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Dispensa Diritto Costituzionale, Dispense di Diritto Costituzionale

Dispensa Diritto Costituzionale. Argomenti: Stato Costituzionale, Fondi del diritto e singole Fonti del diritto, Parlamento, Governo, Presidente della Repubblica, Magistratura, Regioni e altre autonomie territoriali, Corte Costituzionale. Testo di riferimento: Lezioni di Diritto Costituzionale, M. D'Amico, G. Arconzo, S. Leone.

Tipologia: Dispense

2020/2021

In vendita dal 16/02/2021

alicepinetti
alicepinetti 🇮🇹

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Scarica Dispensa Diritto Costituzionale e più Dispense in PDF di Diritto Costituzionale solo su Docsity! DIRITTO COSTITUZIONALE Libro: “Lezioni di diritto costituzionale” - M. D’Amico; G. Arconzo; S. Leone LO STATO COSTITUZIONALE LO STATO Lo Stato è la principale organizzazione di vita collettiva, svolge infatti attività di interesse comune, produce ed emana norme giuridiche che regolano la vita dei cittadini e fornisce i principali servizi pubblici. CARATTERISTICHE: 1. Esercita potere su ogni persona, dalla sua nascita alla sua morte, infatti ogni individuo facendo parte di uno stato deve sottostare ad esso. 2. Lo Stato è al di sopra di tutto e quindi i cittadini devono sottostare alla sue leggi. 3. Assume quello che è il monopolio della forza, garantendo in cambio la pace. 4. Lo Stato moderno nasce con il concetto di sovranità, ovvero un’espressione che si usa per indicare la somma dei poteri del governo (Legislativo, Esecutivo e Giudiziario) riconosciuta ad un soggetto di diritto pubblico internazionale. Il modo in cui la sovranità è ripartita si chiama Forma di Governo e si divide in interna ed esterna. - Interna: lo Stato è sovrano all’interno dell’ordinamento —> Art.1 della Costituzione = identifica la sovranità del popolo - Esterna: autonomia rispetto a enti esterni—> Art.7 della Costituzione = rapporti tra Stato e Chiesa, dove avviene un riconoscimento reciproco della propria sovranità; Art. 11 della Costituzione. DAL PRIMATO DELLA LEGGE A QUELLO DELLA COSTITUZIONE STATO LIBERALE: lo Stato Liberale è fondato sul primato della legge e ne ottiene la tripartizione dei poteri, ovvero quello Legislativo al Parlamento, quello Esecutivo al Governo e quello Giudiziario che applica le leggi. Una novità importante è che c’è la centralità del Parlamento, che deriva direttamente dai cittadini, attivi politicamente. Il primato della legge ne implicava l’assenza di limiti, e sottolineava l’importanza dei Codici. Si ripropongono i caratteri di generalità ed astrattezza per garantire un eguaglianza formale —> Art.3 della Costituzione = tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. CRISI DEL MODELLO LIBERAL-BORGHESE: il potere legislativo se non ha dei limiti puo avere dei risvolti negativi e ingiusti, questo perche è onnipotente. Gli strumenti per rispondere all’ingiustizia del legislatore sono le Costituzioni Rigide, dove principi e valori sono posti al di sopra del potere legislativo e a cui il legislatore è vincolato. Questo avrebbe quindi garantito equità ed eguaglianza sostanziale. La crisi ha iniziò con la grande guerra, dove alla fine scoppiano delle rivendicazioni sociali e politiche, dalle classi meno abbienti, che creano partiti e sindacati. Gli stati liberal-borghesi, però, non sono in grado di rispondere a quelle che sono le necessità del gruppo sociale. Questi cambiamenti portano ad una nuova concezione di Costituzione, di cui il modello è dato da quella di Weimer del 1919, dove ci sono i diritti tradizionali di libertà sommati al catalogo dei diritti sociali. L’idea di Costituzione si sviluppa con alla base obiettivi di eguaglianza sostanziale —> Art. 3 della Costituzione = la Costituzione non promette un uguaglianza economica e sociale, ma da compito alla Repubblica di eliminare queste differenze. Perciò lo Stato liberal-borghese con il nuovo potere democratico risponde con un sistema rappresentativo ristretto, di base censitaria, limitando il voto alla classe borghese, che diventa padrona del nuovo ordine basato sui loro interessi. LO STATO SOCIALE DI DRITTO: lo Stato Sociale di Diritto infrange pero questa limitazione, andando ad allargare il diritto al voto fino al suffragio universale. Infatti: Diritti Borghesi + Diritti Sociali sono l’espressione si solidarietà e eguaglianza sostanziale. L’eguaglianza sostanziale determina l’intervento dello Stato nell’economia e nel mercato. La coesistenza di più e diversi interessi spiega la rigidità della Costituzione che NON è modificabile dalle leggi approvate dal Parlamento: mentre nella società borghese la Costituzione non doveva per forza affermare rigidità, con le Costituzioni di compromesso si necessita di meccanismi che non impongano una classe d’interessi su un’altra. LO STATO COSTITUZIONALE: lo Stato Costituzionale nasce in risposta alla crisi dello Stato Liberale, e riconosce alla Costituzione il primato nella gerarchia delle fonti del diritto. La carta costituzionale è una tavola di principi che il legislatore deve seguire e a cui è vincolato, infatti si puo dire che essa limita l’azione di un legislatore. Le costituzioni sono scritte e contengono un catalogo di diritti e la definizione dei poteri dello Stato, tutto ciò garantito dalla rigidità contro gli abusi di un legislatore. Sono definite rigide in quanto sono caratterizzate da: 1. Sovraordinazione rispetto alle leggi 2. Meccanismi che verificano la costituzionalità delle leggi e di sanzionare le leggi contrarie alla Costituzione Nascono cosi i tribunali costituzionali, in Italia la Corte Costituzionale. Essi rilevano i possibili abusi dei legislatore e controllano che tutti i pubblici poteri rispettino la Costituzione. Il potere giudiziario acquisisce più potere: il giudice “bocca della verità” ha il compito di interpretare le leggi alla luce dei principi costituzionali. La Costituzione si puo dividere in due parti: 1. Contiene i Diritti e i Doveri dei cittadini 2. Contiene strumenti che hanno lo scopo di garantire Diritti e Doveri ai cittadini CONCEZIONE PRESCRITTIVA E DESCRITTIVA DELLA COSTITUZIONE La Costituzione di uno Stato è: - Una Fonte del Diritto - Un insieme di regole e principi che disciplinano i rapporti - Un manifesto politico Si tratta quindi di un atto normativo che contiene regole dell’ordinamento giuridico, che comprende le regole di convivenza e l’organizzazione dell’apparato statale. CONCEZIONE PRESCRITTIVA: Essa si afferma con le rivoluzioni francese e americana. Si può definire Costituzione quella che garantisce i diritti dell’uomo utilizzando la separazione dei poteri, quindi si definisce Stato costituzionale quell’organizzazione politica che garantisce i diritti dell’uomo utilizzando la separazione dei poteri. CONCEZIONE DESCRITTIVA: Essa enuncia le regole sull’organizzazione dei poteri pubblici e i rapporti tra di essi e i singoli. Secondo questa concezione quindi, ogni Stato ha una Costituzione a prescindere dall’aderenza di certi principi. CIVIL LAW E COMMON LAW: due sistemi che assicurano la garanzia dei diritti: 1. Common Law —> paesi anglosassoni, questo è un sistema che ha una matrice consuetudinaria, ovvero con un comportamento costante ed uniforme tenuto dai consociati, e giurisprudenziale. Inoltre, non c’è la necessita di un testo scritto, ma le leggi e i diritti emergono da delle evoluzioni del pensiero giuridico da parte di giudici nelle loro decisioni. 2. Civil Law —> esso deriva dall’esperienza francese e preferisce leggi scritte, a cui il giudice deve riferirsi, concretizzando con l’interpretazione e l’applicazione quelle affermazioni. STATO CENTRALE: ha lo scopo di provvedere al particolarismo e alla frammentazione dell’ordinamento giuridico. In questo caso è assente un’articolazione del potere nel territorio e non ha istituzioni territoriali che rappresentano comunità locali. STATO FEDERALE: esso si contrappone allo Stato Centrale e in questa tipologia si ha un decentramento politico garantito dalla Costituzione. Lo Stato Federale può nascere con un processo o aggregativo o disgregativo: per quanto riguarda il primo gli Stati sovrani decidono di unirsi in uno Stato Federale, un esempio sono gli USA; nel secondo lo Stato Federale si costituisce con articolazioni territoriali dentro uno Stato Centrale, un esempio è la Germania. Si parla di Stato Federale quando: - Stati membri sono autonomi - Ogni Stato ha una Costituzione che è al vertice dell’ordinamento giuridico In esso c’è una composizione bicamerale del Parlamento: la prima camera è quella che rappresenta i cittadini; la seconda camera, invece, costituisce emanazione degli stati membri. La Costituzione è modificabile solo con il consenso degli stati membri, che hanno il compito anche di svolgere la revisione costituzionale. Sono tutelati, nell’esercizio delle loro funzioni, da una Corte Costituzionale Federale che ha il compito di far rispettare il testo della Costituzione e di regolare i conflitti tra Stato Centrale e stati membri. Esse vengono inoltre rappresentate da un ramo del Parlamento presso lo Stato Centrale. STATO REGIONALE: esso è uno Stato unitario in cui ci sono degli enti territoriali intermedi che hanno autonomia politica, un esempio è l’Italia. Questa tipologia nasce nel 900 e si ha uno Stato Regionale solo se la Costituzione lo prevede. Le Regioni: 1. Condividono la potestà legislativa con lo Stato 2. Non partecipano al procedimento di revisione costituzionale 3. Non hanno una loro Costituzione, ma uno Statuto 4. Non sono rappresentate presso lo Stato Centrale in un ramo del Parlamento Attualmente possiamo vedere che le differenze tra Stato Regionale e Stato Federale si stanno assottigliando sempre di più. LE FORME DI GOVERNO Per Forma di Governo si intende il modo in cui il potere è distribuito tra i diversi organi statali ed è il mezzo con cui lo Stato cerca di raggiungere determinati fini. Si distingue in: 1. MONARCHIA, dove il capo dello Stato non è ne rappresentativo ne elettivo, ha una carica che dura a vita e il governo è autocratico. 2. REPUBBLICA, dove il capo dello Stato è rappresentativo ed elettivo, ha una carica che dura per un tempo limitato e il Presidente della Repubblica opera in uno Stato Democratico, dove la fonte di legittimazione del potere è il popolo Queste distinzioni però non valgono sempre. Possiamo inoltre distinguere le Forme di Governo in: 1. Pure, dove un solo organo dello Stato ha il monopolio del potere politico 2. Miste, dove il potere politico è diviso fra più organi costituzionali LA MONARCHIA COSTITUZIONALE: essa è un’espressione dello Stato Liberale ed esperienze di monarchia le ritroviamo nella storia inglese, francese e non solo. Caratteristiche: In questo caso vediamo che il potere è ripartito tra Re e Parlamento, il Re ha il potere Esecutivo e, formalmente, anche quello Giudiziario, mentre le Camere hanno il potere Legislativo. Non c’è intermediazione del Governo tra Re e Parlamento: i ministri vengono nominati dal Re, che ha potere anche nel revocarli, e non esiste un rapporto di fiducia tra Governo e Parlamento. Infine vediamo che il monarca concentra in se tutti i poteri, potendo anche sciogliere le Camere. Lo squilibrio tra Parlamento e monarca, porta ad un Governo sempre più indipendente dal sovrano. FORMA DI GOVERNO PARLAMENTARE: in essa c’è un rapporto di fiducia tra Governo e Parlamento, infatti senza la fiducia da parte del Parlamento, il Governo non può esistere e se questa viene a mancare il Governo è obbligato a dimettersi. Questa è una forma che si adatta sia al sistema Repubblicano, si al sistema Monarchico, infatti il Re o il Presidente della Repubblica prendono una posizione di neutralità rispetto ai poteri statali, cosi che si garantisca un equilibrio tra essi. La forma delle Forme di Governo dipende dall’assetto dei partiti politici che a loro volta dipendono dai sitemi elettorali. Esistono, infatti, due tipologie di sistemi elettorali: 1. Maggioritario —> esso tende a semplificare, a ridurre il numero dei partiti in Parlamento, a volte fino a raggiungere una situazione di bipartiamo 2. Proporzionale —> esso tende ad un numero più ampio di partiti in Parlamento FORMA DI GOVERNO PRESIDENZIALE: essa nasce negli Stati Uniti e si ha una divisione del potere tra: - Presidente degli USA, che viene eletto dai cittadini, che ha il potere Esecutivo e che si trova al comando dell’amministrazione e delle forze armate. - Assemblee elettive, ovvero Senato + Camera dei rappresentati = Congresso, che hanno il potere Legislativo e di controllo sul potere Esecutivo, sul Presidente e sull’apparato di Governo. Esse NON hanno il potere di fiducia. Questa forma prevede una totale separazione tra il potere Esecutivo e quello Legislativo. Esempio del modello degli USA, dove: i due poteri si controllano a vicenda, c’è l’autonomia del potere giudiziario ed è il modello per eccellenza del principio di divisione dei poteri, che si realizza nella forma di governo e nella forma di stato federale. FORMA DI GOVERNO SEMI-PRESIDENZIALE: essa nasce in Francia e ha elementi della Forma Presidenziale e della Forma Parlamentare. Il popolo elegge il presidente e nomina un Governo, che può essere sfiduciato dal Parlamento. Questa forma nasce con l’idea di rafforzare il ruolo del Presidente e del Governo, e con l’idea di avere Presidente e Governo della stessa forza politica , ma ciò non accade e questo è il motivo della crisi di questa tipologia di Forma di Governo. FORMA DI GOVERNO DIRETTORIALE: essa viene adottata da paesi piccoli e ha due organi costituzionali: il Parlamento e il Governo, che viene eletto dal potere Legislativo e una volta entrato in carica diventa autonomo. Il Parlamento non puo far dimettere il Governo. Un esempio è la Svizzera. Modello INGLESE Sistema elettorale maggioritario—>bipartismo Ciò comporta un’alternativa dell’ forze politiche al Governo e determina un effetto indiretto del voto, quindi scegliendo il proprio parlamentare si sceglie anche il partito che governerà Modello TEDESCO Sistema proporzionale con sbarramento per i partiti che non hanno raggiunto il 5% dei voti—>multipartismo temperato Stabilità data da: 1. Multipartismo temperato 2. Sfiducia costruttiva,ovvero il Parlamento non puo sfiduciare il Governo, se non votandone un altro 3. Impossibilità per i partiti incostituzionali, ovvero quelli di estrema destra e estrema sinistra, di entrare in Parlamento Modello ITALIANO Sistema multipartismo estremo. Un elevato numero di partiti sommato alle spinte del partito comunista che non poteva accedere al governo, ha portato a: una democrazia bloccata, l’impossibilità di alternanza, una scarsa influenza del voto, frequenti crisi di Governo e a una stanga azione dell’azione politica. Nel 1993 ci fu un referendum popolare che porta la rifiuto di un sistema proporzionale. CENNI DI STORIA COSTITUZIONALE Lo Statuto Albertino viene concesso dal Re Carlo Alberto di Savoia, il 4 Marzo 1848, e si ispirava al modello costituzionale francese. Sopravvive nel 19esimo secolo perchè ha un carattere elastico, ovvero consente un’interpretazione evolutiva delle sue disposizioni, e flessibile, ovvero permette la modificazione tramite leggi ordinarie. Questo Statuto, inoltre, si afferma in tutto il territorio italiano . Il modello di Stato Liberale entra in crisi con le riforme fasciste dal 1922, dove nel 1939 la Camera dei Deputati verrà sostituita dalla Camera dei Fascisti e delle Corporazioni. 1922 = Gran Consiglio del Fascismo 1923 = Legge Acerbo, modifica del sistema elettorale + vengono violate le poche libertà date dallo Statuto Tra 1925 e 1926 = una serie di leggi permettono alla figura del Capo di Governo di diventare un organo centrale nel sistema costituzionale 1939 = Camere dei fascisti e delle corporazioni LA TRANSIZIONE E LA COSTITUZIONE PROVVISORIA La fase transitoria durò quasi 5 anni, dal 25 Luglio 1943 al 1 Gennaio 1948. Il 25 Luglio del 1943 inizia la transizione da Stato fascista a regime costituzionale; essa, infatti, ebbe inizio con la revoca di Mussolini dalla carica di Presidente del Consiglio dei Ministri. Successivamente poi si nominò il Governo Badoglio, che cerca di ritornare allo Statuto. La CNL (Comitato di Liberazione Nazionale) si oppose ai tentativi di Badoglio, cercando di seguire un assetto costituzionale dello Stato. PRIMA COSTITUZIONE PROVVISORIA La questione istituzionale venne poi affrontata dalla CNL e dal Re nel Patto di Salerno, nell’Aprile del 1944. Con questo patto si rinviò la soluzione della questione istituzionale e la convocazione dell’Assemblea Costituente, al periodo successivo alla fine della guerra, e si dispose l’allontanamento del Re dalla carica. SECONDA COSTITUZIONE PROVVISORIA Provvedimento normativo del 1946 - Art.1: Il popolo sarà chiamato a decidere con un referendum, la forma istituzionale dello Stato: Monarchia o Repubblica - Art. 2: Regola le due ipotesi di transizione Forma di Governo PARLAMENTARE Forma di Governo PRESIDENZIALE Forma di Governo SEMI-PRESIDENZIALE Forma di Governo DIRETTORIALE Fiducia tra Parlamento e Governo Capo dello Stato eletto dai cittadini Fiducia tra Parlamento e Governo Il Parlamento elegge il Governo Governo e Parlamento determinano l’indirizzo politico Capo dello Stato titolate del potere Esecutivo Capo dello Stato eletto dai cittadini Una volta eletto, il Governo diventa autonomo Capo dello Stato potere neutro Separazione rigida tra Legislativo ed Esecutivo Il Legislativo controlla l’Esecutivo LE FONTI DEL DIRITTO Le norme giuridiche sono delle regole che disciplinano i comportamenti e i rapporti all’interno di una società. Più norme coordinate creano l’ordinamento giuridico. Le norme giuridiche vengono prodotte dalle fonti del diritto e quindi studiando le fonti del diritto, si studia come un ordinamento organizza la modalità di produzione delle norme. Si distinguono in: 1. FONTI DI PRODUZIONE = atti o fatti a cui l’ordinamento riconosce il fatto che possano produrre e modificare norme giuridiche. Sono quelle a che possono introdurre direttamente le regole giuridiche. 2. FONTI SULLA PRODUZIONE = sono quelle che stabiliscono come si produce il diritto, indicando l’autorità, il procedimento e l’atto con cui si possono introdurre delle norme giuridiche. Le fonti di produzione sono ordinate secondo un ordine gerarchico: 1. Costituzione e leggi costituzionali 2. Leggi e atti aventi forza di legge 3. Regolamenti 4. Consuetudini Questo impedisce che una fonte di ragno superiore sia in contrasto ad una di rango inferiore. Le fonti SULLA produzione sono sovraorinate a quella DI produzione, questo perche le prime servono per realizzare le seconde, che quindi trovano fondamento in esse. Le fonti SULLA produzione vanno ricercate nella Costituzione, un esempio sono l’Art.70-71-72-73 Un elenco i fonti DI produzione è presente nell’Art.1 delle Preleggi, ovvero norme risalenti ad un epoca pre-costituzionale, che vengono accostate al Codice Civile e che hanno lo scopo di dare regole che aiutino l’interprete nell’applicazione del Diritto. Un esempio sono le leggi, i regolamenti e gli usi. La Costituzione da una disciplina completa sulle fonti di rango primario. Questo lo si spiega per ragioni di tipo sostanziale. Le fonti secondarie troveranno una regolamentazione nelle fonti primarie. Questo permette di individuare a cascata le foti di produzione del Diritto. Al di la delle fonti di produzione italiane, esistono anche quelle internazionali e dell’Unione Europea. Si tratta di fonti la cui produzione non è riservata all’ordinamento italiano, ma a cui la Costituzione riconosce la capacita di produrre effetti giuridici. Le fonti DI produzione si distinguono in: - FONTI-ATTO = testi normativi frutto di manifestazione di volontà espressa da una autorità individuata dall’ordinamento —> es. leggi, decreti-legge, regolamenti, ecc... - FONTI-FATTO = eventi che l’ordinamento riconosce idonei a produrre effetti giuridici —> es. usi e consuetudini. Appartengono alle fonti-fatto quelle fonti prodotte da organi che NON appartengono allo Stato italiano e che però hanno un rilievo giuridico nello stesso. FONTI DI COGNIZIONE Esse sono lo strumento attraverso il quale è possibile prendere conoscenza dell’esistenza e dei contenuti delle norme giuridiche. Le fonti di cognizione NON PRODUCONO DIRITTO. Si distinguono: 1. Fonti di cognizione UFFICIALI, un esempio è la Gazzetta Ufficiale dove la pubblicazione ha scopo informativo; 2. Fronti di cognizione NON UFFICIALI, ovvero strumenti che servono alla sola conoscenza del diritto. LE NORME GIURIDICHE La norma giuridica è una regola vincolante che disciplina i rapporti dei consociati all’interno di na società organizzata. L’ordinamento giuridico —> fronti DI diritto + fonti SUL diritto = più norme tra loro coordinate Caratteristiche: 1. Generalità: la norma si applica a una indeterminata categoria di destinatari e il grado di generalità puo cambiare, infatti può essere assoluta (chiunque), oppure relativa (pubblico ufficiale). Queste sono categorie di soggetti che hanno una diversa ampiezza. 