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Dispensa Diritto Processuale Civile, Sintesi del corso di Diritto Processuale Civile

Una panoramica sul processo civile, definendolo come una serie di atti e comportamenti finalizzati alla risoluzione di una controversia attraverso la decisione di un giudice terzo e imparziale. Vengono analizzati gli obiettivi del processo, il rapporto tra processo e decisione, le fonti del diritto processuale civile, i principi costituzionali ed europei del processo civile e il concetto di giurisdizione.

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

In vendita dal 30/08/2022

giuliana-musumeci
giuliana-musumeci 🇮🇹

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Scarica Dispensa Diritto Processuale Civile e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! CAPITOLO I: LA STRUTTURA FONDAMENTALE DEL PROCESSO Il processo consiste in una serie di atti e comportamenti, mediante i quali due o più parti sottopongono una controversia alla decisione di un terzo imparziale, il giudice. > Il processo può essere visto come: A) Una cosa della parti: gara o gioco fra le parti, in cui il giudice si limita a registrare chi ha successo e chi soccombe —> neutralità giudice con scopo di definire la lite, raggiungendo una situazione di equilibrio. B) Una cosa del giudice: il giudice interviene attivamente. Tale modello impone la ricerca della soluzione giusta, però con un giudice che è schierato in modo preferenziale per la parte che risulta portatrice di un interesse meritevole di maggiore tutela. —> Codice di procedura ricerca equilibrio tra imparzialità del giudice e ottenimento della decisione giusta. > OBIETTIVO PROCESSO: risolvere la controversia secondo verità e giustizia. > RAPPORTO PROCESSO E DECISIONE: di mezzo a fine: il processo è uno strumento per attuazione dei diritti. Ha struttura dialettica. > FONTI DIRITTO PROCESSUALE CIVILE: codice di procedura civile (4 libri); Costituzione; Normativa europea; giurisprudenza e protocolli. PRINCIPI COSTITUZIONALI ED EUROPEI DEL PROCESSO CIVILE • La prima fonte da considerare è la Costituzione della Repubblica, infatti essa dedica una serie di norme al processo civile. > Art 24 Cost: “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione”. -La norma regola il diritto di difesa e di azione e suppone l’accesso alla tutela giurisdizionale, la garanzia del contraddittorio e la parità delle armi nel processo (intesa come tendenziale omogeneità delle capacità di ogni singola parte di far valere i suoi diritti). > Art 111 Cost: -1 Comma: “La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge”. Il concetto di giusto processo sembra alludere a una corretta modalità di svolgimento della procedura, tale per cui nessuna delle due parti abbia visto comprimere le proprie facoltà difensive. -2 Comma: “Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata”. Queste affermazioni sono contenute anche nell’art 24, maggiore attenzione si ripone su profilo della ragionevole durata. Essa non si riferisce solo al 1 singolo processo, e all’interesse del singolo a una pronuncia senza attendere anni, ma significa soprattutto equilibrio fra le risorse complessive del sistema e quindi ragionevole impiego di risorse in relazione a quel processo. —> PRINCIPIO CONTRADDITTORIO; PARITÀ FRA LE PARTI; TERZIETÀ E IMPARZIALITÀ GIUDICE: nocciolo essenziale di ogni processo civile. Esiste una gerarchia? Potremmo dire che il giusto processo e il diritto di difesa prevalgono sulla ragionevole durata che è un principio di rango inferiore. -6 Comma: “Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati”. -7 Comma: “Contro le sentenze è sempre possibile il ricorso straordinario in cassazione per violazione di legge”. > Art 113 Cost: fonda il principio della tutela ordinaria contro la PA. Si vuole affermare cosi che il cittadino ha diritto di difendersi dinanzi allo Stato- giurisdizione, contro lo Stato-amministrazione. E si afferma anche che lo Stato- amministrazione non ha un giudice speciale per le sue controversie, ma è sottoposto alle regole comuni. • E’ fondamentale anche l’influenza dell’UE sul diritto processuale civile. L’ordinamento UE prevale sull’ordinamento italiano, in forza dei trattati europei, in specie il Tue e il Tfue. Quindi, le fonti europee hanno efficacia immediata. > Art 81 Tfue: promuove la progressiva compatibilità fra gli ordinamenti processuali nell’UE. > Sono previste una serie di misure volte a garantire: il riconoscimento reciproco fra stati membri delle decisioni giudiziali ed extragiudiziali e la loro esecuzione; la notificazione degli atti giudiziali ed extragiudiziali; la compatibilità delle regole applicabili negli stati membri ai conflitti di leggi e giurisdizione; cooperazione nell’assunzione dei mezzi di prova; accesso effettivo alla giustizia; eliminazione degli ostacoli al corretto svolgimento dei procedimenti civili; sostegno alla formazione dei magistrati e operatori giudiziali. > Autonomia procedurale nel rapporto tra norme europee e diritti nazionali. Significa che, da un lato, sussiste piena libertà per i legislatori interni di modellare come meglio credono le regole di procedura civile, ma, dall’altro lato, questa autonomia deve tenere conto della supremazia del diritto europeo e quindi deve essere strutturata in modo da assicurare una tutela effettiva e adeguata. • Altra fonte importante è la CEDU: convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. L’unione aderisce alla CEDU. > Art 6 CEDU: ogni persona ha diritto che la sua causa sia trattata in modo equo, da un tribunale indipendente e imparziale, stabilito per legge, e in un termine ragionevole. Ha 3 grandi temi questa norma: giusto processo, imparzialità dei giudici e ragionevole durata; che oggi fanno parte delle regole costituzionali interne. GIURISDIZIONE E’ il potere di decidere una controversia. E’ un potere dello Stato, ma distinto da quello esecutivo e legislativo. Il potere giurisdizionale è in grado di controllare l’esecutivo e di vigilare sull’applicazione della statuizioni del legislativo. 2 —> L’attribuzione del potere giurisdizionale in rapporto a una data singola controversia fra giurisdizione ordinaria e speciali è fatta dalla legge. Gli eventuali contrasti danno luogo a “questione di giurisdizione”. Basta ricordare 2 regole: 1) è il giudice chiamato a decidere la causa a stabilire se ha o no giurisdizione; la risposta finale proviene dalla Corte di Cassazione a cui la questione può avvenire: attraverso vie ordinarie di impugnazione della decisione sulla giurisdizione; mediante ricorso preventivo prima che il giudice abbia statuito sul merito in primo grado; quando sia sollevato conflitto positivo o negativo di giurisdizione ex art 362 cpc. > Criteri di riparto delle controversie: 1. Natura della situazione soggettiva tutelata: diritti soggettivi al giudice ordinario e interessi legittimi al giudice amministrativo (art 103 Cost). 2. Materie affidate in esclusiva o al giudice ordinario (rapporti di lavoro di pubblico impiego) o al giudice amministrativo (pubblici servizi e urbanistica). -La giurisdizione amministrativa si articola in: giurisdizione generale di legittimità (controversie relative ad atti, provvedimenti o omissioni delle PA), esclusiva (il giudice qui conosce anche controversie su diritti soggettivi, estese al profilo risarcitorio), ed estesa al merito (in pochi casi il giudice amministrativo ha il potere di esercitare la giurisdizione con cognizione estesa al merito: in questi casi, può non soltanto annullare gli atti illegittimi, ma anche sostituirsi all’amministrazione, adottando o modificando l’atto annullato). > Ritornando alla giurisdizione unica e a quella ripartita: la scelta costituzionale di percorrere la via della giurisdizione ripartita suscita oggi delle perplessità. E’ infatti molto difficile realizzare una corretta individuazione dell’attribuzione della materia nel singolo caso = difficoltà di riconoscere l’organo giudiziario chiamato a decidere rappresenta un forte ostacolo per la tutela dei diritti. E’ molto frequente che sia il cittadino a cadere in errore nel proporre la domanda giudiziale dinanzi alla giurisdizione che non la può conoscere e ciò viene pagato con il rigetto della richiesta di tutela e con necessità di ricominciare il processo dinanzi alla giurisdizione competente. Oggi si assiste alla presenza del “principio della TRANSLATIO IUDICII” dal giudice ordinario al giudice speciale e viceversa, in caso di pronuncia declinatoria della giurisdizione. Il medesimo processo può essere trasferito dinanzi all’organo dotato di competenza-giurisdizione. -Gli effetti della domanda, proposta erroneamente davanti al giudice sprovvisto di giurisdizione, restano in vita anche dopo la pronuncia declinatoria. -Viene stabilito che, se entro il termine perentorio di 3 mesi dal passaggio in giudicato della pronuncia negativa di giurisdizione la domanda è riproposta al giudice indicato nella sentenza, nel successivo processo le parti restano vincolate a tale indicazione e sono fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali che la domanda avrebbe prodotto se il giudice di cui è stata dichiarata la giurisdizione fosse stato abito fin dall’instaurazione del primo giudizio. -Invece, l’inosservanza dei termini per riassunzione o prosecuzione del giudizio comporta l’estinzione del processo e impedisce la conservazione degli effetti sostanziali e processuali della domanda. • SPECILIZZAZIONE DEL GIUDICE 5 Si parla oggi di giudice specializzato. Si tratta di giudici ordinari, il cui impiego non solo non incontra alcun limite costituzionale ma è anzi previsto dalla costituzione. Demandare a tali giudici determinati conflitti significa applicare il principio del buon andamento dell’amministrazione della giustizia. —> Alla specializzazione del giudice non si aggiunge una diversificazione del rito. —> La specializzazione del giudice è una via di approccio ai problemi della giustizia, tuttavia essa rischia di essere attuata in maniera inefficiente: a) quando la specializzazione è perseguita assegnando stabilmente i magistrati a determinate funzioni, il punto critico è quello della formazione e dell’aggiornamento degli stessi; b) quando si opera per la specializzazione dell’organo giudiziario attraverso integrazione di componenti laici, si aprono problemi sulla scelta dei membri tecnici. LIMITI ESTERNI ALLA GIURISDIZIONE DELLO STATO Bisogna stabilire fino a che punto gli organi giudiziari di un dato ordinamento hanno potere di decidere. > Vi sono numerosi limiti esterni: a) quelli posti dal rapporto con le giurisdizioni straniere; b) quelli posti dal rapporto con ordinamenti particolari (giurisdizione ecclesiastica); c) quelli esistenti nei rapporti con autonomia privata, tipo arbitrato; d) limite del potere giurisdizionale nei confronti di altri poteri dello Stato (si parla di conflitto di attribuzioni); e) del potere giurisdizionale nei confronti della stessa non giuridicità del conflitto. -In questi ultimi due casi si tratta di difetto assoluto di giurisdizione: nessun giudice ha potere di statuire. Però una domanda non fondata su alcuna ragione di diritto è infondata appunto, più che dire che nessun giudice ha giurisdizione, si dovrebbe dire che qualunque giudice ha il dovere di respingerla. AZIONE IN GENERALE Ora tocca concentrarci sulla posizione delle parti. La controversia diventa lite giudiziaria quando una delle parti la porta dinanzi al giudice. L’ordinamento supporta l’intervento di organismi che possano favorire la conciliazione e la mediazione fra le parti, evitando il ricorso a giustizia. —> Vi sono però una serie di domande\istanze che la società civile rivolge agli operatori del processo: 1. Giustizia rapida. 2. Bisogno di informazione e trasparenza. 3. Scarsità di risorse. 4. Fuga dal processo. • LA DOMANDA GIUDIZIALE La parte che si rivolge al giudice gli chiede di dirimere la controversia in senso a se favorevole e sfavorevole alla controparte. Dunque si tratta di un chiedere al giudice qualcosa contro qualcuno. 6 Nel diritto processuale civile il conflitto tra le parti suppone che la vittoria dell’uno sia la sconfitta dell’altro. Nella giurisdizione contenziosa, lo schema dialettico impedisce che si possa chiedere al giudice un intervento neutrale: il vantaggio di una parte suppone necessariamente il detrimento dell’altra. —> La parte che propone la domanda si chiama ATTORE. La parte contro cui è proposta è il CONVENUTO. > Il potere di proporre la domanda giudiziale si chiama AZIONE: è il potere delle parti, corrispondente al potere di giurisdizione del giudice. Si può vedere l’azione come: 1. Diritto potestativo pubblico: il cittadino ha sempre diritto di adire i tribunali. 2. Proiezione processuale di un diritto soggettivo esistente: se il processo serve per reintegrare i diritti lesi, occorre che questi diritti esistano. 3. Pretesa: si fa leva qui sulla struttura dialettica del processo. Quando il processo comincia, l’attore non vanta un diritto ma solo la pretesa che venga accertato quel diritto. Quando ottiene ragione, non sussiste l’azione ma l’accertamento. 4. Attività: l’azione suppone il compimento di fatti. La tutela giurisdizionale non si realizza con un solo atto ma con una continua attività. —> La veduta dell’azione come proiezione di un diritto esistente sembra in linea con il dettato costituzionale e con idea che al processo debba ricorrere allo chi ha ragione. —> Abuso del processo: il limite al diritto d’azione può ravvisarsi nell’abuso del processo, cioè quelle fattispecie in cui un soggetto utilizza il processo per finalità diverse da quelle per cui è riconosciuto. Il legislatore ha segnato 2 casi di abuso: 1) quello della parte che ha agito o resistito in giudizio consapevole dell’infondatezza, originaria o sopravvenuta, delle proprie domande; 2) quello della parte che abbia ottenuto dalla decisione finale lo stesso esito che aveva rifiutato in sede di mediazione. > Rapporti fra azione e diritto sostanziale: azione connette il diritto sostanziale e il diritto processuale. L’azione, come ogni diritto, nasce, subisce eventuali vicende e si estingue. L’estinzione dell’azione non comporta come necessaria conseguenza anche l’estinzione del diritto sostanziale sottostante, ma implica che quel diritto non potrà ottenere la protezione giurisdizionale e potrà avere attuazione solo in caso di adempimento spontaneo. Per contro, l’estinzione del diritto trascina con se anche l’estinzione dell’azione. PRESUPPOSTI PROCESSUALI, CONDIZIONI DELL’AZIONE, DECISIONE NEL MERITO Obiettivo dell’azione è di ottenere dal giudice della cognizione non solo un accertamento, ma un accertamento favorevole. Nell’esame della domanda, il giudice deve compiere una verifica progressiva di una serie di requisiti. Solo la sussistenza di tutti i requisiti, consentirà al giudice di accogliere la domanda. 7 le rappresenta. Chiaramente l’esito del processo concerne la parte in senso sostanziale, cioè il titolare del rapporto, e non chi ha agito in giudizio per suo conto. -Può succedere che vi siano parti del rapporto sostanziale non chiamate in giudizio: il processo si presenta carente per difetto nel confronto tra coloro che hanno assunto formalmente la qualità di parte e coloro che avrebbero dovuto assumerla. Si dovrà procedere alla chiamata di queste parti perchè se ciò non avvenisse si avrà un rapporto processuale inesistente. 2. L’OGGETTO: o petitum è ciò che si domanda al giudice. Può essere inteso come provvedimento (allora si parla di petitum immediato), oppure come bene della vita a cui il soggetto che propone la domanda aspira (si parla di petitum mediato). 3. IL TITOLO (o ragione giuridica): causa petendi. E’ l’intreccio tra fatto e norma: è la norma invocata come applicabile ai fatti della controversia, o il fatto in quanto rilevante ai fini della norma e ricompreso nella fattispecie. -L’attività tipica del giudice della cognizione è un giudizio di conformità tra il fatto concreto e la fattispecie astratta, che si attua mediante un sillogismo. Il giudizio, se concerne il merito, da vita all’accertamento. -Individuazione della causa petendi opera in modo diverso per diritti relativi e diritti assoluti: a) per i diritti relativi: ad ogni fatto costitutivo corrisponde un diverso diritto: eterodeterminazione della domanda; b) per i diritti assoluti: il diritto è sempre diverso anche in presenza di una pluralità di eventi lesivi: autodeterminazione della domanda. • CONFRONTO TRA PIÙ AZIONI: il diritto processuale usa alcuni concetti specifici per rappresentare il confronto di due o più azioni fra loro. 1. Litispendenza: quando azioni sono identiche. 2. Connessione: quando hanno in comune alcuni elementi. Essa è soggettiva, quando elemento in comune sono solo le parti. E’ oggettiva quando comuni sono l’oggetto e\o il titolo. E’ propria quando vi sia un elemento comune; impropria quando due azioni diverse devono però essere risolte in base alle medesime regole di diritto. 3. Continenza: quando hanno in comune alcuni elementi e un elemento diverso, che ricomprende quello corrispondente dell’altra. -> Gli effetti di queste situazioni sono regolati dagli artt 39-40 cpc. Obiettivo del sistema è fare in modo che su una data domanda o azione vi sia una sola pronuncia giurisdizionale: -In caso di litispendenza, l’ordinamento sopprime le atre azioni, lasciandone una sola in vita. -In caso di connessione, cerca di favorire la trattazione delle varie azioni in un solo alveo processuale. 10 LE AZIONI DI COGNIZIONE Esse tendono tutte ad un accertamento. L’attore domanda al giudice un confronto fra la situazione concreta in cui si trova e di cui lamenta qualche aspetto con le norme positive. All’esito di questo confronto sta un giudizio che diventa legge su quella situazione e quindi un accertamento vincolante. Di solito però tale accertamento non basta a garantire la tutela domandata: occorre che ad esso acceda una clausola di condanna o che da esso conseguito effetti costitutivi. Per questo si distingue tra: 1. Azioni di mero accertamento: quelle in cui la pronuncia del giudice ha in se l’efficacia di tutelare l’interesse leso. Qui l’attore si trova in una situazione di materiale godimento, minacciata dalla pretesa altrui. La pronuncia del giudice serve a confermare la legittimità della situazione. Quindi si tratta di un accertamento giudiziale confermativo di ciò che già esiste. In questi casi l’accertamento in se è già sufficiente per dare alla parte il soddisfacimento che domanda al giudice, senza che occorra altro. 2. Azioni di condanna: all’accertamento si affianca una domanda di condanna nei confronti del convenuto (a un dare, un fare, un lasciar fare o a un non fare). Sono quelle azioni con cui l’attore chiede il pagamento di una somma o la consegna di un bene. -Il PRESUPPOSTO per tali azioni è che l’attore non abbia la materiale disponibilità del bene o dell’opera, che gli deve essere prestata dal convenuto. Non gli basta, per raggiungere il suo scopo, la pur necessaria affermazione dell’esistenza del suo diritto, ma gli occorre che l’ordinamento emani un comando concreto a carico della controparte. -Rapporto tra azione di condanna e successiva esecuzione è molto stretto, nel senso che la pronuncia condannatoria non è di per se idonea a dare all’attore il soddisfacimento pieno e quindi l’attività esecutiva è un’appendice necessaria. -Ammissibile una domanda di condanna generica. Art 278 cpc suppone anche una domanda sul quantum: “Quando è già accertata la sussistenza di un diritto, ma è ancora controversa la quantità della prestazione dovuta, il collegio, su istanza di parte, può limitarsi a pronunciare con sentenza la condanna generica alla prestazione, disponendo con ordinanza che il processo prosegua per la liquidazione". -Azione di condanna in futuro: di solito tale forma non è ammissibile perchè il diritto alla tutela sorge solo con la violazione del diritto, solo talora la legge eccezionalmente la consente. -Pronunce di condanna condizionata: sono frutto della creazione giurisprudenziale e sono ammesse in quanto l’efficacia della condanna è subordinata al sopraggiungere di un determinato evento futuro e incerto, o di un termine prestabilito o di una controprestazione specifica. Non può essere concessa tale pronuncia nel caso in cui l’evento futuro e incerto dipende da altro accertamento di merito da farsi in un altro giudizio e tra altri soggetti. -Forme di condanna con cognizione sommaria: con funzione esecutiva come il decreto ingiuntivo e l’ordinanza di convalida della licenza o dello sfratto. 