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dispensa sul cinquecento, Dispense di Storia dell'Arte Moderna

riassunto della dispensa sul '500 per il corso di Enrico Maria dal Pozzolo, dell'anno 2020/2021, è incompleta nella parte finale

Tipologia: Dispense

2019/2020

Caricato il 22/06/2022

Eleonora-Martellenghi
Eleonora-Martellenghi 🇮🇹

4.2

(17)

12 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica dispensa sul cinquecento e più Dispense in PDF di Storia dell'Arte Moderna solo su Docsity! Il cinquecento Il cinquecento si apre con l’elezione a doge di Leonardo Loredan, si trova a capitanare una società incerta: pessime previsioni astrologiche annunciavano guerre, carestie ed epidemie. I turchi spingevano sull’adriatico e in terraferma vi erano tensioni riguardanti la religione infatti la comunità ebraica veniva accusata dai francescani di usura e infanticidio mettendo in difficoltà uno stato che necessitava della capacità degli ebrei in campo commerciale e creditizio. Nel 1486 gli ebrei vennero espulsi da Vicenza e il vescovo aveva sostenuto che grazie a questo fosse “passata la peste” reale e metaforica. Alcuni dipinti rispecchiano questi scenari: Giovanni Bellini, “il doge Leonardo Loredan”, 1501, Londra, National Gallery. Il ritratto che l’ormai vecchio Giovanni Bellini di lui esegue all’indomani della sua nomina specchia la sfrontata sicurezza dell’uomo e dell’oligarghia aristocratica di cui era espressione. Giovanni lo imposta come una statua a mezzo busto, imperturbabile, altero, sullo sfondo di un cielo terso e azzurrissimo senza nuvole Giovanni Bellini, “Cristo crocifisso in un cimitero ebraico”. 1501, Prato la presenza di edifici berici sul fondale induce a credere che il committente fosse locale. La scena è spiazzante, quasi assurda. La grande croce è posta non sul Golgota o in un normale paese, bensì in un cimitero che la tipologia delle lapidi tombali e le scritte qualificano come ebraico. Nel quadro si coglie una contrapposizione netta tra le due realtà culturali, sociali, etiche. Era regola che i cimiteri ebraici fossero collocati fuori delle mura della città cristiana, in quanto corpo sociale separato e reietto. Chi richiese a Bellini quest’opera conosceva di certo la lingua e le consuetudini ebraiche, ma da cristiano, pur dichiarando la cesura, riconobbe che la distanza non era incolmabile. Attraverso la presenza della lucertola, della colomba e del rigoglioso alloro in primo piano – tutti elementi portatori di un segno positivo – attestò che anche in questa dimensione altra vi può essere virtù: tra i teschi e le ossa disseminati a terra, presso le tombe, rifiorisce la vita, perché su di essa trionfa Cristo crocifisso, che effonde il proprio sangue di redenzione sulla terra secca. Apre le braccia a comprendere e proteggere non solo la Gerusalemme Celeste che campeggia in secondo piano ma anche la desolazione di quel mondo distinto, con tutta la sua potenziale ricchezza. Pagina di 1 18 Vittore Carpaccio, “cristo morto tra i santi Girolamo e Giobbe” 1510, New York, metropolitan museum of art Gesù è rappresentato morto e seduto su un trono sbrecciato nel cui schienale appare una scritta in ebraico tratta dal Libro di Giobbe (“Io so che il mio redentore vive”). La scena sembra una sorta di proiezione mentale dei pensieri di quel profeta, seduto a destra in atteggiamento meditativo, mentre San Girolamo, il traduttore della Bibbia, portandosi la mano al petto rivolge il proprio sguardo severo all’osservatore, imponendogli di considerare il magma simbolico disseminato sulla scena. Il primo decennio del secolo si caratterizza a Venezia per esperimenti artistici straordinari. S’era