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Separazione Coniugale e Errori Contrattuali: Lezioni di Diritto Civile, Esercizi di Diritto Privato

La separazione di fatto, della crisi del rapporto coniugale e dei contratti simulati, con particolare riferimento ai loro errori di fatto e di diritto. Vengono inoltre esaminate le ipotesi di rescissione e la necessità di autorizzazione giudiziale per alcuni atti contrattuali. Inoltre, vengono presentate le caratteristiche dell'appello e delle sentenze, incluse le loro correzioni e le possibili opposizioni all'esecuzione.

Tipologia: Esercizi

2019/2020

In vendita dal 03/05/2020

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Scarica Separazione Coniugale e Errori Contrattuali: Lezioni di Diritto Civile e più Esercizi in PDF di Diritto Privato solo su Docsity! DOMANDE FREQUENTI (+ RISPOSTE) CHIESTE ALL’ESAME DI DIRITTO PRIVATO, DIRITTO COSTITUZIONALE, PROCEDURA CIVILE 1 E PROCEDURA PENALE 1 (ripasso per esame) PREPARAZIONE ESAME DI DIRITTO PRIVATO  Qual’è il contenuto del diritto di proprietà? Per contenuto del diritto di proprietà si intende l’insieme delle facoltà che spettano al proprietario per per l’utilizzazione del bene; più precisamente l’art. 832 c.c. afferma che “il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico”. Le facoltà spettanti al proprietario sono quindi 2: ● facoltà di godimento:qualsiasi modi di impiegare la cosa e ricavarne utilità senza rinunciare alla piena proprietà della cosa stessa (es: il proprietario di un appartamento può abitarlo, può darlo in locazione, può lasciarlo vuoto ecc..); ● facoltà di disposizione: è quella con cui il proprietario realizza il valore di scambio della cosa, ovvero ne ricava utilità rinunciando però alla piena proprietà della cosa stessa (es: il proprietario dispone della cosa se la vende, la regala o là dà in usufrutto).  Quali sono i requisiti della prestazione? Oltre al requisito generale di corrispondere ad un interesse del creditore, la prestazione deve possedere anche altri requisiti, senza i quali non può esistere alcuna obbligazione. La prestazione deve essere:  possibile: non avrebbe senso un’obbligazione che imponga al debitore di compiere un’azione o ottenere un risultato obiettivamente non realizzabile (es: A si obbliga a nominare B Presidente della Repubblica);  lecita: non è ammissibile un’obbligazione che imponga al debitore un comportamento o un risultato vietato dalla legge (es: A si impegna con B ad uccidere C);  determinata o almeno determinabile: sarebbe assurda un’obbligazione in cui non si capisce qual’è il comportamento che deve essere tenuto dal debitore e qual’è il risultato atteso dal creditore (es: A si impegna a fare tutto il possibile per rendere ricco e felice B);  patrimoniale: la prestazione deve essere suscettibile di valutazione economica. Ai sensi dell’art. 1174 c.c. la prestazione ha carattere patrimoniale quando è “suscettibile di valutazione economica” ovvero è traducibile in un valore economico. Il requisito della patrimonialità non è in contrasto con la possibilità, prevista dal medesimo articolo, che la prestazione corrisponda ad un interesse non patrimoniale del creditore. Bisogna infatti distinguere tra interesse che nuove il creditore a procurarsi la prestazione e il mezzo di cui il creditore si avvale per realizzarla.  Sulla base di quali criteri avviene la determinazione del risarcimento.? Il risarcimento è una forma di riparazione per equivalente, nel senso che dà al danneggiato qualcosa che non si identifica con il valore distrutto o l’interesse leso, bensì qualcosa che semplicemente equivale ad essi: una somma di denaro che rappresenta il valore o l’interesse violati. Per quanto concerne il calcolo della somma dovuta, è necessario risolvere preliminarmente la questione dell’an (x deve risarcire o no Y?) e successivamente quella questione del quantum (con quanti soldi X deve risarcire Y?). La determinazione del risarcimento del danno extracontrattuale obbedisce agli stessi criteri della responsabilità contrattuale, ovvero:  il risarcimento deve ricomprendere sia il danno emergente (perdita patrimoniale subita) sia il lucro cessante (mancato guadagno, valutato con equo apprezzamento delle circostanze del caso dal giudice);  in base al criterio della causalità giuridica devono essere risarciti solo i danni che rappresentano conseguenza immediata e diretta del fatto;  criterio del concorso di colpa del danneggiato;  criterio dell’evitabilità del danno da parte del danneggiato;  criterio della “compensatio lucri cum damno”: il responsabile non deve risarcire quella parte di danno che gli sia stata compensata da benefici di cui la vittima ha goduto in conseguenza del medesimo fatto che gli ha causato il danno. Quando il danno non può essere provato nel suo specifico ammontare, la sua determinazione è rimessa alla valutazione equitativa del giudice (questo accade regolarmente per il danno non patrimoniale, impossibile da quantificare sulla base di parametri economici oggettivi).  Cosa sono le consuetudini? Le consuetudini sono fonti non scritte del diritto privato, richiamate nell’art.1 delle Preleggi e prodotte direttamente dal corpo sociale. Si fonda su due elementi:  elemento oggettivo: ripetizione costante e uniforme di un dato comportamento ad opera della gran parte dei consociati;  elemento soggettivo: convinzione dei consociati di essere giuridicamente vincolati (obbligati) a tenere quel comportamento. La consuetudine è oggi una fonte marginale del diritto ed è subordinata a tutte le fonti scritte. Più precisamente:  non sono ammesse consuetudini contra legem, ovvero contrarie a leggi e regolamenti;  le consuetudini secundum legem, che integrano (senza contraddirli) leggi e regolamenti esistenti in una determinata materia, sono ammesse solo se richiamate espressamente da tali fonti scritte;  le consuetudini praeter legem (cioè non richiamate né da legge né da regolamenti) sono ammesse solo se riguardano materie non disciplinate da tali fonti scritte.  Quali devono essere i requisiti della proposta e dell’accettazione per la formazione del contratto?  i requisiti della proposta devono essere i seguenti: • completezza: la proposta deve contenere tutti gli elementi fondamentali del contratto che si propone di concludere (ovvero, tipo di contratto proposto, individuazione di un determinato bene da vendere, prezzo di vendita: elementi essenziali. Se ad esempio manca il prezzo, che è un elemento essenziale, non c’è proposta di contratto poiché la proposta è incompleta) (Es: Tizio dice a Caio “ti propongo di acquistare la mia auto a 9500 euro”: questa è una valida proposta di contratto; se Tizio dicesse solamente “ti propongo di acquistare la mia auto”: questa non è una proposta di contratto); • assenza di riserve sull’impegnatività della proposta: se ci sono gli elementi fondamentali del contratto ma il proponente lascia sottintendere di non essere ancora  stato di necessità: ricorre quando l’autore del fatto dannoso è stato costretto a compierlo per la necessità di salvare se stesso o altri dal pericolo attuale da un danno grave alla persona. Il pericolo, ovviamente, non deve essere causato volontariamente dal danneggiante e non deve essere altrimenti evitabile (art. 2045 c.c.) (es: se l’automobilista, per evitare di investire un pedone sceso improvvisamente dal marciapiede, sterza di colpo e danneggia un’auto in sosta, non dovrà risarcire il danno al proprietario di quest’ultima). In queste ipotesi il danneggiante non dovrà risarcire interamente il danno causato ma dovrà corrispondere al danneggiato un’indennità, quantificata con equo apprezzamento del giudice (in quanto non è giusto che il danno resti interamente a carico del danneggiato, né interamente a carico del danneggiante; perciò si ripartisce equamente tra i due).  Quali sono i requisiti dell’ oggetto del contratto? L’oggetto del contratto è costituito dalle prestazioni contrattuali, ovvero dagli impegni che il contratto pone a carico delle parti contraenti. L’art. 1346 c.c. indica i requisiti dell’oggetto, stabilendo che esso deve essere:  possibile: il contratto non può prevedere prestazioni irrealizzabili, sia dal punto di vista materiale e tecnico (es: costruzione di un edificio di volume eccessivo rispetto all’area su cui dovrebbe essere realizzato), sia dal punto di vista giuridico (es: non è possibile vendere un edificio e mantenere la proprietà del terreno, senza costituire in favore dell’acquirente il diritto di superficie). Non è impossibile l’oggetto consistente nella prestazione di una cosa futura (vendita di appartamenti la cui costruzione è appena iniziata). È utile distinguere tra impossibilità originaria e impossibilità sopravvenuta: • l’impossibilità originaria è quella che esisteva prima della conclusione del contratto (es: contratto di locazione relativa a un immobile. Il conduttore decide di affittare un appartamento per una vacanza. Il contratto viene concluso il giorno 15 aprile: 5 giorni prima della firma del contratto si è verificata una frana che ha distrutto la casa: l‘oggetto del contratto è impossibile e questa impossibilità è originaria. Il conduttore può chiedere il risarcimento al proprietario a titolo di responsabilità precontrattuale; il mancato inquilino deve però essere in grado di dimostrare la mala fede della controparte. L’articolo 1338 c.c. prevede il risarcimento danni in quanto una parte non ha dato informazioni rilevanti alla controparte). L’impossibilità originaria della prestazione rende nullo il contratto; le parti non hanno nessun impegno reciproco; • l’impossibilità sopravvenuta, invece, non sussisteva al momento della conclusione del contratto (es: nell‘esempio precedente, la frana avviene 2 giorni dopo la firma del contratto. L’accordo è valido perché al momento della conclusione del contratto la prestazione era possibile; il conduttore, però, in quanto non riceve più la prestazione contrattuale prevista a suo favore, può chiedere la risoluzione del contratto). Riassumendo: IMPOSSIBILITA’ ORIGINARIA = INVALIDITA’ DEL CONTRATTO, IMPOSSIBILITA’ SOPRAVVENUTA = RISOLUZIONE DEL CONTRATTO ;  lecito: il contratto non può prevedere prestazioni disapprovate dall’ordinamento giuridico, in quanto contrastanti: • norme imperative (o inderogabili): norme dettagliate e specifiche che limitano la libertà delle parti, vietando determinati comportamenti. La la loro funzione quella di proteggere valori fondamentali o interessi generali, che sarebbero lesi dal contratto che la norma proibisce (es: contratto di killerraggio, in base al quale Tizio dà o promette 20.000 euro a Caio perché elimini fisicamente Sempronio; questo è un contratto in quanto ha oggetto patrimoniale, però tale prestazione non è permessa dalla legge, il suo fine è riprovevole secondo l’ordinamento giuridico); • ordine pubblico: comprende i principi e i valori (aventi una base normativa) che informano l’organizzazione politica ed economica della società in una certa fase della sua evoluzione storica (es: è vietato il contratto di assicurazione contro il rischio di incorrere in responsabilità penale). Essi devono pur sempre avere un base normativa, ricavabile ad esempio da principi e norme della Costituzione, dall’insieme delle norme imperative relative a un determinato settore ecc..; • buon costume: insieme delle regole di comportamento non scritte, ma riconosciute come vincolanti secondo la coscienza etica diffusa nella società, la cui violazione sarebbe avvertita come immorale o indecente (riguardano ad esempio la morale sessuale, l’etica professionale ecc.. );  determinato o almeno determinabile: il contratto non può prevedere prestazioni che attribuiscono a una parte vantaggi indefiniti, e all’altra parte, correlativamente, sacrifici altrettanto indefiniti. È tuttavia possibile che il il contratto abbia un oggetto non determinato, purché esso sia almeno determinabile (essendoci la possibilità di riferirsi a criteri o elementi esterni al contratto, che permettono o permetteranno di determinare con esattezza le prestazioni contrattuali (c.d. “contratto per relationem”). La determinazione dell’oggetto può avvenire anche mediante un procedimento (“arbitraggio”) per opera di un terzo (c.d. “arbitratore”), a cui le parti affidano la determinazione dell’oggetto del contratto. Il terzo deve procedere con “equo apprezzamento”, ovvero valutare e decidere in modo ragionevole; la decisione è impugnabile se risulta manifestamente iniqua o erronea (la parte può chiedere al giudice di rideterminare l’oggetto del contratto). Se però le parti si sono volute rimettere al mero arbitrio del terzo (cioè gli hanno dato “carta bianca”), la decisione del terzo si può impugnare solo provando la sua malafede; inoltre, se il terzo non decide e le parti non si accordano per sostituirlo, il contratto è nullo (art. 1349 c.c).  Cos'è la novazione? La novazione è una causa di estinzione delle obbligazioni. La novazione è l’accordo tra creditore e debitore per sostituire un’obbligazione diversa a quella originaria, che si estingue. La novità può riguardare l’oggetto (es: pagamento di una somma di denaro sostituita con la consegna di un bene) oppure il titolo; la novità è quindi il requisito oggettivo della novazione. Il requisito soggettivo della novazione (c.d.“animus novandi”) richiede che la volontà di estinguere l’obbligazione precedente debba risultare in modo non equivoco (art. 1230 c.c.).; un semplice atto quale il rilascio o la rinnovazione di un documento non è sufficiente a produrre la novazione. La nuova obbligazione è il vantaggio che il creditore riceve in cambio di quella estinta; essendo una nuova obbligazione, indipendente dalla precedente, se le parti non si accordano diversamente, le garanzie che eventualmente assistevano il credito originario si estinguono con esso, senza trasferirsi al nuovo credito (art. 1232 c.c.). Se l’obbligazione originaria risulta inesistente, la novazione è senza effetto e non sorge alcuna nuova obbligazione a carico del debitore; se l’obbligazione originaria deriva invece da un titolo annullabile, la novazione è valida solo se il debitore abbia assunto il nuovo debito pur conoscendo il difetto del titolo originario. La novazione può essere:  novazione oggettiva: sostituzione della prestazione originaria con una nuova (come visto fin qui);  novazione soggettiva: un nuovo debitore si sostituisce a quello originario, che viene liberato (art.1235 c.c.).  In quai casi il testamento è nullo e in quali può essere annullabile? Il testamento può essere affetto da vizi che lo rendono invalido. L'invalidità può presentarsi in due varianti: nullità e annullabilità. L’invalidità deve essere distinta dall’inesistenza; quest’ultima ricorre quando mancano anche i requisiti minimi per identificare un testamento (es: un testamento olografo senza firma è nullo, ma comunque esistente, mentre un testamento fatto a voce non esiste nemmeno). Il testamento nullo può essere sanato mediante conferma; quello inesistente non si può sanare in nessun modo. La nullità delle disposizioni testamentarie può dipendere da una serie di vizi, raggruppabili in 3 categorie:  difetti di forma: mettono in dubbio l'autenticità delle disposizioni;  ipotesi di illiceità: possono riguardare: condizione e oneri illeciti, motivo illecito, illiceità o impossibilità dell’oggetto, disposizioni fatte a favore di persone incapaci di ricevere;  indeterminatezza: colpisce soprattutto le disposizioni a favore di persone indeterminata o indeterminabile, o quelle che rimettono la scelta dell’erede o del legatario all’arbitrio di un terzo. Per quanto concerne invece l’annullabilità, le disposizioni testamentarie sono annullabili per vizi riconducibili a 3 ipotesi:  difetti di forma diversi da quelli validi per le cause di nullità; sono i difetti meno gravi, come ad esempio la mancanza di data nel testamento olografo;  incapacità di agire del testatore, intesa sia come incapacità legale (solo quella del minore e dell’interdetto giudiziario) sia come incapacità naturale;  vizi della volontà: errore, violenza e dolo. Riguardo all’errore e al vizio rileva come causa di annullamento anche l’errore sul motivo (purché il motivo abbia due caratteri: deve risultare dal testamento e deve essere l’unico determinante). Al contrario, in presenza di errore ostativo l’atto può essere salvato (es: erronea istituzione di erede, errato oggetto del legato ecc..). Quanto alla violenza, le caratteristiche della minaccia possono intendersi qui in senso meno rigoroso che in campo contrattuale. Anche il dolo ha confini più ampi, in quanto si estende fino a comprendere la c.d. “captazione” (= comportamento diretto non propriamente a ingannare, ma a suggestionare il testatore, così da convincerlo a disporre in un certo modo).  Cos'è la procura? La pricura è l'atto con cui l'interessato conferisce volontariamente al rappresentante il potere di rappresentarlo. Generalmente chi conferisce procura la dà nel proprio interesse ma in qualche caso può essere data anche nell'interesse del rappresentante (es: debitore dà a creditore procura per vendere i suoi beni, sui quali si soddisferà). La procura è un atto unilaterale (non richiede l'accettazione del rappresentante) e non ricettizio (non si indirizza al rappresentante, anche se ovviamente deve esserne messo a conoscenza), ma opera verso i terzi con cui il rappresentante contratta in nome e per conto del rappresentato. In quanto alla forma, la procura richiede la stessa forma prevista per il contratto che il rappresentante concluderà (se non c'è vincolo di forma la procura può anche essere tacita). Per quanto concerne invece il contentuto, la procura può essere generale (autorizza a compiere tutti gli affari del rappresentato, come ad esepio gestione dell'intero patrimonio) oppure speciale (autorizza a compiere uno o più affari determinati). La procura si estingue per vari motivi: venir meno del rapporto sottostante, morte del rappresentante o del rappresentato, rinuncia del rappresentante, revoca del rappresentato.  Quali sono le fonti delle obbligazioni? Le fonti delle obbligazioni sono atti o fatti giuridici da cui esse nascono. L’art. 1173 c.c. elenca le fonti delle obbligazioni:  il contratto: ad esempio, dal contratto di lavoro nasce l’obbligo del lavoratore di eseguire la prestazione, e quello del datore di pagare la retribuzione;  il fatto illecito: se un soggetto danneggia ingiustamente un altro, nasce per il danneggiante l’obbligo di risarcire il danno causato;  ogni altro atto o fatto idoneo a produrre obbligazioni: categoria indefinita, ampia ed eterogenea in cui rientrano diverse figure. integralmente di propria mano dal testatore, comprensivo di data e di firma. Ognuna di queste 3 forme ha alcuni vantaggi e alcuni svantaggi:  il testamento pubblico ha il vantaggio che il notaio trascrive la volontà in termini tecnici corretti. Inoltre siccome è conservato dal notaio non c'è il rischio che venga smarrito; lo svantaggio riguarda il disturbo e il costo.  lo svantaggio del testamento segreto riguarda il fatto che non sempre il testatore è in grado di esprimere correttamente le proprie volontà e usi termini tecnici scorretti che creano confusione. Il vantaggio è che viene custodito dal notaio e non c'è rischio di smarrimento.  il vantaggio del testamento olografo è che non comporta spese né alcun disturbo; lo svantaggio però riguarda il fatto che dopo la morte, del testatore non c'è la certezza che venga denunciata l'esistenza del testamento. Potrebbe inoltre essere smarrito.  Cosa prevede lo schema base per la formazione del contratto? Ai sensi dell’art. 1326 c.c. ”il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione dell’altra parte”. L’art. 1335 c.c. equipara alla conoscenza ella dichiarazione il suo arrivo all’indirizzo del destinatario. Pertanto Dunque lo schema generale di conclusione dei contratti è: proposta + accettazione giunta all’indirizzo del proponente. Sempre in base all’art. 1335 c.c. se il destinatario riesce a provare che, nonostante la dichiarazione sia giunta al suo indirizzo, egli è stato “senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia” gli effetti della dichiarazione non si producono. Esiste un’altra possibilità per escludere la formazione del contratto, benché l’accettazione sia giunta al proponente: dimostrare che l’accettazione è tardiva. Essa infatti deve giungere nel termine stabilito da proponente stesso, o a quello normalmente necessario in base alla natura dell’affare o agli usi. Il proponente può ritenere efficace un’accettazione tardiva, ma deve comunicarlo immediatamente all’accettante (art. 1326 c.c.). Ovviamente il contratto si conclude solo se l’accettazione è conforme alla proposta (es: A propone a B l’acquisto della sua auto per 15.000 euro; B dichiara “accetto di comprare l’auto di A per 15.000 euro”); se è invece difforme equivale ad una nuova proposta (es: nell’esempio sopra B dichiara “accetto di comprare l’auto di A per 9.000 euro”). In questo caso, pertanto, l’oblato si trasforma in proponente e all’originario proponente, ora in veste di oblato, spetta dire se accetta la controproposta o meno (A deve cioè dichiarare se accetta di vendere a B la sua auto per 9.000 euro).  Cos’è la compensazione? La compensazione è una causa di estinzione delle obbligazioni. Si estinguono per compensazione le obbligazioni che due soggetti hanno reciprocamente, l’uno verso l’altro, per cui ciascun soggetto è al tempo stesso debitore e creditore (es. A deve a B 10.000 Euro e B deve ad a 10.000 euro). In questo modo si soddisfa un’esigenza di semplificazione dei rapporti. La compensazione può anche essere parziale (A deve a B 10.000 euro, B deve ad A 4.000; i debito di B si estingue e B resta creditore di 6.000 Euro nei confronti di A). Esistono 3 tipi di compensazione:  compensazione legale: opera automaticamente. I due debiti si considerano estinti nel momento stesso in cui sono venuti a coesistere. Perché la compensazione legale operi, i debiti devono presentare due caratteristiche: • i debiti devono avere per oggetto prestazioni fungibili e omogenee tra di loro (es: due debiti di denaro, due debiti di consegna merci ecc..); • i debiti devono essere liquidi ed esigibili: la compensazione non opera se uno dei debiti non è ancora scaduto.  compensazione giudiziale:opera quando uno dei due debiti non è liquido, ma è di facile e pronta liquidazione. Il giudice, su richiesta dell’interessato, può liquidarlo e dichiararlo compensativo dell’altro (art. 1243 c.c.);  compensazione volontaria: opera quando i due debitori – creditori si accordano per considerare estinti i reciproci debiti, che non presentano tutte le caratteristiche appena esaminate.  Cos’è il dolo? Dolo significa “coscienza e volontà di danneggiare qualcuno”. Inadempimento doloso è quello del debitore che consapevolmente e deliberatamente viola il diritto del creditore (es: devono consegnare un quadro a X, ma lo consegno a Y perché all’ultimo momento ha offerto di più). Ricordiamo inoltre che:  si ha dolo anche quando il danno recato al creditore non è direttamente voluto, ma previsto e accettato come possibile conseguenza del proprio comportamento (c.d. “dolo eventuale”) (es: do fuoco ad un appartamento per fare un danno al mio ex; se so che dentro ci vive anche sua zia disabile, che non riesce a fuggire e muore, risponderò di omicidio doloso nei suoi confronti in quanto ho accettato il rischio che ciò succedesse).  il dolo è invece escluso se il debitore tiene deliberatamente la condotta che costituisce inadempimento, ma senza sapere che in questo modo viola i diritti del creditore (es: devo consegnare una cosa a X ma mi rifiuto, perché penso in buona fede che il termine non sia ancora scaduto). Il dolo è un comportamento più riprovevole rispetto alla colpa; pertanto, è trattato in modo più severo dalla legge e il responsabile del comportamento doloso è generalmente tenuto ad un risarcimento maggiore.  Che cos’è la mora del creditore? Può accedere che l’adempimento della prestazione del debitore risulti impossibile a causa della mancata cooperazione del creditore (es: il lavoratore non può eseguire le sue mansioni se il datore di lavoro non apre la fabbrica). Ovviamente è interesse del creditore fornire la sua cooperazione; non è escluso che possa evitare di darla a causa di dimenticanze o trascuratezza. In casi eccezionali, il debitore potrebbe avere uno specifico interesse ad eseguire la prestazione (es: l’attore vuole girare il film per aumentare la sua popolarità). Non sempre il creditore ha un vero e proprio obbligo a ricevere la prestazione (es: chi compra il biglietto per un concerto può decidere spontaneamente di non andarvi); egli ha solo l’onere di cooperare all’adempimento del debitore. La mora del creditore presuppone ovviamente che il suo rifiuto sia ingiustificato; non c’è mora se il creditore rifiuta la prestazione per ragioni lecite (es: perché qualitativamente inesatta oppure parziale). Perché avvenga la mora del creditore è necessario che i l debitore offra la prestazione al creditore. L’offerta può presentarsi in vari modi:  offerta solenne o formale: l’offerta deve presentare tutti i requisiti indicati dall’art. 1208 c.c.; in particolare, deve essere presentata attraverso un Pubblico Ufficiale (notaio o ufficiale giudiziario). L’offerta può essere: • offerta reale: riguarda la prestazione di consegnare denaro, titoli di credito o cose mobili al domicilio del creditore; • offerta per intimazione: riguarda la consegna di cose mobili in luogo diverso dal domicilio del creditore, oppure la consegna di un immobile. Avviene notificando al creditore un’intimazione a ricevere le cose mobili (art. 1209 c.c.) o rispettivamente a prendere possesso dell’immobile;  offerta secondo gli usi: è quella fatta senza le formalità previste dalla legge per l’offerta solenne. Il valore e l’efficacia di essi sono diversi, a seconda del tipo di prestazione offerta. La mora del debitore produce i seguenti effetti in favore del debitore:  il debitore non risponde dei danni causati dal mancato adempimento, essendo imputabile non a lui ma al creditore;  se è il debitore a sopportare danni o subire spese a causa del mancato adempimento, può chiedere il risarcimento al creditore (art. 1207 c.c.);  il debitore non deve gli interessi o i frutti della cosa da consegnare, che abbia mancato di percepire;  si produce lo spostamento a carico del creditore del rischio dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione. Questi effetti si producono dal giorno dell’offerta solenne; se l’offerta è invece fatta secondo gli usi, si producono solo dal giorno del deposito (in tutti gli altri casi di offerta non formale gli effetti non si producono, salvo nel caso di esonero del debitore dalla responsabilità per danni derivanti dal mancato adempimento (art. 1220 c.c.).  