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domande e risposte esame geografia umana, Prove d'esame di Geografia

risposte alle domande dell'esame di geografia umana.

Tipologia: Prove d'esame

2019/2020

Caricato il 10/02/2020

alice-garbarino
alice-garbarino 🇮🇹

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Scarica domande e risposte esame geografia umana e più Prove d'esame in PDF di Geografia solo su Docsity! Cartografia 1. Parlare delle incisioni rupestri e altri sistemi di rappresentazione del mondo nella preistoria Le incisioni rupestri nascono verso la fine del paleolitico, costituiscono i primi documenti che ci informano della Necessità degli esseri umani di: Delimitare lo spazio e di Rappresentare il loro spazio di vita. Sono immagini di animali e uomini in movimento che servivano, probabilmente, come rito propiziatorio per la caccia. le rappresentazioni sono molto realistiche, e, nonostante la forte stilizzazione, ancora oggi si possono riconoscere gli animali dipinti. 2. Parlare delle rappresentazione del mondo nell’antichità 3. Parlare dei pinax dell’età greca i pinax sono i primi mappamondi disegnati dai filosofi ionici 4. Parlare delle rappresentazioni del mondo di Ecateo La prima opera geografica greca scritta in prosa fu la Periegesi, (Viaggio intorno al mondo) di Ecateo di Mileto (550 - 480 a.C.), uno dei più antichi logografi ionici (= storico, nell'antica letteratura greca). La Periegesi (di cui ci sono pervenuti circa 300 frammenti), costituisce una sorta di guida alle regioni costiere del Mediterraneo, a illustrazione di una carta geografica divenuta famosa. E' probabile che la carta di Ecateo sia stata basata su una riproduzione di quella di Anassimandro Le nozioni geografiche di Ecateo sono chiaramente primitive. Per lui il Caspio era un golfo che sfociava nell'Oceano circolare. Il secondo libro della Periegesi è dedicato alla Libya (Africa), naturalmente la costa del Nord Africa fino alle Colonne d'Ercole. 5. Parlare delle rappresentazioni del mondo di Erodoto 'Padre della storia', Erodoto fu anche un po' il padre della geografia umana, almeno nel quadro del nostro patrimonio superstite di letteratura greca. Nel corso della sua vita, che va dalle guerre persiane all'inizio della guerra del Peloponneso, egli potè viaggiare senza troppe difficoltà in molte province dell'impero persiano (del quale era nato suddito) e raccogliervi materiale di prima mano. Erodoto è un osservatore instancabile di civiltà e costumi, anche se di rado supera i pregiudizi inerenti alla sua formazione; in questo senso non gli si può togliere un posto notevolissimo nella storia della geografia umana. 6. Parlare delle rappresentazioni del mondo di Dicearco da Messina Ha capito la necessità di “fare il punto”. Disegna un DIAFRAGMA (un primissimo parallelo, aveva una funzione che potremmo definire d’ “equatore” per le terre conosciute dell’epoca: dalle Colonne d’Ercole, attraverso lo Stretto di Messina, a Atene e fino a Rodi. Aveva pure previsto un meridiano (una linea perpendicolare in corrispondenza di Rodi) Ha quindi definito il principio del reticolato geografico 7. Cartografia antica: che cos’è il diafragma un primissimo parallelo, aveva una funzione che potremmo definire d’ “equatore” per le terre conosciute dell’epoca: dalle Colonne d’Ercole, attraverso lo Stretto di Messina, a Atene e fino a Rodi. Aveva pure previsto un meridiano (una linea perpendicolare in corrispondenza di Rodi 8. Parlare delle rappresentazioni del mondo di Eratostene Costruisce il suo mappamondo a partire da diversi meridiani e paralleli (7 paralleli e 9 meridiani) Lo gnomone per misurare la latitudine (con gli astri) Nessuno strumento conosciuto per misurare la longitudide Ripartizione del mondo consciuto in tre parti: •Europa •Asia (grazie alle conquiste di Alessandro Magno) •Libia Si nota un forte incremento delle aree ecumeniche 9. Che cosa è lo gnomone? Lo gnomone è un banale bastone piantato verticalmente in un terreno perfettamente pianeggiante, Studiando l'ombra che si genera si possono seguire i movimenti del Sole. Durante il giorno, il momento in cui l'ombra è più corta corrisponde a mezzogiorno. Lo gnomone permette di seguire anche il cambio delle stagioni: il giorno in cui a mezzogiorno l'ombra è più corta è il solstizio d'estate; sei mesi dopo, l'ombra a mezzogiorno è la più lunga ed è il solstizio d'inverno. Infine si può stabilire in ogni momento l'altezza del Sole, ossia l'angolo ί che i suoi raggi formano con la linea dell'orizzonte, confrontando semplicemente la lunghezza del bastone AH con la sua ombra BH. 10. Parlare delle rappresentazioni del mondo di Ipparco da Nicea Ipparco critica il metodo di Eratostene: in realtà lo perfeziona. Utilizza il metodo asronomico per fare il punto (la latitudine) e la differenza d’ora per la longitudine (grazie allo studio delle eclissi di luna) Definisce il reticolato geografico della Terra a partire da linee disegnate ad eguale distanza fra di loro. Definisce i fondamenti dei sistemi moderni per il calcolo delle coordinate geografiche (ancora le stesse oggi) Definisce, o in ogni caso ne è stato il primo redattore, le tavole trigonometriche 11. Parlare delle rappresentazioni del mondo di Posidonio Da una ricostruzione eseguita da Petrus Bertius nel 1630, del mondo così come era concepito dal filosofo greco Posidonio, si può notare che la Terra aveva una forma lenticolare. 12. Parlare delle rappresentazioni del mondo di Strabone Questa illustrazione ci dà una ricostruzione moderna del mondo visto dal filosofo greco Strabone, vissuto a cavallo dell'inizio della nostra Era. Egli aveva scritto il suo famoso trattato Geographia, basandosi sui resoconti dei viaggi compiuti da tanti esploratori, suoi predecessori e contemporanei. 13. Parlare delle rappresentazioni del mondo di Tolomeo Il mappamondo di Tolomeo utilizza, migliorandole nel contempo, il principio di Ipparco da Nicea. Comprende la difficoltà di rappresentare una superficie sferica su di una superficie piana, Anche se Ipparco aveva già inventato il principio della proiezione geografica, disegna con precisione la prima proiezione tronco-conica. 14. Il principio del mappamondo di Tolomeo ​guarda domanda 13 15. Parlare della Cartografia romana Le carte romane non si basano su principi scientifici. Esse hanno scopi pratici: -commerciali -amministrativi -politici e militari Carte itinerarie (antenate delle carte stradali) Tabula Peutingeriana IV secolo d.c. 6,80 m. di lunghezza 0,34 m. di larghezza i Le terre dell’Impero romano (completamente deformate) vi sono tutte rappresentate: Vi sono disegnati: le reti stradali, le catene montuose, i corsi d’acqua, i luoghi considerati importanti, i popoli o tribù aggressivi, le stazioni di cambio dei cavalli.e, ecc. 16. Cosa è una carta itineraria è l’antenata delle carte stradali rotta). Essa è diventata la proiezione cartografica più usata per le carte nautiche per la sua proprietà di rappresentare linee di costante angolo di rotta (linee lossodromiche) con segmenti rettilinei. 36. La scuola francese di cartografia (in generale) Con la decadenza della scuola olandese e italiana, in Europa si affermò quella francese: • Il primo e più conosciuto fu Nicolas Sanson (nuove proiezioni, nuovi atlanti). Utilizzò perfezionandolo il metodo trigonometrico per la misura indiretta delle distanze e di ricerca delle posizioni: nascita del rilevamento geodeticotopografico •Picard: eseguì a fine ‘600 la prima misurazione esatta del grado di meridiano •Famiglia Cassini, costituita da generazioni di matematici e topografi. Nel ‘600 rilevarono l’intera Francia e costruirono la Carta di Francia in 182 fogli: la prima carta topografica moderna 37. La scuola francese di cartografia: la famiglia Cassini La famiglia Cassini è costituita da generazioni di matematici e topografi. Nel ‘600 rilevarono l’intera Francia e costruirono la Carta di Francia in 182 fogli: la prima carta topografica moderna 38. La scuola francese di cartografia: Nicolas Sanson Utilizzò perfezionandolo il metodo trigonometrico per la misura indiretta delle distanze e di ricerca delle posizioni: nascita del rilevamento geodeticotopografico 39. La scuola francese di cartografia: Delisle Delisle eliminò ciò che restava della tradizione tolemaica, come l’eccessiva lunghezza del Mediterraneo. Scomparvero con lui allegorie e rappresentazioni figurate i contorni incerti e le aree inesplorate furono lasciate in bianco 40. La scuola francese di cartografia: Bourguignon D’Anville Perfezionò la riforma di Delisle, Ebbe così fine la cartografia empirica e si affermò la cartografia scientifica: •base geodetica (determinazione astronomica della posizione dei punti fondamentali), •triangolazione, •proiezioni geografiche. ​41. La prima carta topografica di Francia La prima carta topografica scientifica (costruita con l’uso dei principi geometrici) È quella di Cassini pubblicata nel 1746. La carta rappresenta il territorio francese in 18 fogli. 