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Dispense di Chirurgia Toracica, Dispense di Chirurgia Generale

Argomenti: empiema, mesotelioma, pneumotorace, tumori del mediastino, traumi del torace, tumori polmonari

Tipologia: Dispense

2018/2019

In vendita dal 14/04/2019

ValyScalzo
ValyScalzo 🇮🇹

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Scarica Dispense di Chirurgia Toracica e più Dispense in PDF di Chirurgia Generale solo su Docsity! EMPIEMA Empiema → raccolta di pus in una cavità preformata dell’organismo (pleura, cistifellea). Patogenesi empiema pleurico: • Estensione alla pleura di un processo flogistico che interessa organi o tessuti contigui (50-60% dei casi), ovvero polmone, mediastino (soprattutto esofago e linfonodi), collo, parete toracica, colonna vertebrale e cavità peritoneale; • Contaminazione diretta della pleura da parte di germi provenienti dall’esterno conseguentemente a traumi toracici, ferite penetranti o manovre chirurgiche (30-40% dei casi); • Propagazione dell’agente infettante al cavo pleurico per via ematica o linfatica (1% dei casi). Si definisce “metapneumonico” un empiema che deriva da un processo infiammatorio polmonare (generalmente polmonite, broncopolmonite o infarto polmonare). Costituisce all’incirca il 50% di tutti gli empiemi. Il 40% dei pazienti con polmonite batterica presenta un versamento pleurico associato, che può evolvere in empiema in presenza di uno o più dei seguenti fattori predisponenti: alcolismo, malattie polmonari croniche, TBC inattiva, diabete mellito, terapia steroidea, abuso di sostanze stupefacenti. NB: è bene evitare di sottoporre il pz a terapia steroidea nel caso di una patologia acuta come la polmonite. Quadro clinico: • Febbre → può mancare se la cavità empiematica è ben delimitata o se il paziente è anziano o immunodepresso. Quando presente si manifesta con puntate elevate e remissioni repentine, accompagnate rispettivamente da brividi e sudorazioni profuse (specie notturne); • Dolore toracico → sempre presente. All’esordio è acuto e violento, in seguito assume il carattere del dolore gravativo. Recede dopo evacuazione del pus (come anche la febbre); • Tosse → dovuta sia all’irritazione pleurica che alle concomitanti lesioni polmonari. Molto spesso è produttiva; • Dispnea → presente soprattutto nei periodi acuti (dovuta all’ipoespansione polmonare). Gli empiemi causati da microrganismi aerobi hanno decorso acuto, quelli provocati da microrganismi anaerobi hanno decorso più subdolo [si tratta di batteri in grado di produrre endotossine che consentono l’avanzamento dell’infezione fino allo shock settico]. Classificazione anatomopatologica: • Fase essudativa (primo stadio) → la permeabilità della pleura viscerale aumenta, con conseguente versamento essudativo caratterizzato da bassa viscosità e bassa cellularità. La pleura ospita depositi di fibrina. L’espansibilità polmonare non è compromessa; • Fase fibrino-purulenta (secondo stadio) → versamento viscoso e purulento concamerato e ricco in polimorfonucleati. Sulla pleura compaiono tenaci tralci fibrosi. L’espansibilità polmonare è parzialmente compromessa; • Fase di organizzazione (terzo stadio) → proliferazione fibroblastica con depositi di collagene su tutta la pleura. Il parenchima polmonare è incarcerato. La diagnosi si effettua mediante la valutazione del quadro clinico e degli indici flogistici (soprattutto PCR), l’esecuzione di radiografia del torace e TC e il prelievo di materiale purulento dal cavo pleurico. Trattamento: • Primo stadio → terapia antibiotica + drenaggio pleurico. In caso di polmonite occorre accertarsi della presenza di liquido nel cavo pleurico e stimarne la quantità, così da stabilire se procedere a drenaggio oppure no. A questo proposito l’ecografia