Quali sono i modi di acquisto della proprietà? La proprietà può acquistarsi in vari modi, a seconda del “titolo” in base al quale avviene l’acquisto. Particolare importanza ha la distinzione tra:  acquisti a titolo derivativo: avvengono sulla base di un rapporto tra l’acquirente e il precedente titolare del diritto, che glielo trasmette. La proprietà può essere acquistata a titolo derivativo per effetto di contratti o per successione a causa di morte;  acuisti a titolo originario: prescindono dal rapporto con il precedente titolare. La proprietà può essere acquistata a titolo originario per occupazione, per invenzione, per accessione, per specificazione, per unione o commistione, per usucapione  Quali sono le responsabilità del donante? Come in ogni contratto, la mancata o difettosa esecuzione da parte del donante fa scattare rimedi a tutela del donatario. Tuttavia non si può non tenere conto della liberalità dell’atto, pertanto la disciplina è meno rigorosa. Infatti:  per il caso di inadempimento o ritardo nella prestazione sorge la responsabilità (contrattuale) del donante, che lo obbliga a risarcire il danno, ma solo in caso di dolo o colpa grave (art. 789 c.c.);  se la cosa donata è difettosa, il donante può essere tenuto alla garanzia per vizi, ma solo in caso di dolo; il donante può anche incorrere in garanzie per evizione, ma entro limiti circoscritti (ovvero solo se ha espressamente promesso la garanzia, se l’evizione dipende da dolo o fatto personale di lui, se si tratta di donazione modale o di donazione remuneratoria.  Qual’è la disciplina dei controlli giudiziali sull’esercizio della potestà? Posto che i genitori esercitano la potestà non nell’interesse proprio ma in quello del figlio, è logico che si prevedano controlli sul loro operato e rimedi nell’ipotesi in cui gli atti da loro compiuti ledano tali interessi. Una forma di controllo preventivo riguarda gli atti di straordinaria amministrazione sui beni del figlio minore, i quali richiedono la preventiva autorizzazione del giudice. Esistono anche controlli e rimedi successivi, affidati essi pure al giudice (Tribunale per i minorenni). Tra questi ricordiamo:  rimozione dall’amministrazione, che il giudice può disporre a carico di uno o entrambi i genitori, quando risulta che il patrimonio del minore è male amministrato. Se entrambi i genitori vengono rimossi, l’amministrazione del patrimonio del figlio è affidata a un curatore;  decadenza dalla potestà, è il rimedio più radicale è può disporsi quando il genitore viola o trascura i doveri ad essa inerenti, o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio (art. 330 c.c.). Può riguardare un solo genitore oppure entrambi; determinati;  è diverso il titolo della successione: l’erede è successore a titolo universale, mentre il legatario succede a titolo particolare;  è diverso il trattamento giuridico, in quanto: • l’erede, subentrando nel patrimonio del de cuius, subentra anche in tutti i suoi debiti e ne risponde illimitatamente con i propri beni personali, mentre il legatario non risponde personalmente dei debiti ereditari; • se si scoprono successivamente beni del de cuius di cui si ignorava l'esistenza, tali beni sono automaticamente attribuiti all’erede e non al legatario; • l'erede acquista l’eredità solo in base ad un suo atto di accettazione, mentre il legatario acquista il legato in modo automatico, senza bisogno di accettazione; • la designazione dell’erede non può essere assoggettata ad un termine, mentre l’efficacia del legato può dipendere da un termine (iniziale o finale) apposto dal testatore.  Cos’è il contratto fiduciario? Il contratto fiduciario combina effetti reali ed effetti obbligatori, in modo da realizzare al meglio gli interessi delle parti. Il Codice non lo prevede, ma deve ritenersi ammissibile in base al principio della libertà contrattuale. È il contratto con cui una parte trasferisce la proprietà di un bene all’altra parte , che si obbliga a gestirlo secondo le direttive del fiduciante (es: dovrà ritrasferirlo successivamente allo stesso fiduciante oppure a un terzo, oppure amministrarlo secondo determinati criteri ecc..). Chi trasferisce il bene si chiama “fiduciante”, mentre chi lo riceve in proprietà e assume gli obblighi di gestione e ritrasferimento è il fiduciario. Esistono 2 modelli di contratto fiduciario:  fiducia romanistica: il fiduciario acquista la proprietà piena del bene, e il fiduciante resta privo di qualsiasi situazione di tipo reale sul bene stesso. Ha solo diritti di credito verso il fiduciario, su cui gravano le corrispondenti obbligazioni. Il bene può essere aggredito dai creditori del fiduciario. Se il fiduciario trasferisce il bene a un terzo, il fiduciante non può contestare l’acquisto del terzo (neppure se in mala fede), in quanto il patto fiduciario ha valore non reale ma solo obbligatorio e quindi è inopponibile ai terzi;  fiducia germanistica: si ispira ad una tutela più forte della posizione del fiduciante. Il fiduciario ha solo la proprietà formale, che serve a legittimare nei confronti dei terzi le operazioni che egli compie sul bene nell’interesse del fiduciante. Ma questi conserva la proprietà sostanziale del bene ed ha, rispetto al bene, una posizione legale più forte anche nei confronti dei terzi. Infatti, secondo questo modello, il fiduciario ha la possibilità di recuperare il bene opponendo al terzo acquirente il patto fiduciario, che risulta quindi dotato di un’efficacia reale.  Cos’è la pendenza della condizione? La pendenza della condizione è quella fase in cui concluso il contratto condizionato, permane l'incertezza sul verificarsi o meno della condizione. In questa fase una parte ha un diritto condizionato (ha ceduto il diritto sotto condizione sospensiva oppure ha acquistato diritto sotto condizione risolutiva), ovvero ha il diritto perché non l'ha ancora perduto oppure l'ha già acquistato; la controparte ha un'aspettativa di diritto (ha acquistato diritto sotto condizione risolutiva/ha ceduto diritto sotto condizione sospensiva).  Cos’è il nesso di causalità e come si accerta? La responsabilità sorge, a carico di un soggetto, solo se tra il fatto che gli viene addebitato e il danno subito da un altro soggetto esiste un nesso di causalità, ovvero un collegamento logico. In altre parole, il danno è risarcibile solo in quanto sia “conseguenza immediata e diretta” del fatto dannoso. Per accertare l’esistenza di questo nesso di causalità si fa ricorso a diversi criteri:  criterio della causalità materiale: un danno può dirsi causato da un fatto, se in assenza di quel fatto non si sarebbe verificato. In altre parole, il fatto ha rappresentato una condizione necessaria (c.d “conditio sine qua non”). Il nesso di causalità materiale, tuttavia, è una condizione necessaria ma non è un requisito sufficiente;  criterio della causalità giuridica: ad esso fa riferimento la formula della “conseguenza immediata e diretta” dell’art. 1223 c.c. Tale nesso esiste quando, in base ad un criterio di regolarità statistica, c’è la ragionevole probabilità che quel determinato fatto abbia prodotto quel determinato danno (non occorre la certezza assoluta, è sufficiente quella relativa, che si esprime con la formula “più probabile che non”) (es: se una macchina tampona un camion e contro il camion si schianta una moto, è ovvio affermare che se l’auto non avesse tamponato il camion nemmeno la moto avrebbe fatto l’incidente, ma non ha senso attribuire all’autista della macchina i danni subiti dal motociclista). Il criterio della causalità giuridica, tuttavia, non si identifica con il criterio della prevedibilità del danno: il nesso causale può esistere anche se il danno successivamente verificatosi, non era prevedibile al momento del fatto. Un danno può essere causato non solo dall’azione commissiva del soggetto, ma anche da una sua omissione. Qui il principio della causalità giuridica si specifica nel criterio per cui sorge responsabilità per omissione solo se l’omissione costituisce violazione di un dovere di agire, esistente a carico del soggetto (se il comportamento omissivo è censurabile solo moralmente, ma non giuridicamente, non sorge alcuna responsabilità né conseguente obbligo di risarcimento. (es: se A vede un’auto prendere fuoco e decide di proseguire la sua passeggiata senza chiamare i soccorsi, non risponde dei danni subiti dal proprietario della vettura).  Qual’è la differenza tra atti patrimoniali e atti non patrimoniali? In base alla natura delle situazioni giuridiche a cui si riferiscono gli effetti giuridici, distinguiamo tra:  atti patrimoniali: incidono su situazioni di tipo economico. Sono atti patrimoniali ad esempio i contratti; prototipo è la vendita. che trasferisce la proprietà di un bene, facendo sorgere debiti e crediti. Altri atti patrimoniali sono ad esempio la promessa (che fa sorgere il debito di chi promette) e la rinuncia al credito (che cancella il debito e il credito corrispondente);  atti non patrimoniali: riguardano situazioni giuridiche di tipo prevalentemente non economico. Esempio tipico è il matrimonio: è vero che alcuni effetti riguardano anche situazioni patrimoniali (es: comunione dei beni, obbligo di concorrere al mantenimento della famiglia ecc), ma gli effetti più importanti riguardano situazioni di tipo personale. All’interno della categoria degli atti patrimoniali, possiamo ulteriormente distinguiamo tra:  atti onerosi: sono quelli in cui tutte le parti coinvolte nell’atto sostengono un sacrificio economico e correlativamente ricevono un vantaggio economico. Esempio classico è la compravendita, dove il venditore ottiene il prezzo sacrificando la proprietà di un suo bene, mentre il compratore affronta il sacrificio del prezzo da pagare per avvantaggiarsi in cambio con la proprietà della cosa;  atti gratuiti: sono quelli in cui solo una delle parti coinvolte sostiene un sacrificio economico, mentre l’altra ottiene un vantaggio senza affrontare un corrispondente sacrificio. Esempio classico è la donazione, dove il donatario si arricchisce senza sostenere alcun sacrificio (in quanto ottiene la proprietà della cosa senza dare nulla in cambio).  Che differenza c’è tra usucapione ordinaria e usucapione abbreviata? La differenza tra usucapione ordinaria e abbreviata si basa sul tempo.  usucapione ordinaria: si realizza anche se il possesso è di mala fede e prevede due diversi termini necessari ad usucapire a seconda del tipo di bene: • di regola, vale il termine di 20 anni, nei quali si usucapiscono la proprietà e i diritti reali di godimento sia su beni immobili, sia su beni mobili, sia su universalità di mobili; • per i beni mobili registrati, il termine è invece di 10 anni;  usucapione abbreviata: presuppone sempre e solo il possesso di buona fede. Presuppone anche altri 2 requisiti, che variano a seconda delle diverse situazioni: • se A entra nel possesso di un immobile di B, mediante acquisto avvenuto in buona fede, in base ad un titolo idoneo a trasferirne la proprietà e fa la trascrizione del titolo, ne diventa proprietario per usucapione in 10 anni dalla data di trascrizione del titolo; • in presenza degli stessi requisiti (buona fede, titolo idoneo, trascrizione) chi ha acquistato dal non proprietario beni mobili registrati li usucapisce in 3 anni; • le universalità di mobili si usucapiscono in 10 anni, se risultano acquistate in buona fede e in base a un titolo idoneo (non p ovviamente richiesta tra trascrizione); • i beni mobili non registrati si usucapiscono in 10 anni; qui serve la buona fede ma non la trascrizione né il titolo idoneo al trasferimento della proprietà.  Quali requisiti richiede l’azione per attuare il sequestro conservativo? Il sequestro conservativo si realizza attraverso un processo cautelare, e quindi presuppone l’esistenza dei 2 requisiti tipici dell’azione corrispondente:  fumus boni iuris: verosomiglianza del diritto che si intende far valere (qualcosa di meno della piena prova);  periculum in mora: rischio che, se non si interviene subito, il debitore diminuirà la garanzia patrimoniale, in modo da rendere impossibile l’attuazione del diritto del creditore. L’effetto del sequestro conservativo è che il debitore, pur rimanendo proprietario dei beni sequestrati, non può alienarli; se viola il divieto, gli atti di alienazione sono inefficaci per il creditore sequestrante (art. 2906 c.c.).  Cos’è la violenza? La violenza come vizio della volontà non è la violenza fisica che determina la nullità. È invece la violenza psicologica (o morale), sinonimo di minaccia. È la minaccia rivolta contro un contraente, per costringerlo a fare un contratto che egli non vorrebbe fare. La violenza è causa di annullabilità del contratto solo se la minaccia presenta 3 caratteristiche:  essere inerente al contratto: il suo scopo immediato e diretto deve forzare la vittima a fare quel contratto;  essere ragionevolmente grave: questo requisito si articola in una serie di criteri più specifici: • il male prospettato dalla minaccia può riguardare sia beni economici (es: distruzione auto, incendio casa ecc..), sia beni della personalità (es: divulgazione di fatti lesivi dell’onore); • la minaccia deve essere verosimile, ovvero tale “da fare impressione ad una persona sensata” (non quindi una minaccia chiaramente inattuabile). Questo requisito deve essere considerato in modo elastico caso per caso, ovvero avendo riguardo all’età, alle condizioni culturali della persona ecc..; • il bene messo a rischio deve appartenere allo stesso contraente cui la minaccia si rivolge, oppure a persone a lui vicine, come ad esempio coniuge, ascendenti o discendenti (se riguardasse un estraneo, ovviamente sembra improbabile che sia in grado di impressionare il contraente). Se riguarda persone diverse (es: fidanzato, migliore amica, collega di lavoro e  Cos’è il divorzio e quali sono le sue cause? Il divorzio determina lo scioglimento del matrimonio; restituisce ai coniugi la libertà di stato, consentendo loro di risposarsi. Il divorzio vene introdotto in Italia solo nel 1970, con la L. 898/1970; venne aspramente criticato dalla Chiesa e, nonostante ciò resistette al referendum abrogativo del 1974. La legge italiana non utilizza mai il termine “divorzio”; parla di “scioglimento del matrimonio” per indicare il divorzio rispetto ai matrimoni civili, e “cessazione degli effetti civili del matrimonio” con riguardo ai matrimoni concordatari. Le cause di divorzio (art. 3 l.d.) sono tassative e hanno la comune caratteristica di segnalare una rottura irreversibile del matrimonio, una situazione in cui “la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostruita”. Tali cause sono le seguenti:  separazione legale durata sei mesi (consensuale) oppure un anno (giudiziale). Il termine inizia a decorrere dall’inizio del procedimento, ossia dalla prima comparizione dei coniugi davanti al giudice. È questa la causa di divorzio statisticamente più frequente;  sentenza penale a carico dell’altro coniuge, che rientri in uno dei seguenti gruppi: • sentenza di condanna passata in giudicato, con ergastolo o reclusione superiore ad anni 15; • sentenza di condanna passata in giudicato, per particolari reati (es:, contro la persona del coniuge o i figli, reati relativi alla prostituzione o all’incesto; • sentenza di assoluzione per infermità di mente, da taluni reati di cui sopra; • sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, relativamente a uno dei reati di cui sopra; • sentenza di proscioglimento o assoluzione, dal reato di incesto, per mancanza di pubblico scandalo;  situazioni matrimoniali create all’estero dal coniuge cittadino straniero (es: celebrazione di un nuovo matrimonio all’estero);  non consumazione del matrimonio;  sentenza di rettificazione del sesso, passata in giudicato. Come nel giudizio di separazione, anche in quello di divorzio il giudice inizialmente tenta la conciliazione (quasi sempre destinata a fallire). Qui, però, non è prevista la pronuncia di addebito; una qualche rilevanza di responsabilità di un coniuge può emergere in quanto la pronuncia sull’assegno di divorzio è legata anche alle “ragioni della decisione”. Tra le possibili cause di divorzio NON è ammesso il divorzio consensuale, basato sull’accordo dei coniugi. Vi è tuttavia un meccanismo che si avvicina: il c.d. “divorzio a domanda congiunta”. Esso consiste nella presentazione della domanda di divorzio da entrambi i coniugi, indicando con precisione (dopo averle concordate tra loro) “le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici” (in tal caso la procedura è abbreviata). La legge prevede anche un altro meccanismo che punta a snellire i procedimento di divorzio; esso si attua quando esistono i presupposti del divorzio , ma non sono ancora stati definiti i suoi effetti economici. In tal caso, il giudice può spezzare in due il procedimento: nella prima fase pronuncia subito il divorzio (restituendo ai coniugi la libertà di stato) e rinvia al seguito del procedimento la definizione degli effetti economici. In entrambe le procedure, la sentenza che pronuncia il divorzio contiene anche l’ordine all’ufficiale dello Stato Civile di annotare la sentenza a margine dell’atto di matrimonio.  Cos’è l’inadempimento e in quali forme può manifestarsi? L'inadempimento si ha quando il debitore non esegue esattamente e tempestivamente la prestazione dovuta al creditore. L'inadempimento può essere: ● radicale e definitivo: il debitore non esegue per nulla la prestazione e non la eseguirà; ● inesatto: o sul piano qualitativo e su quello quantitativo (es. fa consegna differente da quelle prevista) ● ritardo: la prestazione è eseguita oltre il termine massimo fissato per il suo adempimento.  Cosa si intende per “ caso fortuito ”? È sensato il fatto che il debitore risponda solo dei rischi tipici della sua attività (es: incidente per il vettore); tali rischi devono risultare prevedibili, calcolabili e quindi anche facilmente assicurabili. Non avrebbe senso chiamarlo a rispondere anche dei c.d. “rischi anormali”, quegli eventi così straordinari da sfuggire ad ogni ragionevole previsione e ad ogni possibilità di controllo del debitore (c.d. “fatalità”) (es: gli oggetti trasportati dal vettore vanno distrutti non in un normale incidente autostradale, bensì perché un elicottero che sorvola la strada cade e si schianta sull’automezzo). Eventi del genere si definiscono “caso fortuito”; se il debitore prova che il danno dipende da caso fortuito, egli è sempre liberato da responsabilità. Al concetto di caso fortuito si associa quello di “forza maggiore” (fatto a cui non si può resistere. (Es: una violenta grandinata distrugge il raccolto). I due termini sono sostanzialmente sinonimi.  Chi sono i soggetti legittimati a far valere l’invalidità del contratto? Per quanto riguarda l’individuazione del soggetto avente il diritto di far valere l’invalidità del contratto, la legge detta una disciplina diversa per la nullità e l’annullabilità:  il rimedio della nullità può essere invocato da chiunque vi abbia interesse (quindi, sia dalle parti che dai terzi); tale rimedio, inoltre, può essere applicato anche d’ufficio dal giudice. La nullità serve l’interesse generale: per questo, quando un contratto è nullo, la legge allarga al massimo la possibilità che la nullità sia scoperta e dichiarata;  il rimedio dell’annullabilità può essere invocato solo dalla parte nel cui interesse la legge lo prevede (art. 1441 c.c.) (es: incapace, chi ha commesso l’errore, chi è stato ingannato o minacciato ecc..). Non può invocarlo l’altra parte né un terzo, e non può applicarlo il giudice d’ufficio. La ragione è che l’annullabilità serve l’interesse particolare di quel contraente, pertanto la legge abilita solo lui a valutare e decidere in merito. Ci sono tuttavia eccezioni, che si spiegano:  da un lato, casi di “annullabilità assoluta”, in cui il rimedio può essere invocato da chiunque vi abbia interesse (es: contratto dell’interdetto legale, in quanto non si tratta di un’incapacità di protezione);  dall’altro lato, casi di “nullità relativa”, in cui eccezionalmente la nullità può farsi valere solo da una delle parti. Qui la ragione è che queste nullità derivano dalla violazione di norme imperative poste a tutela di una determinata categoria di contraenti.  Qual’è la causa della donazione? La causa tipica della donazione è da ricercarsi nello spirito di liberalità del donante. La donazione deve essere del tutto disinteressata, e si fonda su pure ragioni di affetto e benevolenza. Nella donazione i motivi non sono così irrilevanti come nei contratti, ma assumono un grado di apprezzabilità (anche giuridica) superiore a quello che assumono negli altri contratti tipici; nella donazione, infatti, anche l’errore sul motivo può portare all’annullamento. In altre parole: quelli che nella generalità dei contratti sono semplici motivi estranei alla causa, nella donazione possono avvicinarsi a formare la causa (in senso concreto).  Cos’è l’argomentazione giuridica? L’argomentazione giuridica è il complesso delle operazioni logiche con cui, di fronte ad un problema di applicazione di norme giuridiche, si sostiene una soluzione e se ne combattono altre. Lo scopo pratico dell’argomentazione giuridica è la persuasione, ovvero convincere qualcun altro che la soluzione giuridica sostenuta è quella corretta in base alle norme. L’argomentazione giuridica si basa sulle tecniche dell’interpretazione e dell’analogica. Può inoltre servirsi di alcuni meccanismi logici, chiamati “argomenti”, ovvero:  argomento a contrariis: se una norma prevede una certa conseguenza giuridica per il caso A, se ne ricava che essa non vuole quella stessa conseguenza per i casi B,C,D ecc (ovvero, tutti i casi diversi da A)..;  argomento a fortiori: se una norma prevede una certa conseguenza giuridica per il caso A (in quanto presenta una certa caratteristica che corrisponde allo scopo della norma), se il caso B presenta quella stessa caratteristica in modo ancora più marcato, a maggior ragione la norma dovrà applicarsi anche al caso B;  argomento ad absurdum: date due possibili soluzioni giuridiche, s ene sostiene una in quanto l’altra porterebbe a risultati assurdi e irragionevoli.  Cos’è l’inibitoria? L’inibitoria è un rimedio che serve a prevenire il danno, o quantomeno ad impedire la prosecuzione del fatto dannoso: si realizza attraverso un provvedimento del giudice che vieta di tenere oppure ordina di cessare il comportamento che determina il danno (es:contro la violazione del diritto all’immagine, contro la lesione degli interessi collettivi dei consumatori).  Qual’è la nozione di possesso? Ai sensi dell’art. 1140 c.c. il possesso è la situazione di fatto di colui il quale esercita sopra una cosa poteri che corrispondono al contenuto della proprietà (o di un altro diritto reale); da tale definizione possiamo quindi constatare che i poteri esercitati dal possessore possono esser quelli corrispondenti alla proprietà (c.d. “possesso pieno”) oppure a un diritto reale minore (c.d. “possesso minore”). E’ possibile il c.d. “compossesso”, cioè la situazione in cui più persone esercitano congiuntamente poteri sulla cosa.  Cos’è la revoca del testamento e in quali modi può farsi? La revoca è l'atto con cui il testatore toglie efficacia al testamento fatto in precedenza: può riguardare l’intero testamento oppure singole disposizioni testamentarie (mentre le altre restano efficaci). La revocabilità è una caratteristica essenziale del testamento; è infatti inammissibile la rinuncia alla facoltà di revocare (art. 679 c.c.) La revoca può farsi in due modi:  revoca espressa: è la dichiarazione di voler revocare il precedente testamento. Può farsi in 2 forme: con un testamento posteriore oppure con un atto ricevuto da notaio, in presenza di due testimoni;  revoca tacita: è quella che risulta da alcuni comportamenti concludenti, ovvero: ● confezione di un testamento posteriore, anche se non contiene la revoca espressa del precedente (in tal caso sono revocate solo le disposizioni del precedente testamento che risultano incompatibili con quelle del successivo); ● volontaria distruzione del testamento olografo; ● ritiro del testamento segreto; ● alienazione o trasformazione della cosa legata (revoca il legato a meno che si provi che il testatore non aveva questa volontà); La legge ammette infine un caso di revoca di diritto, che opera a prescindere da qualsiasi manifestazione di volontà del testatore. È il caso ad esempio della sopravvenienza di figli: ovvero quando il testatore ha figli (o discendenti legittimi) nati dopo il testamento oppure li aveva già ma non ne era a conoscenza. La ratio è attuare la presunta volontà del testatore (rimettere in discussione le scelte precedenti, di fronte alla nuova situazione che si manifesta); per questo la revoca non opera quando il testatore aveva già provveduto per il caso di sopravvenienza di figli (art. 687 c.c.).  le eccezioni relative ai rapporti fra espromittente e debitore originario di regola non sono opponibili;  le eccezioni relative ai rapporti fra debitore originario e creditore sono invece opponibili, tranne alcuni casi.  