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DISPENSA DIRITTO COSTITUZIONALE, Dispense di Diritto Costituzionale

Riassunto completo del compendio di diritto costituzionale

Tipologia: Dispense

2021/2022

Caricato il 11/11/2022

gaia____________
gaia____________ 🇮🇹

4.8

(6)

12 documenti

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Scarica DISPENSA DIRITTO COSTITUZIONALE e più Dispense in PDF di Diritto Costituzionale solo su Docsity! PROFILO STORICO DEL DIRITTO COSTITUZIONALE ITALIANO Lo stato italiano è relativamente giovane. Nasce come regno d’Italia nel 1861 per trasformazione del preesistente Regno di Piemonte e di Sardegna solo qui lo statuto, concesso dal re Carlo Alberto nel 1848, sopravvisse alla temporanea sconfitta dei moti rivoluzionari liberali del 1821 e del 1848 Le condizioni politica dell’Italia e dell’Europa alla metà dell’Ottocento fecero si che il programma di unificazione politica della penisola si realizzasse attraverso l’espansione del Regno sabaudo al quale, a seguito delle guerre di indipendenza, furono annessi progressivamente altri territori. 1) Il sistema costituzionale del Regno d’Italia Il regno d’'Italia rimase fondamentalmente nelle sue strutture costituzionali e giuridiche null’altro che il regno di Piemonte e di Sardegna attorno al quale si erano realizzate le varie annessioni territoriali. La legittimità del nuovo Regno continuo a far capi alla monarchia dei Savoia e allo Statuto del re Carlo Alberto (divenne le prima costituzione italiana). Le leggi civili, penali e amministrative del regno del Piemonte furono estese ai nuovi territori. La struttura amministrativa del regno sabaudo divenne senza sostanziali mutamenti la struttura del Regno d’Italia. L’Italia si diede, sul modello francese,a codici unitari. Lo stato, dopo la concessione dello Statuto del 1848, era una tipica monarchia costituzionale. - potere esecutivo: aspettava al Re - parlamento: deliberazione delle leggi con l’assegno e la promulgazione da parte del Re; persona sacra e inviolabile nominava e revocava i ministri composto da due Camere, quasi con gli stessi poteri quella dei Deputati era elettiva il Senato era di nomina regia era eletta, all’inizio, a suffragio assai ristretto, più tardi ampliato fino a raggiungere, nel 1919, il suffragio universale ma solo maschile - l’amministrazione autonoma: prima era solo quella dei comuni, più tardi anche quelle delle provincie; - potere giudiziario: era esercitato da magistrati di carriera, nominati dal re - la legge approvata dal Parlamento sanzionata e promulgata dal Re fonte del diritto per eccellenza non incontrava limiti sostanziali in norme superiori —> mancava qualsiasi istituto che consentisse di far valere la incostituzionalità della legge Costituzione “flessibile” cioè modificabile o derogabile con una legge ordinaria per questo viene definita - lo statuto attribuiva ai cittadini diritti di libertà civile diritti di libertà economica sanciva l’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge Lo Statuto stabiliva che la religione cattolica apostolica romana fosse “la religione dello Stato”, mentre gli altri culti erano “tolleranti conformemente alle leggi”. Lo Statuto Italiano approvò nel 1871 le guarentigie con cui assicurava la libertà della chiesa. In questo modo lo Stato manteneva un certo controllo ma in compenso garantiva alle istituzioni ecclesiastiche un regime di privilegio. La Santa Sede consigliò ai cattolici di non partecipare alla vita politica del Regno. Solo molto più tardi si giunse alla “conciliazione” consacrata dai Patti Lateranensi del 1929. Il sistema politico-costituzionale italiano si sviluppò, fino ai primi anni venti del secolo XX: lento allargamenti del suffragio e nascita dei primi partiti di massa. 2) Il regime fasciata L’evoluzione del costituzionalismo dopo la prima guerra mondiale e gli sconvolgimenti che ne seguirono vennero bruscamente interrotti in Italia per la svolta impressa, a partire dal 1922, dall’affermazione del regime fascista. Il regime fasciata non varò una nuova costituzione ma le leggi e la politica del regime ne svuotarono quasi completamente la sostanza: - i diritti di libertà furono soppressi o fortemente ridotti, - il pluralismo politico fu abolito, - il parlamento fu privato dei suoi poteri a favore del governo e soprattutto del suo capo Benito Mussolini, duce del fascismo, - la camera dei deputati venne prima sostanzialmente svuotato attraverso elezioni su lista unica e senza garanzia di segretezza del voto e poi anche formalmente soppressa e trasformata in “Camera dei fascisti e delle corporazioni”, - venne creato un nuovo organo costituzionale: “il gran consiglio del fascismo”, - la libertà sindacale venne soppressa, - scomparvero le istituzioni elettive locali Negli anni 30 il regime raggiunse elevati livelli di consenso passivo del paese Negli anni 1938-1942 vennero approvate una serie di leggi per “la difesa della razza italiana” e recati pesanti discriminazioni nei confronti degli appartenenti alla razza ebraica 3) Il crollo del fascismo e la fase costituente Il 25 luglio 1943, con le truppe alleate sbarcato in Sicilia, una fronda interna manifestatasi all’interno del Gran Consiglio del fascismo diete al re il destro di destituire Mussolini e di nominare un nuovo governo, capeggiato dal maresciallo Badoglio che stipulò un armistizio con gli alleati. Per due anni il territorio italiano fu teatro di guerra. Nel nord occupato dai tedeschi si costituì una “repubblica sociale italiana” che riproponeva il fascismo in versione repubblicana e sempre più strettamente legato al nazismo. Nelle aree del paese non occupate dai tedeschi sembro dapprima profilarsi una sorta di restaurazione statuaria che si limitasse alla semplice eliminazione delle “incrostazioni” del fascismo. Con il crollo del regime fascista ripresero attivamente la loro presenza i partiti antifascisti i quali posero con forza la loro candidatura a guidare la fase politica di transizione verso il nuovo sistema. Ne risultò la cosiddetta “tregua istituzionale” con cui il re e i partiti antifascisti convennero di rinviare a dopo la fine della guerra di liberazione la risoluzione della “questione istituzionale”. Dopo la liberazione di Roma il nuovo Governo, riuniti nel comitato di liberazione nazionale (CLN) emanò un decreto che rimandava ad un’assemblea costituente la deliberazione sulle nuove situazioni dello Stato. Con questa ( che si considera la prima costituzione provvisoria) si diete atto anche formalmente del superamento definitivo dello statuto: per la prima volta nella storia Italia si è avviato un processo costituente dal basso. A questa su aggiunse la seconda costituzione provvisoria in cui si convenne che la scelta fra monarchia e repubblica, anziché essere affidata all’Assemblea Costituente, fosse rimessa ad un referendum istituzionale da svolgersi a suffragio universale contemporaneamente alla elezione dell’Assemblea. Fu ciò che accadde il 2 giugno 1946 dove il referendum diete un risultato a favore della repubblica. -9 -9 • ⑨ a L’assemblea costituente, con un sistema elettorale proporzionale, risultò formata per tre quarti da rappresentanti dei tre maggiori partiti del CLN: - la democrazia cristiana - partito socialista italiano - partito comunista italiano. L’assemblea lavorò per un anno e mezzo. La costituzione provvisoria prevedeva che essa si limitasse a deliberare la nuova costituzione e che per il resto avesse competenza solo per le leggi in materia costituzionale, elettorale e per i trattati internazionali. La legislazione ordinaria restava di competenza del Governo sentendo il previo parere di Commissioni dell’assemblea, quest’ultima elesse il Capo provvisorio dello Stato e accordava e revocava la fiducia ai governi. Mentre in un primo tempo il governo restò affidato ad una coalizione dei tre maggiori partiti, due crisi (nel febbraio del maggio del 1947) portarono ad un radicale mutamento: al governo resta la democrazia cristiana con gli alleati minori del centro, mentre i due partiti della sinistra marxista finirono all’opposizione. Ciò però non influì alla preparazione della costituzione poiché al momento della crisi di governo il progetto di costituzione era già interamente definito e l’assemblea ne proseguì l’esame. L’assemblea costituente nominò al propio interno la Commissione per la costituzione, incaricata di redigere il progetto della nuova Carta. si suddivise in 3 sottocommissioni destinate ad occuparsi rispettivamente di diritti e doveri dei cittadini dell’ordinamento della Repubblica diritti e doveri economico-sociali Esse elaborarono e approvarono il progetto. La deliberazione finale, il 22 dicembre 1947, vide l’approvazione del testo con 453 voti favorevoli e 62 contrari. La costituzione fu promulgata il 27/dicembre ed entrò in vigore il primo gennaio 1948. Il 18 aprile 1948 si svolsero le prime elezioni per la formazione delle Camere che vide l’attribuzione della maggioranza assoluta dei Deputati alla Democrazia Cristiana (DC). Il liberale Luigi Einaudi fu eletto presidente della repubblica. 5) I caratteri fondamentali della Costituzione Insieme di norme fondamentali che caratterizzano un ordinamento giuridico di uno stato limitare i poteri di chi è legittimato al potere e per riconoscere i diritti individuali nei confronti dell’autorità statuale => strumentale alla protezione dei diritti - divisione dei poteri => tripartizione dei poteri e strumenti che mettono i poteri in un rapporto di pesi e contrappesi tutelati dal legislatore - Si pone in netta discontinuità con periodo fascista (quindi il periodo precedente) periodo pre- fasciata (dopo unità d’Italia) - Valori fondamentali del patrimonio comune del costituzionalismo • dignità umana => dopo le dittature e i conflitti diventa un elemento cardine—> in realtà la Costituzione parla di dignità sociale • stato di diritto => stato che si organizza con le regole che sono proprie del diritto • nucleo intangibile e indisponibile di diritti individuali e collettivi => non si limitano a riconoscere i diritti individuali ma anche quelli colletti • principio di eguaglianza sia formale che sostanziale => elemento di discontinuità rispetto alle costituzioni precedenti • nucleo garantito di diritti sociali => sono diritti che assicurano uguaglianza da un punto di vista formale (diritto alla salute, diritto alla difesa,..) • separazione dei poteri • principio per cui l’organizzazione statale è al servizio della persona e non viceversa => per questo nascono le organizzazioni statali • potere politico fondato sul consenso e sulla partecipazione dei cittadini alla formazione della volontà collettiva, nel rispetto dei limiti costituzionali • sistema che assicuri le giustizianilitá dei diritti e il rispetto delle regole => fungono da garanzia • proiezione internazionale e sovranazionale di questi principi => idea di raccordarsi con un governo sovranazionale art 11: l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni (1); promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. art 49: tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale La costituzione italiana —> 139 articoli + 18 disposizioni transitorie e finali - art 1/5 = principi sulla struttura e sui caratteri della Repubblica; - art 2/3/4/6 = principi sulla posizione degli individui e dei gruppi nel sistema costituzionale e sui compiti della Repubblica; - art 7/8 = principi sui rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose; - art 9 = principi sulla salvaguardia e lo sviluppo del patrimonio culturale; - art 10/11 = principi sui rapporti tra lo Stato e la comunità internazionale; - art 12 = descrizione della bandiera quale simbolo identificativo dello Stato. N.B.= la collocazione di queste norme all'inizio della Costituzione e il loro raggruppamento sotto il titolo «Principi fondamentali» NON significa che i principi fondamentali che ispirano la Costituzione siano ricavabili soltanto da questi primi dodici articoli. I principi fondamentali infatti si ricavano dall'insieme unitario del testo costituzionale. Il testo successivo della Costituzione è suddiviso in due parti, i cui contenuti rappresentano i due grandi oggetti delle costituzioni moderne, quelli che l’articolo 16 della dichiarazione dei diritti della rivoluzione francese del 1789 proclamava necessari perché un paese abbia una costituzione: il riconoscimento dei diritti dell’uomo e la divisione dei poteri. Principi fondamentali => esprimono le basi essenziali della Costituzione: Parte prima: diritti e doveri dei cittadini —> posizione degli individui e dei gruppi e ai loro rapporti con gli apparati pubblici. La prima parte segue la linea “ascendente”: dall’individuo considerato come singolo alle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità - Titolo I: Rapporti civili (artt. 13-28) —> individuo considerato come singolo - Titolo II: Rapporti etico-sociali (artt. 29-34) —> disciplina le prime formazioni sociali in cui l’individuo si trova inserito: la famiglia e la scuola + salute - Titolo III: Rapporti economici (artt. 35-47) —> l’attività economica è vista, oltre che sotto il profilo individuale, sotto quello comunitario - Titolo IV: Rapporti politici (artt. 48-54) —> l’individuo è visto come costitutivo della più comprensiva comunità politica. Parte seconda: ordinamento della Repubblica —> organizzazione e attività dei poteri pubblici La seconda parte è scandita in base agli organi supremi e alle funzioni fondamentali dello Stato. L’ordine in cui gli organi supremi sono presi in considerazione non è privi di significato: prima i poteri nazionali che derivano direttamente o indirettamente dal popolo cui spetta la sovranità. - Titolo I: Il Parlamento (artt. 55-82) —> massima sede della rappresentanza nazionale sezione I = le camere ( disciplina della struttura dei due rami del Parlamento: compositore, elezione, durata, funzionamento,..) sezione II = regola non solo il procedimento legislativo ma anche il referendum abrogativo, le ipotesi di esercizio della funzione legislativa da parte del governo, le altre funzioni delle camere t µ mmm ¥ • al fine di te ↳ TEAM 7. > Da le minoranze linguistiche (e culturali) sono protette, in ossequio al pluralismo che caratterizza la Costituzione italiana il patrimonio culturale è oggetto di pubblica tutela Rapporto tra stato e confessioni religiose —> art 7/8 c o m m a 1 c o m m a 2 sono due ordinamenti indipendenti e distinti i rapporti sono regolati secondo il principio di laicità: non indifferenza o ostilità dello Stato nei confronti della religione ma garanzia di libertà individuale, pluralismo religioso ed eguaglianza delle persone Art. 8   Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze sono regolate sulla base delle intese stipulate con le rappresentanze religiose non c’è ancora un’intesa con la religione mussulmana la Repubblica in tutte le sue articolazioni si impegna a preservare, valorizzare e incentivare attraverso la promozione della cultura (e ricerca) il progresso culturale, scientifico e tecnico del paese. a tal fine i compiti di tutela da parte dello Stato hanno una portata più ampia di copertura e promozione rispetto a una concezione essenzialmente difensiva dei beni paesaggistici, culturali e ambientali. riconoscimento del pluralismo confessionale segna il definitivo superamento dell’art. 1 dello Statuto albertino, che dichiarava "la religione cattolica, apostolica romana sola religione di Stato". La garanzia di un effettivo pluralismo confessionale è, peraltro, assicurata dal principio di neutralità e laicità dello Stato: lo Stato, cioè, tutela la libertà di religione in quanto non determina situazioni di privilegio né ostacola in alcun modo qualsiasi altro culto diverso da quello cattolico. impegna alla tutela del patrimonio linguistico e culturale delle minoranze, conformemente ai principi di pluralismo e di tolleranza. Durante il regime fascista era stata utilizzata una politica di repressione nei confronti delle minoranze, politica finalizzata all’attuazione di una politica nazionalistica, che ne prevedeva l’assimilazione forzata. La branca del diritto che studia questi rapporti è quello ecclesiastico = diritto canonico: norme della chiesa cattolica Lo Statuto albertino definiva la religione cattolica come "la sola religione di Stato". Gli artt. 7 e 8 della Costituzione repubblicana vedono il superamento del concetto stesso di "religione di Stato" e disciplinano i rapporti tra Stato e confessioni religiose sulla base di due principi: il principio della distinzione degli ordini e il principio di bilateralità. accordi sottoscritti l'11 febbraio 1929 da Mussolini, ispirato ai principi di eguaglianza e neutralità espressi dalla Costituzione repubblicana e, al tempo stesso, più consono ai valori espressi dal Concilio Vaticano II. principio pattizio: lo Stato italiano si impegna a stabilire di comune accordo con la Chiesa ogni modifica dei Patti Lateranensi. se tale accordo non viene raggiunto, diventa necessaria una Legge costituzionale che, tramite abrogazione di questo articolo, consenta la revisione unilaterale dei Patti. divieto per lo stato di ogni attività diretta ad alterare la struttura gerarchico istituzionale della chiesa ed il divieto di sindacarne dottrina e disciplina. riconosce alle istituzioni religiose la possibilità di negoziare accordi con lo Stato, secondo il modello delle relazioni internazionali, nelle materie di loro competenza Ma • • ÷ TO Dundee Fa dia Da ' • Di • • • te a- io amo Apertura dell’ordinamento italiano al diritto internazionale —> art, 10/11 è autonomo nella produzione del proprio diritto ma per le norme di carattere consuetudinario c o m m a 1 c o m m a 2 c o m m a 3 L'ordinamento giuridico internazionale è distinto dall'ordinamento interno, tuttavia non resta estraneo ad esso: le norme del diritto internazionale consuetudinario («norme del diritto internazionale generalmente riconosciute») sono recepite dalla Costituzione, quindi automaticamente applicabili. il contenuto deve attenersi a quanto dispongono in materia di condizione giuridica dello straniero le norme internazionali generali e i trattati stipulati dall'Italia (riserva di legge rinforzata): le leggi italiane devono adeguarsi allo standard minimo di tutela previsto dalle norme internazionali (ferma restando la possibilità di assicurare un trattamento più favorevole), tra cui vi sono molti trattati e convenzioni che estendono agli stranieri la titolarità dei diritti fondamentali spettanti ai cittadini riconosce un diritto soggettivo allo straniero: diritto d'asilo. la loro condizione giuridica può essere disciplinata solo con legge ordinaria —> riserva di legge Principio del ripudio alla guerra la repubblica respinge la guerra come strumento di difesa e di risoluzione delle controversie, è ammessa solo la guerra difensiva vengono risolte solo attraverso le regole del diritto Nell'intenzione dei Costituenti l'art. 11 era stato pensato per consentire all'Italia di partecipare all'ONU, ma è stato utilizzato anche per permettere l'adesione del nostro Paese alle Comunità europee e all'Unione europea. La Repubblica accetta e promuove la cessione di una parte dei propri poteri sovrani a favore di ordinamenti e organizzazioni intesi a realizzare «la pace e la giustizia fra le Nazioni»: principio pacifista. Ha permesso il processo di integrazione comunitaria descrizione de simbolo identificativo della repubblica italiana DA te \ • la - Di Dio 7. • • -Da • • • L'attuazione della Costituzione è stata lenta e non priva di contraddizioni. 1948: I'Assemblea costituente prima di sciogliersi approva la legge sulla stampa, le leggi elettorali di Camera e Senato e gli statuti di quattro delle cinque Regioni speciali. Fin dall'inizio, inoltre, trovano applicazione le nuove regole su Parlamento, Governo, Capo dello Stato e sui rapporti fra questi. 1948-1955: nella prima fase della storia repubblicana la Costituzione resta largamente inattuata. Dal 1955: il Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi favorisce una evoluzione del sistema politico orientata verso il rilancio del modello costituzionale. Nei primi anni di applicazione della Costituzione, la parziale mancata attuazione di questa fu dovuta non solo all'inerzia del legislatore, ma anche alla distinzione, fatta dai giudici ordinari in quegli anni, tra: - norme precettive: norme immediatamente applicabili, che creano un immediato obbligo per lo Stato - norme programmatiche: norme non immediatamente operative, che richiedono l'intervento del legislatore ordinario per poter essere attuate Gran parte dei giudici e la Cassazione, infatti, negavano la applicabilità diretta della maggior parte delle norme costituzionali, considerate come semplici «programmi» indicati al legislatore ordinario. L'entrata in funzione della Corte costituzionale nel 1956 ha fatto perdere significato a questa distinzione, infatti già nella sua prima sentenza (sentenza n. 1 del 1956), la Corte ha trattato tutte le disposizioni costituzionali come fonti di regole applicabili e direttamente operanti , rivolte a tutti i soggetti ea tutte le autorità, con la conseguenza che possono essere dichiarate illegittime le leggi contrarie a qualsiasi norma costituzionale. Nel 1957 entra in funzione il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. Il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), che doveva assicurare la piena indipendenza della magistratura ordinaria dall’Esecutivo, fu attuato, e non senza limiti, solo nel 1958. Nel 1970 il processo di attuazione costituzionale tocca la sua fase più intensa con l’istituzione delle regioni a statuto ordinario, l’attivazione degli istituti di democrazia diretta (legge sul referendum), l’approvazione dello statuto dei lavoratori . Solo nel 1975 si ottiene la riforma del diritto di famiglia, fino a prima esisteva la patria potestà che comportava la “subordinazione” della moglie. Nel 1984 vi fu una revisione dei Patti Lateranensi del 1929 Del 1988 è la legge sulla Presidenza del Consiglio e sull'esercizio dei poteri normativi del Governo—> legge 400 del 1988 Nel 1990: disciplina generale del procedimento amministrativo, riordino delle autonomie locali, prima legge di parziale riassetto del sistema radiotelevisivo, legge sullo sciopero nei pubblici servizi . Solo nel 1999 c'è la prima riorganizzazione generale dei Ministeri. Ad oggi non esiste ancora una disciplina per i sindacati (seppur previsti dalla Costituzione).—> inattuazione dell’art 39 cost 6) La lenta attuazione della Costituzione 7) I dibattiti sulle riforme costituzionali Parallelamente al percorso (lento e talvolta contraddittorio) di attuazione della Costituzione, già a partire dagli anni Ottanta si apre una fase che pone in gioco il tema delle riforme istituzionali e quindi della modifica dell'impianto costituzionale, considerato in talune parti carente o superato, soprattutto in relazione al funzionamento della forma di governo. Commissioni bicamerali per le riforme istituzionali. Commissioni parlamentari bicamerali per le riforme istituzionali (organi non permanenti) furono costituite dalle Camere e investite, con poteri diversi, del compito di procedere alla revisione organica della seconda parte della Costituzione. 1.Commissione Bozzi (1983-1985, IX Legislatura) 2.Commissione De Mita-Iotti (1992-1994, XI Legislatura) 3.Commissione D'Alema (1997-1998, XIII Legislatura) Per ragioni diverse, nessuna di queste Commissioni riusci a portare a compimento il disegno di riforma istituzionale. Le revisioni costituzionali «dell'utilità». • Al termine della XIII Legislatura, la revisione di centrosinistra riusci ad approvare (con un margine di pochi voti) la revisione del Titolo V della parte seconda della Costituzione, relativo a Regioni ed enti locali. In occasione del referendum costituzionale dell'ottobre 2001 il corpo elettorale approvò tale ampia revisione. • Nella XIV Legislatura, la maggior parte della centrodestra approvò una revisione complessiva della seconda parte della Costituzione e a portare innovazioni significative e controverse, oltre e più che in tema, di Regioni, di bicameralismo,di forma di governo, Corte costituzionale. Ma ill referendum del 2006 respinse il progetto. • Dopo le elezioni del 2013 il tema delle riforme costituzionali si ripropose. Dapprima un gruppo di lavoro nominato dal presidente della Repubblica, e poi una commissione di esperti nominati dal governo furono chiamati ad effettuare una ricognizione delle proposte possibili. Il progetto venne poi abbandonato, a seguito della rottura avvenuta nell’ambito dell’ala di centro-destra della maggioranza che sorregge il governo; il nuovo governo costituitosi all’inizio del 2014 assunse l’iniziativa di un disegno di legge diretta a modificare diversi aspetti della costituzione. Approvato, in seconda deliberazione, sia dal Senato che dalla camera con la maggioranza dei componenti, ma il inferiore ai due terzi, è stato sottoposto a referendum il 4 dicembre 2016 risultando respinto con il 59% circa di voti contro il 49%. Il panorama politico rimase stabile fino al 1992 e ciò permise il verificarsi del "bipartitismo perfetto" che vedeva come protagonisti la DC, sempre al Governo, e il Partito Comunista sempre all'opposizione. Questa situazione di stabilità venne sconvolta in ragione di due fenomeni: 1- un movimento sempre più deciso nel senso di una riforma elettorale in senso maggioritario sfociato nei referendum del 1991 e del 1993 per l'abrogazione di alcune disposizioni delle leggi (legge Mattarella) per l'elezione del Parlamento e nella successiva approvazione parlamentare di nuove leggi elettorali fondate sulla attribuzione di 3/4 dei seggi delle Camere sulla base di collegi uninominali; 2- le indagini giudiziarie che misero alla luce un vasto sistema di finanziamento illecito dei partiti e di corruzione nelle pubbliche amministrazioni, coinvolgendo molti esponenti politici anche di primo piano. Perciò, spariscono o si riducono i due partiti storici di Governo, la DC e il Partito Socialista, nonché altri partiti che erano stati protagonisti del precedente sistema politico. Sorgono e si trasformano nuovi partiti, nazionali e locali (tra cui la lega) perlopiù privi delle radici ideologiche storiche che avevano caratterizzato i partiti del passato. Il sistema elettorale è stato nuovamente modificato nel 2005 ad opera del Governo di centro-destra, tornando a un sistema proporzionale di lista, ma caratterizzato dalla possibilità che diverse liste si riuniscano in una coalizione, la quale adotta un programma comune e designa un candidato per la Presidenza del Consiglio. Inoltre, è stata prevista l'attribuzione di un premio di maggioranza alla coalizione o alla lista che ottiene la maggioranza relativa. Si tratta di un sistema fortemente orientato a configurare una competizione elettorale fra due soli “poli". 8) le trasformazioni del sistema dei partiti e le leggi elettorali 9) diritto interno e diritto internazionale Nell'impostazione "classica", che si è affermata con le Rivoluzioni del Settecento, diritto interno e diritto internazionale costituiscono due ordinamenti non solo distinti, ma nettamente separati: > l'ordinamento interno è l'ordinamento dello Stato e regola tutte le relazioni fra individui e gruppi sociali e fra questi e le autorità pubbliche; > l'ordinamento internazionale regola solo i rapporti fra gli Stati che ne sono gli unici soggetti, attraverso norme sia di tipo consuetudinario sia di tipo “pattizio" (poste cioè con i trattati), le quali si rivolgono solo agli Stati (non ai cittadini degli Stati) e vincolano solo gli Stati. Evoluzione del ruolo dello statuto a libertino (che porta alla costituzione repubblicana) una volta entrata in vigore una legge poteva diversamente disciplinare quando descritto dallo statuto Siamo passati da un sistema di fonti del diritto incentrato sulla legge a un sistema più complesso confluito nella costituzione repubblicana l’evoluzione da dove passa? 1) Ruolo giocato dallo statuto Albertino: era una costituzione rigida, quindi superabile dalla legislazione ordinaria 2) Atti governatevi con forza di legge Prerogativa regia per l’adozione di questi atti in due ambiti campo militare: il capo dello stato presiede alle forze armate (ancora oggi) colonie Delegazione legislativa: sposta l’esercizio della funzione legislativa dall’organo che ne ha la competenza (leggi, parlamento) all’organo che ha un’altra Riguarda ancora oggi sempre e solo l’organo esecutivo (il governo) Nel sistema dello statuto Albertino non era statuarizzata, solo successivamente è stato introdotto attraverso una legge ordinaria Consentiva delle deleghe di pieni poteri (oggi non è piu possibile ) : quello che veniva spostato non era solo l’esercizio ma la funzione stessa legislativa funzione (leggi governo) strumento che ha consentito che progressivamente i poteri che erano del parlamento fossero spostati nelle mani del capo di governo (da qui l’esperienza del ventennio fasciata) L’abuso da parte dell’organo legislativo ha portato a un abuso della regolamentazione Se la fonte primaria (legge) ha subito un progressivo abuso anche la regolamentazione che interviene per meglio disciplinare l’utilizzo della fonte primaria, ha subito un abuso nella sua utilizzazione i regolamenti sono fonti secondarie Utilizzo acceso, sempre nel periodo fascista, delle fonti atto non come erano previste implicitamente dallo statuto Albertino ma nuove fonti atto che erano: Al regime già in difficoltà si aggiunge - norme corporative (che hanno introdotto sindacato unico, partito unico,... insomma tutta la logica che è tipica dei regimi autoritari) - i contratti collettivi di lavoro efficaci erga omnes: strumenti che decidevano unilateralmente quali erano le condizioni lavorative una volta deciso il contratto di lavoro con una fonte atto quel contratto valeva per tutta la categoria ed era impossibile stipulare contratti individuali Se si legge la norma delle preleggi inserita nel codice civile troviamo confermati il principi gerarchico e il ruolo dell’abrogazione e che fanno parte delle fonti dell’ordinamento: - Leggi e atti con forza di legge - Regolamenti (del governo e delle altre autorità) - Norme corporative - Usi Da questa impostazione si passa a un sistema che complica il sistema delle fonti, lo fa anche in una logica di superamento di quelle che erano le contraddizioni e le anomalie dalle quali partiva perché nel momento in cui entra in vigore la costituzione repubblicana uno studio di Cataldi del 1948 distingueva una quarantina di diverse fonti a cui si aggiungono le fonti europee quadro molto più complicato dallo Statuto Albertino impatto devastante sui criteri e sugli strumenti di risoluzione delle antinomie nel senso che i due criteri dello statuto non sono stati più in grado di risolvere il problema delle antinomie Con la costituzione repubblicana non si azzera il sistema, viene applicata nell’ordinamento teoricamente andavano abrogati i principi precedenti e che facessero propri i nuovi principi (principio cronologico) Di fatto è successo che l’attualizzazione della disciplina approvata prima della costituzione repubblicana è stata possibile attraverso l’opera dei giuridici ordinari. così non è stato necessita di un nuovo modo di risoluzione delle antinomie attività che hanno fatto prima dell’inizio dell’operatività della corte costituzionale. che si è protratta anche dopo l’inizio dell’operativitá Nella sua prima sentenza la corte costituzionale ha detto ai giudici ordinari che loro era il compito di interpretare le norme, in modo da assicurare che la loro applicazione sia in linea con la costituzione del 48. La dove la norma non vi consente di rispettare la costituzione allora dovete passare il tutto alla corte costituzionale i giudici sono i primi curatori della costituzionalità Poiché la costituzione repubblicana prevede altre tipologie di fonti che non sono fonti ordinarie : fonti che sono nella disponibilità del parlamento decentramento legislativo Aspetti di complessità nell’utilizzo del criterio gerarchico e cronologico: 1) leggi regionali: il costituente stesso ha previsto un altro tipo di governi dotato di potere legislativo e cioè il governi regionale 2) legge rinforzata : discipline legislative che in andata (nel loro procedimento di adozione) prevedono un procedimento che differisce da quello dall’art 72 (procedimento legislativo ordinario) procedimento rinforzato 3) regolamenti parlamentari: fonti che guardano l’organizzazione interna delle camere ma fissano anche il procedimento legislativo I regolamenti governativi sono fonti secondarie e non hanno NULLA a che fare con i regolamenti parlamentari (NON SONO FONTI SECONDARIE) non possiamo utilizzare il criterio gerarchico ma va ad affermarsi sempre più il criterio della competenza interviene quando le fonti sono ordinate dalla costituzione secondo la competenza riguardante o l’ambito territoriale in cui le norme devono operare, o la materia o lo specifico oggetto regolato Di 1 ! Dm • • I ⑨ 87 I 1 • I ← Dm • • Mi • I • • O Le norme sulle fonti La natura costituzionale delle norme sulle fonti La materia delle fonti è costituzionale ma non abbiamo un articolo della costituzione che ci dice quali sono. Nella costituzione italiana la disciplina delle fonti è ben definita, in modo particolare disciplina compiutamente le fonti primarie e introduce, senza disciplinarle, quelle subordinate (fonti secondarie). Le norme sull’interpretazione Natura costituzionale deve essere riconosciuta anche alle norme sull’interpretazione sebbene esse siano espresse in apertura del codice civile. Esse non riguardano solo l’applicazione ma anche l’efficacia dalla fonte. La rilevanza delle fonti europee In conseguenza del vasto e incisivo processo d’integrazione europea, la disciplina delle fonti ne risulta profondamente influenzata. Le fonti europee, pur collocandosi tra le fonti primarie, non risultano in quanto tali, esplicitamente previste dal testo costituzionale. Successivamente si pose il problema dell’inquadramento delle fonti europee nei sistemi nazionali e quello dei rapporti tra le fonti europee e quelle interne. Questo problema venne risolto a mano a mano che l’integrazione europea si realizzava e che le fonti di quest’ordinamento manifestavano la loro superiorità su quelle nazionali. La produzione normativa mediante rinvio La produzione normativa mediante rinvio rappresenta lo strumento attraverso il quale soltanto è possibile consentire l’applicazione nell’ordinamento interno di norme prodotte in ordinamenti diversi. Semplificando al massimo i termini di un discorso si può dire che tale fenomeno risulta da una disposizione la quale, anziché dettare una disciplina di determinati rapporti, la rimetta a diverse fonti o disposizioni. Si può avere cosi un rinvio: - rinvio formale—> ha l’effetto di dare rilevanza a tutte le norme che la fonte richiama di volta in volta - rinvio materiale —> comporta una sorta d’incorporazione della disposizione oggetto del rinvio nella disposizione rinviante, che si riempie dei contenuti di quella: normalmente le vicende della disposizione oggetto di rinvio non si riflettono sul rinvio stesso. Da entrambi i tipi di rinvio va comunque distinto il rinvio per presupposizione per il