risulta essere di fondamentale importanza, in quanto più sensibile della TC nella descrizione dell’evoluzione del versamento; • Secondo stadio → terapia antibiotica + drenaggio pleurico + terapia fibrinolitica + toracoscopia. Il drenaggio può non essere sufficiente (reso difficile dalle concamerazioni), per cui si ricorre all’intervento chirurgico; • Terzo stadio → chirurgia a cielo aperto. La toracoscopia non è più eseguibile poiché il polmone è intrappolato dalla cotenna pleurica (ispessimento patologico delle pleure dovuto a fusione dei due foglietti parietale e viscerale, esito di un processo infiammatorio cronico). MESOTELIOMA Mesotelioma → neoplasia pleurica che può esistere in forma localizzata (benigna o maligna) o diffusa (mesotelioma maligno diffuso). Il mesotelioma localizzato è estremamente raro (circa 600 casi riportati in letteratura). Non è correlato all’asbesto e insorge intorno ai 60-70 anni in egual misura in uomini e donne. La forma benigna coincide con un tumore fibroso solitario, il quale spesso è adeso alla superficie pleurica tramite un peduncolo. Trae origine dalla pleura viscerale e generalmente si risolve con l’intervento chirurgico. La forma maligna è una lesione con carattere espansivo che origina dalla pleura parietale. Mesotelioma maligno, epidemiologia: • Incidenza → attesi circa 1.900 nuovi casi nel 2017 (1.500 in soggetti di sesso maschile e 400 in soggetti di sesso femminile), con tassi più elevati al Nord; • Mortalità → il mesotelioma è responsabile del 4% dei decessi oncologici in entrambi i sessi e rappresenta l’ottava causa di morte sia negli uomini che nelle donne; • Sopravvivenza a 5 anni → pari al 9%; • Fattori di rischio → l’esposizione lavorativa e ambientale all’asbesto è il principale fattore di rischio. [fonte: “I numeri del cancro in Italia 2017” – AIOM] Da Robbins & Cotran: “I mesoteliomi maligni, benché rari, hanno assunto grande importanza negli ultimi decenni a causa della loro maggiore incidenza tra persone con importante esposizione all’asbesto. Il rischio di sviluppare mesoteliomi in soggetti fortemente esposti è del 7-10% circa. È necessario un lungo periodo di latenza (25-45 anni) per lo sviluppo di mesoteliomi correlati all’asbesto e non sembra esservi un rischio maggiore di mesotelioma nei lavoratori dell’amianto che fumano. Questo è in contrasto con il rischio di carcinoma polmonare correlato all’asbesto, peraltro già elevato, che è notevolmente amplificato dal fumo. Pertanto, per i lavoratori dell’asbesto (in La toracoscopia consiste nell’introduzione di un endoscopio nella cavità pleurica. Può essere impiegata per la sola visualizzazione (pleuroscopia) o per le procedure chirurgiche. Quando si parla di toracoscopia chirurgica ci si riferisce in genere alla chirurgia toracoscopica video-assistita (VATS). Sia pleuroscopia che VATS inducono uno pneumotorace per creare un campo visivo. Esecuzione: in un mandrino inserito in uno spazio intercostale attraverso un'incisione cutanea, viene inserito un toracoscopio. Ulteriori incisioni consentono l'uso della videocamera e di strumenti accessori. La toracotomia consiste nell’apertura chirurgica del torace. Viene eseguita per valutare e trattare la patologia polmonare quando le procedure non invasive non siano state diagnostiche o definitive. Gli approcci di base utilizzati sono tre: toracotomia limitata anteriore o laterale (viene praticata un'incisione intercostale di 6-8 cm per avvicinarsi alle strutture anteriori), toracotomia posterolaterale (dà accesso alla pleura, all'ilo, al mediastino e all'intero polmone) e sternotomia mediana (quando si desidera l'accesso a entrambi i polmoni). rimuovere costantemente l’aria accumulatisi in situ. Lo scopo è quello di ripristinare il normale gradiente pressorio