGIME DI RESPONSABILITA’ DEL MAGISTRATO 11. LA RESPONSABILITA’ DEL MAGISTRATO: PREMESSA Se da una parte sarebbe inaccettabile lasciare sguarniti di tutela i soggetti che abbiano subito grave e ingiusto pregiudizio in ragione del comportamento di un magistrato; dall’altra, il legislatore, nell’approntare concretamente le forme e i modi della sua responsabilità, deve prestare attenzione a non compromettere l’indipendenza del magistrato. La consapevolezza di poter essere sottoposto a un giudizio di responsabilità per le decisioni da assumere potrebbe infatti condizionare il libero convincimento del magistrato a influenzarne le valutazioni e ciò andrebbe a nocumento dei diritti delle persone sottoposte alla sua giurisdizione. Ciò premesso nessun particolare ostacolo si pone al fatto che il magistrato può essere assoggettato a RESPONSABILTA’ PENALE. Con l’osservanza invece di alcune necessarie garanzie, egli può essere chiamato a rispondere di una RESPONSABILITA’ CIVILE e di una RESPONSABILITA’ DISCIPLINARE. Nessun dubbio, sulla preclusione a far gravare su giudici e pubblici ministeri una RESPOSABILITA’ DI TIPO POLITICO. !! I Magistrati amministrano la giustizia in nome del popolo e non intrattengono alcun rapporto di rappresentanza, diretta o indiretta. 12. LA RESPONSABILITA’ CIVILE I magistrati possono incorrere in una responsabilità civile e dunque essere condannati a risarcire i danni prodotti a seguito di un proprio provvedimento. I magistrati devono rispondere secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione dei diritti. 86 Il legislatore deve però bilanciare da un lato il diritto del soggetto ingiustamente danneggiato da un provvedimento giudiziario ad ottenere il ristoro del pregiudizio patito e dall’altro deve garantire la salvaguardia delle funzioni giudiziarie da possibili condizionamenti, a tutela dell’indipendenza e dell’imparzialità della magistratura. IL PROCEDIMENTO PER OTTENERE IL RISARCIMENTO DEL DANNO. LEGGE N. 117 DEL 1988: Il legislatore aveva escluso una sua responsabilità in relazione all’attività interpretativa di disposizioni normative o di valutazione di fatti e prove. CORTE COSTITUZIONALE – SENTENZE DEL 12 GIUGNO 2006 E DEL 24 NOVEMBRE 2011: È stata ritenuta incompatibile con il diritto dell’UE, l’esclusione della responsabilità civile dei magistrati nei casi in cui il danno connesso all’esercizio delle funzioni giudiziarie fosse dovuto proprio ad errata interpretazione di norme di diritto dell’UE. Per superare queste censure, il legislatore del 2015 ha ridefinito la nozione di colpa grave, in modo tale che ora lo stato deve rispondere del danno prodotto dal magistrato anche quando sia riscontrabile una violazione manifesta della legge e del diritto dell’UE. LEGGE N. 18 DEL 2015: Le domande di risarcimento non vengono rivolte direttamente nei confronti del magistrato ritenuto responsabile del danno ma il cittadino dovrà agire nei confronti dello Stato, il quale a sua volta potrà rivalersi, entro certi limiti nei confronti del magistrato. Ha soppresso la c.d ‘’ UDIENZA FILTRO’’ nella quale veniva valutata l’ammissibilità della domanda risarcitoria esperita dal soggetto che agiva per il risarcimento del danno. Lo Stato potrà esercitare l’azione di rivalsa solo quando il magistrato abbia gito con dolo o negligenza inescusabile. 13. LA RESPONSABILITA’ DISCIPLINARE Il magistrato incorre in una responsabilità disciplinare quando, mediante comportamenti tenuti nell’esercizio della funzione, violi uno dei doveri posti a suo carico dalla legge, e la violazione sia concretamente accertata dall’organo di autonoma amministrazione che potrà irrogare sanzioni fino al gravissimo provvedimento della rimozione del ruolo, che comporta la cessazione del rapporto di servizio del magistrato. Tale responsabilità può essere fatta valere sia nei confronti dei magistrati ordinari che dei giudici speciali. LA TIPIZZAZIONE DEGLI OBBLIGHI DISCIPLINARI. È un fattore di garanzia per il magistrato che i suoi obblighi disciplinari e le correlate sanzioni siano predeterminati dal