Scarica Dispense di Grammatica Italiana. e più Dispense in PDF di Italiano solo su Docsity! IL SOSTA COS’È? Il no qualità, ent CONCRETI attraverso i I sostantivi solo la men COMUNE E stessa speci I nomi prop medesima s MASCHILE un dizionari • i no pro • i no man • i no • i no • i no qua DANTE INFO indican guardia che alcu guida è riferisce il sostan i nomi g FEMMINILE chiamati no ma anche a DANTE INFO alcuni n alcuni n NTIVO me o sosta ità, avvenim E ASTRATTI. cinque sens astratti sono te può conce PROPRIO. I e. ri sono quel pecie E FEMMINIL o, è utile an mi che term blema, tema mi termina o,…); mi terminan mi accentat mi termina si sempre al RMA: o sia uomini , sentinella, ni di questi g bravo”); altr a donne. tivo singolar eografici son DEI NOMI M mi mobili. V nimali masc RMA: omi formano omi che al m ntivo è quel enti, ecc. I sostantivi i. invece que pire. nomi comun li che si attri E. Per comp alizzare la te inano in –a , poeta, clim nti in –o so ti in altra vo i sull’ultima nti in conso maschile. che donne a vedetta, spia, rammaticalm i invece sono e “eco” è sia m o generalmen OBILI. I no a sottolineat hi e femmine m g c infe ‐ el il femminile s aschile termin la parola ch concreti so i nomi che in i sono quel buiscono a rendere qu rminazione sono preva a, ecc.); no prevale cale sono si sillaba sono nante, per l lcuni nomi co guida, autis ente sono di di genere g aschile che f te femminili mi che diffe o che natur . Per compr aschile ‐o atto ‐a duca ‐e onte ‐e rmiere tore ettore enza attener ano in –tore 3 e indica pers no quei nom dicano realt li che indican persone, ani asi nomi sia dei sostantiv lentemente ntemente m a maschili ch sia maschili a maggior p muni di pers ta, giornalist genere femm rammaticalm emminile, me renziano la t almente i no endere com si a nessuna r hanno due fo one, anima i che indica à che non p o persone, mali o cose no femminil i. Infatti: femminili ( aschili ma e femminili che femmin arte di orig ona che term a, astronauta inile (“la gui ente maschil ntre al plural erminazione mi mobili no e comporta femmin ‐a gatta ‐essa duches ‐essa contes ‐a infermi ‐trice elettri egola rme femminil li, cose, azio no realtà m ossiamo con animali, cos per distingu i e quali ma tranne alcun ne troviamo ili ine stranier inano in –a: ,… Bisogna p da è brava” e e, anche qua e è solo masc tra maschil n indicano rsi è utile se ile sa sa era ce i ni, sentimen ateriali cioè cepire coi se e che appart erli da tutti g schili, oltre a i maschili c altri femm a, sono usat recluta, erò dire non “la ndo ci si hile. e e femmini solo uomini guire questo ti, concetti, percepibili nsi, ma che engono alla li altri della consultare ome vaglia, inili (radio, i in italiano le sono e donne, schema: 4 SINGOLARE E PLURALE. Il passaggio dal singolare al plurale non avviene sempre in modo uguale, possiamo individuare così quattro gruppi di nomi che si comportano in modo diverso. Gruppo 1 = singolare in –a; plurale femminile in –e, plurale maschile in –i Gruppo 2 = singolare in –o; plurale in –i Gruppo 3 = singolare in –e; plurale in –i Gruppo 4 = nomi invariabili, plurale uguale al singolare NOMI SOVRABBONDANTI. Si definiscono nomi sovrabbondanti quei sostantivi che presentano tante forme per il singolare e per il plurale. NOMI PRIMITIVI, DERIVATI E ALTERATI. Sono nomi primitivi i sostantivi di cui non si possono “scomporre” oltremodo il suo significato. Sono invece nomi derivati i sostantivi che derivano appunto da un nome primitivo. I nomi alterati sono invece quei sostantivi che, mediante un suffisso, modificano il sostantivo primitivo restando comunque nello stesso ambito di significato. Prendiamo ad esempio la parola mano: primitivo mano derivato maniglia alterato accrescitivo: (aggiunge il suffisso –one): manona diminutivo: (aggiunge il suffisso –ino/etto/ello/icello/erello/icciolo/icino): manina vezzeggiativo: (aggiunge il suffisso –uccio/ino/etto/icino/olino): manuccia dispregiativo: (aggiunge il suffisso –accio/astro/onzolo/ercolo/ucolo/upola/accione): manaccia NOMI COMPOSTI. Sono sostantivi risultanti dalla composizione di più elementi. Possono formarsi con: • nome + nome (ferrovia, viadotto, arcobaleno); • nome + aggettivo (pellerossa, cassaforte); • aggettivo + nome (gentildonna, falsariga); • verbo + nome (aspirapolvere, battipanni); • verbo + verbo (saliscendi, dormiveglia); • preposizione + nome (consocio, senzatetto); • aggettivo + verbo (belvedere); • avverbio + verbo (benessere, benservito); • più parole unite insieme (tiramisù, nontiscordardimé). 