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Dispense processuale amministrativo, Sbobinature di Diritto Processuale Amministrativo

Sbobinature corso 2022 diritto processuale amministrativo lucattini

Tipologia: Sbobinature

2022/2023

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Scarica Dispense processuale amministrativo e più Sbobinature in PDF di Diritto Processuale Amministrativo solo su Docsity! 8-03 Cosa è la giustizia amministrativa ? La giustizia amministrativa potrebbe essere definita come una serie di istituti non tutti di carattere giurisdizionale che sono diretti ad assicurare la tutela dei cittadini nei confronti dell'amministrazione , sono per lo più strumenti di tutela successiva cioè intervengono quando i diritti dei cittadini sono stati lesi (ex post per lo più ) anche se si introduce sempre più forma di pre-contenzioso ; non fanno parte della giustizia amministrativa tutti quegli istituti che fanno parte del procedimento amministrativo esempio la possibilità di presentare memorie documenti nel corso del procedimento amministrativo previsto dalla legge 241 del 90 art 10 ( non tutta la giustizia amministrativa è di natura giurisdizionale). La vecchia dottrina riteneva che fossero istituti centrali del diritto amministrativo (dottrina del subito dopo guerra ), i controlli sulla attività amministrativa , in effetti qualche similitudine c'è anche molti dei controlli si incentrano sulla legittimità dell'atto amministrativo funzione analoga a quella che compie il giudice amministrativo quando dichiara se un atto amministrativo è o meno legittimo , anche i controlli in seno alla p.amministrazione può sfociare dell'annullamento di un atto amministrativo, già qui si staglia un profilo di grande interesse perchè si dice che la disciplina dei controlli sarebbe funzionalizzata un interesse oggettivo ossia un interesse alla legalità dell'azione amministrativa (l'amministrazione ha strumenti interni per stabilire se la sua azione è legale), gli istituti di giustizia amministrativa dovrebbero assicurare invece l'interesse soggettivo del cittadino. Questa dialettica è rilevante (differenza oggettiva soggettiva) e attraversa tutto il premedito amministrativo dalla genesi fino ad oggi. Il processo civile normalmente avviene con un atto di impulso del privato e mira al perseguimento dell'interesse soggettivo di quel privato (Chiovenda) , nel giudizio amministrativo il quadro si complica perchè il cittadino fronteggia la P. amministrazione , quindi la cosa è diversa tra una lite tra privati di diritto civile, qui al centro si ha un atto/provvedimento amministrativo che definisce degli interessi, sullo sfondo aleggia l'interesse pubblico . L'interesse soggettivo del privato comunque almeno dal punto di vista della disciplina è al centro anche del processo amministrativo , l'interesse del cittadino leso dal provvedimento è soggetto ad un bilanciamento l'interesse pubblico questo da vista ad una serie di problematiche, comunque anche l'interesse del cittadino è centrale nei ricorsi amministrativi che si differenziano dai ricorsi giurisdizionali, i primi sono quelli con cui la contestazione di un atto amministrativo viene mossa non davanti al giudice ma davanti ad un organo di natura amministrativa, il tipico esempio è il ricorso al capo dello stato per i ricorsi gerarchici i quali quindi si chiede giustizia alla stessa o amministrazione (sistema in crisi), l'amministrazione è difficile che cancelli un suo atto. Oggettivo /soggettivo Si evidenzia prendendo spunto dalla storia della origini come vi sia insita il rischio che il controllo che si va a chiedere al giudice amministrativo in merito alla legittimità di un provvedimento amministrativo sia un controllo preteso anzitutto dall'interesse obbiettivo dell'ordine giuridico , quindi la tutela del singolo non può essere che una tutela coordinata con quello dell'interesse pubblico o se si preferisce mira ad un accertamento unico (ossia 1 sentenza) e bivalente il quale cadendo sulla legalità del provvedimento insieme procuri la soddisfazione dell'interesse della collettività e della amministrazione e del singolo, qui si mette in evidenza l cosa che si si da una tutela ad un privato che contesta un provvedimento lesivo della sua sfera giuridica (esempio un bando che mi esclude - una pianificazione urbanistica - un ordinanza che mi fa chiudere il negozio ecc) , però sullo sfondo rimane un interesse pubblico . Inoltre solo un giudice apposito il quale si pongo all'interno del meccanismo di ristrutturazione dell'interesse pubblico è in grado di compiere un appagamento delle esigenze dell'accertamento richiesto” , quindi ci vuole un giudice speciale un regime diverso da quello del giudice ordinario , diverso sotto molti profili carriera stipendio , quindi ci vuole un giudice dotato di una particolare sensibilità , che sia in grado di muoversi insieme-considerando l'interesse pubblico, quindi sollo sfondo di questo processo vi è l'interesse pubblico , una tendenza a finalizzare il processo non solo ad esigenze soggettive ma anche un esigenza di bilanciamento ( legge il libro). Visione che negli ultimi anni è messa in crisi dalla più recente dottrina , anche la giurisprudenza ha compito dei passi avanti ma alcuni retaggi storici giocano un ruolo determinate nel processo amministrativo attuale. La differenza tra i 2 processi sono inevitabili necessari è evidente la differenza tra essere giudice del potere e giudice del rapporto intersoggettivo di diritto-obbligo, il potere persegue l'interesse pubblico , il rapporto di diritto obbligo non sono finalizzate a questo, la dottrina più recente segna una direzione verso un processo soggettivo delle parti , lasciando sullo sfondo l'interesse pubblico si è parlato addirittura di un cambio di paradigma (giurista spagnolo Garcia de Enterria) , quindi il passaggio da un processo oggettivo a quello soggettivo, cambio di paradigma che emerge come linea tendenziale in molti paesi europei , studio non focalizzato sull'ordinamento italiano ma guarda i vari ordinamenti europei , al di la del sistema di tutela che si sceglie ossia attraverso un giudice ordinario o una scelta dualista come in italiana un giudice amministrativo e 1 ordinario, fa vedere che qualunque sia il giudice che conosce delle questioni della p. amministrazione questo giudice se sia ordinario/civile/speciale è sempre un giudice che ha dovuto tener conto di una visione oggettiva un interesse pubblico,quindi al di la del giudice il problema quindi è proprio il potere. Garcia de Enterria cita una dottrina francese dice in questa prospettiva oggettiva , il ricorrente il privato che fa il ricorso che contesta l'atto , sembra agire come fosse un p.ministero, cioè il p.m non agisce per perseguire- tutelare una posizione giuridica soggettiva propria ma agisce nel nome della legalità , passaggio importante. La visione di Enterria il momento di rottura il cambio di paradigma tra la visione oggettiva a soggettivo è la proclamazione del diritto alla tutela giurisdizionale effettiva come un diritto fondamentale dell'uomo, la dichiarazione che innesca un processo nel senso della soggettività della tutale. Storia del diritto amministrato processuale La storia del diritto processuale è importante (anche del diritto sostanziale), oscilla tra 2 termini: • il Dualismo = ossia 2 giudici, uno per le controversia di diritto comune e 1 per l'amministrazione • e il Monismo = 1 solo giudice che decida tanto le controversia in cui è parta un amministrazioni tanto le controversie tra privati Oscillazione che si pone dall'unità d'italia fino all'assemblea costituente, dove vi fu uno scontro tra Calamandrei da un lato e un altra parte giudice amministrativo , Calamandrei avrebbe voluto affidare tutto al giudice ordinario sia per le controversie tra privati sia quelle con la P.amministrazione , Calamandrei perse il giudice amministrativo rimase da il dualismo si è consolidato in costituzione e giunge fino ai giorni nostri. In origine risalendo nello stato assoluto, il principe il potere pubblico i funzionari pubblici erano legibus solutis , gli atti di questo potere non potevano essere sottoposti al sindacato del giudice erano soggetti al controllo giurisdizionale solo alcuni atti riguardanti i rapporti giuridici patrimoniali ma quando si toccava il cuore amministrativo non si poteva in discussione. Anche dopo la rivoluzione francese non è che si modificò molto la situazione, il singolo cittadino aveva un ruolo diverso da quello del suddito del regime precedente ma lo stato e la sua amministrazione rimase sottratti al sindacato giurisdizionale, ragione importante che spiega degli effetti , la ragione è il principio di divisione dei poteri e la circostanza che l'autorità da intendersi come autoritatività, capacità di incidere unitariamente nella sfera dei destinatari, quindi queso faceva si che l'autorità derivasse dal popolo (sovranità popolare- divisione de poteri ) e quindi l'amministrazione dovevano rispondere dei loro errori solo al popolo non ai giudici, ottica geometrica povera di contenuti e di tutele . I principi di divisione dei poteri continuavano a mettere il potere pubblico al riparo dal sindacato giurisdizionale in modo simile a quanto avveniva durante l'antico regime, il contenzioso non assunse mai la visione della giustizia delegata che dal potere esecutivo si passava al potere giudiziario ma era una giustizia ritenuta , che veniva esercitata dagli organi di governo , sostanzialmente il giudice dell'amministrazione era l'amministrazione stessa , con delle possibilità di tutela estremamente ridotte per i cittadini , giustizia ritenuta e non delegata ad un corpo di giudici 3 ma una giustizia ma esercitata dallo stesso potere esecutivo con un rispetto solo del principio di suddivisione dei poteri. Nel periodo napoleonico fu realizzata una fondamentale novità l'istituzione del consiglio di stato che era un organismo di carattere consultino , non era inizialmente un giudice dell'amministrazione non era una giustizia delegata ma aveva solo una funziona consultiva, le decisioni del consiglio di stato non avevano un officia diretta ma erano dei pareri molto autorevoli poi doveva essere la stessa p. amministrazione a farli propri o a discordarsene, questo è il modello a cui si è ispirato il consiglio di stato italiano in un rapporto francia italia particolarmente intenso, il consiglio di stato francese anche oggi ha un ruolo centrale. Il contenzioso amministrativo negli stati Pre-unitari Contenzioso che precede il sistema dello stato unitario, in italia negli stati pre-unitari il regno di Sardegna, ducato di modena, lo stato pontificio ecc, il dominio napoleonico aveva determinato la fusione di un sistema di giustizia amministrativa ispirato al modello francese fondato sui consigli di prefettura presso ciascun dipartimento dotato di funzioni tanto amministrative quanto giunzionali e poi vi era il consiglio di stato come in Francia, infatti il prestigio di tale modello fu riconosciuto al consiglio francese, tale modello fu introdotti anche nel regno d'italia , tuttavia con la caduta dell'impero napoleonico circa 1815 la restaurazione travolse tutte queste istituzioni con l'eccezione del ducato di parla e Piacenza che per ragioni dinastiche fu assegnato alla moglie di napoleonico e rimase basato sul sistema francese (non importa sapere dei consigli di prefettura e tutta la sua struttura interna). dubbi). È una soluzione anomala perché il potere di risolvere i conflitti (tra ordinario e PA) spettava ad un organo del potere esecutivo e non ad un organo giurisdizionale (Cassazione). Questo sistema che potrebbe apparire geometrico mostrò fin da subito delle grosse crepe. Da un lato il giudice ordinario tenne un atteggiamento di mancato self-restraint limitandosi alla attività di iure gestionis, rimanendo deferente rispetto al potere amministrativo. Il giudice ordinario cercava la manifestazione del potere anche lieve dicendo che non gli spettava la controversia. All’ opposto il Consiglio di Stato che mise a frutto il fatto che la LEGGE DEL 65 gli riconosceva un ruolo decisivo, quello della risoluzione dei conflitti. Il Consiglio di Stato pose in essere una febbrile attività diretta ad erodere la sfera del giudice ordinario. Nei primi 12 anni di applicazione della legge furono sollevati ben 500 conflitti. Soltanto a 100 fu riconosciuta la competenza del giudice ordinario. Questo scontro non si è ritrovato in una logica di servizio (obiettivo è la tutela effettiva dei diritti) ma spesso si sono mossi in una logica di potere (nel senso di influenza sociologica) e questo non sempre ha giovato alla tutela dei diritti soggettivi. . La sentenza 500/99- legge 205/2000- pronunce della Cassazione a SSUU- il codice procedimento amministrativo scritto dai consiglieri di stato (tappe della dialettica). Il Consiglio di Stato inizia ad erodere la sfera di competenza del giudice ordinario. Per porre un freno a questa tendenza del Consiglio di Stato, nel 1877 la competenza a conoscere i conflitti di attribuzione fu attribuita, con la LEGGE 3761/1867, alla Corte di Cassazione. 1876 governo De Pretiss passaggio dalla dx liverale alla sx storica. Riprese vigore il movimento che mirava ad introdurre una competenza del Consiglio di Stato, la competenza contenziosa/giurisdizionale. Non era subito chiaro se fosse l’una o l’altra. Numerosi furono i disegni di legge sottoposti al vaglio del Parlamento fino a quello di Francesco Crispi che divenne la LEGGE 5992/1889 istitutiva della IV sezione del Consiglio di Stato. Cosa poteva fare in concreto il Consiglio di Stato? All’ART 3: al Consiglio di Stato era attribuita competenza a decidere sui ricorsi per competenza, per eccesso di potere o per violazione di legge contro atti e provvedimenti di un’autorità amministrativa o di un corpo amministrativo rilevanti a meno che non si tratti di materie di giurisdizioni diverse. Si indicano i vizi che rientrano nel 21 octies 241/90. L’eccesso di potere è, nel nucleo, di origine francese nel senso di sviamento di potere (l’amministrazione persegue un fine diverso da quello attribuito dalla legge). Il giudizio dinanzi al Consiglio di Stato era costruito sul modello Cassatorio (attocentrico) dunque aveva al centro un atto amministrativo. Il consiglio di stato quell’atto amministrativo poteva annullarlo. Invece il giudice amministrativo non poteva annullare gli atti politici (decreto pres del consiglio, atti di alta amministrazione). Di certo oggetto del giudizio non era la legittimità del consiglio amministrativo. La LEGGE 1889 fissava anche delle regole di procedura ossia come si innesca il giudizio, istruttoria ecc..ecc… Non appena fu creata la IV Sezione si accese un dibattito intenso sulla natura della IV Sezione. È un organo giustiziale, contenzioso o è un giudice? La legge 1889 riferendosi alle pronunce non parla di Sentenze ma si parla di decisioni, fanno riferimento al carattere giustiziale. Dal fatto che si chiamassero decisione vi fu chi ricavò che la IV Sezione fosse un organo di natura giustiziale (una PA che risolveva controversie) nel contraddittorio delle parti. Questo equivoco verrà perpetuato nel tempo anche quando sarà chiaro. Anche allora il Consiglio di Stato, fino a pochi anni fa, chiama le sue sentenze “decisioni”. Il giudice amministrativo ed ordinario ora sono in parità eppure portano il retaggio storico. Di lì a poco, nel 1890, il quadro della riforma fu completato con la LEGGE 6837/1890 e con il TESTO UNICO 5921/1889. Cosa facevano queste leggi? Attribuivano alle giunte provinciali amministrative, organi di controllo delle amministrazioni locali (composte da prefetto e 2 consiglieri di prefettura), la competenza giustiziale periferica in ordine ad alcune controversie fatta salva la possibilità di fare ricorso al Consiglio di Stato. Questo sistema così configurato regge per molto tempo. . 2 importanti leggi: 1. la LEGGE n.62/1907 la quale istituisce un’altra sezione del consiglio di stato, la V, alla quale fu attribuita la giurisdizione di merito (alla IV giurisdizione di legittimità). Questa distinzione creava dei problemi interni e fu necessario creare l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (collegio composto dai magistrati delle 2 sezioni). La legge del ‘07 chiarì definitivamente la questione della natura giurisdizionale della IV Sezione che emergeva dal fatto che alle decisioni veniva attribuita l’efficacia del giudicato e queste decisioni erano impugnabili dinanzi alle SSUU della Cassazione per difetto di giurisdizione. Ù 2. La LEGGE n.2840/1923 che creò la giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato: la possibilità del Consiglio di Stato di giudicare di determinate materie di diritto soggettivo ed interesse legittimo. Il Consiglio di Stato durante il fascismo: il CdS perché si salvò durante il fascismo? Per la 1° volta nella storia del CdS Mussolini nominò un giurista, Santi Romano. Questa fu una scelta sulla quale gli storici hanno ancora dubbi. Sulla Presidenza di Santi Romano i giudizi sono controversi. Questi rappresentò un argine ed infatti il CdS si rifiutò di dare al corpus raziale una valenza giuridica. Grazie a questo escamotage fu annullata la revoca al decreto di iscrizione di uno studente di madre ebrea presso UNIBO. Santi Romano alla fine del fascismo subì l’epurazione, fu tra i funzionari dello Stato a cui fu consentito di ricoprire cariche pubbliche. Assemblea costituente: Calamandrei, uno dei più autorevoli in assemblea, propose l’eliminazione del giudice amministrativo ma altri (ex: Meuccio Luini) si opposero. Veniamo alla Costituzione. Possiamo distinguere in Costituzione varie tipologie di previsioni di giustizia amministrativa: 1) giustiziabilità azione amministrativa: ART 24/113 COST.. ART 24 CO 1 norma che definisce il diritto di azione giurisdizionale e pone sullo stesso piano diritti soggettivi ed interessi legittimi. Quella italiana è l’unica Cost che contempla interesse legittimo. La nostra Costituzione è posta in posizione equi-ordinata tra diritto soggettivo e interesse legittimo. Significa che la tutela in altri ordinamenti è minore o maggiore? LO SCOPRIREMO SOLO VIVENDO. 2) ART 113 COST: principio di impugnabilità degli atti amministrativi: equi-ordinazione diritti soggettivi, interessi legittimi contro gli atti amministrativi. La tutela è contro un atto amministrativo quindi si pone al centro del sistema un atto amministrativo. Una visione limitata ma si può agire contro la pubblica amministrativo anche per il silenzio o per l’accertamento positivo e negativo di una situazione giuridica (tutela di carattere dichiarativo). Il sistema attuale prevede che le forme di tutela vanno ben oltre l’impugnativa per ottenere l’annullamento di un atto (oltre la tutela costitutiva). Sembrerebbe un modello attocentrico, cassatorio incentrato sulla tutela costitutiva. 3) Specialità del giudice amministrativa: ART 102 COST vietata l’istituzione di nuovi giudici speciali. ART 108 CO 2 evidenzia l’indipendenza dei giudici. È chiaro che ogni giudice ha una diversa gradazione di indipendenza. Questa gradazione è tollerabile dalla costituzione? Le nomine del CdS governative: chi sono questi innominati? Ex prefetti, ex comandanti vigili urbani ma aldilà della competenza di queste persone il CdS di giustizia amministrativo. Solitamente la nomina governativa viene messa nell’ambito consultivo. Entra in conflitto con l’indipendenza perché ha prima lavorato per una parte. Un problema frequente: capita che alcuni di questi giudici siano anche consulenti del ministero. Il limite di tempo è stato introdotto per limitare il fenomeno. Il CdS sta cercando di rimuovere queste patologie. 4) assetto organizzativo: ART 100 CO1 che stabilisce che il CdS ha una duplice funzione (lo stabilisce la Cost.). È organo che garantisce la tutela della giustizia dell’amministrazione ed è organo di consulenza giuridico amministrativo del governo. L’ART 103 definisce il perimetro della giurisdizione amministrativa. Il CdS ha giurisdizione nei confronti della PA degli interessi legittimi e per alcune particolari materie di diritti soggettivi per giurisdizione esclusiva. ART 125 CO 2 istituzione dei TAR. I TAR hanno preso il posto delle giunte provinciali amministrative ma queste furono definite illegittime (sentenza n 30 nel 67) per Costituzione in violazione dell’ART 108 co 2 (non indipendenti). I TAR dirimono le controversie tra amministrazioni e la Corte Costituzionale nel 73 valuta TAR legittimo per Costituzione, perché ci sono soggetti diversi (3/4 composto da giudici) ed il processo di selezione è sostenuto da sufficienti garanzie (il prof ha da ridire perché possono farlo cani e porci). Venute meno le giunte provinciali amministrative nel 1971 con LEGGE 1034 (legge TAR) vengono istituiti i TAR per ciascun capoluogo di regione. Finalmente si commpleta l’assetto della giustizia amministrativa con 2 giudici 1 di primo grado il TAR e 1 di appello (CdS) il quale per espressa previsione costituzionale non è soltanto un giudice ma è anche un consulente tecnico-giuridico nei confronti del governo. #Continuaaaparlaredelnienteesonole18e59#. 14-03 Il dibattito tra il giudice amministrativo e il giudice non amministrativo continua fino ai giorni d'oggi, già negli stati pre-unitari iniziò poi con la costituzione il giudice amministrativo si salvo, il quadro non è pacifico nemmeno ora sulla base di ragioni che vedremo, oggi nella prima parte continuano questa trattazione storica fino ai giorni d'oggi e il codice amministrativo e i relativi principi costituzionali, inoltre tratteremo i principi del codice del processo amministrativo. Il diritto processuale amministrativo è una giustizia particolare, qualcuno ha detto è un ossimoro, perchè la giustizia non può essere amministrativa, espressione che ci rende una promiscuità non è un processo come gli altri verte su atti della amministrazione del potere pubblico su atti che costituiscono espressioni del potere pubblico. Il codice del processo amministrativo Per lungo tempo il diritto amministrativo non ha conosciuto una unificazione, quindi le norme disciplinanti questa materia erano rinvenibili in tanti testi normativi ,il testo unico del consiglio di stato, la legge tar , l'allegato E , soprattutto molte delle regole processuali erano frutto di una creazione giurisprudenziale questo è tipico del diritto amministrativo che è frutto in buona parte della creazione pretoria , esempio la legge 241 del 90 cristallizza regole riferita all'azione amministrative, fino al 1990 quasi tutto la disciplina stava nella prassi nei precedenti della giurisprudenza quindi non vi erano regole sancite del punto di vista legislativo, questo vale anche per il diritto processuale amministrativo esempio il giudizio di ottemperanza, prima non esisteva uno strumento così importante ossia strumento processuale che consente di ottenere l'adempimento delle statuizioni contenute nella sentenza del giudice amministrativo da parte dell'amministrazione,questo non aveva regole quindi la giurisprudenza lo crea dal nulla , un giudice che crea anche le regole o gli istituti che lui stesso dovrà applicare , percorso non molto dissimile dal giudizio amministrativo sostanziale. Veniamo al codice del processo amministrativo, il 2010 è l'anno di adozione del codice ,di cui la disciplina precedente era sparpagliata in tanti testi che risalgono in alcuni casi anche ai primi anni del 900 come l'allegato E, e poi la legge tar , la legge n 205 del 2000. Nel 2010 il codice del processo amministrativo viene adottato in attuazione dell'art 44 comma 1 della legge 69 del 2009, questa legge delega il governo ad adottare 1 o più decreti legislativi per il riassetto del processo davanti ai tribunali amministrativi regionali che è il consiglio di stato , la norma di delega dice al fine di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori di coordinarle con le norme del codice di procedura civile in quanto espressione dei principi generali e di assicurare la concentrazione delle tutela. Obbiettivi: • Il 1 obbiettivo era quello di adeguare le norme processuali alla giurisprudenza costituzionale delle giurisdizioni superiori, questione vaga ma nel frattempo tanto è successo oggi l'adeguamento anche in base anche ai principi costituzionali ma anche a norme a pronunce di rilievo pratico coma la translatio giudizio ossia la possibilità di non perdere gli effetti sostanziali processuali nel passaggio da una giurisdizione ad un altra (ci torneremo). • Il 2 criterio è di coordinarle con le norme del codice di procedura civile , obbiettivo importante perchè il codice di p.c viene visto come un modello di riferimento importante ove vi siano lacune all'interno del processo ed esse andranno colmate guardando l'analogia al processo civile, questo guardare al processo processo civile a anche alla giurisprudenza soprattutto della cassazione e della corte costituzionale sembra segnare quel percorso che parte della dottrina ha definito di civilizzazione del processo amministrativo , un processo che si sposta in modo tendenziale che guarda al modello del processo civile, qualcuno ha parlato di civilizzazione di un processo che prima era brutale, brutalità imputabili al dislivello delle parti in lite un soggetto pubblico e uno privato. • 3 criterio concentrazione delle tutele è una cosa complessa , questo obbiettivo risponde ad una logica dell'effettività , che deve presiedere ogni disciplina processuale significa cercare di offrire al cittadino che chiede tutela nell'ambito del processo amministrativo tutte le possibilità di tutela di cui quel cittadino necessita per tutelare la propria posizione soggettiva, queso significa molto soprattutto nel processo amministrativo che nasce impugnatoria ,tutto è l'impugnazione dell'atto amministrativo, quindi un giudizio che conosce una tutela di tipo costitutivo tuttavia il principio di effettività delle tutela si accompagna ad una pluralità di rilievi a disposizione dei privati questo vale nel processo civile ma deve valere anche nel processo amministrativo che tendenzialmente deve assicurare diverse forme di tutela, il cittadino dovrà poter attivare la tutela costitutiva ma anche di accertamento, risarcitoria e tutte le forme di tutela in una logica di atipicità delle forme di tutela contemplate. Questi sono i 3 criteri che apparentemente sono generici ma dietro vi sono dei significati, sin dall'inizio era chiaro che questa delega era uno dei momenti storici del diritto amministrativo nazionale, si mirava ad un riassetto di fondo, l'obbiettivo era quella di fare un codice quello di sistematizzare la materia che era sparsa in una miriade di testi ma anche di rinnovare introdurre elementi nuovi quindi l'obbiettivo era quello di predisporre un organico sistema di disposizioni processuali idonee a garantire la tutela dei privati nei confronti del potere pubblico quindi non solo l'annullamento dell'atto ma in una logica di effettività delle forme di tutela di garantire soddisfazione alla pretesa del cittadino; cosa significa? X chiede una licenza gl viene negata , x della scuola Fiorentina che nasce con Giovanni miele che ha un atteggiamento critico verso il giudice amministrativo. Battaglini dice che il giudice amministrativa è figlio dell'idea francese per cui giudicare l'amministrazione è un po come amministrare , una massima ripetuta in tutti i manuali dal 1800 in poi , il giudicare è come amministrare, questa è un idea superata , ma fa capire tante cose vi è una visione di continuità ossia che il giudice amministrativo continua ad amministrare in effetti il processo amministrativo è una parantesi tra 2 esercizi di azione amministrativa (Nigro) tra il provvedimento e un nuovo provvedimento, se il provvedimento è annullato vi deve essere un nuovo provvedimento, quindi anche qui vi è una continuità. Proc amministrativa 15.03.19 Nella lezione di oggi continuiamo a parlare delle ragioni che militano pro e contro l’attualità del giudice amministrativo. Poi parleremo dell’interesse legittimo. Ragioni di attualità o criticità relativamente alla persistenza del giudice amministrativo. Il primo è questo accenno francese secondo cui il giudice amministrativo è figlio dell’idea per cui giudicare l’amministrazione è un po’ come amministrare; ne abbiamo parlato ieri ma è molto importante perché questo ci connette con un giudizio amministrativo che nasce come procedimento contenzioso, ci fa capire la contiguità che necessariamente in maniera fisiologica vi è nella dinamica azione amministrativa-giudizio amministrativo- azione amministrativa, e cioè il processo come parentesi tra due edizioni di potere provvedimentale: l’amministrazione adotta un provvedimento, esso viene impugnato, si apre la parentesi del processo e alla fine del processo amministrativo il potere amministrativo non è che viene meno ma rimane comunque. Comunque sia non si può ritenere che il giudice amministrativo sia un giudice di seconda istanza perché un giudice, anche se decide su questioni che riguardano l’interesse pubblico, è chiamato a pronunciarsi sulla legittimità o meno di un atto amministrativo, a riconoscere che quell’atto è viziato o ne è esente, quindi un giudice deve comunque separare il torto e la ragione. Poi veniamo a quelli che sono ancora oggi su questo sfondo del giudice che continua ad amministrare, gli argomenti addotti a fondamento dell’esistenza del giudice amministrativo come giudice speciale, che ha una disciplina speciale appunto specifica, differente da quella del giudice ordinario. Differente in primis in termini di indipendenza, sicuramene inferiore rispetto al giudice ordinario. Ha anche uno statuto differente, la composizione. Talvolta compare l’argomento che la giustizia amministrativa farebbe “una mediazione tra la salvaguardia degli interessi particolari dei privati e la tutela delle esigenze generali degli apparati burocratici”, quindi un ruolo di mediazione. Da questo ruolo trarrebbe a sua volta giustificazione questo rapporto per certi versi privilegiato tra amministrazione e giudice amministrativo, quella che Mario Nigro nel saggio “consiglio di stato giudice e amministratore” la definì un “intreccio” dovuto appunto alla nomina governativa d parte dei componenti del consiglio di stato. Anche questa idea della mediazione è criticabile perchè se ci pensiamo mediazione fa rima con ponderazione di interessi che nel diritto amministrativo allude alla discrezionalità, cioè la scelta discrezionale che l’amministrazione compie ponderando interessi diversi, interesse primario (pubblico) e gli interessi secondari dei privati. Quindi questa mediazione si connette alla ponderazione e di conseguenza alla discrezionalità quindi l’idea del giudice come mediatore di interesse sembra ricollegarsi al “giudicare l’amministrazione è un po’ come continuare ad amministrare”. Bisogna che sia chiaro che il giudice amministrativo non ha il compito di fare la mediazione tra interessi perché chi lo fa è l’amministrazione la quale deve perseguire l’interesse pubblico. Il compito del giudice è invece quello di fare giustizia. Di fronte alla legge, cioè di fronte al giudizio, l’interesse pubblico vale come l’interesse privato quindi il giudice non può compiere mediazioni. Un’altra tesi che si affaccia è quella che le ragioni della specialità del giudice amministrativo sarebbero da rinvenire nella necessità che questo giudice sviluppi una particolare forma mentis che consenta una più penetrante comprensione dei rapporti controversi nei quali è parte la pubblica amministrazione. Ovviamente qualsiasi giudice che è abituato a maneggiare una determinata materia ne acquisisce una maggiore conoscenza e questo vale in tutti i settori, però questo ragionamento della speciale forma mentis del giudice amministrativo non allude tanto alla specializzazione del giudice ma viene utilizzato come argomento per giustificare gli incarichi extra giudiziali: cioè è bene che questo giudice vada anche a farsi una esperienza presso le pubbliche amministrazioni ad es come consulente perchè in questo modo riesce a conoscere meglio la macchina amministrativa e poi a giudicare meglio. Portando agli estremi questo ragionamento però potremmo dire che il migliore giudice penale dovrebbe essere quello che ha fatto il poliziotto, quindi non sappiamo quanto possa tenere questo ragionamento. Ripetiamo, tenuto conto che una cosa è il giudice specializzato e un’altra è il giudice speciale: il giudice speciale non si caratterizza tanto per la propria competenza tecnica ma quanto per il proprio stato giuridico che è diverso da quello dei magistrati ordinari per tutta una serie di ragioni. Come dicevamo, negli ultimi 10 anni è avanzata una costruzione del giudice amministrativo come giudice dell’economia, che grazie alla sua competenza riesce a dare una giustizia, una tutela, in tempi contenuti perché la giustizia ammnistrativa è più veloce di quella ordinaria, e poi inoltre è previsto per quanto riguarda i ricorsi avverso gli atti amministrativi un rito accelerato che riduce ancora di più i tempi. INTERESSE LEGITTIMO Ragionamento su 3 passaggi. Innanzitutto rapidamente riepiloghiamo i tratti salienti della figura, poi parliamo dell’evoluzione della figura e infine entriamo più nel dettaglio scomponendola e giungeremo alla distinzione interesse legittimo- diritto soggettivo, funzionale al riparto della giurisdizione. L’interesse legittimo è una posizione giuridica soggettiva. Consente di tutelare il suo titolare di fronte alla pubblica amministrazione. Il titolare di un interesse legittimo ad es pretensivo ha la possibilità di condizionare l’azione amministrativa in senso a lui favore tramite il meccanismo della partecipazione (241/90). Il privato instaura un dialogo con l’amministrazione attraverso la partecipazione funzionale al conseguimento del bene della vita cui aspira (per es avere un’autorizzazione). Questo è l’interesse legittimo che si esprime nelle facoltà di partecipazione. L’amministrazione poi fa il suo procedimento amministrativo. Es la decisione è di diniego di un’autorizzazione a quel punto il privato per tutelare la sua posizione ha come facoltà quella di ricorso alla giustizia amministrativa. Queste sono le facoltà di reazione dell’interesse legittimo. Quindi l’interesse legittimo è una figura particolare perché ha un doppio versante: partecipazione e reazione. È particolare per la situazione in cui si trova, e cioè dialogare con il potere pubblico (partecipazione) e fronteggiare il potere pubblico (reazione). Pensiamo per es alle facoltà di partecipazione, queste sarebbero inspiegabili in rapporti tra privati. Infatti lo schema del diritto comune è differente da quello del diritto amministrativo. Diritto comune =Norma- fatto- effetto: ciò significa che al verificarsi di determinate situazioni riconducibili ad una clausola normativa si avranno determinati effetti. Diverso è lo schema del diritto amministrativo: norma-potere-fatto-effetto. C’è in più il potere e ciò significa che c’è la norma che attribuisce il potere all’amministrazione (principio di legalità) il quale si esercita solo nei limiti della norma, attraverso il potere si fa poi un provvedimento amministrativo che avrà un determinato effetto (positivo o negativo). Di fronte al potere i privati vantano un interesse legittimo ad es pretensivo, all’ampliamento cioè della propria sfera giuridica, ad es l‘autorizzazione per l’apertura di un bar. Per ottenere questo bene della vita, il cittadino titolare può fare due cose: una volta presentata l’istanza può partecipare al procedimento amministrativo che l’amministrazione avvia (ma questa partecipazione è fatta per cercare di ottenere il bene della vita, quindi per condizionare l‘azione amministrativa in senso al privato cittadino favorevole); ove tutti questi sforzi del privati riconducibili nella facoltà di partecipazione non producono il risultato atteso perché l’amministrazione a conclusione del procedimento adotta un provvedimento di diniego, a quel punto l’interesse legittimo mostra la sua faccia processuale e non più procedimentale perché il cittadino titolare dell’interesse pretensivo asseritamente leso ha la facoltà di reazione e cioè l’utilizzo degli strumenti della giustizia amministrativa, intesa sia sul versante giurisdizionale sia sul versante dei ricorsi amministrativi. Tutto questo discorso si può sintetizzare nelle parole di Scoca “in definitiva l’interesse legittimo come situazione giuridica soggettiva è interesse all’esito favorevole dell’esercizio del potere, tutelato mediante facoltà di collaborazione dialettica dirette ad influire sul merito della decisione finale esperibili lungo il corso dell’esercizio del potere (cioè durante il procedimento). La violazione dell’interesse legittimo, come la violazione di ogni altra situazione giuridica soggettiva (art 24 cost) dà luogo a tutela giurisdizionale (cioè facoltà di reazione). Nel caso dell’interesse legittimo la tutela giurisdizionale ha una consistenza propria (cioè significa che c’è una giurisdizione apposita nel nostro sistema)”. È quindi una definizione chiara, è una sintesi di quello che s’è detto. Ripercorriamo la figura dell’interesse legittimo dalla sua nascita per arrivare alla accezione più moderna. Le prime teorizzazioni risalgono ai momenti immediatamente successivi alla legge dell’89 istitutiva della 4 sezione del consiglio di stato. Il problema era che questa legge sembrava accordare una tutela giurisdizionale/giustiziale a dei semplici interessi non definiti. Per la giurisprudenza del tempo questo era un problema perché si riteneva che tutela davanti ad un giudice la potesse avere solo il diritto soggettivo, quindi la dottrina si spaccò: innanzitutto c’era una posizione molto rigorosa sostenuta da Vitt emanuele orlando che negava precisamente che il ricorso alla 4 sezione avesse natura giurisdizionale (cioè secondo lui la 4 sezione non era un giudice). Quindi il diritto soggettivo poteva avere tutela da parte di un giudice mentre gli interessi legittimi no perchè non erano definiti. Poi vi era un’altra idea, quella di elevare l’interesse legittimo a diritto soggettivo, sostenuta per es da Mortara e Cammeo: eleviamo di dignità questa figura e diciamo che questo interesse è un diritto soggettivo che però ha un oggetto formale particolare, cioè la legittimità dell’azione amministrativa e non tanto in termini moderni di una posizione giuridica soggettiva, quanto una situazione giuridica che guardava alla legalità dell’azione amministrativa complessivamente intesa. Forse più ancora interessante era una posizione espressa da Meucci che formulò una teoria, quella dell’interesse occasionalmente protetto: lui criticava molto la legge dell’89 però cercando di ricondurre questi interessi entro una qualche categoria sostenne appunto che si trattava di interessi che non sono direttamente e intenzionalmente protetti dalla legge come invece era nel caso de diritto soggettivi, qui si trattava di una situazione occasionalmente tutelata nella misura in cui si verificava una violazione della legalità dell’azione amministrativa. Come vediamo, alla fine poi, tutte queste posizioni hanno un sapore oggettivo, cioè alla fine questo interesse legittimo veniva visto non tanto come una posizione giuridica soggettiva di tipo sostanziale quanto una posizione che consentiva una verifica sulla legalità dell’azione amministrativa. Tra l‘altro queste teorie coglievano solo una parte della questione perchè erano accomunate da venature oggettive e in secundis non si faceva riferimento per nulla alle facoltà di partecipazione insite nell’interesse legittimo perchè appunto era considerata una figura che veniva in rilievo solo e soltanto nella misura in cui questa figura venisse lesa e desse poi luogo ad una qualche tutela davanti alla 4 sezione. Quindi in questo periodo la figura veniva vista solo in termini oggettivi, venivano considerate solo le facoltà di reazione (cioè veniva in rilievo solo quando veniva leso) e poi veniva vista solo come situazione di carattere processuale cioè che serviva solo per dare accesso ad una forma di tutela. Facendo un salto considerevole in avanti nel tempo lo scenario cambia molto: la figura dell’interesse legittimo assume una valenza sostanziale che si ritrova in Scoca ma anche in Nigro che da una delle più recenti formulazioni della figura e poi ripresa dalla sentenza 50/99 che riconosce la risarcibilità dell’interesse legittimo sposandone una visione sostanziale. Definizione di Nigro: “l’interesse legittimo è la posizione di vantaggio fatta ad un soggetto dell’ordinamento in ordine ad un bene oggetto di potere amministrativo e consistente nell’attribuzione al medesimo soggetto di poteri atti ad incidere sul corretto esercizio del potere in modo da rendere possibile la realizzazione dell’interesse al bene”. Qui ovviamente emerge chiaramente come centrale sia il bene della vita: qui non è più l’interesse legittimo una situazione giuridica soggettiva di tipo processuale ma qui centrale è il bene della vita, cioè quel provvedimento che mi consente l’esercizio dell’iniziativa economico privata. Quindi centrale è l’aspetto sostanziale: l’interesse legittimo è funzionale all’ottenimento del bene della vita cui il privato aspira. Questa descrizione dell’evoluzione della figura non si può chiudere senza aver letto le parole di Scoca. Scoca chiude la sua opera cercando di trarre le fila di nu dibattito secolare e dice “si chiedeva nel 93 Massimo severo Giannini se la nozione di interesse legittimo avesse un futuro. E rispondeva Marzuoli che dell’interesse legittimo si deve dire tutto il bene possibile ma al passato (come a dire che è una figura che ormai non ci serve più). La ragione del dubbio di Giannini trova il suo fondamento in due ordinamenti giuridici, uno è quello italiano che conosce la situazione giuridica dell’interesse legittimo, l’altro è quello comunitario che la ignora”. Il problema è che il dir comunitario non parla di questa figura e quindi probabilmente verrà rimarginalizzata. Dice però Scoca che questo scenario è difficilmente realizzabile, cioè pensa che l’interesse legittimo rimarrà, da un lato perchè il diritto europeo è pienamente rispettoso degli inquadramenti teorici utilizzati negli ordinamenti dei paesi membri, mentre per quanto riguarda le posizioni giuridiche soggettive, pur designandole nel diritto comunitario tutte come diritti soggettivi si astiene dall’influire sulle concettualizzazioni presenti negli stati membri. In secondo luogo la giurisprudenza europea non sembra mostrare una tendenza a semplificare e a trasformare tutte le situazioni giuridiche soggettive degli stati membri in un unico diritto soggettivo ma tratta i diritti soggettivi (che nel nostro ordinamento corrisponderebbero agli interessi legittimi) più o meno nello stesso modo a livello di tutela in cui vengono trattati nel nostro ordinamento gli interessi legittimi. Quindi detto questo non nega che vi siano alcune problematiche di tipo organizzativo, cioè il fatto che ci sia un giudice e al tempo stesso consulente e che ci sia la nomina di alcuni componenti del consiglio di stato possa costituire un problema. È necessario quindi secondo Scoca che questi scostamenti vengano ridotti come è anche necessario che si riducano i costi del dualismo. Ma comunque quello che trapela dal discorso di scoca è il fatto che non si tratta di una battaglia ideologica ma è una battaglia sul quantum di tutela offerta ai privati e la possibilità di avere dei rimedi che consentano di realizzare l’obiettivo della tutela effettiva. Iniziamo a scomporre la figura dell’interesse legittimo. Per fare questo si deve innanzitutto considerare l’elemento con cui l’interesse legittimo si trova a dialogare, cioè il potere amministrativo. Sicuramente infatti un primo elemento caratterizzante dell’interesse legittimo è il suo carattere relativo o relazionale: norma-potere- fatto-effetto. Nel diritto amministrativo l’elemento differenziale è la presenza del potere quindi la situazione giuridica soggettiva è una situazione che dialoga o contrasta a seconda dei casi, il potere. L’interesse legittimo non esiste se non a fronte del potere, perciò ha un carattere relativo o relazionale e non è una posizione giuridica di tipo assoluto come lo sono per es i dritti reali. Perchè? Il diritto reale non richiede per il suo esercizio il concorso di altri soggetti, invece l’interesse legittimo è una posizione strettamente correlata all’esercizio di un potere amministrativo da parte appunto dell’autorità amministrativa. Siamo sempre a quello art 32 cost ed alcuni diritti contenuti (ambiente salubre). Quindi la giurisprudenza della cassazione aveva operato una selezione delle posizioni giuridiche individuando alcune di queste come dotate di una protezione giuridica qualitativamente maggiore. Ciò significa che a fronte di questi diritti, anche se l’amministrazione esercita un potere, la situazione giuridica soggettiva è quella del diritto soggettivo e non di interesse legittimo. Questa teoria è stata fortemente contestata dal giuda amministrativo perché sembrerebbe introdurre una differenziazione sostanziale tra diritto soggettivo ed interesse legittimo. La teoria della cassazione è stata criticata dal CdS che ha ritenuto che pure a fronte dell’esistenza di questi valori e a fronte di esercizio del potere può sussistere situazione di interesse legittimo ciò perché la situazione non è meno tutelata. L’idea fa leva sull’assunto “pari dignità giudice amm-ordinario” riconosciuta dalla Costituzione. Dei 4 criteri passati in rassegna, quelli che il prof ritiene migliori sono il 2-3 e la 1° è un retaggio storico mentre l’ultima è molto importante con forte replica del cds sui diritti costituzionalmente protetti. Nel caso in cui sono incisi del potere amministrativo interesse legittimo è, interesse legittimo sia. Continuando nella descrizione dell’interesse legittimo che costituisce la situazione giuridica relazionale e costituisce anche una posizione giuridica soggettiva differenziata e qualificata. Che significa? L’Int legittimo chiude un interesse proprio del cittadino (interesse all’apertura bar) quindi è vero che è una relazione con il potere ma non costituisce un mero riflesso. Quindi Interesse legittimo, di conseguenza, non è una situazione giur diffusa di cui possono essere titolari tutti i cittadini. Da questo punto di vista la situazione è una situazione giuridica differenziata. (es: situazione di un commerciante riguardo al provvedimento con cui viene autorizzato chi vende canne da pesca rispetto ad uno che ha un analogo negozio a pochi passi è diversa dalla situazione di altri cittadini che vivono nella stessa zona e quindi è una situazione differenziata, viene coinvolta in maniera più diretta, solo chi vende lo stesso genus è titolare di interesse legittimo. Quindi l’interesse legittimo si relaziona con l’esercizio del potere, poi l’interesse legittimo deve essere una situazione giuridica soggettiva qualificata ossia deve essere titolare rispetto al potere amministrativo di un interesse riconosciuto dall’ordinamento. Ovviamente tutto ciò dovrebbe essere un riconoscimento nella norma che disciplina il potere amministrativo. Le norme, non sono dei trattati. Solo in certi casi la titolarità dell’interesse legittimo può essere ricavata dalla norma che disciplina l’azione amministrativa. In altri casi è più sfumata la posizione 21- 03 Stampa sentenza n 500 poi le sentenze delle c.costituzionale 204 del 2004 la 191 del 2006 e la 140 del 2007 e le sentenze della cassazione n 77 (sono nel programma). Nell'ultima lezione abbiamo cercato di individuare i criteri di distinzione tra diritto soggettivo ed interesse legittimo, abbiamo anche delineato alcune caratteristiche proprie dell'interesse legittimo suo carattere relazionale e la sua differenziazione , la sua qualificazione. Torniamo sui criteri di distinzione, i 3 criteri distinzione: • distinzione norme di azione/relazione • criterio del cattivo esercizio del potere / carenza di potere • diritti costituzionalmente protetti • discrezionalità incolpevolezza Facciamo 2 piccoli appunti per la carenza di potere e cattivo esercizio del potere per quanto questo citiamo la sentenza della cassazione a s.u n. 1677 del 1949 li si è espresso il criterio secondo il quale “ tutte le volte che si lamenta il cattivo uso del potere della p. amministrazione si fa valere un interesse legittimo e la competenza è del giudice amministrativo mentre se si ha questioni di diritto soggettivo è competenza del giudice ordinario quando si contesta la stessa esistenza del potere” ; la sentenza pone un 2 collegamento carenza di potere diritto soggettivo, esercizio del potere interesse legittimo. A sua volta questo criterio di distinzione serve non solo per distinguere diritto soggettivo e interesse legittimo ma anche per affermare una giurisdizione piuttosto che un altro, distinzione importante anche di per se ma poi per gli effetti pratici questa distinzione serve ai fini del riparto di giurisdizione tendenzialmente ove diritto soggettivo giudice ordinario , ove interesse legittimo giudice amministrativo. Esempio se in un ricorso si contestasse un vizio (ricorso si scrive in testa ricorso amministrativo,fatto, motivi di diritto) , quesi vizi come vengono ordinati? In 1 luogo in via preliminare si contesta che la p. amministrazione non abbia poteri per adottare quel provvedimento, poi dopo si dirà che quel provvedimento è sbagliato, quindi si dirà il comune i Siena è in difetto di attribuzione o violazione del principio di legalità , poi si dirà che è sbagliato perchè l'atto è illogico , non ha considerato alcuni elementi per carenza di istruttoria, oppure travisamento dei fatti o difetto di motivazione art 3 (atto laconico). Il 1 motivo sarà violazione del principio di legalità o difetto assoluto di attribuzione , se si contesta un difetto assoluto di attribuzione noi stiamo cadendo nella carenza di potere quindi si potrebbe sostenere che qui ci troviamo davanti un diritto soggettivo (Carenza di potere - diritto soggettivo - giudice ordinario). Per gli altri vizi esempio travisamento dei fatti o difetto di motivazione rientra nel cattivo esercizio. La violazione del principio di legalità è qualcosa di diverso, potrebbe anche rientrare nella carenza di potere in concreto ossia quando l'amministrazione ha quel potere ma non ricorrono i presupposti per il suo esercizio(dubbio se ci troviamo davanti ad un interesse legittimo o un diritto soggettivo), la violazione del principio di legalità si fa rientrare in questa categoria, per esempio una norma che prevede sia pplica la sanzione di 3000 nel caso in cui il privalo superi la velocità di 10 km e abbia fatto un incidente, la carenza di potere potrebbe essere contestata nel caso in cui l'amministrazione avrebbe sanzionato 3.000 se il privato non avesse fatto un incidente, manca un presupposto, oppure nessuna norma disciplina ciò in questo caso ricorre un caso di carenza di potere in astratto o di un difetto assoluto di attribuzione , un provvedimento di questo tipo può essere anche nullo ai sensi del art 21 seties (quindi carenza di potere in astratto - diritto soggettivo - vizio della nullità- giudice ordinario), altro è invece ( cattivo esercizio di potere - interesse legittimo - vizio dell'annullabilità- giudice amministrativo), nel 1 caso siamo nel 21 seties nel 21 opties. Questioni dei diritto costituzionalmente protetti sentenza n 140 del 2007 Sentenza rilevante sotto vari profili, sentenza importante per questa diatriba tra giudice ordinario e giudice amministrativo su diritti costituzionaliste protetti ,la fattispecie più importante è il diritto alla salute alla salubrità dell'ambiente. La cassazione ha sostenuto la posizione secondo la quale a fronte di un diritto fondamentale dovesse essetevi la tutela del giudice ordinario a fronte a questa impostazione il giudice amministrativo ha invece sostenuto la sua pari dignità di giudice rispetto al giudice ordinario. Il riparto di giurisdizione è anche un costo per l'ordinamento avere un solo giudice è più semplice non si pongono mai questioni di giurisdizione quello che interessa all'attore è ottenere una pronuncia nel merito ossia se ho torto o ragione,non interessa al privato una raffinata giurisdizione ma sapere quale è il giudice competente. Nel sistema dualistico abbiamo dei costi nel senso che il ricorrente può sbagliare il giudice , questo provoca una perdita di tempo e denaro la traslatio iudicii rimedia solo in parte a questo problema. La corte costituzionale ha sempre assunto la posizione più vicina al giudice amministrativo non facendo passare la tesi per cui i diritti fondamentali debbono avere una protezione maggiore e quindi tutelabile dal giudice ordinario la corte costituzionale invece ha sempre affermato la pari dignità del giudice questa sentenza n 140 del 2007 è interessante da questo punto di vista soprattutto nella parte finale che dice “ non c'è alcun principio o norma nel nostro ordinamento che riservi esclusivamente al giudice ordinario escludendo il giudice amministrativo la tutela dei diritti costituzionalmente protetti per atro l'orientamento espresso dalle Sezioni unite della corte di cassazione circa la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario in presenza di alcuni diritti assolutamente prioritari risulta enunciato in ipotesi i cui venivano in considerazione meri comportamenti della p. amministrazione e pertanto non è coerente con la sentenze del 2006 ecc. Questa è un affermazione secondo cui non vi è un esclusiva del diritto ordinario per altro questa posizione è chiara in una sentenza storica della c. costituzionale n 204 del 2004 sentenza nella quale si afferma “si è detto della chiara opzione del costituente in favore del riconoscimento del giudice amministrativo della piena dignità di giudice, riconoscimento per il quale milita oltre e più che l'apprezzamento più volte espresso dall'assemblea costituente per l'indipendenza del consiglio di stato durante il periodo fascista la circostanza che l'art 24 cost assicura all'interessi legittimi la tutela all'art 103 le medesime garanzie assicurate dai diritti soggettivi quanto alla possibilità di farli valere davanti al giudice e all'effettività della tutela che questi deve loro accordare”; passaggio impiotante nella misura in cui da un lato si vede che la storia è sempre viva nel diritto processuale amministrativo ma soprattutto si afferma con chiarezza come le 2 figure soggettive abbiamo pari dignità e i 2 giudici abbiamo pari dignità, questo ragionamento deve essere letto nel prisma dell'effettività al di la che li chiamiamo o interessi legittimi o diritti soggettivi ciò che conta è l'effettività (art 24 della cost) ed è principio che vale per la tutela tanto per la tutela data all'interesse legittimi sia ai diritti soggettivi. Andiamo a vedere le caratteristiche essenziali dell'interesse legittimo Abbiamo visto il carattere della relatività e abbiamo iniziato a vedere i caratteri dell'interesse legittimo come situazione differenziata e qualificata, avevamo detto che l'interesse legittimo è un posizionare giuridica soggettiva in quanto di essa sono titolari i soggetti determinati che non riguarda in modo indifferenziato tutti i cittadini ma che riguarda cittadini ehe si trovano in una determinata posizione differenziata e qualificata esempio il commerciante di canne da pesca rispetto al provvedimento che autorizza un medesimo esercizio di un altro rivenditore di canne da pesca nel medesimo quartiere, l'interesse del procedente è differenziato rispetto a quello degli altri soggetti. Questo criterio della differenziazione viene ritenuto soprattutto in dottrina troppo poco per differenziare per isolare la figura dell'interesse legittimo e si ritiene che per aversi un interesse legittimo non basti che l'interesse del privato sia differenziato da quello degli altri soggetti ma è importante e necessario che questo privato sia titolare di una posizione qualificata (criterio della qualificazione ) quindi una posizione riconosciuta dall'ordinamento giuridico (insieme delle norme che lo compongono), quindi deve essere la norma che disciplina l'esercizio del potere , la norma che attribuisce il potere all'amministrazione a qualificare questo particolare interesse , in sostanza si vuol dire che per individuare l'interesse legittimo non è sufficiente una mera differenziazione di fatto vi deve essere una qualificata dalle norme, il criterio della differenziazione è un criterio importante ma guarda meramente ai fatti , invece una posizione giuridica assume consistenza in tanto in quanto è così qualificata dalle norme , poi tuttavia è chiaro che le norme giudaiche nella sua incompiutezza generalità, non sempre fissano qualificano individuano i soggetti direttamente interessati dall'esercizio del potere anzi normalmente le norme non vanno a identificare i destinatari esempio il comune di siena ha il potere nei confronti di oppure tale potere ha effetti nei confronti di , questo non esiste quasi mai normalmente ci si limita alla attribuzione del potere, in alcuni casi la titolarità dell'interesse legittimo può essere ricavata dalla norma dell'esercizio dell'azione amministrativa, per esempio il proprietario di un fondo rispetto all'esercizio del potere espropriativo, in questo caso il soggetto d un interesse legittimo oppositivo è individuato dalla norma, operazione che viene ricavata dalla giurisprudenza sulla base della rilevanza di quell'interesse nel suo complesso e anche dalla concretezza va ad impattare su l'interesse piuttosto che un altro. Abbiamo fissato i 3 caratteri dell'interesse legittimo: • Relazionale • Qualificazione • Differenziazione Un profilo un aspetto importante rispetto all'interesse legittimo è la nozione di interesse legittimo come posizione di un diritto sostanziale, questa nozione nasce con nozione di carattere processuale oggettivo per spostarsi verso una nozione di carattere soggettivo e sostanziale. All'inizio questa nozione di interesse legittimo era una nozione che si legava al carattere impugnatorio del p. amministrativo, si instaurava una sorta di parallelismo tra il carattere costitutivo del potere e il carattere costitutivo della tutela, questo significa che di fronte al potere amministrativo che aveva capacità di incidere unitariamente nella sfera giuridica dei destinata la tutela che l'ordinamento offriva era a sua volta di incidere su quel potere annullando gli effetti , quindi amministrazione adottava un provvedimento di diniego alla mia autorizzazione, l'annullamento elimina quegli effetti o tu amministrazione adotti un un provvedimento di esproprio io con la sentenza di annullamento azionando l'interesse legittimo ottengo una sentenza di annullamento elimina l'atto. Nozione a mano a mano si stacca da questa visione processuale basata su l'impugnazione di un atto e l'eventuale rimozione, concezione che oggi è recessiva ed è recessiva soprattutto quando l'interesse legittimo si tutela anche con la tutela risarcitoria , mentre prima solo la lesione di un diritto soggettivo apriva ad una tutela risarcitoria ora anche dell'interesse legittimo , questo ci fa capire come ora il giudizio amministrativo da quando si apre la tutela risarcitoria, non più un giudizio solo cassatorio di annullamento di un atto , ma che consente anche una tutela risarcitoria, segna l'evoluzione del giudizio amministrativo da un giudizio su l'atto a un giudizio sul rapporto, questa evoluzione va insieme alla nozione di interesse legittimo come figura sostanziale, l'interesse legittimo dal punto di vista del rapporto non serve solo ad aprire la strada ad una tutela (prima si aveva solo eliminazione dell'atto), ma non una tutela soddisfattiva delle ragione di un privato, esempio il decreto di esproprio ha leso la mia sfera(esempio danno da ritardo io voglio aprire un bar nel frattempo pago il muto pago le attrezzature ecc). Tra il giudizio su l'atto e il rapporto e l'interesse legittimo processuale e sostanziale vi è un mondo nel mezzo , da un lato guarda al provvedimento amministrativo che guarda solo a quello, di la vi sono le sue multiformi dolori il mondo dei danni che sta nel rapporto tra i soggetti, non solo un atto che è la manifestazione del potere(manifestazione dell'atto in senso processuale), di qua invece è senso sostanziale la definizione di Nigro di interesse legittimo è riportata nella sentenza del 99 n 500 , sentenza che apre alla risarcibilità dell'interesse legittimo ha come presupposto questa nozione sostanziale dell'interesse legittimo ,una nozione sostanziale che guarda al bene della vita , cioè un interesse legittimo come figura di diritto sostanziale non nasce per effetto della sua lesione da parte di un provvedimento amministrativo e quando vi sono i presupposti per impugnarlo ma nella sua visione sostanziale commessa ad un interesse materiale che esista anche prima prima del provvedimento amministrativo che lo lede, in questa ottica l'interesse legittimo consente una tutela maggiore del diritto soggettivo perchè esso dialoga con il potere , non vi è solo quando vi è un provvedimento vi è anche Schema Diritto soggettivo – potere amministrativo – diritto degradato a interesse legittimo – interesse legittimo consente di impugnare il provvedimento amministrativo – annullamento provvedimento amministrativo – risorge il diritto soggettivo – il diritto soggettivo apre alla tutela risarcitoria davanti al giudice ordinario Tutto questo meccanismo in termini concreti di effettività della tutela il meccanismo non va bene per contrario alla logica di concentrazione (per avere la tutela piena ci si doveva rivolgere a 2 giudici 1 amministrativo e poi ordinario). Nell'attuale sistema la sentenza n 500 abbatte questa idea , l'attuale codice del processo amministrativo prevede che è possibile concentrare la tutela nel giudice amministrativo che conosce il diritto sia per l'impugnativa dell'atto sia per la tutela risarcitoria sulla base del processo amministrativo (la sentenza 500 segna la tappa conclusiva). 22.03 L’ultima lezione è stata importante perché ha consentito di cogliere uno degli ultimi step di evoluzione della figura dell’interesse legittimo. Abbiamo visto questa figura entrare in una dimensione nuova, quella del risarcimento del danno. Solo nel 1999 assume una sua piena dignità. Dopo la sent 500/99 si giustificano le affermazioni della sent corte cost 204/2004: cioè è giusto ora dire che vi è una pari dignità tra le due figure soggettive e tra i due giudici. Forse prima del 99 visto che questa figura non poteva avere una tutela di carattere risarcitorio non si poteva dire che vi era una pari dignità. Abbiamo parlato del meccanismo dell’affievolimento- degradazione (il diritto soggettivo degrada per l’esercizio del potere amministrativo l’interesse legittimo) che è molto importante sapere perché venne fatto: è importante per capire quanto la sent 500 ha costituito una svolta per l’evoluzione della figura e per capire come questa figura abbia guadagnato piena dignità. Abbiamo descritto alcuni dei caratteri principali dell’interesse legittimo (situazione qualificata, differenziale, sostanziale) e proprio la sent 500 fa vedere questo carattere sostanziale dell’interesse legittimo, riprendendo la definizione di Nigro, connesso al bene della vita e all’interesse materiale che si intende conseguire, quindi all’utilità finale. Quindi una figura che guarda all’utilità finale conseguibile attraverso gli strumenti di tutela e non più attraverso la legalità generale dell’azione amministrativa. Abbiamo anche detto quali sono i criteri per distinguere interesse legittimo e diritto soggettivo. Oggi inizieremo a vedere come questa distinzione viva nella dinamica processuale e riesca soprattutto a costituire lo spartiacque tra le giurisdizioni. Quindi da oggi parliamo di GIURISDIZIONE. È importante definire dunque il perimetro dei giudici, dei poteri. Leggiamo un articolo del codice del proc amm art 7 capo III “giurisdizione amministrativa”: “sono devolute alla giurisdizione amministrative le controversie nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e nelle particolari materie indicate dalla legge in cui si faccia questione di diritti soggettivi concernenti l'esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all'esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni…” questa è la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Il codice non fa che riprendere l’art 103 cost dove si legge che “il consiglio di stato e gli altri organi della giustizia amministrativa HANNO giurisdizione (quindi delinea il perimetro) per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi.” quindi il giudice amministrativo è il giudice dell’interesse legittimo e che in particolari materie conosce anche di diritti soggettivi (quindi è una eccezione). Perché c’è la giurisdizione esclusiva con questo ibrido? L’origine storica fa riferimento all’inestricabile intreccio tra le situazioni giuridiche soggettive e quindi quando le due figure erano difficilmente scindibili. La giurisdizione esclusiva verrà poi estesa in tantissime materie: quindi le particolari materie di cui parla le cost non sono state più particolari perchè con una serie di interventi normativi queste materie si sono ampliate, tendenza questa conclusa con un dlgs 80/98 che ha dato ampie materie (es urbanistica). Dall’art 7 co 1 emerge anche l’altro elemento fondamentale, cioè il potere amministrativo. Quindi questo co 1 fa emergere chiaramente che l’interesse legittimo fronteggia il potere amministrativo. Quindi in questo comma viene ben perimetrata la giurisdizione. Quindi l’art 7 è attualmente la norma che definisce l’ambito della giurisdizione del giudice amministrativo e che definisce anche le sue forme (co3). È una norma che risente delle pronunce di cui oggi parleremo della corte cost, sent 204/2004 e 191/2006. Le sentenze e l’art 7 pongono chiaramente un discrimine tra le due giurisdizioni, amministrativa e civile, sulla base della situazione giuridica soggettiva. Quindi come dice la sent 204/2004 il riparto tra le due giurisdizioni, è un riparto che si fonda sulla originaria dicotomia interessi legittimi/diritti soggettivi, e poi appunto vi è la giurisdizione esclusiva che da luogo a particolari problematiche. Corre l’obbligo quindi di ripercorrere il dibattito sul riparto di giurisdizione. È un dibattito molto antico: nel 1889 viene istituita la quarta sezione, di lì a poco ne verrà riconosciuta la funzione giurisdizionale e quindi da subito si pone il problema di riparto. Si pone quindi un problema di limiti interni della giurisdizione (cioè il rapporto tra una giurisdizione e l’altra.. da non confondere con i limiti esterni che sono invece quei limiti che tracciano la linea tra il potere giurisdizionale e il potere amministrativo). • Il dibattito inizia a nascere nel 1891 con la sent 460 Sez unite (sent Laurens) Qui il criterio elaborato era il criterio del petitum: ciò che si domanda al giudice. Le tipologie di petitum sono 2: uno sostanziale e uno formale; il petitum formale è il provvedimento che si domanda al giudice e il sostanziale è il bene della vita che si domanda al giudice e che si vuole conseguire attraverso quel provvedimento. È importante poi la distinzione con la causa petendi, cioè le ragioni per cui si esprime la domanda. La sentenza Laurens afferma il criterio del petitum: secondo questa teoria la giurisdizione ordinaria o amministrativa dipende dal provvedimento giurisdizionale richiesto; in particolare, se il provv richiesto è l’annullamento del provvedimento amministrativo la giurisdizione sarà quella del giudice amministrativo, se invece ad es si chiede il