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Domande e risposte aperte esame DIRITTO DELL'INFORMAZIONE E DEI MEDIA UNIBO, Prove d'esame di Diritto Dei Media

Domande e risposte aperte esame DIRITTO DELL'INFORMAZIONE E DEI MEDIA UNIBO prof Donati 2022-2023 esame 3 domande aperte

Tipologia: Prove d'esame

2022/2023

In vendita dal 24/05/2023

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Scarica Domande e risposte aperte esame DIRITTO DELL'INFORMAZIONE E DEI MEDIA UNIBO e più Prove d'esame in PDF di Diritto Dei Media solo su Docsity! RISPOSTE A DOMANDE APERTE DIRITTO Le forme di Stato e forme di Governo 1) Le forme di stato riguardano la relazione fra sovranità e popolo e fra sovranità e territorio. Nel primo caso ci si riferisce all'evoluzione del rapporto tra il popolo e il potere: da Stato patrimoniale (ordinamento feudale, il popolo è proprietà di chi detiene il potere), a stato assoluto (principati, comuni e signorie), stato di polizia (monarchie illuminate, 1700) e stato liberale (1800, monoclasse). Poi si arriva allo Stato democratico (1900, pluriclasse, caratterizzato dal sistema elettorale, il voto di maggioranza e la tutela delle minoranze). Per il rapporto con il territorio, invece, si fa riferimento a tre modelli: lo stato unitario (un solo ordinamento giuridico sovrano, potere centrale), stato composto o federale (unione dei popoli e territori al suo interno) e lo stato regionale (uno stato unitario che però riconosce l'autonomia alle proprie regioni, comuni e province). Le forme di governo: distribuzione del potere tra gli organi costituzionali dello Stato e la loro reciproca posizione. Sono: la monarchia (potere nelle mani di un unico sovrano), la repubblica (aristocratica o democratica); governo costituzionale puro (consiglio dei Ministri accanto al monarca), governo costituzionale parlamentare (il Parlamento al centro), governo semipresidenziale (il popolo vota parlamento e PdR, il parlamento poi fa il governo), governo presidenziale (popolo vota sia il Congresso che il Presidente, che poi sceglie i ministri per il Governo, non c'è relazione tra parlamento e governo), e governo direttoriale (consiglio federeale al vertice dello Stato). 2) L’evoluzione delle forme di stato inizia con lo stato patrimoniale (titolare del potere rivendica come parte del suo patrimonio le terre e gli uomini che la cotivano), stato assoluto (in cui la sovranità si identifica con il singolo, il monarca; coincidenza tra persona fisica e persona giuridica), stato di polizia (in cui il governa perché ritiene di essere la persona più adatta a svolgere questo ruolo), stato di diritto o politico (in cui si introducono sistemi di rappresentanza e tutela dei cittadini e si dividono il potere per evitare la concentrazione nelle mani del singolo) e stato sociale (in cui si richiede l’intervento dello stato per rimuovere le differenze tra i cittadini). Le forme di stato riguardano il rapporto tra società-stato (stato democratico, in cui i cittadini eleggono dei rappresentanti che prendano le decisioni al posto loro; autoritario, in cui una o poche persone non elette decidono cosa fare e lasciano poche libertà ai cittadini), tra stato- territorio (unitario, in cui il potere è centralizzato in un punto mediante organi periferici; federale, in cui lo stato ha la supremazia nel proprio ambito, su certi argomenti ma le decisioni che riguardano tutti vengono affidate allo stato federale; regionale, a metà tra unitario e federale) e stato-economia (capitalista, in cui i mezzi e le imprese sono proprietà private; socialista, in cui il mercato è gestito totalmente dallo stato) Il parlamento: organizzazione e funzioni Il Parlamento è un organo collegiale formato da due assemblee: Camera dei Deputati (400, p.25 a.18) e Senato della Repubblica (315 +5 senatori a vita, p.40 a.25). La Camera viene eletta direttamente dai cittadini, su base nazionale mediante le liste bloccate (camera bassa), mentre l’elezione del Senato avviene su base regionale (camera alta). Di solito la Camera è della maggioranza, mentre il Senato dell'opposizione. Entrambe le Camere sono autonome e nessuna autorià ha potere su come si organizzano. Il Parlamento è così composto: un Presidente per ogni camera (eletto a maggioranza dai componenti delle camere), ufficio di presidenza (rappresenta le forze politiche di ogni camera e definisce l’agenda), gruppi parlamentari (sono il riflesso dei partiti politici dentro il Parlamento, eleggono un capogruppo che organizza i lavori e definisce l’agenda e riferisce al gruppo la linea da seguire e le decisioni del partito), gruppi misti(in cui fanno parte i parlamentari che sono stati espulsi da un gruppo parlamentare o non si ritrovano nella linea del partito), giunte parlamentari (svolgono lavori tecnici), le commissioni ordinarie (permanenti, rispettano la composizione proporzionale del parlamento e svolgono compiti specifici), le commissioni straordinarie (istituite per svolgere compiti specifici: la commissione di vigilanza (servizi segreti e Rai) e la commissione d’inchiesta (ha gli stessi poteri della magistratura inquirente, fare le indagini su crimini ritenuti di una certa importanza e rilevanza per il paese). La legislatura delle camere dura 5 anni. I parlamentare godono di uno status particolare che concede loro l'insidacabilità e l'inviolabilità. Le funzioni del Parlamento sono: legislativa (5 fasi dell'iter legislativo, procedimenti abbreviati e di riforma costituzionale), di controllo sul governo (tramite interrogazione, interpellanza, mozione e commisioni di inchiesta), e indirizzo politico (approvazione dei disegni di legge, trasformare decreti legge in legge, approvazione delle promozione in legge, definizione dell’ordine del giorno del Governo, mozione di fiducia/sfiducia). Il rapporto di fiducia tra Parlamento e Governo: 1)Durante il processo di formazione del Governo, a seguito della discussione sul programma proposto, ogni Camera deve votare la fiducia. In caso di voto favorevole, si dimostra l’esistenza di un accordo tra i partiti del Parlamento a appoggiare il Governo. Nel caso invece di voto sfavorevole di anche una sola delle due Camere (può essere richiesta una mozione di sfiducia anche nel corso della legislatura) il Governo è costretto a dimettersi. In questo caso si hanno le crisi di governo che possono essere per: ragioni di correttezza, il governo si dimette in caso di elezioni del nuovo PdR (dimissioni formali e rifiutate) o in caso di elezione delle nuove Camere (dimissioni accettate, perché il governo non ha la fiducia delle nuove camere), parlamentari (in caso non abbia la fiducia di una o entrambe le camere) e extraparlamentari (quando uno dei partiti che avevano dato la fiducia al governo esce dalla coalizione su cui si reggeva il governo che è costretto a dimettersi perché non ha più la maggioranza). La questione della fiducia può essere posta anche dal governo stesso. La fiducia del parlamento al governo si manifesta poi con la funzione di indirizzo politico che comprende l’approvazione delle leggi del governo, la conversione dei decreti legge del governo in legge e la definizione dell’ordine del giorno del governo. 2) Il rapporto tra fiducia tra Governo e Parlamento si manifesta in un primo momento durante il processo di formazione del governo. Dopo la discussione sul programma del Governo, ogni camera deve votare la mozione di fiducia. In caso di voto favorevole, si dimostra l’esistenza di un accordo tra pariti del Parlamento per appoggiare il Governo. Nel caso invece di voto sfavorevole di anche solo una delle due camere il Governo è costretto a dimettersi perché non ha la fiducia delle Camere. In questo caso si hanno le crisi di governo, che possono essere per ragioni di correttezza, per cui il governo si dimette in caso di elezioni del nuovo PdR (formali e/o rifiutate) o in caso di elezioni delle nuove Camere (dimissioni accettate, perché il governo non ha la fiducia delle nuove camere), parlamentari (nel caso in cui non abbia la fiducia di una o entrambe le camere) e extraparlamentari (quando uno dei partiti che avevano dato la fiducia al governo esce dalla coalizione su cui si reggeva il governo che è costretto a dimettersi perché non ha più la maggioranza). La fiducia del parlamento al governo si manifesta poi con la funzione di indirizzo politico che comprende l’approvazione delle leggi del governo, la conversione dei decreti legge del governo in legge e la definizione dell’ordine del giorno del governo Presidente della Repubblica: ruolo e funzioni Il PdR è un organo monocratico, una figura super partes, che rappresenta l'unità nazionale e ha funzioni di intermediario tra Parlamento, Governo e Magistratura. Può essere eletto PdR qualsiasi cittadino sopra i 50 anni che goda di tutti i diritti civili e giudiziari. Il PdC convoca il Parlamento in seduta comune e 3 delegati per ogni regione. L’elezione viene fatta a scrutinio segreto e a maggioranza qualificata dei 2/3. La carica dura 7 anni e si è subito rieleggibili. Le sue funzioni di natura legislativa sono: promulgare le leggi, nominare i senatori a vita, indire le elezioni, convocare le camere e autorizzare la presentazione dei progetti di legge del Governo alle Camere. Per quanto riguarda il potere esecutivo, il PdR nomina il Presidente del Consiglio, presiede le forze armate, controfirma i DPR. Nei confronti del potere giudiziario: nomina 5 giudici della Corte Costituzionale, è a capo del CSM e può concedere la grazie e commutare pene Il PdR gode dell’immunità parlamentare per cui non è perseguibile per le opinioni che esprime durante l’esercizio della sua funzione. Ci sono solo due crimini che può commettere e per i quali è giudicato dalla corte costituzionale: alto tradimento (favorire forse esterne) e attentato alla costituzione (viola i valori e i principi della costituzione). mano allo stato (alcune sono società pubbliche, in cui la maggioranza delle azioni è dello stato), come Cinecittà Holding SPA, che in quanto tale detiene la maggioranza azionaria di altre società a modello azionario (LUCE, Italonoleggio, Cinecittà Studios). Cinecittà in quanto società madre deve presentare ogni anno una proposta di programma, come risultato del coordinamento con i programmi delle altre società. Diritto alla riservatezza: 1) La riservatezza è uno dei limiti impliciti del art. 21 di natura privata. La riservatezza può essere intesa come diritto a essere lasciati soli e diritto di decidere se portare o meno alla conoscenza degli altri le proprie idee e opinioni (natura anglosassone, è la privacy) o intesa come il diritto che l’individuo ha a tutelare le sue informazioni. In Italia si parla per la prima volta di questo diritto nel 1975, in una sentenza della riservatezza come tutela delle vicende strettamente personali o famigliari. La vera novità si ha nel 1995, con l'adesione dell'Italia al trattato di Shenghen, che permetterà la libera circolazione delle nostre informazioni tra i vari paesi dell'Unione. Nel 1996 si approva in gran fretta una legge complessa, contiene una classificazione dei dati: pubblici, accessibili, riservati (personali, sensibili, sensibilissimi) Dal 2003, infatti, viene adottato un codice riguardante i dati personali: il d lgs 196/03 Che sarà aggiornato nel 2016 con il GDPR. Questo contiene la definizione di dato personale (sensibile e sensibilissimo) e di trattamento dei dati. I principi applicabili sono: liceità, correttezza, trasparenza, limitazione