2. Astrattezza: comporta la ripetuta applicazione della norma, ogni volta che il soggetto assume la condotta descritta. 3. Il carattere di Astrattezza e Generalità distingue gli ATTI NORMATIVI dagli ATTI AMMINISTRATIVI: - Atti Normativi = non contengono delle prescrizioni individuali e i suoi effetti non si esauriscono dopo la prima applicazione - Atti Amministrativi = vengono emanati dalla Pubblica Amministrazione e sono destinati a uno o più soggetti, e gli effetti si limitano a quel singolo caso. Non innovano l’ordinamento. Nella storia del diritto ci sono state delle eccezioni ai caratteri di Generalità e Astrattezza: nello Stato Liberale i legislatori approvano leggi prive di Generalità e Astrattezza. Con il passaggio allo Stato Sociale si è assistito ad un aumento degli interventi normativi settoriali e di carattere più specifico. Solo in questo caso sono ammesse le eccezioni ai caratteri di Generalità e Astrattezza. Questa tendenza può dare vita a dei casi problematici di produzione normativa. Esempio: LEGGI-PROVVEDIMENTO - leggi ammissibili dall’Art.70 della Costituzione - leggi rivolte a un determinato numero di soggetti e disciplinano sanzioni eccezionali Per questa loro natura rappresentano il massimo allontanamento dal modello di legge generale e astratto. Questi provvedimenti eccezionali, possono incontrare dei limiti: • Violazione del principio di uguaglianza da parte del legislatore: a tutela di questo principio c’è uno scrutinio di costituzionalità da parte della Corte Costituzionale che ha il compito di verificare se una legge è conforme al principio di ragionevolezza, che le dichiarerà legittime o illegittime. • Limite della funzione giurisdizionale: il potere legislativo deve rispettare quello giurisdizionale, e quindi non sono ammesse interferenze da parte del legislatore nelle attività dei giudici. Non possono esse riviste precedenti controversie giudiziarie in cui c’è stata una sentenza definitiva da parte di un giudice. In caso contrario si farebbe una violazione al principio di separazione dei poteri. • È incostituzionale se si traduce uno strumento ordinario di normazione 4. Innovatività: capacità di modificare l’ordinamento giuridico. Non tutte le norme hanno questa caratteristica, quindi si distinguono in: leggi in senso formale, ovvero quelle che presentano solo la forma legislativa, e leggi in senso materiale, cioè quelle che sono portatrici di innovazione giuridica. ASTRATTEZZA, GENERALITÀ E INNOVATIVITÀ sono caratteristiche non necessarie, dal momento che non tutte le norme ne sono portatrici. Siamo in presenza di una norma giuridica quando: 1. Essa è vincolata da un atto stabilito dall’ordinamento giuridico in una apposita fonte sulla produzione 2. Se la norma è vincolata da un fatto che l’ordinamento ritiene idoneo a produrre diritto Una norma giuridica può essere: 1. Valido, ovvero privo di vizi, in quanto conforme alle norme giuridiche ad esso sovraordinate, il vizio puo essere sia formale sia sostanziale. Formale quando riguarda il procedimento di adozione che è stabilito dalla relativa fonte SULLA produzione; Sostanziale quando la norma è in contrasto con il contenuto percettivo di disposizioni di rango superiore. 2. Efficace, cioè quando un atto normativo è idoneo a produrre degli effetti giuridici con lo scopo di innovare l’ordinamento giuridico. Una norma infatti, puo essere valida ma non efficace e l’efficacia della norma puo subire delle limitazioni. 3. Forza, in quanto la forza di una norma consiste nell’intensità degli effetti prodotti. Si fa una distinzione tra norma ATTIVA e norma PASSIVA. Attiva quando ha l’idoneità ad abrogare, Passiva quando ha la capacita di resistere alle abrogazioni. L’INTERPRETAZIONE FONTE DEL DIRITTO - DISPOSIZIONE - INTERPRETAZIONE - NORMA GIURIDICA Il passaggio da fonte a norma NON è diretto, ma è mediato dalla disposizione. - Disposizione: è il testo linguistico scritto, che viene redatto ed approvato dall’autorità competente. - Norma Giuridica: è il significato che si ricava della disposizione, o meglio è la regola giuridica da applicare. Il significato della norma si ha con un procedimento di interpretazione da parte di operatori giuridici, che danno alla disposizione il giusto significato. Questo passaggio non è semplice, in quanto è possibile ricavare significati diversi da un unica disposizione e quindi si possono ottenere norme diverse. L’interpretazione avviene seguendo dei criteri interpretativi: • Strumenti che permettono di ricavare dalla disposizione la norma corretta che puo essere applicata; • Sono disposti dallo stesso ordinamento al fine di evitare distorsioni di significato secondo il mero arbitrio del legislatore. L’attività interpretativa assume importanza se viene affidata a giudici che sono chiamati dall’ordinamento a stabilire la norma da applicare al caso concreto. La loro attività NON è da considerare creativa di Diritto: le loro decisioni NON SONO classificabili come fonti di Diritto. Il giudice puo scegliere di distaccarsi dai precedenti e di proporre a diversa lettura alla stessa disposizione. Art.10, comma 2, della Costituzione = i giudici sono soggetti alla sola legge. Non solo alla legge ma anche alla Costituzione. L’osservazione e l’esatta interpretazione è assegnata e assicurata alla Corte di Cassazione, un organo supremo della giustizia. CRITERI INTERPRETATIVI O ERMENEUTICI L’Art.12 delle Preleggi da un elenco di criteri che devono essere usati nel momento dell’interpretazione e nell’applicazione del Diritto. - precisa disposizione - disposizioni di casi simili o materie analoghe - principi generali dell’ordinamento INTERPRETAZIONE LETTERALE: significato dato dalle parole e in questo caso l’interpretazione deve dare alle parole il senso che queste hanno nel linguaggio comune o in quello tecnico-giuridico. INTERPRETAZIONE SISTEMATICA: l’interpretazione avviene dalla consapevolezza che ogni norma è parte di un sistema giuridico e quindi nell’interpretazione si dovrà tenere conto del contesto in cui è inserita la norma, in modo che il significato sia coerente. Questa tipologia indica un’interpretazione con riferimento alla connessione tra le parole e tra le disposizioni. La Corte Costituzionale è l’organo giudiziario che è incaricato di verificare la costituzionalità della legge e annulla una legge che ritiene sia affetta da vizio di incompetenza, ovvero vizio formale se si parla di una violazione delle disposizioni che regolano il procedimento di formazione dell’atto, vizio materiale, invece, se c’è una violazione dei precetti costituzionali. PRINCIPIO DI LEGALITÀ: oggi ogni esercizio del pubblico potere deve sottostare e rispettare la legge che è il loro limite e il loro fondamento. Dal principio di legalità discendono due verità: 1. Preferenza della legge, in quanto c’è il divieto per fonti secondarie di disporre in violazione della legge e c’è soggezione alla legge anche per atti adottati da attività giurisdizionali. 2. Esigenza della previa legge, in quanto fonti normative secondarie e atti amministrativi per potersi manifestare legittimamente devono essere preventivamente autorizzati. Il principio di legalità non è direttamente esplicito nella Costituzione, ma è desumibile da una lettura combinata delle sue disposizioni: Art.101-3-70-97-113. La sottoposizione alla legge previene un uso discriminatorio del potere pubblico. In questo modo anche la Pubblica Amministrazione trova la necessità di conformarsi alla legge come garanzia di imparzialità. Anche i provvedimenti devono avere a fondamento una regola applicabile per analogia ad altre situazioni, così da evitare discriminazioni. Il principio di legalità si trova affermato in altre due norme: - Art.4 delle Preleggi - Art.5, legge 20 Marzo 1896, n.2248, legge sul contenzioso amministrativo GIUSTIFICAZIONE COSTITUZIONALE: la Giustificazione Costituzionale della subordinazione tra fonti dice che la legge è un atto normativo prodotto dal Parlamento, espressione dei cittadini. Non è ammessa la presenza di un potere normativo autonomo della Pubblica Amministrazione che non trovi il proprio limite e fondamento nella legge. Si distinguono: - Legalità in senso Formale = il principio di legalità si ritiene soddisfatto se si è in presenza di una legge che si limiti all’autorizzazione di un atto regolamentare o amministrativo. - Legalità in senso Sostanziale = si ritiene necessaria la determinazione di principi a cui il potere pubblico deve conformarsi. Inoltre: - Costituzione non specifica —> legalità in senso formale - Riserva di legge —> legalità in senso sostanziale La Corte Costituzionale afferma la necessita di dover intendere il principio di legalità in senso sostanziale generalizzato. RISERVA DI LEGGE: si ha una riserva di legge quando la Costituzione richiede espressamente che una certa materia venga disciplinata dalla legge. Alla riserva di legge è vincolato anche il legislatore ed essa è una garanzia per i cittadini, in quanto evita che le decisioni che si devono prendere su aspetti fondamentali, siano adottate solo dal potere esecutivo. Ragioni per le quali la Costituzione richiede riserve di legge a garanzia e tutela dei cittadini da atti normativi non approvati dal Parlamento: 1. Parlamento, esso è l’organo rappresentativo dei cittadini. Le leggi approvate sono il risultato di un confronto fra tutte le forze politiche, espressione della volontà popolare. Queste garanzie non sussistono in Governo. 2. Trasparenza e principio di pubblicità sussistono in Parlamento. 3. Le leggi approvate in Parlamento sono soggette al controllo di costituzionalità da parte della Corte Costituzionale. In base all’ambito di competenza materiale su cui ricade la riserva, si distinguono: 1. Riserve di legge regionale = materia disciplinata dalla regione e quindi parliamo di legge regionale. 2. Riserve di legge statale = materia disciplinata dallo stato, e quindi parliamo di legge statale. Questa distinzione fa riferimento ad: - Atti formali approvati dal Parlamento - Atti aventi forza di legge RISERVA DI LEGGE FORMALE: la riserva di legge formale deve disciplinare un atto normativo emanato dal Parlamento o alle Camere. Al di fuori di queste eccezioni: In presenza di una riserva di legge basta l’adozione di una fonte di rango primario, come il Decreto legislativo e il Decreto legge del Governo. Quando si interviene in Governo con un decreto legge o legislativo, la volontà del Parlamento non è esclusa. Esso infatti ha un ruolo significativo nel processo di formazione degli atti aventi forza di legge. Si parla in questo caso di Riserva di Fonte dove i decreti legge e legislativi e quindi il Governo, possono regolare la materia riservata dalla Costituzione al legislatore. Ciò incide sul carattere garantisco e democratico della riserva di legge. Si distinguono: 1. Riserva di legge ASSOLUTA: in questo caso l’intera materia è disciplinata dalla legge 2. Riserva di legge RELATIVA: in questo caso la legge determina solo i principi fondamentali della materia. Lascia cosi la determinazione di scelte ulteriori alle fonti subordinate. Ovviamente i regolamenti devono attenersi ai principi dettati dal legislatore. 3. Riserva di legge RINFORZATA: riserva alla legge l’intera disciplina di una materia e obbliga il legislatore al rispetto di ulteriori vincoli. Essa puo essere rinforzata per contenuto e procedimento. 4. Riserva di legge SEMPLICE: la Costituzione si limita a riservare alla legge la disciplina della materia. 5. Riserva di legge COSTITUZIONALE: la Costituzione richiede che sia solo essa stessa a regolare taluni ambiti. CRITERIO DI COMPETENZA Si tratta del secondo criterio per risolvere le antinomie reali. Tra fonti confliggenti sullo stesso piano gerarchico, va data prevalenza a quella a cui è stata data la competenza per regolare quella materia. Parliamo di una disposizione delle fonti in senso orizzontale. Stretto rapporto tra criterio gerarchico e criterio di competenza, infatti la norma che invade un ambito riservato ad un altra fonte lede la disposizione sovraordinata che prevede tale riserva di competenza. Contrasto tra: - norme di primo grado —> incostituzionalità —> Corte Costituzionale - norme di secondo grado: 1. annullamento —> giudice amministrativo 2. disapplicazione della norma —> giudice ordinario Il criterio di competenza ha rilievo nei rapporti tra: 1. Leggi statali e leggi regionali, Art.117 della Costituzione, Stato e Regioni possono intervenire nelle materie che la Costituzione assegna a loro. - Ricorso del Governo = quando egli ritenga che una legge regionale ecceda il suo campo di competenza andando a ledere la sferra di competenza statale. - Ricorso delle Regioni = quando una legge o un atto avente forza di legge dello Stato leda la sfera di competenza di una Regione. Entrambi si rivolgono alla Corte Costituzionale e entrambi entro 60gg dalla pubblicazione della norma. 2. Regolamenti parlamentari e altre fonti primarie, Art.64 e 72 della Costituzione. Questi articoli affermano che le Camere sono libere di adottare i propri regolamenti e che questi possono specificare circa i procedimenti di approvazione dei disegni di legge, questo per garantire autonomia. Le norme costituzionali assegnano ai regolamenti autonomia riguardo l’organizzazione e il funzionamento delle Camere. Una legge ordinaria che disciplinasse questi aspetti organizzativi interni del Parlamento sarebbe dichiarata incostituzionale dalla Corte per violazione degli Art.64 e 72 della Costituzione. 3. Diritto interno e Diritto dell’UE. Nelle materie in cui l’UE è competente il Diritto comunitario viene applicato direttamente e la fonte interna si ritrae. Per quanto riguarda le norme non direttamente applicabili, il giudice dovrà sollevare la questione di legittimità costituzionale, lamentando la violazione diretta dell’Art.11 della Costituzione. CRITERIO CRONOLOGICO Questo criterio si applica per antinomie di norme di pari grado e secondo questo criterio a prevalere è la norma più recente. La norma più risalente va incontro all’abrogazione. Tale criterio trova giustificazione nel fatto che il potere normativo non si esaurisce nel tempo: le disposizioni normative sono, infatti, continuamente rinnovabili. ABROGAZIONE L’abrogazione è un effetto prodotto dal criterio cronologico sulla norma non preferita e delimita la sfera materiale di applicabilità e di efficacia ai fatti che si sono verificati sino ad un certo momento. Possiamo dire quindi che delimita nel tempo l’efficacia di una norma. Distinzione tra: • Annullamento = perdita totale di validità • Abrogazione = restrizione dell’efficacia di una norma sino ad un certo periodo di tempo Quindi, mentre la norma annullata non può più essere applicata, quella abrogata avrà efficacia solo in situazioni precedenti alla sua abrogazione. Importante è l’Art.15 delle Preleggi che ci dice che le leggi sono abrogate per dichiarazione espressa del legislatore, o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti, o perché la nuova legge regola già l’intera materia. - ABROGAZIONE ESPRESSA = essa è voluta espressamente dal legislatore e in questo caso vediamo che una nuova disposizione indica chiaramente quali sono le disposizioni precedenti che intende abrogare. - ABROGAZIONE TACITA = essa si ha quando si rileva un’incompatibilità di contenuto tra le nuove disposizioni e le precedenti. In questo caso vediamo che manca una volontà espressa dal legislatore e che quindi interviene il giudice a decidere circa l’abrogazione o meno. I giudici, inoltre, non sono vincolati alle decisioni di un loro precedente e quindi possono discostarsi da questa e ritenere non sussistente l’abrogazione di un medesimo caso. - ABROGAZIONE IMPLICITA = si ha quando una nuova legge disciplina l’intera materia gia regolata da leggi precedenti. PRINCIPIO DI IRRETROATTIVITÀ: Art.11 delle Preleggi. Secondo questo principio la norma abrogante non si applica in rapporti sorti prima della sua abrogazione. La norma abrogata NON è invalida, essa, infatti, continua ad applicarsi ai casi sorti prima della sua abrogazione, questo perchè nel nostro ordinamento è presente il principio di irretroattività delle leggi, che in forza del quale le leggi sono destinate a riferirsi a rapporti e situazioni future. Questo principio però non è sancito dalla Costituzione, ma da una fonte di rango primario e questo vuol dire che una legge retroattiva non è necessariamente da considerare incostituzionale. Secondo questa linea sono ammesse deroghe: una legge può prevedere la sua retroattività in deroga al principio generale. La Corte Costituzionale afferma che deve essere osservato questo principio, essendo la garanzia delle certezza dei rapporti giuridici. Anche se NON è affermato in Costituzione, questo principio è espressione di civiltà giuridica. La Corte Costituzionale sottopone le norme retroattive ad uno scrutinio di ragionevolezza, e afferma che le leggi retroattive devono avere la base su motivi di interesse generale ai sensi della giurisprudenza. Una tipologia di leggi retroattive sono le leggi di interpretazione autentica, che vengono adottate con l’obiettivo di obbligare gli operatori giuridici ad applicare una disposizione anteriore. Il rischio è che il legislatore introduca una norma diversa, nuova rispetto al precetto normativo che si voleva solo interpretare. Per questo motivo interviene la Corte Costituzionale che dichiara incostituzionale la norma creata, a meno che non si dimostri che l’intervento si basava su motivi di tutela e garanzia di interessi costituzionali. - Leggi ordinarie: Art.72 della Costituzione, queste leggi richiedono una sola deliberazione con votazione a maggioranza semplice. - Leggi costituzionali: Art.138 della Costituzione, queste leggi richiedono due deliberazioni ad intervallo di tre mesi, a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna camera nella seconda deliberazione. Quindi sia Camera che Senato devono esprimersi due volte sullo stesso testo: 1. A MAGGIORANZA SEMPLICE —> MAGGIORANZA DEI PRESENTI —> PRIMA DELIBERAZIONE 2. A MAGGIORANZA ASSOLUTA —> MAGGIORANZA DEI COMPONENTI —> SECONDA DELIBERAZIONE L’obiettivo è quello di portare senatori e deputati a riflettere per quanto riguarda l’opportunità di proseguire nell’iter di approvazione di una legge cosi importante. Due deliberazioni: 1. Approvare emendamenti al progetto di legge costituzionale 2. Limitarsi al voto di conferma o negazione Per la prima delibera è richiesta la maggioranza semplice, mentre per la seconda delibera è richiesta la maggioranza assoluta, questo al fine di ottenere un largo consenso. Può capitare che in Parlamento si ottenga un consenso molto più ampio: l’Art.123 della Costituzione, infatti, prevede che se in ciascuna camera si raggiunga la maggioranza dei due terzi dei componenti, la legge può essere trasmessa al presidente della Repubblica per la sua promulgazione e pubblicazione al fine della sua emanazione. Nel caso di maggioranza assoluta, l’Art.138 della Costituzione prevede che che ci sia una richiesta di un referendum costituzionale: ne possono fare domanda 1/5 dei membri di una Camera, 500.000 elettori, o 5 Consigli Regionali, questa domanda deve avvenire entro 3 mesi dalla pubblicazione. Se il referendum non viene richiesto, dopo i 3 mesi di pubblicazione la legge costituzionale entra in vigore. Nel caso in cui venga richiesto il referendum, l’Art.138 della Costituzione dice che la legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. In ogni caso bisogna ricordare che il referendum costituzionale è un ipotesi eventuale. Quindi il referendum è: - uno strumento di garanzia per le minoranze, affinché queste possano evitare di far entrare in vigore una revisione per loro sfavorevole, inoltre è uno strumento di garanzia anche per la Costituzione stessa. - serve a evitare che la maggioranza possa modificare le norme della Costituzione o introdurre norme superprimarie se anche solo una minoranza non è d’accordo. Il referendum è dunque volontà popolare, infatti è un istituto di carattere oppositivo. A confermare la sua natura oppositiva e il suo essere di garanzia, è la mancata previsione di un quorum partecipativo. La legge costituzionale o di revisione