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DOMANDE MARKETING ALBERTO PASTORE, Prove d'esame di Marketing

Raccolta estesa delle domande a crocette e delle domande aperte dell'esame di Marketing con il Professore Alberto Pastore, della facoltà di economia alla Sapienza.

Tipologia: Prove d'esame

2022/2023

Caricato il 09/05/2023

patriziofanta320rm
patriziofanta320rm 🇮🇹

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Scarica DOMANDE MARKETING ALBERTO PASTORE e più Prove d'esame in PDF di Marketing solo su Docsity! DOMANDE MARKETING ALBERTO PASTORE Il business model a volumi appare idoneo a governare fasce di valore: Value. L’approccio del marketing digitale si caratterizza come: Reticolare, interattivo, collaborativo Una formula distributiva è costituita da: Mix di servizi commerciali configurato in modo organico in un punto vendita. Il posizionamento è: Il processo di concezione di una marca, dei suoi benefici e della sua immagine al fine di costruire nella mente dei consumatori una posizione favorevole e distinta da quella delle marche concorrenti. I costi di marketing sono: Sono prevalentemente di tipo fisso e discrezionale. Il baricentro strategico è costituito da: fattori che ispirano esistenza, evoluzione e approccio al mercato Il green marketing: È una strategia di marketing che mira a soddisfare le istanze ambientali e sociali della collettività in una logica di lungo periodo. Nel franchising: Il franchisor mette a disposizione del franchisee la propria formula commerciale. Le pubbliche relazioni hanno l’obbiettivo di: Consolidare l’immagine e la reputazione dell’impresa I paid media sono (mezzi di comunicazione recenti): Spazi pubblicitari acquistati da un inserzionista presso l’editore o un suo concessionario, mettendo in opera così una comunicazione a pagamento, pianificata e controllata, in forma one-to-many, standardizzata, unidirezionale La marca commerciale: È una marca esclusiva del distributore L’ampiezza dell’assortimento: Numero di categorie merceologiche trattate Attraverso la corporate communication, l’impresa: Esplicita la propria identità, comunica valori e strategie, costruisce le relazioni con gli stakeholder Missione: La missione svolge il ruolo di delineare il contesto all’interno del quale le strategie devono essere formulate. Gli owned media (mezzo di comunicazione recenti): sono mezzi proprietari dell'impresa, da essa detenuti e gestiti con piena autonomia, per i quali non è richiesto un esborso a terzi per l'acquisto di spazi, ma solo il sostenimento delle spese di "produzione" Gli earned media (mezzo di comunicazione recenti): sono quegli ambienti di comunicazione many-to-many all'interno dei quali l'impresa/la marca viene citata, commentata, recensita dagli utenti, come i social network, i blog, le community. I sold media (mezzo di comunicazione recenti): sono parte degli owned media che, eventualmente, un'impresa può vendere a terze parti. La definizione del price point viene fatta considerando anzitutto: Domanda, costi, concorrenza L’ambiente esogeno rilevante si definisce attraverso l’analisi di variabili: Variabili PEST La strategia competitiva di differenziazione: si fonda sulla superiorità dell’impresa nel definire product offering aventi caratteristiche uniche e distintive rispetto alla concorrenza La strategia di sviluppo delle marche commerciali è di fondamentale importanza per i retailer in quanto impatta su: Differenziazione dell’insegna, marginalità, rapporti con i produttori La marketing scorecard: È un sistema di indicatori che valuta le performance di marketing nelle sue dimensioni di mercato competitive ed economiche Nelle ricerche, il processo di generazione dell’informazione “dall’osservazione alla teoria” definisce: Il metodo qualitativo Le promozioni di prezzo (value-increasing): vengono utilizzate allo scopo di incrementare le vendite nel breve periodo La pubblicità: È una forma di comunicazione non personale nella quale un inserzionista ben identificato acquista uno spazio per trasmettere un messaggio a un pubblico definito attraverso uno o più media La comunicazione di marketing: è rivolta ai clienti finali e intermedi e determina i suoi effetti sul piano cognitivo, affettivo e comportamentale Il merchandising nel retail: È il marketing del punto vendita, basato anzitutto sulla gestione dello spazio espositivo Il consumer surplus è: La differenza tra il beneficio percepito dal consumatore e il prezzo pagato Le fasi del modello generale del processo di acquisto in ordine sono: Ricognizione del bisogno, ricerca delle alternative, valutazione delle alternative, acquisto, valutazione post-acquisto Quale delle seguenti informazioni sul valore percepito dal cliente è vera: E’ l’insieme dei costi percepiti che il cliente si aspetta di sostenere per la valutazione, … l’utilizzo e lo smaltimento di un dato bene offerto sul mercato Quattro P: Le quattro P sono le leve sulle quali l’impresa deve poggiare il proprio rapporto con il mercato di riferimento: Product (il sistema prodotto, comprendente il prodotto, il brand, i servizi accessori), Placement (la collocazione del prodotto nel punto vendita) Promotion (la promozione commerciale fatta dalla comunicazione ma anche dai venditori), Price (Prezzo). Marketing Mix: la miscela di variabili controllabili dall’impresa e da essa usate per raggiungere il desiderato livello di vendite nel mercato di riferimento. L’ottimizzazione del marketing mix è raggiunta assegnando a ciascuna leva un ammontare del budget complessivo disponibile e misurandone i ritorni in termini di vendite profitti o altri indicatori. Bisogni e desideri: il bisogno (need) è uno stato di carenza ed esprime quindi una necessità, dai bisogni primari (bere mangiare) a quelli secondari (appartenenza realizzazione dell'io). Il desiderio (want) è una specificazione del bisogno in un prodotto, ad esempio, un panino per la fame, un'auto di lusso per l'autoaffermazione. Digitalizzazione: la trasformazione di un'immagine, un suono, un documento in un formato digitale - espresso da un codice binario - e interpretabile da un computer. La rivoluzione digitale è l'estensione di questo codice a una varietà enorme di prodotti, capaci di comunicare fra loro. Concept di prodotto: idea di prodotto, nuovo o rinnovato, dell’impresa. Rappresenta l’interpretazione della categoria che il produttore esprime sul mercato. Profittabilità del cliente: differenza fra i ricavi generati da un determinato cliente e i costi operativi necessari ad attrarlo e mantenerlo nel tempo. Varietà: ogni singolo oggetto che si distingua per alcuni caratteri particolari dagli altri della stessa specie. È la forma statica della varianza. Variabilità: l’attitudine di un elemento ad assumere differenti modalità quali-quantitative. È la forma dinamica della varianza. Domanda potenziale: la domanda aggregata di un determinato prodotto che l’impresa si propone di acquisire. È un fondamentale tassello conoscitivo per lo sviluppo di strategie di mercato efficaci. Domanda primaria: la complessiva richiesta di una determinata categoria di prodotto che gli acquirenti localizzati in una data area geografica esprimono in un determinato momento o arco temporale. Hard discount: format commerciali interamente basati sul concetto di primo prezzo. White Label: prodotti senza marca recanti in etichetta solo il contenuto minimo informativo previsto dalla legge. Prezzo frontiera: è il livello di prezzo che funge da soglia fra le offerte del value market in basso e il premium market in alto. Mercato-prodotto: espressione del mercato che utilizza la categoria come riferimento essenziale. Mercato-funzione: espressione del mercato che utilizza una medesima funzione d’uso come riferimento aggregatore. Economie di clientela: valori estraibili nel tempo dalla relazione con i clienti dati dalla fedeltà e dalla fiducia tra le parti. Marketer: termine tecnico con il quale si identifica il professionista cui vengono affidati compiti di mercato Market-space: per indicare un contesto di scambio che basa il suo funzionamento sulle ICT. Market-place: invece è il mercato tradizionale, il cui campo di