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DNA, RNA E I PROCESSI DI REPLICAZIONE TRASCRIZIONE E TRADUZIONE, Dispense di Biologia Molecolare

dispensa dettagliata riguardante le fasi che condussero alla scoperta del DNA, la sua struttura e le funzioni fondamentali, il ruolo e le caratteristiche degli acidi nucleici, l'RNA e i processi di replicazione, trascrizione e traduzione spiegati nel dettaglio. concetto di dogma centrale della biologia molecolare e processi di controllo e correzione nella sintesi.

Tipologia: Dispense

2019/2020

In vendita dal 02/04/2020

Ch.anto
Ch.anto 🇮🇹

4.3

(3)

35 documenti

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Scarica DNA, RNA E I PROCESSI DI REPLICAZIONE TRASCRIZIONE E TRADUZIONE e più Dispense in PDF di Biologia Molecolare solo su Docsity! DNA E MATERIALE GENETICO Inizialmente si riteneva che il materiale genetico fosse costituito dalle proteine e non dal DNA perché quest’ultimo era formato dalla ripetizione di soli quattro nucleotidi con struttura simile, mentre le proteine dalla combinazione di venti diversi amminoacidi. 1) ESPERIMENO DI GRIFFITH: stava brevettando un vaccino che proteggesse dallo streptoccocus pneumoniae, un batterio. e condusse questo esperimento su topi da laboratorio. Il batterio venne utilizzato sia nella forma virulenta che in quella mutata non virulenta. La forma virulenta era in grado di provocare la malattia. Questo sembrò testimoniare che alla base dell’infezione vi fosse il rivestimento polisaccaridico. Se però il ceppo virulento veniva ucciso con il calore, i topi non mostravano la malattia. Ciò testimoniava il fatto che il rivestimento polisaccaridico non fosse sufficiente a causare la malattia. Infettando i topi con una miscela contenente il ceppo virulento ucciso con calore e il ceppo non virulento (due ceppi innocui) i topi riscontravano la malattia. Nella miscela la virulenza che si trovava sul rivestimento polisaccaridico era passata dal ceppo virulento a quello non virulento attraverso un processo che definì di trasformazione. Questo processo permetteva di trasmettere questo carattere, la virulenza, anche alle generazioni future. 2) ESPERIMENTO AVERY, MCCARTY E MACLEOD: Essi sottoposero i campioni contenenti il fattore di trasformazione dello pneumococco a vari trattamenti per distruggere tipi diversi di molecole (proteine, acidi nucleici, carboidrati e lipidi) e controllarono se tali campioni trattati avevano conservato la capacità di trasformazione. L’esito fu sempre lo stesso: se si distruggeva il DNA del campione, l’attività di trasformazione andava persa, ma ciò non avveniva quando si distruggevano le proteine, i carboidrati o i lipidi. prepararono una miscela del ceppo virulento morto e del ceppo non virulento vivo e tolsero la maggior quantità possibile di proteine. Osservarono che il processo della trasformazione si verificava comunque e non implicava l’utilizzo di materiale proteico e identificarono come responsabile del processo il DNA. 3) ESPERIMENTO DI HERSHEY E CHASE: per testimoniare ulteriormente la teoria eseguirono un esperimento sui batteriofagi, ovvero virus che infettano i batteri. Il batteriofago è una molecola semplice formata o da RNA o da DNA e rivestimento proteico. I batteriofagi producono l’infezione introducendo all’interno della cellula da infettare il proprio materiale genetico. Per capire se il materiale genetico fosse costituito da DNA o RNA era necessario scoprire quale molecola utilizzasse il fago durante l’infezione. DNA e proteine vennero etichettati per una loro caratteristica strutturale, in quanto i nucleotidi contengono fosforo e le proteine zolfo, non viceversa. In un primo esperimento, i ricercatori lasciarono che i batteri venissero infettati da un batteriofago marcato con 32P e in un secondo esperimento da un batteriofago marcato con 35S. Dopo pochi minuti dall’infezione, le soluzioni contenenti i batteri infettati furono prima agitate in un frullatore, in modo da staccare dalla superficie batterica le parti del virus che non erano penetrate nel batterio, poi furono sottoposte a centrifugazione per separare i batteri. Se si centrifuga ad alta velocità una soluzione o una sospensione, i soluti o le particelle sospese si separano secondo un gradiente di densità: i residui del virus (cioè le parti che non sono penetrate nel batterio), che sono più leggeri, rimangono nel liquido surnatante; le cellule batteriche, che sono più pesanti, si depositano sul fondo della provetta. scoprirono così che la maggior parte di 35S (e quindi della proteina virale) era contenuta nel liquido surnatante, mentre la maggior parte di 32P (e quindi del DNA virale) rimaneva all’interno dei batteri. Questi risultati suggerivano che a trasferirsi nei batteri era stato il DNA: quindi era proprio questa la sostanza capace di modificare il programma genetico della cellula batterica. 