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Domande e appunti per esame di storia mediavale, Prove d'esame di Storia Medievale

Domande a risposta aperta per esercitazione ed esame di storia medievale

Tipologia: Prove d'esame

2017/2018

Caricato il 28/10/2018

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Scarica Domande e appunti per esame di storia mediavale e più Prove d'esame in PDF di Storia Medievale solo su Docsity! Domande: • CRISTIANIZZAZIONE DEL POPOLO DEI BARBARI La conversione delle popolazioni germaniche fu un lento (e non lineare) processo di acculturazione che si affermò attraverso le iniziative missionarie individuali. Quasi sempre la conversione iniziava dall’aristocrazia politico-militare, ma, nel caso in cui esisteva un potere regio la conversione partiva da lì, in quanto la regalità tra le tribù seminomadi aveva un carattere di sacralità. Nonostante si trovassero in un'epoca di continui cambiamenti, instabilità e insicurezza sociale, anche le popolazioni barbariche si dimostrarono particolarmente sensibili al messaggio salvifico del cristianesimo; in particolare le aristocrazie di questi popoli capirono che per rafforzare la loro situazione sociale ed economica occorreva intraprendere delle carriere ecclesiastiche e, di conseguenza, anche assimilare la cultura e la tradizione latina e classica. La penetrazione delle nuove aristocrazie in gerarchie ecclesiastiche comportò introduzione di valori tradizionali germanici nel cristianesimo, come la violenza e la forza. Durante la seconda metà del IV secolo, gran parte delle popolazioni barbariche furono convertite al cristianesimo, ma secondo la forma ariana; nonostante la sua condanna (325, concilio di Nicea), l'arianesimo, ebbe comunque una Grande diffusione, poiché professato dai monaci, che per primi convertirono le popolazioni germaniche. Uno di questi fu Ulfila, vescovo di origine visigota: i goti devono a lui la conversione, poiché tradusse il vangelo in forma gota. Altro esempio di popoli convertiti in questa forma furono i longobardi. L'eccezione sta nei franchi che si convertirono solo intorno al 500 nella forma cattolica, poiché subirono l'influenza dei vescovi provenienti dalla Gallia. presagi di grandezza già nei primi giorni di Vita, superamento di prove in età adulta, avvicinamento al paradiso al momento della morte e segni dal cielo (miracoli); un esempio famoso è la vita di San Martino, vescovo di Tours. Alla fine del secolo VII nella chiesa merovingia ci furono tensioni tra le famiglie per ottenere le sedi vescovili che spesso furono causa di violenze e omicidi (molte vite vescovi si concludono con l'assassinio dello stesso). Quindi le vite dei santi scritte in età merovingia si presentavano come una straordinaria fonte di informazione non tanto sui modelli di santità, ma sui conflitti che abitavano la società dell'epoca. Questo periodo è stato identificato come quello in cui a predominare era la corruzione e la mancanza di carisma dei vescovi, che avevano portato al disfacimento morale del clero, ma fu anche caratterizzato da una profonda fioritura della agiografia (letteratura relativa alla vita dei santi). A differenza dei modelli tardo antichi di santità aperto sia agli uomini sia alle donne, la agiografia merovingia (e poi carolingia) si concentrò prevalentemente a elaborare un modello di santità maschile. • SPIEGARE IL PROCESSO "DAL COMITATO ALLA CONTEA" Nella seconda metà del secolo IX e all'inizio del secolo successivo, le istituzioni di governo carolingio subirono una profonda trasformazione che si completò solo nel XI secolo. Conti e marchesi, funzionari pubblici addetti alla amministrazione della giustizia, alla guida dell'esercito e a esigere le tasse nelle rispettive circoscrizioni pubbliche, riuscirono a rendere ereditaria la carica. La trasmissione ereditaria era già visibile nel trattato di Quierzy, emanato da Carlo il Calvo nel 887, anche se il processo verrà portato a compimento due secoli dopo con l’editto dei benefici. Soprattutto in Francia e in Germania nacquero le grandi dominazioni politiche quasi autonome che gli storici chiamano principati e che le fonti attuali definiscono comitati, ducati e marche. Queste circoscrizioni vennero per lo più costituite da famiglie di conti e marchesi resi potenti dall'acquisizione patrimoniale dell'ufficio