risarcimento del danno allora la giurisdizione è del giudice ordinario. Ovviamente qui quale forma di petitum viene in rilievo? Quella formale perché si sta guardando al tipo di provvedimento che si ottiene. Qui alla base di questa teoria vi è innanzitutto come presupposto il fatto che la caratteristica tipica della giurisdizione amministrativa è data dal potere da annullamento dell’atto del giudice; quindi nel caso anche di un provvedimento amministrativo che leda un diritto soggettivo e non un interesse legittimo si deve ammettere la possibilità di azionare quel diritto soggettivo dinnanzi al giudice amministrativo per ottenere l’annullamento dell’atto. Perché si consente di far valere un diritto soggettivo come fosse un interesse legittimo, chiedendone l’annullamento dell’atto? È il fatto che il giudice civile non poteva annullare i provvedimenti amministrativi, come recita l’art 4 (non può annullare o revocare un provv amministrativo). Quindi il criterio del petitum comporta la possibilità di far valere come interessi i diritti soggettivi e poi ha al fondo un rapporto di continenza fra diritti soggettivi e interessi legittimi: siccome i diritti soggettivi erano considerati una posizione giuridico soggettiva più nobile, più garantita, di conseguenza potevano essere fatti valere come interessi. Quindi come capiamo anche questo è un escamotage per ampliare la tutela, tutto basato comunque sul potere di annullamento. • Tuttavia nell’evoluzione, soprattutto dopo la legge del 1907, l’idea di fondare la giurisdizione amministrativa solo sul potere di annullamento entra in crisi e di conseguenza a partire dagli anni 30 si cominciarono a muovere delle aspre critiche al criterio del petitum: una prima critica, secondo la quale, interessi legittimi e diritti soggettivi non si dovevano distinguere per la minore o maggiore tutela ma perché erano posizioni giuridiche proprio qualitativamente diverse; e poi altra critica più penetrante secondo la quale la teoria del petitum rischiava di aprire la strada ad una cd ‘doppia tutela’, nel senso che la medesima posizione soggettiva poteva essere fatta valere alternativamente o addirittura anche cumulativamente, ma a scelta del ricorrente, di fronte ad entrambi i giudici. Quindi il vero rischio era quello che la giurisdizione in qualche modo la scegliesse il ricorrente, che non vi fossero dei criteri oggettivi di differenziazione. Quindi il rigetto del criterio del petitum induce a valorizzare l’altro elemento tradizionale dell’azione, cioè la causa petendi: quindi le ragioni che sostengono una domanda giurisdizionale. Quindi si diceva sulla base di questa teoria: la controversia è di competenza del giudice amministrativo se è ha fatto valere un interesse legittimo, mentre è del giudice ordinario se viene fatto valere un diritto soggettivo. Però anche così, come si può capire il problema non è molto risolto perchè se quello che vale ai fini del riparto di giurisdizione è la situazione giuridica soggettiva che il ricorrente fa valere siamo un po’ punto e a capo. Questa è la teoria cd della prospettazione, cioè la giurisdizione viene determinata dalla prospettazione della parte che emerge dal ricorso. Quindi il risultato è sempre quello: dipende dal ricorrente. Dunque anche questa teoria sconta il limite di non guardare alla consistenza effettiva della situazione giuridica che viene fatta valere. Quindi queste due tesi (petitum e causa petendi con riferimento alla teoria della prospettazione) presentano le medesime criticità: la giurisdizione in entrambi casi si determina sulla base del provvedimento giurisdizionale richiesto - petitum- e sulla base della situazione giuridica soggettiva fatta valere – causa petendi. • Consapevole dei problemi di queste due tesi, che rimettono ai privati ricorrenti la decisione sulla giurisdizione, la cassazione ha elaborato infine la tesi attualmente preponderante che è quella del petitum sostanziale: ciò che rileva ai fini della giurisdizione è la effettiva situazione giuridica soggettiva fatta valere. Quindi il giudice non può arrestarsi di fronte alla prospettazione che gli fornisce la parte ma deve andare lui stesso a verificare la consistenza della situazione giuridico soggettiva azionata dal privato. Quindi il baricentro si sposta sul giudice. È chiaro che non si tratta di un’operazione semplice. Questa teoria segna sicuramente una svolta sostanziale perchè lega la giurisdizione a criteri oggettivi ma ovviamente non si risolve il problema nel senso che la legge si limita a disciplinare, quindi non ci dice ‘qui c’è un interesse legittimo o un diritto soggettivo’ ma deve essere il giudice a fare questa operazione. Quindi il giudice per distinguere diritti soggettivi e interessi legittimi si rifà ai criteri (discrezionalità/vincolatezza, carenza del potere/cattivo esercizio del potere, norme di azione/norme di relazione e diritti costituzionalmente tutelati). Il giudice prevalentemente si rifà ai 2 criteri principali e cioè discrezionalità-vincolatezza e cattivo esercizio-carenza di potere. Uno degli episodi più significativi di questo dibattito sul riparto di giurisdizione è segnato da una pronuncia storica della cort cost 204/2004: il punto che viene sollevato è la legittimità costituzionale di due norme contenute nel dlgs 80/1998 e trasfuse nella l 205/2000 che attribuiscono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la materia urbanistica e la materia servizi pubblici. È una attribuzione estremamente generalizzata, in quanto sono attribuiti interi blocchi di materie. La giurisdizione esclusiva nasce per aggirare le problematiche dell’inestricabile intreccio tra le posizioni giuridiche soggettive. La cost fa riferimento nell’art 103 alla giurisdizione esclusiva utilizzando delle prescrizioni precise ma tuttavia dopo la cost si è andata ad affermare nel diritto vivente una logica che la dottrina e la stessa corte cost chiama ‘logica dei blocchi di materie’: quindi interi blocchi di materie (e non particolari materie come dice la cost) vengono attribuiti al giudice amministrativo in giurisdizione esclusiva. Massima espressione di questa tendenza è appunto il dlgs 80/1998. La pronuncia 204/2004 sposa la logica invece secondo la quale la giurisdizione si determina sulla base dell’originaria dicotomia diritto soggetivo/interesse legittimo andando quindi a guardare oggettivamente in concreto quale è la situazione giuridico soggettiva in gioco. È una logica quindi che richiama il petitum sostanziale in qualche modo. Quindi la corte cost dice di tornare all’art 103 (le particolari materie) e soprattutto di tornare all’originaria differenziazione diritto soggettivo/interesse legittimo. SENTENZA 204/2004 Considerato in diritto par 2.1 “I giudici rimettenti lamentano che la legge n. 205 del 2000, portando a compimento un disegno di politica legislativa volto, a partire dal 1990, ad estendere l'area della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, abbia sostituito al criterio di riparto della giurisdizione fissato in Costituzione, e costituito dalla dicotomia diritti soggettivi-interessi legittimi, il diverso criterio dei “blocchi di materie”: in tal modo sarebbe stato alterato non soltanto il rapporto tra giurisdizione del giudice ordinario e del giudice amministrativo - rapporto che, pur non essendo stato realizzato il principio dell'unicità della giurisdizione, dovrebbe pur sempre essere di regola ad eccezione quanto alla cognizione su diritti soggettivi - ma anche il rapporto, all'interno della giurisdizione del giudice amministrativo, tra giurisdizione (generale) di legittimità e giurisdizione (speciale, se non eccezionale) esclusiva”. Quindi non soltanto aumentando l’area della giurisdizione esclusiva si squilibra il rapporto con la giurisdizione ordinaria, ma poi la corte dice che vi è anche un problema all’interno della stessa giurisdizione amministrativa. Continua la corte “La violazione degli artt. 102 e 103 Cost. (e dell'art. 100 - aggiunge l'ordinanza n. 488 del 2002 - con la trasformazione del Consiglio di Stato da giudice “nell'amministrazione” in giudice “dell'amministrazione”) non si sarebbe realizzata con i pur massicci interventi legislativi degli anni '90, in quanto le nuove ipotesi di giurisdizione esclusiva concernevano pur sempre «talune specifiche controversie» caratterizzate «dall'intreccio di posizioni giuridiche riconducibili tanto al diritto soggettivo quanto all'interesse legittimo»: è con il d.lgs. n. 80 del 1998, specie come trasfuso nell'art. 7 della legge n. 205 del 2000, che il legislatore ha abbandonato il criterio dello «inestricabile nodo gordiano» ravvisabile in specifiche controversie correlate all'interesse generale per accogliere quello dei «blocchi di materie», nelle quali «la commistione di diritti soggettivi ed interessi legittimi non si debba ricercare nelle varie tipologie delle singole controversie ma nell'atteggiarsi dell'azione della pubblica amministrazione in settori determinati, anche se molto estesi, connotati da una significativa presenza dell'interesse pubblico».” quindi la corte cost ci sta dicendo che questa logica dei blocchi di materie non va a vedere qual è davvero la situazione in gioco ma è una logica che si limita a vedere che c’è un interesse pubblico in gioco. Quindi è una logica un po’ grossolana che senza perdere tempo evita di vedere qual è la situazione giuridica precisa. Con questa logica semplicemente se c’è un interesse pubblico allora la giurisdizione è del giudice amministrativo. Continua la corte “Anche a voler prescindere dall'irragionevolezza della scelta legislativa di esaltare il ruolo del giudice amministrativo nel momento in cui al c.d. modello autoritativo dei rapporti cittadino-pubblica amministrazione viene sempre più sostituito il c.d. modello negoziale, tale scelta - unita al conferimento al giudice amministrativo di «pienezza di poteri decisori» e quindi anche risarcitori, perfino «al di fuori della giurisdizione esclusiva e nell'ambito della sua giurisdizione generale di legittimità» - farebbe sì che «il giudice amministrativo sia ormai proiettato in una dimensione civilistica che fino a ieri costituiva territorio esclusivo del giudice ordinario», per giunta senza sottostare al controllo nomofilattico, che costituisce anche garanzia di parità di trattamento, della Corte di cassazione.” qui la corte critica questa 3.4.2 la corte qui si riferisce alle due norme incriminate. Art 33 e 34. “Ed infatti, non soltanto (e non tanto) il riferimento ad una materia (i pubblici servizi) dai confini non compiutamente delimitati (se non in relazione all'ipotesi di concessione prevista fin dall'art. 5 della legge n. 1034 del 1971), quanto, e soprattutto, quello a “tutte le controversie” ricadenti in tale settore rende evidente che la “materia” così individuata prescinde del tutto dalla natura delle situazioni soggettive in essa coinvolte: sicché, inammissibilmente, la giurisdizione esclusiva si radica sul dato, puramente oggettivo, del normale coinvolgimento in tali controversie di quel generico pubblico interesse che è naturaliter presente nel settore dei pubblici servizi. Ma, in tal modo, viene a mancare il necessario rapporto di species a genus che l'art. 103 Cost. esige allorché contempla, come “particolari”, rispetto a quelle nelle quali la pubblica amministrazione agisce quale autorità, le materie devolvibili alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Qui genus è la giurisdizione di legittimità, la species è quella esclusiva. Quello che interessa di questo passaggio è che la giurisdizione non si definisce, secondo la corte, su un elemento oggettivo qual è il pubblico interesse che naturaliter aleggia in queste materie (servizi pubblici) ma si radica su profili soggettivi della situazione giuridica azionata; ciò significa che se vi è interesse legittimo vi sarà giurisdizione amministrativa come è di regola, se vi è diritto sogg vi sarà giurisdizione ordinaria e poi vi è questa giurisdizione di queste materie che è species. Poi con riferimento all’art 33 la corte chiama il suo criterio: si pretende, perché si radichi la giurisdizione del giudice amministrativo, che la pubblica amministrazione agisca come autorità: “La materia dei pubblici servizi può essere oggetto di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo se in essa la pubblica amministrazione agisce esercitando il suo potere autoritativo (cioè dotato di incidere unilateralmente nella sfera giuridica dei destinatari)ovvero, attesa la facoltà, riconosciutale dalla legge, di adottare strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo, se si vale di tale facoltà (la quale, tuttavia, presuppone l'esistenza del potere autoritativo: art. 11 della legge n. 241 del 1990) [qui la corte vuole dire che è consapevole che il potere autoritativo non si esplica solo in maniera classica, ma anche con la disciplina degli accordi]: sicché, conclusivamente, va dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 33, comma 1, nella parte in cui prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo «tutte le controversie in materia di pubblici servizi» anziché le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi (così come era previsto fin dall'art. 5 della legge n. 1034 del 1971), ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo disciplinato dalla legge n. 241 del 7 agosto 1990, ovvero ancora relative all'affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore (così come era previsto dall'art. 33, comma 2, lettere c e d).” quindi in sostanza: non mi va bene che attribuite tutte le controversie ma devi attribuire solo quelle dove c’è esercizio del potere autoritativo. Infatti vengono escluse le controversie concernenti indennità, canoni e corrispettivi, perché non si tratta di concessione (dove c’è classicamente il potere) ma siamo nell’ambito di un sinallagma, un qualcosa di civilistico e quindi devono andare sotto la giurisdizione del giudice ordinario. Quindi qui vi è il principio per cui vi è giurisdizione amministrativa dove vi è il potere autoritativo. Sotto controllo di legittimità è anche l’art 34 (urbanistica). Anche qui la corte censura l’attribuzione troppo estesa della materia urbanistica al giudice amministrativo. Censura in particolare la norma laddove prevede che ricada sotto il giudice amministrativo oltre gli atti e i provvedimenti (questi si perché sono manifestazione del potere amministrativo per definizione), anche i comportamenti. La corte dice va bene che vi stiano gli atti e i provvedimenti ma non i comportamenti. In applicazione del criterio che sorregge tutta questa sentenza, i meri comportamenti non sorretti dall’esercizio del potere amministrativo non possono essere ricompresi nella giurisdizione esclusiva (su questo è chiarissima la sent del 2006). La corte critica questa estensione ai comportamenti perchè “si estende alla giurisdizione amministrativa a controversie nelle quali la pubblica amministrazione non esercita - nemmeno mediatamente, e cioè avvalendosi della facoltà di adottare strumenti intrinsecamente privatistici - alcun pubblico potere”. L’art 7 del codice poi trascriverà questa affermazione della sentenza 204. Giurisdizione amministrativa “Sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie, nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi, concernenti l'esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi (espressione classico del potere amministrativo) o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni. Non sono impugnabili gli atti o provvedimenti emanati dal Governo nell’esercizio del potere politico. SENTENZA 196/2006 Il punto sollevato dal giudice tar calabria, in riferimento agli art 25 e 102 cost, riguarda l’art 53 T.U. espropriazione pubblica utilità, nella parte in cui questa norma devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto i comportamenti delle pubbliche amministrazioni in materia di espropriazione di pubblica utilità. La corte cost afferma che ci si ritrova nelle stesse ipotesi prese in considerazione dalla sent 204/2004. In questa sentenza si stigmatizza l’utilizzo della locuzione “comportamenti” ritenuta “lo strumento utilizzato dal legislatore per operare indiscriminata devoluzione (al giudce amm)” sicchè “l’espunzione di tale locuzione (fatta dalla sent204) per la funzione di chiusura assegnatale dal legislatore nell’art 34 valeva a ribadire che la materia ‘edilizia ed urbanistica non poteva essere devoluta in blocco alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ma poteva esserlo nei limiti precisati nella motivazione”, cioè ci sta dicendo che questa locuzione viene utilizzata come escamotage per farla rientrare nella giurisdizione esclusiva. Quindi stigmatizza questa cosa perchè dice che dietro il comportamento non c’è esercizio del potere. Quindi lo stigmatizza anche con riferimento al testo unico dell’edilizia che utilizza la stessa locuzione per ampliare la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Come lo stigmatizza? Lo fa con le categorie del cattivo esercizio del potere e della carenza di potere. Il ragionamento è che queste categorie vengono applicate con riferimento alla materia della espropriazione per pubblica utilità e in particolare in riferimento alla occupazione usurpativa (acquisizione fondo altrui senza dichiarazione di pubblica utilità quindi senza un titolo legittimante l’esercizio del potere amministrativo- quindi carenza di potere) e all’occupazione appropriativa (quando la dichiarazione di pubblica utilità vi è stata ma tuttavia non vi è stato il decreto di esproprio [o altro atto che serve a produrre l’effetto traslatorio] e comunque la pubblica amministrazione ha occupato il fondo -quindi cattivo esercizio del potere). La corte dice che se si parla in modo generico di comportamenti come fa il T.U è evidente che tutti questi casi ricadano sotto la giurisdizione del giudice amministrativo, quindi che sia che vi siano atti e provvedimenti, sia che vi siano meri comportamenti, tutte le controversie che riguardano simili questioni ricadono in questo modo nella giurisdizione del giudice amministrativo. Tutto ciò in coerenza con la sent 204 non va bene alla corte e lo afferma con chiarezza nel par 5 “Le considerazioni fin qui esposte rendono palese che la questione di legittimità costituzionale sollevata dalle ordinanze de quibus non può risolversi in base al solo petitum, id est alla domanda di risarcimento del danno, bensì considerando il fatto, dedotto a fondamento della domanda, che si assume causativo del danno ingiusto. Con espressione ellittica l’art. 53, comma 1, individua (anche) nei “comportamenti” della pubblica amministrazione il fatto causativo del danno ingiusto, in parte qua riproducendo il contenuto dell’art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998 (come modificato dall’art. 7 della legge n. 205 del 2000). Tale previsione è costituzionalmente illegittima là dove la locuzione, prescindendo da ogni qualificazione di tali “comportamenti”, attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo controversie nelle quali sia parte − e per ciò solo che essa è parte − la pubblica amministrazione, e cioè fa del giudice amministrativo il giudice dell’amministrazione piuttosto che l’organo di garanzia della giustizia nell’amministrazione (art. 100 Cost.). . Viceversa, nelle ipotesi in cui i “comportamenti” causativi di danno ingiusto – e cioè, nella specie, la realizzazione dell’opera – costituiscono esecuzione di atti o provvedimenti amministrativi (dichiarazione di pubblica utilità e/o di indifferibilità e urgenza) e sono quindi riconducibili all’esercizio del pubblico potere dell’amministrazione, la norma si sottrae alla censura di illegittimità costituzionale, costituendo anche tali “comportamenti” esercizio, ancorché viziato da illegittimità, della funzione pubblica della pubblica amministrazione. In sintesi, i principi sopra esposti – peraltro già enunciati da questa Corte con la sentenza n. 204 del 2004 – comportano che deve ritenersi conforme a Costituzione la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie relative a “comportamenti” (di impossessamento del bene altrui) collegati all’esercizio, pur se illegittimo, di un pubblico potere, laddove deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima la devoluzione alla giurisdizione esclusiva di “comportamenti” posti in essere in carenza di potere ovvero in via di mero fatto.” La corte ci sta dicendo? Ovviamente si prescinde dal fatto che l’esercizio del potere sia corretto o meno, qui si distinguono due tipi di comportamento: i comportamenti che costituiscono esecuzione di atti o provvedimenti amministrativi (nella specie di una dichiarazione di pubblica utilità), quindi un potere c’è perchè qui il comportamento è immediatamente riconducibile all’esercizio del potere, è un’attività materiale della pubblica amministrazione (quindi comportamento come attività materiale); se invece questi comportamenti sono posti in essere in carenza di potere, cioè senza la previa dichiarazione di pubblica utilità, questi sono soltanto meri fatti materiali non collegabili ad alcun esercizio del potere amministrativo. Quindi un mero impossessamento di un bene altrui e quindi in questi casi non si radica la giurisdizione del giudice amministrativo. Dunque possiamo capire come quelle categorie generali carenza di potere/cattivo esercizio del potere che abbiamo sentito nel diritto sostanziale operino poi nel diritto vivente. Deve essere chiaro poi che queste sentenze prendono spunto sì dalla questione della giurisdizione esclusiva, tuttavia il ragionamento che fanno va oltre questa questione, per toccare questioni più di fondo e addirittura forse più interessanti. Perché quando si parla di radicamento della giurisdizione amministrativa perché la pa agisce come pubblica autorità qui si fa riferimento alla giurisdizione generale del giudice amministrativa, quindi è un ragionamento che tocca ancor prima il punto della questione, che va al cuore della giurisdizione amministrativa generale cioè quella di legittimità, quella classica, prima che della giurisdizione esclusiva. La giurisdizione classica amministrativa si radica laddove la pubblica amministrazione agisca come autorità con manifestazioni del potere tramite atti e provvedimenti o comportamenti ma questi ultimi solo se sono almeno mediatamente riconducibili all’esercizio di potere. Il nucleo della giurisdizione amministrativa di legittimità è quello di una giurisdizione su interessi legittimi che ha ad oggetto l’esercizio o il mancato esercizio del potere (nel caso di silenzio della pubblica amministrazione) o comportamenti mediatamente riconducibili all’esercizio del potere. 29.03 Lezione venerdi 5 aprile ore 17-19 Lezione venerdi 12 aprile rinviata La lezione di oggi prosegue con l’analisi dell’ultima sentenza in materia di riparto, sent 140/2007 Corte cost; dopo parliamo di difetto di giurisdizione, traslatio iudicii e giudicato implicito. SENTENZA 140/2007 Ha ad oggetto la legittimità cost dell’art 1 co 552 della L 311/2004 (legge finanziaria). Di questa è sollevata questione di legittimità nella parte in cui devolve controversie al giudice amministrativo aventi ad oggetto le procedure e i provvedimenti che riguardano la realizzazione impianti di energia elettrica. Quindi ancora una volta si contesta che il legislatore avrebbe attribuito la giurisdizione al giudice amministrativo sulla base di un “criterio assolutamente indiscriminato di attribuzione della giurisdizione esclusiva in quanto il campo della giurisdizione esclusiva sarebbe stato individuato completamente a prescindere dalla natura delle situazioni giuridiche coinvolte”, e ancora una volta sulla base del fatto che in questa fattispecie era rilevante un interesse pubblico. Qui viene stigmatizzato dal giudice a quo come questa endiadi utilizzata dalla norma “procedure e provvedimenti” fosse non agevolmente delimitabile finendo per includere così nell’ambito della giurisdizione esclusiva qualsiasi controversia che tocchi la progettazione, la realizzazione, l’esistenza e il funzionamento di un impianto di energia. Dire procedure e provvedimenti è come dire “atti provvedimenti e comportamenti” della precedente sentenza riguardo l’urbanistica. Si tratta dunque di formule molto ampie. Cosa significa ‘procedure e provvedimenti’? c’è da dire che nel dritto amministrativo non è che si impugna una procedura ma si impugna il risultato di quella procedura, quindi si può dire che è una formula abbastanza generica e confusionale. La corte cost dopo aver ragionato in tema giunge alla conclusione che la questione del giudice a quo è fondata: “La norma censurata, d’altronde, è conforme all’orientamento espresso nelle sentenze n. 204 del 2004 e, soprattutto, n. 191 del 2006 di questa Corte. Secondo tali pronunce, l’art. 103 Cost., pur non avendo conferito al legislatore ordinario una assoluta ed incondizionata discrezionalità nell’attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, gli ha riconosciuto il potere di indicare «particolari materie» nelle quali la tutela nei confronti della pubblica amministrazione investe «anche» diritti soggettivi. Deve trattarsi tuttavia, di materie determinate nelle quali la pubblica amministrazione agisce nell’esercizio del suo potere” (come già chiarito nelle precedenti sentenze). “La richiamata giurisprudenza di questa Corte esclude, poi, che la giurisdizione possa competere al giudice ordinario per il solo fatto che la domanda abbia ad oggetto esclusivo il risarcimento del danno (sentenza n. 191 del 2006). Il giudizio amministrativo, infatti, in questi casi assicura la tutela di ogni diritto: e ciò non soltanto per effetto dell’esigenza, coerente con i princípi costituzionali di cui agli artt. 24 e 111 Cost., di concentrare davanti ad un unico giudice l’intera protezione del cittadino avverso le modalità di esercizio della funzione pubblica, ma anche perché quel giudice è idoneo ad offrire piena tutela ai diritti soggettivi, anche costituzionalmente garantiti, coinvolti nell’esercizio della funzione amministrativa”. Ancora una volta si calca sulla pari dignità del giudice amministrativo dotato anche di poteri risarcitorio al pari del giudice ordinario. Ma soprattutto qui si parla di ‘concentrazione delle tutele’: il privato cittadino che chiede tutela deve potere ottenere tutto quello che ha diritto ad ottenere davanti ad un solo giudice, non deve balzare da un giudice ad un altro. Qui si stigmatizza il precedente orientamento per cui per avere la tutela risarcitoria prima si doveva avere l’annullamento dell’atto. Secondo il giudice delle leggi non osta alla validità costituzionale del sistema la natura fondamentale dei diritti Pertanto, non si può affermare che in mancanza di una specifica statuizione la questione di giurisdizione non sia stata affrontata. Se il giudice ha deciso in forza del combinato disposto degli art 276 e 37 cpc si deve ritenere che abbia già deciso in senso positivo la questione pregiudiziale della giurisdizione. La regola della decisione per gradi appartiene alla natura stessa del processo e la si ritrova espressamente sancita anche nella disciplina del processo penale” […] “in definitiva la decisione sul merito implica la decisione sulla giurisdizione e quindi se le parti non impugnano la sentenza o la impugnano ma non eccepiscono il difetto di giurisdizione pongono in essere un comportamento incompatibile con la volontà di eccepire tale difetto e quindi si verifica il fenomeno dell’acquiescenza…”. Spieghiamo: la teoria del doppio oggetto riprende le norme del cpc, in particolare l’art 276 secondo il quale il giudice (il collegio) deve gradatamente decidere le questioni. Questo è quel procedimento logico ma che ha anche un riscontro normativo nel codice di procedura e secondo il quale prima, cioè in via pregiudiziale rispetto alla pronuncia del merito, il giudice valuta se è lui dotato di giurisdizione o meno. Inoltre se questa valutazione pregiudiziale va a buon fine allora a quel punto il giudice si pronuncia nel merito (ma non c’è bisogno, ci dice la cassazione, che il giudice nella sua sentenza faccia un paragrafo dove dice “la giurisdizione è mia”, perché se il giudice amministrativo si è pronunciato nel merito egli ha già implicitamente riconosciuto a monte di avere la potestas iudicandi). Tutto ciò produce poi degli effetti in ordine di rilevabilità del difetto di giurisdizione (ne parliamo la prossima volta). 01/04/2019 Abbiamo parlato nell’ultima lezione, affrontando un dettaglio della sentenza cassazione civile sezioni unite 24883/2008, sentenza sul giudicato implicito i cui presupposti di fondo, individuati dal prof., sono la teoria del doppio oggetto del processo (ogni processo ha un oggetto processuale che viene in emersione in via pregiudiziale – kompetence/kompetence- ed un oggetto sostanziale che poi è quello che deve interessare di più). Ragionevole durata è l’altro grande perno di questa pronuncia che ci vuole dire che non è sostenibile che si perda un sacco di tempo per cercare il giudice competente quando l’obiettivo del processo dovrebbe essere andare quanto prima possibile. È obiettivo della giurisdizione, intesa in senso lato, andare a giudicare nel merito i termini ragionevoli senza perdersi nella affannosa ricerca del giudice competente. Riprendiamo le fila della sentenza, di integrazione adeguatrice e costituzionalmente orientata dell’ART 37 del CPC che poi viene accolta dal codice del processo amministrativo. C’è questo passaggio rilevante “in ogni processo vanno individuati due distinti e non confondibili oggetti del giudizio, l’uno uno processuale concernente la sussistenza o meno del dovere- potere del giudice di risolvere la causa e l’altro sostanziale relativo alla fondatezza o meno della domanda (schema valido in ogni processo). Stante obbligo del giudice di accertare l’esistenza della propria giurisdizione, il quale, prima di passare ad esame merito o di altra questione ad essa successiva, può legittimamente presumersi che ogni statuizione sul merito della controversia contenga implicitamente quella sull’antecedente logico da cui è condizionata, ossia la giurisdizione, in difetto della quale non potrebbe essere adottata.” Qui c’è il nucleo del doppio oggetto e del giudicato implicito. Parliamo di diritto razionale che non si distanzia molto dalla logica ed è normale che chi si pronuncia deve aver verificato la sua competenza. “Resta ora da verificare se e come l’assunto del giudicato implicito sulla giurisdizione possa conciliarsi con la regola (dell’art 37 cpc) secondo la quale in difetto di giurisdizione del giudice ordinario è rilevato anche d’ufficio in qualunque stato e grado del processo”. . Non va bene che la giurisdizione può essere tirata fuori quando si vuole, la norma dice questo, okay, per quello si ritiene opportuna l’interpretazione adeguatrice senza entrare in contrasto con il principio costituzionale della ragionevole durata del processo. La giustizia è un bene scarso, che deve essere erogato con parsimonia, non ci si può abusare (abuso del processo). . “Questa corte ritiene che la costituzionalizzazione del principio della ragionevole durata del processo imponga ad interprete nuova sensibilità ed nuovo approccio interpretativo, per cui ogni soluzione che si adotti nella risoluzioni di questioni attinenti a norme sullo svolgimento del processo, deve essere verificata non solo sul piano tradizionale della coerenza ma anche sulla realizzazione dell’obiettivo costituzionale.” In questo spezzone viene citata la sent. Cass 4636/2007. “L’ART 37 va letto ed interpretato nel contesto delle altre regole processuali e della “sostenibilità” degli effetti cronologici […] L’evoluzione giurisprudenziale, nel quadro dell’interpretazione sistematica, porta alla conclusione che la portata precettiva dell’ART 37 CPC deve essere contenuta in limiti più ristretti di quelli autorizzati dalla lettera della legge. (lex plus dixit quam voluit)”. Qui si forma il disposto normativo e ha fatto riflettere, andando a riscrivere una norma che, nel suo contenuto letterale, dice che puoi tirarlo fuori quando vuoi. . “Occorre ora chiedersi se, tenuto conto del quadro normativo- sistematico, delle esigenze di coerenza del sistema e di tempestività delle decisioni non sia legittimo che la norma operi anche in presenza di un giudicato implicito sulla giurisdizione. Sul piano della coerenza del sistema, sarebbe del tutto ingiustificato ritenere che il giudicato implicito non abbia lo stesso effetto preclusivo del giudicato esplicito, posto che incombe su tutti i soggetti del rapporto processuale l’obbligo di controllare la potestas iudicandi, fin dall’atto introduttivo del processo, anche quando la questione non venga espressamente sollevata. Il giudice deve autolegittimarsi ed eventualmente rilevare subito il difetto di giurisdizione e quindi il suo silenzio equivale ad una pronuncia positiva così come il silenzio delle parti vale come acquiescenza, una sorta di trilaterale silenzio assenso giurisdizionale. L’evoluzione del quadro legislativo, ordinario e costituzionale, mostra l’affievolimento della centralità del principio di giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale accompagnata dalla simmetrica emersione dell’esigenza di sburocratizzare la giustizia, come servizio della collettività…” . È importante il servizio che eroga la collettività; sono belle parole però che costituiscono le fil rouge delle cose che vi ho detto( effettività, giurisdizione sogg). La sentenza è un avamposto, un servizio per la collettività, non più solo potere ma soprattutto servizio per collettività “che abbia come parametro di riferimento l’efficienza delle soluzioni e la tempestività del prodotto- sentenza in un mutato contesto globale in cui anche giustizia deve adeguarsi alle regole della concorrenza. Si parla infatti di concorrenza degli ordinamenti giuridici”. È un passaggio forte, di ampio respiro. La cassazione intende riferirsi alla concorrenza tra ordinamenti, tanto più l’ordinamento riesce a fornire un servizio giustizia efficiente tanto più è attrattivo. Infatti, nel nostro paese la giustizia lenta non offre garanzia ad investimenti stranieri, questo è un tema centrale, al centro – ad esempio- dei rapporti della banca mondiale: Vote by feet. . “Ne deriva che la portata dell’art 37 riacquista la sua massima espansione soltanto quando il tenore della decisione (che attenga al rito e al merito) sia tale da escludere qualsiasi forma di implicita delibazione sulla giurisdizione[…]Non può considerarsi ragionevole il tempo perduto perché un’ eccezione non venga sollevata tempestivamente; né la parte che non adempia a tale obbligo/onere può ritenersi penalizzata per le conseguenze che ne derivano, posto che avrebbe potuto porvi rimedio tempestivamente”. Sta dicendoci che i tre protagonisti, giudici e parti, devono tempestivamente attivarsi per rilevare la questio di giurisdizione e poi trae le fila del ragionamento. . “Queste riflessioni sembrano idonee a giustificare l’interpretazione adeguatrice dell’art 37 co1, tenuto conto che l’oridine costituzionale dei criteri di fatto delle giurisdizioni non è affatto messo in discussione da norma che impedisca una regressione del processo allo stato iniziale con conseguente vanificazione delle pronunce di merito e allontanamento da una valida pronuncia sul merito.” Questo non è sostenibile con una lettura ispirata al principio della ragionevole durata. Conclusioni: “il principio della ragionevole durata del processo diventa l’asse portante della nuova lettura dell’art 37. Nel bilanciamento tra valori costituzionali della precostituzione del giudice per legge e della ragionevole durata, si deve tener conto che una piena ed efficace realizzazione del primo deve ottenersi evitando che il difetto di giurisdizione possa emergere dopo che la causa sia stata decisa nel merito in due gradi di giudizio.” . Non può accadere che la questione di giurisdizione possa aversi dopo 2 gradi di giudizio, contro il principio costituzionale della ragionevole durata alla base di interpretazione adeguarice dell’art 37 co 1 cpc. Pensate ad un ordinamento che impone una sorta di gioco dell’oca che, una volta arrivati alla fine, vi fa tornare indietro. L’ordinamento inglese ha solo 1 giudice, come competiamo con quell’ordinamento? Il nostro non riesce a competere con il loro. “l’art 37 co 1,nell’interpretazione tradizionale, basata sulla lettura della legge, non realizza un corretto bilanciamento di valori costituzionali in gioco e produce un’ingiustificata violazione del principio della ragionevole durata del processo e dell’effettività della tutela, in quanto comporta la regressione del processo allo stato iniziale, la vanificazione di due pronunce di merito e l’allontanamento sine die di una valida pronuncia sul merito. In definitiva, la norma il cui tenore letterale sembra consentire che un vizio procedurale immediatamente rilevabile possa essere fatto valere per saltum soltanto dopo che il processo abbia esaurito i gradi di merito, con l’effetto di riportare a zero tutta l’attività svolta, non può essere ascritta tra quelle che assicurano la ragionevole durata del processo e, quindi, va interpretata utilizzando i riferimenti sistematici e costituzionali che consentono di contenerne la portata nei limiti dei parametri di ragionevolezza utilizzati dal legislatore per istituti analoghi.” La conclusione è che l’esito della pronuncia è cristallizzato nell’ART 9 CPA “la mancata impugnazione della sentenza contenente una statuizione implicita o esplicita sulla giurisdizione, preclude al giudice dell’ impugnazione di rilevare il difetto di giurisdizione essendosi sul punto formato un giudicato interno.” L’Art 9 CPA “Il difetto di giurisdizione è rilevato in primo grado anche d'ufficio. Nei giudizi di impugnazione è rilevato se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione.” In 1° grado, davanti al TAR toscano, anche il giudice d’ufficio può rilevarlo; dopo che il TAR ha fatto la sua sentenza in cui in modo esplicito o implicito si sia pronunciato, TAR, sulla giurisdizione abbiamo, in appello, il consiglio di stato, qui la questione di giurisdizione emerge solo se una delle due parti deduce specifico motivo di appello contro quel capo di sentenza - In modo implicito o esplicito sulla giurisdizione.