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DISPENSA - SCHEMA - RIASSUNTO MALATTIE DELL'APPARATO CARDIOVASCOLARE (SECONDA PARTE), Schemi e mappe concettuali di Cardiologia

MALATTIE DELL'APPARATO CARDIOVASCOLARE - CARDIOLOGIA (SECONDA PARTE). FONTI: parte 2 del manuale di Medicina Interna Sistematica (Rugarli), lezioni frontali professor A. Margonato, M. Opizzi, E. Agricola, P. Della Bella, D. Cianflone (Università Vita-Salute San Raffaele). ARGOMENTI: cardiomiopatie e miocarditi - endocardite - malattie del pericardio (pericardite, tamponamento cardiaco, masse pericardiche)

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2021/2022

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Scarica DISPENSA - SCHEMA - RIASSUNTO MALATTIE DELL'APPARATO CARDIOVASCOLARE (SECONDA PARTE) e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Cardiologia solo su Docsity! MALATTIE DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE – Federica Gandini CARDIOMIOPATIE E MIOCARDITI CARDIOMIOPATIE Le cardiomiopatie sono malattie del miocardio in cui il muscolo cardiaco è strutturalmente e funzionalmente anormale, in assenza di altre patologie che possano spiegare l’anomalia osservata. Le cardiomiopatie sono divise in: - cardiomiopatia ipertrofica - cardiomiopatia dilatativa - cardiomiopatia restrittiva - cardiomiopatia aritmogena - cardiomiopatie non classificate  cardiomiopatia di Tako-tsubo  miocardio non compatto Per ciascun fenotipo si distinguono: - forme familiari  più di un membro della famiglia presenta lo stesso fenotipo o un fenotipo che potrebbe essere causato dalla stessa mutazione - forme non familiari  a loro volta si dividono in:  forme idiopatiche  senza una causa identificabile  forme acquisite  in cui l’alterazione miocardica è secondaria a una malattia sistemica o di un altro organo 1) CARDIOMIOPATIA IPERTROFICA Eziologia: la cardiomiopatia ipertrofica (HCM) è caratterizzata da un’importante ipertrofia miocardica del ventricolo sinistro in assenza di una causa nota di ipertrofia. È una malattia genetica, familiare, trasmessa con modalità per lo più autosomica dominante: - forma sarcomerica  nel 60-70% dei casi la mutazione coinvolge geni che codificano per proteine del sarcomero - fenocopie  presentano eziologie diverse:  glicogenosi  malattie da accumulo lisosomiale  disfunzioni mitocondriali  amiloidosi familiare  malattie neuromuscolari  forme acquisite da farmaci Nella maggior parte dei casi l’ipertrofia è prevalente a livello del setto interventricolare rispetto alla parete libera del ventricolo sx (ipertrofia asimmetrica del setto). Epidemiologia: causa frequente di morte cardiaca improvvisa, spesso in giovani atleti. MALATTIE DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE – Federica Gandini Fisiopatologia: quadro istomorfologico caratterizzato da: - ipertrofia miocellulare  non giustificata da difetti valvolari o altre patologie - disorganizzazione (disarray) spaziale dei miociti - patologia microvascolare  colpisce arteriole coronariche - fibrosi sostitutiva dei miociti necrotici (ipertrofia e fibrosi contribuiscono ad aumentare la rigidità delle pareti ventricolari  substrato per aritmie ventricolari) - alterazione dell’apparato valvolare mitralico e displacement dei muscoli papillari  generalmente l’anteriore tende a dislocarsi verso il setto o fondersi con esso Il ventricolo sx è ipertrofico e NON dilatato  aumenta rigidità del VS > riduzione della cavità ventricolare sx > alterato riempimento > aumento pressione telediastolica e pressione che l’atrio deve esercitare per spingere il sangue in ventricolo  può determinare dilatazione dell’atrio sx con aumentata incidenza di aritmie sopraventricolari e complicanze tromboemboliche  aumento delle pressioni di riempimento è alla base della dispnea. Fisiopatologia: - ostruzione dinamica all’efflusso ventricolare sinistro (LVOT)  colpisce il 66% dei pazienti  ipertrofia settale determina un ostacolo all’efflusso di sangue dal ventricolo sx all’aorta  tale ostruzione determina uno spostamento in avanti del lembo anteriore della mitrale (SAM), che in sistole è risucchiato a contatto del setto ipertrofico e contribuisce così ad ostacolare il flusso di sangue (effetto risucchio) questo movimento può causare insufficienza mitralica che contribuisce a dilatare ulteriormente l’atrio sinistro  ostruzione è dinamica e variabile e dipende dalle condizioni di carico del ventricolo e della contrattilità MALATTIE DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE – Federica Gandini Manifestazioni cliniche: numerosi pazienti sono asintomatici  quando compaiono sintomi e segni: - legati all’insufficienza del ventricolo sinistro  astenia, dispnea, edemi declivi, palpitazioni secondarie ad aritmie ventricolari o a fibrillazione atriale - se coinvolto anche