aperto con la veduta aerea della città di Jacopo de’ Barbari: un’impresa xilografica di inaudita audacia, realizzata con tecniche di rilevamento topografico ancora in parte da scoprire, risalente al 1500, allorché l’artista decise di partire per il Nord Europa. A dimostrazione delle sue capacità mimetiche dipingerà anche una natura morta con pernice nel 1504 (oggi a Monaco di Baviera) con un paio di guanti metallici, probabilmente la prima natura morta con cacciagione dell’età moderna. La sua fama era alta e venne emulato da artisti come Dürer. I rapporti commerciali tra i tedeschi e venezia erano fruttuosi ma tesi sul piano politico a causa della continua espansione della Serenissima ma tralasciando questo bisogna sottolineare come sulle vie di comunicazione che legavano i due stati ci fosse un continuo via e vai di artisti. Lo steso Dürer, citato poco fa, percorse una di queste vie, verosimilmente anche per cercare di bloccare i plagi delle sue incisioni. Famoso copista era Giulio Carmagnola. Quella del ‘500 è anche la Venezia di Lorenzo Lotto si accosta alla maniera tedesca come si vede nel suo “San Girolamo Penitente” del 1509 oggi al Louvre. Si concentra sull’aspetto materico e quasi animistico di un ambiente prealpino in cui ogni elemento si scontra con l’altro, trovando alla fine un quasi inspiegabile accordo: l’assestamento complessivo si fonda infatti su equilibri e rispondenze delicatissime, in un complesso gioco di incastri e incidenze nel quale le profilature delle rocce cadono diagonalmente l’una nell’altra e si fissano nella verticalità dei pendii e dei due alberi binati al centro, che danno stabilità e insieme slancio alla scena. Girolamo è parte integrante di questa visione: roccia tra le rocce, spaccatura della pietra, sterpo nodoso e ritorto come quello che Pagina di 2 18 Si mostra portato per una monumentale drammaticità e per i paesaggi idilliaci e lucenti. Dal gigantismo si nota poi il suo avvicinamento a Michelangelo. Sebastiano del Piombo, “Polifemo”, 1511, Farnesina Sempre nel 1511 Tiziano viene chiamato ad affrescare la Scuola del Santo a Padova. Vi eseguì tre scene: il miracolo del neonato, il miracolo del piede risanato e il miracolo del marito geloso. Quindi tutti episodi incentrati sul tema del tradimento e ciò fa allusione a quello di cui parte della popolazione di Padova si era macchina in occasione degli eventi di Cambrai. Sant’antonio opera metaforicamente il miracolo della riconciliazione. Tiziano, “il miracolo del neonato”, 1511, Padova Scena del neonato parlante. Spazio dominato dalla statua di un imperatore romano (allusivo a un ambiente di giudizio), con un gruppo di persone che sembrano almeno in parte ritratte dal vero, mentre sullo sfondo un cielo striato come in un’incisione accarezza le chiome degli alberi. Accanto a lui vi era pure suo fratello Francesco, singolare figura di pittore-soldato. Altri artisti influenzati da Giorgione: Pagina di 5 18 Un caso a parte è quello di Vincenzo Catena che lavorò con Giorgione al “ritratto della fanciulla” del maestro castellano a Vienna. Soprattutto dopo la morte di Giorgione, Catena ne adottò sempre più sistematicamente gli schemi e il linguaggio proponendosi fino alla morte come il suo seguace più ortodosso. La committenza vedeva in lui il continuamento dello stile di Giorgione Vincenzo Catena, “San Girolamo nello studio”, 1510-1515, National Gallery Esprime l’esigenza di isolamento e silenzio interiore che segnò la vita di alcune figure di spicco spirituale nella Venezia di quegli anni. È una pace in cui leone e quaglia convivono e che consente l’apparizione della croce, metafisicamente sospesa ai bordi dello