Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Dispensa procedura civile 2, libro Verde, processo di esecuzione, Appunti di Diritto Processuale Civile

Utile per ai fini della ripetizione

Tipologia: Appunti

2017/2018

Caricato il 27/02/2018

mirko_sean
mirko_sean 🇮🇹

5

(1)

7 documenti

1 / 15

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Dispensa procedura civile 2, libro Verde, processo di esecuzione e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! Capitolo 7 L’esecuzione in forma specifica Esecuzione forzata per consegna e per rilascio, per fare o non fare (disfare) Quando parliamo di processo di esecuzione ci occupiamo di una fase, ad una modalità di tutela giurisdizionale ben differenziata dalla cognizione; infatti, la tutela esecutiva, serve a garantire l’attuazione forzata di un diritto, ad esempio: Tizio ha ottenuto una sentenza di condanna con la quale Caio è stato condannato al pagamento di 10.000 €, Caio non intende adempiere spontaneamente a detto obbligo e allora Tizio può, essendo la sentenza di condanna titolo esecutivo (cioè un titolo col quale è possibile iniziare un’esecuzione forzata), promuovere un’attività di pignoramento dei beni di proprietà dello stesso Caio e, detti beni pignorati, saranno venduti forzatamente; ma in più, sul ricavato della loro vendita, Tizio troverà soddisfazione dell’originario credito per € 10.000. Questo tipo di esecuzione è detta esecuzione di espropriazione forzata e serve a soddisfare i crediti che hanno ad oggetto una somma di danaro, questa è l’utilità dell’esecuzione! Altro esempio: Caio si era impegnato a consegnare a Tizio il bene immobile “x” perché formava oggetto di un contratto di compravendita tra gli stessi, ma non adempie a questo suo obbligo; Tizio ottiene una sentenza di condanna, scade il termine prefissato ma Caio ancora non provvede alla consegna di detto bene, allora Tizio potrà decidere di mettere in esecuzione il suo titolo esecutivo e cioè la sentenza di condanna alla consegna del bene. Anche in questo caso, come in quello precedente, viene utilizzato uno strumento forzoso di soddisfazione del diritto ma, a differenza del primo esempio dove Tizio aveva interesse ad ottenere una somma di danaro, in questo secondo caso, Tizio non è interessato al pignoramento dei beni di Caio, non è interessato alla loro rivendita per recuperare il suo credito, il suo interesse è soddisfatto solo dalla prestazione specifica (il rilascio del bene immobile “x”) e quindi in tal caso opererà un tipo di esecuzione detta esecuzione in forma specifica. Dopo questi due esempi possiamo dire di questi due tipi di esecuzione che l’espropriazione forzata passa attraverso un complesso di attività volte a trasferire la proprietà dei beni che formano oggetto dell’esecuzione, comunque è un’esecuzione di tipo residuale perché il creditore di denaro non potrebbe godere di un’altra forma di tutela. L’esecuzione in forma specifica, si distingue in: 1. esecuzione in forma specifica per rilascio; 2. esecuzione in forma specifica per consegna; 3. esecuzione in forma specifica degli obblighi di fare e di non fare. Sappiamo che qualunque tipo di esecuzione (e dunque anche quella in forma specifica), deve essere preceduta dalla notificazione del titolo esecutivo e del precetto ma in più, nell’esecuzione in forma specifica, avendo essa ad oggetto una prestazione specifica, non ha luogo l’intervento dei creditori e quindi non c’è l’esigenza di garantire la par condicio creditorum dal momento che non si agisce sul patrimonio genericamente considerato del debitore. Va precisato poi, che nella stessa esecuzione in forma specifica, non si parla più di creditore ma di avente diritto. Copia del libro L’esecuzione forzata per fare o non fare o disfare) Regola dell’esecuzione degli obblighi di fare e di non fare e invece che la aprte istante dopp la notifica del titolo e del precetto, deve richiedere con ricorso al giudice delll’esecuizione che sia determinate le modalità concrete dell’esecuzione. Oggetto del procedimento e la realizzazione forzata di obblighi di fare e do non fare il cui risultato coicide semprfe con un facere positivo: es. si realizza un’opera che il soggetto passivo era obbligato a compiere oppure si distrugge un’opera