medio di – 4 cmH2O grazie al quale viene mantenuta l’espansione polmonare. Indicazioni → collasso polmonare > 20%, presenza di sintomatologia e/o di eventuali complicanze. Limiti della metodica → inefficacia nel trattamento della lesione polmonare che ha causato lo pneumotorace, rischio di recidiva del 20-50%, mancanza di informazioni circa lo stato del polmone (non lo si vede direttamente). Il trattamento chirurgico è riservato ai casi che seguono: • Primo episodio di pneumotorace in soggetti che svolgono professioni a rischio; • Primo episodio complicato; • Prima recidiva ipsilaterale; • Prima recidiva controlaterale; • Pneumotorace bilaterale simultaneo. Le alternative sono costituite dalla toracoscopia (VATS) e dalla toracotomia, che tuttavia ha il limite di essere dolorosa e, per certi versi, invalidante. Pneumotorace spontaneo primitivo in dettaglio. Il trattamento delle lesioni bollose, responsabili del verificarsi dello pneumotorace, prevede fondamentalmente la resezione, ovvero l’impiego di suturatrici. Si può anche optare per l’obliterazione dello spazio pleurico mediante fotocoagulazione, elettrocoagulazione o talcaggio. Procedura di resezione (si esegue in VATS) → 1. Liberare il polmone da eventuali aderenze con la parete toracica per avere modo di visualizzare le lesioni bollose; 2. Ricorrere alla suturatrice meccanica, che distacca la lesione bollosa e contemporaneamente induce aerostasi ed emostasi; 3. Condurre la “prova dell’allagamento”, per verificare che non vi siano perdite aeree da parte del polmone; 4. Fase della pleurectomia (parziale o totale), nella quale si seziona la pleura cosicché il polmone aderisca stabilmente ai muscoli intercostali e non sussista il rischio di recidive; alternativa alla pleurectomia è l’abrasione meccanica, che produce sanguinamenti necessari per la formazione delle sopracitate aderenze; 5. L’intervento termina con il posizionamento del drenaggio, fondamentale nel post-operatorio per mantenere espanso il polmone. La toracotomia non viene quasi mai eseguita in caso di pneumotorace spontaneo idiopatico. Pneumotorace spontaneo secondario in dettaglio. Come accennato, può rappresentare la complicanza di svariate patologie: • Delle vie aeree → BPCO, fibrosi cistica, asma grave acuta; [Lo pneumotorace in corso di crisi asmatica è particolarmente pericoloso, in quanto può assumere le caratteristiche di uno pneumotorace iperteso. Ad ogni atto respiratorio il polmone incamera aria che non ha modo di uscire, per cui la pressione intratoracica aumenta. Strutture come le vene cave possono subire una compressione e il ritorno di sangue venoso al cuore è impedito. Si tratta di un’emergenza che va trattata nell’immediato, con qualunque mezzo a disposizione che assicuri la fuoriuscita dell’aria.] • Infettive del polmone → polmonite da Pneumocystis jirovecii, polmonite necrotizzante; • Interstiziali del polmone → sarcoidosi, fibrosi polmonare idiopatica, sclerosi tuberosa, ecc; • Del connettivo → artrite reumatoide, dermatomiosite, sclerodermia, sindrome di Marfan, ecc; • Neoplastiche → carcinomi polmonari, sarcomi. La terapia chirurgica dello pneumotorace spontaneo secondario è più impegnativa che nella forma spontanea idiopatica. Aumenta la quota di interventi eseguiti con tecnica toracotomica. Aumentano inoltre la morbilità post- operatoria, le giornate di degenza e il tasso di recidiva. Riassumendo, le indicazioni alla chirurgia sono le medesime, sia nello pneumotorace spontaneo idiopatico che in quello secondario. Ciò che cambia è la via di accesso: solitamente VATS nel primo caso, percentuale più elevata di toracotomie nel secondo. TUMORI DEL MEDIASTINO Il mediastino rappresenta lo spazio mediano della cavità toracica, compreso fra i polmoni, che contiene: il