legislatore. La garanzia consiste nella previsione di una base legale è oggi diventata più stringente per effetto della riforma dell’ordinamento giudiziario, con la quale si è passati ad un regime di tipizzazione degli illeciti disciplinari. LEGGE N. 150 DEL 2005 e il d.lgs. N.109 del 2006: Il Parlamento ha ridisegnato il sistema della responsabilità disciplinare, predeterminando le fattispecie di illecito. La formulazione, in appositi elenchi, delle condotte che possono comportare una sanzione disciplinare a carico del magistrato ha contribuito a restringere i margini di discrezionalità del CSM. La competenza ad accertare la violazione dell’illecito appartiene al CSM. L’ESERCIZIO DELL’AZIONE DISCIPLINARE: I soggetti che hanno il potere di azionare il procedimento disciplinare sono: o MINISTRO DELLA GIUSTIZIA che ha la facoltà di promuovere l’azione disciplinare. Tale potere è un potere di impulso che si giustifica nel fatto di non lasciare che i magistrati operino in una condizione di isolamento ‘’ corporativo’’, considerando che i loro comportamenti possono avere ricadute su beni di interesse dell’intero ordinamento. Questo potere si realizza con la richiesta al Procuratore generale della Corte di cassazione di aprire le indagini. 89 accanto a interessi unitari in frazionabili, e pertanto rimessi alla responsabilità dello Stato, che rimane l’autorità sovrana, esistano “interessi regionalmente localizzati” che meritano di essere “affidati alla cura di enti corrispondente estensione territoriale” Alle 20 regioni italiane è attribuita una autonomia avente intensità e forme differenti a seconda che si tratti di Regioni a Statuto ordinario o di Regioni a Statuto speciale. REGIONI A STATUTO SPECIALE: Appartengono: Valle d’Aosta, Sardegna, Sicilia, Trentino Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia. Le condizioni di autonomia di queste regioni sono fissate in “Statuti speciali adottati con legge costituzionale”. Hanno un’autonomia più accentuata. REGIONI A STATUTO ORDINARIO: A queste 15 Regioni sono demandati poteri espressivi di una autonomia più contenuta. AUTONOMIA E FUNZIONI NEL 1948: o Era affidata solo la competenza a definire le norme relative all’organizzazione interna e la disciplina sull’iniziativa legislativa e sul referendum regionale; o Imposto l’obbligo di porsi in armonia con la Costituzione e con le leggi della Repubblica; o Doveva essere deliberato dal Consiglio regionale a maggioranza assoluta e approvato con legge della Repubblica. o ART.117 originario quanto alla potestà legislativa ordinaria: questo articolo conferiva alle Regioni la competenza ad intervenire in un circoscritto ambito di materie e comunque sempre e soltanto nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dallo Stato. Le Regioni potevano esercitare funzioni amministrative. o L’autonomia finanziaria era molto circoscritta e doveva esplicarsi nelle forme e nei limiti stabiliti da leggi statali di coordinamento con la finanza centrale. LA TARDIVA ATTUAZIONE DEL REGIONALISMO ITALIANO: Le Regioni hanno potuto iniziare ad operare solo a partire dal 1970. La loro effettiva attivazione era stata infatti a lungo osteggiata dalle maggiori forze politiche, che temevano un proprio indebolimento in caso di risultati elettorali regionali in controtendenza rispetto a quelli nazionali. Il 7 giugno 1970 si sono svolte le prime elezioni regionali. Per mettere le Regioni nella condizione di funzionare concretamente occorreva però demandare a leggi dello Stato il compito di regolare il trasferimento alle Regioni stesse delle funzioni amministrative e il conseguente passaggio di funzionari e impiegati statali alle dipendenze regionali. RIFORMA BASSANINI: lo Stato implementò a Costituzione invariata il ruolo delle Regioni e degli altri enti locali e le Regioni si trovarono a gestire settori molto più ampi di amministrazione, con la sola eccezione degli ambiti trattenuti alla sfera di competenza statale. Questa graduale tendenza al potenziamento dei livelli di governo decentrato ha trovato una formalizzazione e un ulteriore importante spinta a livello costituzionale grazie alle due riforme intervenute nel 1999 e nel 2001.  