quale una disposizione normativa utilizza, ai fini della sua applicazione, significati normativi ovvero presuppone qualità giuridiche stabilite in un diverso ordinamento. L’adattamento al diritto internazionale L’esecuzione della norma internazionale comporta il più delle volte che lo Stato modifichi il propio ordinamento. Ciò avviene attraverso comuni atti normativi con i quali il legislatore, prendendo atto dell’obbligo internazionale gravante sullo stato, lo “trasforma” in norme interne. Nel nostro sistema l’adeguamento del diritto interno alle norme internazionali può avvenire: 1) procedimento ordinario di adattamento Avviene mediante un’ordinaria legge di esecuzione con la quale il legislatore detta direttamente le norme che ritiene necessarie per l’esecuzione dell’obbligo internazionale 2) procedimento per ordine di esecuzione Avviene attraverso per mezzo di un normale atto legislativo di una clausola, detta ordine di esecuzione, con la quale si dispone che all’atto internazionale sia data “ piena e intera esecuzione”, obbligandosi cosi l’interprete a esternare le norme interne di adattamento 3) adattamento automatico Attraverso una disposizione generale che ricolleghi alla nascita di norme internazionali la creazione nell’ordinamento interno delle corrispondenti norme di adattamento I primi due tipi di adattamento vengono impiegati nel nostro sistema per l’adattamento del diritto internazionale di origine pattizia, l’altro per l’adattamento del diritto internazionale generale. Le norme introdotte con il procedimento automatico hanno valore costituzionale; mentre hanno valore legislativo o regolamentare dovrebbe riconoscersi alle norme introdotte da atto legislativo o regolamentare con il procedimento ordinario di esecuzione o con ordine di esecuzione. Il diritto straniero richiamato dalle norme del diritto internazionale privato. L’insieme delle regole con le quali l’ordinamento interno richiama un ordinamento straniero per la disciplina dei fatti che presentano, rispetto al primo, elementi di estraneità, va sotto il nome di diritto internazionale privato. Gli art dal 20 al 63 contengono un complesso di regole dirette a disciplinare la legge applicabile a determinati rapporti o situazioni in base ad elementi dei criteri di collegamento, che servono a identificare l’ordinamento applicabile. Ciò che caratterizza il rinvio del diritto internazionale privato è di avere ad oggetto piu che le fonti, l’ordinamento straniero nel suo complesso, obbligando l’interprete a ricercare quelle applicabili alla specie. Questi meccanismi hanno la finalità di favorire il coordinamento tra i sistemi. Pertanto le regole del diritto internazionale privato stabiliscono rinvii formali che danno ingresso nell’ordinamento a fonti straniere. Queste ultime si pongono sullo stesso piano delle fonti legislative di cui prendono il posto creandosi a loro favore una sorta di riserva di competenza. Relativamente al diritto straniero richiamato, si deve ricordare che l’efficacia del richiamo è circoscritta al limite dell’ordine pubblico, volto a precludere l’ingresso nell’ordinamento di norme di atti che siano contrarie principi fondamentali del sistema, comprese le norme costituzionali e quelle che esprimono i principi costituzionali supremi. Questo limite finisce con l’assegnare all’interprete, da cui dipende l’applicazione della clausola di rinvio, un controllo sulla conformità materiale del diritto straniero con l’ordine pubblico. Principi ispiratori del vigente sistema delle fonti Gerarchia, competenza e concorrenza tra le fonti Nelle esperienze costituzionali il sistema delle fonti tende a farsi complesso. Le relazioni tra gli atti abilitati a produrre diritto non sono in tali ordinamenti riconducibili al solo criterio della gerarchia per il quale le fonti superiori hanno la capacità di abrogare, oltre alle fonti del medesimo tipico, quelle inferiori. Accanto a tale principio vi è il principio di competenza per cui viene assicurato a determinate fonti un ambito più o meno rigorosamente definito nel quale operare, senza che altre possono in esso interferire; infine vi è il principio della concorrenza per cui fonti di diversa specie, dotate in tutto in parte della medesima competenza, possono liberamente intervenire nella disciplina di una data materia. I tre criteri ora indicati possono operare congiuntamente. La riserva di legge La costituzione esprime principi, collocati all’interno del criterio della gerarchia e attinenti ai rapporti tra le fonti primarie e quelle secondarie. Il primo è rappresentato la riserva di legge. Quest’istituto non ha carattere generale, ma si ricollega alle numerose disposizioni costituzionali che lo prevedono. È uno strumento di garanzia, che ci consente di stabilire quale fonte può andare a disciplinare una data materia. Esso comporta il divieto per le fonti regolamentari di intervenire nella disciplina degli oggetti riservati ( aspetto negativo ) e la necessità che il legislatore disciplini compiutamente quegli oggetti, in modo da delimitare gli ambiti di discrezionalità delle autorità preposte all’applicazione della legge (aspetto positivo della legge). Da un lato la riserva di legge esprime l’esigenza che al procedimento di elaborazione della disciplina delle materie riservate possano partecipare, come avviene in parlamento e nei consigli regionali, le opposizioni, che invece ne sarebbero escluse qualora la disciplina stessa fosse adottata con atto regolamentare. Da un’altro lato,poi, la necessità dell’atto legislativo può assumere il significato di assoggettare quella disciplina al controllo di legittimità della corte costituzionale ed a referendum abrogativo. C’è poi da osservare che nella giurisprudenza della corte la riserva di legge è prevalentemente intesa come istituto diretto a circoscrivere la discrezionalità dell’amministrazione ed in genere degli organi e dei soggetti chiamati a dare applicazione alla legge. Il non rispetto delle riserve di legge porta all’incostituzionalità della fonte che l’ha assunta. La complessità nasce dalla circostanza che sono di natura costituzionale. La cost ci fa comprendere che è una riserva di legge attraverso il carattere interpretativo; inoltre queste non sono di un unico tipo, ogni tipologia risolvere una logica diversa: Riserve assolute Strumento che, la dove viene posto, significa che quella materia può essere disciplina solo dalla fonte primaria. Quella materia puoò essere quindi disciplinata solo dalla legge o dagli atti con forza di legge Riserve relative La cost consente che quella materia sia sicuramente per i principi e le regole generali affidata alla fonte primaria ma poi possono essere declinate con la fonte secondaria (regolamenti governativi). Ciò però non comporta che necessariamente debbano intervenire le fonti secondarie. Riserve costituzionali Implica che quella materia debba essere disciplinata da una legge costituzionale. Il nostro legislatore potrebbe decidere di regolare una materia che considera più rilevante e quindi decide che invece di utilizzare l’iter ordinario, questa deve seguire l’iter dell’art 138 cost Altra distinzione è quella tra riserve rinforzate e riserve semplici, seconda che il rinvio alla legge sia o non sia accompagnato da prescrizioni sostanziali circa il contenuto che essa può assumere. Ipotesi di riserve rinforzate sono quelle dell’articolo 16, per cui le limitazioni alla libertà di circolazione di soggiorno possono essere disposte solo per ragioni di sanità di sicure Riserva di assemblea o riserva formale di legge: non può intervenire il decreto legge ne è delegabile. Quelle materie posso non essere solo nella disponibilità della legge formale, della legge del parlamento. Non gli atti con forza di legge la soddisfano. Le uniche riserve di assemble è slo quella prevista nell’art 72. Dire che quella dell’art 71 ultimo comma significa che se una di quelle discipline interviene il decreto legge questo è incostituzionale perchè non rispetta un limite imposto Tutti i problemi che riguardano le fonti primarie vengono risorte con il processo di legittimità costituzionale. La riserva di legge come limite per il legislatore La riserva di legge non solo rappresenta un limite per l’esecutivo ma anche per il legislatore. Per un verso, essa impedisce che legislatore demanda la disciplina riservata a fonti secondarie, per l’altro impone che la legge abbia un determinato contenuto in modo da ridurre restringere le scelte discrezionali dell’esecutivo ed in genere dell’autorità chiamata a darne applicazione. Naturalmente la riserva di legge, in quanto discendente da norme costituzionali, potrà essere derogata alle stesse condizioni in cui tali norme siano derogabili; così il regime di costituzione rigida il rafforzamento dell’aspetto positivo della riserva di legge deriva appunto dalla rigidità della costituzione. La preferenza della legge Carattere generale il principio della preferenza della legge che esprime la superiorità e l’inderogabilità della legge nei confronti dei regolamenti. Tale principio non è esplicitamente formulato dalla costituzione ma tuttavia da alcune disposizioni costituzionali il principio stesso può agevolmente ricavarsi Il principio di legalità Legalità significa sottoposizione del provvedimento amministrativo della sentenza la legge del parlamento, della quale costituiscono applicazione e comporta che esistono rimedi e strumenti doni a prevenire ed eventualmente a reprimerne le violazioni.il principio di legalità comporta l’effettiva subordinazione alla legge dell’attività amministrative di quella giurisdizionale ma anche soprattutto la necessità che legislatore intervenga a stabilire le condizioni nelle quali diritti dei singoli possono essere sacrificati o limitati da parte la pubblica autorità e le regole procedurali e sostanziali della sua azione (principio di legalità sostanziale) Nell’ambito dei rapporti tra le fonti il principio di legalità interessi rapporti tra fonti primarie secondarie, precludendo interventi autonomi del regolamento senza la previa abilitazione legislativa. Inteso in senso ampio il principio di legalità assume indubbiamente il carattere di principio supremo della costituzione. Riserva di legge e principio di legalità Entrambi gli istituti nascono dalla stessa matrice storico ideale, essendo fondati sul primato del parlamento come organo rappresentativo della comunità statale: l’uno però attiene ai rapporti tra fonti primarie fonti secondarie l’altro ai rapporti tra la legge e attività amministrativa (e giurisdizionale). Vi sono invero casi in cui essi possono sovrapporsi. D’altro canto poiché il principio di legalità sostanziale a carattere generale, mentre la riserva di legge riguarda solo gli ambiti normativi previsti in costituzione, la sovrapposizione tra i due istituti è anche, da tale punto di vista, del tutto eventuale. perché proviene dal parlamento La crisi della centralità della legge perch: -è espressione di un organo (parlamento) la cui centralità è entrata in crisi -inserimento nel costituzionalismo pluralista Difficoltà anche per quanto riguarda il termine legge. Viene usato per piu significati: - atto normativo - prodotto dell’atto (contenuto) - qualunque atto normativo - atto specifico (quello che prendiamo noi in questo momento in considerazione in quanto prodotto da un organo specifico e cioè il parlamento) - legge statale - legge regionale Legge statale ordinaria: atto posto in essere collettivamente dalle due camere (art 70), sottoposto a promulgazione e pubblicazione (art 73) Procedimento di formazione delle leggi statali ordinarie come può essere violata? RISERVA di LEGGE ASSOLUTA RR rinforzata Disciplina che deve essere pensata in modo da assicurare l’imparzialità e il buon andamento. Quindi la ratio per cui viene introdotta è ispirata a questi principi ✓ ☒ segno distintivo di un diritto ad • \ • • Le leggi statali ordinarie Premessa La legge ha perduto il ruolo centrale e supremo che la caratterizzava in passato perchè: -è espressione di un organo (parlamento) la cui centralità è entrata in crisi -inserimento nel costituzionalismo pluralista Difficoltà anche per quanto riguarda il termine legge. Viene usato per piu significati: - atto normativo - prodotto dell’atto (contenuto) - qualunque atto normativo - atto specifico (quello che prendiamo noi in questo momento in considerazione in quanto prodotto da un organo specifico e cioè il parlamento) - legge statale - legge regionale L’importanza riconosciuta alla legge va ricollegata alla sua provenienza dell’organo parlamentare, immediatamente rappresentativo della volontà popolare. L’insieme delle caratteristiche formali, che collocano la legge in un imminente posizione nel sistema, è generalmente identificato nella “forza di legge”. Questa espressione serve anch’essa connotare atti, diversi dalla legge, che condividono con questa alcune caratteri. L’equiparazione alla legge degli altri atti normativi può avvenire: a) in base alla posizione gerarchica b) in base alla competenza materiale c) in base al regime giuridico Legge statale ordinaria: atto posto in essere collettivamente dalle due camere (art 70), sottoposto a promulgazione e pubblicazione (art 73) Procedimento di formazione delle leggi statali ordinarie È disciplinato negli articoli da 71 a 74 dove vengono individuate diverse fasi: 1) iniziativa 2) istruttoria 3) deliberazione 4) promulgazione 5) pubblicazione Tra la terza e la quarta può inserirsi un subprocediemnto allorchè il capo dello stato, prima della promulgazione, chieda alle camere con messaggio motivato una nuova deliberazione (art 74) 1) INIZIATIVA—> art 71 a chi aspetta? • Il Governo • Ciascun parlamentare • Ciascun consiglio regionale (o di provincia autonoma) • 50000 elettori • Il Cnel L’effetto dell’iniziativa è quello di determinare l’assegnazione del progetto alla commissione competente per materia . Cosa sono le commissioni? È un’articolazione della camera o del senato che ha una composizione ridotta. All’interno devono essere rappresentate nella giusta proporzione tutte le forze politiche. Le commissioni sono formate in modi da rispecchiare quelle che sono le rappresentanze all’interno dell’organo della rappresentanza (sono come piccoli parlamenti con le stesse maggioranze). Le commissioni hanno un nome che attiene, in maniera generica, a quelle che sono le grande branche di quelle che sono la pubblica amministrazione. Nel momento in cui un soggetto viene eletto all’interno delle assemblee rappresentative decide in quali commissioni voler entrare a far parte. I tipi di commissioni non sono previsti dalla costituzione ma si trovato all’interno dei regolamenti parlamentari si concretizza in un progetto di legge si concretizza in un disegno di legge Il progetto/disegno deve essere redatto in articoli (art 71 comma 2) Il regolamento dalla camera prevede 14 commissioni Il regolamento del senato prevede 13 commissioni Il disegno/progetto di legge viene assegnato alla commissione che si ritiene competente per materia. Ciò non esclude che quel disegno di legge possa essere condiviso con un’altra commissione a causa della complessità o per la ratio che contiene La proposta di legge verra quindi sottoposta alla commissione. 2) ESAME E APPROVAZIONE DELLA CAMERA A seguito delle elezioni il parlamentare che risulta essere stato eletto, entro 3 gg, deve dichiarare a quale gruppo parlamentare vuole appartenere. Questo perché, all’interno delle camere, non siedono i partiti politici ma dei organi che riflettono la logica del partito: gruppi parlamentari. perché in relata c’è una norma importantissima (art 67) che è il divieto del mandato imperativo. I nostri rappresentanti, una volta eletti, cono svincolati dalla forza politica che li ha eletti perché c’è un libero esercizio della fx parlamentare. In qualsiasi momento si può passare da un gruppo parlamentare ad un altro ma non solo: qualora un parlamentare decida di non voler far parte di nessun gruppo parlamentare, va a far parte del gruppo misto • pan ☒ II. to Come si vota all’interno delle aule? I lavori delle camere sono organizzate con un calendario con gli ordini del giorno (logica della programmazione dei lavori) L’aula lavora con la presunzione che sia sempre presente il numero legale (50+1 degli aventi diritto): quorum legale o strutturale Dato per presupposto ciò le camere deliberano sempre con la maggioranza semplice (50+1 di coloro che sono presenti) qualora sia necessaria una maggioranza assoluta (50+1 degli aventi diritto) o qualificata (2/3) è la costituzione stessa che lo prevede. Quindi in assenza di indicazioni si procede con maggioranza semplice. Quali sono le modalità con cui si vota? La modalità ordinaria è il voto palese: è sempre possibile conoscere nel dettaglio come hanno votato i singoli dettagli. Ciò può avvenire: - con sistema elettronico: in ogni postazione ce una tastiera e schiacciando un tasto si esprime contrario, contrario o astenuto , - con appello nominale: in ordine alfabetico i parlamentari vengono chiamati, scorrono davanti al tavolo della presidenza e esprimono la loro posizione - per alzata di mano In casi eccezionali è possibile la votazione segreta: pallina nell’urna o seggio elettorale; viene utilizzato, in linea di massima, per votazione di persone 1) INIZIATIVA a chi aspetta? —> art 71 • Il Governo • Ciascun parlamentare • Ciascun consiglio regionale (o di provincia autonoma) • 50000 elettori • Il Cnel Con quali modalità ? Il progetto/disegno deve essere redatto in articoli e deve essere accompagnato anche da una relazione perche deve essere portato a conoscenza delle camere le ragioni per cui debba essere approvato. Una volta che i titolari presentano un disegno/progetto di legge gli altri organi (a parte il parlamento) è indifferente verso quale camera lo presentino ??????? (min47) 2) ASSEGNAZIONE ALLA COMMISSIONE COMPETENTE si concretizza in un progetto di legge si concretizza in un disegno di legge La commissione referente arrivato un progetto di legge inizia la sua attività istruttoria. La commissione può stabilire di trattare insieme due o più progetti (che sono detti abbinati) per presentare un'unica relazione e un solo testo all'Assemblea. A tal fine può scegliere uno dei progetti come testo base della discussione o può procedere alla stesura di un testo unificato dei diversi progetti. Durante l'esame, la Commissione acquisisce i pareri di altre Commissioni che si riuniscono in sede consultiva per formulare osservazioni e avanzare suggerimenti sulle parti del progetto di loro competenza. I componenti della Commissione delineano le posizioni delle varie parti politiche sul contenuto del provvedimento e presentare proposte di modifica (gli emendamenti) su cui la Commissione delibera. Al termina del proprio lavoro, la Commissione incarica un relatore di preparare la relazione per l'Assemblea plenaria, che riporta il testo predisposto dalla Commissione e alla quale possono aggiungere relazioni di minoranza. A questo punto la commissione può decidere, per voto, se arrestare il procedimento (e quindi non trasmetterlo in aula) oppure la commissione può decide di trasmetterlo all’aula, cioè al pleno. La trasmissione del disegno di legge dalla commissione all’aula avviene accompagnato dalla relazione (o più relazioni: una di maggioranza e una o più di minoranza). A questo punto nell’aula (assemblea plenaria) il relatore informa l’aula di quali sono stati i lavori della commissione e quali sono state le ragioni della trasmissione del disegno di legge, i deputati intervengono sulle linee generali del provvedimento, esprimendo la posizione dei gruppi; vengono poi esaminati i singoli articoli del progetto, votando gli emendamenti (si parte a votare l’emendamento piu lontano al mantenimento dall’articolo; se questo viene respinto si passa a votare quelli che prevedono modifiche sempre meno importanti, se anche questi vengono respinti si giunge man mano alla votazione dell’articolo come è stato proposto perché significa che nessuna delle modifiche è stata accettata dall’aula). Una volta che l’articolato è stato determinato da questa votazione, a questo punto l’aula si deve esprimere con la votazione sul testo finale. Questo perché l’attività emendativa potrebbe avere snaturato o sovvertito la ratio iniziale del disegno di legge per verificare che il disegno di legge abbia mantenuto la ratio con qui era stato presentato. Qualora anche questa votazione abbia esito positivo il nostri iter si è momentaneamente concòuso solo in quel ramo di parlamento perche, come sancisce l’art 70 la fx legislativa è esercitata da entrambe le camere. Ciò significa che è necessario che quel disegno di legge passi all’altra aula per la discussione generale. L’altra aula a quel punto riceverà il disegno di legge e a sua volta lo conferirà alla commissione competente per materia. Avremo quindi lo stesso discorso anche in questa aula. A questo punto abbiamo due ipotesi 1) approva il disegno di legge così come gli è stato conferito dalla precedente aula 2) appone degli emendamenti al disegno di legge Nel primo caso il disegno di legge è stato approvato validamente da entrambe le camere e dunque scatterà la fase integrativa dell’efficacia. Nel secondo caso il disegno di legge ritorna all’aula da cui siamo partiti la quale non dovrà rianalizzare tutto il disegno di legge ma solo gli articoli su cui sono stati posti degli emendamenti mentre quelli che sono stati approvati restano definitivi. Questa navetta (avanti e indietro da una camera all’altra) si concluderà solo quando entrambe le camere approveranno il medesimo testo e scatterè la fase integrativa dell’efficacia La sostituzione crea quello che tecnicamente è chi stata riserva di regolamento (regolamenti di camera e senato) Ci possono essere procedimenti che non sono quelli ordinari in sede referente ( anche se per alcuni tipi di legge va seguito obbligatoriamente) ma che possono poteri diversi. Abbiamo qui due altre modalità di produzione della legge: - sede redigente : la commissione si comporta come quella referente nella fase istruttoria: all’interno della commissione avviene la votazione su singoli articoli e testo finale, questo viene trasmesso all’aula che può votare il testo cosi come è stato trasmesso, senza emendamenti, o lo vota cosi come è o lo rifiuta. - sede deliberante: comporta che il procedimento si concluda interamente all'interno di una Commissione, sostituisce completamente il lavoro della camera: essa provvede insieme all'esame istruttorio e all'approvazione finale del progetto, con le stesse formalità previste per l'aula; Il disegno di legge conferito alla sede deliberante, fino al momento della sua approvazione definitiva, è sempre soggetto a tornate alla sede referente o che sia almeno soggetto alla votazione finale qualora ne faccia richiesta: 1/10 della camera, 1/5 della commissione o lo chieda il governo Procedimento di formazione ordinario della legge - Modalità che mortificano il dibattito parlamentare e il ruolo dell’aula dunque in qualche modo viene meno la prerogativa delle legge come espressione generale. Questa è la ragione per cui un disegno affidato alla sede redigente o deliberante, può tornare in sede referente, su richiesta della maggioranza. - Ogni camera scegli il procedimento pm da Dm Da • AB 3) FASE INTEGRATIVA DELL’EFFICACIA Consta di due attività fondamentali a) promulgazione da parte del capo dello stato L’ultima camera che ha approvato il testo lo trasmette al capo dello stato il quale deve, a norma dell art 87 deve promulgare la legge.. La promulgazione è latto del capo dello stato che esterna la volontà legislativa delle camere. Il capo firmerà il disegno di legge approvato dalle camere e lo invia per la pubblicazione. Secondo l’art 73 la promulgazione delle leggi deve intervenire entro un mese dalla loro approvazione. Tuttavia, secondo quanto dispone l’art 74, il capo dello stato ha la possibilità di esercitare, prima della promulgazione, il veto sospensivo: può chiedere una nuova deliberazione ma se le camere approvano nuovamente, la legge deve essere promulgata. Non si tratta di un vero e propio veto sospensivo perché, se di questo parlassimo, significherebbe che il capo dello stato potrebbe insistere per la non promulgazione mentre in realtà può solo sollecitare una nuova riflessione. b) pubblicazione Avviene secondo le regole ufficiali, sulla gazzetta ufficiale. 15 sono i giorni ordinari di vacatio legis, salvo che venga stabilito un termine diverso. Ma se il capo dello stato insiste? Se non volesse ? A questo conflitto si viene meno con l’intervento di un organo terzo: la corte costituzionale (ha quindi il potere di decidere se una norma viola o no la costituzione e il potere di risolvere le controversie che riguardano gli organi dello stato) Limiti della legge ordinaria L’Art 70 della costituzione nel momento in cui attribuisce al parlamento la funzione legislativa gli impedisce di disporre di tale funzione, sia nel senso di istituire fonti concorrenziali rispetto alla legge, sia in quello di stabilire a carico del legislatore futuro condizioni di legittimità ulteriori rispetto a quelle discendenti dal testo costituzionale. Da ciò deriva la duplice conseguenza che il sistema delle fonti primarie è “chiuso” livello costituzionale e che gli unici limiti che il legislatore incontra sono quelli costituzionali. In altre parole, accanto all’ipotesi in cui la costituzione stessa stabilisca limiti di contenuto all’attività legislativa e a quella in cui essa rimetta ad altre fonti la loro individuazione, v’è quella in cui il limite discende dal modo stesso in cui la costituzione configura la funzione legislativa. La prima ipotesi si realizza allorché la costituzione prescriva o vieti alle leggi un certo contenuto, onde la violazione della norma costituzionale determina l’invalidità della legge. La seconda rinvia al fenomeno delle norme interposte, per il quale la validità della fonte legislativa è subordinata al rispetto di norme cui la costituzione espressamente o implicitamente rinvia. Più delicato è, infine, il caso del vizio funzionale della legge, tradizionalmente ricollegato all’eccesso di potere legislativo: il principio di ragionevolezza ha finito col divenire il canone generale di valutazione dell’attività legislativa e della coerenza dell’intero sistema. Premesso che in una costituzione rigida come la nostra soltanto le norme costituzionali possono stabilire limiti inderogabili per il legislatore in riferimento al principio di ragionevolezza può consentire di misurare la validità delle norme legislative alla stregua di quel canone anche con riferimento ad altre norme del medesimo rango. Il principio di ragionevolezza Il limite generale di maggior rilievo che interessa l’attività legislativa è dato dal principio di ragionevolezza. Si può anzi dire che è dal principio di ragionevolezza che logicamente discende il principio di eguaglianza degli altri corollari della ragionevolezza.a quest’esigenza di ragionevolezza si ricollegano alcune pronunce in tema di limiti alla retroattività della legge, relative alle leggi pseudo interpretative, considerate incostituzionali, non perché eccedenti limiti della retroattività delle leggi ma per la loro intrinseca contraddittorietà.il principio di ragionevolezza, nelle sue multiformi applicazioni, diviene uno strumento nelle mani della corte costituzionale per realizzare l’unità dell’ordinamento e la coerenza delle manifestazioni della funzione legislativa. Il limite del diritto UE Carattere generale ormai assunto il limite del rispetto delle norme europee fondato sull’art 11. Infatti, sebbene i rapporti tra l’ordinamento dell’UE e l’ordinamento interno vengono presentati come retti da un principio di competenza, la naturale progressiva espansione del primo fa sì che esso potenzialmente occupi qualche settore del diritto, riducendo conseguentemente l’area di intervento della legge. Vai inoltre ricordato il limite in discorso non opera soltanto come limite costituzionale, cui violazione produca l’incostituzionalità della legge, ma anche come limite dell’applicabilità delle leggi, nel senso che la violazione di norme direttamente applicabili determina il dovere per ogni operatore giuridico di dare applicazione alla norma europea a scapito di quella nazionale. Il limite in parola interessa non soltanto la legge ordinaria ma ogni altra fonte interna, compresa la costituzione: nei suoi confronti vale però la riserva del rispetto dei principi supremi dell’ordinamento costituzionale dei diritti inalienabili della persona umana. Il limite degli obblighi internazionali Il comma uno dell’Art 117 stabilisce a carico della legislazione statale limite, in precedenza gravante solo sulle leggi regionali, del rispetto degli obblighi internazionali. Oggi la circostanza che sia stato inserito nel testo della costituzione il limite del rispetto degli obblighi internazionali non modifica l’interpretazione dell’Art 10 ma crea, a carico della potestà legislativa, statale regionale, un vincolo assai più stretto di quello derivante dal principio pacta recepta sunt servanda. Da qui alcune conseguenze su cui occorre riflettere. La prima è che la norma costituzionale pone implicitamente un obbligo di adeguamento alle norme internazionali diverse da quelle generalmente riconosciute. Il legislatore medesimo è, pertanto, impegnato a creare le condizioni normative perché l’obbligo venga adempiuto sia dalle autorità amministrative giurisdizionali sia dei privati. Ne discende allora una seconda implicazione: una volta perfezionato e divenuto efficaceL’accordo sul piano internazionale, esso determina le conseguenze sopra indicate. Conseguentemente gli stessi accordi in forma semplificata, il cui procedimento non prevede la rettifica del capo dello Stato, finiscono col produrre sul piano interno il vincolo di conformità indipendentemente dal loro recepimento con atto legislativo e senza che il parlamento e le regioni siano stati informati della loro conclusione. Si registra così un forte dislocamento dei poteri a favore del governo che, con la conclusione di siffatti accordi, può limitare la potestà normativa del parlamento e quella delle regioni. Fonti atipiche e leggi rinforzate La costituzione stabilisce inoltre limiti particolari, di forme di contenuto, carico delle leggi che operano in determinate materie. Alcuni di questi limiti hanno condotto la dottrina ad individuare la categoria delle: - leggi atipiche: è collegata al rinvio effettuato dalla costituzione a fonti extra costituzionali come condizione di validità di legge chiamata disciplinare determinate materie - leggi rinforzate: è ricollegata a varianti procedimentali, cui la legge sottoposta, allorché essa debba stabilire determinate disposizioni. Essa, dunque, finisce con l’identificare autonomi tipi di legge, dotate di competenza costituzionalmente riservata, che si discostano per connotati formali dalla legge ordinaria, pur condividendone il regime. ① ② 3 : 3 . Risulta inoltre che lo scopo della previsione di un intervento correttivo e integrativo è normalmente quello di consentire una prima sperimentazione applicativa di questi, onde poter poi procedere, alla luce di essa, all’intervento. La delega bifasica, che formalmente configura in modo puntuale il potere delegato, finisce sul piano effettuale col risolversi in una delega permanente ad esercitare una potestà legislativa, circoscritta bensì negli oggetti e nei principi e criteri direttivi, ma il cui termine, essendo ripetutamente prorogato, la trasforma in una vera e propria delega di attività Il rapporto tra il decreto legislativo e la legge di delegazione La conformità del decreto legislativo alla legge di delegazione è condizione di validità del decreto stesso. Questa conclusione discende pienamente dal rilievo che la legge di delegazione costituisce la fonte del potere delegato, il cui ambito è da esso definito onde l’emanazione del decreto fuori da quest’ambito costituisce vizio di eccesso di delega. I testi unici Una delle più frequente applicazione dell’istituto della delegazione legislativa trova luogo nella formazione di atti, detti testi unici, chiamati raccogliere e riordinare tutta la legislazione vigente in un determinato settore. La raccolta può essere limitata a: - riprodurre le norme vigenti—> non si sarebbe in presenza di un vero e proprio esercito di potestà legislativa, costituendo il testo unico una semplice pubblicazione senza efficacia vincolante delle disposizioni in essere accolte - comportare modifiche, più o meno incisive, delle norme—>il testo unico sarebbe espressione di vere propria potestà legislativa con conseguente novazione della fonte delle disposizioni in esso riportate Avviene di frequente ch il legislatore conferisca al governo apposita delega legislativa, non solo allorchè si tratti di esercitare un’ampia potestà modificativa delle disposizioni d raccogliere, ma anche nel caso di semplice coordinamento. Il procedimento di formazione di tali testi unici, che sfocia in un decreto del presidente della repubblica, previa deliberazione del consiglio dei ministri, ed il rilievo che essi non sono abilitati a modificare o ad abrogare norme legislative, ma solo ad operarne il coordinamento formale, ne rende chiara la natura regolamentare. Conseguentemente l’interprete dovrà, in caso di contrasto con norme legislative, privilegiare queste nei confronti di quelle del testo unico compilativo DECRETO- LEGGE La disciplina costituzionale della decretazione d’urgenza Riguarda la possibiilià che dell’esercizio della fx legislativa non se ne occupi il parlamento ma il governo. I rapporti di forza sono esattamente invertite rispetto il decreto delegato, una volta che il governo ha adottato questo atto il parlamento esercita il controllo anche se nel frattempo questo atto inizia a esercitare una serie di poteri. Art 77 cost in caso di straordinaria necessita e urgenza viene utilizzato questo strumento per aumentare la velocità adottare questo strumento significa che il consiglio dei ministri approva il provvedimento, lo invia al capo dello stato per la sua emanazione, questo lo emana e ne dichiara la sua pubblicazione sulla gazzetta. A questo punto entrerà in vigore il giorno stesso o quello successivo il governo deve, il giorno stesso che l’ha approvato, presentare un disegno di legge di conversione del decreto. Questa presentazione rappresenta l’anello di congiunzione tra l’attività svolta dal governo e il controllo svolto dalle camere . Il decreto rappresenta un allegato del disegno di legge. intervallo molto breve perchè il decreto ha una valenza limitata nel tempo perchè se i decreti non vengono convertiti in legge entro 60 gg, il decreto perde efficacia come se il decreto non fosse mai entrata in vigore. Capiamo che la conversione in legge è fondamentale perchè altrimenti il decreto perde efficacia fin dal momento della sua entrata in vigore La natura del decreto legge Il decreto-legge Costituisce esercizio di un eccezionale competenza affidata al governo dalla costituzione per fronteggiare casi straordinari di necessità e di urgenza A cui non si potrebbe provvedere tempestivamente con gli ordinari strumenti legislativi. La costituzione attribuisce al governo alcuna potestà di emanare decreti legge, ma disciplina soltanto l’eventualità della loro emanazione, in casi straordinari di necessità e di urgenza, prevedendo conseguentemente l’app specifica responsabilità governativa per la loro adozione disciplinando il procedimento per la loro conversione. Il decreto legge, secondo questa concezione, lascerebbe, dunque, come atto di per se è invalido, destinato, in caso di conversione, ad essere retroattivamente sostituita dalla legge del parlamento e, nel caso opposto, decadere, sempre retroattivamente. In assemblea costituente, nelle discussioni circa l’opportunità di disciplinare i decreti-legge, fu a più riprese ribadita la volontà di non attribuire ai decreti stessi valore superiore a quello della legge ordinaria. Certamente quella qualificazione denota l’idoneità del decreto-legge, a differenza della legge, a farsi concreto provvedimento in riferimento alla situazione d’urgenza da fronteggiare; ma essa non autorizza il decreto a sospendere garanzie o norme costituzionali. L’abuso e la reiterazione del decreto-legge Nella prassi l’impiego da parte del governo dello strumento del decreto legge ne ho visto una crescita esponenziale negli ultimi decenni. Si può dire che, a partire dagli anni 90 del secolo passato, il decreto-legge è stato il principale atto di normazione primaria. Ciò è fondamentalmente dipeso dall’instabilità governativa, che non consentivano ai diversi governi di disporli in parlamento di maggioranza sicure e affidabili. La giurisprudenza della corte non ha potuto far altro che circoscrivere il fenomeno dell’abuso della decretazione d’urgenza. A questo punto è stato attivato il controllo della corte costituzionale, la quale ha stabilito: - divieto di reiterazione (360/1996)—> in caso di utilizzo in uno stato diverso da quello di di emergenza - mancanza evidente del requisito della straordinaria necessità ed urgenza (171/2007 e 32/2014) - divieto di disposizioni disomogenee (22/2012 e 32/2014) - divieto di riforme di sistema (220/2013) Il procedimento di formazione del decreto-legge Il procedimento di formazione del decreto-legge si risolve nella deliberazione del consiglio dei ministri, cui segue l’emanazione da parte presidente la Repubblica e la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Controversa in dottrina il problema dell’adottabilità di decreto legge da parte di governo in attesa di fiducia, o a quella fiducia stessa sia stata negata ovvero siano stati colpiti o siano, per qualunque ragione, dimissionari. Secondo una diffusa opinione i governi che verso di tali contingenti situazioni dovrebbero limitarsi agli atti di ordinaria amministrazione. Senonchè questa impostazione contrasta radicalmente con la ratio stessa della decretazione d’urgenza, Che è quella di far fronte in qualsiasi momento, allorché ciò sia necessario urgente, situazioni straordinarie, per la tutela di obiettivi interessi generali primari della collettività. In base all’Art 15 della legge n. 400 del 1988, -a. • • . . ra 1= deve esservi la denominazione di decreto legge, e, nel preambolo, sia l’indicazione delle circostanze straordinarie di necessità ed urgenza che ne giustificano l’adozione, la deliberazione del Consiglio dei Ministri. 