- Una domanda: questo motivo di appello sulla giurisdizione lo possono sollevare tutte le parti, l’eccezione di difetto di giurisdizione in appello può essere sollevato da tutte le parti o lo può sollevare anche la parte che abbia adito a giurisdizione con ricorso di 1° grado? ossia c’è un provvedimento a me sfavorevole, io mi trovo in una controversia tra me e la PA ed io mi rivolgo al giudice amministrativo, ottengo sentenza sfavorevole, vado in appello e contesto giurisdizione (detta auto-eccezione di giurisdizione), è possibile? Non è possibile, e la giurisprudenza ha espresso il proprio parere (10 marzo 2011/n wefnwoef). Il consiglio di stato ha precisato che alla base dei principi generali che l’eccezione di giurisdizione non è sollevabile dalla parte che ne ha dato luogo. Siamo chiaramente in una situazione di abuso del processo. (atto emulativi: al solo fine di nuocere al vicino) tutto ciò significa che l’auto-eccezione di giurisdizione non si può fare. Cenno in merito all’ ART 10 CPA= regolamento preventivo di giurisdizione= Nel giudizio davanti ai tribunali amministrativi regionali è ammesso il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione previsto dall'articolo 41 del Codice di procedura civile. Si applica il primo comma dell'articolo 367 dello stesso codice. 2. Nel giudizio sospeso possono essere chieste misure cautelari, ma il giudice non può disporle se non ritiene sussistente la propria giurisdizione. La disciplina mutuata e ovviamente serve ad evitare che il giudice si pronunci anche sulla giurisdizione ma sono cose di cui si è già parlato. Diciamo che è interessante ai nostri fini quanto previsto dall’ art 41 co2 da CPC il quale prevede che la questione di giurisdizione possa essere sollevata dalla PA anche quando la PA non è parte in causa. Ovviamente questa previsione è una norma che risponde a grandi principi di divisione dei poteri e quella parte è soltanto la PA. Legge art 41 co 2 cpc ma non si mette a parlare di vari temi controversi. Mancano solo otto minuti. Parliamo ora di traslatio iudicii, tema che ci interessa per il rapporto tra giurisdizioni. Il principio con riferimento al processo civile secondo il quale il giudice che dichiari il difetto relativo di giurisdizione deve indicare il diverso giudice in capo al quale ritiene che sussista la giurisdizione e dinanzi a questo giudice l’interessato potrà rivolgersi per ottenere giustizia. Parafrasato: previsione del contenuto essenziale sulla tralsatio iudicii del processo civile (art 59 co 1 lex 69/2009) e per quanto riguarda processo amministrativo siamo nell’ art 11 CPA in particolare comma 1 quando il giudice amministrativo declina la giurisdizione indicando il giudice nazionale che ne è fornito, se esistente. Interessante il passaggio “se esistente” su certe questioni solo l’amministrazione può pronunciarsi. Anche qui vi è un’importante sentenza della corte cost, sentenza che ha dato vita alle riforme normative del 2009 e 2010 del processo amministrativo. In particolare, la corte cost in questa sede si era pronunciata sull’art 30 legge 1034/1971 (legge TAR) che aveva istituito tribunali amministrativi regionali ad attuazione dell’art 125 cost. La legge conteneva norme processo al tempo applicate. Dal TAR puglia alla Corte costituzionale era stata sottoposta la questione di legittimità costituzionale dell’ art 30 della legge TAR. La Corte cost ritiene non conforme l’art 30 alla costituzione nella parte in cui non prevede che effetti sostanziali e processuali della domanda (del tipo di giurisdizione) si conservassero a seguito della declinatoria di giurisdizione del processo proseguito dinanzi al giudice munito di giurisdizione. Come possiamo capire ci parla di queste sentenze perché le logiche di fondo sono simili, la pluralità di giudici non può risolversi in una minore tutela offerta o peggio in una vanificazione della tutela. Quindi tutti i pregiudizi, le problematiche che impediscono di avere una pronuncia nel merito ovvero che la ritardano. Volendo passare in rassegna alcuni passaggi della sentenza (c cost 12 marzo 2007 n 77) par 3.1: Sollevando la questione in esame, il giudice rimettente si fa interprete del diffuso disagio, per i gravi (e, non di rado, irreparabili) inconvenienti provocati da una disciplina che, in sostanza, parte dal presupposto che l’atto introduttivo del giudizio rivolto ad un giudice privo di giurisdizione sia affetto da un vizio che lo rende radicalmente inidoneo a produrre gli effetti, sia sostanziali che processuali, che la legge collega ad un atto introduttivo che violi le regole sul riparto di competenza. Tale disagio è accresciuto, in primo luogo, dalla circostanza che una così rigorosa disciplina concerne un vizio dell’atto introduttivo che scaturisce da una estremamente articolata e complessa regolamentazione del riparto di giurisdizione: sicché non solo è tutt’altro che agevole il compito della parte attrice, ma altrettanto disagevole è quello del giudice il cui eventuale errore, tuttavia, ricade interamente sulla parte (si pensi al caso del giudice che erroneamente declini la propria giurisdizione con nuova proposizione della domanda al giudice indicato come munito di giurisdizione, il quale, a sua Questi riferimenti generali si riflettano su una tematica più specifica che è quella in cui un giudice parla manifesta il suo potere attraverso sentenze, si tratta di capire quali sentenze il giudice ordinario possa adottare nei confronti della P.amministrazione anche in questo caso il dibattito prende le mosse da una interpretazione estensiva dall'art 4 della legge , l'estensione portava a ritenere che poco potesse fare il giudice ordinario nei confronti della p. amministrazione, quindi il giudice ordinario non poteva emettere sentenze per cui si imponesse alla P.amministrazione un facere specifico un determinato provvedimento, questo limite dell'art 4 e questa conseguente limitazione delle tipologie di sentenze costituiscono il diretto riflesso di una lettura meccanica del principio di separazione dei poteri (solo in limitati casi quando non vi è discrezionalità, tema non risolto con pienezza). Ancora oggi il codice del processo amministrativo non afferma che il giudice amministrativo possa ordinare all'amministrazione un facere totale specifico, però sul giudice amministrativo si è chiuso un occhio sulla genesi contenziosa più vicino all'amministrazione, sul giudice ordinario no, il giudice ordinario non poteva condannare l'amministrazione ad un facere specifico , in questa ottica arano compatibili le sentenze : • Di mero accertamento (con carattere dichiarativo) = queste sono compatibili perchè il loro carattere dichiarativo escludeva che esse potessero comportate un attività di facere quindi metteva a riparo la p. amministrazione sulla sua attività, la sentenza dichiarativa si limita ad accertare una determinata situazione secondo un terminato bene giuridico. • E le sentenze di condanna al pagamento di somme di denaro = che una somma di denaro si riferiva che il pagamento si traducesse in un dare fungibile, quindi la relazione tra l'adempimento e l'attività sembrava più leggero (la rilevanza è attenuata). Oltre alle sentenze di condanne di un facere specifico e ad un dare un bene infungibile che comportano una spedita di attività provvedimentale da parte della p.amministrazione , ovviamente in questa ottica sono vietate anche le sentenza di tipo costitutivo art 2932 esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto (se ad esempio la p.amministrazione avesse simulato un contratto preliminare non era possibile condannarlo all'adempimento specifico). Il panorama descritto cambia sulla scorta dei principi costituzionali è da qui che si ha la prima netta affermazione di una garanzia giurisdizionale piena nei confronti della P. amministrazione art 24 e 113 cost è sempre ammessa la tutela nei confronti della p. amministrazione, quindi questa evoluzione innescata da forti affermazioni della carta costituzionale comporta che la dove si è cominciato a ritenere che potessero essere ammesse nei confronti della P somministrazione anche sentenze costitutive e anche sentenze di condanna ,quindi la dove l'amministrazione non esercita un potere in senso stretto per esempio attività di diritto privato (la sua capacità giuridica di diritto privato) il giudice può assumere sentenze di condanna o anche costitutiva, famosa la sentenza delle sezioni unite n 651 del 1985 questa è la giurisprudenza ; sul fronte normativo un importante riferimento di questa prospettiva evolutiva che conferma questa prospettiva dal no alle sentenza di condanna al si, trova una sua conferma normativa nel d.l del 2001 n 165 e il dl 29 del 1993 in particolare art 63 -2 comma TU pubblico impiego , ai sensi del quale il giudice ordinario adotta nei confronti della P.amministrazioni tutti i provvedimenti di accertamento costitutivi o di condanna richiesti dalla natura dei diritti tutelati. Il d.l del 2001 n 165 e il decreto 29 del 93 adesso le controversie del p.impiego tranne eccezioni sono sottratti al giudice amministrativo e sono affidate al g.ordinario tutela che si conforma rispetto alle esigenze di tutela di coloro che l'azionano , vi è un enorme spazio tra una impostazione rigida dove si dice non si tocca l'amministrazione ad un'impostazione (contenuta in una norma settoriale) nella quale si dice si fa tutto ciò per difendere la posizione sostanziale, si adotta il tipo di sentenza necessario a tutelare la situazione sostanziale il cambio di paradigma è radicale si passa dal guardare all'amministrazione a guardare al bisogno di tutela del privato nei confronti dell'amministrazione cambia il sistema logico del sistema. Altra norma importante nel rapporto amministrazione giudice ordinario (limiti interni) è appunto la norma dell'art 5 della legge del contenzioso amministrativo, quasi a compensare il giudice ordinario del fatto che esso non era fornito del potere di annullamento come ci ha detto l'art 4 della medesima legge aveva dunque munito il giudice ordinario del potere di disapplicare gli atti amministrativi ; disponeva art 5 che in questo come negli altri casi le autorità giudiziarie (g.ordinario) applicheranno gli atti amministrativi in quanto conformi alle leggi , non usa la parola disapplicazione la legge ma è frutto dell'elaborazione giurisprudenziale e dottrinale, il senso della disapplicazione si coglie in quel passaggio “in quanto siano conformi alle leggi”, il giudice ordinario applicheranno gli atti amministrati in quanto conformi alla legge se ne deduce ove il giudice ordinario ritenga che quegli atti -provvedimenti amministrativi alla legge non siano conformi li li dovrà disapplicare, rileviamo che il parametro di riferimento del giudice ordinario è la legge, il giudice ordinario non guarda all'atto amministrativo attraverso i vizi che vengono utilizzati dal giudice amministrativo, non sono i vizi di incompetenza-eccesso di potere (21 opties), il giudice ordinario disapplica quel provvedimento amministrativo perchè non conforme alla legge. Il giudice ordinario disapplica quando si imbatte in un provvedimento amministrativo che è rilevante per decidere questo significa che una si adotta una pronuncia da parte del giudice ordinario assistita da una cognizione di tipo incidentale, il giudice quando disapplica quella disapplicazione non ha valenza di giudicato perchè solo il giudice amministrativo può annullare il provvedimento ( norme in vigore dell'allegato E nel 1865), solo il giudice amministrativo può annullare il provvedimento ( art 4-5 della legge di abolizione). Questo risponde la principio di divisione dei poteri per cui il giudice ordinario per mantenere l'equilibro tra i poteri non poteva annullare un provvedimento dell'amministrazione. La disapplicazione presuppone che vi sia una controversia sul diritto soggettivo , la controversia dunque rimessa al giudice ordinario , il giudice ordinario con pronuncia che non assume portata di giudicato può sindacare su l'atto amministrativo rilevante per la decisione anche d'ufficio non vi è bisogno che la parte lo faccia presente, il giudice ordinario la può compiere anche d'ufficio. Qualche esempio, esempio una controversia tra 2 privati che facciano valere al giudice ordinario la qualità di concessionari di un medesimo bene demaniale (concessionario può essere solo uno dei 2), il giudice ordinario che dovrà pronunciarsi dicendo titolare della concessione sul bene demaniale è A invece che B, dovrà verificare la legittimità della concessione, una delle 2 è risalente nel tempo ed è stata sostituita da un altra più recente che ha preso il posto della 1 , il giudice ordinario per poter decidere chi prende i canoni che spettano da questa concessione dovrà vedere quali delle 2 concessioni è legittima o meno, il giudice ordinario si trova davanti a 2 provvedimenti amministrativi, che vanno in senso opposto A e B, in questo caso per dirimere la controversia civile il giudice ordinario dovrà dire quale delle 2 concessioni dovrà disapplicare, la disapplicazione può essere rilevata d'ufficio. Andiamo a vedere delle forme della giurisdizione Le 3 forme della giurisdizione: • di legittimità • di esclusiva • di merito Qui per giurisdizione non si intende più come quella tra giudice ordinario e amministrativo del perimetro delle controversie oggetto della cognizione di un giudice o di un altro, qui ci si riferisce a differenti poteri di cognizione e di decisione del giudice amministrativo, chiaramente art 7 codice del processo amministrativo comma 3 dice che la giurisdizione amministrativa di articola con la giurisdizione generale di legittimità, esclusiva ed esteta al merito, si distinguono per la diversi poteri di cognizione e di decisione intestati al giudice amministrativo in questi 3 ambiti diversi. La più classica quella originaria è quella generale di legittimità, il ricorso davanti al giudice amministrativo fu originato come atto di impugnazione di un provvedimento amministravo , la giurisdizione generala ha conosciuto un evoluzione negli anni, da essere incentrata da un provvedimento amministrativo è sempre più diventata ad una tutela che mira all'interesse legittimo art 103 della cost che identifica la competenza generale del giudice amministrativo e degli interessi legittimi.Perché giurisdizione generale di legittimità? Con riferimento agli interessi legittimi,la competenza del giudice amministrativo non può dirsi speciale perchè è prevista come generale dalla norma costituzionale art 103 , significa ad esempio che la tutela degli interessi legittima è devoluta alla p.amministrazione anche quando non riguarda un provvedimento da impugnare l'ipotesi del silenzio(l'art 7 definisce chiaramente questa giurisdizione generale di legittimità). La giurisdizione generale di legittimità è la giurisdizione dell'interesse legittimo, quindi questo è il criterio generale che ci viene dall'evoluzione storica e dal codice del processo amministrativo ma nei casi di giurisdizione di legittimità su interessi legittimi può avvenire che il giudice amministrativo debba pronunciarsi rispetto a diritti soggettivi, l'art 8 comma 1 del cpa “Il giudice amministrativo nelle materie in cui non ha giurisdizione esclusiva conosce, senza efficacia di giudicato, di tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti, la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale” ; in questi casi la pronuncia è un precedente logico della pronuncia principale sul provvedimento amministrativo quindi il giudice amministrativo si può pronunciare ma solo in via incidentale sui diritti soggettivi esempio un diniego di un provvedimento autorizzatorio motivato sul fatto che un privato non ha la disponibilità in senso civilistico dei locali per lo svolgimento di quella attività , l'eventuale sentenza del giudice amministrativo che annulli questo diniego in quando il giudice amministrativo ha accertato che il privato aveva la disponibilità di quei locali ha efficacia di giudicato ma non per il diritto del privato su quei locali, sul diritto soggettivo il giudice amministrativo si pronuncia solo in via incidentale quindi non ha efficacia di giudicato sul provvedimento amministrativo. Vi è un parallelismo che in entrambi i casi quando il giudice amministrativo si pronuncia sul diritto soggettivo si deve limitare a una cognizione che non assume efficacia di giudicato quando va a toccare un provvedimento amministrativo allora si deve limitare a disapplicarlo, ciò avviene nell'ambito della giurisdizione generale di legittimità non nell'ambito della giurisdizione esclusiva perchè qui il giudice amministrativo conosce in via principale tanto di diritti che di interessi ,la pronuncia qui del giudice amministrativo assume l'efficacia della cosa giudicata questa è la diversità. L'art 8 del codice del processo amministrativo “ Restano riservate all'autorità giudiziaria ordinaria le questioni pregiudiziali concernenti lo stato e la capacità delle persone, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio, e la risoluzione dell'incidente di falso” ; il codice prevede che in alcuni casi per le questioni concernenti lo stato e la capacità delle persone ogni decisione è riservata al giudice ordinario perchè queste questioni necessitano del giudicato e quindi non possono formare oggetto di una cognizione solo incidentale, questo produce degli inconvenienti pratici esempio l'incidente di falso di un documento se il giudice lo ritiene rilevante per la propria decisione allora il giudice deve sospendere la decisione e aspettare il giudicato sul falso esempio contenzioso elettorale. 05.04 Forme della giurisdizione Non si intende tanto l’ambito delle controversie oggetto della competenza del giudice amm, quanto di un sottoinsieme che si riferisce a diversi poteri di cognizione e di decisone che il giudice amm possiede rispettivamente nei vari tipi di giurisdizione (generale di legittimità, esclusiva, estesa al merito). Giurisdizione esclusiva S’è più volte parlato facendo riferimento alla sent 204/2004. È la giurisdizione con riferimento alla quale il giudice amm conosce in via principale tanto dei diritti soggettivi quanto degli interessi legittimi. Ciò significa che il giudice amm può pronunciarsi con efficacia di giudicato non soltanto su interessi legittimi ma anche su diritti soggettivi. Questa giurisdizione nasce storicamente in considerazione di quello che viene chiamato ‘l’inestricabile intreccio’ tra diritti sogg e interessi legittimi che conduce ad una difficile individuazione della posizione giuridica soggettiva in gioco e tipico esempio è quello del pubblico impiego in cui a posizioni di interesse legittimo si sommano e intrecciano posizioni di diritto sogg del lavoratore pubblico nei confronti della pa. Quindi il primo aspetto della giurisdizione esclusiva è un profilo genetico e attiene al cd inestricabile intreccio che è la ratio fondante della giurisdizione esclusiva stessa. Il secondo aspetto ancor tanto noto ma forse un pochino meno considerato e che caratterizza la giurisdizione esclusiva è dato dal fatto che nella giurisdizione esclusiva convivono due modelli processuali: il modello della giurisdizione di legittimità, fondato sulla tutela di annullamento, per quanto riguarda i rapporti cd autoritativi cioè quando la pa agisce come potere e incide unilateralmente nella sfera giuridica dei destinatari comprimendo le rispettive posizioni giuridiche soggettive, e un altro modello, quello che si riferisce ai diritti soggettivi e che attiene ai cd rapporti paritetici che sono quelli nei quali pa e privato si collocano in posizione equiordinata, sono sostanzialmente rapporti d diritto-obbligo ed è il modello della ‘spettanza’, che implica una forma diretta di tutela e non una forma indiretta (come invece è quella dell’annullamento): la tutela indiretta che si lega al modello annullatorio almeno nelle origini prevede che la tutela accordata al privato consista nell’annullamento dell’atto lesivo sfavorevole, ma questa tutela non da il bene della vita richiesto (Es: diniego di un’autorizzazione: questa si impugna, viene annullata con una sentenza ma finisce lì la tutela, il giudice amm non da l’autorizzazione). Il modello di spettanza sostanzialmente è invece il modello civilistico di tutela e che implica una tutela diretta e soprattutto il diretto conseguimento del bene della vita. Mentre il primo carattere, cioè ‘intreccio inestricabile, è un carattere originario e ritenuto fondativo, il secondo invece è il frutto di una lenta costante evoluzione che parte da posizioni iniziali piuttosto di chiusura per aprirsi: la posizione iniziale afferma che l’istituzione della giurisdizione esclusiva (1923) aveva come dichiarato scopo quello di assoggettare i diritti soggettivi alle medesime forme di tutela degli interessi legittimi. L’evoluzione invece porta a dire che l’attribuzione della cognizione dei diritti soggettivi al giudice amm non deve tradursi in un decremento di tutela, altrimenti si creerebbero delle grandi disparità: se una controversia identica ricadesse davanti al giudice ordinario potrebbe avere un determinato tipo di tutela mentre se ricadesse nella giurisdizione del giudice amm potrebbe fruire di una tutela inferiore, questo sarebbe una evidente disparità di trattamento (in contrasto anche con art 3 cost) . Quindi è la giurisdizione che si deve plasmare sulle esigenze di tutela e non le esigenze di tutela a doversi accontentare dei limiti imposti da una determinata forma di giurisdizione. Questo è il principio cardine che ispira la giurisdizione esclusiva in una prospettiva che guarda all’effettività giuridica. È una prospettiva per altro che viene da lontano: sicuramente ha subito un’accelerazione in tempi più moderni ma a riguardo dobbiamo menzionare una storica sent consiglio di stato ‘sentenza Fagiolari’ 1939 che muove dalla percezione di tale differenza. Questa sentenza si fonda sulla differenza tra provvedimenti amministrativi e annullare il provvedimento ma può modificarne il quantum esempio sanzioni irrogate dalle autorità amministrative indipendenti di energia lega ambiente). Un punto importante è quello degli atti paritetici importanza della categoria per la difficoltà di comprenderla inoltre perché il consiglio di stato ha rimesso all’adunanza plenaria della corte la questione se un provvedimento sia un atto autoritativo o paritetico? tematica antica la 1 sentenza che introduce la categoria è del 1939, tuttavia il diritto amministrativo evidenzia una continuità storica vi sono categorie che tornano sempre sono sempre oggetto di adattamenti. Nel corso degli anni 30 del secolo scorso la cassazione aveva sostenuto che l’art 29 testo unico del consiglio di stato norma che assegnava al giudice amministrativo in via esclusiva i ricorsi per i rapporti d’impiego con la p. amministrazione , ricomprendesse anche controversie nei quali il cittadino non era leso da un procedimento dell’amministrazione ma per comportamenti non direttamente riconducibili all’esercizio di un potere amministrativo , tuttavia ammettere una tutela nell’ambito del processo amministrativo senza un provvedimento da impugnare poneva non trascurabili problemi (al centro vi era l’atto). Il centro del nuovo diritto processuale amministrativo dovrebbe essere ed è la tutala del profilo soggettivo non quello oggettivo ossia l’esercizio della p. amministrazione. Il problema quindi era che qui non c’era questo provvedimento da impugnarle (si ritroverà nel problema del silenzio della p.a qui ci si inventerà il silenzio come provvedimento negativo); questo negli anni 30 era un problema grave, allora il consiglio di stato nella sentenza Fagiolari afferma per la 1 volta un elaborazione per mettere al centro la tutela del privato e allora si inventa la figura dell’atto paritetico, il p. amministrativo al tempo prevedeva che al centro del ricorso vi fosse un provvedimento quindi la centralità dell’atto da proporre in un termine di decadenza quindi azione costitutiva di annullamento di un atto da introdurre in un termine di decadenza, il consiglio di stato supera l’equivalenza tra il ricorso al giudice amministrativo e l’impugnazione di un provvedimento, questo lo si fa distinguendo il carattere autoritativo del provvedimento suscettibile di incidere unilateralmente nella sfera giuridica del destinatario e l’atto paritetico, quando è che si ha un atto paritetico ? Quando l’atto amministrativo non costituisce un esercizio del potere ma quando l’atto è invece ripetitivo ricognitivo dichiarativo di un assetto di interessi che è stabilito dalla norma, dalla legge. In questi casi non è necessario procedere all’impugnativa di un atto esempio controversia che nasce tra amministrazione privato quando la amministrazione si rifiuta di retribuire il p. dipendente , qui non vi è un esercizio di potere , qui nessuna legge autorizza un simile comportamento , qui vi è un atto paritetico ossia un atto posto in essere dalla p. amministrazione come avrebbe dovuto porlo un datore di lavoro privato ; il consiglio di stato ricava un ambito piuttosto ampio ( il p. impiego viene sottratto al modello attocentrico che vede al centro il provvedimento amministrativo ) più in concreto la distinzione della tutela rispetto ad un modello amministrativo e paritetico si differenza sotto 2 profili: • Termine entro cui proporre la suddetta azione = il termine per impugnare un provvedimento amministrativo è il termine di decadenza è di 60 gg per quello ordinario, di 120 per quello straordinario davanti al presidente della repubblica ; termine di decadenza abbastanza stretto perchè si impugna un provvedimento amministrativo che definisce un assetto di interessi di rilevanza pubblica , la ratio del termine decadenziale è quella di garantire stabilità certezza. Quindi abbiamo decadenza per l’atto ammnistrativo decadenza per l’atto paritetico ci muoviamo in uno scenario come se fossimo nell’ambito del diritto comune il diritto comune conosce solo termini prescrizionali. Grazie alla novità portati dalla sentenza Fagiolari convivano 2 modelli di tutela diversi nello stesso processo . • Tipologia di azione = Nei confronti del provvedimento amministrativo la tutela principe è quella costitutiva di l’annullamento, nei confronti di un atto paritetico non è possibile una tutela di annullamento perché non vi è un provvedimento amministrativo , di conseguenza l’azione non sarà di annullamento ma costitutiva di accertamento. Facendo un passo in avanti di 80 anni il consiglio di stato con un ordinanze della sezione 4 del 25 marzo 2019 , ordinanza che rimette all’adunanza plenaria la questione se i provvedimenti con i quali il gestore dei servizi energetici ( spa) con rilievo pubblicistico, l’atto con il quale questo soggetto ha o meno un diritto e in che misura ha il diritto di ricevere l’incentivo da fonte rinnovabile ? giudizio molto complesso la sezione 4 rimette la questione all’adunanza se questo atto è un atto paritetico o autoritativo ? secondo il prof è autoritativo, al di la di questo è importante questa ordinanza perché pone al centro l’alternativa tra atto paritetico e autoritativo ,la disputa nasce perché qui siamo in giudizio perché la differenza è molta soprattutto per quanto riguarda i termini d’impugnazione ( se è autoritativo il termine massimo è di 60 gg se invece è paritetico il termine è prescrizionale). Abbiamo definito il perimetro della giurisdizione , abbiamo definito anche le 3 forme di giurisdizione che convivono dentro la giurisdizione esclusiva d’ora in poi affrontiamo il 2 blocco del corso che è quello delle condizione delle azioni e delle azioni, entriamo in una fase dinamica la disciplina delle azioni in ogni processo attiene alla dinamica allo svolgimento della tutela giurisdizionale ( perimetro confini anche mobili incerti ma sempre confini sono); quando parliamo di azione è tutta dinamica, si legge in connessione con il diritto sostanziale , al di la di questo prima delle azioni (di condanna – dichiarative- costitutive ) , prima è opportuno parlare delle le condizioni generali del processo amministrativo , facciamo un passo indietro. Le condizioni dell’azione sono : • L’interesse a ricorrere • Legittimazione a ricorrere Figure che conosciamo dal diritto processuale civile, tuttavia nel diritto processuale amministrativo hanno una connotazione pregnante perché si parla di condizioni generali dell’azione? Cosa fa un giudice quando si trova davanti ad un ricordo del procedimento amministrativo deve vedere se è legittimato a fare il ricorso, è una valutazione che si fa prima della valutazione del merito. 