delle finalità, minimizzazione dei dati, limitazione della conservazione, integrità e riservatezza. Inoltre la riservatezza tutela il diritto all’oblio ovvero il diritto a non essere indeterminatamente esposto al danno che la ripubblicazione di una notizia passata può provocare al proprio onore o alla priora reputazione 2) La riservatezza è uno dei limiti impliciti dell’art.21 di natura privata, che riguardano il singolo cittadino in relazione con gli altri. La riservatezza può essere intesa come diritto ad essere lasciati soli e diritto di decidere se portare o meno alla conoscenza degli altri le proprie idee e opinioni (natura anglosassone, chiamata privacy) o intesa come diritto che l’individuo ha di tutelare le proprie informazioni. Secondo il principio dell’essenzialità delle informazioni, nel caso di persona nota la cui professione si sviluppa in ambito pubblico, alcune informazioni e fatti che si svolgono nella sfera privata e che non sono di interesse pubblico, hanno il diritto di rimanere tali. Riservatezza tutela il diritto all’oblio, ovvero il diritto a non essere indeterminatamente esposto al danno che la ripubblicazione di una notizia passata può provocare al proprio onoro o alla propria reputazione. Il testo unico sulla riservatezza (2003) specifica l’oggetto del trattamento: raccolta, registrazione, organizzazione, conservazione e, distruzione dei dati che possono essere identificativi (permettendo l’identificazione in maniera diretta) sensibili (permettono di riconoscere l’etnia, l’opinione politica, la sessualità, il genere o la persona). Non è tanto il dato ad essere sensibile ma l’uso che ne viene fatto. Nel trattamento dei dati sensibili è necessario richiedere sempre il consenso scritto e richiede l’autorizzazione del Garante (tranne per i giornalisti, che possono anche non richiedere data la loro funzione). Per i dati generali invece le aziende private devono richiedere il consenso mediante due firme liberatorie (una come presa visione sulle finalità del trattamento dei dati e l’altra per dare il consenso al trattamento). Il consenso deve sempre essere dato liberamente, per iscritto e deve essere specifico per i fini dichiarati. Le aziende pubbliche non devono richiedere il consenso se il trattamento dei dati rientra per disposizione di legge nel loro trattamento istituzionale (come università). E’ questo il sistema di opt-in system (adottato in Europa) secondo il quale bisogna autorizzare preventivamente il trattamento dei dati. Nel sistema di opt-out system il consenso è implicito, a meno che l’interessato non si opponga. Diventa difficile definire il punto di equilibrio tra riservatezza (diritto a mantenere segrete alcune informazioni, notizie ed eventi) e la trasparenza (che ha come finalità la diffusione della notizia e la manifestazione del pensiero) Enti lirici: Per il teatro si distingue tra teatro di prosa (ETI e Inda che riguardano gli spettacoli teatrali) e il teatro musicale (enti lirici). Gli enti lirici nascono come compagnie private in grado di produrre da zero un intero spettacolo. Durante il fascismo vengono convertite in enti pubblici e rimangono tali fino agli anni ’80 in cui vengono convertite in fondazioni (privatizzazione formale). Hanno la funzione di coordinare e promuovere l’attività artistica della città che li ospita. Sono composte dal Presidente (carica affidata al sindaco della città che li ospita), CDA ( 9 membri, ha il compito approvare il bilancio, definire la programmazione artistica della fondazione e gestire l’indirizzo economico e finanziario della fondazione), sovrintendente (gestione della direzione artistica) e il collegio dei revisori (controlla l’amministrazione e i soldi dell’amministrazione). I limiti impliciti alla libertà di manifestazione del pensiero 1) I limiti impliciti dell’art. 21 si ricavano da altri valori della Costituzione, il metodo di bilanciamento è la sentenza della CC 1/1956 "ogni diritto evoca il suo limite": quindi se da una parte si trova il diritto di cronaca (permesso dalla scriminante art51 cp) dall'altra abbiamo una serie di diritti che ci tutelano. Si distinguono i limiti individuali da quelli di natura pubblicistica. Tra quelli individuali si ha l’onore, come tutela contro il diritto di Cronaca . Sono previsti due tipi di reati: l’ingiuria, ovvero l'insulto diretto alla persona che danneggia la nostra autostima (ora è stato depenalizzato); e la diffamazione, reato contro la reputazione e la stima che gli altri hanno di noi. Sempre individuali sono l’identità personale (in positivo, ci garantisce di vederci attribuite le nostre caratteristiche reali; in negativo: ci permette di non essere ricevere attributi che non ci appartengono). è un caso di applicazione dell'art 2 Cost. Il problema reale si rivela con le nuove tecnologie, in quanto rimuovere un'informazione dal web risulta quasi impossibile e l'unico modo consiste nel correggere l'errore, ma questo si scontra con il diritto alla riservatezza. La riservatezza è un altro limite implicito e consiste nel diritto a controllare le informazioni e i dati che ci riguardano e a mantenere come private tutte quelle notizie, informazioni e eventi che non sono di interesse pubblico. La prima formulazione di leggi a riguardo risale al 1995 con il Trattato di Schengen, per cui sono stati adottati codici e regolamenti riguardanti i dati personali e il loro trattamento. Per ultimo il Regolamento Europeo del 2016 GDPR. Ultimo limite implicito individuale è il Diritto all'immagine. Tutela il nostro diritto di apparire per ciò che si è: in positivo, mostrarci per ciò che siamo, in negativo: impedire ad altri la divulgazione della nostra immagine. La legge scritta cui ci si riferisce è la l. 633/1941 sul diritto d'autore. Si parla della necessità del consenso dell'interessato per qualsiasi esposizione o uso dell'immagine. Ci sono poche eccezioni e riguardano la notorietà dell'interessato, l'interesse pubblico e necessità di giustizia. A questo diritto si collegato anche il Diritto all'oblio: il diritto a ritornare nell'anonimato e non essere costantemente esposta al giudizio pubblico. Per quanto riguarda i limiti di natura pubblicista ci sono i segreti e si dividono in base alla loro natura pubblica o privata. Nel caso di natura pubblica il segreto è l'eccezione: segreto investigativo, d'ufficio, di Stato. I segreti di natura privata, si dividono in: segreto scientifico industriale, delle comunicazioni e professionale. Nel caso dei segreti del giornalista questo limite tutela solo la fonte e non l’informazione, la notizia deve essere fiduciaria (tra il giornalista e la fonte ci deve essere stata una confidenza) e riguarda solo i giornalisti professionisti (i giornalisti pubblicisti sono tenuti a rispondere se chiamati a testimoniare).Tuttavia se le notizie sono indispensabili per provare se il reato è avvenuto e sia necessario conoscere la fonte per attestarne la veridicità, allora il giudice può ordinare al giornalista di rivelare il segreto. Altri limiti di natura pubblicista sono l’ordine pubblico (per la sicurezza e tranquillità pubblica, le esigenze di giustizia (perchè non ci siano intralci nell'attività giudiziaria) salvaguardia dell'onore delle istituzioni (comprende tutti i reati di vilipendio alla bandiera, la repubblica, gli organi dello stato, le alte cariche, il PdR, la religione). 2) I limiti impliciti dell’art.21 si ricavano dalle varie interpretazioni che i giudici ne hanno fatto. Si distinguono i limiti individuali da quelli di natura pubblicistica. Tra quelli individuali si ha l’onore, che riguarda la pari dignità dei cittadini e la loro uguaglianza di fronte alla legge. Cono l’onore si possono commettere due tipi di reato: l’ingiuria, ovvero il danneggiamento della percezione che abbiamo di noi stessi e riguarda tutto ciò che possa indebolire la stima che abbiamo di noi stessi (è il decoro, carattere soggettivo ma depenalizzato e incluso nella diffamazione) e la diffamazione, reato contro la reputazione e la stima che gli altri hanno di noi (carattere oggettivo). Sempre individuali sono l’identità personale (proiezione sociale che ci permette di vederci non alterati all’esterno) e la riservatezza (diritto dell’individuo a controllare le informazioni e i dati che lo riguardano e a mantenere come private tutte quelle notizie, informazioni e eventi che non sono di interesse pubblico). Per quanto riguarda i limiti di natura pubblicista si hanno i segreti. Tra quelli che riguardano la libertà attiva si hanno i segreti professionali, ovvero il dovere a non rivelare le informazioni conosciute mediante l’esercizio di professioni particolari (medici, avvocati, sacerdoti…) e il diritto a non dover testimoniare in giudizio. Nel caso dei segreti del giornalista questo limite tutela solo la fonte e non l’informazione; la notizia deve essere fiduciaria (tra giornalista e fonte dev’esserci stata una confidenza) e riguarda solo i giornalisti professionisti (giornalisti pubblicisti tenuti a rispondere se chiamati a testimoniare). Tuttavia se le notizie sono indispensabili per provare se il reato è avvenuto e sia necessario conoscerne la fonte per attestarne la veridicità, allora il giudice può ordinare al giornalista di rivelare il segreto. Per le libertà riflessive si hanno il segreto investigativo (mantenuto quando il processo è in fase di indagine e non è stato ancora formalizzato), il segreto di stato (non può riguardare notizie, fatti, documenti ecc. relativi a stragi, terrorismo e atti che vanno contro la costituzione e viene imposto dai pubblici ufficiali per salvaguardare l’interesse dello stato; dura 15 anni e può essere proposto fino a 30 anni, termine dopo il quale si può chiedere al PdCdM di accedervi) e il segreto d’ufficio (dovere di non svelare decisioni prese all’interno dell’amministrazione). Altri limiti di natura pubblicista sono quelli che riguardano l’ordine pubblico (senso materiale, inteso come sicurezza e tranquillità pubblica ottenuta mediante la prevenzione di reati e in senso ideale, come l’ordine legale e normativo che permette di definirlo), le esigenze giuridiche (per cui si ammettono le telecamere durante il processo se il giudice ottiene l’autorizzazione da entrambe le parti e in caso non abbia l’autorizzazione ma ritenga che la conoscenza del dibattito sia di interesse sociale; chi non ha autorizzato può avere il viso offuscato) e lesione all’onore delle istituzioni (comprende tutti i reati di vilipendio alla bandiera, alla repubblica, agli organi dello stato, le alte cariche, il PdR, la religione) L'evoluzione del monopolio pubblico nel settore radiotelevisivo: 1) Il settore della radiotelevisione nasce come monopolio pubblico per ragioni tecniche (i costi per le infrastrutture e la gestione erano sostenibili solo dallo Stato) Dal 1910, con la legge 395, si instaura il monopolio pubblico riguardo a impianti e esercizio (non le trasmissioni) e si protrarrà fino agli anni Ottanta. Con il fascismo si affida la diffusione dei servizi a una sola società URI (Unione Radiofonica Italiana) che nel 1927 si conferma come società pubblica e viene chiamata EIAR. Nel 1944 diventa RAI (radio audizione italiana) e si conferma il monopolio pubblico. Nel 1954 si ha la prima trasmissione televisiva in Italia e la Rai assume la denominazione di Radiotelevisione Italiana. A partire dagli anni Sessanta si inizia a mettere in dubbio la legittimità della concessione esclusiva. La prima