2= questo articolo indica una serie di divieti di utilizzo del decreto-legge a) sarebbe un pasticcio se il governo consegnasse una delega legislativa b) serie di materie per cui è previsto il procedimento ordinario, qui deve intervenire il parlamento c) questo è stato un fenomeno che spesso si è verificato: reiterazione di un decreto—> allo scadere del sessantesimo giorno il governo approva un identico decreto-legge che di fatto sposta in avanti di altri 60 gg il decreto precedente che non era stato convertito. Nella storia ci sono stati abusi di reiterazione la quale però non è vietata perché non è improbabile che allo scadere del 60 gg permanga la situazione è c’è la necessità degli effetti del decreto presente. La reiterazione è vietata solo se almeno una delle due camere si sia espressa con voto negativo. d) perchè questi rapporti possono essere disciplinati con la legge e) se la corte cost interviene per dichiarare l’incostituzionalità, tale norma non può essere reintrodotta attraverso decreto legge. Questo vizio deve essere un vizio di sostanza 3= ci deve essere omogeneità tra le misure e il caso di emergenza 4=deve esserci la clausola di presentazione 5= molto spesso in sede di conversione il disegno di legge viene integrato con delle modifiche che contengono delle ulteriori disposizioni. Queste modifiche hanno efficacia dal giorno successivo dalla pubblicazione del decreto di conversione (no retroattiva). La legge di conversione: l’iniziativa. Dopo l’emanazione la pubblicazione del decreto, il governo deve presentarlo il giorno stesso alle camere per la conversione, la quale, avviene con legge, adottata con il normale provvedimento. Nella prassi si segue la procedura normale entrambi i rami del parlamento.sebbene la norma costituzionale sembri riferire alla fase dell’emanazione l’obbligo per il governo di presentare il giorno stesso il decreto alle camere per la sua conversione, nella prassi esso viene presentato il giorno della sua pubblicazione, non sempre coincidente con quello dell’emanazione. Dalla pubblicazione inizia a decorrere il termine di conversione. Il governo provvede alla presentazione del decreto attraverso un disegno di legge composta da un solo articolo, recante la disposizione di conversione e il testo del decreto stesso. Le modifiche eventualmente apportate al decreto-legge in sede di conversione costituiscono emendamenti all’articolo unico del disegno di legge. Come per ogni disegno di legge, anche per quella di conversione di un decreto-legge la presentazione alle camere deve essere autorizzata al presidente la Repubblica, pur se il carattere obbligatorio di questo documento rende del tutto formale il controllo del capo dello Stato. La riunione delle camere Se le camere sono sciolte, il comma due dell’Art 77 dispone che esse siano appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni. Questa disposizione presenta due profili di un certo interesse: - carattere ordinario o perentorio del termine stesso; - i poteri delle camere sciolte. Naturalmente il dovere di convocazione delle camere grava sui rispettivi presidenti.amancato adempimento di tale obbligo non può evidentemente determinare alcuna conseguenza sull’efficacia del decreto. La necessità della convocazione della riunione delle camere è dettata allo scopo di non lasciare il governo arbitrio dell’efficacia del proprio decreto e quindi di consentire al parlamento di essere immediatamente informato della sua emanazione, avviandosi così la procedura di conversione. Il riferimento alle camere sciolte conferma il ben noto istituto della prorogatio , per il quale i poteri delle camere non vengono meno sino alla prima riunione del parlamento neo eletto. Esso indirettamente conferma l’ammissibilità dell’emanazione di decreti legge anche nel periodo tra lo scioglimento delle camere e la prima convocazione delle nuove. Avvenuta la presentazione del decreto, si è posto l’interrogativo se possa ammettersi il ritiro da parte del governo del disegno di legge di conversione allo scopo di produrre l’effetto della immediata decadenza. L’opinione prevalente è nel senso affermativo, ammettendosi ritiro del disegno di legge di conversione alle stesse condizioni degli stessi limiti in cui sia esercitabile il potere di diritto dei disegni di legge, fino al momento cioè in cui l’approvazione di uno dei due rami del parlamento non faccio perdere l’atto di iniziativa la sua originaria autonomia Gli emendamenti al decreto-legge I regolamenti parlamentari dettano disposizioni particolari sul procedimento di conversione del decreto legge in modo da consentire alle camere la verifica dei presupposti legittimante e di pervenire alla sua conclusione entro il termine costituzionale. L’emendabilità del decreto legge in sede di conversione è oggi assolutamente pacifica e piuttosto frequente. Gli emendamenti entrano in vigore il giorno successivo a quello di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della legge di conversione. Su tale momento iniziale qualche dubbio pare tuttavia permanere a proposito degli emendamenti soppressivi, stante anche la precedente giurisprudenza della cassazione che, assimilandoli ad una mancata conversione parziale, riteneva che essi avessero efficacia retroattiva. Tuttavia la conversione del decreto avviene integralmente con tutte le conseguenze che ne discendono; se alla stessa sono associati emendamenti, questi varranno come esercizi di funzione legislativa, volta a modificare il decreto oggetto di conversione non come parziale conversione. Conseguentemente è normale che gli emendamenti prendono vigore con l’entrata in vigore della legge, a meno che lo stesso legislatore attribuisca loro carattere retroattivo. La promulgazione e la pubblicazione della legge di conversione In base al comma tre dell’Art 77 la conversione dei decreti legge deve intervenire entro il termine perentorio di 60 giorni dalla loro pubblicazione; in mancanza essi perdono efficacia sin dall’inizio. Secondo un orientamento ad evitare tale conseguenza dovrebbe essere sufficiente che, entro il 60º giorno, la legge sia stata approvata da entrambe le camere, per potendo le successive fasi della promulgazione della pubblicazione intervenire oltre il limite. In verità la considerazione che il presidente possa rinviare alle camere la legge per una nuova deliberazione è invece chiaro che la legge non può considerarsi perfetta prima della sua promulgazione. Conseguentemente deve ritenersi che anche la promulgazione debba intervenire nel termine costituzionale e che pertanto, in caso di rinvio presidenziale della legge, si presenta molto elevato rischio della decadenza del decreto allorché il rinvio stesso avvenga a ridosso della scadenza dei 60 giorni. La conseguenza sgradevole di quanto detto è, quindi, che attraverso il rinvio il presente la Repubblica è in grado di esprimere, nella maggior parte dei casi, una sorta di veto assoluto alla legge di conversione, provocando la decadenza del decreto. La natura della legge di conversione Dal punto di vista costituzionale la legge di conversione presenta talune peculiarità. Tale legge, composta da un solo articolo, anche quando il testo del decreto da convertire sia oltremodo complesso costituisce: - deroga agli articoli 71 e 72 della costituzione (richiedono la redazione di articoli del progetto di legge la sua approvazione articolo per articolo e con votazione finale) - pur avendo efficacia retroattiva (in quanto si sostituisce, convalidandolo stabilizzandolo, di un testo già in vigore) essa è per definizione sottratta ai limiti generali alla retroattività delle leggi. Conseguentemente non solo la mancanza di presupposti di necessità e di urgenza ne inficia la validità, ma la stessa tempestività del suo intervento costituisce condizione per il suo legittimo operare. La conversione tardiva, pertanto, si colloca fuori dal modello dell’articolo 77 non può, quindi, qualificarsi come legge di conversione, abilitata a completare retroattivamente il decreto, scaricare il governo dalla sua responsabilità e a recepirne in un unico articolo il testo. Dalla disciplina costituzionale del decreto-legge emerge sicuramente che, indipendentemente dal termine impiegato, la legge di conversione, da un lato, esprime l’assenso del parlamento in ordine alla sussistenza dei presupposti di necessità e di urgenza per l’intervento governativo (e quindi scarica il governo dalla relativa responsabilità), dall’altro, sostituisce la disciplina governativa con quella parlamentare (ripristinando così, anche retroattivamente, l’ordine normale delle competenze). Conseguenze della mancata conversione La costituzione ricollega alla mancata conversione del decreto nei 60 giorni dalla pubblicazione e la sua perdita di efficacia “sin dall’inizio”, mentre consente alle camere di regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto non convertito Significativa è comunque il rilievo che è sufficiente che una sola delle camere abbia negato la conversione perché ne consegua la decadenza del decreto; Dal disposto dell’Art 77 discende che, in caso di mancata conversione, vengono meno gli effetti del decreto, mentre perdono fondamento giuridico i rapporti che, sulla base, sono sorti. In difetto di apposita disciplina legislativa, detti rapporti andranno qualificata alla stregua delle norme preesistenti arriveranno in baldi, se con esse contrastanti. Non si avrà, in altri termini, un’automatica decadenza degli atti emanati dei rapporti sorti sulla base dei decreti non convertiti, ma essi potranno essere rimossi alle condizioni previste in via generale per ogni tipo di atto. Ciò significa che, se sulla base decreto legge siano stati adottati i provvedimenti amministrativi, decisioni di natura giurisdizionale, o siano stati posti in essere negozi giuridici privati, questi non vengono meno ope costitutionis, ma occorre che gli interessati ne provi chino la rimozione dal circuito giuridico, attraverso i normali mezzi di impugnazione. La mancata conversione autorizza, comunque, le camere a disciplinare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti, consentendo loro di superare i limiti alla retroattività della legge e, soprattutto, di derogare al principio della decadenza retroattiva dei decreti stessi, facendo salvi rapporti che quella decadenza renderebbe invalidi. Nella prassi il legislatore fa uso di tale potere con una formula generale di sanatoria di tutti gli atti e rapporti conseguenti al decreto non convertito. Se la legge di sanatoria sembra realizzare una parziale conversione del decreto, essa però è specificamente basata sul presupposto della mancata conversione e non elimina di per se la responsabilità governativa. La responsabilità del governo dalla mancata conversione discende l’imputazione al governo della responsabilità per tutte le conseguenze che siano derivate dal decreto e dalla sua esecuzione. Naturalmente occorre che si verifichino anche le diverse condizioni, previste dall’ordinamento per ogni tipo di responsabilità. Così: - Il governo risponderà politicamente del proprio decreto, sempre che il parlamento, che il soggetto attivo della responsabilità politica, deciderà di farla valere sensi dell’Art 94 Cost; - il governo risponderà civilmente nei confronti dei soggetti lesi dall’esecuzione del decreto nei limiti del danno loro arrecato del nesso di causalità, dovendosi, in base all’Art 77, comunque presumere, insieme con l’illecita del fatto, il dolo o quantomeno la colpa; - il governo risponderà ugualmente per l’eventuale danno erariale (dello stato), per analoghe considerazioni in ordine all’illiceità del fatto, al dolo o alla colpa, dovendosi comunque accertare il nesso di causalità - il governo, infine, potrà incorrere in responsabilità penale, ai sensi dell’art 96 cost, ove il decreto realizzi un comportamento criminoso. ALTRI ATTI CON FORZA DI LEGGE O DI DUBBIA COLLOCAZIONE I decreti legislativi di attuazione degli statuti speciali Appartengono senz’altro alla categoria degli atti con forza e con valore di legge i decreti legislativi previsti dagli statuti regionali speciali per l’approvazione delle norme riguardanti la loro attuazione ed il trasferimento delle funzioni amministrativi e del personali dallo stato alle rispettive regioni e alle provincie autonome di treno e di Bolzano. Sebbene denominati decreti legislativi, questi atti si differenziano da quelli previsti dall’art 76 cost, in quanto sono esercizio non di un potere delegato a di una potestà direttamente attribuita all’esecutivo dalla norma costituzionale I provvedimenti del governo emessi nell’esercizio dei poteri necessari ad esso conferiti in caso di guerra Una forma del tutto speciale di delegazione è rappresentata dal conferimento da parte delle camere al governo dei poteri necessari, preva deliberazione dello stato di guerra, previsto dall’art 78 cost. Dalle disposizioni costituzionali deriva: la legittimità della sola guerra difensiva (art 11); la dichiarazione di guerra effettuata dal capo dello stato presuppone una previa deliberazione parlamentare (art 87) e il conferimento al governo dei poteri necessari deve essere preceduto dalla deliberazione dello stato di guerra internazionale e che quindi non è effettuabile al di la di tale ipotesi. L’instaurazione dello stato di guerra internazionale produce poi l’entrata in vigore, sul piano dell’ordinamento interno, del diritto di guerra, cioè di quelle norme dettate per l’ipotesi di guerra. Il conferimento aò governo dei poteri necessari è disposto dalle camere, non importa se contestualmente o con atto successivo alla deliberazione dello stato di guerra. Quanto alla natura e all’estensione dei poteri attribuibili per tale via al governo, il fatto stesso della loro esplicita previsione nella norma costituzionale rende chiaro che si tratta di poteri extra ordinem, volti a far fronte a situazioni del tutto particolari, come quelle che possono determinarsi in caso di guerra. LE FONTI SECONDARIE Il quadro costituzionale Facciamo riferimento solo ai regolamenti governativi—> come ad esempio i regolamenti delle camera I regolamenti di camera e senato sono differenti rispetto agli altri perche nell’art 74 c’è una riserva di regolamento (tecnicamente che), dove viene prevista una procedura di approvazione di legge diversa da quella ordinaria. Quindi l’ipotesi che nel nostro sistema ci sia un’approvazione di disegni di legge diversa da quella ordinaria è dovuta alla presenza di regolamenti (è la cost che chiede ai regolamenti di prevedere modalità di approvazione della legge diverse dall’art 74), questa riserva non ce in nessun altro tipologia di fonte regolamentare. Non ce da confondere però le fonti secondarie (e quindi i regolamenti governativi) con i regolamenti parlamentari, sono completamente diverse non solo per l’organo ma anche il contenuto, solo i primi fondato la fonte secondaria nell’ordinamento. Le fonti secondarie non sono previste in costituzione ma possiamo trarre l’informazione che il costituente non era contrario dall’art 87 dove troviamo che il capo dello stato promulga le leggi e i regolamenti, propio quelli che noi stiamo analizzando. All’interno del nostro ordinamento sussistono diversi tipi di regolamenti: - regolamenti di esecuzione: intervengono per dar esecuzione alle leggi e ai decreti delegati. Possono intervenire anche per dar esecuzione anche alla fonte comunitaria perche sono gli unici che non hanno bisogno di un atto di recepimento da parte degli ordinamenti nazionali. - regolamenti di attuazione : pur operando in materie non regolate dalla legge e quindi rappresentano la fonte più elevata in grado, non costituiscono esercizio di potestà legislativa primaria e quindi non derogano all’art 70. La loro ammissibilità va piuttosto considerata alla stregua del principio di legalità. La differenza rispetto il precedente da un punto di vista pratico non sussisto, mentre da un punto di vista teorico nel primo caso la discrezionalità è pari a zero da parte del governo, non c’è margine di questo di scegliere, mentre nel secondo un margine molto vincolato ce l’avrebbe, è talmente fotocopia della legge che addirittura potrebbe intervenire in materie coperte da riserva assoluta. - regolamenti di organizzazione - regolamenti indipendenti: assumono questo nome perché vengono assunti indipendentemente dalla legge perché questa non ce. Possono essere approvati qualora una materia sia completamente priva di disciplina legislativa e non sia coperta da nessun tipo di riserva di legge. Ma è poco usato perché è difficile trovare una materia non disciplinata - regolamenti di delegificazione: attuano quello che nel sistema è chiamato il processo di delegificazione: significa attuare un percorso per cui una materia è stata fino a quel momento disciplinata da una fonte primaria e da un certo momento in poi quell’ambito è stato disciplinato da una fonte secondaria. Ma un regolamento non è un atto con forza di legge, ne attiva e passiva, ha un valore degradato rispetto alla legge allora come è possibile questo passaggio? Le ordinanza in deroga alla legge Problemi di inquadramento sistematico pongono le ordinanze , abilitate a derogare a disposizioni legislative. L’espressione designa una vasta congerie di atti, la cui natura, normativa o amministrativa, è incerta, abilitata ad intervenire in situazioni impreviste e imprevedibili di urgenza, predeterminate in modo del tutto generico, anche in deroga a disposizioni legislative. Dal punto di vista formale queste ordinanze si presentano come provvedimenti adottati da autorità amministrative centrali o periferiche dello Stato, mentre, dal punto di vista sostanziale, la circostanza che essi siano abilitate a derogare alla legge, siano più o meno libere nei contenuti e possano anche dettare prescrizioni destinate a ricevere ripetuta, pur se provvisoria, applicazione, ha fatto sorgere il dubbio circa la loro natura normativa. Il modello cui si ispira la legislazione più recente prevede una predeterminazione di eventi al verificarsi dei quali il Consiglio dei Ministri delibera lo stato di emergenza.per l’attuazione dei relativi interventi è prevista l’adozione di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, le quali devono contenere l’indicazione delle principali norme a cui derogano, essere motivate. Il principio di legalità, ha finito per ricavare dalle norme attributive del potere di ordinanza limiti sostanziali idonei a collocare quell’ordinanza imposizione subordinata a quella legislativa. Ciò non toglie che la prassi degli ultimi anni abbia visto l’impiego di tale ordinanza in modo alternativo e quasi fungibile ai decreti legge, autorizzando la conclusione dell’incostituzionalità della loro previsione in riferimento alla disciplina dei decreti- legge. Dal carattere amministrativo dell’ordinanza la dottrina ha tratto la conseguenza che tali ordinanze possono essere adottate dalle stesse regioni nelle materie di loro competenza sulla base di specifiche previsioni legislative. Si può pertanto concludere che tali atti, in quanto destinati a provvedere a situazioni previste, ma pur sempre nell’ambito di una cornice legislativamente definita, che non consente loro di determinare innovazioni stabili nell’ordinamento, appartengono alla categoria dei provvedimenti amministrativi non quella degli atti normativi. La disciplina di regolamenti dell’esecutivo ma se i regolamenti non sono previsti dalla costituzione tale logica da dove viene ricavata ? Art 17 della legge n. 400 del 1988 Il parlamento approva una legge di autorizzazione (con tutta una serie di criteri) che, appunto, autorizzare il governo a intervenire con un propio regolamento per regolamentare una determinata materia. A questo punto il governo interviene con un regolamento di delegificazione ma non è quest’ultimo ad abrogare la fonte primaria vigente, ma è la legge di autorizzazione, derivante dal parlamento, ad abrogare la fonte primaria nel momento in cui entra in vigore la nuova fonte secondaria secondo la gerarchia Leggi e atti a venti forza di legge Fonti secondarie Cost Ai regolamenti governativi è assegnato il o compito di disciplinare: regolamenti di esecuzione regolamenti di attuazione regolamenti indipendenti regolamenti di organizzazione l’intento di consentire uno sfoltimento del materiale legislativo presente nell’ordinamento e di restituire al parlamento il suo ruolo naturale di orientamento della legislazione statale e regionale viene perseguito attraverso l’ampliamento fella potestà normativa secondaria del governo e attraverso la delegazione di materie. Per realizzare ciò il comma 2 prevede un complesso meccanismo IFM - ma mmm mmm mmm mmm Naoi Questo articolo si occupa di: - regolamenti governativi: deliberati dal Consiglio dei Ministri ed emanati con decreto del presidente della Repubblica - regolamenti ministeriali e interministeriali: emanati dal singolo ministro o di concerto con uno o più ministri Questi non possono essere in contrapposizione o trattare diversemante i contenuti di un regolamento governativo Queste sono fonti che devono essere sottoposte a due controlli: 1) natura preventiva: a opera del consiglio di stato. Questo parere è obbligatorio ma non vincolante perché il governo può adottare il decreto se questo consiglio non risponda o può anche superare le opposizioni Da questo parere il consiglio dei ministri delibera e successivamente inizia la fase integrativa dell’efficacia che rivede l’emanazione da parte del presidente della repubblica a cui seguirà la pubblicazione sulla gazzetta ufficiale. Dopodiché vi è un altro controllo: 2) natura successiva: controllo di stretta legittimità da parte della conte dei corti che deve operare un controllo che assicuri che il regolamento sia stato adottato nel rispetto della legge. !! il controllo di legittimità non viene fatto per le fonti primarie e il controllo di costituzionalità non viene fatto alle fonti secondarie !! L’entrata in vigore di questo articolo ha introdotto di per se un grande elemento di novità perché è solo in questo articolo che si torva codificato il concetto di riserva di legge perché questa tipologie di regolamenti rispondono alla logica del concetto di riserva di legge. Il regolamento, oltre a intervenire dove la materia non è coperta da riserva assoluta, può intervenire la dove solo la materia è coperta anche da fonte primaria. Se interviene la fonte regolamentare ce una legge perche la fonte regolamentare si applica solo in presenza di fonte primaria. Il regolamento interviene la dove ce la legge. A seconda del tipo di regolamento potremo avere alcuni regolamenti e non altri; utilizziamo il condizionale perché tra le varie tipologie di regolamento si parla di quelli indipendenti, questo concetto di indipendenza va inteso rispetto alla legge, questo interviene anche senza legge. La rottura del modello di delegificazione prefigurato nella legge n 400 Come abbiamo visto l’art 7 comma 2 non detta una disciplina immediatamente applicabile della delegificazione ne delegifica alcunché: esso vuole però rappresentare un modello cui la legislazione successiva dovrebbe ispirarsi. Ma la circostanza che alla legge n 400 non possa essere ascritto un valore superiore a quello della legge ordinaria ha fatto si che il legislatore successivo vi abbia fatto ricorso di volta in volta derogando ai criteri ed alle garanzie fissate con la legge del 1988. Invero non sempre nella legislazione successiva la materia oggetto di delegificazione è stata delimitata con chiarezza attraverso la determinazione delle norme generali regolatrici nè attraverso l’individuazione delle disposizioni sottoposte ad abrogazione. L’alterazione al modello previsto dalla legge n 400 non consente quindi, in tutti i casi in cui manchi o non sia agevolmente ricavabile dalla legge abilitante l’individuazione delle norme soggettate ad abrogazione, di ricorre all’idea dell’abrogazione condizionata, per la cui utilizzazione è necessario ricondurre alla legge l’abrogazione stessa; mentre è evidente che, ove sia consentito alla fonte regolamentare di individuare essa stessa, insieme con l’oggetto della propria disciplina, le norme da abrogarsi, l’effetto abrogativo andrà ricondotto alla medesima. Sicchè non stupisce che nella prassi siano talvolta gli stessi regolamenti delegati a disporre in modo esplicito l’abrogazione di leggi previdenti.. Se quei limiti generali vengono infranti si finisce con il conferire al governo, talvolta anche a mezzo di atto non idoneo, un potere normativo nelle sue dimensioni oggettive analogo a quello conferibile in base a delegazione legislativa, ma caratterizzato da una stabilità di attribuzione sconosciuta alla stessa potestà legislativa delegata. Ciò determina una profonda modificazione sia del sistema delle fonti, per il venir meno della distinzione tra fonti primarie e fon ti secondarie, sia della stessa forma di governo tracciata dalla costituzione, per l’abnorme incremento del ruolo dell’esecutivo nella produzione legislativa. Delegificazione e delegazione legislativa. Il termine per l’esercizio della potestà regolamentare. La prassi comporta un evidente assimilazione tra il modello regolamentare e quello del legislativo delegato. Se non che, aldilà delle intenzioni delle leggi abilitanti, il meccanismo della delegificazione non è del tutto assimilabile a quello della delegazione, sussistendo notevoli differenze di fondo. Invero lo strumento della delegificazione, configurato dalla legge n 400 come appropriazione condizionata ad opera della legge abilitante, per quanti sforzi si facciano, non riesce a surrogare quello della delegazione legislativa. La delegificazione si sviluppa in due fasi: - una a opera della legge abilitante che identifica le disposizioni soggette ad abrogazione condizionata - una che muove dal regolamento che, realizzando la condizione, rende efficace l’abrogazione Ne consegue che l’eventuale ulteriore intervento del regolamento, non trovando nelle disposizioni legislative ostacoli al proprio operare, non richiederà speciali abilitazioni, il nuovo atto presentato come esercizio di normale potestà regolamentare, specificamente autorizzato dalla legge abilitante I regolamenti ministeriali e inter ministeriali Questi vengono citati dal comma 3 dell’Art 17 della legge n 400 con disposizioni opportunamente limitative. La prima delle quali sta nella Ai regolamenti ministeriali e interministeriali, essi possono essere adottati soltanto nelle materie di competenza delle amministrazioni interessate, previa esplicita attribuzione legislativa del relativo potere ed hanno carattere subordinato ai regolamenti governativi natura preventiva che aspetta a tutti i regolamenti quindi sia a quelli governativi che a quelli ministeriali e interministeriali 1) determinazione delle norme generali regolatrici della materia 2) autorizzazione all’esercizio della potestà regolamentare del governo 3) abrogazione delle norme vigenti con effetto dell’entrata in vigore delle norme regolamentari 4) emanazione del regolamento da parte del presidente della repubblica, previa deliberazione del consiglio dei ministri, sentito il consiglio di stato e previo parere delle commissioni parlamentari competenti in materia Ada mm mm ( guarda legge ) subordinazione gerarchica in cui la legge pone questi regolamenti rispetto ai regolamenti governativi, stabilendo che essi non possono contenere disposizioni in contrasto con questi. Vi è da aggiungere che l’esercizio di un potere regolamentare da parte dei ministri è condizionato da apposita autorizzazione legislativa ed è limitato alle materie di competenza del singolo ministro o di autorità ad esso sotto ordinate. Inoltre è prevista l’obbligatoria audizione del parere del Consiglio di Stato la registrazione della corte dei conti. L’importanza di questa disciplina è data dal fatto che, attraverso la formulazione dei regolamenti ministeriali, devono evitarsi interventi normativi di un singolo ministro nella forma del semplice decreto ministeriale, camuffati da normale atto amministrativo. In questi casi, infatti, l’atto amministrativo con contenuto sostanzialmente normativo potrà essere annullato dal giudice amministrativo, ove non risponda alle prescrizioni della legge n 400. Si avrà atto normativo ogni volta che questo sia diretto a regolare ipotesi generali e astratte, ripetibili nel tempo, mentre si avrà atto amministrativo ogni volta che si interverrà ad applicare una norma ad una fattispecie concreta o ad una pluralità di esse. I regolamenti regionali I regolamenti delle regioni e degli enti locali si ricollegano alla stessa autonomia che loro attribuita dalla costituzione e dalle leggi vigenti, ma trovano ora nel nuovo testo dell’articolo 117 uno specifico richiamo. È chiaro che esso è volto a ripartire relativamente la competenza materiale tra lo Stato, le regioni e gli enti locali, definendo i relativi criteri. Ma è ugualmente importante è che nel testo costituzionale sia esplicitamente richiamata, oltre alla funzione legislativa, quella regolamentare. La norma costituzionale si limita a stabilire il criterio di riparto delle competenze regolamentari, mentre sono comunque necessarie norme procedimentali e sostanziali per consentire l’esercizio. Quanto alla competenza, va subito detto che la norma costituzionale espressamente circoscrive quella statale alle materie di potestà legislativa esclusiva, nelle quali è pur consentita la delega alle regioni, rimettendo a queste ultime tutte le altre. Per la potestà regolamentare non è dunque prevista alcuna concorrenza di competenza tra lo Stato e le regioni, come per quella legislativa, con la conseguenza che nelle materie di cui al comma 3 dell’art 117 lo Stato dovrà astenersi da qualsiasi intervento regolamentare anche soltanto specifico dei principi fondamentali. I regolamenti e gli statuti degli enti locali I problemi sono sostanzialmente analoghi per i regolamenti degli enti locali territoriali, ai quali già la legge ha riconosciuto una larga potestà normativa secondaria, da esercitarsi sia nella forma dello statuto, per l’organizzazione interna, sia in quella dei regolamenti, per la disciplina dei loro funzioni. La riforma costituzionale del 2001 ha previsto la loro potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite. Ne consegue allora, da un lato il divieto per la legge statale o regionale di restringere l’ambito costituzionalmente definito della potestà statuaria e di quella regolamentare dei comuni, province e città metropolitane, da un altro lato che, fermo il carattere secondario di quelle fonti, esse si trovano in posizione di separazione di competenza nei confronti delle altre fonti secondarie. Circa l’ambito della potestà regolamentare degli enti locali, esso si riferisce all’organizzazione e allo svolgimento delle loro funzioni senza che possa distinguersi tra funzioni proprie e funzioni conferite da leggi statali o regionali. Sarà quindi in ogni caso la legge, statale o regionale, competente ad attribuire agli enti locali le rispettive funzioni amministrative, a definire i procedimenti, rimettendo al regolamento locale ogni altro aspetto dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni stesse. I regolamenti delle autorità amministrative indipendenti È fenomeno relativamente recente la creazione nel nostro ordinamento di numerose autorità amministrative indipendenti per lo svolgimento di compiti di particolare delicatezza del diritto dell’economia o nel campo dei diritti individuali, nei quali si avverte l’esigenza che funzioni di controllo e di regolazione delle attività di soggetti privati e pubblici si era affidata ad autorità hanno allegato l’esecutivo ed in genere al potere politico. All’indipendenza che la legge assicura a dette amministrazioni, si ricollega l’attribuzione di una potestà normativa secondaria che include talvolta veri e propri regolamenti indipendenti che disciplinano non solo i criteri modi di svolgimento delle funzioni adesso affidate, ma anche le attività dei privati sottoposta a regolazione e/o a controllo. L’attribuzione di tale potestà regolamentare, collegata all’autonomia di determinati soggetti, non appare di per sé incompatibile con le norme costituzionali sulle fonti, sempre che l’ambito materiale assegnato alla fonte regolamentare sia circoscritto. Le circolari Muovendo dall’idea che la circolare altro non sia che uno strumento di esternazione nell’ambito di una determinata organizzazione amministrativa di ordine operativi dal contenuto di volta in volta diverso, la dottrina elaborato la distinzione tra varie categorie di circolari. L’opinione prevalente è che le circolari siano in generale sprovviste di efficacia normativa, non producendo in modo autonomo innovazioni nell’ordinamento giuridico. Se non che l’esperienza mostra fenomeni di circolare avente efficacia esterna e la cui normatività sembra difficile da contestare. Si è infatti parlato, per alcune di questi di circolari-regolamento a sottolineare il loro carattere propriamente normativo. I FATTI NORMATIVI Con questa espressione ci si riferisce in genere a quei fatti giuridici ai quali l’ordinamento riconosce l’idoneità a produrre norme giuridiche, ovvero, in un’accezione più ampia, a quei fenomeni che, ancorché non previsti come fonti di norme giuridiche, in realtà producono norme che ricevono media osservanza. In questa seconda accezione il fatto normativo comprende le modifiche tacite della costituzione, l’assunzione da parte di organi pubblici di poteri normativi loro non espressamente conferiti, lo stesso precedente giudiziario, mentre in quella più restrittiva l’unico fatto normativo previsto è la consuetudine. La fonte consuetudinaria Nel vigente sistema italiano la consuetudine occupa una posizione ridotta. Infatti, sebbene sia inclusa nell’elenco delle fonti dell’art 1, la sua efficacia è limitata alle ipotesi in cui essa sia oggetto di specifico rinvio. Di modo che, a questa stregua, la consuetudine possederebbe un’autonoma forza normativa solo fuori dalle materie disciplinate dal diritto scritto. Esistono 4 tipi di consuetudini: 1) quelle richiamate dal diritto scritto, alle quali si finirà col riconoscere il valor che la fonte richiamante assegna loro 2) quelle operanti praeter legem, in quei limitati settori in cui, pur non essendovi norme scritte, vi sia la convinzione che i relativi rapporti siano giuridicamente rilevanti; in tal caso la consuetudine avrà valore di fonte autonoma del diritto, cedevole peraltro rispetto al diritto scritto, che può in qualsiasi momento, disciplinando la materia, estrometterla da quei settori. 