42. Definizione di carta geografica La carta geografica è una rappresentazione in piano, ridotta, simbolica e approssimata di una parte o di tutta la superficie terrestre. La carta geografica è quindi un disegno composto di punti, linee e segni speciali convenzionali che debbono trovarsi: oIn rapporti di giacitura simili a quelli che hanno nella realtà gli oggetti con essi rappresentati Per trovare i rapporti di giacitura la cartografia si serve di particolari linee di riferimento (meridiani e paralleli) per mezzo delle quali si può costruire la carta con precisione 43. Perché una carta geografica è “ridotta”? Perchè Non è né possibile né utile mantenere sulla carta le distanze e le superfici reali •E’ necessario allora che vengano ridotte mantenendo un rapporto stabilito fra le lunghezze sul disegno e quelle corrispondenti sul terreno Questo rapporto prende il nome di scala geografica 44. Perché una carta geografica è “approssimata”? Perchè Non essendo possibile riportare la superficie della sfera sul piano, ogni rappresentazione della superficie sferica deve essere necessariamente più o meno deformata, anche se si usano particolari accorgimenti per limitarne le deformazioni: Le proiezioni geografiche 45. Perché una carta geografica è “simbolica”? Perché per rappresentare i diversi oggetti geografici bisogna usare opportuni simboli cartografici ​46. Il concetto di scala geografica Essa è data dal rapporto fra una lunghezza misurata sulla carta e la lunghezza ad essa corrispondente sul terreno. •scala numerica: il rapporto fra le lunghezze sulla carta e quelle reali è dato da una FRAZIONE che ha per numeratore l’unità e per denominatore il numero delle volte di cui le distanze sono state rimpicciolite EX: SCALA 1: 5.000 vuol dire che ad una lunghezza determinata sulla carta corrispondono 5.000 delle stesse unità sul terreno Cioè che a un centimetro preso sulla carta corrispondono 5.000 centimetri sul terreno La scala 1:25.000 delle tavolette significa che a un cm sulla carta corrispondono 25.000 cm sulla terra: cioè 250 m. Poiché si tratta di rapporti si conclude che: quanto più piccolo è il denominatore tanto più grande è la rappresentazione grafica per cui la carta 1: 50.000 si dice in scala doppia rispetto ad una carta 1: 100.000. ​47. Le carte a grande e piccola scala Carte a grande scala (o con piccolo denominatore) Denominatore minore di 150.000 Carte a piccola scala (o con grande denominatore) Denominatore superiore a 150.000 La scala di una carta si riferisce sempre alle lunghezze e non alle aree. Queste ultime che aumentano in proporzione del quadrato delle lunghezze 48. Le proiezioni geografiche: concetto generale La superficie della Terra, sferica, non è sviluppabile su di un piano: •ogni carta geografica rappresenta la superficie con deformazioni. •Possono essere deformazioni relative a: Punti Distanze Aree Forma Le proiezioni geografiche sono dei procedimenti geometrici che permettono di RIDURRE tali deformazioni •Le proiezioni possono soltanto attenuare le alterazioni ed evitarne alcune piuttosto che altre •Non danno comunque una rappresentazione esatta della terra •per mantenere la “fedeltà” della rappresentazione occorre che siano mantenute inalterate tre condizioni: angoli (rapporto con rete di paralleli e meridiani lunghezze aree 49. Le proiezioni geografiche equidistanti, equivalenti, isogoniche o equiangole Le proiezioni vengono denominate: equidistanti, se mantengono inalterate le lunghezze equivalenti, se mantengono inalterate le aree isogoniche o equiangole (o conformi), se mantengono inalterati gli angoli. Nessuna carta può eliminare completamente le deformazioni: al massimo possono essere soddisfatte due delle tre esigenze. A seconda dell’uso che si deve fare della carta geografica deve essere scelta la proiezione più adatta. Le deformazioni sono tanto più piccole quanto minore è la proporzione di superficie rappresentata sulla carta. 50. Classificazione dei principali tipi di proiezione geografica Le proiezioni sono di due tipi: Proiezioni vere Sono fondate su principi matematici e sulla proiezione geometrica del reticolato geografico. Da esse derivano tutte le altre: •Proiezioni azimutali •Proiezioni di sviluppo Proiezioni convenzionali sono fondate su principi di empirici, cioè su regole indipendenti dalle leggi geometriche o matematiche. Reticolato geografico: rappresentazione di Mercatore. Tra i meridiani si conservano distanze proporzionali a quelle reali, ma le distanze dei paralleli vanno progressivamente aumentando verso i poli. 51. La classificazione delle carte geografiche: le carte topografiche le carte topografiche da “topos” = luogo esse rappresentano con molta precisione piccoli tratti della superficie terrestre di cui si raffigurano rilievo, idrografia, centri abitati, strade, singole costruzioni, vegetazione, ecc. 52. La classificazione delle carte geografiche: le carte corografiche carte corografiche da “chora” = regione Esse servono a rappresentare con molti particolari una regione abbastanza ampia della superficie terrestre 53. La classificazione delle carte geografiche: le carte geografiche propriamente dette carte geografiche sono carte generali in cui viene raffigurata una porzione più estesa del globo 54. La classificazione delle carte geografiche: i mappamondi le carte geografiche che rappresentano l’intera superficie terrestre nei suoi tratti generali sono i cosiddetti MAPPAMONDI (= carte del mondo) che si distinguono in: •planisferi: se la figura della Terra è contenuta in un solo disegno •planiglobi: se la figura della Terra è rappresentata in due emisferi separati 55. Le carte geografiche rilevate e derivate Le carte geografiche possono essere: •rilevate, se costruite e disegnate con misure ed osservazioni eseguite sul terreno come sono le piante, le mappe e le carte topografiche (a grande scala) • derivate, se ricavate dalle precedenti per semplificazione e riduzione come sono molte carte corografiche e carte geografiche propriamente dette (a piccola scala) 56. Le carte normali o generali carte normali o generali: rappresentano le fattezze naturali (coste, fiumi, monti, boschi, ecc.) o le opere umane (edifici, centri abitati, strade, limiti amministrativi, ecc.) esistenti sulla superficie terrestre, insieme (carte fisicopolitiche) o separate (carte fisiche, carte politiche) 57. Le carte tematiche carte tematiche: che rappresentano temi particolari ubicati: fenomeni fisici, umani, economici. Si trovano in particolar modo negli Atlanti 58. La Carta topografica d’Italia: In generale La Carta topografica d’Italia è costituita da 277 fogli di cui ciascuno è distinto da: il numero d’ordine e prende il nome dal centro abitato o dell’oggetto geografico più importante che vi è incluso Ogni foglio al 100.000 comprende 4 quadranti al 50.000 che si indicano con: il numero del foglio e con un numero romano (da I a IV) a seconda del posto che occupano nel foglio (procedendo in senso orario) A sua volta ogni quadrante è suddiviso in 4 tavolette al 25.000 che sono indicate con: il numero del foglio, il numero romano del quadrante, il punto cardinale che indica la posizione della tavoletta rispetto al quadrante Il quadro d’unione della Carta topografica consente di trovare rapidamente il numero del foglio della regione che interessa 59. La Carta topografica d’Italia: la proiezione di Gauss la proiezione di Gauss è una proiezione cilindrica inversa o traversa in cui l’asse del cilindro avviluppante il globo non corrisponde all’asse terrestre, come nelle altre cilindriche, ma ad un diametro equatoriale della sfera terrestre, le deformazioni di questa proiezione sono opposte a quella di Mercatore (delle latitudini crescenti): sono infatti crescenti le longitudini. La proiezione di Gauss è anche detta proiezione universale trasversa di Mercatore definita "la più piccola arena in cui la vita è vissuta". Le mappe di comunità A diventare luogo deputato di precise attenzioni è allora solo quel territorio che ha un significato particolare proprio per noi, quello di cui abbiamo personale conoscenza, nei riguardi del quale ci sentiamo fedeli, protettivi e attenti, quello di cui abbiamo misura e che, in qualche modo, esercita su di noi la capacità di modellarci. Un esempio è la Mappa elettronica interattiva della Vallesanta realizzata dal Servizio Cred della Comunità Montana del Casentino con il contributo del Parco Nazionale delle Foreste Casenetinesi e dell'Associazione Ecomuseo della Vallesanta. 69. Cartografia immaginaria. Si può cartografare l’immaginario? Da sempre la letteratura ha squadernato mappe di nuovi mondi, paesaggi immaginari o reali anche se mai visti, srotolato davanti a noi tappeti su cui erano intessute le vie del mondo. La risposta parrebbe semplice. Certo che si può fare. Ne danno prova antiche carte e pergamene, mosaici e affreschi, portolani allegati a racconti fantastici e d’avventura. Geografia umana 70.Cosa sono le città primate e perché sono così importanti nei Paesi in via di sviluppo? In alcuni Paesi, soprattutto quelli caratterizzati da economie complesse e una lunga storia urbana, la gerarchia relativa alle dimensioni delle città è sintetizzata dalla legge rango-dimensione. Secondo questa regola, la città che occupa il posto n per grandezza all’interno di un sistema nazionale di città, avrà dimensioni pari a 1/n di quelle delle città più grandi. In altri termini, il secondo insediamento in ordine di grandezza sarà equivalente alla metà di quello più grande, quello al decimo posto avrà dimensioni pari a 1/10 rispetto alla città collocata al primo posto. La possibilità di ordinare le città secondo il rango-dimensione è meno applicabile a paesi caratterizzati da economie poco sviluppate, o a quelli nei quali il sistema di città è dominato da una città, ovvero una città le cui dimensioni sono molto più del doppio di quelle della città al secondo posto nella graduatoria; è il caso per esempio della Francia, in cui Parigi rappresenta un esempio di città primate dominante. ​71.Che cosa si intende con il termine cultura? (come si trasmette una cultura, incidenza sull’individuo dell’acquisizione di aspetti culturali) la cultura rappresenta il complesso di modelli comportamentali, conoscenze, adattamenti e sistemi sociali peculiari, nel quale si sintetizza il modo di vivere acquisito da un gruppo di individui. essa è un’intricata rete di comportamenti e modi di pensare che si modificano nel tempo, infatti, si trasforma costantemente attraverso l’interazione con culture differenti, l’acquisizione di nuovi gusti, idee e norme comportamentali o la dismissione di vecchi. infine La cultura viene trasmessa alle generazioni successive tramite imitazione e istruzione, quindi, la cultura non è biologica ma viene appresa. 