esistenza è il mondo reale. Consumer empowerment: è uno stato mentale accompagnato da comportamenti coerenti, che abilita il consumatore a rendere più efficaci le proprie scelte, manifestando i propri bisogni e desideri agli altri attori del mercato. Centralità relazionale: nella network analysis, la nozione centralità assume un’importanza fondamentale perché permette di definire il posizionamento di un nodo nel proprio network in termini puramente relazionali. Prosumer: Producer + Consumer, l’unione di questi due termini indica un cliente direttamente coinvolto nella definizione degli attributi del prodotto o altri elementi del marketing mix. Media mix digitale: si intende l’insieme integrato di strumenti di comunicazione/piattaforme digitali. E-retailer: qualsiasi operatore economico, produttore o intermediario commerciale che commercializzi prodotti/servizi utilizzando i canali digitali. Mobile-commerce: forma di commercio elettronico tramite uso di device mobili come telefoni cellulari e tablet. Impression: un’impression corrisponde a una visualizzazione della pagina web dove sono presenti elementi pubblicitari. Tracking del comportamento online: si tratta di un’analisi che attraverso diverse tecniche, consente di tracciare le azioni poste in essere dall’utente online come, i siti visitati, i tempi di permanenza, i contenuti richiesti, i prodotti acquistati, le app scaricate, ecc. Trade marketing: approccio con il quale il produttore investe risorse a beneficio del trade (cliente commerciale) perché questo cooperi nel creare le condizioni di offerta al pubblico che il produttore desidera. Consumer Marketing: approccio con il quale il produttore investe risorse per stimolare la domanda finale e avere maggior potere contrattuale nei confronti del trade. Marketing concept: filosofia del marketing, sostiene che le probabilità di vendita di un’offerta sono molto maggiori laddove essa sia stata progettata quanto più possibile a misura del consumatore al quale si pensa di rivolgere l’offerta medesima. Business model: è la formula operativa con la quale l’imprenditore immagina di operare nello spazio competitivo prescelto. Si compone di un modello di ricavo (revenue model), di macro-variabili organizzative, di un modello dei costi e di un approccio al profitto. Tecnostruttura: è il complesso di tecnici che all’interno dell’impresa possiedono le competenze necessarie ad assumere decisioni razionali e a risolvere problemi a elevata intensità di conoscenza. Valore funzionale: è legato alle prestazioni del prodotto, alla sua capacità di svolgere il compito per il quale è stato inventato (core benefit) più eventuali altri compiti accessori. Valore emozionale: è legato anch’esso alle prestazioni del prodotto e in particolare all’esperienza che esso fornisce quando esprime il suo potenziale e può estendersi anche al contesto in cui avviene l’acquisto. Valore simbolico: è legato alla componente sociale dell’individuo, come strumento di comunicazione dell’io agli altri e a quella edonistica. Economics: Variabili economiche di gestione dell’impresa che confluendo nel conto economico attraverso il sistema contabile, concorrono a determinare il profitto. Macromarketing: concerne i soggetti dello scambio e i processi che ne regolano i comportamenti reciproci, nonché le regole di funzionamento che consentono al sistema economico di raggiungere i propri obiettivi. Marginalità commerciale: parametro contabile che esprime la profittabilità di un prodotto generalmente venduto attraverso i canali distributivi terzi. È uno dei paramenti rilevanti nella gestione di mercato. Cliente potenziale (prospect): compratore considerato potenzialmente interessato a una determinata offerta di acquisto. Concetto limitrofo a quello del target. Commodification: un bene problematico richiede un processo di acquisto complesso e articolato. Con l’aumento del potere d’acquisto e la diffusione sul mercato, il loro acquisto tende a somigliare a quello di beni più elementari e semplici quali le materie prime(commodity). Consideration set: è l’insieme delle marche recuperate dalla memoria, o identificate sul mercato, tra cui il cliente sceglie quella preferita. Brand Loyality: consiste nella ripetizione durevole dell’acquisto della stessa marca, per convinzione e per routine. Brand switching: indica il cambio di marca da parte del cliente. Può essere temporaneo ed episodico, quando cerca alternative alla marca abituale, o definitivo, quando sceglie di non acquistare più la marca precedente. Fast moving consumer goods: beni di largo consumo caratterizzati da acquisti ricorrenti, basso prezzo unitario, bassa complessità di acquisto. Assortimento: insieme dei prodotti e delle marche che formano l’offerta di un punto vendita. Categorie problematiche: tipi di prodotto associati ad elevato rischio percepito, bassa frequenza d’acquisto ed elevato valore unitario. Domanda derivata: la domanda di beni industriali a sua volta dipendente dalla domanda di beni finali a cui si riferisce. Riassortimento: operazione di fornitura con la quale il punto vendita viene rifornito delle product offering in via di esaurimento o esaurite. Gap di domanda: differenza a livello di mercato aggregato, fra domanda primaria e domanda potenziale. Heavy users: classe di consumatori effettivi della categoria di prodotto caratterizzata da elevata frequenza e dimensione del consumo. Fonte informativa: s’intende il soggetto che produce un determinato dato e ne possiede la titolarità, disponendo di conseguenza di come e se distribuirlo. Sistema informativo di marketing: sistema di conoscenze utili ad assumere le scelte di marketing, prodotte grazie all’uso di fonti, metodi di indagini e modellizzazioni. Fieldwork: termine tecnico che identifica l’attività di ricerca sul campo per la produzione di dati. Concept test: idea di prodotto ancora non perfezionata in tutti i suoi aspetti tecnico-commerciali. È soggetta a verifica di efficacia presso gli user mediante i cosiddetti concept test. Controsegmentazione: riduzione del numero di segmenti, riaccorpandone alcuni o cambiando le chiavi di analisi. Variabile discriminante: è la variabile in base alla quale si decide di formare il segmento. Variabile descrittive: esprimono il profilo di un segmento definito in base ad altri criteri e lo arricchiscono di informazione. Packaging: confezione. Dotazione accessoria del bene che produce benefici funzionali e semantici a vantaggio del compratore. Economie di esperienza: si verificano al crescere del volume cumulato di produzione. Esse consistono nella riduzione del costo unitario di produzione dovuta al perfezionamento dei processi e ai miglioramenti di produttività ottenuti grazie all’esperienza sviluppata dall’organizzazione e dalla forza lavoro. Product offering no-frills: si concentra sull’utilità fondamentale dell’offerta e non prevede attributi/servizi non essenziali. Marketing sense: si intende l’insieme di attività di marketing conoscitive relative alla fase analitica del processo di marketing. Value for money: un acquisto value for money combina la massima efficienza ed efficacia dell’acquisto con la convenienza del prezzo. First mover: è un soggetto che realizza una scelta strategica per primo, ad esempio in funzione di un’innovazione. Incumbent: un’impresa avente grandi capacità finanziarie e potere di mercato che potrebbe entrare con un forte impatto nel settore. Promessa della marca: la promessa consiste nel principale beneficio offerto dal prodotto. Copycat o look-alike products: imitano in tutto i prodotti leader, in particolare nelle forme esteriori e nel packaging, al fine di appropriarsi delle associazioni positive d’immagine detenute dai leader. Churn rate: è la percentuale di utenti di un servizio che abbandona la sottoscrizione dello stesso in un determinato arco temporale. Share of wallet: è la percentuale di spesa che un consumatore fa presso un’impresa in un dato periodo nell’ambito delle categorie merceologiche da essa trattate. Loyalty program: è un’iniziativa di marketing strutturata, finalizzata a incoraggiare, attraverso un sistema di ricompense, un comportamento