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Dispensa Musi storia moderna, Dispense di Storia Delle Dottrine Politiche

tratta di argomenti storici dal 500 al 700

Tipologia: Dispense

2018/2019

Caricato il 05/02/2019

Annasannino99
Annasannino99 🇮🇹

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Scarica Dispensa Musi storia moderna e più Dispense in PDF di Storia Delle Dottrine Politiche solo su Docsity! I Capitolo Finanza, costruzione di rapporti di cooperazione fra operatori economici e greograf preparano il terreno per le esplorazioni transoceaniche. Il Portogallo punta alla ricerca di nuove vie marittime per il commercio con l'oriente, ostacolato dalla presenza degli Ottomani nel mediterraneo. Nel 1487 Bartolomeo Diaz circumnaviga l'Africa, l'espansione portoghese nel contienente africano consente, nel corso di un secolo, lo sfruttamento di enormi risorse: oro, avorio, cotone, pepe, … Inoltre la popolazione indigena viene schiavizzata e costretta a lavorare nelle piantagioni. Per giustificare l'occupazione del suolo Africano i giuristi inventarono la foruma “Terra nullius”, cioè terra non sottoposta ad alcuna signoria, disabitata o abitata da selvaggi. Di qui la possibilità di imporre la signoria portoghese. L'espansione Spagnola, prima di colombo, vede la colonizzazione delle Canarie, completata nel 1479, anno in cui coincide anche il trattato di Alcacovas tra Portogallo e Spagna. I portoghesi riconoscono il controllo spagnolo sulle Canarie, a loro volta gli spagnoli riconoscono i titoli portoghesi sulle altre isole dell'Atlantico e sulle coste africane a sud di capo Bojador. Gli spagnoli giustificano l'occupazione dei territori con la fede, la guerra contro gli infedeli. Fu anche stabilito il principio, applicato in futuro anche per le Americhe, del repartiminetos, cioè divisione dei bottini di guerra e delle cariche pubbliche, ma alla corona spagnola spettava il controllo delle funzioni politiche concesse ai governatori. La leggitimità di qualsiasi spedizione per la conquista di nuove terre oltremare era nel potete pubblico. Interesse della corona di Spagna era il completamento della Reconquista, proprio al completamento di quest'ultima viene accettato il progetto di colombo, di raggiungere l'India attraverso l'oceano Atlantico. Il 17 aprile 1492 la capitolazione di Santa Fè concede a Colombo il titolo di ammiraglio e governatore delle terre eventualmente scoperte, ma riserva alla corona spagnola la legittimità della spedizione. Il 12 ottobre 1492 Colombo arriva, e scopre, alle Bahamas. Per leggittimare la scoperta dei nuovi territori, nel 1493 papa Alessandro VI Borgia, con la bolla Inter cetera assegnava alla corona di Castiglia “ogni isola o terraferma, scoperta o ancora da scoprire”. Nel 1494 Spagna e Portogallo firmano il trattato di Tordesillas che definiva le zone di influenza dei rispettivi paesi. All'inizio del cinquecento l'impero portoghese transoceanico comprende tre nuceli: • Le colonie agricole degli arcipelaghi dell'Atlantico • Una vasta area dell'Africa dalla Sierra Leone al Congo, per il commercio di schiavi • La Carrera de India, una lunga rotta marittima che collega Lisbona con Goa. Tra il 1521 e il 1530, per bloccare le aspirazioni espansionistiche della Francia, i portoghesi occupano il Brasile, creando insediamenti coloniali. Difetto di questa enorme impero è la forte dipendenza da mercati e finanziamenti esteri, la stessa Lisbona rappresenta una tappa di passaggio e non un fiorente mercato. I territori oltremare sono considerati territori metropolitani, la corona portoghese non da vita a una legislazione coloniale. Insufficiente attività agraria, il portogallo è dipendente dall'estero per l'approvigionamento di grano. L'espansione coloniale della Spagna nel sud America, gli permette di sostituirsi ai portoghesi nella fornitura d'oro all'Europa. I primi insediamenti (Cuba, Portorico, …) hanno il solo scopo commerciale, interesse principale della corona e di stabilire i proprio diritti sugli insediamenti e si dispongono di strumenti per il monopolio regio (Casa de contractacion, 1503). Nel 1519 con la spedizione in Messico guidata da Cortes, inizia una nuova fase della colonizzazione. In 50 anni gli spagnoli sottometteranno tutte le principali civiltà del nuovo mondo (Aztechi, Inca, …). Idee guida e tratti del nascente Impero: • Sovranità esclusiva e unione diretta con la madrepatria, la corona offriva delle licenze reali (privilegi e titoli) ai conquistadores che si fossero offerti di investire nelle nascenti colonie e di offrire servizi per la corona. La corona poteva concedere anche signorie (Encomienda - “Signorie di schiavi) non ereditarie. • L'importante di queste territori (Hacienda real) per le finanze statali. • Il fine dell'evangelizzazione, “requerimiento” gli indigeni che avessero riconosciuto il papa e il re di Castiglia (Spagna) come loro leggitimi signori, potevano esser ritenuti sudditi fedeli alla Spagna. II Capitolo Gli stati europei del XVI secolo presentano un'organizzazione politica simile: • Al vertice c'è il sovrano, unico titolare del potere • Consiglio del Re • Organi statali che amministratori vari settori dello stato • Dispotismo totale del sovrano: manca la proprietà privata della terra; il sultano sfrutta come possedimenti personali tutte le fonti di ricchezza • Due istituzioni parallele: l'istituzione di governo e quella religiosa mussulmana (nei paesi islamici non c'è separazione tra stato e chiesa). Il personale civile e militare, dalla base al vertice, è reclutato tra gli schiavi cristiani, che ricevono una formazione tecnica e sono educati alla religione mussulmana. • Nell'impero ottomano non esiste il fedualesimo, i cavalieri mussulmani ricevono terra in cambio del servizio militare. I cavalieri non esercitano giurisdizione e non possono trasmettere in eredità i titoli. • Lo Stato ottomano comprende varie etnie, lasciate libere di mantenere leggi e costumi preesistenti, nessun tentantivo di unificazione e centralizzazione. Economia Europea A metà del 500' si registra in Europa un sensibile aumento dei prezzi, questa “rivoluzione dei prezzi” fu immediatamente associata ai grandi afflussi di metalli preziosi dal Nuovo Mondo. L'aumento generale dei prezzi non fu solo figlio del inflazione monetaria, ma derivò anche dalla evoluzione demografica, che vede in un solo secolo un aumento di 1/3 della popolazione europea, seguito da un aumento dei tassi di nuzialità e natalità. L'aumento della popolazione spinge ad allargare le aree coltivabili, a rivedere le pratiche di colture e ad investire maggiori capitali. In Inghilterra si sviluppa il fenomeno delle recinzioni (enclosures), si aboliscono le terre comuni e si afferma la proprietà individuale della terra. Accanto alla crescente richiesta di cereali, aumenta anche la richiesta di prodotti industriali. Si avvertirono, in tutta Europa, forti spinte verso gli investimenti produttivi. Tutto questo è reso possibile sia dalla nascita di nuove figure come gli “hombres de negocios” che mobilitano risorse finanziarie, sia attraverso l'intensificazione e un uso generalizzato della più antica forma di prestito a interessa, l'usura. Coesistono elementi di modernità ed altri ancora fondati su meccanismi di tipo feudale, come la venalità degli uffici, molto diffusa in Francia, Spagna e Italia spagnola. III Capitolo Nei primi decenni del cinquecento il predominio sull'Italia equivale al predominio in Europa. Le due principali poste in gioco sono Milano e il Regno di Napoli. Tra l'Italia e le grandi potenze europee permaneva un divario nella disponibilità di strumenti politici e militari, in quanto nessuno degli stati italiani fosse in grado di realizzare una supremazia riconosciuta e dotata di consenso in Italia. In caso di guerre la prassi politica era di unirsi, come legha, alla grande potenza più debole cosi da controbilanciare lo stato più forte e impedirgli la formazione di un egemonia. La vicenda politica italiana tra la metà del quattrocento e la metà del cinquecento attraversò tre fasi. La discesa di Carlo VIII Dopo l'uccisione Galeazzo Sforza, i poteri furono assunti dal figlio Gian Galeazzo II, ucciso a suo volta dallo zio Ludovico Sforza “il Moro” che assumeva il potere nel Ducato di Milano. Gian Galeazzo aveva spostato Isabella, figlia del re di Napoli Ferrante II d'Aragona. Per il Moro vi era dunque una situazione di governo precaria, aggravata dalla non legitimità del suo potere e dalla minaccia aragonese sul ducato. Per far fronte alla minaccia aragonese, Ludovico il Moro chiamò in soccorso il re di Francia Carlo VIII, invitandolo a far valere le sue rivendicazioni sul regno di Napoli. La preparazione politica-diplomatica dell'invasione fu curata dallo stesso Carlo VIII, si garanti la neutralità di Inghilterra e Spagna con la cessione di due paesi pirenaici ambiti dagli spagnoli, e la neutralità degli Asburgo con la rinuncia ai feudi imperiali della Franca Contea e dell'Artois. Nel Regno di Napoli era presente una forte fazione aristocratica filofrancese e antiaragonese. Nel 1494 inizia la spedizione di Carlo VIII in Italia, ad ottobre entra a Firenze. L'atteggiamento di totale soggezione al sovrano francese da parte di Pio de' Medici, provocò la ribellione con successiva proclamazione della repubblica. A dicembre Carlo VIII entra a Roma e proseguiva la marcia verso Napoli. A Ferrante d'Aragona succedeva il figlio Alfonso, che cerco di ostacolare, inconclusivamente, diplomaticamente e militarmente l'avanzata francese, abdicò infine a favore del figlio Ferdinando II. Febbraio 1495 Carlo VIII entrava a Napoli. Nelle breve attività di governo napoletana cercò di premariare i fedeli aristocratici filofrancesi e di guadagnarsi il consenso fra gli strati artigani e borghesi della capitale, ma la necessaria imposizione di nuove tasse alienò le simpatie verso il sovrano francese. Il 31 marzo 1495 a Venezia fu firmata un'alleanza antifrancese, formata da Venezia, Ducato di Milano, Stato Pontificio e Sacro Romano Impero. Il 6 luglio 1495 nella battaglia di Fornovo gli alleati, anche non riuscidendo ad impedire la ritirata di Carlo VIII, pongono fine alla sua spedizione in Italia, il giorno seguente Ferdinando II riacquistava il Regno di Napoli. La restaurazione aragonese a Napoli fu carica di problemi, in particolare la lotta tra le fazioni aristocratiche filofrancesi e filoaragonesi. Per controbilanciare il potere dell'aristocrazia, la Corona promesse l'ulteriore ascesa politica della componente popolare, rappresentanta nella piazza del Popolo. Ottobre 1495 muore Ferdinando II, eredita il trono lo zio Federico. Nuovo corso politico, ridimensionamento del potere dei “popolari” nella capitale, compromesso tra Corona e fedualità.Nel 1497 viene sottoscritta una tregua tra Napoli, Francia e Stati Italiani, nello stesso anno a Capua, Federico viene incoronato. Nel 1498 moriva Carlo VIII, il suo successore Luigi XII riprese il progetto della conquista di Milano, conquistata nel 1499. Successivamente al trattato di Granada 1501, Spagna e Francia si diviserò il Regno di Napoli. Convivenza che durò fino al 1502, i sovrani spagnoli reputavano il Regno di Napoli un tassello fondamentale nella costruzione dell'impero spagnolo, gli spagnoli sconfiggevano a Cerignola l'esercito francese. Guerre d'Italia, la penisola guidata da interessi Spagnoli e Francesi L'elezione al soglio papale di Giulio II rappresentava una svolta, seppe sviluppare una politica estera aggressiva e costruire intorno a se un imponente sistema di alleanze, inoltre promosse il consolidamento della monarchia papale e centralizzazione del potere. La Repubblica Veneziana attuò una politica espansionistica verso lo Stato della Chiesa. Il pontefice promosse la Lega di Cambrai, a cui si unirono Francia, Spagna e Sacro Romano Impero. Venezia pagò a carò prezzo la sconfitta, dovendo cedere ai vincitori territori e postazioni commerciali. Il problema politica tornava ad essere la supremazia francese nell'Italia settentrionale. Il pontefice promosse una nuova lega (lega santa 1512), in funzione antifrancesa, a cui si unirono Spagna, Sacro Romano Impero, Venezia e Confederazione Svizzera. Le ripetute sconfitte costrinsero i francesi ad abbandonare Pavia, Genova e Bologna. La stessa Milano cadde nelle mani degli eserciti italiani, che insediarono come Duca Massimiliano Sforza. Nel 1513 per controbilanciare il potere Spagnolo in Italia, Venezia ed inseguito anche il ponteficie, firmarono a Blois una nuova alleanza con la Francia. 1515 Francesco I, sovrano francese, occupa Milano, l'Italia è nuovamente divisa in due sfere di influenza, francese a nord e spagnola a sud. Da Pavia a Cateau-Cambrésis Nel 1525, sconfitto e catturato a Pavia, Francesco I è costretto a rinunciare a Milano e dopo un anno di prigionia, il sovrano Francese, firma la pace con Carlo V. Francesco I promuove la Lega di Cognac (Inghilterra, Venezia, Milano, Genova, Firenze, Stato Pontificio, Francia). Le iniziali vittorie sono vanificate dalle truppe mercenarie di Carlo V, i lanzichenecchi. I lanzichenecchi sono truppe tedesce, sensibili alla predicazione antipapale di Lutero, l'imperatore si servirà di essere per impartire una dura lezione a Clemente VII della famiglia Medici, nuovo pontefice . Il sacco di Roma alimenta la paura per l'esito catastrofico di uno scronto tra luterani e cattolici. In realtà l'obiettivo di Carlo V è il riconoscimento dell'egemonia Spagnola in Italia. Approfittando della debolezza di Roma, rioccupa Ravenna e Cervia, a Firenze vengono cacciati i Medici e ristabilita la repubblica. Nel 1528 Genova si sgancia dall'alleanza con Francesco I ed entra nell'orbita asburgica, finanziando lo Stato sovranazionale di Carlo V. Questa nuova alleanza fa anche fallire il tentativo francese di invadere il Regno di Napoli. Carlo V infligge un duro colpo alla aristocrazia filofrance nel napoletano, con la confisca di beni e un graduale ricambio con un baronaggio più fedele alla monarchia spagnola. Nel 1529 Clmenete VII con gli accordi di Barcellona, entra nell'orbita spagnola, in particolar modo per avere la restaurazione dei Medici a Firenze. La pace di Cambrai stailisce il seguente assetto, Milano e Napoli sotto il dominio spagnolo, Genova nell'orbita spagnola, il Piemonte sabaudo occupato dai francesi. Nel 1530 Carlo V è incoronato re d'Italia e imperatore del Sacro Romano Impero. Nuovamente la Francia tenta di destabilizzare il primato spagnolo in Italia. Attua una politica di riarmo, l'amministrazione finanziaria diventa più efficace e il prelievo fiscale si fa più consistente, inoltre firma due trattati di alleanza con nemici di Carlo V, la prima con i turchi di Solimano I il magnifico, la seconda con i principi luterani della Germania. Nel 1535 riprendono le ostilità tra Francia e Spagna. Succede al trono di Francia il figlio di Francesco I, Enrico II. Nel 1555 Carlo V è costretto a firmare la pace di Augusta con i principi protestanti, e inseguito ad abdicare e dividere il proprio regno tra il figlio Filippo II (area spagnola, Paesi Bassi, domini Italiani) e il fratello Ferdinando I (area austriaca e Corona imperiale), ma tutto questo non favorì Enrico II. Nel 1557 la Francia perdere l'ultimo territorio italiano, il Piemonte. Il 3 aprile 1559 è firmata la pace Cateau-Cambresis: • La Spagna conserva il Ducato di Milano, il Regno di Napoli, la Sicilia e la Sardegna. • Savoia, Piemonte e Nizza a Emanuele Filiberto • Repubblica di Genova ottiene la restituzione della Corsica • Stato della Chiesa legato a Madrid per i problemi creati dalla Riforma protestante “Esperimenti Politici”: Savonarola e Borgia Dopo la cacciata dei Medici da Firenze e la costituzione della repubblica, la funzione di leader è assunta da Girolamo Savonarola. Spinto da una fede profonda, teorizzava una radicale renovatio cristiana a combattere contro la politica temporale dei papi, immorali e corrotti. Il disprezzo per i valori mondani, i roghi per bruciare beni di lusso e tesori d'arte. I valori per cui si batteva Savonarola trovavano terreno fertile a Firenze, nel bisogno di personalità forti indotto dal vuoto politico della crisi di fine secolo. Furono abolite le imposte e fondato un Monte di Pietà per l'assistenza ai più bisognosi. Il poteri dei sostenitori di Savonarola, i Piagnoni, cresceva, ma si organizzavano anche gruppi di opposizione come i Palleschi, che auspicavano ad un ritorno dei Medici, e gli Arrabbiati, per un sistema politico aristocratico. A favorire l'opposizione al frate fu anche la scomunica lanciata dal parte. 1498 Savonarola veniva impiccato in piazza della Signoria. Papa Alessandro VI Borgia riusci ad ottenere il sostegno di Francia e Venezia per l'impresa del “Valentino”, Cesare Borgia figlio del papa, per la formazione di uno stato in Italia centrale. Nel 1499 conquisto Imola e Forlì e nel 1502 Urbino, in quest'ultima conquista fu costretto a scontrarsi con una coalizione feudale. L'avventura politica del Valentino durò fino al 1503, anno in cui Papa Alessandro morì. Il nuovo papa Giulio II della Rovere, per conquistarsi i voti controllati dal Valentino, prima del conclave, si era accordato con lui, promettendogli di consegnargli lo stato di Romagna. La promessa non fu mantenuta e il Valentino fu costretto a fuggiere in Spagna, dove morì Inevitabilmente la figura e l'operato di Lutero, in un clima di contrapposizione, fu soggetta ad interpretazioni di tipo ideologico. Da una parte, nella propaganda protestante, Lutero è incodizionatamente esaltato. Mentre dalla propaganda cattolica è bollato con il marchio d'infamia per aver creato divisioni all'interno del cristianesimo, ma anche descritto come un monaco immorale. Il problema della giustizia divina Lutero parte dal premessa della distanza e l'inaccessibile e incommensurabile santità di Dio, ne scaturiscono l'assoluta dipendenza dell'uomo a Dio e l'inutilità di tutte le azioni e opere buone compiute dall'uomo. Le sacre scritture spingono Lutero verso una soluzione illuminante del problema, l'uomo è peccatore nella realtà della sua condizione originaria e della sua vita quotidiana, ma giusto nella fede e nella speranza di potersi salvare. Il principio della giustificazione mediante la fede, l'uomo peccatore è resto giusto davanti a Dio per la sua fede. La pratica delle indulgenze Alberto di Brandeburgo tra il 1513 e il 1514 possiede tre vescovati: Magdeburgo, Magonza e Halberstadt, che gli permettono di cumulare benefici ecclesiastici e rendite. La Santa Sede si fa retribuire per queste concessioni e consiglia ad Alberto la predicazione delle indulgenze nel suo territorio vescovale, e dividere i ricavati tra lui ed il papa. Altro protagonista è Johannes Tetzel, a cui viene affidato il compito di spiegare le modalità per l'acquisto delle indulgenze, chi comprava una lettera di indulgenza aveva il diritto di confessare al sacerdote i propri peccati, senza esser necessariamente pentiti. L'indulgenza aveva valore anche sui defunti. Terzo ed ultimo protagonista delle vicenda, Martin Lutero che in confessionale ascoltava i peccati dei titolari di lettere di indulgenza ed ha modo di conoscere cosi i guasti del predicatore Tetzel. Su questo doppio sfondo, di ricerca personale di fede e della degenerazione della istituzione eclesiastica, nel 1517 pubblica le 95 tesi di Wittenberg. Le tesi hanno un alto grado di diffusione, sono stampate in molte città della Germania e della Svizzera. Le opere pubblicate tra il 1519-1520 precisano ulteriormente il pensiero di Lutero, tengono conto dell'evoluzione teologica-religiosa della riflessione luterana, sia delle adesioni di intellettuali e principi, come l'elettore di Sassonia che diverrà il protettore di Lutero. Scritti importanti sono “Alla nobiltà cristiana di nazione tedesca” un forte appello ai principi e l'aristocrazia tedesca, che fa leva sulla'esigenza di riorganizare la Chiesa su basi nazionali. “La cattività babilonese della Chiesa” in cui si nega valore ai sacramenti, all'infuori di battesimo ed