72.In che modo le isoglosse e la geografia linguistica contribuiscono alla studio della geografia umana? La geografia linguistica è una corrente della linguistica che si occupa di studiare l’estensione nello spazio di fenomeni linguistiche la loro distribuzione geografica. Un’area geografica caratterizzata dalla presenza di uno stesso fenomeno linguistico è chiamata isoglossa: con questo termine si definisce la linea immaginaria che delimita questa area. 73.Le differenze tra determinismo ambientale e possibilismo. I geografi hanno da tempo respinto come limitate dal punto di vista concettuale e non valide dal punto di vista empirico le idee del determinismo ambientale, ossia della teoria nata nel XIX secolo, secondo la quale l'ambiente fisico da solo plasma gli esseri umani, le loro azioni e il loro pensiero. I soli fattori ambientali, infatti, non possono giustificare le varianti culturali che si producono nel mondo. I livelli di tecnologia, i differenti sistemi organizzativi e i valori culturali ed etici propri delle singole società non hanno relazioni scontate con le circostanze ambientali. Secondo la teoria del possibilismo geografico, invece, - scuola di pensiero opposta al determinismo nata negli anni a cavallo tra il XIX e XX secolo - sono gli individui, non gli ambienti in sé, a rappresentare le forze dinamiche dello sviluppo culturale. La natura non esprime dunque solamente dei vincoli, ma offre varie possibilità di occupazione del territorio e di utilizzazione delle risorse fisiche. 74.Quali sono le componenti o sottosistemi del sistema tripartito della cultura Leslie White è l’antropologo che definì la cultura una struttura tripartita composta da sottosistemi ai quali egli attribuì i nomi di ideologico, tecnologico e sociologico. Il sottosistema ideologico è composto da idee, credenze e conoscenze di una cultura e dalle modalità secondo le quali esse trovano espressione in discorsi o in altre forme di comunicazione. Le mitologie e le teologie, la leggenda, la letteratura, la filosofia e la saggezza popolare fanno parte di questa categoria. Il sottosistema tecnologico è composto dagli oggetti materiali (e dalle tecniche per l'utilizzo degli stessi) grazie ai quali gli individui sono in grado di vivere. Gli oggetti sono gli utensili e gli altri strumenti che consentono di nutrirsi, vestirsi, ripararsi, difendersi, muoversi e svagarsi. Il sottosistema sociologico di una cultura è la somma dei modelli attesi e accettati di relazioni interpersonali, che sfociano nelle associazioni economiche, politiche, militari, religiose, di parentela e altre. Tali prodotti sociali definiscono l'organizzazione sociale di una cultura: regolano il modo in cui il singolo si colloca rispetto al gruppo, sia che quest'ultimo sia rappresentato dalla famiglia, dalla chiesa o dallo Stato. 75.Cosa si intende per controurbanizzazione? La controurbanizzazione è un fenomeno che ha avuto origine in Italia negli anni 80, consiste nello spopolamento delle città da parte di masse di popolazione che si insedia nei comuni limitrofi alla città. Le cause di questo evento sono varie, da una parte la ricerca di migliori qualità di vita anche se nei comuni limitrofi alla città i servizi sono molto scarsi. Chi ha fatto questa scelta si trova costretto a trascorrere molto del suo tempo negli spostamenti. 76.Cosa si intende per domesticazione di piante a animali (quando è avvenuta, che effetto produsse sugli esseri umani) La popolazione di cacciatori- raccoglitori crebbe notevolmente, gli individui si ritrovarono così a sperimentare l’addomesticazione degli animali e delle piante. In alcuni casi attribuirono anche significati religiosi al rapporto tra esseri umani ed animali. Le donne in particolare procedendo con la coltivazione delle piante le studiarono anche da un punto di vista medico. 77.Descrivere i modelli di uso del territorio urbano a: struttura concentrica, a settori, a nuclei multipli Agli anni venti e trenta del secolo scorso risalgono alcuni modelli relativi alla crescita e all’uso del territorio urbano, che descrivono la struttura della città. Nel modello a ​struttura concentrica​, sviluppato per spiegare le dinamiche sociali osservate nelle città americane negli anni 20 del 900, la comunità urbana si distribuisce come una serie di anelli nidificati. si riconoscono quattro cerchi concentrici che si differenziano tra loro per l’utilizzo dei suoli al crescere della distanza dal CBD: ➢ Una “zona di transizione” caratterizzata dal degrado di vecchie strutture residenziali, un tempo abitate da cittadini piuttosto abbienti e abbandonate con l’espansione della città, trasformate in case fatiscenti densamente abitate da una popolazione a basso reddito, residenze o ghetti destinati a singoli gruppi etnici; ➢ una zona di residenze occupate da lavoratori del settore industriale, magari cittadini americani di seconda generazione che possono permettersi abitazioni decorose ma piuttosto vecchie in piccoli lotti di terreno; ➢ una zona di abitazioni migliori, case unifamiliari o appartamenti con canone di affitto elevato, occupato da chi era abbastanza ricco da poter scegliere dove abitare e potersi permettere di fare un tragitto più lungo e costoso per raggiungere il posto di lavoro nel CBD; ➢ una zona in cui si concentravano i pendolari,consistente di sobborghi residenziali isolati, a bassa densità abitativa, che iniziavano appena a delinearsi quando questo modello fu proposto. Il ​modello a settori​ si concentra anch’esso sugli schemi relativi alla distribuzione delle abitazioni e della ricchezza, ma conclude che le aree residenziali caratterizzate da affitti elevati dominano nei processi di espansione della città e si sviluppano verso l’esterno rispetto il centro città, lungo le principali arterie di comunicazione. Tende a manifestarsi un processo di filtering down (filtraggio verso il basso) via via che le aree più vecchie vengono abbandonate dagli abitanti originari, che si spostano più in periferia, mentre le fasce più povere diventano i dubbi beneficiari delle aree meno appetibili lasciate libere. Si contrappone ai due modelli precedenti il ​modello a nuclei multipli​ secondo il quale le grandi città si sviluppano espandendosi verso la periferia a partire da molteplici nodi di crescita. Pertanto , il modello di uso del territorio urbano non ha una struttura regolare che parte da un unico centro e si sviluppa con una sequenza di aree concentriche o con una serie di settori, ma si fonda su aggregati di attività in contrasto fra loro che si espandono separatamente. 78.Le differenze fra tratti culturali e strutture culturali I tratti culturali sono considerati unità di comportamento acquisito; essi vanno dalla lingua, agli utensili, alle attività ricreative. Un tratto può essere un oggetto, una tecnica, una credenza o il modo di pensare. Singoli tratti culturali correlati dal punto di vista funzionale formano, all'interno di tale modello, una struttura culturale. 79.Che cosa è e a cosa serve una località centrale e che tipo di funzioni svolge La località centrale è un centro urbano che deve produrre beni e servizi alla popolazione spazialmente dispersa in un territorio omogeneo. Il suo obiettivo è quello di capire come i prodotti o i servizi si organizzino sul territorio dando vita ad una gerarchia urbana. 89.Spiegare il modello agricolo di von Thünen Nella sua opera, von Thünen immaginò una città isolata, posta nel centro di una pianura fertile, priva di corsi d'acqua navigabili e limitata da natura selvaggia. In questo modello, mostrò come si formavano zone concentriche di produzione agricola attorno alla città centrale. I beni deperibili e pesanti venivano prodotti vicino alla città; quelli durevoli e più leggeri alla periferia. Nello specifico, i contadini avrebbero dovuto scegliere le colture più redditizie e le zone concentriche così formatesi sarebbero state sei: 1) quella più vicina al centro del mercato, dove si dovevano coltivare i prodotti meno adatti al trasporto, perché più delicati; 2) quella dove si concentravano i boschi, necessari a quel tempo per far fronte alla grande domanda di legno e legname; 3) una terza dedicata alle colture intensive; 4) quella a rotazione poliennale; 5) quella tenuta per un anno incolta (o a maggese); 6) l'ultima dedicata all'allevamento 90.Spiegare il concetto di tasso di natalità e quello di tasso di fecondità ➢ Il tasso generico di natalità rappresenta il numero di bambini nati vivi nell’anno considerato, ogni 1000 individui. Si definisce “generico” in quanto collega le nascite alla popolazione totale, senza considerare la composizione per età o per sesso della popolazione in questione. ➢ Il tasso di fecondità indica la capacità riproduttiva delle donne in età feconda. Indica, dunque, il numero medio di figli che nascerebbero da ogni donna se la stessa, durante i suoi anni fertili, procreasse secondo i valori del tasso di fecondità dell’anno corrente per le donne alla cui fascia di età appartiene. 91.Differenze fra uso estensivo ed intensivo di un territorio. Esempi di aree e regioni nel mondo e/o in epoche diverse - Agricoltura estensiva: la vasta estensione dei terreni compensa l’uso dei macchinari e dei prodotti chimici, cioè si fa scarso uso di macchinari e gli investimenti sono minimi. In genere, colture praticate in agricoltura estensiva sono cereali, erba medica, foraggere. Il paesaggio tipico è quello della piantagione. L'agricoltura estensiva caratterizza gli Stati Uniti, l'Australia, l'Argentina e l'Europa Orientale. - Agricoltura intensiva: è l’agricoltura che per aumentare la produzione, usa prodotti chimici e macchinari. Alle origini, la coltura intensiva si basava sulla fertilità di alcuni suoli, associata a climi favorevoli, il che rendeva possibile ottenere elevate rese. Come contropartita, sono richieste maggiori cure e maggiori risorse: ad esempio, più acqua per l'irrigazione o più personale per la raccolta. Un esempio classico di coltura intensiva di questo tipo si è avuto fin dai tempi degli antichi Egizi nella valle del Nilo. L'affermazione generalizzata della coltura intensiva si ha definitivamente solo nell'Inghilterra del XVII secolo con la nascita delle aziende agrarie capitalistiche durante la Rivoluzione Agricola. Il maggiore sfruttamento è dato dall'utilizzo di innovazioni tecnologiche, nonché di macchinari adatti a rendere più rapidi i processi di lavorazione. Normalmente lo sviluppo agricolo di tipo intensivo è considerato più avanzato di quello estensivo ed è tipico del latifondo e delle grandi estensioni di coltivazioni. ​92.Cos’è una piramide demografica e a cosa serve? Fornire alcuni esempi La piramide demografica è una rappresentazione grafica usata per descrivere la distribuzione per età di una popolazione. Solitamente si tratta di due istogrammi disposti simmetricamente attorno all'asse verticale che rappresenta le età: in ascissa è indicato l'ammontare della popolazione per ciascuna classe di età e viene riprodotta una volta nel senso ordinario (crescente verso destra) e una volta nel senso opposto (crescente verso sinistra), in modo da distinguere i due sessi.Dalla forma di una piramide delle età si può dedurre la storia demografica di quasi un secolo di una popolazione e l'andamento demografico a cui sta tendendo: ➢ forma piramidale: popolazione in crescita; ➢ piramide tendente a un rettangolo: crescita nulla; ➢ piramide tendente a un trapezio: decremento. 