Legge costituzionale n. 1 del 1999: trasformò l’organizzazione istituzionale delle Regioni, introducendo, il potere di queste di stabilire in autonomia, attraverso i propri Statuti, i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento, nonché la forma di governo regionale.  Legge costituzionale n. 3 del 2001 (modificato titolo V della seconda parte della Costituzione): ha ampliato il novero delle competenze legislative regionali, circoscrivendo in un elenco tassativo le competenze esclusive statali, in un altro elenco tassativo quelle di competenza concorrente, e a stabilito che in tutte le altre materie non espressamente indicate è la Regione a poter legiferare. E’ stato formalizzato il PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETA’ con la conseguenza che ora le funzioni amministrative spettano, di norma, all’ente territoriale più prossimo ai cittadini (i Comuni) salvo che per assicurarne l’esercizio unitario si decida di conferirle a livello più alto (alle Provincie, alle Città metropolitane, alle Regioni o in ultima istanza allo Stato). Infine si sono eliminati alcuni originari vincoli per ampliare l’autonomia finanziaria. 90 LE ATTRIBUZIONI DELLE REGIONI ORDINARIE NELL’ATTUALE CONTESTO: allo Stato attuale le Regioni a Statuto ordinario si vedono costituzionalmente garantita: Una autonomia statutaria in ambito organizzativo e istituzionale, che si esplica nel potere di scegliere attraverso il proprio Statuto la propria forma di governo; Una potestà normativa (legislativa e regolamentare) necessaria a determinare il proprio indirizzo politico; Una funzione amministrativa, attraverso cui poter dare concreta attuazione alle scelte legislative; Una forma di autonomia finanziaria, funzionale a consentire alle Regioni di dotarsi dei mezzi necessario a perseguire i propri fini. IL REGIONALISMO DIFFERENZIATO: le Regioni a Statuto ordinario hanno la possibilità di attivare un procedimento finalizzato a ottenere dallo Stato il riconoscimento di condizioni ulteriori di autonomia. Questo procedimento che si instaura su iniziativa della Regione, si conclude con l’approvazione di una legge statale, adottata a maggioranza assoluta delle Camere sulla base di un’intesa tra lo Stato e la Regione stessa. 2. LE REGIONI: GLI ORGANI La Costituzione individua gli organi che fanno necessariamente parte delle Regioni e che sono organi indefettibili: 1. CONSIGLIO REGIONALE: è l’organo al quale è attribuito il potere di approvare le leggi regionali, ha inoltre la funzione di indirizzo e di controllo nei confronti della Giunta, in virtù della facoltà di sfiduciare il Presidente della Giunta. Il Consiglio regionale è l’organo rappresentativo della comunità regionale; esso viene eletto direttamente dai cittadini della Regione, per una durata di 5 anni e dunque sono espressivi della sovranità popolare, come il Parlamento ma non sono equiparabili ai Consigli regionale delle Camere che compongono il Parlamento. SENTENZA N.106 DEL 2002: tale sentenza ha allunato la delibera della Regione Liguria che aveva denominato il Consiglio regionale come Parlamento della Liguria in quanto il termine del Parlamento rifiuta di essere impiegato all’interno di ordinamenti regionali perché solo il Parlamento è sede della rappresentanza politica nazionale. Il numero dei consiglieri regionali è in base al numero di abitanti di una Regione. SISTEMA DI ELEZIONE DEI CONSIGLI REGIONALI: Il sistema di elezione dei Consigli regionali è definito da ciascuna Regione con una propria legge, i cui contenuti devono però rispettare i principi fondamentali stabiliti in materia da una legge dello Stato. Il legislatore regionale deve conformarsi ai principi di ineleggibilità e di incompatibilità dei consiglieri. Le regioni devono rispettare altri principi e obiettivi ritenuti imprescindibili dal legislatore statale, come quella di promuovere le pari opportunità tra donne e uomini nella elezione. 