cuore (avvolto nel pericardio), l’esofago, il timo, gran parte della trachea e i bronchi principali, il dotto toracico, vari nervi, l’aorta e altri vasi. Mediastino anteriore → compreso tra la superficie interna della parete toracica anteriore e la superficie anteriore del pericardio parietale che riveste la superficie sterno-costale del cuore. Neoplasie tipiche di questa sede: timomi, tumori a cellule germinali, linfomi, linfangiomi, emangiomi, lipomi, ecc. Mediastino medio → compreso tra due piani verticali: 1) anteriore, tangente al foglietto pericardico parietale che riveste la superficie sterno-costale del cuore, 2) posteriore, tangente al foglietto pericardico parietale che riveste la base del cuore. In questa sede si sviluppano: linfomi, cisti enterogene, cisti pleuropericardiche, cisti del dotto toracico, ecc. Mediastino posteriore → delimitato posteriormente dalle vertebre toraciche e anteriormente dalla superficie del pericardio parietale che riveste la base del cuore. Si sviluppano per lo più tumori neurogeni. Fra le neoplasie mediastiniche, i tumori neurogeni sono i più frequenti sia in età pediatrica (seguiti dalle cisti enterogene) che in età adulta (seguiti da cisti e tumori del timo). Nell’adulto traggono origine dalle cellule di Schwann e per tale ragione sono detti schwannomi. Schwannomi. Sono masse ben circoscritte e incapsulate che si trovano adiacenti ai nervi associati ma non li invadono (caratteristica che semplifica l’exeresi chirurgica). In genere partono dal mediastino posteriore e seguono il decorso dei nervi (solitamente dei nervi intercostali). Alla TC si presentano come masse solide con contorni netti, localizzate nei pressi della colonna vertebrale. Ne esistono due varianti: a) benigna, non c’è interessamento del canale vertebrale, b) maligna, c’è interessamento del canale vertebrale: il midollo spinale subisce una compressione, col corredo sintomatologico che ne consegue. Schwannoma dumbbell → si estende nel canale spinale attraverso uno o più forami di coniugazione, assumendo un caratteristico aspetto “a clessidra”. La porzione intraspinale di questi tumori a clessidra può essere esclusivamente extradurale, o più raramente extra-intradurale. Circa il 40% degli schwannomi viene diagnosticato per via incidentale grazie a una radiografia standard del torace. Spesso i pazienti sono asintomatici. Si raccomanda comunque l’asportazione del tumore, a meno che non sia troppo rischiosa per il paziente. Nella valutazione preoperatoria può assumere una certa importanza la RMN, la quale, rispetto alla TC, fornisce informazioni più dettagliate circa i rapporti che il tumore contrae col midollo spinale. Nei tumori del mediastino di sinistra al di sotto di T5 (quinta vertebra toracica) è fondamentale eseguire un’angiografia spinale come esame preoperatorio. Difatti quella è la sede dell’arteria radicolare magna (di Adamkiewicz), che durante l’atto chirurgico potrebbe subire una lesione con conseguenze molto gravi per il paziente, quali ischemia e necrosi del midollo. Strategie chirurgiche: • Videotoracoscopia → per lesioni facilmente raggiungibili. Tale approccio può andar bene anche per lesioni pluriradicolari (la massa origina da più nervi intercostali), purché si presentino sotto forma unica; • Toracotomia → per lesioni di grandi dimensioni, con carattere di malignità e/o nel caso in cui il chirurgo abbia necessità di operare senza le limitazioni funzionali tipiche della videotoracoscopia; • Accesso posteriore neurochirurgico + toracoscopia → per tumori dumbbell. Il neurochirurgo mette in sicurezza il midollo spinale intaccato dalla massa, per poi lasciare al chirurgo toracico il compito di rimuovere la neoformazione con tecnica toracoscopica; La presenza di emotorace viene messa in luce