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divina commedia canto 2 parafrasi, Dispense di Italiano

divina commedia canto 2 parafrasi

Tipologia: Dispense

2018/2019

Caricato il 19/09/2019

noemi-quondam
noemi-quondam 🇮🇹

4.5

(9)

46 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica divina commedia canto 2 parafrasi e più Dispense in PDF di Italiano solo su Docsity! Inferno, Canto II D.G. Rossetti, Beata Beatrix "...Ma io perché venirvi? o chi 'l concede? Io non Enea, io non Paulo sono; me degno a ciò, né io né altri 'l crede..." "...Io era tra color che son sospesi e donna mi chiamò, beata e bella, tal che di comandare io la richiesi..." Oh pietosa colei che mi soccorse! E tu cortese, ch'ubidisti tosto alle vere parole che ti porse! Argomento del Canto Dubbi di Dante sul viaggio. Virgilio gli spiega che Beatrice gli ha fatto visita nel Limbo ed è stata a sua volta inviata dalla Vergine e da santa Lucia. Dante si riconforta. È la sera di venerdì 8 aprile (o 25 marzo) del 1300. Proemio della Cantica (1-9) Sta calando la notte e Dante, che segue Virgilio lungo la strada che li condurrà alla porta dell’Inferno, è il solo che si prepara a un percorso irto di difficoltà mentre tutte le altre creature riposano. Il poeta invoca l’assistenza delle Muse, perché lo aiutino a ricordare ciò che ha visto nel corso del suo viaggio. Dubbi di Dante (10-42) A. Rublev, icona di San Paolo Dante si rivolge a Virgilio e gli esprime tutti i suoi dubbi sull’impresa che sta per affrontare. Ricorda che lo stesso Virgilio cantò di Enea, il quale fu protagonista di una discesa agli inferi quando era ancora vivo: egli però avrebbe contribuito alla fondazione di Roma, centro dell’impero romano e poi sede del Papato, quindi non è sorprendente che Dio gli abbia concesso un tale privilegio. Anche San Paolo compì un viaggio nel mondo ultraterreno, al fine di corroborare la fede nella religione cristiana di cui era zelante apostolo. Ma Dante non è Enea, né San Paolo, quindi chi gli concede di intraprendere un viaggio simile? Egli ha dunque cambiato idea e vorrebbe recedere dal proposito che ha assunto con tanta sicurezza alla fine del canto precedente. Il racconto di Virgilio: l'incontro con Beatrice (43-74) Virgilio risponde accusando Dante di viltà, rinfacciandogli di aver paura proprio come una bestia che si spaventa vedendo la propria ombra. Per convincerlo della necessità di compiere il viaggio, gli spiega chi lo ha inviato in suo soccorso: egli si trovava nel Limbo, tra le anime sospese, quando comparve a lui l’anima di una donna bellissima, dagli occhi lucenti come una stella e che parlava con voce soave, al punto che lui le chiese di comandargli cosa volesse. La donna si era rivolta a lui come al più grande poeta mai vissuto e gli aveva chiesto di soccorrere Dante, l’uomo che lei aveva amato in modo disinteressato: Dante era alle prese con le tre fiere e stava per tornare indietro dalla paura, quindi l’aiuto di Virgilio era quanto mai necessario. La donna si era presentata come Beatrice e aveva detto di provenire dal Paradiso. Il racconto di Beatrice: le tre donne benedette (75-120) Virgilio racconta che aveva chiesto a Beatrice perché lei non temesse di scendere nell’Inferno, in mezzo alle anime dannate. La donna aveva risposto che, essendo beata, non doveva temere la miseria dei dannati perché non in grado di nuocerle. In Cielo la Vergine si era commossa all’idea che Dante corresse pericoli nella selva , quindi aveva incaricato santa Lucia di intervenire in suo favore. Lucia si era rivolta a Beatrice, che sedeva accanto allo scanno di Rachele, e le aveva spiegato che Dante, l’uomo da lei amato, lottava con la morte trascinato in basso dal peccato. Beatrice era stata allora rapida nel lasciare il Paradiso e nel venire a chiedere aiuto a Virgilio: aveva terminato il suo racconto piangendo, cosa che aveva spinto il poeta latino a correre nella selva per portare il suo soccorso a Dante. L'esortazione di Virgilio (121-142) notturno ha chiuso e che si riapre alle prime luci del mattino (la similitudine è rovesciata rispetto all'ora del giorno, visto che sulla Terra sta calando il buio): questo avverrà anche in altre occasioni, allorché Dante sarà preso da dubbi o verrà scoraggiato dalle difficoltà del cammino, specialmente durante la discesa all'Inferno ma anche (come vedremo) in occasione della faticosa ascesa del Purgatorio, quando Virgilio in più circostanze rimanderà il discepolo alle