pubblico e dalla sua trasmissione per via dinastia all'interno della famiglia; poi dal possesso di ingenti beni fondiari e dalle concessioni regie e infine dell’irresistibile dei legami di alleanza e di clientela con l’aristocrazia del territorio. Fino all'età carolingia e ancora più nella metà 2° del IX secolo, vescovi e monasteri aveva ricevuto dai Sovrani concessioni di immunità, che esoneravano i loro domini dall'autorità e dal controllo dei funzionari pubblici. Poco più tardi anche i grandi proprietari grandi laici tentarono di rivendicare una simile esenzione: vi riuscirono nei periodi di maggiore debolezza del potere comitale oppure con l'edificazione del castello. C'è quindi un processo di imitazione: i signori laici puntavano sia ad acquisire l'immunità sia i quali regolarmente ispezionavano i comitati e riferivano al re. Nell'887 Carlo il Calvo Emana L'editto dei benefici innescando il processo di ereditarietà della carica, ma ci vorranno circa due secoli prima che questo processo venga riconosciuto dai sovrani. • CONTINUTÀ E INNOVAZIONE ISTITUZIONALE NEGLI ANNI DI CARLO MAGNO Nei primi anni nel IX secolo Carlo Magno cerca di dare ai suoi domini una struttura politica centralizzata: inquadra i territori in una rete di circoscrizioni pubbliche definite comitati. Erano affidati ai conti, funzionari regi detentori del poter di banno (facoltà di costringere e punire), che amministravano la giustizia, convocavano e guidavano l'esercito; come compenso per la funzione svolta incameravano i provenienti dell'azione giudiziaria e dei pedaggi, ottenevano in beneficio i territori situati all'interno delle circoscrizioni. Inoltre, istituì ducati e marche ai confini, circoscrizioni pubbliche di forte connotazione nazionale. Per controllare l'operato dei funzionari fece ricorso all'istituto dei Missi Dominici, esponenti dell'aristocrazia laica ed ecclesiastica che regolarmente ispezionavano le circoscrizioni e riferivano al re, già presenti in età Merovingia. Pone come centro amministrativo il palazzo costituito dalla residenza e dai funzionari di corte, tra questi i ruoli più rilevanti spettavano al conte palatino con mansioni giudiziarie e l'arcicappellano a capo della cancelleria. Sceglie come luogo di residenza dei suoi soggiorno Aquisgrana e sulla base delle grandi capitali fa costruire palazzi e altri edifici. Dà seguito ad un'intensa attività legislativa: produce capitolari, leggi costituite da brevi articoli. Fa ricorso ai rapporti vassallatici - beneficiari con i funzionari di corte, istituto che portò al l'ascesa dei pipinidi; inoltre Ricorre all'istituto dell'immunità per dare maggiore coesione al regno. Anche dal punto di vista culturale vi sono delle importanti innovazioni: viene introdotta la scrittura "minuscola carolina" caratteri agevolmente leggibili e nasce la scuola palatina, la quale darà vita alla rinascita carolingia. • LA CURTIS: ORIGINI, STRUTTURA E SVILUPPI A partire dal VIII secolo si organizza la grande proprietà laica, fiscale ed ecclesiastica. Da essa ebbe vita il sistema curtense, basato sull'esistenza di un nucleo amministrativo fondato sulla residenza padronale, sui laboratori artigianali, sulle dimore dei servi e sulla bipartizione dei terreni della Curtis in un settore a gestione padronale diretta (dominicio) e un altro a gestione indiretta (massaricio), suddiviso in mansi. Lo stretto legame tra le due parti, era rappresentata dall'obbligo per i contadini del massaricio di prestare corvée (= prestazioni) sulle terre del dominio. I contadini erano completamente a carico ponendo con pene più gravi del normale i magnati, i cittadini più ricchi e potenti che con il loro comportamento violento minavano la pace dei cittadini più deboli (che il popolo voleva garantire). • CASTELLO RURALE TRA X E XII: SECOLO GENESI, SVILUPPI, MOTTI EROGATI L'incastellamento è un fenomeno che accompagna la caduta dell'impero carolingio (IX) e la formazione di una moltitudine di nuovi centri di potere, consiste nella diffusione di nuclei insediativi cinti da mura. A seguito del l'incapacità da parte dei Sovrani di fronteggiare la seconda ondata di invasioni che vide come protagonisti ungari, normanni e saraceni a partire dal IX secolo, i grandi proprietari fondiari allestirono fortificazioni cingendo di mura i propri possedimenti. Contadini e piccoli proprietari