d’acquisto fedele da parte del consumatore. Expentacy disconfirmation model: analizza la customer satisfaction focalizzando sul gap tra performance e aspettative. Premium: il premium price è il livello di prezzo più elevato della categoria, riconosciuto dai consumatori alle marche che offrono un valore superiore. Listing fees: è il corrispettivo che il produttore deve pagare per ottenere l’inserimento del suo prodotto nell’assortimento del distributore. Società anonima: La Società anonima (S.A. o SA) è una denominazione formale con cui gli ordinamenti giuridici vigenti in molti Stati del mondo definiscono una società di capitali, o quantomeno quelle società di capitali che hanno una tale frammentazione del pacchetto sociale da essere di fatto anonime, ovvero non riconducibili a una proprietà unica e stabile. ICT (Information and Communication Technologies): I metodi e le tecnologie che, integrano telecomunicazioni, hardware e software, consentono agli utenti – individui e organizzazioni – di accedere, archiviare, trasmettere ed elaborare le informazioni. Risorse: sono gli asset produttivi posseduti dall’impresa. Possono essere tangibili, intangibili, umane. Profitto: parametro contabile indicativo della capacità di buon governo dell’impresa. Contabilmente rappresenta il surplus del ricavo sui costi, ma gli indicatori per misurarlo possono essere molteplici. Area gravitazionale: posizione di spazio servito da un determinato punto vendita. Outsourcing: detta anche esternalizzazione, è l'atto con il quale un'impresa si priva dell'attribuzione di alcune attività per affidare a fornitori partner esterni da essa coordinati. L'opposto è detto backsourcing. Offshoring: la delocalizzazione di tutte le attività di produzione di un paese diverso da quello di origine. Genera la deindustrializzazione di un paese. Finanziarizzazione: acquisizione di centralità da parte delle logiche e degli obiettivi finanziari, che investe e condiziona ogni scelta d'azione di imprese, degli stati sovrani, delle persone. Elencare le leve operative del Retail marketing e descriverne una a scelta in profondità Il Retail marketing è l’attività di sales promotion svolta dalle imprese di distribuzione commerciale nei confronti degli acquirenti finali per incrementare il sell-out di punto vendita, ossia per facilitare l’uscita della merce dai negozi. Il retail marketing è il marketing praticato dal retailer. Il Retailing Mix è l’insieme di offerta con la quale si posiziona sul mercato il dettagliante / impresa commerciale / intermediario commerciale, rivolgendosi ad uno specifico target (rappresenta la product offering del dettagliante). Gli elementi fondamentali del Retailing Mix sono: 1) Assortimento = il mix di product offering (categorie e marche) che trova accoglienza nei punti vendita. 2) Price positioning = la scelta della fascia di valore nel quale posizionare l’assortimento. 3) Ambiente di vendita = spazio fisico, virtuale dedicato all’esposizione e vendita della product offering 4) Servizi accessori Leve fondamentali del retailing mix: - Scelte di assortimento - Prezzi e promozioni - Gestione dello spazio L’ Assortimento è l’elemento più importante della product offering del retailer, esso definisce l’offerta del distributore in termini di natura, quantità e qualità dei prodotti e servizi trattati qualificando in larga misura la posizione dell’insegna sul mercato. Le scelte di assortimento seguono diversi obiettivi: • Favorire lo store loyalty, incontrare i bisogni e desideri della domanda e contribuire a differenziare il punto vendita rispetto alla concorrenza. • Consentire il raggiungimento degli stessi livelli di redditività. La principale scelta di assortimento riguarda la Specializzazione dell’offerta, che si esercita manovrando due leve fondamentali: Ampiezza e Profondità dell’assortimento. Ampiezza dell’assortimento = dato dal numero di categorie di prodotti che lo compongono. Profondità dell’assortimento = dato dal numero di marche e referenze nell’ambito di ciascuna categoria. Specializzazione = minima ampiezza e massima profondità; un punto vendita specializzato si rivolge a un target selezionato, sensibile alla qualità e al servizio, alla quale propone una vasta scelta nella categoria, basata su product offering selezionate ed esclusive. Despecializzazione = massima ampiezza minima profondità; un punto vendita despecializzato ha un target ampio, interessata alla concentrazione degli acquisti, alla riduzione del tempo e alla convenienza. Le scelte di assortimento si declinano nelle scelte delle tipologie di marca e a loro relativo livello di prezzo. Tipologie di marca: 1) Premium o speciality = elevato livello qualitativo e di immagine, i consumatori sono disposti a pagare un premio di prezzo (politica di prezzo che si basa sul principio secondo il quale un prezzo più alto fa pensare che il prodotto offra una migliore qualità). Concetto di segmentazione e criteri di segmentazione Il concetto di segmentazione si lega alla domanda, cioè l’oggetto di analisi nel quale vi sono: l’acquisto e il consumo. L’operazione di segmentazione può essere suddivisa tramite: raggruppamento degli individui che compongono la domanda potenziale in insiemi omogenei o frammentazione della domanda potenziale in sottoinsiemi distinti fra loro; perciò, la segmentazione produce una frammentazione della domanda potenziale fino ad arrivare al target, cioè al focus a cui l’impresa vuole riferirsi. La segmentazione è soggettiva, non risponde prettamente a criteri scientifici. Non è possibile stabilire quale sia un numero ideale di segmenti, né definire dei criteri rigidi o degli algoritmi per stimarlo. La frammentazione di una domanda potenziale in un determinato numero di segmenti è possibile che cambi nel tempo. Si possono avere cosiddette condizioni di ipersegmentazione (segmentazione parcellizzata e frammentazione di segmenti in ulteriori sottogruppi) o di controsegmentazione (riduzione del numero di segmenti, riaccorpandone alcuni per recuperare sostanza numerica e rilevanza economica al segmento). Non è nemmeno possibile stabilire quali siano i segmenti giusti di un determinato mercato, ovvero definire criteri di qualità dei segmenti. Ad esempio, la RAI segmenta il mercato in base alle audience, mentre la Mediaset in base alle caratteristiche del singolo spettatore. I segmenti devono avere delle caratteristiche specifiche: massima similitudine e omogeneità interna (i clienti di un segmento dovrebbero essere quanto più omogenei possibile rispetto alla caratteristica che li ha aggregati), massima distanza ed eterogeneità esterna (i clienti di differenti segmenti dovrebbero essere fra loro quanto più distanti possibile rispetto alle variabili usate per aggregarli e al tipo di risposta offerta agli stimoli di marketing), rilevanza economica, misurabilità, sostenibilità e operatività. I criteri di segmentazione: la carta d’identità, si prendono in considerazioni variabili anagrafiche e geografiche. Quest’ultime come il luogo, densità e ampiezza del centro di residenza sono state la prima forma storica di segmentazione e si fonda su un assunto logico del tutto condivisibile: l’eterogeneità della domanda è innanzitutto spaziale. L’adozione di variabili geografiche come discriminanti dei segmenti, porta alcuni vantaggi: rispecchia e ricomprende le differenze antropiche di natura culturale; essendo lo spazio diviso in politiche amministrative, è agevole disporre delle statistiche di base che consentono di valutare la rilevanza quantitativa dei segmenti. L’utilizzo di variabili anagrafiche determina vantaggi, la praticità in quanto i censimenti e altre forme di statistiche ufficiali mettono a disposizione dati aggiornati e affidabili sulla consistenza dei vari segmenti demografici consentendo un rapido apprezzamento della consistenza dei segmenti, la significatività, in quanto, nella vita reale, certe categorie o classi di prodotto appaiono molto sensibili ai differenziali demografici delle persone; Queste variabili di segmentazione vengono usate perlomeno in 2 modi: come variabili discriminanti, in base alle quali gli individui vengono aggregati