eucarestia, e succesivamente “Della libertà del cristiano” in cui è rivendicato il libero esame delle Sacre Scritture ed è negato il valore delle buone azioni ai fini della salvezza. In queste tre opere sono concenuti i cardini della Riforma luterana. Lutero contesta al papato il diritto di convocare concili e la prerogativa di essere il depositario della vera e unica interpretazione delle Sacre Scritture. E' compromessa l'istituzione della Chiesa visibile, non c'è bisogno della mediazione tra Dio e uomo. Svalutazione dei sacramenti, porta all'eliminazione di quei sacramenti che presuppongo la mediazione ecclesiastica - cresima, penitenza, estrema unzione, ordine sacro, matrimonio – ed un esaltazione del battesimo che dona la grazia attraverso la fede. La transustanziazione è negata, cioè il passaggio attraverso il pane e il vino del corpo e il sangue di Cristo. Il rapporto tra fede e opere buone è invertito, “Le opere buone non fanno l'uomo buono, ma l'uomo buono ma opere buone”, l'uomo buono è il cristiano credente. Il primo intervento papale nei confronti di Lutero arriva nel giugno 1520, papa Leone X con la bolla Exsurge Domine condanna quarantuno posizione del monaco, minaciandone la scomunica se non ritratta entro sessanta giorni. Dicembre dello statto anno, Lutero brucia nella piazza di Wittenberg, la bolla papale. Gennaio 1521 con la bolla papale Decet Romanum Pontificem, avviene la scomunica di Lutero. Nel mentre la dottrina trova terreno fertile in Germania, tutte le gerarchie e ceti sociali ne sono coinvolti, grazie alla semplicità del messaggio luterano, la possibilità di usare la riforma contro gli abusi e privilegi dell'autorità civile ed ecclesiastica. Essendo stato fallimentare l'intervento ecclesiastico, c'è bisogno del supporto politico. Nel 1521 viene convocata la Dieta di Worms, riunitasi alla presenta di Carlo V, ma l'alleanza tra potere secolare ed ecclesiastico non raggiunge il suo fine. Lutero sostiene fino in fondo la sua testimonianza di fede, rivendicando ancora la sua appartenenza alla chiesa. L'esito è assai debole per Roma. Il periodo compreso tra il 1521-1522 è importantissimo per l'attività del riformatore, soprattutto per la traduzione del Nuovo Testamento, già presente in lingua tedesca, ma la novità sta nell'efficacia espressiva e linguistica della traduzione luterana, che offre anche un contributo determinante alla formazione dell'unità linguistica del popolo tedesco. Nel primo decennio del 500' la Germania è in fermento non solo dal punto di vista religioso, ma anche sociale e politico. Forti contrasti tra il principe Federico di Sassonia e l'arcivescovo di Magdeburgo, sulla questione delle indulgenze: l'elettore non tollera che il denaro dei suoi sudditi vada a finire a Magdeburgo e che l'arcivescovo gli sottragga potere e giurisdizione. Anche altri principi si uniscono all'opposizione all'opposizione agli interessi temporali della Chiesa Romana. La predicazione luterana investe tutti gli strati sociali. Quella in Germania non è una lotta di classe, si tratta di un insieme di conflitti che hanno tutti un punto in comune: l'intretto tra il rinnovamento dello spirito religioso e il programma di riforma politica. Altro elemento è il risultato comune di questi conflitti: rafforzamento dei principi elettori. La nobiltà germanica, come il resto delle nobiltà europee, è molto gerarchizzata. La grande nobiltà ha accresciuto enormemente il suo potere, emarginando la piccola nobiltà dei cavallieri. Influenzati dalle idee luterane, i leader dei cavallieri accentuano la spinta alla rivolta contro la Chiesa di Roma. I cavallieri del medio e alto Reno si coalizzano contro l'arcivescovo di Treviri, ma scatta la percezione del pericolo, i principi protestanti dell'Assia e del Platinato si schierano con l'arcivescono e sconfiggono i cavallieri, eliminandoli definitivamente come forza politica. Più complessa è la “guerra dei contadini”. Alcuni seguaci più radicali di Lutero, evidenziano un'altra possibile direzione del movimento di Riforma: un ritorno alle fonti della Chiesa primitiva, al modello della povertà ecclesiale, della abolizione delle disuguaglianze sociali e del privilegio. Pensiero che trovò larga diffusione soprattutto tra operai e minatori che parteciparono alle rivolte tra il 1524 e 1525. Alle origini della ribellione vi erano gli abusi e la situazione sociale nelle campagne tedesche, sulle squali gravano il potere signorile, il potere personale della feudalità, l'estensione del dominio feudale anche nelle terre comuni. Nel 1524 la rivolta parte dalla Selva Nera fino ad arrivare nel 1525 nelle campagne della Contea del Tirolo. Gli obiettivi: Abattere la struttura per ceti, sottrarre prerogative politiche alla nobiltà, esproriare ecclesiastici e religiosi. Il programma è formulato nei “Dodici Articoli”, che contengono una denuncia degli abusi feudali e una richiesta di modifica dell'ordinamento signorile, fondata sull'abolizione della servitù, sull'amministrazione della giustizia secondo il diritto consuetudinario. Inoltre c'è la richiesta di sottrazione di potere alla Chiesa, attraverso l'elezione diretta del parrocco. E' evidente in queste rivendicazioni l'insegnamento di Lutero, che è di fatto chiamato in causa. Nel primo intervento c'è un esortazione alla pace da parte di Lutero, facendo da mediatore tra contadini e signori. Ai primi dice di non usare il cristianesimo come copertura alla ribellione e di prestare obbedienza ai re perché il Vangelo condanna qualsiasi forma di ribellione, d'altra parte esorta i signori a non abusare dei loro poteri giurisdizionali. Non essendo riuscito nel ruolo di mediatore, interviene una seconda volta, questa volta contro i ribelli. Si conferma la posizione di Lutero riguardo l'autorica secolare e la nobiltà che devono poter esercitare potere nei loro domini. L'accentuazione più forte di questo secondo intervento del 1525, è dovuta al fatto che principi e nobili sono seguaci in conflitto con Roma; i ribelli rischiano di compromettere il movimento luterano. Fine nel 1525 la riforma come movimento popolare, trionfa la riforma dei principi in Germania. La questione protestante accompagna Carlo V per tutta la durata del suo impero. Possiamo distinguere quattro fasi: L'editto di Worms 1519 Carlo V giura la costituzione imperiale, in base alla quale nessuno può esser messo al bando dell'Impero senza processo. Il primo sviluppo del luteranesimo in Germania vede Carlo V impegnato da un lato a non radicalizzare il conflitto con i principi territoriali, ha bisogno della loro alleanza per la sua strategia internazionale verso il Mediterraneo, dall'altro a difendere l'unità della Chiesa dalle eresie. L'editto di Worms (1521) condanna lutero come eretico ma la definitiva soluzione è rinviata alla convocazione del concilio. L'idea di Carlo V è si di temporeggiare, ma anche la convocazione del concilio come mezzo di pressione politica sul papato e il bisogno, avvertito dallo stesso imperatore, di una riforma interna alla Chiesa. La prima fase vede quindi nel rapporto tra Carlo V e i protestanti una preoccupazione di natura politica. La Dieta di Augusta La seconda fase coincide con la fine della guerra dei contadini, in un periodo tra il 1525-1530. I principi cattolici della Germania meridionale stringono un alleanza contro i principi protestanti. Un anno dopo i principi protestanti stringono un analoga intesa. Le due Dieta Imperiale di Spira (1526-1529) proibiscono ogni innovazione in materia di fede prima del concilio. La fine delle ostilità con Francia e papa, pace di Cambrai 1529, e l'incoronazione di Carlo V nel 1530, si apre una nuova fase tra rapporti tra imperatore e protestanti, caratterizato dalla ricerca di una possibile ricomposizione dell'unità religiosa. Tentantivo vanificato dalla Dieta di Augusta (1530). Problema spinoso è quello della giurisdizione vescovile nelle città imperiali, una loro restaurazione vuol dire anche riconsegliare i beni ecclesiastici secolarizzati. La Dieta, in assenza di protestanti, delibera: • La convocazione entro un anno di un concilio ecumenico • La restituzione dei beni ecclesiastici espropriati con la forza • L'applicazione dell'editto di Worms • Attribuzione al Tribunale della Camera imperiale di compiti di tutela della pace nel paese, punendo i trasgressori dell'antico ordinamento ecclesiastico La lega di Smalcalda e la Dieta di Spira 1531 nasce la Lega di Smalcalda, che diventa il centro delle forze antiasburgiche e stringe relazioni con Francia e Inghilterra. L'imperatore già impegnato su più fronti non può permettersi un conflitto interno all'Impero. Sospende tutti i processi istituiti dal Tribunale della Camera fino alla convocazione del concilio e vieta l'uso della forza per la risoluzione di queste di fede e religione. Il concilio è continuamente rinviato, anche perché i principi protestanti rifiutano di partecipare. Nel 1542 alla Dieta di Spira i protestanti chiedono all'imperatore il riconoscimento ufficiale della loro posizione, ed esso e condizionato gli aiuti militari e finanziari contro i turchi. La pace di Augusta La guerra tra Lega di Smalcalda e l'imperatore scoppia nel 1546. Carlo V si trova in un congiuntura particolarmente critica, sconfitto tra protestanti, turchi e francesci. Nel 1555 Carlo V firma la pace di Augusta, che stabilisce il principio “cuius regio, eius religio”. E' concessa la libera scelta confessionale solo per gli Stati imperiali e per i loro principi, non per i sudditi. I sudditi devono dei vescovi. Con il 1553 il calvinismo diventava religione ufficiale. Anche la Scozia aderi al calvinismo, mentre l'Irlanda attribui fortissimi connotati cattolici alla sua lotta nazionale contro l'Inghilterra. Gli eretici italiani del 500' La crisi religiosa del 500' produsse non solo nuove formazioni religiose ma anche gruppi di opposizione a ogni forma di istituzione ecclesiastica, a quest'ultimi è attribuita la qualifica di “eretici”. Gli eretici del 500' furono tutto coloro che interpretarono l'iberamente l'esperienza religiosa e si ribellarono alle diverse Chiese. Posero le basi del pensiero moderno di libera scelta individuale del rapporto con Dio, tollerante e rispettoso. In Italia in nessuno stato si impose la riforma protestante. Si svilupparono invece gruppi sensibili alle riforma luterana e calvinista, che rielaborarono le tesi in chiave umanistica, con un ispirazione religiosa incline a rifuggire dal fanatismo e tendente a rivalutare la natura, la ragione e la morale umana. V Capitolo Concilio di Trento Dopo numerosi tentantivi falliti nel 1545 Paolo III a Trento, scelto come località perché facente parte del territorio italiano ma nell'orbida giurisdizionale dell'Impero, viene concovaco il concilio. Gli obiettivi che si proponeva il concilio erano tre: recuperare i territori protestanti; arginare l'eresia; riaffermare il primato papale in una Chiesa cattolica riformata. Non si trattò di un vero concilio ecumenico, sia per la scarsa partecipazione tra i vescovi (circa cinquanta), sia per la scarsa rappresentazione geografica. Nella prima fase, che coincide con la guerra tra Carlo V e la lega di Smalcalda, le delibere riguardarono soprattutto questioni teologiche e furono: l'origine della fede, verità delle Sacre Scritture, peccato originale, la giustificazione e i sacramenti. Il concilio sarà sospeso dal 1547 al 1550 per l'andamento della guerra di Carlo V e dissidi interni al concilio, tra cui il tentantivo di spostare la sede a Bologna, città pontificia, che vide la netta opposizione dei vescovi imperiali che restarono a Trento. Prima della chiusura del concilio fu emanato un ultimo emandamento che prevedeva l'obbligo di residenza per i vescovi, come segno tangibile per ristabilire la disciplina ecclesiastica. Il successore di Paolo III, Giulio III, riaprì il concilio nel 1551, a cui parteciparono anche se in numero ridotti dei rappresentanti protestanti. La ripresta dei conflitti tra Carlo V ed Enrico II (appoggiato dai protestanti) dopo un anno indusse a chiudere questa tornata conciliare. Va notato anche come gli equilibri interni al concilio rispecchiassero la situazione politica, nella seconda fase del concilio i vescovi imperiali appoggiarono quelli italiani e i vescovi francesi disertarono il concilio. Nel 1562-1563 il successore di Paolo IV, Pio IV, riconvoca il concilio, si apre la terza fase. La questione più ardua fu rappresentata dall'origine del potere episcopale, chi sosteneva che andasse attribuita solo al papa la fonte del potere dei vescovi e chi attribuiva questa autorità al sovrano statale. Si stabili una via intermedia: i vescovi dipendono dal papa, ma avevano obbligo di residenza e la loro responsabilità era definita su “mandato divino”. Il concilio operò in quattro campi: • L'ordinamento della materia dogmatica e sacramentale • L'affermazione decisa della giursidzione ecclesiastica e l'allrgamento della sua sfera d'influenza • La disciplina del clero • L'organizzazione delle forme della pietà e della religiosità popolare Istituzioni della Controriforma Dalla metà del 500' il papa va accentuando sempre di più la sua funzione: quella di pontefice a capo della cristianità e di sovrano di uno stato. Per prevenire e reprime i dilaganti fenomeni di eresia fu creata nel 1542 “l'istituzione della Congregazione del Sant'Uffizio dell'Inquisizione”. Ai sei cardinali inquisitori venica affidata la piena giurisdizione nei confronti di laici ed ecclesiastici, ed avevano, inoltre, la facoltà di invocare l'aiuto del braccio secolare. Furono perseguitate dal Sant'Uffizio anche personalità ecclesiastiche che dissentivano per la troppa rigidità dell'ortodossia cattolica, per i metodi inquisitori troppo spinti e per l'accentramento dei poteri dei tribunali romani. Incisivo fu controllo sociale e culturale con l'istituzione, da parte di Paolo IV, “dell'Indice dei libri proibiti” (1559). Altro terreno di intervento fu quello della formazione del clero, a cui il papa affidava la funzione di controllo dei fedeli della loro diocesi. C'era bisogno di un'istituzione che formasse il prete e ne accertasse la vera vocazione. A tal proposito fu creata l'istituzione dei seminari. L'obiettivo principale, dopo il concilio, era la riconquista delle anime: le milizie della Controriforma furono gli ordini religiosi. Nati per finalità e funzioni diverse, si impegnarono per combattere l'eseresia e rafforza l'autorità della Chiesa romana, a consolidare la sua presenza nella società. Ordine di particolare spicco fu quello fondato da Ignazio di Loyola, i gesuiti della Compagna di Gesù, fondato nel 1534 e riconosciuto nel 1540 da Paolo III. L'idea dell'ordine era quello di “ combattere per Dio sotto la bandiera della Croce e servire unicamente il Signore e il pontefice romano, suo vicario in terra.” Per seguire questa regola l'ordine si baso sullo schema della gerarchia militare. Ai tre voti tradizionali (povertà, castità e obbedienza) nell'ordine ne veniva aggiunto un quarto, quello di assoluta obbedienza al papa, fino al sacrificio della propria vita. L'ordine ebbe una rapida crescità, dai sessanta membri del 1540 passò a sedicimila nel 1625. La sua attività e il campo di influenza furono enormi, sia per il punto di vista di estenzione spaziale che per la capacità di penetrazione capillare nella vita sociale del tempo. La politica dei geuisiti era una riforma della Chiesa, dedita a ricostruirne i fondamenti, per poter efficacemente lottare contro l'espandersi del protestantesimo. Altra peculiarità fu l'iniziativa missionaria che non si limitò ad operare solo nell'Europa cattolica- romana, ma anche nelle terre d'oltremare abitate da infedeli. Obiettivo principale era quello di ridurre le distanze, venutesi a creare, tra la religione dei semplice e quella dei dotti. VI Capitolo Dopo la pace di Augusta nel 1555, Carlo V aveva diviso i suoi domini ereditari. La prima, costituita dei beni legati all'Austria, al fratello minore Ferdinando d'Asburgo, mentre i beni dei domini del ramo spagnolo in favore del figlio Filippo II. Sostanziali differenze tra Carvlo V e Filippo II, in primo luogo il primo aveva scarsa dimestichezza con i problemi spagnoli, mentre il secondo per cultura e valori era profondamente spagnolo. Filippo anche se, a differenza del padre, privo di attitudine militare seppe capire che per governare il suo vasto impero occoreva una corte e soprattutto un apparato di funzionari. Filippo ereditava l'impero Spagnolo, che a differenza del Sacro Romano Impero, poteva contare su una realtà politica realativamente unificata e sulla unità religiosa. Un paese in forte espansione demografica, con la Castiglia, regione più popolosa, abitata da 7 milioni di persone. Importanti per l'economia spagnola furono gli insediamenti coloniali in America che gli permettevano di accedere con facilità a nuove fonti di ricchezza e di sfruttarle a basso costo. Questo unito ad una favorevole congiuntura economica, aumento della domanda e relativi prezzi e al contempo l'abbassamento dei costi del lavoro, diede enorme spinta all'economia spagnola. Spinta che non si seppe sfruttare in mancanza di una vera politica economica. L'afflusso di metalli preziosi incise di più sullo sviluppo della potenza politica della Spagna che sull'economia, non ci fu nessuna politica di accumulo del capitale o sviluppo dell'economia. Molteplici i motivi, in primo luogo gli hombres de negocios, che controllavano il flusso dei metalli ed il commercio internazionale, erano stranieri. La finanza privata, per lo più mercanti e compagnie straniere, attraverso debiti a breve termine ed alto tasso di interesse, imponeva alla finanza pubblica spagnola un rapporto sempre più stretto di dipendenza. Non ci fu alcuna politica economica che regolasse lo sfruttamento delle miniere americane. Il latifondo pastorale avevano arricchito molte delle grandi famiglie feudali castigliane, ma a partire dagli ultime decenni del 500' resero la Spagna uno dei più grandi paesi importatori di grano, aggravando lo squilibrio fra popolazione e risorse. Per lo più l'aristocrazia non favori l'allargamento della base produttiva del paese, ma si occupo solo di speculazioni finanziarie. La controriforma operta da Filippo II, che portò nei primi anni di regno del nuovo sovrano, a perseguitare e progressivamente espellere dal paese i “conversos”, cioè musulmani ed ebrei convertiti al cristianesimo. D'altra parte c'erano problemi da risolvere, in primo luogo la gestione di un Impero tra Mediterraneo e Atlantico privo di una reale unità istituzionale e amministrativa. Il secondo costituito dalle differenze interne alla stessa Spagna e la collocazione geopolitica. Infine, di maggior rilievo, la presenza turca nel Mediterraneo. Filippo, come il padre, segui una strategia matrimoniale, andò prima in sposo a Maria di Portogallo, inglese dalla minaccia spagnola. Il progetto di invasione dell'Inghilterra prevedeva l'impiego dell'invicibile Armata, flotta creata per tale scopo e comprendente 130 navi e 30.000 uomini, e a fornire supporto alla flotte le truppe stanziate nei Paesi Bassi. La partenza fu ritardata dal 1587 al 1588 per le scorrerie dei corsari britannici. Nella primavera del 1588 le due flotte si scontrarono nella manica, due tattiche diverse furono utilizzate. I galeoni spagnoli molto pesanti, erano adatti ad un tiro ravvicinato, il suo scopo era strumentale serviva a preparare l'abbordaggio. La tattica inglese invece si basa su navi leggere, l'artiglieria era di primaria importanza nell'affondare le navi. Alla fine del 1588 dell'invicibile armata restavano poco più di cinquanta navi. Questo segnò la fine delle mire espansionistiche spagnole; la fine dei sogni di restaurazione del cattolicesimo in Inghilterra e Olanda, ormai fortemente radicato; l'affermazione dell'Inghilterra come grande potenza marittima. Sistema Imperiale Spagnolo Uno degli obiettivi, in campio nazionale, fu la riorganizzazione del potere statale. La centralizzazione politico-amministrativa era indispensabile