dall’RX (è presente una zona di opacamento); all’esame obiettivo si riscontrano → ematoma cervicale/toracico, deformità della gabbia toracica, presenza di una ferita penetrante, asimmetria degli emitoraci, deviazione tracheale, ipofonesi alla percussione. L’emotorace va in diagnosi differenziale con: • Rottura del diaframma, atelettasia, versamento preesistente, ematoma extra-pleurico [subito dopo il trauma]; • Chilotorace, empiema [a distanza dal trauma]. Nell’immediato si posiziona un drenaggio toracico a livello del quarto/quinto spazio intercostale. C’è indicazione alla chirurgia immediata (VATS oppure toracotomia) in presenza delle seguenti condizioni → instabilità emodinamica, necessità di trasfusioni ripetute, emorragia immediata > 1500 ml, emorragia > 200 ml/h per 2-4 ore. È richiesta una chirurgia precoce in caso di: • Presenza di corpi estranei; • Lacerazioni del parenchima polmonare; • Lacerazioni tracheo-bronchiali; • Emotorace con presenza di coaguli. In quanto alle lesioni tracheo-bronchiali, elementi di sospetto sono costituiti da → trauma cervicale, dispnea e tirage [dispnea inspiratoria con evidente depressione del giugulo e della fossetta epigastrica], enfisema cervicale e mediastinico. La diagnosi si esegue tramite broncoscopia. Nell’impossibilità di intubare il paziente si può eseguire una micro-tracheotomia. L’80% delle lesioni tracheo-bronchiali avviene a livello della diramazione bronchiale. Si possono manifestare due situazioni: a) pneumotorace ed enfisema mediastinico, b) soltanto enfisema mediastinico. È indicata una chirurgia tardiva in caso di: • Chilotorace persistente; • Empiema post-emotorace; • Stenosi tracheobronchiali post-traumatiche; • Necessità si stabilizzare la parete toracica (coste, sterno); • Pneumotorace con perdite aeree prolungate; • Pseudocisti polmonari complicate. Circa le fratture costali, in genere non richiedono un trattamento chirurgico, che però si esegue in presenza di → instabilità dei monconi di frattura, grave deformità della gabbia toracica, volet costale [multiple fratture costali adiacenti che si traducono in un segmento della parete toracica che si separa dal resto della gabbia toracica; è un indicatore di lesioni al polmone sottostante], lesioni associate. Indicazioni all’intervento per le fratture sternali → monconi di frattura mobili, deficit di ventilazione, lesioni del cuore e/o dei grossi vasi, grave deformità, dolore persistente. La chirurgia prevede il riallineamento delle strutture ossee e l’apposizione di apposite placche. Non richiedono chirurgia → pneumotorace non complicato, pneumomediastino non complicato, contusione polmonare cardiaca, ematoma polmonare, pseudocisti traumatiche non complicate. TUMORI POLMONARI Epidemiologia. Il carcinoma polmonare è attualmente il carcinoma diagnosticato con maggiore frequenza in tutto il mondo e costituisce la causa più comune di mortalità per cancro a livello mondiale. Insorge in genere tra i 40 e i 70 anni di età, con un picco di incidenza intorno a 50-60 anni. Solo il 2% di tutti i casi compare prima dei 40 anni e la prognosi dei pazienti con cancro polmonare è solitamente infausta. Fattori di rischio → fumo di sigaretta [esiste una correlazione dose-risposta tra fumo e cancro del polmone: il rischio aumenta proporzionalmente al numero di sigarette fumate, agli anni di tabagismo e a quanto più precocemente si è iniziato a fumare], carcinogeni ambientali (radon, PM10), fattori occupazionali (asbesto, cromo), predisposizione genetica. Classificazione istologica. Il 75-80% dei tumori polmonari rientra nella categoria NSCLC (non-small cell lung cancer), di cui fanno parte l’adenocarcinoma, il ca. squamocellulare, il ca. a grandi cellule e altri sottotipi istologici. Il restante 20-25% costituisce