scrittoio Vincenzo Catena, “sacra conversazione con soldato orientale”, 1515, National Gallery L’omaggio di un cavaliere orientale alla Sacra Famiglia: procede quasi strisciando, sotto lo sguardo perplesso di Giuseppe e Maria, portando la mano al cuore per ricevere la benedizione di Gesù. Accompagnato da un cagnolino e da uno scudiero che al di là del parapetto regge un cavallo islamicamente bardato, è quasi certamente un ritratto. Ma di chi? Forse del figlio “bastardo” che Andrea Gritti – prima di divenire doge – aveva avuto da una schiava turca quando viveva a Istanbul? O è un auspicio della conversione dei musulmani annunciata dalle profezie? O si tratta di altro ancora? Pagina di 6 18 UN’ISOLA DI CLASSICITÀ Nel frattempo Tiziano voleva a tutti i costi prendere il posto di Giovanni Bellini, voleva diventare il pittore ufficiale della serenissima sia per ragioni economiche che di prestigio tanto da rifiutare, nel 1513, l’invito di recarsi a Roma dove sarebbe stato molto più difficile per lui compiere la scalata sociale. Nel 1513 si propone invece per lavorare nella Sala del Maggior consiglio, più precisamente per dipingere un telero con una battaglia. Nel 1514-1515 dipinge un’allegoria dell’amore per il segretario del consiglio dei dieci, Nicolò Aurelio in onore delle sue nozze con Laura Bagarotto. Tiziano, “amor sacro e amor profano”, 1514-1515, galleria Borghese Due Veneri, la terrena a sinistra e la celeste a destra, sedute sul bordo di un sarcofago su cui effigiò scene di violenza, mentre Cupido mescola le acque; al centro della vasca vi è un bacile, un simbolo di purezza che si donava durante i riti matrimoniali. Densa di richiami filosofici e letterari, la grande tela dichiara la potenza dell’amore e della natura come nessuno prima di Tiziano aveva saputo fare, in modi a metà strada tra il Giorgione timido degli esordi e quello clamoroso del Fondaco. Tra il 1516 e il 1518, invece, lavorò alla pala dell’altare maggiore della chiesa dei frari Tiziano, “assunta”, 1516-.1518, Venezia, Santa Maria Gloriosa dei frari Nell’enorme tavola descrisse la concitazione in terra (con gli apostoli esagitati) e in cielo (con un insieme di angeli chiassosi) per il miracolo dell’Assunzione di Maria. La Vergine è invasa dalla visione dell’Eterno, che plana su di lei e quasi la risucchia. Nonostante il diaframma architettonico al centro dell’aula ecclesiale, la pala è visibile fin dall’esterno del principale portale d’ingresso, e si deve ammettere che essa cambiò l’effetto dell’intero edificio, divenendone una portante colonna visiva. I frati, a dire il vero, furono sconcertati da tanta ostentazione di prepotenza pittorica: pensarono addirittura di venderla (e l’acquirente c’era ed era l’imperatore Massimiliano I), ma poi tornarono sui propri passi. Tripudio cromatico. Pagina di 7 18 A venezia fu attivo anche Paris Bordon che compì anche un apprendistato presso Tiziano per poi recuperare uno stile più vicino a quello di Giorgione. La sua fu una produzione artistica caratterizzata da opulenza decorativa sia per le scene pagane che per quelle religiose. Paris Bordon, Consegna dell’anello al doge. 1534, Venezia, Gallerie dell’Accademia. Scenografia teatrale, pretesto di sfoggio prospettico, architettonico e santuario. Il parametro di confronto rimase comunque Tiziano dal quale Bordon cerco di distaccarsi il più possibile Per tornare nella Padova da cui s’era partiti, Domenico Campagnola dai disegni del Vecellio trasse lo spunto per una produzione grafica e incisoria che costituì per quasi mezzo secolo uno dei suoi cavalli di battaglia, con fogli per lo più di tema paesistico di sofisticata ed elegantissima costruzione. Domenico