in cluster omogenei, oppure come variabili descrittive. Un altro criterio è guardare lo stile di vita, disegna sostanzialmente dei cluster di consumatori offrendone una lettura più ampia, al contempo di stampo psicologico, sociologico, demografico e antropologico. In questo senso questo procedimento supera i limiti di quello geo-demografico, senza tuttavia perderne l’informazione relativa, anzi incorporandola a sé. Si può analizzare il comportamento di consumo, il modo in cui l’individuo agisce. La segmentazione comportamentale raggruppa gli individui focalizzandosi sulle modalità di utilizzo del prodotto, rovesciando quindi il punto focale dell’attenzione: dall’individuo in sé, al suo rapporto con il prodotto. Si noti che, rispetto alle due personalità del consumer, è lo user che viene analizzato e segmentato, e non lo shopper. Ciò premesso si analizzano: intensità d’uso del prodotto, che fa riferimento alla quantità di prodotto consumata dalla persona in un arco temporale significativo e si distinguono heavy, medium, light users. Questa segmentazione consente di sviluppare programmi di marketing ad hoc in ragione della quantità consumata e, perciò, si presta particolarmente bene per promozioni. Si può segmentare la domanda in base ai benefici ricercati, un beneficio è un vantaggio di cui una persona gode in una determinata condizione e può avere natura materiale o immateriale. Questa definizione di beneficio ne mette in luce la centralità nelle economie dell’abbondanza di oggi dove i prodotti non sono acquistati solo per ciò che fanno ma anche per ciò che significano; ciò avviene secondo le seguenti modalità: Area dei benefici funzionali di prodotto: vantaggi pratici, concretamente verificabili che il consumatore riceve dall’utilizzo del prodotto. Area benefici simbolici di prodotto: introducono aspetti “socio-relazionali”, come la comunicazione di un certo status attraverso il possesso di un prodotto/brand, “edonistici”, come il piacere egocentrico che si ricava dal possesso e uso, “emozionali”, come la sperimentazione di situazioni esclusive legate al possesso. Ciclo di vita del prodotto Il ciclo di vita del prodotto è un modello che descrive gli stati che una categoria di prodotto può attraversare negli anni, si identificano quattro fasi: 1. Lancio/introduzione: le vendite sono bassissime, la domanda-target non conosce le caratteristiche di quel nuovo prodotto, è importante anche investire cifre considerevoli sulle azioni di marketing operativo, come investimenti in pubblicità per aumentare la notorietà della marca, in questa fase i costi di marketing sono molto elevati. 2. Crescita: la domanda è presente con successo sul mercato, le vendite sono aumentate e il prodotto viene conosciuto, il mercato si sblocca e si vedono tutte le potenzialità. I profitti del produttore aumentano e arrivano al massimo livello, è più facile posizionare il prodotto nei vari canali perché i distributori sanno che i consumatori lo cercano. In questa fase si intensifica la competizione per cercare di differenziarsi dai concorrenti e sono necessari nuovi investimenti per realizzare le varianti del prodotto. 3. Maturità: le vendite toccano il massimo storico ma i tassi di crescita rallentano per poi fermarsi definitivamente. 4. Post-maturità: Dopo la fase di maturità si possono verificare 3 situazioni possibili: a. Declino, quando il prodotto esce progressivamente dalla sfera di interesse dei consumatori, clienti e produttori, per marginalizzarsi in una nicchia o sparire del tutto perché superato tecnologicamente; b. Pietrificazione, cioè l’assestamento delle vendite su un certo livello di volumi con condizione produttiva e di mercato sostanzialmente fissa, assestata su livelli bassissimi di volumi; c. Rivitalizzazione, fase in cui qualche produttore riesce a innescare un nuovo ciclo di vita del prodotto, introducendo un’innovazione tecnica che lo rende adeguato ai tempi. La domanda primaria, secondaria e potenziale Domanda potenziale: consiste nella quantità domandata da coloro che potrebbero essere interessati al prodotto all’interno di un certo mercato, geograficamente definito in un dato periodo. La domanda potenziale è rappresentata con una retta per cui si suppone che sia costante: ciò è accettabile in un orizzonte temporale relativamente breve. Quando, ad esempio, le imprese portano sul mercato prodotti nuovi tecnologicamente ed economicamente molto competitivi, riescono a far aumentare il numero di potenziali clienti interessati al prodotto o al servizio, non solo a quello dell’impresa, ma alla categoria in generale. La domanda potenziale non si può misurare in senso stretto ma solo stimare in quanto deriva da un concetto virtuale che non risponde a comportamenti effettivi. DOMANDA POTENZIALE=N x π xO xQ - N: è la consistenza numerica della popolazione obiettivo - π: è la percentuale di individui – appartenenti a N – che si stima possano essere interessata al prodotto - O: sono le occasioni o la frequenza di consumo nel lasso di tempo considerato - Q: è la quantità consumata per occasione, espressa in unità di prodotto Ne è un esempio l’evoluzione del mercato degli smartphone o dei tablet. Domanda primaria: consiste nella domanda effettivamente espressa per la categoria di prodotto nel complesso e si rivolge a tutti i produttori che operano su quel mercato (mercato aggregato). La domanda primaria consiste nell’aggregato delle vendite delle imprese presenti nel settore e la sua misurazione si effettua sulla base dei dati disponibili presso le istituzioni pubbliche e associative, nonché presso società di ricerca di mercato. L’andamento della domanda primaria e la sua composizione sono necessari per definire il posizionamento e la strategia competitiva dell’impresa rispetto alla domanda complessiva e alla concorrenza. Corrisponde a tutti coloro che realmente richiedono e sono disposti ad acquistare il bene/servizio in questione. Si parla ad esempio della domanda di auto, servizi finanziari o assicurativi. Il gap (la differenza) fra domanda potenziale e primaria si può spiegare in vari modi, per esempio potrebbero esistere un numero di potenziali user che non usano ne useranno mai il servizio. Questo numero può essere ridotto progressivamente, eliminando le cause economiche o tecniche che impediscono a questi clienti di accedere alla domanda primaria. La domanda primaria generalmente cresce nel tempo, ciò perché i mercati si evolvono in funzione degli investimenti delle imprese in comunicazione, innovazione di prodotto, concorrenza di prezzo che sono orientati a far crescere le vendite delle imprese, sia sottraendo i clienti che trasformando il maggior numero di clienti potenziali in effettivi. Domanda secondaria: è quella parte di domanda primaria che si rivolge all’impresa e che si traduce nelle vendite (singola impresa). Quanto più la domanda secondaria si avvicina alla domanda primaria tanto maggiore sarà la quota di mercato dell’impresa che potrà contare quindi su un elevato livello di controllo del mercato aggregato. Quando la quota di mercato è molto bassa l’impresa gioca un ruolo marginale all’interno del mercato di riferimento, il che significa che le vendite dell’impresa sono correlate a quelle dell’intero mercato aggregato. La quota di mercato, che rimane costante, può essere utilizzata per valutare l’efficacia delle politiche di marketing e misurare il successo dell’impresa sul piano competitivo, e può essere assunta come un obiettivo della strategia: raggiungere una quota di mercato del 25% in un dato arco temporale. La domanda secondaria consiste nel fatturato dell’impresa e in quella specifica categoria di prodotto, la sua misurazione viene fatta a preventivo, nel corso dell’esercizio e a consuntivo. La domanda secondaria deve essere considerata anche in relazione a quella primaria: occorre analizzare la quota di mercato dell’impresa nelle sue diverse configurazioni; in quantità, a valore, relativamente al leader di mercato. Assetti strutturali del marketing digitale Bricks and mortal, sono imprese che generano la totalità/gran parte del fatturato nel mercato tradizionale come alimentari o