il ventricolo destro  turgore delle giugulari, edemi massivi, epatomegalia, ascite, versamento pleurico bilaterale, congestione epatica, insufficienza tricuspidale - se compare insufficienza cardiaca grave (fase terminale) compromissione multiorgano con insufficienza renale ed epatica ed alterazioni emocoagulative All’esame obiettivo si possono auscultare un III e IV tono e un soffio da insufficienza mitralica. Diagnosi strumentale: - ECG  può mostrare  blocco di branca sx  blocco di branca dx  emiblocco anteriore sx  ipertrofia ventricolare sx - ecocardiogramma  fondamentale nel dimostrare dilatazione e disfunzione contrattile ventricolare (alcuni hanno una più evidente ipocinesia e solo una lieve dilatazione del ventricolo sx: Mild Dilated Cardiomyopathy) N.B. La coesistenza di miocardio non compatto indica una causa genetica. Prognosi: collegata allo sviluppo o meno di scompenso cardiaco: se si presenta si ha una mortalità a 5 anni del 50%  progressivo deterioramento e spesso i pazienti vengono candidati a trapianto cardiaco  le forme secondarie ad abuso sono potenzialmente reversibili. Terapia: è indirizzata al trattamento dell’insufficienza cardiaca e prevede l’utilizzo di: - Β-bloccanti  migliorano la funzione contrattile del ventricolo sx MALATTIE DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE – Federica Gandini - inibitori del sistema renina-angiotensina (ACE inibitori e sartani)  riducono le resistenze periferiche e prevengono il rimodellamento ventricolare mediato dall’angiotensina II - farmaci diuretici  riducono la pressione di riempimento del ventricolo sinistro Nei pazienti: - con sincope o tachiaritmie ventricolari sostenute e/o sintomatiche (prevenzione secondaria) oppure in caso di frazione di eiezione inferiore al 35% (prevenzione primaria) è indicato l’impianto di un defibrillatore - con funzione ventricolare gravemente compromessa e ritardo della conduzione intraventricolare (blocco di branca sinistra) è utile l’impianto di un pacemaker biventricolare che stimola in modo sincrono entrambi i ventricoli 3) CARDIOMIOPATIA RESTRITTIVA (RCM) Eziologia: con il termine cardiomiopatia restrittiva si indicano numerose malattie miocardiche caratterizzate da un alterato riempimento ventricolare diastolico, in presenza di volumi ventricolari normali o ridotti. Cuore affetto da RCM è caratterizzato da: - spessori leggermente aumentati - cavità ventricolari particolarmente ridotte - severissima dilatazione bilaterale - fibrosi  determina rigidità del muscolo cardiaco Le RCM si possono classificare in: - forme con interessamento miocardico  forme infiltrative  forme da accumulo  forme senza infiltrazione/accumulo - forme con interessamento endomiocardico Epidemiologia: si ritiene essere il tipo meno comune di cardiomiopatia. Fisiopatologia: è caratterizzata da un’abnorme rigidità delle pareti ventricolari sinistre e/o destre che si oppongono pertanto al riempimento ventricolare durante la diastole determinando un rapido aumento della pressione e solo un modesto aumento del volume ventricolare. Manifestazioni cliniche: - interessamento isolato o prevalente del ventricolo sinistro  quadro clinico: congestione polmonare e scarso incremento della gittata cardiaca durante sforzo  sintomi: astenia, dispnea, scarsa tolleranza allo sforzo - nelle fasi più avanzate e nelle forme con prevalente coinvolgimento del ventricolo destro  segni di ipertensione venosa sistemica secondaria alla difficoltà di riempimento del ventricolo destro  sintomi: turgore delle giugulari, edemi declivi, ascite, epatomegalia La RCM causa HFpEF (Heart Faliure with preserved Ejection Fraction), ovvero uno scompenso cardiaco a FE preservata, detto anche scompenso diastolico. MALATTIE DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE – Federica Gandini Diagnosi: criterio diagnostico è funzionale  la RCM è caratterizzata da una curva di riempimento ventricolare diastolico con una morfologia definita a dip-plateau, in cui si hanno: - rapido riempimento ventricolare - rapido raggiungimento del plateau  in cui la fase di riempimento successiva è estremamente lenta Questo indica un’impossibilità di aumentare il volume ventricolare se non con un’incredibile incremento di pressione del ventricolo sx. Diagnosi differenziale pone problemi con: - pericardite costrittiva  l’eco non consente spesso una DD con la pericardite costrittiva, mentre l’RM permette una migliore visualizzazione di eventuale ispessimenti pericardici - fibrillazione atriale permanente - se c’è ipertrofia ventricolare sx anche con stenosi aortica associata a fibrillazione atriale Terapia: consta di ACE-inibitori e sartani (possono causare ipotensione  da usare con cautela a bassi dosaggi) 4) CARDIOMIOPATIA ARITMOGENA (ARVC o ACM) È una cardiomiopatia che ha una presentazione clinica