93.Le caratteristiche del sistema economico di sussistenza In un'economia di sussistenza i beni e i servizi vengono creati a uso dei produttori e dei loro nuclei familiari. Dunque lo scambio di merci è modesto, e il bisogno di mercato limitato. 94.Le caratteristiche del sistema economico di mercato Nelle economie di mercato, divenute prevalenti quasi ovunque nel mondo, i produttori o i loro agenti, commercializzano merci e servizi; almeno in teoria, la legge della domanda e dell'offerta determina prezzi e quantità e la concorrenza commerciale costituisce l'elemento chiave per regolare le decisioni produttive e la distribuzione. 95.Le caratteristiche del sistema economico di pianificato. Nella forma estrema delle economie pianificate, associate alle società di tipo comunista, i produttori e i loro controllori disponevano delle merci e dei servizi attraverso agenzie governative che ne controllavano la quantità offerta, le caratteristiche e il prezzo, i modelli localizzativi di produzione e distribuzione. Con poche eccezioni, le economie pianificate non esistono più; esse sono state modificate o smantellate a favore di strutture che sono di libero mercato, o sono state soltanto in parte mantenute con un grado minore di controllo economico, associato alla supervisione o proprietà governativa di particolari settori. 96.Differenza tra concetto di spazio e di territorio Spazio terrestre ► distesa di terre (e di acque) più o meno vasta ≠ Territorio ► porzione di spazio appropriata da un gruppo umano (o animale) Un territorio per appartenere a qualcuno deve essere delimitato, Da qui discendono le FRONTIERE Ma per riconoscere un territorio E fare in modo che gli altri lo riconoscano, Abbiamo bisogno di RAPPRESENTARLO Da qui discende l’insieme delle rappresentazioni spaziali e territoriali Ciò che oggi chiamiamo le CARTE GEOGRAFICHE 97.Come si definisce la geografia umana ​geografia umana​ , è la ​scienza​ dedicata all'analisi della distribuzione, della localizzazione e dell'organizzazione spaziale dei fatti umani. La geografia umana è incentrata su di una concezione universalista di cultura - cultura intesa in senso antropologico o cultura popolare, che scaturisce da un intero popolo – ricerca nei fenomeni uno strato di invarianza. Ci sono caratteri comuni a tutta l'umanità come tale, per cui in tutti i luoghi e presso tutte le società si ripetono norme e comportamenti regolari, anche se ricoperti da differenze che però non sono sostanziali. Si rivaluta in questo caso un vecchio principio della metodologia geografica, il principio di comparazione. Solo comparando tra loro regioni e popoli diversi si troveranno regole e leggi universali, esplicazione di fenomeni comuni a tutta l'umanità. 98.Come si definisce la geografia culturale La ​geografia culturale​ è una sottodisciplina della ​geografia​ che studia le manifestazioni geografiche della cultura, ovvero si occupa dello studio dei simboli che sono attribuiti a luoghi e a spazi.​ il suo punto d'approccio di tutte le analisi geografiche è la ricerca della diversità. Esiste una molteplicità di culture che differenziano le diverse regioni tra loro, non come fatto casuale ma in base al diverso sviluppo storico delle situazioni economico-sociali, anche perché cultura e società sono due facce della stessa medaglia. L'unica regolarità, l'unico elemento universale, è proprio il ripetersi di questa diversità culturale, tanto che la cultura stessa può essere definita come l'espressione delle diversità (e quindi delle società diverse) 99.La differenza tra geografia umana e geografia culturale C'è una distinzione sottile tra le due branche della geografia, ed è IN CAMPO METODOLOGICO: •La GEOGRAFIA UMANA a quello universalista. La geografia umana è incentrata su di una concezione universalista di cultura - cultura intesa in senso antropologico o cultura popolare, che scaturisce da un intero popolo – ricerca nei fenomeni uno strato di invarianza. Ci sono caratteri comuni a tutta l'umanità come tale, per cui in tutti i luoghi e presso tutte le società si ripetono norme e comportamenti regolari, anche se ricoperti da differenze che però non sono sostanziali. Si rivaluta in questo caso un vecchio principio della metodologia geografica, il principio di comparazione. Solo comparando tra loro regioni e popoli diversi si troveranno regole e leggi universali, esplicazione di fenomeni comuni a tutta l'umanità. •La GEOGRAFIA CULTURALE si ispira al concetto relativista di cultura. Nel caso della geografia culturale, il punto d'approccio di tutte le analisi geografiche è invece la ricerca della diversità. Esiste una molteplicità di culture che differenziano le diverse regioni tra loro, non come fatto casuale ma in base al diverso sviluppo storico delle situazioni economico-sociali, anche perché cultura e società sono due facce della stessa medaglia. L'unica regolarità, l'unico elemento universale, è proprio il ripetersi di questa diversità culturale, tanto che la cultura stessa può essere definita come l'espressione delle diversità (e quindi delle società diverse) 100. Le radici e il significato della cultura Per uno studioso di scienze sociali la cultura rappresenta il complesso di modelli comportamentali, conoscenze, adattamenti e sistemi sociali peculiari, nel quale si sintetizza il modo di vivere acquisito da un gruppo di individui. Le prove visibili e invisibili della cultura - i modelli di costruzione e di coltivazione, la lingua, l'organizzazione politica - rientrano tutte nella diversità spaziale studiata dagli esperti di geografia. 101. Le componenti della cultura All'interno di una società la cultura si trasmette alle generazioni successive tramite imitazione, istruzione ed esempio. In parole povere, la cultura viene appresa, non è biologica: non ha dunque nulla a che vedere con l'istinto o con questioni di carattere genetico. La cultura è un'intricata rete di comportamenti e modi di pensare che si modificano nel tempo. Per questo motivo, la cultura è un processo, non un corpus inalterabile di tratti culturali; essa si trasforma costantemente attraverso l'interazione con culture differenti, l'acquisizione di nuovi gusti, idee e norme comportamentali o la dismissione di vecchi. Le componenti della cultura sono: valori, norme, concetti e simboli: ➢ E’ un valore (o ha un valore) qualunque cosa materiale o no, che sia ritenuto importante e si desidera ottenere o che si ha paura di perdere se è già nostra. Oppure, i valori indicano gli ideali a cui gli esseri umani aspirano e a cui si riferiscono quando devono formulare dei giudizi. ➢ Le norme rispetto ai valori sono più specifiche e imperative, in quanto enunciate sotto forma di un obbligo o di un'imposizione. La loro efficacia sociale dipende dalla presenza di una sanzione, e devono essere rinforzate da forme di controllo esterne del comportamento. Il grado di interiorizzazione delle norme è quindi variabile e un sistema detto dell’open field, cioè “campo aperto”: gli appezzamenti di terra di proprietà dei singoli contadini di un villaggio venivano coltivati in comune e il raccolto poi redistribuito in proporzione ai diversi proprietari. 115. Il modello agrario dei campi chiusi: il Bocage Si definisce bocage una regione in cui campi e prati sono delimitati da terrapieni sormontati da siepi o da filari di alberi che segnano i confini di lotti di terreno di forme e dimensioni diverse, e in cui gli insediamenti abitativi sono in genere sparpagliati in fattorie e piccole frazioni. 116. La centuriatio romana La centuriazione (centuriatio) era il sistema con cui i romani organizzavano il territorio agricolo. Si caratterizzava per la regolare disposizione, secondo un reticolo ortogonale, di strade, canali e appezzamenti agricoli destinati all'assegnazione a nuovi coloni. 117. Il concetto di "genere di vita" (Lebensform) Il concetto di vita è stato proposto da Friedrich Ratzel che poi verrà sviluppata dalla geografia francofana. il concetto è applicato a una classificazione dei modi di vita dei diversi popoli della terra. 118. La popolazione urbana mondiale: processo di inurbamento dal 1800. L'inurbamento è quel processo consistente nella migrazione di grandi masse di popolazioni dalle campagne alle città. Da un punto di vista sociale, essa è riconducibile all'assunzione di uno stile di vita urbano da parte di masse contadine. Il fenomeno dell'inurbamento ha la sua forma più radicale a partire dall'industrializzazione dell'Occidente del 1800. Tanti furono i fattori che portarono all’inurbamento: in primo luogo, la Rivoluzione Agricola porta la produttività dei campi a crescere a dismisura e causa fenomeni di disoccupazione di massa presso la popolazione contadina, che migra verso i centri urbani alla ricerca di nuove fonti di reddito e migliori condizioni sociali e sanitarie. Poi, con la Rivoluzione Industriale, cambiano anche il sistema dei trasporti e le tecniche di conservazione del cibo. 119. La popolazione urbana mondiale: la megacittà, definizione e esempi. Vengono definite "megacittà" le aggregazioni urbane che superano i 10 milioni di abitanti. Sul loro territorio si concentrano le funzioni più alte della gestione, della produzione e dell’amministrazione planetaria, i centri del potere politico, il controllo dei media e la capacità simbolica di creare e diffondere i messaggi dominanti. Secondo la classificazione delle Nazioni Unite del 1992, le megacittà principali sono: Tokyo, San Paolo, New York, Città del Messico, Shanghai, Mumbai, Los Angeles, Buenos Aires, Seoul, Pechino, Rio de Janeiro, Calcutta e Osaka. 