piccoli negozi di abbigliamento. Le piattaforme digitali sono usate in misura molto modesta e tattica, investendo risorse finanziarie e umane altrettanto esigue. Qui il marketing digitale si riduce sovente alla pubblicazione di un sito web con scopi esclusivamente informativi, il cosiddetto “sito- vetrina”. Non esiste, dunque una strategia di marketing ma soltanto una costante presenza online (rilevanza tattica). Il Vantaggio competitivo di costo: è fondato sulla superiorità dell’impresa nella gestione dei costi e nell’efficienza operativa. Grazie alle sue competenze organizzative e tecnologiche, alla sua cultura low-cost, l’impresa che persegue un vantaggio competitivo di costo si concentra sull’eccellenza operativa: configura quindi dei processi produttivi logistici e gestionali altamente efficienti, persegue economie di scala e di esperienza, definisce product offering no-frills, utilizza al meglio la capacità produttiva. Il vantaggio competitivo di costo è tale solo se consente di generare un consumer surplus superiore a quello della concorrenza. A un livello di costo contenuto deve quindi corrispondere un prezzo di mercato concorrenziale, e comunque un livello di beneficio percepito (B) più che proporzionale rispetto ai prezzi (P). Ci si colloca nella value-marketing come primo prezzo o mainstream. Vantaggio competitivo di differenziazione: è basato sulla superiorità dell’impresa nel definire product offering aventi caratteristiche uniche e distintive rispetto alla concorrenza e nell’innovarle costantemente. Tali elementi distintivi possono essere di natura funzionale (performance del prodotto), di servizio (servizi accessori, relazioni con i clienti), e simbolica (valore associato alla marca). In funzione del valore distintivo dell’offerta i clienti attribuiscono un elevato beneficio percepito e sono disposti a pagare un premium price, l’impresa si garantisce comunque un elevato livello di consumer surplus. Vantaggio competitivo di focalizzazione: è basato sulla disponibilità in via esclusiva di competenze chiave ( esclusive ), specifiche di un determinato prodotto-mercato . Nell’ambito della strategia di focalizzazione l’impresa concentra i suoi sforzi in un determinato prodotto-mercato, focalizzandosi su un determinato bisogno da soddisfare e quindi un determinato target da colpire (strategia di nicchia). Nell’interpretazione originaria di Porter le strategie presentate sono fra loro alternative, tuttavia con il tempo questo schema è stato criticato. Alle tradizionali strategie competitive generiche si accosta un’ulteriore strategia, cost-effective differentiation, che costituisce il vantaggio competitivo da innovazione su una combinazione originale di attributi di costo e differenziazione, nell’ambito di una product offering basata su un’innovazione di valore. La chiave di questa strategia risiede nel dare una risposta efficace alle precise attese dei consumatori attraverso un sistema di offerta “value for money” (acquisto value for money combina la massima efficienza ed efficacia con la convenienza del prezzo): orientato al cliente, personalizzato, tempestivo, efficiente, innovativo, al minor prezzo. Questo approccio attribuisce priorità all’obiettivo di fornire la soluzione più idonea rispetto alle esigenze del cliente (adeguatezza dei termini quali-quantitativi del beneficio), accompagnata dal più elevato consumer surplus e tende a configurare gli altri elementi dell’equazione del valore. Price point La scelta di posizionare la product offering a un determinato livello di prezzo di mercato, che prende il nome di price positioning, è assunta per gradi successivi: a) La scelta della fascia di valore La scelta di collocare la product offering su una fascia premium (o luxury), o su una value, dipende da una serie di considerazioni. Questa è una scelta da definire “strategica”, a ragione della sua sostanziale non modificabilità, una volta assunta, e del condizionamento che impone a tutte le altre product offering. b) La determinazione del price point effettivo. La fissazione del price point tanto a livello di sell-in che di sell-out rappresenta il passaggio immediatamente successivo. Qui entrano in gioco anche le scelte di distribuzione adottate, in quanto a seconda che sia scelta o meno una modalità diretta, il prezzo sarà più o meno governabile dall’impresa. La fissazione del price point poi dipenderà anche dalla natura del prodotto e dalla sua relazione di complementarità con gli altri prodotti presenti in portafoglio. Punti chiave per la fissazione del price point: a) Concorrenti: il prezzo è scelto tenendo in considerazione quello praticato dai concorrenti diretti, ovvero quelli che si trovano nella medesima fascia di valore nella quale si intende posizionare il brand. Infatti, il compratore effettua la propria scelta fra product offering di prezzo comparando le rispettive proposte di valore; b) Impresa: il prezzo deve riflettere la struttura dei costi complessivi, sia quelli di produzione che quelli legati alle relazioni di mercato (costi di canale, di comunicazione ecc.), nonché considerare i relativi equilibri di portafoglio; c) Domanda: la scelta di prezzo riflette anche la misura del sacrificio economico-finanziario percepito dal compratore, nonché la necessità di sostenere e confermare il posizionamento di marca; d) Ambiente esogeno rilevante: l’ambiente di mercato può essere caratterizzato da normative così come consuetudini e prassi commerciali che intervengono a modificare le decisioni di prezzo dell’impresa. Nelle scelte di pricing la domanda rilevante è sia intermedia (trade) sia finale (consumer). Il prezzo di acquisto di una determinata product offering assume una veste differente nelle formule economiche dei due player (consumatore finale e l’intermediario commerciale). Per il consumatore finale, il prezzo è la misura del sacrificio monetario che gli è richiesto di sostenere per poter avere il possesso/proprietà del bene. Per l’intermediario, il prezzo della product offering costituisce il costo di approvvigionamento dei prodotti/brand che poi formeranno il proprio assortimento. Le decisioni inerenti ai prezzi al solito sono volte a massimizzare il profitto dell’impresa. In alcune circostanze però il princing può essere gestito in regime di eccezione rispetto a questo principio. Fra le principali si annoverano alcune fattispecie speciali: 1) Prezzo civetta: l’abbattimento/diminuzione del price point di product offering note e desiderate in misura considerevole, tale da essere subito notata dal consumatore. Lo scopo è infatti attrarre nuovi clienti e sottrarli ai competitors. 2) Promozioni di prezzo: l’abbassamento temporaneo del price point risponde a necessità di accelerare le vendite, la rotazione dei prodotti e stimolare lo shopper ad una risposta di acquisto immediata. 3) Prezzo di penetrazione: abbassamento del price point nella fase di lancio di una nuova product offering per accrescere la base clienti e favorire la prova del nuovo prodotto. 4) Guerre di prezzo: tattiche di manovra price point in risposta a iniziative aggressive dei concorrenti diretti. 5) Discriminazione dei prezzi (prezzi multipli): politiche di manovra del price point che lo differenziano a seconda del target (es vendere una medesima product offering a un prezzo più basso per i clienti migliori), del momento di consumo (es le tariffe di alta stagione), o del mercato (prezzi diversi in paesi diversi). 6) Prezzi imitativi: specie in presenza di rilevanti incertezze nella stima dei costi si possono adottare scelte da price follower, di fissazione del price point a un livello uguale o simile a quello scelto dai concorrenti, o a qualche punto di distanza da quello del leader del mercato (price leader). 