costituzionale viene bloccata con la maggioranza dei votanti, indipendentemente da quanto siano stati i partecipanti. Se l’esito è positivo alla legge costituzionale, questa verra promulgata dal Presidente della Repubblica e verrà pubblicata al fine della sua entrata in vigore. LIMITI ALLA REVISIONE COSTITUZIONALE Le leggi di revisione costituzionale e le altre leggi costituzionali sono fonti di rango superprimario. La revisione costituzionale incontra dei limiti a partire dall’Art.139 della Costituzione che ci dice che “la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione”. LIMITE ESPRESSO: l’Art.139 della Costituzione ci parla dell’immodificabilità del carattere elettivo e temporaneo del Capo dello Stato. LIMITI IMPLICITI: accanto al limite espresso ci sono dei limiti impliciti che sono desumibili dall’Art.2 della Costituzione, che riconosce i diritti inviolabili dell’uomo e sottrae alla revisione costituzionale tutti quei diritti proclamati dalla Costituzione inviolabili e irrivedibili. Altri limiti sono quelli che sono desumibili dalla lettura combinata degli Art.1 e 13 della Costituzione, dove l’Art.1 qualifica la Repubblica italiana come Democratica, e ne riconosce la revisione di tutti quei principi che danno alla Repubblica la connotazione Democratica. PROBLEMA: permane però un problema, ovvero distinguere il nucleo immodificabile dei principi, dalle disposizioni di contorno, che invece possono essere soggette a revisione. Per risolvere il problema, ci si rivolge alla Corte Costituzionale che detterà volta per volta quali siano le norme costituzionali escluse dal processo di revisione e quali invece è possono far parte. Tra i tanti principi supremi riconosciuti dalla Corte, si trovano: 1. Principio di Laicità 2. Diritto di Difesa 3. Principio di Legalità in materia Penale GLI STATUTI DELLE REGIONI SPECIALI Sono fonti di rango superprimario. L’Art.131 della Costituzione elenca le Regioni in cui il nostro ordinamento è articolato territorialmente e istituzionalmente. Si distinguono: - Regioni Ordinarie, che sono 15; - Regioni Speciali che sono 5, ovvero il Friuli Venezia Giulia, la Sicilia, la Sardegna, la Valle D’Aosta e il Trentino Alto Adige. Si fa questa distinzione in quanto i contenuti degli Statuti variano. Per ragioni storiche la Costituzione ha ritenuto necessario garantire alle Regioni Speciali forme di autonomia più accentuate, dando poteri e funzioni più ampi. Regioni ordinarie: competenze disciplinate in Costituzione. L’autonomia delle Regioni Speciali si estrinseca in una disciplina derogatoria rispetto a quella riconosciuta dalla Costituzione alle altre regioni. Ciò qualifica la disciplina speciale come fonte superprimario. Ci sono delle differenze con l’Art.138 della Costituzione, che sono necessarie a garantire alle Regioni una certa autonomia. Sono dei fattori di specificità che oggi vengono disciplinati dalla legge costituzionale n.2 del 2001: 1. Quando la proposta di legge costituzionale di modifica degli Statuti non è richiesta dal Consiglio Regionale, ma bensì dal Parlamento o dal Governo, il consiglio deve essere informato preventivamente. Questo potrà entro 2 mesi esprimere un parere. 2. Le leggi costituzionali di modifica degli Statuti non possono essere sottoposte a referendum nazionale. LE FONTI PRIMARIE STATALI LA LEGGE STATALE ORDINARIA La legge statale ordinaria è un atto normativo approvato dal parlamento, e viene anche chiamata “ordinaria” per segnare la differenza con quella costituzionale, oppure “formale” per distinguere l’atto normativo che viene dal Parlamento, dagli altri atti aventi forza di legge. La legge del Parlamento era la fonte DI diritto per eccellenza, in quanto era organo rappresentativo della volontà popolare, poi, con l’entrata in vigore della Costituzione ha ceduto ad essa il suo ruolo di fonte al vertice dell’ordinamento. Ha subito poi delle perdite di centralità a seguito: - Della riforma del Titolo V - Dalla pervasività delle fonti internazionali e degli atti dell’UE - Del fenomeno dell’abuso degli strumenti normativi governativi È il modello tradizionale della legge parlamentare ad essere andato in crisi. Invece di dettare regole generali e uguali per tutti, il Parlamento interviene spesso regolando specifici settori dell’ordinamento. In questo caso l’atto conserva la sua qualità di legge ordinaria solo per essere stato approvato secondo il procedimento espresso dagli articoli 70 e seguenti. Quindi a essere determinante è la forma e non il contenuto della legge. Il Potere Legislativo NON ha bisogno di essere autorizzato: l’Art.70 della Costituzione da al Parlamento la funzione legislativa sempre entro limiti espressi dalla Costituzione e secondo gli ambiti che gli vengono riservati dall’Art.64 della Costituzione. IL PROCEDIMENTO LEGISLATIVO: LA FASE DELL’INIZIATIVA L’Art.70 della Costituzione ci dice che il Potere Legislativo appartiene alle Camere, mentre negli Art.70 e seguenti ci vengono date delle disposizioni che disciplinano il procedimento di approvazione delle leggi. PROCEDIMENTO LEGISLATIVO: insieme di atti che si conclude con l’entrata in vigore di una legge. Si compone di 3 fasi: 1. L’iniziativa legislativa 2. L’approvazione della legge 3. La promulgazione e l’entrata in vigore L’INIZIATIVA LEGISLATIVA: essa riguarda il potere di presentare proposte di legge. Viene affidata a: • Iniziativa del Governo (Art.71 della Costituzione): i disegni di legge sono il risultato di un procedimento che avviene internamente al Governo. Lo schema del disegno di legge è predisposto dal Ministro ed è sottoposto alla delibera del Consiglio dei Ministri. Dopo ciò il Presidente della Repubblica autorizza la presentazione del disegno di legge a una delle due Camere. L’iniziativa legislativa del Governo è quella di maggior rilievo, questo perchè: - per il potere politico che riveste, in quanto il Governo si compone di forze politiche che in Parlamento sono la maggioranza e quindi è più probabile che le proposte che arrivano dal Governo siano approvate. - può proporre disegni di legge di qualsiasi materia. • Iniziativa Parlamentare: i deputati e i senatori possono presentare progetti di legge, mentre più parlamentari possono firmare lo stesso progetto. In questo caso è impossibile sottoscrivere proposte di legge in materie riservate all’iniziativa governativa. • Iniziativa Popolare: l’iniziativa legislativa è esercitata dal popolo, infatti 50.000 elettori possono presentare quello che è il progetto di legge. Tale potere viene esercitato dall’entrata in vigore della legge n.352 del 1970, che disciplina la modalità della raccolta firme e richiede che il progetto ne illustri finalità e norme. Questa iniziativa, come quella parlamentare, NON può presentare proposte di legge in materie riservate all’iniziativa del Governo, inoltre, vedremo che si tratta uno strumento di democrazia diretta che ha trovato scarsissima applicazione. • Iniziativa delle Regioni: i Consigli regionali hanno facoltà di iniziativa legislativa e in essa non ci sono particolari limiti, tranne quello di non poter presentare progetti di legge in materia disciplinata dall’iniziativa Governativa. • Iniziativa della CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro): la Costituzione afferma che “può contribuire alla rielaborazione della legislazione economica e sociale”. Come quella Regionale e Popolare, essa non ha mai avuto rilievo sostanziale. IL PROCEDIMENTO LEGISLATIVO: LA FASE DELL’APPROVAZIONE L’approvazione richiede che entrambe le Camere si esprimano favorevolmente sul medesimo testo. Una volta che il progetto è stato approvato da una delle due Camere, sarà trasmesso all’altro ramo del Parlamento; se la seconda Camera approva gli emendamenti, il testo dovrà tornare alla prima Camera per la rielaborazione e una nuova approvazione. Il progetto di legge è assegnato alla commissione competente per materia, questo perche si ha l’esigenza di affidare ad un organo a composizione ristretta lo svolgimento dell’istruttoria sul testo normativo proposto. È attraverso l’istruttoria che le Commissioni acquisiscono tutti gli elementi per una consapevole deliberazione del Parlamento. 1. OGGETTO DELLA LEGGE DI DELEGA: fissando l’oggetto, il Parlamento indica l’ambito materiale entro il quale il Governo deve intervenire. La delega deve riguardare specifiche materie che NON possono essere coperte da una riserva di legge formale. 2. PRINCIPI E CRITERI DIRETTIVI: il Parlamento fissa norme fondamentali della materia e obiettivi da perseguire, in questo modo indirizza l’attività del Governo. Inoltre, il Parlamento, inserisce prescrizioni procedurali. L’Art.76 indica il contenuto necessario della legge di delega, ma non preclude al Parlamento di intervenire ulteriormente a fissare condizioni che sono vincolanti per l’attività delegata del Governo. 3. IL TERMINE: esso è il tempo limite entro il quale la delega deve essere esercitata. Il Parlamento deve fissare un tempo, che puo riferirsi ad un evento futuro se certo, oppure ad un lasso di tempo. La Costituzione NON impone al Parlamento un limite di tempo, ma stando all’Art.14 della legge n.400 del 1998, se il termine previsto eccede i due anni, il Governo deve richiedere il parere delle Camere riguardo gli schemi dei decreti legislativi. Il parere è espresso dalle Commissioni parlamentari delle due Camere competenti per materia entro 60 giorni, indicando le eventuali disposizioni NON ritenute corrispondenti alle direttive date. Il Governo nei 30 giorni successivi, esaminando il parere, ritrasmette i testi alle commissioni per il parere definitivo che deve essere espresso anch’esso entro 30 giorni. Il termine decorre all’entrata in vigore della legge di delega: si ritiene rispettato quando il Presidente della Repubblica emana il decreto legge. Per quanto riguarda la pubblicazione e l’entrata in vigore del decreto legislativo non è richiesto limite di tempo prescritto dal Parlamento. È una convenzione diffusa quella secondo cui il Governo possa adempiere alla delega con un solo atto, e quindi sembrerebbe che l’esercizio del potere delegato sia necessariamente istantaneo. Di recente è invalsa la passi di adottare decreti legislativi correttivi ed integrativa su autorizzazione espressa del Parlamento. Circa il procedimento per l’approvazione del decreto legislativo vediamo che esso è adottato su deliberazione del Consiglio dei Ministri ed è emanato dal Presidente della Repubblica. Nel Preambolo, il decreto legislativo, deve indicare: - La legge di delega - La deliberazione del Consiglio dei Ministri - Eventuali adempimenti Infine, deve essere Pubblicato con la denominazione di Decreto Legislativo e l’emanazione deve avvenire entro il termine preposto nella legge di delega. Il testo adottato dal Governo deve essere inviato al Presidente della Repubblica almeno 20 giorni prima della scadenza del termine. MANCATO RISPETTO DELLA LEGGE DELEGA: nel momento in cui il decreto legislativo non rispetta il contenuto della legge delega, la Corte Costituzionale puo dichiarare la sua illegittimità per vizio di eccesso di delega. In questi casi la legge di delega è la norma interposta tra il decreto legislativo e l’Art.76 della Costituzione. DELEGA ANOMALA: Esistono deleghe legislative che NON seguono il modello previsto dall’Art.76 della Costituzione: si tratta delle deleghe legislative anomale, con le quali il Parlamento assegna al Governo poteri particolari. TESTI UNICI: un esempio di delega anomala è il testo unico, ovvero l’atto normativo con cui si da al Governo il compito di raccogliere tutte le disposizioni normative vigenti inerenti una determinata materia. Il testo unico serve per riordinare le disposizioni di una disciplina, sopratutto quando è complicata da un’eccessiva produzione normativa. La particolarità del testo unico è che il Parlamento NON detta principi e criteri direttivi al Governo. Nell’attività di riordino il Governo può modificare e abrogare le norme che è chiamato a coordinare; parliamo in questo caso di testi unici di coordinamento. Questo tipo di testo unico ha una funzione ricognitiva. CONFERIMENTO DI POTERI IN CASO DI GUERRA: un altro esempio di delega anomala è il conferimento di poteri in caso di guerra. In caso di guerra il Parlamento, nel conferire poteri al Governo, NON è tenuto ad indicare l’oggetto, il termine e i principi e criteri direttivi; si procede con generalità, in modo da lasciare ampia discrezionalità e spazio di manovra al Governo in una situazione cosi delicata. IL DECRETO LEGGE Il decreto legge è un atto normativo del Governo avente forza di legge, ed è necessario quando l’eccezionalità, l’imprevedibilità e l’urgenza dei casi, richiedano un intervento tempestivo, non potendo attendere i tempi richiesti dall’ordinario iter legislativo. Essi, inoltre, vengono regolati dagli Art.77 della Costituzione e 15 della legge n.400 del 1988. Essendo previsioni poste da una fonte di rango primario, esse NON vincolano il Governo nell’approvazione del decreto legge, ne il Parlamento nell’approvazione della legge di conversione. Il Governo è abilitato solo in casi di necessita ed urgenza ad emanare provvedimenti aventi forza di legge. Il decreto legge è una deroga al principio di separazione dei poteri e per questo subisce limitazioni da parte del Parlamento su: 1. Presupposti di adozione 2. Efficacia Il decreto legge ha natura provvisoria: se non convertito in legge dal Parlamento entro 60 giorni dalla promulgazione, perde di efficacia sin dall’inizio. L’Art.77 della Costituzione prevede uno strumento attraverso il quale è possibile trovare una soluzione ai rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti. Questo strumento prende il nome di Legge di Sanatoria. Il Governo ha la piena responsabilità delle conseguenze prodotte dal decreto: potrebbe incorrere in giudizio in sede civile, penale o amministrativa. I PRESUPPOSTI DEL DECRETO LEGGE: i provvedimenti provvisori aventi forza di legge vengono presentati al Presidente della Repubblica come decreti legge. Nel loro preambolo devono essere inseriti: - circostante straordinarie di necessita ed urgenza - deliberazione del Consiglio dei Ministri ai sensi dell’Art.77 della Costituzione Presupposti fissati dall’Art.15 della legge n.400 del 1988: 1. Divieto al Governo di fare ricorso ai decreti legge quando: - vuole conferire deleghe legislative - vuole interviene in materie di riserve di Assemblea - vuole regolare rapporti sorti sulla base di Decreti legge non convertiti 2. Divieto per il Governo di adottare decreti legge che ripristino l’efficacia di disposizioni dichiarate incostituzionali. 3. Divieto di rinnovare disposizioni di decreti precedenti di cui sia stata negata la conversione in legge con il voto di una delle due Camere. 4. OBBLIGO per i decreti legge di introdurre misure di immediata applicazione e che abbiano un contenuto specifico ed omogeneo. IL PROCEDIMENTO DI APPROVAZIONE E DI CONVERSIONE IN LEGGE: il decreto legge viene adottato su deliberazione del Consiglio de Ministri, successivamente viene presentato al Presidente della Repubblica per l’emanazione e l’immediata pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Il giorno stesso il Governo deve presentare al Parlamento un disegno di legge di conversione, composto da un solo articolo. L’Art,77, comma 2, della Costituzione, stabilisce che le Camere devono essere convocate entro 5 giorni, mentre, il Parlamento converte il decreto legge entro 60 giorni dalla pubblicazione. IL RUOLO DEL PARLAMENTO: ci sono tre ipotesi di azione del parlamento. Una volta presentato al parlamento il disegno di legge di conversione: 1. Il Parlamento NON esaurisce l’iter legislativo di conversione entro 60 giorni dalla pubblicazione del decreto. 2. In sede di votazione, il Parlamento NON approva la legge di conversione. 3. In sede di votazione, il Parlamento approva la legge di conversione. Nei primi due casi la legge decade e perde i sui effetti sin dall’inizio e il decreto deve considerarsi come mai adottato. Nel terzo caso, invece, gli effetti prodotti vengono stabilizzati dall’ordinamento. Il Parlamento può apportare emendamenti o modifiche al testo originario, ciò pero incontra dei limiti, ovvero: il Parlamento NON può inserire nel testo della legge di conversione norme del tutto estranee al contenuto complessivo del decreto. Le modifiche apportate producono effetti gia dal giorno successivo della pubblicazione. IL CONTROLLO SUGLI ABUSI DELLE DECRETAZIONE D’URGENZA Se il decreto legge viene approvato senza i presupposti giustificativi vediamo che il Presidente della Repubblica può rifiutarsi di emanare il decreto legge, le Camere possono eseguire un controllo sulla sussistenza dei presupposti e la Corte Costituzionale può operare un controllo, anche se per ragioni di tempo esso viene fatto dopo la sua conversione in legge. La Corte ha poi chiarito che i requisiti dati dall’Art.77 della Costituzione, sono quelli necessari per rendere valido il decreto legge e quando questi mancano in modo evidente la Corte rileva quello che è un vizio di legittimità costituzionale. La corte ha anche chiarito che il suo sindacato può estendersi anche alla legge che abbia convertito un decreto legge privo dei requisiti richiesti di straordinaria necessità ed urgenza. La sentenza n.171 del 2007 dichiara che i requisiti di straordinaria necessità ed urgenza possono essere oggetto di controllo costituzionale. Prima di passare allo scrutinio in concreto, bisogna risolvere la questione dell’efficacia sanante delle leggi di conversione: in merito a ciò, la sentenza della Corte n.29 del 1995 ha dichiarato che i vizi del decreto legge si trasformano in vizi in procedendo della legge di conversione. Un altro ambito in cui il sindacato della Corte esercita il controllo è quello che riguarda l’omogeneità delle modifiche: con la sentenza n.22 del 2012 la Corte vieta al Parlamento di inserire modifiche non pertinenti, pena l’illegittimità degli emendamenti e quindi del contenuto normativo. Il Parlamento può fare modifiche entro un limite: il contenuto normativo non deve essere estraneo al contenuto complessivo del testo. Ciò in risposta alla violazione dell’Art.77 della Costituzione, che fida un nesso di interrelazione funzionale tra decreto legge e legge di conversione. Altra forma di abuso praticata dai Governi è la REITERAZIONE, ovvero l’adozione di un decreto legge che riproduce il contenuto di un precedente decreto legge che NON è stato convertito entro i 60 giorni. La sentenza n.360 del 1996 chiarisce che il Governo NON può reiterare decreti legge. Il Governo può intervenire con un altro decreto legge per regolare la stessa materia di quello che non è stato convertito, ma i contenuti devono essere diversi per renderlo valido. REFERENDUM ABROGATIVO Il referendum abrogativo viene disciplinato dall’Art.75 della Costituzione ed è una fonte di diritto di rango primario. Esso è un istituto di democrazia diretta, mediante il quale il coro elettorale è chiamato a decidere per l’abrogazione, totale o parziale, di leggi o disposizioni aventi forza di legge. L’obiettivo è quello di riequilibrare il potere legislativo delle Camere. Questo è uno strumento eccezionale rispetto alla connotazione rappresentativa della nostra democrazia, infatti: - Diretta = le decisioni politiche sono in mano al corpo elettorale e nessun istituto può mettersi in mezzo tra il voto e gli effetti che ne conseguono. - Rappresentativa = il corpo elettorale elegge i suoi rappresentati, a cui sono affidate le scelte di indirizzo politico, senza vincolo di mandato. Caratteristiche: 1. Esso è un atto avente forza di legge, ma capace solo di abrogare norme di leggi statali, NON di crearne delle nuove. 2. Il procedimento è descritto nell’Art.75 della Costituzione e nella legge n. 352 del 1970. 3. I limiti espliciti di ammissibilità sono nell’Art.75, comma 2, della Costituzione. 4. È previsto un quorum partecipativo: validità solo se parteciperanno il 50% + 1 degli aventi diritto. Ai senti dell’Art.38 della legge n.352 del 1970 NON è più possibile effettuare richiesta di identico referendum per 5 anni. Nel caso il referendum sia fallito a causa della mancata partecipazione degli aventi diritto è possibile riattivare il processo referendario prima dei 5 anni. IL REFERENDUM ABROGATIVO QUALE FONTE DEL DIRITTO: si può dire che il referendum sia una fonte atto avente forza di legge. - Forza di legge: il referendum è abilitato ad abrogare o modificare delle leggi o atti aventi forza di legge. - Fonte atto: espressione della manifestazione della volontà di un soggetto che demanda l’abrogazione di una legge Da un punto di vista formale, gli effetti del referendum possono dirsi unidirezionali, questo perchè gli effetti del referendum portano alla sola abrogazione di una norma o di una parte di essa, ma NON all’introduzione di una nuova disciplina voluta dal corpo elettorale. Per questa ragione si è discusso a lungo sulla capacità di innovare l’ordinamento. Va tenuto presente che: 1. Il referendum va considerato fonte del diritto 2. L’abrogazione NON consiste solo nel venir meno ad una norma, ma ha anche come conseguenza una modifica del sistema normativo preesistente, lasciando un vuoto e costringendo il legislatore a cercare la disciplina della materia in esame in disposizioni dal contenuto diverso. 