che non si doveva realizzare con ripristino della situazione quo ante il giudice dell’esecuzione: sente le parti; identifica il soggwtto che deve procedere all’esecuzione (ufficiale giudiziario); individua le modlaità pratiche necessarie per realizzazione dell’esecuzione; emette ordinnza: tale ordinanaza ha la funzione di integrare il titolo esecutivo che contiene giu di per se l’indicazione del risultato delle operazione da completarsi. l’attività del giudice non è decisoria ma ordinatoria; eventuali quastioni relative all’interpretazione della portata del titolo e del successivo provvedimento del giudice dell’esecuzione, ovvero il rapporto tra i due fattori che sorreggono l’attività dell’ufficiale giudiziario vanno proposte mediante l’opposizione agli atti esecutivi, salvo che non si contesti il diritto stesso di procedere all’esecuzione forzata nel qual caso si applica l’opposizione all’esecuzione. La giurisprudenza propende per l’appellabilità dell’ordinanza sul riflesso del suo carattere intrinsecamente decisorio, ma verde non concorda con tle orientamento. Se nel corso dell’esecuzione sorgono difficoltà l’ufficiale giudiziario e si ritiene anche le parti possono rivolgersi al giudice dell’esecuzione i quale provvederà con ordinanaza impugnabile con opposizione aglia ttiv esecutivi. Le spese dell’esecuzione su istanza di parte vengono liquidate dal GE su istanza di parte il decreto in tal caso non ha aefficacia di titolo esecutivo come avviene nell’esecuzione per consegna o rilascio ma si tratta di un decreto di ingiunzione provvisoriamnete esecutivo. Si tratta di uin vero e proprio procceidmento monitorio, accessorio ma autonomo rispetto al processo di esecuzione, il cui oggetto è la liquidazione e la conguità dalle spese sostenute per l’esecuzione. Le spese sono anticipate dal procedente. casi di dubbia applicabilità dell’esecuzione forzat degli obblighi riguarda: 1 l’ordine di rientegrazione del prestatore di lavoro subordinato licenziato: qui dottrina e giurisprudenza ritengono che l’ordine di reintegro non possa essere coattivamente eseguito; la reitegrazione è oggetto di un facere ifingibile Esecuzione in forma specifica Esecuzione in forma specifica per consegna o per rilascio Iniziamo ad analizzare l’esecuzione in forma specifica per consegna o rilascio. Anch’essa è preceduta, ovviamente, dalla notificazione del titolo esecutivo e del precetto ma occorre una piccola integrazione dell’art. 480 C.p.c. (norma che ci dice qual è il contenuto del precetto, gli elementi previsti a pena di nullità ed elementi la cui mancanza non determina la nullità), dall’art. 605 C.p.c. il quale, rispetto al precetto per consegna e rilascio, ci dice anche che lo stesso precetto, nell’esecuzione per consegna o rilascio, deve contenere l’indicazione sommaria dei beni perché, in questo caso, si sta individuando un bene preciso. Inoltre bisogna integrare il precetto considerando la possibilità che il titolo esecutivo preveda un termine ben preciso per la consegna o il rilascio del bene. Ad esempio: si stipula un contratto di compravendita avente ad oggetto la vendita di un quadro; nello stesso contratto è indicata la data precisa per la consegna ma il soggetto non vi ha provveduto; se nel titolo esecutivo risultava una data precisa per la consegna, la stessa data sarà menzionata nel precetto altrimenti, il termine per la consegna, verrà fissato con lo stesso precetto. Fatta questa precisazione relativa all’integrazione dell’art. 480 C.p.c.; ci chiediamo: ma quali sono le modalità per l’esecuzione per consegna o rilascio? rispettivamente artt. 605 ss. C.p.c. artt. 612 ss. C.p.c. ma, a questi articoli, bisogna aggiungere la disposizione dell’art. 614 bis C.p.c. introdotta nel 2009 che si occupa dell’esecuzione in forma specifica degli obblighi di fare infungibili Quando inizia l’esecuzione per consegna o per rilascio? A noi interessa sapere ciò per due utilità: 1. perché il precetto ha un termine di efficacia di 90 giorni; 2. perché vi è comunque il problema degli effetti della domanda giudiziale (artt. 2943 e 2945 c.c., l’effetto interruttivo o sospensivo della prescrizione è determinato non solo dalla domanda giudiziale con cui si inizia un processo di cognizione, ad esempio l’atto di