7 AGGETTIVI QUALIFICATIVI L’aggettivo è quella parte del discorso che si aggiunge al nome per indicarne le qualità (aggettivo qualificativo) o per determinarlo (aggettivo determinativo). Gli aggettivi qualificativi possono esprimere: un modo di essere, una condizione o un carattere. Possono avere inoltre: • funzione attributiva, quando l’aggettivo si aggiunge direttamente al nome • funzione predicativa, quando l’aggettivo si unisce al nome per mezzo del verbo essere (copula) Alcuni aggettivi (concreta, nero, esule) non possono essere ricondotti a nessuna derivazione; altri (fiabesco, rossastro) possono ricondursi a nomi o aggettivi; altri ancora (neroazzurro) sono il risultato della fusione di due aggettivi. Diciamo che: • gli aggettivi che non sono riconducibili ad altre parti del discorso di definiscono primitivi • gli aggettivi riconducibili ai primitivi con l’aggiunta di un suffisso (‐ale/esca/are/evole/abile/ibile/ile/ese/oso/ano) si dicono derivati • gli aggettivi riconducibili ai primitivi a cui si aggiunge un suffisso (‐astro(ello/occio/ino/accio/etto) sono detti alterati • gli aggettivi formatisi dall’unione di due aggettivi si dicono composti Gli aggettivi presentano modificazioni a seconda del nome che accompagnano, dato che concordano con questo in genere e numero. Possiamo notare che le modificazioni dal maschile al femminile e dal singolare al plurale avvengono secondo un criterio che si basa sulla suddivisione degli aggettivi in tre grandi gruppi: GRUPPO singolare plurale maschile femminile maschile femminile I ‐o ‐a ‐i ‐e II ‐e ‐i III invariabili invariabili Occorre considerare numerosi casi particolari: • gli aggettivi in –co, ‐ca con la penultima sillaba accentata hanno il plurale in –chi, ‐che: biànco → bianchi • gli aggettivi in –co, ‐ca con la terzultima sillaba accentata hanno il plurale in –ci, ‐che: benefico → benefici • gli aggettivi in –go, ‐ga hanno il plurale in –ghi, ‐ghe: largo → larghi • gli aggettivi in –ìo, ‐ìa (con i accentata) hanno plurale in –ìi, ‐ìe: restìo → restìi • gli aggettivi in –io, ‐ia hanno plurale in –i per i maschili e plurale in –ie o –e per i femminili: grigio → grigi Gradi dell’aggettivo Il grado positivo dell’aggettivo indica la qualità di un nome, senza esprimere alcuna misura di essa. Il grado comparativo è quello in cui la qualità è indicata come maggiore, minore o uguale. La comparazione avviene fra due termini detti primo e secondo termine di paragone. Per formare il comparativo di maggioranza si premette più al grado positivo dell’aggettivo (più caro, più bello). Per formare il comparativo di minoranza si premette meno al grado positivo dell’aggettivo (meno bello, meno costoso). Per formare il comparativo di uguaglianza si premette tanto, così al grado positivo dell’aggettivo (tanto caro, tanto bello). 8 Il II termine di paragone è introdotto da di o che nei comparativi di maggioranza o minoranza; da come o quanto nei comparativi di uguaglianza. Quando la comparazione è stabilita tra due aggettivi, il secondo termine di paragone è sempre introdotto da che e non da di. Il superlativo assoluto esprime una qualità nel suo massimo grado, libera da ogni confronto (un gioco divertentissimo; un gatto dolcissimo). Si forma aggiungendo il suffisso –issimo al tema dell’aggettivo. Il superlativo relativo esprime una qualità nel suo massimo o minimo grado in confronto con un insieme, gruppo o totalità (le più belle, i più antipatici). Si forma premettendo al comparativo di maggioranza/minoranza l’articolo determinativo. 9 L’AGGETTIVI DETERMINATIVI AGGETTIVI POSSESSIVI. Gli aggettivi possessivi indicano a chi appartiene o da chi è posseduto ciò che è espresso dal nome cui si riferiscono. La mia scuola è molto lontana. Suo nonno è stato in guerra. La vostra amica è sempre gentile con noi. Essi sono sei e corrispondono alle pronomi personali soggetto a cui si riferiscono: Persona singolare Plurale maschile femminile maschile femminile 1° sing. 2° sing. 3° sing. 1° plur. 2° plur. 3° plur. Io tu egli noi voi essi mio tuo suo nostro vostro loro mia tua sua nostra vostra loro miei tuoi suoi nostri vostri loro mie tue sue nostre vostre loro Proprio (propria, propri, proprie) • Esprime l’idea del possesso in modo particolarmente forte: Ognuno deve fare il proprio dovere. • Può sosituire gli aggettivi di terza persona, suo e loro, quando il soggetto e il possessore coincidono: Ognuno dei fratelli riordina la propria camera. • È obbligatorio il suo uso nelle frasi impersonali: Bisogna difendere i propri diritti. Altrui • E’ invariabile: il bene altrui; la proprietà altrui; i fatti altrui; le pene altrui. • Indica un possessore indefinito, diverso da chi parla o da chi ascolta: Non criticare il comportamento altrui. • Significa: di un altro, di un’altra, di altri, degli altri… e si usa soltanto in riferimento a persone: Devi rispettare l’opinione altrui (= degli altri). Posizione dell’aggettivo possessivo Gli aggettivi possessivi, di solito, precedono il nome cui si riferiscono. Si collocano invece dopo il nome: • quando si vuole dare particolare rilievo all’espressione: Non sono affari vostri; • nelle frasi esclamative o vocative: Colpa loro!, Amici miei, è tempo di andare; • in alcune espressioni, quali: bontà tua, a modo mio, per amor suo, di testa vostra… • quando si vuole accentuare l’idea di possesso: Questi sono i soldi miei. I PRONO È la parte d personali, r ed esclama DANTE INFO in o a PRONOMI P persona che nome. • io e • tu e • egli I pronomi p funzione pu forme: • form indi • For Pronomi pe I pronomi p comunicazio In italiano, a La desinenz quindi, il pr MI el discorso c iflessivi, pos tivi. RMA: realtà i prono nche una fra ERSONALI. ascolta opp noi indicano voi indican e loro indic ersonali han ò essere di s a forte o to retti); ma