120. La popolazione urbana mondiale: la fusione di metropoli Quando complessi metropolitani separati, qualunque sia la loro dimensione, si espandono lungo le strutture di trasporto da cui sono collegati, è possibile che alla fine si incontrino e si uniscano in corrispondenza dei rispettivi margini esterni, creando regioni metropolitane o conurbazioni. Nelle aree dov'è emerso questo modello sempre più diffuso, il paesaggio urbano non può più essere descritto come un'area dai confini ben definibili e chiaramente distinguibili dai territori agricoli interposti alle altre unità urbane. Occorre piuttosto riconoscere la presenza di vaste regioni di urbanizzazione continua, formate da più centri che si sono uniti in corrispondenza dei rispettivi margini. 121. La popolazione urbana mondiale:le regioni metropolitane. Un'area metropolitana è una zona circostante un'agglomerazione che per i vari servizi dipende dalla città centrale (metropoli). Elementi necessari affinché esista una vera e propria area metropolitana sono, in particolare, la presenza di una rete di trasporti che colleghi tra loro i diversi ambiti urbani e la presenza di forti interazioni economico/sociali all'interno dell'area stessa. 122. La popolazione urbana mondiale: le conurbazioni. Una conurbazione è un modello di sviluppo del territorio che consiste nella saldatura di centri abitati in un'unica area urbana dovuta alle mutue interazioni sociali, territoriali, economiche, alla crescita della popolazione residente e all'espansione urbana. 123. La popolazione urbana mondiale: la megalopoli, il concetti ed esempi. Il termine megalopoli designa la principale conurbazione presente in Nord-America, una fascia urbana quasi continua che si estende da Boston fino a Washington. Altri esempi di conurbazione sono presenti nelle aree più industrializzate dell'Europa (come la regione del Reno con le sue espansioni verso Parigi, Londra e la Pianura Padana) e dell'Asia orientale (Giappone centro-meridionale, regione di Tokyo e Kyushu), ma in via di diffusione anche in altre regioni del mondo, dove aggregati urbani e megacittà sono comparsi in Paesi in via di sviluppo ancora principalmente rurali dal punto di vista residenziale. 124. L'ubicazione degli insediamenti urbani: il sito Nel discutere l'ubicazione degli insediamenti urbani, i geografi solitamente fanno riferimento al termine sito, ovvero alle caratteristiche fisiche del terreno su cui la città è insediata, nonché alla sua ubicazione assoluta (sul reticolato geografico). 125. L'ubicazione degli insediamenti urbani: la situazione Con il termine situazione si indica l'ubicazione relativa, cioè la posizione di un insediamento rispetto alle caratteristiche fisiche e culturali delle aree circostanti. 126. Perché sono nate le città e a quale epoca risale la loro nascita. Le prime vere città sono a volte indicate come grandi insediamenti nei quali gli abitanti non si limitavano a coltivare le terre circostanti, ma cominciavano ad avere occupazioni specializzate. Le società basate sulla vita nelle città vengono spesso chiamate civiltà. Secondo questa definizione, le prime città di cui abbiamo notizia erano situate in Mesopotamia o lungo il Nilo. Prima di queste sono rari gli insediamenti che raggiungessero dimensioni significative; le prime città si sviluppano in zone fertili, lungo grandi fiumi e vaste pianure agricole o in punti che costituiscono passaggi obbligati delle vie commerciali. 127. Le funzioni delle città. In generale Fin dalle sue origini la città esiste perché risponde alle esigenze dei suoi abitanti, svolgendo alcune funzioni fondamentali. Anzitutto garantisce ai cittadini gli spazi in cui abitare: ha cioè una funzione residenziale. A partire dalla Rivoluzione industriale, le industrie si sono concentrate nelle città. Sono considerate città industriali quelle in cui oltre il 30% della ricchezza prodotta deriva dal settore industriale e una elevata percentuale della popolazione lavora nelle fabbriche; questa viene chiamata funzione riproduttiva. Infine, nelle città sorgono negozi, scuole, ospedali, banche e centri di divertimento. La città svolge dunque funzioni di servizio. Inoltre nella città hanno sede gli organi politici dello Stato e uffici della pubblica amministrazione; vi operano le direzioni delle grandi imprese industriali, delle banche e delle assicurazioni: sono le funzioni di direzione e controllo. 128. Le funzioni delle città. Le città mondiali Al vertice dei sistemi nazionali di città vi è un numero relativamente esiguo di agglomerazioni che possono essere denominate città mondiali. Questi grandi centri urbani sono punti di controllo delle attività internazionali di produzione, marketing e finanza. Nel loro complesso, esse sono state denominate i "centri di controllo e comando" dell'economia globale. Londra, New York e Tokyo sono state universalmente riconosciute come le tre città mondiali dominanti. 129. Le funzioni delle città: la classificazione funzionale Secondo una semplice ma efficace classificazione funzionale in tre categorie, gli insediamenti urbani vengono distinti in centri di trasporto, città con funzioni speciali e località centrali. Ogni categoria prevede il proprio caratteristico tipo di disposizione spaziale; insieme, esse contribuiscono a spiegare lo schema di distribuzione, nonché le gerarchie dimensionali e funzionali dell’intero sistema di città. 130. Le funzioni delle città: i centri di trasporto Gli insediamenti urbani vengono distinti in centri di trasporto, città con funzioni speciali e località centrali. Il modello spaziale dei centri di trasporto è quello dell'allineamento - lungo coste, fiumi importanti e minori, canali o ferrovie. Gli itinerari seguiti per le comunicazioni formano gli assi lungo i quali le città si svilupparono e da cui dipese, almeno inizialmente, il loro successo dal punto di vista funzionale. 131. Le funzioni delle città: le città con funzioni speciali Le città con funzioni speciali sono quelle dedite ad attività minerarie, produttive o di altro tipo, la cui localizzazione è legata alla presenza di materie prime, a economie di agglomerazione, concentrazione di mercati e lavoro in costante espansione. Le città con funzioni speciali danno vita a un modello specifico di aggregazione urbana: è il caso delle città minerarie e industriali del distretto della Ruhr (Germania), delle Midlands (Inghilterra) o del bacino del Donetz (Ucraina). Altre volte assumono la forma delle concentrazioni metropolitane multifunzionali o si presentano come enormi complessi urbanizzati. 132. La gerarchia urbana Quando alla gerarchia viene integrata una dimensione spaziale, appare chiaro che esiste un sistema areale di centri metropolitani, grandi città, piccole città e cittadine. Beni, servizi, comunicazioni e persone si muovono avanti e indietro all'interno della gerarchia. Le poche aree metropolitane di alto livello offrono funzioni specializzate a grandi regioni, mentre le città più piccole servono zone più limitate. 133. Le città mondiali.​ ​guarda domanda 128 134. La gerarchia urbana. La legge rango-dimensione In alcuni Paesi, soprattutto quelli caratterizzati da economie complesse e una lunga storia urbana, la gerarchia relativa alle dimensioni delle città è sintetizzata dalla legge rango-dimensione. Secondo questa regola, il secondo insediamento in ordine di grandezza sarà equivalente alla metà di quello più grande, quello al decimo posto avrà dimensioni pari a 1/10 rispetto alla città collocata al primo posto. 135. La gerarchia urbana. La città primate. In alcuni Paesi, caratterizzati da economie complesse e lunga storia urbana, la gerarchia relativa alle dimensioni della città è sintetizzata dalla legge rango-dimensione. Tuttavia, la possibilità di ordinare le città secondo questo principio, non è applicabile per Paesi caratterizzati da economie poco sviluppate, o nei quali il sistema di città è dominato da una città primate. Quest’ultima ha dimensioni molto più del doppio di quelle delle città al secondo vivere per trovare riparo e protezione dai rischi - reali, percepiti o immaginari che siano - della vita urbana e metropolitana. 147. I processi di gentrification. Dagli anni Ottanta in poi, gli studi di geografia sociale urbana hanno iniziato a soffermare sempre più la propria attenzione sui "processi" di uso e produzione dello spazio urbano. Un esempio classico è quello che viene dagli studi sui processi di gentrification degli spazi urbani: tali processi possono verificarsi in seguito a una dinamica di rinnovamento sociospaziale che ha l'effetto di far crescere i costi di affitto e di proprietà e di costringere gli abitanti delle classi medio-basse a trasferirsi altrove, sostituiti da quelli delle classi medio-alte. 148. Il concetto di popolazione residente La popolazione residente è costituita da quanti hanno dimora abituale nel luogo in cui sono stati censiti. 149. Il concetto di densità di popolazione La densità di popolazione è una misura del numero di persone che abitano in una determinata area. 150. L’Indice di natalità Il tasso generico di natalità rappresenta il numero di bambini nati vivi nell’anno considerato, ogni 1000 individui. Si definisce “generico” in quanto collega le nascite alla popolazione totale, senza considerare la composizione per età o per sesso della popolazione in questione. 151. L’Indice di mortalità Rappresenta il numero medio di decessi in un anno ogni mille abitanti. 152. Il tasso generico di natalità​ guarda domanda 150 153. Il tasso generico di mortalità​ guarda domanda 151 154. Il Movimento naturale della popolazione Il movimento naturale di una popolazione in un anno è determinato dalla differenza fra le nascite ed i decessi ed è detto anche saldo naturale. 