Campagnola, Madonna col Bambino e santi. Padova, Musei Civici. Nel momento in cui si trovò a dover confezionare una prestigiosa pala per il palazzo del Podestà, si appoggiò allo schema del perduto telero che il cadorino aveva realizzato nel 1531 per il doge Francesco Donato, a noi noto da una xilografia Pagina di 10 18 SULLE STRADE DELLA LOMBARDIA Girolamo Romanino garzone prima di Gentile e poi di Giovanni Bellini fondò in Lombardia una delle più produttive officine del ‘500: Santacroce. Moltissimi artisti di questa scuola sentirono comunque l'esigenza di trascorrere almeno un periodo formativo in laguna, luogo pieno di entusiasmo e stimoli. Girolamo Romanino andò a Venezia e assorbi lo stile di Dürer e Giorgione. Eseguì per i benedettini Padovani di Santa Giustina una pala Girolamo Romanino, Madonna col Bambino e santi. 1513 Padova, Musei Civici. perfetta fusione tra un rigore prospettico e statuario ancora bramantesco e l’esplosività cromatica di marca tizianesca che fa sfolgorare le figure Vi è poi l’esperienza solitaria di Lorenzo Lotto che nel 1508 viene chiamato a lavorare in Vaticano nella stanza della segnatura (vide poi i proprio affreschi cancellati per far spazio a quelli di Raffaello). Dal 1512 al 1525 dimorò a Bergamo, dove eseguì molte pale ritratti facendosi apprezzare dalla committenza locale. Era un contesto particolare, legato alla serenissima ma in qualche modo con maggiori spazi di indipendenza. In questi anni Lorenzo lotto viene affiancato da Andrea Previtali. Andrea Previtali, Madonna col Bambino tra i santi Paolo e Agnese e i committenti Paolo e Agnese Casotti. 1523, Bergamo, Accademia Carrara. Lorenzo Lotto, Commiato di Gesù dalla madre, con la committente Elisabetta Rota. 1524, Berlino. sotto la figura enorme di un Cristo trasformato in una vite, vengono registrati sullo sfondo brani di vita quotidiana sapidi come in una novella oppure invenzioni come quella per Elisabetta Rota, raffigurata intenta a meditare l’episodio del Commiato di Gesù dalla madre, che innanzi all’inchino del Figlio crolla come sotto la croce, attorniata da astanti premurosi e trepidi. Si faccia caso al ramo di ciliegie e all’arancia nel primissimo piano, dove il pittore ha posto un cartiglio con la firma: si tratta di inserzioni con evidenti connotazioni simboliche (in questo caso l’arancia richiama il peccato originale, redento dal sangue di Cristo, cui il succo della ciliegia allude) che Lotto amava inserire nelle proprie opere. Pagina di 11 18 A Bergamo si conserva un suo ciclo eccezionale, realizzato per il coro di Santa Maria maggiore: una serie di tarsi e per le quali il pittore nel 1523-1531 fornì disegni, trasformati in pannelli lignei da Giovan Francesco capo ferri. In esse vengono rappresentati i vari episodi tratti dall'antico testamento, ciascuno con una copertura in cui la medesima storia è sintetizzata in uno o più emblemi. L’ESPLOSIONE DELLA MANIERA Il manierismo fu un fenomeno culturale nato a seguito della mitizzazione dei sommi protagonisti del 500 (Leonardo, Michelangelo, Raffaello) I cui apici vennero ritenuti invalicabili e presi a modello dalle generazioni a loro successive. Non esiste una data di avvio per ragioni simboliche si usa il 1520 data della morte di Raffaello o il 1527 anno del sacco di Roma; la cosa che si può riconoscere è l'epicentro della tendenza ossia l'area tosco-romana. La diffusione della maniera in Italia fu disomogenea e in Veneto si impose alla fine degli anni 30. Forse il primo portare questa nuova tendenza in laguna fu Pordenone, che nell'Urbe si era recato alla fine del secondo decennio e nei suoi lavori nel Duomo di Treviso (1520), in quelli di