di natura aritmica, con aritmie ventricolari anche sostenute e morte improvvisa  sebbene rara è una causa frequente di morte improvvisa in età giovanile. Spesso cardiomiopatia familiare  più frequentemente autosomica dominante: riguarda gap junctions, che garantiscono la continuità tra i cardiomiociti, formando un sincizio funzionale  la loro disfunzione impedisce la corretta trasmissione degli stimoli. È caratterizzata da una progressiva sostituzione del miocardio ventricolare destro con tessuto fibroadiposo (quadro altamente aritmogeno). Fisiopatologia: - danno ai cardiomiociti - evidenza istologica di sostituzione fibroadiposa del tessuto miocardico - infiltrato flogistico Il danno cellulare sembra essere innescato dallo sforzo fisico, il quale associato alla debolezza strutturale, genera processi infiammatori, riparati da deposizione fibro-adiposa. Diagnosi strumentale: - ECG  mostra:  onde epsilon in V1 e V2  blocco di branca dx  prolungamento del QRS MALATTIE DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE – Federica Gandini MIOCARDITI EZIOLOGIA Con il termine miocardite si indica uno stato infiammatorio del muscolo cardiaco, caratterizzato da un infiltrato di cellule infiammatorie nel miocardio e dalla presenza di necrosi. È una malattia che può portare a cardiomiopatia, ovvero una sindrome clinica caratterizzata da scompenso cardiaco. Classificazione causale: - miocardite infettiva  forma più comune:  infezioni virali  rilevanza soprattutto nei Paesi occidentali  infezioni batteriche  rare  trypanosoma cruzi  soprattutto in Sudamerica  responsabile della malattia di Chagas  una delle cardiomiopatie su base infiammatoria più diffusa al mondo - miocardite autoimmune  è legata all’attivazione abnorme del sistema immunitario spesso secondaria a un’iniziale infezione virale  non infrequente il coinvolgimento miocardico in malattie come LES, sclerodermia e sarcoidosi - miocardite allergica  presenza di eosinofili, possono essere legate a farmaci - miocardite da ipersensibilità  indotta da farmaci o sostanze tossiche (cocaina) Probabilmente vi sono fenomeni autoimmunitari, una predisposizione genetica e l’esposizione ad alcuni patogeni che risultano essere concatenati nello scatenarsi di una miocardite. Classificazione istologica: un tempo venivano utilizzati i criteri di Dallas, i quali suddividevano il quadro in - miocardite attiva  se facendo biopsia vi era la presenza di un infiltrato infiammatorio associato a necrosi - miocardite borderline  se vi era solo infiltrato infiammatorio in assenza di necrosi Ad oggi non è più utilizzata questa classificazione. Nuova metodica: - miocarditi linfocitarie  forme più comuni  infiltrato miocardico caratterizzato da linfociti e macrofagi  causa più comune: infezioni virali, ma anche miocarditi immuno- checkpoint inhibitors correlate - miocarditi eosinofili  presenza di eosinofili a livello miocardico  causa più comune: esposizione a certi tipi di farmaci (forme allergiche) - miocarditi giganto-cellulari  forma autoimmunitaria, più grave, si associa a mortalità elevata - miocarditi granulomatose  forma più rara  granulomi come si hanno nella sarcoidosi FISIOPATOLOGIA I meccanismi attraverso i quali l’infezione virale conduce a una miocardite includono: effetto citotossico dell’agente virale > induzione aberrante di apoptosi > espressione di citochine nel MALATTIE DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE – Federica Gandini miocardio (es: fattore di necrosi tumorale) > risposta immunitaria abnorme scatenata dall’agente stesso. Superata la fase acuta della malattia si può assistere a: - eliminazione del virus con guarigione del processo miocarditico - persistenza del virus con o senza cronicizzazione della miocardite  persistenza spesso associata allo sviluppo di una cardiomiopatia dilatativa ed a una prognosi infausta - miocarditi autoimmuni postvirali  persistenza del processo infiammatorio autoimmune anche dopo l’eliminazione del virus  sono innescate da esposizione di antigeni miocardici non riconosciuti come ‘self’ dal sistema immunitario o causate da una disreattività del sistema immunitario  forme più comuni MANIFESTAZIONI CLINICHE Ampio spettro di presentazione  più comune: presenza di dolore toracico - evoluzione benigna  passa quasi asintomaticamente - CMI  nei giovani è una causa relativamente frequente di morte cardiaca improvvisa - miocardite con esito cicatriziale  in una minoranza di pz può dare esito cicatriziale, dovuto al sottostante danno infiammatorio, cui segue il più delle volte lo sviluppo di una cardiomiopatia dilatativa Le forme: - miocadite acuta  insorge in un lasso di tempo breve  sintomi da meno di un mese - cardiomiopatia infiammatoria cronica  danni infiammatori a livello del miocardio che si sono ormai prolungati e sono evoluti