citazione, ma anche dalla domanda esecutiva e quindi è importante sapere quand’è che la domanda esecutiva è stata proposta, quand’è che inizia l’esecuzione). e, se si sospende l’efficacia esecutiva del titolo, non si può fare nessuna esecuzione perché nulla executio sine titulo. Questa è la storia che ha portato alla modifica della privazione del bene prima di poter chiedere la sospensione del processo esecutivo, sancendo che l’esecuzione per rilascio inizia con la notifica dell’avviso e dunque anticipando il momento di inizio dell’esecuzione per rilascio, tuttavia, questa utilità, è stata poi ridotta dalla contemporanea integrazione dell’art. 615, I° comma C.p.c., che consente di ottenere, già in sede di opposizione a precetto, la sospensione dell’efficacia esecutiva non dell’esecuzione (che ancora non è iniziata), ma del titolo esecutivo. Ma che cosa farà in concreto l’ufficiale giudiziario nell’ipotesi di esecuzione per rilascio? Art. 608, II° comma C.p.c.: “Nel giorno e nell’ora stabiliti, l’ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto si reca nel luogo dell’esecuzione e, facendo uso, quando occorre, dei poteri a lui consentiti dall’articolo 513 (ad esempio: può chiedere l’intervento dei Vigili del Fuoco per aprire la porta), immette la parte istante o una persona da lei designata nel possesso dell’immobile, del quale le consegna le chiavi, ingiungendo agli eventuali detentori di riconoscere il nuovo possessore” e cioè, l’ufficiale giudiziario, immette nel possesso il nuovo proprietario che è l’avente diritto ed informa a chi legittimamente lo detiene (ad esempio chi ha un contratto di locazione), che è cambiato il proprietario e quindi i canoni dovranno essere pagati al nuovo proprietario. E invece, che cosa farà l’ufficiale giudiziario nell’ipotesi di esecuzione per consegna? Si recherà presso il luogo in cui il bene si trova ma non per cercare qualunque bene, bensì il bene determinato e quindi non redigerà neanche il verbale di pignoramento ma ne farà consegna alla parte istante o a persona da lei designata (ai sensi dell’art. 606 C.p.c.). Vediamo che, negli articoli fin qui esaminati, non vi è alcun riferimento al giudice dell’esecuzione e infatti, l’esecuzione per consegna o per rilascio, è uno di quei casi in cui si manifesta il concetto di ufficio esecutivo, ci si rivolge cioè solo all’ufficiale giudiziario che, nell’ipotesi di esecuzione per consegna, “… munito del titolo esecutivo e del precetto si reca sul luogo in cui le cose si trovano …”; nell’ipotesi di esecuzione per rilascio, invece, “... l’ufficiale giudiziario avvisa del giorno e dell’ora in cui procederà all’esecuzione …”. E dunque, nell’esecuzione per rilascio o per consegna, l’intervento del giudice dell’esecuzione è meramente eventuale ed è subordinato all’ipotesi in cui sorgano delle difficoltà nel corso dell’esecuzione ai sensi dell’art. 610 C.p.c. “Provvedimenti temporanei”: “Soltanto quando sorgono delle difficoltà nel corso dell’esecuzione che non ammettono dilazione (e quindi vanno risolte subito), in questo caso è prevista la possibilità che ciascuna parte chieda al giudice dell’esecuzione, anche verbalmente, i provvedimenti temporanei occorrenti”. Vi sono poi, delle ipotesi particolari come il caso in cui, oggetto di consegna, siano delle cose che però sono anche oggetto di pignoramento e allora cosa si farà in tal caso? Art. 607 C.p.c. “Cose pignorate”: “Se le cose da consegnare sono pignorate, la consegna non può avere luogo, e la parte istante deve fare valere le sue ragioni mediante opposizione a norma degli articoli 619 e seguenti (e cioè mediante opposizione di terzo all’esecuzione con la quale il terzo dovrà dimostrare che ha un titolo di acquisto di data certa anteriore al pignoramento)”. Rileva poi, anche la disciplina delle “Spese dell’esecuzione” (spesso abbastanza elevate) di cui all’art. 611 C.p.c.: “Nel processo verbale l’ufficiale giudiziario specifica tutte le spese anticipate dalla parte istante. La liquidazione delle spese è fatta dal giudice dell’esecuzione (dunque, per le spese, la competenza è proprio del giudice dell’esecuzione, il quale dovrà emettere a tal fine un decreto ed il …) decreto (di liquidazione) costituisce titolo esecutivo” ma costituisce titolo