11 3. Azioni costitutive: hanno luogo quando la lesione del diritto è sanata da una pronuncia del giudice, in cui all’accertamento consegue una modificazione della realtà giuridica. -Art 2908 cc: “Nei casi previsti dalla legge, l'autorità giudiziaria può costituire, modificare o estinguere rapporti giuridici, con effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa” —> potere conferito ai giudici. -Distinzione tra: giurisdizione costitutiva necessaria per cui l’effetto modificativo si attua solo tramite intervento del giudice; giurisdizione costitutiva non necessaria per cui l’effetto si può produrre anche con l’accordo delle parti. -Le pronunce costitutive non suppongono l’esecuzione forzata perché non vi sono resistenze materiali da vincere. Non di rado però tali sentenze necessitano di attività consequenziali per essere efficaci (come la trascrizione). —> RIEPILOGO: -AZIONE: potere di proporre domanda giudiziale. -CAUSA: lite o controversia. -PROCESSO: metodo per la risoluzione delle controversie civili che ne prevede la decisione da parte di un organo giurisdizionale, in posizione di terzietà e imparzialità, con osservanza delle opportune garanzie e in un tempo ragionevole. LA DIFESA DEL CONVENUTO. LE ECCEZIONI. LE DOMANDE RICONVENZIONALI. IL PRINCIPIO DI NON CONTESTAZIONE • LA POSIZIONE DEL CONVENUTO Fino a ora si è guardato il processo nell’ottica dell’attore. E’ importante anche vederlo dall’ottica di chi subisce la domanda giudiziale. Di fronte alla domanda giudiziale il convenuto può difendersi in vari modi, di crescente intensità. 1. Può limitarsi alla mera negazione del fatto. 2. Può svolgere obiezioni in diritto. 3. Può contestare la sussistenza dei presupposti processuali e delle condizioni dell’azione. —> Al convenuto basta ostacolare l’attore su un punto solo del suo percorso perchè la domanda dell’avversario sia respinta. • L’ECCEZIONE: il convenuto può introdurre nel processo fatti nuovi, che contrastano la domanda dell’attore sul piano della causa petendi. L’eccezione rappresenta ogni difesa attiva del convenuto. In senso proprio, sono eccezioni solo le deduzioni di fatti nuovi che alterano il quadro prospettato dall’attore. —Una volta radicata in giudizio la controversia, sorge automaticamente nel convento l’interesse ad ottenere a sua volta l’accertamento negativo della pretesa dell’attore. -Eccezioni di rito: quando contrasta qualcuno dei requisiti che devono sussistere per la legittima decisione del giudice. 12 > L’essenza del contraddittorio è duplice: a) comporta che il giudice non possa decidere se non avendo ascoltato tutte le parti; b) comporta che ciascuna parte sia posta in condizione di poter contrastare le tesi delle altre. -Il processo ha struttura dialettica e il conflitto è strutturale, intrinseco al processo. Ne segue che la decisione non può che avvenire sull’apporto, contrastante e confliggente, di tutte le parti. -Il contraddittorio, quindi, è un aspetto irrinunciabile del processo. Nel rito ordinario di cognizione le parti dialogano fra loro con una pluralità di atti: citazione, comparsa di risposta, le 3 memorie, le comparse conclusionali, le repliche. Nel rito del lavoro, cosi come in quello sommario, gli atti difensivi sono soltanto uno per parte, oltre la possibilità di una discussione orale. L’essenziale è che il confronto possa avvenire con modalità adeguate. > La nozione di contraddittorio sembra sovrapporsi a quella di diritto di difesa. In realtà, il diritto di difesa attiene alla sostanza, mentre il principio del contraddittorio attiene al metodo. Il diritto di difesa suppone che ogni parte possa incidere effettivamente sul convincimento del giudice e il contraddittorio è il modo con cui ciò si realizza. > Il principio del contraddittorio si lega poi al principio dell’uguaglianza delle parti fra loro e dinanzi al giudice. Le parti sono uguali, hanno uguali diritti e devono essere poste in condizione di fronteggiassi in modo equilibrato. E’ questa una sottolineatura del concetto di parità delle armi: le parti devono essere poste in condizione di difendersi, con tempi e modalità tendenzialmente simili. • BASI NORMATIVE DEL PRINCIPIO DEL CONTRADDITTORIO > Art 101 comma 1 cpc: “Il giudice, salvo che la legge disponga altrimenti, non può statuire sopra alcuna domanda, se la parte contro la quale è proposta non è stata regolarmente citata e non è comparsa”. > Art 6 Cedu: “Ogni persona ha diritto ad un’equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole, davanti a un tribunale indipendente e imparziale costituito per legge, al fine della determinazione sia dei suoi diritti e dei suoi doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta”. Si tratta del diritto ad un processo equo. > Art 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE: “Ogni individuo ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare”. • NUCLEO ESSENZIALE DEL CONTRADDITTORIO La corte costituzionale ha ritenuto legittimo che il legislatore diversifichi l’intensità delle modalità della difesa a seconda del tipo del processo, PURCHÉ VI SIA UN NUCLEO IRRINUNCIABILE —> la giurisprudenza costituzionale ha ritenuto che il diritto di difesa comporti sempre l’assistenza di un difensore tecnico, il diritto di provare fatti e, appunto, il principio del contraddittorio. • IL CONTRADDITTORIO FRA LE PARTI E IL GIUDICE 15 Ci si è posti il problema di garantire il contraddittorio non solo tra le parti, ma anche fra le parti e il giudice. Lo scenario è quello delle decisioni di terzia via o a sorpresa. Le parti si confrontano, l’attore popone al caso la soluzione A, il convenuto la soluzione B. Il giudice segue un proprio percorso e opta per la soluzione C. In questi casi, l’ordinamento vuole che le parti possano discutere con il giudice il punto, prima della decisione. Si tratta di mettere a confronto la soluzione del giudice con ogni possibile obiezione, in modo da garantire la decisione più esatta possibile. • LIMITI ALLA OPERATIVITÀ DEL CONTRADDITTORIO Non vi sono segmenti del processo da cui il contraddittorio sia radicalmente escluso. In concreto però vi sono delle eccezioni alla piena operatività del principio del contraddittorio. > Art 669 sexies cpc: “Il giudice può emettere senza contraddittorio un provvedimento cautelare, la cui durata, però non può eccedere i 15 gg: infatti, il giudice deve fissare un’udienza da tenersi entro 15gg, nella quale, in contraddittorio, può confermare o revocare il provvedimento”. Siamo nel contesto del procedimento uniforme in materia cautelare. > Art 633 ss cpc: “Il giudice decide sulla domanda dell’attore senza sentire la controparte; però il provvedimento, se favorevole all’attore, acquista efficacia piena solo se entro un dato determina dalla notifica la controparte non vi si oppone”. Il contraddittorio è eventuale e differito. Siamo nell’ambito del procedimento di ingiunzione o monitorio. —> In questi casi, la compressione del contraddittorio è accettabile, in quanto si tratta di una limitazione solo temporanea. > Istituto della contumacia: essa è la situazione per cui la parte non si costituisce e quindi non prende posizione attiva nel processo: il che è possibile visto che la partecipazione al processo è una facoltà e non un obbligo. Il processo in contumacia non viola il principio del contraddittorio. Il contraddittorio, infatti, assicura l’uguaglianza formale delle parti, ossia la pari possibilità, e non quella sostanziale, come parità di livello di difesa. Nel contempo, l’equilibrio che deve sussistere fra le posizioni delle parti suppone che l’esame della domanda giudiziale dell’attore da parte del giudice non sia condizionato al consenso o alla partecipazione attiva del convenuto. -Il contraddittorio è essenziale nell’accertamento dei fatti: in particolare, deve essere garantito nell’istruttoria e le prove debbono essere assunte in contraddittorio o almeno compiuta cosi la loro valutazione. PRINCIPIO DISPOSITIVO E INQUISITORIO. L’ONERE DELLA PROVA. IL CONVINCIMENTO DEL GIUDICE. • REGOLA DELL’ONERE DELLA PROVA 16 Come detto, l’accertamento presuppone: A) Individuazione dei fatti lesivi: è compito delle parti. Solo esse decidono quali fatti introdurre in causa = allegazione dei fatti. Il giudice da solo non può cominciare il processo, e neppure può modificare la materia del contendere, introducendo fatti nuovi. B) Prova dei fatti lesivi: art 2697 cc: “Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. A sua volta, chi eccepisce l'inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda”. Quindi l’attore deve provare i fatti costituitivi, il convenuto i fatti estintivi, impeditivi e modificativi. E’ questa la regola dell’onere della prova. > L’onere della prova è: -Una regola di giudizio perchè consente al giudice di evitare il non liquet. -Una regola di attività, nel senso che la parte onerata si deve dare carico di apportare al processo gli elementi idonei a dimostrare i fatti di suo interesse, nella consapevolezza che, diversamente, la sua tesi, contenuta nella domanda o nell’eccezione, non potrà essere accolta. > La legge non proibisce accordi che invertono o modificano l’onere della prova, ma li rende nulli in caso di diritti indisponibili o quando l’inversione o modificazione ha per effetto di rendere a una delle parti eccessivamente difficile l’esercizio del diritto. > Si parla in giurisprudenza del “principio della prossimità della prova”. Si intende che l’onere probatorio è a carico della parte più vicina ai fatti da provare, indipendentemente dal suo interesse che la relativa dimostrazione entri in causa. • PRINCIPIO DISPOSITIVO E INQUISITORIO Il problema è capire se l’iniziativa istruttoria (cioè l’iniziativa di apportare gli elementi probatori nel processo) possa spettare anche al giudice. -Quando essa appartiene solo alle parti si parla di principio dispositivo. Coerente con l’idea del processo come gioco fra le parti. -Quando appartiene sia alle parti che al giudice, con riferimento a tutti i mezzi di prova, si parla di principio inquisitorio. In linea con l’idea del processo che deve dare ragione a chi ce l’ha. > Il sistema italiano è caratterizzato, per quattro riguarda il processo ordinario di cognizione, dal principio dispositivo attenuato: ciò significa che l’iniziativa istruttoria appartiene alle parti, ma che il giudice ha una rilevante serie di poteri istruttori ufficiosi, rafforzati quando il processo si svolge dinanzi al giudice unico. —> Ci si chiede se il ruolo attivo abbia riflessi sull’imparzialità del giudice. Il giudice apporta materiale probatorio che potrà confortare la tesi di questa o di quella parte, ma ciò non inquina in alcun modo la sua posizione di terzo imparziale. L’obiettivo dell’ordinamento non è il raggiungimento della verità ma piuttosto la determinazione della certezza del rapporto. 17 discrezionalità perchè si fa riferimento appunto ai vari snodi e varianti che la struttura di base del processo può conoscere. L’elasticità costituisce la migliore risposta alla necessità di personalizzare il rito e di adeguarlo al singolo caso. Effettivamente viene prediletta dal legislatore la rigidità del processo: ha il vantaggio di semplificare il lavoro al giudice e di tenere prevedibile ai difensori lo sviluppo della trattazione. ORALITÀ, SCRITTURA E TECNOLOGIA INFORMATICA NEL PROCESSO. PUBBLICITÀ E TRASPARENZA • ORALITÀ E SCRITTURA NEL PROCESSO In tutti i sistemi la trattazione del processo è caratterizzata sia da oralità sia da scrittura. Vi sono atti normalmente scritti e atti normalmente orali. In linea teorica si afferma la prevalenza del principio di oralità, ma di fatto sussiste una tendenza alla scrittura, in quanto i processi ad elevata difficoltà tecnica richiedono una puntualizzazione scritta —> PREVALENZA DELLA SCRITTURA SULL’ORALITÀ: > Art 180 cpc: la trattazione della causa è orale, ma è anche prescritto che della trattazione si rediga processo verbale. > Art 126 cpc: dell’udienza deve essere redatto un verbale che descrive ciò che si è fatto e fa fede di quanto avvenuto. —> In pratica, molto spesso ciò che rimane dell’oralità è un sintetico riassunto scritto. Ciò di cui non rimane traccia scritta viene a perdere ogni rilievo. > Il dilemma oralità-scrittura si ripropone nella fase della discussione della causa. Nel rito attualmente vigente, in base all’art 275 cpc, la discussione orale è solo eventuale, in quanto è fissata solo se richiesta dalle parti. Nella prassi era sostanzialmente eliminata: però oggi viene reintrodotta l’oralità. • PROCESSO CIVILE TELEMATICO, PCT E’ una realtà fondata da specifiche norme di legge e implementata da numerose e complesse disposizioni regolamentari. Il sistema ha ad oggetto la gestione digitale del processo attraverso la dematerializzazione degli atti (cioè sostituzione forma cartacea con quella elettronica). > Punto di partenza per l’abbandono delle carte (paper-less) è stata l’accettazione della validità del documento informatico e delle firme elettroniche. > Le trasmissioni telematiche si basano sulla posta elettronica certificata (pec). > Ovviamente l’introduzione delle modalità informatiche non incide sulla struttura del processo. Il contraddittorio, la ragionevole durata, il diritto di difesa, l’imparzialità del giudice e via dicendo non vengono alterati. Cambia solo la forma espressiva e la rapidità delle comunicazioni. 20 • PUBBLICITÀ E TRASPARENZA > La giurisdizione è esercitata, secondo l’art 101 cost, in nome del popolo. Quindi le sue modalità di esercizio devono presentare un profilo di pubblicità. -Sono pubbliche le udienze in cui si discute la causa (art 128 cpc) e se non lo fossero la sanzione sarebbe la nullità. Solo in via eccezionale il giudice può disporre che si svoglia a porte chiuse. -Sono pubbliche le sentenze. > Trasparenza significa che il cittadino non giurista deve essere posto in condizioni di comprendere che cosa sta accadendo nel processo. L’importante è anche che il cittadino abbia un’informazione diretta, nonostante il fatto che le funzioni di mediazione e spiegazione siano svolte dagli avvocati. -Il processo deve affrontare la sfida del linguaggio: comprensione linguistica nei processi transnazionali. -Comunicazione delle nozioni giuridiche. Si ricerca una modalità espressiva che risulti meno criptica e meno incomprensibile ai non tecnici rispetto all’attuale linguaggio legislativo e giudiziario. I giuristi devono farsi capire dai cittadini. -Evitare le decisioni a sorpresa e evitare ogni soluzione del caso che non sia stata oggetto di dibattito giudiziario. IL GIUDICATO. INTRODUZIONE. • IL GIUDICATO COME OBIETTIVO DEL PROCESSO DI COGNIZIONE L’obiettivo del processo di cognizione consiste nel formarsi di un accertamento sulla controversia. L’accertamento del giudice si ha per vero. Il sistema ha necessità di dare certezza e quindi l’attività giurisdizionale deve arrestarsi a un certo punto, fissandosi su un risultato. > Il giudicato è l’accertamento stabile e definitivo che si ha al termine del processo di cognizione. —> A ciò è collegata una regola fondamentale: l’esercizio dell’attività giurisdizionale si può dare solo una volta per una data controversia. Il motivo è che può esistere una sola verità legale. • GIUDICATO IN SENSO FORMALE E IN SENSO SOSTANZIALE > Giudicato formale: riguarda l’incontrovertibilità di ciò che è stato deciso, con il conseguente divieto di ripetere l’accertamento e il giudizio sulla stessa causa. -Art 324 cpc: si intende passata il giudicato formale la sentenza che non è più attaccabile con i mezzi di impugnazione ordinari, o perchè già esperiti, o perchè non più esperibili, con l’effetto di impedire la proposizione di un processo identico. -Le impugnazioni straordinarie invece possono essere proposte contro le sentenze passate in giudicato formale, in quanto ci sono casi in cui il mantenimento della certezza comporta un’ingiustizia cosi forte da risultare intollerabile. 21 > Giudicato sostanziale: governato dall’art 2909 cc: l’accertamento contenuto in una sentenza passata in giudicato fa stato tra le parti, i loro eredi e aventi causa. E’ la concretizzazione della norma generale e astratta, ossia il comando normativo dato dal giudice per quel caso concreto = legge del caso concreto. —> Ciò che passa in giudicato non è la sentenza, ma l’accertamento in essa contenuto. Mentre tutte le sentenze sono idonee a passare formalmente in giudicato, non tutte le sentenze danno luogo a giudicato sostanziale, perchè non tutte contenuto un accertamento di merito. NON SI FORMA GIUDICATO SOSTANZIALE DOVE NON SI HA UN ACCERTAMENTO TENDENZIALMENTE STABILE. [QUINDI: con il termine giudicato sostanziale si fa riferimento all'effetto di diritto sostanziale che produce la sentenza e che consiste nella determinazione dell'esistenza o dell'inesistenza di un diritto delle parti e nell'imporre a queste ultime l'obbligo di osservare quanto stabilito dal giudice. Il giudicato in senso sostanziale è unanimemente riconosciuto solo con riferimento alle sentenze che decidono in maniera irrevocabile sul merito]. • GIUDICATO E GIURISDIZIONA ESECUTIVA E CAUTELARE Il giudicato è risultato del processo di cognizione. Il processo di esecuzione e quello cautelare non danno luogo ad un accertamento definitivo: si parla di giurisdizione e non di giudicato. > Processo cautelare: porta a un provvedimento provvisorio. Nei casi di tutela anticipatoria, l’ordinamento offre alla decisione una certa stabilità di effetti pratici, che non equivale a giudicato, ma che assorbe molte delle conseguenze concrete di un giudicato vero e proprio. > Processo esecutivo: non conduce a un accertamento e non ha effetti giuridicamente fondati, ma materiali. In dottrina si parla di effetti materiali irreversibili di un’esecuzione forzata. I LIMITI SOGGETTIVI DEL GIUDICATO • EFFICACIA SOGGETTIVA DEL GIUDICATO Il giudicato sostanziale ha limiti sia soggettivi che oggettivi. > L’art 2909 cc chiarisce che l’accertamento contenuto in una sentenza passata in giudicato fa stato tra le parti, i loro eredi e aventi causa. -Il giudicato si forma e si esplica fra le parti del rapporto sostanziale, a prescindere da chi abbia agito nel processo. Però c’è da dire che diritto sostanziale e processuale sono due vasi comunicanti; infatti, nella maggior parte dei casi, capace di agire è parte processuale. Gli effetti del giudicato si producono sul titolare di tale diritto. > Art 110 cpc: quando la parte viene meno per morte o altra causa, il processo è proseguito dal successore universale o in suo confronto. Ciò vale per successione 22 • GIUDICATO IMPLICITO E GIUDICATO ESTERNO > Giudicato implicito: si parla di esso per affermare che il giudicato copre non solo l’oggetto diretto della pronuncia, ma anche tutto ciò che rappresenta il fondamento logico-giuridico, anche se non sia stato discusso in causa. L’estensione implicita del giudicato, però, si deve coordinare con tutto ciò che rappresenta la volontà delle parti di litigare su una data questione e non su altre. IL GIUDICATO SI FORMA SU CIÒ CHE, SIA PURE IMPLICITAMENTE, È STATO DECISO. > Giudicato esterno: si intende la decisione, emessa dal giudice con forza di giudicato nella causa X, che fissa in modo stabile l’accertamento su alcuni elementi della controversia sottoposto al giudice nella successiva causa. Y. Le sentenze dei giudici di merito, passate in giudicato, sono suscettibili di acquistare autorità di giudicato esterno, diventando incontestabili nei giudizi fra le stesse parti, relativi a questioni identiche rispetto a quelle già esaminate e coperte dal giudicato. • TENDENZE EUROPEE: la principale tende a restringere gli effetti del giudicato, limitandoli ai punti di fatto e di diritto effettivamente discussi. • ECCEZIONE DI COSA GIUDICATA L’ordinamento, nel suo obiettivo di dare certezza, cerca di evitare il contrasto fra giudicati, cioè di situazioni in cui si formino due accertamenti contrastanti. > I mezzi per evitare questo rischio sono: -Eccezione di litispendenza: si cerca di evitare, sul sorgere, che nascano due processi identici, decisi da due giudici diversi. -Eccezione di cosa giudicata: mira a paralizzare un’azione proposta dopo il passaggio in giudicato di una data sentenza, rilevando che il giudice ha già esercitato il suo potere di ius dicere esattamente sulla stessa domanda. E’ rilevabile anche d’ufficio. > Contrasto fra giudicati: si ha quando l’identica causa fra A e B è decisa in un modo dal giudice X e in un modo diverso dal giudice Y. Manca la certezza dell’ordinamento su un identico rapporto sostanziale. E’ diverso dal contrasto di giurisprudenza: si ha quando la causa fra A e B è decisa dal giudice X in modo diverso da come la causa fra C e D (diversa, ma di identiche basi giuridiche) è decisa dal giudice Y. Per entrambi i rapporti si hanno soluzioni certe, ma manca totalmente la prevedibilità nell’interpretazione della norma in un eventuale terzo caso. Pregiudica la certezza del diritto. L’ordinamento cerca di evitare il contrasto di giurisprudenza con: a) connessione impropria: permette la trattazione in unico processo di più cause prive di collegamento oggettivo fra loro, ma caratterizzate dalla medesima questione di fatto; b) azione di classe: consente a molti soggetti di far convergere le proprie domande, ottenendo un risultato omogeneo. 