2. GIUNTA REGIONALE: è l’organo esecutivo della Regione. Ne fanno parte, oltre il Presidente della Giunta, un numero di assessori fissato dagli Statuti. L’accesso all’ufficio di assessore è disciplinato nei limiti dei principi stabiliti dalla legge statale. 3. PRESIDENTE DELLA GIUNTA: ha il compito di rappresentare la Regione. La Costituzione gli affida la direzione della politica espressa dalla Giunta, della quale è anche responsabile. Ha il compito di promulgare le leggi e di emanare i regolamenti regionali. Se il Presidente della Giunta sia eletto a suffragio universale e diretto, la Costituzione stabilisce essa stessa che sia questi ad avere il potere di nominare e revocare i componenti della Giunta. 4. CONSIGLIO DELLE AUTONOMIE LOCALI: 91 è l’organo di consultazione permanente tra la Regione e gli enti locali del territorio. La disciplina è riservata agli Statuti regionali. La previsione del CAL, come chiarito anche dalla Corte Costituzionale, si giustifica per la necessità di attuare il principio di leale collaborazione nei rapporti intraregionali. 3. LA FORMA DI GOVERNO REGIONALE Nel suo testo originario la Costituzione italiana prevedeva per tutte le Regioni un unico modello organizzativo, ovverosia la forma di governo parlamentare. Il Presidente della Giunta e gli altri assessori venivano infatti eletti dal Consiglio tra i suoi membri; in questo contesto istituzionale, il perno dell’indirizzo politico era il Consiglio, al quale competeva sia la funzione legislativa sia la funzione regolamentare. La propensione alla disgregazione delle fragili maggioranze presente in Consiglio determinava la continua caduta delle Giunte. Per reagire a queste tendenze assembleari e all’instabilità, il legislatore ordinario nel 1995 cercò di imprimere al sistema un impulso maggioritario e di rafforzare la figura del Presidente della Giunta. L’evoluzione della forma di Governo è stata portata a compimento con la riforma dell’articolo 123 della Costituzione e stabilisce che è la Regione a dover scegliere la forma di Governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento. LE PREVISIONI COSTITUZIONALI SULLA FORMA DI GOVERNO REGIONALE: È ora ciascuna Regione a poter determinare in autonomia, attraverso lo Statuto, la propria forma di governo. Tuttavia, alcune regole in materia sono direttamente dettate dalla Costituzione e pertanto rese indisponibili alla volontà dei legislatori statutari regionali. Tra queste, in primo luogo, la regola che prevede che il Consiglio regionale possa esprimere la sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta regionale. Per giungere a questo grave atto, il Consiglio deve approvare a maggioranza assoluta e per appello nominale una mozione motivata sottoscritta da almeno un quinto dei suoi componenti e messa ai voti non prima di 3 giorni. Un’altra regola inderogabile per Costituzione è quella che prevede che le eventuali dimissioni contestuali della maggioranza dei componenti del Consiglio ne determinano lo scioglimento. ART 122 COST: stabilisce che se lo Statuto non dispone diversamente, il Presidente della Regione è eletto a suffragio universale e diretto. Più rilevante però è la previsione in forza del quale l’approvazione da parte del Consiglio di una mozione di sfiducia nei suoi confronti, oppure la sua rimozione, impedimento permanente, la sua morte o le sue dimissioni spontanee, determinano quale conseguenza obbligata lo scioglimento del Consiglio. Si tratta della regola del cosiddetto simil stabunt simil cadent. Al fine di favorire la stabilità delle maggioranze consiliari, rafforzando la posizione del Presidente della Giunta, si è infatti costruito un sistema che disincentiva i consiglieri dal revocargli la fiducia, siccome un simile provvedimento produrrebbe un’autodistruzione dello stesso organo. Il Presidente della Giunta può essere dunque sfiduciato dal Consiglio regionale. Questa forma di governo delineata dalla Costituzione come schema modello per le Regioni che non optino per diverse soluzioni viene definito forma di governo neoparlamentare. Le Regioni hanno di fatto tutte confermato nei propri Statuti, la forma di governo neoparlamentare delineata in Costituzione. 