1. Legittimazione a ricorrere Riguarda la titolarità di una posizione giuridica soggettiva qualificata , prevista dalla disciplina normativa e differenziata rispetto a quella dei consociati ( vale per il diritto soggettivo e per l’interesse legittimo che ha pari dignità rispetto al diritto soggettivo) ; la legittimazione a ricorrere viene interpretata dal giudice amministrativo non come la mera affermazione della titolarità della posizione giuridica soggettiva (int legittimo o soggettivo per la giurisdizione esclusiva) , ma come effettiva titolarità di questa posizione , il giudice amministrativo è solito compiere un’opera maggiore di scavo, non si accontenta della titolarità del diritto dalla parte che aziona la tutela ma verifica l’affettiva titolarità della posizione soggettiva in gioco. Il giudice amministrativo se ravvisa che il ricorrente non sia effettivamente titolare della posizione giuridica soggettiva azionata dichiara il ricorso inammissibile , questo ha un riflesso ulteriore perché la pronuncia del giudice amministrativo di inammissibilità del ricorso per difetto della legittimazione a ricorrere non è trattandosi di una pronuncia di mero rito , questa pronuncia di inammissibilità ha un forte contenuto di carattere sostanziale comporta anche un accertamento negativo sulla sussistenza di quella situazione giuridica soggettiva , di conseguenza è che questa pronuncia può essere assimilata ad una pronuncia di merito anche per l’idoneità del giudicato a produrre effetti ultra-partes che riguarda non solo 2 parti ma un complesso di interessi (riguarda i 3) . Il tema della legittimazione a ricorrere nel processo amministrativo oltre al profilo descritto tocca anche altri profili specifici e singolari del diritto amministrativo: • Azioni popolari = Di solio la legittimazione a ricorrere si riferisce a posizioni giuridiche soggettive del privato ricorrete come singolo vi sono alcune ipotesi in cui la legittimazione a ricorrere non è connessa tanto alla sussistenza di queste situazioni giuridiche soggettive ma attraverso una qualificazione di carattere formale del ricorrente è il caso delle azioni popolari nel quale la legittimazione a ricorrere trova il suo fondamento non nella titolarità di una posizione giuridica personale del ricorrente ma si tratta di una legittimazione a ricorrere che si identifica con una qualità generica una riconducibilità ad un determinato soggetto entro un genus (cittadino elettore consumatore), o per il contenzioso elettorale(esigenza che trascende il singolo) ; su un altro fronte si può far fronte all’art 9 del testo unico degli enti locali . Qui categorie soggettivo e oggettivo si intrecciano il singolo fa valere un interesse che è proprio ma anche degli altri esempi è interesse di tutti che le elezioni siano svolte correttamente. • Interessi diffusi = anche qui l’espressione diffusi ci fa capire che non stiamo parlando di interessi che sono interessi come posizioni giuridiche soggettivi attaccate al singolo, qui si vanno a tutelare valori interessi diffusi che appartengono a più soggetti, tipico è la tutela ambientale , tutela che prescinde dalla prospettiva del singolo , tutti vogliono che l’ambiente sia salubre e protetto, si dice sono adespoti privi di un padrone , mentre le posizioni soggettive comunemente troviamo nel diritto soggettivo sono destopi stanno attaccati ad un singolo. In queste ipotesi rileviamo che la legittimazione a ricorrere è talvolta attribuita per legge a particolari associazioni adoperanti nel settore ess associazioni ambientalistiche istituite nel 86 l n 349 ricorsi in materia ambientale o associazioni a tutela del consumatore ecc. Bisogna aver chiara questa distinzione tra interessi diffusi e la tutela ordinaria amministrativa, in questi casi non è che la legge riconoscendo la legittimità a ricorrere alle associazioni ha trasformato gli interessi diffusi in interessi legittimi delle associazioni, ha in realtà inteso attribuire alle associazioni una particolare legittimazione straordinaria (è ordinaria quella che si fonda sulla legittimità di una posizione giuridica soggettiva; è straordinaria quella che attraverso la legge viene riconosciuta in capo ad una associazione o una amministrazione). Abbiamo 3 autorità indipendenti = garante della concorrenza del mercato - autorità di regolazione dei trasporti – l’Anac ( autorità nazionale anti corruzione), tuttavia vi sono casi che a prescindere da questa attribuzione ex lege , vi sono amministrazioni che impugnano atti facendo valere un proprio interesse , interesse che non dalla legge ma un interesse ad impugnare un atto esempio un provvedimento del ministero dello sviluppo economico che comprimano l’autonomia delle autorità indipendenti (le autorità indipendenti sono autonome dal governo). • Tutela degli interessi collettivi = anche di fronte agli interessi collettivi di solito almeno ad agire è una associazione rappresentativa , per la tutela ai consumatori molto spesso sono le associazione dei consumatori, anche qui come nel modello degli interessi diffusi è solito riconoscere una legittimazione a ricorrere solidamente è ex legge , negli interessi collettivi la legittimazione è nell’ambito delle legittimazione ordinaria riconosciuta a queste associazioni come singoli soggetti di diritto esponenziale di interessi collettivi , tuttavia tra i 2 modelli interessi diffusi e collettivi vi è una sostanziale differenza per gli interessi collettivi la legittimazione a ricorrere è aggiuntiva rispetto alla legittimazione del singolo che appartiene alla categoria interessata , per l’interesse diffuso invece è un interesse che non possono essere fatti valere dai singoli soggetti, sono diffusi nell’aria riguarda la generalità dei soggetti non ha titolare individuale. Un recente studio di una studiosa fiorentina Chiara Cudia si è concentrato sulla differenza tra interessi e diritti soggettivo (prospettiva processuale e sostanziale ) , gli interessi plurisoggettivi li accumula in una categoria unica, l’autrice dice che la prospettiva soggettiva e oggettiva sembra confondersi ma anche in questo cosa è più adeguato parlare di interessi soggettivi . Questo libro traccia una distinzione tra interesse diffusi e collettivo, si dice vi è un interesse collettivo se esprime una relazione tra interesse di uguale contenuto facenti capo a soggetti diversi organizzati per il raggiungimento del medesimo fino, legami di interessi non confliggenti ma solidali e organizzati per il soddisfacimento di una cosa comune (la distinzione si basa sulla organizzazione). L’interessi collettivi sono propri di una categoria classe per la difesa di un comune interesse , quindi interessi collettivi possono essere fatti valere o dal singolo o da una organizzazione. L’interesse diffuso vive ad un livello invece magmatico è riferito a collettività non determinate o non determinabili esempio l’ambiente è una tutela mondiale non possiamo trovare situazioni giuridiche differenziate. 10-05 SENTENZE da studiare bene: - sentenze relative alla responsabilità civile: 1) 500/99; 2) Cassazione, sez. I, 10 gennaio 2003 n. 157; (grande rilievo sistematico non troppo spazio) 3) Cons. stato, sez. V, 6 agosto 2001 n. 4239; (contratto sociale, ne parla senza esagerare) 4) Corte cost., 6 luglio 2004 n. 204; Corte cost., 11 maggio 2006 n. 191 (gemelle) non ne dice granchè; 5) Cass., Sez. Un., ord. 13 giugno 2006 n. 13659; 6) Cons. stato, Ad. Pl., 22 ottobre 2007 n. 12; 7) Cass., Sez. Un., 23 dicembre 2008 n. 30254 - Sentenze sul riparto delle giurisdizioni: 1) Corte cost., 27 aprile 2007 n. 140; (diritti fondamentali) - Sentenze sul cod proc amm parlerà meno della sentenza n° 15 del 2011. 2) Cons. stato, Ad. Pl., 23 marzo 2011 n. 3; 3) Cons. stato, Ad. Pl., 7 aprile 2011 n. 4; 4) Cons. stato, Ad. Pl., 29 luglio 2011 n. 15; 5) Cons. stato, Ad. Pl., 13 aprile 2015 n. 4; 6) Cons. stato, Ad. Pl., 27 aprile 2015 n. 5. decisoria, prende quegli atti che amministrativi che producono effetto in riferimento a determinati fatti concreti quindi: 1) atti preparatori e circolari ed atti non ancora efficaci (soggetti a condizione integrativa dell’efficacia) 2) atti meramente confermativi di precedenti provvedimenti (quello che non contiene valutazione da parte di amministrazione) 3) i regolamenti delle AA che recano una disciplina generale e non sono in grado di produrre effetti lesivi sempre che il regolamento non contenga prescrizioni immediatamente operanti senza necessità di provvedimento amministrativo (sono impugnabili gli atti applicativi) non sono impugnabili, sarà impugnabile il provvedimento che assume un determinato effetto personale e concreto. Passiamo al tema delle AZIONI: la disciplina delle azioni incentrata sul diritto civile quindi si parla di atipicità delle azioni. Un ruolo determinante è giocato dalla discrezionalità della PA. Sono importanti: principio di ATIPICITÀ di rivela nel proc amministrativo attraverso l’interpretazione giurisprudenziale tuttavia la PLURALITà DI AZIONI può essere letta attraverso il prisma deformante dell’azione costitutiva. Il codice poi dice che: potresti non avere tutto il risarcimento del danno che ti spetta perché non hai prima impugnato il provvedimento: pregiudizialità di rito/mascherata. Anche la tutela risarcitoria si apre all’autonomia. L’atto amministrativo deve essere impugnato comunque in modo tale da dare una minima certezza di risarcimento al cliente. La tutela di adempimento è quella più innovativa guardano al modello tedesco, PA può essere chiamata dal giudice per dare provvedimento. Il giudice amministrativo lo può fare quando non c’è discrezionalità amministrativa. Il diritto amministrativo vive nell’azione di adempimento, funziona solo quando non vi è margine di apprezzamento tradizionale, vive di discrezionalità. (Cassese dice che anche il provvedimento vincolato è legato, a modo suo, alla discrezionalità) 13/05/2019 Nell’ultima lezione si è parlato di legittimazione a ricorrere ed interesse a ricorrere (ci tiene particolarmente a saperlo perché è uno degli istituti più particolare del processo amministrativo). Come si declina l’interesse a ricorrere ad esempio con riferimento con la materia concorsuale. In questo settore può sussistere un mero interesse strumentale come mero rifacimento della procedura concorsuale (contratto pubblico o pubblico impiego anche se i beni della vita e le discipline sono differenti). Vale la pena fare un cenno all’ordinamento urbanistico in cui emerge con particolare evidenza l’interesse a ricorrere nel quale la giurisprudenza utilizza in maniera ricorrente la vicinitas, intesa come collegamento strutturale dell’interesse del privato rispetto al bene realizzando per selezionare le posizioni giuridiche meritevoli di tutela e la sussistenza dell’interesse a ricorrere. È un altro di quei settori in cui emerge con maggiore evidenza la concretezza dell’interesse a ricorrere nel processo amministrativo mentre sul profilo concorsuale il libro formula degli esempi ma non fa rif alla vicinitas e alla prova di resistenza sussiste. L’interesse a ricorrere chi può impugnarlo? Abbiamo tratteggiato le condizioni generali dell’azione. È il momento di parlare di azioni. L’intenzione del prof è quella di definire il principio, che non era scontato, e che ormai sorregge la disciplina delle azioni del proc amministrativo= il principio di atipicità. Prendiamo le mosse dai principi generali. Diciamo che in generale, il diritto processuale attuale, ha abbandonato l’idea, che sussisteva all’inizio, che debbano essere disciplinate puntualmente i contenuti delle azioni, ossia quella di stretta tipicità. Una visione più moderna di principio di atipicità ha stentato ad affermarsi nella materia amministrativistica e nella moderna visione l’azione è atipica, assume in modo plastico le fattezze della tutela di cui necessita la situazione giuridica soggettiva che si vuole far valere in giudizio prevista dalle norme sostanziali. L’azione assume vari contenuti (condanna accertamento) senza che tutte le azioni debbano essere previste dalla normativa di riferimento. L’atipicità dell’azione è una garanzia, è satisfattiva di ogni situazione giuridica soggettiva che il privato intende far valere in giudizio. Si tende ad affermare il principio di atipicità della tutela a riguardo vi è stata elaborazione soprattutto dopo il codice del processo amministrativo con riferimento all’azione di accertamento infatti si dubitava, dopo l’approvazione del CDA, che non essendovi nel codice norme che prevedessero l’azione di accertamento, l’azione fosse inammissibile nel processo amministrativo. Una serie di sentenze hanno smentito questo assunto. Nel testo del 2° correttivo al CPA era stato previsto l’art 28bis rubricato tipi di azione: “nell’ambito della giurisdizione amministrativa le parti possono proporre le azioni costitutive dichiarative e di condanna idonee a soddisfare la situazione giur soggettiva dedotta in giudizio” questa ricorda la legge delega legge 69/2009 art 44 relativa alla redazione del processo amministrativo la quale, quando stabiliva la disciplina delle azioni e delle funzioni del giudice, prevedeva che il giudice amministrativo potesse adottare pronunce dichiarative, costitutive e di condanna idonee a soddisfare la pretesa. Quando si è arrivati all’approvazione del decreto correttivo al codice n 160/2012. L’art 28bis scompare e da qui qualcuno ha argomentato che se è scomparsa questa norma che elencava le tipologie di tutela e diceva tutto ciò che serviva per dare una soluzione satisfattiva in questo senso va letto l’inciso “idonea a soddisfare…”. Tuttavia, appunto, anche leggendo sistematicamente il CPA nonostante non vi sia previsione espressa, si può ricavare un principio generale di atipicità della tutela dall’art 1 CPA (la giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva); art 34 co 1 lett c (il giudice, in accoglimento della domanda, adotta le misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio); art 34 co 1 lett e (misure idonee ad assicurare l’attuazione del giudicato: giudizio di ottemperanza). Ovviamente le tipologie di azione, anche nel processo amministrativo, sono riconducibili alle 3 classiche ossia accertamento positivo o negativo, condanna. Non c’è solo l’accertamento dell’esistenza e del modo di essere del diritto ma anche dell’inadempimento [accertamento negativo] e l’azione di condanna è finalizzata ad ottenere non soltanto l’accertamento dell’esistenza del diritto soggettivo, sempre insito nelle azioni, ma anche all’accertamento dell’inadempimento ed anche alla condanna alla reintegrazione in forma specifica o per equivalente (schema tutela risarcitoria). (Il CC parla all’ART 2908 per ottenere la costituzione modificazione o estinzione dei rapporti giur. Le azioni nel processo amministrativo sono annullatorie e presuppongono il preliminare accertamento di illegittimità dell’atto.) Questo mix di azioni è tipico nel processo amministrativo come nell’azione adverso il silenzio (art 31 CPA); infatti in quel caso il giudice amministrativo deve prima accertare l’obbligo o il dovere di amministrazione di provvedere e poi, una volta accertato l’obbligo o il diritto di provvedere, può condannare l’amministrazione a provvedere. Sull’atipicità delle tutele è opportuno soffermarsi soprattutto alla luce di un’importante sentenza, Adunanza plenaria 23 marzo 2011 n 3 CDS. È una sentenza importante per la pregiudizialità amministrativa. Per l’atipicità la sentenza si sofferma su affermazioni importanti che magari per alcuni potrebbero apparire come scontate ma che nel processo amministrativo non sono così scontate. “Questo reticolo di norme consacra, in termini netti, la reciproca autonomia processuale tra i diversi sistemi di tutela, con l'affrancazione del modello risarcitorio dalla logica della necessaria "ancillarità" e "sussidiarietà" rispetto al paradigma caducatorio.” Parole astruse che prende le mosse dal tema decidendum. Afferma la nuova logica del CPA: Non c’è più pregiudizialità non devi ottenere prima l’annullamento per avere il risarcimento. §3.1 sentenza: Il riconoscimento dell'autonomia, in punto di rito, della tutela risarcitoria si inserisce - in attuazione dei principi costituzionali e comunitari in materia di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale richiamati dall'art. 1 del codice oltre che dei criteri di delega fissati dall'art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69 - in un ordìto normativo che, portando a compimento un lungo e costante processo evolutivo tracciato dal legislatore e dalla giurisprudenza, amplia le tecniche di tutela dell'interesse legittimo mediante l'introduzione del principio della pluralità delle azioni. Si sono, infatti, aggiunte alla tutela di annullamento la tutela di condanna (risarcitoria e reintegratoria ex art. 30), la tutela dichiarativa (cfr. l'azione di nullità del provvedimento amministrativo ex art. 31, comma 4) e, nel rito in materia di silenzio - inadempimento, l'azione di condanna pubblicistica (cd. azione di esatto adempimento) all'adozione del provvedimento, anche previo accertamento […] [Qui si afferma il principio di pluralità di azioni, di atipicità. Non è più soltanto portante l’azione costitutiva di annullamento ma adesso il processo amministrativo si apre ad una pluralità di azioni atipiche. Se il CPA afferma l’autonomia è chiaro che il giudice ha gioco facile nell’affermare la pluralità di azioni che poi non è così del tutto vero.] In definitiva, il disegno codicistico DEL CPA, in coerenza con il criterio di delega fissato dall'art. 44, comma 2, lettera b, n. 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69, ha superato la tradizionale limitazione della tutela dell'interesse legittimo al solo modello impugnatorio, ammettendo l'esperibilità di azioni tese al conseguimento di pronunce dichiarative, costitutive e di condanna idonee a soddisfare la pretesa della parte vittoriosa. Di qui, la trasformazione del giudizio amministrativo, ove non vi si frapponga l'ostacolo dato dalla non sostituibilità di attività discrezionali riservate alla pubblica amministrazione, da giudizio amministrativo sull'atto, teso a vagliarne la legittimità alla stregua dei vizi denunciati in sede di ricorso e con salvezza del riesercizio del potere amministrativo, a giudizio sul rapporto regolato dal medesimo atto, volto a scrutinare la fondatezza della pretesa sostanziale azionata. Alla stregua di tale dilatazione delle tecniche di protezione, viene confermata e potenziata la dimensione sostanziale dell'interesse legittimo in una con la centralità che il bene della vita assume nella struttura di detta situazione soggettiva. Come osservato dalle Sezioni Unite nella citata sentenza n. 500/1999, l'interesse legittimo non rileva come situazione meramente processuale, ossia quale titolo di legittimazione per la proposizione del ricorso al giudice amministrativo, né si risolve in un mero interesse alla legittimità dell'azione amministrativa in sé intesa, ma si rivela posizione schiettamente sostanziale, correlata, in modo intimo e inscindibile, ad un interesse materiale del titolare ad un bene della vita, la cui lesione (in termini di sacrificio o di insoddisfazione a seconda che si tratti di interesse oppositivo o pretensivo) può concretizzare un pregiudizio. Si parla della trasformazione del giudizio amministrativo da un giudizio sull’atto, concentrato sulla legittimità o meno quindi sull’impugnativa di un provvedimento amministrativo, ad un giudizio sul rapporto regolato dal medesimo atto volto a scrutinare la fondatezza della pretesa sostanziale. La formula “atto-rapporto” è molto diffusa nelle sentenze quando si vuole alludere ad un processo che non è più sull’atto ma garantisce una tutela di tipo risarcitorio che guarda al rapporto tra PA e privato, si parla di un rapporto che non viene più filtrato, mediato dall’atto amministrativo ma prescinde dall’atto amministrativo che regola il rapporto tra privato e PA. Se si guarda alla tutela risarcitoria in forma autonoma, quella scavalca la prospettiva dell’atto amministrativo per proiettarsi in una prospettiva più generale di un rapporto amministrativo. L’atto amministrativo definisce un equilibrio, un interesse che può ledere posizioni giuridiche soggettive del privato e contro quell’atto ha la possibilità di azionare una tutela costitutiva di annullamento. Con la 500/99 e successive evoluzioni, il giudizio amministrativo non guarda solo alla legittimità ma in qualche modo scavalca, va oltre, e guarda al rapporto tra PA e privato. Potremmo dire che questo processo amministrativo diventa un processo che si civilizza, si avvicina alla tutela civile (creditore-debitore) e diventa più evoluto. L’espressione “rapporto” guarda al mondo della tutela civile, risarcitoria. Il giudice Amministrativo partendo da questa trasformazione tocca anche il problema di interesse legittimo. L’adunanza si riferisce anche alle azioni di adempimento o delle azioni contro il silenzio. Quando dice che: “è un processo sul rapporto che va a scrutinare la fondatezza della pretesa sostanziale azionata. Alla stregua di tale dilatazione delle tecniche di protezione, quindi non solo più azione di annullamento ma anche di risarcimento e poi anche le altre azioni di condanna, si potenzia la dimensione sostanziale dell’interesse legittimo che non si deve intendere solo in senso processuale come posizione giuridica soggettiva che consente il ricorso. Ora l’interesse legittimo si avvicina al diritto soggettivo assumendo una consistenza di natura sostanziale.” Non ci si riferisce ad interesse legittimo, che legittima il ricorso; ora non è più così, l’interesse legittimo si avvicina al diritto soggettivo e assume una consistenza di natura sostanziale. Passaggio sintetico ma denso di contenuti. Un passaggio importante: “Di qui, la trasformazione del giudizio amministrativo, ove non vi si frapponga l'ostacolo dato dalla non sostituibilità di attività discrezionali riservate alla pubblica amministrazione […]”. Questo passaggio è molto importante. Andiamo verso un giudizio sempre più sul rapporto, tuttavia rimane quel totem del diritto amministrazione che è la discrezionalità. Il giudice è chiarissimo: bellissima l’evoluzione ma dove non c’è la discrezionalità. Si parla di riserva di amministrazione vuol dire che il margine di apprezzamento discrezionale è un margine riservato alla PA. C’è una svolta, ne siamo contenti, svolta in atto che inizia con la 500/99 e continua con il CPA. Le possibilità del privato vrs PA si sono ampliate ma rimane il limite della discrezionalità della PA. Il privato non potrà mai esercitare la discrezionalità al posto della PA. Di qui una serie di differenze: azione di adempimento, azioni avverse al silenzio-inadempimento ossia che il giudice può anche dare autorizzazione al bene della vita che chiede il privato ma non lo può fare se c’è un margine di apprezzamento discrezionale che si ricava dalla disciplina di riferimento. Il sindacato sulla discrezionalità tecnica trova il classico caso dell’AGCM nell’irrogare sanzione deve prima individuare, sulla base dei criteri economici, il mercato rilevante. Andiamo avanti con le azioni (costitutive e di condanna). Nel testo finale del CPA scompare il 28bis ed anche l’espressa previsione dell’azione di accertamento che trova posto nell’azione adverso nullità (21 septies 241/90). Questo apre il famoso dibattito sull’atipicità o meno del sistema di tutele delineato nel codice del processo amministrativo. È un dibattito accanito ma fortunatamente ci confermano che il principio di atipicità delle forme di tutela. L’azione di accertamento viene ammessa e traspare dall’art 32 CPA sulla nullità del provvedimento amministrativo. Andiamo per ordine. Parliamo di azione di annullamento Il processo amministrativo si incentra su questa tipologia di azione, simmetrica rispetto al potere ossia come il potere ha efficacia costitutiva nei confronti delle situazioni giuridiche soggettive dei singoli (creandole, modificandole, estinguendole), simmetricamente l’azione di annullamento ha efficacia costitutiva, elide gli effetti del provvedimento amministrativo. Trova la sua disciplina all’interno dell’art 29 CPA (disciplina scarna): e) dispone le misure idonee ad assicurare l'attuazione del giudicato e delle pronunce non sospese, compresa la nomina di un commissario ad acta, che può avvenire anche in sede di cognizione con effetto dalla scadenza di un termine assegnato per l'ottemperanza. 2. In nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati. Salvo quanto previsto dal comma 3 e dall'articolo 30, comma 3, il giudice non può conoscere della legittimità degli atti che il ricorrente avrebbe dovuto impugnare con l'azione di annullamento di cui all'articolo 29. L’articolo 34 disciplina tutte e 3 le azioni l’azione di condanna al risarcimento del danno - azione di condanna a provvedere in caso di silenzio inadempimento e dell’azione di adempimento. Andiamo nel dettaglio trattiamo l’azione verso il silenzio, partiamo del silenzio inadempimento ( verso il silenzio assenso ci si può difendere attraverso un azione di annullamento (il silenzio assenso è come un atto), e quindi si può impugnare il silenzio assenso , qui invece siamo di fronte al silenzio inadempimento, il privato chiede un adempimento ( art 2 legge del 90 norma che ha reimmesso nello spazio termo, prima del 90 l’amministrazione non era soggetta a termini di conclusione del procedimento), l’articolo afferma dunque il dovere / obbligo dell’amministrazione di provvedere , se lo intendiamo come dovere vi è una discrezionalità dell’amministrazione parlare di obbligo è una lettura del rapporto cittadino amministrazione di senso contrattuale (obbligo adempimento logica contrattuale (importante sentenza n 157 del 2003 C.s.unite). La condizione fondamentale perché si possa configurare un silenzio è appunto la configurabilità a carico dell’amministrazione del dovere o obbligo di provvedere, quindi non ha una discrezionalità nel quando ma è vincolata dalla legge entro quando dover provvedere , chi agisce anche nei confronti del silenzio deve essere titolare di una posizione qualificata e differenziata. In passato la tutela verso il silenzio dell’amministrazione era garantita applicando in via analogica l’art 25 del t.unico degli impiegati civili dello stato del 10 gennaio del 57 n 3 , secondo questo schema il silenzio si formava una volta decorsi 60 giorni dalla presentazione della richiesta di provvedimento e ulteriori 30 gg dalla notifica all’amministrazione di una diffida a provvedere . Il codice del processo amministrativo nel 2010 è nato quando è stata approvata di già la legge 241 del 90 quando cambiato il paradigma quando l’amministrazione è stata reimmessa nello spaio/tempo , il codice oggi prevede che il silenzio si formi una volta decorso il termine di conclusione del procedimento, non vi è bisogno manco di una diffida. L’azione di annullamento da sempre proietta la sua ombra infatti in passato per tutelare il cittadino verso il silenzio inadempimento. Il consiglio di stato verso il silenzio aveva dato luogo ad una fitio giuridica, il silenzio veniva equiparato ad un provvedimento negativo , la giurisprudenza parlava di silenzio rifiuto ma non era , questa ostruzione era dovuta nel cercare di muoversi in un processo che conosceva solo azioni di annullamento verso un processo che cercava sempre qualcosa da impugnare, qui il provvedimento non vi è tuttavia si va alla ricerca di un provvedimento da impugnare (meccanismo simile che si trovava per gli interessi che si rispandono e tornano diritti soggettivi). Superata la fitio tra silenzio e provvedimento negativo di rifiuto, l’azione verso il silenzio si è fatta strada tra alterne vicende (percorso difficile) , fino a che da questo percorso è emersa una tutela che a luogo attraverso 2 azioni distinte (tutela mista): • Azione di accertamento = si accerta che l’amministrazione ha violato il proprio dovere o obbligo di provvedere. • Azione di condanna = si condanna ove possibile l’amministrazione all’adozione dell’provvedimento richiesto dal privato e non concesso non posto in essere dall’amministrazione. L’azione di annullamento ha assunto caratteri nuovi dopo il 2000 caratteri che sono affermati nel codice negli art 31 e 34, una tutela di accertamento ha un riflesso sul termine infatti il ricorso verso il silenzio non è soggetto al termine di decadenza come l’azione di annullamento o nullità, infatti il ricorso avverso al silenzio può essere proposto fino a che l’amministrazione ometta di provvedere, ma entro un anno dal termine di conclusione del procedimento ( art 31 comma 2-1 cpa) ; si tratta di una tutela di accertamento della violazione del dovere obbligo di provvedere ma non è tutto qua , sarebbe contrario ad una logica di pienezza della tutela (non basta dire che l’amministrazione ha violato il termine per l’adempimento ), quindi il cittadino pretende qualcosa di più per questo abbiamo l’art 34 1 comma che previsione che nel caso in cui il giudice accolga il ricorso verso il silenzio ordina all’amministrazione di provvedere entro un termine congruo normalmente non superiore a 30 gg, previsione importante quello dell’art 31 comma 3,l’articolo infatti prevede su richiesta del ricorrente può pronunciare sulla fondatezza dedotta in giudizio; rispetto all’art 34 comma 1 che provvede che il giudice ordina all’amministrazione di provvedere, invece l’art 31 comma 3 ci dice che il giudice si può pronunciare sulla fondatezza ; dove vi è la provvisione , provvedi secondo la tua libera determinazione discrezionale , l’art 31 si spinge oltre il giudice può imporre a pronunciarsi sulla fondatezza della pretesa, ciò significa che l’ordine è di tipo specifico con un determinato contenuto , nell’esempio dell’autorizzazione ( condanno a provvedere entro 30 gg sull’autorizzazione, nell’altre ipotesi condanno l’amministrazione a provvedere su istanza del privato a accordandogli l’autorizzazione) , però ormai se guardiamo al principio sacro di separazione dei poteri il fatto che il giudice imponga un facere specifico porta gravi problemi , perché se il giudice può ordinare all’amministrazione un facere specifico si può realizzare una integrale sostituzione del giudice all’amministrazione una sostituzione lesiva del principio di separazione dei poteri. Nel caso in cui il giudice si sostituisse all’amministrazione il principio sarebbe leso il giudice amministrativo eserciterebbe discrezionalità amministrativa ma è solo l’amministrazione che può fare ciò non il giudice. Leggiamo art 31 cpa “1. Decorsi i termini per la conclusione del procedimento amministrativo e negli altri casi previsti dalla legge, chi vi ha interesse può chiedere l'accertamento dell'obbligo dell'amministrazione di provvedere. 