3) quelle operanti in settori disciplinati da norme scritte e dirette a colmare le lacune: anche di esse dovrà predicarsi la subordinazione al diritto scritto 4) quelle operanti in materie disciplinate dal diritto scritto in modo incompatibile con questo: in termini giuridico-formali tali consuetudini dovrebbero ritenersi, più che inefficaci, inesistenti e di esse l’operatore giuridico non dovrebbe fare alcuna applicazione La struttura della fonte consuetudinaria Questa consta di due elementi: - ripetizione più o meno prolungata nel tempo di comportamenti - convinzione che essi corrispondano ad una norma giuridica Ciò che va approfondito è il rapporto tra la consuetudine e le fonti-atto: sul terreno formale la sopravvivenza di un atto normativo dovrebbe determinare l’abrogazione l’estinzione della prima a prescindere dal suo contenuto, ma ciò può anche non avvenire se da parte degli operatori giuridici e particolarmente dei giudici si continua ad applicare la consuetudine e non la norma scritta, la quale finirà così col cedere alla norma consuetudinaria > arriva la domenica in cui sono stato indetti i comizi referendari Conclusa la giornata, la prima verifica che viene fatta è accertare se è stato raggiunto il quorum di validità. Per il risultato del referendum vengono computati solo i voti validamente espressi, le schede bianche o nulle non vengono computate, sono voti persi ai fini del risultato ma non per il quorum strutturale. Affinché il referendum abbia un risultato positivo i SI devono prevalere sui NO. Il risultato viene poi pubblicato sulla gazzetta ufficiale e dal giorno successivo decorre l’effetto abrogativo a meno che il decreto, con cui vengono pubblicati i risultati, contenga una specifica di tempo diverso, fino a 45 gg dalla pubblicazione. Qualora i NO prevalgano sui SI (quindi il referendum ha esito negativo) anche questi risultati vengono pubblicati, solo come pubblicità notizia fine a se stessa senza alcuna efficacia e il decreto è a opera del ministro della giustizia. La proposta, in caso di risultato negativo, fa si che non si possibile riproporre la proposta referendaria se non dopo 5 anni. Nel caso in cui invece non venga raggiunto il quorum strutturale, la proposta referendaria è possibile che venga proposta immediatamente l’anno successivo. Due sono gli elementi di criticità 1) si riferisce alla proposta referendaria, nelle more dell’intervallo tra la data di indizione del referendum e lo svolgimento del referendum. Piò succedere che il parlamento approva una disciplina che interagisce con le proposte o perché la abroga o perché le camere approvano una disciplina che modifica la norma oggetto della proposta referendaria ma questa modifica potrebbe essere solodi facciata per interdire l’utilizzo del referendum. Questa furbizia viene controllata perché l’ufficio centrale ha stabilito che la modifica deve essere di sostanza e non solo di facciata 2) se, nelle more tra la data di indizione del referendum e lo svolgimento del referendum, dovesse intervenire uno scioglimento anticipato delle camere, la proposta referendaria viene sospesa e viene ripresa 365 gg dopo la convocazione delle nuove camere la corte dice che c’è un limite testuale che però va integrata con l’interpretazione logico-sistematica art che prevede indicazioni rispetto alla legge di bilancio e tributarie se ci fosse possibilità di intervenire probabilmente ogni anno ci sarebbe un referendum tutto questo ambito incide direttamente o indirettamente sulla legge di bilancio e quindi, per estensione, non possono , formare oggetto di referendum In alcuni casi l’ufficio centrale potrebbe interdire subito il procedimento qualora la proposta è palesemente contraria (int letterarie) ai limiti dell’art 75 LIMITI ART 75 L’ammissibilità del referendum abrogativo è responsabilità della corte costituzionale. L’organo ella legittimità nasce con un’anima che non teneva dentro originariamente questa attività ma il legislatore, in un momento successivo, ha deciso che l’organo più idoneo a questo tipo di attività era la corte. Il limite testuale dell’art 75 nasce dalla circostanza che queste leggi, in termine di adozione, sono leggi che hanno un procedimento rafforzato. Le materie di questo art si sovrappongo leggermente con l’art 72. In tale articolo viene specificata la legge elettorale la quale però è riservata all’assemblea e non all’utilizzo dello strumento referenziarlo e non rientra nei limiti dell’art 75. Detto questo in realtà l’analisi che dobbiamo attuare è molto più complessa perché è innegabile che a oggi assistiamo a una giurisprudenza che è andata ben oltre a quelle che sono le limitazioni sostanziali dell’art 75, in alcuni casi addirittura c’è stat iniziativa propria da parte della corte. • • da guarda tabelle • date • in allegato 1) discipline che davano attuazione al trattato, una volta autorizzato, tutte le discipline che derivano da quel trattato non possono essere oggetto di referendum su queste tipologie di leggi, considerando anche la circostanza che in qualche modo abbiam o utilizzati i trattati internazionali per aderire all’organizzazione sovranazionale, con tutte le conseguenze delle adesioni, ciò ha fatto si che questo sia un ambito materiale fortemente esteso 2) tutte quelle discipline internazionalmente imposte 3) qui non siamo nel diritto internazionale ma in quello comunitario (ordinamento intermedio tra ordinamento nazionale e quello internazionale). Quando la corte parla di leggi comunitarie sta dicendo qualcosa di più rispetto all’ordinamento nazionale Conseguenza diretta di un’impostazione più logico-strutturale perché a livello costituzionale abbiamo un procedimento per l’approvazione e la revisione LIMITI IMPLICITI DESUMIBILI Accanto ai limiti testuali, espressamente previsti dall’art. 75, secondo comma, Cost., la giurisprudenza costituzionale ha individuato una serie di limiti ulteriori (impliciti), desumibili dall’intero ordinamento costituzionale e, in particolare, dalla natura e disciplina dell’istituto del referendum abrogativo. In particolare, i limiti impliciti sono connessi sia alla natura dell’istituto del referendum abrogativo quale atto-fonte equiordinato alla legge ordinaria sia alla stretta correlazione tra referendum e diritto di voto. In via giurisprudenziale, sono pertanto escluse da referendum abrogativo le seguenti categorie di leggi: - la Costituzione, le leggi di revisione costituzionale e le “altre leggi costituzionali” di cui all’art. 138 Cost.; > gli «atti legislativi dotati di una forza passiva peculiare» e, dunque, «insuscettibili di essere validamente abrogati da leggi ordinarie successive», come ad esempio, la legge di esecuzione dei Patti Lateranensi (sent. n. 16/1978); - Le “leggi ordinarie a contenuto costituzionalmente vincolato”; - le “leggi costituzionalmente obbligatorie” ovvero “essenziali per il funzionamento dell’ordinamento democratico”; - le “leggi costituzionalmente necessarie” (sent. n. 16/1978): sono ricondotte alla categoria delle leggi costituzionalmente necessarie le leggi elettorali, per le quali è esclusa la sottoponibilità alla consultazione referendaria, quando l’esito del referendum abrogativo produca vuoti incolmabili in attesa di una disciplina integrativa (così, sentt. nn. 47/1991, 5/1995, 26/1997). Limiti giurisprudenziali al quesito: Secondo la giurisprudenza costituzionale, il quesito referendario deve essere omogeneo, coerente ed intelligibile. Tali requisiti sono stati oggetto di ulteriori estensioni e precisazioni da parte della giurisprudenza costituzionale, di cui si sintetizzano gli aspetti principali: - lo stretto legame tra il requisito dell’omogeneità del quesito e la libertà del voto. - i requisiti di “semplicità, chiarezza, non contraddittorietà e completezza” (o coerenza) del quesito (e loro incidenza sul diritto di voto); - il requisito della “evidenza del fine intrinseco dell’atto abrogativo”, fine che deve essere univoco, trasparente ed evidente; • guarda tabelledate in allegato • • • 2) i diritti fondamentali Sono contenuti nella parte I della costituzione negli articoli che vanno dal 13 al 54. In particolare modo il punto di riferimento è l’art 2 3) l’inviolabilità dei diritti costituzionali L’inviolabilità proclamata dall’art 2 ha un preciso significato giuridici e culturale. L’inviolabilità dei diritti fondamentali si radica nell’anteriorità dei diritti della persona umana rispetto all’ordinamento giuridico. Non a caso il costituente ha utilizzato il verbo riconoscere (in apertura dell’art 2), infatti l’ordinamento non può istituire, stabilire, creare i diritti innati in ogni essere vivente; esso li può solo riconoscere perché i diritti inviolabili sono caratterizzati da una precedenza ontologica rispetto allo stato. inviolabilità significa che nessun potere dello stato può disporre dei diritti fondamentali: neppure quando si attiva il procedimento di revisione costituzionale Anche la corte costituzionale ha affermato che i principi supremi della costituzione italiana “non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi costituzionali”. L’inviolabilità non significa che ogni aspetto della regolazione dei diritti costituzionali debba essere sottratta a ogni modifica (ciò diminuirebbe la tutela). La corte costituzionale considera sottratto alla revisione costituzionale solo il contenuto essenziale, lasciando alla consueta dinamica della produzione del diritto i diversi modi di esercizio di tali diritti CAPITOLO IV 1) la cittadinanza Cittadinanza —> diritti segna il passaggio da suddito a cittadino due significati politico => designa lo status sociale di cittadino e cioè il complesso delle condizioni politiche, economiche e culturali che sono garantite a cub sua a pieno titolo membro di un gruppo sociale organizzato indica uno status normativo e cioè l’ascrizione di un soggetto (per territorio, parentela, li era scelta) all’ordinamento giuridico di uno stato giuridico => La costituzione oltre che contenere norme che sanciscono diritti e doveri che riguardano i cittadini italiani e quelli che riguardano gli stranieri. - L'art. 22 afferma che: nessuno può essere priovato della cittadinanza per motivi politici. - Le norme vigenti in italia sulla cittadinanza sono contenute nella legge 5 febbraio 1992 n 91. La condizione di cittadino attribuisce una particolare serie di diritti e di doveri, cho non spettano invece a chi non è cittadino. In particolare, la Costituzione, attribuisce alcuni diritti politici, fra i quali soprattutto il diritto all’elettrato attivo e passivo, solo ai suoi cittadini. Agli stranieri vanno riconosiuti sia i diritti inviolabili della persona (art 2) sia quelle situazioni giuridiche il cui eserciio non richiede il rapporto tra stato e individuo proprio del rapporto di cittadinanza. Modi di acquisto della cittadinanza: I criteri principali per l'acquisto della cittadinanza sono: - ius sanguinis: cioè è cittadino chi nasce da genitore cittadino italiano, indipendentemente dal luogo di nascita. Altre ipotesi di acquisto della cittadinanza da parte di chi non sia cittadino italiano sono: 1. Acquisto per ius communicatio: minore adottato o convivente con un genitore che sia cittadino italiano. 2. Acquisto per elezione: lo straniero o l’apolide del quale il padre o la madre o il nonno o la nonna sia stato cittadino per nascita, lo straniero che presta servizio militare o assume un impiego statale, o lo straniero che al raggiungimento della maggiore età risiede almeno da due anni in Italia, ovvero lo straniero nato in Italia che vi risiede senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età. 3. Acquisto a domanda: lo straniero o l’apolide sposato a un cittadino/a italiano, dopo sei mesi di residenza in Italia o dopo tre anni di matrimonio. 4. Acquisto per concessione: lo straniero residente in Italia da 3 a 10 anni L'art 11 afferma che si è cittadini italiani anche se solo un genitore è italiano. Con questo articolo si è voluto dare rilevanza al principio di parità fra i due sessi poiché in passato era cittadino italiano solo chi nasceva da padre cittadino italiano. - ius soli: adottato solo per evitare casi di apolidia. È cittadino per nascita chi: a) è nato nel territorio italiano da genitori ignoti o aploidi. b) chi nasce da genitori che hanno rifiutato la cittadinanza ma che avevano tutti i requisiti per averle. ovvero quando: a) un cittadino che accetti impiego pubblico da uno Stato straniero e, invitato dal Governo ad abbandonare tale impiego, non ottemperi a tale invito. b) un cittadino, durante la guerra con un altro Stato Perdita della cittadinanza 1) caso più rilevante —> quando un cittadino italiano acquista, possiede o riacquista una cittadinanza straniera. L'art. 11 L.91/92 afferma che un cittadino italiano che acquista, possiede o riacquista una cittadinanza straniere può conservare quella italiana, ma può rinunciarci qual'ora risieda o stabilisce la residenza all'estero. NB: si può perdere anche quando un soggetto acquista volontariamente la cittadinanza di un altro stato? No, perchè lo stato italiano consente il possesso contemporaneo della cittadinanza italiana e quello di un altro stato. 2. La perdita della cittadinanza è anche prevista a titolo sanzionatorio. Riacquisto della cittadinanza Il riacquisto della cittadinanza è previsto per coloro che l’abbiano perduta e si trovino in determinate condizioni quali: a) residenza in italia b) servizio militare c) impiego statale Il riacquisto della cittadinanza può essere però inibito dal Ministro dell’interno, su parere del Consiglio di Stato, “per gravi e comprovati motivi”, entro un anno dal verificarsi delle condizioni previste (art.13 L.91/1992). Cittadinanza europea La cittadinanza europea appartiene a tutti i cittadini degli Stati membri dell’Unione Europea e non sostituisce quella nazionale, ma la completa. Il cittadino dell’Unione gode dei diritti attribuiti dai Trattati. -Un DM • MA • to Tutela giurisdizionale dei diritti fondamentali (rinvio) L'ordinamento italiano non offre ai cittadini rimedi giurisdizionali specifici. L'unica forma di tutela è la Corte costituzionale, la quale offre ai cittadini tutela dei diritti fondamentali, permettendo che siano censurate anche le lesioni che provengono dal legislatore o addirittura dal potere di revisione costituzionale. L’ordinamento italiano però non offer ai cittadini la possibilità di accedervi direttamente. Quindi l'unica soluzione è rivolgersi alla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo, rispettando però il principio di sussidiarietà- I diritti fondamentali possono essere divisi in: La libertà personale Oltre hai provvedimenti provvisori, l'ordinamento prevede diverse categorie di provvedimenti restrittivi della libertà personale attuabili soltanto previo ordine dell'autorità giudiziaria: (1) le limitazioni di libertà personale disposte in seguito a sentenza di condanna definitiva a pena detentiva (2) misure cautelari: cioè quei provvedimenti disposti nel corso dei processi penali la cui ammissibilità deve essere misurata con il precetto dell'art.27 Cost, che stabilisce la presunzione di non colpevolezza dell'imputato prima della sentenza definitiva di condanna. A questo proposito la corte costituzionale ha stabilito che le misure cautelari possono essere disposte solo in vista di esigenze di carattere cautelare o per esigenze strettamente inerenti al processo che in nessun caso possono avere lo scopo di anticipare la pena. Secondo il codice di procedura penale le misure cautelari possono essere disposte solo per tre ordini: a) per specifiche ed inderogabili esigenze sttinenti alle indagini. b) per evitare la fuge dell'imputato. c) per evitare che l'imputato commetta altri gravi delitti. Sono anche previste a fianco delle misure cautelari: custodia cautelare misure di prevenzione i cui termini massimi sono fissati dai giudici utilizzate per combattere i fenomeni di criminalità organizzata Queste ultime vengono applicate indipendentemente dalla commissione di reati. Infatti, la Corte costituzionale ha precisato che sono applicabili in presenza di presupposti oggettivi e controllabili, non sulla base di semplici sospetti. Libertà di domicilio proclama l’inviolabilità della libertà personale oggetto di tutela di quest'articolo è la libertà personale contro l'assoggettamento del proprio corpo ad ogni tipo di coercizione. garantisce che tutte le forme di restrizione della libertà personale (perquisizioni personali, detenzioni, ispezioni) sono sostenute dalla: a) riserva di legge assoluta: cioè devono essere previste con norme di livello legislativi; b) riserva giurisdizionale: cioè devono essere attuate con atto motivato dell'autorità giudiziaria. sono previste delle eccezioni: l'autorità di pubblica sicurezza può applicare autonomamente provvedimenti limitativi della libertà personale solo in casi indicati dalla legge, di eccezionale necessità e urgenza, che devono essere comunicati all'autorità giudiziaria entro 48 ore per la successiva convalida, che deve anch'essa avvenire entro 48 ore. è costituito da qualsiasi luogo separato dall’ambiente esterno fruibile dalla persona. Sono compresi quindi anche i luoghi di lavoro, le sedi dei partiti politici, le associazioni, i sindacati, i luoghi di abitazione, e anche i luoghi temporanei di vacanza. Il presupposto indispensabile è il possesso di fatto, che sia lecito od illecito e non ha rilievo la titolarità della proprietà 1. il diritto di ammettere o escludere terzi dai luoghi in cui si svolge la propria vita intima; 2. il diritto alla riservatezza su quanto si compie nei propri luoghi di vita privata. Quanto alle garanzie che circondano le limitazioni della libertà domiciliare rinvia solo alle garanzie vigenti per la tutela della libertà personale. Sono quindi vigenti le garanzie della riserva di legge e della riserva giurisdizionale. eccezioni: casi in cui non è presente la riserva giurisdizionale; per esempio: • ispezioni domiciliari motivate ai fini di incolumità e sanità pubblica • fini economici o fiscali. ho • Ma 3- . Ba Roma v • re La libertà di comunicare riservatamente sia per il mittente che per il destinatario Per quanto riguarda le intercettazioni da parte della polizia, e sopratutto di quelle telefoniche, informatiche o telematiche, infatti, potrebbero avvenire, anche all'insaputa di coloro che sono intercettati, i quali quindi non sarebbero di fatto in grado di attivare la garanzia del tempestivo controllo dell'operato della polizia da parte dell'autorità giudiziaria.In particolare proprio per quanto riguarda le intercettazioni, il codice di procedura penale prevede che, se eseguite illecitamente dalla polizia, esse non possono essere utilizzate nel processo. La libertà di circolazione, di espatrio e di emigrazione 1. Libertà di circolazione e di soggiorno > la riserva di giurisdizione in questa materia non è presente, non occorre perciò l’intervento dell’autorità giudiziaria per determinare una limitazione di libertà. > grazie alle recenti normative europee, la garanzia di queste libertà si è estesa a livello dell’Unione europea. 2. Libertà di espatrio La Costituzione prevede una riserva di legge assoluta ma non rinforzata, in quanto attribuisce al cittadino il diritto di uscire e rientrare liberamente dal territorio nazionale se non sussistono diversiobblighi legislativi. Vi è, naturalmente, l'onere di munirsi di un documento d'identità valido 3. Libertà di emigrazione È tutelata dall’art.35 Cost. c.4, ed è connessa alla libertà di espatrio.In questo articolo è descritta una particolare tipologia di diritto all’espatrio motivato da ragioni economiche: in questo caso non si tratta di una libertà puramente negativa, ma anche positiva, in quanto lo Stato si impegna in attività di regolazione, controllo ed indirizzo del fenomeno migratorio anche con l’istituzione di uffici dislocati all’estero a tutela dell’emigrante La libertà di riunione le garanzie proposte a tutela della libertà e segreteza delle comunicazione interpersonali sono: • la riserva di legge : le limitazioni della libertà possono avvenire solo con le garanzie stabilitedalla legge; • la riserva giurisdizionale assoluta: intesa in modo rigoroso, escludendo quindi l’autonomo intervento dell’autorità di pubblica sicurezza; • la possibilità di non utilizzare le intercettazioni a livello probatorio se esse sono state ottenute in modo illecito dalla polizia ogni fenomeno di compresenza fisica di più persone nello stesso luogo: pubblico, privato o aperto al pubblico è garantita dalla Costituzione a condizione che essa si svolga pacificamente e senza armi, cioè con modalità idonee a non costituire pericolo o minaccia per l’incolumità degli altri cittadini. L'esercizio del diritto di riunione non è subordinato a nessuna forma di autorizzazione da parte della pubblica autorità: nessun onere pesa sui cittadini che vogliono riunirsi in luoghi privati o nei luoghi aperti al pubblico, e cioè in quei luoghi separati dall'esterno, l'accesso ai quali è libero purchè si rispettino determinate condizioni. limiti: non essendo assoggettata ad alcuna autorizzazione da parte della pubblica autorità, ha l’unico obbligo, per i promotori, di dare preavviso all’autorità di pubblica sicurezza (il questore o l’autorità locale di pubblica sicurezza) almeno 3 giorni prima per le riunioni che si volgono in luogo pubblico (strade, piazze). Le riunioni possono essere sciolte solo per ragioni di sicurezza e incolumità pubblica. si estende anche ai cittadini stranieri possibilità di muoversi liberamente nel territorio e di stabilire la propriadimora, domicilio o sede lavorativa in qualsiasi zona. è espressamente vietato alle Regioni adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione e soggiorno a soggetti singolarmente individuabili. le limitazioni di queste libertà sono sostenute dalla garanzia della riserva di legge, assoluta e rinforzata: il legislatore è vincolato a porre limitazioni in via generale e quindi applicabili in astratto e a soggetti generici; il legislatore può limitare tali libertà solo in presenza di motivi rilevanti attinenti la sanità e la sicurezza pubblica. ab za • - a me \ . • a - La • • La libertà di associazione La libertà di associazione è rintracciabile in più disposizioni della Costituzione. I tratti fondamentali,volti al pluralismo e alle formazioni sociali, sono infatti delineati già nell’art. 2 Cost. La libertà di associazione è poi definita con più precisione dall’art.18 Cost. che tutela in via generale tutte le formazioni sociali volontarie. Particolari associazioni vengono infine disciplinate con altre disposizioni costituzionali: in materia di partiti politici (art.49 Cost.) e sindacati (art.39 Cost.). limite per le associazioni: 1) associazioni a delinquere—> associazioni che perseguono fini vietati ai singoli dalla legge penale 2) associazioni segrete—> cioè quelle associazioni che mirano a generare centri di potere occulto, e che hanno perciò carattere in senso lato politico. 3) associazioni ‘paramilitari’—>cioè organizzazioni di carattere militare, ma con scopi politici Vietando queste associazioni, la Costituzione intende tutelare l'effettiva democraticità del sistema politico, impedendo la formazione di organizzazioni che mirano alla conquista o alla gestione del potere senza rispettare le procedure democratiche tracciate dalla costituzione stessa Tutte le associazioni vietate dalla Costituzione possono essere sciolte ma solo con l’intervento dell’autorità giudiziaria (occorre una sentenza conseguente ad un accertamento) Partiti politici. Un partito politico è un’associazione tra persona accomunate da una medesima finalità politica, ossia da una comune visione su questioni fondamentali riguardanti la gestione dello Stato e della società. > La libertà di formare partiti politici è protetta dall’art.49 Cost. > Giuridicamente i partiti sono delle associazioni non riconosciute e quindi sottoposte al regime normativo di tale tipologia (art.36 c.c.). > La particolare rilevanza di tali associazioni è dovuta al fatto che i partiti costituiscono delle forme di aggregazione tramite le quali i cittadini possono concorrere con metodo democratico alla determinazione della politica nazionale (pluralismo). (art.49) > L’unico limite posto dalla Costituzione è il metodo democratico. > In Italia non sono vietati i partiti antisemita, ma è proibita la formazione del disciolto partito fascista. L’art. 98 Cost. prevede che il legislatore possa stabilire delle limitazioni al diritto di iscrizione ai partiti politici per alcune particolari categorie di cittadini, solitamente incaricati di funzioni istituzionalmente imparziali: 1. Magistrati; 2. Militari in servizio attivo; 3. Funzionari ed agenti di polizia; 4. Rappresentanti diplomatici e consolari al3. l’estero. > Era previsto un rimborso delle spese elettorali, per i partiti che avessero presentato le liste in un determinato numero di collegi e avessero ottenuto un risultato minimo di consensi. > E inoltre sussisteva un ulteriore contributo statale a favore dei gruppi parlamentari (L.174/1975). Il 18 aprile 1993, tramite un referendum, si giunse all’abrogazione delle norme riguardanti i finanziamenti parlamentari, con il 90,3% di voti favorevoli, ma rimase in vigore il contributo per le spese elettorali dei partiti. > Grazie ad un’ulteriore intervento legislativo (L.2/1997) si concesse che tramite l’atto della dichiarazione dei redditi ciascun cittadino potesse destinare una quota pari al 4 per mille del gettito di imposta sul reddito al finanziamento dei movimenti presenti in Parlamento. In seguito anche questa forma di finanziamento volontario venne abrogata (L.157/1999). > Nel 2002 la legge n°156 ha reintrodotto il sistema di rimborso delle spese elettorali destinate ai partiti che abbiano raggiunto una determinata soglia di voti in sede di elezioni politiche nazionali, regionali e del Parlamento europeo. Oggi il finanziamento è previsto pertutti i partiti che superino l’1% dei voti. I sindacati. Sono organi rappresentanti delle categorie produttive. > L’art.39 Cost. afferma che l’organizzazione sindacale è libera, e garantisce quindi anche unapiù ampia libertà di costituire, aderire, recedere e organizzare senza vincoli i sindacati > Secondo il disegno costituzionale, io sindacati registrati presso pubblici uffici e con ordinamento democratico avrebbero avuto la possibilità di stipulare contratti collettivi con portata ed efficacia generale. Tale progetto è rimasto però inoperante a causa della mancanza di una legge di attuazione. > I sindacati sono quindi semplici associazioni non riconosciute e i contratti collettivi di lavorosono privi di efficacia generale dal punto di vista giuridico (producono effetti vincolanti soloper le parti firmatarie). > Grazie ai riferimenti costituzionali che garantiscono il diritto ad una retribuzione proporzionata al lavoro svolto (art.36 Cost.), la giurisprudenza estende di fatto gli effetti economici dei contratti collettivi a tutta la categoria a cui essi sono riferiti La libertà religiosa Alla libertà di religione sono dedicati gli art. 7-8-19-20 della Costituzione, ma vi è un riferimento anche nell’enunciazione del principio di eguaglianza formale (art. 3 comma 1 Cost.) che vieta esplicitamente ogni discriminazione basata sulla religione. 1) diritto di costituire nuove associazioni senza possibilità di imporre nessuna forma di autorizzazione; 2) diritto di aderire ad associazioni esistenti, di non aderirvi o di recedervi. protegge la libertà del singolo, cittadino o straniero. Ognuno è libero di aderire personalmente a un credo religioso e può inoltre propagandare la propria fede per indurre altri ad aderirvi complementare alla libertà di aderire e propagandare ogni fede religiosa è la libertà negativa di religione, ossia di non professarne alcuna.La libertà di culto Da • • : ma • > Art.31 Cost.: “La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo allefamiglie numerose. Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.” > Art.34 Cost.: indica le famiglie come destinatarie degli assegni per il diritto allo studio. > Art.36 Cost.: stabilisce che lo stipendio del lavoratore debba garantire a sé e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa. > Art.37 Cost.: protegge l’essenziale funzione familiare della donna lavoratrice. Le disposizioni costituzionali riguardanti la famiglia non sono mai state oggetto di revisione costituzionale, ma sottoposte a procedimenti interpretativi in base ai mutamenti avvenuti nella società italiana, con un riferimento sistematico alle norme riguardanti le relazioni familiari. Sia la Corte costituzionale che il legislatore hanno individuato le previsioni limitative riguardanti l’eguaglianza fra i coniugi e i figli riduttive rispetto alla proclamazione di pari dignità sociale di tutti gli individui e del principio di eguaglianza formale (art.3 c.1 Cost.). Con la riforma del diritto di famiglia (L.151/1975) vennero apportate delle modifiche tese ad uniformare le norme ai principi costituzionali. Con tale legge venne riconosciuta in particolare la parità giuridica dei coniugi. Per quanto riguarda i figli, sia il legislatore che il giudice costituzionale,hanno stabilito parità di trattamento tra figli legittimi e naturali nei rapporti personali e patrimoniali con i genitori. Nel ‘principio del preminente interesse del minore’ viene stabilito che, se un minore è coinvolto in un rapporto giuridico, sostanziale o processuale, il legislatore e l’interprete devono effettuare un bilanciamento di interessi, in modo che l’interesse concreto del soggetto minore di età sia assicurato a preferenza di quello di ogni altro soggetto. Un altro dibattito è sorto in relazione agli articoli 2 e 29 della Costituzione, che costituiscono un problema per la tutela costituzionale della famiglia di fatto, dal momento che l’art29 Cost. stabilisce che l’ordinamento italiano riconosce la famiglia quale società naturale fondata sul matrimonio. La preminenza espressa nei confronti della famiglia fondata sul matrimonio le attribuisce dignità superiore, in quanto possiede caratteri di stabilità e certezza che nascono soltanto dal matrimonio I rapporti economici Anche sul terreno economico la scelta dei costituenti si definì nei termini di un compromesso accettato da tutti, reso possibile dalla disponibilità di tutte le forze politiche a non irrigidire nel testo costituzionale un modello di economia . Pertanto nel testo costituzionale vennero fissati solo alcuni elementi fondamentali del sistema economico, lasciando aperte le diverse possibilità di evoluzione futura. Così un accordo venne raggiro nel senso di delineare un quadro economico incentrato principalmente sull’impresa privata, senza che questo portasse a escludere la configurazione di una vera e propria economia pubblica e soprattutto senza che questo portasse ad abbandonare la vita economica del paese alle crude leggi di mercato: al contrario la libertà di impresa privata per volontà della costituzione nasce sotto il controllo e la guida degli interventi pubblici, chiamati a correggere il mercato per orientare l’attività economica verso obbiettivi di giustizia sociale. L’iniziativa economica, pur essendo “libera” non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana, e il legislatore può assoggettarla a programmi e controlli perchè possa essere coordinata e indirizzata a fini sociali. Questa insistenza della costituzione nel richiamare i fini sociali ai quali gli interessi e i processi economici devono essere eventualmente piegati testimonia la scelta da parte dei costituenti di una forma economica sociale di mercato CAPITOLO V I doveri costituzionali: impostazione solidaristica della costituzione Repubblica—> ha un compito pressoché infinito I doveri costituzionali non sono molti e si possono dividere in 3 categorie: Va premessa una considerazione fondamentale, concernente il dovere generale di solidarità (art. 2 cost-): la Costituzione lo dichiara inderogabile: rispetto al quale, cioè non può essere ammessa deroga alcuna. Pertanto nessuno sottrarsi legittimamente al dovere di dare un suo personale contributo di solidarietà ai bisogni avvertiti dalla comunità, per la cui soddisfazione vengono attuate le politiche di welfare. Breve silloge dei doveri costituzionali Quando si esaminano i singoli doveri che sono stati positivamente inseriti nel testo costituzionale si scopre che il loro numero non è elevato. Tra i doversi cui maggiormente si fa riferimento quando si considera il testo costituzionale rientra certamente il: Dovere lavoristico (art. 4 cost.) “la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendonoeffettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e scelte, un’attività o una funzione che concorra al congresso materiale o spirituale della società”. - è il dovere di ogni persona di svolgere, secondo le proprie possibilità e scelte, un’attività o una funzione che aiuti il progresso materiale o spirituale della società. - garantisce, in prospettiva, un lavoro a tutti - assicura assistenza e previdenza sociale a chi, senza colpa, è impossibilitato a lavorare o non possiede un lavoro. - è possibile trovare un riscontro di questo dovere nell’art.1 Cost.: la nostra Repubblica è fondata sul lavoro poiché quest’ultimo viene visto come elemento di base per l’edificazione e lo sviluppo dell’intera società. Dovere di voto (art. 48 cost.) “Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico. La legge stabilisce requisiti e modalità per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all'estero e ne assicura l'effettività. A tale fine è istituita una circoscrizione Estero per l'elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge. Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge”. - è un dovere civico, ma se non viene osservato non è prevista alcuna sanzione. - riconosce a tutti i cittadini il titolo e l’esercizio di scegliere i propri rappresentanti nelle sedi dove si forma e si svolge l’indirizzo politico-legislativo della Nazione. Dovere di istruire ed educare i figli (art. 30 cost.) “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità” . La Pubblica istruzione è affidata alla Repubblica in modo da garantire il diritto all’istruzione. Quest’ultimo richiede l’uso di molte risorse ma allo stesso tempo contribuisce allo sviluppo della personalità dei fanciulli e alla crescita materiale e spirituale del Paese. Dovere tributario (art. 53 cost.) “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. - è dovere di tutti i cittadini, e quindi anche degli stranieri, di versare i tributi, le imposte e le tasse, in modo da essere utilizzate per assicurare tutte le prestazioni pubbliche che danno effettività ai diritti sociali (assistenza sociale, istruzione, salute…) e fornire quei beni pubblici indivisibili (infrastrutture, difesa…) che la Repubblica deve garantire a tutti i cittadini. - tutti i cittadini devono contribuire ad eccezione delle persone con redditi minimi. Infatti si segue il criterio della capacità contributiva. - la regola fondamentale e generale su cui si basa il sistema tributario è il criterio di progressività che è diverso dal criterio di proporzionalità. - le eccezioni al criterio di progressività si basano sulle caratteristiche dei singoli tributi, ma tuttavia è necessario che l’impostazione complessiva del sistema rimanga progressiva - la Corte costituzionale ha definito il punto zero della soggezione all’imposta: consiste in un valore oltre al quale l’impostazione non può andare perchè rappresenta il minimo vitale. Dovere di difesa (art. 52 cost.) "La difesa della patria come sacro dovere del cittadino" (c.1) La difesa può essere svolta in armi, con la partecipazione ad attività militari o attraverso il servizio civile. "Il servizio militare è obbligatorio nei casi previsti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né i diritti politici" (c.2) A partire dal 2007 il servizio militare di leva non è più obbligatorio; tuttavia esiste un servizio civile volontario per i giovani di entrambi i sessi. Il servizio militare di leva, però, diviene obbligatorio in caso di guerra o di crisi internazionale, quando il reclutamento risulta necessario. "L'ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica" (c.3) Stabilisce che l'ordinamento delle Forze armate deve basarsi sul principio democratico della Repubblica. In questo modo le Forze armate non possono avere regole che vanno contro i principi Dello Stato democratico. Tutti i principi e tutti i diritti costituzionali si applicano anche alle Forze armate con i soli limiti necessari per salvaguardare le caratteristiche e le funzioni proprie degli apparati militari. dal momento che esso consiste nella promozione della eguaglianza“sostanziale” tra i cittadini, rimuovendo gli ostacoli che di fatto non consentono una partecipazione politica, economica e sociale del paese. 1. I doveri con carattere generale (art.54). 2. I doveri con carattere antichista (art.54). 3. I doveri che sono stati sospesi (art.52). @ CAPITOLO VI 1) la forma di governo della Repubblica italiana I costituzionalisti usano parlare di “forma di stato”, le quali descrivono il tipo di rapporto che sussiste fra il potere politico e la società civile, ossia il rapporto tra "governanti" e "governati", nonché l'insieme dei principi e dei valori cui lo Stato ispira la sua azione e il modo attraverso il quale vengono perseguiti i fini dell'ordinamento . La dottrina parla di forme di Stato per indicare i diversi modi attraverso i quali si combinano i tre elementi costitutivi dello Stato: popolo, territorio e governo sovrano. N.B. Le diverse forme di Stato e di governo elaborate dalla dottrina sono dei «modelli» ricavati dall’osservazione di più esperienze storiche concrete, ma non esistono modelli «puri», in quanto le varianti possibili sono numerose e la forma di governo di ciascun Paese è fortemente influenzata dal sistema politico. assoluto: l’esercizio della sovranità è completamente accentrato nelle mani del Capo dello Stato (Monarca o Dittatore). costituzionale: la sovranità è ripartita fra diversi organi costituzionali ed è realizzato il principio della separazione dei poteri. Monarchia: la carica di Re ha durata a vita ed è ereditaria; il monarca è l’unico organo sovrano dello Stato e la fonte del suo potere è «originaria». Repubblica: la carica di Presidente della Repubblica ha durata temporanea e deriva da una elezione; la sovranità non è attribuita al Capo dello Stato ma al popolo. LE FORME DI GOVERNO NELLE DEMOCRAZIE COSTITUZIONALI Le principali forme di governo nell’ambito delle democrazie costituzionali sono: ➢la forma di governo presidenziale (USA) ➢la forma di governo parlamentare (la più diffusa, specialmente in Europa) ➢la forma di governo direttoriale (Svizzera) Come varianti della forma di governo parlamentare possiamo individuare: ➢la forma di governo semipresidenziale (Francia), ➢la forma di governo neoparlamentare (Regioni italiane). FORMA DI GOVERNO PRESIDENZIALE Il Presidente (Capo dello Stato) è titolare del potere esecutivo; presiede e dirige i governi da lui nominati. Vi è una separazione di funzioni e reciproca indipendenza. Nonostante la forma di governo presidenziale si fondi sul principio della separazione dei poteri, sono comunque previsti dei controlli (checks and balances) di un potere sull’altro. Potere legislativo: attribuito ad una o più Assemblee elettive che hanno la funzione di deliberare le leggi, di approvare i trattati internazionali, di approvare il bilancio («potere di bilancio»). Le Assemblee legislative non possono essere sciolte anticipatamente dal Presidente. Potere esecutivo: attribuito al Capo dello Stato (Presidente della Repubblica), eletto direttamente dal corpo elettorale nazionale. Il Presidente non può essere sfiduciato da un voto parlamentare durante il suo mandato, che ha durata prestabilita. Fanno capo al potere esecutivo la guida dell’amministrazione statale, la politica estera, l’impiego delle risorse finanziarie. Potere giudiziario: affidato a giudici indipendenti. La forma di governo presidenziale nasce negli Stati Uniti d’America. Il Presidente è titolare del potere esecutivo. Il Presidente: •di fatto è eletto indirettamente dal corpo elettorale insieme al Vicepresidente (un “ticket” votato dal Collegio dei «grandi elettori» a loro volta eletti dal popolo in ciascuno dei 50 Stati) per un mandato di quattro anni ed è ineleggibile dopo due mandati; • nomina i suoi collaboratori, che formano il c.d. Gabinetto e non possono essere membri del Parlamento. • Il Gabinetto è privo di qualsiasi rapporto con il Parlamento. • Attribuzioni presidenziali: direzione della politica estera, comando delle forze armate. Il Parlamento: • è anch’esso eletto direttamente dal corpo elettorale, prende il nome diCongresso ed è bicamerale; • le due Camere sono il Senato (due rappresentanti per ogni Stato membro) e la Camera dei rappresentanti (formata su base nazionale in modo proporzionale alla popolazione degli Stati). • Il Congresso è titolare del potere legislativo, approva il bilancio annuale, può metterein stato di accusa il Presidente per tradimento, corruzione o altri gravi reati. Le Assemblee non possono revocare il Presidente obbligandolo alle dimissioni (possono solo sottoporlo a processo in caso di gravi illeciti, attraverso il c.d. impeachment, ma non possono «sfiduciarlo»). Il Presidente non ha strumenti giuridici per condizionare la volontà delle Assemblee e il contenuto delle leggi (può solo chiedere che le Assemblee adottino certi provvedimenti) e non può sciogliere le Assemblee prima della fine naturale del loro mandato FORMA DI GOVERNO SEMIPR'ESIDENZIALE Combina alcune caratteristiche della forma di governo presidenziale e di quella parlamentare. Come nei sistemi presidenziali, il Presidente (Capo dello Stato) e il Parlamento sono entrambi eletti direttamente dal corpo elettorale. Come nei sistemi parlamentari, il Presidente ha il potere di sciogliere anticipatamente il Parlamento e il Parlamento ha il potere di costringere il Governo alle dimissioni attraverso la sfiducia. Potere legislativo: attribuito ad un Parlamento elettivo. Potere esecutivo: attribuito al Presidente/Capo dello Stato (eletto direttamente dal corpo elettorale; indipendente dal Parlamento) e al Governo (nominato dal Presidente; legato al Parlamento da rapporto fiduciario). Potere giudiziario: affidato a giudici indipendenti Il potere di governo ha una struttura diarchica o bicefala: l’Esecutivo ha due vertici, il Presidente della Repubblica e il Primo Ministro. Mentre il Presidente trae la sua legittimazione direttamente dall’elezione popolare e dunque è indipendente dal Parlamento, il Primo Ministro fa parte di un Governo che deve avere la fiducia del Parlamento. Questa struttura consente diversi equilibri della forma di governo: può esservi prevalenza del Presidente (specialmente se è espresso dalla stessa maggioranza politica che si forma in Parlamento e che perciò controlla anche il Governo) oppure prevalenza del Primo Ministro. Si distingue quindi tra forme di governo semipresidenziali a Presidente forte (es. V Repubblica francese) e forme di governo semipresidenziali a prevalenza del Governo. 4) la legislazione sulle campagne elettorali. Per quanto riguarda il periodo di svolgimento delle campagne elettorali relativa le elezioni politiche vengono fornite alcune indicazioni. Per quanto riguarda l’accesso ai mezzi di informazioni è previsto che il servizio radiotelevisivo pubblico assicuri la parità di trattamento, la completezza e l’imparzialità dell’informazione, riservando idonei spazi di propaganda e assicurando la trasmissione di rubriche elettorali disciplinate direttamente dall’organo parlamentare di vigilanza. Nel periodo elettorale sia la commissione parlamentare di vigilanza sia L’autorità per le garanzie nelle comunicazioni devono definire i criteri ai quali sono tenuti a conformarsi i programmi di formazione della concessionaria pubblica e delle emittenti private su scala nazionale. Viene stabilito il divieto di fornire anche indirettamente indicazioni preferenze di voto in qualunque trasmissione si richiede agli operatori televisivi la gestione corretta ed imparziale del programma. È vietata la diffusione dei risultati relative ai sondaggi demoscopici sull’esito delle elezioni sugli orientamenti politici degli elettori nei 15 giorni che precedono la data delle elezioni. Vengono inoltre stabilite l’entità, la tipologia e le modalità delle spese che possono essere effettuate da parte i movimenti politici coinvolti nella competizione elettorale dai rispettivi candidati al fine di non consentire un’attività di propaganda troppo sbilanciata a favore di chi ha maggiore disponibilità di mezzi finanziari. Per garantire una certa trasparenza viene nominato una mandatario elettorale che, al termine della campagna elettorale, presenterà un rendiconto dei finanziamenti ricevuti e delle spese sostenute ad un organismo denominato collegio regionale di garanzia elettorale. Qualora siano accertate violazioni dei limiti di spesa consentiti si applicano all’oro danno delle sanzioni pecuniarie che possono ripercuotersi su gli stessi contributi. 5) le prerogative parlamentari La costituzione affida alle camere e non ai giudici il compito di provvedere al controllo della regolarità delle operazioni elettorali riguardanti i propri membri, allo scopo di salvaguardare la loro autonomia e di evitare interferenze tra il potere giudiziario e gli organi elettivi. La verifica dei titoli di ammissione alla carica di parlamentare è volta ad accertare: - la correttezza delle operazioni effettuate dai diversi uffici elettorali, - la presenza negli eletti di cause di ineleggibilità e incompatibilità. non sono rimovibili e mirano ad escludere dal parlamento persone che l’ordinamento ritiene inidonee a rivestire cariche pubbliche Vengono ricondotte perlopiù all’esigenza di impedire che i membri del parlamento possono nel contempo ricoprire cariche direttive in enti che vengono direttamente o indirettamente controllate dallo Stato, così da dar luogo a situazioni di conflitto di interessi Nell’ordinamento italiano viene inoltre salvaguardato il diritto dei membri delle camere a svolgere liberamente le funzioni connesse alla carica alla quale essi erano chiamati. Motivo per cui sono state introdotte le immunità dei Parlamentari . Ciò si rinviene agli art. 67 e 68 Cost. - art 67: divieto del mandato imperativo —> un eletto in Parlamento deve essere interprete dell’interesse comune e non degli interessi di un gruppo particolare. Proprio in base alla libertà di mandato, un candidato può essere eletto in un partito e può poi passare ad altro partito. In questo modo la libertà di mandato svincola il parlamentare dalla permanenza nel partito in cui è stato eletto - art 68, c.1 : insindacabilità —> garantisce l’assenza di alcuna responsabilità penale, civile, amministrativa o patrimoniale per il giudizio che hanno espresso su un fatto o su una persona o per come hanno votato un provvedimento, purché ciò sia stato fatto, appunto, nell’esercizio delle loro funzioni. - art 68, c. 2 e 3: inviolabilità dei parlamentari —> non permette l’arresto, la perquisizione o qualsiasi forma di limitazione della libertà personale del parlamentare senza uno specifico consenso della Camera a cui appartiene. La cosiddetta «autorizzazione a procedere». L’autorizzazione a procedere può essere negata a causa di quello che viene definito «fumus persecutionis». In sostanza, quando ci sono delle evidenti ragioni per stabilire che la magistratura agisce per mettere il bastone tra le ruote al politico e non perché abbia davvero commesso un illecito. Se, invece viene approvata, non c’è più marcia indietro: il parlamentare viene indagato, intercettato o arrestato, a seconda della richiesta del pubblico ministero. 6) l’organizzazione interna delle camere Ciascuna camera adotta, a maggioranza assoluta, il proprio regolamento interno che è dunque espressione dell’autonomia di cui godono i due rami del parlamento e dell’indipendenza delle camere. I regolamenti parlamentari sono atti normativi non subordinati alla legge formale ma che in ogni caso sono tenuti a rispettare i principi riguardanti il funzionamento delle camere sanciti direttamente dalle norme costituzionali. I regolamenti disciplinano l’organizzazione e il funzionamento delle camere dei loro organi interni nonché i procedimenti attraverso i quali essi esercitano le loro funzioni. Ciascuna camera è articolata al proprio interno in una pluralità di organi, tra i quali il presidente, la conferenza dei capigruppo, i gruppi parlamentari, le giunte e le commissioni. > Ogni camera elegge un presidente seguendo procedimenti disciplinati dei regolamenti ma che ugualmente prevedono lo scrutinio segreto ed il raggiungimento di una maggioranza speciale. Compito del presidente è essenzialmente quello di rappresentare la camera e di assicurare il buon andamento dei suoi lavoratori; il presidente del Senato esercita in supplenza le funzioni del presidente la Repubblica ogni qualvolta quest’ultimo non possa adempiere. I presidenti delle due assemblee sono affiancata un ufficio di presidenza del quale fanno parte: quattro vicepresidenti, tre questori ed otto segretari, il cui numero può essere variato proprio per consentire la rappresentanza di ogni gruppo. Tra le attribuzioni più rilevanti che regolamenti assegnano i presidenti delle camere rientrano quelle che attengono alla programmazione dei lavori delle rispettive assemblee sulla base delle indicazioni che vengono fornite loro dal governo e dai gruppi parlamentari. > Tanto alla camera quanto al Senato è difatti previsto la costituzione della conferenza dei presidenti. Tale organo chiamato a deliberare sul programma dei lavori delle rispettive assemblee e può essere convocata su iniziativa del presidente al fine di esaminare l’andamento dei lavori parlamentari. > I regolamenti considerano i gruppi parlamentari organi necessari delle camere stabiliscono che per la loro costituzione occorre l’adesione di un numero minimo di parlamentari. Alle camere occorrono 20 deputati. Tuttavia per favorire i partiti più deboli viene consentito l’ufficio di presidenza di autorizzare la formazione di gruppi aventi un numero di aderenti inferiore a quello prescritto. Al Senato perché si formi un gruppo occorrono 10 senatori. Al Senato non si possono costituire gruppi diversi da quelli che rappresentano forze politiche diverse da quelle presentatesi alle elezioni. Tutti i senatori che fuoriescono dei gruppi cui hanno aderito originariamente devono aderire o ad altro gruppo o al gruppo misto. I deputati di senatori, che non siano in numero sufficiente per costituire un gruppo o che non ritengono di aderire a nessun gruppo parlamentare, costituiscono all’interno delle rispettive assemblee è un unico gruppo misto. All’interno di questo gruppo è possibile formare distinte componenti politiche.ogni gruppo parlamentare elegge il suo presidente, ai gruppi e presidenti dei gruppi molte norme regolamentari attribuiscono specifici poteri procedurali. > Vi sono poi le giunte, importanti organi permanenti che, pur non avendo un potere decisionale vere proprio ma solo un potere di proposta nei confronti dell’assemblea cui spetta la deliberazione finale, intervengono i delicati procedimenti di natura sostanzialmente giurisdizionale di competenza parlamentare. Essa assolve un ulteriore compito di estrema delicatezza, posto che sono assegnate funzioni dirette a dirimere questioni interpretative a proposito dell’applicazione delle norme regolamentari, di volta in volta condizionanti l’esito del dibattito e delle deliberazioni ciascuna camera. > L’Art 72 Cost prevede che ogni progetto di legge venga esaminato, nell’ambito di ciascuna camera, da una commissione che può essere permanente. Di fatto i regolamenti prevedono commissioni permanenti, competenti per specifiche materie, in parte corrispondente a quello dei vari ministri. Attualmente alla camera e al Senato operano 14 commissioni permanenti. Nelle materie ad esse attribuite le commissioni godono di una competenza generale non soltanto riferita al procedimento legislativo: svolgono anche i compiti di indirizzo e controllo sull’operato del governo e possono disporre indagini conoscitive. Talora vengono istituite commissioni bicamerali, cioè costituite da membri delle due camere. La commissiona parlamentari per la questione regionale è l’unica commissione bicamerale permanente in attività che tra la sua origine dalle norme costituzionali. ' • Adam Alle riunioni delle camere hanno diritto di partecipare oobbligo di assistere i membri del governo anche qualora non abbiano lo status di deputato o senatore. I ministri devono essere sentiti ogni qualvolta lo richiedono. La convocazione avviene ad opera del loro presidente che, prima di chiudere la seduta in corso, annuncia l’ordine del giorno e l’ora della seduta successiva. Le camere sono convocate di diritto due volte all’anno e possono essere convocata in via straordinaria su richiesta e loro stesso presidente. La convocazione di ciascuna assemblea comporta diritto la convocazione dell’altra. Le deliberazioni delle camere non sono valide se non è presente la maggioranza dei loro componenti (quorum partecipativo) e se non si raggiunge la maggioranza dei presenti al voto (quorum deliberativo) a meno che non sia la stessa costituzione prescriva una maggioranza speciale. La costituzione, all’Art 94, disciplina le modalità di votazione concernenti il rapporto fiduciario tra le camere il governo. In tali casi la norma costituzionale prescrive obbligatoriamente l’appello nominale, che è una forma di voto palese mediante la quale i parlamentari, personalmente interpellati, rispondono con un sì o con un no. Per quel che concerne le restanti deliberazioni che assumono le camere, sono i regolamenti che prescrive le diverse forme di espressione del voto. Attualmente sia alla camera sia al Senato, l’assemblea delibera con voto palese, mentre il voto segreto è prescritto unicamente per la votazioni riguardanti le persone. Lo scrutinio segreto può essere richiesto da un certo numero di deputati e senatori relativamente ad alcune deliberazioni legislative che non abbiano conseguenze finanziarie e che incidono su taluni principi e diritti di libertà garantiti da norme costituzionali. Sia la camera sia al Senato il voto in commissione sempre ospiti Io palese, fatta eccezione per la votazioni riguardanti le persone. 10) la delega legislativa al governo Secondo l’art 76 cost il governo può essere delegato dalle camere ad esercitare la fx legislativa mediante l’adozione di decreti che abbiano valore di legge ordinaria. La delega al governo deve necessariamente essere concessa dal parlamento con una legge formale avente i contenuti espressamente indicati dall’art 76 ed approvata secondo il procedimento ordinario. La delega al governo può essere legittimamente concessa dal legislatore solo nel rispetto di precisi limiti costituzionali. Un obbligo procedimentale, non costituzionalmente previsto, opera quando la delega legislativa ecceda i due anni. In tal caso il governo è tenuto a richiedere alle competenti commissioni delle due camere un parere sugli schemi dei decreti delegati. I decreti delegati, una volta deliberati dal consiglio dei ministri, sono emananti dal presidente della repubblica con la denominazione di decreti legislativi ed entrano in vigore, dopo la pubblicazione in gazzetta ufficiale, al termine del normale periodo di vacatio 11) la valutazione parlamentare dei decreti-legge La costituzione prevede, all’art 77 co 2, che il governo possa adottare, sotto la sua responsabilità, in casi straordinari di necessità ed urgenza, provvedimenti provvisori con forza di legge (decreti legge), che devono essere emanati dal presidente la Repubblica con la denominazione di “decreto legge con l’indicazione nel preambolo delle circostanze che ne giustificano l’adozione nonché dell’avvenuta deliberazione del Consiglio dei Ministri”. Dopo l’emanazione il decreto-legge viene immediatamente pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed entra solitamente in vigore in quello stesso giorno o in quello immediatamente successivo. Tale atto perde efficacia sin dall’inizio (ex tunc ) se non viene convertito in legge entro 60 giorni dalla sua pubblicazione ed è per questa ragione che il governo obbligato a presentare alle camere un disegno di legge il cui oggetto sia esclusivamente la trasformazione in legge del decreto. Se entro il 60º giorno dalla pubblicazione del decreto legge interviene l’approvazione del disegno di legge in questione, la legge di conversione viene promulgata e pubblicata ed entra in vigore il giorno stesso della pubblicazione. Ove, viceversa, il disegno di legge di conversione venga respinto con voto esplicito delle camere o non sia approvato nei tempi utili, la sua efficacia decade. A seguito della mancata conversione in legge del decreto, tale atto perde retroattivamente la sua efficacia: vengono meno anche gli effetti prodottisi durante il periodo della sua provvisoria efficacia.l’Art 77 co 3 Cost prevede tuttavia che le camere possono disciplinare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti, anche convalidando gli effetti già prodotti dai provvedimenti governativi. È frequentemente accaduto che il governo abbia fatto seguito alla decadenza di un decreto legge la successiva approvazione di un altro decreto legge avente un testo identico modificato anche alla luce degli emandamenti presenti dando luogo alla prassi della reiterazione. Al Senato la valutazione dei presupposti costituzionali dei decreti legge e affidata la commissione affari costituzionali e successivamente al plenum.alla camera i disegni di legge di conversione vengono obbligatoriamente assegnati al comitato per la legislazione affinché esprima un parere in merito. In ogni caso, se il primo vaglio sui presupposti costituzionali esito positivo, le camere passano l’esame del merito del decreto, potendo ancora respingerlo ed eventualmente modificarlo. 12) le funzioni di indirizzo politico e di controllo Le camere svolgono in forma non legislativa un’attività di indirizzo politico rivolto essenzialmente a condizionare le decisioni che competono all’esecutivo. I principali atti di indirizzo non legislativi sono: - mozione —> può essere votata dalle assemblee e non dalle commissioni. Attraverso l’approvazione di tale documento ciascuna camera esprime orientamenti di natura politica ed impegna il governo a conformarsi ad essi oppure a svolgere determinate attività; - risoluzioni —> possono essere deliberate tanto dall’assemblea quanto dalle commissioni. Normalmente le assemblee votano le risoluzioni dopo lo svolgimento del dibattito che si apre dinanzi al plenum a seguito di comunicazioni del governo. - ordini del giorno —> attraverso questi si possono individuare i criteri applicativi della delibera principale alla quale tali atti si ricollegano. Possono essere votati o anche semplicemente accettati dal governo. Tra gli strumenti di controllo, messa disposizione dei singoli parlamentari dai regolamenti delle camere, il più semplice e più utilizzato nella prassi è l’interrogazione, che consiste in una domanda rivolta per iscritto al Ministro competente allo scopo di ottenere informazioni su un dato avvenimento di conoscere quali provvedimenti in relazione un fatto specifico l’esecutivo intende adottare. Dopo l’illustrazione delle interrogazioni il rappresentante del governo a sua disposizione pochi minuti per rispondere ad ognuna di queste è prevista una brevissima replica di ciascun interrogante. La risposta parte dei membri del governo può essere in forma scritta oppure orale. L’interpellanza consiste nella domanda rivolta da un parlamentare al governo perché spieghi motivo gli intendimenti della sua azione politica su questioni aventi una particolare importanza o carattere generale.si tratta di uno strumento avente una più accentuata rilevanza politico istituzionale rispetto all’interrogazione in quanto il governo viene sollecitato a fornire una spiegazione dei suoi comportamenti relativamente a questioni caratterizzanti l’indirizzo politico perseguito o da perseguire. Le interpellanze vengono innanzitutto illustrate dai presentatori che hanno la possibilità di replicare per dichiararsi soddisfatto o meno. Alla camera l’interpellante, che si dichiara insoddisfatto della risposta governativa, può presentare una mozione promuovendo un’ulteriore discussione. 13) le inchieste parlamentari L’Art 82 Cost attribuisce a ciascuna camera la facoltà di disporre delle inchieste su materie di pubblico interesse e a tale scopo prevede la formazione di commissioni speciali composte in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi parlamentari. Ogni camera ha un potere autonomo di disporre inchieste mediante l’approvazione di un apposita mozione.una volta costituite, tale commissioni possono difendere le proprie attribuzioni, che hanno un indiscutibile rilievo costituzionale, in modo autonomo dinanzi la corte costituzionale, sollevando un conflitto di attribuzione resistendovi. Le richieste possono essere utilizzate delle camere sia per approfondire la conoscenza dei comportamenti di apparati statali, sia per acquistare dati, informazioni,… Il secondo comma dell’articolo 82 Cost stabilisce che le commissioni di chiesta operano con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria relativamente allo svolgimento delle indagini e degli esami di loro competenza.questo significa che le commissioni sono posto lo stesso piano della magistratura penale inquirente. Con riferimento ai rapporti tra commissione di inchiesta e magistratura penale, la corte costituzionale ha affermato che le commissioni sono tenuti a trasmettere all’autorità giudiziaria che li richieda tutti gli atti formali in loro possesso concernenti fatti su cui quest’ultima sta indagando procedendo. Nella costituzione nei regolamenti parlamentari disciplinano i modi le forme d’esame delle conclusioni a cui giungono le commissioni di inchiesta. La loro attività termina con la presentazione alle camere di una relazione ed eventualmente di una o più relazioni di minoranza senza che su di essa si apre necessariamente un dibattito parlamentare. 14) le procedure di informazione Le camere dispongono più in generale di strumenti conoscitivi. Esse, ed in particolare le loro commissioni, possono disporre indagini dirette a raccogliere tutti gli elementi necessari per l’espletamento dei loro compiti. Le indagini conoscitive sono esclusivamente finalizzate ad acquistare notizie di informazioni e pertanto le commissioni non godono di alcun potere coercitivo nei confronti dei soggetti esterni. Sia l’assemblea e se le commissioni possono richiedere in qualsiasi momento ad istituti specializzati ed agli organi ausiliari rivelazioni e pareri. I regolamenti parlamentari consentono inoltre alle commissioni permanenti di chiedere la convocazione e l’audizione sia dei ministri se ne funzionari e amministratori degli enti sottoposti al controllo del governo I membri dell’esecutivo sono tenuti a fornire alle commissioni interessate le informazioni sollecitate possono essere altresì inviate dal conto dell’esecuzione di leggi. 