esecutivo per quale tipo di esecuzione? Stiamo parlando di un decreto di liquidazione di somme di danaro e per tanto sarà titolo esecutivo per l’espropriazione forzata. Esecuzione in forma specifica degli obblighi di fare e di non fare Il principio rispetto all’esecuzione degli obblighi di fare o di non fare, è opposto a quello appena esaminato nell’esecuzione per consegna o rilascio perché, l’esecuzione in forma specifica degli obblighi di fare o di non fare (e parliamo di facere fungibile, quello che cioè ammette la nomina di un soggetto che ponga in essere l’attività in luogo dell’originario obbligato), richiede necessariamente la partecipazione del giudice dell’esecuzione, tant’è che questo procedimento di esecuzione forzata inizia con il ricorso al giudice dell’esecuzione (che è il tribunale) preceduto sempre dalla notificazione del titolo esecutivo e del precetto. Art. 612 C.p.c. “Provvedimento”: “Chi intende ottenere l’esecuzione forzata di una sentenza di condanna per violazione di un obbligo di fare o di non fare, dopo la notificazione del precetto, deve chiedere con ricorso al giudice dell’esecuzione che siano determinate le modalità dell’esecuzione” questa norma ci sta dicendo che è necessario il ricorso al giudice dell’esecuzione ma ci dice anche qual è il titolo esecutivo e cioè la sentenza di condanna. Saremmo indotti a credere che quindi, per l’esecuzione in forma specifica degli obblighi di fare o di non fare, è titolo esecutivo soltanto la sentenza di condanna. In realtà bisogna partire dal presupposto che si riteneva, ma si ritiene ancora tutt’oggi (e di questo si è occupata anche la Corte costituzionale), che quando si tratta di prestazioni di facere, proprio perché il facere indicato dagli artt. 612 ss. C.p.c. è un facere fungibile, il giudice, all’atto della condanna a fare qualcosa, deve eseguire preventivamente il controllo sulla fungibilità della prestazione perché, se la prestazione è infungibile, non è ammessa la condanna al facere in quanto non è ammessa l’esecuzione in forma specifica e ancora, rispetto all’ipotesi di distruzione di quanto fatto in violazione di un obbligo di non fare, esiste una previsione espressa del codice civile che ci impone che la distruzione non arrechi pregiudizio all’economia nazionale. Questi due controlli si ritiene che debbano essere fatti per forza dal giudice. Pertanto, l’esecuzione degli obblighi di fare e di non fare, può essere essenzialmente iniziata soltanto sulla base di una sentenza di condanna e quindi, il titolo per l’esecuzione degli obblighi di fare e di non fare fungibili, è la sentenza di condanna e la ragione consiste in quei controlli che il giudice, al momento del processo di cognizione, deve fare per valutare se effettivamente vi siano le condizioni (ossia facere fungibile e, nel caso di distruzione di qualcosa, che esso non arrecasse pregiudizio all’economia nazionale) affinché vi sia un’esecuzione in forma specifica. Alla Corte costituzionale è stata rimessa la questione di legittimità costituzionale dell’art. 612 C.p.c. proprio nella parte in cui limita l’efficacia del titolo esecutivo per le prestazioni di fare e di non fare alle sentenze di condanna e non prevede neanche (diceva la Corte) il verbale di conciliazione giudiziale e cioè il verbale redatto quando le parti nel corso del processo riescono a trovare un accordo (è detto giudiziale proprio perché si è formato nel processo ed è ben distinto dal verbale di conciliazione stragiudiziale che, ad esempio, si ottiene in sede di procedimento di mediazione). La Corte costituzionale ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 612 C.p.c. perché, con una sentenza interpretativa di rigetto, ha ritenuto che l’interpretazione dell’art. 612 C.p.c. deve essere compiuta nel senso che: esso sia idoneo a comprendere come titolo esecutivo oltre alla sentenza di condanna, anche il verbale di conciliazione giudiziale perché, quest’ultimo, in quanto formato sotto la direzione del giudice, consente allo stesso giudice di fare ancora quei controlli (fungibilità della prestazione, non contrarietà della distruzione all’economia nazionale) che avevano giustificato la scelta del legislatore di limitare i titoli esecutivi per le esecuzioni di fare alla sentenza