2. L'azione può essere proposta fintanto che perdura l'inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento. È fatta salva la riproponibilità dell'istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti. 3. Il giudice può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall'amministrazione. A noi interessa il comma 3 = il limite invarcabile è la discrezionalità amministrativa, se vi è discrezionalità amministrativa il giudice amministrativo NON può condannare ad un facere specifico, perché si sostituirebbe all’amministrazione nell’esercizio della discrezionalità amministrativa che è caratteristica dell’amministrazione. Tutto ciò può piacere nella misura in cui viene in contro al rispetto del principio di separazione, ci dobbiamo domandare la tutela dei privati è perfettamente garantita o no? La prassi applicativa che evidenzieremo mi da una risposta negativa , nel senso che il giudice può accordare un provvedimento (tutela piena l’amministrazione deve accordare il bene della vita), qui il ricorrente ottiene la tutela piena, il ciitadino ha ottenuto la piena soddisfazione delle sue pretese ho fatto ricorso perché l’amministrazione non si è pronunciata, e il giudice amministrativo ha condannato l’amministrazione a concedermi quella autorizzazione, inoltre posso chiedere anche il risarcimento del danno. Tuttavia vi è il problema della discrezionalità, il giudice può accordare la tutela piena solo per attività vincolata o quando non residuano margini di discrezionalità , queste 3 condizioni nella realtà si verificano in casi rari , l’attività amministrativa è intrisa di discrezionalità , le norme amministrative non sono puntuali non prevedano che il potere amministrativo venga esercitano in presenza di specifici requisiti, queste sono pochissime possiamo trovarle in materia europea, la disciplina europea detta alcune autorizzazioni in alcuni settori sensibili(esempio per l’aperura di banche per ue ). L’ordinamento nazione ha una tendenza a conferire spazi di discrezionalità poi magari l’amministrazione non li esercita ma la tendenza generale è questa. Ciò significa che la possibilità del giudice amministrativo di accordare direttamente il bene della vita è ristretta a pochi casi, in poche il giudice amministrativo nei rincorsi verso il silenzio ha potuto attribuire direttamente il bene della vita richiesto. Quindi tendenzialmente viene adottata la condanna generica a riprovvedere, differenza estrema tra queste 2 ipotesi contemplate art 34 , mentre la condanna dell’amministrazione a riprovvedere costituisce conseguenza dell’accertamento della violazione del termine di conclusione del procedimento, la condanna specifica apre delle problematiche che hanno dietro di se grandi principi (discrezionalità amministrativa suddivisione dei poteri ). Questo avviene solo nel processo amministrativo perché ha a che fare con il potere(anche se le parti si trovano nella stessa posizione per il principio della parità delle parti ). Finiamo di vedere l’art 31 , nel 1 comma vediamo che vi è un richiamo agli altri casi previsti dalla legge un caso significativo che ha dato luogo ad una sentenza del consiglio di stato in adunanza plenaria la n 15 del 2011 riguarda la dichiarazione certificata di inizio attività, prevista dall’art 19 della legge 241 del 90 ( istituto innovativo di liberalizzazioni istituto che ne rappresenta un cambio di paradigma , non più ispirato allo schema norma fatto potere effetto ma norma fatto effetto la norma è l’art 19 il fatto è la scia l’effetto si ricollegano alla scia e l’amministrazione esercita un controllo dopo ex post ). L’art 6 del decreto legge del 2011 n 148 ci dice che nei confronti della scia non è ammessa alcuna impugnazione in particolare ci dice che la scia non costituisce un provvedimento tacito direttamente impugnabile; il punto è che la denuncia di inizio attività può andare a pregiudicare la situazione giuridica di 3 soggetti diversi dalla p.m e dal privato che ha presentato la scia, si è aperto un dibattito sulla natura della scia che cosa è? è un atto amministrativo o del privato? Qui è intervenuta la plenaria poi vi è intervenuto del legislatura nell’art 6 la legge n 138 e del 2001 convertito nel 2011, secondo questa norma il modello di tutela prescelto per il 3 soggetto quale è? la norma dice che il 3 può sollecitare l’amministrazione a verificare la conformità alla legge della scia l’amministrazione ha dei poteri ex post di verifica che può far cessare anche l’attività (il 3 nel caso in cui l’amministrazione non si attivi può agire con l’art 31 ossia verso il silenzio ), in questo 2 caso probabilmente si potrebbe sostenere che l’attività dell’amministrazione è vincolata e quindi il giudice potrebbe condannare l’amministrazione anche ad adottare un provvedimento inibitorio, se la scia è contraria alla legge qui non vi è margine di discrezionalità qui l’azione dell’amministrazione è connotata da obbligatorietà (art 19). Azione di adempimento Veniamo a parlare di una delle più dibattute delle azione di condanna l’azione di adempimento ,questa azione vi era già prima del codice, questo processo amministrativo altrimenti non riusciva a dare il bene della vita, azione nel quale si condanna l’amministrazione ad un facere specifico ossia ad attribuire al privato il bene della vita. Nella 1 versione del codice questa azione di adempimento non era prevista era stata introdotta e poi era scomparsa, l’azione di adempimento introdotta nel 2012 va a sanata la disarmonia, perché in realtà nel procedimento amministrativo vi era già con riferimento al silenzio (azione di adempimento). La disarmonia vi era perché vi è l’azione di inadempimento per il silenzio ma non vi è nel caso di annullamento del provvedimento, quindi il privato ricorrente ottenuto l’annullamento avrebbe poi sperato che l’amministrazione gli concedesse l’autorizzazione , era una tutela diretta (ora invece il giudice pronuncia annullamento e poi il giudice condanna l’amministrazione a rilasciare il provvedimento). Tuttavia anche l’azione di adempimento introdotta nel 2011 va a sbattere nelle limitazioni dell’azioni di adempimento nel giudizio avverso il silenzio inadempimento , ancora una volta va a sbattere contro i principi della separazione dei poteri e la discrezionalità dell’amministrazione . la sede dell’azione di adempimento è innanzi tutto dell’art 34 in caso di accoglimento del ricorso il giudice nei limiti della domanda annulla in tutto o in parte il provvedimento e ordina all’amministrazione di provvedere entro un termine (silenzio), azione di condanna è disciplinata dalla lettera c , vi è un richiamo all’art 31 comma 3. Da queste norme emergono alcuni elementi da evidenziare innanzitutto il carattere accessorio dell’azione che deve essere esercitata insieme all’azione di adempimento , se viene esercitata autonomamente dovrebbe essere definita inammissibile con una pronuncia di rito, quindi nel codice del processo amministrativo ai sensi art 34 lettera c l’azione di adempimento richiede di essere esercitata contestualmente all’azione di annullamento e ancora una volta l’azione di annullamento continua a rivestire un ruolo centrale , non si può chiedere l’adempimento se prima non si è chiesto l’annullamento ,anche dopo le modifiche del codice e il correttivo del 2012 l’azione di annullamento rimane centrale. L’introduzione dell’azione di condanna a fronte di un annullamento sono strumenti importanti che segnano un passo importante della tutela dell’interesse legittimo, tutela non solo indiretta (solo annullamento), adesso comunque la tutela dell’interesse legittimo è una tutela diretta anche se con tutti questi limiti , il giudice amministrativo può attribuire il bene della vita, ciò avvicina la tutela dell’interesse legittimo a quella del diritto soggettivo (non possono essere sovrapposti perché qui c’è sempre il potere la discrezionalità in gioco tuttavia vi è un percorso di forte avvicinamento ) . Quindi l’azione di adempimento è contestuale all’annullamento altrimenti è inammissibile. Azione a tutela del diritto d’accesso mancano Un'altra azione di condanna , se l’amministrazione nega il diritto di accesso ad un documento amministrativo (silenzio diniego), il cittadino interessato titolare di un diritto soggettivo o di un interesse può ricorrere al giudice ammnistrativo, se il giudice riconosce il diritto del privato all’accesso , ordina all’amministrazione di esibire il documento, in questo caso non ci troviamo di fronte ad una tutela di annullamento (nemmeno nel caso di diniego di accesso), quindi non si annulla il silenzio quindi questo giudizio si conclude con una pronuncia che contiene un ordine specifico di condannare l’amministrazione ad un fare specifico, qui sarebbe più un diritto soggettivo perché ha ad oggetto il diritto del privato ad accedere al documento amministrativo e la legge che permettetele l’accesso ( non ci troviamo in casi eccezionali come il segreto di stato) , questa lettura che ruota davanti al diritto soggettivo inserisce le tipologie delle controversie nella giurisdizione esclusiva che riguardano i casi particolari. Il diritto all’accesso è un diritto fondamentale tutelato davanti al giudice amministrativo con giurisdizione esclusiva qui non vi è discrezionalità , qui abbiamo una forma di tutela effettiva forte che impone all’amministrazione un obbligo, la tutela di tale diritto è rapida il ricorso va proposto entra 30 gg ( disciplinato art 116 cpa ). 17.05 Sulle azioni ieri abbiamo quasi terminato la lunga carrellata. È importante quello che s’è detto e che riprenderemo in parte anche oggi e che costituisce la disciplina delle azioni e il cuore pulsante del processo. Le azioni sono gli strumenti attraverso i quali il giudice mira a dare tutela alle situazioni giuridiche soggettive. Ieri e disporre che al ricorrente spetti un risarcimento del danno malgrado questo abbia chiesto solo l’annullamento degli atti illegittimi. Il ricorrente chiede l’annullamento di questa graduatoria per un vizio della stessa; il giudice amministrativo, in ossequio al principio della domanda, dovrebbe dire se la graduatoria deve o meno essere annullata. Ma può, il giudice amm, invece che pronunciarsi sull’annullamento decidere di concedere al ricorrente rimasto escluso dalla graduatoria o collocato in posizione non utile, un risarcimento del danno patito, anche se il ricorrente il risarcimento non l’ha chiesto? Non c’è nel petitum una domanda risarcitoria. Il giudice potrebbe ritenere che ci siano delle ragioni di opportunità, perché si ritiene che l’annullamento della graduatoria “avrebbe un impatto devastante sulla vita dichi ha vinto il concorso e sulle loro famiglie” (cioè i controinteressati, perché chi ha vinto il concorso es di un posto di lavoro potrebbe perderlo). Qui la collisione col principio della domanda è totale perchè se io chiedo l’annullamento e basta (disponibilità del diritto di azione) e il giudice a fronte di questo per ragioni di opportunità converte la domanda in una azione di risarcimento evidentemente si entra in evidente contrasto con il principio della domanda. Venendo all’esito, l’adunanza plenaria ha fatto giustizia perché ha affermato che sulla base del principio della domanda il giudice amministrativo, una volta ritenuta la fondatezza del ricorso, non può d’ufficio condannare l’amministrazione al risarcimento danni ma deve procedere come richiesto dal ricorrente all’annullamento dell’atto anche se la pronuncia possa recare gravi pregiudizi ai controinteressati che hanno ottenuto una utilità dall’atto illegittimo. Leggiamo dei passi della sentenza: 2“L'Adunanza plenaria ritiene che la tesi contenuta nell'ordinanza di rimessione non può essere condivisa e ciò: a) sulla base del principio della domanda, che regola anche il processo amministrativo; b) sulla base della natura della giustizia amministrativa quale giurisdizione soggettiva, pur con talune peculiarità - di stretta interpretazione -di tipo oggettivo; c) per la non mutabilità ex officio del giudizio di annullamento una volta azionato; (non è che una volta azionata un’azione di annullamento da parte di un privato il giudice può compiere una mutatio actionis) d) per la non pertinenza degli argomenti e dei precedenti richiamati.” 3 “A sua volta l'art. 34 esprime il principio dispositivo del processo amministrativo in relazione all'ambito della domanda di parte; si tratta, nel caso della giurisdizione amministrativa di legittimità, come noto, di una giurisdizione di tipo soggettivo, sia pure con aperture parziali alla giurisdizione di tipo oggettivo (ma che si manifestano in precisi, limitati ambiti come, per esempio, nella estensione della legittimazione ovvero nella valutazione sostitutiva dell'interesse pubblico in sede di giudizio di ottemperanza o in sede cautelare, ovvero ancora nella esistenza di regole speciali, quali quelle contenute negli artt. 121 e 122 c.p.a., che, riguardo alle controversie in materia di contratti pubblici, consentono al giudice di modulare gli effetti della inefficacia del contratto). Del resto la regola secondo la quale nel processo amministrativo debba darsi al ricorrente vittorioso tutto quello e soltanto quello che abbia chiesto ed a cui abbia titolo, è stata ribadita dalle pronunce di questa stessa Adunanza plenaria n. 4 del 7 aprile 2011 e n. 30 del 26 luglio 2012”. 4 . “Ora, proprio in virtù di detto principio della domanda. non può ammettersi che in presenza di un atto illegittimo (causa petendi) per il quale sia stata proposta una domanda demolitoria (petitum), potrebbe non conseguirne l'effetto distruttivo dell'atto per valutazione o iniziativa ex officio del giudice. L'azione di annullamento si distingue, infatti, dalla domanda di risarcimento per gli elementi della domanda, in quanto nella prima la causa petendi è l'illegittimità, mentre nella seconda è l'illiceità del fatto; il petitum nella prima azione è l'annullamento degli atti o provvedimenti impugnati, mentre nella seconda è la condanna al risarcimento in forma generica o specifica.” Qui il giudice dice che peraltro oltre al principio della domanda, l’azione di annullamento e di risarcimento non sono assimilabili ma diverse strutturalmente quindi mutare l’una nell’altra è una operazione insostenibile. L’adunanza stigmatizza ancora questa prospettazione dicendo che si aderisse a questa prospettazione l’interesse della parte che chiede tutela sarebbe debole (mentre per definizione dovrebbe essere forte) e sarebbe il giudice che con una discrezionalità si metterebbe lì a decidere quale interesse preferire. “come proporrebbe l'ordinanza di rimessione, che sia il giudice ex officio a preferire la forma di tutela, facendo recedere l'interesse, a suo dire, indebolito del ricorrente, sulla base di altre valutazioni di interessi (gli interessi dei controinteressati, l'interesse pubblico, il tempo, l'opportunità e così via)”. “Non è consentito al giudice, in presenza della acclarata, obiettiva esistenza dell'interesse all'annullamento richiesto, derogare, sulla base di invocate ragioni di opportunità, giustizia, equità, proporzionalità, al principio della domanda”. Parliamo ora dell’azione avverso il silenzio. In un ricorso portato dal prof si evidenzia proprio la caratteristica di quest’azione, e cioè la sua natura mista: nella parte finale c’è il petitum “PQM si chiede che il codesto tribunale amministrativo regionale accolga il ricorso e accerti la sussistenza dell’obbligo di provvedere e la conseguente illegittimità del silenzio e ordini all’amministrazione di provvedere entro un termine” quindi accertamento e condanna (natura mista). Quindi se il giudice accerta l’illegittimità del silenzio dovrà poi ordinare all’amministrazione di provvedere. L’azione di accertamento è volta ad ottenere una pronuncia di tipo dichiarativo avente ad oggetto l’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di concludere il procedimento amm entro un determinato termine, mentre la seconda azione è annoverabile tra le azioni di condanna ed è diretta ad ottenere una pronuncia che impartisca un ordine all’amministrazione, un ordine cioè di provvedere. Questi profili emergono dalla giurisprudenza chiaramente, dalla stessa adunanza plenaria già citata con Sent n3/2011 (già menzionata con riferimento all’atipicità della tutela e alla pluralità di azioni ormai attive all’interno del processo amministrativo). C’è poi una sentenza del tar lombardia 1428/2011 che dimostra con grande appropriatezza l’azione d condanna e di come si è davanti ad un processo che con le azioni di condanna concentra tutto nella sede di cognizione e da così direttamente al ricorrente ove possibile il bene della vita in un unico episodio. È una tutela non frammentata in più episodi giurisdizionali (cioè cognizione e ottemperanza). Non si tratta più dunque di una tutela in forma progressiva ma unica. La condanna quindi è la vera novità e costituisce una evoluzione del processo amministrativo, nel senso di una tutela diretta dell’interesse legittimo e nell’ambito di una visione in cui l’interesse legittimo assume la connotazione di situazione giuridico soggettiva di natura sostanziale, percorso che porta ad un avvicinamento alla tutela del diritto soggettivo, fatte salve ovviamente le inevitabili differenze strutturali tra le due figure. Importante, nell’approfondimento che dobbiamo condurre sul silenzio, è ragionare sull’evoluzione dell’azione perchè contribuisce da un lato ad evidenziare le novità e dall’altro la svolta perchè non si tratta di una storia remota. Il processo evolutivo è sempre segnato dalla resistenza ad aprirsi alla tutela diretta dell’interesse legittimo. • Partiamo dalla Sent Longo del 1902 che riguardava l’inerzia dell’amministrazione sull’istanza di un riesame di un provvedimento emanato dall’amm stessa. È la sentenza nella quale il CDS equipara il silenzio inadempimento ad un provvedimento di rifiuto. Ovviamente questa costruzione, giustificata dalla affannosa ricerca di un provvedimento da impugnare, non pagava di certo in termini di effettività della tutela; infatti il giudice in questa logica si limitava a pronunciare l’annullamento di un atto fittizio di rifiuto e poi rimetteva ancora una volta la decisione sul pronunciarsi o meno all’amministrazione. Quindi una tutela assolutamente ineffettiva. Il ricorrente dunque dopo i lunghi tempi del processo otteneva dal giudice amm niente di più che una mera pronuncia dichiarativa dell’obbligo di provvedere. Ovviamente non vi era alcun contenuto ordinatorio della sentenza. • Una svolta storica si ebbe con una delle grandi pronunce del CDS, la sent 10/1978 adunanza plenaria. Sentenza che supera il mero riconoscimento del dovere di provvedere in astratto e già allora riconosce in caso di attività vincolata la possibilità del giudice di pronunciarsi sulla fondatezza della pretesa del ricorrente. Quindi in materia di silenzio si può dire che già nel 78 il giudice amm aveva già adombrato un’azione di condanna. La sentenza poi è molto importante anche perchè quanto alla formazione del silenzio inadempimento ha ritenuto applicabile in analogia l’art 25 T.u. impiegati civili dello Stato n.3/1957. Nella sentenza 10/78 si afferma quello che poi affermerà il codice nel 2010. La sentenza stigmatizzava una tutela tutta imperniata, in contrapposizione a quella civile, sull’atto amministrativo e stigmatizza soprattutto l’esistenza di un atto tacito negativo. Si stigmatizza la limitazione della tutela. 20.05 C’eravamo lasciati parlando di silenzio. S’è detto che l’azione è mista, in parte di accertamento e in parte di condanna, ove possibile. Ovviamente un’azione avverso il silenzio si configura nella misura in cui vi è un principio di doverosità dell’azione amministrativa, doverosità di iniziare un procedimento, di esercitare il potere, di concludere il procedimento con un provvedimento espresso (art 2 l241/90) e ove sia possibile di soddisfare le pretese e le aspettative del privato. Abbiamo ripercorso la sua storia, partendo dal 1902 con la S longo dove il silenzio è visto come provvedimento negativo e con la giurisprudenza che si muove dalla necessità di trovare qualcosa da impugnare per rimanere nel terreno della tutela di annullamento; questa posizione viene superata dalla sentenza 10/78 dove si supera l’azione avverso il silenzio come mero riconoscimento del dovere di provvedere in astratto e quindi il giudice non si limita più a dichiarare l’obbligo dell’amministrazione di provvedere ma si pronuncia anche sulla fondatezza dell’istanza a fronte di attività vincolata. La sentenza introduce anche il meccanismo proprio del tu 3/1957 (impiegati dello stato) di formazione del silenzio (istanza 60 gg- diffida 30 gg – formazione del silenzio). • Dal 78 fino al 2000 il sistema si orienta sulla posizione assunta dalla sentenza 10/78. Purtroppo nel 2000 quando il legislatore decide di approvare la legge di riforma di giustizia amministrativa L 205/2000, il ricorso avverso il silenzio venne codificato in modo troppo veloce, affrettato e improvvido. Il legislatore era partito con l’intento di ratificare semplicemente l’orientamento consolidato della 10/78 e invece fece tutto l’opposto. Si tornò a prima dell’adunanza plenaria del 78: la norma (art 21 bis) si limitava a dire che in caso di silenzio inadempimento, accertato che l’amministrazione avrebbe dovuto pronunciarsi e non l’ha fatto, il giudice si limita ad accertare il silenzio e ordina di provvedere ma non può pronunciarsi sulla fondatezza dell’istanza. Questa cosa fu poi confermata dall’adunanza plenaria 1/2002 ai sensi della quale “il giudice che accoglie il ricorso giurisdizionale proposto nei confronti del silenzio deve limitarsi a ordinare all’amministrazione di provvedere sull’istanza del cittadino entro il termine assegnato”. Quindi arresta la possibilità di tutela un passo prima della soglia di una tutela che possa dirsi veramente piena e satisfattiva delle ragioni del privato. L’adunanza plenaria motiva la sentenza dicendo che condivideva la piena tutela che vi era in precedenza ma che purtroppo si deve attenere al dato normativo positivo che questa tutela non la prevede più. • A questa situazione drammatica di regressione della tutela del cittadino il legislatore pone rimedio nel 2005 modificando l’art 2 co8 della l 241/90 dove si legge che il giudice amministrativo può conoscere la fondatezza dell’istanza. Questa stezsa formulazione è introdotta quasi letteralmente nell’art 31 del codice proc amm. Quindi all’esito di queste alterne vicende si è tornati ad una situazione di piena tutela come quella prevista nel 78. Si vede come sia stato faticoso concepire una tutela veramente piena nei confronti del potere pubblico. Il codice del proc amm all’art 117 a proposito di ricorso avverso il silenzio parla della diffida (introdotta dalla sent 10/78). Con il codice viene meno l’obbligo della diffida perchè per lungo tempo la giurisprudenza ha continuato a sostenere che la presentazione del ricorso avverso il silenzio fosse subordinata alla previa diffida all’amministrazione. Questo aveva anche delle conseguenze processuali rilevanti perché il ricorso era dichiarato inammissibile se il cittadino non faceva la diffida. Era una condizione dell’azione. Questo non trova più giustificazione dopo l’entrata in vigore dell’art 2 L 241/90 che rimette l’amministrazione nello spazio tempo: se c’è un termine di conclusione del procedimento stabilito dalla legge non si capisce perché si debba fare una diffida. Il silenzio nel nuovo sistema si forma quando è scaduto il termine di conclusione del procedimento. Il codice con l’art 117 dice che “il ricorso è proposto anche senza previa diffida”; quindi non è che non si può più fare, semplicemente non è più obbligatoria. Può avvenire che magari l’amministrazione non ha avuto la possibilità di pronunciarsi per motivi di efficienza e di tempistiche (es non ha visto l’istanza del cittadino perché oberata di lavoro) e quindi può accadere che se si vede arrivare una diffida le si accende un campanello d’allarme e si determina a provvedere. In questo caso quindi la diffida non riveste più un ruolo di condizione dell’azione, ma può avere una sua utilità nei rapporti tra cittadino e amministrazione (anche per evitare che si vada a processo). Se il ricorso è accolto il giudice ordina all’amm di provvedere entro 30 giorni, di norma, perchè se l’atto è più complesso possono essere anche di più. L’art poi parla di ‘commissario ad acta’ che è un ausiliario del giudice che potrebbe sostituirsi all’amministrazione e adottare il provvedimento in caso di inadempienza della stessa (ci torneremo). Co 5 contiene una previsione importante perchè prende in considerazione l’ipotesi in cui l’amm sia rimasta silente, il privato ha proposto un ricorso e sia iniziato il giudizio che si dovrà concludere con una sentenza semplificata; nel corso del giudizio quando ancora il giudice non si è pronunciato può succedere che l’amm si sveglia e adotta il provvedimento che potrà essere di accoglimento o diniego dell’istanza. Nel caso in cui l’amm si pronunci in senso favorevole al privato il processo viene meno e quindi il giudice si pronuncerà nel senso di una sopravvenuta carenza di interesse a ricorrere (al limite potrebbero magari residuare dei profili risarcitori). Può però avvenire che l’amministrazione si pronunci ma in senso sfavorevole all’istanza: anche qui comunque l’azione avverso il silenzio non ha più ragione d’essere, tuttavia al privato deve essere garantita una possibilità di tutela perchè il provvedimento è di diniego e dovrà ottenere tutela anche per il suo interesse legittimo pretensivo, cioè all’ampliamento della sua sfera giuridica. In questo caso il provvedimento negativo può essere impugnato dal privato con ricorso o con motivi aggiunti, cioè potrà fare o un ricorso autonomo o per motivi aggiunti che gli consentono sostanzialmente di rimanere nello stesso ricorso. Poi c’è il co 6 che prevede la questione del risarcimento del danno: il silenzio dell’amm può essere produttivo di un danno. Il privato può fare una domanda di un risarcimento per il danno patito per effetto del silenzio. (ci ritorneremo) Per ora del 117 dobbiamo avere chiara la questione della diffida e che molto spesso l’azione avverso il silenzio si accompagna ad una azione di risarcimento del danno. Ora trattiamo la questione della fondatezza dell’istanza. Qui viene in gioco il tema della discrezionalità: se vi è discrezionalità il giudice non può pronunciarsi sulla fondatezza dell’istanza, viceversa, se l’attività dell’amm è vincolata il giudice può pronunciarsi. Tutto sta nell’interpretazione che il giudice fa della norma che prevede o meno la discrezionalità dell’amministrazione. La stessa norma può condurre a seconda dell’interpretazione a risultati diversi. La nostra giurisprudenza giurisdizionale non produce un’indebita ingerenza nell’esercizio di poteri discrezionali riservati alla pubblica amministrazione ma, sulla scorta dell’accertamento dell’esistenza dei presupposti per il doveroso potere inibitorio, impone una determinazione amministrativa non connotata da alcun profilo di discrezionalità.” Il giudice non si ferma al merito ma con una pronuncia di rito dichiara la pronuncia inammissibile. L’art 31 co 3 ci dice che l’azione di inadempimento non può arrivare a far indicare al giudice il provvedimento derogato tale quando vi è discrezionalità. Qui il giudice riflette sulla natura dei poteri inibitori sanzionatori. Qui il succo. Par 6.5.1 azione di accertamento: “Anche per gli interessi legittimi, infatti, come pacificamente ritenuto nel processo civile per i diritti soggettivi, la garanzia costituzionale impone di riconoscere l'esperibilità dell'azione di accertamento autonomo, con particolare riguardo a tutti i casi in cui, mancando il provvedimento da impugnare, una simile azione risulti indispensabile per la soddisfazione concreta della pretesa sostanziale del ricorrente. A tale risultato non può del resto opporsi il principio di tipicità delle azioni, in quanto corollario indefettibile dell'effettività della tutela è proprio il principio della atipicità delle forme di tutela.” Ci muoviamo in una prospettiva in cui il provvedimento non c’è, c’è l’esigenza di rompere lo schema del processo amministrativo costruito tutto sull’impugnazione del provvedimento. Il passaggio dalla tipicità alla atipicità, scandita dal CPA e dalle prime sentenze fondamentali sul CPA (3-2011/15-2011). “In questo quadro la mancata previsione, nel testo finale del codice, di una norma esplicita sull’azione generale di accertamento, non è sintomatica della volontà legislativa di sancire una preclusione di dubbia costituzionalità, ma è spiegabile, anche alla luce degli elementi ricavabili dai lavori preparatori, con la considerazione che le azioni tipizzate, idonee a conseguire statuizioni dichiarative, di condanna e costitutive, consentono di norma una tutela idonea ed adeguata che non ha bisogno di pronunce meramente dichiarative in cui la funzione di accertamento non si appalesa strumentale all’adozione di altra pronuncia di cognizione ma si presenta, per così dire, allo stato puro, ossia senza sovrapposizione di altre funzioni. Ne deriva, di contro, che, ove dette azioni tipizzate non soddisfino in modo efficiente il bisogno di tutela, l’azione di accertamento atipica, ove sorretta da un interesse ad agire concreto ed attuale ex art. 100 c.p.c., risulta praticabile in forza delle coordinate costituzionali e comunitarie richiamate dallo stesso art 1 del codice oltre che dai criteri di delega di cui all’art. 44 della legge n. 69/2009”. Al di là del linguaggio, l’azione di accertamento prescinde dalla previsione ex lege ma soprattutto qui si fa riferimento ad un’azione di mero accertamento L’accertamento è insito nella pronuncia del giudice sia in quelle di condanna che in quelle di annullamento. La pronuncia presuppone la legittimità dell’atto ma è un’operazione logica-giuridica. Nel quadro delle tutele atipiche, è ammessa anche un’azione pura di mero accertamento svincolata dall’esistenza di ogni provvedimento. “Soprattutto, l’azione di accertamento è implicitamente ammessa dall’art. 34, comma 2, del codice del processo amministrativo, secondo cui “in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”. Detta disposizione, che riproduce l’identica formulazione contenuta nella soppressa norma del testo approvato dalla Commissione del Consiglio di Stato, dedicata all’azione generale di accertamento, vuole evitare, in omaggio al principio di separazione dei poteri, che il giudice si sostituisca alla pubblica amministrazione esercitando una cognizione diretta di rapporti amministrativi non ancora sottoposti al vaglio della stessa. Detta disposizione non può che operare per l’azione di accertamento, per sua natura caratterizzata da tale rischio di indebita ingerenza, visto che le altre azioni tipizzate dal codice sono per definizione dirette a contestare l’intervenuto esercizio (od omesso esercizio) del potere amministrativo.” L’interpretazione della plenaria dell’art 34 co 2 è una disposizione importante, anche travi focalizza l’attenzione su questa disposizione che dice che in nessun caso il giudice può pronunciare, con riferimento ai poteri amministrativi non ancora esercitati. Qual è il senso della disposizione? Per evitare che il giudice si sostituisca, rompendo il principio della separazione dei poteri. Se il giudice amministrativo si potesse pronunciare a prescindere dal suo potere, il suo sarebbe un potere privo di confini. Per andare a decidere la fattispecie in tutti i suoi profili a prescindere anche dal thema decidendum o dalla domanda. Qui l’ipotesi del codice è quella che il giudice amministrativo vada a pronunciarsi su poteri non ancora esercitati. L’azione di accertamento ci sta dicendo che l’azione vuole imporre un paletto, non costituisca la scura affinché il giudice amministrativo non si inserisca dei poteri non di sua competenza. L’azione di mero accertamento si presta tra le righe a che il giudice venga tentato di pronunciarsi. È come un don Chisciotte. Il privato ha a disposizione anche una tutela di accertamento nei confronti del silenzio dell’amministrazione. Tutela risarcitoria, approfondimento: Noi abbiamo analizzato prevalentemente la 500/99 a riguardo e abbiamo detto che segna un’evoluzione importante inerente la risarcibilità dell’interesse legittimo. Abbiamo detto che mentre la tutela degli interessi oppositivi sembra garantita, quella degli interessi pretensivi non molto, perché il giudice amministrativo entra nel giudizio prognostico quindi della discrezionalità. Il riconoscimento della risarcibilità degli interessi legittimi lesi è una forte sfida per l’amministrazione, un problema perché instaura una nuova relazione tra PA e privati, perché è un istituto di matrice civilistica, un’operazione di trapianto che crea problemi. Qui a fronte delle problematiche, l’operazione della giurisprudenza è importante perché la giurisprudenza deve trovare mediazione tra una tutela risarcitoria dei privati, finalmente affermata anche per l’interesse legittimo e la specialità dell’amministrazione che emerge in tutti i paesi dell’ue. Vuole approfondire: NATURA Responsabilità PA: è extracontrattuale? È nello schema del 2043? anche la lesione di interesse legittimo può integrare un danno ingiusto usando la clausola generale dell’interesse civile oppure è contrattuale ai sensi dell’art 1218? O è ibrida da contratto sociale qualificato? Se sposi una o l’altra prospettiva cambia molto a livello di onere della prova e per la prescrizione. Se è contrattuale è una prospettiva più favorevole per il privato ricorrente perché l’onere grava sulla PA che deve fornire prova. Perché responsabilità contrattuale o extracontrattuale? I fautori di extracontrattuale offrono profili di forte interesse. Se la responsabilità extracontrattuale è del passante, di chiunque è la PA è naturalisticamente è assimilabile ad un passante? In cui ci si imbatte per caso? Io non direi. Questo provoca problemi. La PA è monopolista, è l’unico soggetto qualificato per le prestazioni ordinamentali. Questa prospettiva è presente fin dai primi anni del dibattito. Il tema è molto ampio. L’affidamento che la PA ingenera nel privato sul fatto che essa renda prestazioni tempestive e corrette genera obblighi di protezione, visti in termini contrattuali. Di qui la conseguenza per cui se la PA non rispetta questi obblighi si integra una fattispecie di responsabilità contrattuale. La teoria si presta nel diritto privato a delle applicazioni anche estensive (notaio, oste). Il soggetto pubblico, titolare monopolista, ingenera affidamento. Giudizio prognostico: ancora una volta: quale limite al fatto, alla tutela risarcitoria ed anche degli interessi pretensivi. Il problema della discrezionalità, ricorrente nel diritto amministrativo. Dove c’è discrezionalità si creano problemi sia nelle azioni di adempimento sia che nell’azione risarcitoria perché è un ragionamento che va sulle azioni discrezionali. È un ragionamento complesso. 