15) il controllo parlamentare sulla politica europea Allo scopo di indirizzare controllare le iniziative del governo di consentire la partecipazione delle camere al processo di integrazione europea, presso entrambi i rami del parlamento operano in modo permanente organi chiamati ad essere informati in modo costante sulle politiche dell’Unione Europea, così da potere esprimere pareri, promuovere dibattiti, approvare risoluzioni. Attualmente, sia la camera sia al Senato, è la XIV commissionePermanente a svolgere tali compiti. Le stesse commissioni sono anche chiamate a pronunciarsi in sede referente sul disegno di legge di delegazione europea che l’esecutivo è tenuto a presentare al parlamento entro il 28 febbraio di ogni anno e sulla legge europea. È stato inoltre istituzionalizzata la partecipazione del parlamento italiano alla formazione delle decisioni comunitarie e dell’Unione Europea. E così i competenti organi parlamentari sono chiamati a formulare osservazioni e ad adottare atti di indirizzo in riferimento alla fase ascendente del diritto comunitario. Il governo pertanto è tenuto ad apporre in sede di Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea una riserva di esame parlamentare. Le camere sono periodicamente informate dei procedimenti giudiziari e delle sentenze della corte di giustizia che riguardano l’Italia e dell’andamento dei flussi finanziari tra il nostro paese e l’Unione Europea ogni tre mesi. 1) l’elezione L’elezione del presidente della Repubblica è affidata al parlamento in sede comune, a cui si aggiungono tre delegati per ogni regione, eletti dai rispettivi consigli in modo tale da assicurare la rappresentanza delle minoranze. Il procedimento elettorale 30 giorni prima che il settennato presidenziale in corso giunga al termine, il presidente della camera convoca in seduta comune il parlamento e i delegati regionali per l’elezione del nuovo capo dello Stato. Viene così individuato il giorno in cui il suo presidente è tenuto a stabilire la data dell’adunanza e ad emanare il relativo ordine di convocazione. La disposizione anzidetta mira ad assicurare che il successore sia già stato eletto. Se il capo dello Stato è colpito da impedimento permanente, muore oppure si dimette dalla carica, il presidente della camera indica la elezione del nuovo presidente della Repubblica entro 15 giorni, ferma restando la diversa regola valevole quando le camere siano sciolte o manca meno di un trimestre alla loro cessazione I quorum elettorali Art 83 co 3 Poiché non è prevista nessuna forma di ballottaggio, resta indefinito il numero delle votazioni effettuabili. Nonostante le regole volte a favorire la scelta di una personalità indipendente, l’elezione del capo dello Stato assume comunque un carattere di accentuata politicità. Non sorprende che i partiti si adoperino in tutti i modi affinché la carica presidenziale sia attribuita a un proprio esponente, giacché l’eletto viene posto, per sette anni senza possibilità normale di revoca, al centro della vita istituzionale politica —>maggioranza più ampia di quella governativa CAPITOLO VII CAPITOLO VIII Introduzione Governo è l’organo di vertice del Potere Esecutivo. È un organo costituzionale, un organo complesso (costituito da più organi con competenze autonome), organo di parte (esprime la volontà delle forze politiche di maggioranza che lo sostengono con la fiducia),con funzioni politiche: > legislative —> potere di emanare decreti legge e legisltivi > esecutive —> al vertice del potere esecutivo > di controllo Il Titolo III della Parte II della Costituzione è dedicata al Governo Il governo è costituito da molteplici organi suddivisi in Vi sono molti organi di Governo perché il principio di autoregolamentazione del Governo ha reso elastica la sua struttura e anche per la mancata attuazione dell’ultimo comma dell’art.95 Cost., laddove prevede che “la legge provvede all’ordinamento della Presidenza del Consiglio e determina il numero, le attribuzioni e l’organizzazione dei ministeri”. Ma la L. 23 agosto 1988 n°400 ha posto fine alle incertezze sulle competenze dei diversi organi, disciplinandone la struttura La struttura CONIGLIO DEI MINISTRI Ne fanno parte: - Il Presidente del Consiglio, - Tutti i Ministri (con e senza portafoglio) - Altri titolari di cariche pubbliche, che però non hanno diritto di voto. In specie, i presidenti delle regioni di autonomia speciale devono essere chiamati a intervenire alle sedute del Consiglio dei Ministri quando si discutono argomenti per i quali sussiste uno specifico interesse delle rispettive regioni. L’intervento di tali soggetti alle riunioni del consiglio dei ministri è giustificato da apposite norme di rango costituzionale contenute nei rispettivi statuti speciali. Al consiglio dei Ministri, benchè non sia espressamente stabilito, possono comunque essere chiamati ad assistere altri soggetti: ad esempio Sottoegretari di Stato, Alti Commissari o Commissari particolari del Governo, in ragione alle loro specifiche competenze. Di recente è stato previsto il titolo di “vice ministro” che può essere attribuito a non più di 10 Sottosegretari di un Stato e che consente a tali soggetti di essere invitati dal Presidente del Consiglio a partecipare alle sedute del Consiglio dei Ministri, senza diritto di voto, per riferire su argomenti e questioni attinenti alla materia loro delegata Le attribuzioni del Consiglio dei Ministri sono individuate dalla L.400/1988 (art.2) che stabilisce che: L’art 3 della L 400/1988 Il consiglio dei ministri è convocato dal Presidente del Consiglio dei Ministri che fissa l'ordine del giorno, le modalità di votazione e dirige i lavori. Il regolamento interno attribuisce al Presidente del Consiglio la più ampia discrezionalità in proposito, tacendo, inoltre, sul quorum strutturale e su quello funzionale. Se ne evince un sensibile rafforzamento del Premier IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI > nella monarchia costituzionale = primus inter pares, essendosi instaurato un sistema monarchico-parlamenta, il Presidente del Consiglio non assumeva una posizione costituzionalmente autonoma: di fatto egli era uno dei Ministri, incaricato di presiedere il Collegio, e non disponeva di poteri specifici. La sua autorità dipendeva più che altro dalla sua autorevolezza politica. > nel periodo fascista = rafforzamento della figura del Premier, ribattezzato “Capo del Governo” posto in posizione di vera superiorità gerarchica rispetto gli altri Ministri. Il Capo delGoverno è il Duce del fascismo, capo supremo del Partito fascisa. > nella Costituzione repubblicana =ripristina il modello parlamentare, ma senza rinunciare a conferire al Presidente del Consiglio una certa preminenza politico-istituzionale sugli altri Ministri sezione I=> è intitolata al consiglio dei ministri—> sezione II=> la pubblica amministrazione sezione III=> gli organi ausiliari non entrano a comporre la struttura costituzionale e indefettibile del governo Nel linguaggio giuridico italiano può essere sostituito con il termine gabinetto, che però non identifica il consiglio di gabinetto, organo di recente istituzione, formato il presidente del consiglio soltanto dal alcuni ministri ciò che aspetta al Consiglio dei ministri. il presidente del consiglio decide di porre la questione di fiducia, al consigli dei ministri spetta esprimere il propio adesso sull’iniziativa presidenziale e approvare le dichiarazioni da rendere in ambito parlamentare individua le materie e gli oggetti su cui il consiglio dei ministri è chiamato a deliberare anche le nomine alla presidenza di enti, istituti o aziende di carattere nazionale, di competenza dell’amministrazione statale, devono essere deliberate dal consiglio dei ministri amo la <, 3 j:per l' elenco vedi l'art completo • ai La costituzione repubblicana ha attribuito al Presidente del Consiglio una certa preminenza politico-istituzionale sugli altri ministri designandolo come colui cui aspetta “dirigere la politica generale del governo”. La costituzione, quindi, ha voluto contemperare, quanto alla struttura del governo: - il principio monocratico—> direzione della politica generale del Governo affidata al Premier, cui spetta anche proporre la nomina dei ministri - il principio collegiale—> responsabilità collegiale del Governo, cui spettano le decisioni politiche più importanti, fra cui adozione atti legislativi e delle iniziative legislative del Governo - il principio di autonomia ministeriale—> responsabilità individuale dei Ministri per gli atti dei Dicasteri cui sono preposti. La Costituzione non ha risolto il problema del potere di revoca dei singoli Ministri, esercitabile dal Capo dello Stato su proposta del Presidente del Consiglio. Ma la legge 400/1988 e il D. Lgs. n ° 303/1999, hanno disciplinato la struttura della Presidenza del Consiglio e le funzioni del Consiglio dei Ministri. Le attribuzioni del Presidente del Consiglio, connesse alla direzione della politica generale del Governo e al mantenimento dell'unità di indirizzo politico e amministrativo, sono: (1) la direzione della politica generale del governo—> Art 5 c.2, lett. a, L. n. 400/1988 dispone che il Presidente del Consiglio indirizza ai Ministri delle direttive politiche e amministrative, ma non consente di evincerne anche l'obbligatorietà. (2) il mantenimento dell'unità di indirizzo politico e amministrativo. (3) la promozione e il coordinamento dell'attività dei Ministri: il Presidente del Consiglio indirizza i Ministri, ma le sue direttive politiche non sono obbligatorie. Non esiste disposizione intesa a precisare i doveri dei Ministri nelle relazioni con il Presidente del Consiglio. Di fondamentale importanza è la L n 400/1988 art 5 (guarda articolo completo), dove vengono descritte le attribuzioni del presidente del consiglio di che sono divise in: esercitare a nome del governo e SEGRETARIO GENERALE DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI Nello svolgimento delle proprie attribuzioni il presidente del consiglio si avvale del segretario generale che è articolato in: - dipartimenti: strutture dirigenziali generali comprensive di una pluralità di uffici; - uffici: questi sono a loro volta accomunati da omogeneità funzionale e risultano imposizione di autonomia funzionale equiparabile a quella dei deputati; - servizi: sono articolazioni interne ai dipartimenti e agli uffici ma non sono strutture dirigenziali generali Al segretario generale della presidenza del consiglio è preposto un segretario generale, dotato di un proprio ufficio e coadiuvato da uno o più vicesegretari generali. In modo particolare: > Segretario generale: è responsabile del funzionamento del Segretariato generale e della gestione delle risorse umane e strumentali, > il Presidente del Consiglio: - determina la struttura del segretariato, della cui attività si avvalgono i Ministri e i Sottosegretari della Presidenza del Consiglio; - individua gli uffici di diretta collaborazione propri e dei ministri senza portafoglio o dei sottosegretari della presidenza, e ne determina la composizione; - per lo svolgimento di particolari compiti, per il raggiungimento di risultati determinati o per la realizzazione di specifici programmi, istituisce apposite strutture di missione, la cui durata temporanea è specificata nel decreto istitutivo. Il Presidente del Consiglio si avvale del Segretariato generale della Presidenza del Consiglio per: 1. Razionalizzare l’organizzazione amministrativa della Presidenza. 2. Rendere più funzionale l’insieme dei Dipartimenti. 3. Definire giuridicamente le relazioni tra le differenti componenti della Presidenza del Consiglio. 4. Per organizzare la Presidenza in odo speciale. 5. Per escludere le funzioni non coerenti rispetto alla Presidenza del Consiglio, cioè per snellire la struttura della Presidenza del Consiglio. L’UFFICIO DI SEGRETERIA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI E’ alle dipendenze del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, che deve informare il Segretario generale sulle questioni in trattazione, il lavoro del Consiglio dei Ministri e le deliberazioni adottate. I MINISTRI E LA STRUTTURA DEI MINISTRI I Ministri con portafoglio sono posti al vertice delle strutture amministrative, cioè dei Ministeri o Dicasteri. Il loro numero, le attribuzioni e l’organizzazione sono stabiliti dalla legge (art.95 Cost.). Il legislatore, dopo varie vicissitudini, ha stabilito che i diciotto Ministeri operanti siano ridotti a tredici; gli attuali sono: Ministero degli affari estero, dell'interno, della giustizia (unico Ministro previsto espressamente dalla Cost), dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico, delle politiche agricole alimentari e forestali, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle infrastrutture e dei trasporti, del lavoro e delle politiche sociali, dell'istruzione, per i beni e l'attività culturali, della salute. Questi Ministeri costituiscono strutture di primo livello, alternativamente, le Direzioni Generali e i Dipartimenti. Se sono presenti tali strutture non può essere costituita la figura del Segretario generale, ma è presente nel Dipartimento la figura del Capo di Dipartimento con compiti di coordinamento e controllo In sostanza è stata data alle singole amministrazioni l'opportunità di scegliere la propria struttura organizzativa, decidendo tra i Dipartimenti e le Direzioni generali e, in secondo caso, scegliendo tra l'avere o meno il Segretariato generale che opera alle dirette dipendenze del Ministero. Ai Dipartimenti spettano compiti finali concernenti gradi aree di materie omogenee e i relativi compiti strumentali, compresi quelli di indirizzo e coordinamento delle unità di gestione in cui si articolano i dipartimenti stessi, quelli di organizzazione e quelli di gestione delle risorse strumentali, finanziarie e umane ad essi attribuite. In luogo del Segretario generale, quando il Ministero viene articolato in Dipartimenti, è prevista la figura del <<capo del Dipartimento>> con compiti di coordinamento, direzione e controllo. In quanto membri del Governo, i Ministri hanno diritto, e talvolta se richiesto l’obbligo, di assistere alle sedute delle Camere. Devono essere sentiti dalle stesse ogni volta che lo richiedono (Art 64, u.c., Cost.) Alcuni Ministri possono essere posti alla Presidenza di Comitati di Ministri e di Comitati interministeriali: organi collegiali, formati da più Ministri, con compiti soprattutto di indirizzo e coordinamento settoriali. LE AGENZIE A SERVIZIO DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE Introdotte dalla riforma dei Ministeri, svolgono attività tecnico-operative di interesse nazionale, già esercitate da Ministeri ed Enti pubblici. Le Agenzie operano al servizio delle Amministrazioni pubbliche, comprese anche quelle regionali e locali. Godono di piena autonomia nei limiti stabiliti dalla legislazione vigente, ma sono sottoposte a: 1. Corte dei Conti 2. Poteri di indirizzo e vigilanza dei Ministri competenti 3. Direttive ministeriali con indicazioni degli obiettivi da raggiungere 4. Approvazione dei programmi di attività 5. Ispezioni ministeriali. Alcune sono: - Agenzia Industria Difesa - Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici - Agenzia per le organizzazioni non lucrative di attività sociale - Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica I VICE-PRESIDENTI DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI Sono considerati il frutto di una consuetudine costituzionale introduttiva. Prima del 1988, il loro incarico era affidato ad un Ministro. Con la L.400/1988 all’art.8, l’attribuzione a uno o più Ministri delle funzioni di Vice-Presidente del Consiglio può essere proposta al Consiglio dei Ministri dal Presidente del Consiglio o nella prima riunione del Consiglio. In seguito viene formalizzata con un D.P.R. pubblicato nella Gazzetta. La L.400/1988 disciplina la funzione del Vice-Presidente del Consiglio di supplenza del Presidente del Consiglio “in caso di assenza o impedimento temporaneo” (art.8). Se il Vice-Presidente non è stato nominato, la supplenza spetta al Ministro più anziano. I MINISTRI SENZA PORTAFOGLIO 1. Riforme costituzionali e rapporti con il Parlamento 2. Semplificazione per la Pubblica Amministrazione 3. Affari Regionali La figura del ministro senza portaolio risale all’epoca dello Statuto Albertino. Spesso, in passato, tali ministri, non proposti a un Dicastero, hanno costituito un espediente per allargare la compagine governativa e consentire a taluni partiti della coalizione di essere meglio rappresentati in consiglio dei ministri, dove il loro voto equivale giuridicamente a quello dei ministri con portafoglio. Sono venuti sempre più a configurarsi come Ministri della Presidenza, direti collaboratori del Presidente del Consiglio, coadiutori del Presidente del Consiglio. Essi sono nominati presso la presidenza del consiglio, su proposta del presidente del consiglio; riceve un apposita delega del presidente del consiglio e possono essere preposti ai dipartimenti uffici della presidenza. L’INTERIM Si ha quando il titolare di un Dicastero o di un incarico ministeriale viene temporaneamente sostituito da un altro Ministro o dal Presidente del Consiglio. Questo istituto non è previsto dalla Costituzione, ma è disciplinato dalla L.400/1988 e se ne fa ricorso in caso di dimissioni o cessazione della carica di un Ministro, che non si intende sostituire stabilmente, e per coprire cariche governative che non si intendono attribuire ad un apposito titolare. L’incarico ad interim viene conferito con D.P.R. La contemporanea titolarità di più Ministri o incarichi ministeriali, si ha, invece, quando più Dicasteri ministeriali vengono affidati allo stesso titolare stabilmente. I SOTTOSEGRETARI DI STATO In passato—> erano scelti esclusivamente tra parlamentari. Oggi —> vengono scelti anche tra i non eletti alle Camere. L’art.10 della L.400/1988 ne ha razionalizzato la prassi. Sono nominati con D.P.R., su proposta del Presidente del Consiglio, di concerto con il Ministro che il Sottosegretario è chiamato a coadiuvare. Le loro funzioni sono: 1) intervenire alle sedute delle Camere e delle Commissioni parlamentari, rispondendo a interrogazioni e interpellanze (funzioni di rappresentanza costituzionale e politica) 2) volgono funzioni amministrative per delega ad personam del Ministro. La delega ha efficacia solo finché restano in carica il titolare del Dicastero o dell’incarico ministeriale. La delega è formalizzata con delega del Ministro, registrata alla Corte dei Conti e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale. I Sottosegretari di norma: > non partecipano al Consiglio dei Ministri > non possono partecipare alle deliberazioni > né esprimere un voto. L’unica eccezione è il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio il quale funge da Segretario del Consiglio dei Ministri e viene nominato prima degli altri Sottosegretari. ma la L.400/1988 con l’art.4 ha legalizzato questa prassi, precisando che: il Sottosegretario deve curare la verbalizzazione all’art.20 specifica che il Pres del Consiglio, e la conservazione delle delibere del quale il Sottosegretario è persona di stretta (artt.11 e 12 regolamento interno fiducia e non subordinato, può delegargli la del Consiglio dei Ministri). responsabilità di Dipartimenti e Uffici. La legge istitutiva del 1888 ne prevedeva uno solo per ogni Ministro. La L.400/1988 ha rinviato la soluzione del problema alla legge sull’organizzazione dei Ministeri. La legge finanziaria 244/2007 ha stabilito che “il numero totale dei componenti del Governo a qualsiasi titolo non può essere superiore a sessanta” VICE-MINISTRI La L.81/2001 e il D.-l. 217/2001 (convertiti nella L.317/2001), hanno stabilito che “a non più di dieci Sottosegretari può essere attribuito il titolo di Vice- Ministro”, se ad essi sono conferite deleghe relative ad aree o progetti di competenza di una o più strutture dipartimentali ovvero di più direzioni generali. I viceministri possono essere invitati dal presidente il consiglio, di intesa con il Ministro competente, a partecipare alle sedute del Consiglio dei Ministri, senza diritto di voto, per riferire su argomenti e questioni attinenti alla materia loro delegata. La delega viene conferita dal Ministro competente, ma occorre che sia approvata dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio. Vi sono delle incongruità nella nuova normativa sul Vice-Ministri: - Manca un nesso tra l’eventuale ampiezza delle funzioni delegate e la relativa nomina a Vice-Ministro. - Manca un’organica disciplina delle ipotesi di delega e della revoca di un Vice-Ministro - Il termine ‘Vice’ evoca delle funzioni gerarchicamente vicarie, che non possono essere però assolte da tali soggetti. I Vice-Ministri non possono: 1. Essere investiti di funzioni e poteri conferiti dalla Costituzione ai Ministri, in casi di assenza o impedimento di quest’ultimi. 2. Controfirmare atti del Presidente della Repubblica. 3. Promuovere l’azione disciplinare nei confronti dei magistrati. I Vice-Ministri non appartengono necessariamente al partito politico del relativo Ministro To • a. Le disposizioni per la sospensione dei processi penali (a carico del Presidente del Consiglio) > il “Lodo Schifani” (L.140/2003)=> introduce disposizioni per la sospensione di qualsiasi processo penale nei confronti del Presidente del Consiglio e delle più alte cariche dello Stato, con esclusione dei Ministri e dei membri del Parlamento. > il “Lodo Alfano” (L.124/2008)=> recante “Disposizioni in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato”, prevedeva la sospensione di qualunque processo penale, dalla data di assunzione e fino alla cessazione della carica o della funzione, a carico: - del Presidente del Consiglio, - del Presidente della Repubblica - dei Presidenti delle Camere, Ma con la sentenza n°262/2009, la Corte costituzionale ha dichiarato illegittime le disposizioni del “Lodo Alfano” perché in contrasto con gli artt.3-138 Cost. In particolare non si possono riconoscere immunità con una legge ordinaria; occorre cioè una norma di rango costituzionale per non violare, appunto, l’art.138 Cost. L’immunità È una deroga e costituisce un’eccezione al principio dell’eguale sottoposizione di tutti i cittadini alla giurisdizione penale (art.3 Cost.). essendo una deroga deve essere disposta con norme di rango costituzionale. Sono quindi possibili nuove forme di immunità e tutela di interessi giudicati meritevoli di protezione, purché introdotte con norme idonee. La responsabilità civile e amministrativa Il Presidente del Consiglio e i Ministri, essendo soggetti assimilabili ai funzionari e dipendenti dello Stato, sono responsabili degli atti compiuti in violazione di diritti e tale responsabilità si estende allo Stato (art.28 Cost.) Le funzioni del governo Il Governo è il comitato esecutivo e il comitato direttivo della maggioranza parlamentare. Le funzioni del Governo sono: 1. Funzione di indirizzo politico generale e settoriale: presentazione di disegni di legge alla Camera per l’approvazione del Bilancio dello Stato, della legge finanziaria, delle leggi collegate e dell’autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali. 2. Funzione normativa: si esprime attraverso decreti-legge, decreti legislativi e regolamenti. 3. Funzione di indirizzo e coordinamento amministrativo e funzione amministrativa: direzione e gestione dell’amministrazione centrale e periferica dello Stato, adozione di atti di indirizzo e coordinamento dell’attività amministrativa delle Regioni, sostituzione delle amministrazioni regionali e locali in caso di inadempienza 1) la presentazione del governo alle camere Una volta adottati dal presidente della repubblica i decreti di nomina del presidente del consiglio dei ministri, i membri del governo individualmente presteranno giuramento. Da quel momento il nuovo governo entra in carica ma non può ancora esercitare pienamente i suoi poteri. Il governo deve presentarsi infatti entro dieci giorni dalla sua formazione dinanzi alle camere richiedendo il voto di fiducia. La fiducia dell’esecutivo deve essere accordata separatamente da ciascuna camera, con l’approvazione a maggioranza dei presenti (maggioranza semplice) di una mozione motivata di fiducia, votata dai parlamentari per appello nominale. Ove una delle camere non accordi la fiducia al governo, l’esecutivo dovrà rassegnare immediatamente le dimissioni, aprendosi così formalmente nell’ordinamento la crisi di governo. Aldilà di queste limitate ipotesi, la necessità della doppia fiducia per lungo tempo non ha comportato problemi per la tenuta dei governi. In ossequio Al principio della parità tra i due rami del parlamento, è prassi che il governo di nuova nomina si presenti davanti alla camera diversa da quella davanti alla quale si era presentato il governo in carica precedente. Nella camera dove comincia il procedimento di conferimento della fiducia, il presidente del consigli illustra l’assemblea la dichiarazione programmatica del governo. Tale dichiarazione non viene ripetuta dal presidente del consiglio quando si presenta davanti alla seconda camera, ai cui componenti viene perciò distribuito il relativo testo. Dopo lo svolgimento del dibattito e la replica del presidente del consiglio, il voto di fiducia viene espresso da ciascuna assemblea dei presidenti dei gruppi di maggioranza con semplice richiamo alla dichiarazione del premier. In presenza di più mozione di fiducia spetta al presidente il consiglio indicare alla presidenza della della camera interessata su quale delle mozioni presentate intende far svolgere la votazione fiduciaria. Il voto di fiducia viene espresso per appello nominale dei singoli parlamentari, i quali sfilano davanti al banco della presidenza della rispettiva camera dichiarando con un sì o con un no l’appoggio meno al governo, assumendo in tal modo la piena responsabilità della propria scelta. 2) il voto contrario su una proposta del governo L’Art 94 C4 Cost prevede che il voto contrario di una o di entrambe le camere su una proposta del governo non importa obbligo di dimissioni. Il fatto che sotto il profilo costituzionale non sussista in capo al governo l’obbligo giuridico di dimettersi nel caso di votazione parlamentare sfavorevole non significa che non sia possibile il verificarsi di dimissioni governative originate proprio dal rigetto da parte delle camere di proposta avanzata all’esecutivo. In tal caso siete a luogo a crisi formalmente extraparlamentari, ma pur sempre causate da comportamenti delle forze politiche assunte all’interno delle camere. 3) la sfiducia al governo La fiducia al governo in carica può essere in ogni momento della legislatura separatamente revocata da ciascuna camera attraverso l’approvazione di una mozione motivata di sfiducia, la quale deve essere votata per appello nominale ed approvata dalla maggioranza dei presenti. Secondo l’Art 94 C5 Cost tale mozione deve essere sottoscritta da almeno 1/10 dei componenti di ogni camera. La norma costituzionale stabilisce inoltre che la mozione di sfiducia non possa essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione. L’approvazione della mozione di sfiducia e obbliga il presidente del consiglio a presentare al capo dello Stato le dimissioni dell’esecutivo. Talvolta nella prassi accaduto che il capo dello Stato abbia respinto le dimissioni presentate al presidente del consiglio e conseguentemente invitato il governo a verificare in seno alle camere la sussistenza delle condizioni politiche per il perseguimento della sua attività. In tal caso il presidente del consiglio resta del tutto libero di disattendere l’invito presidenziale, confermando le dimissioni. Sia la camera sia al Senato è ammessa la presentazione di una mozione di sfiducia individuale nei confronti di un singolo ministro. Tanto alla camera quanto al Senato le regole che si applicano alla presentazione ed alla discussione della mozione di sfiducia individuale sono del tutto identica a quelle descritte dall’Art 94 Cost per la mozione di sfiducia nei confronti dell’intero governo. La questione di fiducia Accade spesso che il governo, prevedendo o temendo un voto parlamentare negativo su una deliberazione giuridica rilevante per il propio indirizzo, ponga davanti a questa o a quella camera la “questione di fiducia”, dichiarando cioè che il voto sull’oggetto all’esame delle assemblee, se non conforme agli intendimenti di governo, sarà inteso come voto di sfiducia, e provocherà le dimissioni dell’esecutivo. In tal modo il governo ha uno strumento a disposizione per provocare una verifica della permanenza del vincolo fiduciario che lo lega alla maggioranza parlamentare. CAPITOLO IX Attualmente della questione di fiducia si occupano entrambi i regolamenti parlamentari, nonchè la L. N 400/1988. Quest’ultima stabilisce che spetta al presidente del consiglio, sia pure con l’assenso del consiglio dei ministri, porre, direttamente o a mezzo di un ministro espressamente delegato, davanti al plenum la questione di fiducia. L’art 161 reg senato stabilisce che la questione di fiducia non può essere posta dal governo sulle proposte di modificazione del regolamento ed in generale su quanto attiene alle condizioni di funzionamento del senato. Oggi, a seguito della complessiva riforma parlamentare del dicembre del 2017, lo stesso articolo esplicita le conseguenze procedurali che si sono affermate “priorità della votazione dell’oggetto sul quale la fiducia è stata posta” e alla circostanza che “se il voto è favorevole e l’articolo o l’emendamento sono approvati, tutti i restanti emendamenti, ordini del giorno e proposte di stralcio si intendono preclusi” Anche l’art 116 reg camera, oltre ad introdurre limitazioni specifiche all’uso di tale strumento governativo, come detto descrive a sua volta compiutamente gli effetti procedurali conseguenti all’iniziativa governativa. In particolare, presso entrambi i rami del parlamento la decisione del governo di porre la questione di fiducia comporta una modificazione delle procedure ordinarie. In primo luogo, la votazione deve essere effettuata per appello nominale (in passato scrutinio segreto). In secondo luogo, poichè è il governo che individua la deliberazione su cui porre la fiducia, si costringe la camera a votare direttamente su tale oggetto, precludendo il voto su eventuali proposte emendative he fossero state presentate. Ciò spiga l’uso in qualche modo strumentale che talvolta l’esecutivo ha fatto e fa della questione d fiducia, allo scopo precipuo di superare l’ostruzionismo . Da ultimo, questo strumento è stato reiteratamente utilizzato ai fini della rapida approvazione della discussa legge elettorale attualmente vigente. Nessuna norma stabilisce invece le conseguenze sul rapporto fiduciario della votazione parlamentare, qualora essa abbia esiti negativi per il governo. Si ritiene per altro che in questa eventualità il presidente del consiglio debba obbligatoriamente ed immediatamente rassegnare le dimissioni. In più di qualche circostanza il presidente del consiglio, dopo aver reso le proprie comunicazioni alle camere, ha ritenuto di dover porre la questione di fiducia sull’approvazione di risoluzioni presentate presso le rispettive assemblee dei capigruppo della maggioranza con l’esplicito intento di vedere riaffermata la fiducia al governo in carica. Solitamente la presentazione di tali soluzioni avviene dopo una verifica politica tra i partiti di coalizione governativa conclusasi positivamente ovvero dopo che la crisi di governo sia rientrata per il ricompattarsi della coalizione di maggioranza, cosi da permettere al capo dello stato di rigettare le dimissioni dell’esecutivo Il processo di bilancio Nella ripartizione delle funzioni fra organi costituzionali fondamentali, la costituzione dedica una specifica disciplina ad alcuni argomenti, come il bilancio dello Stato. In materia di bilancio di spesa pubblica, la costituzione italiana ha accolto le regole fondamentali tipiche di tutti gli Stati democratici: spettano al parlamento le decisioni fondamentali, di carattere legislativo, circa il prelievo tributario. Aspetta pure al parlamento il compito di approvare ogni anno, con apposita legge di iniziativa del governo, il bilancio dello Stato, documento contabile che rappresenta in un unico quadro, concluso con le risultanze finali, tutte le entrate e tutte le spese previste nell’esercizio finanziario successivo, e la cui approvazione condiziona l’utilizzo da parte l’amministrazione dei poteri di gestione finanziaria, in particolare dei poteri di spesa. Al governo fanno capo la predisposizione e la proposta di bilancio e dopo la sua approvazione con legge, le attività di gestione dello stesso. Il bilancio è, ogni anno, predisposto e presentato dal governo ed approvato dal parlamento con legge. L’approvazione deve intervenire normalmente prima dell’inizio dell’esercizio finanziario cui il bilanciamento si riferisce; in mancanza di approvazione tempestiva deve essere autorizzato con apposita legge il cosiddetto esercizio provvisorio del bilancio, per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi. Ogni anno il parlamento è chiamato altresì ad approvare con legge il rendiconto consuntivo dell’anno trascorso, in cui sono rappresentate le entrate e le spese rispettivamente accertate e impegnate, nonché quelle rispettivamente incassate dialogate, e i conseguenti risultati finanziari dell’esercizio. Il rendiconto è formato dal governo, sulla base dei dati in possesso dell’amministrazione, ed è, prima dell’approvazione parlamentare, sottoposto a verifica con procedura di tipo giurisdizionale, da parte della corte dei conti. Le leggi di approvazione dei bilanci e dei rendiconti sono soggette alla procedura ordinaria di approvazione in ciascuna camera e non sono sottoponibili a referendum abrogativo. In quanto strumenti di indirizzo e di controllo parlamentare sull’esecutivo, le leggi di bilancio non possono mai essere sostituite da leggi delegate o da decreti legge. L’equilibro di bilancio nella costituzione Fino ad anni recentissimi, La costituzione non conteneva regole sostanziali relative alle politiche finanziarie di bilancio: si limita a stabilire che con la legge di approvazione del bilancio non si potessero stabilire nuovi tributi e nuove spese, e che ogni altra legge che importasse nuove o maggiori spesa dovesse indicare i mezzi per farvi fronte. Si imponeva solo al parlamento un congegno di responsabilizzazione nel momento in cui decideva sulle spese sulle entrate, stabilendo l’obbligo di indicare i mezzi per la copertura delle nuove spese. Con il recente trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance dell’unione economica e monetaria, stipulato nel 2012 si sono stabilite nuove procedure, nuove regole e nuovi controlli per l’adozione delle politiche di bilancio; e si sono impegnati gli stati a inserire nel quadro legislativo nazionale, preferibilmente a livello costituzionale, la regola del bilancio in pareggio cosiddetto Strutturale: cioè inteso come saldo, corretto in relazione all’andamento del ciclo economico e al netto di misure una tantum, pari all’obbiettivo di medio termine fissato per ogni paese, con un margine ulteriore di disavanzo strutturale dello 0,5% del prodotto interno lordo. Importanti a tal proposito sono gli artt 81, 97,117,119. La determinazione del contenuto della legge di bilancio, delle norme e dei criteri per assicurare l’equilibrio di bilancio e la sostenibilità del debito è demandata ad una legge approvata. Maggioranza assoluta dalle due camere nel rispetto dei principi “definiti com legge costituzionale” Il contenuto nella legge di bilancio La legge annuale di bilancio non costituisce da sola fondamento esclusivo né sufficiente perché l’amministrazione possa riscuotere le entrate ed erogare le spese: le une e le altre sono disciplinate dalle leggi che regolano le entrate e le spese, nonché le relative attività amministrative di accentramento e di riscossione, di impegno e di erogazione. questo è dovuto al fatto che da tempo si era avvertita l’esigenza di disporre di strumenti legislativi annuali idonei ad apportare all’ordinamento le modifiche per realizzare gli obbiettivi della manovra di bilancio. Per questo, a partire dal 1978, si è disciplinato il processo di bilancio attraverso una sequenza coordinata di strumenti annuale di programmazione di cui la legge di bilancio è solo l’ultimo passaggio.si tratta oggi, anzitutto, del documento di economia e finanza, già documento di programmazione economico finanziaria, presentato entro il 10 aprile: un complesso documento in cui sono esposti, in base alle stime sull’andamento dei fattori economici, gli obiettivi della politica economica e finanziaria del governo e gli interventi ritenuti necessari per il loro conseguimento attraverso la manovra triennale. Il bilancio è articolato in unità di voto parlamentare determinate con riferimento alle tipologie delle entrate e, per la spesa, con riferimento a pRogrammi, raggruppati in missioni. Le entrate e le spese sono espresse nel bilancio sia in termini di competenza (cioè iscrivendo le somme di cui si prevede che lo stato potrà divenire creditore nell’anno), sia in termini di cassa (cioè indicando le somme che si prevede di incassare e di pagare nell’anno). Il bilancio più chiudersi in pareggio , in avanzo o in disavanzo, in quest’ultimo caso lo stato dovrà, in vista dell’effettiva erogazione, procurarsi i mezzi sul mercato finanziario, cioè attraverso l’aumento del debito pubblico. La discussione sulla legge di bilancio ha luogo in ciascuna camera nel corso di un’apposita sessione riservata a questo argomento (sessione di bilancio) Le leggi di spesa e la copertura finanziaria Secondo l’Art 81 ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri rispetto a quelli derivanti dall’esecuzione della legislazione preesistente, provvede ai mezzi per farvi fronte. Si tratta di una disposizione costituzionale volta lo scopo di impedire che il legislatore incida sull’equilibrio della finanza pubblica senza assumere l’esplicita responsabilità delle misure necessarie per salvaguardarlo o ricostruirlo. essa non preclude di per sé il ricorso al debito pubblico, e quindi l’adozione di politiche di deficit spending ma richiede che lo stesso attore politico che delibera una nuova o maggiore spesa si faccia esplicitamente carico del suo finanziamento. L’obbligo costituzionale di copertura finanziaria si impone sia quando la nuova o maggiore spesa vado a gravare sul bilancio in corso, alterandone l’equilibrio, sia quando essa gravi sui bilanci futuri. Esso si estende a tutti i provvedimenti legislativi statali e regionali. I mezzi per far fronte alla spesa (la copertura finanziaria) possono consistere in nuove entrate, nella riduzione di altre spese, o anche nell’utilizzo di fondi accantonati in bilancio a tale scopo Le relazioni internazionali In materia di relazioni internazionali, accanto alle disposizioni costituzionali incluse tra i principi fondamentali, la riforma costituzionale del titolo V (in modo particolare gli art 117 e 120) ha introdotto alcuni importanti elementi innovativi. A sua volta la L. n 131/2003 al comma 1 dell’art 1 specifica maglio ciò Le attribuzioni degli organi costituzionali e delle regioni in materia Per quanto riguarda le attribuzioni degli organi costituzionali in materia di rapporti tra Italia e gli altri Stati, la costituzione si limita: 1) a stabilire che spetta al presidente la Repubblica 2) a prescrivere che debba essere preventivamente autorizzata dalle camere, con legge, la rettifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano varianti del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di legge Con riferimento alle attribuzioni e ai poteri degli organi costituzionali, nulla è detto circa l’iniziativa, la negoziazione e la sottoscrizione degli accordi internazionali, sotto il profilo interno. Inoltre, nulla era detto in costituzione, fino alla riforma del titolo quinto, a proposito del potere estero delle regioni. ora invece, il novellato Art 117 comma 3, demanda alla legislazione concorrente i rapporti internazionali delle regioni mentre il comma 9 stabilisce che le stesse possono concludere accordi con altri Stati e intese con enti territoriali interni. Le attribuzioni del governo In virtù dell’esclusiva competenza dello Stato in politica estera e nei rapporti internazionali è al governo che spettano, nel silenzio della costituzione, tutte le attività necessarie per la formazione dei trattati. Secondo la prassi, è infatti il governo che ha competenza in ordine alla negoziazione e alla sottoscrizione dei trattati, oltre che per l’iniziativa di intraprendere i negoziati stessi. Abilitati a negoziare sottoscrivere i progetti di trattato sono i plenipotenziari; mentre il presidente del consiglio e il ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale possono sottoscrivere un accordo senza alcun bisogno del conferimento dei pieni poteri. A carico del governo, inoltre, non è stabilito dalla costituzione alcun obbligo formale di informazione preventiva nei confronti del parlamento, al di fuori di quanto stabilito dall’Art 80 Cost. Solo con l’entrata in vigore della L. n 839/1984 è stato finalmente previsto che l’esecutivo debba informare il parlamento di tutti gli accordi dello stesso autenticati. Per quanto riguarda invece i rapporti con il presidente della Repubblica nel settore di cui si tratta, si ritiene che il governo abbia un obbligo di informazione nei suoi confronti in tutta la fase ascendente di formazione degli atti internazionali. Le camere vengono informati in una fase in cui ormai pressoché impossibile modificare il testo dell’accordo a meno che non si riaprono nuovi negoziati. Il governo e gli accordi in forma semplificata Nonostante il silenzio della costituzione, che sembra alludere alla ratifica come unico modo di assunzione da parte dello Stato di obblighi internazionali pattizi, nella prassi repubblicana si è confermato la preesistente possibilità di sottoscrivere trattati e accordi in forma semplificata, i quali, ai sensi dell’Art 12 della Costituzione di Vienna sul diritto dei trattati del 1969, acquistano l’efficacia ad essi inerente, in quanto atti internazionali, al momento della loro sottoscrizione, oppure per effetto di un semplice scambio di note, senza bisogno di rettifica. Naturalmente siffatti trattati e accordi non possono legittimamente assumere i contenuti dei trattati per i quali l’art 80 cost prescrive la previa autorizzazione parlamentare per la ratifica. Il ruolo del consiglio dei ministri Sul piano delle competenze e delle procedure interne al governo va notato che fino all’entrata in vigore della L n 400/1988 la prassi ammetteva una prevalente competenza in materia del ministro degli affari esteri e del presidente del consiglio, e non del Consiglio dei Ministri, il quale veniva solitamente escluso dalla fase di negoziazione e stipulazione sia dei trattati internazionali, sia degli accordi in forma semplificata. La L n 400/1988 ha previsto, invece, la necessaria deliberazione del Consiglio dei Ministri sulle linee di indirizzo in tema di “politica internazionale e comunitaria” e sui “progetti dei trattati e degli accordi internazionali, comunque denominati, di natura politica o militare”, Recuperando in tal modo una certa responsabilità collegiale anche per i trattati e gli accordi in forma semplificata. Evidenza che costituiscono vincoli alla potestà legislativa dello Stato e della regione, sia gli obblighi internazionali derivanti da norme di diritto internazionale generalmente riconosciute, sia quelli scaturenti da accordi di reciproca limitazione della sovranità, sia infine quelle derivanti dai trattati internazionali. 