3. L’effetto innovativo è più evidente nel caso di referendum abrogativo parziale: “recidono” specifiche disposizioni di legge lasciando in vigore una normativa di risulta con significato diverso da quello originario voluto dal Parlamento. Tutto questo entro i limiti. I REGOLAMENTI PARLAMENTARI I regolamenti parlamentari sono atti che dettano alle Camere la disciplina che riguarda l’organizzazione e il funzionamento delle attività che devono svolgere. Questi vengono disciplinati dall’Art.64 e dall’Art.72 della Costituzione. Con i regolamenti parlamentari sono stabilite: - Le regole di comportamento dei deputati e dei senatori - Le regole di organizzazione degli organi interni di ogni Camera - La regola con cui questi organi operano - La regola che riguarda i rapporti di ciascuna Camera con il proprio personale e soggetti esterni L’Art.64 della Costituzione dice che “ciascuna Camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti”. Ciò significa che sono gli stessi istituti parlamentari a fissare le proprie regole di organizzazione e funzionamento, e questo potere di autoregolamentazione è visto come la massima espressione di autonomia delle camere rispetto ad altri poteri statali. La richiesta di una maggioranza assoluta costituisce una garanzia per le minoranze politiche in Assemblea parlamentare. I regolamenti parlamentari sono fonti primarie del diritto, si tratta, inoltre, di fonti a competenza riservata, ovvero, la Costituzione riserva loro la disciplina di una determinata materia, e ne la legge ne altre fonti possono intervenire in queste materie. Regolamenti parlamentari e leggi sono posti sullo stesso piano gerarchico, quindi i loro rapporti sono regolati dal principio di competenza, in caso di antinomie reali. INSINDACABILITÀ DEI REGOLAMENTI PARLAMENTARI: i regolamenti parlamentari NON possono essere sindacati dalla Corte Costituzionale. Nonostante siano sullo stesso livello delle leggi o degli atti aventi forza di legge, NON possono essere oggetto di giudizio di costituzionalità o di sindacato di legittimità costituzionale. Questo per le seguenti ragioni: 1. “Una diversa interpretazione urterebbe contro il sistema”, la Costituzione repubblicana ha instaurato una democrazia parlamentare, che vede al centro le Camere a cui spetta un’indipendenza nei confronti di qualsiasi altro potere. Sentenza n.154 de 1985 della Corte Costituzionale: essa ci dice che sia il Parlamento, sia i regolamenti, hanno una peculiarità e dimensione che ne impedisce la sindacabilità. Parlamento = espressione immediata della sovranità popolare; Regolamenti = svolgimento diretto della Costituzione. 2. Non si tratta di fonti collegate alla categoria di atti aventi forza di legge che l’Art.134 della Costituzione indica tra gli atti che si possono sottoporre al controllo di costituzionalità. Sentenza n.120 del 2014 della Corte Costituzionale: essa ci dice che nel sistema delle fonti il regolamento parlamentare è previsto dall’Art.64 della Costituzione come fonte che ha una sfera di competenza riservata e destinata rispetto a quella della legge ordinaria. La ratio dell’insindacabilità è data dalla garanzia dell’indipendenza delle Camere da ogni altro potere, ma ciò non comporta che essi siano fonti solamente interne. Sono fonti dell’ordinamento generale della Repubblica, produttive di norme che si possono sottoporre ai canoni ordinari interpretativi, alla luce dei principi e delle disposizioni costituzionali, che ne delimitano la sfera di competenza. L’indipendenza delle Camere, infatti, NON può compromettere i riditti fondamentali ne pregiudicare l’attuazione di principi inderogabili. Quando una legge viene adottata senza rispettare norme dei regolamenti parlamentare, NON sarà possibile far valere questo vizio in giudizio di costituzionalità, questo perche i regolamenti parlamentari NON sono dei parametri. L’unica eccezione si ha quando la norma del regolamento che viene violata, è la riproduzione di una norma costituzionale relativa al procedimento legislativo. LE FONTI STATUTARIE E LE FONTI PRIMARIE REGIONALI LE LEGGI STATUTARIE DELLE REGIONI ORDINARIE Gli statuti delle regioni speciali hanno rango superprimario, mentre gli statuti delle regioni ordinarie sono riconducibili alla categoria di fonti atipiche in quanto da un lato sono sovraordinate alle fonti di legislazione ordinaria regionale, dall’altro sono subordinate alla Costituzione. Gli statuti delle regioni e le leggi regionali sono fonti tra loro ordinate gerarchicamente, dove la prima prevale sulla seconda. Lo Stato è al vertice delle fonti regionali per il valore giuridico che ha. La Costituzione affida agli statuti il compito di determinare la forma di governo ed i principi fondamentali di organizzazione. PROCEDIMENTO DI APPROVAZIONE DELLO STATUTO REGIONALE: esso è più complesso, e l’Art.123, comma 2, della Costituzione pretende che: - La legge statutaria regionale debba essere approvata dal Consiglio Regionale con due deliberazioni successiva con un intervallo non minore di due mesi, ed è richiesta per entrambe la maggioranza assoluta. - Lo Statuto approvato, viene poi pubblicato per informare e può essere impugnato dal Governo entro 30 giorni per il controllo di costituzionalità, oppure può essere oggetto di una richiesta di referendum entro 3 mesi. I soggetti che possono fare questa richiesta sono: un cinquantesimo (1/50) degli elettori della Regione interessata, oppure un quinto (1/5) dei componenti dei Consigli Regionali. La condizione per la quale questo venga promulgato e fatto entrare in vigore è che deve essere approvato con la maggioranza dei voti validi. STATUTI E COSTITUZIONE: lo Statuto regionale incontra un limite nella Costituzione: l’Art.123 di essa, infatti, afferma che la disciplina contenuta nello Statuto debba essere in armonia con la Costituzione. LE LEGGI REGIONALI Le leggi regionali sono fonti primarie pariordinate alle leggi ordinarie dello Stato o agli atti aventi forza di legge; c’è però da ricordare che questi possono dottare leggi che hanno valenza solo all’interno della Regione. Il Consiglio Regionale è l’organo competente ad approvare le leggi regionali e segue il procedimento di approvazione delineato dagli Statuti. Leggi regionali e leggi ordinarie sono poste sullo stesso piano e quindi in caso di antinomia si fa ricorso al criterio di competenza, ovvero quello che preferisce alla noma generale quella speciale che disciplina specificatamente quella materia. La potestà legislativa invece, viene regolata dall’Art.117 della Costituzione, il quale indica quali sono le materie di competenza Statale e quali di competenza Regionale. RIPARTIZIONE FORME DI COMPETENZA: Art.117 della Costituzione. 1. Competenza legislativa esclusiva dello Stato: - Art.117, comma 2, della Costituzione - materie disciplinate solo dallo Stato e che richiedono una disciplina unitaria su tutto il territorio, un esempio può essere l’ordine pubblico 2. Competenza legislativa concorrente: - Art.117, comma 3, della Costituzione - elenca una serie di materie su cui sia lo Stato che le Regioni possono intervenire, più precisamente: Stato = detta i principi fondamentali; Regioni = regolano tali materie nella parte di dettaglio. Un esempio può essere la tutela della salute 3. Competenza legislativa residuale regionale: - Art.117, comma 4, della Costituzione - elenca le materie che solo le Regioni possono disciplinare. Un esempio può essere il turismo La riforma del 2001 aveva l’obiettivo di ampliare gli spazi della potestà legislativa regionale e di porre sullo stesso piano lo Stato nazionale e le Regioni. A differenza del testo costituzionale del 1948, la nuova configurazione limitava la competenza legislativa statale a materie NON comprese in competenza concorrente e clausola residuale. Questa riforma però vide un parziale fallimento. PROCEDIMENTO DI FORMAZIONE DELLE LEGGI REGIONALI: questo viene disciplinato in modo diverso da Regione a Regione, in base agli statuti e ai regolamenti interni. In linea di massima vediamo che: 1. Iniziativa della Giunta e dei Consigli regionali 2. Approvazione in Consiglio regionale 3. Promulgazione da parte del Presidente della Repubblica LE FONTI SECONDARIE STATALI I REGOLAMENTI DEL POTERE ESECUTIVO I regolamenti del potere esecutivo sono fonti secondarie e si distinguono in regolamenti governativi e regolamenti ministeriali e interministeriali. In virtù del principio di legalità, tutti sono subordinati alla legge, mentre i secondi sono subordinati ai primi. Quindi: 1. Legge 2. Regolamenti governativi 3. Regolamenti ministeriali e interministeriali verificare e nominare quale sia la persona adatta in grado di ottenere il suo Governo e la fiducia delle Camere. CONVENZIONI COSTITUZIONALI: esse sono diverse dalle consuetudini costituzionali e rappresenta l’accordo tacito NON giuridicamente vincolante, che gli istituti raggiungono circa l’organizzazione e il modo di operare, quando la Costituzione presenti una lacuna. GLI USI: questi sono previsti dall’Art.8 delle Preleggi e sono posti all’ultimo livello della gerarchia delle fonti. Si distinguono in: 1. Consuetudini contra legem, ovvero consuetudini non ammesse che dispongono di difformità rispetto a quanto stabilito dalla legge. 2. Consuetudini secundum legem, ovvero consuetudini ammesse che rinviano ad una legge o ad un regolamento. 3. Consuetudini praeter legem, ovvero consuetudini ammesse che intervengono nei settori non disciplinati dal diritto scritto. I CONTRATTI COLLETTIVI DI LAVORO L’Art.39 della Costituzione, riconosce la libertà di organizzarsi in sindacati e la possibilità di registrarsi ai pubblici uffici. Con la registrazione si acquisisce personalità giuridica e quindi la facoltà di stipulare contratti collettivi i lavoro. L’obiettivo è quello di lasciare all’autonomia negoziale la parziale regolazione de rapporti di lavoro; ciò NON preclude al legislatore di intervenire nel settore, ma deve rispettare i limiti, ovvero che NON può rendere nulla o comprimere l’autonomia collettiva ameno che non intervenga la legge a favore di determinate parti. I contratti collettivi rispondono a un modello di normazione peculiare: essi sono riconducibili alla dimensione privatistico-negoziale, e allo stesso tempo hanno la capacita di estendere la loro autorità a tutti coloro che rientrano nella categoria lavorativa citata. Questa seconda caratteristica le rende delle fonti del diritto. LE ORDINANZE DI NECESSITÀ E URGENZA E GLI ALTRI ATTI REGOLATORI DELLE PUBBLICA AMMINISTRAZIONE Sono atti adottati da organi della Pubblica Amministrazione per far fronte a situazioni eccezionali che richiedono un tempestivo intervento. Si distinguono: 1. Ordinanze del Prefetto, ovvero rimedi emanati dal Prefetto in caso di urgenza o grave necessità pubblica, ed indispensabili per la tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza. 2. Ordinanze del Sindaco, ovvero atti emanati dal sindaco, in veste di ufficiale del governo, volti a prevenire ed eliminare situazioni di grave pericolo che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana. 3. Ordinanze di Protezione Civile, ovvero atti emanati a fonte di uno stato di emergenza, dovuto a calamita naturali o ad attività dell’uomo che per la loro intensità necessitano di un intervento tempestivo. Lo stato di emergenza viene deliberato dal Consiglio dei Ministri. Questa condizione legittima l’adozione di provvedimenti che deroghino alle disposizioni normative vigenti, sempre entro i limiti stabiliti dal decreto di dichiarazione dello Stato e in rispetto dei principi generali dell’ordinamento. Questa tipologia la ritroviamo oggi con il Covid-19. Caratteristiche in comune: 1. Atti a contenuto atipico, ovvero che il loro contenuto risponde a svariate situazioni di emergenza, che di fatto NON possono essere stabilite preventivamente dalla legge. 2. Flessibilità, infatti, gli atti amministrativi sono legittimati a derogare a fonti primarie, cui normalmente devono conformarsi. Possono disporre in difformità rispetto alle fonti primarie. Non è però consentita una deroga ai Precetti costituzionali e ai Principi generali dell’ordinamento. Requisiti di legittimità per le ordinanze di urgenza: 1. L’evento deve essere imprevedibile 2. Ricorra un tempestivo intervento 3. Le ordinanze si devono attenere a principi generali e costituzionali dell’ordinamento 4. La misura deve essere temporaneamente limitata 5. L’intervento deve essere adeguatamente motivato Essendo atti che derogano a fonti di rango legislativo, una dottrina sostiene che questi possano essere riconducibili a delle fonti DI diritto. La dottrina opposta ritiene che siano atti privi di natura normativa e non idonei a rinnovare l’ordinamento. Si tratta di atti che disciplinano situazioni specifiche e diretta a una determinata categoria di persone. La loro efficacia e la loro deroga è temporanea e limitata per quella situazione. Inoltre è dubbia la loro natura a causa del crescente ricorso da parte della pubblica autorità che abusa per fini estrani alla loro natura, a ciò per cui sono state create —> abuso. ORDINANZE DI ORDINARIA AMMINISTRAZIONE: essi sono provvedimenti di cui dispone il Sindaco, temporaneamente e non limitate, e devono attenersi per forza a tutte le prescrizioni contenute nelle fonti primarie. La Corte Costituzionale ha dichiarato la loro illegittimità: - quando impongono ai singoli di tenere dei comportamenti che incidono sulle loro libertà - Il legislatore NON puo solamente autorizzare e riconoscere una discrezionalità senza limiti, ma deve indicare i contenuti e i modi dell’azione amministrativa. LE FONTI INTERNAZIONALI L’Italia fa parte di una comunità di Stati sovrani che hanno rapporti giuridicamente regolati. I rapporti si trovano all’interno di un sistema di normative che dispiegano i loro effetti in quanto sono dallo stesso recepiti, mediante: - Adattamento automatico, cioè il caso di norme di diritto internazionale riconosciute dal nostro ordinamento. - Specifici atti normativi, cioè il caso di atti adottati appositamente di volta in volta. Sono quindi delle fonti-fatto, a cui l’ordinamento riconosce l’idoneità a produrre effetti giuridici e alle quali l’Italia si adatta secondo proprie regole. Il rango delle fonti internazionali, recepite dal nostro ordinamento, è variabile, infatti, la regola generale è che esse assumono lo stesso rango della fonte interna che le ha recepite. Modalità di ricezione dell’ordinamento interno: - Rinvio fisso = esso richiama una specifica disposizione straniera senza prendere in considerazione eventuali modifiche; - Rinvio mobile = esso richiama una determinata fonte del diritto straniero comportando un adattamento automatico del nostro sistema alle modificazioni apportate nel tempo. La questione che riguarda lo Statuto giuridico delle fonti internazionali è molto importante sul piano delle conseguenze: si considerano le implicazioni che derivano sul piano dei rapporti con le fonti interne. Inoltre, i giudici si trovano spesso di fonte a casi di discordanza, quando una medesima materia è disciplinata da una fonte sovranazionale discorde con una fonte nazionale. LE NORME DI DIRITTO INTERNAZIONALE GENERALMENTE RICONOSCIUTE LE CONSUETUDINI COSTITUZIONALI: esse sono dette anche norme di diritto internazionale generalmente conosciute, e sono la prima tipologia di fonti internazionali. Si tratta di norme non scritte che sono vincolanti per la generalità degli Stati membri della comunità internazionale e assumono rango di fonte del diritto nel momento in cui si verificano due condizioni: 1. Che quella regola sia tenuta da tutti gli Stati in maniera costante (Elemento Oggettivo). 2. Che questo comportamento abbia origine dalla condizioni degli Stati di doverlo tenere in quanto giuridicamente obbligatorio (Elemento Soggettivo). Come si può intuire, quelle appartenenti a questa categoria sono poche e basilari regole di elaborazione secolare. ADATTAMENTO AUTOMATICO: le norme di diritto internazionale riconosciute, vengono recepite dal nostro ordinamento in automatico; si parla quindi di adattamento automatico, per il quale non servono atti normativi appositi. Si parla di adattamento automatico perche l’Art.10, comma 1, della Costituzione, funge da trasformatore permanente di tutte le consuetudini internazionali in fonti dell’ordinamento italiano. Quello operato al comma 1 dell’Art.10 della Costituzione, è un rinvio mobile, perche l’ordinamento italiano si conformerà automaticamente anche alle sue variazioni. Essendo le norme di diritto internazionale generalmente riconosciute e recepite da una fonte di rango superprimario (Art.10 della Costituzione), anch’esse saranno di grado superprimario. I LIMITI ALL’INGRESSO DELLE CONSUETUDINI INTERNAZIONALI: la sentenza n.238 del 2014 della Corte Costituzionale ci dice che tutte le consuetudini costituzionali, indipendentemente dal momento della loro formazione e seppur aventi rango costituzionale, incontrano dei limiti necessari del rispetto dei principi supremi, ovvero quei diritti che delineano l’identità costituzionale dello Stato italiano. Nell’ipotesi in cui una consuetudine non rispetti questi principi, il trasformatore ultimativo smette di funzionare, proteggendo l’ordinamento interno. LE NORME DI DIRITTO INTERNAZIONALE PATTIZIO (TRATTATI O CONVENZIONI) Queste sono la seconda tipologia di fonti internazionali, e sono fonti scritte che vincolano solo gli Stati che le abbiano sottoscritte e ratificate. Il procedimento che porta alla formazione di un trattato internazionale è composto da più fasi: 1. Prima fase = fase che si conclude con la stipula dell’accordo; 2. Seconda fase = ratifica del trattato, con essa lo Stato dichiara di aderire al testo della convenzione; 3. Terza fase = questa fase fa si che passando per lo scambio tra gli Stati interessati dei rispettivi strumenti di ratifica, sorge la responsabilità internazionale degli uni nei confronti degli altri; 4. Quarta fase = quella dell’ordine di esecuzione, determina la produzione di effetti giuridici della fonte internazionale all’interno del sistema italiano. LA RATIFICA: le fasi sono disciplinate dagli Art.80 e 87, comma 8, della Costituzione: - Art.87, comma 8, della Costituzione: questo dice che il Presidente della Repubblica ratifica il trattato mediante proprio decreto. - Art.80 della Costituzione: questo dice che la ratifica deve essere autorizzata con la legge del Parlamento quando riguarda trattati ad esempio di natura politica. La legge in questione deve essere approvata con procedimento ordinario e NON può essere abrogata per via referendaria. Talvolta gli accordi internazionali vengono ratificati dal nostro ordinamento in forma semplificata. Ciò si verifica quando la fonte internazionale si perfeziona e produce i suoi effetti nel nostro ordinamento, senza una ratifica del Capo dello Stato, ma con solo la conclusione dell’accordo da parte di uno dei rappresentanti del Governo. Per le fonti internazionali pattizie, il rinvio fatto dall’ordinamento è fisso; infatti, si riferisce alla disciplina di cui si fa portatrice la fonte internazionale. IL RANGO DEI TRATTATI: il rango delle fonti pattizie si determina avendo riguardo alla fonte interna che ha provveduto all’adattamento: dunque, esse avranno rango legislativo quando saranno autorizzate alla ratifica da parte di una legge ai senti dell’Art.80 della Costituzione; mentre avranno un rango sub-legislativo nelle altre ipotesi. CONTRASTO CON UNA DISPOSIZIONE CONTENUTA IN UN TRATTATO INTERNAZIONALE: la regola che disciplina il contrasto la troviamo nell’Art.117, comma 1, della Costituzione. Con la sentenza “Gemelle” n.348 e 349 del 2007, la Corte Costituzionale ha chiarito che le fonti internazionali pattizie godono di una maggiore forza di resistenza. Esse sono definite “norme interposte”, in quanto sono interposte tra la Costituzione e le norme primarie; per questo motivo, TRATTATI ISTITUTIVI: essi appartengono al Diritto