25 CAPITOLO II: LE CONDIZIONI DI SVOLGIMENTO DEL PROCESSO • GIURISDIZIONE E QUESTIONE DI GIURISDIZIONE > La giurisdizione è il primo presupposto processuale, nel senso che il giudice, per cominciare a prendere in considerazione il caso, deve verificare di essere investito del potere di deciderlo. > Si ha una questione di giurisdizione quando, nel corso del processo, sorge un contrasto tra le parti, ovvero si manifesta un diverso punto di vista del giudice, circa la sussistenza o no della giurisdizione in capo all’organo adito —> QUESTIONE CHE RIGUARDA LA SUSSISTENZA IN CAPO AL GIUDICE ADITO DELLA GIURISDIZIONE. -In base all’art 37 cpc: la questione di giurisdizione può sorgere in ogni stato e grado del processo e può essere sollevata dalle parti o d’ufficio dal giudice. La cassazione ha aggiunto che la rilevabilità del difetto di giurisdizione deve tenere conto dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo. > Da chi viene risolta la questione di giurisdizione? Ogni giudice di merito ha il potere di decidere sulla propria giurisdizione. La decisione però deve spettare a un solo organo, individuato nella Cassazione a sezioni unite. > Come può essere essere risolta? 1) Attraverso le impugnazioni; 2) In via anticipata: regolamento preventivo di giurisdizione: esso non è un mezzo di impugnazione, infatti può essere proposto solo prima che sia stata emessa una decisione, di merito o di rito, anche non definitiva, su una qualunque parte della materia del contendere. Questo significa che, se il giudice si pronuncia nel merito o su un presupposto processuale, significa che che ha il potere di giuridica e che afferma cosi implicitamente la propria giurisdizione. Il regolamento ha obiettivo di investire le sezioni unite della Cassazione della decisione sul punto della giurisdizione in rapporto alla singola causa. Si propone con ricorso e si sviluppa secondo linee simili a quelle del comune ricorso in cassazione. La decisione assume forme dell’ordinanza resa in camera di consiglio. • LA GIURISDIZIONE NELL’UE Nel contesto europeo, la giurisdizione in materia civile non è governata solo dalla legge italiana, ma è disciplinata da vari regolamenti. Essi sono leggi europee che stabiliscono i criteri di giurisdizione, valide in tutti i paesi dell’Unione. Questa determinazione vincola tutti i giudici, cioè una volta fissata dal regolamento la giurisdizione, ciò vale per tutti. > Il rapporto tra controversia e giurisdizione è stabilito con regole che tengono in conto le caratteristiche materiali della lite. Si cerca di invidiare quindi la giurisdizione più prossima ai fatti di causa e quindi potenzialmente più idonea a dare un giudizio fondato. 26 > Non sempre si determina un sola giurisdizione abilitata a conoscere della controversia ma talora vi sono casi di concorso fra giurisdizioni. • LA GIURISDIZIONE INTERNAZIONALE SCHEMA: > Controversia nazionale: priva di qualsiasi rilevante elemento di estraneità con il nostro ordinamento e che da vita a un giudicato che produce effetti solo in Italia. > Controversia internazionale: caratterizzata da qualche elemento di estraneità, la cui decisione è destinata a produrre effetti nell’ordinamento italiano, ma non esclusivamente. > Controversia estera: pur avendo qualche collegamento con l’ordinamento italiano, da vita a un giudicato inidoneo a produrre effetti in Italia. —> Si devono distinguere le controversie in nazionali, internazionali o estere a seconda degli effetti delle relative pronunce, a nulla rilevando a quale ordinamento appartenga la giurisdizione che le risolve. • CRITERI DI GIURISDIZIONE INTERNAZIONALE -La giurisdizione italiana sussiste quando il convenuto è domiciliato o residente in Italia. Nessun rilievo ha il criterio della cittadinanza. Non basta la mera dimora, mentre vale il domicilio elettivo. Quindi è soggetto alla giurisdizione italiana chi, convenuto dinanzi a un organo giudiziario del nostro paese, si trovi in una relazione permanente tendenzialmente con il territorio italiano. -La legge, mentre nella materia contrattuale e commerciale attua una politica di ampia apertura alle giurisdizioni straniere e tende a svincolare la giurisdizione dal legame con il territorio, nella materia dei diritti indisponibili (stato e capacità di persone) mantiene un atteggiamento di conservazione della giurisdizione nazionale, con un vincolo sia al territorio che allo stesso criterio della cittadinanza. —> Deroga e accettazione convenzionali della giurisdizione: 1. L’ambito della giurisdizione nazionale viene estesa, come criterio generale, a tutte le situazioni in cui essa sia stata convenzionalmente accettata dalle parti o il convenuto compia nel processo senza eccepire il difetto di giurisdizione nel primo atto difensivo. Quindi cosi la giurisdizione italiana si pone al servizio della risoluzione di una lite non altrimenti collegata con il territorio e con l’ordinamento giuridico della Repubblica, se non dalla volontà delle parti: è chiamata a risolvere una controversa estera. 2. Si lascia anche la possibilità inversa: cioè quella di scegliere un giudice di un altro Stato o un arbitro straniero. La deroga è inefficace se il giudice o arbitri indicati declinano la giurisdizione o non possono conoscere la causa. Cosi potranno tornare alla giurisdizione italiana, anche se una delle parti la rifiutasse. 3. Si esclude la giurisdizione italiana (anche se le parti fossero d’accordo) rispetto alle azioni reali aventi ad oggetto beni immobili situati all’estero. 27 sede, è competente anche il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l’obbligazione dedotta in giudizio. > Foro esclusivo: quando la legge prevede un solo criterio di collegamento tra controversia e territorio. Art 21 cpc: competenza nella cubase relative a immobili è del giudice del luogo dove è posto l’immobile. Art 22 cpc: successione; art 23 cpc: condominio. > Foro erariale: luogo dove ha la sede l’ufficio della avvocatura dello stato, e di qui è il giudice competente quando vi sono cause in cui è parte un’amministrazione dello Stato. > DEROGA DELLA COMPETENZA PER TERRITORIO: la competenza per territorio può essere derogata dalle parti. Si pone in relazione ciò con la fiducia del legislatore verso tutti i giudici del territorio. -La competenza per territorio, quando è derogabile, può essere modificata dalle parti in base a “patto scritto anteriore alla controversia” o a controversia già insorta: art 29 cpc. Nel 1 caso, l’accordo deve riferirsi a uno o a più fatti determinati e risultare da atto scritto; non attribuisce al giudice designato competenza esclusiva quando ciò non sia espressamente stabilito. Nel 2 caso, l’attore radica la competenza in un foro da quello diverso consentito dalla legge e il convenuto non eccepisce l’incompetenza, che rimane quindi fissata. L’accordo sulla modifica, si forma in questo caso, in modo implicito, come conseguenza del comportamento concludente del convenuto. -CASI IN CUI COMPETENZA PER TERRITORIO NON PUÒ ESSERE DEROGATA: infatti l’obiettivo di tutelare la parte più debole e di assicurare precise esigenze di ordine pubblico può indurre il legislatore a non permette modifiche al foro più prossimo al luogo dei fatti di causa: art 28 cpc. LE MODIFICHE ALLA COMPETENZA PER RAGIONI DI PREGIUDIZIALITÀ E CONNESSIONE. L’ACCERTAMENTO INCIDENTALE • PREGIUDIZIALITÀ E CONNESSIONE COME CAUSE MODIFICATRICI DELLA COMPETENZA Le regole sopracitate consentono di determinare il giudice organo competente. Talvolta, però queste regole subiscono una modifica per effetto dei rapporti che una singola causa ha con altre cause —> SI HANNO QUINDI SPOSTAMENTI DELLA COMPETENZA DOVUTI A PREGIUDIZIALITÀ O CONNESSIONE FRA CAUSE. > Connessione: legame strutturale fra azioni diverse, che suggerisce abitualmente la trattazione comune. > Pregiudizialità: in senso ampio, si può richiamare il concetto per cui il giudice deve decidere in base a un ordine logico-giuridico, che suppone di prendere in considerazione i presupposti processuali e le condizioni dell’azione prima del merito. Quando un dato passaggio logico-giuridico è oggetto di diverse vedute fra le parti (o fra le parti e il giudice) sorge una questione che, dovendo essere decisa 30 prima che il giudice possa proseguire l’iter decisionale, prende il nome di questione pregiudiziale. Si ha però anche una pregiudizialità di tipo sostanziale che prende il nome di pregiudizialità-dipendenza: si ha essa fra cause, tale per cui il giudice, nel suo sillogismo, si imbatte in un elemento che deve essere accertato, con carattere di antecedente logico-giuridico, in un’altra causa. • ACCERTAMENTO INCIDENTALE > Si ha qui l’ipotesi di un accertamento che va compiuto con effetto di pregiudizialità su un altro all’interno del medesimo processo: in linea di massima, al giudice basta accertare il rapporto pregiudiziale, nei limiti in cui ciò è necessario ai fini della decisione della causa (infatti, nel diritto processuale, il termine “incidente” si riferisce a una situazione che costituisce una parentesi all’interno di una vicenda più complessa, entro la quale si inserisce). > Talvolta però, per volontà delle parti o per legge, si tratta di decidere anche il rapporto pregiudiziale con efficacia di giudicato. In questa ipotesi, il giudice, se non è competente ad accertare il rapporto pregiudiziale, deve spogliarsi della competenza a decidere quello pregiudicato: l’intero processo passa al giudice competente a conoscere il rapporto pregiudiziale e la causa pregiudicata segue quella pregiudiziale. —> Art 34 cpc: “Il giudice, se per legge o per esplicita domanda di una delle parti è necessario decidere con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale che appartiene per materia o valore alla competenza di un giudice superiore, rimette tutta la causa a quest'ultimo, assegnando alle parti un termine perentorio per la riassunzione della causa davanti a lui”. DIFFERENZA TRA CASI IN CUI ACCERTAMENTO È SOLO INCIDENTALE O DEVRE ACQUISIRE INVECE EFFICACIA DI GIUDICATO. -A volte è la legge che impone l’accertamento con efficacia di giudicato. Ciò accade ad esempio nei rapporti di stato: se la qualità di parente viene in gioco per stabilire l’obbligo o no di versare gli alimenti, non è possibile esaminarla solo incidentalmente. • COMPENSAZIONE E DOMANDA RICONVENZIONALE > Compensazione: art 35 cpc: “Quando è opposto in compensazione un credito che è contestato ed eccede la competenza per valore del giudice adito, questi, solo se la domanda è fondata su titolo non controverso o facilmente accertabile, può decidere su di essa e rimettere le parti al giudice competente per la decisione relativa all'eccezione di compensazione, subordinando, quando occorre, l'esecuzione della sentenza alla prestazione di una cauzione; altrimenti provvede a norma dell'articolo precedente”. > Domanda riconvenzionale: art 36 cpc. E’ sta già esaminato parlando della difesa del convenuto e qui viene ripreso per gli effetti che ha sulla competenza. Se proposta dall’attore una certa domanda, il convenuto spiega una domanda 31 riconvenzionale che deve essere decisa, per materia o valore, da un altro giudice, l’intera materia del contendere viene portata dinanzi a questo giudice (superiore). L’effetto di spostamento della competenza è solo eventuale come conseguenza della domanda riconvenzionale: nella maggior parte dei casi, quando il giudice è competente sia per la domanda principale che per quella riconvenzionale, l’effetto è solo di ampliare la materia del contendere. • CONNESSIONE E CUMULO DI CAUSE > Art 31 cpc: quando una causa è accessoria ad un’altra, le due sono decise nello stesso processo della casa principale. > Art 32 cpc: domanda di garanzia: può essere proposta al giudice competente per la causa principale perchè sia decisa nello stesso processo, ma se eccede la competenza per valore del giudice adito, comporta il passaggio di entrambe le cause al giudice superiore. -Garanzia propria: quando obbligo principale e obbligo di garanzia sono fondati sullo stesso tolto o su titoli connessi. L’accertamento dell’obbligo principale si espande sulla garanzia. -Garanzia impropria: quando obbligo principale e obbligo di garanzia sono fondati su titoli diversi, o solo occasionalmente connessi. L’accertamento dell’obbligo principale NON si espande sulla garanzia. > Connessione oggettiva: quando 2 o più azioni hanno in comune uno o entrambi gli elementi oggettivi (petitum e causa petendi). Se sussiste, l’effetto è quello di modificare la competenza per territorio. Art 33 cpc: precisa che le cause contro più persone andrebbero proposte davanti a giudici diversi, se sono connesse per l’oggetto o il titolo però possono essere proposte davanti al giudice del luogo di residenza o domicilio di una di esse, per essere decise nello stesso processo. Si attua cosi un CUMULO SOGGETTIVO: nel senso che più parti, che avrebbero dovuto essere convenute dinanzi a fori diversi, sono citate insieme davanti allo stesso foro. > Connessione soggettiva: quando 2 o più azioni hanno in comune solo le parti. Art 104 cpc: “Contro la stessa parte possono proporsi nel medesimo processo più domande anche non altrimenti connesse”. La proporzione congiunta di tali domande, CUMULO OGGETTIVO, è possibile solo se la competenza per ogni azione individua il medesimo foro. LA QUESTIONE DI COMPETENZA Anche se le regole sulla competenza dovrebbero consentire l’individuazione certa del giudice-organo competente a conoscere della controversia, può sorgere un contrasto circa l’esatta applicazione delle norme attinenti a questo presupposto processuale. Di qui, la questione di competenza. • ECCEZIONE DI INCOMPETENZA: la questione può essere sollevata con la relativa eccezione, dalla controparte o dal giudice. 32 IL GIUDICE-ORGANO. CENNI DI ORDINAMENTO GIUDIZIARIO • GLI ORGANI GIUDIZIARI CIVILI A fianco del diritto processuale civile, si trova una disciplina che studia la struttura organizzativa del sistema: la scienza dell’ordinamento giudiziario. Analizziamo gli organi giudiziari investiti del compito di esercitare le funzioni giurisdizionali civili. > Gli organi giudiziari civili nel sistema italiano sono: giudice di pace, tribunale ordinario, tribunale per i minorenni, la corte d’appello, la Corte di cassazione. I giudici di pace sono magistrati onorari; sono magistrati di carriera invece i componenti degli altri uffici giudiziari. Il reclutamento dei magistrati avviene mediante concorso. > GIUDICE MONOCRATICO E GIUDICE COLLEGIALE I giudici organo possono avere composizione monocratica (quando decide un solo giudice) o collegiale (quando decidono più giudici). La scelta è difficile. Sotto il profilo teorico, il giudice collegiale offre più garanzie: la decisione è frutto di dibattito fra più persone. Tuttavia, ciò suppone un impegno di più giudici per una sola controversia. Il giudice monocratico, invece, è esposto al rischio di errori, ma assicura maggiore efficienza. -Modello italiano del codice di rito del 1942: prevedeva i giudici monocratici per le controversie di minor valore; e il tribunale e la corte d’appello operavano collegialmente. Entrambi gli organi collegiali, poi, conoscevano la figura del giudice istruttore: magistrato singolo a cui era affidata la trattazione della causa, che poi ritornava al tavolo del collegio al momento della decisione finale o per incombenti rilevanti. In realtà solo tale giudice istruttore aveva una conoscenza completa della causa, finendo con il far prevalere la propria opinione su quella degli altri componenti = dietro lo schermo della collegialità si celava la monocraticità. -Modello attuale: la normalità è il giudice monocratico, così il giudice di pace, così il tribunale. Hanno invece composizione collegiale: A) La corte d’appello in sede di appello e in altre; B) Il tribunale nei casi dell’art 50 bis cpc (3 membri): tale art elenca i compiti residualmente affidati al tribunale in composizione collegiale. Si tratta delle poche cause in cui è obbligatorio l’intervento del pubblico ministero, di quelle in materia concorsuale e societaria, di quelle devolute alle sezioni specializzate e di quelle relative ad alcuni aspetti delle successioni testamentarie. Non vi è riferimento alla difficoltà della causa, né al suo valore. Si fa riferimento anche alle cause concernenti la responsabilità civile dei magistrati: quando c’è la possibilità che un giudice paghi per le conseguenze di un grave errore giudiziario, la monocraticità cede il posto alla collegialità. C) La Corte di Cassazione. 35 • IL TRIBUNALE I tribunali sono articolati in più sezioni. Normalmente i giudici destinati a ciascuna sezione non possono essere meno di 5, per consentire la formazione dei collegi. Le sezioni costituiscono una forma interna di divisione del lavoro. La ripartizione delle cause fra le varie sezioni non riguarda solo la distinzione fra civile e penale, ma comporta una sorta di specializzazione dei giudici. > Di rilievo è la figura del presidente del tribunale: capo dell’ufficio giudiziario e che ha il compito di distribuire il lavoro fra le sezioni. Anche le sezioni sono rette da un presidente. > Un altro criterio per la suddivisione delle cause è quello collegato alla specializzazione del giudice. • LA CORTE D’APPELLO La corte d’appello è un organo che decide in composizione collegiale, con il numero invariabile di 3 votanti. Come il tribunale, può essere articolata in sezioni. La struttura della corte prevede anche una specifica sezione per i minorenni e eventualmente quella delle acque pubbliche. > Principale competenza: decidere sugli appelli proposto contro le sentenze dei tribunali che si trovano all’interno del distretto. Si tratta di una tipica competenza funzionale. -Si ricordi la regola del doppio grado di giurisdizione di merito, in base alla quale è previsto un duplice livello di decisione sulla materia oggetto di causa, prima dell’eventuale giudizio di legittimità della Cassazione. -Però vi sono casi in cui la corte d’appello giudica in unico grado: riconoscimento sentenze straniere e lodi esteri. > Gli artt 52 e 42 ordinamento giudiziario prescrivono la costituzione di una corte d’appello nel capoluogo di ciascun distretto e un tribunale ordinario nel capoluogo di ciascun circondario. > La crisi della giustizia civile non dipende dalle regole processuali ma dagli aspetti strutturali e organizzativi: numero giudici, avvocati, funzionalità degli apparati. Si è sviluppato un approccio che privilegia il funzionamento concreto degli uffici giudiziari. -Si cerca un maggiore impiego degli strumenti informatici: processo civile telematico. -Si cerca di dotare i magistrati di collaboratori che li possano aiutare. 