spinti dall'insicurezza scelsero di abbandonare le loro abitazioni per rifugiarsi all'interno delle mura, dando vita ad un cambiamento dei paesaggi. Con questo fenomeno a partire dal X cambia anche il ruolo politico dei signori, poterono estendere la loro autorità non più solo sui servi ma su tutti I residenti della circoscrizione. L'aristocrazia fondiaria sempre più autonoma dal potere centrale, forte della protezione svolta dagli uomini residenti nel castello poté attribuirsi compiti di natura giudiziaria che i conti e funzionari pubblici non poterono più svolgere. Si andarono così a delineare possedimenti dinastico signorili: signoria territoriale di banno, fondiaria e domestica. • IL VESCOVO IN ETÀ ALTOMEDIEVALE: FUNZIONI E PREROGATIVE RELIGIOSE, CIVILI E POLITICHE Il vescovo era un membro del clero, titolare della Chiesa Cattedra, proveniente da famiglie senatoriali e dotati di ingenti proprietà fondiarie, educato alla dialettica e alla retorica, si poneva al vertice di una gerarchia sociale ed era riconosciuto come responsabile dell'integrità morale dei fedeli, esplicitata attraverso il diritto di correggere gli errori di comportamento e di pensiero. Per quanto riguarda la sfera religiosa amministrava i sacramenti, curava e organizzava le funzioni e le predicazioni e proteggeva i poveri. Inoltre, aveva forti poteri laici prendeva una serie di intenti ad oc, produceva i diplomi, convocava concili. Di particolare importanza sono i titolari delle diocesi situate nelle principali Chiese della provincia, definite metropolite (in Oriente Antiochia, Gerusalemme, Alessandria, Costantinopoli e in occidente Roma, Ravenna, Milano e Aquileia), che avevano potere di controllo sugli altri vescovi. La politica dei Carolingi conferì loro maggiore rilievo concedendogli l'immunità e incarico di Missi Dominici, con il compito di controllare l'operato di conti e marchesi. Tra il IX e il X secolo per loro iniziativa personale o per delega del sovrano fecero • IL "VESCOVO DI ROMA" E LO SVILUPPO DELLA SUE PREROGATIVE FINO AL SECOLO XI Tra il I e il III secolo la Chiesa non aveva ancora vertici ben definiti, ma si costituirono le prime comunità collegiali formate da vescovi, diaconi e preti. Il vescovo in questa epoca era visto come una persona dotata di grande autorevolezza morale e religiosa con prerogative e competenze maggiori rispetto alle altre figure della Chiesa. Di particolare rilevanza i vescovi a capo delle Chiese metropolite, quelle che avevano sede nelle principali città della provincia (Antiochia, Gerusalemme, Alessandria, Costantinopoli, Roma, Milano, Ravenna, Aquileia), chiamati arcivescovi, cui spettava potere di controllo e organizzazione dei vescovi. Nel concilio di Calcedonia (451) a Roma venne attribuito una sorta di primato nelle questioni di fede e di giurisdizione ecclesiastica, riconoscendo una sorta di superiorità al suo vescovo: il potere decisionale nei concili ecumenici convocati dagli imperatori. Uno dei popoli che ebbe un forte legame con il Vescovo di Roma fu quello dei franchi sotto la dinastia Carolingia (VIII): la strategia del papa era quella di favorire l'ascesa del popolo amico (franchi) per garantirsi un alleato contro il popolo invasore, i longobardi, vincolatosi così alla corona e all'ingerenza dei laici nelle nomine ecclesiastiche. Solo nel XI secolo Gregorio VII fissa le prerogative pontificie nel Dictatus Enunciati Papae (1075) raccoglie 27 enunciati circa il ruolo del papato e della chiesa romana: il pontefice romano è l'unico che può essere chiamato universale, può deporre o ripristinare vescovi, emanare leggi, riunire nuove congregazioni, dividere diocesi ricche unire quelle povere. Solo a seguito di questa costruzione del vescovo di Roma si cominciò a stabilire le norme per l’elezione del papa, compito dei cardinali (XI). • IL PODESTÀ, AFFERMAZIONE, FUNZIONE E TRATTI CARATTERISTICI Gli anni che seguirono la Pace di Costanza (1183), videro il conflitto tra diverse componenti dell’aristocrazia finendo per turbare la vita dei collegi consolari, per comprometterne la stabilità e renderli inidonei allo svolgimento delle funzioni. Avvenne così la scelta tra XII e XIII secolo di sostituirli con un podestà. Tale mutamento scandisce il passaggio dalla fase consolare a quella podestarile del comune Italia. Il podestà era un funzionario stipendiati