sentenza conferma la legittimità, motivata dal preminente interesse nazionale, la limitazione dello spazio di trasmissione sull'etere e dalla garanzia, da parte dello Stato, di un servizio obiettivo, imparziale e continuo. Negli anni Settanta arrivano altre sentenze, riguardanti la ritrasmissione delle trasmissioni estere e a livello locale. In particolare l'ultima rivoluziona l'assetto delle trasmissioni: nel 1976 si scoprono delle altre frequenze nell’etere (cono d’ombra) in cui si può trasmettere via cavo, a livello locale, senza portare via spazio alle frequenze nazionale del monopolio pubblico. Inizia quindi a prendere forma il "sistema misto" tra trasmissioni private e nazionali. Le emittenti locali infatti, sfruttando l'interconnessione funzionale, riescono a emulare la diretta nazionale: inizia così la concorrenza tra Mediaset e Rai. Il monopolio pubblico viene riaffermato nel 1981, in attesa di un'adeguata legge antitrust per regolare la concessione delle frequenze, e nel 1985 con il decreto Berlusconi, vengono salvate le trasmissioni dei privati. Si cerca ancora però un equilibrio che possa garantire il pluralismo interno, esterno e complessivo. Negli anni Novanta avviene un fenomeno molto importante: attraverso i satelliti ora è possibile una convergenza digitale. Nel 1990 si ottiene finalmente una legge di sistema che disciplina il servizio pubblico e privato: il sistema misto. Con la legge Mammì (l.223) introduce la prima regolamentazione antitrust per il settore, assegnando un limite di 3 canali per impresa. Con la direttiva 97/33/CE viene introdotto il primo atto normativo in cui appare la definizione di Servizio Universale: l'insieme minimo definito di servizi di una data qualità a disposizione di tutti gli utenti indipendentemente dalla localizzazione geografica e offerto, in funzione di specifiche condizioni nazionali, ad un prezzo abbordabile. In Italia, la prima privatizzazione è quella di Telecom, che diventa una società per azioni in vendita sul mercato. Con il nuovo fenomeno della convergenza tecnologica anche il settore della telefonia va sotto controllo dell'AGCOM (l.249/1997) e dal 2003 nasce il Codice comunicazioni elettroniche (dlgs 259/03), separando l'attività radiotelevisiva regolata dal TUSMAR 2)Inizialmente il settore era un monopolio pubblico, considerato come apparentemente in via esclusiva allo stato il quale aveva investito nelle costruzioni delle strutture fisiche e degli impianti. Le imprese che erogano i servizi di telecomunicazioni erano considerate imprese di servizi essenziali. La prima liberalizzazione inizia a fine anni ’80, quando a seguito del caso della British Telecommunication si introduce il principio di concorrenza anche nel settore delle telecomunicazioni. La prima direttiva del 1988 abolisce i diritti speciali ed esclusivi connessi alla commercializzazione ed importazione di apparecchiature delle telecomunicazioni. Con il periodo delle privatizzazioni degli anni ’80 gli enti subiscono una privatizzazione sostanziale, assumendo il modello delle società che si trovano sul mercato: diventano società azionarie in cui il 100% delle azioni è sul mercato. Si introduce un nuovo regime di concorrenza basato sulla trasparenza, proporzionalità, obiettività e non discriminazione e si afferma e si afferma il diritto di iniziativa economica dei privati in questo settore. È’ necessario tuttavia trovare una via di mezzo tra la concorrenza dei vari soggetti nei mercati e la regolazione necessaria. Lo stato, che non ha più in mano questo settore, si pone come regolatore di questo mercato in cui concorrono più soggetti. Un esempio di questa funzione si ha con l’imposizione di obblighi da parte del legislatore comunitario alle imprese private per quanto riguarda il servizio universale (ripartizione del costo tra le imprese e prezzo netto del servizio come conseguenza dell’adempimento a questi obblighi). In Italia questo settore viene controllato da un’autorità apposita, l’AGCOM. La seconda liberalizzazione si ha verso l’inizio degli anni 2000 con la convergenza tecnologica tra i servizi delle telecomunicazioni, quelli informatici e quelli della radiotelevisione. La Comunication Review (1999) introduce il principio della neutralità tecnologica per cui non si deve favorire l’utilizzo di una tecnologia piuttosto che un’altra e tutte devono essere soggette a norme equivalenti, e il principio della concorrenza tra i vari settori che rende sempre più obsolete le regolamentazioni specifiche di ogni settore (è necessario un regime normativo più coerente e omogeneo). E’ formato da delle direttive (di quadro, accesso, autorizzazioni, concorrenza, tutela dei dati personali e servizio universale) che vengono uniti dal legislatore italiano nel Codice delle comunicazioni elettroniche DEL 2003. Questo codice riguarda tutte le infrastrutture e le reti di comunicazione elettronica, l’imposizione di un antitrust statico per evitare che ci sia una posizione dominante, la gestione delle radiofrequenze in mano all’AGCOM e identificazione dei mercati rilevanti, la libertà del mercato e la tutela della riservatezza delle comunicazioni private degli utenti, i sevizi di trasmissione elettronica sono a pagamento. Connessioni e differenze degli articoli 9 e 33: In Italia abbiamo due norme che si occupano dell’arte e la scienza, l’art.9 e l’art. 33. Questi due articoli che, pur riguardando lo stesso argomento, disciplinano aspetti diversi, possono sembrare in contrasto. L’art.9 sostiene che lo stato deve promuovere lo sviluppo dell'attività artistica e scientifica, e tutela il proprio patrimonio artistico e storico. Si parla in questo caso di uno stato interventista. L’art. 33 invece sostiene che l’arte è libera e libero ne è l’insegnamento. In questo caso invece si parla di stato garantista, che ha appunto il compito di garantire che l’arte mantenga la sua originaria libertà e non venga influenzata. Alcuni sostengono che il 33 sia una conseguenza del 21, ma che a differenza di quest’ultimo non risenta del limite dell’osceno, poiché l’arte (in quanto forma di comunicazione particolare) non può essere osceno. per cui lo stato deve promuovere gli eventi e le diversità senza alcuna influenza ideologica. Lo stato deve assumere la posizione di neutralità attiva nei confronti dell’arte, intervenendo nel sostegno della cultura senza influenzare l’espressione artistica. F.U.S. sostegno, un intervento diretto dello stato. Consiste in un fondo di risorse economiche utilizzate per le attività nei vari settori dello spettacolo e per la loro promozione: fondazioni lirico sinfoniche, attività musicali, teatrali, di danza, residenze e under 35, progetti multidisciplinari, progetti speciali e azioni di sistema, attività circensi e spettacolo viaggiante. I criteri di assegnazione dei contributi tengono conto dell'importanza culturale, dei livelli quantitativi, indici di affluenza del pubblico e regolarità gestionale degli organismi. Il settore cinematografico dal 2016 è fuori dal FUS, perché è stato istituito il Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo (640mln all'anno). Le opere cinematografiche per attingere a questo credito devono essere di una certa qualità, deve avere l’idoneità tecnica e deve essere in prevalenza italiano (forte presenza di luoghi o attori italiani). Il diritto all'immagine: 1) Tutela il nostro diritto di apparire per ciò che si è: in positivo, mostrarci per ciò che siamo, in negativo: impedire ad altri la divulgazione della nostra immagine. La legge scritta cui ci si riferisce è la l. 633/1941 sul diritto d'autore. Si parla della necessità del consenso dell'interessato per qualsiasi esposizione o uso dell'immagine. Ci sono poche eccezioni e riguardano la notorietà dell'interessato, l'interesse pubblico e necessità di giustizia. A questo diritto si collega anche il Diritto all'oblio: il diritto a ritornare nell'anonimato e non essere costantemente esposta al giudizio pubblico. 2) Il diritto all’immagine è quel diritto che permette di vederci rappresentati secondo la propria immagine senza che questa venga modificata all’esterno. Non ci può essere una manipolazione di terzi né della nostra immagine né di parte di ciò che ci rende riconoscibili e non si può decontestualizzarla, alterarla, offuscarla o travisarla. A questo diritto si collegano il diritto all’oblio, inteso come il diritto di una persona a ritornare nell’anonimato e a non essere indeterminatamente esposta ai danni che una pubblicazione di una notizia passata può causare al suo onore e alla sua reputazione, e il diritto all’identità personale, intesa come proiezione sociale che ci attesta il diritto a non vedersi alterati all’esterno. L'evoluzione giurisprudenziale del pluralismo pubblicitario nel sistema Radiotelevisivo 1) Il primo intervento sul sistema pubblicitario lo troviamo nel 1990, con la legge Mammì, n223. Si tratta della prima legge di sistema, i temi principali sono: principi comuni per la radio tv sia pubblica che privata, regolamentazione regime concessorio in base alla pianificazione delle frequenze disponibili, nuove normative antitrust, regolamentazione della pubblicità e meccanismi di garanzia per la corretta applicazione della legge. Con la sentenza della CC n240/1994 viene dichiarata illegittima la disciplina antitrust della legge Mammì. Nel 1997 con la legge Maccanico si introduce AGCOM, ma per il resto ancora la legge fotografa solamente lo stato attuale, non ci sono modifiche. Per ultima la riforma Gasparri (l112/2004) che introdurrà la "televisione digitale". é una legge per il riordino del sistema radiotelevisivo. Tra i contenuti principali della legge si ha la differenza tra operatori di rete (istallano e forniscono le reti di connessione e gli impianti), fornitori di contenuti (si occupano della programmazione radiofonica e televisiva) e fornitori di servizi (forniscono servizi al pubblico tramite l’operatore di rete). Si rimuove il limite di possesso delle reti ma rimane il limite del 20% massimo di reti che un soggetto può avere (3 reti massimo). La legge Gasparri introduce il SIC (sistema integrato della comunicazione) il quale permette di tutelare la concorrenza (non abusare della posizione dominante) e di garantire il pluralismo (il gestore deve adottare alcuni contenuti da fornitori indipendenti). Inoltre nessun soggetto può conseguire più del 20% dei ricavi complessivi del SIC. L’UE è contraria alla legge Gasparri poiché ritiene che il SIC non sia un mercato rilevate (: mercato che permette di comprare dei beni per soddisfare gli stessi bisogni) e che quindi vada in contrasto con il principio di concorrenza. I contenuti più importanti della legge Gasparri vengono riorganizzati nel TUSMAR (testo unico dei servizi media audiovisivi e radiofonici) del 2010. Infine si ha il Decreto Romani il quale tutela i minori mediante un sistema di controllo per cui si vietano trasmissioni o pubblicità (a seconda dell’orario di diffusione) che possano nuocere allo sviluppo del minore e gestisce la numerazione automatica LCN per cui l’AGCOM stabilisce il piano di numerazione automatica di ogni canale e il Ministero distribuisce a ogni rete la sua numerazione, dando i primi numeri alle reti del servizio pubblico. 