Primario e si distinguono norme: - che delineano la struttura e l’articolazione istituzionale dell’Unione - che fissano le principali regole comunitarie di convivenza - che individuano gli ambiti di competenza delle istituzioni comunitarie Le norme dei trattati possono produrre effetti diretti. Questi effetti diretti delle norme incidono sui singoli e a loro volta, i singoli potranno pretendere il rispetto davanti ai propri giudici nazionali, anche qualora gli effetti della norma siano loro lesivi. DIRITTO DERIVATO SECONDARIO: esso viene prodotto dalle istituzioni comunitarie secondo i dettami dei Trattati istitutivi successivamente prodotti dall’UE. Di questo diritto fanno parte: 1. Regolamenti 2. Direttive 3. Decisioni 4. Raccomandazioni 5. Pareri REGOLAMENTI: i regolamenti hanno portata generale ed è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. La caratteristica principale è che le norme generali prodotte da queste fonti sono di diretta applicazione. Essi sono subito capaci di vincolare il cittadino al rispetto della loro disciplina. Per queste fonti NON è richiesto nessun atto di trasposizione interno. DIRETTIVE: le direttive vincolano lo Stato membro a cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere. Esse NON sono capaci di applicazione diretta: i destinatari sono gli Stati dell’UE, che sono impegnati a conformarsi entro un termine stabilito ad un obiettivo di carattere generale, attraverso l’adozione di atti di trasposizione o proprie discipline normative. Ne consegue che obbligano i paesi dell’UE a raggiungere il risultato da loro imposto, e gli effetti giuridici interni si producono in un secondo momento, una volta che un atto legislativo nazionale abbia provveduto all’attuazione della direttiva ai casi concreti. Si tratta di una disciplina sufficiente e si è in presenza di una direttiva ad effetti diretti, con conseguenza che il cittadino potrà rivendicare contro il proprio Stato, attraverso il proprio giudice nazionale, i diritti che la direttiva ha preservato a suo favore. DECISIONI: esse sono fonti dell’UE di diritto derivato e sono atti normativi direttamente applicabili, ma rivolti a specifici destinatari. RACCOMANDAZIONI E PARERI: essi NON sono vincolanti. Le Raccomandazioni sollecitano gli Stati ad orientare le proprie politiche e il propio diritto verso un obiettivo. I Pareri, invece, esprimono le posizioni degli organi comunitari in merito ad una materia o ad una questione. In entrambi i casi si parla di atti incapaci di produrre vincoli giuridici e il cui richiamo può essere utile a fini interpretativi. IL PRIMATO DEL DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA NELLA COSTITUZIONE E I CONTROLIMITI L’ordinamento comunitario gode di uno stato giuridico particolare, che gli consente di prevalere sul diritto nazionale, entro modalità e limiti. Ciò è consentito da due previsioni contenute nella Costituzione: gli Art.11, comma 2, e 117, comma 1, della Costituzione. Questi articoli esprimono la volontà dello Stato italiano di cedere parte della propria sovranità a favore di questa organizzazione comunitaria e del diritto che essa produce. Inizialmente NON era previsto un esplicito riferimento all’UE, ma nonostante questo si può rinvenire un fondamento Costituzionale implicito all’UE nel testo dell’Art.11 della Costituzione, il quale afferma che in condizioni di parità con gli altri Stati, sono consentite cessioni e limitazioni di sovranità per promuovere e favorire organizzazioni internazionali che assicurino pace e giustizia fra le nazioni. Inizialmente il Costituente aveva in mente l’ONU, ma le espressioni ed i termini utilizzati facevano di questo testo una norma di carattere generale che corrispondeva perfettamente anche ad un organizzazione diversa ma con un medesimo scopo, vale a dire l’Unione Europea. Un fondamento costituzionale esplicito si può trovare nell’Art.117 della Costituzione, norma che a partire dalla riforma costituzionale del 2001 ha imposto alla legislazione nazionale e regionale l’obbligo di attenersi ai vincoli derivati dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Questi due articoli dispongono la cessione di sovranità, alla quale viene corrisposto il primato dell’UE. La cessione di sovranità e il primato dell’UE: essi riconoscono al diritto comunitario, prevalenza rispetto alle fonti del diritto nazionale e laddove ci siano delle antinomie tra leggi nazionali e norme del diritto UE di diretta applicazione, il giudice interno dovrà procedere con la disapplicazione della norma interna, a favore di quella comunitaria. Differenza: in caso di antinomie tra legge italiana e altri trattati internazionali, il giudice interno dovrà sospendere il giudizio e sollevare la questione di legittimità costituzionale. Questo meccanismo di risoluzione di antinomie utilizzato per la generalità dei trattati internazionali, si applica al diritto dell’UE quando una sua norma NON sia di diretta applicazione. Quindi il giudice NON potrà procedere con la disapplicazione diretta, ma dovrà sollevare questioni di legittimità costituzionale e chiedere l’eventuale annullamento della legge italiana. CONTROLIMITI: la prevalenza delle fonti del diritto dell’UE NON è illimitata, ma queste devono comunque rispettare i principi fondamentali dell‘ordinamento costituzionale italiano e i diritti inalienabili della persona. Se si verifica un contrasto simile, la Corte Costituzionale verrebbe chiamata ad imporre il rispetto. Dal punto di vista dell’ordinamento italiano, le fonti comunitarie sono fonti-fatto. Il giudice costituzionale italiano NON può sottoporle a diretto scrutinio di costituzionalità ed eventualmente annullarle. La Corte Costituzionale però può sindacare le leggi italiane che hanno dato esecuzione ai Trattati istitutivi, precisamente sindacare la parte della legge che ha consentito l’ingresso nell’ordinamento della norma comunitaria UE lesiva di un principio supremo. CASO TARICCO: primo caso a cui la Corte Costituzionale ha adottato lo strumento dei controlimiti. La Corte Costituzionale ha qualificato il principio di legalità penale come principio supremo dell’ordine costituzionale, come tale idoneo ad impedire l’ingresso di una norma di matrice europea con esso contrastante. In merito a ciò, anche la Corte di Giustizia dell’unione europea ha precisato che l’obbligo per il giudice di disapplicare una norma interna in contrasto con quella comunitaria viene meno quando ciò metta in discussione un principio espressivo dell’identità costituzionale dello Stato. CASO DI DOPPIA PREGIUDIZIALITÀ: esso si verifica quando si ha una violazione di un diritto previsto nella carta dei diritti fondamentali dell’UE e nella Costituzione italiana. La risoluzione di questo contrasto mette in evidenza la centralità del ruolo della Corte Costituzionale riguardo l’accentramento della violazione dei diritti. Il giudice, infine, NON potrà procedere direttamente con la disapplicazione della norma interna, ma dovrà sollevare una questione di illegittimità difronte alla Corte Costituzionale. IL PARLAMENTO Nel corso della storia il nome Parlamento ha indicato assemblee con funzioni e modalità di composizione diverse. I Parlamenti si possono definire come il luogo in cui risiedono coloro che con le lezioni, sono stati scelti come rappresentanti dei cittadini, con lo scopo di esercitare la funzione legislativa e di contribuire all’adozione di scelte politiche. Nonostante abbiano questi elementi in comune, i Parlamenti hanno diversi caratteri, e si distinguono in: 1. PARLAMENTI MONOCAMERALI: essi sono composti da una sola Camera. —> Es. la Cina. 2. PARLAMENTI BICAMERALI: essi sono composti da due Camere. —> Es. l’Italia. Generalmente, in presenza di Parlamenti bicamerali, le modalità di elezione e le funzioni delle due Camere sono diversificate. Parliamo quindi di bicameralismo imperfetto, dove di distinguono: - Camera Bassa: essa rappresenta il corpo elettorale, partecipa al rapporto di fiducia tra Parlamento e Governo, ha un ruolo decisivo nella produzione normativa e rappresenta le istanze dei cittadini di tutto lo Stato. - Camera Alta: anche detta Senato, essa è storicamente di nomina NON popolare, ha un ruolo di ponderazione sulle scelte politiche adottate dalla Camera Bassa (parliamo di una funzione di controllo sospensivo), ha la funzione di rappresentare enti territoriali e detiene una potestà legislativa limitata agli ambiti di competenza territoriale. Per quanto riguarda l’ordinamento italiano vediamo che si ha un’eccezione, in quanto in questo caso parliamo di Bicameralismo Paritario, dove le due Camere che si sono formate in modo analogo detengono le stesse funzioni. I SISTEMI ELETTORALI COME SI ELEGGONO I PARLAMENTI: MODELLI E VARIANTI DEI SISTEMI ELETTORALI I sistemi elettorali sono dei meccanismi attraverso i quai i voti espressi dagli elettori si trasformano in seggi, che occupano l’Assemblea rappresentativa, questo al fine di formare il Parlamento. I sistemi elettorali mirano al raggiungimento un punto di equilibrio tra due obiettivi divergenti: • GOVERNABILITÀ: ovvero la capacità della legge elettorale di generare Assemblee in grado di formare maggioranze solide che assicurano dei Governi stabilii. • RAPPRESENTATIVITÀ: ovvero la capacità di rendere le Assemblee elettive uno specchio fedele delle diverse posizioni politiche presenti nel Paese. Esistono varianti che definiscono e classificano i vari sistemi elettorali: 1. Il numero di seggi che si può ottenere all’interno dei collegi elettorali, che sono gli ambiti in cui si suddivide il territorio. Si distinguono in: - Collegi elettorali UNINOMINALI, ovvero che per ogni collegio viene messo a disposizione un seggio; - Collegi elettorali PLURINOMINALI, ovvero che per ogni collegio sono messi in palio due o più seggi. 2. Il modo in cui i seggi vengono ripartiti nei collegi elettorali. Si distinguono: - Sistemi maggioritari puri: in questo caso il seggio o i seggi vengono dati alla forza politica che ottiene più voti all’interno del collegio. Questo sistema da rilievo alla maggioranza, ed è un sistema che garantisce la Governabilità, in quanto, esso favorisce la formazione di maggioranze stabili. - Sistemi proporzionali puri: in questo caso i seggi vengono dati in proporzione ai voti ricevuti da ogni forza politica. Questo sistema da voce alle minoranze politiche e garantisce la Rappresentatività, in quanto, esso rispecchia più fedelmente tutte le forze politiche, ma avendo effetti proiettivi, conducono alla formazione di Assemblee politicamente frammentate che mettono a rischio la Governabilità. Secondo la Cassazione, la legge, NON prevedendo una soglia minima di voti per ottenere il premio di maggioranza, renderebbe possibile che anche larghe maggioranze relative di voti si trasformino in maggioranze assolute di seggi in violazione dei principi di uguaglianza del voto e di rappresentanza democratica. Inoltre, il meccanismo legislativo risulterebbe irragionevole in quanto: 1. Incentrava gli accordi tra le liste, ma NON assicurava la Governabilità 2. Per il Senato, è la stessa attribuzione del premio a livello regionale a poter impedire il raggiungimento dell’obiettivo della Governabilità. INCOSTITUZIONALITÀ DELLA LEGGE N.270 DEL 2005 (PORCELLUM) La Corte Costituzionale intervenne dichiarando incostituzionali diverse norme del Porcellum con la sentenza n.1 del 2014. Sempre la Corte Costituzionale dichiara che i premio di maggioranza ha prodotto: 1. ECCESSIVA DIVARICAZIONE tra la composizione dell’organo della rappresentanza politica e la volontà dei cittadini che si esprime con il voto. Alla base vi è l’assenza di una soglia minima di voti per l’attribuzione del premio di maggioranza: si parla della possibile trasformazione di una maggioranza relativa di voti in una maggioranza assoluta di seggi. Questo meccanismo produrrebbe: sia un’alterazione della rappresentanza democratica, sia una violazione del principio di eguaglianza del voto. 2. Con riferimento al Senato, la Corte Costituzionale ha osservato che il premio di maggioranza su base regionale comporterebbe una vanificazione dell’obiettivo originario, cioè realizzare un’adeguata stabilità della maggioranza parlamentare, e anche del Governo. 3. Vengono dichiarate incostituzionali anche le lunghe liste bloccate, in quanto queste tolgono all’elettore la possibilità di scegliere i propri rappresentanti e questo comporterebbe una violazione della libertà di voto. I parametri di costituzionalità invocati dalla Corte sono: 1. Principio di sovranità popolare 2. Uguaglianza del voto 3. Libero mandato parlamentare LA LEGGE ELETTORALE PER LA SOLA CAMERA E LA SUA INCOSTITUZIONALITÀ Dopo la sentenza n.1 del 2014, entra in vigore un altro sistema elettorale: il CONSULTELLUM Questo sistema è di tipo proporzionale con soglie di sbarramento del 2% per i partii coalizzati e del 4% per quelli non coalizzati. Il Consultellum cancella l’assegnazione di maggioranza alla coalizione più votata, ma lascerebbe le soglie di sbarramento. LA LEGGE N.52 DEL 2015: alla legge elettorale n.1 del 2014 si aggiunge la riforma costituzionale “Renzi-Boschi”. Il contenuto di questa riforma ha però influenzato e condizionato in modo importante la questione elettorale: al centro di questa riforma vediamo la riforma del Senato, i cui membri sarebbero stati eletti dai Consigli Regionali e non da cittadini. Nella convinzione che la riforma sarebbe entrata in vigore che quindi non sarebbe più servita una legge elettorale per il Senato, il Parlamento approva la legge n.52 del 2015, che riformava la legge elettorale SOLO per la Camera. Questa legge elettorale prende il nome di ITALICUM, e si parla di un sistema proporzionale, eventualmente a doppio turno, con un forte correttivo maggioritario. L’elemento chiave di questa legge è un significativo premio di maggioranza: per la lista vincitrice delle elezioni che, se avesse avuto almeno il 40% dei consensi al primo turno, avrebbe ottenuto un premio di maggioranza che gli garantiva almeno 340 seggi. Se la lista vincitrice NON avesse raggiunto il 40% dei voti, si sarebbe svolto un secondo turno che prevedeva un ballottaggio tra le due liste con il maggior numero di voti. La lista vincitrice del secondo turno avrebbe ricevuto un premio di maggioranza cosi da poter ottenere 340 seggi. La legge prevedeva una soglia di sbarramento del 3% dei voti calcolati su base nazionale. La lista dei candidati era formata da: - Un “capolista bloccato”, candidabile al massimo in 10 collegi diversi. - Altri candidati, sottoposti al voto di preferenza degli elettori. Gli elettori potevano esprimere massimo 2 preferenze. Questa legge è stata soggetta fin da subito di una parziale incostituzionalità. L’INCOSTITUZIONALITÀ DELLA LEGGE N.52 DEL 2015: la sentenza n.35 del 2017 della Corte Costituzionale, dichiara incostituzionali alcuni elementi dell’Italicum: 1. Premio di maggioranza ottenuto a seguito del ballottaggio 2. La possibilità del capolista eletto in più collegi di scegliere il collegio di elezione La Corte Costituzionale approva l’attribuzione del premio di maggioranza alla lista che ha raggiunto il 40% dei consensi al primo turno. Si crea, quindi, una situazione analoga a quella del Porcellum. Si tratta di una disposizione che sacrifica i principi di rappresentanza democratica e di uguaglianza del voto, ed è quindi incostituzionale. Altro elemento dichiarato incostituzionale è la possibilità per i candidati capilista pluricandidati, di scegliere il collegio di elezione: secondo la Corte Costituzionale, questa previsione incide irragionevolmente sulle scelte degli elettori con i voti di preferenza. Quindi la scelta del collegio. Sarebbe dovuta avvenire per mezzo di un sorteggio. IL ROSATELLUM E LA LEGGE N.165 DEL 2017: con lo scopo di evitare il ritorno alle urne, il Parlamento ha approvato una legge elettorale nuova, la legge n.165 del 2017, nota come ROSATELLUM. Questa nuova legge prevedeva un sistema elettorale misto, con prevalenza proporzionale. Sia alla Camera che al Senato: • 1/3 dei seggi viene assegnato su base maggioritaria in collegi uninominali • I restanti sono assegnati con metodo proporzionale in collegi plurinominali di dimensione ridotta. L’elettore ha una scheda su cui deve effettuare due scelte: 1. Il candidato che vuole sostenere nella competizione maggioritaria —> collegi uninominali 2. Il partito che vuole sostenere nella competizione proporzionale —> collegi plurinominali I partiti possono presentarsi sia da soli o in coalizione con altri partiti. COMPETIZIONE MAGGIORITARIA: essa si svolge nei collegi uninominali, le forze politiche coalizzate presentano un solo candidato di coalizione e vince il candidato che ottiene più voti. COMPETIZIONE PROPORZIONALE: in questo caso ciascun partito predispone delle liste bloccate corte, composte da due a quattro candidati. NON è possibile esprimere una preferenza. RAPPRESENTANZA DI GENERE: sono previste precise disposizioni per garantire la rappresentanza di genere che riguardano: 1. Ordine di lista 2. Numero di candidature 3. Il numero di posizione di capilista Nelle liste dei collegi plurinominali, i candidati devono essere collocati secondo un ordine alternato di genere, sia alla Camera che al Senato. Per la Camera è previsto che il numero di candidature presentate ad ogni lista o coalizione a livello nazionale, nei collegi uninominali nessuno dei due generi può essere rappresentato in misura superiore al 60%. Nel complesso delle liste presentate nei collegi plurinominali a livello nazionale, nessuno dei due generi può essere rappresentato nella posizione di capolista in misura superiore al 60%. LE SOGLIE DI SBARRAMENTO: la legge prevede delle soglie di sbarramento da raggiungere per partecipare alla ripartizione proporzionale dei voti: - le liste sole devono ottenere almeno il 3% dei voti a livello nazionale - le liste coalizzate con altri partiti devono ottenere almeno il 10% dei voti a livello di coalizione. Ciascuna lista deve di per se ottenere il 3% dei voti. Le liste coalizzate che NON avranno raggiunto l’1% vedono i loro voti persi, mentre le liste coalizzate che hanno ottenuto voti tra l’1% e il 3% vedono i loro voti ripartiti tra le liste di coalizione che hanno raggiunto il 3%. MODALITÀ DI VOTO: NON è consentito votare in proporzionale un partito diverso da quello del candidato per il quale l’elettore ha votato nel maggioritario. PLURICANDIDATURE: coloro che si candidano in un collegio uninominale NON possono candidarsi in altri collegi uninominali, ma possono candidarsi in 5 collegi plurinominali, e viceversa a coloro che si candidano solo nel proporzionale. I PRINCIPI GENERALI IL BICAMERALISMO PARITARIO IN ITALIA: ORIGINI ED ELEMENTI DI DIFFERENZIAZIONE In Italia è presente un sistema parlamentare bicamerale perfetto, che è stato raggiunto con il compromesso tra due tesi contrapposte. Da una parte abbiamo le sinistre che sostenevano un modello monocamerale, ovvero una sola Camera che sarebbe stata quella elettiva. Gli esponenti liberali e cattolici proponevano un modello bicamerale: una Camera che avrebbe garantito la rappresentanza delle categorie professionali e delle Regioni, e l’altra Camera che agirebbe come uno strumento di ponderazione rispetto alle deliberazioni della prima Camera. Il bicameralismo perfetto avrebbe garantito la presenza di un Senato. Senato: esso fu concepito come la camera di raffreddamento, con un ruolo di ponderazione e con funzione di controllo sospensivo. Esso sarebbe poi stato eletto dai cittadini e avrebbe avuto gli stessi poteri della Camera, cosi da evitare il rischio che la sovranità popolare venisse depotenziata. Il risultato fu che: 1. Il Parlamento si compone di Camera e Senato della Repubblica 2. La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere 3. Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere ELEMENTI DI DIFFERENZIAZIONE Gli elementi sono: - DURATA: Art.60 della Costituzione Camera = 5 anni Senato = 6 anni Con la legge costituzionale n.2 del 9 febbraio 1963, si parificò la durata delle Camere a 5 anni. Camera e Senato NON sono mai state sciolte in momenti diversi: questo perche si vuole evitare il rischio che le elezioni svolte in momenti diverse possano portare a delle maggioranze divise in Parlamento. - COMPOSIZIONE: 1. Camera - 630 membri - deputati = + 25 anni - elettori della camera = + 18 anni 2. Senato - 315 membri - senatori = + 40 anni - senatori a vita = membri non elettivi, e sono tutti coloro che hanno rivestito il ruolo di Presidente della Repubblica e coloro che vengono eletti da esso perche godono di meriti particolari. LE CRITICHE: il modello bicamerale perfetto è però oggetto di critiche. Vediamo in primo luogo che attribuire alle Camere gli stessi poteri appesantisce il processo decisionale interno al Parlamento, e quindi la necessità che entrambe le Camere deliberino sullo stesso testo di legge rende lunghi i processi di approvazione andando cosi incontro a un sistema poco efficiente. Questo sistema è tanto oggetto di proposte di modifiche, ma nelle occasioni di revisione approvate dalle Camere, i cittadini hanno bloccato le modifiche con il voto referendario del 2006 e più di recente con quello del 4 Dicembre 2016. Il rifiuto da parte dei cittadini si aveva perche la modifica riguardava anche degli elementi per cui non è ancora maturato il consenso. 