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Domande esame media e tecnologia per la didattica Parmigiani (sfp), Appunti di Didattica generale e speciale

Domande del libro "Competenze digitali per insegnare" (Ranieri): - thinking aloud - inquiry based learning - digital storytelling - youtube - blended learing attivo e collaborativo - problem based learning collaborativo - project based learning collaborativo - student response system - e-portfolio - peer assesment -universal design for learning - gamification Domande su argomenti spiegati a lezione: - pnsd - sillabo per l'educazione civica digitale - digcompedu - coding - distopie della rete

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 24/12/2022

susannabo
susannabo 🇮🇹

4.3

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Scarica Domande esame media e tecnologia per la didattica Parmigiani (sfp) e più Appunti in PDF di Didattica generale e speciale solo su Docsity! 1) Selezione e valutazione critica delle risorse digitali. Descrivi la tecnica del thinking aloud e prova a fare esempi adatti per la scuola dell’infanzia o la scuola primaria. Il think-aloud è un approccio metacognitivo che prevede la verbalizzazione dei pensieri da parte dell’insegnante durante la lettura di un testo. Rendendo espliciti i processi attivati nella lettura, lo studente viene messo nelle condizioni di poterli replicare per conseguire una migliore comprensione del testo facendo leva su riflessività e autoregolazione. Già Aristotele e Platone sottolineavano i benefici del parlare ad alta voce, esternalizzando quanto era nella mente, ma è nel campo della psicologia, dalla fine dell’800 in poi, che si è sviluppato il think-aloud: i protocolli verbali sono stati usati come fonte di dati per indagare i processi cognitivi sottesi al problem solving e altri processi istruttivi, come pure per l’insegnamento delle abilità di lettura e comprensione dei testi tradizionali. Il modello didattico dell’apprendistato cognitivo di Collins, Brown e Newman fa leva su meccanismi analoghi: verbalizzazione del processo mentale a scopo dimostrativo (modeling), imitazione del modello con affiancamento (coaching) e progressiva dissoluzione della guida (fading). Questo metodo è stato poi applicato anche alla lettura e comprensione dei testi digitali, che richiedono ulteriori competenze di analisi critica, comprensione, motivazione e autoregolazione, legate anche alle strategie di ricerca e selezione delle informazioni sul web. Per costruire un percorso didattico basato sulla strategia del think-aloud, è necessario anzitutto individuare l’operazionalizzazione delle attività tipiche di un lettore esperto che, secondo Coiro, si divide in quattro categorie: 1. Avvicinarsi alle attività di lettura online (il lettore esperto prepara un piano di lavoro mirato, determinando il suo scopo, prima della navigazione: ciò aiuta a evitare distrazioni che inevitabilmente si incontrano durante la lettura delle risorse informative digitali); 2. Navigazione e negoziazione dei testi online (il lettore si muove tra motori di ricerca e siti web: è necessario impiegare strategie utili a determinare quali siano le idee importanti e a verificare la credibilità dell’autore); 3. Monitoraggio della comprensione e dei percorsi di navigazione realizzati attraverso i testi online (durante il processo di ricerca, il lettore esperto applica strategie di revisione e autoregolazione per rimettere a fuoco l’obiettivo e il percorso, regolare la velocità del processo o verificare la loro comprensione prima di andare avanti); 4. Rispondere ai testi online (i lettori esperti sono spesso attivamente impegnati in atti reciproci di lettura, scrittura e riflessione: ciò comporta la sintesi delle idee chiave, la messa in connessione delle parti, l’analisi approfondita dei testi e delle informazioni, il porsi delle domande e lo sviluppo delle proprie idee come risposta alle sfide affrontate). In ambito scolastico, il think-aloud è utile a promuovere la lettura e la comprensione di testi online finalizzata alla soluzione di un problema informativo. Questa tecnica si può articolare in tre fasi, partendo da una domanda guida, che definisce la sfida informativa che si intende risolvere: 1. Modellamento: dimostrazione ed esplicitazione dei processi cognitivi sottesi all’attività di ricerca, lettura e comprensione di testi e informazioni online. L’insegnante condivide l’esperienza di lettura attraverso il PC collegato al videoproiettore, percorrendo l’iter cognitivo del lettore esperto. Durante la lezione, parlando ad alta voce, l’insegnante espliciterà i seguenti processi cognitivi: elaborazione delle parole chiave pertinenti da usare per la ricerca; definizione dei criteri di selezione delle informazioni; individuazione dei criteri di valutazione dell’affidabilità di fonti e contenuti; modalità di lettura delle informazioni raccolte e di sintesi in funzione dei propri obiettivi. 2. Pratica guidata: gli alunni applicano quanto appreso dal docente, che continua a guidarli lasciando loro spazio in maniera graduale. L’insegnante intanto pone domande che stimolino gli studenti a descrivere ad alta voce le strategie che stanno utilizzando e validarle rafforzando la loro autonomia. 3. Riflessione: fase finale in cui vengono condivise in gruppo le strategie utilizzate e discusse le possibili soluzioni. Questa tecnica si può utilizzare in una scuola primaria per effettuare interventi finalizzati, ad esempio, al modellamento della lettura efficace: l’obiettivo è quello di leggere in maniera efficace per individuare specifiche informazioni online. Si pone una sfida, ad esempio “Quante persone di origine giapponese sono state portate nei campi di internamento durante la Seconda guerra mondiale?”. L’insegnante rende esplicito il processo che attua per trovare una risposta: legge la domanda e, ad alta voce, riflette su quali siano le parole chiave utili alla ricerca e su che tipo di siti web potrà trovare le risposte più pertinenti. Dunque, effettua la ricerca, sempre esplicitando ogni singolo passaggio (“userò un motore di ricerca e scriverò…”). Fa notare agli alunni che la lista di risultati che troverà sarà molto lunga, e dunque, dopo averla esplorata, sarà necessario visitare diversi siti per poi prendere in considerazione le risposte più affidabili. Di tanto in tanto rilegge la domanda per assicurarsi di non star perdendo di vista l’obiettivo (es. l’insegnante potrebbe essere “catturato” da un sito che presenta il numero dei campi, ma dopo una rilettura della domanda si ricorderà che ciò che sta cercando è in realtà il numero delle persone). Una volta trovata una possibile risposta, l’insegnante esplicita che è importante verificare l’attendibilità della fonte, ad esempio scorrendo in fondo alla pagine del sito, dove solitamente si trovano maggiori informazioni sullo stesso. Effettuata questa verifica, si può riportare la risposta, indicando indirizzo del sito web, nome del sito, numero trovato e fonte. Dopo aver esplicitato ogni singolo passaggio effettuato, l’insegnante esorta gli alunni a effettuare assieme a lei una nuova ricerca (sempre riguardante la stessa domanda) seguendo gli stessi passaggi mostrati poco prima, chiedendo anche a loro di esprimere ad alta voce i passaggi e quanto trovano durante il processo, rendendoli sempre più autonomi nello stesso. Dopo una serie di ricerche, si potrà arrivare a dare una risposta il più precisa possibile. 2) Selezione e valutazione critica delle risorse digitali. Descrivi la tecnica dell’inquiry based learning e prova a fare esempi adatti per la scuola dell’infanzia o la scuola primaria La tecnica dell’Inquiry-Based Learning (IBL), ossia dell'apprendimento per scoperta, tiene insieme sia la dimensione metacognitiva sia quella esplorativa. L'IBL si basa, infatti, sul processo di scoperta della conoscenza mediante la formulazione di ipotesi e la relativa verifica, coinvolgendo gli studenti in processi attivi di costruzione della conoscenza attraverso il cosiddetto inquiry cycle, che prevede: 1. Orientamento: una fase iniziale di introduzione del tema-problema 2. Concettualizzazione: una fase di generazione di domande, seguita dalla ricerca di informazioni sul web e dalla formulazione delle prime ipotesi di soluzione del problema 3. Scoperta: una fase di investigazione caratterizzata dall'esplorazione, la sperimentazione e l'interpretazione dei dati 4. Conclusione: una fase conclusiva in cui si elabora l'ipotesi risolutiva 5. Discussione: una fase di confronto finale in cui vengono comunicate, condivise e valutate le soluzioni individuate Alcuni studiosi suggeriscono di interpretare l'attività di ricerca e uso delle informazioni online nei termini di un processo orientato alla scoperta per interrogazione progressiva e investigazione guidata da domande significative per l'allievo. Tale processo si articola nelle seguenti fasi: 1. Formulazione di domande essenziali → domande che inducono gli studenti a prendere decisioni o a pianificare una strategia. Non si dovrebbe partire da domande generiche ma da quesiti- problema, ossia domande che disegnano una cornice più ampia all'interno della quale articolare 1. Ideazione e creazione della story map: il processo prende l'avvio con una fase ideativa, in cui a partire da uno spunto iniziale viene creata una mappa della storia per descrivere lo story core e i dettagli del racconto. Lo story core è il nucleo narrativo e corrisponde al processo trasformativo determinato dalla dialettica tra problema iniziale (tensione) e soluzione finale. 2. Discussione e confronto tra pari e col docente: una volta realizzata la mappa della storia, essa diventa oggetto di discussione e confronto. Questo confronto consente di ricevere un feedback e di verificare la tenuta narrativa della storia. 3. Scrittura, registrazione e ascolto: quando si racconta una storia, ci si rivolge idealmente a qualcuno con l'obiettivo di coinvolgerlo nell'ascolto della narrazione. Una storia di successo è un racconto che si fa ascoltare dall'inizio alla fine. Scelte linguistiche, ritmo narrativo, elementi di sorpresa, attacco e conclusione sono alcuni degli ingredienti che non vanno assolutamente trascurati. Olher suggerisce di chiedere agli allievi di scrivere la storia, leggerla registrandosi e riascoltare la registrazione: se nell'ascolto la curiosità, l'interesse e l'attenzione rimangono alti dall'inizio alla fine, allora si può procedere alla fase successiva; in caso contrario, occorre rivedere il testo revisionandone gli elementi meno efficaci o anche migliorare la narrazione audio, se la storia digitale prevede una voce narrante basata sul testo scritto. 4. Creazione dello storyboard: pianificazione del processo di implementazione multimediale. A questo proposito, un dispositivo fondamentale costituito dallo storyboard, uno strumento che consente di ancorare in modo analitico scena per scena che cosa accadrà. In alternativa, per storie molto brevi e non molto complesse sul piano mediale, si può creare uno story table, ossia una tabella a due colonne utile per allineare i testi nella prima colonna e i media corrispondenti (audio, immagini statiche, immagini dinamiche, animazioni, disegni ecc.) nella seconda colonna. 5. Implementazione multimediale: pianificato il lavoro di sviluppo digitale, si tratta di raccogliere i contenuti per il successivo assemblaggio. Le singole componenti possono essere completamente autoprodotte (ad es., una fotografia, un'audio-registrazione, un video) oppure basate sulla combinazione di elementi disponibili sul web (ad es., suoni o rumori, grafiche digitali, animazioni). Per l'assemblaggio dei contenuti si può utilizzare un software di presentazione multimediale, oppure uno strumento di video-editing o ancora applicazioni web per la creazione di pagine virtuali. Al termine, il prodotto andrà testato, commentato e, se necessario, revisionato. Ohler sottolinea l’importanza di alcune condizioni abilitanti per un esito positivo del processo di Digital Storytelling tra cui: - disponibilità dell’insegnante (a gestire un processo di produzione multimediale), - supporto tecnico (personale in grado di sostenere l’iniziativa sul piano tecnico), - integrazione con il curriculum (un progetto di digital storytelling dovrebbe essere allineato al curriculum, inserendosi in un determinato percorso didattico; ciò richiede l’individuazione preventiva delle aree di intersezione attraverso una puntuale progettazione), - valutazione (prima di iniziare l’attività, gli insegnanti devono avere chiaro che cosa intendono valutare), - tempo (1 o 2 ore al giorno per una settimana), - permesso dei genitori (per l’utilizzo di immagini che contengono riferimenti a minori serve un permesso scritto), - copyright (spesso ci si avvale di materiale creato da altri facilmente reperibile online; si può usufruire delle licenze Creative Commons, perché non coperte da copyright, oppure ricorrere a citazione, permesso e/o pagamento), - familiarizzazione tecnologica (prima di realizzare il prodotto multimediale, consentire agli studenti di familiarizzare con i software che utilizzeranno, altrimenti c’è il rischio di dover interrompere l’attività per mancanza di abilità tecniche), Un’attività che si può proporre alla scuola primaria può essere rappresentata dalle “fiabe a catena” attraverso l’utilizzo dell’applicazione “Stop Motion Studio”: ciascun alunno potrà partecipare alla creazione collaborativa di un racconto creando una parte di storia. - Per gli alunni più grandi, la consegna sarà un video in stop-motion di circa 1 minuto, in cui la narrazione dovrà collegarsi al punto della storia che ha narrato il compagno precedente. Gli alunni saranno organizzati in gruppi di lavoro, in modo che si possa procedere più speditamente e parallelamente. Questo lavoro presuppone una buona competenza ed autonomia da parte degli alunni, e pertanto è consigliabile proporlo nelle classi quarte e quinte della primaria. - Per i più piccoli, la consegna sarà una narrazione registrata accompagnata da uno o più disegni fotografati (che si colleghino tra loro sempre a catena), oppure con video normali in cui i bambini danno voce ai personaggi direttamente mentre li fanno muovere con le mani. Tutto il materiale prodotto dagli alunni potrà quindi essere raccolto nei vari «Libri delle fiabe di classe», spazi digitali per l’archiviazione che il docente metterà a disposizione di ciascun gruppo. A tale scopo, si potranno usare delle cartelle condivise (ad esempio, Google Drive) oppure dei sistemi di condivisione basati su messaggistica o la posta elettronica. Un’altra attività che si può proporre alla scuola primaria è la presentazione di una storia attraverso l’utilizzo del programma “Scratch Junior”. In questa attività, gli alunni dovranno presentare una fiaba esistente a loro scelta (ad esempio Cappuccetto Rosso, Biancaneve…) modificandone il finale. Questa attività sarà divisa in più fasi, e potrà anche essere realizzata a gruppi: durante la prima fase, gli alunni si confronteranno circa la fiaba da scegliere e quali modifiche apportarvi. Una volta ottenuta un’idea condivisa, gli studenti compileranno lo storyboard. L’idea è che ciascun membro di ogni gruppo realizzi una o due schermate. Sulla base di quanto definito nello storyboard, ora gli alunni lavoreranno per realizzare le schermate e dunque il video finale. 4) Creazione e condivisione di contenuti. Descrivi come usare YouTube a scuola e prova a fare esempi adatti per la scuola dell’infanzia o la scuola primaria Tra gli innumerevoli contenuti digitali utilizzabili come supporto per la didattica rientrano senz’altro le risorse audiovisive, disponibili grazie a piattaforme social come YouTube. In ambito didattico, l’uso dei video consente di introdurre nella lezione contenuti e risorse che sono collocate al di fuori dell’aula scolastica, come ad esempio contributi da parte di esperti di chiara fama, esperienze non direttamente osservabili per distanza temporale (es. eventi storici) oppure per lontananza fisica (es. luoghi difficili da raggiungere) o anche perché pericolosi oppure non visibili ad occhio nudo (es. esperimenti, cellule, atomi). Il contenuto di YouTube può essere utilizzato per promuovere abilità cognitive attraverso l'acquisizione di nuove conoscenze. Da questo punto di vista si evidenziano i seguenti vantaggi: flessibilità, possibilità di fruizione autonoma, maggiore coinvolgimento, aumento della motivazione. La fruizione audiovisiva può essere accompagnata da quesiti volti a favorire forme di apprendimento attivo: gli studenti possono analizzare e valutare il contenuto di un video, interpretarne il significato, rispondere a domande, andando a migliorare le loro capacità metacognitive. La creazione di contenuti video e il successivo caricamento sulla piattaforma social possono condurre lo studente allo sviluppo di competenze cross curriculari e a un miglioramento dei risultati di apprendimento. I commenti postati possono avere una valenza educativa, creando occasioni di discussione associate a un apprendimento profondo: YouTube può diventare uno spazio informale per la co-costruzione di conoscenza dove impegnarsi con argomentazioni e controdeduzioni. L'impiego di questo social media, inoltre, conduce anche allo sviluppo di aspetti psicomotori grazie alle diverse funzionalità che gli utenti devono usare interagendo con la piattaforma, dal download di un video, alla sua condivisione, alla rimozione della pubblicità. Sul piano didattico, le principali funzioni di YouTube sono: - Accesso e integrazione di video preesistenti che possono diventare oggetto di una lezione attraverso il loro inserimento in un percorso didattico progettato ad hoc Il tema dell'accesso alle risorse digitali si lega al problema della loro selezione: su YouTube si contano miliardi di contenuti dalla qualità molto diversificata. YouTube prevede funzionalità che possono aiutare gli utenti a giudicare la qualità dei video: il docente dovrà in ogni caso prestare una grande attenzione alla scelta dei materiali audiovisivi da proporre agli studenti. Una volta effettuata la selezione si tratterà di integrare la videorisorsa nel processo di insegnamento-apprendimento in modo da favorire la partecipazione attiva degli studenti. Strategie di integrazione delle risorse video sulla base di tre momenti didattici: o prima della lezione: flipped classroom (preparare il terreno per attività in classe di discussione, interazione, progettazione, applicazione) o durante la lezione: riproduzione di una procedura (es. videotuorial) o fruizione di contenuti relativi a esperienze inaccessibili (interazione con il contenuto attraverso video interattivi o discussione e analisi) o dopo la lezione: visualizzazione di un video ex post (facilita il processo di appropriazione della conoscenza se accompagnata da stimoli mirati) → confronto tra il proprio elaborato e quello esemplare nel video, creare e caricare un breve video per fornire un feedback al docente su quanto appreso (es. Flipgrid), cercare video risorse pertinenti al tema trattato per approfondimenti. - Archiviazione di video realizzati dal docente e/o dagli studenti nell'ambito di specifiche attività didattiche YouTube offre la possibilità di creare playlist di risorse e di descriverle attraverso dei Tags che possano facilitare l'identificazione del prodotto. L'archiviazione delle video risorse comporta la loro organizzazione in modo funzionale alla propria didattica. 5) Progettazione didattica tra presenza e distanza. Descrivi la tecnica del blended learning attivo e collaborativo e prova a fare esempi adatti per la scuola dell’infanzia o la scuola primaria Apprendimento misto, apprendimento ibrido o blended learning in inglese, nella ricerca educativa si riferisce ad un mix di ambienti d'apprendimento diversi. Esso combina il metodo in aula con attività mediata dal computer (ad esempio apprendimento online, uso di DVD, ecc.) e/o da sistemi mobili (come smartphone e tablet). Secondo i suoi fautori, la strategia crea un approccio più integrato tra docenti e discenti. Nella versione blended di una lezione basata su metodiche attive, il docente può proporre dei materiali di studio in un ambiente online, dando indicazioni su come analizzare i contenuti. Può inoltre chiedere di individuare o approfondire metodologie e strumenti da utilizzare poi in aula. In presenza, oltre a fare domande sul materiale consultato per mettere meglio a fuoco i nodi concettuali, le criticità tematiche e gli spunti di riflessione, gli studenti verranno coinvolti in attività collettive di debriefing ed eventuali esercitazioni di gruppo predefinite. Questa soluzione didattica è riconducibile al formato flipped classroom: in tale modalità, il docente offre soprattutto video e documenti, da visionare come materiale teorico a supporto dell'attività esercitata in aula, rovesciando il paradigma tradizionale di lezione teorica che orienta il compito proseguire online: nella classe virtuale gli studenti possono trovare le informazioni complete relative al caso problema considerato e spazi adeguati alla discussione. Ad esempio, l’insegnante potrebbe presentare la seguente situazione critica: “nella tua regione alcune piante sono a rischio estinzione. Cerca di capire: quali sono, perché sono a rischio e cosa fare per salvarle”. 2. Elaborazione delle ipotesi: una volta definito il problema, gli studenti sono sollecitati a formulare delle ipotesi di soluzione. Questa fase si presta per l'elaborazione online, specie con studenti più grandi, in quanto l'indipendenza dai vincoli spaziotemporali permette di diversificare i tempi di elaborazione, consentendo a tutti di esprimersi. Essa può essere supportata da strumenti come le bacheche virtuali che permettono di raccogliere e rappresentare, anche visivamente, le idee emergenti (ad esempio Jamboard). La discussione può avvenire attraverso un web forum (comunicazione asincrona) o una videoconferenza (comunicazione sincrona). 3. Studio individuale: ogni studente si documenta approfondendo l'argomento attraverso risorse informative selezionate, possibilmente confrontandosi con casi autentici analoghi e, all'occorrenza, chiedendo supporto all'insegnante. Questa fase può svolgersi a distanza, avvalendosi di risorse online o anche supporti più tradizionali. 4. Riesame del problema: le informazioni raccolte consentono agli studenti di operare una selezione tra le ipotesi formulate in precedenza e di avanzare una possibile soluzione. Questa fase si svolge in gruppo e il confronto diretto può renderla più efficace, in quanto comporta processi decisionali in cui la comunicazione non verbale assume una certa rilevanza per l'immediatezza dei suoi effetti. 5. Astrazione: selezionate le ipotesi, gli studenti si confrontano mettendo in contrasto i casi, formulando collegamenti che permettano di accrescere l'utilità delle conoscenze ottenute negli specifici contesti considerati. Anche in questo caso, il confronto diretto può facilitare il processo. 6. Riflessione: al termine dell'attività, il gruppo rianalizza l'esperienza e individua le aree di miglioramento. Dato che i processi riflessivi possono richiedere tempi lunghi e/o diversificati, la riflessione può anche essere condivisa online attraverso la produzione di testi o la compilazione di griglie 7) Progettazione didattica tra presenza e distanza. Descrivi la tecnica del project based learning collaborativo e prova a fare esempi adatti per la scuola dell’infanzia o la scuola primaria: Un’altra tecnica che accompagna la didattica digitale è il Project Based Learning (PJBL), un approccio didattico basato sull’elaborazione progettuale, il cui obiettivo consiste nella costruzione di un prodotto in grado di esemplificare quanto appreso dallo studente. Le origini del metodo per progetti risalgono a esponenti dell’attivismo come Dewey e Kilpatrick, che ritengono maggiormente efficace un apprendimento basato su situazioni reali piuttosto che su percorsi costruiti in modo artificiale. Inoltre, il PJBL presenta anche degli elementi riconducibili al costruttivismo, che come noto fa leva sul lavoro di gruppo. Il PJBL può essere riassunto nelle seguenti caratteristiche: 1. Prevede la realizzazione di un prodotto, di cui siano stati definiti in precedenza gli usi e i limiti di accettabilità (La produzione dell'artefatto si configura come un processo continuo di problem solving durante il quale chi apprende formula e riformula domande, discute idee, fa previsioni, progetta o sperimenta, raccoglie e analizza dati, trae conclusioni, comunica le proprie idee agli altri, formula nuove domande e crea artefatti) 2. Comporta il coinvolgimento degli studenti in attività non meramente legate all’applicazione di procedure; 3. Implica che il tema e la metodologia di lavoro vengano definiti insieme agli studenti; 4. Vede l’insegnante partecipare con ruoli di facilitazione più che direttivi. Un'attività ispirata a questa strategia didattica presuppone quattro elementi essenziali: 1. disponibilità di tempo; 2. collaborazione (fondamentale per la realizzazione di un prodotto poiché la creazione di artefatti richiede la combinazione di abilità diverse; gli studenti sono quindi chiamati a cooperare sulla base di specifici ruoli definiti a priori); 3. investigazione; 4. ricerca e costruzione di un artefatto. È giusto ricordare che la didattica per progetti presenta potenziali criticità riguardanti le difficoltà di autoregolazione dei gruppi, di gestione di possibili conflitti interni e fattori di dispersione che si possono generare. Trasferendo il PJBL in un contesto online/ibrido, occorre considerare alcune condizioni di efficacia: 1. docente facilitatore in grado di fornire supporto agli studenti sia da un punto di vista intellettuale che tecnico-organizzativo 2. assegnazioni di ruoli ben definiti e stabiliti in precedenza, assecondando se possibile le inclinazioni dei partecipanti - coordinatore (supervisionare e gestire l'intero processo) - cacciatore di informazioni - amico critico (far emergere gli aspetti incoerenti e contraddittori stimolando la discussione) - controllore/monitor (monitorare il processo sollecitando la partecipazione e la riflessività) 3. il progetto-prodotto dovrebbe riguardare argomenti legati agli interessi e ai contesti di vita dei partecipanti e in formazioni online potrebbe tradursi nella creazione di un artefatto digitale Un processo didattico basato sulla costruzione collaborativa di artefatti o prodotti può essere articolato in 5 fasi: 1. Ideazione del prodotto da realizzare → brainstorming di gruppo moderato dal docente per valutare proposte e ipotesi di possibili oggetti da produrre. L'insegnante media per far convergere il gruppo verso la scelta comune del prodotto da realizzare (importante la fattibilità del prodotto stesso per la scelta). • A distanza (online): facilita la possibilità di diversificare i tempi di ideazione condividendo le idee in un web forum/bacheche elettroniche. • In presenza: facilita i processi decisionali. 2. Analisi e studio preliminare → individuato l'oggetto gli studente effettua ricerche in rete per documentarsi sulle caratteristiche di oggetti analoghi già esistenti valutandone punti di forza e criticità. • A distanza (online): può essere supportata da mappe concettuali o griglie di valutazioni disponibili nella classe virtuale come strumenti di supporto allo studio individuale. 3. Prima definizione della bozza del prodotto → il coordinatore del gruppo presenta un'ipotesi di design e invita i singoli partecipanti a condividere osservazioni, commenti e critiche per definire una prima bozza progettuale che raccolga i suggerimenti di tutto il gruppo. • A distanza (online): può trovare nella classe virtuale un ambiente idoneo per la raccolta degli input dei partecipanti, attraverso un documento digitale sul quale i membri del gruppo possono apporre le proprie osservazioni (in asincrono) seguito da una videoconferenza (momento sincrono) per risolvere i commenti e negoziare il processo. • In presenza: in alternativa alla videoconferenza come momento sincrono. 4. Revisione della bozza → a ogni studente viene assegnato dal coordinatore il compito di valutare un particolare aspetto del prodotto che si intende realizzare (funzionalità, reale possibilità di utilizzo, rispondenza al target…). Il coordinatore apporta in seguito le modifiche. • A distanza (online): supportata da rubrica introdotte in presenza e condivise digitalmente nello spazio di lavoro in ambiente virtuale 5. Implementazione del prodotto e test di verifica → la realizzazione vera e propria dell'oggetto viene effettuato dividendosi i compiti: ogni studente darà un contributo a personale in base alle proprie competenze e avvalendosi dei molteplici strumenti digitali per la produzione multimediale (se l'esito del processo sarà una creazione multimediale, come una storia digitale o un archivio di risorse condivise…) 8) Valutazione e ruolo delle tecnologie. Descrivi la tecnica del student response system e prova a fare esempi adatti per la scuola dell’infanzia o la scuola primaria I sistemi di raccolta di feedback in classe (Student Responde System – SRS) garantiscono l’immediatezza dell’interazione docente-classe e la facile raccolta e visualizzazione delle risposte degli studenti. Un SRS è la combinazione di un software di gestione delle domande e delle risposte e di strumentazioni hardware come remote controls o clickers, funzionali alla trasmissione delle risposte che vengono ricevute dal computer in aula. Oltre ai tradizionali SRS basati sui clickers, si sono sviluppati i sistemi di raccolta di feedback basati sul web che non richiedono specifiche attrezzature ma semplicemente un programma di navigazione in Internet, la possibilità di condividere lo schermo con la classe e l'uso dei dispositivi personali degli studenti (al posto dei telecomandi) per interagire col sistema. Un sottoinsieme di applicativi online SRS è costituito dai Game- Based Student Response System (GSRS), nei quali sono stati introdotti elementi di gamification sia rispetto al design che alle modalità d'uso. Sono particolarmente efficaci perché generano elevati livelli di coinvolgimento e motivazione nei partecipanti: la dinamica di gioco può migliorare il processo di apprendimento, rendendolo appunto più coinvolgente. Un esempio di sito web grazie al quale si può realizzare un’attività di GSRS è “Kahoot!”. L’applicazione di un GSRS funziona nel modo seguente: 1. Il docente lancia una sessione di gioco 2. gli studenti possono accedervi attraverso il proprio dispositivo personale inserendo il codice di accesso associato e scegliendo un nickname 3. gli studenti cliccano sull'icona associata all'opzione desiderata per dare una risposta Si possono impostare diverse tipologie di gioco (definendo anche il tempo per la risposta) tra cui: • Quiz (batteria di domande a risposta multipla con una sola alternativa corretta) • Survey (batteria di domande a risposta multipla per raccogliere opinioni senza assegnazione di punteggio) • Discussion (domanda singola della tipologia sondaggio) Il GSRS ha tre principali benefici sul piano degli apprendimenti: 1. Aumento della frequenza, dei livelli di attenzione e della partecipazione 2. Maggiore interazione in classe con implicazioni positive sui risultati di apprendimento 3. Ricadute sulla valutazione con particolare riferimento ai processi autoregolativi e riflessivi nell'ottica della valutazione formativa Queste pratiche possono essere supportate e facilitate dagli strumenti tecnologici, come il Workshop di Moodle: consente la raccolta, la revisione, la valutazione tra pari del lavoro degli studenti, che possono caricare qualsiasi tipo di file digitale (documenti di testo, fogli elettronici…) e scrivere testi direttamente online. Il Wrokshop è un’importante attività di valutazione tra pari: gli studenti consegnano il loro lavoro, quindi, ricevono i lavori di altri studenti che devono valutare in base alle istruzioni del docente, che possono essere anche esemplificati attraverso dei worked examples. Il testo può essere scritto direttamente nell’editor di Moodle oppure è possibile caricare file di ogni tipo, purché gli altri abbiano il software per visualizzarlo. Il docente può decidere se mostrare o nascondere le identità degli studenti durante la valutazione. Vengono assegnati due voti, che compariranno nel registro del valutatore: un voto per la consegna dello studente e uno per la qualità delle capacità di valutazione tra pari. 11) Accessibilità e personalizzazione. Descrivi la tecnica dell’universal design for learning e prova a fare esempi adatti per la scuola dell’infanzia o la scuola primaria Un metodo di grande rilevanza è l'Universal Design for Learning (UDI), che fornisce indicazioni per una progettazione didattica personalizzata e inclusiva. Gli ideatori dell'UDI si sono dapprima focalizzati sull'allievo disabile, assumendo una visione deficitaria della disabilità. In seguito, l'enfasi si è spostata dall'allievo con disabilità all'ambiente di apprendimento disabilitante: il problema non è dato da mancanze intrinseche riconducibili all'allievo quanto dalla standardizzazione dei curricula che, trascurando le differenze individuali, favoriscono l'insorgere di barriere e ostacoli alla partecipazione alla vita scolastica. Un approccio educativo inclusivo dovrebbe individuare e rimuovere queste barriere che l'ambiente di apprendimento determina tenendo conto del fatto che nei processi di apprendimento la differenza non è l'eccezione ma la regola, e che il contesto di apprendimento è fondamentale in quanto influisce sul modo in cui le competenze si manifestano oppure no. Oltre a questi assunti, vanno considerate tre macrocategorie di fattori che spiegano la variabilità individuale nei processi di apprendimento: 1. differenze nella rappresentazione, ovvero nel modo di ricevere le informazioni durante il processo di apprendimento; 2. differenze nelle azioni e nell'espressione, ossia nel modo in cui si interagisce con l'ambiente di apprendimento; 3. differenze nel coinvolgimento in riferimento ai diversi livelli motivazionali e di capacità di autoregolazione dello sforzo necessario per il raggiungimento dell'obiettivo. Dalla combinazione degli assunti e dei fattori di variabilità, i ricercatori del CAST hanno sviluppato delle linee guida per la progettazione e realizzazione di ambienti di apprendimento inclusivi, cioè capaci di tenere conto delle differenze individuali nei processi di apprendimento per una de-standardizzazione del curriculum tradizionale. Le linee guida si incardinano su tre principi fondamentali: 1. Fornire molteplici mezzi di rappresentazione: dal momento che gli studenti percepiscono e decodificano le informazioni in modo diverso, i contenuti di apprendimento devono essere presentati secondo differenti modalità comunicative, privilegiando ad esempio l'audio o il video piuttosto che il testo, e viceversa. 2. Fornire molteplici mezzi di azione e di espressione: considerata la varierà di approcci, è opportuno prevedere l’adozione di diverse strategie didattiche e valutative così da permettere a tutti di apprendere nelle migliori condizioni e di mostrare ciò che hanno appreso. 3. Fornire molteplici mezzi di coinvolgimento: poiché i fattori che possono influenzare la sfera emotiva e affettiva sono molteplici, si raccomanda di predisporre una varietà di opportunità per motivare gli studenti a partecipare. È bene dunque che gli insegnanti permettano agli studenti di poter scegliere in che modo esprimersi: possono chiedere loro come preferiscono comunicare le proprie conoscenze quali competenze possono mettere in gioco; gli allievi possono lavorare singolarmente o in gruppo: l'importante è avere un'idea e saperla veicolare condividendola con i compagni e gli insegnanti in modo da poterla sviluppare. Per gli alunni che preferiscono esprimersi in forma scritta, si potrà ad esempio chiedere creare, scrivere e illustrare libri per bambini spiegando loro concetti complessi: ciò richiede da parte dello studente una buona comprensione e padronanza dell'argomento. Agli alunni che preferiscono esprimersi oralmente, invece, si potranno proporre giochi di ruolo: uno studente interpreta un personaggio, entra in classe con il suo costume e ne assume l'accento, i compagni gli pongono delle domande; ciò richiede una grande preparazione ma gli studenti la ricorderanno a lungo. 12) Accessibilità e personalizzazione. Descrivi la tecnica della gamification e prova a fare esempi adatti per la scuola dell’infanzia o la scuola primaria Se la motivazione, il coinvolgimento, la chiarezza degli obiettivi e il feedback immediato sono fattori determinanti per l'efficacia del processo di apprendimento, allora i videogame si profilano come validi ambienti di insegnamento/apprendimento in cui gli studenti possono sviluppare le loro capacità di problem solving, maturare le proprie competenze sociali ed emotive e mettere alla prova quanto appreso. Insieme all'uso educativo dei videogame si sono gradualmente diffuse pratiche di gamification nel campo della formazione, cioè l'uso di elementi di game design in contesti non ludici, incluso quello educativo. Si parla di Gamified Learning (apprendimento gamificato), un approccio che solo in parte può essere assimilato al Game-Based Learning: quest’ultimo, infatti, riguarda l'uso di prodotti videoludici per scopi educativi e presuppone la progettazione e produzione del videogioco, mentre le applicazioni educative della gamification si focalizzano sul miglioramento del processo di apprendimento in corso determinandone una nuova versione in cui gli utenti fanno esperienza come in un videogioco. A differenza di un serious game o un educational game, la gamification non è un prodotto ma un processo che comporta il design di un'esperienza che si caratterizza per l'introduzione di elementi di gaming, modificando il senso stesso dell'esperienza in corso. Gli elementi ludici che vengono integrati nel contesto non ludico sono tre: 1. Meccaniche → le regole e i concetti che formalmente identificano il gioco come sistema (punti, livelli, sfide, beni virtuali, classifiche) 2. Dinamiche → il comportamento in fase di esecuzione del gioco come sistema (ricompensa, stato, conquista di un risultato, espressione di sé e competenze) 3. Estetiche → risposte emotive desiderabili evocate dalle dinamiche di gioco (divertimento, passatempo, scoperta) Un esempio dei progetti più significativi è rappresentato dall'uso di Galactic Mappers, un classroom game in cui i giocatori divisi in squadre competono tra loro per mappare e creare un continente dal mondo alieno di Ozos. Per implementare con successo il gioco è importante preparare il terreno nei giorni che precedono l'attività ludica tenendo conto di alcuni suggerimenti: • Preparazione del contenuto → gli studenti devono presentarsi in classe con una conoscenza di base delle mappe dei termini di geografia fisica (contenuti trattati nelle settimane che precedono il gioco) • Raggruppamento strategico → creare gruppi di studenti equilibrati; possono essere assegnati ruoli specifici ai singoli studenti - Manager on-task: gestisce i materiali, il tempo, fa tacere il gruppo quando l’insegnante parla… - Scriba: taglio dei materiali, scrittura delle etichetto e del disegno della morfologia… - Ricercatore: cerca le informazioni nel testo o nelle note dello studente, esamina le mappe della classe per trarre ispirazioni… - Presentatore: illustra il progetto definitivo del gruppo alla fine di ogni round • Trasparenza → gli studenti non dovrebbero essere colti di sorpresa il giorno del gioco così, come quando si preparano per un test, ma devono sapere su cosa vengono valutati, come l'insegnante li valuterà e il formato del test stesso: il giorno prima si mostrano agli studenti le carte del gioco si descrivono i diversi round di gioco e si guarda insieme al lavoro degli studenti degli anni precedenti. Agli allievi viene chiarito che è prevista una valutazione delle abilità di mappare, collaborare e gestire il tempo. Galactic Mapper dura un’ora e mezza circa ed è articolato in vari round, che implicano sia il lavoro di gruppo sia la discussione con tutta la classe. • Round 1 (15 min) → agli studenti vengono fornite le scorte, il continente iniziale e un primo set di carte geografiche; l'insegnante individua eventuali problemi iniziali legati alle dinamiche di gruppo e verifica la comprensione di base del gioco premia alcuni gruppi con cartine extra per avere mostrato migliori conoscenze o un'ottima gestione del tempo. • Presentazione 1 (10 min) → la classe gira intorno all'oceano (centro classe) mentre ogni relatore condivide le carte del continente della terra del proprio gruppo; l'insegnante premia ogni buona spiegazione con una carta • Round 2 (20 min) → gli studenti posizionano le forme del terreno e i corpi idrici sulle loro mappe, ombreggiando ed etichettandoli in modo corretto; l'insegnante avvia discussioni con gli studenti circa dove e perché la vegetazione potrebbe crescere in certe aree e in altre no, dove i primi umani potrebbero stabilirsi nel loro continente, e si potrebbe parlare anche delle basi della geografia fisica (differenza tra fiume e lago, collina e montagna…) • Presentazione 2 (10-15 min) → gli studenti tornano all'oceano e posizionano i loro continenti finiti sulla mappa della classe; i presentatori si dividono i continenti con il compito di illustrare correttamente le cartine per guadagnare i punti, che vengono contati viene proclamato un gruppo vincitore • Riflessione in classe (10 min) → discussione per riflettere sull’esperienza: l'insegnante parla del gioco e di ciò che gli studenti potrebbero avere imparato dall'attività e inizia a fare collegamenti con le unità didattiche successive (es: dove vorrebbero vivere le persone sulla mappa che abbiamo creato?) L'attività didattica proposta può essere digitalizzata usando come spazio oceano una lavagna digitale (LIM in classe o lavagna condivisa online) dove ogni gruppo può inserire il continente che ha creato con lo strumento disponibile. 13) Che cos'è il PNSD? Di cosa tratta? Come è organizzato? Il Piano nazionale per la scuola digitale (PNSD), uno dei pilastri fondamentali della Buona scuola (legge 107/2015) è il principale strumento di programmazione del processo di trasformazione digitale della scuola italiana. Esso si compone complessivamente di 35 azioni, suddivise in quattro ambiti di intervento: - Connettività: azioni per garantire l’accesso alla rete Internet da parte di tutte le istituzioni scolastiche, degli studenti e del personale scolastico; - Ambienti e Strumenti: azioni finalizzate a dotare le istituzioni scolastiche di ambienti di apprendimento innovativi, basati sull’utilizzo delle tecnologie digitali; anche gli spazi, dunque, devono cambiare e diventare fruibili a tutti: il laboratorio non deve essere uno spazio fisso e chiuso ma deve diventare mobile, un’aula tradizionale diventerà multimediale, con dispositivi mobili in tutta 16) Quali sono le principali distopie della rete? Quali attività potrai organizzare per educare alunni e famiglie alla media education? Negli ultimi decenni, Internet è diventato un fenomeno sempre più pervasivo, ricco di opportunità ma anche di rischi che si possono correre quotidianamente. - Cyberbullismo: è una delle forme che può assumere il bullismo, e la sua evoluzione è legata all’avanzamento delle nuove tecnologie, viene cioè perpetrato attraverso i moderni mezzi di comunicazione. Il bullismo viene definito come il reiterarsi di comportamenti e atteggiamenti diretti o indiretti volti a prevaricare un altro con l’intenzione di nuocere, con l’uso della forza fisica o della prevaricazione psicologica. Il bullismo elettronico è “l’uso di internet o altre tecnologie digitali finalizzato a insultare o minacciare qualcuno, una modalità di intimidazione pervasiva che può sperimentare qualsiasi adolescente che usa i mezzi di comunicazione elettronici, volontari e ripetuti danni inflitti attraverso l’uso del computer e di altri dispositivi elettronici. - Hating: l’istigazione all’odio o alla diffamazione (insulti, stereotipi negativi, stigmatizzazione o minacce) nei confronti di una persona o di un gruppo di persone, e comprende la giustificazione di queste varie forme di espressione, fondata su una serie di motivi (il colore della pelle, la lingua, la religione o le convinzioni, la nazionalità, l’età, la disabilità, il sesso, l’identità di genere, l’orientamento sessuale e ogni altra caratteristica o situazione personale: i meccanismi dell’odio e dell’elezione a bersaglio sono spesso quelli classici). Il digitale presenta delle caratteristiche che facilitano la propagazione dell’odio, come i meme (vignette o immagini stereotipate che vengono riprodotte con leggere variazioni e divengono facilmente virali), la velocità 2.0 (specialmente nei social network), la banalizzazione (talvolta con l’ironia) di ideologie e fatti storici, l’emergere di nuovi canoni di autorità culturali (la visibilità in rete e le condivisioni sui social, e non più una casa editrice o una rete televisiva) che chiamano in causa la necessità di educare all’informazione di fronte alle fake-news, l’anonimato (che serve a giustificare un atteggiamento disimpegnato, seppur sia in realtà difficilissimo agire veramente da anonimi nel Web e soprattutto sia l’idea opposta al “tracciare ed essere tracciati” su cui si basano i social network). - Body shaming: è una forma di bullismo verbale che colpisce l'aspetto fisico delle persone, consiste nel fare commenti ed esprimere giudizi negativi sulle persone, soprattutto attraverso il web ed i social network. Esistono molti tipi di "body shaming", tra cui il "fat shaming", che prende in giudizio le persone con qualche chilo di troppo o che hanno malattie come l’obesità, e il "thin shaming", che riguarda le persone considerate troppo magre o con veri e propri disturbi alimentari. È comunque considerato body shaming, qualsiasi tipo di commento, o insulto proferito con lo scopo di fare provare vergogna per il proprio corpo a qualcuno e che ha delle conseguenze negative su di esso. - Pro-ana: per Pro ANA e Pro Mia si intendono promozione, diffusione, empowerment ed autoaiuto inerenti comportamenti legati a disturbi del comportamento alimentare pro Anoressia e Pro Bulimia. Messaggi ed informazioni sono lanciati attraverso piattaforme social come Facebook con pagine aperte ed a numero chiuso, Twitter su specifiche keywords e via web sotto forma di chat, blog, ecc. Nella maggior parte dei casi, sono veri e propri manifesti ideologici che promuovono idee e comportamenti distorti ed istigano a disturbi alimentari. All’ interno di questi ambienti virtuali, giovani donne con età che parte dai 13 anni si scambiano consigli e diete, si accolgono tra loro non per guarire ma per condividere e rinforzare il delirio. - Sexting e revenge porn: con il termine “sexting” si intende generalmente lo scambio di messaggi, audio, immagini o video - specialmente attraverso smartphone o chat di social network - a sfondo sessuale. Questo fenomeno si è molto diffuso negli ultimi anni, anche tra i minori: è un fenomeno comune anche tra gli adolescenti e rientra pienamente nel processo di costruzione e scoperta della propria identità. Proprio per questo, è importante essere consapevoli delle conseguenze che il sexting può avere: le immagini di nudo o sessualizzate non sono contenuti neutri, e quando si perde il controllo delle immagini prodotte, la loro diffusione su web e social network è difficilmente gestibile. In questo caso non si parla più di sexting ma di “revenge porn” (quando le immagini vengono ad esempio utilizzate da un/a ex partner a scopi vendicativi e con l’obiettivo di ledere la reputazione della persona ritratta). Anche quando non c’è intenzione di danneggiare l’altra persona né di commettere un abuso online, non è escluso che i comportamenti tipici del sexting possano configurare reati connessi con la pedopornografia. Secondo il nostro ordinamento, il materiale scambiato in forma di sexting si declina come pedopornografico, quando se ne perde il controllo, anche ingenuamente. Questi fenomeni possono avere delle serie conseguenze emotive, che riguardano l’affettività e in particolare il tema del consenso: la pressione dei pari, ricatti o minacce, problemi di autostima o il sentirsi in dovere nei confronti del proprio partner al fine di evitare il senso di colpa, possono essere tutti elementi che portano un ragazzo o una ragazza a cedere a comportamenti che non rispettano i suoi tempi o desideri. Per questo motivo, è importante che i ragazzi siano equipaggiati con strumenti che consentano loro di leggere criticamente quello che vedono o sperimentano, anche quando si tratta della loro sessualità, per poter, ad esempio, definire i propri confini e riconoscere quando una richiesta esterna li supera. La soluzione per contrastare questi fenomeni non è vietare l’uso di Internet o delle tecnologie in generale, ma al contrario affrontarle e sviluppare consapevolezza, sia negli alunni che nelle loro famiglie. Un’attività di media education rivolta a famiglie ed alunni di III/IV primaria può essere un percorso sul contrasto e la prevenzione del cyberbullismo, che prevede alcuni incontri che coinvolgano sia i bambini che le loro famiglie. 1. Durante il primo incontro, le insegnanti chiameranno un esperto di bullismo e cyberbullismo che introdurrà l'argomento ai genitori dei bambini e le possibili strategie di prevenzione e contenimento. 2. Durante il secondo incontro le insegnanti proporranno ai bambini la visione di alcuni cortometraggi inerenti al bullismo e al cyberbullismo, al termine dei quali verrà chiesto ai bambini un feedback mettendosi seduti sulla “sedia delle emozioni” riguardo alle emozioni che hanno provato (cortometraggi: “Gaetano: storie di ordinario cyberbullismo” e “Sasso, carta, forbici”). 3. Durante il terzo incontro le insegnanti porteranno i bambini e i loro genitori in palestra suddividendoli in tre gruppi (non per forza i figli vanno con i rispettivi genitori) e si chiederà la realizzazione di tre cartelloni (cyberbullo - vittima - testimoni) dove i bambini potranno fare disegni o scrivere parole inerenti alle emozioni che hanno provato e i genitori potranno scrivere pensieri o domande sul cartellone. Al termine della realizzazione, in cerchio, si restituirà la produzione dei cartelloni e ciò che avrà scaturito questo percorso sia nei bambini che nei genitori. In questo momento, gli insegnanti hanno il compito di fare da mediatori e ascoltatori. 17) Cosa sono il pensiero computazionale e il coding? Come si organizzano le attività educativo-didattiche legate a questi concetti? Il pensiero computazionale è un processo mentale che consente di risolvere problemi di varia natura seguendo metodi e strumenti specifici e pianificando una strategia, e descrive le attività coinvolte nel formulare un problema che ammetta una soluzione computabile: questa soluzione può essere eseguita da una persona o una macchina. Il pensiero computazionale si può apprendere anche senza un computer e non è limitato alla risoluzione di problemi, ma anche alla loro formulazione. L’educazione al pensiero computazionale consente di apprendere come affrontare le situazioni in modo analitico, scomponendole nei vari aspetti che le caratterizzano e pianificando per ognuno le soluzioni più idonee. Tali strategie sono indispensabili nella programmazione dei computer, dei robot, ecc. che hanno bisogno di istruzioni precise e strutturate per svolgere i compiti richiesti. Nel corso degli ultimi 10 anni il pensiero computazionale è diventato parola chiave nella riforma dei curricula di molti paesi in Europa, America e Asia, secondo i quali anche i bambini della primaria dovrebbero essere in grado di "utilizzare il ragionamento logico per prevedere il comportamento di semplici programmi" (computing curriculum), cioè essere in grado di: spiegare a qualcun altro che cosa un programma dovrebbe fare e capire perché un programma non si comporta come previsto. Prevedere è importante: programmare, infatti, non è solo scrivere, ma anche essere in grado di eseguire mentalmente ciò che si è scritto. Questo è pensiero computazionale. In Italia, con la riforma del 2015 conosciuta come la «Buona Scuola», il pensiero computazionale è stato introdotto tra gli obiettivi educativi della scuola. In uno dei punti del Piano Nazionale Scuola Digitale si predispone la diffusione del pensiero computazionale in tutta la scuola primaria. Per fare ciò, ci si serve del “coding”. Coding indica l’uso di strumenti e metodi di programmazione per favorire il pensiero computazionale: programmare, infatti, rende concreti i concetti del pensiero computazionale e diventa uno strumento di apprendimento. In ambito didattico il Coding, tramite specifici programmi o attività, permette di creare situazioni adatte per l’apprendimento del pensiero computazionale. Quando gli studenti imparano a programmare, acquisiscono capacità creative, sperimentano nuove idee, si confrontano tra pari e ampliano le loro capacità logiche e di problem solving. Uno strumento molto utile per lo sviluppo del pensiero computazionale e dell’abilità di coding è Scratch (e Scratch Junior, una versione “base” più semplice e intuitiva), un linguaggio di programmazione visuale con il quale è possibile creare storie interattive, animazioni, giochi e tanto altro, che permette di imparare le basi della programmazione in maniera facile e divertente. Invece di digitare i comandi, la programmazione in Scratch si esegue trascinando e unendo dei blocchi. Questa interfaccia grafica consente agli utenti di controllare facilmente il modo in cui diversi tipi di comandi reagiscono l’uno con l’altro. Inoltre, ogni blocco può adattarsi a un altro solo se ha senso da un punto di vista computazionale. Le categorie colorate aiutano a organizzare e raggruppa diversi insiemi di comandi correlati in base alla loro funzione. È progettato per l’esplorazione e la sperimentazione, quindi supporta molti stili di apprendimento diversi: tramite la narrazione creativa, la creazione di semplici videogame, l’applicazione dei concetti di programmazione, Scratch fornisce agli studenti uno spazio per esplorare e immaginare. Impegnandosi individualmente o in gruppo nell’attività di progettazione, gli studenti saranno motivati ad imparare.
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