di condanna. Concludendo, possiamo allora afferma che l’art. 612 C.p.c., per effetto dell’intervento della Corte costituzionale, va letto nel senso che titolo esecutivo per le prestazioni di fare o di non fare non è soltanto la sentenza di condanna, ma anche il verbale di conciliazione giudiziale. Ma perché nell’esecuzione in forma specifica degli obblighi di fare e di non fare è ecessario presentare ricorso al giudice dell’esecuzione? Ebbene ci si rivolge al giudice dell’esecuzione affinché determini, con ordinanza, le modalità secondo cui si dovrà provvedere all’esecuzione in forma specifica (ad esempio, il giudice stabilisce chi si dovrà occupare dei lavori per eseguire un’opera o per distruggerla). Art. 612 C.p.c.: “Chi intende ottenere l’esecuzione forzata di una sentenza di condanna per violazione di un obbligo di fare o di non fare, dopo la notificazione del precetto, deve chiedere con ricorso al giudice dell’esecuzione che siano determinate le modalità dell’esecuzione. Il giudice dell’esecuzione provvede sentita la parte obbligata. Nella sua ordinanza designa l’ufficiale giudiziario che deve procedere all’esecuzione e le persone che debbono provvedere al compimento dell’opera non eseguita o alla distruzione di quella compiuta”. Questa ordinanza del giudice dell’esecuzione, finché si limita ad indicare l’ufficiale giudiziario che dirige l’esecuzione, l’impresa, o le altre persone che si occuperanno delle opere, è un’ordinanza legittima, è cioè atto del processo esecutivo e come ogni atto del processo esecutivo qualora vi siano dei vizi dell’ordinanza si faranno valere attraverso lo strumento dell’opposizione agli atti esecutivi. Tuttavia, qualora quest’ordinanza del giudice dell’esecuzione non si limitasse ad indicare le modalità dell’esecuzione perché piuttosto con la stessa ordinanza, il giudice, ha egli stesso inciso sul contenuto della prestazione dovuta dando dei dettagli alla stessa prestazione non previsti, né necessari (e questo in genere si verifica nelle prestazioni di fare, per esempio: la sentenza di condanna non aveva determinato che tipo di costruzione doveva essere fatta se, ad esempio, doveva essere fatta in muratura semplice oppure in cemento armato; in base alla scelta cambieranno ovviamente i costi, cambierà il lavoro di progettazione …) allora, in tal caso, il giudice dell’esecuzione ha emesso sì, un’ordinanza, ma in realtà ha emesso un provvedimento dal contenuto sostanzialmente decisorio perché è andato ad integrare il merito della prestazione (non ha indicato solo le modalità: chi è l’impresa che se ne deve occupare), ha inciso sul tipo di prestazione rendendola significativamente diversa da quella che appariva in base alla sentenza. Proprio per questo, questo tipo di ordinanza, può essere considerata non legittima in quanto ha ecceduto il suo limite, ed essendo un provvedimento sostanzialmente decisorio, può essere impugnato non con l’opposizione agli atti esecutivi, ma con l’appello e cioè con il mezzo d’impugnazione che si utilizza contro le sentenze perché, questo, è uno di quei casi in cui vi è discordanza tra la forma e la sostanza del provvedimento (processuale civile 1) e il principio è che, a prevalere, è la sostanza e dunque, essendo questa un’ordinanza dal contenuto decisorio equivalente essenzialmente ad una sentenza, verrà impugnata con mezzo d’impugnazione proprio della sentenza, che è l’appello. Art. 613 C.p.c. “Difficoltà sorte nel corso dell’esecuzione”: “L’ufficiale giudiziario può farsi assistere dalla forza pubblica e deve chiedere al giudice dell’esecuzione le opportune disposizioni per eliminare le difficoltà che sorgono nel corso dell’esecuzione. Il giudice dell’esecuzione provvede con decreto” quindi, se sorgono delle difficoltà nel corso dell’esecuzione specifica degli obblighi di fare o di non fare, è l’ufficiale giudiziario che si rivolge al giudice dell’esecuzione; invece, nell’esecuzione in forma specifica per rilascio o consegna, ai sensi dell’art. 610 C.p.c., era ciascuna parte a poter chiedere l’intervento del giudice dell’esecuzione. Vi è questa differenza perché si ritiene che nell’esecuzione degli obblighi di fare e di non fare, una volta iniziata la procedura esecutiva con la domanda al giudice dell’esecuzione, tutto