2) Il pluralismo pubblicitario viene inizialmente regolamentato dalla Legge Mammì (1990), che disciplina il sistema della radiotelevisione pubblica e di quella privata e permette di garantire una regolamentazione uniforme di entrambi i settori. Entrambi i settori dovevano rispettare i principi di correttezza, imparzialità e pluralità. La Legge Mammì introduce come prima la regolamentazione antitrust, il quale impedisce la concentrazione eccessiva del servizio nelle mani di uno solo dei soggetti, evitando che questo abusi della posizione dominante. Stabilisce infatti delle soglie minime come limite di concentrazione delle reti per ogni operatore: 25% del mercato delle reti e non più di 3 reti per impresa. Il contenuto della Mammì riguarda inoltre la tutela del minore e dell’utente come consumatore, impone delle limitazioni per quanto riguarda delle telepromozioni e la raccolta dei compensi mediante la pubblicità (12% di pubblicità ogni ora per le concessionarie pubbliche, 18% per le concessionarie private) e favorisce i programmi prodotti in Europa. Tuttavia il piano di assegnazione delle frequenze fallisce e si vengono a creare delle reti disomogenee. Inoltre il pluralismo garantito dalla Mammì non viene ritenuto soddisfacente e la legge viene ritenuta costituzionalmente illegittima. Con la convergenza elettronica i messaggi prima trasmessi da mezzi diversi vengono convertiti in modo tale da essere trasmessi da un unico mezzo (es. digitale mediante il codice binario). Con la legge Maccanico (1997) si costituisce l’AGCOM (Autorità Garante della Comunicazione) che sostituisce il Garante e che svolge la propria funzione nel settore delle telecomunicazioni e della radiotelevisione. L’AGCOM si occupa della pianificazione delle frequenze e individua 11 reti omogenee. Di queste ogni soggetto può averne solo 2, una deve essere dimessa: la rete dimessa non viene cancellata ma sarà disponibile o su cavo o su satellite (deve liberare le reti terrestri) dove il pubblico è minore (si avrà di conseguenza un tracollo delle risorse pubblicitarie di queste reti). Alla Rai, in quanto servizio pubblico, venivano concesse 3. Ogni operatore non può quindi avere più del 20% delle reti nazionali e nessuno soggetto può assorbire più del 30% delle risorse del settore della radiotelevisione. Con l’avvento del digitale, che permette di ospitare più canali sullo spettro elettromagnetico senza cambiarne le dimensioni, inizia il passaggio al digitale (switch-off). La data termine dello switch off viene proposta più volte per permettere all’AGCOM di controllare se più del 50% della popolazione è coperta dal digitale, e i decoder sono a prezzi accessibili e se le reti digitali offrono dei programmi diversi da quelli offerti dalle reti analogiche. Nel 2003 viene proclamata la legge Gasparri per il riordino del sistema radiotelevisivo. Tra i contenuti principali della legge si ha la differenza tra operatori di rete (installano e forniscono le reti di connessione e gli impianti), fornitori di contenuti (si occupano della programmazione radiofonica e televisiva) e fornitori di servizi (forniscono servizi al pubblico tramite l’operatore di rete). Si rimuove il limite di possesso di reti ma rimane il limite del 20% massimo di reti che un soggetto può avere (3 reti massimo). La legge Gasparri introduce il SIC (Sistema Integrato della Comunicazione), il quale permette di tutelare la concorrenza (non abusare della posizione dominante) e garantire il pluralismo (il gestore deve adottare alcuni contenuti da fornitori indipendenti). Inoltre nessuno soggetto può conseguire più del 20% dei ricavi complessivi del SIC. L’UE è contraria alla legge Gasparri poiché ritiene che il SIC non sia un mercato rilevante (mercato che permette di comprare dei beni per soddisfare gli stessi bisogni) e che quindi vada in contrasto con i principi di concorrenza. I contenuti più importanti della legge Gasparri vengono riorganizzati nel TUSMAR (Testo Unico dei Servizi Media Audiovisivi e Radiofonici) del 2010. Infine si ha il decreto Romani il quale tutela i minori mediante un sistema di controllo per cui si vietano trasmissioni o pubblicità (a seconda dell’ora di diffusione) che possano nuocere allo sviluppo del minore e gestisce la numerazione automatica LCN per cui l’AGCOM stabilisce il piano di numerazione automatica di ogni canale e il Ministero distribuisce a ogni rete la sua numerazione, dando i primi numeri alle reti del servizio pubblico Gli atti aventi forza di legge: 1) Gli atti aventi forza di legge sono testi del Governo con pari forza delle leggi. Possono essere di due tipi: i decreti legge e i decreti legislativi. I decreti legge (d.l.) sono provvedimenti provvisori, motivati da un'urgenza, aventi forza di legge. Il Consiglio dei ministri approva un testo e comunica al Parlamento dell'urgenza. Il decreto entra in vigore il giorno dopo della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, poiché non c'è la vacatio legis. Tuttavia se entro due mesi non vengono convertite in leggi dal Parlamento, decadono ex nunc, ovvero si devono eliminare tutti gli effetti (fin dove possibile) causati dal decreto legge fin dalla sua origine. Se la trasformazione in legge viene posposta si ha la reiterazione. È tuttavia illegale riproporre un decreto legge con lo stesso contenuto del precedente. I decreti legislativi sono atti che il Governo fa per delega del Parlamento ("legge delegata"). Il d.lgs viene utilizzato quando il Parlamento necessita delle capacità tecniche del Governo e quindi delega la sua funzione legislativa. Comunicazione politica in Italia: Fino al 1993 l'Italia era un paese privo di una disciplina delle campagne elettorali, e quindi l'assenza di una disciplina regolativa, la possibilità di occupare gran parte degli spazi propagandistici disponibili sui mezzi di informazione era aperta a chiunque disponesse di rilevanti risorse economiche, un assetto di questo genere va in forte contrasto con i principi costituzionali di eguaglianza sostanziale e libera manifestazione del pensiero. A questo vuoto normativo fa eccezione nel nostro ordinamento la disciplina per la propaganda elettorale “tipica” e si tratta della legge che regola le forme più tradizionali di comunicazione politica, come affissione di stampati, giornali murali, manifesti, propaganda luminosa e figurativa, lancio di volantini, convocazioni di comizi e riunioni elettorali, ma questa legge si trova fortemente depotenziata al momento del suo insediamento nel nostro ordinamento perché i mass media si erano già affermati tra le tecniche di comunicazione utilizzate per influenzare la volontà degli elettori. In seguito con la legge n. 103/1975 si viene ad imporre alla concessionaria pubblica RAI una riserva di appositi spazi di trasmissione a favore di associazioni e gruppi, nasce così l'accesso al servizio radiotelevisivo pubblico, impone un minimo di ore di programmazione televisiva (5% sul tot) e radiofonica (3% sul tot) per trasmissioni gestite in proprio dai partiti politici, sindacati nazionali, confessioni religiose, associazioni culturali e alle più rilevanti formazioni in cui si manifesta il pluralismo. La legge 103/ 1975 fornisce una disciplina espressa delle rubriche televisive che vanno sotto alla denominazione di “tribune” affidando alla commissione parlamentare di vigilanza il compito di regolare direttamente i programmi così denominati, mentre con riferimento all'attività informativa e propagandistica realizzata attraverso emittenti private vi è un vuoto totale dove l'unica disposizione utile è contente nella legge n.10/1985 ai sensi della quale “nel giorno precedente e in quelli stabiliti per le elezioni è fatto divieto anche alle emittenti radiotelevisive private di diffondere propaganda elettorale.” Inoltre abbiamo due fattori che favoriscono l'introduzione di una disciplina specifica per le campagne elettorali da un lato abbiamo il grave scandalo relativo alla circolazione illecita di flussi finanziari sommersi tra ambienti imprenditoriali e politici più noto come “tangentopoli” e dell'altro l'introduzione della formula maggioritaria per l'elezione diretta del sindaco nonché per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Il Capo III della legge 81/1993 è dedicato a regolare i comportamenti dei soggetti che prendono parte alle competizioni elettorali locali sia sotto il profilo delle forme che delle spese, ma la regolamentazione della campagna elettorale non si esaurisce nella disposizione di questa legge e infatti pochi mesi dopo nasce la legge n.515/1993 rivolta a fornire una regolazione compiuta e unitaria delle attività svolte durante il periodo precedente le diverse consultazioni elettorali e referendarie, questa normativa interviene a modificare le disposizioni relative alle elezioni locali. Il complesso normativo delle leggi 81 e 515 viene occasionalmente mendato dal d.l. n.83/1995 approvato in via d'urgenza in vista delle elezioni amministrative del 1995 e intendeva porre rimedio alle disfunzioni mostrate dalla legge 515/1993 nello svolgimento della consultazione elettorale dell'aprile 1994. Con la sentenza n.360/1996 questo d.l. pose un freno al fenomeno della reiterazione illimitata della decretazione d'urgenza. La legge 515/1993 forniscono oggi la disciplina recente in materia di campagne elettorali pertanto l'accesso ai mezzi di informazione, flussi economici, sondaggi, agevolazioni fiscali e postali, divieti di comunicazione pubblica e istituzionale e servizi elettorali presentati dagli enti pubblici sono regolati in forma comune durante il periodo che precede le elezioni politiche con eccezione delle consultazioni referendarie che per la loro peculiarità sono ritenute parzialmente escluse da questa regolamentazione generale con sentenza 161/1995 Corte Cost. La disciplina recente si articola in 3 grandi aree: 1) uso e accesso ai mezzi di comunicazione di massa durante il periodo “ufficiale” di campagna elettorale pari indicativamente ai due mesi precedenti le elezioni, 2) la seconda area riguarda il regime economico finanziario delle campagne elettorali, consente a ciascun candidato spese variabili tra i 60.000 e 70.000 euro per collegio o circoscrizione, mentre i partiti politici, movimenti, liste o gruppi di candidati non possono spendere più della somma risultante dalla moltiplicazione di 1 € per il numero complessivo dei cittadini della Repubblica iscritti nelle liste elettorali delle circoscrizioni per la Camera dei deputati e del Senato della Repubblica nei quali i partiti sono presenti con liste o candidati 3) La terza area riguarda le misure sanzionatorie per la violazione delle regole in tema di uso e di accesso ai mezzi di cdm, in tema di trasparenza e contenimento delle spese elettorali. Nel 2000 viene introdotta la legge n.28/2000 recante “Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica” più nota come par condicio. Organi della comunicazione: Un elevato numero di organi, dotati di funzioni diverse, regola il settore delle comunicazioni: - La commissione parlamentare di vigilanza o Commissione RAI, mantiene un ruolo centrale di regolazione e indirizzo in materia di Radiotelevisione si compone di 20 deputati e 20 senatori nominati dai presidenti delle camere sulla base delle designazioni effettuate dai gruppi parlamentari esercita poteri di: indirizzo, controllo, normativi, politico- amministrativo - il Ministero delle Comunicazioni, oggi soppresso, ridotto a sottosegretario del ministero dello sviluppo economico approva con il parere AGCOM il piano di ripartizione delle frequenze, l'assegnazione delle frequenze ad uno specifico operatore, potere normativo in materia di tutela dei Minori nella