verso una forma di cardiomiopatia  insorgenza di dispnea da sforzo ed edemi declivi  sintomi da più di un mese Nella forma acuta, rispetto alla forma cronica, si ha: - durata inferiore ai 30 giorni - elevati livelli di troponina (indicatore del danno cardiaco - normali dimensioni del ventricolo sx - importante infiltrato infiammatorio - edema La miocardite acuta di solito coinvolge giovani e giovani adulti (30-45 anni)  aiuta nella diagnosi differenziale con l’infarto, il quale presenta anch’esso dolore toracico, troponina mossa, alterazioni ECG, ma se questi sintomi si hanno in un 20enne è più probabile miocardite che infarto. Scenario di miocardite acuta: - non complicata  dolore toracico, ma FE normale, non si ha dispnea o scompenso cardiaco  prognosi ottima - complicata  segni quali svenimento, scompenso cardiaco acuto, FE<50%, VS dilatato  pz con mortalità più elevata  tra questi, i pazienti instabili emodinamicamente hanno miocarditi acute fulminanti  più pericolose, il pz può morire acutamente MALATTIE DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE – Federica Gandini Sintomi: - dolore toracico  sintomo più comune - dispnea  data dal fatto che il cuore, a causa dell’infiltrato infiammatorio, non si può contrarre in maniera adeguata - palpitazioni  possono dare aritmie (blocchi AV) - sincope - altre manifestazioni tipiche di un quadro virale  mal di gola, disturbi GI, raffreddore, sintomi respiratori, che possono precedere di alcuni giorni il quadro clinico di soggetti che sviluppano poi miocardite virale DIAGNOSI La miocardite è una causa non rara di insufficienza cardiaca, aritmie ventricolari e morte improvvisa, pertanto è necessaria una diagnosi precoce. All’ECG  patologico nell’85% dei casi - alterazioni del tratto ST  soprattutto sopraslivellamento  caratteristico dell’infarto miocardico  si differenzia perché in questo caso è diffuso, non solo in alcune derivazioni  sottoslivellamento  caratteristico delle sindromi coronariche acute - possibile slargamento del QRS con blocco di branca dx o sx  se presentano anche blocco AV, prognosi infausta Per quanto riguarda gli esami di laboratorio: - troponina  per identificare che vi sia un danno cardiaco - PCR  per vedere se vi è infiammazione associata - emocromo con formula  perché se vi è, per esempio, eosinofilia periferica elevata, la diagnosi è di miocardite eosinofila Se il paziente presenta dolore ed in seguito agli esami del sangue si individua troponina elevata, si esegue l’ecocardiogramma: - spessore delle pareti cardiache  aumentato a causa dell’edema o microfiltrato - possibile ipocinesia nella parete infero-laterale - versamento pericardico - disfunzione diastolica  rilasciamento del muscolo ridotto dall’infiltrato infiammatorio Metodi di diagnosi: - coronarografia  eseguita per escludere che nei pz in cui si sospetta miocardite vi sia una malattia coronarica - biopsia cardiaca  tanto più il pz è grave tanto più si ritiene opportuno fare un esame invasivo per identificare l’istologia  indicazione nei seguenti casi:  instabilità emodinamica  alterazioni elettriche importanti MALATTIE DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE – Federica Gandini ENDOCARDITE INTRODUZIONE Il termine endocardite indica un’infiammazione dell’endocardio che può interessare soprattutto i lembi valvolari  cause più frequenti sono infettive  endocardite infettiva configura un’entità clinica autonoma, mentre le rimanenti endocarditi si inscrivono nel quadro clinico di altre malattie. L’endocardite infettiva è caratterizzata dalla localizzazione all’endocardio, e per lo più sui lembi valvolari, di microorganismi  si verificano un danno delle struttura valvolari e la persistente immissione in circolo di microorganismi, con prolungata stimolazione del sistema immunitario. Per anni l’endocardite infettiva è stata classificata in due tipi: - acuta  provocata da microorganismi virulenti, invasivi, che si impiantano anche su valvole cardiache sane e la cui immissione in circolo provoca frequentemente focolai infettivi metastatici in varie sedi  decorso violento e febbre alta (<6 settimane) - subacuta  provocata da microorganismi poco virulenti, non invasivi, che si fissano su valvole cardiache già lese e la cui immissione in circolo difficilmente dà luogo a focolai infettivi metastatici  molto più lenta e subdola (>6 settimane) Questa distinzione non corrisponde più alla realtà clinica quotidiana  impiego precoce di antibiotici fa sì che il quadro della malattia sia spostato verso quello proprio della forma subacuta. Una classificazione più appropriata dell’endocardite infettiva deve considerare altri parametri, come il sito anatomico, il tipo di agente infettivo o il tipo di paziente: - endocarditi del cuore sinistro  localizzate sulla valvola mitralica e/o aortica - endocarditi del cuore destro  localizzate prevalentemente alla valvola tricuspide Oppure altra classificazione: - endocarditi su valvola nativa (NVE) - endocarditi su valvola protesica (PVE)  classificata inoltre come:  precoce  entro 2 mesi dall’intervento chirurgico  intermedia  tra 2 e 12 mesi dall’intervento chirurgico  tardiva  dopo oltre 12 mesi dall’intervento chirurgico A seconda della classificazione varierà la prognosi: le forme peggiori sono quelle fungine, su protesi meccaniche, in pazienti immunodepressi, perché per i funghi non ci sono agenti antinfettivi importanti ed efficaci come per le forme batteriche. MALATTIE DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE – Federica Gandini EPIDEMIOLOGIA, EZIOLOGIA E FATTORI DI RISCHIO La malattia è relativamente rara  maggior numero di casi si manifesta in soggetti di sesso maschile, spesso anziani e con altre comorbilità. Le PVE sono in aumento e rappresentano ormai il 20-30% di tutte le endocarditi infettive. Numerosi microorganismi possono provocare l’endocardite infettiva  perlopiù derivati dal cavo orale e dalle alte vie aeree, dalla cute, dal colon, dall’apparato uro-genitale. Il loro passaggio in circolazione è favorito da manovre, quali interventi odontotecnici, traumatismi cutanei, posizionamento di dispositivi intracardiaci, indagini endoscopiche, cateterismi e raschiamenti uterini. Nella maggior parte dei casi sono implicati batteri Gram – positivi: - streptococchi  causano la maggior parte delle endocarditi infettive  maggiore attitudine a infettare valvole cardiache già in precedenza lese - stafilococchi  in aumento come causa di NVE e principali agenti eziologici delle PVE  hanno superato gli streptococchi come causa di endocardite nei Paesi ad alto reddito  provenienza solitamente dalla cute  Staphylococcus aureus può infettare anche valvole assolutamente integre  Stafilococchi coagulasi-negativi colpiscono più facilmente portatori di protesi valvolari - enterococchi I batteri Gram- e i funghi prevalgono tra i tossicodipendenti e i portatori di protesi valvolari. Perché l’endocardite infettiva possa iniziare, occorre che i microrganismi si attacchino all’endocardio: - microrganismi più virulenti possono farlo direttamente su cellule endoteliali integre - microrganismi meno virulenti possono farlo se trovano circostanze favorevoli alla loro fissazione La condizione più propizia perché si abbia la fissazione di microorganismi sull’endocardio è rappresentata da un getto ematico spinto da una pressione elevata che, attraverso un orifizio ristretto, si riversi in una camera cardiaca a pressione bassa  condizione di questo tipo si può verificare in alcuni vizi valvolari: - insufficienza mitralica  getto è rappresentato dal sangue che rigurgita in sistole nell’atrio sinistro - insufficienza aortica  getto è rappresentato dal sangue che rigurgita nel ventricolo sinistro in diastole In questi casi, a causa del flusso vorticoso, si ha un danno endoteliale e una conseguente adesione dei microorganismi, immediatamente a valle dell’orifizio ristretto attraverso cui passa il getto ematico e sulle strutture che sono investite direttamente dal getto ematico  in assenza di batteriemia, in queste sedi possono aversi piccoli depositi di piastrine destinati a dissolversi rapidamente senza conseguenze. MALATTIE DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE – Federica Gandini È solo quando alla deposizione di piastrine segue la fissazione di microrganismi che si innesca un processo irreversibile che conduce alla lesione tipica dell'endocardite infettiva  deposito di piastrine sull’endocardio è indispensabile per fornire ai microrganismi un punto di aggancio. Una volta che i microrganismi si sono fissati, danneggiano ulteriormente l’endocardio amplificando la formazione del trombo e favorendo un ambiente adatto alla colonizzazione microbica. È evidente che esistono fattori predisponenti allo sviluppo di un’endocardite infettiva: - valvulopatie  i getti dell’insufficienza mitralica e aortica sono vorticosi, danno mosaici importanti e quindi i germi in questa sede si impiantano più facilmente - cardiopatie congenite  es: pervietà interventricolare - protesi valvolari - immunosoppressione - tossicodipendenza  soprattutto in caso di somministrazione endovena - dialisi Attualmente la più comune diagnosi di alterazione cardiovascolare riconosciuta come fattore predisponente all’endocardite infettiva è il prolasso della mitrale. PATOGENESI E MANIFESTAZIONI CLINICHE PATOGENESI E ANATOMIA PATOLOGICA La lesione elementare dell’endocardite è rappresentata da una vegetazione, una massa amorfa di piastrine e fibrina con abbondante contenuto di batteri e cellule infiammatorie, adesa da un lato all’endocardio e per il resto sporgente in una cavità cardiaca. Questa vegetazione