ma un organismo, come quello spagnolo, composto da più un insieme di più paesi con costituzioni e civiltà politiche diverse, non poteva esser governato attraverso regole uniformi e funzionari del paese dominante. L'unico vincolo unitario che teneva insieme le diverse parti era la figura del sovrano. Nel 1559 Filippo dalla Fiandre si sposta in Castiglia, dove stabilisce la corte. Questo segna il passaggio di un Impero su base fiamminga a base spagnola, la fine dell'idea di impero universale e il primato di un nuovo sistema politica con la Spagna al centro. L'assenza permamente da altri regni, induceva il ad assegnare a vicerè o governatori poteri politico- amministrativi ampi, ma non tali da configurare una frantumazione della sovranità. La sovranità rimaneva indivisa e tutta concentrata nella figura del re, tutti gli atti amministrativi e legislativi erano firmati da Filippo II e dai suoi successori con la sigla “Yo el Rey”. La formazione politica spagnola si articola nei seguenti aspetti: • L'unità dinastica è l'elemento di aggregazione di questa composita formazione politica, in questo caso specificio l'unico riferimento unitario del sistema • Entrato in crisi il sistema della monarchia universale, sotto Filippo II se ne realizza una seconda più contenuta ma più efficace: il governo, la pratica e la struttura interna di ogni Stato devono porsi il problema delle relazioni con il sistema imperiale filippino; tutte le alleanze internazionali degli Stati sono condizionate da esso • La linea politica della monarchia di Filippo II è il risultato della sintesi tra le disposizioni valide per l'intero complesso dinastico e i compromessi con le situazioni particolari e differenti di ciascun territorio • Fino al termine del regno di Filippo II la regione-guida del sistema imperiale è la Castiglia La formazione della potenza inglese Nel confronto con altri paesi europei l'Inghilterra godeva di alcuni vantaggi: la posizione geografica e il rapporto tra popolazione e risorse è meno squilibrato come altrove. Qui la terra non fu concepita come puro sostegno alimentare del paese, ma come investimento di capitali. Altro elemento di vantaggio per lo sviluppo economico e sociale inglese fu la tendenza all'imprenditoria. Le figure mercantili in Inghilterra furono per struttura e funzioni diverse da quelle di altri paesi. Nella prima metà del 500' i merchant adventurers detenevano il monopolio del commercio internazionale della lana ad Anversa. Nella seconda metà del secolo le compagnie mercantili private inglesi andarono strutturandosi meglio e diversificando le loro attività. I mercanti dellecompagnie inglesi erauno una sorta di membri di una società per azioni. Pur ricevendo incentivi e privilegi commerciali dallo Stato, rischiavano comunque i proprio capitali. Grandi impulso ricevettero questi elementi sotto il regno di Elisabetta I, salita al trono nel 1558. Prima di lei, Maria Tudor detta la sanguinaria, aveva attuato una feroce repressione antiprotestante nel suo paese. Elisabetta I che con l'Atto di supremazia si era fatto norminare capo delle cose sacre e profane, consolidò l'orientamento calvinista, mantenne l'organizzazione episcopale inglese, represse con fermezza l'estremismo dei puritani. La politica religiosa, attraverso una religione ufficiale, la pace religiosa e l'armonia tra ceti e classi, puntava a rafforzare il potere della monarchia. La macchina militirare, politica, economica inglese fu organizzata per uno scopo preciso, neutralizzare la spinta egemonica di Filippo II e far entrare l'Inghilterra tra le grandi potenze europee al centro di un nuovo schieramento di alleanze. Il problema della stabilità al trono fu risolto da Elisabetta con il concorso della fortuna. Quando Maria Stuart fece rientro in Scozia, dopo aver lasciato la Francia alla morte del marito Francesco II, la regione era in prevalenza calvinista. I successi nel tentantivo di restaurazione cattolica furono presto vanificati dal matrimonio di Maria Stuart e l'assasino del suo secondo marito. Popolo e nobiltà insorsero e costrinsero Maria Stuart a rifuggiarsi in Inghilterra. Qui Elisabetta potè meglio controllare Maria, che seguendo la via della congettura e dell'alleanza con frange cattoliche Inglese, con la Chiesa e Filippo II, cercava di scalzare la regina dal Trono. Diventata una vera minaccia nei primi anni ottanta del 500', maturo la scelta di processarla e condannarla a morte, fu istituito un tribunale speciale per i delitti dei pretendenti al trono. Scoperta la congiura venne decapitata nel 1587. Tra il 1584 fu fondata la prima colonia inglese nel Nord America, la Virginia. Sotto Elisabetta si perfezionò il modello costituzionale e politico-amministrativo: se il re voleva che un provvedimento avesse la forza indiscutibile di legge, doveva sottoporlo ad entrambe le carme, quella dei Pari, che rappresentava i lord, e quella dei Comuni, che rappresentava la nobiltà delle contee. Il Parlamento formulava il provvedimento di statuto, ossia di legge scritta avente l'approvazione delle due Camere. Tuttavia le due grandi carenze inglesi del 500' furono: l'incapacità di formare un esercito permanente e l'incapacità di sviluppare una burocrazia nazionale in grado di adempiere ai compiti di governo in sede centrale e locale. Le guerre di religione in Francia Nell'ultimo quarantennio del 500' la Francia vive una pericolosa crisi a causa di vari fattori: • La crisi dinastica, dopo la morte di Enrico II (1559) • La divisione religiosa tra ugonotti (calvinisti francesi) e cattolici • Nesso tra politica e religione e la sua influenza nella lotta al potere Nel 1559 morto Enrico II lasciava tre principi, tutti minorenni. Il più grande Francesco II aveva 14 anni, che si sposò con Maria Stuart, mori poco dopo. La reggenza passava alla vedova di Enrico, Caterina de Medici, che si trovò ad affrontare numerosi problemi di natura diversa: crisi finanziari e aumento del debito pubblico, la diffusione del calvinismo nel suo territorio. Un potere centrale debole che doveva fare i conti con una nobiltà forte, divisa in partiti per la conquista del partito. Il leader del partito cattolico, in cui militavano nobili delle regioni settentrionali e Maria Stuart, era Francesco di Guisa. Antonio di Borbone, re di Navarra, era invece il leader del partito ugonotto, nelle cui fila militavano nobili delle regioni meridionali. Caterina adottò una linea di mediazione, che puntava a non far aumentare a dismisura il potere del Guisa e predisporre una serie di contrappesi, a tal proposito vennerò fatte al partito ugonotto varie concessioni. A questa linea fu dunque ispirato il primo editto di Saint-Germain (1562): libertà di culto agli ugonotti che però dovevano risiedere fuori delle mura della città. Le reazioni cattoliche furono violente, a Vassy, in Normandia, furono massacrati una settantina di ugonotti. La reggente preoccupata soprattutto dei poteri dei partiti, cerco di bilanciare la concessione, concendendo solo ai nobili la libertà di culto nelle loro terre e ne limitò il culo nelle città. Ma il compromesso non soddisfava gli ugonotti. Caterina fu quindi costretta a promulgare il secondo editto di Saint-Germain (1570) assai più favorevole, concedeva piena libertà di culto agli ugonotti, varie piazzafortie il porto di La Rochelle. Dopo la vittoria di Lepanto, il papa e Filippo II sostennero più forza il partito del Guisa. A sua volta anche la reggente Caterina sostenne il partito cattolico del Guisa, ricorrendo anche alla violenza. Nella notte di San Bartolomeo – 23-24 agosto 1572 – furono massacrati nelle sale del Palazzo reale tutti gli esponenti di spicco degli ugonotti. A questo punto la guerra si inaspriva e si accentuava la sua dimensione internazionale, con la Spagna al fianco del Guisa e l'Inghilterra a fianco del Borbone. Durante il regno del terzogenito di Caterina Enrico III, senza figli, le mire dei due aspiranti al trono, Enrico de Guisa ed Enrico di Borbone, provocano quella cosidetta guerra dei tre Enrichi. Due assasini, quello di Enrico di Guida per ordine del re e quello dello stesso re Enrico III per mano di un monaco domenicano, risolsero il problema. Prima di morire, Enrico III aveva designato a succedergli Enrico di Borbone, con una condizione che si convertisse al cattolicesimo, cosa che avvenne nel 1593. Dalla morte di Enrico III nel 1589 alla conversione nel 1594 di Enrico di Borbone, la Francia aveva vissuto l'occupazione della Lega, l'alleanza tra spagnoli, il papa, i seguaci del Guisa e la regina di Scozia Maria Stuart. La conversione di Enrico di Borbone, l'occupazione straniera e i soprusi compiuti dai leghisti, alienarono la simpatia dei parigini e degli altri abitani delle regioni francesi nei confronti dei seguaci del Guisa. Nel febbraio 1594 Enrico IV, re di Francia, iniziatore della dinastia dei Borbone, entrava a Parigi. Con il trattato di Vervins (1598) la Spagna rinunciava a pretese territoriali in Francia. Importante fu l'editto di Nantes che prevedeva: • Libertà di culto per gli ugonotti • Concessioni di alcune piazzeforti agli ugonotti come La Rochelle e Montpellier • Rappresentanza nei Parlamenti • Libertà civile VII Capitolo A Venezia la pienezza dei poteri politici fu riservata solo al Maggior Consiglio, l'assemblea del patriziato, che eleggeva il doge, aveva poteri legislativi e nominavi i magistrati. Gli altri due consigli, il Senato con funzioni di natura legislativa, politica e amministrativa, e il Consiglio dei Dieci, con funzione di alta corte di giustizia. Ducato di Toscana Nel Ducato di Toscana, Cosimo I seppe guadagnarsi l'alleanza con la Spagna, che si rivelò fondamentale per l'espansione e il consolidamento del ducato, elevato al titolo di granducato da papa Pio V. Nel 1565, dopo un lungo assedio, conquista la Repubblica di Siena. Apporto territoriale che fu importante per l'economia fiorentina, che si avvaleva del capitale finanziario senese. L'accentramento assolutistico si realizzò in Toscana attraverso la conservazione delle vecchie istituzioni repubblicane e parallelamente di nuove magistrature esecutive controllare direttamente dal granduca. Stato pontificio Al centro della penisola italiana lo Stato pontificio rappresenta una potenza territoriale di rilievo nel concerto degli Stati italiani. Aveva consolidato sotto il suo dominio una molteplicità di territori, appartenuti a piccole signorie locali, come il Marchesato di Ferrara e il Ducato di Urbino. Negli scontri tra Francia e Spagna, i papi del XVI ebbero grande peso politico-diplomatico, condizionato, ovviamente, dalla dinamica stessa della loro elezione al soglio pontificio. Il papa svolgeva doppio ruolo, a capo della Chiesa cattolica e sovrano di uno stato temporale. Dopo il Concilio di Trento, i conflitti tra Chiesa e Stati divennero contrasti di giurisdizione su competenze di tribunali, asilo ecclesiastico, immunità personali e privilegi del clero, materie fiscali. La Chiesa entro prepotentemente anche nella stessa organizzazione dello stato pontificio. La partecipazione dei ceti regionali e locali alla macchina stata fu assai limitata, non si sviluppò un esercito stabile, ne un corpo di ufficiali. L'istituto tipico della diplomazia pontificia, la Nunziatura, fu affidato a ecclesiastici. Controriforma in Italia L'età dell'egemonia spagnola fu per l'Italia il periodo in cui meglio si manifesto la Controriforma. Lo Stato Sabaudo fece da baluardo contro l'eresia, grazie soprattutto all'attività dei geuisiti. A Milano l'arcivescovo Carlo Borromeo, si impegnò nell'attività pastorale, nella fondazioni dei seminari e del clero, nell'assistenza sociale. Venezia si era caratterizzata per una maggiore autonomia da Roma, nel 1606 l'elezione a teologo di Paolo Sarpi e l'elezione a doge di Leonardo Donato, impressero un carattere antiromano alle loro scelte politiche, in risposta papa Paolo V scomunicò tutte le autorità civili veneziane e se non l'autorità civile veneziana non avesse ritrattato ci sarebbe stato l'interdetto, cioè la proibizione di officiare riti religiosi in tutte le chiese della Repubblica veneta. L'apparato politico amministrativo, con a capo il Doge, si rifiuto di obbedire all'interdetto. Gesuiti e cappuccini che avevano obbedito all'interdetto furono esiliati. Solo la mediazione di Enrico IV, un anno dopo, riusci a risolvere la questione, i preti ritenuti colpevoli furono consegnati al papa ma il giudizio del tribunale ecclesiastico non fu riconosciuto ufficialmente dalla repubblica e i gesuiti non furono riammessi. Il Regno di Napoli, nella sua condizione di dipendenza dalla Spagna e in presenza di una Chisa locale consolidata e che godeva di immunità e privilegi, seppe opporsi ad un ulteriore esntesione dei pirivilegi del clero. Napoli riusci anche a far fallire i tentativi spagnoli di imporre l'inquisizione.Non riusci però a evitare l'inqusizione romana e i provvedimenti che colpirono i circoli religiosi valdesi. Quando alla fine del XVI secolo i fermenti di rinnovamento politico entrarono in sinstesi con quelli della ribellione politica, Chiesa e Stato non esitarono a collaborare nella repressione del pericolo. Il prezzo più caro della repressione in Italia lo pagò il domenicano Giodano Bruno, che il 17 febbraio 1600 fu bruciato al rogo per ordine del Sant'Uffizio. Condannato perché messo in discussione la trascendenza di Dio. “L'estate di San Martino” dell'economia Italiana Tra il 1550 e il 1600 l'Italia passa da 10 a 13 milioni di abitanti, ciò comporta un incremento dei prezzi soprattutto dei cereali, in alcune zone del settentrione triplicati. Con l'aumento del fabbisogno alimentare, ci fu una maggiore messa a coltura di nuove terre, anche attraverso bonifiche ed irrigazioni. Questo slancio alla vita agricola dell'Italia centro-settentrionale, non comportò anche un miglioramento delle condizioni economiche e umane dei contadini, sottoposti ad una durissima relazione di dipendenza dal signore feudale o dal grande proprietario terriero. Notevole spinta ci fu per il settore manifatturiero legato all'attività statale: a Venezia l'arsenale raddoppio il numero delle costruzioni navali; Napoli, che fece da scalo alla flotta spagnola, svolse un importante funzione per il settore di approvvigionamento e delle riparazioni navali; nelle fabbriche lombarde di materiale bellico aumentò la domanda nel corso del 500'. I settori che maggiormente crebbero furono quello commerciale e del credito. La favorevole congiuntura internazionale ebbe un'influenza positiva anche sul Mezzogiorno, si ebbe una ripresa ed espansione dell'agricoltura, favorito dalla nascita dei massari, figure professionali che facevano da mediatori tra grandi proprietari feudali e contadini, e si occupavano di organizzare la produzione. Resta comunque la fragilità strutturale di base del sistema economico del Mezzogiorno, dipendente da operatori d'affari stranieri. Un mercato come quello napoletano che doveva sfamare 300.000 persone, creava costantemente un rapporto sfavorevole tra esportazione di grano ed importazioni alimentari. Si accentua la divisione fra le due Italie, le città settentrionali esportavano grosse quantità di manufatti e ne importavano altrettante, ma in un rapporto di scambio che si manteneva relativamente equilibrato. Per il mezzogiorno non era cosi, ad accentuare la dipendenza dai mercati esteri, contribui anche l'Impero spagnolo. Durante il regno di Filippo II, Napoli fu sottoposta a gravosi impegni finanziari, creando un ulteriore squilibrio fra l'incremento del gettito fiscale e lo sviluppo economico reale del regno. IX Capitolo Il XVII secolo fu per l'Europa un secolo di debole crescita demografica. Causa di questo fu la fuerra, in primis, quella dei Trent'anni che interessò gran parte dell'Europa, altro fattore fondamentale furono le epidemie, i loro effetti furono più gradi su popolazioni biologicamente indebolite da un'alimentazione insufficiente, in condizioni igieniche deteriori. La prevalenza dei cereali nell'agricoltura era stata la risposta alla spinta demografica del 500'. Lo sviluppo della crealicoltura era legato alla permanenza del rapporto tra esntensione delladomanda, alti prezzi di mercato e basso costo del lavoro, ma alla fine del 500' lo sviluppo della cerealicoltura, a causa di cattive stagioni, crisi alimentari ed epidemie, fu bloccato. A indebolire la capacità di domanda contribui la forte pressione fiscale degli Stati, soprattutto durante la guerra dei Trent'anni. La tecnologia era ancora ad uno stadio poco evoluto, l'energia di base era quella umana, per alcune fasi lavorative erano sfruttare l'energia animale e quella idraulica. L'organizzazione del lavoro fu un altro fattore di rallentamento per lo sviluppo industriale: le corporazioni di arti e mestiere avevano perso il loro potere politico, ma mantenevano intatto il potere di controllo sull'economia, attraverso i privilegi. L'economia italiana fu compromessa dalla rigidità dell'organizzazione manifatturiera e dall'altro costo del lavoro. Motivi per cui aree come l'Inghilterra e i Paesi Bassi furono superiori economicamente, furono: la loro capacità di rispondere alla domanda di beni praticando prezzi più accessibili; il basso costo del lavoro; la capacità di diversificare e riconvertire la produzione dei settori a bassa richiesta. Il centro del capitalismo europe nel XVII sarà situato fra Amsterdam, Londra e Parigi. Crebbe l'importanza del denaro con l'afflusso dei metalli preziosi dal Nuovo Mondo, ma ne aumentò anche il fabbisogno. Il numerario, la massa monetaria circonlante, era scarso. L'afflusso di oro e argento subi una frenata fortissima per l'esaurimento di molte minire e per la crisi della manodopera indigena, decimata dalle dure condizioni di lavoro. Ne consegui un grande aumento del prezzo dell'oro. Per la scarsità di moneta circolante il sistema finanziario internazionale faceva riscorso a una moneta fiduciaria: ossia i titoli del debito pubblico emessi dagli Stati. I mutamenti economici coinvolsero anche la sfera sociale. Nell'area mediterranea dell'Europa si assisteva ad un forte ripresa del potere sociale della feudalità e della giurisdizione baronale. In Inghilterra l'artistocrazia tendeva ad impegnarsi nell'attività manifatturiera e nel commercio, stimolata da una struttura economica che aveva reagito positivamente. In Francia la nobiltà non persegui il commercio, in quanto reputato una vile attività e in seconda analisi anche per volere politico della monarchia, che voleva una nobiltà prospesa ma dipendente dalla Corona. Senza una base economica indipendente la nobiltà non avrebbe avuto modo di sfidare il potere del re. Spagna Durante il regno di Filippo III la Spagna fu investita da una crisi economica di vase proporzioni: cattivi raccolti, la pese del 1599-1600. Il filone d'argento americano si era ormai esaurito e la politica fiscale dello Stato penalizzava la produttiva, scoraggiando qualsiasi spinta imprenditoriale. Ulteriore colpo all'economia iberica fu l'espulsione dei “moriscos” mussulmani, convertiti solo superficialmente al cristianesimo, che costituivano la spina dorsale dell'agricoltura e dell'artigianato spagnolo. La loro espulsione, che era un modo per incolpare qualcuno della crisi, aggravò ulteriormente la situazione economica del paese. A partire da Filippo III il potere cambiò il suo centro fu costituito dalla figura del valido, una personalità politica a mezza strada tra il favorito del sovrano e il primo ministro. La politica internazionale di Filippo III fu caratterizata da una linea pacifista: la pace con l'Inghilterra (1603) e la tregua di doci anni con le Province Unite (1609). Altra politica fu quella attuata da Filippo IV con l'ascesa al potere del duca d'Olivares, il valido del sovrano. Resosi conto della crisi di fiducia e consenso che il paese le province imperiali attraversavano, permise maggior coinvolgimento delle province nella vita economica, politica e militare della Spagna. La politica estera può essere definita in tre fasi: • La prima fase inizia