2. LE COMPETENZE DEGLI ENTI REGIONALI E DEGLI ENTI LOCALI 4. LE COMPETENZE NORMATIVE E AMMINISTRATIVE DELLE REGIONI Le Regioni si vedono riconosciuta una potestà normativa e una competenza amministrativa. La FUNZIONE NORMATIVA spettante alle Regioni consiste nel potere di approvare leggi e regolamenti.  Le LEGGI REGIONALI sono atti normativi di rango primario posti quindi sullo stesso piano gerarchico delle leggi dello Stato. 94  SINDACO: Eletto, contestualmente all’elezione del Consiglio comunale, a suffragio universale diretto da parte di coloro che risiedono nel Comune Stesso. Inoltre egli è responsabile dell’Amministrazione del Comune. Ad esso spetta nominare gli assessori della Giunta che è chiamato a presiedere.  CONSIGLIO: Organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo. Se il Consiglio sfiducia il Sindaco con un voto a maggioranza assoluta esso comporta anche lo scioglimento del Consiglio.  GIUNTA COMUNALE: nominata e presieduta dal Sindaco e composta dagli assessori. PROVINCIE: se in passato si articolavano in organi formati sostanzialmente secondo le medesime regole degli organi comunali, negli ultimi anni sono state al centro di interventi legislativi di portata rilevantissima, che ne hanno profondamente mutato il volto istituzionale. LEGGE N.56 del 2014: ha trasformato in enti di secondo livello, giacché i rispettivi organi di indirizzo non sono più eletti a suffragio universale e diretto, ma da Sindaci e consiglieri dei Comuni facenti parte del territorio. Essa ha introdotto una “significativa riforma di sistema della geografia istituzionale della Repubblica in vista di una semplificazione dell’ordinamento degli enti territoriali” istituendo le città metropolitane. CITTA’ METROPOLITANE: hanno sostituito le Provincie delle città più popolose (Milano, Napoli, Firenze, Roma…) e si affiancano oggi alle provincie ancora esistenti. Gli organi delle Città metropolitane, ossia il Consiglio metropolitano e i Sindaco metropolitano sono organi eletti solo indirettamente senza violare la Costituzione anche se la legge prescrive che il singolo statuto possa prevedere l’elezione diretta di tali soggetti. Il Sindaco metropolitano coincide con il Sindaco del Comune capoluogo di Provincia. CAPITOLO IX-LA CORTE COSTITUZIONALE 1. I MODELLI DI GIUSTIZIA COSTITUZIONALE 1. LA CORTE COSTITUZIONALE COME GARANTE DELLA RIGIDITA’ DELLA COSTITUZIONE La Corte costituzionale è il supremo organo di garanzia della Costituzione, proprio perché ad essa è demandato il compito di assicurare l’osservanza dei precetti costituzionali da parte di ogni potere dello Stato. E’ la previsione di una Corte costituzionale assieme a quella di un particolare procedimento di revisione della Costituzione a costituire fondamentale presidio della rigidità costituzionale. Questo ruolo di garanzia della Corte si evince dalla collocazione della sua disciplina nella rubrica “Garanzie costituzionali” del Titolo VI della Parte II della Costituzione. La Corte costituzionale è posta fuori dalla tradizione tripartizione dei poteri dello Stato. Essa svolge la funzione di controllo con criterio e metodo giurisdizionale. 2. LE ORIGINI DEL CONTROLLO DI COSTITUZIONALITA’ DELLE LEGGI La rigidità della Costituzione e l’introduzione di strumenti che consentono di rimediare alle “ingiustizie” del legislatore, ha però origini molto diverse in Europa e negli Stati Uniti d’America. Il primo sistema di giustizia costituzionale si affermò negli USA, con la sentenza Marbury Vs Madison. In quell’occasione la Corte Suprema federale ebbe modo di affermare il principio di costituzionalità, secondo cui una legge statale o federale, in contrasto con la Costituzione è da considerarsi una “non legge”: essa è da ritenersi giuridicamente invalida e il giudice sarà tenuto a non applicarla perché la Costituzione è la fonte superiore che prevale su tutte le altre leggi. Secondo il MODELLO STATUNITENSE, il controllo è svolto da tutti i giudici che, chiamati