debole o 1° sin 2° sin 3° sin 1° p 2° p 3° p rsonali sogg ersonali sog ne. differenza a del verbo, onome sogg he si usa al p sessivi, dim mi possono s se intera I pronomi p ure la perso Abbiam la persona o le persona ano le perso no forma div oggetto o d nica (oltre a atona. Persona golare golare golare mas femm lurale lurale lurale mas femm etto getto indican di quanto ac infatti, indic etto diventa osto del no ostrativi, nu ostituire anch ersonali son na, l’animal Io sono pro o discusso c che parla; a cui si parl na di cui si p ersa, secon i oggetto. I p d esprimere funzio chile eg inile ella chile e inile e o la person Tu sei s Lui ascolt cade in altre a da sola ch superfluo: camm s gio 12 me. Questi s merali, inde e altre parti d o quei prono e o la cosa d nto per il via on loro dei r a; arla. do la person ronomi pers il complem ne soggetto io tu li,lui,esso , lei, essa noi voi ssi, loro sse, loro a che è prot tato proprio a la musica lingue, il pr i compie o s ino = io cam alti = tu salt ca = egli gio i possono cl finiti, relativ el discorso, c mi che rapp i cui si parla ggio, tu no; isultati della a, il numero onali usati c ento oggetto funzione forma toni me te lui, esso, s lei, essa, s noi voi essi, loro, esse, loro, agonista del bravo; di Puccini. onome pers ubisce l’azio mino; i; ca. assificare in: i, interroga ome aggettiv resentano la , senza spec partita. , il genere e ome comple esprimono complemen ca forma at mi ti é lo, gli, n é la, le, ne ci, ce vi, ve sé li, ne, sé le, ne, l’azione o ch onale sogge ne espressa tivi i e verbi persona ch ificarne o rip la funzione. mento han altri comple to ona e, si , si si si e effettua la tto è spesso dal verbo st e parla, la eterne il Tale no due menti sottinteso. esso e, 13 Talvolta, però, il pronome deve essere espresso. Ciò avviene: • quando si vuole specificare il maschile o il femminile; Egli/Ella gioca; • quando il verbo presenta la stessa forma per più persone, ad esempio nel congiuntivo presente: Bisogna che io sappia la novità; Bisogna che tu sappia la novità; • quando si vuole dare rilievo al soggetto: Voi formate una bella compagnia; • quando si vogliono contrapporre più soggetti: Io lavoro ed egli si diverte. Io e tu vengono sostituiti da me e te nei seguenti casi: • nelle esclamazioni formate con un aggettivo qualificativo: Povero me! • dopo il verbo essere se svolgono la funzione di parte nominale: Tu non sei me; • nei paragoni introdotti da come e quanto: Marco è alto quanto te, ma se il verbo è ripetuto si usano io e tu: Marco è alto quanto sei alto tu; • quando accompagnano un participio assoluto: Sono stato deluso da molte persone, te compreso. Il pronome di terza persona singolare e plurale presenta forme diverse per il maschile e per il femminile. In particolare: Egli si usa per il maschile singolare riferito a persona; viene attualmente sostituito sempre più spesso da lui, specialmente quando si vuole dare importanza al soggetto: Non invitare Giacomo: egli non ha tempo per stare con noi; Non invitare Giacomo: lui non ha tempo per stare con noi; Esso viene usato al maschile singolare riferito ad un animale o a una cosa: Nicola cercò di acchiappare il coniglio, ma esso si infilò nel cespuglio di rovi; talvolta viene sostituito da lui, nel parlato, anche quando si tratta di animali: Non dare caramelle al mio pappagallo, lui mangia solo frutta e semi di girasole; può riferirsi anche a persona: E’ uno scrittore colto e sensibile, ma anch’esso legato a una forma letteraria superata; Ella era usato al femminile singolare riferito a persona; oggi, siccome è ritenuto troppo letterario, viene sostituito da essa o da lei: Ho incontrato Federica: ella (oppure essa oppure lei) non mi ha confermato la sua decisione; Essa si usa al femminile singolare quando si tratta di animali, cose o anche persona: La mia gatta graffia i mobili, ma essa (la gatta) è utile contro i topi; Vidi la tegola scivolare, essa (la tegola) cadde in testa al passante, Essa (Laura) poteva dire soltanto di aver sbagliato; Essi – Esse si usano rispettivamente al maschile e al femminile plurale; si riferiscono sia a persone, che ad animali o a cose; nel caso cui si riferiscano a persone, vengono sostituiti frequentemente da loro: Essi (esse, loro) hanno già raggiunto la spiaggia; Lui – Lei devono essere usati al posto di egli ed ella: • nelle espressioni esclamative: Oh, lui felice! • con come e quanto: Una professionista come lei; • quando sono usati con funzione predicativa: Se io fossi lui; • con un participio o con un gerundio assoluti: Lei arrestata, la banda si sciolse; Lui governando, furono risanate le finanze; • in espressioni del tipo: Chi ha fischiato? Lui; Ed ecco lui che si arrabbia per niente; C’è una’ lei che ti aspetta; Era un uomo coraggioso lui; L’ha detto lei. 14 Quando ci rivolgiamo a persone con cui siamo in confidenza, usiamo generalmente il tu. Con le persone con cui non siamo in rapporti di familiarità, invece, usiamo i pronomi di terza persona lei e loro, validi sia per il maschile sia per il femminile: Venga anche lei a controllare i risultati dell’esperimento; Ascoltino anche loro. Nella corrispondenza