di provenienza esterna alla città che lo eleggeva, con carica limitata (per lo più di un anno). Deteneva il potere esecutivo, presiedeva i consigli (titolari del potere legislativo), amministrava la giustizia e svolgeva funzioni di carattere militare. Si avvaleva di una schiera di collaboratori che recava con sé Il monachesimo nacque tra il III e IV secolo in Egitto, per iniziativa di singoli individui di provenienza sociale varia, che scelsero di condurre una vita di ascesi e penitenza nella forma eremitica. Ben presto si organizzarono in gruppi di asceti, i cenobiti, organizzati in comunità sotto la guida di un abate e secondo norme. Dal IV secolo il monachesimo cominciò a diffondersi anche in occidente, in concomitanza con la crisi morale della Chiesa. I primi monasteri si formarono nella Gallia occidentale, in Provenza, in Britannia fino a raggiungere l'Irlanda. In Italia i primi gruppi di asceti si formarono sul finire del IV secolo a Roma, in ambiente prevalentemente femminile. Tra questi nel VI secolo si colloca l'esperienza di Benedetto da Norcia, il quale fondò il monastero di Montecassino ed elaborò la Regola, che proponeva un'interpretazione moderata del monachesimo orientale; essa richiedeva l'obbedienza al proprio abate e un modello di vita basato su preghiera e lavoro manuale. In età Carolingia viene adottata come una regola per i monasteri dell'impero di Occidente. Un'altra regola che si afferma è quella di Colombano, monaco irlandese che insieme ad altri monaci arrivò nel continente europeo e fondò una serie di monasteri (Bobbio) sottoposti ad una regola elaborata dallo stesso, più severa di quella benedettina. • DEFINIRE IL BANNO NEL TEMPO È la prerogativa rivendicata dai re franchi, che nelle antiche lingue germaniche andava ad indicare il potere di convocare e punire, che spettava a ciascun capo delle tribù. Questo diritto evolve bene presto nel concreto potere di dare ordini e di sanzionare chi infrange la legge. Nel tardo regno franco e poi nell'impero carolingio il banno regio, che non conosce né limiti né restrizioni, diventa una necessaria integrazione delle leggi nazionali. Il banno viene delegato dal sovrano ai suoi ufficiali, innanzitutto ai conti. In età post-carolingia si moltiplicano e si diversificano i detentori di questo potere: sia enti ecclesiastici sia laici. Nasce così la signoria territoriale di banno esercitata su tutta la circoscrizione territoriale, il dominus aveva il potere di costringere con la forza gli uomini a presentarsi al suo giudizio e a sottostare alle sue decisioni, inoltre riscuoteva i diritti relativi all'uso delle strutture comprese nell'ambito della sua giurisdizione ed esigeva tributi di varia natura. • I CONSOLI CITTADINI: COMPARSA, NUMERO, FUNZIONI, DURATA. Dalla situazione di conflitto causata dalla cosiddetta "lotta per le investiture" durante la seconda metà del XI secolo, emerse una volontà di pacificazione sociale da cui prese vita il nuovo sistema politico ovvero l'ordinamento comunale. I cittadini istituirono delle nuove assemblee chiamate Arenghi, dove eleggevano i loro rappresentanti, i Consoli. Nacque così il centrale e i conflitti tra papato e impero per le nomine vescovili, mise in crisi gli assetti di potere nelle città italiane, favorendo i processi di formazione dei comuni. Tali processi furono vari: in alcuni centri nacque l'opposizione di tutta la città contro i detentori del potere, ceto aristocratico e quello mercantile non era più disposto a rinunciare al protagonismo politico. In presenza di un forte potrebbe politico vescovile, si ebbe un periodo di coesistenza con lo stesso e il comune. A Milano, ad esempio confluiscono tre ordini nel collegio consolare: capitanei, valvassores e cives attestano così la presenza comunale. A Genova, il comune sembra sorgere da una sorta di federazione cittadine delle varie compagnie, probabilmente delle associazioni rionali di carattere militare. Il passaggio da città vescovile a città comunale si può dire compiuto quando troviamo insediata al governo della collettività cittadina una magistratura collegiale permanente, rinnovata annualmente: si trattava di gruppi di consoli, in numero fortemente variabile, occasionalmente coadiuvata dalle riunioni di un arengo e di un consiglio cittadino. • PESTE E CRISI Le cause generali della crisi del '300, che