a risolvere un contenzioso e qualora si trovino ad applicare una norma di legge di cui accertino l’incostituzionalità, devono disapplicarla. La disapplicazione ha effetti limitanti al caso concreto e cosi non viene espunta dall’ordinamento, ma potrà essere applicata da altri giudici che la reputino non incostituzionale. Questo modello viene -12102 95 definito il più diffuso perché attribuisce a qualunque giudice il potere di riscontrare l’eventuale non conformità della legge alla Costituzione. Mentre negli USA il potere giudiziario assume il compito di tutelare i cittadini dalle “ingiustizie” del legislatore, in Europa per tutto l’800, il potere giudiziario rimane invece nel ruolo di ‘’ esecutore della legge’’. Nel 900 il problema centrale del costituzionalismo moderno in Europa è stata la ricerca di strumenti che consentissero di porre rimedio a eventuali ingiustizie del legislatore; l’obiettivo era di evitare di ripetersi di scelte legislative lesive della dignità dell’uomo. Quindi in Europa nasce la giustizia costituzionale come modello dalle caratteristiche opposte a quelle statunitensi. IL MODELLO ACCENTRATO EUROPEO: Il modello della giustizia costituzionale prevede che il sindacato sia compiuto da un organo ad hoc (non appartenente al potere giudiziario), il quale può accertare la difformità della legge rispetto alla Costituzione e annullare la legge, dichiarandola incostituzionale, con effetti erga omnes e solo per il futuro. La legge annullata non può più trovare applicazione in quanto espunta dall’ordinamento. Nelle concrete esperienze costituzionali del Novecento, si assiste ad un avvicinamento e ad una contaminazione fra il modello statunitense e il modello europeo, dovuti anche al diverso ruolo del potere giudiziario nell’esperienza costituzionale delle democrazie europee. 2. LA CORTE COSTITUZIONALE ITALIANA 3. IL MODELLO ITALIANO DI GIUDIZIO SULLE LEGGI In Italia prima dell’entrata in vigore della Costituzione del 1948, non esisteva un controllo di costituzionalità delle leggi.La formalizzazione della rigidità costituzionale impose all’Assemblea Costituente di ragionare sugli strumenti necessari a garantirla e quindi anche dell’introduzione di un controllo di costituzionalità delle leggi. Tra le principali ragioni, vi era l’esigenza di prevedere un efficace mezzo di tutela delle libertà̀ costituzionali, e quindi una giurisdizione costituzionale delle libertà. I membri dell’Assemblea Costituente dovettero poi confrontarsi sul modello di sindacato di costituzionalità da adottare e sulle vie di accesso alla giustizia costituzionale. La scelta ricadde su un sindacato di tipo accentrato e quindi per l’istituzione di una Corte costituzionale quale organo ad Hoc non facente parte della Magistratura. Al potere giudiziario non si volle affidare il ruolo di guardiano della Costituzione rispetto alle scelte del legislatore. Si esaminarono pertanto le differenze forme di accesso alla Corte costituzionale. DIBATTITO SULLE FORME DI ACCESSO ALLA CORTE COSTITUZIONALE: - VIA INCIDENTALE: La questione di legittimità costituzionale sorge nel corso di un giudizio concreto e la relativa decisione ha effetti ad esso limitati, potendo assumere valenza generale solo su richiesta di alcuni soggetti qualificati. Il modello italiano di sindacato è di tipo accentrato solo in apparenza perché, anche se esiste un organo deputato al controllo di legittimità delle leggi, l’iniziativa è diffusa perché spetta a qualsiasi giudice la proposizione di questioni di legittimità costituzionale. - AZIONE DIRETTA DEL SINGOLO: È un giudizio in via principale e astratto che vede attribuita al cittadino la legittimazione ad agire nei confronti della legge incostituzionale entro un termine da definire. - La Corte poteva essere investita della questione su AZIONE DI ALCUNI SOGGETTI: Un certo numero di cittadini, di Consigli regionali o di enti qualificati. !! In Assemblea costituente il tema della legittimazione a investire la Corte costituzionale della questione di legittimità non fu però definito, a causa dell’opposizione