1. Costituiscono vincoli alla potestà legislativa dello Stato e delle Regioni, ai sensi dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione, quelli derivanti dalle norme di generalmente riconosciute, di cui all'articolo 10 della reciproca limitazione della sovranità, di cui tutti 'articolo diritto internazionale Costituzione, da accordi 11 della Costituzione, dall'ordinamento comunitario e dai trattati internazionali. art 117 comma 1 Introduce una norma nuova, nuova limitatamente agli obblighi di origine pattizio, giacché il vincolo a quelli di origine consuetudinaria generale sussisteva già. Il principio di cui essa è espressione è un principio di civiltà giuridica, volto a impedire che lo Stato, violando impegni liberamente assunti nei confronti di altri Stati, commetta illeciti internazionali ratificare i trattati internazionali, riceve i rappresentanti diplomatici stranieri e accreditare quelli italiani presso gli altri Stati, dichiarare lo stato di guerra deliberato dalle camere legge di autorizzazione alla retifica È indicata dall’ultimo comma dell’art 72 Cost tra quelle per cui è obbligatoria la procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte le camere, sicché è esclusa la possibilità che una commissione parlamentare approva tale specie di leggi. Inoltre, secondo la corte costituzionale, non è sottoponibile a referendum popolare abrogativo • go am ma Gli organi ausiliari Alla Pubblica Amministrazione appartengono anche due organi particolari: - Il Consiglio di Stato - La Corte dei Conti. Si tratta di organi ausiliari e organi speciali di giurisdizione (art.100 Cost.).A loro spetta sia la funzione di organi ausiliari rispetto a quelli di amministrazione attiva, sia quella di veri e propri organi speciali di giurisdizione Il consiglio di stato Il Consiglio di Stato venne istituito nel Piemonte Sabaudo nel 1831 ed è il massimo organo di consulenza giuridico-amministrativa dello Stato. Svolge importantissime funzioni: > Tutela la giustizia nell’amministrazione. > Pronuncia le decisioni d’appello sui ricorsi presentati dai privati o dagli enti pubblici contro gli atti amministrativi ritenuti illegittimi o inopportuni. Il Consiglio di Stato è composto da sette sezioni complessive, una delle quali è competente per gli atti normativi del Governo. Ogni sezione è composta da un Presidente e da sette consiglieri; Per le questioni più urgenti viene riunita l’Adunanza Generale delle Sezioni consultive.I suoi membri provengono: > Per metà dalle file dei Tribunali amministrativi regionali (TAR), > Per un quarto da un selettivo concorso pubblico > Un quarto viene nominato discrezionalmente dal Governo tra personalità che, per l'attività svolta o studi compiuti, posseggono l'idoneità e le qualità necessarie. La legge assicura l'indipendenza dei giudici del TAR di fronte al governo: a tale scopo sono istituiti, sul modello del CSM, appositi organi di garanzia, denominati Consigli di presidenza. Il D.-L. n°112/2008, convertito nella L.113/2008, all’art.54 prevede che sia il Presidente del Consiglio di Stato, anno per anno, a stabilire quali sezioni svolgeranno funzioni giurisdizionali e quali consultive. Il Governo può richiedere al Consiglio di Stato dei pareri circa la legittimità e congruità dei suoi atti,rispetto ai canoni di buona amministrazione i pareri possono essere: 1. Facoltativi. 2. Obbligatori (se prescritti devono essere richiesti, non farlo crea la possibilità di un annullamento dell’atto per vizio del procedimento). 3. Vincolanti (non è solo sentito il Consiglio di Stato ma deve anche essere seguito il parere che ha reso) Possono essere richiesti nei seguenti casi principali: sui regolamenti adottati dal governo, sui coordinamenti in testi unici di leggi e di regolamenti, sui decreti che contengono la decisione dei ricorsi straordinari rivolte al capo dello Stato, sui decreti governativi con i quali si procede all’annullamento di atti amministrativi illegittimi. Nel T.U. 1024/1924 è contenuta la normativa generale sul Consiglio di Stato, aggiornata nel 1997: con tale normativa è stata istituita un’ulteriore sezione, il cui compito principale è esprimere pareri sugli atti normativi del Governo. La corte dei conti La Corte dei Conti è un organo di antica tradizione e gode di un elevato prestigio; con le leggi 19 e 20 del 1994, sono state istituite le sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti. La Corte dei Conti è composta da 14 sezioni: > 3 sezioni svolgono funzioni di controllo. > 11 sezioni svolgono funzioni giurisdizionali e 9 si occupano di impiegati pubblici. Ogni seziona ha un Presidente, coadiuvato da consiglieri e referendari. Il Presidente coordina tutte le sezioni. La nomina a magistrato della Corte dei Conti avviene per concorso pubblico, oppure tra esperti scelti dal Governo. L’art.3 della L.20/1994 stabilisce che la Corte dei Conti svolge il controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle Amministrazioni Pubbliche, sulle gestioni fuori biancio e sui fondi di provenienza europea, verificando la legittimità e la regolarità sulle gestioni, nonché il funzionamento dei controlli interni a ciascuna amministrazione. Accerta inoltre, anche in base all'esito dei controlli, la rispondenza dell'attività amministrativa agli obbiettivi stabiliti dalla legge, valutando comparativamente costi, modi e tempo dello svolgimento dell'azione amministrativa. Le funzioni della Corte dei Conti sono: > Definire annualmente i programmi e i criteri di riferimento della funzione di controllo. > Il controllo > La funzione giurisdizionale. Queste ultime due sono esercitate in materia di contabilità pubblica, di pensioni civili e militari e di responsabilità dei pubblici impiegati nei confronti della pubblica amministrazione. Si può preliminarmente osservare che ogni funzione di controllo consiste essenzialmente in un riesame della legittimità e/o dell'opportunità di un atto svolto da un organo specializzato e indipendente. Quanto al momento in cui si effettua, possiamo distinguere un controllo preventivo e uno successivo sull’azione del potere esecutivo L’art.100 Cost. stabilisce che la Corte dei Conti esercita il controllo di legittimità sugli atti del Governo—> controllo preventivo Trattandosi in questa ipotesi di un controllo preventivo, l'atto sottoposto a controllo non acquista efficacia fino a quando non sia stato ottenuto il visto della Corte dei Conti.Se questi appone il suo visto l'atto proseguirà il suo iter verso la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale e quindi si passerà alla sua esecuzione da parte degli organi interessati.Se invece il Consigliere ritenga che l'atto non possa essere vistato(o registrato), lo tasmette al Presidente della Corte dei Conti,il quale a sua volta provocherà una decisione motivata sul punto da parte della sezione di controllo. Nel caso in cui la decisione confermi i rilievi sollevati e persista a negare il visto, il Ministro interessato può: a) accogliere le osservazioni e, conseguentemente, modificare l'atto seguendo le indicazioni della Corte b) provocare una delibera motivata del Consiglio dei ministri con la quale si ordina alla Corte di dar corso all’atto. In quest'ultimo caso la Corte dei Conti procede allora a registrare “con riserva” l'atto sottoposto al suo controllo. Provvederà poi a comunicare, ogni 15 giorni, al Parlamento l'elenco dei decreti registrati con riserva. Il controllo successivo è quello che si svolge dopo che gli atti hanno avuto esecuzione. Ha lo scopo di verificare la regolarità della spesa sostenuta: se cioè le spese effettuate trovino sostegno nelle leggi e nei regolamenti.—> gestione del bilancio dello stato • la • Il consiglio nazionale dell'economia e del lavoro Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL) è previsto dalla Costituzione all’art.99. Il CNEL è stato istituito nel 1957, ridisciplinato con la L.936/1986 e la L.383/2000, ed è composto da: > Un Presidente > 121 rappresentanti delle categorie produttive di beni e servizi nei settori pubblici e privati > 10 rappresentanti delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni di volontariato > 12 esperti, qualificati esponenti della cultura economica, sociale e giuridica. Le nomine sono adottate con decreto del Presidente della Repubblica (DPR), previa delibera del Consiglio dei Ministri. I membri restano in carica 5 anni. Il CNEL ha come prerogativa l’iniziativa legislativa. La giustizia nell'amministrazione Il cittadino e lo Stato sono in una situazione di reciproca parità, quindi quando tra loro nasce una controversia deve intervenire un terzo a dirimerla, che esercita la funzione giurisdizionale: il Giudice ordinario. La L. 20 marzo 1865, all. E., abolì i tribunali del ‘contenzioso amministrativo’, organi amministrativi ai quali era devoluta la risoluzione di alcune controversie tra cittadino e autorità, ed affidò al giudice ordinario tutte le materie nelle quali si faccia questione di un diritto civile e politico Diritto soggettivo e interesse legittimo > Il diritto soggettivo è una posizione di vantaggio rispetto a un bene della vita e si può anche definire come il rovescio di un obbligo di un altro soggetto. > L’interesse legittimo è invece la posizione soggettiva che l’ordinamento riconosce a un soggettoin relazione a un bene della vita oggetto di potere amministrativo e consistente nell'attribuzione al medesimo soggetto di strumenti atti ad influire sul corretto esercizio del potere. È ad esempio portatore di interesse legittimo colui che chiede al sindaco il rilascio di un permesso di costruire per edificare su un suolo di cui è proprietario. La Corte di Cassazione, SS. UU., sent. N°500/1999 e subito dopo la L.205/2000, hanno riconosciutola risarcibilità del danno provocato dalla lesione di interessi legittimi. Interessi semplici, diffusi e collettivi Rispetto alla posizione dell’interesse legittimo, a un gradino più basso, si situano tutti i tipi di interesse generico e non differenziato. Dagli anni Settanta in poi, il Consiglio di Stato e il legislatore, hanno riconosciuto ad alcune associazioni culturali e protezionistiche la legittimazione a far valere gli interessi diffusi. Nel 1998 le associazioni nate per la tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti sono state legittimate ad agire e ad intervenire anche nei giudizi amministrativi per la tutela degli interessi collettivi. Il sistema di giustizia amministrativa in Italia Con la L.5992/1889 si istituì la IV sezione del Consiglio di Stato, che si vide assegnare la giurisdizione sui ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere e per violazione di legge. In seguito ad un ricorso, si può ottenere: > L’annullamento dell’atto impugnato. > L’adempimento dell’obbligo in capo all’autorità amministrativa. Con gli artt.24 e 113 della Costituzione del 1948, la garanzia della tutela giurisdizionale nei confronti dell’amministrazione ha acquistato il carattere della necessaria completezza. Con la L.1034/1971 hanno cominciato a funzionare i Tribunali Amministrativi Regionali (TAR), qualiorgani di giurisdizione amministrativa di primo grado. Il TAR è presente in ogni capoluogo di Regione ed è composto da: > Un Presidente > 5 Magistrati (nominati in seguito a pubblico concorso) > 3 Giudici • Il Consiglio di Stato è a sua volta giudice d’appello rispetto ai TAR. Ad esso possono ricorrere il cittadino o l’autorità amministrativa, che siano rimasti soccombenti nel giudizio di primo grado. • In base all’art.111 Cost., le sue sentenze non sono ulteriormente appellabili ed è ammesso soltanto il ricorso alla Corte di Cassazione, intesa come Corte regolatrice dei conflitti. • Dal punto di vista organizzativo i TAR e il Consiglio di Stato non fanno parte dell’ordine giudiziario, ma dell’organizzazione della Pubblica Amministrazione, con una dipendenza funzionale dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. La competenza dei giudici amministrativi Il giudice amministrativo ha competenza generale di legittimità a decidere sui ricorsi attraverso attiamministrativi di cui si afferma l’illegittimità. L’illegittimità è causata dalla presenza di quelli che si denominano vizi; essi sono: > Incompetenza: quando l’atto proviene da un’autorità diversa da quella alla quale il potere era attribuito dalla legge< > Eccesso di potere: in molti casi la legge non determina in modo completo e puntuale il contenuto di un provvedimento amministrativo ma lasciala amministrazione la facoltà di determinare tale contenuto. Ciò però non equivale a una situazione di libertà assimilabile all’autonomia privata. Quando la scelta concretamente adottata in contrasto con questi principi, si riscontra il vizio di eccesso di potere, che è dunque tipico dell’attività amministrativa discrezionale. > Violazione di legge: quando l’atto amministrativo sia stato predisposto con l’inosservanza di qualche disposizione di legge o di regolamento. Si aggiunge alla competenza di legittimità la competenza speciale di merito, che estende il potere di cognizione del giudice ai profili di opportunità dell’atto. Vi è, infine, una competenza esclusiva, a partire dal 1923 e con rinnovata disciplina nel 2000, successivamente interpretata da un’importante decisione della Corte costituzionale (sent.204/2004), che assegna al giudice amministrativo la competenza di decidere su entrambi i tipi di situazioni giuridiche soggettive. Con il D. Lgs. n° 80/1988 è invece venuta meno la giurisdizione esclusiva in materia del pubblico impiego. Le autorità amministrative indipendenti Sul modello anglo-americano si è dato vita a Commissioni amministrative variamente denominate,ma accomunate da una caratteristica: quella di svolgere in modo indipendente dalla quotidiana attività del Governo e dei Ministri un’azione di vigilanza su importanti settori dell’economia, al finedi garantire che gli attori che si muovono sulla scena economica agiscano con lealtà e correttezza nello spirito di un’effettiva concorrenza tra loro. Elementi essenziali delle principali autorità istituite: 5 membri scelti tra persone di competenza ed esperienza, nominati dal Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri. • Con la L. n. 216/1974 venne istituita la Commissione Nazionale per la Società e la Borsa (CONSOB), che ha il compito di: > vigilare sulla completa correttezza delle Borse; > vigilare sull’attività delle società i cui titoli sono quotati in Borsa. • Con la L. n. 516/1982 si è dato vita all’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP), con lo scopo di tutelare il settore delle società commerciali di proprietà privata, che vendono prodotti assicurativi e finanziari. Molta importanza riveste nel mondo politico ed economico il sistema delle comunicazioni di massa; tale sistema vede la presenza di soggetti pubblici, la RAI-TV, e di potenti soggetti privati: MEDIASET e LA7 • Con la L. n. 249/1997 è stata istituita l’Autorità per la garanzia nelle comunicazioni, il cui compito principale consiste nella vigilanza sulle norme concernenti l’emittenza televisiva. • Con la L. n. 287/1990 è stata istituita l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nota come autorità antitrust, i cui compiti sono: > vigilare affinché nessuna impresa o soggetto economico acquisti o sfrutti una posizione di monopolio; > contrastare la pubblicità ingannevole. • Con la L. n. 481/1995 venne istituita l’autorità per l’energia elettrica. • Con il D. Lgs. n. 196/2003 è stato istituito il garante per la protezione dei dati personali (c.d. Garante della Privacy).Infine vanno ricordati altri soggetti pubblici, quali: > L’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) > L’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente (ANPA). > L’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR). L’Agenzia più importante è quella delle Entrate, operante dal 2001, che svolge compiti di:u > Informazione e assistenza ai contribuenti; > Accertamento e controllo in materia fiscale; > Gestione del contenzioso tributario I giudici nella costituzione: la soggezione del giudice alla legge In passato il potere giudiziario era dipendente dal potere politico; oggi i giudici hanno esclusiva soggezione alla legge, e dunque indipendenza da qualunque altro potere. L'indipendenza esterna dei magistrati: composizione e funzione del consiglio superiore della magistratura (CSM) La Costituzione (art.104) ha previsto garanzie di indipendenza dei giudici, che operano sotto due aspetti: 1. Indipendenza della magistratura nel suo complesso, nei condizionamenti che possono giungere da altri poteri dello Stato e dal Governo (indipendenza esterna); 2. Indipendenza personale del singolo giudice all’interno dello stesso ordine giudiziario, cioè dei condizionamenti provenienti da altri organi del potere giudiziario (indipendenza interna) Dal punto di vista esterno, il principio di indipendenza della magistratura significa che è vietata qualsiasi ingerenza da parte degli altri poteri nei confronti dei magistrati (Art.104 Cost.) L’indipendenza costituzionale della magistratura: il CSM (= Consiglio Superiore della Magistratura) Il Consiglio superiore della magistratura è così abilitato a prendere posizione nei confronti di tutte le situazioni che, in qualche modo, possano condizionare l'indipendenza della magistratura e dei singoli giudici. La composizione del CSM E’ presieduto dal Presidente della Repubblica ed è composto di 27 membri: > 16 sono eletti dagli stessi magistrati con un sistema elettorale che prevede diversi collegi formati tenendo conto delle diverse funzioni svolte dai magistrati medesimi; > 8 sono avvocati o professori di diritto,eletti dal Parlamento in seduta comune. Sono componenti di diritto, oltre al presidente della repubblica, i 2 più elevati magistrati della Corte di Cassazione (il Primo Presidente eil Procuratore Generale). L’elezione dei componenti togati Alla scelta dei componenti “togati” partecipano oggi tutti i magistrati, con voto personale, segreto e diretto (art. 23, c.1, L. n.195/1958, come modificato dall’art. 5 L. n. 44/2002). L’elezione dei candidati avviene mediante sistema maggioritario. I candidati che si presentano nei collegi indicati dall’art. 23, c. 2, L. n. 195/1958, secondo la L. n. 44/2002, vengono eletti in base al numero dei voti ottenuti. L’art. 27, c. 2, L. n. 195/1958 - sostituito dall’art. 9 L. n. 44/2002 - stabilisce che in ogni collegio “vengono dichiarati eletti i candidati che abbiano ottenuto il maggior numero di voti, in numero pari a quello dei seggi da assegnare in ciascun collegio”. L’elezione dei componenti laici L’elezione viene effettuata dal Parlamento in seduta comune (secondo l’art. 22 L. n. 195/1958), a scrutinio segreto, con la maggioranza dei tre quinti dell’Assemblea (oppure dei votanti dopo il secondo scrutinio). Possono essere eletti: > professori ordinari di università in materie giuridiche >avvocati con almeno 15 anni di esercizio. I componenti durano in carica 4 anni e non sono immediatamente rieleggibili. Data la netta preminenza numerica dei componenti togati( cioè di componenti eletti dai magistrati), si parla di “organo di autogoverno”della magistratura. Non si tratta però di autogoverno integral, data l'esistenza dei componenti esterni, i laici. CAPITOLO XI Questo articolo sancisce un principio fondamentale, che pone il potere giudiziario in una posizione diversa rispetto a quella in cui esso si trovava nello Statuto Albertino (art.68), secondo cui la giustizia era amministrata “in nome del Re” da giudici da lui nominati. il CSM esercita funzioni di natura amministrativa. E’ competente a decidere su tutte le questioni attinenti la carriera dei magistrati Ma • - Ra La revisione delle giurisdizioni speciali preesistenti alla Costituzione Oltre alle giurisdizioni speciali previste dall’articolo 103 Cost, troviamo oggi altre giurisdizioni speciali. 1) le commissioni tributarie La più importante, soprattutto per la mole di contenzioso, rimane la giurisdizione tributaria,che si occupa delle controversie riguardanti i tributi. Le commissioni tributarie si distinguono in: > commissioni provinciali: è ammesso il ricorso alle commissioni regionali, > commissioni regionali: è ammesso il ricorso in Cassazione. 2) tribunali delle acque pubbliche Le controversie in materia di acque pubbliche sono devolute ai: > Tribunali regionali: sono sezioni specializzate della Corte d’Appello del capoluogo regionale, > Tribunale superiore delle acque pubbliche: opera come giudice di appello e in alcuni casi stabiliti dalla legge come giudici di unico grado, è un organo misto composto solo in parte da magistrati ordinari. Attività giurisdizionale e diritti dei cittadini: il giudice naturale, il diritto di azione e difesa, il principio di legalità e irretroattività in materia penale, il principio della responsabilità personale in materia penale e della presunzione di non colpevolezza Esistono importanti principi costituzionali che garantiscono la posizione e i diritti del cittadino nei confronti del giudice. Il principio del giudice naturale Un principio cardine, è quello del giudice naturale. Recita infatti l’art.25 della Cost. comporta non solo il divieto di ogni mutamento della competenza con effetto retroattivo,ma anche il divieto di ogni disciplina che consenta la determinazione del giudice competente attraversol’intervento discrezionale di soggetti diversi dal legislatore. Il diritto di azione e di difesa garantisce il diritto di azione. Il giusto processo Tra le garanzie previste dalla Costituzione a tutela dei cittadini vanno ricordate quelle indicate dall’art.111 Cost., questo esplicita un precetto già ricavabile dall’art.24 ovvero quello del fondamentale principio della parità delle armi fra le parti del processo. In particolare la legge deve assicurare che le parti siano poste nella posizione di poter convincere il giudice, necessariamente terzo ed imparziale, della fondatezza delle proprie richieste. Sempre la medesima norma fonda e conferma l’esistenza del diritto alla prova che deve essere formato nel contradditorio fra le parti. Tutto ciò da sostanza a quello che viene definito il giusto processo, la cui regolamentazione viene demandata alla legge (art.111 Cost.). Tra i principi esplicitati dalla norma in esame va sicuramente ricordato quello che assicura la ragionevole durate del processo. Il principio di legalità e di irretroattività sancisce il principio della riserva di legge e della irretroattività in materia penale Un altro principio che riguarda direttamente l’esercizio della funzione giurisdizionale è costituito dall’obbligo di motivazione deiprovvedimenti giurisdizionali (art.111 c.6 Cost.). Esso ha una duplice funzione: > consente al cittadino che sia parte di un processo, di difendersi nei confronti di una sentenza sfavorevole nei diversigradi di giudizio, > consente a tutti i cittadini e a tutti gli altri giudici di conoscere le ragioni chehanno ispirato una determinata decisione giudiziale. Con tale principio si intende affermare che ogni cittadino ha diritto ad un giudice competente designato da una legge anteriore al fatto commesso possibilità per la parte di far valere direttamente le proprie ragioni | garanzia per tutti dell’assistenza tecnica intende rendere effettivo il diritto di difesa affermando che è compito del legislatore assicurare anche ai non abbienti i mezzi per agire e per difendersi davanti ad ogni giurisdizione, il sistema prevede fra l’altro,che lo Stato si faccia carico delle spese di patrocinio per i soggetti che non raggiungano un minimo direddito stabilito dalla legge stessa. nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. impedisce che il cittadino possa essere chiamato a rispondere per fatti altrui principio di non colpevolezza dell’imputato fino alla sentenza di condanna definitiva. Mm - . Bn • an Dilma CAPITOLO XII Funzioni della corte costituzionale È la risposta che il costituente ha fatto rispetto alla necessità di assicurare la rigidità della costituzione. Il legislatore poteva scegliere tra controllo: - accentrato: affidato ad un organo a doc - diffuso: affidato a ogni singolo giudice. Il nostro costituente ha scelto la prima opzione optando per la corte costituzionale. La Corte Costituzionale, come il PDR, nella Costituzione Italiana è posta al di fuori dei tre poteri dello stato; ad essa spetta una funzione di garanzia del corretto funzionamento di tali poteri, e più ingenerale, dell’osservanza della Costituzione. La Corte esercita anche una quarta funzione, giudica sull’ammissibilità dei referendum abrogativi dileggi statali, con la conseguenza di consentire o impedire il voto sul referendum stesso. Composizione della Corte costituzionale È costituito da 15 giudici (li chiamiamo giudici costituzionali ma non hanno nulla a che fare con il giudice ordinario), la cui nomine e/o elezioni sono affidata a organi diversi - 5 aspettano al presidente della repubblica - 5 aspettano alle supreme magistrature , che vengono scelti tra di loro > ordinarie: corte di cassazione (3) > speciali: corte dei conti (1) e consiglio di stato (1) -5 parlamento in seduta comune Mentre i membri eletti dalla magistratura speciale fanno parte di quegli organi (vengono quindi scelti tra di loro), per le altre nomine vengono scelti soggetti tra: docenti universitari in materie giuridiche, magistrati, avvocati con almeno 20 anni di attività. La composizione collegiale concilia due esigenze: quella di mantenere un collegamento dell’organo con gli istituti di democrazia rappresentativa e quella di assicurare ad esso garanzie diindipendenza analoghe a quelle del potere giudiziario. Questi giudici: - una carica di 9 anni (è il mandato più lungo tra le regole costituzionali); i giudici non scadono tutti nello stesso momento ma scaglionati, al termine del nono anno verranno sostituiti. Anche se l’organo non è completo la sua attività prosegue perché la corta delibera validamente con la presenza di 11 giudici - non sono rieleggibili - sono muti, non parlano (anche il presidente) poichè la loro voce si sente attraverso le decisioni. All’inizio dell’anno viene indetta una conferenza stampa dove il presidente informa le tendenze dell’anno precedente - immunità stabilite nell’art 68, quindi pari a quelle dei parlamentari è la più importante deve decidere a quale potere spetti l’attribuzione contestata, o nel caso di conflitti fra lo Stato e le Regioni, se lo Stato o la Regione abbiano rispettivamente leso competenze regionali o statali per atti di alto tradimento o attentato alla Costituzione in questo caso la corte è allargata, vengono aggiunti 16 giudici scelti a sorte da una lista che il parlamento in seduta comune stipula ogni 9 anni tra i cittadini che hanno eleggibilità a senatori. Questa lista in realtà sono gli stessi soggetti che comunque avrebbero potuto far parte della corte (docenti, avv, mag is trati). Per i reati esterni all’ambito politico, il capo dello stato viene giudicato come normale cittadino ma solo dopo il termine del suo mandato Organo costituzionale diverso dal parlamento, dalla camera e dal sentato, nonostante - sia somma della camera dei deputati+ il sento. - si riunisce alla camera dei deputati - viene presieduto dal presidente della camera. Può essere dotato di un propio ordinamento. È tendenzialmente organo elettorale, quando è convocato è perché deve eleggere qualcuno (membri CSM, capo dello stato, 5 membri che vanno a forma la corte costituzionale). La costituzione prevede che la corte elegga al proprio interno un presidente, il quale resta in carica tre anni ed è rieleggibile. Egli affida ai vari giudici la discussione delle cause. il parlamentare non può essere indagato per: - la posizione politica che assume - quando parla dell’esercizio delle proprie funzioni Per come è scritto oggi, dopo le modifiche del 93, per poter limitare la libertà personale, arrestare, intercettare, perseguire i membri del parlamento è necessaria l’autorizzazione della camera di appartenenza con due eccezioni: - se il parlamentare è colto in fragranza di reato per cui la legge prevede arresto obbligatorio - in virtu di una sentenza irrevocabile di condanna. Il vecchio art del 68, nella primissima formulazione, si prevedeva che era necessaria l’autorizzazione da parte della camera di appartenenza anche per procedere alle indagini. A oggi per poter indagare la corte costituzionale è necessaria l’autorizzazione della corte stessa Di • • . . @ TI • il controllo di costituzionalità delle leggi: opinioni Prima dell’entrata in vigore della Costituzione (1948), non esisteva un controllo di costituzionalità delle leggi, in quanto ogni legge ordinaria venne ritenuta idonea a derogare allo Statuto del 1848. Ma i Costituenti vedevano sull’introduzione del controllo di costituzionalità un efficace strumento di tutela della libertà. Si doveva scegliere fra un controllo diffuso ed un controllo accentrato. Secondo il prima modello il controllo è effettuato da tutti i giudici, attraverso la disapplicazione della legge incostituzionale, limitatamente al giudizio in cui è sorta. Il secondo prevede che il controllo sia compiuto da un solo organo non appartenente al potere giudiziario, il quale può accertare le difformità della legge alla Costituzione ed annullare la legge dichiarata incostituzionale. Fra le due forme di controllo prevalse la seconda a causa del timore di assegnare ai giudici un potere eccessivo. La scelta dei modi di sollevare la questione di costituzionalità venne fatta dall’Assemblea Costituente nella L.Cost. 1/1948, la quale adotta come forma principale di legittimazione quella incidentale, in cui la questione sorge nel corso di un giudizio, essendo legata alla soluzione della controversia concreta. L’azione principale, cioè sul ricorso diretto alla Corte costituzionale, venne limitata ai soli rapporti fra Stato e Regioni. È alla magistratura comune, che il nostro ordinamento affida il compito di individuare le questioni di costituzionalità e di rimetterle alla Corte Costituzionale; è dunque la magistratura comune a selezionare le questioni meritevoli di attenzione da parte del giudice costituzionale. Poteva essere basato su due logiche diverse 1) controllo preventivo all’entrata in vigore della norma 2) controllo successivo all’entrata in vigore della norma A oggi conosciamo il controllo di legittimità di tipo successivo, controllo che dunque è attivabile solo dopo che la norma è entrata in vigore. In questo tipo di controllo esistono due percorsi diversi: Il giudizio in via incidentale La questione di costituzionalità, per giungere al giudice costituzionale, deve sorgere nel corso di un giudizio,cioè in occasione dell’applicazione concreta della legge. Sono i giudici comuni e le controversie concrete nelle quali sorgono le questioni di costituzionalità, a determinare le possibilità di accesso al giudizio della Corte. La questione di costituzionalità, come si è detto, sorge nel corso di un giudizio. La Corte costituzionale ha inteso il termine “giudizio” in modo ampio, comprensivo di procedimenti davanti ad organi giurisdizionali che non appartengano alla giustizia ordinaria o che è addirittura dubbio che svolgano vere funzioni giurisdizionali. Così sono stati ritenuti legittimi a sollevare questione di legittimità incidentale gli arbitri rituali, che svolgono la loro attività nel corso di un arbitrato svolto secondo le norme del Codice Civile. In questo caso la corte ha ritenuto sufficiente la sussistenza del requisito oggettivo, ovvero un giudizio svolto nel