36 I MAGISTRATI ONORARI. IL PUBBLICO MINISTERO. IL CANCELLIERE. L’UFFICIALE GIUDIZIARIO • I MAGISTRATI ONORARI La giustizia civile è assicurata dai giudici di carriera, che in senso proprio costituiscono la magistratura, sia dai giudici non di carriera. La differenza sta nel fatto che i giudici non di carriera, definiti onorari, accedono alle funzioni giudiziarie per nomina e non per concorso, senza che si instauri un rapporto di servizio di pubblico impiego. In più essi esercitano le funzioni giudiziarie in via non esclusiva ed a tempo determinato, compiti di smaltimento del contenzioso. > La presenza di questi giudici trova fondamento nella carta costituzionale. Secondo l’art 106 comma 2 Cost: la legge sull’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite ai singoli giudici. > Nozione di giudice onorario è fatta propria dall’art 4 comma 2 ordinamento giudiziario: “Appartengono all'ordine giudiziario come magistrati onorari i giudici di Pace, i giudici onorari di tribunale, i vice procuratori, gli esperti del tribunale e della sezione di corte di appello per i minorenni ed, inoltre, i giudici popolari della corte di assise e gli esperti della magistratura del lavoro nell'esercizio delle loro funzioni giudiziarie”. —> Dopo la riforma, la qualifica di magistrati onorari appartiene in senso proprio solo ai giudici onorari di pace, per le altre figure si può parlare di svolgimento occasionale di funzioni giudiziarie, ma non di appartenenza alla magistratura onoraria. • GIUDICE ONORARIO DI PACE Riassume in se le figure precedenti del giudice di pace e del giudice onorario di tribunale. Egli riveste un duplice ruolo: 1. Ricopre l’ufficio di quello specifico organo giudiziario che è il giudice di pace. 2. Svolge funzioni affidate ai giudici onorari di tribunale, partecipando all’ufficio per il processo ecc. -Per diventarlo, occorre avere almeno 27 anni e laurea in giurisprudenza. -Sono nominati con decreto del Ministero della giustizia, ne mediante concorso ne mediante elezione. -Incarico dura 4 anni e prorogato solo per altri 4 anni. -Cessazione dall’incarico prevista con raggiungimento dei 65 anni. -Retribuito con indennità collegata ai risultati conseguiti. > Bisogna distinguere fra la qualificazione onoraria del giudice e la sua allocazione negli uffici giudiziari: 1. Giudice di pace: agli uffici del giudice di pace sono assegnati solo i giudici onorari di pace. 2. Tribunale: sono assegnati magistrati di carriera. 37 2. Condizioni personale del giudice e il suo rapporto con le parti: in relazione a ciò il codice prevede dei rimedi per garantire l’imparzialità del giudice: A) Astensione: comprende i casi in cui il singolo magistrato deve o può rinunciare a decidere un dato processo civile. Art 51 cpc, ipotesi di astensione: in queste ipotesi è la legge a presumere che il singolo giudice possa essere privo del requisito di terzietà. L’elenco di questi motivi appare oggi inadeguato alla complessità della società moderna e in più, prevale ancora il senso dell’autorità dello Stato, di cui il giudice è portavoce e che non può essere discussa se non per ragioni tassativamente specificate. La dichiarazione del giudice di volersi astenere è necessaria e sufficiente; non è sindacabile e produce effetto automatico. Il 2 comma art 51 cpc prevede la possibilità per il giudice di astenersi qualora ritenga sussistere gravi ragioni di convenienza. B) Ricusazione: al dovere di astensione del giudice corrisponde il potere di ricusazione in capo a ciascuna delle parti. Mediante l’istanza di ricusazione, la parte, allegando una temuta situazione di non imparzialità del magistrato, chiede che quella singola persona fisica sia sostituita da altra, nell’ambito del medesimo ufficio giudiziario. E’ possibile solo quando il giudice si trovi in una delle condizioni dell’art 51 cpc. Essa suppone un subprocedimento, che prende vita dall’apposita istanza, in cui il ricusante deve precisare i motivi della propria iniziativa e le prove che la sostengono. Art 53 cpc: “Sulla ricusazione decide il presidente del tribunale se è ricusato un giudice di pace; il collegio se è ricusato uno dei componenti del tribunale o della corte. La decisione è pronunciata con ordinanza non impugnabile, udito il giudice ricusato e assunte, quando occorre, le prove offerte”. • RESPONSABILITÀ CIVILE DEL GIUDICE La legge attribuisce al cittadino che ritenga di essere stato danneggiato ingiustamente da comportamenti, atti o provvedimenti giudiziari, posti in essere da un magistrato con DOLO o COLPA GRAVE nell’esercizio delle sue funzioni o per effetto di un DINIEGO DI GIUSTIZIA, un’azione volta a conseguire il risarcimento dei danni da proporre non contro il giudice ma nei conforti dello Stato. Se la domanda viene accolta, potrà poi seguire l’azione di rivalsa dello Stato verso il magistrato responsabile. —> Obiettivo: evitare diretto contrasto tra cittadino e magistrato, ponendo lo stato in collocazione intermedia. > Art 2 legge 18\2015: “Costituisce colpa grave la violazione manifesta della legge, il travisamento del fatto o delle prove, ovvero l'affermazione di un fatto la cui esistenza è incontestabilmente esclusa dagli atti del procedimento o la negazione di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento, o ancora l'emissione di un provvedimento cautelare personale o reale fuori dei casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione”. L’art 3 bis chiarisce le circostanze che rendono manifesta la violazione della legge. > Art 3 legge 18\2015: “Diniego di giustizia sussiste invece in caso di rifiuto, omissione o ritardo del magistrato nel compimento di atti del suo ufficio, quando la parte ha presentato istanza per ottenere il provvedimento e sono decorsi 40 inutilmente, senza giustificato motivo, 30 giorni dalla data di deposito in cancelleria”. -L’azione risarcitoria per colpa del magistrato è proponibile solo dopo l’esperimento di tutti i mezzi ordinari di impugnazione. Sussiste un termine triennale di decadenza, che decorre dal momento in cui l’azione è esperibile. La competenza a conoscere della domanda di risarcimento spetta al tribunale in composizione collegiale nella sede della corte d'appello del distretto più vicino a quello in cui è compreso l'ufficio giudiziario nel quale operava il magistrato e momento del fatto. IL DIFENSORE L’ordinamento prevede che le parti, dinanzi al giudice civile, normalmente non svolgano in proprio l'attività defensionale, ma si avvalgano di un necessario ausilio tecnico: il DIFENSORE. > DIFESA TECNICA DIVERSA DA RAPPRESENTANZA PROCESSUALE: con la rappresentanza processuale nel processo agisce un soggetto diverso da quello nella cui sfera giuridica ricadono gli effetti della decisione; invece, la difesa tecnica comporta che la parte agisca nel processo, ma con l'intermediazione di un difensore. > Art 82 comma 3 cpc: “Davanti al tribunale e alla corte di appello le parti debbono stare in giudizio col ministero di un procuratore legalmente esercente; e davanti alla Corte di cassazione col ministero di un avvocato iscritto nell'apposito albo”. La parte, insomma, non può presentarsi e difendersi da sola davanti al giudice, ma solo per il tramite di un intermediario tecnico: l’avvocato. Obbligo di farsi difendere è in funzione della protezione della parte. La parte può difendersi da sola solo in pochi casi espressamente previsti dalla legge. L’avvocato può difendersi da solo, ma mai consigliabile. > Poteri del difensore: art 84 cpc: “Questi può compiere e ricevere, nell'interesse della parte stessa, tutti gli atti del processo non riservati alla parte”. Art 125 cpc: “Gli atti processuali di parte devono essere sottoscritti dal difensore”. —> La parte, quindi, beneficia o subisce tutte le conseguenze dell'agire del difensore. > 2 funzioni del difensore: 1. Procuratore: compimento degli atti processuali dinanzi al giudice in rappresentanza della parte. 2. Avvocato: studio del caso e assistenza alla parte. —> La legge professionale non distingue più come per il passato tra le due figure. 41 • INCARICO DEL DIFENSORE La designazione del difensore avviene mediante uno specifico negozio, la PROCURA ALLE LITI. Mediante la procura, viene conferito dalla parte al procuratore il compito di rappresentarla e difenderla nel processo. La mancanza della procura comporta nullità degli atti compiuti. Non si può rappresentare una parte senza averne ricevuto procura. > In base all'articolo 83, comma 2, la procura alle liti può essere generale, cioè riferita a tutte le controversie in cui quella parte è o sarà coinvolta, o speciale, cioè per una determinata controversia e deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata. > PROCURA: la parte delega a rappresentarla davanti al giudice e a difenderla un certo avvocato, munito degli opportuni requisiti fissati dalla legge professionale. Questa indicazione può essere scritta alla fine, quindi in calce, oppure nel margine bianco di una pagina di un atto giudiziario —> Art 83: la procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che sia però congiunto materialmente all'atto cui si riferisce o su documento informatico separato sottoscritto con firma digitale e congiunto all'atto cui si riferisce mediante strumenti informatici. -Il significato della procura è quello di munire un avvocato dei poteri rappresentativi della parte dinanzi al giudice e alla controparte. —> Dietro alla procura, vi è un RAPPORTO DI FIDUCIA fra la parte il difensore. Una parte sceglie l’avvocato, rispetto ad una data causa, per molte ragioni. L’avvocato deve accettare l’incarico. Nel corso della causa il rapporto di fiducia può venire meno; perciò, occorre garantire alla parte diritto di cambiare difensore all'avvocato quello di chiudere il rapporto con la parte. La prima situazione prende il nome di revoca della procura; la seconda di rinuncia alla procura. Art 85 cpc garantisce per entrambe le situazioni una piena libertà reciproca in qualsiasi momento: non occorrono preavvisi o motivazioni di giusta causa. Vi è la necessità però di tutelare non la parte che sta attuando l'avvicendamento ma la controparte che deve sapere a chi indirizzare taluni atti. La previsione di qui secondo cui la revoca e la rinuncia non hanno effetto nei confronti dell'altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore. L'avvocato che ha subito la revoca o effettuato la rinuncia a dei doveri verso il cliente: di informarlo di eventuali comunicazioni dati ricevuti, nel periodo antecedente la nomina del nuovo difensore, restituire tutta la documentazione ricevuta. —> Il rapporto fra il difensore il cliente è un CONTRATTO D’OPERA INTELLETTUALE che richiede, per la sua validità, l'iscrizione del professionista all'albo degli avvocati. L'avvocato deve svolgere la propria opera personalmente, ovvero avvalendosi di sostituti e ausiliari, sotto la propria direzione e responsabilità. > Remunerazione del difensore: essa va fissata d'accordo con il cliente e l'avvocato deve preventivare i costi della sua attività. > Responsabilità: posto che il difensore di agire per la parte dinanzi al giudice, gli errori del difensore, sotto il profilo processuale, sono errori della parte. Certo, però 42 > Così come sono state riunite, le cause possono anche essere separate. La separazione è possibile con provvedimento del giudice, secondo l’art 103 comma 2 cpc: “Quando nel corso dell'istruzione o nella decisione, vi è istanza di tutte le parti, o quando la continuazione della loro riunione ritarderebbe o renderebbe più gravoso il processo”. Così pure, il giudice può spezzare il cumulo oggettivo realizzato dall’attore. • L’AZIONE DI CLASSE Si tratta di un'ipotesi del tutto peculiare di un processo a pluralità di parti. > L’azione di classe ha un oggetto specifico: l'accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni in favore dei soggetti danneggiati, quando, sotto il profilo delle posizioni soggettive tutelate, esista una pluralità di diritti individuali, fra loro omogenei. Omogenei non significa identici, ma fondati sui medesimi presupposti di fatto e di diritto. > Esempio: un'impresa mette in commercio un prodotto difettoso, in un gran numero di esemplari. Molti consumatori sono danneggiati da questo difetto, anche se forse misura modesta per ciascuno. Ognuno potrebbe iniziare una controversia individuale ma l'azione di classe unifica le forze e trasforma molti piccoli soggetti i una sola squadra, in grado di mettere in difficoltà l'impresa danneggiante mediante un solo processo. L’illecito dell'impresa genera una classe (post illecito): i consumatori. -La tutela può essere richiesta sia da un singolo componente della classe o, più ragionevolmente, da un'organizzazione e un'associazione senza scopo di lucro, purché iscritti in un elenco pubblico istituito presso il ministero della giustizia. -La posizione degli altri componenti della classe è così definita: a) possono aderire all'azione collettiva, dopo la presentazione della domanda, senza assumere la qualità di parte; b) chi aderisce entra nella squadra, ne segue le sorti; c) la sentenza che definisce il giudizio fa stato non solo nei confronti del componente della classe ma anche nei confronti degli aderenti; d) chi non aderisce invece non ottiene nessun vantaggio in caso di successo, ne subisce pregiudizio in caso di sconfitta. • I SOGGETTI PORTATORI DI INTERESSI PLURIMI Il legislatore usa talora la tecnica di concentrare una pluralità di interessi intorno a un solo soggetto dotato di legittimazione per legge. Così si realizza un processo che non è formalmente a pluralità di parti ma governa una molteplicità di interessi, che diversamente darebbero luogo a pluralità di azioni. > DIFFERENZA CON AZIONE DI CLASSE: nell’azione di classe si ottiene un risultato analogo, ma l'individuazione del soggetto attore non è predeterminata. Chi agisce deve candidarsi a rappresentare la classe. Nello schema qui descritto invece l'ente legittimato è determinato a priori, cioè prima che sorga la lesione. 45 > E’ il caso dell’azione inibitoria. > La domanda consiste nel chiedere la cessazione della condotta lesiva con eventuale ordine di eliminazione o riduzione delle violazioni accertate e possibile applicare delle misure di coazione indiretta. La differenza con l'azione di classe netta al punto tale che, se una cena inibitoria collettiva viene proposta insieme all'azione di classe, due cause devono essere separate. L’INTERVENTO DI TERZI o LITISCONSORZIO SUCCESSIVO L’intervento, o litisconsorzio successivo e non necessario, comporta una pluralità di parti nel processo non originaria, ma successiva, in quanto le parti aumentano a processo già iniziato. Infatti alle parti originarie si aggiungono uno o più parti, definite terzi. > Il terzo potrebbe proporre la domanda in un altro processo. Tuttavia vi è una ragione di politica legislativa che permette al terzo di farsi attivo o di essere chiamato nel processo già instaurato. SI tratta di un motivo di economia processuale, ma anche dell'opportunità di dare una decisione contestuale e quindi più equilibrata. > L'intervento può essere volontario o coatto. È volontario quando il terzo entra nel processo di sua iniziativa; coatto quando il terzo è chiamato forzatamente a partecipare al giudizio per iniziativa di una delle parti già in esso presenti. In ogni caso la posizione dell’interveniente, sul piano sostanziale, deve presentare un rapporto qualificato con la causa pendente tra le parti principali. • INTERVENTO DI TERZI VOLONTARIO L'intervento volontario può essere di 3 tipi: 1. Intervento principale: il terzo interviene per contrastare le pretese di tutti gli altri contendenti, facendo valere una propria posizione di diritto sostanziale che confligge con quella delle altre parti —> art 105 cpc: “ciascuno può intervenire in un processo tra altre persone per far valere, in confronto di tutte le parti, un diritto relativo all’oggetto o dipendente dal titolo dedotto nel processo medesimo”. 2. Intervento litisconsortile o adesivo autonomo: l'interveniente entra nel processo facendo valere una domanda autonoma, ma collegata a quella di una delle parti e confliggente con quella dell’altra —> art 105 cpc: “il terzo può fare valere un diritto in confronto non tutte le parti, ma solo di alcune di esse”. 3. Intervento adesivo o adesivo dipendente: il terzo non è titolare di un autonomo diritto soggettivo, ma ha un interesse che vinca uno all'altra parte interviene quindi nel processo sostenendo la posizione di una delle parti, senza proporre una propria domanda —> art 105 cpc: “ciascuno può altresì intervenire per sostenere le ragioni di alcuna delle parti, quando via un proprio interesse”. 46 —> In entrambi i casi degli interventi adesivi, il terzo affianca la posizione di una delle parti principali; invece, nell'ipotesi di intervento principale, il terzo assume una posizione di scontro con entrambe le parti principali. E’ più comune l'intervento adesivo autonomo. • INTERVENTO DI TERZI COATTO SU ISTANZA DI PARTE Nell’intervento coatto su istanza di parte (art 106 cpc) esiste un legame di diritto sostanziale tra il rapporto giuridico dedotto in giudizio e un altro rapporto giuridico che intercorre tra il convenuto o l’attore e un terzo, per cui l’attore o il convenuto hanno interesse a chiedere l’estensione del giudizio al terzo. Chi chiama in causa un terzo, propone una domanda contro di lui. > Le fattispecie contemplate dalla norma sono 2: 1. La chiamata in garanzia: si ha quando il convenuto pretende di essere garantito, per varie possibili ragioni, da un terzo, nei confronti della domanda dell’attore. Bisogna distinguere tra: a) Garanzia propria: si ha quando la causa principale e quella accessoria hanno in comune lo stesso titolo e anche quando ricorra connessione oggettiva tra i titoli delle due domande. In questo caso la domanda dell’attore si estende automaticamente al garante quando questi è chiamato in causa. b) Garanzia impropria: si ha quando il convenuto tende a riversare le conseguenze del proprio inadempimento su un terzo in base a un titolo diverso da quello dedotto con la domanda principale, o connesso solo in via occasionale. In questo caso, l’attore chiede la condanna del convenuto e questi deve chiedere che il giudice condanni il garante a tenerlo indenne. 2. La comunanza di causa: si ha quando vi è una relazione giuridicamente rilevante fra le posizioni sostanziali della parte e del terzo: si tratta di connessione impropria. • INTERVENTO DI TERZI COATTO PER ORDINE DEL GIUDICE Art 107 cpc: “Il giudice, quando ritiene la causa comune a un terzo, può ordinarne la chiamata in causa”. > Le parti originarie restano libere non solo di determinare il contenuto delle loro domande nei confronti del terzo, ma anche di non proporne nessuna, se ritengono che la prospettiva seguita dal giudice sia in realtà errata. GLI ATTI PROCESSUALI • LA NOZIONE DI ATTO PROCESSUALE. IL CONTENUTO-FORMA DEGLI ATTI Si può definire “atto processuale” ogni atto (comportamento umano volontario) compiuto nel processo, da soggetti del processo e con efficacia sul processo. 