comunista all’idea di riconoscere l’azione diretta del singolo cittadino perché convinti che un cittadino qualunque, spinto dai propri interessi, potesse mettere in discussione un atto del Parlamento. La soluzione del problema in esame fu così rinviata ad un momento successivo. ART. 137 COST: ‘’ Una legge costituzionale stabilisce le condizioni, le forme, i termini di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale’’ 96 LA SCELTA DEL MODELLO INCIDENTALE NELLA LEGGE COST. N.1 DEL 1948 E DELL’ACCESSO DIRETTO NELL’ART. 127 COST. Legge costituzionale n. 1 del 1948: Introduce la forma di accesso incidentale. ‘’ La questione di legittimità costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge della Repubblica, rilevata d’ufficio o sollevata da una delle parti nel corso di un giudizio e non ritenuta dal giudice manifestamente infondata, è rimessa alla Corte costituzionale per la sua decisione’’. Giudizio di legittimità in via principale previsto dall’ART.127: Prevede condizioni di parità tra Stato e Regioni per ciò che concerne l’istaurazione del giudizio: in entrambi i casi esso è successivo all’entrata in vigore della legge e il relativo ricorso deve essere presentato entro 60 giorni dalla pubblicazione della legge regionale o statale. Quindi il sistema italiano prevede che i giudizi sulle leggi siano instaurabili tanto in via incidentale quanto in via principale, limitandone l’accesso, però, nel secondo caso, allo Stato e alle Regioni. Il Sistema italiano può essere definito un SINDACATO DI COSTITUZIONALITA’ MISTO, quindi intermedio tra quello accentrato e quello diffuso in quanto l’iniziativa è diffusa perché spetta a qualsiasi giudice la proposizione di questioni di legittimità costituzionale. 4. FUNZIONI E COMPOSIZIONE DELLA CORTE COSTITUZIONALE FUNZIONI (ART.134):  CONTROLLO DI COSTITUZIONALITÀ DELLE LEGGI E DEGLI ATTI AVENTI FORZA DI LEGGE DELLO STATO E DELLE REGIONI: Tramite questo sindacato di costituzionalità la Corte verifica che le leggi e gli atti equiparati non siano lesivi di principi e regole costituzionali. Giudizio che può essere attivato in via incidentale o in via principale.  GIUDIZIO SUI CONFLITTI DI ATTRIBUZIONE CHE POSSONO SORGERE FRA I POTERI DELLO STATO O FRA STATO E REGIONI O TRA REGIONI E PROVINCIE AUTONOME: Funzione in relazione all’esercizio delle attribuzioni loro spettanti in base alla Costituzione. La Corte costituzionale deve in questi casi decidere a quale potere o a quale ente spetti l’attribuzione contestata.  GIUDIZIO DI ACCUSA NEI CONFRONTI DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA: Attivato in seguito alla messa in stato d’accusa per alto tradimento o attentato alla Costituzione da parte del Parlamento in seduta comune.  GIUDIZIO DI AMMISSIBILIA’ DEL REFERENDUM ABROGATIVO DI LEGGI E DI ATTI CON FORZA DI LEGGI STATALI: Competenza non prevista direttamente nella Costituzione, ma introdotta con legge costituzionale n.1 del 1953. COMPOSIZIONE DELLA CORTE: La Corte è un organo chiamato a decidere nell’ambito di un giudizio costituzionale e allo stesso tempo è un organo per certi versi politico, per l’oggetto su cui verte la giurisdizione della Corte, ovverosia la legge, quale atto politico per eccellenza. I membri sono scelti nell’ambito di 3 diversi poteri dello Stato. ART.135 COST, 15 giudici costituzionali:  1/3 nominati dal Presidente della Repubblica.  1/3 eletti dalle supreme magistrature, ordinarie e amministrative.  1/3 eletti dal Parlamento in seduta comune. La Corte con tale composizione concilia 2 esigenze: 1) Mantenere un collegamento dell’organo con gli istituti di democrazia rappresentativa. 2) Assicurare a sé stessa tutele di indipendenza analoghe a quelle del potere giudiziario. LE MODALITA’ DI NOMINA DEI MEMBRI DELLA CORTE: GIUDICI DI NOMINA PARLAMENTARE: Eletti dal Parlamento in seduta comune, a scrutinio segreto, con la maggioranza dei 2/3 dei componenti dell’Assemblea nei primi 3 scrutini e poi con la maggioranza dei 3/5 dei componenti dell’Assemblea.
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