programmazione televisiva - Rai la gestione della RAI sarebbe dovuta divenire un carattere societario privato ma tutto oggi essa rimane sotto il controllo statale in quanto è la commissione di vigilanza ad eleggere sette consiglieri e il Ministro dell'Economia e delle Finanze a nominare due consiglieri tra cui il presidente - l'autorità per le garanzie delle comunicazioni AGCOM composta da 4 organi: presidente, due commissioni (per le infrastrutture e reti, per i servizi e prodotti) e il consiglio. Peculiarità nella regolamentazione di Internet: La rete non appartiene a nessuno, è un fenomeno che ha una dimensione transnazionale e delocalizzata. Questo pone non pochi problemi, tra quelli giuridici vediamo la "costituzionalizzazione della rete" e "la costituzione per la rete". In merito al diritto di accesso web, secondo la CEDU Internet non è ancora un diritto fondamentale ma è un mezzo attraverso cui esercitare diritti fondamentali. Dal 2015 in Italia c'è un documento della Camera dei Deputati "Dichiarazione dei diritti di internet". Si pone anche il problema del divario digitale: alcuni paesi ne hanno fatto delle leggi a proposito, mentre in Italia nel 2005 è stato approvato un Codice di amministrazione Digitale. Per quanto riguarda la regolamentazione del mondo di Internet abbiamo visto le tesi più accreditate: Teubner opta per un sistema di autoregolazione che si svilupperà autonomamente; Lessig prevede una disciplina attraverso 4 strumenti: legge, autoregolamentazione, mercato e architettura. Oppure una soluzione giurisprudenziale che prevede un sistema giuridico a protezione dei cittadini da attacchi proveniente dal web. Altra questione è la neutralità della rete: è un principio giuridico che vincola tutti i fornitori di servizi Internet a trattare tutti i dati su Internet allo stesso modo, una concezione oggettiva e funzionale dei servizi di rete e la negazione di ogni concezione soggettiva. L'UE ha scelto per la concezione non discriminatoria di internet mentre il altri paesi si sono mossi in altre direzioni. C'è poi il tema dei Big data (quantità, varietà e velocità di elaborazione). Le revisioni preventive cinematografiche: Con il decreto legislativo 203/2017 è stata istituita una Commissione per la Classificazione delle opere cinematografiche. La commissione opera per assicurare un bilanciamento tra tutela dei minori e art21 e espressione artistica, ma anche tutelare i minori . é stata sviluppata una lista di elementi come contenuti sensibili: violenza, sesso, uso d'armi, linguaggio e turpiloquio, uso di sostanze o alcol, discriminazione e incitamento all'odio.. In base a questi elementi una classificazione in base al pubblico destinatario: per tutti, non adatte ai minori etc Principi giuridici dell’intervista: Intervista dal punto di vista giuridico, è stata analizzata da diverse posizioni. Un primo orientamento afferma che il giornalista risulterebbe obbligato non solo a rispettare fedelmente il contenuto delle dichiarazioni dell'intervistato, ma anche verificare la loro rispondenza al vero e la loro continenza formale, così da evitare che il mezzo di informazione si tramuti in una cassa di risonanza delle offese alla reputazione di altri. in un secondo orientamento si concentra la responsabilità sul giornalista, come fosse una "cassa di risonanza", astenendosi quindi dal divulgare dichiarazioni che possono rappresentare insulti gratuiti Un terzo orientamento prevede il giornalista come fedele testimone, quindi obbligato a diffondere non solo il contenuto, ma anche le "caratteristiche del soggetto" intervistato. Il quarto orientamento invece chiede una netta distinzione tra i fatti che l'intervistato riporta (comunque verificati) e le sue opinioni, riportate integralmente. La sentenza della CC n. 37140/2001 introduce 4 nuovi criteri per l'intervista: la rilevanza pubblica dell'evento- dichiarazione; il contesto, la plausibilità, il cronista come "osservatore obiettivo" o "coature di diffamazione" revisione costituzionale Il procedimento legislativo ordinario viene raddoppiato. Entrambe le camere votano, singolarmente, a maggioranza relativa. Dopo non meno di 3 mesi, entrambe le camere votano una seconda volta ed è necessaria una maggioranza dei 2/3. Se la maggioranza è dei 2/3 si considera passata la riforma costituzionale. Se invece si ha la maggioranza assoluta (50%+1) il disegno di legge di riforma costituzionale viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ed entro 3 mesi va referendum (lo votiamo noi, in questo caso senza quorum). SE vince il si, la legge viene promulgata dal PdR e pubblicata in Gazzetta Ufficiale. In che modo e in quali termini è stata la sentenza che ha salvato l’ordine dei giornalisti? Attività giornalistica e iscrizione all’albo non coincidono, la corte costituzionale infatti nel 1968 ha rigettato l’istanza di illegittimità costituzionale dell’Ordine, dicendo che non è vero che bisogna essere iscritti all’Albo dei giornalisti per scrivere sui giornali: l’Albo e l’Ordine non servono a selezionare chi scrive sui giornali, ma piuttosto servono a dare una serie di garanzie e di tutele a chi a questo mestiere così delicato. C’è sia una tutela verso l’interno, nei confronti dei giornalisti, sia una tutela verso l’esterno, nei confronti dei lettori, poiché a quest’ultimi garantisco la competenza dei giornalisti stessi, Quindi la Corte respinge le obiezioni di incostituzionalità e mantiene l’Ordine dei giornalisti I rapporti tra l’ufficio centrale dell’ordine dei giornalisti e quelli regionali L’ordine dei giornalisti è organizzato su due livelli di struttura: -Consiglio Nazionale: con sede presso il Ministero della Giustizia, composto da non più di 60 membri di cui 2/3 professionisti e 1/3 pubblicisti. Eletti dagli ordini regionali e interregionali; durano 3 anni e possono essere rieletti. Al suo interno il consiglio nazionale designa un comitato esecutivo ( 6 professionisti + 3 pubblicisti). -Consiglio Regionale: consigli regionali formati da 6 professionisti e 3 pubblicisti scelti tra gli iscritti nei rispettivi elenchi regionali ed interregionali ed eletti dai professionisti o dai pubblicisti regolarmente iscritti all’albo. Ciascun consiglio regionale elegge un presidente e un vice. Una delle funzioni che si svolge sia da parte del Consiglio Nazionale sia da parte del Consiglio Regionale è la funzione relativa alla “disciplina”. Per quanto riguarda l’azione disciplinare, deve essere svolta da un organismo diverso dall’Ordine stesso, e se ne occupa il Consiglio di disciplina. Le sanzioni previste sono: avvertimento: rilievo della mancanza commessa e richiamo del giornalista all’osservanza dei suoi doveri censura: biasimo (condanna motivata da un giudizio morale soggettivo) formale per la trasgressione accertata sospensione: non inferiore a 2 mesi e non superiore a 1 anno, nei casi di compromissione della dignità professionale radiazione: nei casi in cui la dignità viene lesa a tal punto da rendere incompatibile la presenza dell’iscritto all’Albo AGCOM e CORECOM L'AGCOM è un organo di governo delle comunicazioni sociali che assomma le funzioni dell'ex Garante per la radiodiffusione e l'editoria e rilevanti funzioni in materia di telecomunicazioni. Dura in carica 7 anni ed è costituito da: Commissione per le infrastrutture, Commissioni per i servizi e i prodotti e il Consiglio (membri da Commissioni e presidente). i membri sono nominati da il PdR, su proposta del PdCM e parere di Commissioni parlamentari. 8 membri nominati da CdD e SdR. Le funzioni dell'AGCOM: consultive e di proposta (parere su schema ripartizione frequenze, schema di convenzione annessa la concessione Rai, autorizzazioni e concessioni); regolazione e controllo (approva i piani per la ripartizione delle frequenze, misure di sicurezza, tariffe per l'interconnessione, direttive per qualità dei programmi, criteri per concessioni e autorizzazioni, regolamento funzionamento, tenuta del Registro e vigilanza antitrust); paragiudizionali e sanzionatori (dirime le controversie su interconnessione e accesso, provvedimenti illegittimità, poteri sanzionatori dell'ex Garante). Poi ha anche poteri autorizzatori (diffusione radio tv via stellite, telecomunicazioni via cavo) L'AGCOM poi si avvale anche di strutture territoriali, i CORECOM. Sono organi delle regioni per l'esercizio delle funzioni camere per il secondo voto) e sede deliberante (la commissione discute il disegno di legge e avvengono tutte e due le votazioni; vietato per alcuni temi in quanto non è positivo il discutere di poche persone per tutti). Una volta approvata la legge si passa alla fase di promulgazione (il disegno arriva al PdR il quale lo legge e verifica casi di incostituzionalità; in caso di modifiche, il disegno torna alle camere che sono obbligati ad apportare le modifiche del PdR; nel caso in cui le camere non approvino le modifiche del PdR è costretto a firmare il disegno di legge) e alla fase di pubblicazione (una volta firmato il disegno di legge, viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale per 15 giorni, vacatio legis, in modo che tutti i cittadini possano venirne a conoscenza; passati 15 giorni la legge entra in vigore) Costituzione La Costituzione è l'insieme di principi, valori e rapporti con i cittadini (diritti) e linee di organizzazione. Esistono diversi tipi: liberali, socialiste e democratico sociali. Ogni cost contiene principi (criterio interpretativo) e valori statici. I caratteri formali della nostra Costituzione sono: scritta (tutte tranne Israele e Inghilterra), rigida (meccanismo complesso per modifiche, primi 12 diritti inviolabili), lunga (perché contiene la seconda parte, con i meccanismi fondamentali di funzionamento del Paese), aperta ed elastica (art 2, perché si possa evolvere nel tempo, e perché deve essere interpretata), programmatica (contiene la direzione per il futuro del Paese). I Principi fondamentali, invece, è che democratico (principio di maggioranza, tutela minoranze, trasparenza processi decisionali, tutela libertà civili, condizioni per un'effettiva partecipazione), personalista (la specificità della persona è messa al centro), pluralista (considerazione della persona nelle sue formazioni sociali), lavorista (art1 cost). il diritto all'oblio 1)) che la notizia o il fatto si riferisca a fatti recenti, così ha diritto il soggetto interessato a tornare nell'anonimato una volta passato del tempo. Ha una duplice dimensione: il diritto dell'individuo al riserbo, in relazione a fatti per cui è venuto meno l'interesse pubblico alla conoscenza. E il diritto all'immagine, consistente nella pretesa di un soggetto a non vedersi nuovamente attribuiti fatti o dichiarazioni non più rispondenti alla sua attuale personalità. Abbiamo poi parlato anche dell'evoluzione dovuta al versante digitale di questo diritto. Da una sentenza della corte di giustizia europea del 2014, il diritto all'oblio nell'era digitale in cui i giornali online conservano le notizie, è garantito dalla deindicizzazione da parte dei motori di ricerca 2)) Nella tutela al diritto alla riservatezza, viene fatto rientrare il diritto all’oblio. Lo scorrere del tempo determina la perdita di rilevanza pubblica della notizia e il maturare di un interesse a rientrare nell’anonimato. Con questo diritto si vogliono evitare che vengano diffuse informazioni riferite ad un periodo temporale ormai lontano, la cui conoscenza da parte dell’opinione pubblica potrebbe nuocere alla