spiegazioni più precise e puntuali di Beatrice che lo attende sulla vetta del monte. Note e passi controversi I vv. 1-3 riecheggiano alcuni passi virgiliani, quali ad esempio Aen., III, 147 (Nox erat, et terris animalia somnus habebat), ma anche IV, 522-528, VIII, 26-27, ecc. Il v. 13 indica Enea come padre di Silvio, il figlio avuto da Lavinia. L'avversario d'ogne male (v. 16) è naturalmente Dio. Nel v. 18 e 'l chi e 'l quale sono soggetti di pare e vuol dire che Enea, come persona e come meriti, non pare indegno di aver ricevuto il privilegio di scendere agli Inferi. Il maggior Piero (v. 24) è san Pietro, primo papa, e il suo successor è il pontefice che ha sede a Roma. Lo vas d'elezione (v. 28) è san Paolo, così definito in Act. Ap., IX, 15 (l'espressione significa letteralmente «strumento della scelta»). Il viaggio in Cielo cui si riferisce Dante è narrato da Paolo stesso in II Cor., XII, 2-4, dove si dice che il santo fu rapito in estasi e portato al III Cielo. Al v. 35 temo che... non significa «temo che» ed è costruzione alla latina (timeo ne; cfr. v. 64). Al v. 44 ombra, sostantivo, è in rima equivoca con ombra, verbo (v. 48). Alcuni commentatori pensano che al v. 55 Virgilio voglia dire che gli occhi di Beatrice splendono più della «stella diana», cioè di Venere, ma forse è un riferimento generico. Per l'espressione, cfr. Cavalcanti, XLVI, vv. 1-2: In un boschetto trova' pasturella / più che la stella - bella, al mi' parere. Nel v. 60 lontana è certamente aggettivo, non voce del verbo lontanare (alcuni mss. leggono moto al posto di mondo). Beatrice vuol dire che la fama di Virgilio è destinata a durare quanto durerà il mondo. Il v. 61 (l'amico mio, e non de la ventura) vuole dire colui che mi amò in modo disinteressato, non quindi per motivi materiali legati alla ventura (fortuna). Il ciel c'ha minor li cerchi sui (v. 78) è quello della Luna, il più basso e vicino alla Terra, al di sotto del quale vi è il mondo materiale: Virgilio intende dire che Beatrice, allegoria della grazia, è la sola in grado di elevare l'uomo al di sopra di esso. Alcuni mss. leggono il v. 81 più non t'è uopo aprirmi il tuo talento («non hai più bisogno di dirmi quello che vuoi», in quanto Beatrice ha effettivamente espresso la sua richiesta a Virgilio), ma è lezione facile e perciò trascurata. I vv. 88-90 si rifanno a un principio aristotelico, noto a Dante attraverso la filosofia di san Tommaso d'Aquino, e il riferimento è anche alle paure espresse da Dante all'inizio e altrettanto inconsistenti. Il v. 96 si riferisce a Maria e indica la sua propensione a intercedere presso Dio in favore dei fedeli. Beatrice riprenderà il suo seggio nella rosa dei beati accanto a Rachele (v. 102) in Par., XXXI, 52 ss.; cfr. anche XXXII, 7-9. Il v. 108 (su la fiumana ove 'l mar non ha vanto) ha dato filo da torcere agli interpreti: lett. vuole dire sul fiume, nel punto in cui il mare non ha potere, quindi sulla foce. Allegoricamente si può interpretare come il fiume del peccato, che trascina nella sua corrente che è più rapinosa nei pressi della foce, quindi santa Lucia vuol dire che Dante è nel gorgo tempestoso del peccato e rischia la dannazione. Certamente il fiume non è l'Arno, né l'Acheronte. Al v. 116 volse (da «volgere») è in rima equivoca con volse al v. 118 (da «volere»). La fiera citata da Virgilio al v. 119 è la lupa (Canto I, 49 ss.). Ai vv. 121-123 Virgilio rivolge a Dante un pressante appello, usando anche l'anafora di Perché? Testo Lo giorno se n’andava, e l’aere bruno Parafrasi l giorno era quasi finito, e l'oscurità toglieva gli animali toglieva li animai che sono in terra da le fatiche loro; e io sol uno 3 m’apparecchiava a sostener la guerra sì del cammino e sì de la pietate, che ritrarrà la mente che non erra. 6 O muse, o alto ingegno, or m’aiutate; o mente che scrivesti ciò ch’io vidi, qui si parrà la tua nobilitate. 9 Io cominciai: «Poeta che mi guidi, guarda la mia virtù s’ell’è possente, prima ch’a l’alto passo tu mi fidi. 12 Tu dici che di Silvio il parente, corruttibile ancora, ad immortale secolo andò, e fu sensibilmente. 15 Però, se l’avversario d’ogne male cortese i fu, pensando l’alto effetto ch’uscir dovea di lui e ’l chi e ’l quale, 18 non pare indegno ad omo d’intelletto; ch’e’ fu de l’alma Roma e di suo impero ne l’empireo ciel per padre eletto: 21 la quale e ’l quale, a voler dir lo vero, fu stabilita per lo loco santo u’ siede il successor del maggior Piero. 