costituisce un ottimo habitat per i microorganismi, i quali vi si possono moltiplicare in una situazione protetta rispetto all’azione di cellule fagocitiche e anticorpi  gli strati subendocardici, e in particolare i lembi valvolari, non sono forniti di capillari e perciò le cellule fagocitiche non si possono concentrare come fanno solitamente quando esiste una localizzazione infettiva. Le stratificazioni di piastrine e di fibrina sulle vegetazioni coprono i microorganismi e li proteggono dall’azione degli anticorpi circolanti  per questo, in assenza di terapia antibiotica, l’endocardite infettiva non guarisce spontaneamente. La presenza delle vegetazioni determina alcuni importanti effetti: - azioni lesive locali  soprattutto sui lembi valvolari  rappresentate inizialmente da necrosi delle cellule endoteliali in corrispondenza della vegetazione e, successivamente, da fenomeni necrotici del connettivo sottostante (lesioni ulcerative) - distacco di frammenti dalle vegetazioni che possono provocare embolizzazione di vasi periferici  spesso determinata da frammenti molto piccoli: microembolizzazione è molto più comune di quanto sia clinicamente rilevabile e può provocare lesioni cutanee e mucose, retiniche e renali (glomerulonefrite focale) - formazione di focolai infettivi metastatici  forma rara  solo con microorganismi molto aggressivi MALATTIE DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE – Federica Gandini  evidenza di interessamento endocardico  risultati ecocardiografici positivi per endocardite infettiva  nuova insufficienza valvolare (peggioramento o variazione di un soffio preesistente non costituiscono criterio sufficiente) - criteri minori  condizione cardiaca predisponente o uso di droghe per via endovenosa  febbre  fenomeni vascolari: embolia arteriosa maggiore, lesioni di Janeway  fenomeni immunologici: glomerulonefrite, noduli di Osler, macchie di Roth  emocoltura positiva non costituente criterio maggiore Diagnosi: - endocardite certa  evidenza istologica e/o microbiologica di infezione all’intervento chirurgico o al riscontro autoptico  2 criteri maggiori  1 criterio maggiore e 3 criteri minori  5 criteri minori - endocardite possibile  1 criterio maggiore e 1 criterio minore  3 criteri minori - endocardite esclusa  diagnosi alternativa certa  risoluzione della malattia con terapia antibiotica per un periodo inferiore a 4 giorni  assenza di criteri per endocardite infettiva possibile DECORSO E PROGNOSI In assenza di terapia antibiotica, l’endocardite infettiva è invariabilmente mortale  morte conseguente a emorragia subaracnoidea, incidenti embolici o insufficienza cardiaca per gravi lesioni vascolari. Al giorno d’oggi è molto improbabile che un’endocardite infettiva venga lasciata priva di ogni terapia  più facile è che terapie antibiotiche vengano somministrate empiricamente secondo schemi convenzionali  pratica molto dannosa perché non è in grado di guarire l’endocardite, ma al massimo di attenuarne l’espressione clinica e di prolungarne il decorso (può anche rendere negative le emocolture, rendendo difficile la diagnosi clinica ed eziologica). Quando appropriatamente trattata con antibiotici, l’endocardite infettiva guarisce nella maggioranza dei casi. La mortalità complessiva resta tra il 20 e il 25%. Predittori di evoluzione sfavorevole: - età avanzata - endocardite su protesi MALATTIE DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE – Federica Gandini - diabete - comorbilità - microrganismi (Stafilococco e funghi sono i peggiori) - complicazioni PROFILASSI L’utilizzo di una profilassi antimicrobica si basa sul principio che una batteriemia possa causare un’endocardite nei soggetti con una condizione cardiaca predisponente. Per la profilassi si utilizza: - amoxocillina - clindamicina (in alternativa) La profilassi è raccomandata per i pazienti a più alto rischio: - con storia di endocardite - con protesi valvolare - portatori di pacemaker o defibrillatori - che è stato operato di cardiopatia congenita con impianto di materiale - con cardiopatia congenita cianotica Quindi la profilassi è indicata al giorno d’oggi solo nelle procedure invasive ad alto rischio che vengono effettuate in soggetti a loro volta ad alto rischio. TERAPIA Il fondamento della terapia dell’endocardite infettiva consiste nella somministrazione quotidiana, per infusione venosa continua o con molte dosi refratte, di elevate quantità di antibiotici per alcune settimane. In generale, la terapia endovenosa combinata è preferita rispetto alla monoterapia per ridurre la comparsa di resistenza e fornire attività microbica sinergica. La terapia definitiva andrà definita in funzione dell’agente eziologico individuato: - streptococchi  penicillina G (in caso di allergia vancomicina) - enterococchi  penicillina + gentamicina - stafilococchi  oxacillina (in caso di allergie daptomicina) Una combinazione di terapia antibiotica ed intervento chirurgico con rimozione del tessuto infetto ed eventuale posizionamento di protesi valvolare è necessaria in circa il 25% dei casi  percentuale molto più alta nelle endocarditi su valvola protesica. MALATTIE DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE – Federica Gandini MALATTIE DEL PERICARDIO INTRODUZIONE Il pericardio è un sacco fibroso che avvolge il cuore e la radice dei grossi vasi, formato da: - foglietto esterno  pericardio parietale - foglietto interno  pericardio viscerale I due foglietti si continuano l’uno nell’altro a livello della base del cuore, in corrispondenza dei grandi vasi. Il pericardio svolge una funzione protettiva e contenitiva nei confronti del cuore. In condizioni fisiologiche, tra i due foglietti vi è una piccola quantità di liquido pericardico, cioè un ultrafiltrato plasmatico che riempie la cavità virtuale all’interno del sacco pericardico e che consente di eliminare gli attriti generati dai movimenti del cuore. In condizioni patologiche, la quantità di liquido può aumentare, determinando un incremento di pressione. Quando viene superata la capacità di distensione del pericardio, l’aumento di pressione che si genera all’interno provoca un effetto costrittivo e compressivo sul cuore, facendo collassare le cavità. PERICARDITE La pericardite è un’infiammazione del pericardio  flogosi determina un aumento della quantità di liquido all’interno del sacco pericardico. N.B. Nella maggior parte dei casi il versamento pericardico ha le caratteristiche biochimiche di un essudato. Si ha emopericardio quando la cavità pericardica è invasa da sangue. Se il liquido: - si accumula lentamente  le capacità distensive dei foglietti limitano, fino ad una certa soglia, l’incremento di pressione intrapericardica  cuore non viene compromesso - si accumula velocemente  anche piccole variazioni di volume determinano forti incrementi della pressione intrapericardica  determina un effetto di compromissione sul cuore che provoca tamponamento cardiaco, ovvero una condizione di urgenza clinica caratterizzata da un quadro di shock cardiogeno EZIOLOGIA Varie eziologie, fra cui cause infettive, infiammatorie/autoimmuni, neoplastiche e traumatiche: MALATTIE DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE – Federica Gandini (2) Nella pericardite acuta idiopatica vi è: - modesto aumento degli indici di flogosi - modesto aumento dei globuli bianchi - modesto aumento degli indici di miocardionecrosi (CKMB, troponina)  diagnostico di miocardio-pericardite (3) Con l’ecocardiogramma il versamento pericardico, se presente, viene visualizzato come spazio anecogeno intorno al cuore, ma quello che di solito si può notare è un pericardio ispessito ed iper-riflettente (indice di processo infiammatorio). Diagnosi differenziale: la pericardite acuta deve essere distinta da altre patologie che possono manifestarsi in modo simile: polmoniti e pleuriti, embolia polmonare e infarto polmonare, malattia da reflusso gastroesofageo, dissecazione aortica e infarto. Decorso e prognosi: nel 70-90% dei casi è una patologia a decorso benigno, prognosi di solito buona che non richiede ospedalizzazione. I fattori di rischio maggiori associati a prognosi peggiore sono: febbre alta, decorso subacuto, presenza di significativo versamento pericardico all’eco, tamponamento cardiaco o mancata risposta alla terapia  indicata l’ospedalizzazione. Terapia: - raccomandazione terapeutica  restrizione dell’attività fisica fino a risoluzione dei sintomi - terapia sintomatica  per ridurre il dolore e l’irritazione flogistica proposti differenti farmaci antinfiammatori: aspirina, ibuprofene, colchicina  scelta in base ad eventuali allergie e comorbilità, ma la colchicina è in ogni caso raccomandata in aggiunta all’aspirina o ai FANS per incrementare la percentuale di risposta alla terapia - corticosteroidi  seconda scelta in pazienti con controindicazioni agli antinfiammatori 2) PERICARDITE RICORRENTE Epidemiologia: si verifica nel 15-30% dei pazienti, entro 18 mesi dal primo episodio di pericardite acuta, più frequenti nel sesso femminile. Fisiopatologia: possono essere - pericarditi autoimmuni  trattate con terapie antinfiammatorie o steroidee a dosaggi troppo bassi o di durata insufficiente - pericarditi virali  trattate con terapie corticosteroidee troppo precoci Manifestazioni cliniche e terapia: vedi pericarditi acute Decorso e prognosi: complicanze rare, prognosi buona MALATTIE DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE – Federica Gandini 3) PERICARDITE CRONICA ESSUDATIVA (VERSMENTO PERICARDICO) Eziologia: un’importante causa è l’infezione tubercolare Fisiopatologia: il versamento pericardico può generarsi per aumentata