2. Accertano che gli eletti siano titolari della capacità elettiva passiva e requisiti di eleggibilità, compatibilità e candidabilità. Il procedimento di convalida si divide in 2 fasi: 1. La giunta delle elezioni effettua il controllo di deliberazione, ovvero la verifica dei documenti elettorali. Durante questo controllo può nascere la necessità di un esame più approfondito di revisione dell’elezione: - Proposta di convalida, in questo caso l’assemblea ne prende atto non sottoponendo la proposta al voto - Proposta di contestazione, in questo caso parliamo del giudizio di contestazione, che si svolge presso la giunta stessa Il giudizio di contestazione prevede una seduta pubblica che consiste in un confronto orale tra l’eletto contestato e gli altri interessati al giudizio. Finita la discussione la giunta decide se procedere con l’annullamento dell’elezione o la sua convalida. 2. Decisione definitiva presa dall’assemblea I regolamenti di Camera e Senato sono diversi circa le modalità con cui le assemblee devono esprimersi: - Senato: L’assemblea voterà solo nel caso in cui vi sia una richiesta da parte di 20 deputati o senatori. In caso contrario, senza lo svolgimento del voto, la proposta della giunta si intenderà approvata. - Camera: il voto è sempre previsto. Solo nei casi di questioni circa l’accertamento numerico vale la medesima modalità adottata dal Senato. L’eventuale annullamento dell’elezione NON ha effetto retroattivo. VERIFICA DELLE CAUSE SOPRAGGIUNTE DI INELEGGIBILITÀ E INCOMPATIBILITÀ: anche qui il giudizio delle cause di decadenza: è necessario, infatti, accertare se deputati e senatori possono ancora mantenere ed esercitare la loro carica parlamentare, a seguito di eventi verificatisi durante la legislatura, che questa sia iniziata o che l’eletto sia già stato convalidato. Il procedimento è uguale a quello per la convalida dell’elezione: - la giunta delle elezioni deve prima esaminare la questione - svolgere se necessario un’istruttoria - successivamente in caso di proposta di contestazione si ha una seduta pubblica per il giudizio di contestazione - al termine della discussione, la giunta deciderà per l’annullamento o meno della carica parlamentare sulla quale l’assemblea dovrà esprimere un giudizio LO STATUS DEL PARLAMENTARE IL DIRITTO DI ELETTORATO PASSIVO E LE SUE LIMITAZIONI INELEGGIBILITÀ, INCOMPATIBILITÀ E INCANDIDABILITÀ: quello appena analizzato, illustra le modalità con cui le Camere provvedono a verificare il possesso dei titoli necessari per poter essere eletti parlamentari e assumere il relativo status. Le condizioni richieste per accedere a tale carica sono: 1. eleggibilità AUTONOMIA DEL PARLAMENTO Autonomia regolamentare Autonomia organizzativa e funzionale Immunità della sede Autonomia finanziaria e contabile Autodichia Autonomia nella verifica dei poteri 2. compatibilità 3. candidabilità L’Art.51 della Costituzione sancisce il diritto per tutti cittadini di poter accedere a cariche elettive in condizioni di eguaglianza. Lette insieme all’Art.65 della Costituzione, attribuisce alla legge statale il compito di determinare i casi di ineleggibilità e incompatibilità. Quindi l’ineleggibilità, l’incompatibilità e l’incandidabilità, sono dei limiti all’Art.51. e vanno interpretati in senso scritto, in quanto limitanti l’elettorato passivo garantito dall’Art.51 della Costituzione. INELEGGIBILITÀ Questa è la condizione che non consente ad un candidato di essere eletto parlamentare. In presenza di ineleggibilità l’elezione deve essere annullata, a meno che la causa non venga anticipatamente rimossa con il procedimento di convalida sopra spiegato, la causa di ineleggibilità non da efficacia all’elezione, che verrà annullata dalla Camera di appartenenza dell’eletto. Le cause di ineleggibilità sono posti a tutela della libertà di voto e della parità tra i candidati nella competizione elettorale. Un ulteriore scopo dell’ineleggibilità è quello di tutelare il corretto svolgimento delle consultazione elettorali. Ragioni di ineleggibilità: 1. Età: elettorato passivo = 25 anni per i deputati alla Camera e 40 anni per i senatori al Senato 2. I titolari di alcune cariche elettive 3. Titolari di alcuni uffici pubblici interni ed esteri Con l’ineleggibilità, si vuole evitare che gli elettori vengono indotti a votare i candidati titolari di cariche elettive, questo per due motivazioni: 1. In quanto questi possano sfruttare la loro posizione per attribuire privilegi agli elettori 2. Per il timore di una possibile ritorsione nei loro confronti Questo comporterebbe una mancata libertà di voto e verrebbe meno la condizione di eguaglianza tra i candidati. Sono ineleggibili anche: - Coloro che, con lo Stato, hanno rapporti di tipo economico. Questo per evitare che i soggetti eletti possano promuovere leggi a favore della loro situazione economica in conflitto d’interessi con lo Stato - Diplomatici, coloro che lavorano nelle ambasciate e tutti coloro che hanno impiego da governi esteri. Questo al fine di evitare possibili interferenze di altri stati. INCOMPATIBILITÀ Condizioni di chi, eletto parlamentare ricoprendo già un’altra carica, deve scegliere se mantenere la sua carica o acquistare il mandato parlamentare. A differenza dell’ineleggibilità, non rende nulla l’elezione, ma obbliga l’eletto ad effettuare una scelta entro 30 giorni dalla sua proclamazione. Se questo non sceglie, la Camera di appartenenza può dichiarare la decadenza. Casi di incompatibilità: 1. Il primo caso viene disciplinato dall’Art.65, comma 2, della Costituzione, che ci dice che nessuno può appartenere contemporaneamente alle due camere. Quindi la carica di deputato è incompatibile con quella di senatore e viceversa. 2. Carica di Presidente della Repubblica 3. Membro del CSM (Consiglio Supremo della Magistratura) 4. Consigliere regionale o Assessore regionale 5. Giudice Costituzionale 6. Alcune leggi: es. legge n.60 del 13 Febbraio 1953 —> coloro che ricoprono cariche e uffici di enti pubblici o privati per nomina del Governo 7. Carriere elettive relative ad organi di governo monocratici di enti pubblici territoriali con più di 15.000 abitanti La Costituzione afferma che coloro che ricoprono la carica di Presidente della Repubblica e Giudici costituzionale sono in leggibili, in ragione della posizione super partes che viene riconosciuta a loro. Viceversa, colui che riveste la carica di parlamentare e viene eletto Presidente della Repubblica o Giudice costituzionale si troverebbe nella situazione di incompatibilità e dovrebbe quindi scegliere. INCANDIDABILITÀ Questa viene introdotta con il Decreto Legislativo n.235 del 2012. Esso è un limite che ricade su coloro che sono stati condannati in via definitiva per tre categorie di reati: 1. Reati di maggiore allarme sociale per i quali si è stati reclusi per più di due anni. Es. associazione mafiosa 2. Reati contro la pubblica amministrazione per i quali si è stati reclusi per più di due anni. Es. corruzione 3. Tutti i reati per i quali è prevista una pena minima di quattro anni di reclusione e per i quali si è stati condannati per più di due anni. Si tratta di una condizione che preclude del tutto al soggetto la possibilità di candidarsi ed è una situazione che non è possibile sanare. Gli uffici elettorali competenti devono rilevare prima delle elezioni questa situazione, e quindi cancellare il nome del candidato incandidabile dalla lista. Quando la situazione di incandidabilità sopraggiunge durante la legislatura già avviata, saranno le Camere ad accertare tale situazione e a votare circa la decadenza del parlamentare. Essendo l’ineleggibilità un’eccezione al principio di eleggibilità non basta che vi sia una legge a limitarlo, ma la Corte Costituzionale dispone che le limitazioni del diritto di elettorato passivo siano interpretate in modo restrittivo, senza possibilità di interpretazione analogica. IL DIVIETO DI MANDATO IMPERATIVO Avvenuta la proclamazione, l’eletto assume lo status parlamentare. Lo status parlamentare è caratterizzato da una serie di prerogative che cessano nel momento in cui termina la carica. Queste sono: 1. Divieto di mandato parlamentare 2. Guarentigie parlamentari 3. Indennità DIVETO DI MANDATO PARLAMENTARE: in virtù dell’Art.67 della Costituzione, il candidato eletto, una volta acquistato lo status parlamentare, NON diventa rappresentante degli elettori da cui è stato votato, ma della Nazione intera. Questa norma ha lo scopo di garantire al singolo parlamentare un’ampia sfera di autonomia che gli consenta di prendere decisioni all’interno del Parlamento senza essere vincolato né alla linea politica del partito di appartenenza, né alle eventuali disposizioni o pressioni derivanti dal corpo elettorale che lo ha votato. Rapporto tra parlamentare e elettori: il diritto parlamentare NON prevede l’istituto della regola, infatti, per nessun motivo gli elettori possono togliere al parlamentare lo status. Rapporto tra parlamentare e partito: si tratta di un rapporto più complesso. Il parlamentare, infatti, è libero di votare seguendo gli indirizzi del suo partito, ma è altrettanto libro di discostarsene. Nessuna norma può legittimamente disporre che da questo distacco derivino conseguenze a carico del parlamentare che abbia votato contro le direttive del suo partito. Potrebbero solo derivare dei provvedimenti negativi interni, inerenti al rapporto interno tra partito e parlamentare. La legge n.140 del 2003 disciplina le diverse tipologie di intercettazioni: 1. Intercettazioni indirette, ovvero quelle operate su mezzi di comunicazione di persone che intrattengono regolarmente conversazioni con il parlamentare come ad esempio i familiari. Per queste si necessita di un’autorizzazione preventiva della camera. 2. Intercettazioni casuali, ovvero intercettazioni effettuate da terze persone estranee al parlamentare che incidentalmente coinvolgono il parlamentare stesso. In questo caso, in cui non è possibile avere prima l’autorizzazione, la legge n.140 del 2003 prevede che si possa fare richiesta dell’autorizzazione successivamente. Se la Camera non rilascia l’autorizzazione, l’intercettazione dovrà essere distrutta e non sarà utilizzabile nel processo. La Corte Costituzionale ha però chiarito che le intercettazioni casuali possono essere usate nei processi che riguardano la posizione di terze persone coinvolte. Dal punto di vista procedimentale: le richieste di autorizzazione sono prima vagliate dalla Giunta per utilizzazioni (Camera) e Giunta delle elezioni e della immunità (Senato). Le giunte trasmettono una relazione all’assemblea alla quale spetta la decisione definitiva in merito alla concessione dell’autorizzazione richiesta. INDENNITÀ: essa viene prevista dall’Art.69 della Costituzione. In Italia l’indennità netta è pari a 5.000€ + rimborso spese per il soggiorno a Roma di un massimo di 3.500€ + altri rimborsi vari per lo svolgimento. La RATIO mira ad ottenere una serie di obiettivi: - in primo luogo consente a chi non ha rendite per lo svolgimento di un lavoro, di contare sulla funzione di parlamentare. Infatti se la carica fosse gratis, come nello Statuto Albertino, permetterebbe di accedere alla carica di parlamentare solo a chi è in grado di potersi mantenere senza un reddito, ciò vorrebbe dire che la maggior parte delle persone non potrebbe accede alla carica di parlamentare. - In secondo luogo, l’indennità deve essere tale da portare anche coloro che godono di una buona rendita a candidarsi. - In terzo luogo, infine, serve che l’indennità sia tale da non mettere il parlamentare nella condizione di condizionamenti esterni. L‘ORGANIZZAZIONE INTERNA DELLE CAMERE I principali organi delle Camere sono: 1. Presidente di Assemblea 2. L’ufficio di presidenza 3. I gruppi parlamentari 4. La conferenza dei capogruppo 5. Commissioni parlamentari 6. Le Giunte ACQUISIZIONE DELLO STATUS PARLAMENTARE Assenza di cause di insindacabilità Assenza di cause di ineleggibilità Assenza di cause di incompatibilità Divieto di mandato imperativo Insindacabilità Inviolabilità Indennità IL PRESIDENTE DI ASSEMBLEA E L’UFFICIO DI PRESIDENZA IL PRESIDENTE DI ASSEMBLEA: figura predisposta dall’Art.63 della Costituzione, che dice che le Camere eleggono fra i suoi componenti il Presidente e l’Ufficio di presidenza. Nonostante entrambe le Camere prevedano il voto a scrutinio segreto, Camera e Senato presentano delle differenze sulla maggioranza richiesta per l’elezione. • Camera - primo scrutinio: maggioranza dei 2/3 dei componenti - secondo scrutinio: maggioranza dei 2/3 dei presenti - terzo scrutinio: maggioranza assoluta • Senato - primo e secondo scrutinio: maggioranza assoluta - terzo scrutinio: maggioranza dei voti dei presenti Se nessuno tra i votanti raggiunge la maggioranza si va ad un ballottaggio decisivo tra i due più votati al terzo scrutinio. Le funzioni del Presidente d’assemblea possono distinguersi a seconda che abbiano rilevanza interna alle Camere o rilevanza esterna. • Funzioni interne - direzione dei lavori e delle discussioni - poteri in merito alla programmazione dei lavori e alla definizione dei calendari - interpretare e far rispettare i regolamenti - potere disciplinare nei confronti dei parlamentari • Funzioni esterne - i Presidenti delle camere sono ascoltati dal Presidente della Repubblica prima dello scioglimento anticipato delle Camere - solo al Presidente del Senato si attribuisce la funzione di supplenza del Presidente della Repubblica nel caso in cui questo trovi una condizione di impedimento temporaneo - i Presidenti delle Camere sono consultati prima della nomina del Presidente del Consiglio - il Presidente della Camera presiede il Parlamento in seduta comune UFFICIO DI PRESIDENZA: esso opera con lo scopo di aiutare il Presidente, ed è composto da: - 4 vicepresidenti, ovvero coloro che sostituiscono il Presidente in caso di assenza - 8 segretari, ovvero coloro che collaborano con il Presidente al fine di garantire il regolare andamento dei lavori - 3 questori, ovvero coloro che si occupano della gestione dei fondi e dalla predisposizione dei bilanci L’ufficio presidenziale deve essere rappresentativo di tutti i gruppi parlamentari. Delibera le sanzioni disciplinari più gravi e il bilancio predisposto dai questori. I GRUPPI PARLAMENTARI E LA CONFERENZA DEI CAPOGRUPPO Uno dei primi adempimenti a cui sono chiamati i neo parlamentari è quello di dichiarare a quale gruppo parlamentare vogliono appartenere. I regolamenti, infatti, impongono che ogni deputato o senatore faccia parte di un gruppo parlamentare. Requisiti numerici: - Camera = gruppi formati da almeno 20 deputati - Senato = gruppi formati da almeno 10 senatori Può essere autorizzata la formazione di gruppi parlamentari con un minor numero di componenti solo se il gruppo sia la proiezione di un partito organizzato dal paese; questo vale però solo per la Camera, per il Senato NON è consentito creare gruppi nuovi. Qualora il parlamentare non dichiari a quale gruppo vuole aderire o aderisca ad un gruppo che non raggiunge requisiti numerici adatti, verrà automaticamente assegnato al gruppo misto. Solo ai senatori è consentito non far parte di alcun gruppo. I gruppi hanno una loro organizzazione interna: • Capogruppo o Presidente di gruppo • Uno o più vicepresidenti • Alla Camera presiede un comitato direttivo • I gruppi hanno dei loro regolamenti interni • Dispongono di locali e attrezzature • Possono usare dei contributi erogati loro dalle Camere a seconda della numerosità I parlamentari possono, durante la legislatura, passare da un gruppo all’altro o, alla Camera, formare nuovi gruppi a seconda delle modifiche del contesto politico, cosa invece non possibile al Senato. Inoltre, i gruppi che si sono formati a inizio legislatura possono anche estinguersi. Poteri riservati ai Presidenti dei diversi gruppi: - Conferenza dei Capogruppo = Presidenti dei gruppi parlamentari + Presidente assemblea. Essi hanno il compito di decidere la programmazione dei lavori dell’aula, decidere il calendario e l’ordine del giorno delle singole sedute, nonché la ripartizione dei tempi di intervento. - I Presidenti dei capogruppo partecipano alle consultazioni svolte dal Presidente della Repubblica al fine di nominare il Presidente del Consiglio. Il regolamento del Senato prevede che le proposte del Presidente siano modificate dall’aula del Senato. LE COMMISSIONI E LE GIUNTE PARLAMENTARI LE COMMISSIONI PARLAMENTARI: una volta che si sono formati i gruppi parlamentari, gli stessi provvedono a designare quali membri andranno a comporre le Commissioni Parlamentari, che sono formate in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi presenti in assemblea. Caratteristiche delle Commissioni: Le Commissioni Parlamentari si distinguono per composizione e durata. 1. Composizione: Commissioni monocamerali o Commissioni bicamerali, a seconda che siano formate da parlamentare di una sola Camera o di entrambe. 2. Durata: Commissione permanente o Commissione temporanea, a seconda che restino in carica per tutta la durata della legislatura o solo per un tempo prestabilito necessario a compiere i compiti che gli vengono assegnati. COMMISSIONI PERMANENTI MONOCAMERALI Esse vengono richiamate all’Art.72 della Costituzione e che fanno riferimento al procedimento di approvazione delle leggi. I Regolamenti Parlamentari di ogni Camera specificano: - il numero - la funzione - la competenza per materia - l’organizzazione interna COMMISSIONI PERMANENTI Esse svolgono un ruolo fondamentale nell’indirizzo politico e nel procedimento legislativo, restano in carica tutta la durata della legislatura e hanno il compito di esaminare i disegni di legge solo in una fase preliminare. Possono però anche approvare disegni di legge ed operare in sede redigente. Attualmente ci sono 14 commissioni permanenti sia alla camera che al Senato. Ciascuno svolge le sue funzioni con riferimento alla sua materia di competenza, generalmente i parlamentari hanno una specializzazione nell’ambito di competenza della commissione. FUNZIONI DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI Le commissioni possono svolgere anche funzioni di: - indirizzo - controllo - informazione Il Presidente della Commissione dirige i lavori della stessa. Le leggi che concorrono alla funzione di indirizzo politico sono quelle previste dall’Art.81 della Costituzione, che disciplinano la legge di bilancio, infatti, ogni anno le Camere devono approvare con legge sia il bilancio dello Stato sia il rendiconto consultivo presentati dal Governo. Questa legge è molto importante perché indica come dovranno essere ripartite, tra le varie attività dello Stato, le somme di cui lo Stato dispone dalle entrate tributarie. Contiene, infine, le decisioni relative alle entrate e alle spese pubbliche. STRUMENTI DEL RAPPORTO FIDUCIARIO • MOZIONE DI FIDUCIA INIZIALE: disciplinata dall’Art.94 della Costituzione, questa mozione è uno strumento con il quale il Parlamento invita il Governo ad agire in un determinato modo su uno specifico tema. L’approvazione della mozione determina l’entrata in carica del Governo con i pieni poteri. • MOZIONI DI SFIDUCIA: anch’essa disciplinata dall’Art.94 della Costituzione. Questa mozione avviene su proposta di 1/10 dei deputati o senatori, e se viene approvata determina il venir meno del rapporto fiduciario e l’obbligo delle dimissioni del Governo. • QUESTIONI DI FIDUCIA POSTE DAL GOVERNO: queste vengono disciplinate dai regolamenti parlamentari e riguardano le votazioni che il Governo ritiene necessarie per l’attuazione del suo programma, può anche chiedere al Parlamento la sua fiducia. L’approvazione comporta il venir meno della discussione su ulteriori emendamenti ATTI DI ESERCIZIO DELL’INDIRIZZO POLITICO: - Mozione: mira ad aprire una discussione, deve essere presentata da un numero minimo di senatori e deputati, ed infine, il Parlamento chiede al Governo di agire in un determinato modo su uno specifico tema. - Risoluzione: utilizzata per chiudere o riassumere il dibattito, viene proposta dal singolo parlamentare. - Ordine del giorno: DA NON CONFONDERE CON L’ORDINE DEL GIORNO IN AMBITO DI PROGRAMMAZIONE DEI LAVORI. Questo viene approvato in ambito di procedimento legislativo, ed è un atto che impegna il Governo ad adottare un determinato indirizzo in futuro sulla materia oggetto della legge in discussione. Solo gli strumenti del rapporto fiduciario hanno conseguenze effettive rispetto alla sorte del Governo. Di conseguenza mozioni, risoluzioni ed ordine del giorno NON hanno effetti vincolanti nei confronti del Governo. LA FUNZIONE DI CONTROLLO Il Parlamento esercita una funzione di controllo sul Governo. Questa funzione viene operata da: 1. Forze di maggioranza queste verificano se l’azione esecutiva del Governo corrisponde al programma sul quale il Governo ha ricevuto la fiducia del Parlamento. 