commerciale usiamo il pronome di seconda persona plurale voi: Rispondiamo alla Vostra pregiate del 4/7 u.s. per comunicarVi che accettiamo la proposta. Queste forme, dette pronomi di cortesia, si scrivono di solito con la maiuscola. Pronomi personali complemento I pronomi personali complemento si usano quando nella frase il pronome svolge una funzione diversa da quella di soggetto e cioè: complemento oggetto: Ti ascolterò; complemento di termine: Le regalerò delle rose; complemento indiretto: Vieni con me a mangiare un gelato? Si distinguono in due forme differenziate: 1) le forme toniche o forti (me, te, lui, sé, noi, voi, essi, loro …), dette così perché hanno un accento proprio e, quindi, assumono particolare rilievo nella frase; possono essere usate per parecchi complementi e vengono collocate generalmente dopo il verbo: Penso a te; Cerco loro; 2) le forma atone o deboli (mi, ti, lo, gli, si, la, ci, loro …), dette così perché non hanno un accento proprio e per la pronuncia si appoggiano sempre al verbo che le precede (enclitiche) o che le segue (proclitiche): Verrà a trovarci (enclitica): Ti (proclitica) dico di sì; Le forme atone, chiamate anche particelle pronominali, vengono adoperate esclusivamente per il complemento oggetto (Verrò a trovarti = Verrò a trovare te) o per il complemento di termine (Ti consiglio = consiglio a te). La scelta tra le forme forti o deboli è relativa alle esigenze espressive: • se si vuole dare rilievo al pronome si usa la forma forte: Per quella partita hanno scelto me (la forma forte me ha un valore esclusivo: chi parla sottolinea che è stato preferito ad altri); • se invece si desidera attenuarne la presenza, si usa la forma debole: Mi hanno scelto per quella partita (con la forma debole mi la frase assume un tono puramente informativo: ci si limita ad una constatazione). Lui, lei, loro si usano come pronomi complemento solo quando si riferiscono ad una persona e solo se questa persona non coincide col soggetto della proposizione: Per loro la verità è una sola; Katie adora Brian e parla sempre di lui. Sé viene usato quando, in una proposizione, la persona, cui il pronome personale complemento si riferisce, coincide col soggetto della frase: Gli egoisti pensano solo a sé. Esso, essa, essi, esse si usano al posto di lui, lei, loro quando si tratta di animali o cose: Le mie galline non mi danno uova, eppure dedico a esse tante cure Ci, vi, forme deboli di pronomi personali complemento di prima e seconda persona plurale, equivalgono a: noi, a noi, voi, a voi: Quel pescatore ci porterà (porterà noi) fino a Panarea; Ci (a noi) piace la tua cucina; 17 PRONOMI RELATIVI. Sostituiscono un nome o un’intera frase mettendo in relazione periodi diversi. I pronomi relativi possono costituire, a seconda dell’utilizzo, il soggetto, il complemento oggetto o un complemento indiretto del periodo che introducono. I principali pronomi relativi sono i seguenti: Che (indeclinabile) Il quale (declinabile: la quale, i quali, le quali) Cui (indeclinabile) Il pronome relativo,” che “,può assumere solo il valore di soggetto o complemento oggetto. Esempio: complemento oggetto: il gioco che ho comprato costa molto. il libro che leggo è molto interessante la gonna che ho comprato e nuova soggetto: il ragazzo che sta parlando è un mio amico. l’amico che mi ha prestato il libro mi ha telefonato per riaverlo. Vi sono poi pronomi che assumono significati riconducibili ai precedenti: Chi ( = colui che, qualcuno che) Quanto (=ciò che, tutto ciò che, tutto quello che” Chiunque(=tutti quelli che) Dove (=in cui) 18 IL VERBO Il verbo costituisce la parte fondamentale dell’espressione, sia che indichi un’azione, uno stato o un modo di essere o semplicemente l’esistenza: esso consente di esprimere compiutamente il nostro pensiero. Nel verbo esiste una parte invariabile detta radice e una parte variabile detta desinenza. Dalla desinenza di un verbo riusciamo ad individuare alcuni elementi del soggetto: • Numero • Persona TEMPI E MODI. I tempi del verbo sono otto e possono essere: • semplici, cioè formati da una sola parola • composti, formati da due elementi verbali, il primo dei quali è il verbo ausiliare, quello cioè che serve di aiuto all’altro Mentre l’ausiliare indica la persona e il tempo, il secondo elemento verbale, il participio, può segnalare il numero e il genere del soggetto. I tempi semplici sono: presente, imperfetto, passato remoto, futuro semplice. I tempi composti: passato prossimo, trapassato prossimo, trapassato remoto, futuro anteriore. Il modo indica la maniera in cui si realizza l’azione indicata dal verbo. Essi sono sette di cui: • quattro finiti, cioè quelli determinati che offrono chiare indicazioni circa tipo di azione, momento e soggetto dell’azione; • tre infiniti, cioè quelli indeterminati, che non offrono una distinzione di persone e numero. Modi finiti o indicativo: il modo della realtà, che esprime un’azione avvertita come certa e sicura. o congiuntivo: il modo della possibilità, che esprime un’azione avvertita come possibile. o condizionale: il modo della probabilità, che può esprimere un desiderio, una preghiera, un comando attenuato, un’incertezza