reputazione della persona oggetto della notizia. La finalità è presente anche nel Codice della privacy, che impone di conservare i dati per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali sono stati raccolti. Le lesioni più eclatanti avvengono attraverso internet, deposito di dati mobili globali. (VEDI 24. DIRITTO ALL’IMMAGINE) Giornalisti Professionisti e Pubblicisti: differenze e iter Vi sono sostanzialmente 3 categorie di giornalisti: i professionisti, i pubblicisti e i praticanti. I professionisti sono coloro che esercitano in modo esclusivo e continuativo la professione di giornalista (cioè coloro che di mestiere fanno i giornalisti e basta) I pubblicisti sono coloro che svolgono attività giornalistica non occasionale e retribuita, anche contestualmente ad altre professioni o impieghi (es. Professor Donati) Per l’iscrizione all’elenco dei pubblicisti ci vuole una domanda all’Ordine che dimostri che si è per 2 anni continuativamente collaborato con una testata e si è stati retribuiti. Invece, per diventare professionisti, bisogna esser stati iscritti all’Albo dei praticanti per 18 mesi e poi aver superato l’esame nazionale, di cui gran parte della materia è quella giuridica. come i beni culturali vengono tutelati L’attività culturale è azione autonoma e distinta, ma in parte complementare, a quella di “bene culturale”. La funzione di protezione e sviluppo dell’espressione artistica si pone in via preliminare rispetto alla protezione del patrimonio storico e artistico, cui fa riferimento la legislazione in materia di beni culturali. Vi sono Differenze: - tutela: si riferisce ai beni culturali, cose concrete. Tutela vuol dire conservarli, restaurarli, regolare la circolazione tra i musei, evitarne un uso improprio, prevenirne i danni, dal 2001 prevede anche la valorizzazione; - promozione: è relativa alle attività, ovvero favorire le condizioni per sviluppare la creatività, la cultura, quindi biblioteche, sale prove, residenze per artisti, ma anche come migliorare la fruizione della cultura. La tutela quindi è sui beni mentre la promozione sulle attività La Corte costituzionale ha Competenza in materia di valorizzazione “suddivisa”: Lo Stato ha in esclusiva la funzione della tutela, la tutela dei beni culturali è funzione e competenza esclusiva della legislazione statale, invece la valorizzazione dei beni culturali e la promozione delle attività è rimessa alle leggi concorrenti di Stato e Regioni: Lo Stato detta i principi generali, la regione disciplina il resto della materia: come la cassazione definisce il pluralismo e applicazioni concrete Il Diritto ad essere informati si è declinato nel nostro Ordinamento in molti modi: ad esempio, la Corte Costituzionale ha lavorato sull’idea del Diritto ad essere informati, a ricevere informazione, in particolare elaborando il concetto di pluralismo, cioè sostenendo innanzitutto che, rispetto al Diritto a essere informati, la prospettiva più importante è il Diritto a che noi, essendo in uno Stato democratico, possiamo accedere alle notizie da una pluralità di fonti. È importante che le notizie si possano ricevere da più fonti. Il punto con cui ci avviciniamo maggiormente a una configurazione di un diritto a ricevere le informazioni è la sentenza 364 del 1988 della Corte Costituzionale: In ogni ordinamento giuridico esiste un principio non scritto ma fondamentale: “L’ignoranza della Legge non scusa” (Ignorantia legis nemine scusat). Nessuno può invocare di non aver saputo la Legge, per giustificarsi di aver fatto o non aver fatto qualcosa. La Corte Costituzionale dice che se si riesce a provare che la persona era nella più assoluta impossibilità di conoscere la Legge, allora è giustificato. Naturalmente ciò esonera da quei comportamenti che il vivere civile e sociale ci dettano (es. omicidio). Però la Corte ne approfitta per dire qualcosa di più: le persone non solo hanno il diritto ad essere informati, ma hanno anche un dovere di informarsi. Se tu vivi in un contesto sociale devi assumere le informazioni necessarie per vivere in quel contesto, fa parte del tuo essere parte di una società. Ma la Corte continua dicendo che è anche lo Stato a dover provvedere a una chiarezza delle regole, dev’essere cioè capace di fornire alle persone soggetti mediatori Un’applicazione concreta è il Roc, che serve per garantire che tutti gli operatori della Comunicazione, qualunque sottomercato occupino, abbiano concorrenza, cioè le liste servono per vedere che non ci siano accordi (proprietà incrociate), che di fatto diminuiscono il pluralismo nell’informazione Un’altra è la prima risposta positiva al fatto che il finanziamento pubblico alle case private è giustificato viene dalla Corte Costituzionale, che dice che è importante che ci sia un finanziamento pubblico alla stampa se e per quanto questo finanziamento serva a mantenere il pluralismo economico Nel 1985 si approva il decreto Berlusconi che serviva a regolare la situazione fino a che non si sarebbe arrivati a una norma organica: Nel decreto si prevede che si salvi il monopolio sulle frequenze nazionali nelle mani della concessionaria pubblica, cioè della RAI, ma allo stesso tempo si consente ai privati di continuare 10 di 22 a trasmettere, come stanno facendo, usando i ripetitori, per 6 mesi fino all’arrivo della nuova legge, che finalmente accolga anche i privati. Nell’88 si va davanti alla Corte Costituzionale dicendo che a questo punto la riserva in capo allo Stato delle frequenze nazionali è illegittima costituzionalmente, tecnologicamente si può dividere l’etere in più soggetti e i soggetti ci sono. La Corte salva questa soluzione ponte, che di fatto non cambia nulla, giustificando con la “temporaneità” della soluzione, se si tratta di una soluzione temporanea in attesa di una riforma complessiva, va bene farla passare. Ma questa sentenza è importante perché la Corte elabora un concetto di “pluralismo” articolato: Il pluralismo informativo diventa, nell’elaborazione della Corte Costituzionale, il diritto ad avere più fonti da cui prendere le informazioni. In questa occasione, la Corte fa come una classificazione delle forme del pluralismo: INTERNO: espressione del maggior numero di opinioni ESTERNO (concorrenza) COMPLESSIVO: possibilità concreta del cittadino di scegliere tra una molteplicità di fonti Naturalmente per garantire il pluralismo esterno, cioè la concorrenza, l’attenzione della Corte è soprattutto sulle condizioni di accesso al mercato. Il mercato dev’essere tale che introducendosi e iniziare non sia una cosa impossibile governo Il Governo è l’organo di vertice del potere esecutivo e ha 2 diverse funzioni: Attività di direzione politica che si traduce nella determinazione degli obiettivi da perseguire e Attività di esecuzione amministrativa, in cui la parte amministrativa gestisce i progetti, i programmi, le azioni, i servizi, necessari a perseguire quegli obiettivi Il Governo è un organo complesso (cioè formato da più soggetti) formato da: Consiglio dei Ministri, l’organo collegiale (formato da persone) dove si definiscono le politiche, il Presidente del Consiglio dei Ministri (o Primo Ministro) che Consiglio non è il capo, ma è il “primo fa pari” (primus inter pares), ed esercita una funzione di comando solo Quando sceglie i Ministri e Durante lo svolgimento dei lavori (perché decide di cosa e quando si discute) I Ministri da un lato, definiscono le politiche, i programmi, insieme al Presidente, dall’altro, sono al vertice dell’apparato amministrativo, che gestisce e mette in atto i programmi stessi. Vi sono I Ministeri “con portafoglio”: hanno sotto di loro degli apparati da mantenere. Si chiamano Ministeri “di azione”, poiché fanno politiche concrete, che hanno appunto bisogno di spese e a cui vengono assegnati fondi nel Bilancio dello Stato. E I Ministeri “senza portafoglio”: non hanno apparati da mantenere e si chiamano Ministeri “di relazione”; Ogni governo sceglie in quali Ministeri articolare la propria azione, però non sceglie quali sono “con portafoglio” e quali senza. Altre figure da ricordare sono i Commissari, cioè figure incaricate dal Governo di prendersi cura di casi particolarmente rilevanti e urgenti: i Commissari aggiornano il Consiglio su come sta andando la risposta all’emergenza, ma ovviamente non possono votare La formazione del Governo: 1) La prima fase della formazione del Governo consiste in un giro di consultazioni da parte del PdR con l'ex PdR e i presidenti delle Camere e le proposte dei partiti. Il PdR quindi nomina il PdCdM (incaricato) che accetta con riserva, per poi definire il programma e scegliere i ministri da presentare. In seguito il PdR nomina i ministri (su proposta del PdCdM) e si elabora il programma. Il PdCdM procede con il giuramento e poi si presenta alle Camere e chiede la fiducia. La discussione avviene separatamente nelle due Camere, che votano a maggioranza coon appello nominale per la mozione. Se il voto è favorevole, anche in una sola delle due Camere, il Governo deve dare le dimissioni e si ha una Crisi di Governo. 2) La formazione del governo inizia con una fase preparatoria in cui il PdR fa un giro di consultazioni tra gli ex PdR, gli ex PdCdM e le proposte dei partiti. Il PdR quindi nomina PdCdM (incaricato) che accetta con riserva. Questa carica viene affidata a una personalità in grado di guadagnarsi la fiducia delle camere e solitamente si sceglie il candidato del partito che ha ottenuto la maggioranza in Parlamento. La fase di incarico termina con lo scioglimento e la nomina dei ministri da parte del PdR su proposta del PdCdM (il quale può scegliere sia i ministri appartenenti allo stesso partito che ministri appartenenti a partiti diversi). Il PdCdM e i ministri devono quindi giurare sulle mani del PdR di seguire e rispettare i principi e i valori della costituzione. Il governo può dirsi formato dopo il giuramento ma non può fare atti che abbiano forza politica (che lo impegnino politicamente). Il governo deve poi presentare il proprio programma in cui dovrà indicare gli obiettivi che intenda raggiungere ed i mezzi necessari. Il programma viene discusso davanti alle due camere separatamente e al termine della discussione le camere devono votare a maggioranza con appello nominale la mozione. Le camere possono esprimere voto favorevole, e in quel caso danno la fiducia al Governo, oppure iter legislativo Il procedimento legislativo ordinario si compone di 5 fasi: fase di iniziativa legislativa (possono proporre un disegno di legge il popolo con 500000 firme, ogni parlamentare, il Governo, 5 consigli regionali e il CNEL, Comitato Nazionale dell’Economia e del Lavoro), fase istruttoria (approfondire, acquisire gli elementi di conoscenza necessari per completare i disegni di legge e per poter arrivare ad una discussione; fase svolta da una commissione permanente a cui il presidente assegna il progetto e decide il procedimento), fase deliberativa (disegno di legge è discusso e vengono facendo eventuali modifiche). La discussione si conclude con il voto, prima si vota articolo per articolo con eventuale voto degli emendamenti e il secondo voto, invece, per la legge nel suo intero il problema sta nel fatto che la legge dev’essere approvata nel suo testo intero sia dalla Camera dei Deputati sia dalla Camera del Senato e se una delle due camere cambia una parola il disegno deve tornare all’altra camera che deve approvarlo un’altra volta (navetta). Prima del voto, le commissioni possono