produzione durante processi infiammatori (essudato) o per un alterato drenaggio (trasudato)  i versamenti trasudatizi si verificano per un aumento persistente della pressione venosa nelle vene toraciche, o quando esiste uno squilibrio tra pressione idrostatica e pressione oncotica (causa più comune: insufficienza cardiaca) Manifestazioni cliniche: nella maggioranza dei casi è paucisintomatica o asintomatica: - dolore toracico  si presenta talvolta e più sordo rispetto alla pericardite acuta quando il versamento raggiunge una certa entità possono comparire sintomi dovuti all’ingombro nella cavità toracica (compressione di organi vicini) , poiché si riduce l’espansione polmonare: - nausea - disfagia - raucedine - singhiozzo Sintomi non specifici: - tosse - astenia - faticabilità - anoressia - palpitazioni L’obiettività cardiovascolare può essere del tutto normale, anche se nella maggior parte dei casi si riscontra un ovattamento dei toni cardiaci. A differenza della pericardite acuta non si repertano sfregamenti pericardici. All’auscultazione del torace è caratteristico il reperto di ronchi a livello del cavo ascellare di sinistra o della base sinistra, dovuti alla compressione dei bronchi e del parenchima polmonare da parte del versamento. Diagnosi strumentale: il segno elettrocardiografico caratteristico, ma non specifico è rappresentato dai voltaggi dei complessi QRS diffusamente più bassi del normale  alterazione comune anche all’enfisema polmonare, alle malattie infiltrative del miocardio e allo pneumotorace. - radiografia  in caso di versamenti di grado moderato- grave, nella proiezione postero-anteriore rileva un aumento delle dimensioni del cuore - ecocardiogramma  più utile - TC e RM  utili in caso di versamenti saccati e quindi localizzati in regioni del pericardio non facilmente visualizzabili con l’eco transtoracica Diagnosi differenziale: deve essere distinta dall’insufficienza cardiaca con cardiomegalia. MALATTIE DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE – Federica Gandini Decorso e prognosi: versamenti pericardici cronici (>3 mesi) di entità significativa hanno un rischio del 30-35% di evolvere in tamponamento cardiaco. Nei casi non complicati, è indicato un follow-up ecocardiografico ogni 6 mesi (versamenti moderati) o 3-6 mesi (versamenti significativi). Terapia: - quando versamento diventa sintomatico o non responsivo alla terapia antinfiammatoria è indicata la pericardiocentesi - quando versamento recidiva è indicato effettuare una pericardiectomia 4) PERICARDITE CRONICA COSTRITTIVA Eziologia: eziologie più frequenti sono di natura virale o idiopatica, post-infettiva o post-chirurgica  il rischio di progressione da una pericardite ricorrente a una costrittiva dipende dall’eziologia (elevato nelle pericarditi batteriche). Fisiopatologia: i processi infiammatori cronici del pericardio esitano nella formazione di un tessuto di granulazione che successivamente si retrae fino alla formazione di fibrosi cicatriziale, con calcificazioni diffuse e aderenze tra i foglietti pericardici. La conseguenza dell’ispessimento e irrigidimento del pericardio è rappresentata dall’ostacolo al riempimento diastolico  esiguo volume diastolico > riduzione della gittata sistolica > comporta: astenia, faticabilità, danno muscolare e perdita di peso. Manifestazioni cliniche: quadro clinico dominato da segni e sintomi di scompenso destro. All’esame obiettivo, paziente può apparire: denutrito, subitterico, addome globoso (per la presenza di ascite) e con edemi periferici (espressione della disfunzione diastolica e quindi delle pressioni venose sistemiche). Nelle fasi avanzate si può avere disfunzione epatica e renale  molti pazienti giungono all’osservazione per un problema epatico  primo elemento che porta a fare diagnosi di pericardite costrittiva è la cirrosi epatica  dopo aver escluso le possibili cause più frequenti, si fa diagnosi di cirrosi cardiaca e come causa si identifica la pericardite costrittiva  cirrosi cardiaca perché vi è un aumento costante dell’ipertensione venosa che porta a una congestione epatica cronica e a una reazione in cirrosi epatica. Dal punto di vista cardiocircolatorio: profilo del polso venoso, segno di Kussmaul (mancato collasso inspiratorio delle vene giugulari), polso paradosso (presente in circa 1/3 dei pazienti). Il reperto auscultatorio più caratteristico è lo schiocco pericardico  suono causato dal brusco arresto della dilatazione ventricolare durante la protodiastole e dovuto all’urto delle pareti ventricolari che si espandono contro il pericardio rigido. N.B. La gittata sistolica è quasi sempre ridotta a causa del diminuito volume diastolico, ma la gittata cardiaca risulta normale per l’aumento compensatorio della frequenza cardiaca.
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