Cremona del 1524 si avverte l'esigenza di esperimenti compositivi fortemente influenzati dai grandi maestri. Giovanni Antonio da Pordenone, Conversione di san Paolo. Pordenone, duomo. Pagina di 12 18 E Tiziano? Ebbe un punto di svolta nella sua parabola tra il 1544 e il 1545 dove si trovò di fronte a un'immensa maniera di spunti ed emulazione archeologiche, di eredità raffaellesche e a quel mito vivente che era il divino Michelangelo: in questi anni andò a Roma. Tiziano, Sacrificio di Isacco. Venezia, basilica di Santa Maria della Salute, sacrestia grande, soffitto Concerti e illusioni Nel frattempo le luci del Rinascimento lagunare si irradiavano sul territorio, che l'aristocrazia veneziana tendeva a sentire di più suo. Si iniziò a capire che la terraferma poteva essere un'oasi di pace, dove investire soprattutto in latifondi in cui ci si poteva infeudare praticando ozi più o meno virtuosi uno dei primi a importare tale esigenza nel territorio fu il nobile Alvise Cornaro. Egli a Padova, accanto alla basilica del Santo, si fece costruire da falco netto una loggia per gli spettacoli teatrali e uno Odio per quelli musicali, riccamente decorati con affreschi sculture stucchi. Tiziano Minio, decorazione della volta dell’Odeo Cornaro, sala di Ercole, Padova. L'ideale dell'otium immerso nella natura fu condiviso anche dal vescovo Francesco pisani, per il quale fa il cornetto ideò un palazzo principesco che dominava la campagna e al cui interno Sustris crea un ambiente illusionistico configura all'antica e vedute nel fregio soprastante, combinando riferimento classico con l'immediatezza ricezione tizianesca e il senso del paesaggio nordico che portava in sé. Lambert Sustris, Figure all’antica e paesaggi. Luvigliano, Villa dei Vescovi. Erano i tempi in cui, verso il 1540 Padova si avvia l'impresa della ridecorazione della sala carrarese dei giganti con campagnola, dell’Arnese, Sustris e Porta Salviati. Pagina di 15 18 Nel 1508 nasceva Andrea Di Pietro della Gondola detto palladio che lavoro in terra veneta con la costruzione di palazzi e vile. La più eclatante impresa artistica veneta di quegli anni non si conosce tuttavia a Venezia, bensì nella campagna trevigiana, a maser, dove i fratelli Daniele e Marcantonio Barbaro avevano chiesto a palladio di trasformare il vecchio palazzo medievale di famiglia in un edificio in parte ispirato alle residenze suburbane dell'aristocrazia romana. I committenti avevano viaggiato sia Roma che in Francia quindi Palladio si trova nella condizione di dover condividere con loro molte scelte. A decorare gli interni fu chiamato Veronese, nel 1560. Costruisce colonnati elogiati, apre porte finestre; scolpisce statue, mascheroni, cornici; simula quadri, pergolati stendardi e trofei, ghirlande e festoni, fa comparire i padroni e servi, cacciatori e bambini, fa suonare concerti; sfonda i muri per portare lo sguardo su paesaggi visibili fino ai monti ultimi. Dove si incrociano contadini, viandanti, carrozze, cacciatori, trampolini e rovine classiche, l'Arcadia è il miraggio di un presente pacificato. I tempi erano difficili, le fantasie potevano risultare pericolose. Lo sperimento lo stesso Paolo veronese una decina d'anni dopo. I domenicani di San Giovanni e Paolo gli avevano chiesto nel 1571 una tela che sostituisce l'ultima cena di Tiziano nell'oro refettorio, appena divorata dal fuoco. Impostò dunque uno scenografico fondale architettonico con motivi tratti da falco netto, Sansovino e palladio, è una città in prospettiva che richiamava le ideazioni di Sebastiano Serlio, mentre in primo piano una cinquantina di figure, con soldati, nani, cani, gatti, si disponeva nelle attitudini