o un’azione che può verificarsi “a condizione che”. o Imperativo: il modo che esprime il comando. Modi infiniti o infinito: esprime un’azione nella sua essenza, senza indicare la persona che la compie. o participio: svolge funzione di verbo e aggettivo. o gerundio: esprime la modalità dell’azione indicata dal verbo principale. CONIUGAZIONI. Per coniugazione si intende la flessione del verbo, ossia la sua variabilità di forme. L’infinito si può schematizzare così: radice vocale tematica desinenza alz‐ b‐ cap‐ ‐a‐ ‐e‐ ‐i‐ ‐re ‐re ‐re La radice è portatrice del significato; la vocale tematica, differenziandosi, indica la coniugazione; la desinenza indica il modo e il tempo. Il cambiamento della vocale tematica consente di distinguere i verbi in tre coniugazioni: • ‐are • ‐ere • ‐ire La coniugazione di un verbo è il sistema delle forme in cui il verbo stesso si articola per indicare la persona, il tempo e il modo dell’azione. 19 VERBI AUSILIARI. I verbi essere e avere sono di aiuto all’altro verbo e pertanto sono detti ausiliari. Di questi due verbi: • Essere ha una coniugazione assolutamente propria; • Avere pur appartenendo di massima alla II coniugazione, presenta forme molto diverse dallo schema di questo gruppo. VERBO ESSERE Modo indicativo Presente io sono tu sei egli è noi siamo voi siete essi sono Passato prossimo io sono stato tu sei stato egli è stato noi siamo stati voi siete stati essi sono stati Imperfetto io ero tu eri egli era noi eravamo voi eravate essi erano Trapassato prossimo io ero stato tu eri stato egli era stato noi eravamo stati voi eravate stati essi erano stati Passato remoto io fui tu fosti egli fu noi fummo voi foste essi furono Trapassato remoto io fui stato tu fosti stato egli fu stato noi fummo stato voi foste stato essi furono stato Futuro semplice io sarò tu sarai egli sarà noi saremo voi sarete essi saranno Futuro anteriore io sarò stato tu sarai stato egli sarà stato noi saremo stato voi sarete stato essi saranno stato Modo congiuntivo Presente che io sia che tu sia che egli sia che noi siamo che voi siate che essi siano Passato che io sia stato che tu sia stato che egli sia stato che noi siamo stato che voi siate stato che essi siano stato Imperfetto che io fossi che tu fossi che egli fosse che noi fossimo che voi foste che essi fossero Trapassato che io fossi stato che tu fossi stato che egli fosse stato che noi fossimo stato che voi foste stato che essi fossero stato Modo condizionale Modo imperativo Presente io sarei tu saresti egli sarebbe noi saremmo voi sareste essi sarebbero Passato io sarei stato tu saresti stato tu saresti stato egli sarebbe stato noi saremmo stato voi sareste stato essi sarebbero stato Presente sii tu sia egli siamo noi siate voi siano essi Futuro sarai tu sarà egli saremo noi sarete voi saranno essi Modo infinito Modo participio Modo Gerundio Presente essere Passato essere stato Presente …............ Passato stato Presente essendo Passato essendo stato 22 AVVERBI, PREPOSIZIONI E CONGIUNZIONI AVVERBI. Servono a determinare, precisare, modificare il significato non solo di un verbo, ma anche di un nome, aggettivo o di un altro avverbio. Tipi di avverbi Avverbi di modo Gli avverbi di modo (o qualificativi) indicano, appunto, il modo in cui l’azione è compiuta. Sono avverbi di questo tipo: • quelli formati aggiungendo il suffisso “‐mente” alla forma femminile di un aggettivo (es.: velocemente, morbidamente) • quelli formati aggiungendo il suffisso “‐oni” alla radice di un sostantivo o di un verbo (es.: bocconi, ciondoloni) • quelli che hanno la stessa forma di alcuni aggettivi qualificativi al maschile singolare (es.: giusto, forte, alto) • bene, male, quasi, volentieri, come, così, cioè, soltanto, purtroppo, eccetera. Avverbi di tempo Ancora, ora, mai, sempre, prima, dopo, ieri, oggi, domani, sùbito, presto, frequentemente, spesso, etc. Avverbi di luogo Lì, là, qui, qua, giù, su, laggiù, davanti, dietro, sopra, sotto, dentro, fuori, altrove, intorno, ci, vi, etc. Avverbi di quantità Poco, tanto, parecchio, abbastanza, troppo, assai, affatto, quasi, etc. Avverbi di valutazione Purtroppo, giustamente, fortunatamente, stranamente, etc. Avverbi di affermazione o di certezza Sì, certamente, certo, davvero, sicuro, sicuramente, appunto, proprio, etc. Avverbi di negazione No, non, né, neppure, neanche, nemmeno, giammai, etc. Avverbi di dubbio Forse, magari, chissà, probabilmente, eventualmente, etc. Avverbi interrogativi ed esclamativi Come, dove, quando, quanto, perché, etc. Altri avverbi Sono considerati avverbi anche ecco (indicato in alcune grammatiche come “avverbio indicativo”) ed eccetera. Gradi Gli avverbi hanno gli stessi gradi degli aggettivi (tranne il comparativo di uguaglianza): Positivo (velocemente) Comparativo di maggioranza (più velocemente) Comparativo di minoranza (meno velocemente) Superlativo assoluto (velocissimamente) Superlativo relativo (il più velocemente) 23 Alterazioni Come gli aggettivi, anche gli avverbi, in certi casi, possono essere alterati da suffissi: diminutivo: poco – pochino vezzeggiativo: presto – prestuccio accrescitivo: bene – benone peggiorativo: male – malaccio Distinguere