2. Forze di opposizione utilizzano gli strumenti di controllo al fine di rilevare come il Governo abbia affrontato questioni di interesse generale, con lo scopo di segnalare l’inadeguatezza. INTERROGAZIONE E INTERPELLANZA: questi sono gli strumenti usati dal Parlamento per effettuare il controllo. - INTERROGAZIONE: con una domanda, il parlamentare può chiedere al Governo, in forma scritta o orale, informazioni e spiegazioni in merito ai provvedimenti che il Governo stesso ha adottato o intende adottare. Il governo può rispondere per iscritto o oralmente. Con le riforme regolamentari di Camera e Senato del 1983 del 1988 si è introdotta l’interrogazione a risposta immediata, ovvero un contraddittorio che si svolge una volta settimana circa gli argomenti di rilievo, e che avviene in tempi serrati ed è trasmesso in diretta televisiva. INTERPELLANZA: in questo caso uno o più parlamentari chiedono al Governo le ragioni che lo hanno portato ad agire in una determinata maniera circa un singolo fatto o una specifica situazione. Differenze con l’interrogazione: 1. Oggetto noto 2. Strumentale a rendere pubbliche le ragioni delle azioni del Governo Procedura: - presentazione dell’interpellanza - svolgimento in aula del parlamentare - risposta del Governo - eventuale replica del parlamentare A causa del contesto in cui viviamo questi istituti vengono applicati raramente. GLI STRUMENTI CONOSCITIVI DEL PARLAMENTO Il parlamento è dotato di strumenti che permettono di acquistare informazioni. Sono strumenti conoscitivi: 1. Interrogazioni e Interpellanza = strumenti con cui il Parlamento effettua un controllo del Governo 2. Commissioni di inchiesta = svolte su qualsiasi materia e strumentali per una funzione di controllo sul Governo e una funzione legislativa. - Commissioni di inchiesta MONOCAMERALI = con la delibera delle sola Camera - Commissioni di inchiesta BICAMERALI = con la delibera delle due Camere Obiettivi della commissione di inchiesta: acquistare informazioni - suggerire possibili interventi alle Camere - rilevare responsabilità politiche. L’attività della Commissione di inchiesta si conclude con una relazione. - Rapporti tra Commissioni di inchiesta e autorità giudiziaria: la Commissione parlamentare accerta fatti dai quali potrebbero arrivare responsabilità di tipo politico; l’autorità giudiziaria, invece, accerta le responsabilità giuridiche individuali. Azioni e indagini conoscitive: 1. AZIONI —> da svolgere con ministri e funzionari della Pubblica Amministrazione. 2. INDAGINI CONOSCITIVE —> con le quali le commissioni possono ottenere informazioni da tutti i cittadini esperti circa l’oggetto dell’indagine in questione. IL GOVERNO LA FORMAZIONE DEL GOVERNO La Costituzione detta poche regole sul Governo: la disciplina si trova in solo 5 articoli, dal 92 al 96, contenuti nel Titolo III della Parte II del testo Costituzionale. L’Art.95, comma 3, della Costituzione, prevede la determinazione dell’ordinamento della Presidenza del Consiglio, l’individuazione del numero, e le attribuzioni e l’organizzazione dei Ministri. In virtù dell’Art.95 della Costituzione, il Governo è l’organo costituzionale che determina l’indirizzo politico del paese, detiene la titolarità di alcuni funzioni amministrative, ed è dotato di poteri normativi come decreto legge, decreto legislativo e regolamenti. LA DISCIPLINA COSTITUZIONALE E LA PRASSI L’Art.92, comma 2, della Costituzione, ci dice che il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio e i Ministri. Il Presidente della Repubblica esercita il potere di nomina del Governo. Si parla di “Crisi di Governo” quando il Governo presenta le dimissioni prima del termine della legislatura e il Presidente della Repubblica è costretto a nominare un nuovo Governo anche durante il corso della legislatura. In questi casi, prima di nominare il Presidente del Consiglio, il Presidente della Repubblica deve eseguire una serie di attività consolidate nella prassi. Il procedimento si articola in diversi momenti: 1. CONSULTAZIONI: il Presidente della Repubblica svolge delle consultazioni per comprendere il quadro generale della situazione politica e individuare il soggetto più adatto a formare un Governo in grado di ottenere una maggioranza parlamentare. Si ritengono molto utili le indicazioni date da partiti e gruppi parlamentari. 2. RICORSO AL MANDATO ESPLORATIVO: questo è uno strumento di cui si avvale il Presidente della Repubblica e che permette di approfondire lo stato dei fatti politici, qualora le consultazioni non siano stati efficaci a loro scopo. Il Presidente affida il mandato ad una personalità super partes cui compito è quello di individuare un soggetto adatto a formare un Governo. 3. PRE-INCARICO: il Presidente incarica colui che ipotizza adatto a formare e un Governo. L’eletto comprenderà se sarà veramente in grado di fare ciò e coagulare una maggioranza. LA FLESSIBILITÀ DEL PROCEDIMENTO: il procedimento di individuazione del soggetto (nascita del Governo), è un procedimento molto flessibile. Infatti il Presidente può decidere di tentare più strade e di concedere molto tempo alle forze politiche per individuare un soggetto. Al termine del procedimento di ricerca e selezione: - se il soggetto NON viene individuato, si ha lo scioglimento delle Camere da parte del Presidente della Repubblica - se il soggetto viene individuato si ha il conferimento dell’incarico di formazione del Governo da parte del Presidente della Repubblica 4. L’INCARICO: prima di procedere all’incarico, è necessario avere la certezza che l’incaricato possa disporre della maggioranza e della fiducia iniziale tra Parlamento e Governo. L’ACCETTAZIONE: il conferimento della carica è orale e l’eletto accetta l’incarico con “riserva”. Dopo ciò il premier si presenta al Quirinale per sciogliere la riserva: • Positivamente se riesce ad ottenere un consenso attorno ad un programma e ad una lista dei ministri da proporre al Presidente della Repubblica, con l’aspettativa di ricevere fiducia dal Parlamento • Negativamente se tutto ciò NON accade 5. LA NOMINA DEI MINISTRI: se la riserva viene sciolta positivamente il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio e i Ministri, da quest’ultimo proposti. La proposta dei singoli ministri spetta al Presidente del Consiglio. MOZIONE DI FIDUCIA: l’Art.94 della Costituzione mostra le modalità con lui la mozione di fiducia iniziale deve essere votata: occorre, infatti, che questa sia motivata e votata per appello nominale. • Motivata —> entro 10 giorni dal giuramento deve presentarsi alle Camere per ottenere la fiducia. La motivazione si sostanzia nell’adesione al programma governativo. • Appello nominale —> la votazione deve avvenire per appello nominale cosi da garantire trasparenza. LA QUESTIONE DI FIDUCIA: il Governo può richiedere al Parlamento di votare sulla questione di fiducia, ovvero verificare che la fiducia da parte del Parlamento ci sia ancora. Questo quindi è un atto richiesto dal Governo per proseguire il suo mandato, infatti un eventuale voto di sfiducia significherebbe che il Governo sarà costretto a dare le dimissioni. L’obiettivo della questione di fiducia è quello di verificare la tenuta della maggioranza parlamentare e questa questione viene richiesta quando: - un provvedimento NON da un largo consenso - una minoranza ostacola l’approvazione. LA MOZIONE DI SFIDUCIA: il Governo può essere sfiduciato, con una mozione di sfiducia, anche da parte di una sola Camera. Questa mozione di sfiducia deve essere motivata e votata per appello nominale, e per far si che vada in porto ci deve essere il consenso di almeno 1/10 dei componenti della Camera. Questa mozione, infine, NON può essere messa in discussione prima di 3 giorni dalla sua presentazione. MOZIONE DI SFIDUCIA INDIVIDUALE —> questa viene approvata dalla Corte Costituzionale nella sentenza n.7 del 1996, e riguarda la responsabilità individuale del singolo Ministro derivante l’esercizio dei suoi poteri per gli atti del su ministero. Viene sfiduciato così solo il singolo ministro. LE CRISI DI GOVERNO Ogni volta che un Governo si dimette, si apre la cosi detta “Crisi di Governo”. Si distinguono però: 1. CRISI PARLAMENTARI: ovvero quando c’è l’approvazione di una mozione di sfiducia 2. CRISI EXTRAPARLAMENTARI: ovvero quando ci son delle dimissioni volontarie, per diverse cause, da parte del Presidente del Consiglio. La fine di un mandato NON porta alla Crisi di Governo. Esistono due modi per risolvere questa crisi: 1. Se le forze politiche consentono di esprimere una maggioranza, il Presidente della Repubblica nominerà un nuovo Presidente del Consiglio 2. Se le forze politiche NON lo permettono, il Presidente della Repubblica scioglierà anticipatamente le Camere indicendo nuove elezioni. Ciò però accade solo dopo aver verificato l’impossibilità di creare una maggioranza. LA RESPONSABILITÀ DEL PRESIDENTE E DEI MINISTRI RESPONSABILITÀ DI TIPO POLITICO: il Governo è tenuto a rendere conto dei suoi atti e delle proprie azioni davanti al Parlamento, pena la rimozione di fiducia. Questa responsabilità viene disciplinata dagli Art.95 e 89 della Costituzione, che ci dicono che i ministri sono responsabili collegialmente, individualmente e per gli atti proposti al Presidente della Repubblica. RESPONSABILITÀ DI TIPO GIURIDICO: i funzionari, i dipendenti statali e gli enti pubblici, sono responsabili degli atti compiuti in violazione dei diritti. Ambito che ritroviamo nell’Art.28 della Costituzione. RESPONSABILITÀ PENALE: per quanto riguarda questa tipologia, l’Art.96 della Costituzione dispone che il Presidente del Consiglio dei Ministri e i ministri, sono sottoposti alla giurisdizione ordinaria per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, previa autorizzazione di una delle due Camere. In caso di presunti reati ministeriali, il Tribunale dei Ministri svolge le indagini. Qualora ritenga necessaria la continuazione del processo, trasmette la notizia al Procuratore della Repubblica questo dovrà avvisare della questione la Camera di appartenenza. A questo punto possono succedere due cose: 1. La Camera NON si oppone e il processo continua 2. La Camera si oppone, il processo termina e il caso verrà archiviato per mancanza di procedibilità Per evitare forme di immunità, la Corte Costituzionale ha deciso che questo non può intromettersi nella giurisdizione di reati comuni. LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE I MINISTRI COME VERTICI DELLE AMMINISTRAZIONI CENTRALI DELLO STATO I ministri sono posti al vertice dei ministeri, cioè strutture organizzative predisposte dall’amministrazione centrale dello Stato. Siamo di fronte a una duplice funzione: 1. Da una parte i ministri hanno un ruolo di direzione politica 2. Dall’altra parte sono responsabili dell’attuazione dell’indirizzo politico PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: la Pubblica Amministrazione è un’articolazione dello Stato che ha lo scopo di realizzare gli interessi pubblici stabiliti e predisposti dalla legislazione. FUNZIONE DEI MINISTERI: i Ministeri hanno il compito di svolgere tutte le funzioni amministrative che spettano allo Stato, nei rispettivi settori di competenza. Un esempio è il Ministero dell’Istruzione. I PRINCIPI COSTITUZIONALI SULLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE L’Art.97 della Costituzione richiede che le attività di Pubblica Amministrazione debbano assicurare: - Imparzialità, in virtù del principio di eguaglianza, tutti i cittadini ricevono pari trattamento dalla Pubblica Amministrazione; - Buon andamento, deve perseguire gli obiettivi predisposti, secondo criteri di efficienza, economicità e efficacia. SELEZIONE E ASSUNZIONE DEGLI IMPIEGATI PUBBLICI: inoltre, gli impiegati della Pubblica Amministrazione devono essere al servizio della nazione. L’assunzione e la selezione del personale si ha mediate concorso pubblico, che assicura eguaglianza e quindi nessuna assunzione a favore, e accesso a persone qualificate. Necessaria separazione di Pubblica Amministrazione e Politica. LE AUTORITÀ INDIPENDENTI Esse vengono predisposte per ridurre le incidenze con la politica, su alcuni settori dell’amministrazione, e godono di poteri di regolazione e controllo di ambiti rilevanti della vita economica e tutelano diritti, interessi e libertà di natura costituzionale. Queste godono anche di un regime di autonomia particolare rispetto all’esecutivo. Svolgono un ruolo di regolatori, per cui hanno poteri di normazione e sanzioni. Qualora violino questi diritti e queste libertà, i cittadini si possono rivolgere al giudice amministrativo. IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA IL MANDATO PRESIDENZIALE “Il Presidente della Repubblica è Capo dello Stato e rappresentante della Nazione”, così afferma l’Art.87, comma 1, della Costituzione. Sono molti gli articoli che si occupano del Presidente della Repubblica nella Costituzione, tra questi troviamo gli Art.83 e 91 del Titolo II della seconda parte. Esso è un organo monocratico diventato una figura centrale della scena politica e istituzionale del nostro paese. Egli ha la funzione di: - garantire il corretto funzionamento e la continuità dei poteri politici e di garanzia - indirizzare, avviare e assecondare l’operato degli organi statali - attuare provvedimenti che permettano il corretto svolgimento delle funzioni costituzionali Il Presidente, inoltre, si trova al di fuori dei poteri statali e al di sopra delle parti politiche. Assume il ruolo di garante della Costituzione, infatti contribuisce a rilevare e risolvere le incostituzionalità; ed è il rappresentante dell’unità nazionale, infatti fa si che i principi della Costituzione siano rispettati e non subiscano fratture. COLLEGIO ELETTORALE E LE MODALITÀ DI ELEZIONE Il Presidente non viene eletto direttamente dal popolo, ma la scelta spetta ad un collegio elettorale, composto da parlamentari e rappresentanti delle Regioni. Le elezioni devono avvenire 30 giorni prima che scada il mandato presidenziale che è in corso, e in questo tempo, il Presidente della Camera dei Deputati convoca in seduta comune il Parlamento e le Regioni. Se le Camere sono sciolte o mancano 3 mesi al loro scioglimento, le elezioni avverano entro 15 giorni dalla riunione della Camere nuove, e i poteri prorogati. Questo per evitare che le Camere al termine del loro mandato eleggano il Presidente. COLLEGIO ELETTORALE SPECIALE: l’Art.83 della Costituzione disciplina perfettamente le modalità di elezione del Presidente della Repubblica: la scelta deriva dal un collegio elettorale speciale, formato dal Parlamento in seduta comune con l’aggiunta di 3 delegati per ogni Regione. LA MAGGIORANZA RICHIESTA: la maggioranza richiesta è disciplinata dall’Art.83 della Costituzione che ci indica: • Nei primi 2 scrutini una maggioranza dei 2/3 • Nel 3 scrutinio una maggioranza assolta LA SEGRETEZZA DEL VOTO: l’elezione si svolge tramite scrutinio segreto, ed è un momento molto delicato in quanto ci sono parlamentari che votano diversamente dalle indicazioni date dal loro gruppo, questo per manifestare dissenso contro la persona scelta, oppure per opporsi alla linea politica di quest’ultima. REQUISITI DI ELEGGIBILITÀ, LA DURATA DEL MANDATO E LA RIELEGGIBILITA’ I requisiti di eleggibilità sono dati dall’Art.84, comma 1, della Costituzione, che ci dice che il candidato deve: 1. Avere cittadinanza italiana 2. Avere un età minima di 50 anni 3. Essere detentore di Diritti Civili e Politici Il mandato dura 7 anni e l’incarico presidenziale è incompatibile con altre cariche. Questo perchè si ha l’obiettivo di garantire indipendenza al Presidente della Repubblica dalle Camere e un tempo così lungo garantisce una continuità delle funzioni presidenziali. Per quanto riguarda la rielezione vediamo che la Costituzione NON pone un divieto, ma ci sono comunque molti dibattiti, in quanto si è osservato che la carica gia di per se dura molto e una rielezione sarebbe inopportuna per una carica del genere. Nonostante questo però, in molti casi si è ipotizzato a un rielezione. ATTI FORMALMENTE PRESIDENZIALI MA SOSTANZIALMENTE GOVERNATIVI: sono atti i cui contenuti sono stabiliti dal Governo. Il Presidente svolge solo un controllo Costituzionale. I virtù dell’Art.89 della Costituzione “l’atto per essere valido deve essere controfirmato dai ministri proponenti che se ne assumono la responsabilità” • Emanazioni di atti governativi aventi forza di legge • Atti al comando delle forze armate • Nomina funzionari di Stato ATTI FORMALMENTE PRESIDENZIALI MA SOSTANZIALMENTE COMPLESSI: sono atti il cui contenuto è l’unione della volontà del Presidente e del Governo • Nomina del Presidente del Consiglio ATTI DOVUTI: sono atti predisposti dalla Costituzione. • Promulgazione in caso di riapprovazione della legge • Scioglimento fisiologico delle Camere ATTI DI INCERTA CLASSIFICAZIONE: la paternità degli atti è di difficile individuazione e molto discussa. • Nomina dei ministri • Scioglimento dei Consigli Regionali LA CONTROFIRMA MINISTERIALE L’Art.89 della Costituzione mostra la posizione del Presidente alla luce della riforma di Governo. La controfirma è requisito di validità dell’atto proposto dai ministri e rende i ministri proponenti gli unici responsabili dell’atto. Inoltre, la controfirma ha valore e funzioni diverse a seconda del tipo di atto: - Carattere sostanziale per gli atti di paternità governativa - Carattere formale per gli atti propri del Presidente - Atti complessi: attestano la comune volontà - Atti esenti dalla controriforma: un esempio sono le dimissioni e i regolamenti presidenziali LA RESPONSABILITÀ DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA La Costituzione consente al Presidente di svolgere le sue funzioni in autonomia e con massima libertà. Per i suoi atti, il Presidente è esonerato da ogni responsabilità politica. ALTO TRADIMENTO O ATTENTATO ALLA COSTITUZIONE: l’articolo di riferimento è l’Art.90 della Costituzione. Ciò accade qualora il presidente assuma comportamenti volti a sovvenire le istituzioni costituzionali o a violare la Costituzione, in questi casi quindi sarà sottoposto ad un giudizio d’accusa. FASE 1: messa in accusa da parte del Parlamento in seduta comune con voto a maggioranza assoluta. La deliberazione del Parlamento è preceduta da un’indagine istruttoria svolta da un Comitato. Le possibilità sono due: 1. Il caso viene archiviato 2. Presenta una relazione sulla messa in stato di accusa, esprimendosi a favore o contrario FASE 2: svolta di fronte alla Corte Costituzionale Reati al di fuori dell’esercizio delle funzioni: in questo caso ha la stessa responsabilità che c’è a capo dei cittadini. GLI ATTI DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA IN TABELLA: ATTI RICONDUCIBILI AL POTERE LEGISLATIVO - Indizione delle elezioni delle Camere e fissazione della prima riunione - Convocazione straordinaria delle Camere - Invio di messaggi alle Camere - Autorizzazione dei d.d.l. governativi - Promulgazione delle leggi - Rinvio delle leggi - Emanazione di atti governativi aventi forza di legge e regolamenti - Indizione di un referendum - Nomina 5 senatori a vita - Scioglimento delle Camere ATTI RICONDUCIBILI AL POTERE ESECUTIVO - Nomina del Presidente del Consiglio e dei Ministri - Emanazione di atti governativi aventi forza di legge e regolamenti - Nomina funzionari dello Stato - Accreditamento e ricevimento dei diplomatici - Ratifica trattati internazionali - Comando delle FF.AA - Presidenza del consiglio Supremo di difesa - Dichiarazione stato di guerra - Conferimento onorificenze ATTI RICONDUCIBILI AL POTERE GIUDIZIARIO - Presidenza del Consiglio Superiore della Magistratura - Concessione grazia e commutazione pene ALTRE FUNZIONI - Nomina 5 giudici costituzionali - Scioglimento dei consigli regionali e rimozione dei Presidenti delle Giunte regionali - Potere di esternazione libero LA MAGISTRATURA IL POTERE GIURISDIZIONALE LA GIURISDIZIONE E I SUOI COROLLARI L’Art.101, comma 1, della Costituzione ci dice che “la giustizia è amministrata in nome del popolo da magistrati soggetti solo alla legge”. La funzione giurisdizionale è strumentale per soddisfare i bisogni della collettività. Importante dire che tra magistrati e il popolo NON c’è alcun tipo di rapporto di rappresentanza, ma i primi sono indirettamente subordinati alla volontà popolare. FUNZIONE GIURISDIZIONALE: la funzione giurisdizionale è un’attività di applicazione delle norme giuridiche astratte a fattispecie concrete. I MAGISTRATI: questa funzione viene esercitata dai magistrati, che devono essere: • Indipendenti: sono soggetti solo alla legge e al diritto, NON alla politica • Imparziali: indifferenti agli interessi discussi COROLLARI DELLA GIURISDIZIONE A TUTELA DEL DIRITTO DI DIFESA: esistono corollari posti a garanzia sia dello status del magistrato che per il cittadino, su cui si fonda anche il diritto di difesa. Altri corollari: - Giudice naturale precostituito per legge: l’autorità giudiziaria competente va individuata sulla base di criteri stabiliti dal legislatore in un momento antecedente al fatto. - Giusto processo: Insieme di garanzie che creano condizioni di parità durante il contraddittorio. ATTIVITÀ INTERPRETATIVA DEI GIUDICI L’attività interpretativa NON può essere un’attività meccanica, per due motivi: 1. Le formule linguistiche NON sono mai univoche nel loro significato 2. Sistemi stratificati di precetti normativi Con la Costituzione costituisce un nuovo Parlamento interpretativo, ma anche un limite alla discrezionalità del giudice. I suoi principi sono elastici: interpretabili o applicabili direttamente. I limiti sono criteri individuati dall’ordinamento, legge e Costituzione. Se violati il giudice crea diritto, attività che però appartiene agi organi di rappresentanza politica. Le difficoltà delle istanze politiche di realizzare e tutelare i diritti, ha portato i giudici a sperimentare interpretazioni audaci. GIURISDIZIONE ORDINARIA E SPECIALE Della funzione giurisdizionale se ne occupano magistrati ordinari, ovvero coloro che trovano la loro disciplina istitutiva e la loro regolamentazione nelle norme sull’ordinamento giudiziario. La magistratura ordinaria opera in due vesti: 1. Magistratura giudicante, ovvero i giudici, che possono essere civili o penali e che hanno una posizione di imparzialità. 