si protrasse in realtà fino alla metà del secolo successivo, furono principalmente: il peggioramento del clima, che non ebbe però, un effetto determinate, la frequenza delle guerre, che provocavano sistematici saccheggi e alimentano la diffusione delle epidemie e infine la peste. Questi 3 fattori, combinandosi, favorirono un duraturo regresso demografico e una crisi delle attività economiche. Tra il 1348 e il 1351 l'Europa fu colpita da un'epidemia di peste (ma ve furono altri di diversi intervalli di tempo), proveniente dalle steppe Euro asiatiche, provocò la morte di circa 1/3 della popolazione del continente. Responsabile della peste era un bacillo, parassita del ratto, che tramite questo poté estendere il suo contagio ad uomini ed animali. Il crollo demografico determinò una forte diminuzione del prezzo dei cereali, il fenomeno interessò tutta l’Europa, eccetto l’Italia settentrionale e l'Olanda dove le attività produttive non subirono una battuta di arresto. Altre conseguenze della crisi demografica furono l'aumento dei salari rurali e la scarsità di manodopera che aumentò il potere contrattuale dei contadini, i quali riuscirono a strappare condizioni di lavoro più favorevoli rispetto al passato, anche se per poco. • DINASTIA DEGLI SVEVI Alla morte di Enrico V nel XII secolo presero a delinearsi nell'ambito della nobiltà tedesca due schieramenti che ebbero denominazione di Guelfi (casa bavarese) e Ghibellini (castello di Svevia) a contendersi la corona imperiale. A Corrado II successe Federico duca di Svevia, capace metodi attiravano studenti da tutta Europa; Bologna fu un esempio di diritto canonico per Italia, Francia e Spagna. • PAPATO UNIVERSALE E STATO DELLA CHIESA Tra i secoli XIV e XV importanti trasformazione politiche e istituzionali investirono anche le realtà territoriali dell'Italia centrale e quella meridionale. Per quanto riguarda i territori dello Stato della Chiesa, gli anni dello scisma della chiesa di Occidente, segnarono una svolta politica. I pontefici nel Quattrocento furono spinti da una crescente attenzione verso l'amministrazione delle regioni sottoposte, al fine di raccogliere ricchezze avviarono un processo di organizzazione statale pari a quello avvenuto in Italia centro settentrionale. Il principale organo della curia era la era camera apostolica, a cui competeva l'amministrazione finanziaria, gli apparati di governo periferici erano ancorati alle grandi circoscrizioni amministrative istituite nel corso del Duecento. Tra i territori temporali (Romagna, Marche, Umbria e Lazio) fioriranno in particolare Romagna ed Emilia, pur mantenendo la sovranità pontificia. In questi territori inoltre si affermarono diverse signorie: Malatesta (Marca D'Ancora), Ordelaffi, Bentivoglio (Bologna), Montefeltro (Urbino). • CONSOLIDAMENTO REGNI EUROPEI Nel Duecento si rafforzano o gli ordinamenti monarchici che si erano sviluppati tra XI e XII secolo in Inghilterra, Francia, Italia meridionale e penisola Iberica. I Sovrani, appartenenti a dinastie più solide, si videro riconosciuti la piena sovranità sugli stati; venivano così a delinearsi quadri politici e territoriali che si andranno poi a sviluppare tra Trecento e Quattrocento. Affianco al re, il quale tendeva a concentrare il potere, operavano le forze locali, aristocrazia ed élites urbane, le quali interagivano in diversi modo con esso. Inoltre, nel corso del secolo ci fu un'espansione demografica la quale, anche se da un lato comportò la sostituzione degli eserciti feudali con eserciti di mercenari, dall'altro rese più efficace l’ordinamento fiscale e amministrativo per far fronte alle crescenti spese di guerra. • STATI NAZIONALI Gli Stati Trecenteschi e Quattrocenteschi avevano carattere territoriale e nazionale: si trattavano di entità politiche territoriali definite e unite caratterizzate da confini, i quali svolgevano la funzione di delimitare lo spazio entro il quale il popolo era soggetto al potere centrale. Al contempo emergeva il profilo di una comunità nazionale, processo spinto dall’uso di una lingua comune promosso dai sovrani, dalla diffusione del santo protettore del re o del Paese e dall’acquisizione delle chiese di carattere nazionale. Il processo di accentramento politico e di costruzione statale interessò soprattutto Francia e
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