con la scadenza della tregua d'Olanda, Olivares costuisce un sistema di alleanza in funzione antiolandese. • La seconda fase compresa tra il 1627 e il 1635, nel 1627 moriva il duca di Mantova. Il candidato con maggior titoli alla successioni era il francese Carlo I, ma Mantova sotto il controllo francese rappresentava un problema per l'Italia spagnola. Il governatore di Milano nel 1628 penetrò con le sue truppe nel Monferrato, successivamente Olivares inviò altre forze, aveva inizio la guerra di Mantova. I francesci passarono le Alpi per portare rinforzi a Mantova. La Spagna ne usci sconfitta e beffata, non ottenne nulla e manifestò la sua aggressivita imperialistica a tutte le potenze Ferdinando II. Nella battaglia della Montagna Bianca (1620), vicino Praga, l'esercito di Ferdinando II vince. La repressione fu durissima, a Federico V furono sequestrati i beni e imposto l'esilio, molte le condanne a morte. I beni dei nobili protestanti furono trasferiti ai nobili cattolici fedeli all'imperatore. La fase danese (1625-1629) L'espansionismo cattolico-asburgico lambiva le potenze del Nord Europa, in particolare la Danimarca in cui regnava Cristiano IV. Forte dell'appoggio di Olanda, Inghilterra e Francia, Cristiano IV scese in guerra a fianco dei protestanti contro l'Impero. Ferdinando II affidò l'esercito al comando di Wallenstein, capo carismatico e genio della strategia militare. L'esercito imperiale sconfisse le truppe protestanti, invase la Danimarca e la costrinse ad una pace umiliante. Con la pace di Lubecca (1629) Cristiano IV rinunziò a ogni ingerenza nell'Impero. A sua volta l'imperatore emano l'editto di Restituzione, in base a esso dovevano essere riconsegnati alla Chiesa cattolica tutti i beni confiscati dopo il 1552. La fase svedese (1630-1635) Nel 1592 il re di Polonia Sigismondo Vasa ereditò la Corona di Svezia, ma la nascità di questo nuovo polo sul mar Baltico fu bloccata sul nascere, nel 1599 la Dieta svedese depose Sigismondo. Gli successe lo zio, Carlo IX. Le mire espansionistiche verso Polonia e Danimarca furono infruttuose, ma servirono per delineare la politica del suo successo Gustavo Adolfo. Motivi del successo furono le risorse minerarie di ferro e rame sul territorio svedese, e il sistema di rapporti di produzione che privilegiava la piccola proprietà contandina, ceto da cui venivano reclutati i soldati. Gustavo Adolfo dopo aver stipulato un trattato d'alleanza con la Francia, si spinse in Germania con il suo esercito ed occupò Monaco, centro della lega cattolica. Sconfisse l'esercito imperiale ma mori sul campo di battaglia. La morte del sovrano destabilizzò l'esercito che furono sconfitti dalle truppe imperiale. La fase francese (1635-1648) A questo punto la Francia entrava direttamente in guerra. Le due parti in conflitto erano Francia, Olanda e Svezia contro Impero e Spagna, al trono imperiale era succeduto Ferdinando III. Nel 1643 il principe di Condè ottenne nelle Ardenne una grande vittoria contro gli spagnoli, insieme agli eserciti alleati si spinse fin nella Baviera. Nel 1644 iniziarono i trattati di pace, nel 1648 gli spagnoli firmarono la pace separata con l'Olanda, a cui veniva riconosciuta l'indipendenza. La pace di Vestfalia siglata nel 1648 pose termine alle guerra dei Trent'anni, ma la Spagna non firmò, continuando il conflitto con i francesi. Terminato il conflitto la prima questione nell'Impero fu la pacificazione religiosa, confermando il vecchio principio “cuius regio, eius religio”. L'impero cone entità politica vedeva limitato ulteriormente il suo potere, il rafforzamento del potere dei principi locali e lo svuotamento della Dieta. All'imperatore elettico e alla sua Dieta erano riconosciuti solo poteri di arbitrato e di coordinamento. La guerra tra Francia e Spagna continuò dal 1648 al 1659. Le sorti della guerra furono decise nella battaglia delle Dune (1658), vinta grazie anche all'elleanza tra Francia e Inghilterra. Con la pace dei Pirenei (1659) la Spagna cedeva all'Inghilterra la Giamaica; alla Francia parte delle Fiandre e dell'Arrois, e nei Pirenei la Cerdagna e il Rossiglione, mentre il matrimonio tra Luigi XIV e Maria Teresa, figlia di Filippo IV, stabili tra i due paesi altri legami. La guerra prosegui nel Baltico tra il sovrano svedese Carlo X e la Danimarca, alleata con l'elettore di Brandeburgo-Prussia. Nel 1660 la pace di Oliva, grazie alla mediazione diplomatica di Mazarino, primo ministro francese, concludeva il conflitto a spese dello stato più beloe, la Polonia. Parte dei suoi territori venne spartita fra Svezia, Brandeburgo e Russia. X Capitolo Inghilterra L'Inghilterra alla morte di Elisabetta Alla fine del regno di Elisabetta lo stato inglese presentava alcune carenze: • Dal punto di vista finanziario la Corona ebbe scarsa indipendenza, gran parte delle risorse proveniva da beni ecclesiastici secolarizzati. La ridotta burocrazia centrale non permetteva di ricorrere largamente al sistema delle venalità degli uffici e il potere pubblico dimostrava scarsa capacità impositiva nel prelievo e controllo fiscale. • Dal punto di vista religioso, Elisabetta lasciata una Chiesa ufficiale priva di basi dottrinarie, di qui la diffusione di sette estremistiche protestanti, i puritani, e cattoliche • La forza dello Stato inglese risiedeva nell'equilibrio re e il Parlamento e nella sua capacità di favorire mutamenti e trasformazioni sociali Un importante mutamento sociale fu quello dell'aristocrazia, che si identifico nella ricchezza fondiari e nel ruolo di classe dirigente. La proprietà terriera resto la base della rappresenta politica e con la vendita delle terre la gentry, media e piccola nobiltà, potè crescere in numero e forza. Questo comportò anche un cambio degli equilibri tra le due Camere, con la Camera dei Comuni, in cui era rappresentata la gentry, che assunse un peso maggiore rispetto alla Camera dei Lord. La società inglese nell'età di Elisabetta e dei primi Stuart può esser rappresentata come un sistema a sei gradini e a due piani. • Al più basso livello si trovano i lavoratori (braccianti, lavoratori della terra, operai salariati) • Il secondo grado era costituito dai copyholders, detentori di una terra di pertinenza signorile, e dai freeholder, liberi detentori di una piccola proprietà terriera. • Al terzo gradino c'è la borghesia (mercanti, operatori finanziari, ricchi artigiani, …) • Al quarto gradino, e qui inizia il “secondo piano” della piramide, troviamo pubblici funzionari, avvocati ed ecclesiastici. • Al quinto gli esquires, l'élite della gentry • Al sesto ed ultimo gradino si trovano i Pari e l'aristocrazia di rango più elevato Elisabetta non lasciava eredi, alla sua morte le succedeva Giacomo I Stuart, figlio di Maria Stuart, realizzando cosi l'unione tra Ingileterra e Scozia. Fu un regno caratterizzato da forti lacerazioni e contrasti, si andava profilando un progressivo distacco fra la dinastia degli Stuart e la società civile inglese, propiettata verso il cambiamento. In campo religioso al modello della Chiesa anglicana, sostenuta dal re di educazione calvinista, si oppneva il modello del puritanesimo. Al debolle armamentario teologico e dottrinario della Chiesa anglicana corrispondeva un forte ruolo assegnato ai vescovi anglicani. Il movimento puritano teorizzava il ripristino del più ortodosso calvinismo dottrinario, l'abolizione di ogni residuo cattolico come le gerarchie ecclesiastiche. Si ispirava a un modello di società fondata sul primato dell'individuo, della sua religiosità, delle sue autonome scelte e sul ruolo della comunità dei pastori e dei fedeli. Inevitabilmente un movimento cosi composto andava in conflitto con le esigenze della monarchia, tendente ad affermare il suo potere assoluto anche attraverso una religione di Stato come quella anglicana. L'economica nei primi anni del 600' era in espansione, ma la gestione statale dello sviluppo economico era assai carente. La Corona concesse monopoli e diritti di privativa, anche su generi di largo consumo, che crearono scontenti e divisioni interne al ceto dei mercanti. L'imposizione fiscale sulla rendita fondiaria trovò la ferma opposizione del Parlamento. Carlo I Stuart Nel 1624 sale al trono Carlo I Stuart, nel pieno della guerra dei Trent'anni. In occasione della spedizione navale a supporto degli ugonotti, scoppia un conflitto fra re e Parlamento. I parlamentari decisero di approvare la richiesta regia di denaro per far fronte alla guerra solo dopo aver ottenuto dal sovrano una limitazione del potere assoluto. La Petition of Right (1628) prevedeva il consenso del Parlamento per tutte le forme di imposizione fiscale straordinaria. A questo punto scattò la reazione politica di re Carlo. Nel 1629 il sovrano sciolse il Parlamento e diede vita ad un governo personale formato da lui, il Consiglio privato e dalla Camera stellata, che agivano da tribunali politici. Il controllo del potere fu affidato al conte di Strafford. Fu nominato nel 1633 arcivescovo di Canterbury, William Laud, creando un connubio fra Chiesa e Stato ancora più stretto. Fu ripristinato il prestigio dei vescovi, che ricomparvero nel Consiglio privato e nelle altre magistrature. La repressione e persecuzioni dei puritani, compiute da Laud, costrinsero all'emigrazione molti oppositori religiosi, che andarono a formare le prime comunità inglesi nordamericane. Infine la reazione economica e sociale della monarchia, concesse nuovi monopoli, incentivò la vendita di titoli nobiliari e un ulteriore irrigidimento corporativo, nella sollecitazione di un rapporto preferenziale tra il sovrano e il Lord. La politica di re Carlo accentuò le divisioni tra nobiltà, i Pari e la gentry, tra i detentori di monopoli e gli esclusi. L'azione politica puntava a rafforzare il potere del sovrano, ma alla monarchia manvano alcuni requisiti indispensabili: un esercito permanente e una burocrazia affidabile; l'unità religiosa; fonti indipendenti di denaro. Alla fine degli anni Trenta il malcontento verso il sistema di corte si spostava direttamente verso il capi dell'esercito, che durò solo pochi mesi. Una carta costituzionale lo nominò Lord protettore del Commonwealth. La terza fase (1653-1658) In qualità di Lord protettore, Cromwell sceglieva i nuovi membri del Consiglio di Stato tra gli ufficiali dell'esercito, dava inizio ad una dittatura militare. Il territorio, diviso in 11 province, era sottoposto a fidatissimi governatori militari. La politica economica suscitava tensioni: il protettore aveva dovuto far ricorso a nuove imposizioni fiscali e aveva istituito l'imposta fondiaria. Anche la politica estera antispagnola non incontrava il favore del ceto mercantile. Alla sua morte nel 1658, Cromwell lasciava l'Inghilterra in una condizione di lacerazioni e contrasti. La quarta fase (1658-1660) Il figlio di Cromwell, Richard, subentra al padre nella carica di Lord protettore. Era necessaria la restaurazione di un ordine politico, come quello precedente che aveva i suoi fondamenti nel re, nel Parlamento, nella Chiesa anglicana. Nel 1660 un esercito marciava su Londra, entro nella città senza incontrare resistenza avendo un largo sostegno sociale, e restituiva poteri al Parlamento. Carlo II rientrava in Inghilterra, la monarchia, la Camera dei Lord e la Chiesa anglicana erano nuovamente restaurati. Tories e Whigs Con Carlo II nacquerò nuovi schieramenti nella Camera dei Comuni, che esercitava grande peso nella vita politica inglese. Nacquero i toris e i whigs. Essere tories significò sentirsi parte dello schieramento che credeva nel diritto divino dei re, nel principi dinastico, nella religione di Stato anglicana considerata un argine contro la diffusione di pericolose sette estremistiche. Essere whigs signifcò sentirsi parte dello schieramento che credeva nell'autorità del Parlamento, nella libertà religiosa, in un diverso principio di rappresentanza politica. Il Parlamento bloccò i progetti di restaurazione cattolica del sovrano. Nel 1678 il Parlamento votò il Test Act: tutti gli ufficiali civili e militari potevano esercitare la carica solo dopo la professione di fede anglicana. Ancora più importante la legge approvata nel 1679 l'Habeas corpus ad subiciendum, in pratica l'abolizizione del carcere preventivo, l'arresto solo sulla base di motivi penalmente perseguibili, il divieto di qualsiasi restizione arbitraria e illegale della libertà. Il successore di Carlo, il fratello Giacomo II, accentuò la frattura tra il governo e l'opposizione parlamentare. Cercò di rafforzare l'esercito con quadri cattolici, abolì le disposizioni del test Act, si circondò di intellettuali di grande prestigio per riaffermare il diritto divino dei re. Ma il partito whig era più forte del partito del re e la società civili rivendica la libertà di stampa e una più piena partecipazione politica. La gloriosa rivoluzione Un larghissimo schieramento fromato da whigs e tories offrì la Corona d'Inhilterra allo statolder d'Olanda Guglielmo III d'Orange e a sua moglie Maria Stuart. Nel 1688 un piccolo esercito olandese sbarcò sul suolo inglese senza incontrare nessuna resistenza. Sulla bandiera dell'esercito olandese capeggiava la scritta “Pro religione et libertate”, Giacomo II fuggiva presso Luigi XIV. Il primo atto di Guglielmo III fu nel 1689 l'emanazione del Bill of Rights, dichiarazione dei diritti, che rappresentò la fine della monarchia assoluta e definì il nuovo equilibrio costituzionale inglese, fondato sulla limitazione dei poteri del re. Secondo la formula costituzione inglese, il re regna, non governa. La fonte di sovranità non era più la persona del re, ma il re nel Parlamento. XI Capitolo Il concetto di “antico regime” nacque durante la Rivoluzione francese, sta ad indicare i caratteri del rapporto tra lo Stato e la società nei centocinquant'anni che precedono la Rivoluzione francese, che sono: • La fonte della sovranità non è la nazione, ma la persone del re • La proprietà del potere è concentrata nel sovrano che ne è unico titolare, ma la sua gestione all'interno e all'esterno dello Stato è affidata a corpi specializzati • Non esite divisione tra i tre poteri dello Stato • Insieme al potere pubblico coesistono corpi privilegiati (feudali, ecclesiastici, …) che godono di giurisdizione separate • Questi corpi sono poteri economici e sociali, il potere di cui dispongono si configura come una delega del potere sovrano • Lo schema di classificazione sociale non è quello di classi, che corrisponde al criterio di collocazione economica, ma quello degli ordini Due vie estreme nell'antico regime europeo sono: la via francese e la via polacca. La prima tese ad esaltare il ruolo della monarchia come centro e rappresentante unitario del paese, e a ridurre le forze antagonistiche dall'originaria potenza medievale a poteri rilevanti nella società e nell'economia del paese. La seconda via, la polacca, fu quella dell'anarchia e della frantumazione del potere centrale dello Stato, dell'esaltazione dell'indipendenza del ceto nobiliare. Francia Struttura sociale e politica Luigi XIV, chiamato Re Sole, ereditò la Corona di Francia nel 1643 all'età di 5 anni, ma assunse il potere nel 1661, dopo la morte di Mazarino. In Francia vivevano circa 20 milioni di persone, 4/5 di essi viveva in campagna. Vi era un equilibrio tra popolazione e risorse assai precario, nella parte centro-settentrionale della Francia, un terzo dei bambini moriva nel primo anno di vita e solo un bambino su tre viveva fino a diventare adulto. Villaggi e città facevano parte di province e realtà territoriali unificate in uno Stato-nazione, ma diverse per usi, tradizioni, per il peso delle istituzioni e rappresentanze locali. La diversità era formalizzata dal sovrano dalla distinzione “pays d'élection e pay d'état”: i primi ricadevano sotto l'amministrazione giudiziaria e fiscale dello Stato, i secondi (come la Borgogna) erano rappresentanti da Stati provinciali, che godevano di amplissimi poteri e potevano contrattare con la Corona il carico fiscale. Il governo doveva fare i conti con i ceti dominanti della società, le nobiltà, a loro volta divisa tra nobiltà antica e nobiltà moderna. Alla nobiltà antica appartenevano i principi di sangue, la maggioranza dei grandi prelati, la nobiltà parlamentare, che non avevano mai accettato né il potere dei re, ne quello dei ministri, pensavano che il sovrano non potesse governare senza la loro assistenza. Merito storico di Luigi XIV e dei suoi ministri è quello di aver portato a compimento il disegno di concentrazione del potere e ridimensionamento della potenza dell'antica aristocrazia. I comandi militari, sia terrestri che marittimi, restarono saldamente nelle mani dell'antica nobiltà. Ma la sorveglianza dell'esercito fu effettuata da un corpo di civili: gli intendenti. La nobiltà moderna era invece costituita da tutti coloro che, per ricchezza e per funzione, volevano esser potenti e rispettati (nobiltà di ufficio e di toga, …). Il titolare del potere politico era il re, il vertice che decideva e operava le principali scelte di governo era costituito dal re e da un'éelite di ministri, questa potente burocrazia centrale era reclutata fra i “maitres des requetes”(magistrati). Costoro avevano svolto funzioni delicatissime soprattutto nella fase istruttoria di affari di Stato ed erano stati relatori presso i Consigli. Ora, sotto Luigi XIV, facevano carriera: il re affidava loro cariche di prestigio e di potere. Questi permisero di ridurre i Parlamenti alla semplice funzione di registrazione automatica degli editti. Nel governo del territorio particolare attenzione fu assegnata al rapporto tra centro e periferia. La figura delll'intendente provinciale costituiva lo strumento più efficace del governo della periferia. Svolgeva insieme funzioni di natura giurisdizionale, amministrativa e finanziaria: esercitava il controllo sugli uffici locali. I suoi uffici erano un canale di informazione tra la provincia e il governo centrale. In materia penale e civile ogni Parlamento fissava le norme da applicare. Il Parlamento che amministrava la giustizia in nome del re era contemporaneamente il protettore della provincia e il difensore della sua autonomia. Ovviamente gli interessi dei Parlamenti, soprattutto dei pays d'état, si scontravano con il progetto monarchico di uniformare l'ordinamento giudiziario. La politica religiosa di Luigi XIV, da un lato bloccava correnti e movimenti religiosi non aderenti all'ortodossia cattolica, ma al tempo stesso rafforzava il controllo della monarchia sull'organizzazione ecclesiastica francese. I protestanti francesi nella seconda metà del 600' erano quasi un milione. Provvedimenti restrittivi, esclusione dalle cariche pubbliche e divieto di esercitare attività professionali civili, non era riuscito nell'intento di diminuire il numero di ugonotti. Nel 1685 con l'editto di Fontainebleau obbligò tutti i francesci a osservare e praticare la religione cattolica. Molti ugonotti scelsero la via dell'esilio, che creò una notevole perdita, anche economica, per la Francia. Economica e politica economica Il regime delle terre era di stampo feudale. Non mancavano alcuni poli di attività manifatturiera, ma nella divisione internazionale del mercato il posto della Francia era secondario. Tutti gli Stati, nell'età dell'assolutismo, soffrivano di alcune carenze di base delle loro economie: la carenza di liquidità che imponeva la dipendenza dello Stato da uomini d'affari privati; la fragilità delle strutture industriali; il deficit nella bilancia dei pagamenti. Rivolta Siciliana e Sardegna Tra il 1674 e il 1678 una rivolta, guidata dal partito dei repubblicani messinesi, scoppiò in Sicilia. Tra i motivi anche l'navvedutezza dei locali amministratori spagnoli, che repressero duramente tutte le istanze autonomistiche messinesi. Nel 1675 la città proclamò la sovranità di Luigi XIV. Nel 1678 la Spagna riuscì a sventare il disegno separatista siciliano, ne seguì una durissima repressione, la restaurazione del dominio del baronaggio feudale e della Chiesa sull'isola. La