il gruppo SCLC (small cell lung cancer). L’adenocarcinoma è l’istotipo più frequente in assoluto, mentre il carcinoma squamocellulare è quello più correlato all’esposizione al fumo di tabacco. I tumori non a piccole cellule in genere possono beneficiare del trattamento chirurgico, al contrario dei tumori a piccole cellule, che nella maggior parte dei casi vengono scoperti tardivamente, quando ormai la chirurgia non può essere utile. I tumori polmonari sono anche detti “broncogeni”, perché molto spesso coinvolgono le cellule bronchiali. Il BAC (tumore bronchioloalveolare – termine non più utilizzato, ma ancora diffuso in ambiente medico-scientifico) coinvolge le cellule alveolari di tipo I e II e può essere frammisto ad adenocarcinoma, di cui è considerato una variante; insorge tipicamente nei soggetti anziani. Quadro clinico. Alla diagnosi il paziente può presentare una miriade di segni e sintomi: Emoftoe [emissione di un espettorato rosso chiaro, schiumoso e frammisto a catarro o escreato in seguito a un colpo di tosse] → generalmente sostenuta da una causa cronica, come una neoplasia. Emottisi [emissione di sangue dalle vie respiratorie] → generalmente sostenuta da una causa acuta, ad esempio una tracheobronchite acuta. Sindrome della vena cava superiore → condizione in cui la vena cava superiore subisce modifiche patologiche che la portano a restringersi od occludersi. Sindrome di Pancoast → può manifestarsi in presenza di un tumore di Pancoast, rara neoplasia del polmone che si localizza a livello dell’apice del torace. È caratterizzata da dolore che si irradia lungo il braccio (dovuto all’infiltrazione del plesso brachiale) e da miosi, ptosi palpebrale ed enoftalmo (da infiltrazione della catena simpatica). Inoltre, al tumore può accompagnarsi una sindrome paraneoplastica di tipo endocrino (ipercalcemia, s. di Cushing, iperprolattinemia, ipertiroidismo, ecc.), neurologico (encefalopatia, neuropatia periferica, neurite ottica, degenerazione cerebellare subacuta, ecc.), ematologico (anemia, reazione leucemoide, trombocitosi, eosinofilia, ecc.), cutaneo (ipercheratosi, acanthosis nigricans, iperpigmentazione, dermatomiosite), scheletrico (ippocratismo digitale, osteoartropatia polmonare ipertrofica) o altre. Diagnosi e stadiazione. Gli scopi della stadiazione sono i seguenti: valutazione dell’estensione della neoplasia, scelta del trattamento e definizione della prognosi del paziente. Una stadiazione non invasiva si effettua mediante RX Dispnea (per atelettasia o versamento pleurico) – Tosse – Emoftoe – Emottisi – Febbre – Sindrome ostruttiva – Dolore toracico – Sindrome della vena cava superiore – Sindrome di Pancoast – Linfoadenopatia superficiale – Calo ponderale – Astenia – Cachessia – Dolori ossei (da metastasi ossee) – Dolori addominali (da m. a livello epatico/surrenalico) – Cefalea (da m. cerebrali) – Disturbi neurologici torace, TC, RMN, PET e/o scintigrafia ossea; una stadiazione invasiva prevede l’esecuzione di broncoscopia, mediastinoscopia e/o videotoracoscopia. Secondo l’OMS, per diagnosticare le neoplasie polmonari sono imprescindibili l’RX del torace e l’esame citologico dell’espettorato (se quest’ultimo è positivo, anche a fronte di una radiografia del torace negativa, è possibile porre diagnosi di tumore del polmone). La TC di stadiazione è una TC spirale total body con mezzo di contrasto (NB: la TC ad alta risoluzione non prevede l’impiego del mdc e non è utile per la diagnostica del tumore polmonare, mentre lo è per quella della fibrosi polmonare e delle interstiziopatie). La RMN, più che per la stadiazione, è indicata nello studio del tumore di Pancoast, di tumori polmonari adiacenti/infiltranti i grossi vasi e di neoplasie infiltranti il diaframma; serve a pianificare l’intervento