Cosa sono le immissioni? L’art. 844 c.c. disciplina “le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino”; il proprietario è tenuto a sopportarle, ma solo fino a che esse “non superano la normale tollerabilità”. Spetta al giudice valutare nei singoli casi concreti se questa soglia è superata o meno. Per rendere questa valutazione meno arbitraria, la legge offre alcuni criteri:  condizione dei luoghi: un rumore, tollerabile in una zona disabitata, può diventare intollerabile in un insediamento abitativo; un fumo, tollerabile in una zona industriale, può non esserlo in una zona residenziale;  priorità di un determinato uso: se costruisco una casa in prossimità di un preesistente impianto industriale, installato quando nella zona non vi erano abitazioni, una lamentela per i fumi che la investono risulterà sicuramente meno fondata di quanto lo sarebbe nel caso opposto;  esigenza di contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà:si tratta di soppesare contemporaneamente da un lato la misura del danno sofferto dal proprietario che subisce le immissioni e dall’altro la misura del costo che chi esercita l’attività inquinante dovrebbe accollarsi per eliminarle. Bisogna inoltre tener conto delle conseguenze che per l’economia di quella zona comporterebbe la chiusura dell’attività. La soluzione più spesso adottata in tali casi, consente le immissioni superiori alla normale tollerabilità, poiché derivano da un’attività socialmente utile; ma chi le produce deve pagare un indennizzo a chi le subisce. Quando un’immissione risulta illecita in base ai criteri appena descritti, chi la subisce può porre in essere due possibili rimedi legali:  azione inibitoria, per ottenerne la cessazione;  risarcimento del danno già prodotto.  Quali sono le possibili forme di riparazione del danno per inadempimento? Il danno che il debitore causa al creditore con il proprio inadempimento, può essere riparato in due forme:  risarcimento per equivalente: il debitore deve versare al danneggiato una somma di denaro pari al valore del danno subito (es: danneggio merci per il valore di Euro 2.000, verso al danneggiato Euro 2.000 sul suo conto corrente). È la forma più diffusa e importante di riparazione del danno;  riparazione in forma specifica: consiste nel ripristinare, a favore del danneggiato, proprio quello specifico interesse che l’inadempimento ha leso (es: se il debitore non consegna una determinata cosa, il creditore può ottenerla attuando i meccanismi dell’esecuzione forzata). La riparazione in forma specifica può consistere anche nella distruzione, a spese del debitore, di ciò che è stato illegittimamente posto in essere.  Cos’è l’onere della prova? Il principio generale in materia di onere della prova stabilisce che “chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento” (art. 2697 c.c). Nel campo della responsabilità extracontrattuale si applica, in linea di massima, il principio della prova: l’onere della prova grava sul danneggiato che chiede il risarcimento (es: X agisce contro Y per essere risarcito del danno ingiusto: X deve dimostrare il danno). Invece, per la responsabilità contrattuale, invece, si deroga al principio generale: la legge prevede l’inversione dell’onere della prova, che viene in parte spostato dal creditore danneggiato, che agisce per il risarcimento, sul debitore che cerca di evitarlo (A deve provare di avere un credito verso B: sarà B a dover provare l’eccezione se non vorrà pagare).  Quali sono le ragioni dell’annullabilità del contratto? I vizi che portano all’annullabilità del contratto rispondono ad un particolare interesse del contraente e si riuniscono, fondamentalmente, in 2 grandi filoni:  incapacità di agire: si richiama la distinzione tra incapacità legale e incapacità naturale e, nell’ambito della prima, tra incapacità assoluta e incapacità relativa;  vizi della volontà (o vizi del consenso): sono fattori i quali disturbano o deviano il processo di formazione della volontà che, per questo, conclude un contratto che non corrisponde ai suoi programmi. Sono 3: errore, dolo o violenza. Al di fuori di questi 2 filoni, il contratto è annullabile in qualche altro caso, che la legge lo dichiara tale. I casi principali sono 2: ● contratto concluso dal rappresentante in conflitto d’interessi con il rappresentato, ivi compreso il contratto con sé stesso; ● contratto di straordinaria amministrazione compiuto da un coniuge su un bene della comunione (bene immobile o mobile registrato).  Cos’è il contratto formato mediante esecuzione? Una classe di contratti a cui si applica uno schema diverso da quello generale comprende i contratti che richiedono di essere eseguiti senza bisogno di preventiva accettazione comunicata al proponente. Ciò può accadere su richiesta del proponente stesso oppure perché così richiedono la natura dell’affare o gli usi (es: il dettagliante A ordina a B, suo abitale fornitore all’ingrosso un certo quantitativo di prodotti all’ultimo prezzo di listino, è normale che B, ricevuto l’ordine, spedisca subito i prodotti richiesti, senza preoccuparsi di scrivere prima ad A che accetta la sua proposta). In questi casi, ai sensi dell’art. 1327 c.c., il contratto è “concluso nel tempo e nel luogo in cui ha avuto inizio l’esecuzione” della prestazione richiesta. Dunque lo schema è: proposta + inizio dell’esecuzione. Il proponente, ha tuttavia bisogno di sapere al più presto se l’oblato accetta la sua proposta: per questo “l’accettante deve dare prontamente avviso all’altra parte dell’iniziata esecuzione”. In mancanza, deve risarcire il danno.  Chi è il rappresentante apparente? La regola dell’inefficacia del contratto concluso dal falso rappresentante conosce una deroga che si basa sul “principio di apparenza”. Il preteso rappresentato è vincolato al contratto con il terzo quando ricorrono 3 condizioni:  apparenza di poteri rappresentativi: devono essere presenti indici esteriori tali fa giustificare l’impressione che il falso rappresentante sia munito di poteri rappresentativi;  imputabilità di tale apparenza al preteso rappresentato: egli deve avere colposamente concorso a creare o tollerare tale falsa apparenza;  affidamento incolpevole del terzo contraente sull’esistenza di tali poteri: il terzo, deve quindi essere in buona fede e il suo errore non deve dipendere da negligenza. Qui, pertanto, la protezione dell’affidamento è particolarmente forte: rende valido e vincolante per il falso rappresentato un contratto, fatto da un altro soggetto in suo nome e per suo conto, e che lui non aveva autorizzato.  Cos’è il regolamento contrattuale e quali sono le sue fonti? Il contratto serve alle parti per sistemare i propri interessi. Il c.d. “regolamento contrattuale” è quindi l’insieme delle regole che il contratto detta alle parti, e che esprimono gli impegni e i risultati legali previsti come sistemazione dei loro interessi. Il regolamento contrattuale, in altre parole, è il contratto stesso, inteso non come atto ma come rapporto. Le fonti del regolamento sono i fattori dal quale nascono le regole che disciplinano il contratto. Queste regole possono nascere da 2 tipi di fonti:  fonti autonome (o volontarie): sono fonti che coincidono con la volontà delle parti;  fonti eteronome: sono fonti diverse, esterne, che operano a prescindere dalla volontà delle parti e danno luogo alla c.d. “integrazione del contratto”.  Che cos’è la responsabilità oggettiva e quali sono le principali ipotesi? Responsabilità oggettiva significa responsabilità senza colpa. Ci sono rapporti obbligatori in cui il debitore inadempiente è tenuto a risarcire il danno anche se l’inadempimento non dipende da sua colpa: la prova di non aver potuto evitare l’inadempimento e il danno, pur impiegando l’ordinaria diligenza, non lo libera da responsabilità. Questa responsabilità si fonda si fonda sul rischio: il debitore risponde di tutti i fatti, anche non dipendenti da sua colpa, che si manifestano nella sua sfera si organizzazione e del normale svolgimento della sua attività, poiché la legge ritiene giusto e razionale che la responsabilità di tali fatti cada sul debitore che esercita e controlla quell’attività, anziché sul creditore, che a quell’attività è estraneo. Non vi è responsabilità oggettiva del debitore solo in presenza di un caso fortuito (avvenimento straordinario e imprevedibile, oltre che inevitabile. Es: se crolla un ponte, il vettore non è responsabile della mancata consegna della cosa), per natura o difetti delle cose trasportate, per cattivo imballaggio, per fatto del mittente o del destinatario. I principali casi di responsabilità oggettiva sono i seguenti:  obbligazioni aventi per oggetto prestazioni rese da imprenditori ad un pubblico di utenti, e implicanti la detenzione e la custodia di cose (es: obbligazioni del vettore, dell’albergatore, della banca ecc..);  obbligazioni di fornire cose fungibili, riguardo alle quali non sia ancora avvenuta l’individuazione (es: obbligazioni di chi deve consegnare una partita di stoffe, ma vengono distrutte in un incendio causato da un corto circuito; se i pezzi materiali di stoffa fossero invece già stati messi da parte per il creditore, il rischio di perdita della cosa si sarebbe già spostata su di lui);  obbligazioni pecuniarie. Chi deve una somma e non paga, alla scadenza, è responsabile anche se si è trovato privo del denaro necessario per cause non riconducibili a sua colpa (es: ha speso tutto per curarsi da un’improvvisa e gravissima malattia);  obbligazioni adempiute per mezzo di ausiliari: lart. 1228 c.c. prevede che “il debitore che nell’adempimento delle obbligazioni si avvale dell’opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro”. Ciò in quanto l’inadempimento e il danno si determinano nella sfera organizzativa del debitore, da lui creata e gestita nel proprio interesse; è perciò sensato che il rischio corrispondente ricada sul debitore, anziché sul creditore estraneo a quell’attività.  Chi è l’esecutore testamentario? Una possibile disposizione testamentaria consiste nell’eventuale nomina di uno o più esecutori testamentari (art. 700 c.c.); essi devono essere persone capaci di agire e possono anche coincidere con eredi o legatari. Entrano in funzione solo se accettano l’incarico (art. 702 c.c.). Il loro compito consiste nel curare che siano esattamente eseguite le disposizione di ultima volontà del defunto; a tal fine, prendono possesso dei beni compresi nell’asse ereditario e li amministrano con la diligenza del buon padre di famiglia per un tempo limitato prima all’autosalone, il compratore ha detto “compro quest’auto anche per risparmiare, visto che il gasolio costa meno della benzina”), allora non c’è ragione di tutelare la controparte. Parte della giurisprudenza, ritene che possa considerarsi rilevante anche un errore, astrattamente non riconoscibile, se è un “errore comune” nel quale cioè siano cadute entrambe le parti.  Quali sono le cause di invalidità del matrimonio? Il matrimonio è reso invalido da 4 ordini di cause:  impedimento matrimoniale: determinate condizioni soggettive che la legge considera incompatibili con l’assunzione del vincolo matrimoniale; esse, pertanto, impediscono al soggetto la possibilità di contrarre matrimonio (es: età, interdizione legale, lutto vedovile, non libertà di stato, rapporti familiari tra gli interessati, condanna per la commissione del delitto di omicidio tentato o consumato nei confronti dell coniuge del soggetto che si vorrebbe sposare);  incapacità naturale di un coniuge: il matrimonio contratto da chi risulta incapace di intendere e di volere, anche per causa transitoria, al momento della celebrazione, è invalido. L’invalidità non è subordinata né alla prova del grave pregiudizio per l’incapace, né a quella della malafede; l’atto di matrimonio è così delicato, che l’esigenza di garantire l’integrità della consapevolezza e del consenso prevale sull’esigenza di tutelare l’altrui affidamento.  presenza di un vizio della volontà: sono 3: • violenza: minaccia esercitata su uno sposo per indurlo al matrimonio; • timore di eccezionale gravità: deriva da cause esterne alle sposo, ma non da minaccia altrui direttamente finalizzate a indurre al matrimonio, ma piuttosto da pressioni indirette dall’ambiente socio-familiare del coniuge (es: la donna non vorrebbe più sposarsi perché si è accorta di amare un altro, ma acconsente a sposarsi per non dare una delusione al padre, gravemente ammalato di cuore); • errore: è rilevante solo se riguarda identità della persona dell’altro coniuge, determinate qualità personali dell’altro coniuge tassativamente indicate (es: malattie psichiche, anomalie sessuali..);  simulazione: si ha invalidità del matrimonio quando i coniugi, a margine della celebrazione, fanno un accordo simulatorio con cui stabiliscono di non adempiere gli obblighi, e non esercitare i diritti che nascono dal matrimonio. Ricorre solo se implica l’accordo di entrambe le parti.  Cos’è l’illiceità della causa? La causa è illecita quanto è disapprovata dall’ordinamento giuridico, perché in contrasto con l’interesse generale o con altri valori meritevoli di tutela. Come la mancanza di causa, anche l’illiceità della causa impedisce al contratto di essere valido e di produrre effetti giuridici; in altre parole, il contratto è nullo. I parametri dell’illiceità della causa sono i medesimi che definiscono l’illiceità dell’oggetto (contrarietà a norme imperative, ordine pubblico e buon costume).  Che cos’è il principio dispositivo? Per essere riconosciuti nel processo, e quindi attuati, i diritti devono essere provati. Le prove sono i mezzi che servono a dare la conoscenza di un fatto, e quindi a formare la convinzione della verità di esso. Per le prove nel processo civile vale il c.d. “principio dispositivo”, in forza del quale il giudice non può andare da sé alla ricerca delle prove necessarie a formare il suo convincimento, ma spetta alle parti interessati fornire al magistrato le prove idonee a convincerlo delle loro ragioni. Il giudice decide la lite esclusivamente in base alle prove allegate dalle parti.  Cosa sono e quali sono le vicende dei diritti? I diritti “non restano fermi” ma “si muovono” continuamente: questi movimenti e cambiamenti prendono il nome di “vicende dei diritti”. Dal punto di vista del diritto, le vicende principali possono essere:  nascita: il diritto prima non esisteva, ora si;  trasferimento: i diritto cambia il proprio titolare;  estinzione: il diritto prima esisteva, ora non più; Dal punto di vista del soggetto, invece, le vicende possono essere:  acquisto: la persona prima non era titolare del diritto, ora lo diventa;  perdita: la persona prima era titolare del diritto, ora non più.  Cos’è la divisione ereditaria e come avviene? La comunione ereditaria è una situazione transitoria destinata a cessare con la divisione. La legge vede con favore lo scioglimento della comunione; per questo attribuisce ad ogni coerede il diritto di chiederla in qualsiasi momento (art. 713 c.c.). Questo diritto può essere temporaneamente bloccato solo in alcuni casi tassativamente previsti (c.d.“sospensione del diritto alla divisione”):  per disposizione del testatore: il quale stabilisca che la divisione venga rinviata per un certo periodo di tempo (non superiore a 5 anni dalla sua morte o, se fra i coeredi vi è n minore, a un anno dal compimento della maggiore età);  di diritto: in vari casi nei quali l’attribuzione di quote ereditarie si presenta incerta (es: quando tra i chiamati all’eredità vi è un nascituro, quando è pendente un giudizio sulla filiazione ecc..);  per provvedimento del giudice: egli può sospendere la divisione per non più di 5 anni quando la sua esecuzione immediata rischia di portare notevole pregiudizio al patrimonio ereditario (art. 717 c.c.). L’effetto della divisione è che ciascun coerede avrà un diritto esclusivo su determinanti beni per un valore corrispondente alla propria quota ideale del comune patrimonio. Ciascun coerede si considera ora solo e immediato successore nei beni che gli sono spettati con la divisione (tali beni si considerano di sua proprietà sin dall’apertura della successione; per contro, i beni assegnati agli altri coeredi si considerano come se non fossero mai stai di sua proprietà). Se dopo la divisione un terzo fa valere diritti su qualche bene ereditario (dimostrando che esso non apparteneva al de cuius,) la perdita non viene sopportata solo dal coerede cui era spettato quel bene, ma si ripartisce fra tutti i coeredi, ciascuno dei quali vede proporzionalmente ridotta la propria parte (art. 759 c.c.); in altre parole, i condividenti si garantiscono reciprocamente contro l’evizione. Se nella divisione non si è tenuto conto di qualche bene ereditario, non ne deriva nullità; può rimediarsi con un supplemento di divisione (art. 762 c.c.).  Cos’è il contratto preliminare e cosa comporta il suo inadempimento? Il contratto preliminare è quello con cui le parti si obbligano a concludere in futuro un determinato contratto, del quale hanno già concordato gli elementi essenziali, ma del quale desiderano rinviare gli effetti (e che si chiama “contratto definitivo”). Per effetto di tale contratto, ad esempio in una compravendita, il (futuro) compratore non acquista ancora la proprietà del bene, che rimane al (futuro) venditore; né sorge ancora per lui l’obbligo di pagare il prezzo. In altre parole, il contratto preliminare produce effetti obbligatori, anziché effetti reali. Se, per accordo delle parti, qualcuno degli effetti viene, almeno in parte, anticipato rispetto alla conclusione del contratto definitivo (es: pagamenti di un acconto, immissione nel possesso del bene ecc..) si parla di “preliminare con effetti anticipati”. La legge impone per il contratto preliminare una forma vincolata, ovvero la stessa richiesta per il contratto definitivo (art. 1351 c.c.); ad esempio, il contratto preliminare di vendita immobiliare è nullo se non è scritto. Quando una parte rifiuta ingiustificatamente di concludere il contratto definitivo entro il termine stabilito commette il c.d “inadempimento del preliminare”. L’altra parte può chiedere al giudice non la semplice condanna dell’inadempiente al risarcimento del danno, bensì una sentenza costitutiva che produce gli stessi effetti del contratto non concluso (art. 2932 c.c.). La sentenza costitutiva è dunque il mezzo tipico di esecuzione in forma specifica. L’emanazione della sentenza costitutiva è subordinata a due condizioni:  il risultato chiesto deve essere “spossibile e non escluso dal titolo”;  la parte che la chiede contestualmente offre di eseguire la prestazione a suo carico. Se nel frattempo il promittente venditore trasferisce il bene a un terzo, ma il promittente acquirente ha trascritto il suo contratto preliminare, tale trascrizione rende a lui inopponibile l’acquisto del terzo, che sia stato trascritto dopo (art. 2645-bis c.c.).  Cosa sono il dolo incidente e il c.d. “ dolus bonus ”? Solo il dolo determinante causa l’annullabilità del contratto. Ci sono altri tipi di inganno contrattuale, meno gravi, che non hanno una conseguenza così drastica. Si ritiene ad esempio che non abbia nessuna conseguenza il c.d. “dolus bonus”, consistente nella generica esaltazione delle qualità del bene offerto (es: il commerciante afferma che i suoi prodotti sono “i migliori al mondo” o “risolveranno tutti i vostri problemi”); nessuna persona ragionevole deciderebbe di acquistarli solo per effetto di queste vanterie un po’ ingenue. Cosa diversa è il c.d. “dolo incidentale”: quell’inganno non tanto grave da risultare decisivo per la conclusione del contratto (in quanto il contraente lo avrebbe fatto ugualmente), ma abbastanza grave da indurre la vittima ad accettare condizioni diverse e meno vantaggiose di quelle che avrebbe accettato senza l’inganno (es: A acquista l’appartamento di B che, mostrandogli delibere condominiali e fatture false, gli fa credere che la facciata del condominio sia appena stata rifatta, mentre invece deve ancora essere rifatta e la relativa spesa graverà sul proprietario dell’appartamento al momento della delibera). La conseguenza del dolo incidentale non è l’annullabilità del contratto, che resta valido; è il diritto del contraente ingannato ad ottenere il risarcimento del danno derivante dal comportamento sleale di controparte durante le trattative (è dunque un tipico caso di responsabilità precontrattuale).  Cos’è il matrimonio concordatario? Il matrimonio religioso con effetti civili è disciplinato dalla L. 847/1929 (emanata per date attuazione al concordato) e da alcune norme del relativo accordo di revisione del 1984. I presupposti in base ai quali un matrimonio religioso può produrre effetti civili sono i seguenti:  pubblicazioni: dichiarazione pubblica dei futuri coniugi di voler convolare a nozze, fatta sia presso la parrocchia degli sposi e sia presso la sede del loro Comune di residenza;  lettura, da parte del sacerdote celebrante durante la cerimonia, degli articoli del Codice Civile relativi ai diritti e ai doveri dei coniugi (l’eventuale inadempimento, tuttavia, non impedisce che il matrimonio religioso possa produrre effetti civili);  trascrizione: registrazione del matrimonio religioso nei registri dello Stato Civile, cui il sacerdote celebrante deve inviare un originale dell’atto entro 5 giorni dalla celebrazione. La trascrizione opera comunque retroattivamente, ovvero gli effetti civili del matrimonio si producono dal giorno della celebrazione. Se il termine di 5 giorni non è rispettato, si ha celebrazione tardiva,che produce i medesimi effetti; l’Ufficiale di Stato Civile, però, può farla solo su richiesta degli sposi. In alcuni casi pera il c.d. “divieto di trascrizione”; ovvero il matrimonio religioso valido per la Chiesa non può essere trascritto se presenta vizi che l’ordinamento statale ritiene gravi. Essi sono: oppure quando una società ne incorpora un’altra, sua debitrice. A questo punto il debitore dovrebbe ricevere la prestazione da sé stesso: l’obbligazione non ha più senso di esistere.  Cos’è l’invenzione? “Invenzione”, dal latino “invenire”, significa “ritrovamento”. È un modo di acquisto della proprietà a titolo originario che riguarda le cose mobili smarrite dal proprietario. Si realizza nel modo seguente: chi trova una cosa mobile smarrita, ha l’obbligo d restituirla al proprietario o consegnarla al Sindaco (art. 927 c.c.). Se, consegnata al Sindaco, trascorre un anno senza che nessuno ne reclami la proprietà, il ritrovatore ne acquista la proprietà (art. 930 c.c.); se invece il proprietario reclama la cosa, deve pagare un premio al ritrovatore, che la legge fissa in una percentuale del valore della cosa (1/20 valore eccedente Euro 5,16) (art. 930 c.c.). Se il ritrovamento riguarda oggetti di interesse storico o culturale, questi spettano allo Stato (art. 826 c.c.) e il ritrovatore ha diritto solo a ricevere un premio. Norme speciali contenute nel Codice di Navigazione, valgono per il ritrovamento delle cose gettate in mare, dei relitti di imbarcazione e dei relitti di aeromobili.  Cos’è l’offerta al pubblico? L’offerta al pubblico è un particolare tipo di proposta, che ha la caratteristica di essere indirizzata non a un destinatario determinato, ma ad una collettività indeterminata di possibili destinatari (es: esposizione di prodotti nelle vetrine di un negozio). Questo tipo contrattuale pone un problema: quando e a quali condizioni si forma il contratto? La risposta è data dai criteri dell’art. 1336 c.c. Il primo criterio è che l’offerta al pubblico può valere come vera e propria proposta di contratto; ne consegue che per la conclusione è sufficiente l’accettazione di un interessato. La regola incontra 2 limiti. L‘offerta al pubblico vale come proposta solo a 2 condizioni:  l’offerta deve contenere gli estremi essenziali del contratto da concludere (es: sul listino dei prodotti esposti in vetrina deve essere indicato il prezzo);  il valore di vera e propria proposta non deve essere escluso dalle circostanze né dagli usi (es: l’annuncio sul giornale di un appartamento in vendita, sebbene contenga gli estremi essenziali del contratto, non è sufficiente per concluderlo, in quanto gli usi non lo consentono. In casi come questi l’offerta al pubblico vale non come proposta ma come “invito a proporre”: chi legge l’annuncio e si presenta ai proprietari dicendosi interessati all’appartamento, assume lui il ruolo di proponente e il proprietario può decidere se accettare o rifiutare la proposta).  