2. Magistratura requirente, ovvero i pubblici ministeri, cioè coloro che partecipano ai contraddittori a tutela di interessi collettivi e in ambito penale trovano le prove d’accusa contro coloro che hanno commesso reato. È previsto un sistema di impugnazioni delle sentenze, come rimedio a errori della magistratura. Ci sono diversi gradi di giudizio: 1. Primo grado: Giudice di Pace, Tribunale ordinario e minorenni 2. Secondo grado: Corte d’Appello 3. Terzo grado: Corte di Cassazione, che si pronuncia sulla giurisdizione ordinaria e speciale In virtù dell’Art.112 della Costituzione, ovvero “obbligo di esercitare la funzione penale” e del presupposto per cui vi è una distinzione formale tra magistrati, i pubblici ministeri godono di indipendenza. L’Art.108, comma 2, della Costituzione ci dice che l’indipendenza del pubblico ministero deve essere assicurata dalla legge. Si tratta di una forma di indipendenza attenuata, infatti l’indipendenza non è propria del singolo pubblico ministero (pm), ma dell’ufficio della procura. Per cui il legislatore può temperare l’indipendenza del pm per soddisfare esigenze di imparzialità e uguaglianza nelle indagini. Inoltre, i pm sono subordinati alle esigenze di coordinamento del procuratore capo. IMPARZIALITÀ DEL MAGISTRATO L’Art.111, comma 2, della Costituzione ci dice che: “giudice terzo ed imparziale”. Imparzialità significa che il giudice deve astenersi da ogni tipo di interesse personale durante lo svolgimento delle sue funzioni. Processo ed esito devono essere frutto di una valutazione in concreto del caso. Istituti che garantiscono imparzialità nel processo: 1. Incompatibilità = la sua azione è difforme da quanto previsto dalla legge 2. Astensione = è obbligatorio che il giudice si astenga dal tipo di rapporto che ha con le parti 3. Ricusazione = provvedimento richiesto dalle parti quando il magistrato non si è astenuto 4. Rimessione del processo = richiesto dalle parti qualora pericolo per la sicurezza Con il termine terzietà si indica quella situazione in cui il giudice si pone in una posizione di totale indifferenza e di equidistanza tra le parti. LE GARANZIE A TUTELA DEI GIUDICI SPECIALI La Costituzione non enuncia di per sé l’indipendenza, ma lascia alla legge le concrete modalità attuative, si parla così di un’indipendenza meno rigorosa. Per irrobustire l’indipendenza, vengono istituiti organi di organizzazione autonoma (come CSM): • Magistratura amministrativa —> Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa • Magistratura contabile —> Consiglio di presidenza della Corte dei Conti • Magistratura militare —> Consiglio della Magistratura militare • Magistratura tributaria —> Consiglio di presidenza della Magistratura tributaria Aspetti critici: - Consiglio di Stato e Corte dei conti hanno una competenza componente governativa, che potrebbe ledere al funzionamento degli organi giurisdizionali. - I giudici amministrativi sono impiegati in cariche extra-giuridiche che potrebbero ledere alla loro indipendenza e parzialità. IL REGIME DI RESPONSABILITÀ DEL MAGISTRATO La questione della responsabilità deve essere valutata con cautela, infatti la consapevolezza di poter essere sottoposto ad un giudizio di responsabilità, potrebbe incidere sull’imparzialità delle valutazioni del magistrato a discapito dei cittadini. Verrebbe quindi a mancare quell’equilibrio tra responsabilità ed indipendenza. RESPONSABILITÀ CIVILE Ritroviamo la responsabilità civile dell’Art.28 della Costituzione. Per quanto riguarda la responsabilità civile, vediamo che il magistrato è tenuto a risarcire i danni prodotti a seguito del suo provvedimento, che abbia leso dei diritti. In ragione della premessa: il cittadino si rivolge allo Stato che potrà rivalersi nei confronti del magistrato. RESPONSABILITÀ DISCIPLINARE Qualora il magistrato, nell’esercizio delle sue funzioni, viola uno dei doveri dettati dalla legge, è l’organo di autonoma amministrazione che potrà irrogare una sanzione. Gli obblighi e sanzioni predeterminate dalla legge sono una garanzia al magistrato. Il potere di azionare il procedimento disciplinare: - È nelle mani del Ministro della Giustizia, che ha facoltà di promuovere tale azione - È nelle mani del procuratore generale della Corte di Cassazione, che ha l’obbligo di azionare tale potere ogni volta che abbia notizia del fatto Non c’è il problema di interferenza politica, questo perché quello del ministro è solo un potere di impulso. L’obbligo è nelle mani del procuratore e la gestione del procedimento disciplinare è rimessa al CSM. Esclusa la responsabilità politica per magistrati e pm, in ragione del fatto che sono istituti e organi separati dall’indirizzo politico. I DIRITTI NELL’AMBITO DELLA GIURISDIZIONE DIRITTO DI DIFESA E GARANZIE DEL PROCESSO DIRITTO DI DIFESA: L’Art.24 della Costituzione stabilisce che tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. Precisando che la difesa è diritto inviolabile di ogni stato e grado del procedimento. La portata del diritto di difesa comprende la garanzia dell’individuo di difendersi attraverso qualsiasi atto. Infatti l’Art.113 della Costituzione chiarisce che la tutela giurisdizionale è valida anche contro gli atti della pubblica amministrazione e che non può essere limitata a mezzi o atti. Il diritto di difesa è considerato un diritto inviolabile. Uno degli ostacoli all’esercizio di questo diritto sono i costi della tutela giurisdizionale. Un corollario del diritto di difesa è il giudice naturale prestabilito dalla legge, questo perché il principio del giudice naturale e garantire l’imparzialità del giudice. GARANZIE DEL GIUSTO PROCESSO: Esse vengono individuate dall’Art.111 della Costituzione, che si apre con una riserva di legge come elemento di garanzia delle regole del processo. Inoltre, la norma garantisce il diritto al contraddittorio, svolto in condizioni di parità, e il diritto ad un giudice terzo ed imparziale. Questa norma prevede che il legislatore debba assicurare la ragionevole durata del processo, in cui ogni provvedimento preso deve essere motivato. PROCESSO PENALE: Caratteristiche: • Principio del contraddittorio per la formazione della prova • Principio di legalità: la condotta e la relativa pena devono essere previsti dalla norma penale • Irretroattività della norma • Responsabilità penale personale: ciò significa che nessuno può assumersi la responsabilità penale di un reato altrui • Presunzione di non colpevolezza: non è colpevole sino alla condanna definitiva o alla sentenza e l’accusa deve provare la sua colpevolezza, non l’imputato la sua innocenza • Finalità rieducativa della pena: la pena deve essere conforme al senso di umanità, deve mirare a reinserimento nella società a fine pena, deve essere proporzionata al reato e vale anche per l’ergastolo LE REGIONI E LE ALTRE AUTONOMIE TERRITORIALI L’ORGANIZZAZIONE DEGLI ENTI TERRITORIALI L’ORGANIZZAZIONE DECENTRATA DELLO STTAO ITALIANO, DALLE ORIGINI ALLE RIFOME COSTITUZIONALI DEL 1999 E DEL 2001 L’Assemblea costituente, nel 1948, discusse a lungo sull’articolazione territoriale del potere. Più difficile fu la scelta dell’esatto modello da adottare. Tra un sistema federale ed uno debolmente decentrato, si giunse ad una scelta mediana: 1. L’Art.5 della Costituzione afferma il principio di unità e indivisibilità della Repubblica. Questa però riconosce e promuove autonomie locali, e attua nei servizi che dipendono dallo Stato un ampio decentramento amministrativo. 2. La Costituzione del 1948, istituisce uno Stato Regionale, con un limitato decentramento politico. In questo quadro, si distinguono 20 regioni: - 5 a Statuto Speciale = queste per ragioni storiche, hanno più autonomia, fissata negli statuti speciali. - 15 a Statuto ordinario = questi hanno autonomia e funzioni limitate e avevano potere normativo sull’organizzazione interna, iniziativa legislativa e il referendum regionale. Le regioni ordinarie iniziarono ad operare solo dal 1970, a causa dell’ostacolo di forze politiche che temevano un indebolimento del proprio potere. Tra il 1997 e 2001 inizia un processo di riforma che fissò definitivamente il ruolo delle Regioni e degli altri enti locali, ovvero la gestione di settori più ampi di amministrazione ad eccezione di quelli statali. Questo potenziamento viene accentuato con due leggi: 1. La prima è la legge Costituzionale n.1 del 1999, dove le regioni possono stabilire autonomamente l’organizzazione, il funzionamento e la forma di governo regionale, attraverso gli Statuti. 2. La seconda è la legge Costituzionale n.3 del 2001, dove ci fu l’ampliamento delle competenze legislative regionali. In questo caso vediamo che l’intervento del legislatore porta alla formazione del Principio di Sussidiarietà, con il quale le funzioni amministrative spettano ai Comuni. Nel contesto attuale le regioni ordinarie hanno autonomia statutaria organizzativa e regolamentare, autonomia legislativa e regolamentare, autonomia amministrativa e autonomia finanziaria. GLI ORGANI DELLE REGIONI CONSIGLIO REGIONALE: l’Art.121, comma 2, della Costituzione ci indica che il consiglio regionale ha il compito di approvare le leggi, avendo cosi, da parte della Giunta, una funzione di indirizzo e controllo. Questo consiglio viene eletto dai cittadini, si parla quindi di un organo rappresentativo, di cui gli stessi membri hanno carica 5 anni e il numero di consiglieri è in rapporto al numero degli abitanti della regione. SISTEMA DI ELEZIONE DEI CONSIGLI REGIONALI: il sistema di elezione dei consigli regionali è definito, ai sensi dell’Art.122 della Costituzione, da ciascuna Regione con una propria legge, i cui contenuti devono rispettare i principi fondamentali stabiliti dallo Stato. GIUNTA REGIONALE: la Giunta regionale è l’organo esecutivo della regione. Ne fanno parte il Presidente della Giunta e gli assessori. Per quanto riguarda la quantità di assessori, è un numero fissato dagli Statuti. LA CORTE COSTITUZIONALE I MODELLI DI GIUSTIZIA COSTITUZIONALE LA CORTE COSTITUZIONALE COME GARANTE DELLA RIGIDITÀ DELLA COSTITUZIONE La Corte Costituzionale è l’organo supremo di garanzia della Costituzione, ha infatti il compito di eseguire il controllo di costituzionalità. Questo ruolo di garanzia della Corte si evince dalla collocazione della sua disciplina della rubrica delle garanzie costituzionali del Titolo VI parte II della Costituzione. LE ORIGINI DEL CONTROLLO DI COSTITUZIONALITÀ DELLE LEGGI Sulla base del diverso ruolo del Giudice da quello del Legislatore, si sono formati due modelli di controllo di costituzionalità: 1. Modello diffuso (Statunitense): ogni Giudice ha il potere di riscontrare l’eventuale violazione della Costituzione da parte di una legge. il costituzionalismo moderno europeo si sviluppa sulla base di situazioni storiche e sociali ben diverse da quelle statunitensi. Mentre questi, tutelano il cittadino, il costituzionalismo europeo cerca strumenti volti a contrastare le ingiustizie del legislatore onnipotente. 2. Modello accentrato (Europeo): il controllo è effettuato da un organo ad hoc, separato dal potere giudiziario accerta la violazione e annulla la legge dichiarata incostituzionale. LA CORTE COSTITUZIONALE ITALIANA Prima della Costituzione del 1948 NON esisteva un controllo di costituzionalità. Solo con la formalizzazione della rigidità si presentò l’esigenza di un controllo di costituzionalità delle leggi volto a garantirla e garantire la tutela delle libertà costituzionali. Una volta istituito il controllo di legittimità costituzionale, i membri dell’Assemblea costituente dovettero adottare un modello di sindacato di costituzionalità. L’Assemblea scelse poi l’opzione di un sindacato di tipo accentrato. Questa scelta portò ad affrontare altre due decisioni di questioni: 1. quella della COMPOSIZIONE DELL’ORGANO 2. quella delle FORME DI ACCESSO Si esaminarono, pertanto, le diverse forme di accesso alla Corte Costituzionale: • Via incidentale • Azione diretta del seggio • Azione di alcuni soggetti Si scelse quello per via incidentale nella legge costituzionale n.1 del 1948: in questa forma vediamo che la questione di costituzionalità di una legge, può essere sollevata dal giudice o da una delle parti, nel corso del giudizio e rimessa alla Corte Costituzionale per la decisione. L’altra modalità di accesso al giudizio di legittimità, in via principale, è invece prevista dall’Art.127 della Costituzione, ma riguarda i rapporti fra Stato e Regioni. Con la riforma Costituzionale del 2001, il giudizio in via principale è stato modificato. Possiamo dire quindi che, il sistema italiano di giustizia costituzionale prevede che i giudizi sulle leggi siano instaurabili sia in via incidentale sia in via principale, limitandone l’accesso solo, nel secondo caso, allo Stato e alle Regioni. Per quanto riguarda l’accesso in via incidentale, bisogna precisare che il modello italiano di sindacato di costituzionalità, è di tipo accentrato ma solo apparentemente. Infatti, è vero che esiste un organo apposito al controllo di legittimità delle leggi, ma l’iniziativa è diffusa, perché spetta a qualsiasi giudice la proposizione di questioni di legittimità costituzionale. Siccome quest’ultima è una condizione necessaria perché la Corte si attivi, la riserva dell’iniziativa a qualsiasi giudice, introduce un elemento di diffusione che rende il sistema italiano un sistema a sindacato di costituzionalità “misto”. FUNZIONI E COMPOSIZIONE DELLA CORTE Ai sensi dell’Art.134 della Costituzione, alla corte spettano diverse attribuzioni: • Controllo di costituzionalità della legge o degli atti aventi forza di legge dello Stato o delle Regioni (anche autonome). Tramite questo la Corte verifica che le leggi e gli atti non siano lesivi a principi e regole costituzionali. Questo giudizio, può essere attivato in via incidentale o principale. • Giudizio sui conflitti di attribuzione tra poteri statali, o tra Stato-Regioni o tra Regioni-Province. In questo caso la Corte deve decidere a quale soggetto o quale potere spetta l’attribuzione contestata. • Giudizio di accusa nei confronti del Presidente della Repubblica. Questo viene attivato dopo la messa in stato di accusa per tradimento o attentato alla costituzione da parte del parlamento in seduta comune. • Giudizio di ammissibilità del referendum abrogativo I membri della corte costituzionale sono scelti nell’ambito di tre diversi poteri dello Stato. La composizione e i requisiti garantiscono professionalità e competenza tecnica. Ai sensi dell’Art.135 della Costituzione vediamo che i 15 Giudici Costituzionali vengono eletti da: - 5 dal Presidente della Repubblica - 5 dal Parlamento in seduta comune - 5 dalle supreme magistrature MODALITÀ DI NOMINA: le modalità di nomina sono stabilite dalla legge costituzionale n.2 del 1967 e dalla legge n.87 del 1953. - I giudici di nomina parlamentare sono eletti dal Parlamento in seduta comune, a scrutinio segreto, con la maggioranza dei 2/3 dei componenti nei primi 2 scrutini e successivamente, con la maggioranza dei 3/5 dei componenti. - I giudici nominati dalle supreme magistrature sono eletti in tre distinti i collegi elettorali: 1. Corte di Cassazione, che ne elegge 3 2. Consiglio di Stato, che ne elegge 1 3. Corte dei Conti, che ne elegge 1 L’elezione avviene a maggioranza assoluta, con eventuale ballottaggio tra i candidati. - I giudici di nomina presidenziale sono eletti dal Presidente della Repubblica con atto controfirmato dal Presidente del Consiglio. REQUISITI DI PROFESSIONALITÀ: per quanto riguarda i requisiti di professionalità, l’Art.135, comma 2, della Costituzione, prescrive che i giudici della Corte Costituzionale sono scelti tra i magistrati delle supreme magistrature, i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo vent’anni di esercizio. DURATA DEL MANDATO: La Costituzione stabilisce una durata molto lunga del mandato, infatti la versione originaria dell’Art.135, comma 3, della Costituzione, prevedeva una durata di 12 anni. La legge costituzionale n.2 del 1967 ha poi ridotto la durata a 9 anni. Si tratta comunque della carica con maggior durata tra tutte quelle previste in Costituzione, ma essa stessa stabilisce con l’Art.135, comma 3, che è vietata la rielezione. ORGANIZZAZIONE E FUNZIONAMENTO DELLA CORTE: la Corte Costituzionale elegge un Presidente che resta in carica 3 anni ed è rieleggibile. I compiti del Presidente riguardano l’organizzazione dei lavori e l’assegnazione delle cause ai singoli giudici. Il funzionamento della Corte, è informato al Principio di Collegialità, per il quale ogni decisione è discussa e adottata dal plenum, sulla base della relazione di un giudice. La decisione viene redatta dal giudice relatore e adottata da tutti, sulla base della motivazione. LE PREROGATIVE DEI GIUDICI COSTITUZIONALI: i Giudici Costituzionali godono di alcune prerogative a garanzia della loro indipendenza: • Inamovibilità: non possono essere rimossi, ne sospesi, dal loro ufficio se non con decisione della Corte, adottata con la maggioranza dei 2/3 dei presenti, per incapacità fisica o civile, o per gravi mancanze nell’esercizio delle loro funzioni. • Inviolabilità: finché sono in carica, godono dell’inviolabilità personale e domiciliare accordata dall’Art.68, comma 2, della Costituzione, ai membri delle due Camere. Questa libertà potrà essere limitata solo quando la Corte Costituzionale acconsenta con propria autorizzazione. • Insindacabilità: non solo sindacabile, ne possono essere perseguiti per le opinioni espresse e i voti dati, nell’esercizio delle loro funzioni. • Attribuzione di una retribuzione mensile: essa non può essere inferiore a quella del più alto magistrato, ed è determinata con legge. Per quanto riguarda invece le garanzie disposte in favore della Corte Costituzionale, queste consentono in primo luogo nell’autonomia finanziaria, amministrativa e regolamentare, ed in secondo luogo, vediamo che hanno il potere di verifica dei titoli di ammissione dei propri membri.
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