lavorare in 3 modi: sede referente (la commissione discute il disegno di legge e poi lo rimanda alla camera del voto; privilegiata in quanto le commissioni sono più piccole e quindi più facile discuterne), sede redigente (la commissione discute il disegno di legge e da il primo voto, successivamente viene portato alle camere per il secondo voto) e sede deliberante (la commissione discute il disegno di legge e avvengono tutte e due le votazioni; vietato per alcuni temi in quanto non è positivo il discutere di poche persone per tutti). Una volta approvata la legge si passa alla fase di promulgazione (il disegno arriva al PdR il quale lo legge e verifica casi di incostituzionalità; in caso di modifiche, il disegno torna alle camere che sono obbligati ad apportare le modifiche del PdR; nel caso in cui le camere non approvino le modifiche del PdR è costretto a firmare il disegno di legge) e alla fase di pubblicazione (una volta firmato il disegno di legge, viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale per 15 giorni, vacatio legis, in modo che tutti i cittadini possano venirne a conoscenza; passati 15 giorni la legge entra in vigore) diritto d’autore morale e patrimoniale Nei contenuti del diritto, il diritto che la legge attribuisce all’autore contiene sia diritti di carattere morale che di carattere patrimoniale. I diritti morali sono i diritti che il legislatore conferisce all’autore di un’opera a tutela della sua personalità, per come essa si esprime in rapporto all’opera stessa, in cui rientrano diritti di paternità (diritto di un soggetto di essere riconosciuto come effettivo autore da lui realizzata, di rivendicarne qualsiasi momento la paternità e di opporsi a tentativi di falsa attribuzione), diritto dell’integrità dell’opera ( diritto di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione, modificazione; risponde alla regola delle 3I: Irrinunciabili, Imprescrittibili e Intrasmissibili) e diritto di inedito (diritto a scegliere se, quando, dove e in che modo divulgare la propria opera in pubblico; comprende anche il diritto di non divulgarla). I diritti patrimoniali, invece, si suddividono in diritti esclusivi tipici ed il diritto di utilizzazione economica dell’opera. I diritti esclusivi tipici creano una chance di guadagno per l’autore, creano un incentivo economico alla creazione e successiva diffusione dell’opera; ne fanno parte il diritto alla risoluzione dell’opera (l’autore ha il diritto esclusivo di autorizzare la moltiplicazione in copie), diritto di trascrizione dell’opera (trasformare l’opera in opera scritta), diritto di comunicazione al pubblico dell’opera (utilizzo di mezzi di diffusione per la messa a disposizione del pubblico dell’opera), diritto di distribuzione dell’opera (messa in commercio di originale o esemplari), diritto di traduzione dell’opera, diritto di trasformazione dell’opera (da forma artistica all’altra), diritto di pubblicazione delle opere di raccolta, diritto di noleggio (autorizzare cessione uso di originali, copie e supporti)e diritto di prestito (concessione di originale, copie e supporti illeciti soggettivi su internet La tutela delle opere generali protette dal diritto d’autore è in mano all’AGCOM, che ha come obiettivo anche quello di contrastare la pirateria. Dispone di 2 modelli. La rimozione selettiva del contenuto illecito si ha nel caso in cui il sito ospiti contenuti legali o illegali ma non abbia come finalità la pirateria, mettendo a disposizione del pubblico opere protette dal diritto d’autore senza averne l’autorizzazione. La disabilitazione dell’accesso al sito (blocco IP) viene usata per contrastare pirateria massiva nel caso di server situati all’estero. L’AGCOM manda una richiesta all’uploader di rimuovere il contenuto illecito e se entro 3 giorni la rimozione non viene fatta l’AGCOM si rivolge agli internet service provider o ai servizi hosting (se il sito si trova in Italia provvede alla rimozione selettiva del singolo contenuto) caratteri della Costituzione La Costituzione è l’atto supremo dell’ordinamento. I caratteri della Costituzione Italiana sono: scritta, poiché è redatta per iscritto; rigida, poiché è molto difficile modificarla in quanto ha un meccanismo di salvaguardia del suo testo molto complesso; lunga, poiché non contiene solo diritti e doveri dei cittadini ma anche il funzionamento delle istituzioni del paese; aperta/elastica, poiché è possibile modificarla e bisogna attualizzarne l’interpretazione; programmatica, poiché era stata concepita come programma da attuare poco alla volta. ordine pubblico come limite alla manifestazione della libertà di pensiero L’ordine pubblico fa parte dei limiti impliciti di natura pubblicistica (rivolti alla tutela di finalità collettive) dell’art.21; è un valore molto discusso data la sua matrice autoritaria e dati i rischi di strumentalizzazione in senso antidemocratico (si cerca di non usare questo termine per limitare la manifestazione del pensiero perché potrebbe causare danni all’ordine pubblico significa avere il potere di manipolare i cittadini). La Corte Costituzionale, quindi, ha cercato dei limiti logici ed ha stabilito la tesi dello speech plus (non sono garantite dall’art.21 le manifestazioni di pensiero che racchiudano un incitamento all’azione. Si vengono così a distinguere due tipi di pensiero: puro ed impuro (pensiero+azione). La Corte Costituzionale ha dovuto così rivalutare il concetto di ordine pubblico e l’ha inteso come ordine legale su cui poggia la convivenza sociale. Ha ammesso limitazioni per favorire l’ordine pubblico riconoscendole come un bene collettivo, un’esigenza non estranea agli ordinamenti democratici. Avendo riconosciuto un limite, sono nati diversi reati d’opinione e restrizioni alla libertà di pensiero lo stato e gli elementi costituenti Lo Stato è l’organizzazione che l’umanità ha messo a punto nei secoli e che dà vita all’ordinamento. E’ l’ordinamento giuridico che esercita il potere su un determinato territorio e sui soggetti a esso appartenenti. Ha il monopolio legale all’uso della forza fisica ed armata. Si distinguono 3 concetti di Stato: stato-comunità (il popolo, stanziato in un dato territorio, organizzato attorno ad un potere centrale chiamato stato nazione), stato-persona (per astrazione la soggettività dello stato come entità nel suo complesso) e stato apparato (l’organizzazione del potere centrale che detiene il monopolio della forza e impone il rispetto delle norme). Per parlare di Stato abbiamo bisogno di 3 elementi: POPOLO (hanno con lo Stato il rapporto di cittadinanza, che conferisce alla persona diritti e doveri; ci sono vari modi per acquisire la cittadinanza, come ius sanguinis, ius soli e ius culturae; quando si è cittadini di uno stato europeo, si è automaticamente cittadino europeo; il concetto di popolo è diverso da popolazione, che indica il dato numerico di persone presenti nello Stato sia cittadine che straniere, e nazione, che è l’insieme di persone accomunate da lingua, tradizioni, religione, un concetto culturale dove può esistere una nazione senza Stato), TERRITORIO (parte della superficie terrestre su cui si costituisce lo Stato e gli è coessenziale, essendone sia lo spazio indispensabile sia la sfera di validità e di efficacia del proprio ordinamento e del proprio imperio, fungendo così da limite per la validità delle norme; gli elementi territoriali sono terraferma, mare territoriale, spazio aereo sottosuolo, ambasciate e consolati, navi e aerei in base alla bandiera che battono fin quando non arrivano a destinazione, navi e aerei militari, che fanno in qualsiasi momento parte del territorio dello stato di cui battono bandiera) e SOVRANITA’ (supremazia nei confronti di ogni altro ente esterno, concretizzandosi con l’affermazione dell’originarietà dell’ordinamento giuridico e della sua indipendenza; la sovranità può essere limitata solo se lo Stato decide autonomamente di cedere la sua sovranità ad un altro ente, dove quindi non ha più assolutezza in quanto incontra limiti crescenti: limiti di fatto, derivanti dallo sviluppo delle tecnologie informatiche e dei processi di globalizzazione, e limiti giuridici, dall’evoluzione dell’ordinamento internazionale; ogni Stato stanziato su un determinato territorio può affermare di essere superiore ad ogni altro soggetto entro i confini dello stesso, indipendente nei rapporti con gli altri Stati e originario dato che il potere lo esercita lui stesso; il popolo, negli stati democratici, esercita la sovranità in forma rappresentativa attraverso il voto). I 3 elementi più importanti dello Stato moderno sono: politicità (l’ordinamento statale assume tra le proprie finalità la cura degli interessi generali che riguardano una determinata collettività stanziata su un determinato territorio), sovranità (supremazia rispetto ad ogni altro potere costituito al suo interno e la sua indipendenza rispetto ai poteri esterni), e monopolio della forza (può definirsi stato se è in grado di agire senza resistenze al proprio interno e senza interferenze all’esterno; esercita tale monopolio in modo diretto, grazie all’uso della forza legale, o in modo indiretto, ponendosi come unico soggetto in grado di legittimare altri soggetti all’uso della forza commissioni parlamentari Le commissioni parlamentari servono per facilitare il lavoro nelle camere, per cui per organizzare il lavoro si dividono in commissioni di genere che rappresentano al loro interno le percentuali dei gruppi parlamentari presenti nella camera. Esistono vari tipi di commissioni: le commissioni permanenti (coincidono con le materie dei ministeri e sono composte in maniera proporzionale rispetto ai gruppi parlamentari; ne esistono 14 per camera; si lavora in commissioni per snellire il lavoro dell’assemblea; nella sua composizione la commissione deve mantenere), le commissioni temporanee (vengono formate per lavori straordinari che trattano temi specifici in poco tempo; alcune vengono chiamate commissioni d’inchiesta, che hanno lo stesso potere dei magistrati inquirenti) e commissioni di vigilanza ( commissioni straordinarie che controllano l’operato di pezzi dello Stato; le due più famose sono la commissione di vigilanza sulla RAI, e la commissione di vigilanza sui Servizi Segreti, presieduti dagli esponenti dell’opposizione) organi di governo dei sistemi di comunicazione Il Parlamento ha un ruolo centrale nel settore della comunicazione, specialmente nella stampa e nella radiotelevisione. La commissione RAI possiede importanti funzioni di gestione. La commissione RAI è anche detta commissione parlamentare per l'indirizzo e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. Questa commissione trova la propria disciplina nella legge n. 103/1975 che determina il trasferimento della gestione del settore televisivo dal Governo al Parlamento. La commissione RAI detiene un grande numero di competenze: poteri di indirizzo, formula direttive generali per l'attuazione dei principi di indipendenza e obiettività alle diverse tendenze culturali e politiche ai quali deve ispirarsi la società concessionaria del servizio pubblico. Ha anche poteri di controllo, ovvero verifica il rispetto da parte della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo degli indirizzi forniti. I poteri normativi della commissione RAI sono facoltà di emanare norme per garantire l'accesso alla programmazione radiotelevisiva da parte di enti e formazioni sociali; poteri di natura politica