il dominio sia lasciato all’ufficiale giudiziario, tant’è vero che con l’ordinanza il giudice dell’esecuzione individua proprio l’ufficiale giudiziario che se ne deve occupare. Art. 614 C.p.c. “Rimborso delle spese”: “Al termine dell’esecuzione o nel corso di essa, la parte istante presenta al giudice dell’esecuzione la nota delle spese anticipate vistata dall’ufficiale giudiziario, con domanda di decreto d’ingiunzione …” qui i costi esecutivo perché ha un credito fondato, ad esempio, sulle scritture contabili previste dall’art. 2214 c.c., deve allegare l’estratto autentico delle scritture contabili e se non lo fa, qèuesto vizio, verrà fatto valere con l’opposizione agli atti esecutivi e sarà il debitore a far valere questo vizio relativo all’intervento, oppure un altro creditore che non vuole concorrenti. Sostanzialmente il principio è che, nel dubbio (qualora non ricorre cioè l’opposizione all’esecuzione, o l’opposizione di terzo all’esecuzione), si ricorre all’opposizione agli atti esecutivi e, qualora anche in tal caso si avesse il dubbio che sia opposizione agli atti esecutivi, non la si qualifica in quanto la qualificazione spetterà al giudice; in base poi alla qualificazione si determinerà il regime d’impugnazione; 2. opposizione all’esecuzione, art. 615 C.p.c. con cui non si fanno valere dei vizi di forma ma si deduce che il procedente, o l’avente diritto non ha, in realtà, il diritto di procedere all’esecuzione forzata oppure, nel caso di espropriazione forzata, si fa valere che il bene pignorato è impignorabile. Si tratta, sostanzialmente, di un’opposizione che attiene al merito; 3. opposizione di terzo all’esecuzione, strumento che ha a disposizione un terzo quando sia stato pignorato un bene che, in realtà, non appartiene al debitore esecutato ma al terzo; anch’essa è un’opposizione che attiene al merito, art. 619 C.p.c. Il terzo che propone opposizione di terzo, subisce tutti gli eventi derivanti dagli effetti del pignoramento e della vendita forzata infatti, bisogna verificare se il diritto del terzo sia opponibile al creditore procedente o ai creditori intervenuti e quindi, l’ipotesi in cui si propone questo tipo di opposizione, si verifica quando si tratta di un diritto opponibile, perché altrimenti, il creditore procedente e quelli intervenuti, sono già tutelati dagli effetti sostanziali del pignoramento e della vendita forzata. Ma nel giudizio di opposizione di terzo, il terzo, come dovrà provare il suo diritto? Ebbene in questo processo (che nel caso di specie è un processo di cognizione piena), ci saranno limiti alla prova per testimoni, infatti l’art. 621 C.p.c. “Limiti della prova testimoniale” sancisce: “Il terzo opponente non può provare con testimoni il suo diritto sui beni mobili pignorati nella casa o nell’azienda del debitore, tranne che l’esistenza del diritto stesso sia resa verosimile dalla professione o dal commercio esercitati dal terzo o dal debitore” quindi il terzo, per far valere il suo diritto, lo dovrà provare essenzialmente con documenti (ad esempio: hanno pignorato il quadro nella casa di Tizio, ma il bene mobile è di Caio e per provarlo servirà un atto di data certa anteriore al pignoramento però, se Tizio, presso la cui azienda hanno pignorato il quadro di Caio, svolgesse come tipo di professione un servizio di custodia di beni preziosi, allora Caio potrebbe provare il suo diritto per testimoni in quanto, il fatto che Caio è proprietario del bene mobile, è reso verosimile dalla professione esercitata dal debitore). Sia con l’opposizione agli atti esecutivi che con l’opposizione all’esecuzione, è possibile far valere vizi anche prima che il processo esecutivo sia iniziato e allora, quando l’opposizione agli atti esecutivi (art. 617, I° comma C.p.c.) e l’opposizione all’esecuzione (art. 615, I° comma C.p.c.) sono proposte prima dell’inizio del processo esecutivo e quindi sostanzialmente quando sono notificati titolo esecutivo e precetto, sono denominate opposizioni a precetto. Dopo l’inizio dell’esecuzione, è sempre possibile proporre o un’opposizione agli atti esecutivi, ma questa volta ai sensi del II° comma dell’art. 617 C.p.c., oppure un’opposizione all’esecuzione ai sensi del II° comma dell’art. 615 C.p.c. Invece, siccome