155. L’Indice di vecchiaia Rappresenta il grado di invecchiamento di una popolazione. È il rapporto percentuale tra il numero degli ultrassessantacinquenni ed il numero dei giovani fino ai 14 anni. 156. L’Indice di dipendenza strutturale Rappresenta il carico sociale ed economico della popolazione non attiva (0-14 anni e 65 anni ed oltre) su quella attiva (15-64 anni). 157. L’Indice di ricambio della popolazione attiva Rappresenta il rapporto percentuale tra la fascia di popolazione che sta per andare in pensione (60-64anni) e quella che sta per entrare nel mondo del lavoro (15-19 anni). La popolazione attiva è tanto più giovane quanto più l'indicatore è minore di 100. 158. Il Flusso migratorio della popolazione. In generale​ ​guarda domanda 88 159. Le "piramidi" demografiche​ guarda domanda 92 160. L’incremento naturale della popolazione Il tasso di crescita naturale viene definito, con riferimento ad un determinato anno, come rapporto tra il saldo naturale (differenza fra nati vivi e morti) e la popolazione media di quell’anno, per mille individui. 161. Il concetto di migrazione della popolazione La migrazione è lo spostamento permanente o a lungo termine, del luogo di residenza e dello spazio di attività. 162. I principali modelli di migrazione I flussi migratori possono essere analizzati su diverse scale, dai massicci flussi torrenziali intercontinentali alle decisioni individuali di trasferirsi in una nuova casa nella stessa area metropolitana. A ciascun livello variano quelli immediati di motivazione, i quali influenzano l’interazione spaziale con impatti diversi sui modelli di popolazione e sui paesaggi culturali. 163. I movimenti migratori intercontinentali Vanno dai primissimi popolamenti del mondo abitabile ai più recenti esodi dei profughi asiatici o africani verso i Paesi dell'Europa o dell'emisfero occidentale. La struttura demografica degli Stati Uniti, del Canada, dell'Australia e della Nuova Zelanda, dell'Argentina, del Brasile e di altri Paesi sudamericani è un riflesso e un risultato dei massicci flussi intercontinentali di migranti che iniziarono come un rivolo durante il XVI e il XVII secolo, per diventare un torrente durante il XIX e l'inizio del XX secolo. 164. I movimenti migratori internazionali Più avanti, nel XX secolo, la seconda guerra mondiale e l'immediato dopoguerra causarono oltre 25 milioni di trasferimenti permanenti di popolazione, tutti a livello internazionale. 165. Le migrazioni intracontinentali e interregionali Esse comportano movimenti tra Paesi e all'interno degli stessi, perlopiù in risposta a valutazioni, individuali e di gruppo, di prospettive economiche migliori; ma altre volte, tali migrazioni sono una forma di fuga da condizioni ambientali, militari, economiche o politiche difficili o pericolose. I milioni di persone che hanno lasciato le loro terre a seguito del collasso dei sistemi economici socialisti dell'Europa dell'Est sono un esempio di questo tipo di fuga. 166. Il modello migratorio dalla campagna alla città Nel XX secolo, quasi tutti i Paesi occidentali assistettero a un cospicuo movimento di individui dalle zone agricole alle città. I rapidi aumenti delle popolazioni agricole povere nei Paesi in via di sviluppo esercitano pressioni crescenti e insostenibili sul suolo, sui combustibili e sulle risorse idriche nelle località rurali. La privazione di terra e la fame, come pure la perdita di coesione sociale causata dalla crescente competizione per le risorse in diminuzione, determinano una spinta migratoria verso le città. Ne consegue che, mentre nei Paesi più sviluppati il tasso di crescita urbana è in diminuzione, l'urbanizzazione nel mondo in via di sviluppo continua rapidamente. 167. I tipi di migrazione: le migrazioni forzate Nelle migrazioni forzate, a prendere la decisione del trasferimento sono esclusivamente individui diversi dai migranti stessi. Dalla fine del XVI secolo all'inizio del XIX, gli africani trasferiti con la forza come schiavi nell'emisfero occidentale furono probabilmente da 10 a 12 milioni. La metà o più furono destinati nei Caraibi e la maggior parte dei rimanenti nell'America centrale o meridionale, mentre quasi un milione raggiunse gli Stati Uniti. 168. La migrazione volontaria La grande maggioranza dei movimenti migratori è volontaria. Fondamentalmente, le migrazioni hanno luogo perché i migranti ritengono che le loro opportunità e condizioni di vita saranno migliori nella loro meta rispetto a quanto lo siano nella loro ubicazione di partenza. La povertà rappresenta il maggiore incentivo. Circa il 30% della popolazione mondiale - pressappoco 2 miliardi di persone ha un reddito inferiore a 1 dollaro al giorno. Nei paesi in via di sviluppo la povertà colpisce maggiormente le campagne: circa 750 milioni dei più poveri al mondo sono localizzati in zone rurali. Tra questi, da 20 a 30 milioni si trasferiscono ogni anno nei paesi e nelle città, molti come "profughi ambientali" che abbandonano la terra talmente erosa o depauperata da non poter più essere loro di sostentamento. Nelle città, essi raggiungono il 40% o più della forza lavoro che è disoccupata o sottoccupata nel proprio paese di origine e che cerca un accesso legale o illegale alle più promettenti economie del mondo sviluppato. Tutti gli individui, di campagna o di città, reagiscono alle stesse forze basilari - la spinta della povertà e la capacità di attrazione dell'opportunità percepita o sperata. 169. L’emigrazione italiana L'Italia è stata, sin dalla sua unificazione, una nazione che ha conosciuto il fenomeno dell'emigrazione. Per più di cento anni, la popolazione fuoriuscita dal paese ha raggiunto territori lontani - come le Americhe, a cavallo tra i secoli XIX e XX - e nazioni più vicine -come quelle dell'Europa occidentale, soprattutto (ma non solo) nel secondo dopoguerra. Un elemento rilevante che si afferma riguarda la provenienza dell'emigrante. Se i primi a partire, dopo l'unità, erano stati individui provenienti dalle regioni settentrionali, seguiti successivamente anche dal resto dell'Italia, nel secondo dopoguerra l'emigrazione si "meridionalizza". 170. L’immigrazione in Italia A partire dagli anni ‘70 del 1900, in Italia cominciano ad arrivare i primi lavoratori provenienti da Paesi extraeuropei. All'inizio il fenomeno ha caratteristiche particolari sia riguardo all'area di provenienza sia riguardo all'attività lavorativa, sia, ancora, al genere. Le prime presenze significative si registrano nella cittadina siciliana di Mazara del Vallo, dove le attività della pesca e dell'agricoltura richiamano molti lavoratori, maschi, tunisini. Un altro tipo di arrivi, che non riguarda un'area particolare dell'Italia, è caratterizzato da una manodopera femminile impegnata nel lavoro domestico 171. Push et pull factors migratori I fattori di spinta (push factors). Fra essi si possono annoverare la disoccupazione, la mancanza di opportunità professionali, il sovraffollamento o lo sgombro dei quartieri degradati, oltre alla povertà, alla guerra e alla fame. Le presumibili condizioni positive del luogo di destinazione prendono il nome di fattori di attrazione (pulì factors). Di essi fanno parte tutte le caratteristiche di attrazione che si presume esistano nelle nuove ubicazioni: sicurezza e cibo, opportunità di lavoro, clima migliore, tasse meno gravose, più spazio e così via. Push et pull factors migratori Molto spesso la migrazione risulta dalla percezione di entrambi i tipi di fattori, sia di spinta sia di attrazione. 172. Le leggi di Ravenstein Negli anni Settanta e Ottanta dell'Ottocento E.G. Ravenstein (1834-1913) formalizzò una serie di "leggi della migrazione". Tra le più importanti vi sono le seguenti. ➢ La maggior parte dei migranti percorre soltanto una breve distanza. ➢ La migrazione a più lunga distanza favorisce le mete verso grandi città. ➢ La maggior parte delle migrazioni procede passo per passo. ➢ La maggior parte delle migrazioni ha luogo dalla campagna verso la città. 5. Ciascun flusso migratorio produce un controflusso. ➢ La maggior parte dei migranti è costituita da adulti; è meno probabile che le famiglie operino trasferimenti a livello internazionale. 182. L’agricoltura di sussistenza estensiva Tra i diversi tipi di agricoltura di sussistenza estensiva - distinti l'uno dall'altro per intensità di sfruttamento del suolo - due sono di particolare interesse: il nomadismo pastorale e l’agricoltura itinerante. II nomadismo pastorale, ovvero il movimento migratorio controllato di bestiame che si alimenta soltanto di vegetazione spontanea, è il sistema di uso del suolo più estensivo; vale a dire che richiede la massima estensione di terreno per persona da sostentare. agricoltura itinerante Un tipo ben diverso di agricoltura di sussistenza estensiva si ritrova in tutte le aree caldo-umide alle basse latitudini del mondo, dove molte persone sono impegnate in una sorta di nomadismo agricolo. I terreni di queste aree perdono molti dei nutrienti - perché le sostanze chimiche vengono dissolte e dilavate via dalle acque superficiali e sotterranee (lisciviazione), oppure i nutrienti vengono sottratti alla terra dai raccolti - e gli agricoltori che li coltivano devono spostarsi altrove, dopo aver sfruttato il terreno per alcuni anni; in un certo senso, per mantenere la produttività, essi effettuano una rotazione dei campi anziché delle colture. 183. L’agricoltura di sussistenza urbana Un sistema economico di sussistenza implica la quasi totale autosufficienza da parte dei suoi membri. La produzione destinata allo scambio è minima e ciascuna famiglia o gruppo sociale coeso conta su sé stesso per il cibo e le altre esigenze fondamentali. 184. L’agricoltura di piantagione L’agricoltura di piantagione è caratterizzata dalla produzione di un unico prodotto (monocoltura) e viene praticata nelle regioni situate nella fascia intertropicale umida, dov’è presente ancora l’agricoltura di sussistenza. Si è sviluppata a partire dal XX secolo nelle aree colonizzate di tutto il mondo, in cui alle multinazionali interessa realizzare profitti vendendo i prodotti sul mercato mondiale. 