Sardegna, governata anch'essa da un viceré spagnolo, visse alcune trasformazioni nel corso del XVII secolo. A fronte della stagnazione dell'economia, furono le strutture di governo del regno ad assumere il ruolo di raccoglitori e distributori del reddito, attraverso tasse, vendita delle cariche, pensioni, concessione di privilegi. I parlamentari sardi che si erano fatti interpreti delle istante autonomistiche, persero la loro importanza politica. Lo sviluppo delle istituzioni amministrative sarde rafforzò sia il ceto nobiliare che quello togato, che assunse la direzione degli affari pubblici. Svezia La prima guerra del Nord scoppiò per il controllo del Baltico. Il re svedese Carlo X invase nel 1655 la Polonia. L'elettore del Brandeburgo Federico Guglielmo e il re di Danimarca Federico III si allearono contro la potenza svedese. Nel 1658 gli svedesi assediarono Copenaghen, costringendo alla resa la Danimarca. Con la pace di Copenaghen (1660) la Svezia prendeva possesso delle tre province meridionali (Halland, Scania e Blekinge). La forza militare svedese derivava dall'enorme disponibilità di ferro per l'armamento e dalla particolare composizione dell'esercito, formato da nobili e ipiccoli proprietari contadini. Grazie alla sua ricchezza mineriaria riuscì anche durante il XVII secolo a stabilire un controllo sul mercato internazionale degli armamenti. Il sistema feudale era debole, imperfetto e tardivo rispetto a quello di altre aree europee. La nobiltà aveva sfruttato i periodi di reggenza e di guerra per entrare in posseso della terra. Carlo XI promosse una gigantesca redistribuzione della ricchezza agricola del paese, equilibrando in sostanza il rapporto tra i beni della Corona, della nobilità e dei contadini. Su questa base gli fu possibile garantire una bilancia dei poteri di gruppi e ceti della società e governare da monarca assoluto. Polonia La Polonia era circondata da potenze in ascesa: fallì la possibilità di dominare il litorale baltico e di diventare una potenza marittima perché la Prussia orientale le fu sottratta dal Brandeburgo. Alla debolezza geopolitica si aggiungeva la sua strutturale anarchia politica: la norma dell'unanimità parlamentare poteva paralizzare lo Stato. Negli ultimi anni del 600' il re soldato Giovanni Sobieski cercò di dare al paese un ruolo internazionale, ma lo scambio con le grandi potenze fu sempre ineguale. Anche nel supporto fornito agli Asburgo in occasione della liberazione di Vienna (1683) fornirono benefici alla monarchia austriaca, e non alla Polonia. Il progetto di monarchia ereditari fallì, nel 1696 la nobiltà polacca respinse l asuccessione del figlio di Sobieski. Ascese quindi al trono il principe di Sassonia, appoggiato dalla Russia. XII Capitolo Scienza della politica, scienza dello Stato Agli inizi del XVI secolo il principe è il protagonista del pensiero e della vita politica europe. L'affermazione della sovranità del principe è in diretta relazione con lo sviluppo di una nuova forma politica: lo Stato moderno, tendenzialmente assolutista. Jean Bodin nella sua opera “I sei libri dello Stato” (1576), la res publica è lo Stato: per l'unità della nazione, la sovranità, cioè il potere, deve risiedere in un solo principe e deve essere indivisibile, non deve essere delegata, cioè elettiva, ma perpetua ed ereditaria. Con Giovanni Botero la riflessione sullo Stato compì un salto di qualità, essa diventa “ragion di Stato”, individuazione cioè di tutti i modi, le tecniche, gli strumenti atti alla migliore conservazione del potere politico. Si sviluppa l'idea che gli interessi pubblici devono essere privilegiati su quelli privati. L'assolutismo si fonda sull'identificazione degli interessi del principe con quelli dello Stato. Ma il 600' è anche il secolo che scopre l'individuo, il diritto naturale o giusnaturalismo, la società. Una prima riflessione su cosa sia il diritto naturale è contenuta in un'opera di diritto internazionale: il De iure belli ae pacis, di Ugo Grozio. Grozio afferma che i rapporti internazionali devono fondarsi sul diritto naturale o razionale. Diverso dal diritto positivo creato dagli uomini, esso trae l'autorità dalla natura dell'uomo. Lo Stato, l'organizzazione politica, deve essere una società regolata sulla base di un obbligo contrattuale: l'autorità è acquisita in virtù del contratto con il quale i cittadini si sottomettono all'autorità. Da basi simili parte anche l'elaborazione teorica di Hobbes. Nello stato di natura gli uomini sono in guerra gli uni contro gli altri, bisogna uscire dallo status naturalis e passare allo status civilis. L'unione degli uomini, fondata su un reciproco accordo con l'obiettivo della garanzia della pace, è lo Stato. A questo punto appare il diritto, che obbliga a rispettare gli altri e l'altrui proprietà. Doppio è il contratto che unisce gli uomini nello Stato civile: il contratto che associa gli individui tra di loro (pactum societatis) e il contratto che unisce gli associati al potere supremo (pactum subiectionis), autorità assoluta e senza condizioni (summa potestas, summum imperium). Costruisce la sua teorita della sovranità nella sua opera più famosa: Il Leviatano (1651). E' la legge naturale, non quella divina né quella morale, a fondare il diritto e lo Stato. Nasce anche l'idea dello Stato impersonale. Esso infatti è persona distinta dagli individui che associa: è l'insieme dei loro rappresentanti. Dalle teorie dell'assolutismo al giusnaturalismo appare sempre meglio definito uno dei temi-cardine della riflessione politica: il potere dello Stato non può reggersi solo sul dominio, ma ha bisogno anche del consenso; il rapporto tra governanti e governati deve esser affidato ad un reciproco accordo per la garanzia della pace e della sicurezza sociale. In quasi tutti gli Stati europei il sovrano è tale per diritto divino e l'assolutismo è la teoria e la pratica dominante. Ma sia il giusnaturalismo, sia le diverse teorie contrattualistiche gettano le basi per la nascita del liberalismo moderno. Alla fine del secolo John Locke elabora una nuova teoria della sovranità: lpunica fonte della sovranità è il popolo, che delega il potere al sovrano e può revocare la delega. Fornisce anche le basi tecniche per le istituzioni liberali: bisogna separare l'elaborazione delle leggi dalla loro esecuzione, l'assemblea legislativa deve essere distinta dall'organo esecutivo. Alle origini dell'economia politica Numerosi programmi di sviluppo commerciale e industriale sono formulati, con il nome di Discourse of Trade. Ne sono autori funzionari pubblici, mercanti che si interessano delle cure pubbliche nello stesso spirito di questi; In Spagna gli “arbitristas”, cioè colo che propongono arbitrios (pareri), si rivolgono direttamente ai massimi esponenti del potere politico per analizzare e denunciare le cause del declino della Spagna imperiale e formulare proposte di intervento. In Italia, Giovanni Botero cerca di conciliare il protezionismo con la liberalizzazione delle vie commerciali. Ma è un intellettuale del Mezzogiorno, Antonio Serra, l'economista italiano più originale del 600'. Serra coglie alcune cause dell'arretratezza del Sud: egli scrive <<i Napoletani sono tanto poch'industriosi che non trafficano fuora del loro proprio paese; e non sono non trafficano nell'altre province d'Europa, ma neanche nella propria Italia>>, sottolinea la mancanza delle manifatture. Sul piano teorico Serra intuisce i lieneamenti di quella legge generale della produttività crescente nell'industria manifatturiera, l'industria può essere più produttiva dell'agricoltura e che la buona disponibiltà d'oro e d'argento deriva dalla prosperità dell'economia e non viceversa. L'osservazione e la disciplina dei costumi Montaigne inaugura un genere che avrà molta fortuna nel corso del 600': la riflessione breve e incisiva dei moralisti. I moralisti si dedicano all'osservazione e alla disciplina dei costumi, il loro spazio di riflessione può essere la solitudine interiore dell'intellettuale, ma può anche essere il saloto, questo nuovo spazio mondano di ricerca sull'uomo, promosso dalla società di corte. La Francia di Luigi XIV è la patria dei salotti mondani. Ci sono due tipi di salotti, salotti- divertimento e salotti-esercizi spirituale, in entrambi lo scandaglio dei sentimenti, dei comportamenti, delle passioni umane è al centro dell'attenzione. Cartesio nel trattato sulle “Passioni dell'anima”, elabora un criterio di classificazione razionale di esse per poter meglio evitare gli eccessi e il cattivo impiego di percezioni, ecomozioni e sentimenti che hanno comunque una funzione positiva nella vita dell'individuo. La psicologia è anche strumento di governo, di disciplinamento della società, di conservazione del potere. La rivoluzione scientifica Mutamenti profondi sono avvenuti nel corso del 600: • Nella cosmologia, cioè nella concezione dell'universo • Nel metodo della ricerca e della conoscenza • Nella figura professionale dello scienziato • Nell'articolazion edisciplinare del sapere scientifico Con Galileo Galilei la teoria copernicana eliocentrica, la Terra e gli altri pianeti girano intorno al sole, ha la sua dimostrazione più chiara e rigorosa e si diffonde in Europa. Il Dialogo sopra i due Lo zar rispose alle rivolte con il consolidamento del potere delle nobiltà locale, il dislocamento di truppe nelle province, una forte amministrazione militare accanto a quella civile. Con la creazione del Sinodo, composto da membri laici e religiosi designati dallo zar, la Chiesa divenne un'istituzione sottoposta al monarca. Nel disegno di politica estera di Pietro c'erano soprattutto la sicurezza dei confini e l'indipendenza nazionale, ma anche l'egemonia nel Baltico. Nel 1703 aveva fondato San Pietroburgo e nel 1715 vi trasferì la capitale. Se anni dopo la pace di Nystadt che concludeva la seconda guerra del Nord, Livonia, Estonia, Ingria divenivano parte dei territori russi. La caserma prussiana Una nuova potenza emerse nel corso della guerra di successione spagnola, fu la Prussia. Federico I di Bradenburgo ne assunse il titolo di re nel 1701. La politica interna di Federico I consisteva in: politica protezionistica; sviluppo delle industrie e delle attività urbane; apertura delle frontiere ai protestanti stranieri, che furono impiegati nelle officine; maggior presenza dello Stato nel prelievo fiscale, soprattutto indiretto; un efficiente esercito, fondato su un corpo di ufficiali che consisteva soprattutto di nobili nativi. Il suo successore, Federico Guglielmo I continuò su questa strada, preoccupandosi soprattutto del numero e dell'addestramento dei suoi soldati, arruolati attraverso la coscrizione obbligatoria. Il dispotismo degli Hohenzollern bloccò lo sviluppo di istituzioni rappresentantive moderne e distrusse la forza politica dei ceti. Ma mostrò anche tratti di indubbia modernità: le tasse non appaltate, l'efficacia del prelievo stata fu superiore rispetto a quella di altri Stati europei; l'efficienza e l'onestà dei funzionari prussiani divennero proverbiali. Città e campagne furono schiacciate dal peso degli Junker, ossia nobili dediti soprattutto alle armi. L'Inghilterra Nel 1701, con l'Act of Settlement, il Parlamento inglese aveva regolato la successione alla morte di Guglielmo III. Per evitare che salisse al trono un discendente di Giacomo II Stuart e restaurasse il cattolicesimo, con l'atto si escludeva dalla succesione i suoi eredi maschi e ammetteva le femmine. Sali al trono Anna di Danimarca, seconda figlia di Giacomo II, che unificò Scozia e Inghilterra nel Regno Unito di Gran Bretagna. Alla morte senza eredi di Anna, il Parlamento affidò la corona a Giorgio I della dinastia tedesca di Hannover. Il regno era stato interessato a un processo di ridistribuzione del reddito: gentry, mercanti, piccoli e medi proprietari costituivano il ceto dei produttori della metà della ricchezza del paese. Ridistribuzione del reddito, spostamento di risorse dall'agricoltura verso l'industria, disponibilità di forza lavoro, rendevano possibile quel processo di accumulazione di capitale che contribuì al primato dell'Inghilterra nell'economia mondiale. La creazione della Banca d'Inghilterra nel 1694 e l'abolizione dello statuto privilegiato e monopolistico di alcune compagnie commerciali favorirono l'afflusso di capitali stranieri. Nei primi anni del regno di Giorgio I fu ancora più evidente il nesso tra politica interna ed estera, ci fu una specie di divisione dei compiti, in base alla quale il Parlamento e il governo si occuparono della politica interna e dell'economia, la Corona della politica militare ed estera. A complicare questo schema contribuì la dialettica dei partiti tory e whig. I whigs erano i rappresentanti di quel ceto di produttori, desiderosi di far giocare all'Inghilterra un ruolo di primo piano sulla scena mondiale. D'altra parte, furono essi stessi a sostenere nel Parlamento gli interessi della monarchia. Appoggiarono Giorgio I nell'alleanza anglo-franco- olandese, tese a bloccare le possibili aspirazioni di Filippo V di Spagna, dopo la morte di Luigi XIV, alla Corona francese. Per un ventennio fu il leader dei whigs, Walpole, a reggere la carica di primo Lord della Tesoreria e cancelliere dello Scacchiere. Attuata una politica estera non aggressiva, ma vigile sull'equilibrio stabilito a Utrecht e sulla conservazione delle sfere d'influenza. Una politica economica mercantilista, con un'attenzione particolare alla dimenzione del debito pubblico. Istituito il Consiglio di Gabinetto, ossia un Consiglio dei Ministri responsabile di fronte al Parlamento. Il principio della responsabilità politica del cancelliere verso il Parlamento sarebbe stato la base della monarchia costituzionale inglese del XIX secolo. Francia La Francia degli ultimi anni del Re Sole pagava i costi di una politica che l'aveva condotta, tra il 1648 e il 1688, a diventare la prima potenza europea. La crisi economica interna e la concorrenza politica internazionale imponevano allo Stato l'adozione di misure fiscali più rigide. L'istituzione di nuove tasse e l'affermazione di una più rigida versione dell'assolutismo, accompagnati dal periodo di fermento di idee riformatrici in campo amministrativo e finanziario, coincisero con la fase di declino del Re Sole. Alla morte di Luigi XIV essendo minorenne l'erede, tra il 1715 e il 1723 tenne la reggenza del trono Filippo d'Orléans, durante la reggenza la nobiltà di sangue riconquistò il potere, il Parlamento di Parigi riottenne il diritto di rimostranza e di registrazione, cioè il potere di bloccare le decisioni del re. Si riacutizzavano il contrasto tra Parlamenti e burocrazia provinciale (intendenti). Nel 1716 John Law veniva chiamato a riorganizzare le finanze di Francia, a tal proposito creò una Banca Nazionale. Affrontò la questione del debito pubblico con l'istituzione della Compagnia d'Occidente. La pressione speculativa sulle azioni della compagnia fece salire alle stelle i titoli, ma era un semplice valore nominale, non fondato su una crescita reale dell'economia. Cosi le azioni crollarono, nel tracollo finanziario furono travolte altre compagnie. Solo con il nuovo ministro, il cardinale Fleury, la Francia potè gradualmente riprendersi attraverso una più rigorosa politica di bilancio, la limitazione degli impegni in politica estera e l'intensificazione del commercio. La Francia si inserì nel commercio degli schiavi. Spagna La Spagna si orientò verso la costruzione di un'identità politica nazionale. Fu la seconda moglie di Filippo V, Elisabetta Farnse, a spingere verso una politica di riconquista del predominio in Italia. Il progetto era duplice: assicurare al figlio di Elisabetta, don Carlos, l'eredità dei Farne il Ducato di Parma e Piacenza, e riprendere almeno una parte dei territori italiani. Nel 1718 le truppe spagnole invasero la Sicilia. Ma la quadruplice alleanza tra Inghilterra, Francia, Olanda e Impero bloccò la Spagna, costringendola a rinunciare alla riconquista italiana, e imposte a Vittorio Amedeo II di Savoia di consegnare la Sicilia agli Asburgo in cambio della Sardegna. Dopo il 1720 la politica interna spagnola fu orientata in senso riformatore. Anche in Spagna, sul modello francesce, furono creati gli intendenti con funzioni di finanza, giustizia e guerra e contribuirono a un più efficiente collegamento tra il centro statale e la periferia. Austria Carlo VI d'Asburgo aveva cercato di valorizzare gli sbocchi marittimi dei suoi domini costituendo, a Ostenda, due compagnie commerciali. Carlo VI non aveva eredi maschi, fece approvare quindi nel 1713 la Prammatica sanzione, che aboliva nei domini asburgici la legge salica (il divieto per le donne di poter occupare il trono) e preparava la strada alla successione di sua figlia, Maria Teresa. Per far questo c'era bisogno che la Prammatica sanzione fosse riconosciuta dalle altre potenze, per esser efficace. Ecco allora delinearsi i termini del compromesso con le potenze europee: • L'inghilterra nel 1731 diede il beneplacito per la successione di Maria Teresa, in cambio l'Austria si impegnava a smantellare le compagnie commerciale. • La Spagna si garantì la successione di don Carlos a Parma e Piacenza Possedimenti asburgici in Italia Nel Regno di Napoli i mutamenti più significativi comportarono l'affermazione del ceto civile e professionale come classe di governo e la diffusione della cultura giurisdizionalistica tendente a limitare l'interferenza della Chiesa di Roma nella vita dello Stato, i privilegi e le immunità del clero. Sia a Napoli che nella Lombardia, gli Asburgo promossero la creazione di un banc nazionale e di una giunta di commercio. A nord come a sud della penisola gli austriaci non ebbero, sul piano locale, il consenso sociale. In Sicilia il peso del baronaggio, dei suoi privilegi sociali ed economici e il potere della Chiesa erano forti. L'economia era dominata dal latifondo feudale. Guerra di successione polacca Scoppiata nel 1773 durò fino al 1738, teatro degli scontri fu l'Italia. Motivi dello scontro furono la morte di Augusto II di Sassonia, re di Polonia, e la contrapposizione di due candidature alla sua successione: quella di Stanislao Leszczynsky, supportato da Polonia e Francia, e Federico Augusto III di Sassonia, supportato da Austria e Russia. Lo zar Pietro il Grande penetrò in territorio polacco e insediò sul trono Federico di Sassonia. Nella prima fase il conflitto vide protagonisti Asburgo e Borbone, sia spagnoli che francesi. Oggetto delle mire fu ancora l'Italia: la Spagna sperava di poter riprendere Napoli e la Sicilia e di stabilire il dominio su Parma e Toscana; A Carlo Emanuele III di Savoia, alleato dei Borbone, venne promesso il milanese. Ma il blocco borbonico si incrinò presto, Carlo di Savoia temeva l'insediamento di una dinastica borbonica nell'Italia meridionale. Agli austriaci interessa ottenere il beneplacito francese alla Prammatica sanzione. Nel 1735 cominciarono le trattative segrete tra Francia e Austria, che portò alla pace di Vienna (1738): • Federico III era riconosciuto re di Polonia • A Stanislao era attribuita la Lorena, che sarebbe passata alla Francia dopo la sua morte • A Carlo di Borbone, figlio di Filippo V di Spagna, erano attribuiti i regni di Napoli e Sicilia che divennero cosi autonomi • L'Austria manteneva la Lombaria e guadagnava il Granducato di Toscana e otteneva il riconoscimento francese alla Prammatica sanzione • Carlo III di Savoia acquistava il Novarese, Tortona e le Langhe Guerra di successione austriaca Dopo la morte di Carlo VI nel 1740, l'equilibrio stabilito dalla pace di Vienna fu rotto da Federico II di Prussia, che occupò la Slesia. Anche la Francia di Luigi XV riprese le ostilità. Il blocco borbonico, costituito da Spagna e Regno di Napoli, si schierò con Francia e Prussia pre sottrarre il Ducato di Parma e Piacenza all'Austria. L'Inghilterra promosse una mediazione tra Austria e Prussia, che ottenne dall'Austria gran parte della Slesia. Alla fine del 1743 la coalizione franco-spagnola combatteva contro