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DOMANDE APERTE "GEOGRAFIA UMANA" ECAMPUS, PIGLUCCI 12 CFU., Panieri di Geografia

Il file comprende risposte ampie e argomentate a tutte le domande aperte presenti nel paniere dell'esame. Non sono presenti le domande a risposta multipla, per le quali, se necessario, è disponibile un file apposito. Il materiale è stato verificato da docenti qualificati. Nel file troverete una serie di pagine di "fine anteprima". Basterà scorrere fino alla fine del file, per trovare tutte le risposte corrette!

Tipologia: Panieri

2018/2019

In vendita dal 20/11/2019

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Scarica DOMANDE APERTE "GEOGRAFIA UMANA" ECAMPUS, PIGLUCCI 12 CFU. e più Panieri in PDF di Geografia solo su Docsity! [Digitare il testo] Pag. 1 GEOGRAFIA UMANA DOMANDE APERTE [Digitare il testo] Pag. 2 LEZIONE 1: 31 – Definire cosa si intende per “agricoltura di sussistenza” e “agricoltura di mercato” L'agricoltura di sussistenza o di autoconsumo consiste in coltivazioni e/o allevamenti destinati al consumo diretto delle famiglie contadine, indispensabili per la sopravvivenza, con soltanto una piccola quantità dei raccolti, in surplus, venduta al mercato o scambiata con altre merci. Si intende, dunque, l’insieme di pratiche come coltivazioni o allevamenti che sono rivolte a praticare tramite l’agricoltura i generi alimentari primari di cui si ha bisogno per l’autoconsumo e la sopravvivenza. In sostanza con l’agricoltura di sopravvivenza ha luogo il fenomeno in cui l’agricoltore e i suoi familiari consumano direttamente quanto producono; non è un lavoro finalizzato alla vendita, quanto piuttosto all’alimentazione. Molto spesso l’agricoltura di sussistenza segue i principi dell’agricoltura biologica , ossia è un’agricoltura che non utilizza concimi, diserbanti o insetticidi. Questa tipologia di agricoltura oggi viene utilizzata specialmente in quei paesi non industrializzati o più arretrati del pianeta, dove sostanzialmente si vive con ciò che si produce dal proprio territorio con la propria forza manuale. Sono essenzialmente tre le tipologie di agricoltura di sussistenza: l' agricoltura primitiva; l'agricoltura intensiva pluviale; l'agricoltura estensiva secca. Tra le principali produzioni tipiche dell’agricoltura di sussistenza, vi sono alcuni cereali: il sorgo, il mais e il riso. L’agricoltura di sussistenza richiede l’utilizzo di strumenti semplici e metodi ricavati dall’esperienza diretta, ed è caratterizzata da una bassa produttività. In questo tipo di agricoltura vi è una notevole frammentazione di terreni, coltivati con strumenti obsoleti quali l’aratro e la zappa. Per questo motivo è fondamentale il contributo del lavoro umano. Tuttavia praticare un’agricoltura di sussistenza è un modo per vivere a contatto con la natura. Si tratta, in conclusione, di un’economia chiusa in se stessa e che relega chi la pratica in una situazione fondamentalmente di equilibrio precario. Per agricoltura di mercato, invece, si intende un tipo di agricoltura che, oltre a soddisfare il fabbisogno interno, si spinge ed orienta verso i mercati esterni. La sua produzione è interamente destinata alla vendita. In questo contesto l’azienda commerciale di volta in volta sceglie tra le coltivazioni che meglio si confanno al suolo e al clima, quelle che sono maggiormente richieste sul mercato e che permettono guadagli economici sempre più elevati. Nell’agricoltura di mercato sono molto stretti i rapporti con l’industria, che fornisce all’azienda agricola macchinari e prodotti chimici. Ne deriva che l’agricoltura di mercato sacrifica la genuinità, e sovente la qualità del prodotto, a vantaggio di una produzione quantitativamente massiccia, ma a prezzi di più bassi. I prodotti più importanti sono i cereali, i prodotti industriali, i derivati dell’allevamento, la frutta e gli ortaggi. 32 – Definire il concetto di «sviluppo sostenibile» Secondo la definizione proposta nel rapporto “Our Common Future” pubblicato nel 1987 dalla Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo (Commissione Bruntland) del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, per sviluppo sostenibile si intende uno sviluppo in grado di assicurare «il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri». [Digitare il testo] Pag. 5 che produce mondi dai suoi riflessi, geo-grafando il tempo storico e lo spazio geografico. In altri termini, perché ci sia tempo, ci deve essere interazione. Perché ci sia interazione, ci deve essere molteplicità. Perché ci sia molteplicità, ci deve essere spazio. Perché ci sia tempo, ci deve essere spazio. Uno spazio sempre diacronico che non può mai essere solo sincronico. Si possono riscontrare inoltre varie interpretazioni del concetto di distanza in geografia; possiamo infatti distinguere svariate tipologie di “distanze”, come ad esempio: la distanza euclidea o assoluta (la quale ci comunica della distanza fra due punti, indicando la lunghezza del segmento che li unisce e che viene misurata in chilometri, metri ecc); la distanza tempo (la quale ci comunica la quantità di tempo fondamentale per potersi spostare tra due luoghi, e che viene determinata in base al mezzo di locomozione che si opera); la distanza costo, detta anche economica (la quale ci informa su quale sia il costo da sostenere per spostarsi tra due luoghi); la distanza itineraria (che rappresenta lo spazio che si deve percorrere per recarsi da un punto all’altro, utilizzando le vie di comunicazione possibili). 13 – Spiegare cosa si intende per scala in senso “cartografico” La superficie della terra ha forma sferica e, perciò, per poterla rappresentare su un piano con una carta geografica è necessario servirsi delle proiezioni cartografiche. Le proiezioni cartografiche sono dei metodi che consentono di rappresentare su un piano il sistema dei meridiani e dei paralleli in cui è convenzionalmente divisa la superficie terrestre. In realtà attraverso le proiezioni cartografiche si cerca di stabilire una corrispondenza fra i punti della superficie del globo terrestre e quelli del piano. Chiaramente una scala che si serve delle proiezioni cartografiche riesce solo ad attenuare le deformazioni che inevitabilmente si verificano nel corso di tale operazione; infatti, l'unica forma che permetta una corrispondenza con le distanze, gli angoli e le superfici reali è quella globulare. Riassumendo, si può affermare che: le proiezioni servono per rappresentare su un piano la rete di meridiani e paralleli; per comodità si considera il globo, terrestre una sfera perfetta; le proiezioni si suddividono in proiezioni vere e proprie e proiezioni convenzionali; le proiezioni vere sono fondate su regole matematiche e sulla proiezione geometrica del reticolato geografico, mentre le proiezioni convenzionali si basano su regole arbitrariamente fissate; le proiezioni vere si suddividono a loro volta le proiezioni vere si suddividono a loro volta in proiezioni azimutali, basate su un piano orizzontale su cui si proietta il globo, e proiezioni per sviluppo che richiedono l'impiego della superficie laterale di un solido (cono o cilindro). Le proiezioni cartografiche rispondo ad un’esigenza dell’uomo ben precisa. L'uomo da sempre ha avvertito la necessità di rappresentare graficamente determinati luoghi, inizialmente per scopi pratici, in seguito per una pluralità di motivi differenti e le carte geografiche rappresentano in scala ridotta porzioni anche ampie di un determinato territorio. Ma le carte geografiche non rappresentano determinati luoghi sic et simpliciter, infatti, di una data porzione della, superficie terrestre possono essere presi in considerazione più aspetti, quali, ad esempio, la geomorfologia, l'altimetria, la viabilità, l'utilizzazione del suolo, oppure la presenza di centri abitati. [Digitare il testo] Pag. 6 LEZIONE 11: 09 – Illustrare i contenuti della «Convenzione Europea del Paesaggio» La Convenzione Europea del Paesaggio è un documento adottato dal Comitato dei Ministri della Cultura e dell'Ambiente del Consiglio d'Europa il 19 luglio 2000 a Strasburgo, e ufficialmente sottoscritto nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze il 20 ottobre 2000. Ad oggi, 32 Stati membri del Consiglio d’Europa hanno ratificato la Convenzione e sei l’hanno firmata, l'Italia ha ratificato la Convenzione Europea del Paesaggio con la legge n.14 del 9 gennaio 2006. La Convenzione europea del paesaggio è il primo trattato internazionale esclusivamente dedicato al paesaggio europeo nel suo insieme. Si prefissa di promuovere la protezione, la gestione e la pianificazione dei paesaggi europei e di favorire la cooperazione europea. Si applica a tutto il territorio delle Parti: sugli spazi naturali, rurali, urbani e periurbani. Riconosce pertanto in ugual misura i paesaggi che possono essere considerati come eccezionali, i paesaggi del quotidiano e i paesaggi degradati. La Convenzione europea sottolinea che il paesaggio svolge un importante funzione di interesse generale in ambito culturale, ecologico, ambientale e sociale e costituisce un importante fattore di qualità della vita e del benessere individuale e collettivo. La Convenzione intende anche il paesaggio come una risorsa per lo sviluppo economico, in grado di contribuire alla creazione di posti di lavoro. 10 – Dare una definizione geografica di «paesaggio» Una chiara definizione di Paesaggio la troviamo nell’articolo 1 della Convenzione europea del paesaggio: «"Il Paesaggio" designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni.» Oltre a dare una definizione univoca e condivisa di paesaggio, la convenzione dispone i provvedimenti in tema di riconoscimento e tutela, che gli stati membri si impegnano ad applicare. Vengono definite le politiche, gli obiettivi, la salvaguardia del territorio. La Convenzione prevede la salvaguardia di tutti i paesaggi, indipendentemente da prestabiliti canoni di bellezza o originalità, ed include espressamente: «...paesaggi terrestri, le acque interne e marine. Concerne sia i paesaggi che possono essere considerati eccezionali, sia i paesaggi della vita quotidiana sia i paesaggi degradati."» Con l'espressione paesaggio s'intende l'insieme dei dati oggettivi percepibili sul territorio: essi, analizzati uno per uno e nella loro relazione reciproca e osservati nella loro collocazione storica, rappresentano la testimonianza dello sforzo dell'uomo per modificare l'ambiente naturale nel corso del tempo, e pertanto il paesaggio è l'oggetto fondamentale dello studio geografico, in quanto è attraverso la sua analisi che si possono individuare le differenze regionali. La sintesi degli elementi sensibili del paesaggio - quegli elementi di origine sia fisica che umana (cioè storici, culturali, sociali ecc.) che sono percettibili dai sensi dell'uomo – è stata chiamata paesaggio geografico per indicare quell'insieme costante di caratteristiche che rendono possibile la descrizione e la individuazione di un tipo di paesaggio. [Digitare il testo] Pag. 7 11 – In che senso il paesaggio può essere considerato una risorsa? Il paesaggio rappresenta una risorsa, cioè qualcosa che ha un suo pregio e una sua specifica utilità, è necessario però chiarire a quali bisogni esso risponde. Non si tratta soltanto del gusto puramente estetico di osservare un bel panorama, magari riservato a una ristretta élite che ha la fortuna di poter andare in vacanza in una determinata località turistica, né si tratta unicamente della necessità di salvaguardare alcuni paesaggi eccezionali, di grande rilevanza naturalistica e/o ambientale. Se consideriamo tutti i paesaggi, anche quelli più vissuti e quotidiani, il bisogno che vi riscontriamo è quello di vivere in un ambiente che sia il più possibile a un alto livello di qualità igienica, ecologica, di sicurezza, ma anche in un ambiente nel quale possiamo ritrovare le nostre radici culturali, il nostro passato, la nostra storia antica e recente. Perché il benessere dell’uomo non è soltanto fisico, ma anche “di ordine superiore” e di questo benessere fanno parte anche la coscienza della propria identità culturale e il senso di appartenenza a una determinata comunità e a un determinato territorio. Il paesaggio si può considerare - Un bene culturale, perché testimonia l’operato dell’uomo su un territorio; -Un bene ambientale, in particolare come luogo in cui natura e cultura interagiscono; -Una risorsa, per quanto riguarda paesaggi “eccezionali”, di grande risorsa naturalistica e ambientale; -Una risorsa, per quanto riguarda i paesaggi “ordinari”, vissuti e quotidiani, di rilevanza non solo per la qualità della vita degli individui, ma anche come testimonianza delle radici culturali. Inoltre gli elementi visibili del paesaggio scaturiscono dalla storia e dal passaggio dalle generazioni successive, sulla base delle loro culture e dalle loro conoscenze, plasmando lo spazio per adattarlo alle proprie esigenze, lasciando ogni volta segni visibili che si vanno a sovrapporre o a sostituire a quelli precedenti modificando lo spazio. Da questo concetto deriva l'estrema rilevanza dello studio dell'evoluzione storica del territorio prima di iniziare qualsiasi tipo di intervento volto alla sua modifica o alla sua diversa organizzazione funzionale. Negli anni inoltre il paesaggio ha acquistato un importanza crescente nelle politiche dello sviluppo sia in Italia che in Europa. Possiamo intendere il paesaggio dunque anche come una risorsa strategica per lo sviluppo, molto preziosa in quanto si avvale di essere portatrice di specificità, di qualità e salvaguardia delle biodiversità. Nell’epoca della conoscenza il paesaggio sembra destinato a riacquistare centralità non solo per la cultura, ma anche per la produzione della ricchezza e l’offerta di vantaggi. LEZIONE 15: 04 – Cosa si intende per «cineturismo»? Il cine turismo è una delle tante nicchie del grande mercato turistico caratterizzata da un'utenza che si reca in visita alle location cinematografiche e televisive, ossia i luoghi utilizzati per le riprese di un film o di una serie TV. Cineturismo è un neologismo nato all'Ischia Film Festival nel lontano 2003. Fino a quel momento, infatti, in Italia si parlava solo di Turismo Cinematografico. Fu proprio il direttore artistico dell’Ischia Film Festival Michelangelo Messina, ad usare per primo il termine. Ovviamente il fenomeno del Cineturismo è probabilmente sempre esistito, ma è un dato di fatto che in Italia sia balzato agli echi della stampa grazie all'Ischia Film Festival che ha posto al centro dell'attenzione il ruolo del paesaggio nell'opera audiovisiva. Inoltre la nascita della BILC Borsa Internazionale delle Location e del Cineturismo (dal 2005) ha destato sicuramente la curiosità del pubblico e l'interesse degli operatori. “Si vede al cinema e viene la voglia di andarci”. E' questo l'input che spinge migliaia di turisti a visitare i set di Sex and the city, di Spider-Man, o quelli fantastici della saga di Harry Potter. Impossibile farne a meno secondo le statistiche, che indicano [Digitare il testo] Pag. 10 migrazione ha permesso allo studioso Jan Lucassen, di esaminare una raccolta di questionari, insieme alle risposte raccolte dal 1808 al 1813, conservati oggi a Parigi. Lucassen ha potuto dedurre che i flussi migratori di gruppi umani di notevoli dimensioni, sviluppatisi dalle aree di partenza (push areas) verso quelle di destinazione (pull areas), erano caratterizzati da fasi di lavoro fisse all'interno del nucleo familiare e da fasi di lavoro al di fuori di questo. In genere, caratterizzavano la situazione determinante per le aree di partenza:  un'insufficienza strutturale della domanda di lavoro, che poteva avere cause ecologiche, economiche, demografiche e sociali  scarsa produttività agricola dei terreni ad esempio delle zone montane;  dimensioni aziendali ridotte e antieconomiche  prezzi eccessivi dei terreni  interessi dei prestiti troppo alti  elevata densità demografica  grandi latifondi molto produttivi concentrati tra pochi proprietari e piccoli appezzamenti di terra scarsamente produttivi distribuiti tra tanti. LEZIONE 20: 13 – Cosa si intende per “lingua minoritaria”? Una lingua minoritaria è una lingua che si distingue nettamente dalle altre lingue parlate dal resto di una popolazione di uno Stato. Oltre alle 24 lingue ufficiali, si calcola che almeno 40 milioni di persone nell’Unione europea (10 per cento della popolazione) utilizzino quotidianamente una lingua regionale o minoritaria, accanto alla lingua o alle lingue ufficiali dello Stato. Il concetto di "lingua minoritaria" è strettamente legato al concetto di "minoranza". La più nota definizione di "minoranza" è quella elaborata negli anni Settanta in un lavoro di ricerca per l'ONU da Francesco Capotorti: "La minoranza è un gruppo numericamente inferiore al resto della popolazione di uno Stato, in posizione non dominante, i cui membri possiedono caratteristiche etniche, religiose o linguistiche che differiscono da quelle del resto della popolazione, e mostrano, anche solo implicitamente, un senso di solidarietà, diretta a preservare la loro cultura, tradizioni, religione o lingua". Vi è uno strumento di tutela delle minoranze linguistiche, la Carta europea per le lingue regionali e minoritarie, si tratta di un trattato internazionale stilato sotto gli auspici del Consiglio d'Europa, adottato da molti degli Stati membri dell'UE. Le lingue minoritarie parlate in Italia sono sottoposte a diversi provvedimenti legislativi nazionali, regionali ed europei che ne regolano l'uso e ne garantiscono la tutela. L'art. 6 della Costituzione stabilisce che: "La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche". Oltre al tedesco e al francese, parificate nelle regioni in cui si parlano (Trentino Alto Adige e Valle d'Aosta), alla lingua italiana, il Parlamento italiano ha riconosciuto ufficialmente - con la legge n. 482 (1999), altre dieci lingue minoritarie storiche. La legge di tutela prevede l'uso ufficiale di queste lingue negli uffici pubblici ed il loro insegnamento nelle scuole. [Digitare il testo] Pag. 11 14 – Studiando la geografia delle lingue si parla, tra l’altro, di “dialetti” e “toponimi”. Di cosa si tratta? Il termine dialetto non ha significato univoco. Sulla difficoltà di definizione di "dialetto" si confronti il Dizionario di linguistica , dove è detto che "non esiste un valore semantico univoco ed assolutamente non ambiguo [di questo termine], né a livello di uso comune, né a livello vocabolaristico, né a livello di impiego scientifico." In generale, al termine si riconoscono due diverse accezioni: varietà di una lingua e lingua contrapposta ad un'altra. La prima definisce una varietà della lingua nazionale, di un sistema, di un continuum linguistico geografico (è il caso dei dialects dell'inglese americano, che condividono gli stessi caratteri strutturali e la stessa storia della lingua nazionale). Secondo questa definizione, la più diffusa nei paesi anglosassoni [5] , il termine dialetto è riferito ad una precisa famiglia linguistica ed eventualmente relazionato alla "forma linguistica di riferimento" o standard (o koinè); e talune famiglie possono presentare più di una forma 'standard' (si veda diasistema). In questo senso è lecito parlare di "dialetto di una lingua" o "dialetto di un continuum linguistico o dialettale" poiché equivale a parlare di una varietà linguistica intelligibile con le altre del gruppo a cui è ascritta. La seconda accezione, di derivazione greco- antica, identifica una lingua autonoma rispetto alla lingua nazionale, che ha caratteri strutturali e una storia distinti da quelli della lingua nazionale. In questo caso il dialetto viene considerato come qualsiasi lingua con una propria caratterizzazione territoriale, ma privo di rilevanza politica o prestigio letterario; dal punto di vista della linguistica descrittiva e della filologia prescinde qualsiasi legame di dipendenza, subordinazione o appartenenza con la lingua ufficiale (o con le lingue ufficiali) vigente nel suo territorio di pertinenza, quantunque tra dialetto e lingua ufficiale possano esistere notevoli parentele e somiglianze. Questa seconda accezione è adottata da alcuni linguisti italiani ed è implicitamente prevalente nella tradizione politica francese e italiana, dove numerosissime lingue locali sono chiamate "dialetti" nonostante non derivino né dipendano dalla lingua ufficiale, con la quale possono non essere neppure mutualmente intelligibili La parola toponimo e propria del linguaggio della geografia e indica un nome proprio di un luogo. I toponimi possono riferirsi non solo ad un luogo ma anche a corsi d’acqua, laghi, fiumi, montagne, centri abitati, regioni, piazze, vie, at cetra. I toponimi in genere prendono il nome dal fondatore o dal lo scopritore di un determinato luogo, oppure dal nome comune riferito all’oggetto in questione. Per portare un esempio pratico pensiamo tutti quei paesi che sorgono sulle rive del fiume Adda, questi vengono identificati con un nome più il riferimento del fiume ad esempio Arzago d’Adda, Trezzano sull’Adda, Vaprio d’Adda, Casirate d’Adda, Cassano d’Adda. LEZIONE 24: 01 – Che cosa sono le “piramidi” delle età? E’ uno strumento grafico che consente di rappresentare la struttura di una popolazione per sesso ed età. Viene costruita affiancando il diagramma a barre della popolazione maschile per età alla corrispondente popolazione femminile. L’ordinata riporta le classi di età, mentre nell’asse delle ascisse è indicata la frequenza della popolazione. Da notare che nel caso le classi di età non abbiano tutte la stessa ampiezza, sull’asse verticale vanno riportate le densità, date dal rapporto tra frequenza e ampiezza della classe, secondo la logica dell’istogramma. La rappresentazione grafica della popolazione per sesso ed età viene chiamata “piramide” perché la situazione tipica prevede la presenza di molti giovani e poi via via meno persone al crescere dell’età, come conseguenza dell’azione della mortalità. La punta rappresenta i pochi che arrivano alle età più avanzate. Molte popolazioni sviluppate, come l’Italia, presentano oggi una base più ristretta rispetto alla parte centrale, per effetto della denatalità che ha eroso la consistenza quantitativa delle nuove [Digitare il testo] Pag. 12 generazioni. La crescente longevità sta invece producendo una espansione del vertice. La piramide è una fotografia della struttura della popolazione, ma porta in sé tracce delle dinamiche di natalità e mortalità passate oltre che di eventi specifici che hanno alterato congiunturalmente i comportamenti demografici. Sulla piramide italiana è possibile, ad esempio, rintracciare sia l’effetto del baby boom, che la denatalità recente, ma anche l’impatto delle due guerre mondiali. . 02 – Cosa si intende per “transizione demografica” La teoria della transizione demografica si basa sul principio che le variazioni spaziali della mortalità e della natalità sono dovute a differenze di evoluzione demografica. È una teoria secondo la quale l’andamento della popolazione mondiale attraverserebbe diverse fasi ognuna caratterizzata da un certo livello di sviluppo. La prima fase, chiamata di “quasi equilibrio iniziale”, è quella che ha caratterizzato la popolazione mondiale prima della rivoluzione industriale, quando i tassi di natalità e mortalità erano molto elevati e di conseguenza il saldo naturale era modesto, quindi con un incremento contenuto della popolazione mondiale. Nella seconda fase chiamata di “squilibrio transitorio” il tasso di natalità è ancora elevato ma diminuisce quello di mortalità grazie progressi della medicina. Ne consegue un saldo naturale fortemente positivo (situazione attuale del Sud del mondo). La terza fase demografica chiamata “equilibrio finale” è quella in cui si trova gran parte del mondo più ricco. Tassi di natalità e mortalità molto bassi da cui deriva un incremento demografico molto contenuto. Tra i maggiori fautori del modello abbiamo Adolphe Landry in Francia e Notestein negli Stati Uniti all'inizio del XX secolo. 03 – Cosa sono le migrazioni coatte? Le migrazioni coatte sono le migrazioni determinate dallo spostamento obbligatorio di interi gruppi etnici, deportati da luoghi diversi da quelli di nascita per motivi di svariata natura: innanzitutto politici (sorta di punizione assorta al gruppo per aver tentato una rivolta, oppure per ribellarsi alle imposizioni di volontà di regimi totalitari); economici (quando le persone deportate vengono impiegate per compiere lavori straordinari. In questo caso la migrazione coatta è spesso collegata a forme di schiavismo, come è accaduto per la tratta dei neri dalle coste dell’Africa alle piantagioni di cotone o tabacco americane). Quando parliamo di migrazioni e necessario fare un’importante distinzione che separa le volontarie delle forzate. La migrazione volontaria e collegata infatti all’offerta di lavoro e alla richiesta di lavoratori, quella forzata, invece, è originata da conflitti, dalle violazioni dei diritti umani, della pressione politica, o religiosa o di genere. Sebbene questa distinzione abbia una sua indubbia validità, essa risulta spesso difficilmente identificabile. Infatti la libera scelta non è sovente l’elemento principale che spinge una persona a trasferirsi in un altro paese. Oltre i summenzionati conflitti, o pressioni e abusi di potere, esistono purtroppo altri elementi che lasciano ben poco margine alla libera scelta tra il sopportare o il fuggire da condizioni di vita divenute insostenibili; facciamo riferimento alla povertà estrema, all’economia disastrosa, al degrado ambientale, agli squilibri demografici, alla mancanza di sistemi minimi di sicurezza, di sanità e di servizi nei momenti di crisi, o anche all’assoluta mancanza di partecipazione dei cittadini alle decisioni politiche. Gli spostamenti forzati di popolazione sono una tragedia ricorrente. Si pensi solo a molti paesi in via di sviluppo dilaniati da guerre civili a loro volta scatenate da ragioni politiche sociali, da conflitti etnici, spesso anche da rivalità tra potenze. In molti di questi casi [Digitare il testo] Pag. 15 necessità non si vede come la città possa resistere coesa a fronte di disuguaglianze così forti; queste producono infatti potenziali di conflittualità e di disgregazione che non possono essere sottovalutati poiché minano le condizioni di base per qualsiasi sviluppo. La grande sfida è quindi contrastare i processi che producono disuguaglianza con politiche che da un lato proteggano i gruppi sociali più deboli e dall’altro preservino la classe media, che si è impoverita e assottigliata: una regolamentazione intelligente del lavoro, investimenti nei beni pubblici come educazione e sanità per esempio, ma anche gestione dell’acqua come vuole il movimento che promuove la ri- municipalizzazione delle società di servizio idrico, a Parigi come a Napoli. Si tratta di un movimento che riguarda anche altri servizi e che sta raccogliendo consensi in molte città. Per Milano mantenere nella città un tipo di lavoro che non sia dequalificato e che possa attirare quella che viene chiamata la classe creativa, i talenti, vuole dire preoccuparsi del benessere dei suoi cittadini e di alimentare l’innovazione nei settori del design, della moda, della pubblicità, ma anche alcuni settore all’avanguardia della tecnologia e nelle bioscienze, in modo che questi talenti rimangano in città e vengano a Milano invece di andare in una altra città europea. Produrre uno sviluppo diverso, più equilibrato e generatore di maggiore occupazione vuole dire scegliere un modello che dia spazio alla innovazione sociale, cioè a tutte quelle pratiche che sorgono su iniziativa di gruppi di cittadini e piccoli imprenditori per rispondere a bisogni che lo Stato, con la contrazione del Welfare e le politiche di austerità, non riesce più a soddisfare. Una seconda dinamica che osserviamo e che va contrastata è quella del progressivo disancoraggio del luogo in cui viviamo e del conseguente disimpegno rispetto alla vita collettiva. In altre parole possiamo dire che stiamo perdendo il senso di appartenenza a una comunità e di condivisione di risorse simboliche e immateriali che questo comporta. Abbiamo appartenenze magari multiple e virtuali a comunità di pratiche ma queste non possono supplire né ci mettono al riparo dal senso di isolamento e solitudine rispetto al luogo in cui viviamo. L’appartenenza a una comunità e la solidarietà che ne deriva sono invece elementi necessari, soprattutto in quest’epoca globalizzata, per la costruzione di identità stabili e la riduzione dell’incertezza. Costruire o ricreare un senso di appartenenza e di inclusione nella comunità, coinvolgere, fare città in questo senso, è quindi un passaggio fondamentale per evitare la disgregazione del tessuto sociale, ma anche di quello economico. Infine, non si può parlare di città e del loro futuro senza confrontarsi con il tema della loro sostenibilità nel tempo. Già oggi le città del mondo consumano l’80% dell’energia globale e producono il 75% delle emissioni di CO 2 , gli sforzi verso la sostenibilità saranno vittoriosi o sconfitti nelle grandi metropoli dove si stima che vivrà dal 70 all’80% della popolazione nel 2050. Un’urbanizzazione sostenibile richiede uno sviluppo compatto, orientato ai trasporti pubblici, alla riconversione degli spazi, ad ambienti adatti a pedoni e ciclisti, all’inclusione di obiettivi e criteri ecologici nelle linee guida e nelle politiche di governo. Sono quindi necessari nuovi modelli di sviluppo e più ampi quadri di orientamento delle politiche che tengano conto della sfida della sostenibilità. 03 – Quali sono le caratteristiche principali delle città nei paesi in via di sviluppo? A livello mondiale, negli ultimi cinquant’anni lo scenario demografico è cambiato enormemente, soprattutto la popolazione mondiale si è ridistribuita in maniera assai differente rispetto al passato tra, e all’interno dei, diversi Paesi. In particolare, dei più di 6 miliardi di popolazione totale, quasi cinque vivono nei paesi in via di sviluppo, di cui il 68,7% abita nelle città. Quelle che le Nazioni Unite definisce “mega-cities”, cioè i centri con più di 10 milioni di abitanti, sono nel complesso 20, di cui ben 12 si trovano nei PVS dell’Asia, 4 in America Latina, e 2 in Africa. (United Nations, 1998). In particolare, in America Latina, dove i “cittadini” sono di gran lunga la maggioranza, tanto che il tasso di urbanizzazione del continente è oramai analogo a quello dei Paesi sviluppati, negli ultimi dieci anni si sono aggiunti 80 milioni di [Digitare il testo] Pag. 16 abitanti a quelli che già vivevano in città, più di quanto se ne fossero aggiunti nel decennio precedente. Se l’urbanizzazione è un fenomeno che interessa tutti i Paesi, nessuno escluso, non va dimenticato che all’interno del mondo in via di sviluppo si presentano situazioni molto diverse, dove le differenze sono spesso assai più marcate di quelle che esistono nei paesi sviluppati. Nei Paesi in via di sviluppo la popolazione cresce ad un ritmo tre volte superiore rispetto agli Stati ricchi e, secondo le previsioni delle Nazioni Unite, entro il 2025 nove dei dieci maggiori agglomerati urbani mondiali sorgeranno in Paesi in via di sviluppo. Mentre nei Paesi sviluppati la crescita dell’urbanizzazione dipende innanzitutto dall’ampliamento delle aree urbane, nei Paesi in via di sviluppo è dovuta sia all’immigrazione dalle campagne sia all’elevata natalità. Inoltre le grandi metropoli nei Paesi in via di sviluppo sono spesso aree in cui si concentrano disagio e povertà. La zona centrale, in genere, è quella meglio organizzata, ricca di monumenti e di servizi, di edifici storici e moderni grattacieli. Attorno a essa si erge una periferia di sterminati “slum”, quartieri di casupole di lamiera, di plastica, legno o cartone, dove mancano o sono carenti i servizi elementari: acqua potabile, fognature, scuole, trasporti pubblici. La popolazione, in queste periferie, viene abbandonata a se stessa, tra i rifiuti, esposta alle malattie e vittima della micro e macro criminalità del posto. 04 – Quali sono le caratteristiche principali delle “città in contrazione”? In quasi trent’anni, le città sono cambiate con una velocità inimmaginabile per i secoli passati. Questa velocità è direttamente proporzionale all’evoluzione del capitalismo che si sta sganciando dal lavoro. La degenerazione culturale dell’Occidente è favorita dall’informatizzazione piegata ai capricci del capitale, basti osservare il fenomeno dell’immorale mondo offshore collegato anche all’attività dei piani di riqualificazione urbana a debito, poiché così si nasconde la corruzione, mentre emergono e si diffondo prezzolati servi e adoratori d’internet. Ovviamente internet è l’ennesima tecnica, e non rimane indifferente di fronte alle ingiustizie sociali e alla fame dei popoli, semplicemente le sfrutta poiché rispecchia il nichilismo dell’epoca moderna. Grazie alle giurisdizioni segrete e l’evoluzione dei sistemi informatici, il sistema bancario ha corrotto persino le mafie, e attrae i peggiori criminali del pianeta che possono compiere le proprie immorali transazioni grazie a internet, e i Governi lo sanno benissimo. I politici preferiscono favorire l’industria del grande fratello – google e facebook – per raccogliere informazioni sugli stili di vita dei cittadini e sfruttarle per l’industria delle merci inutili, piuttosto che cancellare le giurisdizioni segrete e incriminare le banche che spostano capitali generati illecitamente, e comprano e vendono armi. Il contesto urbano e territoriale che ereditiamo è complesso, contraddittorio. Abbiamo tutte le principali città italiane – ben 26 – che sono in contrazione (perdita di abitanti) e le rendite hanno favorito la crescita della cosiddetta regione urbana, poiché hanno espulso i ceti meno abbienti dai principali centri urbani e si sono trasferiti nei comuni limitrofi. Questi abitanti usano e vivono un territorio più vasto della città, facendo crescere il volume degli spostamenti pendolari, che realizzati con mezzi privati aumentano l’inquinamento. I piccoli e medi comuni sono cresciuti, deliberando piani urbanistici espansivi hanno consumato suolo agricolo. Nonostante i principali centri urbani siano stati coinvolti dal fenomeno della contrazione hanno approvato piani espansivi con la speranza di incassare soldi attraverso gli oneri di urbanizzazione contribuendo a consumare suolo agricolo. In questo contesto drammatico si intuisce che nessun comune italiano, ripeto, nessuno ha deliberato piani urbanistici rigenerativi secondo i paradigmi della bioeconomia. La rigenerazione urbana è auspicata da tutte le categorie professionali che si occupano di urbanistica ma viene proposta una tecnica che ricade nell’obsoleta cultura delle crescita (perequazione e premi volumetrici), anziché compiere un’evoluzione dettata dalla bioeconomia. Esempi di rigenerazione si trovano soprattutto nel mondo anglosassone che ha conservato una propria sovranità monetaria. La [Digitare il testo] Pag. 17 letteratura straniera è molto vasta e mostra aspetti contraddittori poiché da un lato si sono favorite le rendite e dall’altro c’è stata una sensibilità a conservare le risorse naturali. Le tipologie insediative sono generalmente caratterizzate da tessuti urbani con densità che imitano la città classica europea. In Italia ci si è limitati, dove è stato possibile, a recuperare le aree industriali dismesse senza avere il coraggio di intervenire nei tessuti urbani esistenti e costruiti male dalla speculazione. LEZIONE 28: 10 – Quali sono le caratteristiche principali del contesto urbano di Detroit? Detroit è innanzitutto una città industriale. A differenza di altre città, però, che sono state protagoniste della ristrutturazione economica, in cui l’emergere di nuovi settori trainanti ha portato a sostituire nuove opportunità con quelle perse nell’apparato produttivo manifatturiero e che si apprestano a terminare grandi eventi e progetti di restyling urbano per opera di architetti di grido, la città di Detroit rimane lo scenario della più severo della crisi urbana degli Stati Uniti d’America. Nonostante gli interventi operati a Detroit negli anni settanta, un violento e apparentemente inarrestabile fenomeno di degrado urbano continua a persistere tuttora. Un forte segno di decadenza urbana negli Stati Uniti è dato infatti da questa città, in cui la popolazione è statisticamente dimezzata dal 1960 agli inizi del ventunesimo secolo, e la cui composizione razziale è diametralmente opposta: nel 1960 il 70% era bianco, all'inizio del ventunesimo secolo l'80% è nero. Il tasso di criminalità è molto elevato, secondo dati dell'FBI. Le bande di strada costituiscono una forma locale di criminalità molto diffusa. A livello di crimine organizzato, la città è dominata dalla famiglia Zerilli. Addirittura il 18 luglio 2013, il governatore Rick Snyder ha dichiarato che la città è fallita, non riuscendo a ripagare le obbligazioni municipali emesse, per un valore complessivo di 18 miliardi di dollari. 11 – Proporre sinteticamente alcune caratteristiche essenziali della geografia (contemporanea) delle città europee I grandi movimenti migratori del secolo scorso hanno accentuato i caratteri di urbanizzazione in tutti i paesi europei. Tra il 1800 e il 1910 la popolazione urbana in Europa è aumentata di sei volte. Nel 1900 tra le dodici città con più di un milione di abitanti, tre erano in Inghilterra (Londra, Manchester, Birmingham). In Italia, invece, la fase di grande espansione delle città avvenne, solo dopo la Seconda Guerra Mondiale. Il cuore del sistema urbano europeo è costituito da città medie e medio-grandi, di dimensioni contenute e di elevata densità territoriale. La distanza media tra le città con più di 10 mila abitanti è di 16 km. In questa fitta trama di città si stima che risieda oltre l’80% percento di tutta la popolazione europea ,così suddivisa: il 20 % vive in aree urbane con più di 250.000 abitanti; il 20 % vive in città di media dimensione (da 50.000 a 250.000 abitanti); il 40 % vive in città piccole (da 10.000 a 50.000 abitanti), solo due città (Londra e Parigi) hanno circa 10 milioni di abitanti. Le città europee, hanno una struttura con tratti comuni: Una forma relativamente compatta; Sono densamente costruite; Si sviluppano attorno ad un “centro storico”. Nonostante la città europea abbia ancora un' alta concentrazione della popolazione e una forma relativamente compatta, bisogna notare come esse a partire dalla seconda metà del novecento si siano progressivamente allargate, rendendo difficile individuare i confini delle aree urbane. Molte città infatti escono dai propri confini amministrativi e si espandono sul territorio circostante, costruendo nuovi modelli spaziali di città. Questo è il caso delle grandi città dove entrando o uscendo dall’area centrale, [Digitare il testo] Pag. 20 sei per traffico petrolifero (Houston, New Orleans, Los Angeles-Long Beach e New York) e così via. 16 – Spiegare cosa si intende per «funzione urbana», anche proponendo alcuni esempi Con il termine funzione urbana si indicano attività come ad esempio l’amministrazione della cosa pubblica, l’industria, il commercio, l’istruzione, ecc., che rispondono a esigenze sia interne che esterne alla città, e che riguarda non solo il funzionamento della città al suo interno, ma anche le relazioni che essa ha con l’esterno. Infatti, il raggio di azione delle funzioni della città può avere dimensioni variabili: l’ampiezza del territorio che utilizza le funzioni urbane può essere anche molto vasto. Alcuni esempi possono essere i seguenti: la funzione politico-amministrativa è presente in tutte le città, può interessare direttamente solo i loro abitanti. Ma se una città è capitale di uno stato, essa svolgerà le funzioni politico-amministrative ad un raggio molto più ampio del solo territorio urbano. Allo stesso modo un capoluogo regionale rispetto alla sua regione. Questa funzione interessa peraltro tutti i cittadini che vivono in quel territorio. Se una città è sede di imprese private, essa avrà una funzione economica, che potrà interessare solo una parte della popolazione (i dipendenti, i fornitori, etc.). Il raggio della funzione sarà poi diverso a seconda del raggio d’azione delle imprese: potranno essere attività esclusivamente locali fino ad essere imprese multinazionali che operano in più paesi. La classificazione delle funzioni in uso nella geografia urbana combina due criteri: quello del tipo di attività e quello della loro portata o raggio d’azione territoriale. I tipi di attività vengono attribuiti alla sfera d’azione abituale di certe categorie di soggetti. Così, ad esempio, la funzione culturale è svolta da università, musei, biblioteche, teatri accademie ecc. L’attribuzione delle varie funzioni a determinati soggetti è anche esigenza pratica per chi vuole osservare e descrivere le funzioni urbane. Per quanto riguarda la portata delle funzioni urbane, si utilizzano certe classi di dimensione territoriale: - ambito microregionale: unità di quartiere, città, comune urbano, area metropolitana, - ambito regionale: provincia, regione, aggregato di regioni, - ambito macroregionale: Stato, insieme di stati, regione continentale o intercontinentale. 17 – Cosa sono le “politiche urbane”? Guarda lezione 24, domanda 4. LEZIONE 30: 06 – Come si calcolano i costi di trasporto nel modello di Weber? l modello di Weber si propone di fornire una spiegazione rigorosa per la scelta della localizzazione di un’impresa manifatturiera; l’obiettivo è minimizzare i costi di trasporto, che in analogia ad altri modelli dipendono dalla distanza secondo una funzione lineare. L’impresa manifatturiera trasforma le materie prime e produce un prodotto che offre su un mercato. Nel definire la localizzazione dell’impresa, occorre pertanto considerare la localizzazione nello spazio delle materie prime e del mercato. La teoria di Weber si fonda sull'idea che per massimizzare l'utile bisogna minimizzare i costi di trasporto: pertanto il [Digitare il testo] Pag. 21 luogo ottimale di una fabbrica è il punto in cui la somma dei costi di trasporto delle materie prime e del prodotto finito risulti la più piccola possibile. Per studiare il fattore distanza Weber impone i seguenti postulati: spazio isotropico: lo spazio presenta le stesse caratteristiche in tutte le sue parti con riferimento a tutte le sue proprietà, eccetto per i luoghi di localizzazione del mercato e delle fonti di materie prime; ciò vale sia per la fertilità del terreno, sia per i caratteri morfologici (orografia,idrografia ecc.), sia, per l'organizzazione del sistema di trasporti; esiste un unico mezzo di trasporto per trasferire i prodotti dal luogo di produzione al mercato di sbocco e per trasportare le materie prime, con un costo di trasporto per unità di prodotto uguale in tutte le parti del territorio e in tutte le sue direzioni. Il costo di trasporto varierà, proporzionalmente alla distanza da percorrere e ai diversi tipi di prodotti . Il regime di concorrenza perfetta, nel quale i singoli produttori non possono influire sui prezzi di vendita dei prodotti, che vengono così da essi assunti come un dato esogeno; gli operatori economici possiedono una perfetta conoscenza dei mercati (in termini di costi di produzione, costi di trasporto, prezzi di mercato ecc.) e agiscono, sulla base di questa conoscenza, in modo perfettamente razionale dal punto di vista economico, cioè perseguendo l'obiettivo della massimizzazione del profitto. 07 – Quali sono le ipotesi fondamentali del modello di Von Thunen? Von Thünen, economista, si sofferma sul concetto di rendita dei terreni agricoli, il profitto che l’imprenditore agricolo può trarre da una porzione di terreno in un determinato periodo di tempo. Egli ricerca delle leggi “pure”, caratterizzate da un elevato livello di astrazione, per Thünen la rendita di ogni terreno dipende dalla sua posizione rispetto al mercato, individuando nella distanza l'elemento di differenziazione delle rendite dei terreni. La distanza infatti determina l'ammontare dei costi di trasporto che gli imprenditori agricoli devono sostenere per lo sfruttamento di un certo fondo e, di conseguenza, l'entità dei loro costi totali. Lo schema teorico di Von Thünen si basa su un insieme di postulati: presuppone un territorio agricolo uniforme, al cui centro si trova una città che rappresenta l'unico mercato per tutti i prodotti; i costi di trasporto per unità di distanza e unità di prodotto sono uguali in tutte le direzioni; gli agricoltori cercano di massimizzare il loro profitto; il prezzo dei diversi prodotti si forma sul mercato in regime di concorrenza, ed è indipendente dall'attività del singolo produttore; esiste un solo mezzo per portare i prodotti al mercato e i costi di trasporto variano in proporzione al volume delle merci, al peso e alla deperibilità. Poiché per postulato si tiene in conto la sola distanza, i vantaggi della localizzazione e la rendita di posizione crescono man mano che ci si avvicina al centro di mercato. Tra le produzioni possibili, verrà scelta quella che permette la rendita più elevata: le colture formeranno anelli concentrici a partire dalla città mercato. Von Thünen elenca sei anelli: quello più vicino al mercato sarà destinato a prodotti delicati e deperibili, non adatti ad essere trasportati: lì il prezzo deI terreno raggiungerà i valori più elevati. Il secondo è un anello coperto di boschi: ciò si spiega con il fatto che a quell'epoca era molto forte sia la domanda di legname da opera che quella di legna da ardere. Seguivano i seminativi a coltura intensiva, poi l'arativo a rotazione lenta, l'arativo con un anno a maggese, infine l'allevamento estensivo da carne. 08 – Illustrare alcuni esempi europei di politiche per la competitività urbana Il principio di competitività (o della base di esportazione) è un principio di economia urbana che studia le modalità di sviluppo della città a partire dalle sue funzioni. Il principio nasce dalla [Digitare il testo] Pag. 22 necessità di distinguere le funzioni urbane che si rivolgono ad una domanda esterna e quelle che invece vogliono soddisfare i bisogni della popolazione residente. Le funzioni rivolte ad una domanda esterna determinano le caratteristiche specifiche della città, come la specializzazione. Secondo questo principio la città viene paragonata ad una grande macchina per produrre beni e servizi in continua competizione con le altre macchine, le altre città, per collocare sul mercato i propri prodotti. Il bacino di mercato dei beni prodotti da una città viene individuato al suo esterno. In questa competizione fra città o aree metropolitane, inoltre, si parla spesso di vantaggi competitivi che indicano i fattori che permettono una città rispetto ad altre, di produrre beni e/o servizi che si impongono nella competizione rispetto a quelli prodotti da altre città o aree metropolitane. Questa macchina, tuttavia, affinché funzioni ha bisogno di molte attività e funzioni al servizio delle attività e della popolazione impegnata nella produzione. Dunque, dovrà importare tutti quei beni primari che sono esclusi dalla produzione urbana, a causa dell'impossibilità da parte di una singola città di produrre tutti i tipi di beni e dei servizi. Alcuni esempi in contesto europeo sono rappresentati dalla vicina Salerno, con il suo progetto “Più Europa”. Per il Comune di Salerno il “Più Europa” prevede un finanziamento di oltre 50 milioni di euro. Un finanziamento in grado di rivalutare totalmente la città, rendendola competitiva e apprezzabile da tanti turisti, i quali la preferiscono spesse volte anche a città vicine dotate di un bacino culturale, storico e turistico decisamente maggiore. Gli interventi individuati mirano a migliorare l’accessibilità e la mobilità sostenibile. 09 – Quali sono le caratteristiche peculiari delle città dell’Europa centro-orientale? Gli stati dell’Europa centro-orientale, estesi tra il Mar Baltico e i rilievi dei Balcani, sono Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria. Il territorio della regione è prevalentemente pianeggiante. La pianura polacca a nord e quella dell’Alföld ungherese a sud, infatti, ne occupano la maggior parte. Tra queste due grandi pianure si elevano, al centro, i rilievi della Boemia (in territorio ceco) e un tratto dei Carpazi (soprattutto in territorio slovacco), i monti più alti di tutta l’area. Nella regione ci sono numerose colline: solo la costa affacciata sul Mar Baltico è bassa e sabbiosa, con molti cordoni litoranei. Gli abitanti della regione sono 64milioni. La popolazione della Polonia, che ne ospita più della metà, è molto più numerosa di quella degli altri stati. Tutti e quattro i paesi hanno una densità superiore alla media europea. Le maggiori concentrazioni di abitanti si trovano lungo il corso dei fiumi principali, dove sorgono le città più importanti; sono invece poco popolate le aree montuose più elevate e le zone costiere polacche. _ L’andamento demografico dei quattro paesi è simile a quello degli stati dell’Europa occidentale. Esso è caratterizzato da una bassa natalità, generalmente inferiore alla mortalità. Rispetto ai paesi più ricchi dell’Unione Europea, qui la speranza di vita è più bassa a causa delle condizioni economiche e sociali meno favorevoli. _ Ogni paese è sostanzialmente omogeneo dal punto di vista etnico; in tutti esistono delle minoranze, ma il loro peso è limitato. Fra le città spiccano Varsavia, Budapest e Praga. _ Varsavia, situata sulla Vistola, è il principale centro culturale, amministrativo, finanziario e industriale della Polonia. Il suo nucleo storico è stato completamente ricostruito dopo la Seconda guerra mondiale, quando la città fu rasa al suolo dai nazisti. Varsavia non esercita però un ruolo predominante sulle altre città; la Polonia, infatti, dispone di un tessuto urbano policentrico, con importanti metropoli regionali, come Breslavia, Stettino, Cracovia (l’antica capitale) e Danzica, centro industriale e portuale sul Baltico. La capitale ungherese, Budapest, domina invece l’intero territorio nazionale sia per le [Digitare il testo] Pag. 25 "terziaria" di merci e servizi da parte delle città è tesa a soddisfare la domanda dell'utenza e quindi è una funzione "passiva". Nei paesi economicamente avanzati, la fase più recente del processo d'industrializzazione, la cosiddetta "terza rivoluzione industriale", coincide con lo spostamento dei principali indicatori economici (occupazione e reddito soprattutto) dal settore secondario al terziario, tanto da giustificare l'espressione di "rivoluzione terziaria". Tale passaggio si è pienamente dispiegato da una trentina d'anni negli Stati Uniti, dove gli addetti al terziario raggiungono ormai il 70% della popolazione attiva, mentre è ancora in fase d'assestamento in Europa occidentale e in Giappone, percentuali del 65-62 %. La correlazione tra i due processi, industrializzazione spinta e terziarizzazione del sistema economico, non è casuale. Le funzioni terziarie svolgono un ruolo ausiliario rispetto ai settori primario e secondario, preposti alla produzione di beni materiali. A essi il terziario offre supporti logistici (trasporti, reti di comunicazione), risorse organizzative (servizi finanziari, R&S, marketing, pubblicità, centri elaborazione dati), servizi sociali (istruzione, formazione professionale, sanità), contribuendo al tempo stesso ad allargare le opportunità di mercato a (turismo, intrattenimento). Per dinamiche spontanee, all'interno del settore terziario si vengono specificando e specializzando funzioni di sistema, che formano il quaternario, dal quale dipendono l'organizzazione e il funzionamento tanto delle imprese, quanto dei sistemi socioeconomici nel loro insieme. Dunque le funzioni "quaternarie" di gestione e di comando sono generatrici di organizzazione territoriale e sono "attive". Il prevalere dell’uno dell’altro settore determina la distinzione tra metropoli e semplice città. 07 – Cosa si intende per “economie di agglomerazione”? Il termine agglomerazione significa concentrazione di attività in un luogo, mentre economie significa risparmi. agglomerazione Termine utilizzato nell’economia urbana e regionale con riferimento alla tendenza delle attività economiche a concentrarsi geograficamente in alcune regioni e/o città all’interno di un Paese (per es. l’Italia) o di una più ampia area geopolitica (per es. l’Unione Europea). Fra gli esempi più noti di questo fenomeno, vi sono comparti dell’industria dell’auto (Torino, Detroit, Stoccarda), dell’industria dei servizi finanziari (Londra e New York), dell’industria cinematografica (Hollywood) e di quella della microelettronica (Silicon Valley). In Italia, la concentrazione territoriale delle attività produttive ha spesso assunto forme peculiari, espresse nel concetto di distretto industriale. Di conseguenza le economie di agglomerazione stanno ad indicare quei risparmi che si devono alla concentrazione di determinate attività in un luogo o dalla loro vicinanza. Questo fenomeno che ritroviamo nella maggior parte delle teorie economico-spaziali del XX secolo , è stato riconosciuto per la prima volta da Alfred Weber. L’agglomerazione può avvenire in due modi: come ampliamento di una singola impresa o come concentrazione di più impianti. In questo caso si parlerà di economie esterne, che rappresentano i risparmi di costo che derivano dall’aumento nella scala della produzione, quando esso dipende dalla concentrazione locale di molte imprese di carattere simile, specializzate e appartenenti alla stessa impresa (economie esterne di localizzazione) o a imprese diverse (es. di urbanizzazione). Le economie di agglomerazione sono risparmi di costo che le imprese ottengono grazie al fatto di essere, in molte, le une vicino alle altre. È intuitivo pensare che il più immediato tra questi risparmi (tra queste economie, appunto) è proprio il minor costo di trasporto dovuto all’essere vicini–ad esempio–ai propri clienti o fornitori. 08 – Quali sono le ipotesi fondamentali del modello di Christaller? [Digitare il testo] Pag. 26 La teoria delle località centrali fu elaborata per la prima volta dal geografo ed economista tedesco Walter Christaller (1893-1969) nell'opera "Le località centrali nella Germania meridionale". Tale approccio si inserisce nel campo delle teorie della localizzazione ispirate al concetto di gerarchia urbana: esso individua delle regole con cui interpretare i sistemi urbani, spiegando dimensione, frequenza e distanza dei centri urbani di ogni livello gerarchico. Christaller propone un’interpretazione dell’organizzazione spaziale dei centri urbani, a partire dall’analisi degli spostamenti dei consumatori. L’oggetto di studio è la localizzazione nello spazio delle attività terziarie e nello specifico dei servizi rivolti alle famiglie, quali uffici postali, scuole, biblioteche, università, teatri, tribunali. Posto che questi beni e servizi sono prodotti o vengono erogati nei centri urbani, chiamati da Christaller località centrali, i consumatori sono distribuiti in modo uniforme sul territorio circostante le località centrali. Altre puntualizzazioni riguardano il prezzo del servizio, esso infatti è la somma del suo prezzo di mercato e il prezzo sostenuto dal consumatore per recarsi nella località centrale; la portata ovvero la distanza massima che il consumatore è disposto a percorrere per acquistare quel dato servizio (dopo la quale non è più conveniente acquistare quel servizio). Christaller inoltre specifica che i servizi non sono tutti uguali, egli individua pertanto il concetto di rango e di ordine. Inserisce in rango elevato tutti quei servizi per i quali siamo disposti a percorrere distanze maggiori rispetto ad altri e che sono poco diffusi, es. servizi finanziari, università, musei, teatri...) e in basso rango quei servizi commercio al dettaglio, scuola primaria che sono invece molto diffusi. Per ordine invece intende il livello gerarchico della località centrale. Possiamo fare l'esempio di Milano che oltre ad essere un centro di grandi dimensioni è anche sede di importanti poli universitari, dove ruotano anche una serie di servizi di altro rango quali servizi finanziari, teatri...etc. Non è necessario e anche poco conveniente andare a Milano per usufruire di servizi postali, sarà invece preferibile qualora ci si voglia iscrivere ad un'università d'eccellenza. Christaller pone dei postulati che stanno alla base e semplificano la sua teoria, questi sono: lo spazio isotropico (territorio uniforme), costo del trasporto a carico del consumatore, concorrenza perfetta. Christaller arriva a formulare dei teoremi nei quali stabilisce che: il prezzo effettivo di un servizio è funzione lineare della distanza, cioè cresce al crescere della distanza; la quantità domandata è funzione lineare inversa della distanza, cioè all’aumentare della distanza, diminuisce la quantità domandata. Se si esamina il caso di un solo servizio centrale, le località centrali che offrono il servizio saranno caratterizzate da aree di mercato circolari di uguale ampiezza. Christaller pone il vincolo di garantire l’accesso al servizio a tutti i consumatori, le aree circolari dovranno in parte sovrapporsi, con il risultato di una configurazione delle aree di mercato come esagoni giustapposti. Questo modello all’apparenza così astratto e teorico ha trovato una conferma estremamente coerente nella realtà urbana della Germania meridionale. Naturalmente la Germania meridionale “assomiglia” al modello di Christaller anche perché si tratta – in buona approssimazione – di una pianura uniforme. LEZIONE 33: 06 – Dare una definizione di “classe creativa” e spiegare per quale motivo è importante per la città Protagonista per decenni di conquiste e ferite, protagonista della storia, la classe è innanzitutto quella operaia. Eppure agli inizi del 2000, quando ormai si compiva il suo progressivo sfaldamento del suo ruolo cardine, è stato teorizzato l’ingresso di un nuovo attore. L’economista [Digitare il testo] Pag. 27 e sociologo statunitense Richard Florida ha introdotto il concetto di “classe creativa”. La classe creativa è un nucleo che racchiude professioni disparate: scrittori, artisti, attori, registi, stilisti, ma anche docenti, scienziati, ingegneri, architetti, programmatori. Florida aggiunge anche i dirigenti. Come sottolinea Paolo Gervasi, la vera novità nell’analisi della società sta in come Florida sganci dalla teoria tipicamente marxista la componente del possesso di un capitale materiale sostituendola con il “possesso di un capitale simbolico e culturale”. Classe creativa, insomma, come produttrice diretta di beni immateriali; come vero nuovo pilastro nella ristrutturazione post-fordista dell’economia; come unica probabile superstite della rivoluzione dell’intelligenza artificiale, e come serbatoio di idee e di fantasia fondamentale per l’assetto vitale di una città. Un nuovo soggetto che negli Stati Uniti, agli inizi degli anni Duemila, rappresentava circa il 30% dell’intera forza lavoro del Paese. Questa classe agisce seconda la regola delle tre T: “tecnologia, talento, tolleranza”. E si distingue per essere iper-frammentata, precarizzata, tendenzialmente non rappresentata, fluida ed eterogenea. Questo è dovuto alla postmodernità di cui è figlia, ma anche alla natura dell’unico comune denominatore tra professioni tanto varie: la creatività. Come si definisce la creatività? “Intelligenza qualitativamente connotata.” “Capacità produttiva della ragione o della fantasia.” Oppure, citando Tommaso Matano, “ciò che produce l’inusitato, ciò che riformula, o aiuta a riformulare le nostre categorie. Una forma di disordine.” Eppure secondo Florida, le retribuzioni della classe creativa sono mediamente più alte di circa il doppio di quelle degli appartenenti alla classe dei servizi, operaia e dell’agricoltura. Dall’analisi Florida non fa discendere rigide prescrizioni. Quello che è importante è rendersi conto di questa nuova realtà, capirla e non ostacolarla, sia da parte di pubblici poteri che delle direzioni nelle attività produttive. Anzi, secondo Florida, la scommessa risiede nel come facilitare la ascesa dei creativi non per renderli dominanti nella società. Al contrario la classe creativa può ben concorrere a creare una nuova coesione sociale senza rifuggire alle risposte che la classe creativa può dare su quali sono le finalità generali delle proprie azioni. Una buona presenza di classe creativa in città può essere da motore per iniziative associative e sociali, può diventare promotrice di turismo e può trainare gli altri settori attraverso il carisma dei suoi partecipanti e il carisma delle proprie attività. LEZIONE 36: 01 – Quali sono i principali effetti negativi dell’invecchiamento della popolazione? Con l'espressione inglese Ageing society si designa la società mondiale e la sua tendenza all'invecchiamento demografico. È quindi più corretto parlare di Ageing Population, la popolazione che invecchia (quota percentuale di persone over 65). Invecchiano le persone ed invecchia quindi la popolazione, ma la società nel suo insieme rimane tale. Non solo l'età media della popolazione è aumentata negli ultimi decenni in modo straordinario, ma anche le previsioni di autorevoli organismi internazionali per i prossimi decenni confermano questa tendenza. Secondo le proiezioni delle Nazioni Unite, infatti, nel 2050 l'età media a livello planetario sarà di 38 anni, mentre nel 1990 era di 26 anni (con un aumento pari a oltre il 46% in 60 anni). Si tratta di un fenomeno unico nella storia dell'umanità, di notevole rilevanza sia relativamente che assolutamente. L'Europa è il continente che detiene il primato dell'età media più alta: già nel 1990 era di 37 anni, mentre nel 2050 l'ONU prevede che sarà di 47 anni. Viceversa l'Africa è il continente più giovane (secondo le previsioni lo rimarrà a lungo): mentre era di 18 anni nel 1990, secondo le proiezioni sarà di 31 anni nel 2050, con un aumento record di oltre il 70%. Nell'Unione europea l'invecchiamento della popolazione è fondamentalmente una conseguenza di quattro fattori che interagiscono tra loro: 1. Basso numero medio di figli per donna, pari a 1,5 nell'UE a 25 (si tenga conto che in Italia è pari a circa 1,3), decisamente inferiore a un tasso del 2,1, necessario a stabilizzare [Digitare il testo] Pag. 30 equipaggiate con impianti domotici, richiesti obbligatoriamente alle imprese costruttrici. Anche a Vienna esiste uno specifico “Ufficio per la terza età”, che considera i cittadini più anziani in 4 categorie, ciascuna pari al 20-30% del totale: 1) attivi e soddisfatti; 2) attivi e insoddisfatti; 3) inattivi e soddisfatti; 4) inattivi e insoddisfatti. Gli appartenenti alla prima categoria si prendono semplicemente cura di loro stessi in piena autonomia; il quarto gruppo è composto da persone che non hanno sufficienti disponibilità economiche, informazioni e possibilità di muoversi e sono pertanto le più complicate da trattare dal punto di vista della città. Le persone del secondo gruppo possono essere aiutate ad essere più soddisfatte e quelle del terzo ad essere più attive: entrambe le cose sono possibili soprattutto attraverso la partecipazione alle attività culturali e formative. LEZIONE 39: 02 – Proporre alcuni esempi di politiche realizzate nelle città italiane per determinare un impatto economico positivo dell’invecchiamento della popolazione Quando mettiamo insieme gli effetti nei vari settori che saranno interessati dalle scelte dei senior, si può prevedere un vero incentivo all’economia delle città che riusciranno a rendersi attraenti per questo crescente segmento della popolazione. L’impatto economico potrà riguardare: 1) il settore immobiliare, per le scelte relative ai cambiamenti di residenza; 2) il settore della cultura e delle arti in generale, che vede nei senior un pubblico affidabile e disposto a sostenere economicamente le iniziative; 3)il settore della formazione: corsi, aggiornamento, conferenze, “università della terza età”; 4) il settore del volontariato. Un ottimo esempio di politiche nelle città italiane che determinano un impatto economico positivo dell’invecchiamento della popolazione sono le città di Padova e Torino. Esiste a Padova una parte della popolazione anziana con dotazioni economiche molto alte, che in genere non è interessata alle iniziative proposte dagli uffici comunali: si tratta in parte di quelli che il nostro testo definisce “benestanti infelici”, e in parte di cittadini che esprimono una domanda di servizi ricreativi e culturali molto sofisticata. I senior a Padova sono anche coinvolti in attività di volontariato a servizio del comune, come ad esempio la sorveglianza nei musei e la manutenzione delle aree verdi. I lavoratori-volontari sono assegnati al quartiere di residenza: la città di Padova riconosce il lavoro offrendo, ad esempio, corsi di nuoto gratuiti o la partecipazione gratuita ad una vacanza estiva. Tutti i residenti a Padova “over 55” possono richiedere la “carta di argento” che fornisce accesso a tariffe ridotte per esercizi commerciali o sconti sulle corse in taxi. Lavoro. L’invecchiamento a Padova dunque è un valore economico aggiunto. Secondo un’indagine della Fondazione Zancan (2007), durante il 2005 il comune ha speso circa 22 milioni di euro per le politiche sociali. Una spesa che include il potenziamento dell’ufficio dedicato agli anziani attivi, l’Ufficio attività creative per la terza età, con una dotazione annua di circa un milione di euro. Per quanto riguarda Torino, al vertice delle attività per i senior il comune ha un Consiglio dei Seniores alla quale partecipano i rappresentanti di circa 50 associazioni (pensionati, volontari, associazioni culturali e ricreativi, associazioni aziendali) e un Ufficio iniziative per la terza età, che promuove una serie di iniziative nel contesto di un programma consolidato, che comprende sport, cultura e attività serali. Per esempio un certo numero di ristoranti offre menù a prezzo fisso per i cittadini over 60: per ciascun senior possono approfittare del prezzo convenzionato altre due persone, indipendentemente dalla loro età. In collaborazione con teatri, cinema, associazioni culturali e il Museo del Cinema, i senior hanno prezzi ridotti per l’accesso a café concerto, proiezioni cinematografiche, concerti e spettacoli teatrali. Un’indagine della Fondazione Fitzcarraldo (Bollo e Carnelli, 2008) segnala come l’età media degli spettatori del festival è 46 anni, ma il 23 per cento degli utenti ha 60 anni e oltre, 20 per cento tra 50 e 59 e 21 per cento tra 40 e 49 anni. Questo significa che il gruppo dei più anziani, assieme ai senior dei prossimi due decenni, può contare da solo oltre il 64 per cento del totale degli spettatori. [Digitare il testo] Pag. 31 LEZIONE 40: 02 – Quali sono le caratteristiche del contesto urbano di Bilbao? Il contesto urbano di Bilbao è inevitabilmente legato al grande lavoro di rigenerazione urbana condotta facendo leva sul settore della cultura. L’effetto dell’operazione sull’immagine della città è stato impressionante. E’ davvero difficile pensare a Bilbao, oggi, senza associare la città al Museo Guggenheim e al suo avveniristico edificio progettato da Frank O. Gehry, per ospitare la sede europea della Solomon R. Guggenheim Foundation. Il museo sorge su un’area precedentemente dismessa e fortemente degradata della città. Il progetto si inserisce in una strategia di modernizzazione del tessuto economico del territorio dei Paesi Baschi e della città di Bilbao. Per il governo locale, si è trattato di andare oltre i settori tradizionali in crisi e di contribuire allo sviluppo dell’area metropolitana perché diventasse un importante polo per l’area atlantica dell’Unione europea. La scelta della cultura come leva di sviluppo è stata certamente coraggiosa. Ma il progetto ha avuto un enorme successo per la città, oltre all’indiscutibile valore delle opere che il museo conserva. Il successo del Guggenheim Bilbao si è concretizzato, negli anni immediatamente successivi alla sua realizzazione, in: 1) Un impatto positivo nelle scelte di investimento e di localizzazione di imprese; 2) La promozione del turismo culturale e di affari, e di tutto l’indotto turistico (ristorazione, ricettività, servizi di trasporto, servizi per le conferenze); 3) Una nuova identità culturale e una possibilità di identificazione in una rinnovata immagine urbana per la popolazione residente. Il progetto è stato possibile grazie a una collaborazione pubblico-privata, tra il governo dei Paesi Baschi e la Fondazione Guggenheim. Il governo locale ha finanziato la riqualificazione dell’area, oltre che la costruzione fisica del museo; provvede inoltre al suo funzionamento. La Fondazione Guggenheim ha invece messo a disposizione una parte delle sue collezioni, il programmi delle esposizioni temporanee, oltre che le competenze in campo di amministrazione e gestione di patrimoni museali. Il museo riceve inoltre tuttora sostegno da singoli cittadini e da sponsor privati. LEZIONE 41: 13 – Definire il concetto di mega-evento Nel contesto di competitività globale e di politiche di marketing del territorio, si è osservato un crescente interesse dei politici, degli attori economici e degli studiosi per i “mega eventi” o “grandi eventi”, intesi come eventi che – indipendentemente dalla loro durata effettiva – hanno effetti notevoli sia alla scala temporale (cioè oltre ai momenti dedicati all’evento), sia alla scala geografica (cioè oltre alle specifiche strutture che ospitano l’evento). “Mega eventi” o “grandi eventi” sono ad esempio le Esposizioni mondiali (Expo), le fiere e i festival internazionali, i grandi eventi sportivi (es. le Olimpiadi). Si tratta di eventi che: 1) Comportano un significativo investimento, con ampie variabilità, fino a raggiungere l’ordine di grandezza dei miliardi di euro; 2) Coinvolgono il settore pubblico e il settore privato; 3) Sono pianificati con largo, spesso larghissimo, anticipo; 4) Hanno effetti sul territorio interessato, sia dal punto di vista del coinvolgimento degli attori, sia relativamente al fatto che comportano la realizzazione di infrastrutture. Tuttavia Un mega evento è tale solo se è anche un evento mediatico. Un mega evento coinvolge simboli e valori, veicola messaggi politici e culturali, comporta operazioni di marketing territoriale sia dirette sia [Digitare il testo] Pag. 32 indirette, ha conseguenze sulla visibilità dei luoghi, sul prestigio dei politici, sulla notorietà di marchi e aziende. Gli elementi di comunicazione sono estremamente importanti e con l’evolversi degli strumenti a disposizione si modificano i canali utilizzati. Oggi la comunicazione degli eventi è realizzata necessariamente sui canali social. Inoltre Ospitare un mega evento comporta spesso grandi trasformazioni urbane. Si tratta ad esempio di potenziamento dei servizi (es. del trasporto pubblico), operazioni di miglioramento estetico (arredo urbano, ristrutturazioni), fino alla creazione di nuovi quartieri nelle città ed edifici – a volte destinati a cambiare per sempre l’immagine di un territorio. La Tour Eiffel, a Parigi, è stata costruita per l’Esposizione universale del 1889, e doveva essere solo una struttura temporanea: è diventata indiscutibilmente il simbolo della città. LEZIONE 42: 06 – Quale impatto ha avuto la Expo del 2008 sulla città di Zaragoza? Dal momento in cui, nel 2004, la città si è aggiudicata l’Expo tutte le progettazioni in corso di realizzazione sono state però catalizzate dalla prospettiva dell’evento. In particolare obiettivo generale dell’expo è stato il miglioramento del sistema dei trasporti, con lo sviluppo della Stazione Delicias, la nascita di un nuovo distretto dei servizi nell’area ospitante l’Expo dopo la fine dell’evento e la riqualificazione diffusa del tessuto urbano, in particolare lungo le sponde del fiume Ebro. All’esposizione è stato attribuito inoltre un ruolo chiave, come elemento centrale per definire e promuovere un vero e proprio marchio Zaragoza, con finalità turistiche e di sviluppo economico – coerentemente con le finalità che abbiamo visto riguardare gli eventi in generale. Nei pressi della stazione è stata avviata la costruzione, con il supporto del Massachusetts Institute of Technology, di un nuovo quartiere denominato Miglio Digitale, che vuole essere uno spazio altamente innovativo incentrato sulle nuove tecnologie. L’area edificata ex novo sarà di oltre un milione di metri quadrati. Il quartiere assumerà le forme di uno spazio polifunzionale in cui oltre alle residenze e al verde pubblico, troveranno collocazione circa 243.000 metri quadrati destinati ad ospitare funzioni terziarie, con una capacità per 4000-5.000 impiegati e una specializzazione nelle nuove tecnologie. Il Miglio Digitale insieme al distretto del terziario, che sorgerà nei padiglioni della expo, dovrebbe costituire il motore dell’economia della nuova Zaragoza, tecnologica e globalizzata. Nella progettazione dell’expo è rientrata infatti l’introduzione all’interno del paesaggio urbano di nuove architetture iconiche, create per essere il marchio architettonico di maggior riconoscibilità della Expo e candidate a divenire nuove icone della rinata Zaragoza. In questa prospettiva sono stati costruiti il Ponte Padiglione dell’architetto Zaha Hadid e la Torre dell’Acqua dell’architetto spagnolo Enrique de Teresa: due architetture griffate in cui l’estetica del progetto e la sua riconoscibilità s’impongono sul paesaggio circostante, catalizzando gli sguardi e riassumendo nella forma, i segni e i significati del mutamento urbano. 07 – Quale impatto ha avuto la Expo del 1992 sulla città di Sevilla? Nel 1992 Siviglia, la capitale dell’Andalusia, ha ospitato l’esposizione internazionale, intitolata “L’era delle scoperte”, organizzata per l’anniversario del cinquecentenario della scoperta dell’America. L’esposizione è stata l’occasione per intraprendere un processo di rigenerazione e trasformazione urbana e affermare una nuova immagine della città. Sevilla era infatti capitale di una delle regioni storicamente più povere del paese, che proprio in quegli anni usciva da una condizione [Digitare il testo] Pag. 35 -la teoria della localizzazione delle attività economiche. Secondo la teoria, le variazioni dell’importanza relativa dei tre macrosettori (primario, secondario e terziario), danno luogo a una sequenza “normale” di stadi: 1.uno stadio di autosufficienza in un’economia di sussistenza, nella quale si produce (con l’agricoltura e l’allevamento) solo ciò che è strettamente necessario per sopravvivere; 2. uno stadio in cui si sviluppano e specializzano le attività produttive collegate al settore primario (es. le attrezzature) e il commercio, che inizia ad avere luogo grazie al miglioramento delle infrastrutture di trasporto; 3. il decollo delle attività secondarie, legate alla lavorazione dei prodotti primari e ai bisogni di una popolazione crescente, spesso utilizzando capitali e conoscenze provenienti dall’esterno; 4.la diversificazione della produzione manifatturiera, che si basa sullo sviluppo di forti legami interni (ad esempio con la specializzazione di alcuni nella produzione di prodotti intermedi utili per la produzione svolta da altri) e sulla comparsa di specializzazioni in nuovi settori; 5. lo sviluppo di attività terziarie avanzate e la possibilità di esportare servizi, capitale e personale specializzato. 11 – Illustrare sinteticamente le caratteristiche essenziali della “teoria della polarizzazione” La Teoria di Polarizzazione è la teoria associata al nome di Perroux, quindi vedi LEZIONE 12, NUMERO 15 12 – Illustrare gli elementi essenziali dello sviluppo regionale in Italia tra gli anni ’60 e la fine del secolo scorso All’inizio degli anni ’70 si assiste a una crisi generalizzata e all’interruzione dei processi di crescita nelle regioni destinatarie di programmi di assistenza allo sviluppo. Alcuni grandi cambiamenti investono in particolare i costi delle materie prime e delle fonti di energie; il costo del lavoro aumenta, anche come conseguenza di una crescente tutela dei lavoratori; le innovazioni tecnologiche iniziano a rendere più semplici le comunicazioni e a ridurre i costi e i tempi di trasporto delle persone e di molte tipologie di merci. Entra in crisi la grande industria manifatturiera; un crescente numero di fasi della lavorazione è decentrato verso aree suburbane o all’estero; agiscono le dis-economie di urbanizzazione. Appunto il nuovo scenario fa entrare in crisi la grande industria manifatturiera, colpita da un lato dal maggior costo dei fattori produttivi, dall’altro da un cambiamento negli stili di consumo. Si verifica dunque: 1) l’affermazione di una domanda dei consumatori “autonoma” e più sofisticata rispetto ai prodotti standard delle grandi imprese, non più in grado di incontrare i bisogni di personalizzazione dei consumatori; 2) la possibilità, da parte delle imprese, di svolgere un crescente numero di fasi della lavorazione decentrando verso aree suburbane o all’estero. Si passa da una concentrazione territoriale della produzione a una diffusione delle attività manifatturiere verso regioni ‘periferiche’, per la ricerca di fattori produttivi a minor costo e per una crescente congestione dei maggiori centri urbani. E’ in questi anni che le grandi imprese iniziano ad abbandonare il centro delle grandi città, dove fino ad allora erano “naturalmente” localizzate. Un processo che segnerà la strada per i processi di delocalizzazione all’estero che caratterizzeranno i decenni successivi. Si introducono, infine, nuove tecnologie che consentono grandi produzioni in piccoli spazi, oltre che la separazione geografica delle diverse fasi della produzione. Iniziano ad esempio ad essere introdotti i primi elementi di automazione nei processi produttivi, che consentono in alcuni casi di ridurre l’intervento umano [Digitare il testo] Pag. 36 nella produzione, di aumentare la velocità delle linee, di ottimizzare gli spazi. Migliori tecnologie nella comunicazione e nel trasporto consentono poi di iniziare un processo produttivo in un luogo e continuarlo in un altro senza incorrere in errori e difficoltà logistiche. 13 – Definire il concetto di sviluppo in geografia Il concetto di sviluppo in geografia è un concetto che supera ed amplia il concetto di sviluppo tradizionale incentrato solo sulla crescita economica. Impropriamente il termine sviluppo veniva utilizzato quale sinonimo di crescita ma è necessario fare una distinzione. La crescita viene riferita alla quantità di beni e servizi disponibili, mentre lo sviluppo comprende anche elementi di qualità della vita di natura sociale, culturale e politica. Il punto di partenza riguardo allo sviluppo è la diseguaglianza tra Nord e Sud del mondo. Se da una parte ci sono Paesi che godono di un sostanziale benessere economico e sociale, dall’altra ci sono i così detti Paesi in Via di Sviluppo, dove spesso la popolazione non ha accesso nemmeno ai beni essenziali, come il cibo e l’acqua. Oggi il concetto di sviluppo generalmente accettato in geografia è quello di sviluppo umano, concetto che comunque non esclude del tutto il concetto di sviluppo economico ma prende in considerazione altri aspetti. Il processo di sviluppo non deve compromettere il nostro ecosistema e deve quindi essere armonizzato con i mezzi che offre la natura e, al tempo stesso, esserne rispettoso. Fondamentale è la partecipazione, intesa in questo caso in senso lato e non solo riferito al concetto di partecipazione politica, significa che tutti gli individui devono essere coinvolti in profondità nei processi economici, sociali, culturali e politici che li riguardano. La partecipazione è una garanzia della sostenibilità del processo di sviluppo, perché solo attraverso la partecipazione gli individui possono essere artefici del loro futuro e moltiplicatori di sviluppo. Per garantire uno sviluppo che non sia distorto, occorre che gli individui siano messi in condizione di partecipare ai processi economici in maniera attiva e, in particolare, devono essere messi nella condizione di accedere ad un impiego remunerato per poter soddisfare i bisogni fondamentali. 14 – Quali indici o statistiche si utilizzano per “misurare” lo sviluppo? Indicare pregi e difetti l PIL è una misura della performance economica di un Paese. Per molti anni si è pensato che la crescita del PIL coincidesse con lo sviluppo sociale di un Paese. Analizzando questo indicatore però possiamo facilmente individuare dei pro e dei contro. Infatti possiamo dire che il PIL è un buon indicatore di prosperità economica, è facilmente confrontabile a livello internazionale, effettivamente esiste una relazione tra ricchezza e benessere. Tuttavia non tiene conto del lavoro domestico, volontariato, relazioni sociali; non tiene conto di come ricchezza, reddito, ecc. si distribuiscono fra la popolazione; rientrano nel PIL anche i costi per difendersi o per riparare danni provocati dallo sviluppo es inquinamento, malattie, ecc. Il PIL quindi può essere considerato una misura del benessere economico di un Paese ma non necessariamente del suo benessere complessivo. Nel determinare il benessere delle persone, gli aspetti quantitativi contano, ma insieme a essi contano anche gli stati soggettivi e gli aspetti qualitativi della condizione umana. Nel tempo sono state proposte diverse misure sintetiche, che non tengono conto solo della performance economica di una nazione. Ad esempio: Indice di Sviluppo Umano - ISU (Human Development Index – HDI) proposto dall’ONU che combina la dimensione economica con quella sociale. L’indice di Sviluppo Umano è un indice composto da tre indicatori che misurano la speranza di vita alla nascita, l’alfabetizzazione e il reddito di un Paese. I tre indicatori sono: - l‘aspettativa di vita [Digitare il testo] Pag. 37 alla nascita, - gli anni medi di istruzione e gli anni previsti di istruzione, - il reddito nazionale lordo pro capite. L'ISU viene calcolato come media geometrica dei tre indici e varia tra 0 e 1. Nel tempo molti sono gli studiosi che ricercano nuovi indici per la misurazione dello sviluppo. Un esempio è quello che vede nel 2010 la nascita di un’iniziativa congiunta Istat– Cnel, per la misurazione in Italia del «Benessere Equo e Sostenibile» (BES), mediante l’integrazione di indicatori economici, sociali e ambientali con misure di diseguaglianza e sostenibilità. Il BES è il risultato di un percorso partecipato con associazioni di categoria, sindacati, rappresentanti del terzo settore, esperti, ecc. 15 – Illustrare la tesi di sviluppo regionale secondo Perroux Il nome di Perroux, viene associato alla teoria dei “poli di sviluppo” o teoria della polarizzazione. Si tratta di una teoria che si riferisce ad una regione geografica caratterizzata da un significativo grado di arretratezza economica. La crescita economica della regione considerata può essere innescata dalla costruzione di un' “industria motrice”, che possa fare da traino allo sviluppo più complessivo dell’area. L’ ”industria motrice” cui si riferisce Perroux è un apparato industriale di grandi dimensioni, che realizzi un prodotto innovativo ad elevato contenuto tecnologico; un’industria simile sarebbe in grado di stimolare altri investimenti industriali collegati all’industria principale, generando un processo virtuoso di crescita economica che interessi l’intera regione. Nell’Italia meridionale, a partire dagli anni ’50, abbiamo assistito alla realizzazione di insediamenti industriali che seguivano questa logica. Non sempre l’applicazione, nel Sud Italia, della teoria di Perroux dei poli di sviluppo, o dell’industria motrice, ha dato i risultati sperati. In diversi casi si sono costruiti apparati industriali che, magari, hanno funzionato, ma che non hanno generato quell’indotto capace di coinvolgere l’intera regione. Ciò si è verificato perché, in molti casi, si sono realizzati apparati industriali che non erano in sintonia con la vocazione del territorio: con quest’ultima espressione si suole intendere l’assortimento di risorse presenti che indirizzano le attività economiche verso una direzione precisa. Non avere assecondato la vocazione del territorio ha portato al fallimento di alcune iniziative industriali al Sud ad es. Ottana, in provincia di Nuoro. 16 – Illustrare la teoria della base di esportazione Le attività di base (che generano esportazione) lavorano per il mercato esterno, e dalla loro crescita dipendono sia l’occupazione, sia il reddito di chi vi lavora, ma anche l’occupazione e il reddito delle attività collegate (attività di complemento) che si rivolgono alla popolazione urbana complessiva (principio della base di esportazione o della competitività esterna). Da tale principio sono scaturiti modelli che considerano le attività orientate all’esportazione come l’elemento determinante per la dimensione complessiva di tutte le attività economiche urbane. Possiamo definire il meccanismo di crescita in tre passaggi: – Le regioni hanno una specifica dotazione fattoriale e sfruttando questi fattori specifici possono produrre a costi inferiori ad altre regioni (si specializzano in quelle produzioni dove hanno un vantaggio) – Di conseguenza riescono ad esportare questi prodotti nelle altre regioni – I redditi derivanti dalle esportazioni vengono reinvestiti nella regione determinando un processo virtuoso di crescita autopropulsiva. • La base: la dotazione di fattori come risorse naturali (terra fertile, minerali e materie prime, clima, etc..) e caratteristiche geografiche (porto naturale, pianura, via d’acqua navigabile,); risorse antropiche: infrastrutture, forza lavoro specializzata, servizi avanzati) [Digitare il testo] Pag. 40 21 – Proporre sinteticamente alcune caratteristiche essenziali della differenza tra “fordismo” e “post-fordismo” Dall’ inizio del 900 la forma organizzativa dominante dell’ impresa moderna è stata quella ispirata al modello fordista – taylorista, che è riuscito ad imporsi nei paesi industrializzati grazie alla sua maggiore produttività e ad una più efficace organizzazione del lavoro. Nell’ azienda tutto il lavoro era regolato da catene di montaggio: il movimento meccanico dei nastri trasportatori portava agli operai i pezzi da trasformare o da montare, imponendo loro, in questo modo, una rigida articolazione del tempo di lavoro e degli stessi movimenti da eseguire. Questo metodo consisteva nella scomposizione delle funzioni lavorative in operazioni elementari, ripetitive, che non richiedevano alcuna competenza professionale e che erano inserite in un processo rigidamente predisposto dagli uffici di programmazione. Con questo sistema, le pause e i gesti dispersivi potevano essere così eliminati e, nello stesso tempo, veniva elevato al massimo il rendimento produttivo dell’operaio. A partire dalla fine degli anni sessanta, tuttavia, la crescita della produzione fordista ha cominciato a rallentare sensibilmente e ciò ha indotto gli imprenditori a ricercare soluzioni tecnologiche più avanzate e nuovi sistemi organizzativi per uscire dalla crisi. Nell’ultimo trentennio del secolo si è così aperta una nuova fase di trasformazione del lavoro produttivo, normalmente definita post – fordismo, contrassegnata dall’ingresso massiccio dell’automazione e dall’applicazione nella grande impresa di nuovi schemi di organizzazione del lavoro sperimentati per la prima volta in Giappone. Poiché questa nuova filosofia aziendale, già sperimentata fin dagli anni ‘ 50 in Giappone dall’industria automobilistica Toyota, e definito appunto toyotismo ( o meglio produzione flessibile ), ha segnato una nuova fase nella storia dell’ organizzazione del lavoro ( di solito definiti dagli studiosi post – fordismo ) e tuttora sembra rappresentare uno schema irrinunciabile di riferimento, è ad essa, nella sua versione più recente, che noi rivolgeremo la nostra attenzione. Si tratta di un sistema di produzione snella dove il lavoro è articolato su piccoli nuclei produttivi a composizione diversificata (operai, programmatori, progettisti), dunque provvisti di competenze molteplici. I singoli gruppi sono a loro volta concatenati in reti di produzione di diversa ampiezza, interconnesse mediante un efficiente sistema di comunicazione informatizzato. Ogni gruppo è dotato anche di un ampio margine di discrezionalità tanto da poter bloccare il flusso produttivo nel caso in cui venga riscontrato un difetto, onde procedere a immediati interventi tecnici senza dover sopportare i tempi morti derivanti dalla necessità di richiedere per via gerarchica l’ autorizzazione del dirigente. I membri del gruppo sono inoltre sollecitati a formare dei circoli di qualità nei quali discutere insieme eventuali modifiche tecniche per migliorare la produzione. LEZIONE 43: 02 – Come si possono classificare i benefici della partecipazione di una città all’evento “Capitale europea della cultura”? Proporre alcuni esempi Le città nominate, spesso assieme alle loro regioni, si impegnano per la durata di un anno (dai 9 a i 13 mesi) a organizzare un programma culturale eccezionale, coinvolgendo la gamma più ampia di attori locali e proponendosi come vetrina per i cittadini e i visitatori. Molte “Capitali” realizzano con l’occasione iniziative di riqualificazione degli spazi pubblici, di recupero di aree o di singoli edifici: normalmente queste attività di trasformazione sono gestite e promosse dal governo [Digitare il testo] Pag. 41 cittadino. Tra le città che sono state designate “Capitale