più varie. Esattamente al centro Gesù dialoga con San Giovanni, avendo alato San Pietro intenta a spiccare un cosce d'agnello, e il tema del banchetto centrale, dato che molti elementi lo contrassegnano nei termini in cui i manuali cinquecenteschi di arte culinaria descrivevano il convito nobile. Era una strana ultima cena, affollata, confusa e, in più, senza tracce degli imprescindibili segni eucaristici del pane e del vino. Consegnata il 20 aprile 1573, il 18 luglio il pittore viene convocato dall’inquisizione. Qualsiasi fu l'interrogatorio il risultato fu che entro tre mesi egli avrebbe dovuto correggere il quadro. si limitò tuttavia inserire un'iscrizione che lo qualificava come "cena in casa di Levi", quando invece tutto concorre a riconoscervi una cena in casa del fariseo, sulla base di un brano del Vangelo di Luca. A parte questo episodio il genio di Paolo brillava ormai ben oltre il Veneto. Gli pervenivano le richieste dei sovrani di mezza Europa, perlopiù per ritratti e tematiche profane, talvolta spinte. Per sostenere il peso degli incarichi che si accumulavano, allestire una bottega in cui venne affiancato prima dal fratello Benedetto e poi dei figli Gabriele e Carletto. Quando morì, nel 1588, costoro tentarono di proseguire nella maniera più fedele possibile sulla strada da lui tracciata. Non solo per fino al punto di rinunciare alla propria identità personale, firmandosi semplicemente eredi di Paolo. Tiziano aveva all'inizio riposto le sue speranze sul figlio Orazio, di cui però dovette presto riconoscere la mancanza di talento. Aveva intorno molti giovani ammagliati dal suo genio, ma li regalava i lavori che non consentivano loro di crescere: copie che spesso ritoccava e firmava. Era davvero avaro, Tiziano. Non vuole trasmettere a nessuno i segreti della sua arte. Intercettata la sfera più alta di committenza, gestiva i rapporti con cinismo, supplicando pagamenti e talvolta giocando sporco (mentiva sull'età, rifilava cose di bottega, addirittura arriva al punto di sostituire i suoi stessi originali). Nel 1576 verosimilmente morì di peste. Il suo esempio condizionò fino all'ultimo anche gli ultimi due grandi protagonisti dell'autunno del Rinascimento lagunare, Bassano e Tintoretto. La genialità di bassano fu idolatrato dai figli che lo affiancarono nella lunga vecchiaia il primogenito Francesco, il mediano Leandro e l'ultimo Girolamo. Li convinse nella gestione dell'officina, che al pari di quella di Tiziano era impostata per rispondere alle richieste di un mercato che lo apprezzava in particolare come pittore di stagioni, storie bibliche, cucine, animali e notturni. Raggiunta l'indipendenza creativa i due maggiori si spostarono a Venezia, intercettando le migliori opportunità. Francesco era il più talentuoso o e riuscì a sfiorare le altezze paterne ma un carattere non facile e forse una mai risolta competizione con il padre lo condusse a darsi la morte in quello stesso anno, 1592, e si porta via pure Jacopo. Io sopravvissero allungo Leandro che c'è il suo soprattutto nei ritratti e Girolamo che finì per diventare copista e addirittura falsario del genitore. Pagina di 16 18 L'ultimo dei grandi vecchi era Tintoretto. Con il tempo le sue forme divennero sempre più solide e potenti piacque molto alla committenza religiosa lagunare e piovvero commissioni su commissioni, cui rispondeva con prestezza. Fu copiato ed emulato infinite volte nel XVII secolo e additato dagli storiografi veneti quale padre della pittura moderna. costruisce visioni complesse, quasi sempre scenografiche, sotto cieli foschi, con figure che corrono, oscillano, precipitano, palesando gesti enfatici sensi di