la coalizione anglo-austriaca in cui entrò a far parte anche Carlo III di Savoia. In Italia, dopo iniziali sconfitte le truppe austro-piemontesi fermarono l'invasione francese, ma tra il 1744 e il 1755 la Prussia riprese le ostilità contro l'Austria, ma l'azione militare si concluse con la restituzione della Slesia all'Austria. Prussia e Inghilterra erano protagoniste nel gioco diplomatico: la prima perché con il suo potente esercito, alleandosi con una delle due coalizioni, poteva creare uno squilibrio di forze; la seconda perché nella gerarchia dei suoi obiettivi al primo posto c'era la salvaguardia del commercio marittimo e del dominio coloniale, ricopriva il ruolo di importante potenza economica internazionale. Ne consegui la pace di Aquisgrana del 1748: • Era ricostituito l'assesso coloniale atlantico dell'anteguerra • Maria Teresa fu riconosciuta imperatrice d'Austria e al marito Francesco di Lorena fu attribuito il titolo imperiale • Furono riconosciuti i confini della Prussia con l'annessione della Slesia prodotte dalla campagna. Gli illuministi meridionali paragonarono la capitale del Regno di Napoli a una gigantesca testa imposta su un fragile corpo, per rappresentare la condizione di scambio ineguale tra essa e le province del Mezzogiorno. Società La società di antico regime è una gerarchia di ordini, stati, ceti che si forma in base a funzioni sociali e a valori a essi assegnati, che possono non coincidere con le funzioni economiche. Caratteristica di questa società è l'attribuzione di valore al privilegio che conferisce onore e potere. Le basi materiali, economiche di questa società di ordini iniziarono a mutare nel corso del XVIII secolo. I valori del merito e dell'imprenditorialità o industriosità divennero un modello positivo da far valere contro parassitismi, speculazioni. La disputa plurisecolare sulla nobiltà, cioè se essa fosse privilegio di nascita oppure condizione da acquisire attraverso l'esercizio delle virtù umane, si risolse a favore di quest'ultima ipotesi. Nel processo di trasformazione della nobiltà, a Oriente come a Occidente, un ruolo importante lo svolse lo Stato: a Oriente creò la nobiltà di servizio, subordinandone bisogni e richieste al potere centrale, ma concedendole poteri pressoché illimitati sul piano economico e sociale; a Occidente favorì una più accentuata dialettica interna al mondo nobiliare, promuovendo, attraverso il servizio pubblico, l'immissione di nuovi membri nelle file dell'aristocrazia. In Inghilterra nel XVIII secolo si sviluppa una nobiltà imprenditoriale e cresceva nella società la forza di proprietari, mercanti, operatori d'affari, imprenditori non nobili. Nel 700' non nacque una borghesia europea, vennero frmandosi piuttosto forze nuove attraverso processi storici diversi. Nel Regno di Napoli la borghesia fu prevalentemente professionale legata alla macchina statale. Nell'Europa orientale non nacque una borghesia. In Inghilterra la borghesia, fu insieme il risultato della trasformazione interna dell'aristrocazia e delle spinte di forze autonome della società civile. Diritto e giustizia I giuristi del diritto comune vigente nell'Europa del tempo avevano risolto il problema della certezza del diritto affidando alla coscienza del giudice, depositario della verità nascosta negli “arcana juris” (segreti del diritto”, la garanzia di giustizia per il suddito. Spesso i giudici non possedevano i necessari requisiti di competenza e moralità e i controlli della legalità erano inesistenti. Una legge uguale per tutti, una codificazione valida per l'intero territorio statale, il controllo del procedimento giudiziario, furono i principali obiettivi della battaglia politico-culturale combattuta dagli illuministi sul fronte del diritto e della giustizia. Il trattato “Dei delitti e delle pene” (1764) di Cesare Beccaria, denunciò la tortura e la pena di morte come strumenti giudiziari inumani e sostenne la pena che avesse come fine il recupero del reo. Economia politica Su una domanda di più efficienti e snelli funzionamenti della giustizia, erano nati, nella prima metà del 700', i tribunali di commercio: formati da giudici non togati, (mercanti, banchieri ed esperti di economia) oltre che da giusti di mestiere. A metà 700' si diffondevano anche le prime cattedre di economia nelle università. A Napoli Antonio Genovesi ricoprì la cattedra di economia, istituita nel 1754. Agricoltura, produttività e sviluppo mercantile furono al centro della sua riflessione e nel nesso fra questi tre fattori Genovesi vide possibili il superamento dell'arretratezza del Mezzogiorno Fisiocrazia I fisiocratici, esponenti di una dottrina opposta al mercantilismo, stabilirono il pricipio per cui è produttivo soltanto quel lavoro che crea un plusvalore, il cuo prodotto cioè contiene un valore superiore alla somma dei valori consumati durante la produzione. Secondo i fisiocratici il lavoro agricolo è l'unico lavoro produttivo e la rendita fondiaria è l'unica forma di plusvalore. Ne risultano alcune conseguenze sul piano economico, sociale, delle politiche statali. La funzione equilibratrice fra tutti i fattori economici è svolta, nel lungo periodo, dal mercato. I proprietari terrieri devono godere delle più ampie garanzie di libertà nel sistema sociale e politico, ma sono anche i soggetti più esposti alla pressione fiscale. Dazi, barriere doganali e altri vincoli protezionisti devono quindi cadere per consentire la più libera circolazione delle merci. Nell'agricoltura occorrono grandi investimenti di capitali per rendere la terra più produttiva. Le applicazioni pratiche di queste teorie non diedero però buoni risultati, in Francia il regime di alti prezzi colpì i ceti più deboli. La fisiocrazia ebbe comunque un ruolo importantissimo sia perché fu la spia rivelatrice di una svolta, di un nuovo orientamento nel movimento illuminista, sia perché, grazie ai suoi principi teorici, fu possibile ad alcuni sovrani illuminati promuovere riforme nella politica economica degli Stati. Adam Smith Il testo-base della scienza economica moderna fu scritto in Inghilterra nel 1776 da Adam Smith “Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni”. La teoria del valore di Smith: il valore di scambio delle merci è basato sulla quantità di lavoro o sul tempo di lavoro in esse incorporato. La teoria dei prezzi tiene conto delle tre classi naturali: nella determinazione del prezzo entrano il salario dei lavoratori, il profitto, la rendita fondiaria, che è la parte di ciò che è raccolto o prodotto dal contadino lasciata al proprietario della terra. Per Smith è il lavoro sociale, è la quantità di lavoro necessaria che crea il valore. E il plusvalore è la parte del lavoro di cui appropria colui che gestisce le condizioni del lavoro. Smith distingue il lavoro produttivo, che attraverso il risparmio dell'imprenditore crea beni materiali, dal lavoro improduttivo, che non produce plusvalore, ma solo servizi. XV Capitolo Riforme dell'assolutismo illuminato L'età dell'assolutismo illuminato rappresentò lo sviluppo più maturo dei principi e delle funzioni dello Stato moderno, ma anche la difficile sintesi tra due concetti: assolutismo e illuminismo. I sovrano intesero portare a compimento un progetto di ulteriore concentrazione ed efficacia del potere sovrano, attraverso la promozione di riforme e l'avvio di un processo di rinnovamento politico e sociale ispirato alle idee dell'Illuminismo. L'Illuminismo gettò le basi per la crisi del vecchio ordine economico, sociale e politico, ma non fu sufficiente per la sua trasformazione radicale. Per raggiungere questo obiettivo fu necessaria la rivoluzione. L'amministrazione centrale Uno sforzo più consistente fu messo in atto nel XVIII secolo per rendere più efficace, estero ed efficiente l'esercizio del potere monarchico attraverso la specializzazione della pubblica amministrazione. Ministeri e segreterie di Stato divennero gli organi politico-amministrativi più importanti degli apparati statali. Ma la vera emanazione del re, il depositario della sua potenza, era il primo ministro, in genere reclutato fra la nobiltà di toga. Nell'organizzazione amministrativa dell'Inghilterra del XVIII secolo coesistevano vecchio e nuovo: uffici più antichi come la Cancelleria, il Tesoro, il Sigillo privato e l'Ammiragliato convivevano con nuove cariche come quella di segretario di Stato, di Guerra e di ministro delle Poste. Ma la vera novità politico-istituzionale inglese fu il Consiglio di Gabinetto, una specie di Consiglio dei Ministri. Le riforme fiscali Le più importanti voci del fisco nella prima metà del 700' erano: dati sulle importazioni, monopoli, imposte dirette e indirette. Tutti gli stati ricorrevano all'imposizione indiretta perché di più facile riscossione, ma anche più impopolare perché colpiva spesso i ceti produttivi più deboli. Sul terreno fiscale, il problema degli Stati d'antico regime era: come valutare la ricchezza mobiliare e immobiliare in assenza di strumenti attendibili ed equi di certificazione? Le riforme fiscali a metà 700' tesero a fornire allo Stato strumenti di certificazione relativamente più attendibili, capaci di colpire più in profondità e in maniera più equa i sudditi, divisi per categorie sociali e professionali. La riforma della giustizia La codificazione del diritto e la sua semplificazione contribuirono indubbiamente a unificare l'ordinamento, ma le giurisdizioni privilegiate non furono abolite. Solo alcuni sovrani, in particolare Maria Teresa, cercarono di affermare il principio che una sentenza pronunciata da un tribunale feudale, dovesse essere ratificata da un rappresentante del governo imperiale. E Giuseppe II d'Austria promosse addirittura una legge di riforma agraria che limitiva i poteri della nobiltà fondiaria. Centro e periferia Dappertutto furono realizzati progressi nel rafforzare il controllo del governo sull'attività economica e sull'amministrazione della giustizia all'interno del paese. In Francia e in Spagna, l'obiettivo si ottenne attraverso il consolidamento delle funzioni e dei poteri dell'intendente provinciale. In Prussia e Svezia la direzione degli affari provinciali fu affidata a un Consiglio che decideva a maggioranza, riscuotevano le imposte, prendevano provvedimenti di natura economica, controllavano tutta la sfera demaniale nelle province. Nell'Impero austriaco, Maria Teresa creò 47 distretti, governati da capidistretto: la loro mansione comprendevano l'acquartieramento e l'approvvigionamento delle truppe, compiti di ordine pubblico, come la sorveglianza sui vagabondi, e di assistenza. Nel 1765 ai capidistretto furono affidati anche la polizia, le scuole, gli affari ecclesiastici, le comunicazione e il commercio. Dopo il 1769 tutte le sentente pronunciate da tribunali feudali dovettero essere ratificate dai capidistretto. Completamente diverso era il modello dell'amministrazione locale inglese, affidata ai giudici di pace, nobili o gentiluomini di provincia che prestavano grauitamente la loro opera in settori come il fisco, le forze armate, il commercio, l'assistenza. Ma i giudici di pace non erano dipendenti dal governo centrale, come altrove in Europa. Essi ottenevano la carica grazie al loro prestigio locale, la conservavano a vita e non erano pagati. La scienza camerale Il 700' fu il secolo della scienza camerale, cioè della scienza dell'amministrazione pubblica. I principi della scienza camerale furono: il primato del governo monarchico; la felicità dello Stato come fine della politica; lo sviluppo e la piena utilizzazione delle risorse statali per garantire la sicurezza del paese. individuale. Nonostante le riforme illuminate promosse da Gustavo, tra le più importanti: abolizione della tortura, abolizione della venalità degli uffici; la monarchia assoluta si rivelava assai debole, grazie all'avanzamento della società civile. Spagna L'iniziativa riformatrice di Carlo III di Borbone, succeduto al fratello Ferdinando VI al trono di Spagna, fu più progetto e meno realizzazione. L'intervento più significativo fu nel campo dei rapporti tra Stato e Chiesa, limitò le immunità ecclesiastiche e i poteri dell'Inquisizione, e nel 1767 espulse i gesuiti dal regno. La pressione dei Borbone costrinse papa Clemente XIV a decretare nel 1773 lo scioglimento della Compagnia di Gesù. L'assolutismo illuminato di Carlo III si dispiegò poi nella ristrutturazione amministrativa, nell'attivazione di misure per la liberalizzazione dell'artigianato e del commercio ancora sottoposti a vincoli corporativi, nella promozione di accademie e società economiche, nel rinnovamento della cultura. Portogallo L'attività riformatrice fu opera del ministro di fatto plenipotenziario marche di Pombal. I suoi principali provvedimenti furono l'espulsione dei gesuiti (1759), la repressione sanguinosa dei nobili ribelli al processo di centralizzazione statale, la creazione di compagnie privilegiate per lo sfruttamento delle colonie. La ricostruzione di Lisbona, dopo il terremo del 1755. Regno di Napoli e Sicilia Sul trono saliva Carlo di Borbone, riformò l'amministrazione centrale attraverso la costituzione di dicasteri e segreterie più funzionali. Esaltò il primato delle questioni economiche e della competenza specifica, creando nel 1739 il supremo magistrato di commercio. Con il concordato del 1741 tra Regno di Napoli e Santa Fede furono limitati l'immunità, il diritto d'asilo, l'eccessivo numero degli appartenenti al clero. Nel 1759 alla morte di Ferdinando VI, re di Spagna, senza eredi, Carlo di Borbone veniva chiamato sul trono di Spagna come Carlo III. A Napoli per la minore età del figlio di Carlo, Ferdinando, fu costituito un Cosiglio di Reggenza. Provvedimenti di rilievo in questo periodo furono: la riforma delle finanze comunali, il rafforzamento delle magistrature periferiche dello Stato, espulsione dei gesuiti (1767). Ma la struttura economica del Mezzogiorno continentale restava fragile: la dipendenza dal mercato internazionale; lo squilibrio fra le province produttrici di risorse e la capitale consumatrice, restava immutato; le manifatture scarseggiavano. Napoli non riusciva a essere il cuore economico del regno, ma si presentava a meta 700' come una grande capitale europea: centro culturale dell'Europa illuministica. La seconda generazione di illuministi, formatasi alla scuolsa di Antonio Genovesi, fu la protagonista di uno spirito nuovo di collaborazione fra intelletuali e politica. Nel Supremo Consiglio delle Finanze, un organo di coordinamento delle iniziative riformatrici, costituito nel 1782, entrarono intelletuali illuminati come Gaetano Filangieri. Una nuova attenzione per le province e per la questione feudale caratterizzò questi anni. Ducato di Milano e Granducato di Toscana Il Ducato di Milano sotto il diretto controllo austriaco e il Granducato di Toscana entrava nell'orbita austriaca, dopo la pace di Aquisgrana (1748). Nella Lombardia austriaca Maria Teresa promosse alcune riforme: ridistribuì l'imposta fondiaria; l'amministrazione fu centralizzata e il personale reclutato in base al merito; abolita la venalità delle cariche pubbliche. Le riforme di Giuseppe II furono estese anche alla Lombardia e abolì il Senato milanese, centro di potere del patriziato. Pietro Leopoldo, l'arciduca lorenese del Granducato di Toscana, promosse due riforme di capitale importanza: la prima chiamata “allivellazione” concedeva ai mezzadri, a livello perpetuo, i terrini di proprietà dello Stato, dietro la corresponsione di un canone annuo fisso e contenuto; la seconda si concretò nel nuovo codice penale del 1786, che aboliva la pena di morte, il delitto di lesa maestà, la tortura e la confisca dei beni del condannato. Guerra dei Sette anni e spartizione della Polonia Le rivalità tra Francia e Inghilterra per l'egemonia coloniale sfociarono nel 1756 con la guerra dei Sette combattuta su tre fronti: europeo, indiano e americano. Federico II, corteggiato da entrambe le potenze, si unì all'Inghilterra, costringendo la Francia ad allearsi con l'Austria, che voleva recuperare la Slesia, e la Russia. La guerra rivelò il protagonismo militare della Prussia, la fragilità del sistema politico-militare della Francia coloniale, la vocazione centroeuropea e balcanica dell'Austria, la supremazia sui mari dell'Inghilterra. Nel 1762 Federico II firmava la pace separata con lo zar Pietro III, e l'anno successivo con l'Austria, ottenendo la conferma dell'annessione della Slesia e l'unificazione territoriale dei domini Hohenzollern. La pace a Parigi nel 1763 tra Francia e Inghilterra estrometteva la Francia dall'America settentrionale e riconosceva l'espansione inglese in India. Per quasi due secoli, dopo la fine della dinastia Jagelloni, le potenze europee, a turno, avevano esercitato una sorta di protettorato sulla Polonia, erano anche entrate in conflitto per garantirsi il controllo del suo territorio. Dopo la morte del principe imposto sul trono polacco da Russia e Austria, Augusto III di Sassonia, Russia e Prussia invasero la Plonia, per imporre il loro candidato, Stanislao Poniatowski amante di Caterina II. Stanislao voleva attuare riforme tendenti a limitare il potere dell'aristocrazia polacca, inevitabile fu lo scontro. La nobiltà si riuni nella Confederazione di Bar, ma la ribellione aristocratica, dopo quattro anni di guerra, fu schiacciata dalla Russia. Nel 1772, Russia insieme Prussia e Austria, procedette alla prima spartizione della Polonia: la monarchia asburgica acquistò la Galizia, la monarchia russa gran parte della Biellorussia, la Prussia ottenne la Prussia occidentale e il controllo del litorale baltico meridionale. Nel 1792, inseguito ai tentantivi di Stanislao di trasformare la monarchia polacca da elettiva in ereditaria e il potere di veto dei magnati, la Russia invase nuovamente il paese. Fu compiuta una seconda spartizione a favore di Russia e Prussia. Nel 1794 un'insurrezione nazionale fu repressa nel sangue e nel 1795 si giunse alla terza spartizione. Con la prima spartizione la Polonia aveva perso il 30% del suo territorio, nel 1793 perse quanto restava dell'Ucraina a vantaggio della Russia e la Poznania a vantaggio della Prussia, cioè i 3/5 restante territorio polacco. Con la terza spartizione il paese scomparve del tutto. XVI Capitolo Possedimenti coloniali Spagna L'impero coloniale spagnolo nel 700' comprendeva gran parte dell'America meridionale, le isole dei Caraibi, il Messico nell'America centrale. Al vertice dell'amministrazione erano i viceré che godevano di poteri assai ampi di natura politica, militare, giudiziaria e finanziaria. Molte cariche nelle Indie spagnole erano venali. L'ondata riformatrice di Carlo III si avvertì anche nelle colonie americane: durante il suo regno si ebbe la massima espansione territoriale e la costituzione di un nuovo viceregno, quello del Rio de la Plata. Fu stabilita la figura degli intendenti e l'esercito fu costituito da milizie regolari di europei integrati con neri e meticci. Nel 1630 ci fu una ripresa demografica, favorita dalla crescita della popolazione bianca, l'arrivo di schiavi neri e la formazione di popolazione meticcia. Gli europei acquistavano la terra, si intromettevano abusivamente nei domini reali, nelle proprietà delle comunità indiane, usurpando illegalmente la terra. Anche la chiesa e gli ordini religiosi accumularono grandi proprietà. Attività manifatturiere e industriali si svilupparono tra il XVII e il XVIII, in particolare costruttori navali, settore tessile e l'edilizia. Nel XVIII secolo le miniere d'argento sudamericane produssero nuovamente a pieno ritmo, garantendo l'85% dell'argento mondiale. Elementi deboli del sistema coloniale spagnolo: • Il controllo statale del commercio coloniale era affidato, fino alle riforme di Carlo III, alla Casa de Contractacion, un'agenzia con sedi a Siviglia e Cadice. Ma il potere di controllo e di monopolio, di questa agenzia, erano assai scarsi • Nelle Indie non vi fu un esercito regolare fino alla fine della guerra dei Sette anni Bengala e Inghilterra. Tra il 1757 