l’opposizione di terzo presuppone un pignoramento, viene sempre proposta dopo l’inizio dell’espropriazione forzata con ricorso al giudice dell’esecuzione il quale verificherà se quella controversia, rientra nella sua competenza per materia o valore, in particolare per valore perché abbiamo detto che in base all’art. 17 C.p.c., il valore dell’opposizione di terzo, si determina dal valore dei beni controversi (ad esempio: il quadro vale € 1.000, competente sarà il giudice di pace, se invece il quadro valesse € 10.000, competente sarebbe il tribunale). Se il giudice dell’esecuzione non ha la competenza, indica la competenza del giudice di pace e fissa un termine per la riassunzione del processo di opposizione di terzo dinanzi al giudice di pace. Queste distinzioni non sono senza conseguenze perché, se si propone l’opposizione agli atti esecutivi e l’opposizione all’esecuzione prima dell’esecuzione, non c’è ancora un giudice dell’esecuzione e allora, in tal caso, l’opposizione non si proporrà con ricorso ma con atto di citazione dinanzi al giudice che sia competete per valore e per territorio in base alle norme relative alla competenza sulle cause relative all’opposizione. Per le cause di opposizione all’esecuzione si tiene conto anche della competenza per materia e per valore mentre, per l’opposizione agli atti esecutivi, è sempre competente il tribunale (vedi pag. 22 e 23 sbobinatura). Riscontriamo quanto fin qui detto, nella lettura degli articoli in esame e cioè: - art. 617 C.p.c. relativo all’opposizione agli atti esecutivi e rubricato “Forme dell’opposizione”: “Le opposizioni relative alla regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto si propongono, prima che sia iniziata l’esecuzione, davanti al giudice indicato nell’articolo 480 terzo comma (questo articolo invita a fare nel precetto la dichiarazione di residenza e l’elezione di domicilio nel circondario del giudice competente per l’esecuzione, altrimenti le comunicazioni avverranno presso la cancelleria), con atto di citazione da notificarsi nel termine perentorio di venti giorni dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto” possiamo notare, in questo primo comma, che viene richiamato soltanto un criterio di competenza per territorio e quindi, in generale, per l’opposizione agli atti esecutivi, è sempre competente il tribunale; poi, ci dice lo stesso articolo, che questa opposizione si propone prima dell’inizio dell’esecuzione con atto di citazione che deve essere notificato nel termine di venti giorni dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto (perché possono essere anche notificati separatamente) e dunque, le opposizioni agli atti esecutivi, hanno un termine di decadenza (20 giorni dalla conoscenza dell’atto). Ma cosa succede se invece l’esecuzione è già iniziata? Ce lo dice il II° comma dello stesso art. 617 C.p.c.: “Le opposizioni di cui al comma precedente (relative all’irregolarità formale del titolo esecutivo o del precetto) che sia stato impossibile proporre prima dell’inizio dell’esecuzione e quelle relative alla notificazione del titolo esecutivo e del precetto e ai singoli atti di esecuzione (ad esempio: l’ordinanza con cui il giudice autorizza la vendita o l’assegnazione, l’ordinanza con cui il giudice dispone la conversione del pignoramento …) si propongono con ricorso al giudice dell’esecuzione nel termine perentorio di venti giorni dal primo atto di esecuzione, se riguardano il titolo esecutivo o il precetto, oppure dal giorno in cui i singoli atti furono compiuti” anche per questo è importante sapere quando inizia l’esecuzione, perché si devono calcolare i venti giorni nel caso di vizi relativi a titolo esecutivo o precetto, invece i venti giorni decorrono dal compimento o meglio dalla conoscenza dell’atto nell’ipotesi di vizi relativi a qualsiasi altro atto di esecuzione. Se questa opposizione è proposta con citazione, si apre un normale processo di cognizione, ma se invece è proposta con ricorso al giudice dell’esecuzione che cosa succede? Art. 618 C.p.c.: “Il giudice dell’esecuzione fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto” e cioè viene fatto il ricorso al giudice dell’esecuzione, con lo stesso ricorso non si è però realizzato il contraddittorio ed