gli avverbi dalle altre parti del discorso È facile confondere gli avverbi con le preposizioni, con gli aggettivi, con i pronomi e con le congiunzioni. Per distinguerli, basta seguire questi ragionamenti: • Gli aggettivi accompagnano sempre un sostantivo e concordano con quello in genere e numero, gli avverbi no. Quindi, nella frase “Ho molta fame”, la parola molta è un aggettivo (perché riferita al sostantivo fame e perché c’è una concordanza), mentre nella frase “Ho studiato molto”, molto è un avverbio (non si riferisce a nessun nome). • Le congiunzioni collegano sempre due elementi, mentre gli avverbi si riferiscono a uno solo. Nella frase “Faremo come vuoi”, la parola come è una congiunzione perché unisce le frasi “(noi) faremo” e “(tu) vuoi. Nella frase “Come è buffo questo ritratto!”, la parola come non collega due elementi: infatti, è un avverbio interrogativo. • Le preposizioni introducono sempre un sostantivo o un pronome (formando un complemento) oppure una proposizione. Per esempio, in “Sopra l’armadio c’è una scatola”, la parola sopra è una preposizione, perché introduce l’armadio. Invece, in “Guarda l’armadio: sopra c’è una scatola”, la parola sopra non introduce alcun termine, pertanto è un avverbio. • Le particelle ci, vi e ne possono essere o pronomi o avverbi di luogo. Quando indicano uno stato o un moto da luogo, sono avverbi (“Ci sono venti regioni in Italia”, “Aprì la scatola e ne uscì solo polvere”); negli altri casi, sono pronomi (“Vi dirò i nostri propositi più tardi”, “Arrivò la carestia e molte persone ne morirono”). PREPOSIZIONI. È quella parte invariabile del discorso che serve a mettere in rapporto gli elementi di una proposizione o più proposizioni tra di loro. CONGIUNZIONE. È la parte del discorso che serve a unire tra loro due proposizioni in un periodo. In base alla forma, le congiunzioni si dividono in: • semplici, ovvero composte da una sola parola (e, ma, pure, eccetera); • composte, se derivano dalla fusione di più parole (affinché, oppure, sebbene, eccetera); • locuzioni congiuntive, se formate da gruppi di parole separate (anche se, dal momento che, eccetera). In base alla funzione, si distinguono in coordinanti e subordinanti Congiunzioni coordinanti Collegano parole o proposizioni che si trovano sullo stesso piano logico e che sono sintatticamente omogenee. Potremmo andare a Roma oppure a Viterbo. Avrei voluto portarvi a Firenze, ma è troppo distante da qui. Si distinguono in: copulative (accostano due elementi) disgiuntive (introducono un’alternativa) avversative (introducono un’opposizione) conclusive (introducono una conseguenza) dichiarative (introducono una spiegazione) correlative (si usano in coppia e mettono in corrispondenza due elementi) 24 Congiunzioni subordinanti Collegano due proposizioni mettendole su piani diversi. Esempio: Dario non parlò perché aveva molta paura. Si distinguono in: • dichiarative (che) • interrogative (se) • finali (perché, affinché, cosicché) • causali (siccome, poiché, perché, in quanto, giacché, dacché, dal momento che, per via che, visto che, dato che) • consecutive (cosicché, tanto che, in modo che) • temporali (quando, finché, fin quando, fintantoché, da che, da quando, dopo che, prima che, mentre, intanto che, (non) appena, ogni qual volta, ogni volta che, ora che) • eccettuative (tranne che, eccetto che) • condizionali (se, qualora, laddove, casomai, semmai, in caso, purché, a patto che, sempre che) • comparative (come, quanto) • modali (come) • concessive (sebbene, anche se, benché, quantunque, nonostante (che), malgrado (che), per quanto) • esclusive (senza che) • limitative (per quanto) • condizionali‐concessive (anche se, anche quando, anche qualora). 27 COMPLEMENTO DI COMPAGNIA E UNIONE con chi? in compagnia di chi? in compagnia di cosa? con cosa? indicano in compagnia di quale essere animato o in unione di quale oggetto inanimato, il soggetto compie o subisce un’azione, o si trova nelle condizioni espresse dal predicato. È introdotto dalla preposizione semplice o articolata con; e dalle locuzioni insieme con, assieme a, in compagnia di, unitamente a. COMPLEMENTO DI ARGOMENTO di chi? di che cosa? di quale argomento? su quale argomento? indica l’oggetto di cui si parla. È introdotto dalle preposizioni semplici o articolate: su, di; o dalle locuzioni intorno a, circa, riguardo. COMPLEMENTO DI MATERIA fatto di che? fatto di quale materia? è introdotto dalle preposizioni di e in. COMPLEMENTO DI AGENTE O CAUSA EFFICIENTE in una frase passiva l’essere animati o l’oggetto che compie un’azione. COMPLEMENTO DI QUALITÀ con che qualità? con quali caratteristiche? indica una qualità morale o fisica. È introdotto dalle preposizioni, semplici o articolate, di, da, con, a. COMPLEMENTO DI VANTAGGIO E SVANTAGGIO a vantaggio di chi? a vantaggio di cosa? a svantaggio di chi? a svantaggio di cosa? indica l’essere animato o inanimato a vantaggio (o svantaggio) dei quali si compie un’azione o si verifica una condizione. È introdotto da: per, a vantaggio di, a favore di, in difesa di, nell’interesse di, a svantaggio di, a sfavore di, a danno di, a discapito di. COMPLEMENTO DI STATO IN LUOGO dove? in