e il 1759 la compagnia inglese raggiunse il dominio incontrastato di tutto il Bengala, espellendo i francesi, sottomettendo il commercio olandese al suo consenso, favorendo l'ascesa di principi amici sul trono bengalese. Ma solo nel 1764 nella battaglia di Buxar, gli inglesi posero le basi dello sviluppo della dominazione inglese diretta in India. Il dominio politico inglese si servì di strumenti diversi. L'imperatore moghul fu formalmente confermato nelle sue prerogative, ma di fatto controllato. Furono stipulati trattati con i sovrani locali, che divennero clienti dei padroni politici inglesi. Il processo di smantellamento delle istituzioni indiane non fu né brutale né improvviso, ma articolato e graduale. Furono creati tribunali inglesi, gli indiani furono esclusi dai più alti ranghi della burocrazia, si attuò una rigida separazione sociale. La subalternità allo sviluppo economico della madrepatria fu totale, le manifatture tessili furono disincentivate, perché i prodotti in seta e in cotone indiano entravano in concorrenza con quelli inglesi. Forze attive nell'industria furono spostate verso l'agricoltura per produrre beni primari e cotone grezzo per le industrie europee. XVII Capitolo Rivoluzione industriale La rivoluzione industriale portò a un aumento della produttività e del reddito individuale, migliorò le condizioni di vita e l'equilibrio tra popolazione e risorse, contribuì a creare intorno al centro delal fabbrica nuovi poli di aggregazione umana e sociale. La rivoluzione industriale ebbe i suoi costi: lo sfruttamento coloniale fu più intensivo; nei primi decenni il sistema di fabbrica poté sviluparsi grazie all'assenze di regole e di norme di tutela per i lavoratori; sfruttatamento del lavoro di donne e bambini; si accentuò il divario tra paesi industriali più ricchi e paesi meno ricchi. La forma di produzione più diffusa, prima della rivoluzione industriale, insieme al sistema di fabbrica era quella della manifattura rurale a domicilio. Essa era organizzata nel modo seguente: uno o più imprenditori riunivano funzioni industriali e commerciali, acquistavano materie prime e attrezzi di lavoro, vendevano il prodotto finito, dirigevano e controllavano il processo produttivo, che veniva svolto al domicilio del lavoratore. La seconda forma di produzione anteriore all'età industriale è quella della manifattura centralizzata. Con questo termine si vuole intendere un'azienda di grandi dimensioni ad alta intensità di capitale e con molti addetti. L'inghilterra arrivò prima alla rivoluzione industriale per vari fattori: presenza diffusa di manifatture rurali a domicilio, l'assenza di vincoli corporativi, bassi costi di produzione e distribuzione, mercato omogeneo in cui erano assenti barriere doganali e dazi di tipo feudale, dagli investimenti di risorse pubbliche e private in infrastrutture, la disponibilità all'innovazione, favorite dal sostegno politico dello Stato ma già molto forti nella società. Il mercato interno dei manufatti si espanse in Inghilterra, anche grazie ad un avanzato processo di urbanizzazione. Tra il 1660 e il 1760 il volume delle esportazioni britanniche quadruplicò. Invenzioni Il settore dell'economia inglese che varcò per primo la soglia della rivoluzione industriale fu quello del cotone. I cotonieri a metà 700' si erano imposti come una forza importante nell'economia dell'Inghilterra. Per di più il mercato del cotone era assai più elastico di quello della lana e la domanda era favorita dell'evoluzione del gusto e della moda. Infine, i mercati coloniali garantivano sbocchi sicuri e in espansione. Nell'industria cotoniera furono introdotti nuivi tipi di macchinari per la filatura: filatoio meccanivo, filatoio ad acqua, … Il consumo di cotone si moltiplicò per 12 nel periodo compreso tra il 1770 e il 1800, ciò rese indispensabili ulteriori miglioramenti nella fase della tessitura, che furono realizzati dopo l'introduzione e il collaudo del telaio meccanico. Queste invenzioni non determinarono un immediato miglioramento nella produzioni: la lotta contro guasti, rotture, imperfezioni delle macchine fu incessante; la ricerca per perfezionari la qualità dei materiali di costruzione dei macchinari fu continua. Ci fu l'invenzione di un nuovo convertitore di energia, la macchina a vapore che sfruttava il carbon fossile per alimentarsi. Nell'industria mineraria furono introdotti i carrelli sui binari e sistemi migliori di aerazione. Le pompe a vapore favorirono l'estrazione dei minerali a costi più bassi rispetto all'energia animale. Organizzazioni Gli imprenditori del cotone cominciarono a formare le prime associazioni industriali: obiettivo principale è il controllo assoluto della manodopera. Tra il 1780 e il 1830 anche i lavoratori cominciarono a organizzarsi e diedero vita a movimenti di protesta. La formazione e diffusione di leghe e club di lavoratori radicali, il movimento luddista e, tra il 1820 e il 1830, lo sviluppo del socialismo utopistico. Tra il 1811 e il 1812 oltre mille telai meccanici furono sfasciati, la resistenza contro le innovazioni interessò le industrie delle calze e delle maglie a telaio. La fase culminante del luddismo finì con la legge del 1812 che della distruzione di telai faceva un delitto punibile con la morte. L'immagine stereotipa del luddismo è quella di un movimento contro la rivoluzione industriale. La ricerca storica invece colloca oggi il movimento nel ciclo di agitazioni che nei primi decenni dell'800' posero tra i problemi all'ordine del giorno il salario minimo, più umane condizioni di lavoro, il rispetto per la persona dell'operaio, la riduzione della giornata lavorativa. XIX Capitolo Alla viglia della rivoluzione francese Il settore primario dell'economia francese, l'agricoltura, presentava i seguenti caratteri: • Oltre l'85% della popolazione viveva nelle campagne • Il settore mercantile dell'agricoltura era in espansione, ma fortemente condizionato dalla struttura della proprietà terriera assai frammentata, dalla persistenza del regime feudale, dalla presenza di vaste aree di autoconsumo • Lo sviluppo dell'agricoltura in Francia non consentì un'accumulazione originaria del capitale paragonabile a quella inglese, tale da destinare risorse finanziarie e uomini alle attività industriali Tuttavia espansione e modernizzazione economica investirono la Francia nel 700': dai tempi del Re Sole, il volume del commercio con l'estero era aumento del 200%; la flotta mercantile era passata dalle 1657 navi del 1730 a 2341 del 1788. Settori come la siderurgia, la maniffatura della seta, il commercio coloniale fecero registrare ritmi di crescita superiori a quelli inglesi. Anche le infrastrutture furono modernizzate, nel 1716 era stato istituito il Corpo di Ingegneri di Ponti e Strade, e la loro scuola tecnica, unica in Europa, fu aperta nel 1747. Nonostante tutto questo la Francia arrivò più tardi dell'Inghilterra alla rivoluzione industriale, per i seguenti motivi: • La mancanta integrazione fra agricoltura e industria • Il carattere ancora prevalentemente artiginale e protoindustriale delle attività manifatturiere • I metodi di produzione arcaici nell'industria • La mancanza di un ruolo decisivo dello Stato nell'introdurre l'organizzazione industriale su vasta scala • Le limitazioni della domanda interna, per il basso potere d'acquisto di redditi e salari, e quindi gli scarsi incentivi all'investimento • La scarsa disponibilità di risorse minerarie come il carbone Società Da un punto di vista economico e sociale il mondo della nobiltà costituiva poco più dell'1% della popolazione. Era formato da un vertice di circa 4000 famiglie: il partito della corte; dalla numerosa massa della nobiltà di campagna; da tutti coloro che esercitavano cariche pubbliche con annesso titolo nobiliare. Nonostante le differenti divisoni interne, la nobiltà risultava una casta sempre più chiusa, che aveva accentuato i caratteri dell'ordine privilegiato. Lo 0.5% della popolazione aparteneva al clero. Anche qui le differenze sociali ed economiche erano notevoli ma l'appartenenza a essero conferiva immunità e privilegi. L'organo degli Stati Generali si era dato il compito di sostituire alla monarchia per diritto divino la monarchia costituzionale, proclamando la nazione unica fonte della sovranità. E Luigi XVI accettando il voto per testa e il 27 giugno ordinò ai rappresentanti della nobiltà e del clero di unirsi a quelli del Terzo Stato, riconobbe l'Assemblea nazionale. A conferire un carattere assai più ampio rispetto ai propositi e alle previsioni originarie: la reazione della corte, del clero e della nobiltà più conservatori; l'intervento di masse popolari sollecitate dalla crisi economica e dalle aspetative della convocazione degli Stati Generali; il ricorso alle forza armata, che trasformò il conflitto tra ordini in guerra civile. Luglio 1789 il re fece circondare Parigi da mercenario stranieri, sostituendo Necker con un ministro più vicino all'aristocrazia. Il Terzo Stato promose allora la creazione di una milizia controllata dalla municipalità di Parigi. Ma il popolo della capitale si organizzò autonomamente: assalì postazioni militari alla ricerca di armi; uffici del dazio e altri simboli del potere fiscale dello Stato. Il 14 luglio artigiani, operai e piccoli commercianti parigini assalivano la fortezza della Bastiglia, dove erano rinchiusi i rei di Stato. I soldati della guarnigione aprirono il fuoco uccidendo un centinaio di persone, ma furono poi costretti alle resa. Alcuni soldati ed ufficiali furono massacrati. Con la presa della Bastiglia cadeva un simbolo dell'assolutismo, i ceti più bassi del Terzo Stato davano prova di forza anche militare, costringendo Luigi XVI a richiamare Necker e licenziando le truppe straniere. Si costituirono municipalità fedeli all'Assemblea nazionale e una forza armata, la “Guardia Nazionale” sotto il comando del generale La Fayete. Sotto la pressione del movimento contadino il 4 agosto l'Assemblea nazionale decise l'abolizione dei privilegi feudali. Il 26 agosto l'Assemblea nazionale proclamava in 17 articoli la “Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino: • Gli uomini nascono e rimangono liberi ed eguali nei diritti • Lo Stato assicura al cittadino l'esercizio dei suoi diritti • Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella nazione; nessun corpo o indivudo può esercitare un'autorità che non emani espressamente da essa • Se lo stato viene meno ai suoi doveri, i cittadini hanno il diritto di resistere all'oppressione • … L'approvazione reali ai decreti arrivò solo dopo una marcia popolare su Versailles (5-6 ottobre) e l'arrivo a corte della Guarda Nazionale, inoltre il re fu costretto a subire il trasferimento della corte a Parigi, nel palazzo della Tuileries. A Parigi si trasferì anche l'assemblea nazionale, che diede vita ad un'intensa attività legislativa. Il cardine dell'azione riformatrice della Costituente fu la crazione di una democrazia parlamentere sotto l'egidia del re e della legge, che portò alla Costituzione del 1791. Ma prima di arrivare alla sua elaborazione e promulgazione, l'Assemblea dovette affrontare le più urgenti questioni finanziarie. Il 2 novembre 1789 i beni della Chiesa divennero proprietà della nazione. La riforma agraria fu attuata attraverso la soppressione di tutti i privilegi connessi al feudalesimo: decime e gerarchie feudali, la legislazione speciale e il diritto di primogenitura, furono soppresse senza indenità; furono invece sottoposti a indennità e riscatto i canoni fondiari o diritti reali: censi, rendite, diritti di trasferimento per eredità o per vendita, … Sul piano amministrativo e del rapporto centro-periferia, la Costituente attribuì larghi poteri alle municipalità e riorganizzò il territorio in dipartimenti, distretti e canoni. Rilevante fu anche la riforma giudiziaria: fu abolita la venalità degli uffici, la giustizia fu separata dall'amministrazione, istituiti tribunali nazionali l'Alta Corte e il Tribunale di Cassazione, fu dato largo spazio al decentramento giudiziario. Ogni distretto ottenne un tribunale civile contro cui si poteva ricorrere in appello a un tribunale vicino: la Costituente non volle istituire una giurisdizione superiore che ricordasse i vecchi Parlamenti. La materia penale, a seconda dell'entità dei reati, era giudicata dalla municipalità, dal giudice di pace, dal tribunale dipartimentale. Nel luglio del 1790 fu approvata la Costituzione civile del clero, inquadrando anche la Chiesa nel modello amministrativo: le diocesi corrisposero ai dipartimenti; tutte le cariche, dal vescovo al parroco, furono elettive; il clero venne sottoposto al rigido controllo dello Stato. La reazione di Roma e del pontefice Pio VI fu durissima, portando alla divisione del clero francese: alcuni accettarono il nuovo ordinamento (preti costituzionali, altri rimasero fedeli alla gerarchia e a Roma (preti refrattari). Tutta l'attività legislativa e le scelte politiche dell'Assemblea nazionale furono coronate nella Costituzione del 1791: • La conferma degli articoli dalla Dichiarazione dei diritti del 1789 • La divisione dei tre poteri, in tre differenti e autonomi organismi politici • La concentrazione del potere legislativo in un'Assemblea legislativa, formata da 745 rappresentanti, che duravano in carica quattro anni e la cui elezione avveniva su base censitaria; erano considerati cittadini attivi coloro che pagavano tasse corrispondenti a tre giornate di lavoro, non prestavano lavoro servile, avevano almeno 25 anni • L'attribuzione al sovrano del potere esecutivo, che aveva anche il diritto di veto sulle leggi ma non poteva sosponderle per più di quattro anni; le prerogative del erano limitate al piano militare, diplomatico e alla politica estera; i trattati e le dichiarazioni di guerra e di pace dovevano essere votati dall'Assemblea legislativa • L'attribuzione del potere giudiziario a giudici eletti del popolo • Il carattere gratuito dell'istruzione primaria Nella notte tra il 20 e 21 giugno, Luigi XVI tenta la fuga dalla Francia, ma fu bloccato e scortato nuovamente a Parigi. La fuga del sovrano e la reazione che essa provocò portarono allo scoperto le articolazioni e le divisioni tra le forze, gli schieramenti, i leader della rivoluzione. Si formarono gli schieramenti di destra e di sinistra: al primo facevano capo nobili liberali come il marchese La Fayette, protettori e consiglieri del sovrano; a sinistra si collocavano deputati più radicali come Maximilien Robespierre, inclini a un processo di maggiore democratizzazione delle conquiste della rivoluzione. Ma l'interna vita politica della Francia era in movimento, fin dal 1789 si erano costituiti club politici. Alla fine del 1789 fu creata la “Società degli amici della Costituzione”, detti giacobini, perché si riunivano nel convento sconsacrato dei domenicani (jacobins). Agli inizi la Società era composta prevalentemente da parlamentari, con l'obiettivo comune di lottare contro i privilegi e di instaurare una monarchia costituzionale. Nel 1790 contava più di mille membri e si era aperta a tutti i fermenti politici che animavano la vita francese, da cui sarebbe derivata una divisione in diversi tronconi, che portarono alla creazione di nuovi club con differenti linee politiche. Il più radicale di questi club fu quello dei cordiglieri, il nome deriva dal ex convento francescano in cui si riunivano (Cordiglieri e il sopranome dell'ordine francescano). I Leader dei cordiglieri erano Jean-Paul Marat e Georges Danton. A parigi sull'ara del Campo di Marte, i cordiglieri depositarono, il 17 luglio 1791, una petizione con firme per la costituzione della repubblica: la Guarda Nazionale compì una strage, provocando 50 morti. Nei giorni successivi la reazione si abbatté sul movimento radicale: fu ristretta la libertà di associazione politica; i due leader del movimento costretti a fuggire. Federico Gugliemo II, insieme all'imperatore e all'elettore di Sassonia considerarono la condizione del re di Francia come oggetto di comune interesse per tutti i sovrani d'Europa. Ma gli altri sovrani d'Europa si dichiararono neutrali alle questione, rendendo impossibile l'accordo per un intervento armato contro la Francia. In tale contesto Luigi XVI fu costretto ad accettare la Costituzione il 14 settembre 1791, fu reintegrato nei suoi poteri e la Costituente si sciolse. Assemblea legislativa Una nuova sinistra si formava nell'Assemblea legislativa, capace di avere un'influenza decisiva tra gli ultimi mesi del 1791 e i primi dell'anno successivo: il gruppo chiamato dei girondini, perché i suoi membri provenivano dal dipartimento della Gironda, era favorevole al consolidamento della democrazia politica e alla guerra a sorpresa contro l'Austria per sconfiggere i nemici interni ed esterni della rivoluzione. A volere la guerra non erano solo i girondini, anche La Fayete che contava di assumere il comando dell'esercito, la corte e il suo partito che dalla guerra si ripromettevano un rafforzamento della monarchia. Alla guerra si opponeva, in questa fase, la sinistra giacobina di Robespierre, che temeva l'alleanza con i monarchici e con l'artefice del massacro del Campo di marte, gli oneri fiscali, la stanchezza del popolo. Robespierre sosteneva che prima di combattere, bisognava mettere sotto sorveglianza il re ed espellere dall'esercito gli ufficiali controrivoluzionari. Il 20 aprile 1792 Luigi XVI, sotto pressione dei girondini, dichiarò guerra all'Austria, a fianco della quale scese la Prussia. Gli inizi della campagna militira furono un disastro per le truppe francesci. L'11 luglio l'Assemblea legislativa proclamava che la patria era in pericolo: un nuovo inno nazionale, La Marsigliese, risuonò in tutte le regioni del paese; battaglioni di volontari confluirono a Parigi. L'esercito prussiano minacciava di mettere a ferro e fuoco Parigi se fosse stata oltraggiata la famiglia del re. Il 10 agosto 1792 il popolo parigiano assalì il palazzo delle Tuileries e costrinse Luigi XVI a mettersi sotto la protezione dell'Assemblea legislativa. Questa votò la deposizione del sovrano, la creazione di un Consiglio esecutivo provvisorio in attesa di elezioni a suffragio universale maschile. Dopo la destituzione del re, la rivoluzione visse uno dei suoi momenti più critici. La legalità dello Stato era crollata. Una molteplicità di poteri si disputava il controllo di Parigi: l'Assemblea legislativa ormai non più rappresentativa e il Consiglio esecutivo costituito da sei membri. A sollevare le sorti della rivoluzione fu la vittoria francese sull'esercito austro-prussiano a Valmy (20 settembre 1792), a cui seguì l'occupazione del Belgio, di Nizza e della Savoia. La convenzione Nel settembre 1792 le elezioni per la nuova assemblea dimostrarono la potenza del movimento giacobino, sia le sue ulteriori divisioni interne. La nuova assemblea, la Convenzione, proclamò il 21 settembre la repubblica e subito dopo enunciò il principio <<La repubblica francese è una e indivisibile>>. Il primo atto dello scontro fu il processo al re. Per i montagnardi, cosi chiamati perché occupavano i posti più alti nell'aula dell'assemblea, rappresentanti da Robespierre e Saint-Just, Luigi XVI era colpevole di alto tradimento per aver cospirato con le potenze straniere, doveva quindi essere dichiarato nemico della nazione, non un imputato avente diritto a un processo. La maggioranza della Convenzione decise di processarlo davanti ai deputati, condannandolo a morte. Il 21 gennaio 1793 Luigi XVI fu giustiziato con la ghigliottina. L'Europa monarchica dava vita alla prima coalizione antifrancese. Tra febbraio e marzo 1793 la Convenzione dichiara guerra all'Inghilterra, all'Olanda, alla Spagna. Il crollo delle armate rivoluzionarie fece perdere alla Francia tutte le terre conquistate sulla riva sinistra del Reno. Altro pericolo per la rivoluzione era la crisi finanziaria: il valore della moneta era crollato, le requisizioni di grano per l'approvvigionamento della popolazione e delle truppe acuivano il Il passaggio