47 3. Il decreto è il provvedimento più semplice, con funzione ordinatoria e eccezionalmente decisoria a cognizione incompleta, senza accertamento con urgenza. L'articolo 135 c.p.c. ricorda che il decreto è pronunciato d’ufficio o su istanza anche verbale della parte, è pronunciato su ricorso iscritto in calce al medesimo. Il decreto non è motivato, salvo i casi in cui la motivazione sia espressamente prescritta dalla legge. • LA SENTENZA La sentenza è il punto di arrivo del processo e dell'atto che riassume sia il lavoro del giudice che quello delle parti. > I requisiti formali della sentenza sono elencati nell’art 132 c.p.c. La sentenza è pronunciata in nome del popolo italiano e reca l'intestazione: "Repubblica italiana”. Essa deve contenere: 1) l'indicazione del giudice che la pronunciata; 2) l'indicazione delle parti e dei loro difensori; 3) le conclusioni del pubblico ministero e quelle delle parti; 4) la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione; 5) il dispositivo, la data della deliberazione e la sottoscrizione del giudice. > Esiste una corrispondenza tra il contenuto degli atti di parte che introducono la domanda e il contenuto dell'atto decisorio del giudice. > Quindi le parti essenziali della sentenza sono 4: l'intestazione, la motivazione, il dispositivo e la sottoscrizione: 1. Sottoscrizione: esprime la provenienza della sentenza dal giudice. Infatti, la mancata sottoscrizione o sottoscrizione di chi non è giudice costituiscono episodi di inesistenza. La sentenza emessa dal giudice collegiale è sottoscritta solo dal presidente e dal giudice estensore. Se il presidente non può sottoscrivere per impedimento o morte, la sentenza viene scritta dal componente più anziano del collegio, purché venga menzionato l’impedimento. Se l’estensore non può sottoscrivere, è sufficiente la sottoscrizione del solo presidente, menzionando l’impedimento. 2. Motivazione: la sentenza non motivata è nulla, quindi impugnabile ma non inesistente. Nella motivazione, il giudice esprime il percorso logico-giuridico seguito per giungere alla definizione. Art 118 disp. att. cpc precisa che la motivazione consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione. Lo stile della motivazione risente della cultura giuridica di ogni paese. Oggi vi è un’idea di semplificare le motivazioni, ma una linea di pericoloso svuotamento della motivazione. La concisione e la sobrietà devono essere caratteristiche non solo del difensore, ma anche del giudice: ciò impone uno sforzo di sintesi che non può significare però elusione del dovere del giudice di spiegare perchè è giunto a una data convinzione. 3. Dispositivo: traduce la volontà determinativa dell’organo giudiziario: è il cuore della sentenza ed è la base da considerare per stabilire i limiti oggettivi e soggettivi del giudicato. La sentenza priva del dispositivo è inesistente. Tutta la materia del contendere deve essere ricompresa nella volontà decisoria del 50 giudice. Quindi il dispositivo deve riassumere la volontà del giudice e concentrare in se ogni aspetto decisorio. • SENTENZE DEFINITIVE E NON DEFINITIVE. LE QUESTIONI PREGIUDIZIALI Le sentenze possono essere definitive o non definitive: > E’ definitiva la sentenza che chiude per sempre quella fase del giudizio; sono definitive le sentenze che decidono nel merito su tutta la materia del contendere, come pure quelle che decidono negativamente sui presupposti processuali o su condizioni dell’azione. > E’ non definitiva la sentenza che, decidendo solo su uno o più capi della materia del contendere, non esaurisce il giudizio. -Capo della sentenza: ogni parte della materia del contendere, suscettibile di dare luogo a una decisione autonoma. -Punto della sentenza: è, all’interno di ogni capo, ogni profilo che dia luogo a una autonoma motivazione. —> Il giudice non è libero di separare in modo arbitrario una porzione della materia del contendere per farne oggetto di sentenza non definitiva. Art 187 cpc precisa che il giudice può decidere su tutta la causa o decidere separatamente le QUESTIONI di MERITO aventi CARATTERE PRELIMINARE o quelle PREGIUDIZIALI DI RITO: solo queste due gruppi di questioni possono formare oggetto di sentenza non definitiva. Quindi è capo di sentenza solo ciò che per legge può essere isolato, e non ciò che il giudice intende di isolare. > Per questioni pregiudiziali o preliminari si può intendere ogni questione che deve logicamente essere decisa prima di un’altra. -Preliminari: questioni che è opportuno trattare prima di altre ma che, se non risolte, non impediscono la cognizione del giudice, ma soltanto la rendono eventualmente inutile. -Pregiudiziali: questioni che si pongono effettivamente come ostacolo insormontabile per la prosecuzione dell’attività di accertamento. Visto che la pregiudizialità vera e propria (intesa proprio come effettivo impedimento per il giudice di decidere la questione a valle, pregiudicata, senza che sia stata decisa la questione a monte, pregiudiziale) è un ostacolo per il giudice, che allunga anche i tempi della decisione, vi è una tendenza a rileggere la pregiudizialità. Il criterio che tempera la pregiudizialità è quello dell’interesse alla decisione. —> Se il giudice risolve le questioni pregiudiziali o preliminari in senso affermativo, pronuncia sentenza non definitiva e dispone la prosecuzione del processo; se invece le risolve in senso negativo, pronuncia sentenza definitiva con cui chiude il processo. 51 LA NULLITÁ DEGLI ATTI PROCESSUALI • NULLITÀ E INESISTENZA ATTI PROCESSUALI Gli atti processuali sono caratterizzati da requisiti di contenuto-forma. Può accadere che un atto si presenti difforme da tali requisiti. La legge processuale interviene per evitare che che atti non regolari alterino l’equilibrio del processo, e fra le parti. > Un primo livello di vizio dell’atto è dato dalla semplice IRREGOLARITÀ, ossia da una situazione di non conformità alla legge, ma improduttiva di conseguenze. > Si ha NULLITÀ quando l’atto presenta caratteri gravemente difformi dai requisiti di contenuto-forma che la legge prescrive o comunque caratteri inidonei a consentire all’atto il raggiungimento dello scopo cui è destinato. La principale caratteristica dell’atto nullo è che non è idoneo a produrre effetti. -In base all’art 156 cpc, vigono 2 principi: tassatività della nullità e nullità degli atti che non raggiungono lo scopo: “Non può essere pronunciata la nullità per inosservanza di forme di alcun atto del processo, se la nullità non è comminata dalla legge. Può tuttavia essere pronunciata quando l'atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo. La nullità non può mai essere pronunciata, se l'atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato”. -Se l’atto privo dei requisiti raggiunge il suo scopo, la nullità è sanata. -Non può essere eccepita dopo il passaggio in giudicato della sentenza: il giudicato copre tutte le nullità che si sono verificate nel processo, ma che non sono state rilevate. > Si ha invece INESISTENZA quando l’atto è totalmente privo dei requisiti minimi che lo riconducono alla tipologia legale. E’ inesistente ad esempio la sentenza priva del dispositivo o della sottoscrizione (in quanto sentenza non emessa dal giudice). -Essa è sempre insanabile, nonostante il passaggio in giudicato. • RILIEVO DELLA NULLITÀ NEL PROCESSO > Le nullità relative possono essere eccepite solo dalla parte a cui tutela sono poste le relative regole. E’ la regola. L’eccezione di nullità in questi casi deve essere sollevata nell’udienza successiva o comunque nella prima istanza o difesa successiva all’atto o alla notizia di esso. > Le nullità assolute possono essere anche rilevate d’ufficio dal giudice. Qui l’eccezione di nullità viene sollevata in ogni stato e grado del procedimento, anche per la prima volta in appello. —> Il collegamento tra protezione della parte incolpevole e nullità è stabilito nel senso che solo la parte nel cui interesse è stabilito un requisito possa eccepire la nullità dell’atto per mancanza di quel requisito e che la nullità non può essere 52 —> Altra prescrizione di legge impone che le copie degli atti notificati ove non consegnate materialmente al destinatario debbano essere inserite in buste chiuse. > Se possibile, come detto, l'atto da notificare va consegnato direttamente al destinatario (notificazione in mani proprie), che l'ufficiale giudiziario cerca all'indirizzo indicato dal notificante quindi in casa o sul luogo di lavoro o anche per strada o in qualsiasi altro luogo. -E’ possibile che l'ufficiale non incontri il destinatario. Il codice allora, con una prima presunzione, ammette che la notificazione possa essere fatta nel luogo di residenza o di domicilio o di lavoro del destinatario, consegnando la copia a persone che si ritiene la consegneranno all’interessato = art 139 cpc. -In caso di consegna al portiere o il vicino, il destinatario ne deve essere avvertito con lettera raccomandata. > Il livello delle presunzioni di notificazione sale quando la reperibilità del destinatario diventa più ardua. a) Può accadere che sia nota l’effettiva residenza del destinatario ma questi non si trovi a quell'indirizzo o nessuna delle persone indicate nell'articolo 139 accetti di ricevere l’atto. In questo caso, l’art 140 c.p.c. permette di ritenere eseguita una notificazione con il mero compimento di una serie di formalità, senza garanzia che l'atto sia effettivamente arrivato nelle mani del destinatario; infatti qui l'ufficiale giudiziario deposita la copia in un apposito ufficio del comune dove la notificazione deve eseguirsi, affigge poi un avviso del deposito in una busta chiusa e sigillata alla porta dell'abitazione o dell'ufficio o dell'azienda del destinatario e gliene da notizia per raccomandata con avviso di ricevimento. b) Il massimo livello di presunzioni è raggiunto dall'ipotesi in cui del destinatario non si conosca alcun indirizzo: è la notificazione all’irreperibile, art 143 cpc. L'ufficiale giudiziario qui esegue la notificazione depositando una copia dell'atto nell'apposito ufficio del comune dell'ultima residenza o, se questa è ignota, in quella del luogo di nascita del destinatario. Infine se non sono noti pure il luogo dell'ultima residenza o quello di nascita, l'ufficiale giudiziario consegna copia dell'atto al pubblico ministero. In questo caso la notificazione si considera eseguita nel 20º giorno successivo a quello in cui sono compiute le formalità prescritte. > Una fattispecie è quella in cui destinatario, raggiunto dall'ufficiale giudiziario, rifiuti di ricevere l’atto. A tutela del notificante, la legge prevede che questo rifiuto equivalga alla notificazione in mani proprie. • LA SCISSIONE DEGLI EFFETTI DELLA NOTIFICAZIONE. I VIZI DELLA NOTIFICAZIONE > La corte costituzionale ha introdotto nel sistema italiano il principio della scissione degli effetti dell'atto. Anche se è sempre vero che la notificazione si perfeziona con la consegna effettiva al destinatario o con il raggiungimento delle modalità di consegna presuntiva previste dalla legge, la Corte ha precisato che la 55 notificazione si perfeziona per il notificante al momento della consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario —> Non è indispensabile che l'atto arrivi al destinatario, ma soltanto che sia consegnato all’ufficiale giudiziario entro quella data. Ciò però non esime il notificante dall'onere di conseguire una notificazione corretta. > La notificazione nulla, se effettuata in modi che pregiudichino gravemente la possibilità del notificando di essere informato; è inesistente se effettuata a soggetto diverso dal notificando = art 160 cpc. • FORME DIVERSE DI NOTIFICAZIONE Le forme di notificazione ad opera dell'ufficiale giudiziario sono diverse: oltre quella a mani, vanno segnalate la notificazione per posta, per pubblici proclami o a mezzo di più moderni sistemi di comunicazione (fax e posta elettronica). > L’art 149 cpc disciplina in generale la notificazione a mezzo del servizio postale, precisando che in questo caso l’ufficiale giudiziario scrive la relazione di notificazione sull'originale e sulla copia dell'atto, facendovi menzione dell'ufficio postale per mezzo del quale spedisce la copia al destinatario. È uno strumento molto usato soprattutto quando il destinatario della notificazione risiede in una circoscrizione giudiziaria diversa da quella dell'organo davanti a cui si discute. Infatti gli ufficiali giudiziari sono abilitati a notificare atti solo all'interno del territorio il quale sono applicati; in materia postale posso invece effettuare notificazioni in tutto il territorio nazionale. -Il postino è il terminale dell'attività giudiziaria. > Art 150 cpc: notificazione per pubblici proclami. Si tratta di un meccanismo notificatore presuntivo che può essere utilizzato dal presidente dell'organo giudiziario davanti al quale si procede, quando la notificazione nei modi ordinari è particolarmente difficile per il rilevante numero di destinatari o per la difficoltà di identificarli tutti. Il giudice indica i modi che si ritengono più opportuni per raggiungere destinatari. -Un esempio può essere quello della pubblicazione di un annuncio su quotidiani di ampia diffusione o molto diffusi nella zona in cui possono trovarsi destinatario. In ogni caso una copia dell'atto è depositata presso l'apposito ufficio del Comune del luogo in cui ha sede l'ufficio giudiziario in oggetto e un estratto di esso è inserito nella Gazzetta ufficiale. -La notificazione si ritiene correttamente avvenuta quando l'ufficiale giudiziario deposita una copia dell’atto, con la relazione e i documenti giustificativi dell'attività svolta, nella cancelleria dell'organo giudiziario. -Il sistema è costoso e non offre garanzia che il destinatario sia effettivamente informato. > Art 151 cpc: notificazione telematica: “Il giudice può prescrivere, anche d'ufficio, con decreto steso in calce all'atto, che la notificazione sia eseguita in modo diverso da quello stabilito dalla legge, e anche per mezzo di telegramma collazionato con avviso di ricevimento quando lo consigliano circostanze particolari o esigenze di maggiore celerità, di riservatezza o di tutela della dignità”. 56 -Vi è la possibilità di effettuare notificazioni anche a mezzo posta elettronica certificata. Si prevede che l'ufficiale giudiziario trasmette la copia informatica dell'atto sottoscritta con firma digitale all'indirizzo di posta elettronica del destinatario risultante dai pubblici elenchi e che la notifica si intende perfezionata quando il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario. -Ormai le innovazioni legislative hanno introdotto forme di notificazione che fanno direttamente da parte a parte, senza che debba essere coinvolto ufficiale giudiziario. Gli avvocati infatti possono effettuare in via telematica le notificazioni ad ogni altro soggetto dotato di indirizzo PEC. Ne segue che la parte, a mezzo del proprio difensore, può effettuare notificazioni ad un vasto numero di potenziali destinatari senza l'ufficiale giudiziario. > La Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l'articolo 16 dlgs 18 ottobre 2012 nella parte in cui fissava alle ore 21:00 il termine orario per effettuare notifiche telematiche entro quella giornata. La notifica si deve considerare eseguita in giornata, se effettuata entro le ore 24:00. Ciò vale per gli effetti riconducibili al notificante, mentre per il destinatario la notifica è ricevuta alle ore 7:00 del giorno successivo. > Nel quadro dell’UE si cerca di attuare un sistema di consegna diretta dell'atto, fra le singole autrice autorità giudiziarie interessate: l'ufficiale giudiziario italiano invia l'atto al competente collega dell'altro Stato membro, che cura la notificazione secondo le sue regole interne. I vari passaggi sono documentati da appositi formulari. IL TEMPO NEL PROCESSO. I TERMINI PROCESSUALI • I TERMINI PROCESSUALI Il processo, come detto, è un metodo di risoluzione delle controversie che si svolge dinanzi a un giudice indipendente ed imparziale, nel rispetto del contraddittorio e con una ragionevole durata. È quindi naturale che le attività che le parti e il giudice compiono nel processo non siano istantanei, ma si sviluppino nel tempo. I termini sono quelle scansioni temporali entro le quali o non prima delle quali deve essere compiuta una determinata attività. > I I termini sono normalmente fissati dalla legge, cosiddetti termini legali; in alcune circostanze, la relativa fissazione è rimessa al giudice, cosiddetti termini giudiziali. > È necessario distinguere tra termini perentori e termini ordinatori. -Sono perentori i termini alla cui mancata osservanza la legge associa conseguenze pregiudizievoli per la parte che vi sia incorsa. Tra i termini perentori, vengono messi in luce quelli che governano i momenti di impulso o l’instaurazione di nuove fasi del processo: tipo i termini per impugnare. Essi non possono essere abbreviati o prorogati, nemmeno sull'accordo delle parti. 57 facoltà processuali non possono essere intatte indefinitamente. Si esercitano e si consumano un lasso di tempo. L'ordine logico interno al processo comporta poi che la consumazione di queste facoltà avvenga progressivamente. > La preclusione si collega alla consumazione di una facoltà e di una data articolazione del diritto di difesa e quindi è uno strumento che indebolisce svuota il potenziale difensivo delle parti. Allora possiamo dire che la finalità del principio di preclusione si identifica con un'aspirazione alla certezza più forte dell'aspirazione alla giustizia. —> Ogni fase processuale contiene una indefinita potenzialità difensiva, che le parti in ogni caso consumano, con maggiore o minore efficacia, senza poterla poi recuperare. • LA RAGIONEVOLE DURATA DEL PROCESSO Il processo civile non può avere dimensioni istantanee e deve necessariamente confrontarsi col fattore tempo, sotto il profilo della durata. Si ritiene però che questa durata non può superare normalmente un certo periodo; non debba essere eccessiva; in una parola, debba essere ragionevole. > La ragionevole durata del processo è divenuto un principio di rango costituzionale: articolo 111 Cost: “Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata”. • LA VIOLAZIONE DELLA RAGIONEVOLE DURATA: LA TUTELA EUROPEA Ragionevole durata del processo è una nozione elastica, di per sé non suscettibile di una precisa quantificazione. In ogni caso la corte europea per i diritti dell'uomo è indicato in tre anni lo standard medio, oltre il quale si può presumere che il processo abbia una durata eccessiva. > Alla non ragionevole, perché eccessiva, durata del processo si riconnette un pregiudizio per tutte le parti coinvolte: questo pregiudizio, non può essere posto a carico della controparte visto che tutti i contendenti sono vittime della della lentezza della macchina giudiziaria, ma va addebitato allo Stato. Ne sorge un diritto alla equa riparazione che trova un duplice livello di protezione, europeo e nazionale. —> SUL PIANO EUROPEO dispone l’art 34 Cedu in base al quale la Corte di Strasburgo “può essere investita di un ricorso da parte di una persona fisica, un’organizzazione non governativa o un gruppo di privati” che lamentano la violazione, da parte di uno Stato contraente la convenzione, dei diritti in essa riconosciuti, cioè del processo equo in tale caso. La corte, qualora accerti la violazione della convenzione, può accordare un’equa soddisfazione alla parte lesa, condannando lo Stato a versare alla parte che ha subito il torto una somma di denaro. 