e amministrativa; potere di informazione, vale a dire che la commissione RAI per l'adempimento dei suoi compiti può invitare a riferire il presidente, gli amministratori e i dirigenti della società concessionaria e quanti altri ritenga utile sentire per le informazioni che possono offrire. L'altro organo di gestione della comunicazione è il Governo. La legge n. 223/1990, la legge Mammì, ha attribuito al Governo un compito importante nel settore delle comunicazioni. Occorre però distinguere le funzioni attribuite al Governo a quelle assegnate al presidente del consiglio dei ministri e al ministero delle comunicazioni, con riferimento al consiglio dei ministri vanno menzionati i poteri normativi: il governo è titolare del potere di adottare atti aventi forza di legge. Per quanto riguarda i poteri attribuiti al presidente del consiglio dei ministri possono essere ricordati: il potere di stipulare con la società concessionaria del servizio pubblico, le convenzioni aggiuntive, per le trasmissioni verso l'estero, volte a promuovere la conoscenza della lingua italiana; può disporre che le radiofrequenze assegnate ai concessionari privati siano temporaneamente gestite dagli organi dello Stato le crisi di governo Crisi parlamentari: si hanno quando una Camera, o entrambe, negano la fiducia al Governo. Un altro caso può aversi quando il Governo, nel corso della discussione parlamentare su un disegno di legge ritenuto particolarmente qualificante per la propria azione, “ponga la questione di fiducia” su di esso o su una sua parte. Tecnicamente, porre la questione di fiducia su un atto che il Governo vuole vedere approvato significa che il Governo fa dipendere il mantenimento del rapporto di fiducia con il Parlamento e, quindi, la propria permanenza in carica dal voto favorevole del Parlamento sulla questione sottoposta all’esame di quest’ultimo. Se il Parlamento non approva la proposta, il Governo ne deduce di essere senza fiducia e deve dimettersi. Crisi extraparlamentari: si hanno quando un partito politico o la corrente di un partito che appoggiava, con il suo voto di fiducia, il Governo esce dalla coalizione sulla quale, fino ad allora, questo si era retto. In tal modo, il Governo non ha più una maggioranza parlamentare che lo appoggia e si dimette spontaneamente, senza aspettare un voto espresso di sfiducia. Crisi per ragioni di correttezza: si hanno quando, eletto il nuovo PdR, il Governo in carica presenta, per correttezza, le dimissioni che, per consuetudine, vengono respinte. Oppure quando le Camere vengono rinnovate a seguito di elezioni politiche. In questo secondo caso le dimissioni vengono accettate, in quanto il Governo non ha la fiducia delle Camere nuove. In tale ipotesi, però, il PdR può rinviare il Governo alle nuove Camere perché ne ottenga la fiducia Il diritto all’identità personale e il diritto alla riservatezza vengono a coincidere nella prospettiva delle nuove tecnologie: Tradizionalmente il diritto all’identità personale, nel suo richiedere un racconto articolato, complesso, attento ai dettagli, è un po’ la pretesa che di noi si dica tutto. Si pone quindi come opposto logico alla riservatezza, che invece è il diritto a tenere nascoste certe informazioni, affinché queste non vengano esposte. In realtà non sono propriamente opposti, perché le nuove tecnologie danno della riservatezza qualcosa di molto simile a quello che è l’identità personale. La strumentazione che noi abbiamo per difenderci, quello che noi chiamiamo “tutela della riservatezza”, alla fine è richiesta d’informazione esatta e completa nei nostri riguardi. I diritti che il nostro Codice della riservatezza prevede a favore della persona di cui trapelano i dati (l’interessato) consiste sostanzialmente nell’esposizione completa e puntuale delle informazioni che ci riguardano, non nella loro cancellazione, che non è più possibile è tutto online. Visto che le informazioni non si cancellano più, il vero strumento di difesa che abbiamo è la pretesa che queste informazioni siano giuste, complete, aggiornate. Quindi il diritto all’identità personale, cioè ad una rappresentazione complessa, complessiva, che tenga conto dell’ambito in cui certe informazioni maturano e si verificano, e il diritto alla riservatezza, da opposti, vengono a fondersi. accesso alla pubblica amministrazione Fino al 1990 prevaleva, anche nei confronti dell’informazione in mano pubblica, un divieto di circolazione, esisteva il Segreto d’ufficio: quello che si diceva dentro alle amministrazioni rimaneva dentro alle amministrazioni. La logica fino al 1990 era quindi quella di un’occlusione delle informazioni sulle amministrazioni pubbliche in mano alle stesse amministrazioni pubbliche. Dal 1990 le cose cambiano e inizia nel nostro ordinamento la storia di quello che si chiama il Diritto di accesso alle informazioni amministrative, che rende possibile un confronto con la pubblica amministrazione. All’inizio è stato un processo difficile, mentre oggi siamo arrivati a un’amplissima apertura dell’informazione pubblica. In Italia siamo arrivati a quello che negli USA chiamano il FOIA (Freedom Of Information Act): le notizie pubbliche sono a libero accesso, tranne quelle secretate, siamo arrivati all’opposto di quello che era. E si è arrivati a questo anche grazie al fatto che più si rendono accessibili le informazioni in mano all’amministrazione più si combatte la corruzione, la poca etica, che la Costituzione richiede ai lavoratori dell’amministrazione: oggi si è arrivati a un livello di trasparenza fortissimo albo dei giornalisti nel 1963 viene istituito l’ordine dei giornalisti, diviso in albo e ordine: l’albo dei giornalisti è un registro la cui iscrizione ti conferisce uno status, in quanto dal momento in cui sei iscritto sei o un giornalista professionista o un giornalista pubblicista o un praticante ; diverso è l’ordine dei giornalisti, che è un’associazione di coloro iscritti agli albi e la sua funzione principale è “tenere” gli albi Attività giornalistica e iscrizione all’albo non coincidono, la corte costituzionale infatti nel 1968 ha rigettato l’istanza di illegittimità costituzionale dell’Ordine, dicendo che non è vero che bisogna essere iscritti all’Albo dei giornalisti per scrivere sui giornali: l’Albo e l’Ordine non servono a selezionare chi scrive sui giornali, ma piuttosto servono a dare una serie di garanzie e di tutele a chi a questo mestiere così delicato. C’è sia una tutela verso l’interno, nei confronti dei giornalisti, sia una tutela verso l’esterno, nei confronti dei lettori, poiché a quest’ultimi garantisco la competenza dei giornalisti stessi comitati interministeriali Organi collegiali costituiti da più Ministri e creati per soddisfare le esigenze di particolari settori della P.A. che coinvolgendo le competenze di vari Ministeri ne esigono il coordinamento delle attività. Possono essere consultivi, se hanno lo scopo di preparare le deliberazioni del Consiglio dei Ministri, o deliberativi (ed in tal caso devono essere stabiliti per legge) se si sostituiscono nelle deliberazioni al Consiglio. regolazione di internet La telematica è l’applicazione dell’informatica alle telecomunicazioni ed è l’innovazione fondamentale della rivoluzione tecnologica. La telematica ha permesso la creazione del World Wide Web, la rete di comunicazione globale, che permette ai suoi utilizzatori, potenzialmente illimitati, di comunicare tra loro mediante protocollo comune, un linguaggio tecnico capace di far dialogare sistemi anche diversi per caratteristiche costruttive e sistema operativo. Internet è il fenomeno telematico conseguente all’interconnessione del computer che, attraverso l’utilizzo di diverse reti di telecomunicazioni esistenti, possono dialogare utilizzando protocolli univoci e servizi di comunicazione standardizzati. La prima caratteristica di Internet è l’assenza di qualsiasi rapporto proprietario di direzione o di governo con persone fisiche o giuridiche, istituzione o Stati: non vi sono punti di controllo. Internet è un fenomeno che ha una dimensione transnazionale, demoralizzato, in continua evoluzione, pluralista, aperto e libero nell’accesso. Internet è la somma di 3 operatori: fornitori di connessioni, fornitori di contenuti, fornitori di servizi. È difficile definire “Internet”, poiché è un fenomeno in costante mutazione. Possiamo dire che è la somma delle reti costituite dalla connessione orizzontale (e paritetica) di più computer fra loro Internet è un mezzo anarchico per natura. Ciò però non significa che gli Stati possono rinunciare a regolare questo fenomeno: pur nell’attuale assenza di una disciplina ad hoc, è imprescindibile che all’attività di manifestazione del pensiero in rete siano estesi tutti i limiti che trovano il loro fondamento nella tutela di altri beni costituzionali e sociali. Attualmente, a livello internazionale, sono in corso alcune importanti iniziative volte a definire una disciplina comune della rete. I problemi che si pongono giuridicamente sono sostanzialmente di 2 tipi e sono: Da una parte, il problema della “costituzionalizzazione della rete”, cioè il problema di garantire costituzionalmente o meno l’accesso alle tecnologie, alla rete, a tutti. Quindi, l’uso delle nuove tecnologie come diritto costituzionale. - Dall’altra, c’è il problema della “costituzione per la rete”, cioè il sistema di regolazione che vige dentro la rete L’accesso alla rete non è ancora un diritto fondamentale secondo la CEDU (Corte Europea dei diritti dell’uomo), in quanto è anche difficile garantirlo a tutti, ma è un mezzo attraverso cui esercitare diritti fondamentali (la libertà di espressione, di informarsi e di essere informati). Nel 2015, in Italia, siamo arrivati alla “Dichiarazione dei diritti di Internet”: non è una legge, ma è un documento che la Camera dei Deputati ha adottato come dichiarazione dei principi. Nel 2010, invece, Rodotà aveva pensato di introdurre nella nostra Costituzione una norma costituzionale per garantire ai cittadini l’accesso ad Internet, cioè l’Art. 21-bis: In questo disegno di legge viene riconosciuto che tutti hanno eguale diritto di accedere alla rete Internet, in condizioni di parità, con modalità adeguate C’era quindi l’idea che ormai l’accesso alle nuove reti di comunicazione, in condizioni di parità ed uguaglianza, sia ormai diventato una componente essenziale della cittadinanza e della partecipazione alla vita democratica nella società moderna. Quindi si pone il problema del “divario digitale”, che consiste nella disuguaglianza non solo a fruire della rete, ma anche a fruirne proficuamente, a una navigazione utile, a un’alfabetizzazione digitale. Quindi si può parlare di un divario digitale: da una parte primario e strutturale, disuguaglianza di non avere le stesse possibilità tecniche di connettersi, dall’altra un divario sociale, intesa come coscienza L’Italia per reagire al digital divide nel 2005 ha approvato con il Governo Berlusconi un Codice dell’Amministrazione Digitale, che poi è stato rivisto più e più volte. Tra le tante cose all’interno, si parla della digitalizzazione dell’amministrazione pubblica: la logica è che se si digitalizza gran parte delle prestazioni, dei servizi dell’amministrazione, i cittadini si adegueranno. La questione di accesso ad Internet non può essere affrontata in modo isolato rispetto al tema più generale della regolamentazione dell’uso della rete
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