7) Prezzo barriera: un’impresa può fissare il prince point a un livello molto basso per scoraggiare potenziali competitors e fungere da barriera Queste pratiche di pricing sono prassi quotidiana. Il fatto gestionale più rilevante ai fini della gestione ordinaria del price point è la relazione di canale fra produttore e retailer. In certe circostanze il produttore esercita il proprio potere d’influenza nel canale e definisce il prezzo consigliato (al pubblico) ovvero quello con il quale il produttore cerca di indurre il distributore a non applicare proprie politiche di prezzo, se non in riduzione (questo al fine di non divergere dalla necessità del produttore di mantenere il price positioning). Leve del Trade marketing Il trade marketing è il marketing rivolto ai clienti commerciali, che si pone l’obiettivo di integrare le politiche commerciali dei produttori e dei distributori cercando di soddisfare i bisogni degli operatori del mercato intermedio. L’approccio al mercato, focalizzato tradizionalmente sul prodotto e sulla marca, si estende al binomio canale-cliente, la cui gestione diventa un’area di confronto con la concorrenza su cui sviluppare dei vantaggi competitivi, così come avviene sul brand. Con il trade marketing si vuole conoscere, pianificare e gestire il mercato intermedio al fine di ottenere un buon posizionamento nella distribuzione e il massimo risultato sul mercato finale. Per realizzare questi obiettivi è necessario adottare un approccio metodologico quale quello applicato nell’industrial e service marketing. Le principali leve di trade marketing sono:  Politiche di prezzo = I prezzi di vendita ai distributori devono consentire al retailer di ottenere un margine di contribuzione soddisfacente, tenendo conto del prezzo di vendita praticabile al consumo e dei costi di gestione del prodotto, determinati anche dalla rotazione del prodotto stesso.  Utilizzo delle condizioni di vendita (da sell in a sell out) = Un approccio di trade marketing tende a privilegiare condizioni di vendita finalizzate a favorire lo sviluppo del mercato e il sell out dei prodotti (es contributo promozionale) e non quelle rivolte a obiettivi di sell in (es sconto quantità). In questo modo gli obiettivi del produttore e quelli del distributore convergono.  Utilizzo industriale del DPP-DPC = L’impresa industriale può lavorare sulle caratteristiche del prodotto allo scopo di ridurre l’impatto dello stesso sui costi di gestione dell’impresa commerciale (Direct product cost DPC-> costi direttamente imputabili al prodotto commercializzato che incidono sul conto economico del distributore) in modo da incrementare la profittabilità del prodotto per il retailer (Direct Product Profit DPP -> è il margine di contribuzione netto del prodotto detratti tutti i costi diretti ). Ciò può essere fatto ad esempio intervenendo sulle dimensioni del prodotto e sul packaging.  Lancio nuovi prodotti = I produttori devono mettere a frutto gli investimenti in ricerca e sviluppo e di marketing sostenuti in materia e i distributori devono ottimizzare l’offerta di assortimento, l’utilizzo degli spazi nel punto vendita, il sostegno promozionale, per il lancio di nuovi prodotti.  Attività promozionale = Può essere pianificata in modo integrato tra produttori e distributori allo scopo di ridurne i costi di gestione e massimizzarne l’efficacia. Ciò riguarda sia le promozioni di prezzo, che hanno l’obiettivo di offrire convenienza all’acquirente, sia quelle di servizio che si propongono di offrire dei benefici nell’area dell’omaggio e dell’intrattenimento, possibili ricadute sull’immagine e sul posizionamento.  Merchandising industriale = È fondamentale per l’industria poter usufruire di un posizionamento in shop favorevole, per cui vengono adottate iniziative di merchandising industriale volte a influenzare le scelte del distributore nella gestione dello spazio espositivo e nella modalità di presentazione dei prodotti agli acquirenti.  Progetti di category management = Il know how di marketing del produttore può essere messo a disposizione del distributore nell’ambito di progetti di gestione integrata della categoria (category anche rappresentare una minaccia concorrenziale qualora decidessero di entrare nel medesimo business per il quale assicurano le forniture. Per quanto riguarda l’analisi del mercato essa ci porta a individuare i segmenti e i mercati che presentano maggiore attrattività per l’impresa, anche in relazione alle proprie risorse. Gli elementi da indagare sono molteplici e comprendono: articolazione in sub-mercati e valutazione delle loro dinamiche, prospettiva di crescita derivante dalle dinamiche della domanda, redditività, struttura della catena del valore, assetto canali distributivi. Direct marketing (DM) Il DM è uno strumento di comunicazione volto a interagire con il target definito in modo diretto, interattivo e personalizzato ottenendo risposte misurabili. Gli obiettivi perseguiti sono di tipo comportamentale e comprendono: generazione di un ordine, ottenimento di informazioni e/o registrazione ad un data base ( lead generation ), visita a un punto vendita o ad altro luogo commerciale ( traffic generation ) . Avvalendosi del database commerciale il DM consente di impostare campagne di tipo narrowcasting, ovvero caratterizzate da un elevato livello di personalizzazione fino ad arrivare al one-to- one marketing (definire un approccio di marketing e di comunicazione specifico per ogni destinatario) senza ricorso a intermediari. Il database commerciale (DB) è il cuore di questa strategia. Le info contenute nel database potranno essere utilizzate per realizzare un customer profiling (profilazione della clientela secondo variabili di varia natura) molto avanzato e pianificare le campagne di DM in modo personalizzato. Il DM è un eccellente approccio per attuare le seguenti strategie:  Acquisition (acquisizione di nuovi clienti): a tale scopo è necessario comunicare con i clienti in modo personalizzato, con l’obiettivo di indurli alla prova del prodotto;  Up-selling (vendita di prodotti/servizi di maggiore valore): ovvero vengono proposti ai clienti prodotti/servizi aventi valore e marginalità superiori;  Cross-selling (vendita di prodotti/servizi complementari a quelli tradizionali): si rivolge a clienti che hanno una relazione consolidata e matura con l’impresa;  Retention (mantenimento del cliente): monitorando il comportamento del cliente si possono cogliere dei segnali utili per ridefinire l’offerta o proporre incentivi per rafforzare la relazione. L’utilizzo di un approccio diretto, senza intermediari, e la possibilità di attivare facilmente un contatto, però ha elevati rischi di intrusività nella privacy del destinatario. In questo caso si procede spesso alla richiesta preventiva al destinatario del “permesso" di attivare una relazione seguendo i principi del permission marketing (una permission mkt viene avviata nel momento in cui un consumatore esprime un esplicito consenso a ricevere messaggi commerciali da parte dell’impresa. Esempi di modalità per attivare il permission marketing sono: newsletter, mailing list, fanpage, fb etc). Anche il DM trova applicazione attraverso numerosi mezzi, quali: - Direct mail: invio postale di corrispondenza commerciale; è il mezzo più utilizzato ma meno efficace a causa del sovraffollamento; - E-mail marketing: invio di e-mail; è uno dei mezzi più convenienti e personalizzabili di grande interesse per sostenere le attività di comunicazione e di commercializzazione online, potendo coinvolgere in modo assai efficace i destinatari su siti e piattaforme commerciali. Esposto a rischio di spamming (invio di mail a destinatari non in target che non gradiscono l’intrusione commerciale). - Telemarketing: contatto attraverso il telefono; consente un approccio personalizzato, real time e interattivo, utile per instaurare un primo rapporto con il cliente e gestire la relazione. - TV digitale: utilizzo delle piattaforme televisive interattive; - Mobile marketing: riguarda tutte le attività di marketing, comunicazione e vendita realizzate attraverso canale mobile (smartphone, tablet). La connessione mobile è ovunque e 24 ore su 24, aprendo alle imprese straordinarie opportunità di contatto e di relazione; - World wide web: il servizio internet che permette di navigare e di usufruire di un insieme vastissimo di contenuti. Attraverso appositi software è possibile analizzare il comportamento del consumatore in rete, in particolare nelle sue interazioni con l’impresa. Processo di marketing Il processo di marketing è una sequenza di attività gestionali, distinte ma logicamente e funzionalmente connesse fra di loro, che svolgono i seguenti compiti: 1) Pensano e definiscono un mercato di riferimento per l’impresa : si analizza l’ambiente geografico di mercato e vi si identifica una domanda di riferimento (target) a cui indirizzare la propria offerta, si sceglie una fascia di prezzo orientativa alla quale offrirla essendo consapevoli della concorrenza. 