europea della cultura” vi sono alcuni casi noti per essere stati di successo. Dublino, nel 1991, migliorare l’offerta museale e valorizza l’identità culturale della città. Ma la capitale irlandese, occorre ricordare, è sempre stata una meta turistica, oltre che una meta culturale. Anversa, nel 1993, e Copenaghen, nel 1996, hanno ottenuto attraverso l’iniziativa una grande visibilità internazionale. Stoccolma, nel 1998, ha puntato su design e tecnologia, mentre Weimar, nel 1999, ha al centro la riunificazione tra Est e Ovest Germania. Quando la designazione a “Capitale europea della cultura” riguarda una città già fortemente esposta o specializzata dal punto di vista turistico e culturale, l ’ evento rischia di essere “ schiacciato ” o “ appannato ” dal già ricco patrimonio culturale presente. Città come Firenze, Atene, Parigi, Madrid non hanno bisogno di essere nominate “Capitale europea della cultura” per attrarre turisti e persone interessate agli eventi culturali. In altri casi, come ad esempio a Bologna e a Genova, l’evento è stato utile per riqualificare elementi della città, ma non ha determinato – come invece ci si aspettava – un aumento dei flussi turistici. Ci sono casi per i quali la nomina a “Capitale europea della cultura” è stata invece occasione per avviare rigenerazione urbana, migliorare la visibilità internazionale, “collocare la città sulla mappa”, nel senso di renderla nota al pubblico vasto. Questi processi, quando funzionano, diventano volano di rinnovamento e occasioni di lavoro. È il caso di Glasgow, ad esempio, che dopo il declino degli anni ‘70 e ’80 utilizza l ’ evento come occasione di rinnovamento, contribuendo a un processo di trasformazione dell’economia locale e di uscita dalla crisi tipica della vecchie città manifatturiere. LEZIONE 45: 03 – Cosa è la “Capitale europea della cultura”? L’iniziativa “Capitale europea della cultura” nasce nel 1983 ad Atene nel corso di una riunione informale dei ministri della Cultura dell’Unione. L’avvio del progetto avviene nel 1985 con la città di Atene e nel 1986 con Firenze, per poi proseguire con candidature e nomine annuali. Si stabilisce che: le città devono presentare un dossier di candidatura; Occorre mantenere un equilibrio tra città capitali nazionali e altre città, oltre che una omogenea distribuzione geografica; Si possono nominare più città contemporaneamente; Si possono coinvolgere città di paesi non membri UE. Negli anni ‘90 e poi dal 2000 l’iniziativa, da informale, diventa parte delle politiche culturali dell’Unione europea, in particolare proprio nell’anno 2000, durante il quale sono nominate ben nove “capitali”. Vediamo dunque cosa significa per le città candidarsi ed essere nominate a Capitale europea della cultura. Le città nominate, spesso assieme alle loro regioni, si impegnano per la durata di un anno (dai 9 a i 13 mesi) a organizzare un programma culturale eccezionale, coinvolgendo la gamma più ampia di attori locali e proponendosi come vetrina per i cittadini e i visitatori. Molte “Capitali” realizzano con l’occasione iniziative di riqualificazione degli spazi pubblici, di recupero di aree o di singoli edifici: normalmente queste attività di trasformazione sono gestite e promosse dal governo cittadino. Nel 2000 furono elette ben 9 capitali. Poi bisogna ricordare il gruppo di nove città per l’anno 2000. In seguito, dal 2001 in poi, le “capitali” sono due ogni anno, con un meccanismo che prevede la designazione in anticipo dei due paesi che ospiteranno la capitale e quindi la selezione della capitale entro una rosa di candidature, in prima istanza gestite sostanzialmente internamente a ciascun paese, che opera una prima “scrematura” delle candidature possibili. [Digitare il testo] Pag. 42 04 – Illustrare gli elementi essenziali del caso di Genova, in quanto città che ha utilizzato la cultura e gli eventi per promuovere le trasformazioni urbane Genova rappresenta un caso di studio particolarmente interessante, per verificare come gli eventi possano costituire dei veri e propri motori nel processo di rigenerazione del tessuto urbano. La città, infatti, è stata interessata, nell’arco di circa un decennio, da tre eventi di rilevanza internazionale, che hanno messo in moto un lungo e complesso processo di trasformazione urbana, incentrato su un’opera di riqualificazione del territorio, in particolar modo del centro storico e del waterfront cittadino, finalizzato al riposizionamento del tessuto economico urbano, costretto a trovare nuovi settori di sviluppo a seguito della crisi della grande industria degli anni ’80. Troviamo nella storia recente della città un Mega Evento – l’Expo ’92 – e due Eventi Speciali: il G8 nel 2001, e la nomina a Città Europea della Cultura per l’anno 2004. Questi eventi, grazie ai finanziamenti che hanno ottenuto e ai progetti che hanno messo in moto, hanno costituito vere e proprie tappe nel processo di rinnovamento di Genova. Infatti, nonostante la crisi del comparto industriale, lo smantellamento delle attività portuali nell’area del Porto Antico e il calo della popolazione cittadina abbiano avuto ricadute negative sulla qualità del tessuto urbano, caratterizzato dalla presenza diffusa di aree dismesse (tra le quali tutta l’area del Porto Antico e il centro storico della città, ampiamente degradato, con scarso senso di appartenenza degli abitanti, emarginazione sociale, crisi della rete commerciale, e, in generale, la percezione di una scarsa qualità della vita), la città di Genova ha saputo usare la cultura e gli Eventi per rialzarsi, per rigenerarsi e per promuovere le trasformazioni urbane. L’impulso alla riqualificazione e al rinnovamento urbano iniziato in occasione dell’Expo ’92 è continuato negli anni successivi. La strada tracciata nella direzione della promozione di Genova come città della cultura e del turismo è confluita in varie iniziative. La città ha inoltre continuato ad investire sui Grandi Eventi, candidandosi ad accogliere il G8 e le manifestazioni di Genova Capitale della Cultura. Parallelamente le riflessioni relative allo sviluppo del territorio sono proseguite e la politica dei Grandi Eventi si è inscritta all’interno di una pianificazione dello sviluppo di ampio respiro. LEZIONE 46: 02 – Cosa è il programma “Europa creativa”? Europa creativa rappresenta la nuova fase del sostegno dell’UE alla cultura e al settore audiovisivo. Il programma è operativo dal 2014 al 2020 e fornisce un prezioso sostegno ai settori culturale e creativo, importante fonte di occupazione e di crescita in Europa. «Europa creativa» riunisce i programmi: Cultura, MEDIA e MEDIA Mundus. Offrirà un maggiore sostegno alla produzione cinematografica e ai settori audiovisivo e della cultura. E’ articolato in due sotto-programmi, che continuano a chiamarsi Cultura e MEDIA. Si prevede che il programma potrà sostenere: 300 000 artisti, altri professionisti della cultura e le loro opere riceveranno finanziamenti per farsi conoscere all’estero; più di 1 000 film europei con un sostegno alla distribuzione; migliaia di organizzazioni culturali e di professionisti in Europa beneficeranno di opportunità di formazione per acquisire nuove competenze e operare a livello internazionale; 2 500 cinema europei riceveranno un sostegno per garantire che almeno il 50 % dei film che proiettano sono prodotti in Europa. La traduzione di più di 5 500 libri e opere letterarie. [Digitare il testo] Pag. 45 LEZIONE 48: 29 - Cosa è il Parlamento europeo e quali funzioni svolge? Il parlamento europeo eletto a suffragio universale diretto dal 1979, con mandato quinquennale, è attualmente composto da 787 membri. È presieduto da un presidente, ha sede a Lussemburgo ma le sue sessioni plenarie si tengono una settimana al mese a Strasburgo, mentre le altre sedute si svolgono a Bruxelles. Il parlamento europeo svolge funzione di controllo sulla Commissione Europea, ratifica le nomine dei commissari, sorveglia il buon andamento delle politiche comunitarie, ha poteri di censura, riceve le petizioni inviate dei cittadini dell’Unione Europea per denunciare i casi di cattiva amministrazione da parte di organi comunitari. Insieme al Consiglio detiene il potere in materia di bilancio, viene consultato nell’adozione degli atti comunitari; nella procedura di codecisione adotta l'atto insieme al consiglio in alcuni campi di intervento. È la "prima istituzione" dell'UE (menzionata per prima nei trattati, avendo la precedenza cerimoniale su tutte le altre autorità a livello europeo), e condivide la funzione legislativa con il Consiglio (tranne che in alcune aree dove si applicano procedure legislative speciali), partecipa inoltre alla procedura di approvazione del bilancio dell'UE, elegge il Presidente della Commissione e approva (o respinge) la nomina della Commissione nel suo insieme, può anche forzare le dimissioni dell'intera Commissione attraverso l'adozione di una mozione di censura. In generale esercita un controllo politico sulla Commissione mediante l’approvazione di mozioni e dichiarazioni; ad esempio può sollecitare la Commissione a esercitare l’iniziativa legislativa in una determinata materia. L'attuale Presidente del Parlamento europeo è David Sassoli, eletto il 3 luglio 2019. 30 – In cosa consiste il processo di allargamento dell’Unione Europea e quali sono i principali criteri che devono rispettare i “paesi candidati”? Per «processo di allargamento dell’Unione europea» si intende l'ingresso di nuovi paesi che entrano a far parte dell'Unione Europea. Nella metà degli anni novanta, iniziano i preparativi per l’allargamento più vasto dell’Unione europea. Presentano infatti domanda di adesione i sei ex paesi del blocco sovietico, i tre Stati baltici dell’ex Unione Sovietica, una repubblica dell’ex Jugoslavia (Slovenia) e due paesi mediterranei (Cipro e Malta). L’UE accoglie favorevolmente queste candidature. I negoziati si aprono nel dicembre 1997 e dieci dei paesi candidati fanno il loro ingresso nell’Unione europea il 1 maggio 2004, seguiti da Bulgaria e Romania nel 2007 e dalla Croazia nel 2013, portando il numero di Stati membri dell’UE a 28. I paesi candidati devono rispettare i “criteri di Copenaghen”, fissati dal Consiglio europeo del dicembre 1993, che impongono al candidato: 1) la presenza di istituzioni stabili che garantiscano la democrazia, lo stato di diritto, i diritti dell’uomo, il rispetto delle minoranze e la loro tutela; 2) l’esistenza di un’economia di mercato funzionante e la capacità di far fronte alle forze di mercato e alla pressione concorrenziale all’interno dell’Unione; 3)la capacità di far fronte agli obblighi derivanti dall’adesione e di realizzare gli obiettivi dell’unione politica, economica e monetaria. [Digitare il testo] Pag. 46 31 – Eventi recentissimi stanno mettendo in discussione la composizione dell’Unione Europea. A cosa ci stiamo riferendo? E cosa si intende –invece- per “allargamento” dell’Unione Europea? Uno degli eventi che hanno minato la stabilità dell'UE è certamente la crisi finanziaria mondiale del 2008. I governi e le istituzioni dell’UE hanno dovuto agire prontamente per salvare le banche e l’UE ha fornito assistenza finanziaria ai paesi maggiormente colpiti. La condivisione di una moneta unica ha permesso di proteggere la zona euro dalle speculazioni e dalla svalutazione. Il Regno Unito, entrato nell'UE nel 1973 in occasione del primo allargamento da 6 a 9 membri, il 23 giugno 2016, tramite un referendum, vota per l'uscita dall'UE. Nelle ragioni che hanno portato a questa decisione non dobbiamo dimenticare l'Euroscetticismo che ha caratterizzato questo paese già dal suo ingresso. Una delle ragioni chiave, ampiamente condivisa dal Parlamento, è la maggiore necessità di controllare i confini inglesi, o in altre parole, di ridurre l’immigrazione. Dopo che il Regno Unito ha votato per lasciare l’Unione Europea potrebbe essere la volta di altri paesi, addirittura di uno dei sei stati fondatori di quella che oggi è l’UE che potrebbero indire un referendum sulla permanenza nell’Unione. Per allargamento, invece, si intende l'ingresso di nuovi paesi che entrano a far parte dell'Unione Europea. Nella metà degli anni novanta, iniziano i preparativi per l’allargamento più vasto dell’Unione europea. Presentano infatti domanda di adesione i sei ex paesi del blocco sovietico, i tre Stati baltici dell’ex Unione Sovietica, una repubblica dell’ex Jugoslavia (Slovenia) e due paesi mediterranei (Cipro e Malta). L’UE accoglie favorevolmente queste candidature. I negoziati si aprono nel dicembre 1997 e dieci dei paesi candidati fanno il loro ingresso nell’Unione europea il 1 maggio 2004, seguiti da Bulgaria e Romania nel 2007 e dalla Croazia nel 2013, portando il numero di Stati membri dell’UE a 28.
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