60 -La tutela alla corte europea non può essere chiesta se prima non si sono esaurite le vie di ricorso interne, ed entro un periodo di 6 mesi a partire dalla data della decisione interna definitiva. • LA VIOLAZIONE DELLA RAGIONEVOLE DURATA: LA TUTELA INTERNA La legge oggi prevede che chi ha subito un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto di una violazione dell'articolo 6 Cedu, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di durata, ha diritto a un’equa riparazione. Nell'accertare la violazione, il giudice considera l'oggetto del procedimento, la complessità del caso, il comportamento delle parti e del giudice. Si possono fissare i seguenti principi: a) Non è indispensabile che il richiedente abbia ottenuto giustizia, seppure in ritardo, e che chieda quindi l’indennizzo per l’attesa: si può trattare anche di un procedimento che abbia dato esito negativo per la parte. b) Presupposto per la sussistenza del diritto all'indennizzo quindi è il semplice fatto dell'eccessiva durata del giudizio. c) Si tratta di un danno conseguenza e non di un danno evento.pertanto il ritardo nella decisione del caso potrebbe non avere comportato alcun pregiudizio. Il relativo accertamento va compiuto nel caso concreto. > Vengono fissati per legge tempi di definizione standard dei giudizi, il cui rispetto obbliga a qualificarne ragionevole la durata, con conseguente esclusione dell’indennizzo. Questi tempi sono di tre anni per il giudice di primo grado, due anni per il giudizio di appello e di un anno per il giudizio di legittimità. In ogni caso si considera rispettato il termine ragionevole, se il processo, nelle sue diverse fasi, viene comunque definito in modo irrevocabile entro sei anni dall’inizio. > La legge del 2015 ha poi introdotto un limite di ammissibilità della domanda di indennizzo, individuato nel comportamento processuale delle parti. Alle parti viene addossato un onere di iniziativa; la legge fissa specifici termini entro i quali le istanze vanno proposte. > In nessun caso poi è riconosciuta l’indennità in una serie di situazioni, tutte connotate da forme di esercizio abusivo della facoltà di difesa. È utile notare come l'abuso del processo sia espressamente considerato l'altra faccia della medaglia del principio di ragionevole durata. —> Qualora il giudice ravvisi la sussistenza del danno e la sua derivazione del mancato rispetto del termine ragionevole, dispone a favore del richiedente un equa riparazione. Non si tratta di un risarcimento del danno, perché il ritardo nell'esercizio della funzione giudiziaria non costituisce di per sé un illecito, ma di un'attribuzione indennitaria, conseguenza di un oggettivo cattivo funzionamento dell'amministrazione della giustizia. Il danno va limitato al solo periodo eccedente il termine ragionevole. Si quantifica la misura dell'indennizzo tra i 400 e gli 800 € per ogni anno di durata del processo eccedente quella ragionevole. 61 > IL PROCEDIMENTO INTERNO: la domanda di equa riparazione non suppone che si accerti prima la responsabilità del giudice o di altre autorità coinvolte nel procedimento. Il processo può certamente aver ecceduto la ragionevole durata per circostanze del tutto indipendenti dalla diretta responsabilità di questa o di quella persona fisica. -La domanda si propone dinanzi alla corte d’appello del distretto in cui ha sede il giudice che ha conosciuto in primo grado del processo per cui si domanda l’indennizzo. -La domanda va rivolta sempre nei confronti dello Stato. -La domanda può essere proposta a pena di decadenza entro 6 mesi dal momento in cui la decisione che conclude il procedimento è divenuta definitiva. -La domanda si propone con ricorso, con i requisiti generali degli atti di parte previsti dall’art 125 cpc, aggravati dall'esigenza di depositare copia autentica di tutti gli atti, dei verbali provvedimenti del giudizio: un giudizio che per definizione deve essere durato più di sei anni. —> La Corte d'appello in composizione monocratica emette un decreto motivato, che può ACCOGLIERE (1), in tutto in parte, o RESPINGERE (2) la domanda di equa riparazione. 1. Nel primo caso, il provvedimento è immediatamente esecutivo. Tuttavia, ricorso e decreto devono essere notificati al ministero legittimato passivo in copia autentica entro 30 giorni dal deposito in cancelleria del provvedimento e, se la notifica cioè non hai seguita, il decreto diventerà efficace è la domanda non può essere più riproposta. 2. Nel secondo caso, la domanda respinta non può essere più riproposta. Vi è uno spazio per un'opposizione, da proporsi, entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento ovvero dalla sua notificazione, alla medesima corte d'appello che ha emesso il decreto. La corte qui provvede in composizione collegiale, nelle forme del procedimento in camera di consiglio: del collegio non può fare parte il giudice che ha emanato il provvedimento impugnato. 3. In caso di domanda inammissibile o manifestamente infondata, il giudice può condannare il ricorrente incauto a versare una somma di denaro in favore delle casse delle ammende, quindi dell’erario. Insomma lo Stato pagherà molto meno e incasserà qualcosa. I COSTI DEL PROCESSO • COSTI DEL PROCESSO E LA LORO ANTICIPAZIONE Il processo costa. Non solo il diritto viene leso; non solo occorre attivassi per ottenerne la reintegrazione; ma occorre anche spendere denaro. > La regola è che i costi vengono anticipati dalla parte che vuole dare impulso al processo. Si tratta di spese fiscali e di assistenza legale e tecnica. 62 > In linea di massima è preferibile costruire un processo unitario sotto il profilo delle tipologie, con valvole di elasticità che consentano di adeguare il rito a diverse situazioni. Effettivamente però esistono tre modelli principali: riordinare, il rito del lavoro e il rito sommario. Il legislatore arretra vistosamente sul terreno di una tendenziale unità dei riti. Anche per quanto riguarda il processo ordinario, oggi esistono in concreto varie tipologie di riti: seguiremo come base il processo dinanzi al tribunale in composizione monocratica. Infatti è questa la normale composizione decisione del tribunale: quella collegiale rimane confinata ai casi dell'articolo 50 bis, ovvero qualora disposizioni speciali di legge lo prevedano. > Il legislatore si indirizza alla scelta di questo o di quel modello processuale non in relazione alla sua preferibilità intrinseca ma soprattutto per risparmiare il tempo che i magistrati devono dedicare alle cause. Il rischio è quello di una sensibile diminuzione delle garanzie della difesa e della perdita dell'obiettivo di giustizia giusta sacrificato in nome di una giusta soltanto veloce. • L’ATTO DI CITAZIONE Il processo dinanzi al tribunale inizia con l'atto di citazione, mediante il quale viene PROPOSTA la DOMANDA GIUDIZIALE: art 163 cpc. > I modi per iniziare un processo sono essenzialmente due: la citazione e ricorso. 1. Con la citazione, l'attore espone la domanda e invita il convenuto a presentarsi davanti al giudice a udienza fissa. In questo caso si ha contatto fra le parti e solo dopo viene coinvolto l'organo giudiziario. 2. Con il ricorso, l'attore propone la domanda e chiede al giudice di fissare un udienza, alla quale sarà chiamato a partecipare il convenuto. In questo caso, viene dapprima chiesto l'intervento del giudice e poi si porta l'iniziativa a conoscenza della controparte. —> La azione rimane la forma storicamente prescelta dal diritto processuale italiano. > La citazione presenta, in sintesi, il seguente contenuto: a) una parte di intestazione (giudice, parti, domicilio, avvocato); b) una parte che contiene la domanda giudiziale vera e propria (si chiama editio actionis: individuazione dell’oggetto nel processo); c) una parte che comporta il collegamento fra parti e giudice: l'invito a comparire a udienza fissa (vocatio in ius: costituzione del rapporto processuale tra le parti, e giudice); d) l'indicazione dei mezzi di prova che l'attore già ritiene di voler proporre. -L’atto di azione deve poi essere sottoscritto dal difensore munito di procura: inizia il processo e la parte si muove sulla scena con il necessario tramite del proprio difensore. -Occorre rileggere integralmente l’art 163 cpc, per gli specifici requisiti di contenuto-forma. Essi sono logicamente conseguenti allo scopo oggettivo dell'atto e corrispondono anche al contenuto della sentenza, come conseguenza del rapporto domanda-pronuncia. 65 > La parte essenziale dell'atto di citazione è quella che contiene la proposizione della domanda e quindi il fatto lesivo. E’ fondamentale l’indicazione dei fatti costitutivi primari: di quei fatti cioè che sono necessari e sufficienti a fondare il diritto. Senza specificare la ragione e l'oggetto della domanda, il convenuto non potrebbe adeguatamente difendersi e lo scopo dell'atto di citazione, cioè dare luogo al contraddittorio, non verrebbe raggiunto. -E’ possibile indicare successivamente i fatti secondari, che sono tutte quelle circostanze della fattispecie concreta che, di per se, non incidono sulla dimensione giuridica del diritto invocato, ma che rafforzano la credibilità della domanda, come ad esempio l'orario e luogo e il tempo atmosferico in cui si è verificato il fatto principale. > Chiaramente va verificato che il giudice possa effettivamente concedere, in base ai poteri che la legge conferisce, quel tipo di provvedimento che si domanda. Dall’esistenza e dalla possibilità di provare un dato fatto lesivo non discende in modo automatico il rimedio, che va individuato con esattezza. • LA PLURALITÀ DI DOMANDE La parte attrice può svolgere nello stesso processo una o più domande. Se vengono proposte più domande, occorre che venga chiaramente definito il relativo rapporto. > Si parla di domanda principale e domande subordinate, quando l'attore, sulla base degli stessi fatti, chiede, in via di gradazione progressiva, diversi beni della vita o misure diverse dello stesso bene della vita. E’ chiaro che se non sussiste la violazione lamentata, nessuna delle domande può essere accolta; ma se la violazione sussiste, altre valutazioni possono condurre all'accoglimento dell’una o dell'altra domanda. > Le domande possono essere anche alternative, nel senso che, sempre partendo dal medesimi fattori, l’attore può domandare provvedimenti diversi. Ad esempio l'attore intende rimuovere gli effetti di un contratto: la domanda l'alternativamente la nullità l'annullamento la risoluzione per inadempimento. È ovvio che solamente una di queste alternative può trovare accoglimento. > La pluralità di domande può verificarsi anche dal punto di vista soggettivo, in caso di più convenuti, nei confronti di quali possono essere proposte azioni diverse. • LA FISSAZIONE DELLA PRIMA UDIENZA E IL TERMINE DI COMPARIZIONE Come primo atto del processo, la citazione vede scende in campo il procuratore. È lui che firma la citazione. L'avvocato può compiere e ricevere tutti gli atti riferiti alla parte, salvo le eccezioni di legge. L'attore determina l'udienza e la indica nell’atto. Il presidente del tribunale stabilisce a principio dell'anno giudiziario i giorni della settimana e le ore delle 66 udienze destinate esclusivamente alla prima comparizione delle parti. Non basta scegliere una fra le possibili date di udienza, occorre anche osservare il rispetto dei termini dilatori (fra il momento in cui si attua l'arrivo dell'atto nella sfera del destinatario e il giorno dell'udienza deve trascorrere un periodo di tempo non inferiore a quello di legge: 90gg x convenuto residenza in Italia e 150gg x convenuto residente all’estero) che hanno lo scopo di permettere al convenuto un'adeguata difesa. > Ipotesi di richiesta di abbreviazione dei termini: la ratio della norma (art 163 bis cpc) è la seguente: l'attore che ha urgenza di ottenere la sentenza ritiene che attendere oltre tre mesi per giungere all'udienza sia troppo, perciò chiede presidente del tribunale di abbreviare il termine di comparizione. Il presidente può accogliere l'istanza e disporre che il termine sia ridotto fino alla metà. Può accadere anche inversamente che l'attore inizi una causa con il fine di guadagnare tempo rispetto a una data controversia e indichi un’udienza di prima comparizione molto lontana, il convenuto può chiedere invece che venga anticipata. -Effettivamente I lunghi tempi del processo civile italiano rendono attualmente di scarsa applicazione questa norma. > L’atto di citazione produce effetti dal momento in cui viene notificato al convenuto. E’ necessario che quella domanda sia portata a conoscenza di colui contro il quale viene proposta; di colui cioè contro il quale viene chiesto qualcosa. La notificazione è attuata solitamente dall'ufficiale giudiziario, su istanza della parte o più di frequente del suo procuratore. In concreto la parte consegna all'ufficiale giudiziario l'originale della citazione e tante copie quanti sono i destinatari. L’ufficiale giudiziario compie la notifica e riconsegna poi all’attore l’originale, con l'attestazione delle avvenute notifiche. —> L’attore, perciò, per stabilire la data della prima udienza, dovrà assicurare al convenuto il termine dilatorio di legge, ma anche calcolare i prevedibili tempi che intercorrono tra la consegna dell'atto di citazione all'ufficiale giudiziario notificante e l'effettiva ricezione da parte del destinatario. GLI EFFETTI DELL’ATTO DI CITAZIONE. LA NULLITÀ DELL’ATTO DI CITAZIONE • GLI EFFETTI PROCESSUALI DELL’ATTO DI CITAZIONE La citazione ha effetti processuali e effetti sostanziali. Sul piano processuale DA INIZIO AL PROCESSO. Si dice quindi che la notificazione della citazione crea litispendenza nel senso, non di identità di azioni, ma di dipendenza e quindi di esistenza della lite: è dalla notifica della citazione che si parla di attore, di convenuto e di parti. Con la notificazione della citazione si instaura il contraddittorio: il convenuto sa che cosa gli viene domando e decide se e come difendersi. • GLI EFFETTI SOSTANZIALI DELL’ATTO DI CITAZIONE 67 diversa, difendersi soltanto in diritto, sollevare preliminarmente eccezioni processuali, o anche muovere al contrattacco, cioè proponendo delle domande riconvenzionali all’attore. —> Secondo l’art 167 cpc: nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fatti posti dall'attore a fondamento della domanda, indicare i mezzi di prova di cui intende valersi e i documenti che offre in comunicazione, formulare le conclusioni. —> A pena decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio; se è omesso o risulta incerto l'oggetto o il titolo della domanda riconvenzionale, il giudice, rilevata la nullità, fissa al convenuto un termine perentorio per integrarla. —> Se intende chiamare un terzo in causa deve farne dichiarazione nella stessa comparsa e provvedere secondo le modalità dettate dal codice. DUNQUE, IL CONVENUTO DEVE PROPORRE, a pena di decadenza: a) Eccezioni di rito e di merito non rilevabili d’ufficio. b) Domande riconvenzionali. c) La richiesta di chiamare in causa terzi. -> Queste sono le sue DIFESE, che il convenuto non potrà più svolgere se non si costituisce o se si costituisce in un momento successivo a quello di 20 giorni anteriori all’udienza. -> Se la difesa del convenuto si articola su punti che non coinvolgono questi aspetti, la costituzione potrà venire anche nel giorno della prima udienza, senza che ciò comporti conseguenze negative. -> Come detto nell’art 167, il convenuto deve “prendere posizione sui fatti”, quindi tale art va letto in rapporto al nuovo art 115 cpc, sul principio di non contestazione: sui fatti non contestati specificamente il giudice non deve indagare e quindi, in pratica, quei fatti si considerano ammessi. • ECCEZIONI PROPONIBILI SU ISTANZA DI PARTE E RILEVABILI D’UFFICIO Bisogna riprendere la differenza tra eccezioni proponibili solo su istanza di parte (che sono sollevate nella comparsa di risposta tempestivamente depositata, vi è una barriera preclusiva) e le eccezioni rilevabili d’ufficio. > Vi sono fatti giuridici che operano automaticamente nell’ordinamento; vi sono altri fatti giuridici che operano solo se vi sia espressa applicazione della volontà di un soggetto. Il giudice non può apportare materiale nuovo in causa, dato che il monopolio della tutela giurisdizionale spetta alle parti; egli però conosce il diritto e lo applica. > Se un determinato presupposto processuale è stabilito dalla legge come elemento essenziale, verrà anche conferito al giudice il potere di rilevarne la mancanza di sua iniziativa; in caso contrario, dipenderà dalla parte e dalla sua valutazione strategica decidere il da farsi. Art 112 cpc, vieta al giudice di pronunciarsi d’ufficio su eccezioni che possono essere sollevate solo dalle parti. 70 • LA PLURALITÀ DI CONVENUTI La difesa del convenuto può assumere profili peculiari nel caso di processo a pluralità di parti, e in specie, nei casi di litisconsorzio facoltativo. > L’attore, quando propone domande nei confronti di più convenuti, può scegliere prospettazioni diverse. Può domandarne: A) Condanna in solido: egli suppone una fattispecie obbligatoria unitaria, che comporta la condanna di tutti i convenuti. Qui le difese dei convenuti saranno normalmente convergenti nel negare il fatto costitutivo. B) Condanna in via alternativa: egli propone domanda di condanna in via alternativa, nel senso che chiede al giudice anche di individuare chi fra i diversi convenuti vada condannato, o di stabilire in quali diverse proporzioni ciascuno di essi deve essere condannato. La difesa diventa più complessa: può succedere che un convenuto non si limiti a difendersi o a proporre domande riconvenzionali nei confronti dell’attore, ma proponga a sua volta domande nei confronti degli altri convenuti. Si complica cosi il quadro della materia del contendere: le domande possono essere proposte 20gg prima dell’udienza, e il tempo di difesa del convenuto, aggredito da un altro convenuto, è lo stesso che ha l’attore di fronte alla domanda riconvenzionale del convenuto. • EFFETTI DELLA TARDIVA O MANCATA COSTITUZIONE DELLE PARTI Che cosa accade se una o più parti non si costituiscono tempestivamente? > Può accadere che nessuna delle parti si costituisca nei termini stabiliti (10gg per attore, 20gg per convenuto). Il processo si estingue per inattività, a meno che venga riassunto da chi vi ha interesse nel termine di 3 mesi. > Se almeno una si è costituita, l’altra può costituirsi più tardi, fino alla prima udienza. Mentre però l’attore non subisce conseguenze, quindi solo il convenuto sopporta le decadenze previste dall’art 167 cpc: non sollevare eccezioni di incompetenza, ne proporre domande riconvenzionali, ne chiamare in causa i terzi; a meno che il convenuto non si difenda solo in diritto, proponendo eccezioni rilevabili d’ufficio. > La parte che non si costituisce nemmeno in prima udienza si definisce contumace. LA TRATTAZIONE DELLA CAUSA. LA PRIMA UDIENZA • L’UDIENZA E IL GOVERNO DEL GIUDICE SUL PROCESSO > Il momento di incontro tra parti e giudice è l’udienza. Le udienze di trattazione non sono pubbliche. Vi possono partecipare i difensori delle parti e le parti stesse. 