dal governo monarchico a quello repubblicano, pur nella sua qualità di atto di forza rivoluzionario, era stato stato in certa misura legittimato dalla politica e dai comportamenti della corte, favorito dal consenso di vaste aree sociali del paese. L'ulteriore passaggio, quello cioè della fondazione della democrazia politica e sociali in regime repubblicano, si rivelò assai fragile. Il tentativo di spostare in avanti le conquiste della rivoluzione al fine di costruire un regime democratico nel senso inteso da Robespierre fu perseguito al prezzo della dittatura. Primo Direttorio Le elezioni del 1795 furono favorevoli ai monarchici. Il Direttorio, gli ex convenzionali, che per il Decreto dei due terzi risultarono maggioranza nei Consigli riuscirono ad imporre cinque personalità che avevano votato la condanna a morte di Luigi XVI: Barras, Reubell, Carnot, Letourneur, La Révellière-Lépeaux. Tra la fine del 1796 e i primi mesi del 1797 la crisi finanziaria investiva la Francia, la Bancarotta e indebitamento ulteriore dello Stato crearono una condizione di dipendenza del Direttorio dalla finanza privata dei banchieri. La speculazione finanziaria permise a privati di acquistare beni nazionali a prezzi bassissimi. Rilevanti successi ottenne, invece, il Direttorio sul piano della politica internazionale. Nel 1795 erano stati stipulati i trattati di Basilea con la Prussia e dell'Aja con l'Olanda. La Prussia aveva riconosciuto il passaggio alla Francia della riva sinistra del Reno, l'Olanda aveva dovuto accettare l'occupazione francese del suo territorio e la sua trasformazione istituzionale in repubblica democratica (Repubblica batava, 1795). La Spagna, che aveva aderito al trattato di Basilea, aveva dovuto cedere una parte del suo possedimento di Santo Domingo alla Francia. Nei primi mesi del 1796 solo l'Inghilterra e l'Impero asburgico restavano in armi: la prima, preoccupata delle mire espansionistiche francesi in Belgio e in Olanda, il secondo, colpito dall'esecuzione capitale di Maria Antonietta, figlia di Maria Teresa d'Austria. D'altra parte la guerra, per il Direttorio, era indispensabili per vari motivi: per consolidare l'unità nazionale; per far valere il prestigio del nuovo regime; per bilanciare la crisi finanziaria con il prelievo fiscale dai territori invasi. All'inizio del 1796 tre armate furono lanciate contro l'Impero asburgico: la prima in Europa centrale; la seconda sul confine con la Svizzera, la terza in Italia. La campagna d'Italia Il comandato dell'armata d'Italia fu affidato, dal Direttorio, a Napoleone Bonaparte. Napoleone si era già distinto militarmente a Tolone, dove al comando dell'artiglieria liberò la città dall'assedio dei lealisti apoggiati dagli inglesi. Ma le iee filogiacobine crearono problemi a Napoleone, che fu arresto e processato dopo Termidoro. Rimesso in libertà fu trasferito, come altri ufficiali corsi sospettati di collusione con gli inglesi, al fronte della Vandea. La ripresa di Napoleone coincise con l'ascesa di Barras nel Direttorio, che aveva conosciuto Napoleone a Tolone: lo prese come esperto militare e fli affidò la repressione degli ultimi focolai insurrezionali a Parigi. In compenso ottenne prima il titolo di maggiore generale e il comando dell'armata dell'interno, quindi nel marzo 1796 il comando dell'armata d'Italia. Questa nomina fu anche frutto del matrimonio con Giuseppina, ex amante di Barras. La campagna d'Italia segna l'ascesa di Napoleone. Nel giro di un mese piegò il Regno di Sardegna, costringendo Vittorio Amedeo III a firmare l'armistizio di Cherasco (28 aprile 1796). Il 15 maggio fece il suo ingresso a Milano, dove creò un nuova municipalità composta di patrioti. A questo punto costrinse il Direttorio a rivedere i suoi piani, che non volevano conquistare la Lombardia ma solo spremerla finanziariamente e usarla come merce di scambio con l'Austria per allargare le frontiere fino al Reno. Il direttorio provò ad affidare ad un altro generale il comando delle truppe d'occupazione della Lombardia e costringere Napoleone a marciare verso Roma e Napoli. Ma l'ordine fu annullato dalle proteste di Napoleone, che puntava a controllare Mantova per marciare poi verso la Baviera. La mancata offensiva delle truppe francesi in Germania, permise agli austriaci di trasferire contingenti di truppe in Italia, ma questo servì solo a ritardare l'assedio di Mantova che fu presa il 2 febbraio 1797. Quindi si spinse nei territori pontifici: Pio VI fu costretto a firmare la pace di Tolentino e a rinunciare a Bologna, Ferrara e alla Romagna. Nel marzo 1797 si spinse verso Vienna, ma prima dell'arrivò firmò i preliminari di pace con l'Austria (18 aprile 1797): la Lombardia e il Belgio erano assegnati alla Francia, l'Austria era compensata con una parte del Veneto. Il secondo Direttorio Le vittorie dell'armata d'Italia fecero passare in secondo piano le sconfitte subite sul fronte germanico e Bonaparte emerse come il grande vincitore. Il potere politico dipendeva sempre più dal potere economico e militare. L'abbondanza dei raccolti del 1796-1797 fece crollare il prezzo dei prodotti agricoli: boccata d'aria per il proletariato urbano, ma motivo di frustrazione per i contadini e i piccoli proprietari. La destra monarchica era in ripresa, e nelle elezioni del 1997 trinfò. Furono allora i militari repubblicani a salvare la rivoluzione, ma il prezzo fu un colpo di Stato. L'opposzione dei realisti e dei moderati fu dura, fu l'intervento militare di Napoleone, in particolare, a venire in soccorso di una parte del Direttorio. Nella notte tra il 3 e il 4 settembre un'armata comandata da uno dei subordinati di Napoleone, occupò Parigi e arrestò i capi realisti. In una seduta dei Consigli, con l'esclusiva partecipazione dei repubblicani, fu annullata l'elezione di 198 deputati. Seguì l'inasprimento delle leggi sui controrivoluzionari; censura e controllo della stampa, per un anno, da parte della polizia; violenta repressione che colpì tutti i “sospetti”. Nel 1798 furono largamenti manipolati i risultati delle elezioni per i Consigli, i giudici e altre amministrazioni. Ma il secondo Direttorio promosse anche due riforme importanti: quella finanziaria e quella militare. Per ridurre il debito pubblico fu dichiarata banca rotta, la legge del 30 settembre 1797 ridusse di 2/3 il debito pubblico; del restante 1/3 venne consolidato e 23 rimborsato con buoni che potevano essere utilizzati anche per l'acquisto di beni nazionali. Fu resa più efficiente la riscossione delle imposte, il disavanzo fu ridotto e la situazione finanziaria apparve migliore di quanto fosse mai stata dal 1778. La nuove legge sulla coscrizione istituì permanentemente il servizio militare obbligatorio. A vent'anni ogni cittadino doveva esser coscritto, cioè registrato, nei ruolini dell'esercito. Le repubbliche giacobine Milano rappresentò il cento di raccolta degli esuli proveniente dal Piemonte, dal Veneto, dallo Stato pontificio, dal Regno di Napoli. Nella sua campagna d'Italia Napoleoene incontrò quindi un terreno preparato ad accoglie le idee della rivoluzione, che aveva sollecitato nel dibattito politico dei patrioti italiani la formazione di due correnti e di due programmi. La prima corrente, che si ispirava a un programma democratico, subiva l'influenza di Robespierre e Saint-Just: collegava il rinnovamento politico del paese, fondato sull'unità nazionale, a una profonda trasformazione delle strutture economiche e sociali, attraverso la ridistribuzione della ricchezza, un sistema fiscale più equo, l'abolizione di tutti i privilegi, un più efficace controllo dello Stato sull'economia. La seconda corrente, che si ispirava ad un programma moderato, era favorevole alla trasformazione profonda dell'ordinamento politico e giuridico, ma si batteva per la salvaguardia del principio di libera proprietà e dei valori liberoscambisti in economia. Nel passaggio dai governi provvisori alla proclamazione delle repubbliche, Napoleone favorì l'affermazione delle correnti moderate, la cui base sociale era costituita da esponenti illuminati dell'aristocrazia e della più ricca borghesia. La prima repubblica in Italia fu la Repubblica cispadana costituita il 27 dicembre 1796 e formata da Ferrara, Modena, Reggio Emilia e Bologna. In seguito questi territori insieme a parte della Lombardia formarono nel giugno 1797 la Repubblica cisaplina. Sempre nello stesso mese entrò nell'area francese Genova, che prese il nome di Repubblica ligure. Con il trattato di Campoformio (17 ottobre 1797) Napoleone cedeva all'Austria il Veneto, l'Istria e la Dalmazia in cambio del riconoscimento della Repubblica cisalpina. Nel febbraio 1798 un indicendete diplomatico provocò l'occupazione francese dello Stato pontificio: Pio VI fu espulso e nella città papale fu proclamata la Repubblica romana. Il 21 dicembre la famiglia reale abbandonava Napoli, lasciando il regno privo di risorse finanziarie. Il 23 gennaio 1799 le truppe francesci superata la resistenza dei lazzari, plebe realista militarmente organizzata, entravano a Napoli, dove già da due giorni i giacobini avevano proclamato la Repubblica napoletana sotto la protezione della grande nazione francese. Nel febbraio 1799 il Piemonte fu annesso alla Francia e con l'occupazione della Toscana nel marzo, la penisola italiana era quasi completamente francese. Il modello politico-istituzionale, stabilito nel triennio 1797-1799 dai francesi in Italia: l'attribuzione del potere esecutivo affidato a un organismo collegiale e del potere legislativo a un'assemblea che solo formalmente era elettiva, ma in realtà era composta da membri scelti dai francesi; l'abolizione del sistema giuridico dell'antico regime, fondato sul riconoscimento degli ordini privilegiati; l'affermazione dei diritti fondamentali dei cittadini, ossia quelli di libertà, eguaglianza, proprietà. Decisiva per il Mezzogiorno l'abolizione della feudalità. Intensa fu anche l'attività legislativa della Repubblica napoletana in materia giudiziaria: tutti i vecchi tribunali furono aboliti e fu stabilito un nuovo sistema giudiziario fondato sulla separazione tra potere esecutivo e legislativo, sul decentramento, sulla gratuità della giustizia. Ma nel caso napoletano l'esperienza repubblicana fu assai limitata nel tempo e nello spazio: essa estere il suo raggio d'azione ad alcune zone della Campania e della Puglia e ai più importanti centri cittadini delle altre regioni; Calabria e Abruzzo furono sottratti all'esperienza repubblicana. Proprio in Calabria si organizzarono le prime insorgenze sanfediste con la formazione di un Armata cristiana e reale della Santa Fede, comandata dal cardinale Fabrizio Ruffo, vicario generale del re, incaricato di organizzare la controrivoluzione. Essa era formata da contadini e da briganti che esprimevano non solo un fanatico sentimento clericale e filomonarchico, ma anche la frustrazione per aver subito i contraccolpi delle trasformazioni economiche e sociali prodottesi anche nelle campagne del Mezzogiorno: l'estensione della libera proprietà terriera, la fine degli usi comuni delle terre, la privatizzazione delle terre XXI Capitolo Napoleone Bonaparte Imperatore L'epilogo della vicenda politico-istituzionale si ebbe a seguito di una congiura contro di Napoleone da parte di vandeani, ex giacobini e generali come Moreau e Pichegru. La reazione di Bonaparte fu spietata e non risparmiò i due generali: Moreau fu esiliato, Pichegru fu trovato morto in carcere. A sua volta il duca di Enghien accusato di esser a capo della congiura, fu fucilato. Fu allora varata e sottoposta al plebiscito la Costituzione dell'anno XII (1804). Nel primo articolo era definita la nuova forma di governo <<Il governo della repubblica è affidato a un imperatore che prende il titolo di imperatore dei Francesi>>. La dignità imperiale era ereditaria e, in assenza di figli maschi, Napoleone poteva ricorrere all'adozione di un successore. Un ennesimo plebiscito approvò la proclamazione dell'Impero. Il 2 dicembre 1804, a Notre-Dame, Pio VII offrì la corona imperiale a Napoleone. Nel giuramento di consacrazione, l'imperatore si impegnava a difendere <<l'eguaglianza dei diritti, la libertà politica e civile, l'irrevocabilità delle vendite dei beni nazionali>>. Due pilastri istituzionali garantirono ai cittadini la possibilità di acquisire gli elementi per una promozione sociale e l'affermazione nella società. Il Codice civile e il nuovo sistema scolastico. Il Codice civile aveva a base i grandi principi del 1789: libertà civili e personali, laicità dello Stato, libertà del lavoro e della proprietà. In proposito appariva determinante la regolamentazione del possesso: il cittadino era preso in considerazione in qualità di proprietario e come tale protetto. Altro perno della società civile veniva ritenuta la famiglia, con norme che tendevano al recupero della figura del padre, ma anche a una definizione delle leggi di successione. La scuola e l'università furono oggetto di particolare interesse da parte dell'autorità pubblica. Il cardine del sistema scolastico napoleonico fu rappresentato dai licei di Stato dove, previo il pagamento di una retta, entravano i figli dei notabili, la futura classe dirigente del paese. La disciplina rigorosa di tipo militare fu posta alla base anche delle scuole di tipo universitario, le cosiddette “Grandes Ecoles, dove la formazione professionale raggiungeva efficaci livelli qualitativi e alle quali si accedeva dopo un'accurata selezione. Accanto alle università, Napoleone recuperò un'importante istituzione di fine 700', “l'Ecole polytechnique”, che consentiva il proseguimento degli studi nelle scuole di applicazione di tipo militare e civile. Riportare un principio d'ordine e di gerarchia, premiare la fedeltà al nuovo regime: questi furono i due principi ispiratori dell'organizzazione sociale voluta da Napoleone. Egli ricostruì una corte imperiale, ristrutturò la Legion d'onore, che da semplice milizia a difesa del sistema fu trasformata in una prestigiosa onorificenza. La creazione della nobiltà imperiale nel 1808 servì ad assorbire notabili, militari, funzionari, arcivescovi e vescovi, senatori. In questa nuova istituzione la presenza degli antichi nobili era cospicua, ma era significativa anche la forza dei cittadini di estrazione popolare. Persino nell'accesso al rango nobiliare, Napoleone, prestava attenzione a equilibrare le forze sociali. Il potere personale di Napoleoene poté dunque giovarsi del consenso dei notabili, dalla scomparsa di qualsiasi tentativo di opposizione, della soppressione del Tribunato, dello svuotamento di assemblee come il Corpo legislativo e il Senato. I ministri furono accuratamente selezionati dall'Imperatore tra personalità fedelissime e di basso profilo. Alla conquista dell'Europa Un anno prima della proclamazione dell'Impero, l'Inghilterra aveva riaperto le ostilità contro Napoleone. Motivi determinanti furono la mancata stipula del trattato commerciale e la paura dell'espansionismo francese. Nel 1803 Napoleone aveva esteso la sua sfera di influenza in Toscana e nella Confederazione elvetica. Inoltre la Dieta del Sacro Romano Impero aveva riconosciuto la divisione del territorio tedesco e l'estensione dei confini francesi. Il 21 ottobre 1805 la flotta franco-spagnola fu sconfitta dagli inglesi a Trafalgar. Dall'estate del 1805 era nuovamente il punto di riferimento per una nuova coalizione antifrancese, la terza, in cui entrarono a far parte: Inghilterra, Russia, Impero Austriaco, Svezia e Regno di Napoli. Al predominio inglese per mare corrispondeva una superiorità francese nelle battaglie di terra. Disponeva di un esercito più grande, meglio organizzato e più veloce, capace di sfruttare a pieno il fattore sorpresa. La vittoria francese di Ulm e di Austerlitz in Moravia (ottobre e dicembre 1805) obbligarono l'Austria a firmare il trattato di Presburgo nel dicembre 1805: cessione dell'Istria, della Dalmazia e del Veneto a Regno d'Italia, erede della Repubblica cisalpina, e al pagamento di un forte indennizzo di guerra. A seguito di questa pace la Prussia si alleò con la Francia, grazie ad uno scambio di territori che aveva permesso alla Prussia di ottenere l'elettorato di Hannover. Nel 1806 ci fu la conquista del Regno di Napoli, il fratello minore di Napoleone, Giuseppe Bonaparte, salì sul trono di Napoli. La nuova organizzazione politica della Germania e la formazione al centro dell'Europa di una confederazione di Stati-satellite della Francia (Confederazione del Reno, 1806) diede vita alla quarta coalizione antinapoleonica. La risposta francese fu il blocco continentale, ossia il tentantivo di dissanguare economicamente l'Inghilterra chiudendo i mercati europei da essa controllati. A fianco di Inghilterra, Russia e Svezia si pose anche la Prussia, che aveva rotto l'alleanza con la Francia perché questa intendeva offrire l'Hannover all'Inghilterra come incentivo alla pace. Gli scontri non furono favorevoli alle forze della coalizione: l'esercito prussiano fu sconfitto a Jena e ad Auerstadt nel 1806. Napoleone entro quindi a Berlino e usò il punto forte con gli sconfitti, smembrandone completamente lo Stato. Dalle rovine dello Stato prussiano nacque il Regno di Vestfalia sotto la protezione di Napoleoen, retto da suo fratello Girolamo. La guerra continuò contro la Russia, lo zar Alessandro I subì dure sconfitte che lo costrinsero alle pace di Tilsit (25 giugno 1807) con fui fu ufficialmente riconosciuto il Regno di Vestfalia e creato il Granducato di Varsavia, in funzione di Stato-cuscinetto verso la Russia, affidato al re di Sassonia. Napoleone ottenne anche l'impegno dei Russi di unirsi alla Francia se l'Inghilterra non avesse stipulato una pace. Dal 21 novembre 1806, con il Decreto di Berlino entrava in vigore il blocco continentale che vietava ai sudditi dell'Impero qualsiasi traffico con l'Inghilterra. Altri due decreti perfezionarono il blocco: vennero dichiarate nemiche tutte le navi che avessero regolarmente commercio con l'Inghilterra. Il contrabbando però riuscì a forzare i rigidi controlli, il blocco poi non si poteva applicare alle terre del Nuovo Mondo e al continente asiatico. Lo stesso Napoleone fu costretto a concedere licenze per non compromettere un economia internazionale largamente dipendente dal rapporto import-export con l'Inghilterra. Spagna e Portogallo risentirono particolarmente del blocco, per il loro rapporto di dipendenza dall'economia inglese. Questo rafforzò la convinzione che il blocco creava meno problemi all'Inghilterra di quanti ne procurasse agli Stati tenuti ad applicarlo. Nel 1807 Napoleone fece invadere il Portogallo, tradizionale alleato dell'Inghilterra. Ma lo sbarco delle truppe inglesi al comando del duca di Wellington indusse a lasciare il Portogallo (1808). L'imperatore intervenne anche in Spagna, approfittando di contrasti tra il re Carlo IV e suoi figlio, erede al trono, Ferdinando. Contrasto nato dalle simpatie di Carlo IV apertamente schierato con Napoleone e del figlio, Ferdinando, più prudente e distaccato. Napoleone spodestò entrambi e il 10 maggio 1808 fece proclamare il fratello Giuseppe Bonaparte re di Spagna. La reazione spagnola fu un'estenuante guerriglia fomentata e organizzata dal ceto nobiliare e dal clero. I francesi furono sconfitti dagli insorti a Bailen e Napoleone fu costretto ad intervenire personalmente. Sul fronte spagnolo restò irrisolta una vertenza politico-militare che contribuì non poco a logorare le truppe napoleoniche. Dalla rivolta spagnola partì l'impulso per una nuova coalizione antifrancese, la quinta (1809), della quale facevano parte l'Impero asburgico e l'Inghilterra. La Campagna si svolte nell'estate del 1809, Napoleone sconfisse gli austriaci ed entrò in Vienna dove imposta la pace di Schonbrunn (ottobre 1809). L'Austria perdeva ulteriori territori. Napoleone sposava Maria Luisa d'Austria, un anno dopo dall'unione nacque anche l'erede: Napoleone Francesco Carlo titolato “re di Roma”.
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