rispetto della parità delle parti e per l’applicazione dl diritto alcaso concreto. Il giudice Costituzionale ha poi ridimensionato il criterio soggettivo: in base alla giurisprudenza più recente non è infatti sufficiente che sia un organo giurisdizionale a sollevare la questione, ma occorre che lo faccia nell’esercizio concreto di funzioni giudicanti. La Corte ha invece mantenuto un atteggiamento di estrema apertura nei confronti della legittimazione di organi, come la sezione superiore del CSM o la Corte dei Conti in sede di controllo, che pur svolgendo funzioni non propriamente giurisdizionali, o di incerta natura, sono ammessi a sollevare questione di costituzionalità in ragione della loro posizione qualificata nell’ordinamento o del tipo particolare di procedimento. Il giudice a quo (giudice che solleva la questione giurisdizionale, sia che abbia un sospetto o che faccia proprio il sospetto sollevato dalle parti private o dalla pubblica accusa) deve però controllare la sussistenzadi due requisiti, per poter investire il giudice costituzionale: - non manifesta infondatezza—> attiene alla circostanza che il giudice immediatamente si renda conto che per come è costruito il dubbio c’è un sospetto fondato - rilevanza —> deve verificare che la norma, che si presume che violi la costituzione, sia la norma applicata a quel procedimento per la risoluzione della controversia L’assenza di uno dei questi requisiti fa si che la questione non possa essere trasmessa alla corte. Il giudice a quo prima di introdurre la questione davanti alla corte, dovrà rinviare la questione solo se non individua nessuna interpretazione che è in grado di non violare la costituzione. Successivamente il giudice a quo può redigere un’ordinanza di rimessa degli atti alla corte Costituzionale, nella quale, esposti i termini e i motivi di questione, indicando le norme di legge oggetto del dubbio e le norme costituzionali che si assumonoviolate, e motivando sulla rilevanza e non manifesta infondatezza della questione stessa, sospende il giudizio in corso, fino alla decisione della Corte Costituzionale. L’ordinanza di remissione riveste un’importanza centrale nel processo costituzionale, in quanto è l’atto introduttivo del medesimo, nel quale viene definito l’oggetto di costituzionalità (il Thema decidendum). Con questo investe la corte del controllo di costituzionalità. La corte risponderà solo rispetto a ciò che il giudice gli chiede. Secondo la giurisprudenza il thema decidendum deve essere definito e non può limitarsi ad una generica contestazione della legge da parte del giudice a quo. Il giudice a quo, oltre l’ordinanza, invierà anche il fascicolo processuale, resoconto su tutto ciò che riguarda il caso in corso in modo tale che la corte possa valutare la rilevanza e attraverso questo fascicolo può valutarlo. Successivamente si porta a conoscenza, attraverso la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, che un giudice ha portato una questione di costituzionalità —>pubblicità notizia In questo modo viene data la possibilità ad altri giudici di sospendere il giudizio in attesa che la corte deliberi rispetto a ciò che è stato avanzato (il procedimento del giudice a quo invece era già sorpreso nel momento in cui ha sollevato la questione di legittimità) Se la legge trattatasi è statale viene il tutto segnalato al parlamento, se invece si tratta di una legge regionali viene notificato al consiglio regionale. Entro il termine di 20giorni da tale pubblicazione, le parte del giudizio a quo possono intervenire nel giudizio costituzionale per sostenere le proprie ragioni, entro tale termine può intervenire anche il PDC tramite l’Avvocaturadello Stato, o il Presidente della Giunta regionale se la questione riguarda una legge regionale.In talmodo, si crea nel processo costituzionale una sorta di contraddittorio, che è però del tutto eventuale,perché il giudizio della corte ha luogo, anche se le parti o alcune di esse non decidono di intervenire. A questo punto la corte, senza regole particolarmente rigide, può discutere la causa sia in udienza pubblica sia discutere in camera di consiglio. È obbligata la corte a discutere in udienza pubblica quando c’è costituzione di parte, le quali vanno sentite, diversamente se non c’è costituzione di parte la discussione potrà avvenire in camera di consiglio. Mentre la discussione avverrà sempre in camera di consiglio e le decisioni sono sempre prese a unanimità, non sentiremo mai che una decisone è stata presa a maggioranza. In realtà si è scoperto che per quanto riguarda le questioni più delicate (es ambito elettorale) probabilmente viene presa in considerazione la maggioranza. Se accoglie la questione di costituzionalità, la Corte Costituzionale dichiara l’incostituzionalità della legge, tale decisione a norma dell’art.136 Cost. ha un’efficacia generale, ovvero nei confronti di tutti i soggetti dell’ordinamento. La L.87/1953 sancisce che le norme incostituzionali non possono essere più applicate avendo effetto anche nei confronti di tutte le situazioni ancora giustiziabili pur sorte precedentemente alla dichiarazione di incostituzionalità. Si può dire che in base alla Costituzione, agli enti territoriali è riconosciuta autonomia normativa e amministrativa, con la differenza, a vantaggio delleRegioni, che la potestà normativa di queste è sia legislativa che regolamentare, mentre per gli enti minori è solo regolamentare, la quale può essere esercitata per disciplinare l’organizzazione e lo svolgimento delle funzioni amministrative a loro attribuite. L’ordinamento riconosce a tutti gli entiterritoriali autonomia politica, nel senso che nell’ambito dei poteri loro spettanti e delle rispettivecompetenze possono agire per il perseguimento di fini e per il soddisfacimento di interessi e bisogniliberamente prescelti. Prima della riforma del Titolo V del 2001 la potestà legislativa era attribuita alle Regioni esclusivamente per le materie tassativamente indicate da fonti di rango costituzionale (Costituzione,Statuti Speciali), mentre per lo Stato era estesa a tutte le materie non espressamente assegnate alle Regioni. La L.Cost.3/2001 ha invertito questo criterio, indicando le competenze legislative statali estabilendo che tutte le altre competenze spettano alle regioni. (nuovo testo art.117 c.4 Cost.) Questo criterio vale in sostanza anche per la potestà regolamentare. Con riguardo alla potestà amministrativa, la 3/2001 attribuisce le funzioni amministrative ai Comuni, salvo che per assicurarnel’esercizio unitario, siano attribuite a Province, Città Metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. (nuovo testo art.118 c.1 Cost.) La riforma inquesta parte prosegue la linea già tracciata dalla Legge Bassanini, la quale allo scopo di introdurre ilc.d. federalismo amministrativo, ha da tempo posto le basi per il conferimento agli enti locali e alle Regioni di tutte le funzioni amministrative relative alla cura degli interessi, alla promozione e allosviluppo delle rispettive comunità.Tale legge ha escluso dal conferimento solo le funzioni e i compiti riconducibili a materie espressamente elencate, come affari esteri, difesa e ordine pubblico, giustizia,organizzazione dell’istruzione, moneta. Questo processo ha avuto attuazione attraverso l’emanazione di una fitta serie di decreti legislativi. Si può dire che tutto questo è il risultato del progressivo consolidamento nell’ordinamento italiano del principio di sussidiarietà, secondo il quale le funzioni e i compiti amministrativi vanno distribuiti fra i diversi livelli di governo in modo che vengano affidate ai livelli superiori solo le competenze non esercitabili con la dovuta efficacia, efficienza ed adeguatezza ai livelli di governo più vicini ai cittadini destinatari. Questo principio è stato adesso recepito a livello costituzionale. In linea di massima è da pensare che ai Comuni vengano assegnate prevalentemente le funzioni di amministrazione attiva, salvo quelle di vasta area, attribuite alle Provincie insieme a quelle di coordinamento e programmazione. Di conseguenza, alle Regioni dovrebbero essere riservate le funzioni di indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione riguardanti l’intero territorio regionale. Le origini dello Stato regionale Per cogliere l’origine storica delle Regioni, bisogna ricordare che agli albori dell’Unità d’Italia (1861) i Ministri dell’Interno dell’epoca, Farini prima e Minghetti poi avevano lavorato ad un progetto di regionalizzazione amministrativa respinto dal Parlamento.Questo si basava sulla convinzione che lacreazione delle Regioni avrebbe meglio garantito le peculiarità culturali, sociali ed economiche delle diverse aree, rendendo più efficiente l’azione amministrativa, ma nel Parlamento prevalse la preoccupazione di un pericolo per l’Unità appena raggiunta oltre che ad un inutile e costosa moltiplicazione degli enti pubblici concorrenziali con quelli già esistenti, Provincie e Comuni. Fu poi con il Partito Popolare nato nel 1919 da Luigi Sturzo, che si fece strada la concezione della Regione come ente politico, in parallelo all’acquisizione del Trentino e del Friuli VG, contraddistinti nell’ambito dell’impero austro- ungarico da una forte tradizione autonomistica. Con l’avvento nel 1922 del fascismo però, le aspettative autonomistiche vennero vanificate da unaconcezione centralistica dello Stato, che soffoco anche le preesistenti autonomie provinciali ecomunali. Bisognerà attendere la caduta del fascismo per aprire nuove prospettive autonomistiche.I partitimaggiormente inclini ad indirizzare l’Assemblea Costituente verso l’adozione di forte autonomieregionali erano la DC (erede del Partito Popolare), il Partito d’azione, il Partito Repubblicano e unaparte del partito liberale.L’idea profondamente radicata nelle forze cattoliche, che rientri fra i dirittiinviolabili dell’uomo quello di realizzarsi all’interno di una pluralità di formazioni sociali, tra cui lecomunità territoriali, agì da aggregante e l’Assemblea Costituente approvò la struttura regionalenell’ordinamento.Pesarono a favore di questa scelta anche le marcate tendenze autonomistichemanifestatesi in alcune parti del territorio nazionale.In Sardegna e Sicilia si erano infatti istituiti fin dal1944 un Alto Commissario e una Consulta Regionale, la Consulta siciliana aveva addirittura procedutoall’elaborazione di un ordinamento autonomo, comprendente anche ampi poteri legislativi,concretizzatosi in un progetto di Statuto, adottato pressoché integralmente dal Governo.Anche in valleD’Aosta fin dal 1945 nacque una nuova struttura autonomistica, La circoscrizione autonoma della Valled’Aosta, retta da un Presidente, da una Giunta e da un Consiglio elettivo con funzioni amministrative acui avrebbe fatto seguito anche il riconoscimento di funzioni legislative.Non si può infine tener contodell’accordo (De Gasperi – Gruber), fra Italia ed Austria stipulato a Parigi nel settembre del 1946 con laquale erano state previste non solo misure a salvaguardia della minoranza linguistica tedesca, ma anchel’esercizio di un potere legislativo ed esecutivo autonomo nell’area occupata dalla minoranza stessa.Queste misure prevedevano da un lato la creazione della Regione Trentino Alto Adige e dall’altro leProvincie autonome di Bolzano e di Trento, dotate per struttura e funzioni di una rilevanza istituzionaleanaloga a quella delle Regioni.Di fronte a questo è chiaro che la Costituente poteva solo scegliere diistituire le Regioni solo in quelle zone o in tutto il territorio nazionale, la scelta fu la seconda con nonpoche divergenze di vedute tant’è che il Plenum ridimensioni la potestà legislativa delle Regionirispetto a quella prevista dal progetto della Commissione dei 75. Venne deciso di dar vita ad un ordinamento legislativo in due livelli, al primo appartengono quelle regioni alle quali sono attribuite forme e condizioni particolare di autonomia secondo statuti speciali adottati con leggi costituzionali (art.116 c.1 Cost.). Questo regime di autonomia speciale è riservato alle Regioni la cui autonomia si era concretizzata in qualche forma già prima dell’approvazione dellaCostituzione avvenuto il 22 dicembre 1947. Per portare a compimento la previsione dell’art.116 vene riconvocata l’Assemblea Costituente che provvide a recepire il già vigente statuto della Sicilia (L.Cost.2/1948) e ad approvare quelli di Sardegna, Valle d’Aosta e Trentino AA (L.Cost.3-4-5/1948) con la sola esclusione dell’approvazionedello Statuto del Friuli VG, inserita nelle regioni ad autonomia speciale esclusivamente per la tuteladella minoranza slovena. Tale statuto poté essere adottato solo 15 anni (L.Cost.1/1963) dopo a causa del perdurare di difficoltàsul piano interno e internazionale, anche molto tempo dopo la conclusione del secondo conflittomondiale.Al secondo livello di autonomia normale e ordinaria appartengono le altre 15 Regioni (alle 14originariamente previste si è aggiunto nel 1963 il Molise per separazione dagli Abruzzi). Il Costituente ha comunque previsto la possibilità di modificare l’assetto territoriale delle Regioni comerisulta dall’art.132 Cost. tramite un procedimento assai macchinoso e complesso che deve concludersicon una legge costituzionale per la fusione di Regioni o la nascita di nuove e con una legge ordinariaper lo spostamento di Province e Comuni da una Regione all’altra. L’istituzione delle Regioni Pur tra molte difficoltà, si po’ dire che le regioni speciali non sono rimaste in quel limbo istituzionale incui invece sono state a lungo lasciate le Regioni ordinarie.Infatti malgrado le elezioni dei loro Consiglidovessero essere indette entro il 31 dicembre 1948, bisognò attendere altri vent’anni. La parte più rilevante dell’ordinamento regionale previsto dalla Costituzione, quella relativa alleRegioni ordinarie, è rimasta dunque in pratica congelata fino al 1970.Evidentemente vi era nelle forzepolitiche al Governo, il timore che l’opposizione potesse impadronirsi nelle zone in cui deteneva lamaggioranza, degli apparati regionali e grazie ad essi avere una ricaduta favorevole sul pianonazionale. Queste remore sono state rimosse solo quando, con l’avvento alla guida del paese del centro-sinistra ha cominciato a diffondersi un clima politico-ideologico diverso. Organizzazione e funzionamento delle Regioni ordinarie L’assetto organizzativo fondamentale delle Regioni a statuto ordinario, incentrato sul Consiglio, sullaGiunta e sul suo Presidente, nonché la distribuzione delle funzioni fra tali organi, si ricava dallaCostituzione, il cui dettato trova completamento nei singoli statuti regionali.Con la L.cost. 1/1999 èstata ridisegnata la forma di governo regionale con l’introduzione a suffragio universale e diretto delPresidente della Giunta; è stato modificato il procedimento di approvazione degli statuti; è statoattribuito alla legge regionale il compito di disciplinare il sistema di elezione dei Consigli, inprecedenza riservato alla legge statale. Peraltro, finché non verrà predisposta la legislazione elettorale regionale (già adottata da qualcheRegione ma senza innovazioni di rilievo), i Consigli continuano ad essere eletti con la legge elettorale statale in vigore.Il Consiglio è titolare della funzione legislativa che esercita secondo una procedura dettata dagli statuti regionali e dai regolamenti consiliari, procedura molto simile a quella statale con lasola esenzione che il consiglio per l’approvazione delle leggi è mono-camerale. A seguito della riforma di cui alla L.1/1999 i poteri del Consiglio sono stati notevolmente ridotti rispetto a quelli previsti dal Testo Costituzionale per lo più a vantaggio del Presidente della Giunta. È stata eliminata la riserva al Consiglio della potestà di approvare i regolamenti regionali; non elegge piùil Presidente ed i membri della Giunta e nemmeno determina l’indirizzo politico della Regione. Al Consiglio rimane il potere di votare una mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta a cui segue l’obbligo di dimissioni dell’intera giunta, ma anche lo scioglimento del Consiglio stesso in base al principio secondo cui i due organi debbono rimanere in carica assieme e cadere assieme. In sintesi si può dire che l’elemento più significativo di questo nuovo quadro istituzionale è la posizione di netta preminenza del Presidente della Giunta, il quale non solo rappresenta la Regione,promulga le leggi, emana i regolamenti, indice i referendum, nomina e revoca i componenti della Giunta ma soprattutto dirige quest’ultima e ne è responsabile. La revisione costituzionale del 1999 ha superato la precedente forma di governo assembleare che prevedeva l’attribuzione al Consiglio delle funzioni più importanti, con un nuovo assetto che si regge su due organi eletti a suffragio universale, Il Presidente della Giunta titolare del potere di direzione politica e di quello di nomina e revoca dei membri della Giunta e dall’altra il Consiglio, al quale spettano funzioni di controllo e garanzia. Si tratta di una forma di governo standard applicata a tutte le regioni ordinarie, che va integrata ad opera dei nuovi statuti ordinari previsti dalla riforma del 1999, i quali potrebbero adottare una modalità di elezione del Presidente diversa dall’elezione popolare diretta, anche se nessuno degli statuti di2°generazione si è avvalso di tale facoltà. Secondo il nuovo art.123 Cost. ciascun consiglio regionale delibera lo statuto con legge approvata a maggioranza assoluta dai suoi componenti con due deliberazioni successive adottate ad intervallo nonminore di due mesi. Entro 30 giorni il Governo può promuovere il controllo di legittimità della CorteCostituzionale sullo statuto. Lo statuto può essere sottoposto a referendum popolare, su richiesta di un 1/50 degli elettori della Regione o di 1/5 dei Consiglieri e non è promulgato se non è approvato dalla maggioranza dei voti validi. In base al vecchio art.123 Cost. invece, ogni statuto ordinario era deliberato a maggioranza assoluta dal Consiglio, ma doveva essere poi approvato con legge ordinaria dal Parlamento. Oltre a determinare la forma di governo regionale, gli statuti dettano i principi fondamentali per l’organizzazione e il funzionamento dell’apparato regionale e disciplinano il diritto di iniziativa legislativa, i referendum e la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti. (art.123 c.1 Cost.) Va segnalato che i referendum abrogativi regionali, a differenza di quelli statali, possono avere ad oggetto anche atti amministrativi e non solamente leggi. La Costituzione (art.133 c.2) prevede inoltre referendum consultivi, obbligatori ma non vincolanti, quando la Regione intenda istituire con proprieleggi, nuovi comuni o modificare le loro circoscrizioni o denominazioni. Si deve invece agli Statuti l’introduzione a livello regionale di referendum consultivi non riferiti alle variazioni territoriali, che possano essere indetti su qualunque materia di interesse regionale. Gli statuti ordinari di seconda generazione prevedono degli organi di garanzia statutaria (variamente denominati: Consulta, Commissioni, Comitato, Collegio) e generalizzano l’istituzione del Difensore civico regionale, con funzioni di tutela non giurisdizionale dei cittadini. Organizzazione e funzionamento delle Regioni speciali Anche l’assetto organizzativo delle Regioni differenziative, delineato negli statuti speciali, è imperniato sulla ripartizione delle funzioni fra Consiglio, Giunta e Presidente. Il fatto che tali statuti, secondol’art.116 Cost. vengano adottati con legge costituzionale, e quindi deliberati dal Parlamento nazionale,fa pensare che tali Regioni siano prive di quell’autonomia di cui godono invece le Regioni ordinarie. Con il varo della L.cost.2/2001 si è proceduto alla revisione di tutti gli statuti speciali. In particolare siè provveduto a riconoscere a tutte le regioni differenziate e alle Provincie autonome di Trento eBolzano un potere di auto- organizzazione interna analogo a quello attribuito alle Regioni di diritto comune.A seguito della riforma citata ciascuno statuto speciale affida ad una legge rinforzata il compito di determinare la forma di governo della Regione, le modalità di elezione del Presidente e dei membridella Giunta, i rapporti fra gli organi della Regione, l’esercizio di diritto di iniziativa legislativa popolare, la disciplina dei referendum regionali. Gli statuti speciali adempiono ad una funzione diversa da quella degli statuti ordinari, in quanto provvedono a fissare i principi relativi all’elezione dei Consigli alla finanza regionale, ai controlli sugliorgani regionali, e individuano, le materie assegnate alla competenza della Regione. Fino all’entrata invigore della L.cost. 2/2001 la forma di Governo delle Regioni ad autonomia differenziata è stata comunemente considerata di natura tendenzialmente parlamentare. A seguito dell’approvazione della L.cost.2/2001 questo quadro è mutato, da momento che è stato sostanzialmente esteso alle Regioni differenziate, quanto stabilito in ordine alla forma di Governo delleRegioni di diritto comune. Da un lato, quindi, è stato provvisoriamente introdotto anche per esse, (conl’eccezione di Valle d’Aosta, Trentino AA, e provincia di Bolzano) lo stesso modello standard incentrato sull’elezione diretta del Presidente; dall’altro è previsto che ciascuna Regione speciale possa discostarmene (con legge reginale rinforzata) determinando autonomamente la propria forma di governo. La potestà legislativa delle Regioni La principale delle funzioni regionali è quella legislativa. Prima della riforma del 2001 le Regioni potevano esercitare varie funzioni legislative, esclusivamente nelle materie loro tassativamente attribuite. Veniva presa in considerazione in primo luogo la potestà legislativa primaria o piena, riconosciuta esclusivamente alle regioni ad autonomia speciale e Province autonome, con riguardo alle materie indicate negli statuti speciali. Tale potestà, oltre al rispetto della Costituzione, era confinata sia ai limiti di merito che il Parlamento doveva far rispettare (interesse nazionale), sia ai limiti di legittimità custoditi dalla Corte dei Conti (obblighi istituzionali).Il secondo tipo di potestà legislativa (concorrente o ripartita) era riconosciuto siaalle Regioni speciali che a quelle ordinarie nelle materie indicate dagli statuti speciali o dalla Costituzione. La potestà concorrente era sottoposta oltre che ai limiti esterni di cui sopra anche ad un ulteriore limite interno di legittimità rappresentato dai principi fondamentali stabiliti per ciascuna materia dallo Stato. Accanto alle due potestà legislative appena indicate si affiancano quella attuativa e quella integrativa-attuativa di leggi statali, tramite le quali le Regioni potevano dare svolgimento, senza contraddirle a specifiche leggi statali, adattandole alle particolari condizioni locali. A concretizzare i limiti della potestà legislativa delle Regioni, è stato, di regola, il legislatore statale ordinario con riguardo ai limiti di merito, in particolare l’interesse Nazionale, in altre parole l’interessenazionale è stato frequentemente utilizzato quale presupposto giustificativo di leggi statali che effettuavano, nell’ambito delle materie assegnate alle regioni, dei ritagli di competenza a favore dello Stato e a scapito delle stesse Regioni. Di conseguenza ad applicare il limite dell’interesse nazionale è stata la Corte Costituzionale che ha trasformato l’interesse nazionale da un limite di merito in limite in legittimità. Tale operazioni ha avuto l’effetto di riservare allo Stato molte funzioni: > come fiere e mercati (fierenazionali), > assistenza sanitaria ed ospedaliera (individuazione siti) > miniere. Oltre a questi limiti illegislatore statale ne aveva introdotto anche un altro, inizialmente destinato a circoscrivere l’autonomia amministrativa regionale, finito poi per estendersi alla potestà legislativa. Si trattava di un limite derivante dallo svolgimento di una funzione, di indirizzo e coordinamento il cui scopo era di tutelare le esigenze di carattere unitario e il cui esercizio era di conseguenza affidato allo Stato. La riforma del Titolo V ha modificato profondamente tale assetto, infatti mentre in precedenza erano le materie delle Regioni ad essere tassativamente elencate dalla Costituzione, la legge direvisione del Titolo V provvede invece ad indicare le materie in cui lo Stato ha potestà legislativa esclusiva, affermando che spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento allee materie non espressamente riservate dalla legislazione allo Stato. (nuovo art.117 c.4) Vengono quindi attrattenell’orbita regionale materie come industria, commercio, turismo, assicurazioni, assistenza sociale, mentre rimangono allo Stato politica estera, difesa,sistema valutario, previdenza sociale, ordine pubblico, ordinamento civile e penale. Rimane esclusivamente un legame con l’ordinamento passato ed è rappresentato dalla potestà legislativa concorrente, ovvero quella ripartita fra Stato e Regioni da svolgersi esclusivamente in un elenco di materie specificate del nuovo testo dell’art.117 c.3. La distanza fra la sfera statale e quella Regionale si regge dunque sulle materie di competenza, il quale solleva lo spinoso problema della definizione e della delimitazione delle singole materie. I principali criteri utilizzati allo scopo dell’individuazione sono quello oggettivo, che tende ad identificare le materie in base al loro contenuto e quello teleologico che ricomprende nell’ambito di unamateria tutte le attività il cui fine sia ad essa riconducibile, anche se non rientrano in senso stretto neimargini oggettivi della materia stessa. In casi di concorso di competenza, la Corte fa allora ricorso al criterio di prevalenza di una materia rispetto ad un’altra, e, ove anche questo risulti inadeguato,all’applicazione del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, da realizzarsi in particolare nella forma dell’intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni. Può essere giustificata secondo la Corte qualche deroga alla normale funzione fra lo Stato e le Regionied il principale congegno che assicura tale flessibilità si rinviene nell’art.118 c.1 della Cost. Nonostante tale disposizione si riferisca esplicitamente alle funzioni amministrative e individui nei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza i criteri ai quali allocare tali funzioni ai diversi livelli digoverno (comunale, provinciale, regionale e statale), non si può pensare che essa rimanga senzaconseguenze nell’esercizio della potestà legislativa. Più precisamente quando alcune funzioni amministrative vengono attratte per sussidiarietà dal livello regionale a quello statale, sarà necessariamente la legge statale ad organizzarle e regolarle. (es. tutelaambientale) A parte la distinzione fra legislazione statale (specializzata per materia) e quella regionale(generale residuale), altro tratto fondamentale della Riforma del Titolo V è rappresentato dall’equiparazione fra le due potestà, entrambe sottoposte agli stessi limiti, che il nuovo art.117 identifica nel rispetto della Costituzione, dell’ordinamento comunitario e degli obblighi internazionali. Tale equiparazione porta al superamento della vecchia concezione di superiorità dello Stato sulleRegioni, superamento che rappresenta l’asse portante della riforma nel suo insieme. Ne è indice emblematico, il fatto che nel nuovo sistema, il vincolo degli obblighi internazionali non riguarda più esclusivamente la legislazione regionale ma si estende anche alle leggi statali, con la conseguenza che anche il legislatore può incorrere in una censura di incostituzionalità, nel caso non rispetti gli obblighi derivanti dai trattati internazionali. Dopo la riforma del 2001 non vi è più spazio per il limite dell’interesse nazionale visto che di esso non vi è rimasta più alcuna traccia nella Costituzione. Resta da dire delle Regioni ad autonomia differenziata, la cui potestà legislativa è definita dai vecchi statuti speciali, ancora in vigore. Questi ultimi hanno conservato l’impostazione originaria, ed elencano le materie attribuite alla Regionea cui si riferiscono, distinguendo quelle di potestà primaria o piena da quelle di potestà concorrente oda quelle a potestà integrativa-attuativa, non facendo, a differenza del nuovo art.117 cenno alle competenze statali. La L. cost.3/2001 non è però priva di effetti nei riguardi delle Regioni Speciali, dal momento che all’art.10 introduce a loro vantaggio una clausola di maggior favore, per cui finché non si adegueranno gli statuti, le disposizioni della riforma non si applicano solo alle regioni ordinario ma anche a quelle speciali (anche Province autonome). L’effettiva applicazione di tale clausola alla potestà legislativa delle Regione differenziate presuppone due passaggi: - preliminarmente, si deve accertare se i limiti previsti dagli statuti speciali per la vecchia potestà primaria sono più gravosi rispetto al riformato art.117 sulla nuova potestà residuale delle Regioni ordinarie. - successivamente deve essere individuato a che titolo ciascuna Regione o Provincia Autonoma abbia competenza a legiferare nelle varie materie, attraverso il raffronto fra i cataloghi dei rispettivi statuti e quelli, in parte espliciti e in parte impliciti, che risultano dal nuovo art.117 della Costituzione. Visto che alcuni dei limiti originariamente previsti dagli statuti speciali non sono stati puntualmente ripresi nella riforma del Titolo V e quindi non dovrebbero essere più applicati (norme fondamentali delle leggi Statali di riforma economico-sociale) con la conseguenza che la potestà generale residuale risulta più vantaggiosa. Alla luce della giurisprudenza pare che la clausola di maggior favore si debba anche applicare nell’Ipotesi di una materia di potestà concorrente negli statuti speciali, mentre riconducibile all’area della potestà generale-residuale di cui all’art.117 c.4 Cost. Di dubbia risoluzione, invece, sembra il caso di una materia di potestà primaria regionale secondo glistatuti, ma di potestà concorrente o di esclusiva statale nel nuovo art.117, qui forse va tenuta ferma la disciplina statutaria con l’applicazione dei vecchi limiti rappresentati dalle norme fondamentali delle riforme economico-sociali e dai principi generali dell’ordinamento giuridico. Un ultimo cenno lo merita l’introduzione accanto all’autonomia speciale delle 5 Regioni differenziate,di una nuova forma di specialità che si potrebbe definire diffusa. In nuovo testo dell’art.116 prevedeinfatti che forme e condizioni particolare di autonomia possano essere attribuite anche alle regioni ordinarie (di diritto comune). Questo può avvenire su iniziativa delle Regioni interessate, sentiti gli enti locali, con una legge approvata dalle Camere a maggioranza assoluta, sulla base di un’intesa fra lo Stato e la Regione stessa. La potestà amministrativa delle Regioni e delle autonomie locali Le Regioni, ordinarie e speciali sono tenute anche a svolgere funzioni amministrative, che secondo il testo originario dell’art.118 andavano individuate in quelle materie con competenza legislativa secondo il principio del parallelismo. Sempre il comma 3 dello stesso art.118 aggiungeva che la Regione dovevaesercitare le sue funzioni mediante delega a Province, Comuni ed altri enti locali o valendosi dei lorouffici. La ragione della disposizione era di limitare alle funzioni essenziali svolte direttamente dalle Regioni,che non avrebbero dovuto occuparsi di amministrazione attiva, ma di programmazione, coordinamento,indirizzo, finanziamento. In questo modo il Costituente voleva ridurre all’indispensabile gli uffici Regionali e far si che l’azione amministrativa corrispondesse, grazie all’esercizio da parte degli entilocali, nel miglior modo possibile alle esigenze delle attività locali (anticipando il principio disussidiarietà). In realtà queste indicazioni costituzionali sono state disattese, infatti hanno preferito fare ricorso,anziché a questo modello di amministrazione, alla creazione di complessi apparati amministrativipropri, dando vita ad una serie di enti strumentali, aziende, agenzie, società per azioni, questo soprattutto perché spesso gli enti minori non erano ritenuti in grado di operare con efficienza edeconomicità. Il nuovo art.118 ridisegna completamente questo quadro e punta a delineare un’amministrazione pubblica caratterizzata dal superamento di ogni forma di centralismo, sia regionale che statale. La riforma accantona il principio del parallelismo e l’istituto delega agli enti locali, fissando la regola secondo cui, tendenzialmente tutte le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni, salvo che per assicurarne l’esercizio unitario siano conferite a Province, città metropolitane, Regioni e Stato, sullabase dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. Ne deriva un consistente ridimensionamento dell’amministrazione regionale, dal momento che molticompiti amministrativi saranno allocati in capo agli enti territoriali minori con preferenza per gli entipiù vicini ai cittadini, ovvero i Comuni. Per dare piena attuazione a questa redistribuzione di competenze dovranno essere predisposte apposite leggi statali e regionali, alle prime spetta il compitodi individuare le funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città Metropolitane, tenendo conto delle caratteristiche proprie di ciascun tipo di ente e delle funzioni storicamente svolte. Secondariamente illegislatore statale dovrà individuare le funzioni attualmente svolte a livello centrale che non richiedono un esercizio unitario e che quindi vanno conferite alle Regioni e agli enti minori secondo i principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. Nelle materie di sua competenza sarà invece il legislatore regionale ad operare il conferimento agli enti locali delle funzioni amministrative che non richiedono un esercizio unitario a livello regionale, applicando i medesimi principi. Stando al nuovo testo della Costituzione, gli enti territoriali minoririsultano titolari non solo delle funzioni fondamentali e di quelle loro conferite dalle leggi statale eregionali nei termini appena detti, ma anche di altre funzioni definite proprie (art.118 c.2 Cost.). Parte della dottrina ha ritenuto di identificare le funzioni proprie con quelle fondamentali. Il più recente disegno di legge presentato dal Governo per dare attuazione a questa parte della riforma del Titolo V sembra seguire un orientamento diverso. Nel senso che le funzioni proprie degli enti locali sono tenutedistinte dalle funzioni fondamentali, e vengono individuate in compiti ulteriori di cui gli enti localipossono farsi carico nei confronti della propria collettività di riferimento, a condizione che i bilanci e lepotenzialità organizzative dell’ente lo consentano. Va detto infine che nella riforma del Titolo V si può trovare anche la chiave per risolvere quella che in materia di competenza amministrativa delle Regioni,è stata una delle questioni più discusse, fin dalle origini dell’ordinamento regionale.Si tratta dellaquerelle sulla legittimità o meno delle interferenze esercitate dallo Stato, all’interno di tale ambito,attraverso la funzione di indirizzo e coordinamento.
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