quale luogo? indica il luogo in cui agisce una persona, o si verifica una situazione o accade un fatto. Il complemento di stato in luogo dipende: da verbi come essere, trovarsi, restare, abitare; da nomi come permanenza, soggiorno, ecc. È introdotto dalle preposizioni semplici o articolate in, a fra, tra; o dalle locuzioni sopra, sotto, intorno a, dentro a, fuori di, dietro. COMPLEMENTO DI MOTO A LUOGO verso dove? verso quale luogo? indica la meta, il luogo, verso cui tende l’azione espressa dal predicato. È retto da verbi di movimento ed è introdotto dalle proposizioni semplici o articolate: in, a, da, verso. COMPLEMENTO DI MOTO DA LUOGO da dove? da quale luogo? indica il luogo da cui prende il via l’azione. Esso dipende generalmente dai verbi venire, partire, arrivare, provenire, ritornare. È introdotto dalla preposizione da, semplice o articolata. COMPLEMENTO DI MOTO PER LUOGO per dove? attraverso quale luogo? indica il luogo per cui si sovlge l’azione espressa dal predicato verbale. È retto da verbi di movimento. È introdotto da preposizioni per e attraverso. COMPLEMENTO DI TEMPO DETERMINATO quando? indica il momento ben definito in cui si compie l’azione o si verifica una situazione. È generalmente introdotto dalle preposizioni, semplici o articolate, in, di, a. COMPLEMENTO DI TEMPO CONTINUATO per quanto tempo? indica tutto il tempo durante il quale si compie l’azione o si verifica la situazione espressa dal predicato. È introdotto dalle preposizioni: per, in, durante, da, oltre. COMPLEMENTO DI ORIGINE O PROVENIENZA nato/proveniente/originario da chi? nato/proveniente/originario da cosa? nato/proveniente/originario da dove? indica il luogo, la famiglia, il ceto sociale da cui nasce o proviene un essere animato o anche un oggetto. È introdotto dalle preposizioni, semplici o articolate, da, di. 28 COMPLEMENTO DI ALLONTANAMENTO E SEPARAZIONE lontano/separato/libero da chi? lontano/separato/libero da cosa? lontano/separato/libero da dove? indica l’essere animato o inanimato, spesso un luogo, da cui ci si separa o ci si allontana. È introdotto dalla preposizione semplice o articolata da. COMPLEMENTO DI LIMITAZIONE limitamento a cosa? indica entro quali limiti ha valore quanto enunciato da verbo, aggettivo o sostantivo. È spesso usato con verbi che indicano eccellenza o il suo contrario. È introdotto dalle preposizioni, semplici o articolate, di, in, per, a; o dalle locuzioni secondo, riguardo a, rispetto a, in fatto di, in quanto a, a giudizio. COMPLEMENTO DI FINE O SCOPO per quale fine? per quale scopo? a che? indica verso quali finalità si proietta un’azione. Può essere retto da un sostantivo o aggettivo o verbo. È introdotto dalle preposizioni da, per, in, a; o dalle locuzioni a fine di, a scopo di, in vista di. COMPLEMENTO DI ETÀ di quanti anni? a quanti anni? indica l’età di un essere animato o oggetto. È introdotto dalle preposizioni semplici o articolate: a, di. COMPLEMENTO DI VOCAZIONE indica l’essere animato o l’oggetto inanimato a cui rivolgiamo il nostro discorso diretto. È introdotto direttamente o è preceduto dall’interiezione o. 29 IL PERIODO Un periodo è un enunciato complesso formato dalla successione di più proposizioni. All’interno di un periodo distinguiamo: • proposizioni principali, che nel periodo hanno funzione preminente e possono reggersi da sole, in quanto hanno un senso compiuto; • proposizioni secondarie, che svolgono una funzione subalterna, accessoria e non possono reggersi da sole. In un periodo il numero delle preposizioni coincide con quello dei verbi espressi o sottintesi. Le proposizioni che contengono un verbo finito si dicono proposizioni di forma esplicita, mentre quelle che contengono un verbo di modo infinito si dicono proposizioni di forma implicita. In un periodo le proposizioni principali son sempre esplicite, mentre quelle subordinate possono essere sia esplicite sia implicite. Chiamiamo coordinazione la successione, in un periodo, di proposizioni tutte principali; invece diciamo subordinazione la successione di proposizioni delle quali una (o più di una) è la principale e le altre sono dipendenti da questa. Le proposizioni coordinate possono coordinarsi nei seguenti modi: • proposizioni coordinate per asindeto, cioè senza congiunzioni che le leghino l’una all’altra; • proposizioni coordinate tramite congiunzioni copulative (e, anche, inoltre, e non, né), di senso positivo o negativo; • proposizioni coordinate mediante congiunzioni avversative (ma, invece, però, tuttavia, anzi, eppure, ecc); • proposizione coordinate mediante congiunzione disgiuntive (o, oppure, ovvero); • proposizioni coordinate tramite congiunzioni dichiarative (cioè, infatti, difatti); • proposizioni coordinate per congiunzioni conclusive (quindi, perciò, pertanto, dunque, insomma, ecc). Una preposizione dipendente è: o di primo grado se dipende direttamente dalla principale; o di secondo grado se è subordinata a una dipendente di primo grado; o di terzo grado se dipende da una di secondo grado e così via. 32
PROPOSIZIONI DUBITATIVE. Esprimono un dubbio. Sono infatti proposizioni subordinate, dipendenti da
verbi indicanti subbio o certezza. Nella forma esplicita sono introdotte:
® dalla congiunzione se;
® oppure da pronomi, aggettivi, avverbi o congiunzioni interrogativi e sono espresse col verbo
all’indicativo, al congiuntivo e condizionale.
33 LE PROPOSIZIONI AGGETTIVE Definiamo aggettive le proposizioni che svolgono all’interno del periodo la medesima funzione che nella proposizione hanno l’attributo o l’apposizione. Queste proposizioni, per il fatto che sono introdotte, nella forma esplicita, da un pronome o da un avverbio relativo, sono chiamate anche relative. Si suddividono in: • relative proprie, che svolgono nel periodo la stessa funzione che nella proposizione è svolta dall’attributo o dall’apposizione; • relative improprie, che svolgono nel periodo la stessa funzione che nella proposizione hanno gli avverbi o i complementi indiretti. PROPOSIZIONI RELATIVE PROPRIE. Nella forma esplicita possono essere introdotte: • da un pronome relativo; • da un pronome misto o quantificativo (chi, quanto, ecc); • da un avverbio relativo (dove, ecc). e sono rette: • dall’indicativo (Chi tace acconsente); • dal congiuntivo (Acconsenta chi è d’accordo); • dal condizionale (Avremo un’ipotesi secondo la quale tutto si sistema). Quando le proposizioni relative proprie sono espressa in forma implicita presentano il verbo: • all’infinito preceduto dal prono relativo (Il presidente ha individuato l’allenatore a cui affidare la squadra); • all’infinito preceduto dalla preposizione da (La partita è ancora tutta da giocare); • al participio passato (Ecco il testamento del Signor Rossi, dettato da lui prima di morire). LE PROP Chiamiamo svolgono gl significato e PROPOSIZIO proposizion • form affi affi • form dall con DANTE INFO Le Pe ‐ ‐ PROPOSIZIO nella propo essere espr • in fo com • in f così PROPOSIZIO Possono ess • in f per (Po • in f ger PROPOSIZIO reggente. P • CON pre mo pre • ANT form form • POS pre ver pas OSIZION avverbiali le i avverbi e i c spresso nell NI FINALI. e reggente. a esplicita nché, accioc nché aspetta a implicita e locuzioni a lui). RMA: proposizioni f r quanto rigu il presente, s l’imperfetto prossimo. NI CONSEC sizione regge esse: rma esplici andante co orma implic bravo da ba NI CAUSAL ere espress orma esplic ché, siccom iché ho poco orma impli undio e dal p NI TEMPO ossono esse TEMPORAN sentano nel mento che, posizione in ERIORI: esp a esplicita a implicita TERIORI: in sentano in f bo all’indica sato o da un I AVVERB proposizion omplement a proposizio Indicano il fi Possono ess e in tal caso ché, onde o ssero lo sco e in tal caso llo scopo di inali possono arda l’uso dei e dipendono , se dipendon UTIVE. Indic nte. Sono a ta e in tal ca sì valoroso c ita e in tal c ttere tutti g I. Indicano i e: ita e in tal e, giacché o tempo, mi t cita e in ta articipio pa RALI. Indica re: EE: esprim la forma esp ecc.) e pres e dal gerund rimono un r come intro sono introd dicano un r orma esplic tivo. Nella f a volta, app IALI i che nel pe i indiretti e s ne reggente ne, lo scopo ere espresse si ha il cong da locuzion ntro con ser si ha il verb , al fine di, i dipendere d tempi del co da un presen o da un passa ano la conse nticipate da so si ha il m he tutti lo lo aso present li altri conco l motivo, la caso si ha dalle locuzi ratterrò a ca l caso pres ssato. no la circos ono un rapp licita come entano il m io presente apporto di a dotte dalla otte dalla loc apporto di ita come in orma implic ena con il pa 34 riodo hanno ervono per . per cui si ve : iuntivo intro i del tipo in m enità); o all’infinito n vista di, ec a un nome o ngiuntivo, le f te o da un fut to remoto, d guenza, rea locuzioni co odo indicativ darono); ano l’infinito rrenti). causa per c il motivo in oni dal mom sa tua solta entano: l’inf tanze di te orto di cont introdotte d odo indicat ; nteriorità n locuzione p uzione prim posteriorità trodotte da ita sono in rticipio pas la stessa fu arricchire e rifica quanto dotto dalle odo che (Il , introdotto c. (Marco ha un aggettivo; inali si rendo uro a un imperfet le o possibil me a tal pun o introdotto preceduto ui avviene q dicativo int ento che, i nto pochi m inito introd mpo in cui emporaneit a congiunz ivo. Nella fo ei confronti rima che e a di e hann nei confron lle locuzioni trodotte da sato. nzione che n completare è enunciat congiunzion comandant dalle prepos telefonato no con: to o da un tra e, la cui pre to, tanto, c dalla congi dalla prepo uanto è ann rodotto dal n quanto ch inuti); otto da pre si verifica q à con la pro ioni (quando rma implicit della reggen hanno verb o verbo all’in ti della pro dopo che, lla preposizi ella proposi l’idea, il con o nel verbo d i subordinat e parlò ai so izioni per, a per chiederm passato messa è ann osì, in modo unzione che sizione da (T unciato nel le congiunz e, per il fat posizioni d uanto è es posizione re , mentre, a a sono intro te e si prese o al congiu finito; posizione re una volta c one dopo c zione cetto e il ella e perché, ldati , di, oppure i di uscire unciata . Possono (Cesare fu ommaso fu la reggente. ioni poiché, to che, ecc. i e per; dal presso dalla ggente e si llorché, nel dotte dalla ntano nella ntivo. Nella ggente e si he e hanno on l’infinito