3° elemento: soggettivo= dolo/colpa. Dolo e colpa che sono concetti antropologicamente orientati, afferiscono a persona fisica. La PA non è una persona fisica, non pensa. Non agisce come le persone fisiche (che può essere negligente o imprudente). In momenti in cui nel diritto amministrativo si antropomorfizza la figura amministrativa. La PA non è una persona fisica, non è l’astrazione hobbsiana che vede la PA come un grande uomo. Quindi applicare dolo colpa all’apparato amministrativo presenta problematiche di adattamento. La 500/99 si muove in una prospettiva extracontrattuale del 2043cc. Altre sentenze del CDS e della Cass cominciano ad affacciarsi alla suggestione della responsabilità contrattuale. Una delle sentenze del CDS sezione N 4239/2001 si evidenzia al par 25 come “il rapporto tra privato ed amministrazione costituisce un’ipotesi qualificata di contatto sociale tra i soggetti interessati e l’amministrazione e che il dovere di comportamento del soggetto pubblico, la misura della colpa, si definisce non solo in funzione di specifiche regole che disciplinano il potere ma anche e soprattutto sulla base di criteri diretti a valorizzare il concreto atteggiarsi del contatto e dalla progressiva emersione dell’affidamento del privato in ordine alla positiva conclusione del procedimento. Ciò non determina affatto l’assoggettamento dell’amministrazione ad un diritto speciale (privilegiato) in materia di responsabilità civile. Piuttosto, il riconoscimento di appositi criteri di specificazione della colpa si pone in linea di continuità con le più recenti acquisizioni sul tema della responsabilità civile, ormai orientate a relativizzare il concetto di colpa, in funzione del settore dell’attività considerato. […] Sotto altro profilo, poi, non può essere trascurata la tendenza a fondare il giudizio di colpa su elementi obiettivi, ancorché a contenuto elastico...” il ragionamento vira sul regime della colpa. Il punto di partenza, del contatto sociale qualificato, è espressione è ibrida; non si parla di responsabilità contrattuale ma di contatto sociale qualificato e si legge questo contatto nell’ottica dell’affidamento. Un affidamento ingenerato dalla parte pubblica, il privato ripone un legittimo affidamento sul fatto che la parte pubblica sia tempestiva sul fatto che quel provvedimento sia legittimo e quindi non lesivo delle proprie situazioni giuridiche soggettive. § 31: “L’iniziativa dell’interessato(privato) pone in luce un nuovo e qualificato "contatto sociale" (oltre che giuridico) tra il privato ed il soggetto pubblico, aprendo un procedimento amministrativo dal quale scaturiscono obblighi strumentali e formali delle parti, ma anche il fondamentale dovere dell’amministrazione di provvedere sulla richiesta. Detto obbligo esprime certo la rilevanza dell’interesse pubblico…” si parla di contatto sociale, un rapporto permeato di affidamento e ci dice che il procedimento amministrativo genera obblighi strumentali e formali delle parti. La lex 241/90 è vista come una novità dirompente. Sposta in senso contrattuale/contattuale il rapporto tra privato ed amministrazione un tempo non disciplinato se non da regole dettate in via pretoria. Ora è un rapporto regolato da obblighi come l’obbligo di provvedere nel termine, l’obbligo di motivazione. Il rapporto è un tessuto di obblighi gravanti sull’ amministrazione. Tutto questo ragionamento conduce il giudice ad affermare che: “il diritto al risarcimento del danno conseguente all’adozione di provvedimenti illegittimi presenta una fisionomia sui generis, non riducibile al modello aquiliano dell’articolo 2043 del codice civile, ed è caratterizzata dal rilievo di alcuni tratti della responsabilità precontrattuale e della responsabilità per inadempimento di obbligazioni.” C’è uno spostamento del modello dal 2043CC al 1218CC. “Una volta avviato il procedimento amministrativo, su iniziativa di parte, si costituisce un rapporto giuridico nuovo, a struttura complessa, sostanzialmente assimilabile, per alcuni profili, a quello obbligatorio di diritto comune, oppure alla situazione tipica delle trattative precontrattuali. Ne conseguirebbe che, in questo caso, l’illegittimità dell’atto conclusivo del procedimento, lesivo delle posizioni del richiedente, potrebbe far sorgere una responsabilità assimilabile a quella di tipo contrattuale (articoli 1218 e seguenti del codice civile) e non una responsabilità aquiliana "pura" […] Deriverebbero importanti corollari applicativi in ordine alla disciplina concretamente applicabile, con particolare riguardo al termine di prescrizione, all’area del danno risarcibile, all’onere della prova dell’imputazione soggettiva. Infatti, nell’ambito della responsabilità contrattuale, spetta al debitore provare che l’inadempimento è dipeso da causa a lui non imputabile.” [PASSAGGIO IMPORTANTE] La PA dovrà dimostrare che il provvedimento è illegittimo ed ha leso il privato per causa a lui non imputabile quando, per esempio, l’amministrazione si muova in una disciplina normativa incerta in via interpretativa. La PA dice che ha sbagliato, rispettando una legge, che si prestava ad una pluralità di interpretazioni Ovviamente un conto è muoversi nel 2043CC ed un conto nel 1218CC. Sentenza CASS sez. I n 157/2003 (sentenza molto importante): “La tesi della Suprema Corte [si critica cass 500/99] condurrebbe, in sostanza, a riconoscere la risarcibilità degli interessi pretensivi solo nelle rare ipotesi in cui l’attività dell’ amministrazione risulti vincolata […] Nel dibattito sull’eterno problema del risarcimento da lesione interesso legittimo s’insinua probabilmente oggi, a differenza che in passato, il disagio di misurare il contatto dei pubblici poteri con il cittadino secondo i canoni del principio di autorità, della presunzione di legittimità dell’atto amministrativo, e in definitiva emerge l’inadeguatezza del paradigma della responsabilità aquiliana. La trasformazione, in senso aziendalistico, dell’apparato burocratico, imposta dalla necessità che nel generalizzato prevalere degli interessi economici l’ordinamento debba diventare efficiente e competitivo, connota un sistema amministrativo che si avvale in misura sempre maggiore di soggetti privati (nella gestione dei pubblici servizi, nella realizzazione dei programmi urbanistici), che utilizza prevalentemente i più agili strumenti del diritto privato, e che nella realizzazione dei principi dell’ordinamento democratico si avvale della partecipazione "funzionale" del destinatario dell’atto. Con la legge 241/90 i principi di efficienza e di economicità dell’azione amministrativa, e insieme di partecipazione del privato al procedimento amministrativo, sono diventati criteri giuridici positivi. […] Il modello della responsabilità aquiliana appare il più congeniale al principio di autorità, laddove la violazione del diritto soggettivo si verifica in presenza di un’attività materiale (comportamento senza potere dell’amministrazione) che abbia leso l’interesse al bene della vita di un qualsiasi soggetto, al di fuori di un rapporto. Ne è corollario l’irrisarcibilità dell’interesse legittimo, nella misura in cui la coincidenza dell’interesse privato con l’interesse pubblico è un mero accidente, che non infirma la preponderanza di questo su quello. Il contatto del cittadino con l’amministrazione è oggi caratterizzato da uno specifico dovere di comportamento nell’ambito di un rapporto che in virtù delle garanzie che assistono l’interlocutore dell’attività procedimentale, diviene specifico e differenziato. Dall’inizio del procedimento l’interessato, non più semplice destinatario passivo dell’azione amministrativa, diviene il beneficiario di obblighi che la stessa sentenza 500/99 si identifica nelle «regole di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione alle quali l’esercizio della funzione pubblica deve ispirarsi e che il giudice ordinario può valutare, in quanto si pongono come limiti esterni alla discrezionalità». Tali interessi, di partecipare al procedimento, di vederlo concluso tempestivamente e senza aggravamenti, di poter accedere ai documenti in possesso dell’amministrazione, di vedere prese in esame le osservazioni presentate, di veder motivata la decisione che vanifica l’aspettativa, costituirebbero, secondo una lettura estrema, veri e propri diritti soggettivi, tutelati in quanto tali, e non situazioni strumentali alla soddisfazione di un interesse materiale che verrebbe quindi protetto sub specie di interesse legittimo.” (prende posizione) Si arriva a sostenere che gli obblighi della legge 241/90 (accesso doc- motivazione) siano veri e propri diritti soggettivi. Nel caso in cui il provvedimento illegittimo evidenzi violazione di questi obblighi, secondo questa posizione della cassazione riporta, si tratterebbe di lesioni di diritti soggettivi. Si parla di obblighi ai quali di contrappongono diritti soggettivi. “Il fenomeno, tradizionalmente noto come lesione dell’interesse legittimo, costituisce in realtà inadempimento alle regole di svolgimento dell’azione amministrativa, ed integra una responsabilità che è molto più vicina alla responsabilità contrattuale nella misura in cui si rivela insoddisfacente, e inadatto a risolvere con coerenza i problemi applicativi dopo Cassazione 500/99/Su, il modello, finora utilizzato, che fa capo all’articolo 2043 cod.civ.: con le relative conseguenze di accertamento della colpa. L’inquadramento degli obblighi procedimentali nello schema contrattuale, come vere e proprie prestazioni da adempiere secondo il principio di correttezza e buona fede (articoli 1174 e 1175 cod.civ.), è proponibile, ove si voglia sperimentare un modello tecnico-giuridico operativo di ricostruzione della responsabilità amministrativa, solo dopo l’entrata in vigore della legge 241/90.” Si apre alla responsabilità contrattuale. In questa stessa linea si attesta una più recente nella quale emerge la figura del contatto sociale qualificato. Sentenza Adunanza Plenaria del CDS n 5 del 2018: […] “Il contenuto dei doveri di protezione e correttezza, da un lato, e il grado di intensità del momento relazionale e del conseguente affidamento da questo ingenerato, dall’altro. che non è stata in grado di dare il bene della vita oppure che ha posto in essere un comportamento lesivo, quindi io voglio uscire dal rapporto con l’amministrazione voglio solo il risarcimento danni se mi spetta esempio un privato vuole aprire un bar faccio un’istanza per ottenere un atto autozzativo, il provvedimento è di diniego qui si aprono 2 possibilità o chiedo l’annullamento e il risarcimento del danno ( faccio un ricorso contro il comune per l’annullamento del provvedimento x di diniego all’autorizzazione e per la condanna per l’amministrazione al risarcimento del danno - fatto - diritto – PQL per questi motivi si chiede di annullare il provvedimento di diniego e condannare l’amministrazione al risarcimento del danno). 2 ipotesi il codice consente anche di chiedere solo il risarcimento, può accedere che il privato che si è visto negare l’autorizzazione siccome la banca non gli eroga più il finanziamento, non vuole più l’autorizzazione perché non ha più soldi per comprare i macchinari, quindi il privato non necessita più dell’autorizzazione perché il bar non posso aprirlo comunque. Quindi a me non interessa l’annullamento ma mi interessa solo avere il risarcimento. In 2 luogo l’avvocato deve tenere presente anche l’interesse legittimo pretensivo quindi sappiamo il grande limite visto nella sentenza 500 del 99 ossia che vi sono interessi pretensivi quando vi è discrezionalità dell’amministrazione, il giudice è chiamato ha concedere il risarcimento facendo un giudizio prognostico ossia il giudice deve prevedere come andrà il procedimento amministrativo ,questa è una operazione che si riesce a fare se l’attività è vincolata ma se è discrezionale questo giudizio non si riesce a compiere a meno che non ci si sostituisca all’amministrazione ma questo non si può. Un altro aspetto tutta questa fatica per ottenere il risarcimento dei danni, inizialmente negato fino alla sentenza del 500 del 99 , poi vi sono 2 limiti a tutto ciò : 1. Uno dalla parte dei privati 2. Uno dalla parte dell’amministrazione 1. Questo è un limite di fantasia i privati e i loro avvocati nel giudizio civile chiedano di tutto, nel processo amministrativo si può chiedere il risarcimento dei danno ma tendenzialmente è generico, l’avvocato si limita a chiedere la condanna al risarcimento senza declinare le voci di danno (le voci che sono innumerevoli), esempio un privato voleva costruire un impianto da fonte rinnovabile (attività sopportata da incentivi) , per una serie di ragioni l’amministrazione non concede l’atto , qui tra le varie voci di danno accordate dal giudice amministrativo si può anche richiedere il risarcimento della perdita di chance ma solitamente si richiede solo il risarcimento del danno in modo generico altre volte nel diritto amministrativo si richiede di risarcire al ricorrente esempio il 10 % dell’utile che si sarebbe conseguito se l’appalto fosse stato vinto. Un altro problema del risarcimento del danno , il privato anche se ha vinto la causa e quindi gli spetterebbe il risarcimento del danno molte volte la pubblica amministrazione non lo paga delle volte perché non ci sono soldi , delle volte non lo paga perché basta un provvedimento della amministrazione affinché queste somme stanziate in bilancio diventino non soggette ad esecuzione forzata , questo provvedimento della pubblica amministrazione è una delibera comunale, esempio x propone azione di condanna l’amministrazione viene condannata a risarcire danno biologico ,perdita di chance ecc il comune viene condannato, il comune fa una delibera del consiglio comunale e dice le somme che abbiamo disponibili è destinata a delle finalità pubbliche (servizi sociali-di trasporto ecc ), quindi x non viene risarcito anche se ha vinto la condanna al risarcimento del danno. Pregiudizialità Ieri abbiamo visto le sentenze più rilevanti, la 1 quella della cassazione SS la n 13.659 del 2006 la sentenza che per 1 riconosce la pronuncia dell’ammissibilità senza aver prima chiesto l’annullamento , qui la cassazione è molto severa sia nelle parole utilizzate sia nelle conclusioni, le troviamo al punto 24 della sentenza “ il giudice amministrativo che si muove nell’ottica della pregiudizialità rifiuta di esercitare la sua giurisdizione a la sua decisione a norma dell’art 362 1 comma cpc si presta a cassazione da parte delle sezioni unite quale giudice del riparto della giurisdizione , se l’esame nel merito di una domanda autonoma di risarcimento è rifiutato per la ragione nel termine stabilità non sono stati richiesti l’annullamento dell’atto e la rimozione dei suoi effetti”; conclusione che arriva a censurare a cassare la sentenza del consiglio di stato per rifiuto di giurisdizione , questa figura delicata sul tema della pregiudizialità amministrativa , il ragionamento è stato basato da un iter ma basta dire che la cassazione afferma chiaramente nel punto 20 della sentenza “ Queste considerazioni, unitamente ai ricordati processi di cambiamento che caratterizzano l'interesse legittimo e la sua relazione con l'interesse pubblico, giustificano ampiamente l'abbandono di un approccio di tipo tradizionale. Ammettere la necessaria dipendenza del risarcimento dal previo annullamento dell'atto illegittimo e dannoso, anziché dal solo accertamento della sua illegittimità significherebbe restringere la tutela che spetta al privato di fronte alla pubblica amministrazione ed assoggettare il suo diritto al risarcimento del danno, anziché alla regola generale della prescrizione, ad una Verwirkung amministrativa, tutta italiana. La conclusione da accogliere è dunque che, dopo l'irruzione nel mondo del diritto della risarcibilità — effettiva e non solo dichiarata - anche dell'interesse legittimo, e dopo i ricordati tentativi dei primi anni novanta della doppia tutela (espressamente abrogata sia dall'art.35 d. lgs. 80 del 1998 sia dall'art. 7, lett. e), della 1. 205 del 2000), il legislatore di fine secolo non ha inteso ridurre la tutela risarcitoria al solo profilo di completamento di quella demolitaria, ma, mentre l'ha riconosciuta con i caratteri propri del diritto al risarcimento del danno, ha ritenuto di affidare la corrispondente tutela giudiziaria al giudice amministrativo, nell'intento di rendere il conseguimento di tale tutela più agevole per il cittadino” . La cassazione prende il rischio che anche dopo la svolta 500 del 99 , sarebbe in grado di restringere la tutela del privato nei confronti della p. Amministrazione. Poco dopo il Consiglio di stato nel 2007 riafferma la pregiudizialità, nel 2008 la cassazione ancora una volta bacchetta il consiglio di stato sul rifiuto di giurisdizione ma cosa succede tra una decisione e un’altra? Questo significa che non vi è chiarezza, tendenzialmente il giudice amministrativo andrà a vedere l’adunanza plenaria quindi si basava sulla pregiudizialità oggi il giudice amministrativo si basa sulla tesi della pregiudizialità mascherata. La plenaria 12 del 2007 afferma la pregiudizialità sulla base degli argomenti classici, esempio la tutela risarcitoria è consequenziale uleriore accessoria ecc, si afferma quindi riassumendo la centralità dell’azione di annullamento. Dopo poco vi sarà una dura replica della cassazione a sezioni unite; si cassa la pronuncia del giudice amministrativo per rifiuto di giurisdizione questo è grave è una presa di posizione molto grave significa affermare che un giudice speciale consiglio di stato non sta esercitano a pieno le facoltà di tutela che l’ordinamento mette a disposizione. Danno da ritardo Tutela risarcitoria del silenzio, nell’ipotesi di risarcimento da danno da ritardo emergano alcuni elementi centrali disciplinato dal art 2 bis legge n 241 del 90 , introdotto nel 2013 “ le pubbliche amministrazioni sono tenute al risarcimento del danno cagionato in conseguenza e nell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento” il codice del processo amministrativo ha confermato ciò nell’art 30 comma 2 “Può essere chiesta la condanna al risarcimento del danno ingiusto derivante dall'illegittimo esercizio dell'attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria”. Questa previsione sembra elevare il tempo al rango di un bene giuridico meritevole di autonoma protezione, qui si sta dicendo che il bene della vita (esempio autorizzazione all’apertura del bar), se l’amministrazione non si pronuncia il bene della vita leso sembra essere il tempo, l’amministrazione aveva l’obbligo di pronunciarsi nel termine non lo ha fatto già solo per questo il privato può ottenere una tutela risarcitoria. In passato il danno da ritardo era limitato, le condizioni per cui si potesse riconoscere il danno da ritardo era: • Avere una posizione soggettiva qualificata • Che vi fosse l’illegittimità del silenzio • E che il privato all’esito di un giudizio prognostico avesse il diritto a quel bene della vita (esempio istanza di x silenzio del comune di siena , x ha diritto al risarcimento da ritardo solo nel caso in cui il comune all’esito di un giudizio prognostico ,il giudice sia i grado di riconoscere che il bene della vita spettava a x ; parole chiave giudizio di spettanza, e prognostico ). Orientamento cristallizzato della sentenza n 7 del 2005, in forza di questo orientamento nel nostro orientamento era precluso il danno da maro ritardo o da ritardo puro cioè è il danno che deriva dalla semplice violazione del termine per l’adozione di 1 provvedimento a prescindere dall’esito prognostico del procedimento (molte volte l’amministrazione solo quando arrivava un ricordo per da ritardo emanava un provvedimento negativo e quindi non poteva essere più riconosciuto tale danno). Questa situazione sembra essere sanata dall’art 2 bis legge del 90 ; norma appena letta, infatti qui stemprerebbe che la norma avesse elevato il tempo ad autonoma valutazione e ad autonomo risarcimento, non ci interessa se spettasse o meno il provvedimento , io sono in uno stato doveva ,l’amministrazione doveva rispondere la mia situazione soggettiva sono rimaste condizionate da una risposta che non arrivava e sarebbe dovuta arrivare entro 1 termine; le mie posizione giuridica è stata lesa a prescindere dalla spettanza dell’autorizzazione ( il testo dell’art 2 bis della legge 241 del 90 nella prima visione conteneva un inciso “indipendentemente dalla spettanza del bene della vita”, qui veniva in gioco il problema della spettanza). Giurisprudenza amministrativa Citiamo una sentenza del consiglio di giustizia amministrativa Sicilia n del 2010 n 1368 sentenza avanzata , riguardava la concessione all’autorizzazione per l’utilizzo di energia rinnovabile “ il fattore tempo costituisce un essenziale variabile della predisposizione di interventi finanziari condizionandole la relativa convenienza economica , ogni incertezza si traduce nel così detto rischio amministrativo rischio amministrativo “; come dire che avere a che fare con l’amministrazione è un rischio e quindi i maggior costi attesa l’imminente dimensione diacronica di ogni operazione di investimento e finanziamento”; il tempo è denaro se la macchina amministrativa non risponde in tempo produce danni che poi dovrebbero essere risarciti, logica che trova un suo importante antecedente nella sentenza n 157 del 2003 sentenza che ci parla di obblighi dell’amministrazione intessuti della legge 241 del 90 tra cui l’obbligo di rispettare il termine di conclusione del procedimento, obblighi a fronte dei quali sembrerebbero esserci non più interessi legittimi ma diritti soggettivi procedimentali ( questa tesi del diritto soggettivo procedimentale sembra trovare conferma nelle controversie risarcitoria del 2 bis dell’art 133 comma 1 lettera A cpa ). L’art 2 bis si muove utilizzando concetti parole tipiche della responsabilità aquiliana (danno ingiusto dolosa e colposa) assonanza con il risarcimento del danno 2083 del cc , la conseguenza di muoversi nell’art 2083 è una di limitazione dei danni, perché l’ingiustizia del danno non può presumersi per il mero decorso del tempo, non basta superare il termine perché si produca un danno è necessario invece che il ricorrente provi tutti gli elementi costitutivi della domanda: • Il danno • Il nesso di casualità tra l’evento • Elementi soggettivo (dolosa o colposa) Visioni più estreme dicono che questa potrebbe essere una responsabilità oggettiva a prescindere del dolo o della colpa ; qua emergano e valgono le stesse logiche dell’errore scusabile; tutte le cose che abbiamo detto in materia di responsabilità della pubblica amministrazione valgono anche in questo ambito tematico del danno da ritardo , un danno da ritardo vale anche per la questione della responsabilità contrattuale e extra contrattuale sicuramente il 2 bis ha delle assonanze con il 2083 tuttavia la dottrina e anche qualche sentenza dicano se non vi è qui un obbligo a cui corrisponde un diritto dove vi è ? Facendo leva anche sul fatto che nel codice del processo amministrativo inserisce il risarcimento del danno nel processo di giurisdizione esclusiva. Anche questa tematica così importante ha dato vita ad un ritorno sotto mentite spoglie della pregiudizialità amministrativa sostando che il risarcimento del danno da ritardo spetta solo se i soggetti interessati abbiamo impugnato il silenzio rifiuto, forma di condizionamento della tutela , la giurisprudenza ci dice non puoi chiedere il risarcimento se prima non hai asprito l’azione verso il silenzio inadempimento, anche qui vi è un condizionamento di una tutela che riguarda un provvedimento ; importante la sentenza del consiglio di giustizia siciliano la 1378 del 2010 importante per la costruzione del danno da ritardo ma perché risarcisce l’impresa in maniera puntuale che è solito fare dal giudice civile. Danno da ritardo puro o da mero ritardo? SI O NO Profilo molto interessante anche su questo si registra un atteggiamento di chiusura da parte del giudice amministrativo esempio la sentenza del c.di stato n 4246 del 2016 (non ne sono sicura), qui vi era una istanza rivolta nei confronti del coni, una istanza a cui non si era dato risposta nel termine poi una volta che l’istante aveva proposto davanti al giudice amministrativo , il coni aveva adottato il provvedimento negativo paralizzando la domanda risarcitoria, il giudice dice che muovendosi nella logica del giudizio prognostico l’amministrazione ha detto che il bene non gli spettava quindi l’azione risarcitoria per danno da ritardo non ha ragione di esserci perché non vi è la spettanza del bene (perché riconosco la spettanza del risarcimento solo se oltre ad esserci il ritardo anche se emerge dal giudizio prognostico che il bene della vita spettava quindi nel caso di specie è negato. Quindi il danno d mero ritardo viene negato ancora una volta sulla base di un giudizio prognostico ancora una volta emergono quelle categorie centrali del diritto amministrativo che sono quelle della vincolatezza del giudizio di spettanza , giudizio che il giudice è in grado di compiere ed avere un esito positivo solo se l’azione è vincolata altrimenti difficilmente può essere fatto (in ogni caso anche nella logica di spettanza vi è la possibilità di adottare sempre il provvedimento negativo da parte della p.a). Il danno da ritardo da luogo a tante tensioni, vi sono 2 visione quella della pregiudizialità (giurisprudenza che dice se vuoi essere risarcito da danno da ritardo prima chiedi l’azione da silenzio inadempimento); poi vi è il tema della natura della responsabilità , sembrerebbe una responsabilità che si avvicina a quella contrattuale nella logica della sentenza del 2003 n 157 (diritti procedimentali dei privati); questione anche dell’elemento soggettivo colpa o dolo, possibilità di vederci una responsabilità oggettiva per mero ritardo ; infine ultimo tema il tema giudizio di spettanza se non da esito positivo il giudice amministrativo quasi sempre non concede il risarcimento del danno , il giudice afferma di non dover risarcire il danno da mero ritardo negando quello che invece emerge dal 2 bis e che alcune pronunce evidenziano come quella siciliana, ossia che il tempo sia un bene della vita suscettibile di autonoma tutela risarcitoria a prescindere dalla spettanza o meno .Tutta la disciplina delle azioni è condizionata da questi elementi spettanza, discrezionalità ecc. Schema • Silenzio inadempimento = possibilità di pronunciarsi sulla fondatezza o meno • Contestualità dell’azione di annullamento insieme a quella di condanna altrimenti è inammissibile quella di condanna 30.05 seconda parte Competenza capo IV libro 1 codice proc amm. Competenza territoriale art 13 dei TAR. criterio che attribuisce la competenza a giudicare sulle questioni che hanno al centro la PA ai singoli TAR. Criteri di riparto della competenza enucleati dall’art 13: • sede dell’organo che ha emanato l’atto impugnato. Questo criterio è modulato da quello dell’efficacia dell’atto perché se ci fosse solo il criterio della sede dell’organo, considerando che tutte le amministrazioni periferiche hanno come organo centrale sede a Roma il tar del Lazio sarebbe sommerso di ricorsi amministrativi. Quindi per non cumulare troppe controversie presso il tar del lazio. • Efficacia dell’atto: ai fini dell’attribuzione della competenza si guarda al territorio presso il quale l’atto impugnato spiega i propri effetti. • foro del pubblico impiego: quello riservato al personale di servizio presso le pubbliche amministrazioni. Qui è competente il tar nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio del pubblico dipendente. I rapporti tra questi criteri non sono molto chiaramente enucleati dal codice e questa potenziale confusione che può nascere riguardo alle questioni di competenza è aggravata dal fatto che la competenza territoriale è inderogabile, cioè non può essere derogata dalle parti perché non possono scegliere il Tar che gli piace di più. Questi criteri sono da un lato delle volte confusi ma dall’altro alto il problema è quello della rigidità del sistema perchè appunto la competenza è inderogabile, come afferma il codice stesso. Tra le varie questioni rilevanti che possono emergere con riferimento alla competenza il problema può essre dato dal cd cumulo oggettivo cioè dal ricorso di atti tra di loro connessi. Il codice all’art 13 co 4 bis considera soltanto un caso, quello del ricorso proposto contro 2 atti di cui uno è quello presupposto e l’altro è invece quello applicativo. In casi come questo se rispetto a ciascuno dei due atti sarebbero competenti due tar diversi, il ricorso va diretto al tar competente per l’impugnazione dell’atto da cui deriva l’interesse a ricorrere, quindi solitamente sarà l’atto applicativo perché è questo quello nei confronti del quale si radica l’interesse a ricorrere. “La competenza territoriale relativa al provvedimento da cui deriva l’interesse a ricorrere attrae a sé anche quella relativa agli atti presupposti dallo stesso provvedimento tranne che si tratti di atti normativi o generali, per la cui impugnazione restano fermi gli ordinari criteri di attribuzione della competenza”. Le regole sulla competenza hanno carattere inderogabile. Quindi la loro violazione può essere rilevata anche d’ufficio dal tar senza bisogno di un’eccezione della parte. Peraltro ove il giudice adito si pronunci nel merito della controversia l’incompetenza può costituire anche motivo d’appello. Se il cds accoglie il motivo d’appello sulla competenza non va a decidere nel merito il ricorso come fa usualmente ma rimette gli atti al tar competente (art 105 co 2). Se invece il tar adito ravvisa la propria incompetenza con una ordinanza, quindi un provvedimento di carattere non decisorio, indica quale è il tar competente. Deve essere sempre la parte a riassumere entro 30 gg dalla comunicazione dell’ordinanza e il giudizio prosegue senza che la parte sia soggetta a decadenza. L’inderogabilità è una novità importante del codice perchè in passato la questione di incompetenza non poteva essre rilevata d’ufficio dal giudice adito ma solo dalle parti entro termini perentori e si tendeva a selezionare dei tar che magari avevano dei determinati orientamenti e quindi a rivolgere la propria istanza a tar che si sapeva che avevano un orientamento più favorevole alla propria posizione giuridica soggettiva per ottenere una pronuncia cautelare dal tar stesso di sospensione degli effetti del provvedimento. Previsione invece nel codice: non solo il tar può rilevare d’ufficio l’incompetenza ma la può rilevare finchè la causa non è decisa in I grado (art 15 co1). Ovviamente al fine di evitare anche che ci possano essere delle limitazioni alla tutela dei privati il codice prevede che se il tar adito è successivamente poi incompetente le misure cautelari che questo tar avesse adottato sono efficaci per 30 gg dalla pubblicazione dell’ordinanza del tar o del consiglio di stato che dichiara l’incompetenza (art 15 co7). Qui ci sono dei principi in bilanciamento: quello di effettività della tutela perché si prevede l’ultrattività delle misure cautelari adottate da un tar ancorchè incompetente (art 15 co 7). Qui si vuole evitare che si creino dei vuoti di tutela: se viene meno la possibilità di una tutela urgente quale è quella cautelare ovviamente l’effettività della tutela viene depotenziata. Tuttavia la normativa codicistica vuole evitare la ricerca del giudice che abbia l’orientamento più favorevole e ha affermato l’inderogabilità. Quindi un punto di equilibrio. L’art 15 co 7 in questo caso riesce a bilanciare le necessità perché afferma l’inderogabilità ma dall’altro garantisce l’effettività della tutela. Anche l’ordinanza del tar che si pronunci all’incompetenza può essere impugnata con regolamento di competenza ex art 15 co 5. Quindi il regolamento di competenza nel proc amm odierno è un mezzo di gravame diretto al giudice d’appello che è il consiglio di stato, che decide con grande rapidità ma sempre con una ordinanza perché si tratta pur sempre di un provvedimento che va a risolvere sempre una questione pregiudiziale. Anche in questo caso il processo per riprendere vita ha bisogno di un impulso di parte. Bisogna tenere presente che l’ordinanza del tar che si pronuncia a seguito di una eccezione di competenza può essere impugnata dalle parti con regolamento di competenza, invece la pronuncia del tar che rilevi d’ufficio l’incompetenza è soggetta ad appello. Vediamo poi l’ipotesi in cui il tar declini la propria competenza e la questione viene assunta in giudizio davanti al tar ritenuto competente. Questo secondo tar non è vincolato dalla pronuncia del tar precedente, non è una pronuncia vincolante nei suoi confronti. Il secondo tar può dar vita al cd ‘conflitto negativo di giurisdizione’ (quando entrambi i giudici declinano la propria giurisdizione), dunque anche il secondo tar può ritenersi incompetente e in questo caso deve d’ufficio chiedere il regolamento di competenza. Però anche qui è previsto un bilanciamento dall’art 15 co 6 che attiene ancora una volta alla tutela cautelare: il secondo tar deve adottare comunque le misure cautelari eventualmente richieste. Quindi anche qui si va alla ricerca di un contemperamento tra la ricerca del giudice competente (esigenza di certezza) e dall’altro lato un’esigenza di effettività della tutela. Vi sono poi dei casi previsti dall’art 14 di competenza funzionale inderogabile: vi sono due tar dotati di forme di competenza che prevalgono sugli altri criteri contenuti nell’art 13. Sono appunto le ipotesi di competenza funzionale inderogabile e sono casi di competenze attribuite su determinate tipologie di controversie al tar lazio e al tar lombardia. Amplissime sono le questioni ricadenti nella competenza funzionale inderogabile del tar lazio e molto più ristrette sono quelle del tar lombardia. Parti del processo amministrativo Parti necessarie sono ricorrente, amministrazione resistente e controinteressato. La presenza in giudizio e il contraddittorio che si instaura tra le parti necessarie costituisce condizione di validità della sentenza amministrativa art 27: “Il contraddittorio è integralmente costituito quando l’atto introduttivo è notificato all’amministrazione resistente e, ove esistenti, ai controinteressati”. Dunque il contraddittorio processuale necessario affinchè la sentenza sia valida è un contraddittorio che necessariamente deve coinvolgere le parti necessarie del processo amministrativo. Al di la delle previsioni normative sono parti necessarie per una natura delle cose: ovviamente non può che esserci l’amministrazione che ha adottato l’atto impugnato o che è rimasta silente, non potrà che esserci colui che contesta la legittimità del silenzio o del provvedimento amministrativo e poi c’è anche il controinteressato, cioè quel soggetto che trae da quel determinato provvedimento un’utilità e che ha interesse quindi in giudizio a tutelare quel provvedimento amministrativo. È un processo ad impulso di parte la quale con un ricorso contesta la legittimità di un provvedimento. L’altra parte è l’amministrazione, una parte un po’ particolare perché il ricorrente si trova a confrontarsi con un soggetto dotato di potestas publica, di un potere inesauribile. Però giustamente il processo amministrativo moderno è un processo in cui deve vigere la parità delle parti, dunque le affermazioni giudiziali delle parti dovrebbero pesare allo stesso modo. Quindi la specialità dell’amministrazione non deve riflettersi nel processo dove le parti devono essre pari. Per quanto riguarda il controinteressato, questo è un soggetto che trae una utilità da un determinato provvedimento e dunque è anch’esso portatore al pari del ricorrente di un interesse qualificato, però un interesse uguale e contrario perché se l’interesse del ricorrente è quello che il provvedimento venga eliminato, l’interesse del contro interessato è che il provvedimento rimanga in piedi. I controinteressati possono essere più di uno come nel caso di un provvedimento plurimo. Tuttavia affinchè il giudizio sia validamente incardinato e cioè affinchè il ricorso sia validamente ammissibile è sufficiente che sia notificato ad uno solo dei contro interessati. Per i controinteressati pretermessi (cioè quelli a cui non è stato notificato il ricorso) si procede ad integrazione del contraddittorio. Come si indentificano i controinteressati? possono essere facilmente identificati dal provvedimento amministrativo. Per identificare la figura del controinteressato non basta che questo benefici delle utilità prodotte dal provvedimento amministrativo, infatti si è sempre ritenuto che accanto a questo requisito sostanziale dovesse sussistere un requisito più formale: cioè che il controinteressato sia individuato o facilmente individuabile alla stregua del provvedimento amministrativo. Ad es nel provvedimento plurimo sono individuati per nome e cognome. La ratio di questa previsione è quella di non gravare la parte ricorrente dell’onere, nel caso in cui non sia facilmente individuabile, di andarlo a cerare. Basta che ne sia individuato uno e poi sarà onere del giudice di integrare il contraddittorio. Intervento nel processo L’intervento nel processo amministrativo è una disciplina che riecheggia perché vi possono essere soggetti che intervengono nel processo amministrativo oltre che le parti necessarie. Qui si distinguono sostanzialmente le figure dell’intervento ad opponendum e ad adiuvandum. L’intervento ad opponendum è quello della parte che interviene al giudizio al fine di difendere la legittimità dell’atto amministrativo. Le conclusioni dell’interventore ad opponendum sono nel senso del rigetto della domanda di annullamento proposta dal ricorrente. Poi vi è l’intervento ad adiuvandum che introduce ragioni, motivi ed elementi a favore dell’annullamento del provvedimento amministrativo. Può accadere, per esempio, che un provvedimento amministrativo di carattere tariffario, venga impugnato da un’impresa e poi intervengano ad adiuvandum altre imprese che vogliono sostenere che il provvedimento è legittimo e poi intervengono ad opponendum ossia a fianco dell’amministrazione potrebbe costituirsi una associazione dei consumatori che si oppone all’annullamento del provvedimento. Il rinvio esterno a cui viene accordata una portata sistemica: art 39 CPA, per quanto non disciplinato dal presente codice si fa riferimento alle disposizioni del CPC in quanto compatibili con l’espressione dei principi generali. Si tiene conto del modello archetipico del cpc ma è sempre problematico. Va fatto un vaglio di compatibilità rispetto ai principi generali. Tuttavia questo vaglio fa capire come il processo amministrativo percepisca se stesso, un processo per certi versi speciale perché la compatibilità di un processo speciale retto da regole speciali. Ricorso amministrativo art 40 CPA, apre il libro 2° CPA, processo amministrativo di 1° con regole di valenza generale. Il ricorso si introduce con l’atto introduttivo e l’art 40 CPA ci elenca i contenuti del ricorso: “1. Il ricorso deve contenere distintamente: a) gli elementi identificativi del ricorrente, del suo difensore e delle parti nei cui confronti il ricorso è proposto; b) l'indicazione dell'oggetto della domanda, ivi compreso l'atto o il provvedimento eventualmente impugnato, e la data della sua notificazione, comunicazione o comunque della sua conoscenza; c) l'esposizione sommaria dei fatti; d) i motivi specifici su cui si fonda il ricorso; e) l'indicazione dei mezzi di prova; f) l'indicazione dei provvedimenti chiesti al giudice (petitum immediatum: che voglio? Io voglio la pronincia di annullamento o accertamento. Tipo di provvedimento giurisdizionale richiesto e poi vi è un altro petitum, il petitum mediatum: il bene della vita richiesto, preteso, che costituisce il substrato materiale dell’interesse legittimo come sostanziale.); g) la sottoscrizione del ricorrente, se esso sta in giudizio personalmente, oppure del difensore, con indicazione, in questo caso, della procura speciale. 