stupore, fatica, dolore, abbandono. Apparenza della vita e la lotta tra luce e tenebre sono animate da una pennellata di impressionante energia che entusiasmerà tanti talenti successivi da Rubens a Della Croix. Tintoretto si fece aiutare dai figli Domenico e Marco. Dopo cambrai, Venezia aveva visto progressivamente ridursi la propria dimensione internazionale. La scoperta delle Americhe e di nuove vie per l'oriente avevano reso il suo raggio di influenza sempre più ridotto. Venezia in realtà rifulse proprio grazie alla dimensione artistica. Le botteghe dedicate alla produzione dei beni voluttuari si moltiplicarono, inventando nuove specializzazioni e tipologie. il mercato del lusso necessariamente passava di qui. Venezia città nobilissima e singolare è il titolo della dettagliata guida che nel 1581 il figlio di Jacopo Sansovino, Francesco, dalle stampe allo scopo di celebrare la grandezza e la specificità di un luogo unico al mondo. La città diviene monumento di se stessa, l'arte e ne invade gli spazi, le superfici, le manifestazioni. Tutto viene plasmato secondo canoni estetici dalle processioni alle feste, dai ricevimenti ai funerali, dalle imbarcazioni ai costumi. Siamo tra il 1560-1590. Non da molto era stato completato il lavoro di decorazione iniziato da gentile Bellini, che nel 1577 un incendio divorò l'intero palazzo ducale, incenerendo quei telai eri e quasi ogni arredo. E Cesario avviare un ulteriore fase di riallestimento. Porto Tiziano l'anno prima, vengono convocati gli altri tre grandi.a veronese spetta innanzitutto di glorificare il trionfo di Lepanto: il suo stile brillante era il più consono, ed egli lo fece illustrando nella parte inferiore il momento clou della battaglia con tocchi e bagliori quasi impressionistici. In più dall'altra parte attribuendo il merito della vittoria all'intercessione presso la vergine di quattro santi che inducono la personificazione della fede in ginocchiata e a volte una tunica bianca, mentre un gruppo di angeli musicanti intona un celestiale concerto e nel contempo scaglia frecce infuocate. Pennello luminoso dello stesso veronese fu destinata inoltre il grande soffitto nella sala del maggior consiglio (1582), dove vennero operare pure i figli d'arte Francesco bassano e Domenico Tintoretto, nelle norme paradiso che occupa l'intera parete di accesso alla sala: Venne realizzato in quattro anni, dal 1588 al 1592, sulla base dei disegni del padre, dopo un concorso a cui avevano partecipato Federico Zuccari e palma il giovane, nonché veronese e Francesco bassano. Nelle chiese si rinnovavano pale e arredi, mentre gli studiò segnati da nichel nelle case dei Patrizi alto borghesi nella prima metà del secolo tendono ad aprirsi e a invadere l'intero spazio abitativo che al pari di un luogo pubblico, assolve alle esigenze di rappresentanza del proprietario. Si tratta quasi sempre di microcosmi in cui le varie arti vengono mescolate a testimonianze del mondo naturale. Anche gli arredi dei palazzi pubblici e privati si pongono sotto l'invenzione dei grandi pittori.un'intensa attività decorativa per cassoni e fregi parietali si registra nella bottega di Bonifacio veronese e in quella del giovane Tintoretto. Sempre più spesso dei mobili si passa agli strumenti musicali e agli apparati effimeri per feste e processioni, di cui però purtroppo abbiamo quasi solo le tracce iconografiche e letterarie. Enorme fortuna riscuote inoltre l'industria del vetro, che diviene una delle attività di maggior profitto dell'economia veneziana.lo Stato prevede pene temibili per i maestri che rivelano i segreti delle vetrerie di Murano. Pagina di 17 18
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