4) Gli acidi nucleici devono il loro nome ad una scoperta condotta da un medico tedesco che estrasse da dal nucleo di una cellula una sostanza bianca contenente concentrazione di fosforo e zolfo diversa da quella degli altri costituenti cellulari. Venne definita nucleina. Avendo una componente prettamente acida venne poi denominata acido nucleico. Il DNA è costituito da tre componenti principali: uno zucchero pentoso a cinque atomi di carbonio, Un gruppo fosfato PO4 una base azotata lo zucchero pentoso è il ribosio, ed ha una struttura pentagonale al vertice della quale è posto un atomo di Ossigeno. Da questo, si inseriscono sugli altri vertici gli atomi di carbonio, numerati in senso orario e seguiti dal simbolo ‘ per distinguerli dagli atomi della base azotata. A livello del carbonio 3’ si inserisce un gruppo ossidrile libero. A livello con carbonio 1’ si inserisce la base azotata. A livello del carbonio 5’ il gruppo fosfato. Il legame tra il gruppo fosfato 5’ e il gruppo OH in 3’ permette al DNA e RNA di formare lunghe catene polinucleotidiche. Il legame che si forma è detto fosfodiesterico, in quanto il gruppo fosfato risulta essere legato ai due zuccheri pentosi tramite doppi legami diesterici. 5) REGOLA DI CHARGAFF: dimostrò l’esistenza di una complementarietà tra le basi data da un’esigenza strutturale: la concentrazione di adenina è sempre uguale a quella della timina, quella della guanina sempre uguale a quella della citosina. Ciò implica che l’accoppiamento si realizza per appaiamento di una purina purina, a due anelli, e di una pirimidina (ad un anello). 6) ESPERIMENTO DI FRANKLIN: permise di scoprire la struttura della molecola di DNA utilizzando la tecnica di diffrazione a raggi X questa tecnica prevedeva di colpire ripetutamente la molecola in analisi tramite una scarica di raggi X che sarebbero stati diffratti dalla molecola stessa. La diffrazione data dallo scontro con la molecola sarebbe stata registrata su una pellicola. Esperimento di diffrazione funziona principalmente su molecole preparate tramite cristallografia, per questo il DNA venne utilizzato sotto forma di fibre. La diffrazione registrata su pellicla dimostrò una struttura tridimensionale data da un avvolgimento ad elica. 7) MODELLO DI WATSON E CRICK: determinarono la struttura sulla base delle informazioni ricavate. Chiave del concetto risiede nel fatto che la doppia elica fosse formata da due filamenti nucleotidici intrecciati intorno ad un asse comune a dare una doppia elica formata da uno scheletro fosfodiesterico. I due filamenti sono tenuti insieme da legami idrogeno instauratisi tra le coppie di basi: un doppio legame idrogeno tra adenina e timina, un triplo legame idrogeno tra guanina e citosina. Anche se i legami a idrogeno sono deboli, nel complesso formano una struttura stabile. Ciò implica che anche se i due filamenti siano diversi ognuno di essi può essere utilizzato per specificare l’altro e viceversa. Ogni filamento del DNA è caratterizzato da una polarità: in entrambi i filamenti vi è sempre un’estremità 3’ OH terminale e un’altra 5’ PO4 terminale. I due filamenti si dispongono antiparalleli, uno in 3’ 5’, l’altro in 5’ 3’. In base a questo modello si enunciarono tre possibili modelli di replicazione: -MODELLO CONSERVATIVO: entrambi i filamenti di DNA parentale fungono da stampo. Dopo il processo si riassociano e i filamenti neo formati si associano a loro volta. -MODELLO DISPERSIVO: le molecole figlie sarebbero frutto di una miscela di filamenti parentali e filamenti di nuova generazione. -MODELLO SEMICONSERVATIVO: ognuno dei due filamenti parentali funge da stampo per la formazione del nuovo filamento. La molecola figlia sarebbe costituita da un filamento parentale e uno di nuova