185. La "rivoluzione verde" La rivoluzione verde è l’insieme delle tecniche agricole messe in atto per aumentare la produttività di un suolo. Queste tecniche dovevano aumentare il livello di produttività soprattutto nei paesi poveri: ricorrendo alle tecniche della "rivoluzione verde", la produzione agricola in Asia è aumentata complessivamente di oltre il 40%, mentre è cresciuta di oltre il 35% in Sudamerica. Alla base della "rivoluzione verde" c'è il miglioramento genetico del riso e del frumento: sono state sviluppate, infatti, varietà nane sensibili a massicce dosi di fertilizzanti, che resistono alle malattie delle piante, e che sono in grado di tollerare stagioni vegetative molto più brevi delle tradizionali varietà indigene. L'adozione di nuove varietà e delle necessarie innovazioni in termini di irrigazione, meccanizzazione, fertilizzazione e impiego di pesticidi ha creato una nuova agricoltura ad "alto investimento-alta resa". Tuttavia, la maggior parte dei contadini poveri, stanziati in terre marginali, alimentate soltanto dalle precipitazioni piovose (dunque non irrigate), ha tratto scarso beneficio dalle nuove varietà di piante, che richiedono molta irrigazione e un massiccio ricorso a prodotti chimici. Tuttavia, la grande quantità di acqua richiesta dall'irrigazione per la "rivoluzione verde" ha causato un grave impoverimento delle falde acquifere, e dunque a una situazione conflittuale tra le esigenze dell'agricoltura e quelle delle aree urbane industriali in crescita, generando inoltre timori per la scarsità di risorse idriche, che in futuro potrebbe scatenare guerre per l'approvvigionamento. 186. L'agricoltura di mercato L'agricoltura di mercato mira a massimizzare i profitti, non ad assicurare il minimo vitale alimentare. Quando prevalgono le condizioni di libero mercato, la coltura prodotta da singoli agricoltori a fini commerciali è il risultato di una valutazione delle possibilità di profitto. I coltivatori devono preventivare i prezzi, valutare i rischi connessi alle condizioni del terreno e del clima, considerare i costi di produzione (combustibile, fertilizzante, macchinari, lavoro). Questo tipo di agricoltura viene praticata solo nei Paesi dotati di moderni mezzi produttivi, ed ha uno stretto legame con l’industria alimentare. 187. Il modello di localizzazione agricola di von Thünen Nella sua opera, von Thünen immaginò una città isolata, posta nel centro di una pianura fertile, priva di corsi d'acqua navigabili e limitata da natura selvaggia. In questo modello, mostrò come si formavano zone concentriche di produzione agricola attorno alla città centrale. I beni deperibili e pesanti venivano prodotti vicino alla città; quelli durevoli e più leggeri alla periferia. Nello specifico, i contadini avrebbero dovuto scegliere le colture più redditizie e le zone concentriche così formatesi sarebbero state sei: ➢ quella più vicina al centro del mercato, dove si dovevano coltivare i prodotti meno adatti al trasporto, perché più delicati; ➢ quella dove si concentravano i boschi, necessari a quel tempo per far fronte alla grande domanda di legno e legname; ➢ una terza dedicata alle colture intensive; ➢ quella a rotazione poliennale; ➢ quella tenuta per un anno incolta (o a maggese); ➢ l'ultima dedicata all'allevamento. 188. Parlare dell’attività primaria: la pesca Sebbene la pesca e i frutti di mare incidano per meno del 20% sul consumo di proteine animali umane, si ritiene che un miliardo di persone dipenda dal pesce come fonte principale di proteine, soprattutto nei Paesi a basso reddito dell'Asia orientale e sud-orientale, dell'Africa e di parte dell'America Latina. Il pesce è molto importante anche nella dieta dei Paesi più avanzati. Mentre il 75% circa del prodotto ittico annuale mondiale è consumato dagli esseri umani, il restante 25% è trasformato in alimento per il bestiame o impiegato come fertilizzante. La pesca può avvenire in tre modi: ➢ la pesca nelle acque interne (stagni, laghi e fiumi); ➢ l’allevamento ittico, in cui i pesci crescono in un ambiente controllato e ristretto; ➢ la pesca marittima, ch ➢ e comprende tutto il pesce non di allevamento catturato nelle acque costiere o in mare aperto. 189. Parlare della selvicoltura Circa 12.000 anni fa, la selva costituiva un ambiente protettivo e produttivo per le antiche società, che si sostentavano con la raccolta della frutta, delle foglie e delle fibre ricavate dagli alberi e dagli arbusti. Oggi, il manto forestale ricopre ancora il 30% circa della superficie del pianeta, malgrado i millenni di disboscamenti provocati da agricoltura e allevamento. Come fonte di materie prime industriali, però, le foreste costituiscono un'area più ristretta: le conifere con “legno dolce” si utilizzano per il legname da costruzione e per produrre pasta per carta, e altri prodotti in cellulosa; invece i legni "duri" sono sfruttati particolarmente per ricavarne combustibile vegetale e carbonella. 190. La localizzazione delle attività umane Ogni attività umana ha un'espressione spaziale. Nei diversi sistemi economici si riconoscono regioni di concentrazione industriale, aree di specializzazione e luoghi specifici destinati a fabbriche e magazzini. 191. La localizzazione delle attività secondarie e dei servizi Se le attività primarie sono legate alle risorse naturali che le attività stesse raccolgono o sfruttano: la localizzazione è quindi predeterminata dalla distribuzione di minerali, combustibili, foreste, zone pescose e dalle condizioni naturali che interessano agricoltura e allevamento. Gli stadi successivi delle attività economica (oltre quello primario), invece, appaiono sempre più svincolati dalle caratteristiche dell'ambiente fisico. In questo caso, sviluppo, distribuzione, comunicazione e gestione consentono di localizzare l'impresa in risposta a influenze culturali ed economiche anziché fisiche. Si tratta di attività mobili, non legate allo spazio. Le decisioni assunte in materia di localizzazione e i modelli economici che ne risultano cambiano con il tipo o il livello di attività economica in questione. Le attività secondarie, incentrate sulla lavorazione dei materiali e sulla produzione di merci, richiedono condizioni spaziali diverse dalle attività al dettaglio del terziario o dei poli di ricerca e dei complessi d'uffici delle attività quaternarie e quinarie. Si presume, comunque, che per l'industria e per gli altri tipi di attività si possa identificare un insieme ricorrente di vincoli economici. 192. Concetti e vincoli delle attività secondarie e dei servizi Si presuppone che produttori e venditori di merci e servizi mirino alla massimizzazione dei profitti. Per raggiungere tale obiettivo, ciascuno di questi soggetti deve tenere conto dei costi di produzione e di quelli derivanti dal mercato, nonché dei condizionamenti della politica, della concorrenza e di altri fattori limitativi, non ultimi i capricci del comportamento individuale. Alla fine bisogna comunque supporre che, nelle economie di mercato, la migliore valutazione della correttezza delle decisioni economiche sia determinata dal meccanismo di mercato. Spesso tuttavia i meccanismi del mercato vengono analizzati al di fuori di un contesto territoriale e gli economisti trattano la domanda, l’offerta e il prezzo come se tutta la produzione, gli acquisti e le vendite avvenissero in un unico punto. Sappiamo che le attività umane si svolgono in un contesto preciso e che né la popolazione, né le risorse, né le opportunità sono distribuite in maniera uniforme sulla terra. Ci rendiamo conto che il luogo o i luoghi della produzione possono differire da quelli della domanda. Comprendiamo che esistono relazioni e interazioni spaziali fondate sull'offerta, la domanda e il prezzo di equilibrio. Ci accorgiamo che esistono una geografia dell'offerta, una geografia della domanda e una geografia del costo. 193. La localizzazione delle attività secondarie e dei servizi in base alla domand​a Nel caso delle attività economiche del settore secondario e fino al quinario, la scelta della localizzazione è più complessa, richiedendo di valutare le "spinte" localizzative connesse a considerazioni plurime sui costi e sulle prospettive di profitto. Sul versante della domanda, a definire le aree in base alle opportunità commerciali è la distribuzione della popolazione e della capacità di acquisto. La localizzazione regionale delle attività del terziario - vendite e servizi - può risultare quasi altrettanto fissa di quella delle attività primarie, sebbene le decisioni in proposito siano più complesse. 194. La localizzazione delle attività secondarie e dei servizi in base all’offerta Sul versante dell'offerta, prendere decisioni comporta, per gli industriali, un insieme di equazioni più elaborato. I produttori devono considerare il costo delle materie prime, la prime di fusione indispensabili al processo produttivo. Allo stesso modo le acciaierie lungo le coste italiane (Genova, Piombino, Napoli, Tarante) vennero collocate dove i metalli importati venivano scaricati dai vettori oceanici, per evitare gli alti costi del trasbordo. 203. L'orientamento localizzativo delle industrie verso l’energia Risorse energetiche inamovibili oppure di limitata trasferibilità possono attrarre alcune industrie da esse dipendenti. Così avvenne agli inizi della rivoluzione industriale: le località ricche di energia idraulica determinavano la localizzazione delle industrie tessili (per esempio, in Lombardia, lungo il corso dell'Olona). il combustibile (carbone di legna e poi carbone da coke) attirava le acciaierie e le aziende siderurgiche e metallurgiche (le Midlands in Inghilterra, il distretto della Ruhr in Germania e il bacino del Donec in Ucraina). 