Cos’è la simulazione del contratto e quali effetti ha tra le parti, verso i terzi e i nei confronti dei creditori? La simulazione è lo strumento a cui le parti ricorrono quando hanno interesse a creare l’apparenza di una situazione giuridica diversa da quella che è la situazione reale. Si ha simulazione quando le parti dichiarano di fare un determinato contratto, mentre in realtà sono d’accordo che non vogliono quel contratto. A tale dichiarazione corrisponde il “contratto simulato” (cioè finto). L’accordo delle parti, nel senso di non volere il contratto simulato, si chiama “accordo simulatorio” e risulta dalla controdichiarazione che le parti si scambiano a margine del contratto simulato. Il contratto simulato crea una situazione apparente (non reale), mentre la situazione reale è quella indicata dall’accordo simulatorio. A seconda del contenuto dell’accordo simulatorio distinguiamo tra:  simulazione assoluta: le parti dichiarano che, in luogo del contratto simulato, non voglio nessun contratto, ovvero non vogliono la produzione di nessun effetto giuridico (es: A e B simulano una compravendita, controdichiarando che in realtà A non paga nessun prezzo e B non perde la proprietà del proprio bene);  simulazione relativa: le parti controdichiarano che, in luogo del contratto simulato, vogliono un contratto di verso (c.d. “contratto dissimulato, cioè nascosto”); per cui la situazione reale consiste in effetti contrattuali diversi da quelli apparenti (es: A e B dichiarano una vendita ma dal contratto dissimulato risulta essere una donazione). Mentre il contratto simulato viene reso pubblico, la controdichiarazione rimane conoscibile solo dalle parti. Pertanto la controdichiarazione deve avere carattere di bilateralità; in caso di intento simulatorio concepito da una sola parte, non condiviso dall’altro contraente, si avrebbe una semplice “riserva mentale”, che non dà luogo alla simulazione e non è giuridicamente rilevante. Le ragioni che spingono le parti a simulare possono essere varie: in qualche caso lecite (es: fingere una vendita ma il realtà fare una donazione al nipote, senza suscitare gelosie e recriminazioni tra gli altri parenti), in altre illecite (es: fingere di pagare una casa 400.000 euro anziché 500.000 per pagare un’imposta di registro più bassa). Nei rapporti tra le parti il contratto simulato non produce nessun effetto quando la simulazione è assoluta; se la simulazione è relativa, invece, ha effetto tra le parti il contratto dissimulato, ovviamente solo se sussistono i requisiti di sostanza e forma. “Ragioni di sostanza” significa che non devono sussistere ragioni di invalidità, mentre per “requisiti di forma” significa che deve essere osservata la forma richiesta per il contratto dissimulato. In linea di principio vale anche per i terzi la previsione che il contratto simulato non produce effetti. La legge consente tuttavia ai quali la legge consente di far emergere la situazione reale, quando questa sia più vantaggiosa della situazione apparente: l’art. 1415 c.c. prevede espressamente che “i terzi possono far valere la simulazione in confronto delle parti, quando essa pregiudica i loro diritti”. La legge tuttavia deroga questo principio, stabilendo che l’apparenza prevale sulla realtà (ovvero la simulazione non può essere opposta) quando i terzi in buona fede hanno acquistato diritti dal titolare apparente. I controinteressati (parti de contratto simulato e aventi causa del simulato alienante), quindi, non sono ammessi a far valere la situazione reale. Per quanto concerne gli effetti della simulazione bisogna distinguere tra 2 categorie di creditori:  creditori con prelazione: avendo acquistato un diritto (reale di garanzia) sul bene oggetto del contratto simulato, hanno in realtà posizione di acquirenti o aventi causa dalle parti di questo. Per essi valgono dunque le regole viste per i terzi;  creditori chirografari: partendo dal presupposto che i creditori del simulato alienante sono interessati al prevalere della realtà, mentre i creditori del simulato acquirente sono interessati al prevalere dell’apparenza, valgono le seguenti regole: • i creditori del simulato alienante possono, come qualunque terzo, far emergere la realtà; • se i creditori del simulato alienante entrano in conflitto con i creditori del simulato acquirente, la legge risolve il conflitto in base ad un criterio cronologico: se il credito verso il simulato alienante è anteriore all’atto simulato, la legge tutela questi creditori facendo prevalere la realtà. Se invece il credito è nato dopo, quando già si è creata l’apparenza, prevale questa e la legge tutela i creditori del proprietario apparente; • i creditori del simulato acquirente prevalgono anche nei confronti delle parti del contratto simulato, se in buona fede hanno compiuto atti di esecuzione sul bene oggetto di questo. A tutela dell’affidamento, quindi, prevale la realtà.  Cos’è il “ mutuo dissenso ”? Il c.d. “mutuo dissenso” (o “risoluzione convenzionale del contratto”) è l’accordo con cui le parti di un contratto decidono di scioglierlo, cancellandone gli effetti. Qui il principio di vincolo contrattuale non è violato, poiché il suo scioglimento dipende dalla volontà concorde degli stessi soggetti che lo hanno creato; anche sciogliere concordemente un contratto, infatti, può rappresentare un modo per sistemare i propri interessi in modo contrattualmente vincolante. Concordato il mutuo dissenso, nessuna delle parti può pretendere prestazioni nascenti dal vecchio contratto ormai sciolto.  Cos’è il danno? Il danno è la diminuzione di valore che il patrimonio del danneggiato subisce per effetto dell’inadempimento. Ai sensi dell’art. 1223 c.c., il danno si compone di due parti:  danno emergente: perdita subita dal creditore (es: valore intrinseco delle merci trasportate dal vettore e andate distrutte);  lucro cessante: mancato guadagno (es: profitti che il debitore avrebbe ottenuto se, consegnate le merci dal vettore, le avesse rivendute). Il danno fin qui considerato è il c.d. “danno patrimoniale”, consistente in una perdita di valori puramente economici; può esserci però anche un danno c.d. “non patrimoniale”, consistente nella lesioni di un valore o di un interesse non economico.  Cosa sono le nullità testuali e le nullità virtuali del contratti? Il contratto è nullo quando la legge lo dichiara espressamente tale: si parla al riguardo di “nullità testuale”. Ciò avviene molto spesso nel Codice Civile. Molto più interessante, sia dal punto di vista teorico che pratico, è la previsione dell’art. 1418 c1 c.c., il quale prevede che “il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative”; questa si usa chiamare “nullità virtuale”, in quanto ricorre in una serie aperta di casi, non definibili ex ante. Ogni contratto è virtualmente nullo in relazione al fatto che possa esistere una qualche norma imperativa con la quale il contratto stesso possa risultare in contrasto. Il meccanismo della nullità virtuale incontra limiti: non qualsiasi violazione di una norma imperativa produce nullità del contratto; il contratto contrario a norma imperativa è infatti nullo, salvo che “la legge disponga diversamente” (es: l’art. 1339 c.c. disciplina la c.d. “sostituzione automatica”. In forza di ciò, ad esempio, la vendita fatta ad un prezzo diverso da quello imposto con norma imperativa non è nulla, ma valida al prezzo fissato dalla norma imperativa stessa).  Quando è possibile la revoca della donazione? Il donante può revocare la donazione, per fatti successivi alla donazione stessa, in due casi:  revoca per ingratitudine: può farsi nelle seguenti ipotesi: - quando i donatario ha commesso contro il donante o i suoi stretti familiari, qualcuno degli stessi fatti che determinano l’indegnità a succedere; - quando il donatario reca ingiuria grave al donante o grave pregiudizio al suo patrimonio; - quando il donante gli rifiuta indebitamente gli alimenti dovuti.  Revoca per sopravvenienza di figli: può farsi quando dopo la donazione nasce un figlio del donante,o questi scopre di avere un figlio prima ignorato, o ne riconosce uno come figlio proprio (art. 803 c.c.); La revoca è esclusa per due sottotipi di donazione: quella remuneratoria e quella obnuziale Quanto alle conseguenze, la revoca toglie efficacia alla donazione, quindi obbliga il donatario a restituire il bene donato (in natura) oppure a versare l’equivalente monetario se nel frattempo lo ha alienato. I terzi acquirenti sono salvi, purché abbiano trascritto l’acquisto prima della trascrizione della domanda di revoca (art. 808 c.c.).  Cos’è l’essenzialità dell’errore? L’errore è essenziale quando ”cade su determinati elementi obiettivi del contratto”, indicati dalla legge, e cioè quando riguarda:  natura del contratto: vale a dire il tipo contrattuale (es: si pensa di concludere una compravendita con dilazione del prezzo, ma in realtà si tratta di una vendita a rate con riserva della proprietà);  oggetto del contratto: può riguardare: • la prestazione in quanto tale (es: l’imprenditore pensa che l’incarico ricevuto riguardi, a  deve fare a proprie spese l’inventario dei beni e dare idonea garanzia, per assicurare al proprietario il risarcimento nel caso in cui si rendesse responsabile della distruzione o del danneggiamento della cosa;  deve evitare che la cosa si deteriori o vada distrutta per mancanza di ordinaria manutenzione (deve farla e sopportare le relative spese). L’estinzione dell’usufrutto (artt. 1014 ss c.c.) è determinata da una delle seguenti cause: scadenza del termine, morte dell’usufruttuario, rinuncia, prescrizione estintiva, consolidazione (quando usufrutto e nuda proprietà si riuniscono in capo alla medesima persona), distruzione integrale della cosa, decadenza dovuta ad abusi dell’usufruttuario (es: per mancanza di ordinarie riparazioni).  Quale deve essere il luogo dell’adempimento? Quanto al luogo dell’adempimento della prestazione:  la regola generale prevede che l’obbligazione si adempie presso il domicilio del debitore;  alcune deroghe prevedono ad esempio: • l’obbligazione di consegnare una cosa certa e determinata si adempie nel luogo in cui la cosa si trova al momento della nascita dell’obbligazione; • l’obbligazione di pagare una somma di denaro si adempie presso il domicilio del creditore.  Quali sono le due ipotesi di rescissione del contratto? Le due ipotesi di rescissione del contratto disciplinate dal Codice sono “contratti conclusi in stato di pericolo” e “contratti conclusi in stato di bisogno” (c.d. “rescissione per lesione”) II contratto concluso in “stato di pericolo” è rescindibile quando ricorrono i seguenti requisiti (art. 1447 c.c.):  una parte fa il contratto solo perché vi è costretta “dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona”;  la necessità, creata dal pericolo, deve essere nota a controparte;  il contratto viene concluso a condizioni inique. (es: A chiama B che fa il medico in quanto nella notte la moglie ha avuto un malore; B accetta di praticare la terapia solo se A gli promette 2.000 euro). È chiara la differenza con la violenza psichica: lì la minaccia viene creata dalla controparte, mentre qui il pericolo nasce esterno e controparte si limita ad approfittarne. Più frequente è la fattispecie del contratto concluso in “stato di bisogno”. Per la sua rescissione occorrono i seguenti requisiti (art. 1448 c.c.):  una parte fa il contratto perché si trova in stato di bisogno (es: temporanea difficoltà economica) e il contratto è il modo per ovviare a tale bisogno;  controparte approfitta di tale situazione per trarne vantaggio;  il danno del contraente in stato di bisogno e il vantaggio di controparte, consistono in uno squilibrio economico fra le prestazioni delle parti. Tale squilibrio non può essere generico, ma identificato dalla legge con un parametro quantitativo che non lascia spaio alla valutazione discrezionale del giudice; lo scarto di valore tra la prestazione ricevuta dal contraente bisognoso e quella a sua carico deve essere almeno di “uno a due” (es: X, pressato dal bisogno i pagare i canoni arretrati al locatore che minaccia lo sfratto, vende a Y un quadro a 7.000 euro, sebbene ne valga almeno 20.000) (c.d. “rescissione ultra dimidium”);  lo squilibrio deve perdurare fino al tempo in cui è proposta la domanda di rescissione (es: questa non è proponibile se, nel caso di cui sopra, un crollo del mercato dell’arte deprime il valore del quadro a 10/12.000 euro). Il rimedio della rescissione per lesione non si applica, ovviamente, ai contratti aleatori, in quanto il rapporto di valore tra le prestazioni è affidato al caso.  Cosa sono l’incapacità legale e l’incapacità naturale? L’incapacità di minori, interdetti, inabilitati e persone soggette ad amministrazione di sostegno si definisce “incapacità legale”. Per verificare se un soggetto è minore o interdetto, ad esempio, è sufficiente consultare il su atto di nascita nei registri dello stato civile. Per determinare l’incapacità, quindi, valgono solo le risultanze ufficiali; tale sistema soddisfa un’indagine di certezza ed ha il vantaggio di semplificare i giudizi circa la capacità di agire oppure no. Nelle situazioni di incapacità legale, l’eventuale capacità reale del soggetto non ha rilevanza; non è vero invece il contrario. La legge deve tener conto del fatto che possono esistere soggetti infermi di mente che, per qualche motivo, non siano stati interdetti se non addirittura inabilitati. Inoltre, persone adulte e sane di mente possono temporaneamente trovarsi in condizioni di incapacità di intendere e di volere (es: per ubriachezza, azione di stupefacenti, grave depressione ecc..). Ipotesi come queste danno luogo alla c.d. “incapacità naturale”, la quale è definita come la condizione di incapacità di intendere e di volere in cui venga a trovarsi il soggetto che non sia un incapace legale. L’incapacità naturale (spesso solo transitoria) si differenzia dall’incapacità legale perché non risulta mai ufficialmente documentata, e quindi più difficile da accertare.  Cos’è la collazione? Nell’eventualità un cui il de cuius abbia fatto in vita donazioni al coniuge o a qualche discendente, la legge presume che tali donazioni rappresentino una semplice anticipazione sulla quota di successione spettante al familiare. Se non se ne tenesse conto in sede di divisione, la proporzione tra le quote spettanti agli eredi sarebbe alterata. Da questa situazione nasce l’obbligo di collazione (=conferimento) ossia l’obbligo per il coniuge o il discendente donatario di conferire il bene donato nella comunione ereditaria con gli altri soggetti tenuti a collazione. Siccome l’obbligo di collazione riflette la volontà presunta del de cuius, essa non scatta quando il defunto ha esplicitato che la donazione è un sovrappiù rispetto alla quota ereditaria; dispensa dalla collazione ma ovviamente non può potare alla lesione dell’altrui legittima (art. 737 c.c.). L’obbligo, inoltre, non tocca alcune attribuzioni gratuite, che per loro natura è ragionevole lasciare “fuori quota”. La collazione può farsi in due modi:  in natura: attribuendo alla comunione lo stesso bene donato, perché formi anch’esso oggetto di divisione;  per imputazione: avviene in modo figurativo, diminuendo la quota del donatario, in misura corrispondente al valore del bene donato. I beni mobili so conferiscono solo per imputazione; per gli immobili il donatario può scegliere fra collazione per imputazione e in natura. Nel caso di donazione di denaro finalizzata all’acquisto di un immobile, oggetto di collazione è l’immobile.  Qual’è la differenza fra possesso e detenzione? Per avere il possesso sono necessari 2 elementi:  elemento oggettivo o materiale: è il controllo sulla cosa;  elemento soggettivo o psicologico: consiste nell’intenzione di esercitare sulla cosa poteri che corrispondono al contenuto della proprietà o di un diritto reale minore. In altre parole, è l’intenzione di comportarsi da titolare del diritto (c.d. “animus possidendi”). Prototipo del possessore è il ladro, che ha preso la cosa altrui nel suo dominio con l’intento di appropriarsene. Esistono situazioni in cui è presente solo l’elemento oggettivo e non anche il soggettivo; chi controlla materialmente la cosa non manifesta l’intenzione di comportarsi come il proprietario. Questa situazione prende il nome di “detenzione” (es: il meccanico che prende in consegna la mia auto per aggiustarla non ha l’animus possidendi). Per avere il possesso di una cosa, non è necessario averne attualmente l’uso materiale, l’immediata disponibilità fisica (es: chi dà in locazione una casa continua ad esserne il possessore). L’art. 1140 afferma infatti che “si può possedere direttamente” (c.d. “possesso immediato”. Es: proprietario che abita la sua casa) oppure “si può possedere per mezzo di altra persona, che ha la detenzione della cosa” (c.d. “possesso mediato”. Es: proprietario- locatore, che la possiede tramite l’inquilino-detentore).  Cos’è l’accollo? L’accollo è l’accordo fra il debitore e un terzo, per effetto del quale il terzo (“accollante”) si assume il debito che il debitore (“”accollato) ha verso il creditore (“accollatario”). Realizza, come l’espromissione, l’assunzione del debito altrui: si distingue però da essa in quanto consiste in un accordo del terzo con il debitore anziché con il creditore. A seconda dell’atteggiamento che il creditore assume rispetto all’accordo, si distingue tra:  accollo interno: il creditore resta estraneo all’accordo, in quanto non vi partecipa né vi aderisce. L’impegno assunto dall’accollante può essere revocato in qualsiasi momento;  accollo esterno: il creditore aderisce all’accordo tra debitore e terzo. L’impegno dell’accollante non può essere revocato quindi l’accollante diventa definitivamente debitore dell’accollatario (art. 1273 c.c.). A seconda della posizione del debitore originario, invece, distinguiamo tra:  accollo cumulativo: il debitore originario non viene liberato, ma resta obbligato il solido con l’accollante, che si aggiunge a lui come nuovo debitore (art. 1273 c.c.);  accollo liberatorio: il debitore originario viene liberato, e unico obbligato rimane l’accollante. Ciò si verifica solo a due condizioni: • il creditore dichiara espressamente di liberare il debitore originario; • la liberazione del debitore originario è una previsione espressa dell’accordo di accollo (tra debitore e terzo), cui il creditore ha aderito.  Cos’è il dolo determinante? In materia contrattuale il termine “dolo” ha un significato diverso rispetto al dolo inteso come “coscienza e volontà di tenere un comportamento dannoso” che possiede in tema di responsabilità per inadempimento. Il dolo come vizio della volontà è l’inganno nella formazione del contratto: ovvero, è il raggiro o la menzogna usati contro un contraente, per indurlo a fare un contratto (es: A convince B a permutare la sua BMW con un quadro di B asserendo che hanno lo stesso valore, mentre il realtà il quadro vale molto meno). È un situazione che ha punti in comune con la fattispecie dell’errore: la differenza è che chi cade in errore, ci cade da solo, senza che un altro si adoperi per farlo cadere. La legge deve quindi tutelare la vittima dell’errore indotto dalla macchinazione altrui; la tutela consiste nell’annullabilità del contratto. Il rimedio scatta a una sola condizione, relativa alla gravità dell’inganno: deve trattarsi di un “dolo determinante”, e cioè di un inganno decisivo per la conclusione del contratto, nel senso che, senza raggiro la vittima non avrebbe concluso il contratto (art. 1439 c.c.). oltre a una condotta di raggiro o menzogna (c.d “dolo commissorio”), il dolo può presentarsi anche come “dolo omissivo” o “reticenza”: si ha quando l’inganno consiste nel tacere alla parte elementi decisivi del contratto, a lei ignoti. Fuori da questo caso la reticenza equivale a dolo solo quando tacere determinati elementi rappresenta una violazione dell’obbligo di buona fede (intesa come correttezza e lealtà). Se non ha gravità tale da potersi considerare dolo e portare all’annullamento del contratto, può dare luogo quantomeno a risarcimento per responsabilità precontrattuale. L’inganno di cui una vittima è parte potrebbe provenire non solo dalla controparte ma anche da un terzo estraneo; il dolo del terzo determina l’annullabilità del contratto solo se risulta noto alla parte che ne trae vantaggio (art. 1439 c.2 c.c.). Se invece anche questa parte è all’oscuro dell’inganno, il contratto resta valido (altra applicazione del principio della tutela dell’affidamento). Oltre all’annullamento del contratto, la vittima del dolo ha un rimedio aggiuntivo: può chiedere all’ingannatore il risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale (verso privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome”).  Cos’è la pubblicità notizia? Si ha pubblicità notizia quando la legge impone formalità pubblicitarie per determinati atti o fatti, ma la mancanza della stessa non impedisce al fatto o all’atto di esistere e produrre regolarmente i suoi effetti. Un esempio di pubblicità notizia è la pubblicità relativa alle pubblicazioni matrimoniali: se vengono omesse scattano sanzioni a carico del responsabile, ma il matrimonio è valido ed efficace.  Cos'è l'inefficacia del contratto? Un contratto inefficace è un contratto che non produce tutti quegli effetti che normalmente dovrebbe produrre. L'inefficaica può essere a seconda del momento: ● originaria: il contratto è improduttivo di effetti a partire dal momento in cui è formato; ● sopravvenuta: il contratto inizialmente è efficace e successivamente, da un certo momento in poi diventa improduttivo di effetti. A seconda dell'ambito, invece, l'inefficacia può essere: ● assoluta: il contratto non produce effetti nè verso le parti nè verso i terzi; ● relativa: produce effetti tra le parti e verso alcuni terzi che si trovano in determinate situazioni (es: un atto trascritto è inopponibile verso il terzo che abbia trascritto anteriormente).  Quando si prescrive il diritto di invocare l’invalidità del contratto? Il Codice detta una disciplina diversa per nullità e annullabilità:  il diritto di far accertare e dichiarare dal giudice la nullità (c.d. “azione di nullità”) è imprescrittibile (art. 1422 c.c.). Vi sono alcune eccezioni: • l’azione di ripetizione delle prestazioni fatte in base al contratto nullo resta soggetta a prescrizione; • per l’operare dell’usucapione, il tempo non lavora contro chi è interessato alla nullità, salvo che lavori a favore di qualche controinteressato;  l’azione per far valere l’annullabilità del contratto si prescrive in 5 anni (art. 1442 c.c.). Nei principali casi di annullabilità il termine decorre da quando viene meno la causa di questa (es: dalla fine dell’incapacità, dalla scoperta dell’errore o dell’inganno, dalla cessazione della minaccia); negli altri casi, dalla conclusione del contratto. Si prescrive l’azione, ma non si prescrive l’eccezione di annullabilità (es: se X nel 2020 compra da Y una cosa in base ad un suo errore rilevante del quale si accorge dopo senza fare nulla, nel 2025 non può più ottenere l’annullamento del contratto in quanto l’azione si è prescritta, quindi non recupera quanto pagato. Se però, per qualche motivo, X non aveva ancora pagato, e nel 2025 Y pretende i soldi, X può paralizzare questa pretesa opponendogli che essa si fonda su un contratto annullabile. In altre parole, il rimedio morto come azione, resta vivo come eccezione).  Cosa sono le presunzioni? Presunzione significa “dare per vero qualcosa che obiettivamente non si sa con certezza che sia vero, in quanto non oggettivamente provato”. Quando la legge stabilisce una presunzione, ciò significa che imposta la disciplina di una situazione dando per scontata la presenza di un elemento (pur non provato), capace di produrre determinati effetti giuridici. La presunzione legale può essere:  relativa:chi vuole invocare determinati effetti giuridici è esonerato da provare gli elementi che li produce e che normalmente spetterebbero a lui provare. È il controinteressato che, se vuole contrastare quegli effetti giuridici, ha l’onere di dimostrare che l’elemento presunto dalla legge in realtà esiste. In altre parole, quindi, la presunzione determina un’inversione dell’onere della prova (es: buona fede del possessore per l’usucapione);  assoluta: per tale presunzione la legge non ammette prova contraria (es: presunzione di concepimento durante il matrimonio). Dalle presunzioni legali (assolute o relative) si distinguono le c.d. “presunzioni semplici”, le quali non sono poste da una norma bensì costituiscono una tecnica di ragionamento: sono il procedimento logico con cui, partendo da un fatto noto o provato, si arriva a considerare esistente un altro fatto, ignoto e non direttamente provato. La legge guarda le presunzioni semplici con una certa cautela e, in alcuni casi, esclude la possibilità di farvi ricorso: anche quando le ammette esige che siano “gravi, precise e concordanti” (art. 2729 c.c.).  Cos’è la conversione del contratto nullo? La conversione è il meccanismo per cui il contratto nullo può produrre gli effetti propri di un contratto diverso (art. 1424 c.c.). Ciò può accadere a 2 condizioni: ● il contratto nullo deve avere i requisiti di sostanza e forma previsti per il contratto diverso; ● deve risultare che le parti avrebbero voluto il contratto diverso, se avessero saputo della nullità del loro contratto. Qui la c.d. “volontà ipotetica delle parti” deve essere intesa non in senso psicologico ma in senso oggettivo: il criterio è la coerenza degli effetti del contratto diverso rispetto al programma (assetto di interessi) che le parti avevano inteso realizzare con il loro contratto (es: la locazione di 12 ani fatta verbalmente e quindi nulla per difetto di forma, può convertirsi in una locazione novennale – che non richiede lo scritto – se per le parti non era assolutamente essenziale la durata di 12 anni). Ad un criterio diverso risponde la c.d. “conversione legale” che si ha quando la legge, di fronte ad un contratto considerato con sfavore, prevede la possibilità “di convertirlo in un contratto di tipo diverso, a prescindere dalla volontà ipotetica delle parti” (es: i contratti agrari di tipo associativo vengono convertiti in affitto do fondo rustici).  Cosa sono i poteri di esclusione? L’art. 832 c.c. afferma che i poteri del proprietario possono essere utilizzati in maniera da lui in maniera “piena ed esclusiva”. Il termine “esclusivo” significa che il proprietario ha la facoltà di escludere ogni altro soggetto dal godimento della cosa, e di impedire interferenze altrui nel suo godimento. I poteri di esclusione incontrano però alcuni limiti:  ad esempio il proprietario non può impedire l’accesso al fondo a chi vuole entrarvi per l’esercizio della caccia (salvo che il fondo sia stato chiuso), oppure per recuperare oggetti o animali (salvo che li riconsegni direttamente lui stesso al legittimo proprietario). In determinate zona (es: montagna)vale la regola del libero acceso nel fondo altrui, anche senza il preventivo consenso del proprietario, per svolgere attività come l’escursionismo, lo sci o la raccolta dei funghi: fonte di questa regola è la consuetudine;  in linea di massima, la proprietà di un fondo si estende sia alla zona aerea sovrastante, sia al sottosuolo. Tuttavia il proprietario non può impedire che altri compiano, nel sottosuolo del suo fondo o nello spazio sovrastante, attività le quali si svolgano a una profondità tale o ad un’altezza tale che egli non abbia interesse ad escluderla (art. 840 c.c.) (es: passaggio degli aerei, scavo di una galleria senza portare il minimo danno o disturbo ecc..).  