71 Il difensore rappresenta la parte e interloquisce con il giudice e gli altri difensori, le parti invece devono stare in silenzio. > Dall’udienza viene redatto un processo verbale, che costituirà poi l’unico riferimento documentale per stabilire cosa è avvenuto. > Spetta al giudice la direzione del processo. Le parti fissano la materia del contendere e delimitano il compito decisorio del giudice: ma è il giudice che, in dialogo con le parti, ha il compito di esercitare tutti i poteri intesi al più sollecito e leale svolgimento del processo. E’ il giudice a stabilire le date delle udienze e la loro concreta scansione temporale e a fissare i termini entro cui le parti devono compiere gli atti. • L’IMPIEGO DELLE ORDINANZE Il tipico PROVVEDIMENTO con cui il giudice GOVERNA lo SVOLGIMENTO del PROCESSO, prima di giungere alla decisione, è l’ORDINANZA. -Le ordinanze possono essere pronunciate in udienza, e quindi alla presenza delle parti: in questo caso non occorre comunicarle e si ritengono conosciute non solo dalle parti presenti, ma anche da quelle che avrebbe dovuto esserlo e, per qualsiasi ragione, non sono comparse. -Il giudice può anche preferire di disporre di un tempo di riflessione dopo l'udienza: in tal caso egli si riserva di pronunciare l'ordinanza fuori udienza. In questo caso l'ordinanza deve essere comunicata alle parti a cura della cancelleria. -L’ordinanza può essere modificata o revocata dal giudice che l’ha pronunciata. La modificabilità e la revocabilità dei provvedimenti è alternativa la loro impugnabilità. Tutte le volte che esiste un provvedimento non definitivo, se ne può ammettere o l'impugnazione, di solito davanti a un giudice superiore, o la richiesta di revoca o di modifica, davanti al giudice che lo ha emesso. -Non sono modificabili ne revocabili dal giudice che le ha pronunciate: a) le ordinanze pronunciate sull'accordo delle parti, in materia della quale queste possono disporre; b) le ordinanze dichiarate espressamente non impugnabili dalla legge, quindi ordinanza è definitiva; c) le ordinanze per le quali la legge predisponga uno speciale mezzo di reclamo. • L’UDIENZA DI TRATTAZIONE La prima udienza del processo è l'udienza di trattazione: trattazione significa esame della materia del contendere, e quindi svolgimento di tutte le attività che preparano l'ultima e decisiva fase del processo cioè la decisione. > In base all’art 183 cpc, il giudice deve compiere, prima di tutto, una serie di VERIFICHE che hanno lo SCOPO di permettere la REGOLARE COSTITUZIONE del CONTRADDITTORIO. Se l’esito della verifica è negativo il giudice da i provvedimenti opportuni e fissa l'udienza di trattazione a una nuova data; se la verifica è positiva, il giudice passa subito alla trattazione della causa. 72 c) Indicano, con la terza memoria, le prove contrarie a quelle indicate dalla controparte nel termine precedente. L’espressione prova contraria significa indicazione di un mezzo di prova diverso da quello indicato e richiesto dall'altra parte. > Le 3 memorie non rappresentano un blocco inscindibile, ma sono autonome l’una dall’altra. > La richiesta delle memorie è facoltativa, ed è parimenti facoltativa la produzione di uno o più degli scritti difensivi. Ognuna delle memoria ha una sua precisa finalità e le parti sono libere di presentarle o no, a secondo della loro strategia. LO SVOLGIMENTO DELL’ISTRUTTORIA. I MEZZI DI PROVA • LE DECISIONI DEL GIUDICE SULLO SVOLGIMENTO DELL’ISTRUTTORIA Alla fine dell'udienza di trattazione e decorsi i vari termini di 30, ancora 30 e 20 giorni, il giudice ha chiari sia la materia del contendere sia le richieste di indagini istruttorie formulate dalle parti. Tutte le istanze delle parti sono sul tavolo. > Davanti al giudice si apre un BIVIO: A) Egli può ritenere che la causa sia già matura per la decisione e in tal caso applica l’art 187 cpc: egli invita le parti a precisare le conclusioni e si prepara decidere la causa. Il giudice evita la fase della trattazione probatoria. In queste ipotesi vige una mancanza di necessità di dare luogo a istruttoria. B) Se invece la causa suppone un accertamento di fatti, che non possa esaurirsi attraverso il semplice esame delle prove documentali, il giudice apre la fase istruttoria. -Infatti il giudice, dopo il decorso degli eventuali termini di cui all'articolo 183 comma 6, fissa un'udienza apposita nella quale, nel contraddittorio delle parti, provvede sulle richieste istruttorie, disponendo l'assunzione di quelle ritenute ammissibili e rilevanti. Tale udienza è regolata dall'articolo 184 c.p.c.: il giudice procede all'assunzione delle prove, salvo fissare un calendario più articolato, se questa attività non possa esaurirsi in una sola udienza. -Il giudice sentite le parti e tenuto conto della natura, dell'urgenza e della complessità della causa, fissa il calendario del processo con l'indicazione dell'udienza successive e degli incombenti che verranno espletati. -I termini fissati nel calendario possono essere prorogati, anche d'ufficio, quando sussistono gravi motivi sopravvenuti. La proroga deve essere richiesta dalle parti prima della scadenza dei termini. -L’inosservanza delle scansioni temporali non ha conseguenze dirette sul processo, ma può costituire violazione disciplinare per il difensore e per il giudice e quanto al magistrato può essere valutata negativamente nella progressione in carriera. —> Di fatto in questa udienza non si comincia l'assunzione delle prove. Piuttosto, all'udienza o con l'ordinanza riservata fuori udienza, il giudice indica le prove che 75 intende assumere, fissa un’ulteriore udienza per questo scopo o stabilisce il calendario del processo. —> I mezzi di prova sono disposti non solo su richiesta di parte ma anche d'ufficio dal giudice. —> Con l'ordinanza che ammette le prove il giudice può in ogni caso disporre il libero interrogatorio delle parti. L'interrogatorio libero non è un vero mezzo di prova, come l'interrogatorio formale, ma piuttosto una modalità che dovrebbe agevolare il giudice nella migliore conoscenza della causa. Consiste in un colloquio informale tra il giudice e le parti personalmente presenti. Di solito esso viaggia insieme al tentativo di conciliazione giudiziale. —> L’ordinanza che dispone sulle prove, se è messa fuori udienza, è comunicata alle parti con le consuete modalità. • NOZIONE DI PROVA La nozione di prova può essere riferita: 1. Allo strumento con cui si apporta la dimostrazione dei fatti = mezzo di prova. 2. All’esito di tale mezzo sul convincimento del giudice = risultato della prova. —> In sintesi, si può dire che attraverso la proposizione di uno o più mezzi di prova è possibile dar prova al giudice dei fatti allegati a sostegno delle proprie domande o eccezioni. > Limiti di iniziativa: le PARTI sono LIBERE nella loro iniziativa istruttoria, il GIUDICE NO: egli può introdurre prove d'ufficio solamente in casi tassativi. La distribuzione dei poteri di iniziativa istruttoria tra le parti e il giudice connota il modo di essere del processo: monopolio tutela giurisdizionale in capo alle parti. -L’ordinamento Italiano affida al giudice nel rito ordinario potere di istruttori d'ufficio in CASI TASSATIVI. Il giudice può disporre dei suoi iniziativa: a) la consulenza tecnica; b) l'interrogatorio libero delle parti; c) l’ispezione; d) l’esibizione di libri contabili; e) le richieste di informazioni alla PA; f) il giuramento suppletorio e estimatorio; g) l’audizione del testimone di riferimento o la prova testimoniale. -Diverso è l'atteggiamento nel rito del lavoro, dove al giudice è affidata una generale capacità di iniziativa istruttoria. Si tratta di un ruolo attivo del giudice, egli però non può uscire dai limiti della materia del contendere tracciati dalle parti. > Limiti di modalità: vi è una tipicità dei mezzi di prova. -L’accertamento non può avvenire con modalità libere, ma seguendo certi percorsi preconfezionati. -L’ordinamento italiano conosce, pertanto, un numero chiuso di modalità probatorie = questa tipicità non solo esclude i mezzi di prova non legalmente previsti, ma anche l'introduzione di mezzi di prova tipici ma assunti con modalità diverse da quella della legge. -Problema delle prove atipiche: si tratta di documento, che raccoglie un dato istruttorio, che invece dovrebbe essere introdotto con le modalità costituende. Esse hanno efficacia di elemento in una catena presuntiva. 76 > Limiti di tempo: esiste un termine finale che preclude ogni attività istruttoria successiva. La prova possibile è quella che viene dedotto e raccolta entro questo spazio temporale. • MEZZI DI PROVA PRECOSTITUITI E COSTITUENDI > Precostituiti: quei mezzi di prova che nascono fuori dal processo e con una funzione autonoma e del tutto indipendente dalla lite. Si tratta di elementi documentali. > Costituendi: quei mezzi di prova, si pensi alla testimonianza, che hanno vita nel processo e con una finalità direttamente collegata al processo. Sono: -La confessione. -Il giuramento. -La prova testimoniale. -Ispezione. -Esibizione. -Richiesta di informazioni alla PA. -Consulenza tecnica. —> Solo eccezionalmente si ammette che talune prove siano raccolte fuori e prima del processo. > DEFINIZIONE DI ISTRUTTORIA: istruttoria viene definita come il complesso delle attività volte alla raccolta del materiale probatorio. • IL DIRITTO ALLA PROVA Si può chiedere se nell'ordinamento italiano sussista un diritto alla prova. Il diritto alla prova è uno dei profili irrinunciabili del diritto di difesa e del giusto processo. > In questo senso, la parte che ha l’onere di provare determinati fatti ne ha anche il diritto. Inoltre, sui medesimi fatti, si può ragionevolmente verificare la situazione in cui vi sono due versioni contrastanti: si innesta il fenomeno della prova contraria, o controprova: ogni parte può contrastare le tesi in fatto dell’altra, apportando al giudice materiale di convincimento in senso opposto. —> Ovviamente non si possono dimostrare i fatti in qualsiasi modo, ma, come detto, vi sono certi strumenti e modalità e termini da rispettare. La differenza e imperfezione di queste modalità dipende dal fatto che la parte detenga o no la fonte della prova. 77 > Quando i mezzi di prova ammessi sono stati espletati, o non è possibile espletarne alcuni, o la parte che ne aveva interesse è decaduta, oppure infine quando i risultati già raggiunti rendono superflua ogni ulteriore attività, il giudice con ordinanza dichiara chiusa l'istruttoria: art 209 cpc. • LA VALUTAZIONE DEGLI ESITI DELL’ISTRUTTORIA Al momento della decisione, il giudice accerterà i fatti per come risultano provati, secondo il principio del libero convincimento. > Si distingue tra: a) Prove dirette: quelle che instaurano un rapporto immediato tra il giudice e il fatto, perché hanno ad oggetto in via immediata il fatto da provare: è il caso dell'ispezione di un luogo o di un documento che incorpora il dato giuridico rilevante. b) Prove indirette: che mettono il giudice a contatto con l'elemento, che a sua volta richiama il fatto, che quindi non viene percepito direttamente: ad esempio il racconto di un testimone. > Un fatto può essere ritenuto provato non solo quando se ne abbia una prova diretta, ma anche quando la sua verità sia desumibile attraverso un ragionamento logico che, partendo da fatti acquisiti, consenta di inferire anche il fatto da provare. Si tratta delle presunzioni. > Chiaramente il giudice può incorrere in errori, quindi la parte insoddisfatta può farne oggetto di motivo d’appello. SINGOLI MEZZI DI PROVA: LA PROVA TESTIMONIALE • NOZIONE E LIMITI DI AMMISSIBILITÀ La prova testimoniale consiste nella dichiarazione di scienza e verità, resa da un soggetto terzo, relativo a fatti oggetto della controversia. > Il testimone deve RIFERIRE FATTI, non giudizi. Eppure, della prova testimoniale spesso non si può fare a meno. Per questo, il legislatore la circonda di molte CAUTELE: -Da un lato, il codice civile si incarica di limitarne l'operatività; -Dall’altro lato, il codice di procedura civile detta le modalità di espletamento. > Vi è un severo CONTROLLO tutte le volte che il testimone dovrebbe smentire qualcosa, che invece viene affermato da un documento. Se si chiede al testimone di affermare l'esistenza di patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento: a) la prova è inammissibile, se si afferma che i patti sono stati stipulati prima o contemporaneamente al documento scritto, perché ragionevolmente tali patti avrebbero potuto essere inseriti nel documento; b) è invece ammissibile se si 80 afferma che il patto è stato stipulato successivamente al documento, qualora appare verosimile che siano state fatte aggiunte o modificazioni verbali. —> Art 2724 cc, sancisce che la prova per testimoni è ammessa in ogni caso: 1. Quando vi è un principio di prova per iscritto. 2. Quando il contraente è stato nell'impossibilità morale o materiale di procurarsi una prova scritta. 3. Quando il contraente ha senza sua colpa perduto il documento che gli forniva la prova. > Il testimone è rigorosamente terzo: la parte non può testimoniare, anche se il giudice può sentirlo a mezzo dell'interrogatorio libero. -Art 246 cpc: non possono essere assunti come testimoni le persone che hanno interesse in causa, tale da legittimarne la partecipazione al processo: non può testimoniare quindi chi potrebbe essere parte, anche se di fatto non lo è. -Non può testimoniare il coniuge in regime di comunione di beni, perché l'acquisto o il detrimento patrimoniale dell'altro coniuge, conseguenti del processo, avrebbero effetto anche su di lui. -Non può testimoniare il socio di società di persone nella causa che vede coinvolta la società. -Può testimoniare che ha un interesse, non solo morale ma anche patrimoniale rispetto all'esito della causa: il socio in affari può testimoniare non a causa dell'altro socio, non relativa alla società; può testimoniare un fratello, un figlio, il coniuge non in regime di comunione. • L’AMMISSIONE DELLA PROVA TESTIMONIALE: regole procedurali L’art 244 cpc stabilisce che la prova per testimoni deve essere dedotta mediante INDICAZIONE SPECIFICA delle PERSONE da interrogare e dei FATTI, formulati in articoli separati, sui quali ciascuna di esse deve essere interrogata. -Questo significa che bisogna indicare su quali fatti si chiede che venga ascoltato il testimone, e stabilire una precisa correlazione fra fatti e testimone. -Una deduzione non corretta di una prova testimoniale comporta la decadenza dalla possibilità di ottenerne l'assunzione; se poi la prova venisse assunta in violazione delle regole, ne deriverebbe la nullità del mezzo istruttorio. > In materia di prova testimoniale vi sono significativi poteri d’ufficio del giudice. -In base all’art 281 ter, il giudice monocratico può disporre d'ufficio la prova testimoniale, formulando gli stessi capitoli, quando le parti nell'esposizione dei fatti sono riferiti a persone che appaiono in grado di conoscere la verità. -In ogni caso se qualcuno dei testimoni si riferisce ad altre persone, il giudice istruttore può disporre d'ufficio che siano chiamati a deporre. -Il giudice, oltre a escludere i testimoni che non possono essere sentiti per legge, può ridurre le liste dei testimoni sovrabbondanti. -Può anche ordinare successivamente che siano sentiti testimoni dei quali, in un primo tempo, ha ritenuto superflua l'audizione o dei quali ha consentito la rinuncia; può disporre che siano nuovamente esaminati testimoni già interrogati, al fine di 81 chiarire loro deposizione o di correggere irregolarità che siano avvenute nel precedente esame. • LA TESTIMONIANZA SCRITTA La riforma del 2009 ha introdotto la possibilità che la testimonianza non sia raccolta oralmente, secondo le modalità citate, ma per iscritto. Tuttavia il rischio di avere il contraddittorio nell'assunzione della prova ha indotto a limitare questa facoltà con una serie tale di contrappesi da rendere praticamente inefficace l’innovazione. > Secondo l’art 257 bis cpc, il giudice, su accordo delle parti, tenuto conto della natura della causa e di ogni altra circostanza, può disporre di assumere la deposizione chiedendo al testimone di fornire, per iscritto e in un termine fissato, le risposte ai quesiti sui quali deve essere interrogato. -Il giudice dispone che la parte che ha richiesto l'assunzione predisponga l'apposito modello di testimonianza e lo faccio notificare al testimone. -Il testimone, rende la deposizione compilando il modello di testimonianza in ogni sua parte, con risposta separata a ciascuno dei quesiti, e precisa quali sono quelli cui non è in grado di rispondere motivando. -Sottoscrive poi la deposizione apponendo la propria firma autenticata su ciascuna delle facciate del foglio di testimonianza, che spedisce in busta chiusa, con plico raccomandato o consegna alla cancelleria del giudice. -Il giudice, esaminate le risposte le dichiarazioni, può sempre disporre che il testimone sia chiamato a deporre davanti a lui. -Una semplificazione è prevista quando la testimonianza abbia ad oggetto la mera conferma di documenti di spesa già depositati dalle parti, tipo confermare la veridicità di una fattura che egli ha messo. In questo caso la testimonianza può essere resa mediante dichiarazione sottoscritta dal testimone e trasmessa al difensore della parte nel cui interesse la prova è stata ammessa, senza seguire il modello sopra detto. • L’ASSUNZIONE E LA VALUTAZIONE DELLA PROVA TESTIMONIALE Il testimone è un terzo, che va chiamato a deporre: adempie ad un dovere civico di solidarietà. Perciò, egli deve essere intimato, su istanza di parte, a comparire davanti al giudice e la sua mancata presenza deve essere sanzionata. > L’intimazione avviene secondo le modalità regolate dall’art 250 cpc. Di regola, è l’UFFICIALE GIUDIZIARIO che, su richiesta della parte interessata, intima ai testimoni ammessi dal giudice istruttore di comparire nel luogo, nel giorno e nell'ora fissati, indicando il giudice che assume la prova e la causa nella quale debbono essere sentiti. -È stato previsto che l'intimazione al testimone a comparire in udienza possa essere anche effettuata dal DIFENSORE, con lettera raccomandata con avviso di ricevimento a mezzo di telefax o posta elettronica certificata. 82 contraddittorio. Ovviamente il giudice ha sempre la facoltà di disporre la rinnovazione delle indagini, e per gravi motivi, di sostituire il ctu. • LA VALUTAZIONE DEI RISULTATI DELLA CONSULENZA TECNICA L’esito delle valutazioni del consulente tecnico non sono vincolanti per il giudice, che se ne può discostare motivatamente. Ma la realtà è molto diversa. > Infatti il sapere oggi estremamente parcellizzato. Il giudice ha soltanto una buona preparazione giuridica però per il resto ignora il tutto. Il giudice si atterrà normalmente ciò che il consulente d'ufficio gli riferisce. Non si tratta di un atteggiamento di comodo, ma della doverosa consapevolezza del giudice di non sapere, se non il diritto. Il giudice quindi trova sicurezza appoggiandosi sulle tesi tecniche del ctu. —> Questo trasferisce la battaglia giudiziaria degli avvocati nella battaglia giudiziaria tra i consulenti di parte. > Bisogna dire che il consulente, a sua volta, è un tecnico esperto del suo settore, ma ignora il diritto. Il giudice quindi è costretto a svolere un controllo sulle valutazioni giuridiche che, impropriamente, il ctu è trascinato a compiere. > Il peso della relazione del ctu è molto spesso decisivo per l’esito del giudizio. • L’ISPEZIONE Una delle prove più dirette ed efficaci è quella del contatto visivo tra giudice e i luoghi, le cose o le persone a cui si riferisce la controversia. —> Questo contatto prende il nome di ispezione: reale, se riferita a luoghi o cos, o personale, se riferita a persone. > Art 118 cpc: il giudice può ordinare alle parti e ai terzi di consentire sulla loro persona o sulle cose in loro possesso le ispezioni che appaiano indispensabili per conoscere i fatti della causa, purché ciò non causi grave danno per la parte o il terzo, e senza costringerli a violare uno dei segreti tutelati nel cpc. —Se la parte rifiuta di eseguire l’ordine senza giustificato motivo, il giudice può desumere dal rifiuto degli argomenti di prova. —Se il rifiuto viene dal terzo, questi può essere condannato a una pena pecuniaria. > Il codice regola le MODALITÀ di ESPLETAMENTO dell’ISPEZIONE agli artt 258-262 cpc. -Il giudice può disporre d’ufficio la prova, regolandone tempo, luogo e modo. -Logica vorrebbe che sia il giudice fisicamente a svolgerla, ma di solito si affida al consulente tecnico. -Può disporre che siano eseguiti rilievi, calchi e riproduzioni anche fotografiche di oggetti, documenti e luoghi. -Durante l’ispezione, il giudice può sentire testimoni per informazioni e dare provvedimenti necessari per l’esibizione della cosa o per accedere alla località. 