chirurgico piuttosto che a fare diagnosi. La PET è richiesta quando è presente interessamento linfonodale (informazione che si ottiene attraverso la TC total body con mdc). In un paziente con malattia allo stadio iniziale e in assenza di linfoadenopatia mediastinica [per cui non si richiede la PET] si esegue una scintigrafia ossea, la quale fornisce indicazioni circa la presenza di metastasi ossee. Limiti della TC nella definizione del parametro T → discriminazione tra neoplasia e atelettasia, valutazione dell’infiltrazione di mediastino/grossi vasi/parete toracica, studio dei noduli satelliti, ristadiazione dopo trattamento chemioterapico. Si sopperisce ai suddetti limiti con l’esecuzione di RMN, PET o TC-PET. Globalmente al momento della diagnosi risulta operabile il 20-25% dei pazienti. Tuttavia, ci si pone il problema del trattamento anche nel restante 70-75% dei pazienti (i quali arrivano in stadio avanzato); da ciò si evince che la chirurgia toracica può essere palliativa oltre che risolutiva. Algoritmo diagnostico-terapeutico. La TC dimostra la presenza di una linfoadenopatia mediastinica → si richiede la PET → PET negativa: il paziente accede a un programma chirurgico; PET positiva: si effettua una TBNA in corso di broncoscopia. TBNA positiva: il paziente è candidato alla chemioterapia/radioterapia neoadiuvante; TBNA negativa: si sottopone il paziente a mediastinoscopia, per accertarsi che non si tratti di un falso negativo. Broncoscopia. Esame con cui è possibile osservare direttamente laringe, trachea e bronchi, grazie a uno strumento detto fibroscopio, che viene introdotto attraverso il naso o la bocca. TBNA (Trans-Bronchial Needle Aspiration). Metodica di prelievo endoscopico che si avvale di aghi flessibili inseriti attraverso il canale operativo del broncoscopio flessibile usato per la diagnostica routinaria. Consente di effettuare uno studio citologico/istologico dei linfonodi paratracheali e sottocarenali. Mediastinoscopia. Tecnica diagnostica che consiste nell’inserire un endoscopio attraverso un’incisione a livello del giugulo, o parasternale, per giungere direttamente nel mediastino ed effettuare un’esplorazione con eventuale biopsia dei tessuti retrosternali. Viene eseguita in anestesia generale. Le complicanze sono rarissime. L’intervento è necessario per escludere la presenza o meno di metastasi linfonodali a partire da un tumore polmonare o per diagnosticare altri tipi di malattie linfonodali, come la sarcoidosi. In molti pazienti la mediastinoscopia può essere evitata sottoponendo il paziente a un agoaspirato transbronchiale in broncoscopia. Con la mediastinoscopia è possibile accedere ai linfonodi paratracheali dx e sx e a quelli sottocarenali anteriori (non raggiungibili con TBNA). Non è possibile invece accedere a: linfonodi sottocarenali posteriori (serve broncoscopia), subaortici (serve toracoscopia) e mediastinici anteriori (serve toracoscopia). Procedura in dettaglio → il pz è in posizione semiseduta. Si esegue una piccola incisione a livello del giugulo, si sezionano il platisma e i muscoli sottoioidei, si lussa verso l’alto la cartilagine tiroide e si giunge alla fascia pretracheale, che viene aperta. Con il dito si crea un tunnel, scivolando sulla faccia anteriore della trachea, fino ad arrivare alla biforcazione tracheale. Questa è la via attraverso la quale viene inserito il mediastinoscopio. Si introduce un ago, con lo scopo di pungere il linfonodo interessato (previa rimozione del tessuto lasso attorno al linfonodo) e avere la certezza che non si stiano pungendo altre strutture. A questo punto viene inserita una pinza da biopsia per il prelievo di più campioni di tessuto necessari alla stadiazione linfonodale.
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