Quali sono i criteri per valutare l’ingiustizia del danno? L’art. 2043 c.c. afferma che “un danno è risarcibile solo se è ingiusto”. I criteri in base ai quali può dirsi che un danno è contrario al diritto sono i seguenti due:  è ingiusto il danno causato da un comportamento che viola una norma giuridica vigente nell’ordinamento. Questo criterio può non essere sufficiente, in quanto il danno può essere causato da comportamenti che non violano alcuna norma;  è ingiusto il danno che corrisponde alla lesione di un interesse protetto dal diritto. Questo criterio sposta l’attenzione dal danneggiante al danneggiato. Possono però venire in gioco più interessi protetti (es: diritto del giornalista a informare e diritto del soggetto a tenere determinati fatti in riserbo). Per accertare se il danno è ingiusto occorre svolgere un giudizio comparativo tra i vari interessi in gioco, che consenta di verificare quale è il prevalente.. protagonista di questa valutazione comparativa è il giudice, chiamato a decidere sulle pretese di risarcimento: egli deve tenere conto di diversi elementi, che a seconda di come si presentano nel caso concreto possono orientare la decisione in un senso o nell’altro. Inoltre, il giudice deve collocarsi dal punto di vista dell’interesse generale, più che da quello individuale dei litiganti; deve infine fondare il suo giudizio non su proprie convinzioni personali bensì su norme o principi giuridici ricavabili dal complesso dell’ordinamento. La responsabilità civile è soggetta, più di altri istituti del diritto privato, a una costante evoluzione delle sue regole: con il mutare delle esigenze economico-sociali, del costume e della sensibilità culturale, mutano anche le gerarchie degli interessi prevalenti.  Quali sono i presupposti per l’adozione di minori? Un rapporto di filiazione può costituirsi anche tra 2 coniugi e un figlio non generato da loro: esso non si basa sulla procreazione biologica ma su un procedimento culminante in un provvedimento chiamato “adozione”. La legge stabilisce i requisti dell’adottato:  deve essere minore di età;  deve essere dichiarato in stato di adottabilità, il quale a sua volta presuppone una situazione di abbandono, ovvero: • il minore deve essere privo di assistenza morale e materiale da parte dei genitori e dei parenti tenuti a provvedervi; • la mancanza di tale assistenza non deve dipendere da forza maggiore di carattere transitorio. Per quanto riguarda gli adottanti, l’adozione può essere fatta da coppie di coniugi che:  siano sposate da almeno 3 anni (o che abbiano convissuto stabilmente per almeno 3 anni prima del matrimonio);  siano effettivamente idonei e capaci ad educare, istruire e mantenere i minori che intendono adottare;  presentino, rispetto al minore da adottare, uno scarto di età compreso tra un minimo di 18 anni e un massimo di 45 (questo requisito è derogabile solo se la mancata adozione causerebbe al minore un grave pregiudizio). Gli stessi coniugi possono adottare più minori, sia contestualmente sia con atti successivi.  Cos’è l’azione negatoria? Con l’azione negatoria, il proprietario reagisce contro le molestie che disturbano o limitano ingiustamente la sua proprietà. Le molestie possono essere di due tipi:  molestie di diritto: sono le pretese legali con cui qualcuno afferma, infondatamente, di avere diritti sulla cosa del proprietario. Quest’ultimo può chiedere al giudice di accertare e dichiarare l’inesistenza del diritto affermato dalla controparte;  molestie di fatto: si hanno quando chi accampa il diritto sulla cosa altrui fa seguire anche concreti comportamenti a danno del reale proprietario. Il proprietario che esercita questa azione deve solamente provare di essere il proprietario del medesimo. Anche qui, tuttavia, si registra qualche eccezione: ad esempio, se A loca una cosa a B e poi la vende a C a condizioni per cui C è tenuto a rispettare la locazione di B, le obbligazioni prodotte dal contratto fra A e B a carico del locatore A si riflettono anche su C, terzo estraneo a quel contratto.  Chi sono i legittimari e quali pretese possono vantare sul patrimonio del de cuius? I legittimari sono il coniuge, i figli e gli ascendenti del de cuius(art. 536 c.c.). L’esistenza e la misura del loro diritto sul patrimonio ereditario sono influenzate dalla circostanza che il legittimario partecipi alla successione da solo oppure in concorso con altri legittimari. Nel caso di successione solitaria di una singola categoria dei legittimari, le quote di legittima sono così stabilite:  il coniuge ha diritto a metà del patrimonio; ciò vale anche per il coniuge separato purché senza addebito, mentre il coniuge separato con addebito e il coniuge divorziato non hanno diritti successori (se non nella forma dell’eventuale assegno alimentare). Il coniuge inoltre ha un diritto di abitazione;  quanto ai figli del de cuius: se ne lascia uno, egli ha diritto a metà del patrimonio; se sono più di uno hanno diritto complessivamente a due terzi del patrimonio da dividersi fra tutti in parti uguali (art. 537 c.c.);  gli ascendenti hanno diritto a un terzo del patrimonio. Il quadro delle quote cambia nel caso di concorso fra diverse categorie di legittimari: • concorso fra coniuge e un figlio: ad entrambi spetta un terzo del patrimonio; • concorso fra coniuge e più figli: al coniuge spetta un quarto del patrimonio e ai figli complessivamente la metà da dividere fra tutti in parti uguali; • concorso fra coniuge e ascendenti: al coniuge spetta la metà e agli ascendenti un quarto del patrimonio; • è escluso il concorso tra figli e ascendenti legittimi: se il de cuius lascia dei figli,gli ascendenti non hanno diritto alla legittima). Otre alla quota di legittima, al coniuge superstite è attribuito inderogabilmente, anche in caso di concorso, il diritto di abitazione sulla casa coniugale e il diritto di uso sui mobili che l’arredano. Sono diritti reali di godimento che si considerato oggetto di un legato ex lege; essi gravano sulla quota disponibile (quindi non intaccano la legittima de coniuge, ma si cumulano ad essa).  Cosa significa forma scritta “ad substantiam” e forma scritta “ad probationem”? Il senso principale della forma vincolata è non solo agevolare la prova del contratto, bensì è che senza la forma il contratto non è valido e non produce i suoi effetti. Quando il senso è questo, si dice che la forma è richiesta “ad substantiam”, cioè per la validità del contratto, di cui costituisce elemento essenziale. Se la forma non è osservata, il contratto è nullo e senza effetti: in questi casi, si dice infatti che la forma è richiesta “sotto pena di nullità” (art. 1350 c.c.). Ci sono poi altri casi in cui la legge stabilisce che determinati contratti devono essere “provati per iscritto” (es: assicurazione, transazione ecc..): si dice allora che la forma scritta è richiesta “ad probationem” ovvero “per la prova”. La sua eventuale mancanza non determina la nullità del contratto: il contratto è valido e produce i suoi effetti. Ne deriva solo la “maggiore difficoltà, per la parte interessata, di dare al giudice la prova del contratto” conseguente ad una limitazione dei mezzi di prova utilizzabili: la legge esclude che il contratto possa essere provato per testimoni o per presunzioni (artt. 2725 e 2729 c.c.).  Cos’è l’analogia? L’interprete può trovarsi a constatare che nessuna norma presente nell’ordinamento disciplini la fattispecie concreta di cui si sta occupando; si può dire allora che ci troviamo in presenza di una “lacuna”. La completezza assoluta dell’ordinamento giuridico, infatti, è un’utopia, un sogno irrealizzabile. In presenza di una lacuna il diritto deve prevedere uno strumento giuridico che permetta comunque di trovare una disciplina applicabile alla fattispecie concreta, quando manca una norma che lo regoli in modo specifico. Lo strumento che serve a questo scopo è la c.d. “analogia”: essa consiste nell’applicazione, caso per caso, di una norma che regola un caso simili o una materia analoga (es: il contratto di leasing non ha una propria disciplina, quindi si applicano le norme della vendita a rate, ex art. 1526 c.c.) L’uso dello strumento dell’analogia incontra alcuni limiti. L’art 14 prel. indica infatti due categorie di norme che non possono applicarsi per analogia. Il divieto di analogia vale per:  norme penali: vista la gravità delle sanzioni, il campo di applicazione della norma deve essere delimitato in modo assoluto, preciso e rigoroso, a garanzia dei cittadini;  norme eccezionali o speciali, che derogano a una regola generale in nome di esigenze particolari e circoscritte (se si è al di fuori di queste si applica la regola generale).  Come può avvenire la liberazione dal vincolo contrattuale? Il principio appena visto non deve essere inteso in modo rigido ed assoluto. Non è vero che, fatto un contratto, le parti non possono mai, in nessun caso e in alcun modo, liberarsi dal relativo vincolo, cioè respingere o mettere in discussione gli effetti contrattuali. In diverse ipotesi, infatti, il vincolo contrattuale può essere sciolto. Esiste una serie di contratti in cui la legge consente alle parti di liberarsi dal vincolo contrattuale, poiché riconosce che esso è sorto da un contratto difettoso: possono allora applicarsi i rimedi contrattuali, che hanno lo scopo di far emergere tali difetti e quindi cancellarne gli effetti, liberando le parti dal vincolo. Ci sono altri casi in cui le parti possono sciogliersi dal vincolo contrattuale, benché il contratto che lo genera non sia difettoso: sono i casi di “mutuo dissenso” e di “recesso unilaterale”.  Come si fornisce la prova della proprietà? Provare di possedere la proprietà di una cosa è d’importanza fondamentale, in quanto costituisce il presupposto per esercitare vittoriosamente l’azione di rivendicazione. Ma rischia di essere una prova difficilissima da fornire tanto che la si definisce “prova diabolica”. Il modo più semplice per dimostrare di essere proprietario di un bene è quella di dimostrare di aver acquistato quel bene da un determinato soggetto, che a sua volta dovrà dimostrare di averla acquistata da un altro ancora (passaggio che dura teoricamente all’infinito). La legge prevede espressamente che l’irregolarità di un passaggio “a monte” pregiudica la regolarità di tutti i successivi passaggi “a valle”. C’è un modo di rendere la prova della proprietà meno diabolica: consiste nello spostare la prova dal terreno degli acquisti a titolo derivato, per collocarla sul terreno degli acquisti a titolo originario (acquisto più stabile e meno problematico, essendo autonomo rispetto ai precedenti passaggi).  Cos’è la risoluzione per eccessiva onerosità del contratto e quali sono i suoi effetti? Il rimedio della risoluzione per eccessiva onerosità opera solo per i contratti di durata (art. 1467 c.c.). Si applica quando, nel corso dell’esecuzione del contratto (quindi dopo la sua conclusione ma prima della completa attuazione) si verificano dei fatti che alterano notevolmente, a svantaggio di una parte, l’originario equilibrio economico del contratto stesso: si tratta delle c.d. “sopravvenienze”. La parte svantaggiata dei fatti sopravvenuti può chiedere la risoluzione del contratto in base al principio per cui se lo stato delle cose cambia, è giusto che la parte sia liberata dal vincolo (“rebus sic stantibus”). Per ammettere una conseguenza così radicale, la legge richiede una serie di requisiti. Le sopravvenienze, infatti, devono essere:  successive alla conclusione del contratto: se la parte li avesse conosciuti ne avrebbe tenuto conto nel definire l’equilibrio economico del contratto oppure, se li avesse ignorati, potrebbe eventualmente invocare l’annullabilità per errore;  anteriori all’esecuzione del contratto: il rimedio non è applicabile se lo squilibrio avviene quando entrambe le prestazioni sono già state eseguire oppure quando risulti completamente eseguita almeno la prestazione toccata dal fatto squilibrante;  oggettive ed esterne: devono dipendere da cause non riconducibili alla sfera del contraente colpito, e tanto meno a lui imputabili;  straordinarie ed imprevedibili: il rimedio protegge solo contro le sopravvenienze anomale, non contro quelle che un contraente diligente avrebbe potuto considerare e mettere in conto. La risoluzione per eccessiva onerosità, quindi, tutela i contraenti contro il rischio imprevedibile; pertanto non ha senso applicarlo ai c.d. “contratti aleatori”. Lo squilibrio economico può derivare sia da aumenti di costo della prestazione dovuta dalla parte penalizzata (c.d. “onerosità diretta”), sia da diminuzioni di valore della prestazione da lei attesa (c.d. “onerosità indiretta”). Inoltre, occorre che lo squilibrio abbia una certa consistenza: perché l’onerosità sia “sopravvenuta” , deve superare la c.d. “alea normale del contratto”. Questo criterio parte dal presupposto che ogni contratto implica un certo rischio per i contraenti: indica appunto il margine di rischio normalmente insito in un determinato tipo di contratto. Il contratto è risolubile solo se lo squilibrio supera quel margine (es: A conclude con B un contratto di trasporto da un porto del Mediterraneo ad un porto del Mar Rosso. L’inattesa chiusura del Canale di Suez costringe il vettore a circumnavigare l’Africa, con una rotta molto più lunga, difficile e costosa. A può quindi chiedere la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta). La risoluzione non può essere chiesta, se il contraente onerato risultava già inadempiente quando si è verificata la sopravvenienza. La risoluzione per eccessiva onerosità è una risoluzione giudiziale: il rapporto contrattuale si scioglie solo con la sentenza di risoluzione, che è una sentenza costitutiva. Quando la parte onerata chiede la risoluzione,l’altra parte può evitarla se offre di modificare equamente le condizioni del contratto, in modo da riportare, o quantomeno riavvicinare, il contratto all’equilibrio economico originario (art. 1467 c.c.). E’ al c.d. “offerta di riduzione ad equità”, analoga a quella vista per evitare la rescissione; questo rimedio è l’unico applicabile ai contratti gratuiti, quando l’eccessiva onerosità colpisce l’unica parte obbligata alla prestazione. Per quanto riguarda le conseguenze della risoluzione, essa scioglie il rapporto contrattuale: gli effetti del contratto vengono meno. Ma bisogna distinguere:  nei rapporti fra le parti: ne consegue la reciproca liberazione dagli impegni del contratto, e la restituzione delle prestazioni già eseguite (es: nella compravendita, il compratore recupera il prezzo, e il venditore la proprietà del bene). In questo ambito, dunque, la risoluzione opera retroattivamente, ma con un’importante eccezione: nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, la risoluzione non tocca le prestazioni già eseguite;  nei confronti dei terzi: la regola è la non retroattività della risoluzione. Essa non pregiudica i diritti acquistati in precedenza dai terzi (es: se A vende a B, che poi vende a C, e successivamente la vendita tra e B viene risolta, l’acquisto di C non viene toccato). Un particolare problema si pone riguardo alle conseguenze della risoluzione nei contratti plurilaterali: quando l’inadempimento o l’impossibilità riguardano la prestazione di una sola delle parti, ne deriva la risoluzione dell’intero contratto solo se la prestazione mancata deve ritenersi essenziale. esse, devono attuarsi in un momento posteriore alla conclusione del contratto (es: vendita di cose generiche, dove il trasferimento della proprietà si realizza solo con la successiva individuazione della cosa; oppure una vendita che preveda una dilazione di 6 mesi per il pagamento del prezzo);  contratti di durata: sono quelli in cui le prestazioni contrattuali si sviluppano nel tempo. Si distinguono al loro interno 2 sottocategorie: • contratti ad esecuzione periodica: sono quelli in cui le prestazioni contrattuali vengono eseguite ad intervalli periodici (es: contratto di manutenzione del giardino, che impegna al giardiniere di prestarvi la sua opera ogni tot. giorni); • contratti ad esecuzione continuata: sono quelli in cui le prestazioni contrattuali si realizzano in modo permanente e non frazionato (es: nella locazione il locatore deve pagare il canone al conduttore tutti i mesi).  Cos’è la responsabilità per colpa e quali sono le sue gradazione? “Colpa” significa negligenza, imprudenza, imperizia: è in colpa il debitore che non esegue la prestazione per distrazione o dimenticanza, o la esegue male per incompetenza, superficialità, mancanza delle necessarie cautele (es: il chirurgo che opera con il bisturi arrugginito e causa infezioni al paziente risponde per colpa). “Diligenza” è invece tutta la cura, l’attenzione, la prudenza e la competenza che il debitore deve usare nell’adempiere l’obbligazione. Qual è il livello di diligenza dovuta? L’art. 1176 c.c. prevede che nell’adempimento della prestazione il debitore debba usare “la diligenza del buon padre di famiglia”, un espressione arcaica per indicare quel grado di diligenza che è normale in una persona seria e scrupolosa. Per ogni attività e specie professionale, esistono regole che indicano come l’attività deve essere svolta; qualvolta tali regole vengono addirittura codificate. Chi non osserva queste regole e non usa la diligenza dovuta, è in colpa. Questo modo di intendere la diligenza definisce la c.d. “colpa in senso oggettivo” (cioè legata all’inosservanza di uno standard generale di condotta) e non colpa soggettiva (che tenga cioè conto delle condizioni individuali e particolari del debitore). La colpa può presentarsi con gradazioni d’intensità diverse:  colpa ordinaria o colpa lieve: è il livello più basso. Riguarda “la violazione della diligenza media del buon professionista” (es: il cliente affida all’albergatore i propri gioielli, ma quest’ultimo invece di custodirli in una cassetta di sicurezza chiusa a chiave, li chiude in un cassetto della scrivania);  colpa grave: è il livello di maggior gravità. Riguarda l’inosservanza addirittura dei livelli minimi di attenzione, prudenza e competenza concepibili per la prestazione; è la trascuratezza più imperdonabile, l’imprudenza più macroscopica, l’incompetenza più grossolana (es: l’albergatore lascia i gioielli direttamente sul bancone della reception, dove possono essere rubati dal primo che passa). La distinzione è fondamentale, in quanto in determinati casi la legge stabilisce che non basta la colpa ordinaria per determinare la responsabilità; essa scatta solo se l’inadempimento del debitore dipende da colpa grave. Se la prestazione è gratuita, la responsabilità per colpa è valutata con minor rigore (art. 1710 c.c.).  Cos’è il pagamento con surrogazione ? L’adempimento del terzo può dar luogo al fenomeno del pagamento con surrogazione: questo si verifica quando il terzo che ha pagato un debito altrui, subentra in luogo del creditore soddisfatto nel suo diritto verso il debitore. La surrogazione del terzo, ovvero il suo ingresso nel rapporto quale nuovo creditore, può avvenire in modi diversi, che portano a distinguere due tipi di surrogazione:  surrogazione volontaria: si produce per iniziativa delle parti del rapporto obbligatorio e può avvenire per volontà del creditore oppure per volontà del debitore;  surrogazione legale: si produce automaticamente quando ricorre uno dei presupposti indicati dall’art. 1203.  Quali sono le fonti eteronome del contratto? Le fonti eteronome del contratto sono fonti che non scaturiscono da libere determinazioni dell’autonomia contrattuale delle parti, bensì sono “fonti esterne” create dal legislatore. Esse sono quelle previste dall’articolo 1374 c.c., ovvero;  legge: la legge entra in gioco solo quando le parti non hanno fissato loro di comune accordo la regola su una determinata questione;  usi: gli usi sono regole che specificano in cosa consistono gli impegni delle parti sorti da un contratto. Non sono scritti in un testo legislativo; sono norme che nascono dalla prassi costantemente seguita dai soggetti dell’ordinamento, i quali hanno la convinzione che esse siano regole doverose da osservare, benché nessuna legge scritta le qualifica come tali. Gli usi possono essere normativi o contrattuali (articolo 1340 c.c. “clausole d‘uso“: “le clausole d‘uso s‘intendono inserite nel contratto, se non risulta che non sono state volute dalle parti”);  equità: l’equità inserisce nel regolamento norme che non corrispondono a previsioni specifiche scritte in testi legislativi. Queste regole nascono dall’applicazione di qualche principio generale dell‘ordinamento giuridico. La definizione di equità è “giustizia del caso singolo”; definizione piuttosto vaga. Il riferimento dell’articolo 1374 c.c. all’equità è rimasto lettera morta: è un altro il principio al quale si fa riferimento per trovare l’integrazione del contratto quando non abbiamo né norme di legge né usi. Questo principio è il principio della buona fede (articolo 1375 c.c. “il contratto deve essere eseguito secondo buona fede”): bisogna inoltre manifestare solidarietà verso l’altra parte del contratto (articolo 2 Cost. “doveri di solidarietà” tra i cittadini). In altre parole, ciascuna parte deve tenere conto delle ragione e degli interessi dell’altra, nei limiti del possibile (es: Tizio va in un negozio e compra un oggetto da regalare alla moglie e decide di comprarlo bianco. La moglie lo preferiva di un altro colore: Tizio torna al negozio per farsi cambiare il colore. Nel contratto tra Tizio e il commerciante non c’è scritto il diritto del compratore di farsi cambiare il bene se non gradisce il colore: non c’è né una norma, né un uso che prevede ciò. Se il venditore si rifiutasse senza motivo di cambiare il colore, il comportamento della parte venditrice sarebbe poco improntato a solidarietà, sarebbe contrario alla buona fede. Nel regolamento contrattuale c’è la regola per cui il compratore ha diritto alla sostituzione dell’oggetto di serie entro un tempo breve e se l’oggetto non è stato danneggiato; se il negoziante si rifiuta di cambiarlo, è come se rifiutasse di adeguarsi a una regola presente nel contratto, quindi è come se violasse il contratto stesso). Questa fonte di integrazione (principio di buona fede) nel suo operare passa attraverso le valutazioni del giudice: è il giudice che ragionando sul significato dei parametri “buona fede” e “solidarietà” (termini non scritti) troverà la soluzione del caso di specie.  Cos’è il danno non patrimoniale? Per “danno non patrimoniale” si intendono le conseguenze negative che il soggetto patisce per la lesione recata a un valore della sua persona, come tale non suscettibile di diretta valutazione economica (es: paura, sofferenza, umiliazione derivante da ingiuria ecc..). Tali fattori costituiscono il c.d. “danno morale soggettivo”.Mentre il danno patrimoniale è risarcibile in via generale, il danno non patrimoniale è risarcibile solo nei casi determinati dalla legge, ovvero, nei casi tipici, previsti in numero chiuso dall’ordinamento giuridico. Il danno non patrimoniale, diverso dal danno morale soggettivo, è risarcibile anche se non deriva da reato, quando consiste nella lesione di un interesse costituzionalmente protetto (es: lesione dell’interesse a realizzarsi nelle proprie potenzialità di vita, c.d. “danno esistenziale”). Otre che pregiudizi non patrimoniali, la lesione dei valori della persona può infliggere alla vittima anche danni economici (es: chi subisce una lesione fisica, oltre alla sofferenza, magari può non esercitare un’attività economica, deve affrontare spese per curarsi ecc.. Chi viene diffamato subisce un danno morale, può essere screditato nell’ambiente lavorativo ecc..). La vittima ha quindi diritto a cumulare i risarcimenti di entrambi i tipi di danno. L’art. 88 Cost. stabilisce che il P.d.R. non può sciogliere anticipatamente le Camere nel cosiddetto “semestre bianco”, ovvero negli ultimi 6 mesi del proprio mandato (il mandato del P.d.R. dura 7 anni).Questo divieto è stato previsto per evitare che il P.d.R. voglia facilitare la propria rielezione, puntando su nuove Camere. Il divieto di scioglimento non vale però quando il “semestre bianco” coincide con gli ultimi 6 mesi della legislatura.  Cosa si intende per "soggezione dei giudici solo alla legge"? L’articolo 101 Cost. stabilisce che “i giudici sono soggetti solo alla Legge”. Da questa affermazione possiamo ricavare due principi; ✔ la soggezione dei giudici alla legge esclude qualsiasi altro tipo di soggezione da qualsiasi organo politico. ✔ Il giudice è al servizio della legge; egli deve ricercare nella Legge e non altrove (es: nella propria coscienza o nella morale comune) la soluzione al caso che gli viene prospettato.  Cos'è la Corte Costituzionale e da chi è composta? La Corte Costituzionale è l’organo di garanzia costituzionale. Essa è stata introdotta in Italia nel 1948 ed è ritenuta il 4° potere dello Stato. L’ insieme delle sue competenze è detta giustizia costituzionale. È composta da 15 giudici nominati per un terzo ciascuno da:  P.d.R.;  Parlamento in seduta comune con elezione a maggioranza qualificata;  dalle supreme Magistrature ordinaria e amministrativa (3 dalla Corte di Cassazione, 1 dal Consiglio di Stato e 1 dalla Corte ei Conti). I giudici devo essere scelti tra i “tecnici del diritto”, cioè tra:  Magistrati (anche a riposo) delle Giurisdizioni superiori (Corte di Cassazione, Consiglio di Stato, Corte dei Conti)  Avvocati con almeno 20 anni d’esercizio;  Professori universitari in materie giuridiche. La durata della carica è di 9 anni, senza possibilità di rielezione.  Cos’è lo sciopero e cosa prevede la Costituzione Italiana in relazione ad esso? L’articolo 40 della Costituzione riconosce il diritto di sciopero. Per sciopero si intende infatti l'astensione collettiva dal lavoro di lavoratori dipendenti allo scopo di rivendicare diritti per: motivi salariali; protesta; solidarietà. Deve trattarsi di un'astensione collettiva (quindi non personale) e volontaria, dichiarata da un'organizzazione sindacale. Il salario o stipendio che viene detratto è proporzionale alla sospensione lavorativa. Durante lo sciopero, infatti, il rapporto di lavoro è sospeso e sono temporaneamente congelati gli obblighi tra le parti. Il diritto di sciopero è garantito dalla Costituzione italiana; tuttavia per quanto riguarda alcuni servizi di interesse pubblico primario (es: sanità) lo sciopero può essere annullato tramite la precettazione (provvedimento amministrativo che impone l’obbligo di effettuare una prestazione lavorativa anche in caso di sciopero per motivi di utilità sociali) da parte delle autorità di pubblica sicurezza. Il mancato rispetto della precettazione è un reato di interruzione di pubblico servizio, ma NON può essere considerato "giusta causa" di licenziamento Assumere personale per sostituire gli scioperanti, abbassare la paga degli scioperanti più del salario giornaliero oppure aumentarlo ai non aderenti allo sciopero al fine di ridurre le adesioni allo sciopero, sono state dichiarate forme di condotta antisindacale.  Quale procedimento deve seguire la formazione del Governo? Per formazione del Governo si intende il procedimento di nomina del Presidente del Consiglio e dei Ministri. Tale procedimento viene regolato solo in parte dalla Costituzione. L’art. 92 infatti si limita a stabilire che il potere di nominare il Presidente del Consiglio spetta al P.d.R. (Presidente della Repubblica) mentre la nomina dei Ministri avviene su proposta del P.d.C. (Presidente del Consiglio). In realtà la nomina deriva da un procedimento formato da varie fasi:  Consultazioni: il P.d.R. non può nominare P.d.C chi vuole ma deve procedere alle consultazioni dei segretari dei partiti e dei Presidenti dei gruppi parlamentari, i quali esprimono l’orientamento e la preferenza dei loro partiti:  Conferimento del P.d.R. al P.d.C dell’incarico di formare un nuovo Governo: sulle basi delle indicazioni precedentemente ricevute:  Nomina da parte del P.d.R. del Presidente del Consiglio.  Il P.d.C sceglie, insieme alle segreterie dei partiti della coalizioni, i singoli Ministri e ne chiede la nomina al P.d.R;  Una volta nominati i membri del nuovo Governo giurano, di fronte al P.d.R. e al Parlamento riunito in seduta comune, di essere fedeli alla Repubblica, di osservare lealmente la Costituzione e di esercitare le loro funzioni nell’esclusivo interesse della Nazione (art. 93 cost.); Entro 10 giorni dalla nomina, il nuovo Governo deve presentarsi alle Camere per esporre il proprio programma politico e per ottenere quindi la fiducia (art. 94). Una volta ottenuta la fiducia il Governo entra nella pienezza dei propri poteri politici e può iniziare a operare per la realizzazione del proprio programma. Le Camere concedono la fiducia approvando una “mozione motivata; non essendo prevista una particolare maggioranza vale quella semplice, cioè 50% + 1 dei presenti (art 64 cost.).  Con quali strumenti può avvenire la revoca della sfiducia al Governo? Il Governo resta in carica finché gode della fiducia delle Camere (massimo 5 anni). Tale fiducia può essere revocata attraverso: ✔ mozione di sfiducia: è uno strumento a disposizione dell’opposizione. È un documento firmato da almeno 1/10 dei componenti di una Camera nel quale si espongono i motivi per i quali il Governo è venuto a perdere il consenso. ✔ questione di fiducia: è uno strumento a disposizione del Governo per rinsaldare le fila della propria maggioranza.  Cosa sono e quali sono le immunità Parlamentari? Le immunità parlamentari sono particolari garanzie riconosciute ai membri del Parlamento per svolgere in piena libertà le proprie finzioni (non sono quindi privilegi che essi possono vantare come cittadini comuni) (art. 68 cost).Esse sono: Insindacabilità: non perseguibilità dei Parlamentari per le opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio delle loro funzioni;  Inviolabilità: riguarda i reati commessi dal parlamentare al di fuori delle proprie funzioni. Infatti per limitare la libertà dei parlamentari occorre avere l'autorizzazione della Camera di appartenenza per poterli ritenere imputabili (cioè occorre una speciale autorizzazione a procedere). Tale autorizzazione deve essere richiesta per: ✔ arresto o qualsiasi altra limitazione della libertà personale (l’arresto è consentito solo se il parlamentare viene colto nell’atto di compiere un grave reato (cioè colto in flagranza di reato).); ✔ perquisizioni, sia personali che domiciliari; ✔ intercettazioni, sia di comunicazioni telefoniche che epistolari. Se l'autorizzazione viene negata, la magistratura non potrà procedere in alcun modo fino allo scadere del mandato.  Cosa si intende per "indipendenza dei giudici"? La soggezione dei giudici solo alla legge ha come conseguenza la loro indipendenza. Durante il fascismo i giudici dipendevano dal Governo; essi rendevano conto delle loro sentenze al Governo e i giudici che non si piegavano agli ordini ricevuti venivano allontanati. La giurisdizione perciò non era indipendente ed imparziale ma veniva strumentalizzata dal regime contro i suoi oppositori. Per impedire che ciò potesse nuovamente verificarsi, la Costituzione ha previsto rigorose garanzie di indipendenza dei giudici. Queste garanzie valgono sotto due aspetti.  come indipendenza della Magistratura nel suo complesso nei confronti delle pressioni degli altri organi: c.d. "indipendenza esterna";  come personale indipendenza del giudice nello stesso ordine giudiziario, cioè rispetto agli altri giudici: c.d. "indipendenza interna".  Cosa sono i provvedimenti? I più importanti atti amministrativi sono i provvedimenti. Essi sono quegli atti amministrativi attraverso i quali l’amministrazione mette in pratica la propria supremazia sugli amministrati (cittadini) al fine di tutelare l’interesse pubblico. I provvedimenti possono incidere sulle posizioni soggettive degli amministrati in 2 sensi:  restrittivo: l'atto come conseguenza prevede una limitazione delle posizioni soggettive;  estensivo: l'atto come conseguenza prevede l’allargamento delle posizioni soggettive. I provvedimenti hanno le seguenti caratteristiche:  autoritarietà: il potere viene imposto unilateralmente sui privati (cioè senza contrattazione); al massimo può essere prevista la possibilità del privato di fare ricorso nel caso in cui esso sostenga di veder lesi i propri interessi illegittimamente;  concretezza: i provvedimenti consistono in misure concrete cioè determinano il verificarsi di un determinato fatto su un determinato soggetto;  esecutorietà: potere della P.A. di imporre il proprio provvedimento anche contro la volontà dei destinatari;  discrezionalità: la P.A. è vincolata nel fine (obiettivo) ma è libera nel scegliere il mezzo che ritiene più idoneo per raggiungerlo.  Cos'è la libertà personale? L'art. 13 Cost precede espressamente che "La libertà personale è inviolabile Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge". La libertà della persona fa parte dell'essenza dell'uomo e pertanto lo Stato deve riconoscerla come inviolabile, in quanto preesistente alla formazione delle istituzioni e alla vita associata. La libertà è il presupposto fondamentale per il godimento e l'esercizio di tutti gli altri diritti civili. Tale libertà va intesa sia come libertà fisica (diritto alla vita, all'integrità fisica, alla salute ecc..) che come libertà morale (libertà di manifestare il proprio pensiero, libertà religiosa ecc..). L'art. 13 detta termini molto precisi (garanzie) da osservare nei casi in cui si verificasse la necessità di sottoporre una persona a restrizione della libertà personale. Queste garanzie servono per impedire al potere esecutivo di agire contro la libertà di 2) SENTENZA PENALE IRREVOCABILE e CASI DI INDEGNITA' MORALE INDICATI DALLA LEGGE:  si tratta di incapacità legale (cioè stabilita dalla legge) che esclude dal voto i condannati che abbiano ricevuto l’interdizione dai pubblici uffici, e chi è sottoposto, con provvedimento definitivo, a misure di prevenzione personali (per esempio: sorveglianza speciale, divieto di soggiorno, di residenza o di dimora, oppure l’obbligo di soggiorno di un comune) o a misure di sicurezza (ricovero in casa di cura, in ospedale psichiatrico o in riformatorio giudiziario).  Quali sono le fasi dell’iter legislativo ordinario? Per approvare una legge occorre il voto favorevole, sullo stesso testo, sia della Camera dei Deputati sia del Senato (conseguenza del bicamerismo perfetto). L’approvazione della legge si svolge attraverso un complesso procedimento prima di fronte a una Camera, poi di fronte all’altra. Esso comprende le seguenti fasi:  Iiziativa legislativa. Essa si esercita presentando al Presidente di una delle 2 Camere una proposta di legge. Possono presentare una proposta di legge: - Governo: può proporre disegni di legge; - Singoli parlamentari; - Consiglio Nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL); - 50.000 elettori per consentire ai gruppi di opinione di prospettare esigenze non  rappresentare dai partiti; - Regioni.  Esame di approvazione. Per l’approvazione delle proposte di legge sono previsti: - 1 procedimento ordinario: il progetto viene presentato all’esame di una Commissione permanente competente per materia. La Commissione unifica le diverse proposte ricevute per ogni argomento e invia un unico testo all’assemblea per la discussione e la votazione. Sui singoli articoli i parlamentari e il Governo possono proporre emendamenti (proposte di modifica). Poi si passa alla votazione - 2 procedimenti abbreviati: l’esame e l’approvazione sono affidati alla Commissione competente la quale assume eccezionalmente potere legislativo e deliberante. Sono escluse dal procedimento abbreviato leggi in materia costituzionale ed elettorale, trattati internazionali, approvazione di bilanci, casi di amnistia e indulto (sono obbligatori procedimenti di legislatura ordinaria di fronte a assemblee parlamentari).  Promulgazione. La legge dopo essere stata approvata viene inviata al P.d.R. per la promulgazione. Essa è infatti l’atto attraverso il quale il P.d.R. dichiara che la legge è stata approvata e deve essere rispettata da tutti. Il P.d.R. può rifiutarsi di promulgare la legge solo se essa è gravemente incostituzionale. Qualora invece abbia obiezioni circa la loro conformità alla Costituzione può porre il veto sospensivo e rinviarla alle Camere chiedendo di apportare modifiche. Il veto sospensivo può essere applicato per 1 sola volta: quando la Camera gliela riinvia egli è obbligato a promulgarla.  Pubblicazione. La legge promulgata viene pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale (affinché i cittadini possano prenderne conoscenza) ed entra in vigore (cioè diventa obbligatorio osservarla) il 15° giorno successivo alla pubblicazione. Il periodo compreso tra la pubblicazione e l’entrata in vigore si chiama vacatio legis.  Quali sono le principali differenze tra Parlamento e Governo? Il Governo svolge compiti diversi dal quelli del Parlamento; al Parlamento infatti spetta deliberare, al Governo invece spetta il compito di operare. La differenza maggiore riguarda la composizione: mentre il Parlamento è un organo composto da tutti i partiti, il Governo è composto solamente da uomini della coalizione (o maggioranza).  Cos'è il procedimento amministrativo e in quali fasi si suddivide? L’atto amministrativo è posto in essere attraverso un procedimento composto da varie fasi; l’insieme di queste fasi prende il nome di provvedimento amministrativo. Tali fasi sono: ✔ Iniziativa: è l’atto che mette in modo il procedimento amministrativo. Se l’iniziativa viene presa da un cittadino si parla di domanda o istanza (in questo caso la P.A. ha l’obbligo di provvedere positivamente o negativamente; non può restare inerte). Ogni provvedimento deve concludersi entro 30 gg. dalla sua iniziativa. Se invece l’iniziativa viene adottata direttamente dalla P.A. si parla di iniziativa d’ufficio; ✔ Istruttoria: per ogni procedimento amministrativo deve essere determinato l’ufficio competente del procedimento, il funzionario responsabile e la motivazione dell’atto (per consentire al cittadino di sapere a chi rivolgersi per tutelare i propri interessi). L’indicazione dell’ufficio e del responsabile vengono comunicati (notificati) all’interessato a procedimento in corso, salvo i casi di necessità e urgenza. ✔ Decisione: è l’atto scelto dall’organo competente per legge. Esistono atti monocratici (deliberati da organi composti da una sola persona) oppure atti collegiali (deliberati da organi composti da più persone). Tutti i provvedimenti amministrativi devono essere motivati, cioè devono contenere l’indicazione dei presupposti del fatto e delle ragioni giuridiche che determinato la decisione amministrativa. ✔ Controllo: è l’attività diretta a vigilare sugli atti amministrativi. Esistono differenti di controllo: • Preventivo: si verifica prima dell’emanazione di un provvedimento; • Successivo: si verifica dopo l’emanazione di un provvedimento; • Di legittimità: accerta che il provvedimento si basa su una legge; • Di merito: la P.A. ha la possibilità di svolgere valutazioni non predeterminate dalla legge (discrezionalità); • Riguardanti singoli atti: il provvedimento colpisce un solo atto; • Riguardanti un’intera gestione: il provvedimento colpisce più atti collegati da una logica di gestione.  Cos'è la magistratura speciale? L’articolo 102 Cost. afferma che “la funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario; inoltre non possono essere istituiti giudici speciali”. Per questo motivo si parla di unità della giurisdizione (vi è un solo corpo di magistrati, cioè la magistratura ordinaria sottoposta alla medesima organizzazione, che esercita l’intero potere giurisdizionale). Tuttavia l’unità giurisdizionale non è assoluta, poiché accanto alla magistratura ordinaria la Costituzione prevede anche delle Magistrature speciali. Esse si differenziano da quella ordinaria per due ragioni:  perché sono composte da giudici regolati non dall’ordinamento giudiziario ordinario ma da norme speciali;  perché esercitano la giurisdizione in settori particolari. Di conseguenza possiamo affermare che la giurisdizione si divide in:  giurisdizione ordinaria: esercitata da giudici ordinari. Si distingue a sua volta in: • giurisdizione civile: si occupa della tutela giurisdizionale dei diritti soggettivi; • giurisdizione penale: si occupa della repressione dei reati.  giurisdizione speciale: si occupa della giurisdizione amministrativa, la quale ha per oggetto la tutela degli interessi legittimi del cittadino nei confronti della P.A. Sono organi della giurisdizione amministrativa: • Corte dei Conti: giudica gli amministratori pubblici per il cattivo uso del denaro pubblico che è dato loro da amministrare o per responsabilità contabili; • Tribunali Militari: hanno giurisdizione sui reati commessi dai militari; • Commissioni Tributarie: giudicano le controversie tra il Fisco e i contribuenti.  Quali sono le competenze della Corte Costituzionale? La Corte Costituzionale:  In quanto giudice delle leggi, giudica sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle fonti primarie (leggi regionali, statuti, decreti legislativi, decreti legge);  In quanto giudice dei conflitti costituzionali, giudica sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e quelli degli Enti locali;  In quanto giudice penale, giudica le accuse promosse contro il P.d.R.;  In quanto giudice dell’ammissibilità del referendum abrogativo, controlla che le richieste referendarie non siano in contrasto con l’art 75 Cost.  Quali sono le incompatibilità parlamentari? Esistono delle cause che rendono nulla l’elezione a parlamentare. Tali cause (art. 65 cost.) sono: • appartenenza all’altra Camera: non si può appartenere contemporaneamente alle 2 Camere; • svolgimento di un'altra determinata attività rappresentativa (es: chi è sindaco non può venire eletto in Parlamento); • svolgimento di attività che impediscono l’imparzialità (es: chi è giudice non può essere eletto in Parlamento).  Come possono classificarsi le cpmetenze dell'Unione Europea? Il Trattato di Lisbona (firmato nel 2007 ed entrato in vigore nel 2009) distingue tra:  competenze esclusive dell'Unione: in materia di unione doganale, regolazione dei mercati, politica monetaria per gli Stati membri la cui moneta è l'euro, politica commerciale con gli Stati terzi;  competenze concorrenti con gli Stati membri: in materia di mercato interno, coesione economica, sociale e territoriale, agricoltura e pesca, ambiente, protezione dei consumatori, trasporti, energia, spazio di libertà sicurezza e giustizia, ricerca e sviluppo tecnologico. Quali sono i poteri del Presidente della Repubblica? La Costituzione oltre a riconoscere al Presidente della Repubblica la funzione di rappresentanza dell'unità del Paese, attribuisce al Capo dello Stato ai seguenti i poteri: 1.in relazione alla rappresentanza esterna: ✔ accreditare e ricevere funzionari diplomatici; ✔ ratificare i trattati internazionali sulle materie dell'art.80, previa autorizzazione delle Camere; ✔ dichiarare lo stato di guerra, deliberato dalle Camere; 2.in relazione all'esercizio delle funzioni parlamentari: ✔ nominare fino a cinque senatori a vita; ✔ inviare messaggi alle Camere; ✔ convocare le Camere in via straordinaria; ✔ sciogliere le Casmere salvo che negli ultimi sei mesi di mandato. Lo scioglimento può avvenire in ogni caso se il "semestre bianco" coincide in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi di legislatura; ✔ indire le elezioni e fissare la prima riunione delle nuove Camere; 3.in relazione alla funzione legislativa e normativa:  Vizi di incompetenza: si hanno quando le leggi regionali regolano materie riservate alla disciplina legislativa statale, o viceversa.  Come avvengono le deliberazioni delle Camere? Le Camere possono deliberare nuove leggi solo se è presente la maggioranze delle rispettive componenti (quindi almeno 316 deputati e 158 senatori). Se questa maggioranza è presente si dice che è presente il “quorum di validità”. Esistono diversi tipi di maggioranze che possono venire richiesti: ● semplice: 50 % + 1 dei presenti; ● assoluta: 50% +1 degli avente diritto al voto; ● qualificata: vengono richieste maggioranze specifiche (es: 2/3 degli avente diritto al voto). Quanto alle modalità di votazione essa si distingue tra:  votazione segreta: voto elettronico che si esprime attraverso pulsanti o schede anonime;  votazione palese: voto espresso attraverso appello nominale o per alzata di mano. Le sedute delle Camere devono essere rese pubbliche (art. 64 cost). Nel potere legislativo del Parlamento rientrano anche le leggi di revisione costituzionale e altre leggi costituzionali, cioè la revisione di quelle leggi attraverso le quali è possibile modificare gli articoli della Costituzione vigente.  Chi è il Presidente del Consiglio e quali sono i suoi compiti principali? Il Presidente del Consiglio è il capo del Governo. Il suo compito principale è quello di garantire l’unità dell’azione del Governo. Inoltre l’art. 95 cost. gli attribuisce i compiti di:  dirigere la politica generale del Governo (essendone il responsabile davanti alle Camere);  mantenere l’unità dell’indirizzo politico e amministrativo.  promuovere e coordinare l’attività dei Ministri. Cos'è la libertà di pensiero? L'art 21 della Costituzione afferma che ogni persona è libera di esprimere il proprio pensiero. Allo stesso modo la stampa non deve essere sottoposta ad autorizzazioni o censure. L’articolo garantisce a tutti la libertà di espressione, non solo ai cittadini, ma anche agli stranieri. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Tuttavia la libertà di espressione incontra dei limiti. Infatti è vietato: ✔oltraggiare, ingiuriare o diffamare le persone; ✔pubblicare immagini contrarie al buon costume; ✔divulgare notizie che possano nuocere alla sicurezza dello Stato e al corretto funzionamento dei suoi organi ( segreti di Stato e segreti di ufficio); ✔incitare a commettere reati ( istigazione a delinquere). Questi reati sono tanto più gravi se commessi per mezzo della stampa, in quanto questa è destinata ad un'ampia diffusione. Troppo spesso in passato il segreto di Stato o di ufficio è stato usato per evitare la diffusione di notizie relative sul Governo in carica. Una legge del 1977 ha stabilito che il segreto deve riguardare solo gli atti e i documenti che possano concretamente mettere in pericolo l’integrità dello Stato democratico e non invece gli interessi dei partiti o degli uomini politici. Il più importante segreto d’ufficio è il segreto istruttorio ( riguarda le indagini compiute dal giudice penale). Il nuovo codice di procedura penale ha però stabilito che il segreto istruttorio può durare solo il tempo necessario per il compimento degli atti del processo; successivamente il segreto deve essere svelato. Per quando riguarda il divieto alla pubblicazione di contenuti contrari al buon costume l’esempio più ricorrente è la censura preventiva di alcuni film, esercitata da un’apposita commissione presso il Ministero (formata da magistrati, giuristi, pedagoghi ecc..). Essa può: vietare la visione del film ai minori di 14 o 18 anni; negare il “nulla-osta” (autorizzazione) alla sua proiezione;  accordare il “nulla-osta” solo dopo la censura di alcune scene. Nel momento in cui viene offesa la dignità o l'intimità delle persone, queste ultime hanno diritto a sporgere querela nei confronti della stampa o della persona che le ha danneggiate. Infatti non bisogna confondere la libertà di stampa e di informazione con la pubblicazione di false notizie o con la violazione della privacy. Per tale ragione la legge stabilisce che le pubblicazioni periodiche siano registrate presso la cancelleria del tribunale, e sia dichiarato chi ne è responsabile.  Quali sono i vizi di legittimità degli atti amministrativi? I vizi di legittimità riguardano la non conformità dell’atto rispetto a quanto richiesto dalla legge. L’atto illegittimo non è quindi valido ma la P.A. può decidere di sostituirlo con un nuovo atto oppure di integrarlo con la parte mancante. I vizi di legittimità che comportano l’annullabilità dell’atto amministrativo sono:  Incompetenza: gli atti vengono posti in essere da un organo amministrativo diverso da quello indicato dalla legge;  Eccesso di potere: l’organo amministrativo di competenza fa un uso eccessivo del proprio potere discrezionale, pregiudicando quindi il fine di interesse pubblico indicato dalla legge. Il vizio può riguardare: • Motivazione del provvedimento (la quale può essere inesistente, insufficiente, contraddittoria o falsa); • Disparità di trattamento (si ha quando per situazioni uguali vengono riservati trattamenti diversi); • Ingiustizia manifesta (si ha quando il provvedimento è esagerato rispetto ai motivi per i quali esso è stato adottato).  Violazione della legge: questo vizio si ha quando: • Mancano i presupposti per l’emanazione dell’atto (per esempio viene nominato un pubblico impiegato che non ha la cittadinanza italiana o non gode dei diritti civili e politici ecc..); • L’organo che ha deliberato l’atto non era regolarmente formato (es: mancava il numero legale, non erano stati convocati tutti i membri ecc..); • Si è verificata una violazione delle norme che regolano il procedimento amministrativo.  Chi è il Presidente supplente e chi sono i Presidenti emeriti? In caso di impedimento temporaneo, dovuto a motivi transitori di salute o a viaggi all'Estero, le funzioni proprie del Presidente della Repubblica vengono assunte temporaneamente dal Presidente del Senato. Gli ex presidenti della Repubblica assumono per diritto il nome e la carica di presidenti emeriti della Repubblica e assumono di diritto la carica, salvo rinuncia, di Senatore a vita (Art. 59 Cost.).  Quali sono le differenze del procedimento di formazione delle leggi costituzionali rispetto a quelle ordinarie? Il procedimento previsto per queste leggi è analogo a quello previsto per le leggi ordinarie ma aggravato (cioè più difficile e complesso). Le differenze sono: ✔ La proposta di legge costituzionale deve essere approvata 2 volte da ciascuna Camera in un intervallo di tempo non inferiore ai 3 mesi dalla prima deliberazione; ✔ Per le prime 2 deliberazioni è sufficiente la maggioranza semplice; per le seconde 2 deliberazioni occorre la maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera. Il referendum popolare su una legge costituzionale è possibile solo se richiesto da:  500.000 elettori;  5 Consigli regionali;  1/5 dei componenti di ciascuna Camera.  Cos'è la magistratura e quali compiti svolge? La Magistratura è un organo autonomo e indipendente da ogni altro potere, alla quale è attribuito il potere giudiziario. È formata dai giudici: i giudici sono gli organi dello Stato il cui compito è risolvere i conflitti applicando il diritto. Le decisioni di questi organi si chiamano sentenze. La giurisdizione è una delle funzioni fondamentali dello Stato. Essa: ● presuppone una controversia tra due o più soggetti, i quali assumono la posizione di parti del giudizio; ● deve essere imparziale rispetto alle parti in causa; ● adotta una decisione applicando fedelmente la legge.  Cosa prevede la Legge Bassanini? La legge Bassanini del 1997 prevede un massiccio decentramento delle funzioni dallo Stato centrale a Regioni, Province e Comuni per quanto riguarda particolari materie. Il nuovo assetto delle Regioni prevede che:  Per ognuna di esse lo Stato distribuisca le risorse in base a criteri obiettivi (popolazione, condizioni socio-economiche ecc..);  Ognuna di esse istituisca un fondo perequativo destinato a integrare le risorse degli Enti che operano in aree economicamente più deboli, al fine di permettere loro di offrire agli abitanti del territorio i servizi pubblici principali (es: sanità, istruzione ecc..);  Lo Stato limiti il proprio intervento nelle materie principali (cioè nei cosiddetti “livelli minimi”, ovvero giustizia, moneta, politica estera, difesa, trasporti nazionali) al fine di soddisfare i bisogni essenziali della collettività; i restanti servizi sono a carico dell’Ente locale territoriale. Se l’Ente gerarchicamente inferiore non svolge correttamente le proprie funzioni, viene sostituito da quello gerarchicamente superiore (c.d. "principio della sussidiarietà");  Ogni Regione deve introdurre l’Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP) e quella Municipale Unica (IMU) al fine di assicurarsi un’adeguata autonomia locale.  Cos'è il Consiglio dei Ministri e quali sono i suoi poteri? E’ un organo collegiale che rappresenta l’intero Governo, infatti è composto sia dai Ministri sia dal Presidente del Consiglio. I suoi poteri sono:  determinare la politica generale del Governo;  risolvere i conflitti di competenza tra i Ministri;  deliberare i disegni di legge, i decreti legislativi, i decreti legge e i regolamenti governativi;  prendere decisioni riguardo i rapporti con le Regioni e gli Enti locali;  prendere decisioni riguardanti la politica estera e la politica comunitaria;  prendere decisioni riguardo i rapporti con la Chiesa;  nominare i presidenti dei principali Enti pubblici nazionali  Cos'è il giudizio penale costituzionale? Questa competenza della Corte Costituzionale riguarda i reati compiuti dal P.d.R. essi riguardo: ✔ tradimento: reato gravissimo compiuto da colui che mira a mettere in pericolo la sicurezza della vita civile attraverso accordi con eventuali nemici (es: terroristi, potenza straniere in  Il Garante Europeo della protezione dei dati: assicura che le istituzioni e gli organi dell'UE, nel trattamento dei dati personali, rispettino il diritto alla privacy dei cittadini dell'Unione  Cosa prevede la Costituzione a proposito del domicilio? L’art. 14 stabilisce che il domicilio è inviolabile cioè viene garantito il diritto alla privacy, sia nella propria abitazione, sia sul luogo di lavoro. La disciplina della libertà di domicilio è ispirata a quella della libertà personale; infatti, non possono essere eseguite: ✔Ispezioni; ✔Perquisizioni; ✔Sequestri; ✔Qualsiasi altro tipo di violazione se non nei casi previsti dalla legge e secondo le stesse garanzie prescritte per la tutela della libertà personale. Speciali limitazioni possono essere previste per: motivi di sanità  es: le ASL possono fare ispezioni sui posti di lavoro per accertare il rispetto delle norme igieniche e sanitarie; motivi di sicurezza pubblica  es: la polizia può compiere ispezioni per cercare prove contro gli indagati (dietro autorizzazione del Magistrato); motivi economici e fiscali  es: la Guardia di finanza può fare ispezioni nelle aziende per combattere l’evasione fiscale). RIPASSO ESAME DI PROCEDURA CIVILE  Quali sono i caratteri della giurisdizione? I caratteri della giurisdizione sono:  esclusiva: tale funzione è monopolio dello Stato, il quale esplica la sua sovranità, sottraendo la risoluzione delle controversie all’iniziativa dei cittadini (se i cittadini potessero farsi giustizia da sé sarebbe messa in pericolo la pace sociale);  strumentale: in quanto rappresenta uno strumento di cui il diritto si serve per imporsi all’obbedienza dei consociati;  sostitutiva: poiché subentra solo in via secondaria a ristabilire l’efficacia del diritto, quando tale diritto non sia stato in via primaria pacificamente e spontaneamente osservato dai consociati.  Quali sono le fasi del processo di cognizione? Le fasi del processo di cognizione sono 3:  fase preparatoria o introduttiva: riguarda la costituzione in giudizio delle partii e la formazione dei fascicoli d’ufficio e di parte;  fase istruttoria: comprende a sua volta 2 sottofasi: • trattazione: attività diretta all’esposizione e alla discussione della domanda e delle eccezioni; • istruzione probatoria: attività diretta all’acquisizione delle prove, svolta dal giudice nel contraddittorio delle parti;  fase decisoria: caratterizzata dall’emissione della sentenza del giudice.  Quali sono i principi del processo civile? Il processo, inteso come sequenza di atti finalisticamente collegati, è retto da alcuni principi che ne condizionano lo svolgimento. Essi sono:  Principio della domanda (art. 99 c.p.c.): chi vuol far valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al giudice competente, terzo ed imparziale. Ai sensi dell’art. 24 Cost. “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi”.  Principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.): tale principio fissa un limite alla discrezionalità del giudice. “Il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa; e non può pronunciare d’ufficio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle parti”;  Principio del contraddittorio (art. 101 c.p.c.): il giudice, salvo che la legge disponga altrimenti, non può statuire sopra alcuna domanda, se la parte contro la quale è proposta non è stata regolarmente citata e non è comparsa. Tale principio configura quindi un riflesso del diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost. Con tale norma il legislatore ha voluto garantire una eguale posizione di tutte le parti dinnanzi al giudice (in ossequi al principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 Cost.) ponendo le condizioni per il contraddittorio al fine di consentire al giudice una più ampia , articolata e veritiera visione dei fatti su cui si controverte. Se il giudice ritiene di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio, deve assegnare alle parti, a pena di nullità, un termine non inferiore a 20 giorni e non superiore a 40 dalla comunicazione di volersi riservare la decisione, per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla questione rilevata d’ufficio;  Principio dispositivo (art. 115 c.p.c.): il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero. Al potere di proporre la domanda, si aggiunge l’onere per l’attore di fornire la prova dei fatti che giustificano le ragioni della domanda, così come il convenuto ha l’onere di provare i fatti su cui si fondano le eccezioni sollevate. La legge vieta al giudice, salvo rare eccezioni, di esperire indagini d’ufficio, sicché la raccolta del materiale probatorio è nella disponibilità delle parti. Il giudice deve porre a fondamento della decisione i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita.; è invece invariata la possibilità di porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza (c.d. “fatti notori”).  Principio della libera valutazione delle prove (art. 116 c.p.c.): una volta addotte, le prove devono essere valutate dal giudice per essere acquisite al processo. La valutazione sulla veridicità e utilizzabilità della prova è fatta: • preventivamente dal legislatore: è il caso delle c.d. “prove legali”, quando il legislatore ha cristallizzato in una norma giuridica massime di esperienza, in base alle quali ha ritenuto astrattivamente valide determinate prove (es: confessione: il giudice deve limitarsi ad acquisirla, senza operare alcuna valutazione personale); • successivamente dal giudice: è il caso delle c.d. “prove libere”, valutate di volta in volta dal giudice secondo il suo prudente apprezzamento, in base a procedimenti logici e razionali;  Principio dell’onere della prova (art. 2697 c.c.): se il giudice non dispone di elementi probatori che dimostrino il fatto affermato dalle parti, è posto a carico di queste ultime l’onere di ricercarli e sottoporli all’esame dell’organo giudicante. L’art. 2697 c.c. afferma che “chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provarne i fatti che ne costituiscono il fondamento”; tale principio, quindi, rappresenta un corollario del principio della domanda;  Applicazione del diritto e giudizio di equità (artt. 113 e 114 c.p.c.): il giudice, nel decidere il caso concreto sottoposto al suo esame, è vincolato dalle norme del diritto. Esistono però dei casi nei quali il giudice può decidere secondo equità, adattando i principi giuridici alla particolarità del caso. Il giudice, cioè, può formulare la regola da applicare al caso concreto tenendo conto dei principi generali del diritto e delle regole etico-sociali diffuse nella coscienza comune. Il giudice può decidere secondo equità SOLO nei casi in cui la legge espressamente lo autorizzi, ovvero: • cause il cui valore non eccede i 1.100,00 Euro; • cause riguardanti diritti disponibili delle parti, quando queste ne facciano espressa richiesta;  Principio del “giusto processo” (art. 111 Cost.): il processo, innanzitutto, è giusto se è regolare sotto il profilo formale, ovvero se si svolge nel contraddittorio delle parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale. Essenziali al giusto processo sono anche il requisito della “ragionevole durata” e quello della “equa riparazione” del soggetto che abbia subito un danno a causa dell’eccessiva durata del processo stesso.  Quali sono i soggetti dell’attività processuale esecutiva? I soggetti ai quali fa capo l’attività processuale esecutiva sono:  l’organo esecutivo: è l’Ufficio giudiziario operante sotto il controllo del giudice dell’esecuzione;  il creditore: è colui che propone la domanda esecutiva, esercitando la relativa azione, quasi come l’attore nel processo di cognizione;  il debitore:è colui che subisce l’esecuzione di un diritto altrui già accertato, in quanto, ai sensi dell’art. 2740 c.c., il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni assunte con tutti i suoi beni, presenti e futuri. La convenzione d’arbitrato può avere due forme:  compromesso: contratto che le parti stipulano dopo l’insorgere della controversia;  clausola compromissioria: clausola inseriscono in un contratto o in un atto separato, prima dell’insorgere della controversia. La convenzione di arbitrato, per la quale è richiesta la forma scritta ad substantiam, può rinviare anche a un regolamento arbitrale precostituito, e può avere ad oggetto non solo tutte le controversie sui diritti disponibili delle parti, ma anche la risoluzione di controversie future relative a rapporti non contrattuali (es: controversie per il risarcimento da fatto illecito, controversie per atti di concorrenza sleale, controversie da responsabilità precontrattuali ecc..).  Cos’è la revocazione è per quali motivi tassativi è ammessa? La revocazione è un mezzo di impugnazione diretto contro un vizio della volontà del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata; tale vizio è fondato sull’esistenza di particolari circostanze che, se fossero state conosciute dal giudice, avrebbero portato ad un giudizio differente. La revocazione può essere:  ordinaria: quando impedisce il passaggio in giudicato della sentenza, essendo proponibile entro 30 giorni dalla notificazione della stessa;  straordinaria: quando è proponibile anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza. Sono impugnabili per revocazione le sentenze pronunciate in unico grado (inappellabili), in grado d’appello e le sentenze della Cassazione. È proponibile la revocazione straordinaria anche nei confronti di altri provvedimenti a contenuto decisorio: decreto ingiuntivo, sentenza arbitrale, sentenza dichiarativa di fallimento e ordinanza di convalida dello sfratto. I motivi sono tassativamente indicati dall’art. 395 c.p.c. La revocazione è ammessa: 1) se la sentenza è l’effetto del dolo di una parte in danno dell’altra; 2) se il giudice ha deciso in base a prove riconosciute o dichiarate false; 3) se dopo la sentenza sono stati uno o più documenti decisivi, non prodotti per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario; 4) se la sentenza è l’effetto di errore di fatto risultante dagli atti e documenti della causa; 5) se la sentenza è contraria ad altra precedente avene autorità di giudicato tra le parti; 6) se la sentenza è l’effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato.  Cos’è il regolamento di incompetenza? Per impugnare una pronuncia sulla competenza è possibile proporre i normale mezzi d’impugnazione (appello e ricorso in Cassazione) oppure utilizzare uno strumento specificamente diretto a far valere tali questioni immediatamente innanzi alla Corte di Cassazione, al fine di ottenere una pronuncia definitiva sulla competenza. Questo strumento è il regolamento di competenza, che si ha in tutti i casi in cui sorga un conflitto tra uno o più giudici in ordine alla competenza a trattare una determinata lite. Per legge, giurisdizione e competenza devono essere accertati dal giudice adito, il quale può giudicare sulla propria competenza e quindi dichiararsi incompetente oppure decidere la causa; qualora anche un altro giudice adotti analogo atteggiamento, sorge un conflitto di competenza. Il Codice distingue due tipi di regolamento di competenza:  su istanza di parte (mezzo di impugnazione ordinario), può essere: - necessario: qualora l’ordinanza abbia deciso solo sulla competenza (affermandola o negandola), senza aver pronunciato sul merito. Si dice necessario perché è l’unico strumento previsto per contestare una pronuncia sulla competenza; - facoltativo: qualora il provvedimento ha deciso sulla competenza (affermandola) e sul merito. Si dice facoltativo perché il provvedimento che si sia pronunciato contemporaneamente su competenza e merito, può essere contestato sia con il regolamento di competenza (se si intende contestare solo la competenza), sia con i mezzi ordinari di impugnazione (se si intende contestare sia la competenza che il merito);  d’ufficio o per disposizione del giudice: presuppone un conflitto tra due o più giudici e si verifica qualora il primo si dichiari incompetente e il secondo (ritenendosi ugualmente incompetente)deve chiedere d’ufficio il regolamento (art. 45 c.p.c.).  Cos’è il lodo arbitrale? La decisione della controversia (c.d. “lodo”) avviene sulla base delle norme sostanziali vigenti a meno che le parti non abbiano autorizzato gli arbitri a decidere secondo equità (art. 822 c.p.c.). Il lodo arbitrale deve essere deliberato a maggioranza di voti con la partecipazione di tutti gli arbitri. Il lodo deve essere redatto per iscritto e sottoscritto da tutti gli arbitri (anche se non necessariamente contestualmente). Il lodo deve essere comunicato alle parti ed ha effetto ed ha gli effetti della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria, a partire dalla data della sua ultima sottoscrizione (NON più dalla data di omologazione); la parte che intende ottenere l’esecuzione deve depositarlo nella cancelleria del Tribunale nella cui circoscrizione ha sede l’arbitrato. Il Tribunale, dopo un esame circa la sua regolarità formale, emana un decreto con cui lo dichiara esecutivo. Contro il decreto che nega l’esecutorietà del lodo, è ammesso reclamo in Corte d’Appello. Contro il lodo, anche non depositato, è ammessa l’impugnazione per nullità, che va proposta alla Corte d’Appello nel cui distretto vi è la sede dell’arbitrato. L’impugnazione è ammessa per invalidità formale del lodo, per vizi de procedimento, per invalidità della convenzione d’arbitrato, se il lodo ha disposizioni contraddittorie e non decide il merito della controversia. L’autorità giudiziaria adita, quando accoglie l’impugnazione, dichiara la nullità del lodo con sentenza. Il lodo è anche soggetto a revocazione e a opposizione di terzo  A cosa tende il processo di esecuzione? Il processo di esecuzione tende all’attuazione coattiva di un diritto di credito già accertato, in sede di cognizione oppure stragiudizialmente, ma non eseguito spontaneamente dalla parte soccombente. Per tale motivo il titolare del diritto esercita l’azione esecutiva ottenendo la soddisfazione della sua pretesa, anche contro la volontà del debitore.  Quando un atto giuridico è irregolare? L’atto è irregolare in tutti i casi in cui il difetto di un suo requisito non comporta nullità, in quanto non fa venir meno l’idoneità dell’atto stesso a conseguire il suo scopo. L’atto irregolare è sanabile in ogni stato del procedimento, per cui può essere corretto in ogni momento del processo.  Quando è nulla la citazione? Ai sensi dell’art. 164 c.p.c. la citazione è nulla se:  vi è omissione o incertezza assoluta sull’indicazione del giudice, sull’individuazione delle parti o sull’oggetto della domanda;  sia assegnato al convenuto un termine di comparizione inferiore a quello stabilito dalla legge;  è stata omessa l’indicazione della data dell’udienza di comparizione;  vi è omissione dell’avvertimento al convenuto delle decadenze determinate dalla costituzione oltre i termini;  vi è omissione dell’esposizione dei fatti posti a fondamento della domanda e mancata determinazione della cosa oggetto della domanda.  Chi sono gli ausiliari del giudice? Il giudice, nello svolgimento della sua attività, si serve di un apparato organizzativo di figure professionali, alcune delle quali (cancelliere e ufficiale giudiziario) fanno parte della struttura organizzativa dei singoli uffici giudiziari, mentre altre (consulente tecnico e custode) sono estranee ad essa e svolgono la loro funzione sulla base dell’incarico loro conferito di volta in volta. Gli ausiliari del giudice sono:  consulente tecnico (artt. 61-64 c.p.c): è un ausiliario, provvisto di particolare competenza tecnica, scelto fra persone iscritte in albi speciali. Egli presta assistenza al giudice, presenta relazione su determinati quesiti, fornisce chiarimenti sia in udienza sia in camera di consiglio. Al fine di distribuire gli incarichi equamente, la L.69/2009 a previsto che a nessun CTU possano essere conferiti incarichi in misura superiore al 10% di quelli affidati all’ufficio;  custode (artt. 65-67 c.p.c): è un ausiliario di cui il giudice si serve per la conservazione dei beni sequestrati o pignorati. Deve esercitare la custodia con la diligenza del buon padre di famiglia ed è responsabile verso le parti dei danni a lui imputabili. La sua nomina compete al giudice o all’ufficiale giudiziario. Se non esegue l’incarico assunto, il custode può essere condannato dal giudice ad una pensa pecuniaria compresa tra 250 e 500 Euro;  il cancelliere: è l’ufficio complementare dell’organo giudiziario, con funzioni prevalentemente burocratiche ed amministrative. È il principale collaboratore del giudice in quanto le sue varie attività, pur essendo subordinate al lavoro del giudice, sono integrative di questo e perciò autonome. I suoi compiti principali sono inerenti all’attività di registrazione, custodia degli atti giudiziari, nonché di documentazione, consistente nell’attribuire pubblica fede alle attività proprie, a quelle degli organi giudiziari e a quelle delle parti (es: redazione verbali d’udienza). Il funzionario di cancelleria, inoltre, si occupa anche del rilascio di copie ed estratti autentici di documenti prodotti, all’iscrizione della causa al ruolo, alla formazione del fascicolo d’ufficio, alla conservazione dei fascicoli delle parti, alle comunicazioni e alle richieste di notifiche previste dalla legge o dal giudice, e alla liquidazione delle spese di sentenza. Il funzionario di cancelleria è civilmente responsabile: • quando, senza giusto motivo, rifiuta di compiere gli atti che gli sono legalmente richiesti, oppure omette di compierli entro il termine fissato dal giudice ad istanza di parte; • quando ha compiuto un atto nullo con dolo o colpa grave.  ufficiale giudiziario: è l’altro ufficio complementare dell’organo giudiziario, con attribuzioni prevalentemente di carattere materiale. In sintesi, le sue attribuzioni possono così riassumersi: • funzioni preparatorie: quali ad esempio, notificazione dell’atto di citazione, delle sentenze, delle ordinanze, dei precetti ecc.. anche per via telematica; • funzione di assistenza all’udienza: funzione puramente formale; • funzioni esecutive: serie di attività aventi carattere materiale, ma pur sempre giurisdizionale, quali ad esempio il pignoramento mobiliare, l’ingiunzione al debitore, la vendita di beni mobili ecc..; • funzione documentale: per tutte le attività che gli competono, l’ufficiale giudiziario deve redigere il c.d. “processo verbale”. Tale comunicazione fa piena prova (fino a querela di falso) di tutto ciò che l’ufficiale giudiziario asserisce di aver compiuto nell’esercizio delle sue funzioni o delle azioni/dichiarazioni che sono avvenute in sua presenza;  altri ausiliari: in alcuni casi espressamente previsti dalla legge oppure in caso di necessità, il giudice può farsi assistere da soggetti esperti in una determinata arte o professione, o idonei in una determinata attività (es: interprete, traduttore, stimatore ecc..).  Quando l’appello è improcedibile e quando è invece inammissibile? L’appello è improcedibile per i seguenti motivi:  mancata costituzione dell’appellante nei termini;  mancata comparizione dell’appellante alla prima udienza. L’appello è inammissibile per i seguenti motivi:  quando viene proposto dopo la decadenza per decorrenza del termine o per acquiescenza;  in difetto delle condizioni per impugnare;  per mancata ottemperanza dell’ordine di integrazione del contraddittorio. Cos’è il pignoramento e quali beni sono impignorabili? Il pignoramento è l’atto con cui inizia ogni forma si espropriazione (solo nel caso in cui i beni da pignorare siano soggetti a pegno o ipoteca il creditore procedente può chiedere la vendita o l’assegnazione, anche senza che tale richiesta sia preceduta dal pignoramento). Il pignoramento consiste in un’ingiunzione che l’Ufficiale Giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito i beni che si assoggettano all’espropriazione. Scopo del pignoramento è quindi vincolare i beni da assoggettare all’esecuzione, ossia sottrarli alla libera disponibilità del debitore. L’Ufficiale Giudiziario, quando constata che i beni assoggettati a pignoramento appaiono insufficienti per la soddisfazione del creditore procedente, invita il debitore ad indicare altri beni utilmente pignorabili ed il luogo in cui si trovano. Sotto il profilo soggettivo, il pignoramento è un atto dell’Ufficiale Giudiziario, che lo pone in essere su istanza del creditore, previa esibizione da parte dello stesso del titolo esecutivo e del precetto ritualmente notificati. Sotto il profilo oggettivo, invece, consiste in un’ingiunzione fatta al debitore, eseguita previa l’esatta indicazione del credito e dei beni che vengono assoggettati all’espropriazione. Il pignoramento può avere ad oggetto:  beni determinati: scelti tra quelli rientranti nel patrimonio del debitore (art. 2910 c.c);  beni appartenenti a terzi: quando tali beni sono vincolati a garanzia del credito oppure quando sono oggetto di un atto che è stato revocato perché compiuto in pregiudizio del creditore. Non sono invece beni pignorabili:  perché non suscettibili all’espropriazione: • beni demaniali dello Stato, delle Province e dei Comuni (es: cimiteri); • beni facenti parte del patrimonio indisponibile dello Stato, delle Province e dei Comuni; • edifici destinati all’esercizio del culto cattolico, anche se appartenenti a privati; • le cose sacre e quelle che servono all’esercizio del culto; • gli immobili di cui agli artt. 14-16 del Trattato del Laterano dell’ 11/02/1929; • i beni di Stati e sovrani stranieri aventi destinazione pubblica (es: residenze diplomatiche); • beni e ragioni dotali destinate ad sustinenda onera matrimonii (non però i frutti dotali); • l’usufrutto legale dei minori; • i diritti di uso e abitazione; • i beni del fondo patrimoniale e i frutti di essi, per i debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia;  perché sottratti all’espropriazione: • l’anello nuziale, i vestiti, la biancheria, i letti, gli utensili di casa e cucina; • i commestibili e i combustibili necessarie per un mese al mantenimento del debitore e della sua famiglia; • le armi e gli oggetti che il debitore ha l’obbligo di conservare per l’adempimento di un pubblico servizio; • le decorazioni al valore, le lettere, i registri, gli scritti di famiglia; • i crediti alimentari, tranne per causa di alimenti e sempre con l’autorizzazione del Presidente del Tribunale o di un giudice da lui delegato e solo per la parte dal medesimo stabilita; • i crediti aventi per oggetto sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri oppure sussidi dovuti per maternità, malattia o funerali da Enti vari.  Che differenze c’è tra giurisdizione e competenza? La giurisdizione è una delle funzioni tipiche con cui si esplica la sovranità dello Stato e consiste nella potestà pubblica diretta a garantire la concreta applicazione delle norme stabilite dal potere legislativo (in via generale ed astratta). Il potere giurisdizionale è esercitato attraverso i giudici e i suoi ausiliari. La competenza, invece, può essere definita come la porzione di giurisdizione spettante a ciascun organo giudiziario, ovvero la quantità di giurisdizione che il giudice può esercitare rispetto a tutti gli altri giudici ordinari. La competenza va determinata con riferimento alla legge vigente e allo stato di fatto al momento della domanda (c.d. “perpetuatio iurisdictionis”). L’art. 5 c.p.c. prevede che i mutamenti di fatto e di diritto successivi alla domanda, non hanno nessuna rilevanza per quanto attiene alla determinazione della competenza.  Che cos’è l’appello e quali sentenze sono appellabile? L’appello è il più ampio mezzo di impugnazione, in quanto è concesso alla parte per il solo fatto di essere rimasta soccombente. Con l’appello si ha un totale riesame della controversia decisa dal giudice di primo grado e non solo il riesame di particolari vizi che inficerebbero la sentenza, come per gli altri mezzi di impugnazione (c.d. “principio del doppio grado di giurisdizione”). L’appello non rappresenta quindi una prosecuzione del giudizio di primo grado, ma un vero e proprio giudizio di verifica (sono infatti vietate nuove domande, eccezioni e prove). L’appello presenta le seguenti caratteristiche:  ha natura di gravame: comporta cioè un riesame totale della controversia ed è sempre concesso alla parte soccombente;  ha effetto devolutivo: devolve al nuovo giudice la cognizione dello stesso rapporto sostanziale conosciuto dal primo giudice. Il soccombente pertanto potrà ottenere una nuova pronuncia che, anziché riformare o revocare, si sovrappone ad essa, prendendone il posto. L’effetto devolutivo tuttavia non p automatico ma è limitato alle domande e alle eccezioni riproposte in appello;  non dà vita ad un nuovo processo, ma costituisce la verifica del processo di primo grado. Sono appellabili tutte le sentenze pronunciate in primo grado. Esiste tuttavia una differenza tra:  sentenze definitive: vale la regola dell’impugnazione nei termini prescritti (in ossequio al principio della certezza del diritto);  sentenze non definitive: la parte può o fare appello immediato nei termini, o fare riserva di appello insieme alla sentenza definitiva. Tale riserva non può farsi (o se fatta rimane senza effetto) se la sentenza definitiva è appellata immediatamente da alcuna delle altre parti. Son invece inappellabili:  le sentenze pronunciate secondo equità ex art. 114 c.p.c.;  le sentenze del Giudice di Pace pronunciate secondo equità nelle cause il cui valore non eccede i 1.100, a meno che con l’impugnazione si faccia valere la violazione delle norme sul procedimento, norme costituzionali o comunitarie, o principi regolatori della materia (c.d. “appello a critica vincolata”);  le sentenze per le quali le parti sono d’accordo ad omettere l’appello, e ad impugnare direttamente con ricorso in Cassazione;  le sentenze che hanno deciso una controversia individuale di lavoro o in materia di previdenza e assistenza obbligatoria, di valore non superiore ad Euro 25,82;  le sentenze dichiarate non appellabili da particolari norme di legge (es: sentenze sull’opposizione agli atti esecutivi);  le ordinanze che decidono solo sulla competenza (impugnabili solo con regolamento di competenza);  le sentenze che si pronunciano sulla nullità o meno del lodo arbitrale;  la sentenza che definisce il giudizio di contestazione sulle conclusioni del CTU nel procedimento di accertamento tecnico preventivo obbligatorio.  Chi è il Pubblico Ministero? Il PM è un organo dello Stato istituito per garantire l’attuazione della legge da parte degli organi giurisdizionali in quelle materie in cui viene in rilievo la necessità di garantire la tutela degli interessi generali o sociali, che non può essere lasciata all’esclusiva iniziativa dei privati. Anche se il PM è il protagonista del rito penale, esso è talvolta presente anche nel rito civile. Qui la dottrina distingue tra:  PM agente: è quello che esercita l’azione in tutti i casi tassativi in cui può promuoverla;  PM interveniente: si ha nei casi di intervento obbligatorio o facoltativo in giudizio. Al riguardi si distingue tra: • intervento obbligatorio: a pena di nullità, è previsto nelle cause che lo stesso PM può proporre (cause matrimoniali, cause relative allo stato e alla capacitò delle persone, cause relative alla querela di falso ecc..); • intervento facoltativo: è previsto per ogni altro caso in cui il PM ravvisi un pubblico interesse.  Quando un atto giuridico è nullo? È nullo l’atto che manca di uno o di alcuni elementi prescritti dalla legge, ovvero l’atto che non è idoneo al raggiungimento dello scopo per cui è stato compiuto. Per esigenza di economia degli atti processuali (scelta legislativa) se l’atto, seppur viziato, raggiunge il suo scopo, la nullità è sanata (art. 156 comma 3 c.p.c.). La nullità può essere:  assoluta: deve essere dichiarata dal giudice e può essere rilevata in qualunque grado e stato del giudizio;  relativa (o annullabilità): non può essere rilevata d’ufficio ma solo su istanza di parte e, in particolare, solo di quella parte che ha interesse alla pronuncia e non abbia dato causa alla nullità stessa e non vi abbia rinunciato. La nullità inoltre si distingue in:  sanabile: la nullità può essere sanata (e l’atto produce quindi i suoi normali effetti) in due casi: • quando l’atto ha comunque raggiunto lo scopo cui era destinato; • quando la parte che potrebbe giovarsi della nullità non la deduce tempestivamente oppure rinuncia a valersene  insanabile: l’art. 158 c.p.c. dispone che la nullità derivante da vizi relativi alla costituzione del giudice o all’intervento del PM è insanabile e deve essere rilevata d’ufficio. Se una nullità è insanabile (oppure è sanabile ma non viene sanata) colpisce anche gli atti successivi all’atto nullo e da esso dipendenti, in quanto ad esso coordinati nell’ambito del procedimento. La nullità di un atto non comporta la nullità degli atti precedenti e di quelli successivi che ne sono indipendenti (c.d. “limiti esterni  Cos’è l’opposizione agli atti esecutivi? L’opposizione agli atti esecutivi è, insieme all’opposizione all’esecuzione, un’opposizione proponibile dal debitore o dal terzo assoggettato all’esecuzione. L’opposizione agli atti esecutivi consiste nella contestazione della regolarità formale del titolo esecutivo, del precetto o degli altri atti del procedimento di esecuzione. Essa quindi è diretta a sollevare una questione puramente processuale, impugnandosi con essa il singolo atto esecutivo, di cui si sostiene l’invalidità. L’opposizione in questione, pertanto, può essere diretta:  a contestare la regolarità formale degli atti del processo, ovvero: • la regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto; • la regolarità formale della notificazione del titolo esecutivo e del precetto, e quella dei singoli atti esecutivi;  a contestare l’opportunità degli atti esecutivi. Sono legittimati a proporre opposizione:  legittimato attivamente: è il debitore o terzo proprietario assoggettato all’esecuzione, il creditore pignorante e gli intervenuti, e i terzi che si trovano ad essere coinvolti nel processo esecutivo (es: terzi detentori di cose del debitore ecc..);  legittimato passivamente: è il soggetto che ha compiuto l’atto al quale si oppone. Per quanto concerne il procedimento:  l’opposizione anteriore all’inizio dell’esecuzione, con la quale si fa valere l’irregolarità formale del titolo esecutivo o del precetto, deve essere proposta entro il termine perentorio di 20 giorni dal momento in cui è stato compiuto l’atto contro il quale essa si dirige. Essa va proposta con citazione davanti al giudice competente per l’esecuzione (giudice della residenza dichiarata o del domicilio eletto nel precetto; in mancanza, giudice del luogo ove il precetto è stato notificato). L’istruzione avviene secondo le norme generali e la decisione viene assunta con sentenza non impugnabile;  opposizione anteriore all’inizio dell’esecuzione, con la quale si fa valere l’irregolarità formale dei singoli atti di esecuzione, deve essere proposta entro il termine perentorio di 20 giorni dal momento in cui è stato compiuto l’atto contro il quale essa si dirige. Essa va proposta con ricorso davanti al giudice dell’esecuzione. Il giudice può prendere i provvedimenti opportuni e indilazionabili nei casi urgenti e può sospendere la procedura quando lo ritiene opportuno. L’istruzione avviene secondo le norme generali e la decisione viene assunta con sentenza non impugnabile.  Chi è il difensore? Le parti, al di fuori dei casi previsti in cui possono stare in giudizio personalmente (ovvero, davanti al Giudice di Pace per cause con valore non eccedente i 1.100 Euro e per le cause di lavoro il cui valore non ecceda Euro 129,11) per agire e porre in essere atti processuali necessari alla loro difesa hanno bisogno dell’assistenza di un difensore, ovvero di un soggetto iscritto all’Albo degli Avvocati. Il difensore, quindi, compie gli atti processuali in nome e per conto della parte, sulla quale ricadono gli effetti favorevoli o sfavorevoli di essi. Il potere di compiere questi atti viene attribuito al difensore mediante la c.d “procura alle liti”, che può essere conferita dalla parte mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata. La procura può speciale (se si riferisce ad un processo determinato) oppure generica (se non contiene alcuna limitazione). In caso di reddito basso, il soggetto ha diritto ad ottenere il gratuito patrocinio a spese dello Stato; l’art. 125 c.p.c. prevede sanzioni penali per le dichiarazioni false relative al limite di reddito. Il difensore non può chiedere o percepire dal proprio assistito compensi o rimborsi a qualsiasi titolo, diversi da quelli previsti dalla concessione del patrocinio stesso; qualsiasi patto contrario sarebbe nullo e la violazione di tale divieto costituirebbe grave illecito disciplinare professionale. Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati è l’organo competente a ricevere l’istanza di ammissione al gratuito patrocinio in sede civile, presentata personalmente dall’interessato o dal suo difensore, ovvero inviato a mezzo di raccomandata a/r.  Cos’è l’assunzione delle prove? L’istruzione probatoria è quella parte della fase istruttoria diretta a raccogliere le prove necessarie per la decisione delle questioni individuate e discusse in sede di trattazione. Le prove sono i mezzi processuali necessari per fornire la dimostrazione dell’esistenza di un fatto dedotto dalla parte. Ai sensi dell’art. 2697 c.c. “chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Chi eccepisce l'inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si e' modificato o estinto deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda”; se la parte non fornisce tale prova, soccombe nella causa (c.d. “onere della prova”). Gli organi competenti all’assunzione della prova sono:  Giudice istruttore; da solo, o con l’ausilio di un consulente tecnico;  Giudice del luogo in cui la prova va assunta: su delega del giudice istruttore;  Collegio: qualora se ne ravvisi la necessità. Salvo rari casi previsti dalla legge, il giudice non può andare alla ricerca dei mezzi che possano servire alla conoscenza dei fatti; sono infatti le parti, che devono porre le prove a fondamento delle loro pretese (c.d. “principio dispositivo”) L’assunzione della prova deve essere disposta dal giudice, con ordinanza, che fissa altresì il tempo, il luogo e le modalità; l’ordinanza che dispone l’assunzione di una prova, implica un suo giudizio di ammissibilità (ovvero è configurata come una delle prove previste dalla legge) e rilevanza (ovvero risulta utile ai fini dell’accertamento dei fatti di causa). Per quanto concerne la vera e propria assunzione dei mezzi di prova, vi provvede personalmente il giudice istruttore, il quale risolve eventuali questioni con ordinanza; il giudice o un suo assistente, inoltre, redige processo verbale sotto la direzione del giudice istruttore medesimo. Se non si presenta la parte su istanza della quale deve iniziarsi o proseguirsi la prova, essa decade dall‘assunzione (art. 208 c.p.c.), salvo che l’altra parte presente ne chieda l’assunzione. L’assunzione della prova si chiude (art. 209 c.p.c.) quando:  sono state espletate le prove ammesse;  viene dichiarata la decadenza dalle prove residue;  il giudice ritiene superflua l’ulteriore istruzione.  Quando il processo esecutivo si estingue e quali sono i suoi effetti? Il processo esecutivo si estingue:  con soddisfacimento del creditore;  con rinuncia dei creditori rimasti insoddisfatti (sia del creditore pignorante, che di quelli intervenuti);  con l’inattività delle parti (= non proseguono il processo oppure non lo riassumono nei termini);  a causa della mancata comparizione all’udienza. Gli effetti dell’estinzione sono previsti dall’art. 632 c.p.c.:  se l’estinzione si verifica prima dell’aggiudicazione o assegnazione, essa rende inefficace gli atti compiuti;  se l’estinzione si verifica successivamente, la somma ricavata è consegnata al debitore. Con l’ordinanza che pronuncia l’estinzione è disposta sempre la cancellazione della trascrizione del pignoramento.  Quali sono i procedimenti sommari? Sono dei normali processi di cognizione, caratterizzati o dal fatto che che in essi la cognizione è sommaria, almeno in fase iniziale, oppure riguardano speciali situazioni sostanziali. Appartengono al primo gruppo:  procedimenti per ingiunzione;  procedimenti per convalida di sfratto;  procedimenti sommari di cognizione. Appartengono al secondo gruppo:  procedimenti di separazione e divorzio;  procedimenti di interdizione o inabilitazione e amministrazione di sostegno;  giudizio di divisione;  processo del lavoro;  ordini di protezione contro gli abusi familiari.  Cos’è il ricorso per Cassazione e quali sentenze possono essere impugnate? Il ricorso per Cassazione è un mezzo di impugnazione che non dà luogo, a differenza dell’Appello, ad una nuova valutazione del merito della causa, ma solo ad un riesame delle attività processuali che hanno portato alla sentenza impugnata, nonché del giudizio di diritto reso con la sentenza stessa. Il ricorso per Cassazione non ha effetto sospensivo né devolutivo e dà luogo ad un nuovo ed autonomo processo, distinto dal giudizio di merito di primo e di secondo grado (la Cassazione è giudice della sola legittimità ovvero è solo giudice del diritto). La Corte di Cassazione è unica per tutto il territorio della Repubblica Italiana ed ha sede in Roma. Possono essere impugnate per Cassazione:  le sentenze del giudice ordinario pronunciate in grado di appello o in unico grado (quando non è ammesso l’appello);  le sentenze appellabili del Tribunale quando le parti siano d’accordo per omettere l’appello. In questo caso il ricorso è ammesso solo per violazione o falsa applicazione delle norme di diritto e dei contratti o accordi collettivi nazionali di lavoro;  le sentenze e i provvedimenti che incidono su diritti soggettivi e siano idonei al giudicato, emessi da giudici ordinari o speciali in grado di appello o in unico grado, che siano impugnabili per violazione di legge;  i provvedimenti di primo grado contro i quali è stato proposto appello dichiarato inammissibile;  ricorso contro le decisioni dei giudici speciali per motivi attinenti alla giurisdizione o per violazione di legge;  conflitti di giurisdizione fra giudici speciali e giudici ordinari;  conflitti di attribuzione della giurisdizione fra Pubbliche Amministrazioni e giudice ordinario;  ricorso per regolamento di giurisdizione (deciso a Sezioni Unite);  ricorso per regolamento di competenza.  Cos’è la rappresentanza? Vi sono dei casi in cui il soggetto, per stare in giudizio, si avvale di un rappresentante che agisce in nome e per conto della parte; tale soggetto è detto “rappresentato”. Occorre distinguere tra:  rappresentanza necessaria: quando il soggetto rappresentato non ha il libero esercizio dei suoi diritti, ovvero non ha la capacità processuale. Pertanto, la legge dispone che egli debba essere sostituito da un altro soggetto, fornito di tale capacità;  rappresentanza volontaria: la parte che ha il libero esercizio dei suoi diritti può decidere se farsi rappresentare o meno nel processo. • nell’espropriazione immobiliare, invece, la distribuzione della somma ricavata può essere soltanto giudiziale. Il giudice effettua la distribuzione previo accantonamento (per un periodo non superiore a 3 anni) delle somme che spetterebbero ai creditori intervenuti privi di titolo esecutivo i cui crediti non sian stati (in tutto o in parte) riconosciuti dal debitore; • se in sede di distribuzione della somma ricavata sorgono controversie (tra i creditori, tra debitore e creditori o tra debitore e terzi assoggettati all’espropriazione) circa la sussistenza o l’ammontare di uno più crediti o diritti di prelazione, il giudice dell’esecuzione, sentite le parti e compiuti i necessari accertamenti, provvede con ordinanza; • il giudice, nel decidere le controversie, può sospendere il processo in tutto o in parte (qualora sia contestata solo una parte dei crediti); • se manca l’accordo o l’approvazione del giudice, il piano di distribuzione della somma ricavata è formato dal giudice.  Cos’è l’opposizione di terzo? L’opposizione di terzo (art. 404 c.p.c.) è un mezzo di impugnazione straordinario (in quanto proponibile nonostante il passaggio in giudicato della sentenza), concesso al terzo per rimuovere gli effetti pregiudizievoli che una sentenza, pronunciata tra altre parti, può avere sulla sua sfera giuridica. L’opposizione di terzo presenta alcune caratteristiche eccezionali:  è proponibile da chi non fu parte nel processo, ma terzo rispetto al giudizio sfociato nella sentenza impugnata;  è un rimedio facoltativo, in quanto la sua mancata proposizione non determina preclusioni. Infatti, le ragioni non fatte valere con opposizione di terzo possono essere tutelate con altri strumenti giuridici (es: eccezione di inopponibilità della sentenza pronunciata inter alios; autonoma azione di accertamento finalizzata alla dichiarazione della inopponibilità della sentenza al terzo e della sussistenza del diritto di quest’ultimo ecc..). L’opposizione di terzo può essere:  ordinaria: è quella concessa ai terzi che siano titolari di un diritto assolutamente incompatibile con il diritto dichiarato nella sentenza pronunciata inter alios, oppure incompatibile con un diritto dipendente dal titolo in base al quale il diritto dichiarato nella sentenza fu fatto valere;  revocatoria: è quella concessa ai terzi (creditori a aventi causa di una delle parti) che soffrirebbero un pregiudizio di fatto, quando la sentenza sfavorevole al loro debitore o dante causa, sia stata pronunciata a loro danno per effetto di dolo o collusione tra le parti.  Quali sono i poteri del giudice e quali limiti incontrano? I poteri che il giudice esercita nel processo sono esplicazione della potestà giurisdizionale e si distinguono in:  potere di direzione e governo del processo:è attribuito al giudice al fine di assicurare un leale e sollecito svolgimento del processo;  potere conciliativo: con esso il giudice tenta di conciliare le parti durante tutta la durata dell’istruttoria;  poteri ordinatori e istruttori: consentono al giudice di raccogliere elementi per la decisione e di dirigere il procedimento;  potere decisorio: con il quale il giudice decide quale parte abbia ragione e quale torto. Per quanto concerne invece i doveri che il giudice è chiamato ad assolvere, ricordiamo:  limiti della decisione: ai sensi dell’art. 112 c.p.c. il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa. Non può pronunciare d’ufficio su quelle eccezioni non proposte dalle parti (c.d. “principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato”);  le norme da applicare: il giudice è obbligato a pronunciare uniformandosi alle norme di legge, salvo che la legge gli consenta espressamente di decidere secondo equità;  disponibilità delle prove: ai sensi dell’art. 115 c.p.c. il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove offerte dalle parti (o dal PM), nonché i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita (c.d. “principio dispositivo”). Egli di regola non può avvalersi della propria scienza per acquisire la conoscenza dei fatti di causa, né può ricercare di propria iniziativa i mezzi per accertare i fatti.  Quali sono i mezzi sostitutivi della giurisdizione civile? In alcuni casi l’ordinamento, per ragioni di economicità, affida alle stesse parti la facoltà di decidere personalmente, o far decidere da terzi, le controversie sorte tra loro. I c.d. “mezzi sostitutivi della giurisdizione” sono :  transazione: è il contratto con cui le parti, facendosi reciproche concessioni, si accordano per porre fine ad una lite già iniziata oppure per prevenire una lite che potrebbe insorgere;  conciliazione: è l’accordo raggiunto tra le parti su libera iniziativa ovvero a mezzo di appositi organi o uffici pubblici. Essa sostituisce la giurisdizione se interviene prima che la causa sia instaurata, ed in luogo di essa, in sede non contenziosa. Questo tipo di conciliazione va distinto dalla conciliazione in pendenza di lite, che il giudice deve tentare. L’organo che esercita l’attività conciliativa sono il Giudice di Pace ed apposite sezioni conciliative per la conciliazi9one delle controversie di lavoro;  arbitrato: è il mezzo attraverso cui le parti affidano la decisione della controversia a terzi, sostituendo in tal modo il giudice civile ordinario. La decisione degli arbitri è detta “lodo” e ha, dalla data della sua ultima sottoscrizione, gli effetti della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria.  Cos’è il procedimento di correzione? Per quanto riguarda il contenuto della sentenza, gli errori materiali, le omissioni e i meri errori di calcolo dovuti ad una semplice disattenzione o svista del giudice nella redazione del provvedimento (sentenze, ordinanze o decreti) possono essere corretti mediante un particolare procedimento, disciplinato dagli artt. 287 ss c.p.c. Alla correzione provvede, su istanza di parte, con decreto o con ordinanza, lo stesso giudice che ha redatto la sentenza. Possono essere corrette per errore materiale o di calcolo, con il procedimento ex artt. 287 ss c.cp.c. anche le sentenze della Corte di Cassazione, nonché le ordinanze pronunciate ai sensi dell’art. 375 c.p.c  Cosa si intende per “difetto di giurisdizione”? Il giudice civile ha giurisdizione ogni volta che la controversia sottoposta al suo esame non rientri nella sfera di competenza del giudice penale o amministrativo; in altre parole, la giurisdizione è la sfera di potere attribuita ai giudici nei rapporti con i giudici di ordine diverso. Pertanto l’espressione “difetto di giurisdizione” indica la mancanza di potere giurisdizionale del giudice a seguito delle limitazioni poste al suo potere. I limiti alla giurisdizione ordinaria possono derivare:  da un conflitto tra giudice ordinario e Pubblica Amministrazione;  da un conflitto tra giudice ordinario e giudice speciale. Il difetto di giurisdizione è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo. Le parti possono sollecitare una pronuncia immediata sulla giurisdizione, senza attendere la conclusione del processo, mediante ricorso alla Corte di Cassazione a Sezioni Unite; tale ricorso prende il nome di “regolamento di giurisdizione” ed è ammissibile anche per le questioni che coinvolgono i rapporti tra giudice italiano e giudice straniero. Il regolamento di giurisdizione può essere presentato da ciascuna parte del procedimento, compreso il convenuto contumace, e anche dopo l’inizio del procedimento, finché la causa non sia decisa nel merito. Il regolamento non sospende automaticamente il processo: la sospensione può essere disposta dal giudice dinnanzi il quale pende la causa se non ritiene l’istanza manifestamente inammissibile o la contestazione della causa manifestamente infondata. Emessa la pronuncia sulla giurisdizione, il giudice che si spoglia della causa deve indicare quale sia il giudice da lui ritenuto munito di giurisdizione (c.d. “transaltio judicii”). Il processo deve essere riassunto dalle parti dinnanzi al giudice competente entro 3 mesi; in mancanza di riassunzione, il processo si estingue, impedendo qualunque conservazione.  Quali sono i mezzi di prova disciplinati dal Codice di Procedura Civile? a) prova documentale. Esse si basano su un oggetto materiale idoneo a rappresentare o dare conoscenza di un fatto. Sono prove documentali: • atto pubblico (art.2699 c.c.): fa piena prova fino a querela di falso della provenienza del documento dal pubblico ufficiale e/o delle dichiarazioni avvenute in sua presenza; • scrittura privata (art. 2702 c.c.): qualsiasi documento sottoscritto dalla parte. Essa fa piena prova solo se colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce come propria la sottoscrizione; • verificazione della scrittura privata (artt. 214-220 c.p.c.): è il mezzo di prova mediante il quale una parte chiede di accertare l’autenticità della scrittura o della sottoscrizione di una scrittura privata, dopo che questa è stata disconosciuta dalla controparte, proponendo i mezzi di prova che ritiene utili e indicando le scritture che possono servire di comparazione. Sulla verificazione decide il Collegio con sentenza e, se riconosce che la sottoscrizione proviene dalla parte che l’ha disconosciuta, potrà condannare quest’ultima ad una pena pecuniaria. b) prove costituende. A differenza delle prove documentali (già precostituite prima dell’inizio del processo), le prove costituende sono quelle che vengono formate soltanto nel processo mediante l’assunzione del mezzo di prova. Le prove costituende sono le seguenti: b1) interrogatorio formale (artt. 228-232 c.p.c.): è il mezzo di prova che tende a provocare la confessione della parte (c.d. “confessione giudiziale”). Quest’ultima forma piena prova contro colui che l’ha fatta, purché non verta su fatti relativi a diritti indisponibili. La parte che intende far interrogare l’avversario deve proporre le domande, deducendo articoli separati e specifici. Il giudice istruttore, ammette l’interrogatorio con ordinanza. Se la parte che deve rispondere non si presenta oppure si rifiuta di rispondere senza giustificato motivo, il giudice potrà, valutato ogni altro elemento di prova, ritenere come ammessi i fatti dedotti nell’interrogatorio. Il c.d. “interrogatorio libero”, invece, si differenzia da quello formale ad istanza di parte, in quanto, mentre quest’ultimo è diretto a provocare dichiarazioni contrarie all’interesse dell’interrogato, il primo è diretto a spiegare al giudice le ragioni addotte da ciascuna parte. Le dichiarazioni rese non vengono verbalizzate e non assumono valore confessorio; il giudice ha la facoltà di avvalersi di tali dichiarazioni solo per corroborare prove già acquisite al processo o per disattenderle. B2) confessione (artt. 228-232 c.p.c.): è la dichiarazione di una parte sulla verità di fatti a sé sfavorevoli e favorevoli alla controparte. È un atto giuridico con efficacia probatoria e deve provenire da persona capace di disporre del diritto a cui i fatti si riferiscono. La confessione può essere: • giudiziale: quando e resa in giudizio e forma piena prova contro colui che l’ha fatta. La confessione giudiziale può essere spontanea oppure provocata dall’interrogatorio formale. • stragiudiziale: quando è resa fuori dal giudizio. b3) giuramento (artt. 233-243 c.p.c.): è la dichiarazione con cui una parte asserisce come vero un fatto, nella forma solenne prevista dalla legge; esso comporta che un fatto si
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