generazione. Tuttavia, il modello di whatson e crick può subire delle variazioni. Sono riconosciute tre tipologie di DNA: DNA A: ha elica corta e larga e orientamento destrorso. Si forma quando il DNA è posto in una soluzione poco idratata. DNA B: elica stretta e allungata, ha orientamento destrorso. Si forma quando il DNA è immerso in soluzione molto idratata. DNA Z: elica allungata e sottile con orientamento sinistrorso. Un ulteriore fattore che implica difficoltà nel processo dell’espressione genica eucariotica è l’organizzazione del DNA e delle proteine istoniche, impacchettati a dare la cromatica. Nel complesso, la cromatina costituisce la forma in cui gli acidi nucleici risiedono nella cellula. in base ai tipi di geni trascritti, è meno condensata quando è associata a geni trascrizionalmente attivi, mentre è impacchettata nei geni inattivi. La cromatina negli eucarioti è formata da DNA (acido desossiribonucleico), avvolto su gruppi di proteine dette istoni (proteine basiche), formando un nucleosoma. Un nucleosoma, primo livello di avvolgimento, è costituito da un nucleo centrale formato da 4 coppie di istoni intorno al quale si avvolge la doppia elica. Il quinto istone H1 collega i nucleosomi successivi. Il secondo livello di avvolgimento è il polinucleosoma, serie di nucleosomi uniti da un filamento di DNA. Essi sono ulteriormente uniti nei nucleofilamenti, il filo di perle. RIPARAZIONE DEL DNA Il DNA ha attività esonucleasica in direzione 3’—5’ e questa proprietà gli permette di correggere errori commessi nel corso della duplicazione ridimenzionando l’accumulo di mutazioni deleterie. I sistemi di riparazione possono essere specifici se correggono solo un particolare tipo di danno (fotoriparazione dai raggi UV), aspecifici se utilizzano la stessa tecnica per correggere diverse tipologie di errore (escissione). Nell’escissione una sequenza errata di DNA viene individuata, estratta dal complesso uvrABC e sostituita con una sequenza nuova sintetizzata dalla DNA polimerasi I e II. DOGMA CENTRALE DELLA BIOLOGIA MOLECOLARE Sancisce in processo intracellulare attraverso cui da una molecola di DNA viene sintetizzata una proteina, permettendo il flusso dell’informazione genetica. Si attua attraverso una serie di processi che permettono di creare una molecola di RNA sfruttando la legge della complementarietà delle basi a partire da un filamento stampo di DNA. Tale molecola sarà quindi utilizzata per tradurre il messaggio genetico sotto forma di linguaggio amminoacidico per la sintesi proteica. Tuttavia, la scoperta di un virus, detto retrovirus, ha implicato la scoperta di processi di reversibilità che permettono in alcuni organismi di sintetizzare DNA a partire da RNA, invertendo il processo. Sono coinvolti diversi tipi di RNA: mRNA per la trascrizione, rRNA ovvero l’iRNA tipico dei ribosomi che ne permette il corretto funzionamento, tRNA per la traduzione e snRNA per la formazione di pre-mRNA attraverso il processo di splicing. TRASCRIZIONE NEI PROCARIOTI La trascrizione si basa sulla copia di un filamento di DNA, detto filamento stampo, sulla base del quale verranno create basi complementari a formare la nuova molecola. Dei due filamenti di DNA solo uno verrà utilizzato come stampo mentre l’altro sarà detto filamento senso, perché corrisponderà esattamente alla sequenza dell’RNA copiato, con la sola differenza che il primo conterrà la timina e il secondo l’uracile. I procarioti sono dotati di un’unica RNA polimerasi distinta in due subunità: una polimerasi core, deputata alla sintesi del neofilamento e un oloenzima, deputato al riconoscimento del promotore e all’attracco della polimerasi a quest’ultimo. La polimerasi core è dotata di tre subunità: due alfa, una beta e una beta’. La subuntità beta e la bata’ corrispondono al sito attivo dell’enzima. L’oloenzima predispone di un’ulteriore subunità delta che permette di legare la polimerasi al promotore. Una volta riconosciuto il sito di inizio e avvenuto il rilascio di una molecola di ATP o GTP, la subunità delta non risulta più necessaria e l’enzima andrà incontro ad una serie di cambiamenti conformazionali che permetteranno a quest’ultimo di staccarsi dal promotore e iniziare lo scorrimento sul filamento. Il complesso di DNA e RNA creerà la bolla di trascrizione a livello della quale le due molecole