85 -Può disporre anche l’accesso a luoghi appartenenti a terzi, dopo averli sentiti. • L’ESIBIZIONE. LA TUTELA DELLA RISERVATEZZA Molto più comune praticamente e realizzabile è l'esibizione: mezzo istruttorio che serve ad acquisire al processo materiale documentale. —> Il giudice può ordinare all'altra parte o a un terzo di esibire in giudizio un documento o altra cosa di cui ritenga necessaria l'acquisizione al processo. > Due sono i punti delicati di questo mezzo di prova: il primo riguarda l'effettività della prova, posto che la controparte o i terzi potrebbero ostacolare l'acquisizione del processo del materiale richiesto; il secondo è quello del rispetto dei diritti del terzo, con particolare riguardo la riservatezza. -Da un lato vengono protette le situazioni di segreto tutelate dagli articoli 200, 201 e 202 cpp, relativi rispettivamente al segreto professionale, segreto d'ufficio e il segreto di Stato. -Dall’altro si prevede che quando l’esibizione è ordinata a un terzo, il giudice deve cercare di conciliare nel miglior modo possibile l'interesse della giustizia con riguardo dovuto ai diritti del terzo. -Un’altra limitazione è data dal codice civile. Infatti secondo l'articolo 2711 c.c., il giudice può ordinare la comunicazione integrale dei libri, delle scritture contabili e della corrispondenza degli imprenditori solo nelle controversie relative allo scioglimento della società, alla comunione di beni e alla successione per causa di morte. Il giudice può ordinare, anche d'ufficio, che esibiscono libri per estrarne le registrazioni concernenti la controversia in corso e può ordinare anche l'esibizione di singole scritture contabili. > L’atteggiamento delle norme italiane si colloca, in qualche misura, più sul versante della protezione della riservatezza che non su quello della ricerca della verità probatoria a tutto campo. • LA RICHIESTA DI INFORMAZIONI ALLA PA Un diverso mezzo istruttorio è la richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione: art 213 c.p.c.: il giudice può sempre chiedere, anche d'ufficio, che la pubblica amministrazione fornisca informazioni scritte relative ad atti e documenti appartenenti all'amministrazione interessata, che è necessario acquisire al processo. LA CONFESSIONE E IL GIURAMENTO • LA CONFESSIONE E I SUOI EFFETTI Art 2730 cc: la confessione è la dichiarazione che una parte fa della verità di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli all'altra parte. La confessione è giudiziale quando è resa dinanzi al giudice; stragiudiziale quando è effettuata al di fuori del processo 86 (in questo caso, deve essere trascinata all'interno del giudizio a mezzo di un altro mezzo di prova: un documento una testimonianza). > L’ordinamento non si occupa di stabilire se ciò che la parte ha dichiarato, in senso se è sfavorevole, sia oggettivamente vero, ma ne fa la base per un accertamento di rapporti, che la parte dichiarante non può contestare, in quanto provenienti da essa stessa, e la controparte neppure, perché non ne avrebbe interesse. Di qui l'efficacia particolarmente forte delle dichiarazioni confessorie: esse costituiscono prova legale, nel senso che il giudice è vincolato a ritenerle vere, senza poterle vagliare con il suo prudente apprezzamento. > La confessione per essere efficace deve provenire da chi è capace di disporre del diritto, deve riguardare diritti disponibili e deve essere effettuata con volontà libera: sei inficiata da errore di fatto o violenza, può essere revocata. • LA CONFESSIONE GIUDIZIALE E L’INTERROGATORIO FORMALE Venendo alla confessione giudiziale, può accadere che una delle parti renda liberamente una dichiarazione confessorie. Ciò può avvenire in qualunque atto processuale, purché firmato dalla parte personalmente, o in udienza. Di solito, però, è una delle parti che cerca di stimolare la confessione della controparte. Lo strumento per attuare questo scopo è l'interrogatorio formale: è il mezzo con cui una delle parti sottopone all'altra veri e propri quesiti, stimolandone alla conferma o alla negazione. > L’art 228 precisa che la confessione giudiziale, se non spontanea, è provocata mediante interrogatorio formale. -L’interrogatorio deve essere dedotto per articoli separati e specifici. Il giudice procede all'assunzione dell'interrogatorio nei modi e termini stabiliti nell'ordinanza che lo ammette. -Non possono farsi domande su fatti diversi da quelli formulati nei capitoli. -Le affermazioni e negazioni devono essere circostanziate e precise. > L’ammissione dell’interrogatorio formale ha scarsa efficacia probatoria. Spesso però rappresenta un'azione di disturbo nei confronti della controparte, costretto a presentarsi di persona dinanzi al giudice dovendo rispondere senza avvalersi dello schermo del difensore. > Diverso è l’effetto se la controparte è contumace. Art 232 cpc: “se la parte non si presenta o rifiuta di rispondere senza giustificato motivo, il giudice, valutato ogni altro elemento di prova, può ritenere come ammessi i fatti dedotti nell’interrogatorio”. • CASI SPECIFICI DI DICHIARAZIONI CONFESSORIE. LE AMMISSIONI Analizziamo 2 casi specifici: 87 —> Il riconoscimento della sottoscrizione nel processo può avvenire in vari modi. -Esplicito: quando la parte produce scrittura, affermandola come propria. -Implicito: quando l’altra parte produce in giudizio la scrittura e la parte, a cui la provenienza è attribuita, non la disconosce = art 214 cpc: “Colui contro il quale è prodotta una scrittura privata, se intende disconoscerla, è tenuto a negare formalmente la propria scrittura o la propria sottoscrizione”. Il disconoscimento deve avvenire nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione. 2. Se questa è legalmente considerata come riconosciuta. Quindi viene verificata giudizialmente. Questa fattispecie prevede l’intervento dell’autorità giudiziaria. —> Può accadere che una determinata scrittura sia prodotta in giudizio da una parte, che ne afferma la provenienza dall’altra. Si pensi a un testamento. L’altra parte può ammettere che la scrittura provenga da se o dal decuius, in questo caso si ha una scrittura riconosciuta. Oppure può negarlo: allora, se l’altra parte intende continuare ad avvalersi di quel documento con gli effetti di piena prova della scrittura, deve chiederne al giudice la verificazione. • LA QUERELA DI FALSO Il giudizio di querela di falso è diretto ad accertare la falsità e quindi ad eliminare l’efficacia probatoria di un atto pubblico, ma anche di una scrittura privata che sia stata riconosciuta dalla parte contro la quale è prodotta, o comunque autenticata, o ancora che sia oggetto di un procedimento di verificazione. —> In generale, la querela di falso si riferisce a atti o scritture a cui venga riconosciuto il valore di prova legale. > E’ un atto autonomo, che può essere presentato in un qualunque stato e grado del giudizio, finche la verità del documento non sia stata accertata con sentenza passata in giudicato. Sia in via principale che incidentale. -Deve essere proposta dalla parte sostanziale (quindi non è un atto del difensore), personalmente o a mezzo di procuratore speciale, con una dichiarazione da rendere in udienza e che viene unita al relativo verbale. > La competenza per materia appartiene al TRIBUNALE. Esso decide, in composizione collegiale, con sentenza sulla querela (art 226 cpc). -Se la querela è respinta, e il documento è ritenuto vero e autentico, il tribunale dispone che della pronuncia sia fatta menzione sul documento: sigillo di autenticità. -Se, invece, la sentenza accerta la falsità del documento, il documento risulterà privato delle sua efficacia di prova legale + sanzioni penali —> bisogna comunque attendere il passaggio in giudicato della sentenza per far scattare le relative conseguenze esecutive. > Lo sforzo organizzativo per la verifica della presunta falsità del documento è giustificato solo se quel documento sia in effetti rilevante nel processo. Il giudice 90 deve rilevare se il documento è rilevante, dopo\se aver ottenuto risposta positiva dalla parte per continuare a volersene avvalere. -Non agevola la ragionevole durata del processo. > DIFFERENZA QUERELA DI FALSO e DISCONOSCIMENTO: Il disconoscimento tende ad impedire fin da subito che il documento prodotto possa avere una qualche valenza legale; mentre la querela di falso subentra necessariamente dopo, cioè quando, in un modo o nell’altro, la firma è stata data per riconosciuta. • LA VERIFICAZIONE DELLA SCRITTURA PRIVATA Più frequente è il caso della verificazione della scrittura privata. > La premessa è che una parte abbia prodotto una scrittura privata e che l’altra abbia effettuato tempestivamente il disconoscimento. A questo punto, la parte che ha prodotto il documento, se continua a volersene avvalere, ha l’onere di proporre istanza di verificazione. > ANALOGIE con la QUERELA DI FALSO: -Entrambe sono decise dal tribunale in composizione collegiale. -Entrambe possono essere proposte anche in via autonoma e non solo incidentalmente. > DIFFERENZA VERIFICAZIONE e QUERELA: La querela di falso viene proposta dal soggetto nei cui confronti è stato prodotto l'atto pubblico; il procedimento di verificazione viene attivato dal soggetto che ha prodotto in giudizio la scrittura privata che la controparte ha disconosciuto. > La fattispecie di maggiore interesse è la verificazione richiesta in corso di causa, in rapporto a un documento prodotto in giudizio. -Oggetto della verificazione è la questione, se una data sottoscrizione provenga dal soggetto a cui è attribuita. -La prova dipende da una consulenza tecnica grafologica: la scrittura contestata è messa a confronto con altre scritture (scritture di comparazione) che la parte istante ha l’onere di produrre. -Art 219 cpc: “Il giudice istruttore può ordinare alla parte di scrivere sotto dettatura, anche alla presenza del consulente tecnico. Se la parte invitata a comparire personalmente non si presenta o rifiuta di scrivere senza giustificato motivo, la scrittura si può ritenere riconosciuta”. • IL DOCUMENTO INFORMATICO Il documento informatico sottoscritto con firma digitale, soddisfa, a seconda delle modalità di certificazione, il requisito legale della forma scritta e ha efficacia probatoria ai sensi dell’art 2712 cc, o di scrittura privata ai sensi dell’art 2702 cc. 91 LE MODALITÀ DELL’INTERVENTO DEI TERZI. LA RIUNIONE DI CAUSE • LE FORME DELL’INTERVENTO VOLONTARIO L’interveniente volontario si presenta in un processo già radicato. Egli si comporta, quindi, come il convenuto, nel senso che si costituisce presentando in udienza o depositato in cancelleria una comparsa (non di risposta), con le copie per le altre parti, i documenti e la procura. -Il cancellerie da notizia dell’intervento alle altre parti, se la costituzione del terzo non è avvenuta in udienza (art 267). > Termini per l’intervento: art 268 dice che l’intervento può avere luogo fino a che non vengano precisate le conclusioni. Però il terzo non può compiere atti che al momento dell’intervento non sono più consenti ad alcuna altra parte, salvo che l’intervento abbia la finalità di dare corso volontariamente all’intestazione necessaria del contraddittorio. -L’interveniente accetta il processo in statu ac terminis, cioè nella situazione in cui si trova. • LE REGOLE PROCESSUALI PER LA CHIAMATA IN CAUSA DI TERZI Discorso diverso per l’intervento coatto. > L’art 269 cpc precisa che il convenuto che intenda chiamare un terzo in causa, deve, a pena di decadenza, farne dichiarazione nella comparsa di risposta e contestualmente chiedere al giudice lo spostamento della prima udienza allo scopo di consentire la citazione del terzo nel rispetto dei termini di cui all’art 163 bis —> al terzo va lasciato un termine di difesa uguale a quello del convenuto. —> Fra notificazione dell'atto di chiamata e l’udienza deve trascorrere un termine non inferiore di 90gg. -Il giudice, prosegue la norma, entro 5gg dalla richiesta, provvede con decreto a fissare la data della nuova udienza. Il decreto è comunicato dal cancellerie alle parti costituite. La citazione è notificata al terzo a cura del convenuto. -Il giudice non ha potere di verifica preventiva e di escludere la chiamata del terzo: può e deve solo fissare la nuova udienza. > L’atto di citazione deve essere configurato in modo da informare il terzo di tutto ciò accaduto fino a quel momento: domanda attore, difesa convenuto, provvedimento del giudice. > Il terzo chiamato, se intende costituirsi, lo fa con le stesse modalità del convenuto: presenta una comparsa di costituzione entro i 20gg anteriori all’udienza, con gli stessi oneri e poteri del convenuto per quanto concerne le eccezioni da sollevare a pena di decadenza. -Il terzo può presentare a sua volta una domanda riconvenzionale contro il convenuto e anche proporre a sua volta la chiamata di un altro soggetto (che si chiama comunque terzo). 92 L’AZIONE DI CLASSE • LA PROPOSIZIONE DELLA DOMANDA NELL’AZIONE DI CLASSE E’ prevista dagli articoli 840 bis e seguenti cpc. > La DOMANDA PER L’AZIONE DI CLASSE si propone con ricorso dinanzi alla sezione specializzata del tribunale in materia di impresa. -Il tribunale fissa l’udienza con decreto. -Il ricorso è notificato alla controparte insieme al decreto ed è pubblicato nell’area pubblica del portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della giustizia. > Il procedimento è regolato dal rito sommario di cognizione, senza possibilità di passaggio al rito ordinario. -Il tribunale tratta la causa in composizione collegiale e non è previsto l’intervento del pubblico ministero. -La decisione finale è data con sentenza. • LE DUE FASI DEL GIUDIZIO > Il giudizio si articola in 2 fasi: 1. Sull’ammissibilità della domanda: -La domanda è dichiarata inammissibile quando è manifestamente infondata, quando sussiste conflitto di interessi o quando il giudice non ravvisa l’omogeneità dei diritti individuali tutelabili, o quando il ricorrente non appare in grado di curare l’interesse della classe = sbarramento importante introdotto dal legislatore. -La pronuncia sull’ammissibilità è data con ordinanza, reclinabile davanti alla corte d’appello nel termine perentorio di 30gg dalla sua comunicazione o notificazione, se anteriore. Sul reclamo la corte d’appello decide con ordinanza in camera di consiglio, non oltre 30gg dal deposito del ricorso. Il reclamo dell’ordinanza ammissiva non sospende il procedimento davanti al tribunale. 2. Sul merito: una volta dichiarata l’ammissibilità dell’azione, prende il via il giudizio di merito. -Si apre per gli appartenenti alla classe di aderire, sia pure senza assumere la qualità di parte: il tribunale definisce i caratteri dei diritti individuali che consentono l’adesione. -Il procedimento è destrutturato: il tribunale procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione probatoria rilevanti. -Il tribunale pone a carico del convenuto l’anticipazione delle spese di eventuali consulenze tecniche di ufficio; può avvalersi di dati statistici e di presunzioni semplici; può ordinare al resistente di esibire i documenti rilevanti, e in caso di inottemperanza, può ritenere provato il fatto a cui la prova si riferisce. 95 • LA DECISIONE, I SUOI EFFETTI E LE ADESIONI SUCCESSIVE Si giunge, infine, alla decisione resa con sentenza. A) Il RIGETTO della DOMANDA, una volta che si forma il giudicato, impedisce nuove azioni di classe, sui medesimi fatti, contro la stessa parte. -Rimangono impregiudicate eventuali azioni individuali. B) Se invece la DOMANDA viene ACCOLTA, si tratta di coniugare l’individualità dei diritti posti in gioco con il carattere collettivo dell’accertamento. Il tribunale accerta e stabilisce quale lesione è stata recata ai singoli componenti la classe e quali requisiti devono sussistere per definire l’appartenenza nella classe. > Il tribunale poi apre la procedura di adesione: si tratta di un’adesione successiva per chi non l’ha fatto durante il giudizio o per chi ha espresso adesione e deve completarla con la documentazione necessaria. L’ipotesi di un’adesione successiva, dopo l’accoglimento dell’azione di classe, è stata criticata; in realtà, la sentenza delimita con chiarezza il perimetro degli aventi diritto. -La procedura di adesione è molto severa: viene nominato un giudice delegato a gestirla e agli aderenti è nominato un rappresentante comune che ha veste di pubblico ufficiale e che possiede i requisiti per la nomina a curatore di una procedura concorsuale. -L’adesione all’azione di classe è attuata mediante una domanda, inserita nel fascicolo telematico della procedura, che ha gli effetti di una domanda giudiziale vera e propria (compresa l’interruzione della prescrizione), con indicazione del petitum (determinazione della cosa oggetto della domanda) e della causa petendi (esposizione dei fatti costituendi le ragioni della domanda di adesione). Non è necessaria l’assistenza di un difensore. —> Scaduto il termine per la presentazione delle domande di adesione, il resistente deposita, entro i successivi 120gg, una memoria difensiva, in cui prende posizione non sulla sussistenza della responsabilità, già accertata, ma sulla sussistenza dei requisiti in capo a ciascuno dei singoli aderenti. Egli ha l’onere di proporre tutte le eccezioni relative ai diritti fatti valere dai singoli aderenti. —> Lette le osservazioni del resistente, il rappresentante comune degli aderenti, presenta un progetto comune, specificando chi sono gli aderenti legittimati e quale risarcimento spetta a ciascuno. Sul progetto sia il resistente che gli aderenti possono presentare memorie, corredate da documentazione scritta. —> Infine, il giudice delegato, con decreto motivato che costituisce titolo esecutivo, condanna il resistente al pagamento di quanto dovuto a ogni singolo aderente. Lo condanna anche a pagare le spese dovute al rappresentante degli aderenti e ai difensori del soggetto ricorrente. 96 • LE IMPUGNAZIONI > La sentenza che decide sulla sussistenza o no della responsabilità del resistente può essere impugnata nelle forme ordinarie, sia dal resistente che da chi ha proposto l’azione di classe, ma non dagli aderenti la classe. > Può essere impugnato anche il decreto pronunciato al termine della fase di adesione: sia dal resistente che da parte del rappresentante comune degli aderenti. -> L’impugnazione si propone con ricorso dinanzi al tribunale competente, cioè quello che ha pronunciato sull’azione di classe. LA FASE DECISORIA DEL PROCESSO. LE DIFESE FINALI • L’UDIENZA DI PRECISAZIONE DELLE CONCLUSIONI E’ necessario riprendere il filo dello sviluppo del processo: QUANDO la FASE DI TRATTAZIONE, il cui aspetto più rilevante è dato dall’istruttoria, SI ESAURISCE, il giudice fissa l’UDIENZA DI PRECISAZIONE DELLE CONCLUSIONI. —> NB: le conclusioni sono ciò che la parte chiede al giudice. > Secondo l’art 188 cpc, il giudice provvede all’assunzione dei mezzi di prova: quindi esaurita l’istruzione, il giudice invita le parti a precisare le conclusioni ossia a indicare definitivamente le domande con le quali si presentano alla decisione. -Con la precisazione delle conclusioni termina la trattazione. -In udienza ad hoc vanno precisate le conclusioni, e in tale udienza le parti devono raccogliere le idee e confermare o modificare le conclusioni assunte all’inizio del processo, cioè negli atti introduttivi o nei momenti a seguire, fino alle attività di cui all’art 183 cpc. -L’intero oggetto del processo entra nella sfera decisoria del giudice. > In sede di precisazione delle conclusioni non si possono MAI ALLARGARE le RICHIESTE, perchè ciò comporterebbe una nuova domanda, ma solo restringerle. Non è possibile nemmeno la precisazione o modificazione delle domande, perchè ciò può avvenire solo entro i termini dell’art 183 cpc. > La definitiva delimitazione della domanda cristallizza ciò che le parti domandano al giudice in quel processo. Il dispositivo della sentenza indicherà in quale misura ciascuna di esse ha ottenuto l’esito sperato, accogliendo o no, in tutto o in parte, le conclusioni precisate. > Importante dire che, il giudice, quando fissa l’udienza di precisazione delle conclusioni, perde ogni potere di controllo sui tempi del processo, ma comincia a fare il conto alla rovescia per la sua maggiore fatica: decidere. Egli porta il processo a tale fase con grande lentezza: infatti passano mesi o anni tra le attività 97
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