2. I motivi proposti in violazione del comma 1, lettera d), sono inammissibili.” Non sta a ripetere che questi requisiti sono formali, il prof si soffermerebbe sul punto D, si tratta dei vizi di incompetenza, violazione di legge, eccesso di potere. Rileva che nei giudizi questo vizio sia chiaramente identificato a pena di inammissibilità ed infatti così recita il comma 2 dell’art 40. Ovviamente il ricorso, come ogni ricorso nello schema della vocatio in ius, deve essere notificato pena inammissibilità all’amministrazione che l’ha emanato ed ad almeno ad uno dei controinteressati. Il ricorso deve essere proposto entro 60gg dalla notificazione o piena conoscenza dell’atto che la giurisprudenza intende come “consapevolezza dei contenuti lesivi che il provvedimento amministrativo è in grado di sprigionare”. Il termine di 60 gg risente della necessità di stabilità. Il termine processuale è sospeso, oggetto di sospensione dal 1° al 30 agosto. Come si incardina il ricordo presso l’organo giurisdizionale competente? Attraverso il deposito del ricorso. Viene effettuata la notifica alle parti e l’originale del ricorso con la prova della notifica all’amministrazione (controinteressato) deve essere depositato pena di nullità entro 30gg dal perfezionamento dell’ultima notifica. Adesso le dinamiche sono snellite dalla pec e dalle pratiche del processo telematico. Con il deposito del ricorso il ricorrente si costituisce in giudizio. I primi effetti sono previsti all’art 45 co 4, l’amministrazione è tenuta a depositare in giudizio il provvedimento impugnato e gli altri atti del procedimento. L’Amministrazione è onerata di produrre in giudizio i provvedimenti impugnati e tutti gli atti del fascicolo. In passato l’amministrazione non produceva in giudizio quegli atti ed era in onere alla difesa del ricorrente. Alle volte il ricorso era al buio perché non c’era l’accesso ai documenti amministrativi. Sulla parte ricorrente non grava più l’onere di ricerca dell’atto amministrativo ma bisogna dire che il procedimento amministrativo viene incontro alle ragioni della parte contraente anche attraverso remissione in termini per l’errore scusabile. Si estende l’art 37 del codice, quando in osservanza di termini processuali sono determinati da impedimenti di fatto non imputabili alla parte ricorrente. Tutto ciò nella logica del processo che mira, e deve mirare, ad una decisione nel merito. Motivi aggiunti: il processo amministrativo soggiace, per la presentazione del proprio atto introduttivo (ricorso), a termini stringenti, 60 gg, concepiti per esigenze di certezza dell’assetto individuato dal provvedimento amministrativo. Però può accadere che privato ricorrente venga a conoscenza di vizi del provvedimento in un secondo momento o che il privato non abbia conoscenza di tutti gli atti adottati dalla PA e questo è un problema che bisogna ovviare soprattutto nell’ottica di una tutela piena soprattutto in un processo amministrativo che guarda al rapporto privato- amministrazione; rapporto che si regge su tutti i provvedimenti concludere sui ricorsi amministrativi e i ricorsi straordinario al p. Repubblica ricorso improprio in opposizione e i ricorsi atipici la cui competenza è in capo alle autorità indipendenti. Vi è una diffusione fortissima dei ricorsi proposti all’autorità indipendenti e dei consumatori sono molto importanti, tema tuttavia rimasto fuori dal codice travi lamenta e rileva che il codice amministrativo è incentrato sul processo mentre invece lascia sullo sfondo le alternativa al processo stesso per certi versi questo è comprendibile tuttavia questi sistemi possono trovare collocazione all’interno del processo. Appello Veniamo all’appello 2 grado di giudizio non è costituzionalizzato è costituzionalizzato nella misura in cui si considera come appellabilità come affermato dalla corte costituzionale nell’ordinanza del 1985 ciò con 2 grado di giudizio, rimedio a critica libera nel processo amministrativo rimedio rinnovatorio , il processo d’appello ha carattere rinnovatorio o sostitutivo il tar o il consiglio di stato si sostituisce a quella del tar di 1 grado, legittimati all’appello sono le parti necessarie del giudizio di 1 grado e i controinteressati , un interesse ad appellare nasce ove vi è soccombenza però la soccombenza del processo amministrativo soprattutto di annullamento è meno semplice da decifrare da decrittare rispetto a quello che attiene al processo civile ,nel processo amminsitrativo può accadere che il ricorrente ottenga l’annullamento del provvedimento mentre invece si veda respinto il ricorso per altri motivi quindi vi possono essere dei casi di appello del ricorrente vittorioso , la giurisprudenza amministrativa ritiene che l’appello possa essere ammissibile se la parte possa avere un vantaggio maggiore i contenuti del ricorso in appello sono contenuti nell’art 101 del cpa “ 1. Il ricorso in appello deve contenere l'indicazione del ricorrente, del difensore, delle parti nei confronti delle quali è proposta l'impugnazione, della sentenza che si impugna, nonché l'esposizione sommaria dei fatti, le specifiche censure contro i capi della sentenza gravata, le conclusioni, la sottoscrizione del ricorrente se sta in giudizio personalmente ai sensi dell'articolo , comma 3, oppure del difensore con indicazione, in questo caso, della procura speciale rilasciata anche unitamente a quella per il giudizio di primo grado” importante la nozione di capo di sentenza basta che sia chiaro che è l’unità minima che compone una sentenza che è autonomamente impugnabile . Per quanto riguarda il giudizio di appello è importante soffermarsi sulla questione dell’effetto devolutivo dell’appello con questa espressione si fa riferimento alla riemersione automatica (a seguito di un ricorso d’appello ) ,delle questioni già sollevate nel giudizio i 1 grado e quindi di tutto ciò che si lega a queste questioni sia dal punto di vista probatorio che cognitorio, la riemersione di tutto ciò avviene per mero effetto della proposizione dell’appello, l’effetto devolutivo si sviluppa nei limiti dell’impugnazione proposta riguarda a sua volta solo le questioni oggetto di impugnazione nei capi di sentenza impugnati . Poi siccome la riemersione automatica a seguito di appello con riferimento ai capo oggetto di specifiche censure nei confronti della sentenza contenuto nel ricorso , però questo meccanismo dell’effetto devolutivo da il destro alle altre parti necessarie del giudizio di 1 grado per presentare anche esse l’appello incidentale perché se riemerge solo ciò che è impugnato è chiaro che il ricorrente che vuole contestare la sentenza o alcuni capi non contestati dall’altra parte deve a sua volta appellare quelle specificità , la logica è di parti (io appello quello che interesse a me , ecco perché ricorso incidentale, perché le altri parti che vogliono impugnare altri capi di sentenza non possono giovarsi del ricorso in appello del ricorrente principale perché questo fa riemergere tutto ma solo alcune appellate. Le parti nel processo sono egoiste, le affermazioni delle parti devano essere mirate al proprio interesse ,le parti non si fanno parte dell’interesse pubblico e nemmeno l’amministrazione dovrebbe farlo , la natura dell’egoismo nasce da qua l’appellante principale impugna i capi che gli interessano e fa emergere il materiale probatorio cognitorio funzione alla contestazione, il ricorrente incidentale dovrà fare altrettanto non può basarsi solo sul ricorrente principale. Altra previsione importante art 101 comma 2 “ Si intendono rinunciate le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado, che non siano state espressamente riproposte nell'atto di appello o, per le parti diverse dall'appellante, con memoria depositata a pena di decadenza entro il termine per la costituzione in giudizio”; la prassi dell’assorbimento viene limitata a 3 ipotesi ma si realtà si ampia morto attraverso l’assorbimento per economia processala quello in cui il giudice può andare alla ricerca della ragione più liquida e poi farne l’assorbimento , quindi la fase dell’assorbimento è stata censurata dall’adunanza plenaria ma in realtà si applica vi è soprattutto attraverso la ragione più liquida , quando si fa un appello bisogna considerare questo, se il ricorrente in appello non si prende cura di riesumare le domande e le eccezioni riassorbite dal giudice di 1 grado attraverso la prassi criticata ma sostanziante ammessa queste muoiano dopo non se ne può più discutere. Altra caratteristica della disciplina di ogni appello può una parte che si è scordata il 1 grado di formulare censure eccezion con mezzi di prova può formularli per la 1 volta in grado di appello? Anche per dare risposta a questa domanda bisogna muoversi lungo l’alternativa tra un processo di appello come nuovo giudizio o come revisio , il codice ci dice nell’art 104 “Nel giudizio di appello non possono essere proposte nuove domande, fermo quanto previsto dall'articolo 34, comma 3, né nuove eccezioni non rilevabili d'ufficio. Possono tuttavia essere chiesti gli interessi e gli accessori maturati dopo la sentenza impugnata, nonché il risarcimento dei danni subiti dopo la sentenza stessa. 2 comma Non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che il collegio li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa, ovvero che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile. Comma Possono essere proposti motivi aggiunti qualora la parte venga a conoscenza di documenti non prodotti dalle altre parti nel giudizio di primo grado da cui emergano vizi degli atti o provvedimenti amministrativi impugnati”; muoverci da questa dialettica da un lato non sono ammesse nuove censure - nuovi mezzi di prova ma vi sono dei bilanciamenti che presiede ogni norma, se sono emersi documenti che la parte non era riuscita ad acquisirli per causa ed essa non imputabile oppure nel caso in cui il documento non proposto in 1 grado è decisivo per risolvere la controversia vi è sempre la possibilità e poi vi è anche la scappatoia dei motivi aggiunti documenti non prodotti dalle parti da cui emergano vizi degli atti o dei provvedimenti, qui si consentono i motivi aggiunti non nel totale ma ove dai documenti non depositati dalla parte in 1 ° emergano vizi degli atti o dei provvedimenti qui si consente di ampliare il tema in appello nella misura in cui da questi documenti emergano dei vizi dei provvedimenti imprunati; emerge la logica di un processo cassatorio per centrare il provvedimento ove emergano nuovi vizi. Una volta che il tar si è pronunciato si va in consiglio di stato in appello ma se non vi è una pronuncia del giudice amministrativo di 1 ° la costituzione non vieta di rivolgersi per saltum al consiglio di stato questo ha tante conseguenze, una causa può essere invece per la certezza dei mercati che disciplinano in modo stabile mercati sensibili si rischia di prolungare l’incertezza, e allora abbiamo la possibilità per saltum di rivolgermi al consiglio di stato, questo perché non vi sono divieti sulla base della costituzione (non è previsto il 2 grado). Per quanto riguarda il rito applicabile in appello è quello del giudizio di 1 grado importante è dire però che proporre appello al consiglio di stato non comporta la sospensione immediata dell’esecutività della sentenza di 1 grado che è immediatamente esecutiva l’appello non ne sospende l’effetti dell’efficacia , infatti la sospensione può essere disposta dal consiglio di stato a seguito di un apposita specifica istanza o ad esso separato la sospensione cautelare della sentenza argomentata con argomenti simili a quelli che si spendano per un istanza cautelare esempio pregiudizio grave irreparabile immediatamente esecutiva valida ed efficace può produrre. Il rito infatti ai sensi art 98 in cui vengono trattate queste istanze sono quelle delle misure cautelari di 1 grado art 98. Altro riferimento importante è quello dell’adunanza plenaria adunanza plenaria , già vista già passata in rassegna abbiamo visto come esse si pronunciano su importantissimi profili svolgono una funzione di carattere nomofilattico al punto che si è definitivamente fatto presente al mondo come ormai la funzione nomofilattica non viene esercitata solo dal consiglio di stato e dalla cassazione ma pare sempre più una funzione diffusa tra le istituzioni di vertice, in un sistema che abbiamo citato nelle sentenze viste in un sistema concepito in termini unitario che deve essere unitariamente reso al cittadino. La funzione nomofilattica è una funzione diffusa e sono pregnanti esigenze di coordinano quindi una logica che dovrebbe superare il conflitto tra le giurisdizioni non più spetta a me o te (diniego di giurisdizione), è auspicabile un coordinamento che giunga fino alla sinergia fino quasi alla fusione una integrazione. L’art 99 “ La sezione cui è assegnato il ricorso, se rileva che il punto di diritto sottoposto al suo esame ha dato luogo o possa dare luogo a contrasti giurisprudenziali, con ordinanza emanata su richiesta delle parti o d'ufficio può rimettere il ricorso all'esame dell'adunanza plenaria. L'adunanza plenaria, qualora ne ravvisi l'opportunità, può restituire gli atti alla sezione. ” 2 comma Prima della decisione, il presidente del Consiglio di Stato, su richiesta delle parti o d'ufficio, può deferire all'adunanza plenaria qualunque ricorso, per risolvere questioni di massima di particolare importanza ovvero per dirimere contrasti giurisprudenziali. Comma 3 Se la sezione cui è assegnato il ricorso ritiene di non condividere un principio di diritto enunciato dall'adunanza plenaria, rimette a quest'ultima, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso” ; quindi ove non siano intervenute le sezioni unite formulando un ordinanza di remissione li può intervenire il presidente con un potere importante oppure in caso di contrasti per particolari argomenti li può rimetterli all’adunanza plenaria di suo impulso. Il comma 3 dell’art 99 è interessante a questo ricorso si applica un principio già enunciato dall’adunanza se ritiene di non condividere questo principio rimette a questi ultima la decisione del ricorso con ordinanza motivata ; l’adunanza plenaria potrà confermare il principio di diritto già confermato o potrà cambiare orientamento . norma che va nella direzione della logica della certezza del diritto, dove la plenaria ha enunciato un diritto solo la plenaria può cambiarla questo sembra riconoscere ai principi della plenaria una efficacia vincolante fino a che la stessa plenaria non cambi idea. Comma 4 “L'adunanza plenaria decide l'intera controversia, salvo che ritenga di enunciare il principio di diritto e di restituire per il resto il giudizio alla sezione remittente” ; la plenaria normalmente decide l’intera controversia, salvo in alcuni casi in cui ritenga di enunciare il principio di diritto e poi lo rimette al giudice a quo, addirittura si ritiene importante che la plenaria possa svolgere a pieno la funzione nomofilattica che l’adunanza plenaria può decidere di nunciare il principio di diritto nell’interesse della legge anche quando dichiara il ricorso improcedibile inammissibile o irricevibile ,comma 5 “ Se ritiene che la questione è di particolare importanza, l'adunanza plenaria può comunque enunciare il principio di diritto nell'interesse della legge anche quando dichiara il ricorso irricevibile, inammissibile o improcedibile, ovvero l'estinzione del giudizio. In tali casi, la pronuncia dell'adunanza plenaria non ha effetto sul provvedimento impugnato” ; Il punto interessante è anche quando manchino la legittimazione d’interessi o quando il ricorso in appello sia tardivo insomma quando vi sia delle situazioni particolari , quando la plenaria ritenga che il ricorso sia irricevibile in tutti questi casi la plenaria può pronunciare il principio di diritto, lo fa nell’interesse della legge perché ormai non vi è più un interesse della parte , il giudice enuncia un principio di diritto che non servirà più a dirimere quella controversia non sarà applicato a quella controversia , ma principio enunciato nell’interesse della legge (dell’ordinamento). Emerge una valenza ampia una funzione nomofilattica ,del resto questa dialettica lo hanno tutti i processi si contrappone 2 ideologia quella di Chiovenda come un processo di parte che risolve la disputa intersoggettiva e un processo nella versione carneluttiana di processo che trascende dal mero interesse di parte ma guarda all’intero ordinamento. Ricorso per Cassazione per motivi di giurisdizione Per concludere questa parte parliamo del ricorso per cassazione per motivi di giurisdizione lo abbiamo già più volte evocato il ricorso per cassazione , l’articolo di riferimento è l’art 110 del cpa ci dice che “Il ricorso per cassazione è ammesso contro le sentenze del Consiglio di Stato per i soli motivi inerenti alla giurisdizione” ; qui la questione essenzialmente è quello dei limiti esterni della giurisdizione , riparto di giurisdizione che si sviluppa tra diritti soggettivi e interessi legittimi sulla scota della sentenza c.costituzionale n 204 del 2004 e successive ; è però interessante vedere come la cassazione abbia sviluppato ampliato a dismisura i motivi inerenti alla giurisdizione per esempio in materia di pregiudizialità amministrativa quando il problema che si poneva era è possibile chiedere il risarcimento del danno prima di aver chiesto l’annullamento dell’atto , tra le pronunce del consiglio di stato che si pronunciavano nel senso della piena vigenza della pregiudizialità amministrativa ,la corte di cassazione cassava queste sentenze rilevando il rifiuto di giurisdizione, il consiglio di stato si sarebbe rifiutato di pronunciarsi , queste questioni venivano fatta rientrare nei motivi di giurisdizione . Poi altra questione che abbiamo visto era quello dell’eccesso di potere giurisdizionale sempre censurato attraverso la clausura dell’art 362 cpc eccesso di potere giurisdizionale che si verificava quando la giurisdizione del giudice amministrativo si spingesse sconfinasse nel merito delle scelte amministrative (esempio antitrust) . La cassazione ha ritenuto in una sentenza del 2015 ha ritenuto viziata la sentenza del consiglio di stato che è andata in contrasto con una direttiva comunitaria fornita dalla corte di giustizia , il rischio è quello che questi motivi inerenti alla giurisdizione costituiscono la base per poter sindacare le sentenze del giudice amministrativo è uno dei grandi motivi di scontro la cassazione fa valere il suo diritto a dire l’ultima parola , in alcuni casi l’utilizzo di questo strumento appare eccessivo. Giudizio di ottemperanza Il giudizio di ottemperanza è un giudizio di esecuzione ma anche risarcitorio conformativo sono degli effetti del giudizio di ottemperanza tutte piegate sulla stella polare dell’effettività, per parlare del giudizio di ottemperanza nelle sue polisemica natura bisogna partire da un punto di partenza fisso e ineludibile quello di giudicato , la sentenza passa in giudicato quando non sono più ammessi esperibili altri giudizi, giudicato amministrativo presenta delle peculiarità rispetto al giudicato civile, nel giudizio civile si insegna che il giudicato vale tra le parti i loro successori o aventi causa, si può arrivare alla medesima conclusione nel processo amministrativo quando si impugni un atto amministrativo generale esempio bando di gara , bando di concorso , atti che spiegano producano effetti inscindibili nei confronti di una pluralità di destinatari non individuabili a priori ma solo a posteriori quindi in questi casi il giudicato si potrebbe ornamentare produce effetti nei confronti di tutti i soggetti destinatari dell’atto annullato ; anche se qui questa visione che è stata fatta propria dal consiglio di stato consentendo l’ottemperanza a soggetti rimasti 3 rispetto al giudicato questa visione forse confonde quello che sono gli effetti dell’annullamento con quello che sono i limiti soggettivi del giudicato , quindi bisogna prestare attenzione a questa differenziazione, gli effetti dell’annullamento di un atto generale produce effetti che vanno oltre quello delle parti in causa ma tuttavia gli effetti del giudicato in senso tecnico giudico sembrano circoscrivibili nell’ambito dei classici limiti del giudicato tuttavia la conclusioni è dibattuta. La sentenza del giudice amministrativo è immediatamente esecutiva come ci dice l’art 33 comma 2 del cpa , quindi questa sentenza esecutiva produce effetti eliminatori conformativi ripristinatori al momento della sua pubblicazione, quello che rileva particolarmente sono gli effetti conformativi , il dovere dell’amministrazione di dare esecuzione alla sentenza va letto soprattutto con attenzione all’effetto conformativo , gli effetti di eliminazione e di ripristino sono propri della sentenza ma non quello conformativo che è la regola dettata al giudice dell’ottemperanza facendo salva la possibilità di questo giudice di convertirla in un azione ordinaria entro certi limiti (il rito è quello camerale un rito diverso rispetto ai normali processi d’impugnazione non vi è più la diffida), importante è capire che il ricorso in ottemperanza a differenza del ricorso giurisdizionale non è soggetto a termini di decadenza ,il ricorso in ottemperanza mira a tutelare il diritto all’esecuzione della sentenza soggiace al termine di10 anni dal giudicato della sentenza, non è un giudizio di impugnazione ma è un giudizio nel quale il privato fa valere il diritto che la sentenza sia eseguita. Ultimo riferimento alla competenza è competente in ottemperanza il giudice che ha pronunciato la sentenza quindi sarà competenza nei confronti di una sentenza del tar il consiglio di stato tuttavia che la sentenza del tar è stata confermata o comunque riformata ma l’effetto conformativo rimane quello, la competenza spetta sempre al tar in sostanza ognuno è giudice delle sue sentenze per le sentenze del ter confermate rimane competente il tar essendo rimasto intatto il dictum. Ricorsi ammnistrativi Fino a che non è stata istituita la 4 sezione l’unico rimedio nei confronti dell’amministrazione era nei ricorsi amministrati. Facciamo un discorso generale per tutti i ricorsi amministrativi anche per quelli atipici , si concludono con una decisione ammnistrativa è un provvedimento ammnistrativo formato all’esito di un procedimento in contraddittorio è un provvedimento diretto tra amministrazione e i privati . Altro principio essenziale è il principio della domanda, l’amministrazione non è vincolata alla corrispondenza tra chiesto e pronunciato, nei ricorsi ammnistrativi invece il principio dispositivo si applica (riemerge una ibridazione tra le forme) , non di meno la decisione amministrativa è a sua volta impugnabile quindi la decisione amministrativa non possiede la forza del giudicato e le conseguenza che ne derivano. Non trattiamo tutti i ricorsi ammnistrativi (leggili e basta nel libro), trattiamo il ricorso straordinario del presidente delle repubblica, rimedio utilizzato per 2 ragioni: • il termine per esperire il ricorso è di 120 gg invece che 60, • in secondo luogo perché costa molto meno. Per quanto riguarda l’ambito applicativo è erede degli antichi ricorsi al re all’organo di vertice degli ordinamenti monarchici è un antico retaggio dello stato amministrativo di quando il re era giudice e il giudice era il re, il re era giudice supremo in questo stato la funzione amministrativa e giurisdizionale si compenetravano ; l’art 7 -8 comma del cpa circoscrive l’applicabilità delle vertenze devolute al giudice amministrativo ,questo rimedio può riguardare diritti soggettività solo se sono materie che ricadano nella giurisdizione esclusa ( esclusa in materia di apparti e in materia di diritto di accesso). Il termine è 120 giorni le modalità sono assimilabili deve essere notificato ad almeno 1 dei controinteressati entro 180 gg dalla comunicazione , quello che ci interessa di più è il mutamento di disciplina che si è realizzato soprattutto con la legge 69 del 2009 in passato la decisione del ricorso straordinario era rimessa al ministero competente adesso invece la disciplina ha subito una mutazione giurisdizionale una volta integrato il contraddittorio se il ricorso il ministero competente in materia deve svolgere l’attività istruttoria raccogliendo gli elementi utili ai fini della decisione del ricorso una volta fatto ciò il ricorso è trasmesso dal ministro al consiglio di stato per un parere che viene adottato da una sezione o dalla adunanza generale , e sulla basa di tale parere il ministro formula la proposta di decreto al p. della repubblica l’atto conclusivo è il dpr he decide la controversia; in passato il parere del consiglio di stato non era vincolante era infatti previsto solo il ministro poteva chiedere anche un parere al consiglio dei ministri che si poteva discostare dal consiglio di stato oggi , invece dopo al riforma del 2009 l 69 la proposta del ministro deve essere conforme al parere del consiglio di stato il parere quindi il parere è vincolante quindi di fatto la risoluzione della controversia è rimessa al consiglio di stato (è lui a dire l’ultima parola sulla controversia), ciò è confermato dalla possibilità dell’attribuzione al consiglio di stato della possibilità di sollevare una questione di legittimità costituzionale, nella norma è sollevata dai giudici questo getta una logica di carattere giurisdizionali. Altra caratteristica del ricorso straordinario è l’alternatività ciò significa che non possono essere pendenti i ricorsi straordinario davanti al p. Repubblica e giurisdizionali , la ragione è l’esigenza di evitare diversificati risultati in sede consultiva e giurisdizionale , l’alternatività comporta l’inammissibilità del ricorso amministrativo proposto verso il medesimo atto in via straordinaria ovviamente si potrebbe dire che ciò lede il diritto di azione previsto art 24 cost ,in realtà non è così nella misura in cui il ricorso straordinario è riconducibile ed una scelta del ricorrente in via straordinaria ma anche dai controinteressati art 10 dpr 1199 del 1971 che è la disciplina regolante ,contempla istituto dell’opposizione dei controinteressati, ad essi deve essere data la possibilità di presentare opposizione (possono volere che sia competente il tar e non per ricorso straordinario ) , in questo caso il ricorrente se vuole continuare nel impugnazione ha l’onere id riassumere di costituirsi in giudizio entro 60 gg , con previsione introdotta nell’art 48 cpa l’opposizione un tempo consentita solo ai controinteressati è prevista anche alle amministrazioni statali. Come si impugna il ricorso la decisione del ricorso straordinario contenuto nel dpr del p.repubblica che fa propria la proposta del ministero e del consiglio di stato ai sensi del dpr del 71 il dpr è impugnabile davanti al tar solo per vizi di forma o di di procedimento che si siano realizzati dopo il parere del consiglio di stato. Una forte limitazione del potere di impugnativa non per tutti i vizi ma anche essa è frutto di una scelta del ricorrente e dei controinteressati. Il ricorso per ottemperanza può essere previsto anche per l’esecuzione del ricorso straordinario previsione che si ricava dall’art 112- 2 comma interpretazione discutibile ma in linea con la conformazione in senso giurisdizionale ormai assunta dal ricorso straordinario ormai parere del consigli di stato vincolante. Ricorso autorità indipendenti Si vanno diffondendo sempre più dei sistemi alternatavi in capo all’autorità amministrative indipendenti esempio la banca d’italia per le controversie tra risparmiatori e banche , la consob per le controversie tra invertitori e banche uno strumento arbitrario, inoltre il arante sulla privacy ; ma gli strumenti più interessanti nella prospettiva del diritto amministrativo appaiono le procedure amministrative contenziose dell’autorità garante delle comunicazioni e dell’energia anche L’Anac ha uno struemnto importantissimo come precontenzioso allo strumento legale , controversie insorte nell’aggiudicazione di una gara possono essere rimesse ai sensi art 2011 del codice dei contratti pubblici all’Anac essa deciderà con un parere vincolante . Queste attività risolvono non controversie che hanno ad oggetto un provvedimento amministrativo nel tradizionale modello del ricorso di opposizione gerarchico speciale sono rimedi impugnatori si impugna davanti alla stessa amministrazione o davanti al p. Repubblica quell’atto. Questi strumenti sono diversi il ricorrente non contesta un provvedimento ma sottopongono all’amministrazione controversie intersoggettive il modello giuridico di riferimento è quello del ricorso atipico ,sono ricorsi diretti all’amministrazione per risolvere controversie su diritti soggettivi qui l’amministrazione è 3 l’amministrazione si fa giudice gli esempi sono controversie tra imprese btb o controversie tra imprese e consumatori bts . Il procedimento è a forte contraddittorio che si risolve con un provvedimento amministrativo ed è impugnabile davanti al tribunale amministrativo regionale (appellabilità delle pronunce del tar). Le impugnazioni non sono tantissime i vantaggi sono tantissimi costi 0 tempi minori e maggiore competenza tecnica, tuttavia hanno degli svantaggi non sono cosa giudicata la loro stabilità può essere recuperata solo se sono autorevoli. Il rischio è che queste amministrazioni più che tutelare le posizioni soggettive guardino alla loro regolazione amministrativa, utilizzano le controversie intersoggettive per fare regolazione con altri mezzi rischio forte per 2 ragioni si rischia di non dare piena tutela alle parte ma anche perché le regole escano da un contraddittorio ristretto , quindi la possibile soluzione è quello dell’applicazione del principio della domanda , le autorità devano anche esse tendenzialmente conformarsi al principio della domanda cioè debbano pronunciarsi nei limiti della domanda di parte dare torto o ragione alle domande che provengano dalla parte poi anche queste procedure presento un rapporto con le giurisdizioni sono impugnabili davanti al giudica amministrativo . L’alternatività consente di evitare queste controversie ricadano nella giurisdizione del giudice ordinario. Oggi accanto alla giustizia amministrativa vi è un monto di ricorsi quello straordinario disciplinato anche in piccola parte dal codice e i risorsi atipici.
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