creeranno un’elica temporanea deputata al mantenimento della stabilità della struttura. Una volta raggiunto il sito di terminazione si susseguiranno una serie di segnali di stop, dati dalla presenza di una successione di legami AT. A questo livello il DNA si stacca dall’RNA e tenderà a riformare la doppia elica con il filamento senso, mentre l’RNA formerà una forcella temporanea data dalla presenza di legami deboli AU, i quali comporteranno la rottura dei filamenti che formavano la forcella. Il modello che spiega la regolazione della trascrizione nei procarioti si chiama operone, la cui descrizione è riportata in figura. I meccanismi di azione del repressore sono di due tipi. 1. In alcuni operoni, il repressore blocca stabilmente l’operatore e viene rimosso esclusivamente quando giunge dall’esterno una molecola specifica chiamata induttore. L’induttore disattiva il repressore. 2. Il repressore entra in azione soltanto in presenza di un corepressore che lo rende capace di legarsi all’operatore TRASCRIZIONE DEGLI EUCARIOTI Negli eucarioti, i meccanismi di regolazione della trascrizione sono più complessi di quelli che abbiamo visto per i procarioti, e comprendono anche la possibilità di modulare l’intensità della trascrizione. Negli organismi eucarioti pluricellulari, inoltre, la regolazione genica è alla base del differenziamento cellulare: le cellule somatiche di un individuo, infatti, pur condividendo lo stesso patrimonio genetico, lo esprimono in modo differenziato a seconda della funzione che svolgono. Negli eucarioti alcuni meccanismi di regolazione genica possono intervenire prima che un gene venga trascritto nel corrispondente mRNA. Questi meccanismi si basano su una modifica della struttura della cromatina. L’impacchettamento del DNA può essere tale da impedire all’RNA polimerasi e alle proteine del complesso di trascrizione di legarvisi e iniziare la trascrizione. è possibile distinguere due tipi di cromatina: – l’eucromatina, dispersa nel nucleo e poco colorata; – l’eterocromatina, più condensata e colorata intensamente. Vari studi hanno dimostrato che l’eucromatina corrisponde al DNA che viene trascritto in RNA, mentre l’eterocromatina contiene geni che di solito non vengono trascritti. Fattori di trascrizione: proteine regolatrici che attivano il complesso trascrizionale, sequenze amplificatrici che legano proteine attivatrici con il compito di stimolare ulteriormente l’attività del complesso di trascrizione, sequenze che hanno effetto opposto a quello delle sequenze amplificatrici, i cosiddetti silenziatori, che arrestano la trascrizione in seguito al legame con specifici repressori proteici. Nella trascrizione eucariotica sono implicati tre tipi di RNA: 1) RNA I: trascrive per gli Rrna 2) RNAII: trascrive per gli Mrna E snRNA 3) RNA III: trascrive per i Trna E snRNA L’inizio della trascrizione non è sancito da un singolo fattore di riconoscimento, ma da un insieme di fattori di trascrizione che permettono all’RNA polimerasi II di tenersi legata al promotore e di attivare il complesso di inizio. Tuttavia, una volta arrivata al sito di terminazione la trascrizione non può dirsi completata in quanto porta alla formazione esclusivamente di un trascritto primario, che dovrà subire ulteriori modificazioni prima di essere trasportato nel citoplasma. I trascritti primari degli eucarioti contengono discontinuità date dalla presenza di sequenze codificanti e sequenze non codificanti, gli introni. Il processo di maturazione comporta una rimozione delle sequenze non codificanti, operata da un gruppo di snRNA associate a proteine a dare lo spliceosoma che riconoscono i siti giunzionali tra esoni ed introni, li dislocano e riformano la struttura. Gli introni vengono riconosciuti perché iniziano sempre con due coppie di basi e terminano sempre con altre due coppie di basi. Tale fenomeno è detto splicing ed è un controllo post trascizionale. Esiste inoltre una forma di splicing alternativo, attraverso cui, in base ad una diversa organizzazione degli esoni, vengono create proteine nuove alterate. Prevede l’eliminazione selettiva di alcuni esoni e permette di creare proteine diverse a partire dalla stessa molecola di DNA. Tale processo è alla base di molte malattie genetiche e mutazioni.
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