2) Progettano un’offerta di valore (product offering): essa deve essere capace di assicurare vantaggio competitivo sostenibile nel mercato di riferimento, si progetta quindi un’idea di prodotto, la si veste di un sistema di marca, definendo per questo insieme un prezzo puntuale, si progetta anche il ruolo di supporto che il sistema digitale potrà giocare. 3) Governare l’offerta sul mercato : ovvero creare le condizioni affinché l’offerta di valore progettata prenda vita e si affermi nel mercato di riferimento, si decide una campagna di comunicazione che segua l’intero ciclo vitale dell’offerta, si tratta con rivenditori e agenti perché l’offerta sia presente nei punti vendita etc. Le singole attività del processo di marketing si sviluppano secondo le seguenti dimensioni: analitica (individuazione, raccolta e analisi di informazioni rilevanti, la loro elaborazione e comunicazione ai fini dei processi decisionali), decisionale (assunzione di scelte di azione a fronte di n alternative possibili, e la loro formalizzazione in piani), di controllo (verifica dei risultati raggiunti dalla messa in opera delle scelte effettuate). Pensare e definire il mercato di riferimento: Il mercato è il risultato di un processo di scelta individuale, con il quale ogni impresa immagina uno spazio da presidiare all’interno di un più ampio mercato aggregato. Questa prima attività del processo di marketing è strategica in quanto espressione dello spirito imprenditoriale. Tale attività è: - creativa o visionaria, (si immagina qualcosa che prima non esisteva) - strutturante (si passa da idea generica a definire quel costrutto che è il mercato), - vincolante (le successive scelte di mkt fanno riferimento a essa per tempi non brevi, almeno 3/5 anni), - incisiva (investe direttamente il business model dell’impresa e la sua possibilità di sopravvivenza nel tempo. Questa prima fase del processo di mkt non è necessariamente sempre così creativa come appena descritto. Molto spesso la definizione del mercato da parte dell’impresa non ha carattere innovativo, ma persegue condotte più orientate all’imitazione di idee altrui di successo. Progettare l’offerta di valore Questa seconda macro-fase si occupa infatti di progettare un quid che costituisce la concretizzazione di quanto immaginato. Si tratta della product offering ovvero l’offerta di valore con la quale il produttore si propone di presidiare lo spazio di offerta ideato, e di colmare quindi quel vuoto di offerta visto nel mercato immaginato. La product offering si avvale di un insieme di elementi distinti, che trovano senso e valore per il compratore come insieme unitario: - product concept = idea originale di prodotto dotato di una certa qualità. Il product concept è legato esprime non solo un valore funzionale ed emozionale, legato cioè all’uso del prodotto e alle sue performance, ma anche un valore simbolico, legato alle sue componenti intangibili. - brand system = insieme degli elementi simbolico/linguistici che conferiscono un’identità unica e distinta al product concept e che ne riassumono la promessa di prestazione a beneficio del compratore, - price point = il prezzo al quale si è deciso di presentare l’offerta di valore al compratore finale, collocandosi in una determinata fascia. Questi 3 elementi costituiscono un cluster di attributi elementari governati direttamente dal produttore con il fondamentale supporto della propria tecnostruttura. Il completamento dell’offerta di valore avviene con l’aggiunta del servizio commerciale offerto dal distributore. Affinché l’offerta di valore sia completa il produttore dovrà necessariamente includere la collaborazione del distributore, il quale può assumere ruoli e forme diverse a seconda delle modalità di distribuzione che il produttore decide di perseguire. Governare l’offerta sul mercato A questa macro-fase corrispondono tutte quelle attività che identificano la presenza del marketing nella società dei consumi contemporanea come la pubblicità, le promozioni e tanto altro. Il processo di gestione dell’offerta di valore avviene nei seguenti modi: - far acquisire alla product offering un livello di notorietà elevato presso il target di riferimento (servono investimenti di risorse in comunicazione di marketing), - acquisire un’elevata copertura distributiva del territorio e della popolazione, collocando il prodotto dove il segmento target è solito a recarsi per acquisti similari (obiettivo questo che richiede sostanziali investimenti finanziari e umani), - stimolare la domanda intermedia e finale ad acquistare l’offerta con continuità temporale (servono a tal fine azioni capaci di stimolare l’acquisto immediato e impostare la relazione con il cliente in chiave temporale più lunga). È chiaro che ciascuna di queste attività richiede al management delle conoscenze tecniche specifiche e delle competenze non improvvisabili, le quali richiedono un processo di analisi, scelta e controllo piuttosto complesso. Processo di acquisto Il modello generale di processo di acquisto nasce come tentativo di formalizzare uno schema di massima del come un individuo effettui le proprie scelte, sulla base del quale indirizzare le opportune azioni di marketing. Il processo mette in evidenza l’esistenza di due stati: genericità, ovvero stato di percezione del bisogno che, in quanto stato di necessità, è per propria natura generico e ha lo scopo di indurre all’azione; specificazione ovvero stato prodromico all’insorgere del desiderio, dell’attrazione esercitata da una product offering in merito al bisogno. La vetrina dei negozi di abbigliamento cerca di indurre il consumatore all’acquisto. Il produttore deve intervenire nell’interstizio fra genericità e specificazione affinché a valle dell’insorgere di un bisogno la propria offerta sia riconosciuta come oggetto del desiderio e quindi acquistata. Il marketing management esiste per riuscire a determinare positivamente per l’impresa l’esito di questo processo. Ciò richiede continuità d’azione nello spazio e nel tempo, e nel garantire sempre soddisfatte 2 condizioni o da imprese dotate di un potere non elevato, che vogliono sfruttare le sinergie con altri operatori non concorrenti e che si rivolgono agli stessi mercati obiettivo. È opportuno sottolineare che nell’ambito di un canale distributivo si possono rilevare diversi livelli concorrenziali: • un primo livello è quello della competizione orizzontale, dove si trovano a competere imprese commerciali operanti nello stesso canale di distribuzione, con formule distributive uguali o diverse (concorrenza Intertype); • un secondo livello è quello della competizione verticale, che riguarda invece le relazioni tra produttori e distributori, relazioni tra grossisti e dettaglianti; • un terzo livello concerne invece la competizione tra sistemi verticali di marketing, o tra reti di soggetti che operano i vari stadi del canale, e collaborano in modo molto stretto nel sistema di generazione del valore. Nell’impostare la propria strategia e politica distributiva, l’impresa deve affrontare numerose questioni: • la selezione, la gestione, la valutazione degli intermediari; • il livello di integrazione e controllo del canale; • le modalità di copertura del mercato. Inoltre, essa dovrà definire le proprie strategie nei confronti degli altri attori del canale. Naturalmente, le decisioni inerenti alle modalità di copertura del mercato sono condizionate dalla tipologia dei beni trattati, dal posizionamento della marca, dai fattori che influenzano le modalità con le quali si estrinseca il processo di acquisto. Gli approcci sono sostanzialmente tre: 3. La distribuzione intensiva : prevede di utilizzare il numero di intermediari più elevato possibile per una distribuzione capillare. In tale modo si ottiene la massima esposizione del prodotto ai potenziali acquirenti e conseguentemente un alto potenziale di quota di mercato. Tale strategia viene realizzata soprattutto per i prodotti a largo consumo. Se però da una parte la distribuzione intensiva consente un’ampia copertura del mercato potenziale, dall’altra vi sono numerosi problemi legati al controllo della rete distributiva nonché il possibile verificarsi di conflitti tra i canali. 4. La distribuzione selettiva : è attuata dai produttori che selezionano un numero limitato di intermediari per la commercializzazione dei loro prodotti. La selezione avviene sulla base della capacità degli intermediari di collaborare per l’attuazione delle strategie di marketing di canale (immagine, qualità del servizio, competenza, e in relazione ad altri elementi caratterizzanti come dimensione, ubicazione, affidabilità). Il principale vantaggio consiste in una maggiore integrazione del canale, mentre il limite più significativo si trova nella possibile insufficiente copertura del mercato. Tale distribuzione prevede l’utilizzo di un canale corto e viene adottata soprattutto per categorie di beni di consumo durevoli. Noi sappiamo che la quota di mercato può essere scomposta nei due seguenti indici: indice di penetrazione e copertura ponderata. L’analisi di tali due indici fornisce elementi utili per pianificare o rettificare gli obiettivi della politica distributiva nel tempo. Nel caso in cui il grado di penetrazione e la copertura ponderata assumano valori elevati, all’impresa è consigliato di consolidare la propria presenza presso i distributori di cui già si avvale. Se, invece, l’impresa ha indice di penetrazione elevato, ma una ridotta copertura ponderata, la quota può essere incrementata migliorando la struttura distributiva. Al contrario, se ha un elevato indice di copertura ponderata ma il grado di penetrazione è limitato, l’aumento della quota di mercato può essere ottenuto migliorando l’accettazione del prodotto presso i distributori. Qualora, invece, entrambi gli indici abbiano valori ridotti, per aumentare la propria quota di mercato l’impresa potrà seguire due comportamenti, spesso attuati in sequenza tra loro: • migliorare la distribuzione del proprio prodotto-marca, aumentando così la copertura ponderata; • investire risorse per migliorare l’accettazione del prodotto presso i distributori già serviti, in modo da incrementare l’indice di penetrazione. 5. La distribuzione esclusiva : si ha quando il produttore concede a un distributore l’esclusiva per la commercializzazione dei suoi prodotti in un dato mercato; quest’ultimo allo stesso tempo si impegna a non trattare altre marche nella categoria merceologica in oggetto. Si creano così le condizioni per una profonda collaborazione basata sull’obiettivo condiviso di creazione di valore per il cliente e sull’integrazione reciproca delle risorse. In tale ambito si colloca la grande forma distributiva di successo del franchising, secondo la quale un’impresa affiliante, franchisor, mette a disposizione di una o più imprese affiliate, franchisee, la propria formula commerciale, il marchio/insegna, il know-how organizzativo, gestionale e di mercato, nonché una serie di altri servizi accessori, allo scopo di permettere lo svolgimento dell’attività nelle condizioni più favorevoli. L’affiliato in cambio paga all’affiliante un canone di ingresso e delle royalties sulle vendite e si fa carico dell’investimento per l’apertura del punto vendita. L’affiliato si impegna ad attenersi alle indicazioni dell’affiliante. Esistono tre tipi di franchising, a seconda della natura dell’attività svolta: franchising di produzione, franchising di distribuzione, franchising di servizi. Il franchising è molto efficace e presenta diversi vantaggi per entrambe le parti. Il franchising risulta particolarmente efficace dal momento in cui permette al franchisor di sviluppare la rete distributiva senza investimenti finanziari significati, mantenendo allo stesso tempo uno stretto controllo sull’attività commerciale, vi è il vantaggio di ottenere la collaborazione di piccoli imprenditori altamente motivati. Nell’ottica dell’affiliato, invece, i benefici possono essere sintetizzati nella possibilità di utilizzare una formula commerciale di successo, garantita dall’esperienza dell’affiliante e dalla notorietà marca/insegna di ottenere prezzi di acquisto migliori, nonché di usufruire di una serie di servizi accessori organizzati, di elevato livello qualitativo, a condizioni competitive. Tuttavia, vi sono anche degli svantaggi per l’affiliato, quali: il livello del break-even può essere particolarmente elevato a fronte dell’entità degli investimenti strutturali e dei costi di gestione (royalties, affitti, personale) necessari per ottenere gli standard richiesti dall’affiliante; la difficoltà di riconoscere il ridimensionamento del proprio ruolo imprenditoriale, in quanto l’affiliato deve rispettare le indicazioni gestionali dell’affiliante. Marketing Communication Mix I processi comunicazionali dell’impresa vengono declinati attraverso il marketing communication mix, caratterizzato da due fondamentali elementi costitutivi: strumenti e mezzi. Gli strumenti costituiscono le modalità attraverso le quali l’impresa/organizzazione raggiunge il proprio target di comunicazione, veicolandogli un messaggio attraverso un mezzo. Gli strumenti della comunicazione di marketing sono fondamentalmente: pubblicità, PR, promozioni, direct marketing, vendita personale. Ci sono strumenti più idonei a influenzare la sfera cognitiva del consumatore, altri più efficaci nella dimensione affettiva, altri ancora che maggiormente possono influenzare una risposta comportamentale. I vari strumenti si differenziano a seconda del grado di controllo detenuto dall’impresa, ai costi di accesso, alla credibilità per i destinatari, alla dispersione dei contatti. Date le caratteristiche distintive ma complementari e potenzialmente sinergiche dei vari strumenti, una campagna di comunicazione efficace prevede necessariamente l’utilizzo congiunto di un mix di strumenti allo scopo di fare leva sulle sinergie ottenibili tra di essi rispetto agli obiettivi perseguiti. Per ciascuno strumento poi dovranno essere definiti i mezzi (canali generici) e i veicoli (canali specifici) che consentiranno di raggiungere il target di comunicazione. La pubblicità è uno degli strumenti principe: essa è caratterizzata dal fatto di essere utilizzata da un inserzionista che acquista uno spazio di comunicazione all’editore. Esso generalmente non acquista direttamente dall’inserzionista, ma fa riferimento a una società, Centro Media. Brand system Il brand system è un insieme integrato e coordinato di elementi singoli, questo coordinamento avviene sia a livello verticale integrando il brand singolo nel più ampio portafoglio aziendale, quanto a livello orizzontale, componendo le singole tessere e disegno in un unicum integrato. Come in un mosaico, anche il brand system si compone di: Un’architettura (progetto grafico), che integra tutti gli elementi del brand e conferisce loro unitarietà e valore; abbiamo una microarchitettura, data dall’impianto del singolo brand system e una macro- architettura, data dal portafoglio del brand (insieme dei brand di cui un’impresa è proprietaria) dell’impresa; • tessere cognitive (tessere chiare): componenti che servono a far conoscere, riconoscere e ricordare il brand stesso; l’impresa, quindi, lavora sui processi cognitivi dell’individuo: conoscenza, ricordo, memorizzazione, comprensione. Il brand name è un esempio di tessera cognitiva • tessere semantiche (tessere scure): componenti del brand system che servono a dare significato, sia a livello denotativo, ovvero dell’interpretazione condivisa, sia connotativo, ovvero dell’interpretazione soggettiva. È fondamentale, nel gestirle, prestare attenzione alla semplicità della corretta percezione del loro significato da parte dell’individuo. La brand reputation è un esempio di tessera semantica.
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