204. L’orientamento localizzativo delle industrie sulla manodopera Anche la manodopera è una variabile spaziale che influenza le decisioni localizzative e lo sviluppo industriale. Tradizionalmente, si consideravano determinanti per la manodopera tre diversi fattori, indipendenti o in combinazione: il prezzo, la specializzazione e la quantità. Per alcune attività è necessaria forza lavoro a basso costo, mentre per altre la manodopera qualificata può rappresentare un'attrazione localizzativa. ​205. L’orientamento localizzativo delle industrie sul mercato Questo orientamento verso il mercato si riflette anche nella localizzazione, nel Nordamerica, delle fabbriche di auto o degli impianti di assemblaggio di case automobilistiche asiatiche ed europei. L’orientamento localizzativo sul mercato Le vaste concentrazioni urbane rappresentano dei mercati che hanno sempre attratto i produttori di merci. Non è facile, in realtà, distinguere in modo chiaro tra le città come mercato e le città come bacini di manodopera. Comunque sia, molte attività manifatturiere sono attirate dalle maggiori metropoli. 206. I costi di trasporto delle merci Il trasporto su vie navigabili è il sistema di spostamento di merci più economico per la lunga distanza e presenta costi operativi e diritti di transito contenuti. Il miglioramento delle vie d'acqua interne e la costruzione di canali segnò, in Europa, la prima fase della rivoluzione industriale e costituì il primo stadio di sviluppo dei trasporti moderni negli Stati Uniti. 207. La teoria del minor costo di Alfred Weber La teoria della localizzazione industriale o teoria del minor costo, si fonda sul lavoro di Alfred Weber (1868-1958) ed è a volte chiamata analisi weberiana. Il modello spiega la localizzazione ottimale di uno stabilimento manifatturiero in termini di minimizzazione di tre spese base: costi relativi al trasporto, costi di manodopera e costi di agglomerazione. 208. L’outsourcing: la deconcentrazione e la delocalizzazione industriale Un esempio regionale caratteristico di deconcentrazione industriale diversificata attraverso l’outsourcing si trova lungo il confine settentrionale del Messico. Negli anni Sessanta il Messico promulgò una legge che permetteva a società straniere, in particolare statunitensi, di costituire aziende "consorelle", chiamate maquiladoras, entro venti chilometri dal confine con gli Stati Uniti, per l'assemblaggio libero da imposte di prodotti destinati a essere esportati di nuovo. Nel giro di pochi anni sorsero oltre 3000 di questi stabilimenti di assemblaggio, nei quali si lavoravano soprattutto prodotti elettronici e tessili, articoli d'arredamento e capi in pelle, giocattoli e componenti per l'automobile. Gli impianti assicurarono occupazione diretta e indiretta a più di un milione di lavoratori messicani e a parecchi cittadini statunitensi, impiegati dalle maquilas sul versante americano. In Europa, dopo l'allargamento della UE a 27 paesi (2007), i vantaggi dell'outsourcing risultano particolarmente rilevanti quando gli operatori economici decentrano alcune fasi produttive nei paesi dell'Est di recente sviluppo, come avviene per esempio in Romania, dove diverse imprese tessili, calzaturiere e dell'abbigliamento del Veneto operano nell'area di Timisoara (altri distretti industriali creati da iniziative imprenditoriali occidentali sono presenti in Bulgaria - Sofia e Plovdiv -, e, fuori dall'Unione, in Russia - Lipetzk e Sverdlovsk - e in Albania - Tirana e Durazzo.). L' outsourcing non è che un piccolo esempio della crescente struttura internazionale delle moderne manifatture e delle imprese di servizi. Il commercio e l'industria appaiono sempre più cosmopoliti e le economie superano i confini nazionali, mentre le gigantesche industrie transnazionali (tnc). 209. I servizi: il terziario Le attività terziarie forniscono servizi ai settori primario e secondario, alla comunità in generale e all'individuo e perseguono finalità diverse dall'effettiva produzione di beni tangibili. Sarà utile restringere il significato del termine "terziario", limitandolo ai servizi di basso profilo, largamente connessi alle necessità quotidiane della gente, e alla comune gamma di funzioni che si svolgono nei centri urbani grandi e piccoli di tutto il mondo. 210. I servizi: il quaternario Il settore quaternario può essere con buona approssimazione considerato una forma avanzata di servizi riguardanti conoscenze specialistiche, competenze tecniche, abilità comunicative o capacità amministrative. Si tratta di compiti che vengono svolti negli uffici, nelle aule scolastiche e universitarie, negli ospedali e negli studi dei medici, nei teatri, nelle agenzie di gestione della contabilità e di intermediazione ecc. Grazie alla crescita esplosiva della domanda e del consumo dei servizi fondati sull'informazione - gestori di fondi di investimento, consulenti fiscali, creatori di software, studiosi di statistica e così via, - il settore quaternario, nelle economie più sviluppate, ha sostituito l'occupazione del settore primario e secondario come base della crescita economica. In effetti, oltre la metà dei lavoratori nelle economie ricche appartengono al solo "settore della conoscenza", cioè si occupano della produzione, immagazzinamento, recupero o distribuzione di informazioni. 211. I servizi: il quinario Le professioni dei "colletti d'oro", un'altra riconosciuta suddivisione a sé stante del settore dei servizi, che rappresenta le qualificate competenze lavorative ben retribuite di dirigenti commerciali, funzionari governativi, scienziati ricercatori, consulenti finanziari e legali e così via. Queste persone trovano il proprio posto di lavoro nei maggiori agglomerati metropolitani, all'interno e accanto alle più importanti università e ai parchi di ricerca, nei centri medici di primo livello e negli uffici dell'amministrazione pubblica situati nelle capitali politiche. All'interno delle città che li ospitano, possono essere facilmente localizzabili, grazie a prestigiosi indirizzi privati (Park Avenue e Wall Street a New York, Whitehall e Mansion House Square a Londra, Esplanade du General de Gaulle a Parigi), oppure grazie alla "firma" distintiva della sede di uffici (la Sears Tower di Chicago, il Lloyd's Building di Londra). L'importanza che rivestono nella struttura delle economie avanzate supera di molto il loro numero. 212. Gerarchie centri finanziari sul pianeta La gerarchia dei centri finanziari internazionali, dominata da New York e Londra, indica la tendenza, da parte delle attività quaternarie di alto grado, a concentrarsi in pochi centri mondiali e nazionali. Allo stesso tempo, il moltiplicarsi delle localizzazioni offshore, dove trova rifugio il “denaro clandestino”, sottratto alle regolamentazioni e alle tassazioni nazionali, indica che, per la comunità finanziaria internazionale, queste sedi diffuse siano altrettanto convenienti. Nel 2002, grazie alla pressione di molti governi, la maggior parte dei paradisi fiscali ha accettato una maggiore trasparenza e una limitazione del segreto bancario. 213. I servizi: questioni di localizzazione I fattori localizzativi per le imprese del terziario sono molto più semplici di quelli del settore manifatturiero. Le attività di servizio sono per definizione orientate verso il mercato. Quelle che si dedicano ai trasporti e alle comunicazioni si preoccupano dell'ubicazione di persone e impianti da mettere in connessione o da trasferire. Le loro determinanti localizzative sono pertanto le tipologie distributive della popolazione e la struttura spaziale di produzione e consumo.La maggior parte delle attività terziarie, comunque, si occupa dei servizi privati e commerciali svolti nei negozi, nei ristoranti, negli uffici di società private e in quelli gover-nativi raggruppati nei centri urbani. L'offerta di questo genere di servizi di prima necessità, a basso profilo, deve essere identica alla distribuzione spaziale della domanda effettiva, cioè delle esigenze rese significative dal potere d'acquisto. I servizi al dettaglio e personali sono localizzati dal proprio mercato, perché produzione e consumo del servizio avvengono simultaneamente. I dettaglianti e i fornitori di servizi personali, pertanto, tendono a localizzarsi dov'è massima la densità di mercato e dove si concentrano le domande di servizi multipli. ​214. L'outsourcing di servizi l'outsourcing di servizi in passato forniti all'interno della cerchia familiare è anch'esso tipico della corrente pratica commerciale. Pulizie e manutenzione di fabbriche, negozi e uffici - una volta assicurati dalla società stessa, come operazione interna -vengono ora subappaltate a specialisti del settore. Le incombenze vengono ancora svolte, magari persino dallo stesso personale, ma lo status dei lavoratori è passato da "secondario" (in quanto dipendenti, per esempio, di una industria manifatturiera) a "terziario" (in quanto dipendenti di un fornitore di servizi) 215. L’offshoring dei servizi Quando invece la manodopera straniera meno retribuita può rimpiazzare in modo soddisfacente tecnici, professionisti e impiegati, l’outsourcing prende il nome di offshoring dei servizi e ha l'effetto imme-diato di esportare i posti di lavoro di lavoratori qualificati e altamente retribuiti. L'offshoring consiste nell'ingaggiare manodopera straniera oppure, più comunemente, nell'appaltare a un fornitore estero di servizi per conto terzi il controllo e la gestione di partico-lari processi o operazioni. L'offshoring si propone sempre più spesso come risposta standard a strategie di contenimento delle spese e riflette la drastica diminuzione dei costi di comunicazione, la facilità d'uso di Internet e la crescente preparazione tecnica di bacini di manodopera straniera 216. Il turismo Esso è diventato non soltanto la più importante attività del settore terziario, ma anche la maggiore industria mondiale, per produzione di posti di lavoro e valore complessivo generato. Su base mondiale, il turismo incide per circa 250 milioni di unità sui posti di lavoro ufficiali e per un'imprecisata percentuale aggiuntiva nell'economia informale o sommersa. Nel complesso, il 15% e oltre della forza lavoro mondiale si occupa di fornire servizi ai viaggiatori per diporto e, nel 2009, il valore economico totale dei beni e dei servizi turistici raggiungeva ali'incirca i 7 miliardi di dollari, ovvero più o meno il 9% del prodotto interno lordo mondiale.
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