24 Per quest’andata onde li dai tu vanto, intese cose che furon cagione di sua vittoria e del papale ammanto. 27 Andovvi poi lo Vas d’elezione, per recarne conforto a quella fede ch’è principio a la via di salvazione. 30 Ma io perché venirvi? o chi ’l concede? Io non Enea, io non Paulo sono: me degno a ciò né io né altri ’l crede. 33 Per che, se del venire io m’abbandono, che sono in terra dalle loro fatiche; e io ero il solo che mi preparavo ad affrontare un cammino angoscioso e terribile, che la mia mente infallibile descriverà. O muse, o alto ingegno poetico, aiutatemi; o mente, che annotasti quello che hai visto, qui dovrai dare dimostrazione della tua nobiltà. Io cominciai a dire: «Poeta che mi guidi, valuta se la mia virtù è sufficiente, prima di condurmi in questo arduo viaggio. Tu dici che il padre di Silvio (Enea), ancora in vita, andò nell'Aldilà in carne e ossa, con tutto il corpo. Perciò, se il nemico di ogni male (Dio) fu cortese verso di lui, l'uomo e i suoi meriti non sembrano indegni a un uomo dotato di intelletto, se si pensa all'alto effetto che doveva essere prodotto da lui; infatti egli fu scelto nell'Empireo come fondatore della nobile Roma e del suo impero: e Roma e il suo impero, a dire la verità, furono stabiliti come la santa sede dove risiede il successore del primo papa (Pietro). Grazie a questo viaggio che tu narri, Enea sentì cose che lo portarono poi alla vittoria e produssero il manto papale (la nascita della Chiesa). Vi andò poi (nell'Aldilà) ilo strumento della scelta (san Paolo), per rendere salda quella fede che è principio alla via della salvezza. Ma io perché dovrei andarci? chi lo concede? Io non sono Enea, né san Paolo; né io né nessun altro mi ritiene all'altezza di questo compito. Perciò, se accetto di seguirti, temo che il mio viaggio sia una follia. Sei saggio, comprendi meglio di come io temo che la venuta non sia folle. Se’ savio; intendi me’ ch’i’ non ragiono». 36 E qual è quei che disvuol ciò che volle e per novi pensier cangia proposta, sì che dal cominciar tutto si tolle, 39 tal mi fec’io ’n quella oscura costa, perché, pensando, consumai la ’mpresa che fu nel cominciar cotanto tosta. 42 «S’i’ ho ben la parola tua intesa», rispuose del magnanimo quell’ombra; «l’anima tua è da viltade offesa; 45 la qual molte fiate l’omo ingombra sì che d’onrata impresa lo rivolve, come falso veder bestia quand’ombra. 48 Da questa tema acciò che tu ti solve, dirotti perch’io venni e quel ch’io ’ntesi nel primo punto che di te mi dolve. 51 Io era tra color che son sospesi, e donna mi chiamò beata e bella, tal che di comandare io la richiesi. 54 Lucevan li occhi suoi più che la stella; e cominciommi a dir soave e piana, con angelica voce, in sua favella: 57 "O anima cortese mantoana, di cui la fama ancor nel mondo dura, e durerà quanto ’l mondo lontana, 60 l’amico mio, e non de la ventura, ne la diserta piaggia è impedito sì nel cammin, che volt’è per paura; 63 e temo che non sia già sì smarrito, ch’io mi sia tardi al soccorso levata, possa spiegare». E come colui che non vuole più ciò che voleva, e cambia idea a causa di nuovi pensieri, cosicché recede totalmente dai suoi propositi, così divenni io in quei luoghi oscuri, perché pensandoci sopra posi fine all'impresa che fu così rapida all'inizio. L'ombra di quel nobile uomo rispose così: «Se io ho capito bene le tue parole, la tua anima è vittima di viltà, la quale molte volte opprime l'uomo e lo fa desistere da un'impresa onorevole, proprio come una falsa immagine fa imbizzarrire una bestia quando si adombra. Affinché tu ti liberi da questi timori, ti dirò perché sono venuto qui e quello che sentii nel primo momento che provai per te dolore. Io ero tra le anime sospese del Limbo, e mi chiamò una donna tanto beata e tanto bella che le chiesi di comandarmi. I suoi occhi erano più lucenti di una stella e lei iniziò a parlarmi con tono dolce e soave, con una voce che sembrava il linguaggio di un angelo: "O nobile anima mantovana, di cui la fama ancora perdura nel mondo e durerà tanto quanto il mondo, colui che mi amò in modo disinteressato (Dante) sul pendio deserto di un colle è impedito a tal punto che si è voltato indietro per paura; e temo che sia già smarrito a tal punto che io mi sono mossa troppo tardi per soccorrerlo, per quello che ho sentito su di lui in cielo. Ora muoviti, e con la tua parola elegante, e con ciò che è necessario per la sua salvezza, aiutalo in modo che io
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