infatti, il giudice, con un decreto fissa un’udienza e, ricorso e decreto, andranno notificati alle controparti e poi si terrà una nuova udienza dinanzi al giudice dell’esecuzione. - Art. 615 C.p.c. relativo all’opposizione all’esecuzione e rubricato “Forme dell’opposizione”: “Quando si contesta il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata e questa non è ancora iniziata, si può proporre opposizione al precetto con citazione davanti al giudice competente per materia o valore e per territorio a norma dell’articolo 27. Il giudice, concorrendo gravi motivi, sospende su istanza di parte l’efficacia esecutiva del titolo” è quindi possibile ottenere la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo in caso di opposizione a precetto, come sancito dal I° comma dell’art. 615 C.p.c. mentre, non è prevista nell’opposizione ex art. 617, I° comma C.p.c. “Quando è iniziata l’esecuzione, l’opposizione di cui al comma precedente e quella che riguarda la pignorabilità dei beni si propongono con ricorso al giudice dell’esecuzione stessa. Questi fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto”. Art. 616 C.p.c. “Provvedimenti sul giudizio di cognizione introdotto dall’opposizione”: “Se competente per la causa è l’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice dell’esecuzione (perché la causa non la decide il giudice dell’esecuzione ma il giudice della cognizione e cioè il tribunale come giudice della cognizione e non come giudice dell’esecuzione) questi fissa un termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito…altrimenti rimette la causa dinanzi all’ufficio giudiziario competente assegnando un termine perentorio per la riassunzione della causa”; si tratta del c.d. meccanismo della translatio iudicii (trasferimento del giudizio) che non esiste nel caso dell’opposizione agli atti esecutivi infatti, al II° comma dell’art. 618 C.p.c., è stabilito che: “All’udienza (il giudice dell’esecuzione) dà con ordinanza i provvedimenti che ritiene indilazionabili ovvero sospende la procedura. In ogni caso (vediamo che non dice: se competente) fissa un termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito … La causa è decisa con sentenza non impugnabile”. - Art. 619 C.p.c. relativo all’opposizione di terzi: “Il terzo che pretende avere la proprietà o altro diritto reale sui beni pignorati può proporre opposizione con ricorso al giudice dell’esecuzione, prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione dei beni (altrimenti il bene verrà venduto e il terzo potrà, in tal caso, ottenere solo il ricavato della vendita). Il giudice fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto. Se all’udienza le parti (creditore, debitore e terzo, che sono i litisconsorti necessari) raggiungono un accordo il giudice ne dà atto con ordinanza, adottando ogni altra decisione idonea ad assicurare, se del caso, la prosecuzione del processo esecutivo ovvero ad estinguere il processo, statuendo altresì in questo caso anche sulle spese (ed il processo si estingue quando il bene pignorato è soltanto uno e si verifica che lo stesso appartiene al terzo e quindi, una volta raggiunto l’accordo e stabilito che il bene appartiene al terzo, il processo esecutivo cade; se invece vi sono più beni pignorati, il pignoramento resta in piedi e viene meno solo su quel bene che si è verificato essere di proprietà del terzo); altrimenti (e cioè se non si raggiunge l’accordo) il giudice provvede ai sensi dell’articolo 616 (e cioè: se è competente il tribunale, fissa il termine per introdurre il giudizio di merito altrimenti, fissa il termine per riassumere la causa dinanzi al giudice di pace) tenuto conto della competenza per valore (invece l’art. 616 C.p.c., oltre al valore tiene conto anche della competenza per materia; tuttavia, il valore si determina in base al valore del bene controverso anche se, la giurisprudenza, in alcuni casi, applica anche qui oltre il criterio del valore pure il criterio della competenza per materia). Opposizioni esecutive (continuo) Abbiamo detto che l’opposizione all’esecuzione è l’opposizione con cui si contesta il diritto a procedere all’esecuzione forzata; ma perché è possibile contestare ciò?
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved