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Falsificazione e cultura in educazione: tipi e complessità della pedagogia sociale, Prove d'esame di Pedagogia

Sulla falsificazione nel contesto del modello di intervento pedagogico (mip) e la sua relazione con la pedagogia sociale. Esplora tre tipi di falsificazione: deontico, epistemico e aletico, e il loro impatto sulla capacità di lettura, progettazione e attuazione dell'educatore. Inoltre, analizza la definizione di cultura di santerini e come l'educazione è sociale e dinamica, e come gli educatori devono interpretare situazioni ambigue e interagire con le persone in contesti culturali complessi.

Tipologia: Prove d'esame

2023/2024

In vendita dal 21/03/2024

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giulia-xgg 🇮🇹

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Scarica Falsificazione e cultura in educazione: tipi e complessità della pedagogia sociale e più Prove d'esame in PDF di Pedagogia solo su Docsity! domande peda. generale e sociale ESAME A 1. la falsificazione nel MIP (Agostinetto) Il processo di falsificazione si basa sulla logica finalistica-intenzionale e si pone come sostegno al rafforzamento delle capacità di lettura, progettazione e attuazione dell’educatore in modo che quest’ultimo guardi al proprio lavoro con umiltà e onestà intellettuale e che risponda alla responsabilità etico-professionale di dover concorrere alla crescita di una persona. Il processo di falsificazione nel MIP può essere di tre tipi - Deontico: nel caso in cui gli obblighi logici fissati nel modello non sono stati rispettati. - Epistemico: nel caso in cui si riscontra una inadeguatezza nelle credenze, convinzioni, motivazioni o conoscenze relative alla teoria pedagogica, e quindi gli elementi adottati nel modello sono posti in modo scorretto o inappropriato. - Aletico: nel caso in cui emergono degli errori di natura logica nei nessi tra disposizioni, finalità, obiettivi e attività, e in questo modo il progettare la realtà educativa è sbagliata rispetto alla realtà in sé. 2. In cosa consiste la pedagogia, scienza pratico prescrittiva (Agostinetto) La pedagogia è una scienza pratico-prescrittiva che ha come proprio oggetto specifico l’azione educativa ed è orientata verso questa azione. L’azione educativa è necessariamente un’azione intenzionata e si decide e mette in pratica secondo logica e metodo ovvero attraverso il metodo del rigore. Grazie a questo si può dire che la pedagogia sia una scienza perché ha un oggetto specifico di studio e ha un proprio metodo. L’azione educativa racchiude in sé l’intenzione e l’attuazione, il piano teorico e quello pratico. È molto difficile passare dall’intenzione all’azione in pedagogia, ma è attraverso questa reciproca relazione che si ha il significato dell’educazione. L’educazione ha una rappresentazione tridimensionale ovvero una circolarità di teoria-prassi-teoria(T-P-T). Dal momento che tra la teoria e la pratica entra in gioco l’intenzionalità qualificata dell’educatore, è necessario aggiungere un altro elemento ovvero il progetto. Il progetto si pone come tramite tra l’intenzione e l’azione quindi abbiamo Teoria-Progetto-Azione(T-P-A). Con l’introduzione del progetto sorge il problema della sua congruenza, quindi è ora necessario individuare un modello che stabilisca i parametri che il progetto deve rispettare per portare al termine l’azione educativa. In questo modo, la sequenza logica diventa Teoria-Modello-Progetto-Azione(T-M-P-A). 3. La quotidianità e le 4 fasi (Palmieri) Stare vicino all’esperienza vissuta giorno dopo giorno è importante perché nella quotidianità impariamo a dare significato e affrontare l’esistenza. Sono i nostri comportamenti, movimenti, posture, le forme che assume il nostro corpo a mostrare in che mondo viviamo e come impariamo ad affrontare la vita. Ci sono 4 fasi della quotidianità - Temporalità: Bauman ‘viviamo di corsa, anche quando siamo fisicamente fermi’. La sensazione diffusa è che il tempo non basti mai, perché il tempo sociale ha subito un’accelerazione e il tempo individuale cerca di adattarsi. Da ciò deriva un senso di inadeguatezza generalizzato. Questa rincorsa induce la sensazione di essere sempre in emergenza. Inoltre il ritmo accelerato produce effetti di detemporalizzazione con conseguenze sulla vita individuale: si tende a vivere episodicamente, in una sorta di presente prolungato o assoluto. - Spazialità: Lo spazio si delocalizza, tende ad assumere una forma standardizzata e ciò contribuisce ad allentare il legame personale con il contesto in cui si vive. La nostra vita è frammentata in più territori e questo genera discontinuità nell’esperienza soggettiva e anche del sé. - Relazioni: La velocità con cui affrontiamo la quotidianità e con cui cambia il mondo ci induce a stringere relazioni veloci, sradicate dal territorio e fluttuanti in rete. Si tratta spesso di relazioni segnate dalla competizione ed esclusione. Permane tuttavia il bisogno di riconoscersi in base ai legami che stringiamo con gli altri, tale esigenza viene soddisfatta anche attraverso i social. Le nostre sono relazioni individualizzate e sempre più difensive (scomparsa della solidarietà…). - Corporeità: Manuzzi ‘il vero assente dalla scena della contemporaneità è il corpo, perché non considerato come presenza che incarna il nostro modo di essere nel mondo con gli altri’. Il corpo è sempre più ibridato con dispositivi tecnologici. Da questa frammentazione dell’esperienza corporea deriva una frammentazione del sé, che si esprime in sintomi di malessere e di disagio sempre più diffusi. Il corpo viene privato di parola ma esprime l’esigenza di riappropriazione di sé. 4. In cosa consiste l’educazione come libertà e autorità e il rispetto per gli educandi e le loro conoscenze (Freire) Insegnare esige libertà ed autorità. L’educatore è l’unico in grado di capire e attuare correttamente la relazione tra autorità e libertà (senza l’una non può esistere l’altra e solo assicurando il rispetto per entrambe c’è equilibrio). Per fare ciò è necessario porre dei limiti, in modo tale che la libertà non diventi arbitrio e l’autorità non diventi autoritarismo LIBERTÀ: matura nel confronto con altre libertà. La libertà dell’adolescente non è sempre in grado di prendere la decisione migliore per il suo futuro, ed è per questo che diventa indispensabile l’intervento da parte dei genitori, i quali hanno il compito di rafforzare il diritto che la libertà ha di decidere, piuttosto che effettuare essi stessi la decisione. “È decidendo che si impara a decidere”, farsi carico in modo etico e responsabile della propria decisione pone le basi per l’autonomia del soggetto. AUTONOMIA: processo in divenire che rappresenta la maturazione dell’essere e deriva dall’autorità che assume la libertà del soggetto. Insegnare esige rispetto nei confronti dei saperi degli educandi. Pensare correttamente impone all’insegnante alcuni doveri: RISPETTARE il sapere degli educandi. DISCUTERE tali saperi in relazione all’insegnamento dei contenuti, valorizzare l’esperienza degli educandi e concretizzare la disciplina nella vita reale. La pratica educativa si fonda anche sul rispetto e sulla dignità dell’educando e dell’educatore verso se stesso. Il metodo quando riferito alla pratica, chiede che ciascun professionista dell’educazione sviluppi la capacità di comprendere come abbia imparato a negoziare i significati nella quotidianità lavorativa e a costruire un proprio sapere pratico e a condividerlo con altri. 4. Insegnare esige la consapevolezza dell’incompiutezza, insegnare esige la convinzione che il cambiamento è possibile (Freire) Insegnare esige la coscienza dell’incompiutezza. “Dove c’è vita, c’è incompiutezza”: l’incompiutezza è propria degli esseri viventi, ma solo negli esseri umani è cosciente. Freire intende sperimentare le novità attraverso l’affrancamento, ovvero il processo con il quale scopre l’incompiutezza. Distingue il supporto materiale, proprio della specie animale, e il concetto di mondo, la dimensione fisico-mentale dove si sviluppa e fa esperienza. Maggiore è la solidarietà tra corpo e mente, tanto più il supporto diventa vita e il mondo esistenza. attraverso l’esistenza si può intervenire sul mondo trasformandolo. Con l’invenzione del linguaggio gli esseri umani diedero un nome a ciò che facevano perché necessitavano di comunicare tra loro. Non fu più possibile ignorare la tensione tra bene e male e ciò portò gli uomini a fare delle scelte e crede nella speranza. Freire sa che la vita delle persone non è predeterminata ma che si basa su scelte, motivo per cui vede il suo futuro sia come responsabilità ma anche come problema da analizzare. Insegnare esige la convinzione che il cambiamento è possibile. “Cambiare è difficile, ma è possibile”: ogni persona dovrebbe considerarsi soggetto della storia, piuttosto che semplice oggetto che la subisce e non interviene, non cambia. L’affermazione di ognuno come soggetto avviene proprio grazie alla giusta ribellione di fronte alle ingiustizie. Cambiare il mondo, infatti, significa costruire una relazione dialettica tra la denuncia della situazione disumanizzante e l’annuncio del suo superamento. 5. Commentare la definizione di cultura della Santerini La Santerini afferma che l’educazione non esiste se non dentro una cultura creata e prodotta dall’uomo all’interno di una società, cioè attraverso la cultura l’uomo si sviluppa come essere umano. Inoltre, il termine cultura racchiude due significati - classico-umanistico: la realizzazione dell’humanitas (perfezionamento dell’uomo) - antropologica: dimensione descrittiva; secondo questa accezione “cultura” è l’insieme dei modi con cui le persone danno senso al mondo in cui vivono. Solitamente si tende a considerare la cultura nel suo aspetto oggettivo ma importante è anche l’aspetto soggettivo, cioè il senso che la persona attribuisce ai fatti, tradizioni, valori e comportamenti. Il primo ci permette di indagare le culture dall’esterno, il secondo ci permette di studiare come le persone pensano e vivono la loro cultura dall’interno. Considerare ambedue i versanti porta a mettere in relazione una prospettiva sulla cultura e una prospettiva nella cultura. La cultura è una totalità complessa, soggettiva ed evolutiva, permeabile alle influenze esterne e tendente a mutare nel tempo, trasformandosi attraverso scambi e reciprocità, quindi trasmessa come rete connettiva. È sociale per definizione, nel senso che è frutto di continue interazioni e rielaborazioni tra persone e individui, è un processo dinamico. 6. Perché la pedagogia sociale e culturale considerano fondamentali la relazione e il legame tra le persone? La pedagogia socio-culturale mette in evidenza la natura partecipativa e collettiva della cultura che si esprime nell’incontro con l’altro. In questa chiave possiamo pensare a due momenti della pedagogia sociale e culturale. Il primo si fonda sulla - comprensione delle prassi educative della famiglia, della scuola, dei gruppi, dei media sull’interpretazione del loro significato. - elaborazione di una trasformazione antropologica, cioè in senso umanistico, di coltivazione delle relazioni umane verso il vero, il buono e il bello. Collocare la riflessione e la ricerca pedagogica sul piano delle relazioni collettive e dei significati da esse espressi permette di affrontare la fondamentale antinomia educativa, quella tra il particolare e l’universale. La pedagogia sociale e culturale individua il legame e la relazione con gli altri come centro di tale progetto, da un lato si adopera la comprensione, dall’altro per il passaggio dall’io come particolare al senso dell’altro come universale. La cultura in cui siamo immersi diviene anche il nostro particolare. ESAME D 1. Spiegare T-A T-P-A T-M-P-A la pedagogia è una scienza pratico-prescrittiva ed è quindi mediante la pratica educativa che trova il suo senso. Si può dire che l’educare sia un azione bidimensionale in quanto coniuga teoria e pratica(T-A), ma è più corretto dire che l’educazione ha una rappresentazione tridimensionale ovvero una circolarità di teoria-prassi-teoria. Questa circolarità permette di orientare, fondare, legittimare e acquisire nuova conoscenza dall’esperienza in quanto questa si configura come pratica della teoria che se esercitata attraverso la struttura logico-sintattica della pedagogia consente di verificare l’esperienza dell’azione portando così ad un arricchimento teorico. Il terzo asse ovvero quello della Teoria conferisce tridimensionalità all’essenziale nesso tra Teoria-Pratica. Dal momento che tra la teoria e la pratica entra in gioco l’intenzionalità qualificata dell’educatore, è necessario aggiungere un altro elemento ovvero il progetto. Per progetto intendiamo la pianificazione coerente delle finalità e degli obiettivi educativi in ordine alle molteplici condizioni situazionali che potrebbero intervenire nella pratica educativa in modo che le azioni conseguenti dal progetto realizzino le intenzioni dell’educatore. Il progetto si pone come tramite tra l’intenzione e l’azione quindi abbiamo Teoria-Progetto-Azione(T-P-A). Con l’introduzione del progetto sorge il problema della sua congruenza e i criteri di garanzia del progetto sono di natura logica. È ora necessario individuare un modello che stabilisca i parametri logici e prassici che il progetto deve rispettare per portare al termine l’azione educativa. In questo modo, la sequenza logica diventa Teoria-Modello-Progetto-Azione(T-M-P-A). 2. Spiegare le caratteristiche degli obiettivi e a cosa si relazionano La definizione degli obiettivi è un momento molto delicato nella progettazione educativa e per essere definiti come tali devono avere tre particolari caratteristiche: - Intersoggettività: gli obiettivi devono essere espressi in modo chiaro e dettaglio in modo da evitare fraintendimenti. - Misurabilità: gli obiettivi devono poter essere indicizzabili ovvero devono essere individuabili e stabiliti degli elementi che siano rilevabili e misurabili ed inoltre devono avere una definizione temporale. - Raggiungibilità: gli obiettivi devono essere realisticamente raggiungibili in quanto valgono in relazione alle disposizioni della persona e alle condizioni nelle quali possono agire. Queste caratteristiche vanno a definire un obiettivo, ma per essere definito un buon obiettivo questo deve essere posto in relazione al progetto storico della persona e quindi deve essere il più coerente, pertinente e congruente possibile rispetto alle finalità del Progetto Pedagogico. ESAME E 1. Come viene chiamata la pedagogia nel libro educare e spiegare cosa significa La pedagogia è una scienza pratico-prescrittiva che ha come proprio oggetto specifico l’azione educativa ed è orientata verso questa azione. L’azione educativa è finalisticamente orientata ovvero è un’azione intenzionata. Senza intenzione non si può dare il via ad un’azione educativa. L’intenzionalità dell’azione la distingue da tutti quegli accadimenti che rientrano negli eventi educativi. Questi ultimi possono essere positivi o negativi ed influenzano la nostra vita permettendoci ad esempio di maturare visioni diverse e di sviluppare delle capacità, ma non possono essere azioni educative perché mancano di intenzionalità. Le azioni si decidono e si mettono in pratica secondo logica e metodo ovvero attraverso il metodo del rigore. Grazie a questo si può dire che la pedagogia sia una scienza perché ha un oggetto specifico di studio e ha un proprio metodo. L’azione educativa deve diventare lo spazio di movimento dell’educatore e attraverso l’azione è possibile educare agli eventi, anche a quelli più pericolosi. L’azione educativa racchiude in sé l’intenzione e l’attuazione, il piano teorico e quello pratico. È molto difficile passare dall’intenzione all’azione in pedagogia, ma è attraverso questa reciproca relazione che si ha il significato dell’educazione. 2. Le attività nel MIP: tipologie e a che cosa sono collegate La seconda parte del modello MIP è quella pedagogica; in questo piano ci sono 3 momenti condizionali: condizioni pedagogiche, condizioni di esercizio e condizioni rilevanti. Le condizioni rilevanti sono quelle che portano alle attività. Le attività possono essere definite come il luogo concreto all’interno del quale avviene l’azione educativa. Le attività educative sono molto varie e possono essere - Pianificate: sono attività articolate che implicano la pianificazione di un percorso e impongono una programmazione materiale e temporale - Strutturate: sono attività ricorrenti in un determinato campo educativo e che non necessitano di una pianificazione, ma l’educatore deve padroneggiare la progettazione logica - Informali: sono tutte quelle attività educative che non sembrano tali e si nascondono all’interno della nostra quotidianità Ciò che però rende educativa un’azione non sono queste tre caratteristiche, ma il loro corrispondere alle intenzioni dell’educatore. Vi è un rapporto logico diretto tra il progetto pedagogico e quello educativo: i due progetti hanno gli stessi assunti, ma quello educativo deve portarli ad un livello massimale di realizzazione pratica. Gli obiettivi e le attività realizzano le finalità del progetto pedagogico in quanto espressione delle disposizioni dell’educando. Vi è una gerarchia logica tra finalità-obiettivi-attività (sequenza FAO) attraverso la quale si giocano la competenza e l’efficacia educativa. Se la sequenza FAO viene rispettata va a stimolare l’inventiva e la creatività portando a situazioni che massimizzano il raggiungimento degli obiettivi. 3. L’esperienza educativa collegata al metodo Il rapporto tra metodo ed esperienza è complesso. Il metodo non è solo ciò che consente a un soggetto di fare esperienza, è anche l’esperienza stessa sia nel momento in cui, dal punto di vista soggettivo venga vissuta con un particolare atteggiamento. Secondo Dewey il metodo è l’esperienza nel momento in cui non è possibile distinguere ciò che sperimentiamo, il cosa, dal modo in cui lo sperimentiamo, il come. Non ci sono modi di fare esperienza educativa esterni a essa, né che l’esperienza educativa possa semplicemente essere vista come un oggetto cui si applica uno sguardo, un trattamento, una strategia. il metodo è immanente all'esperienza e riconoscibile in essa nel momento in cui si attivino livelli di esperienza differenti. Quando il metodo si riferisce all’esperienza educativa, non può corrispondere a un metodo fisso da seguire, né la sua funzione può essere quella di stabilire una rigida tabella di marcia. La sua caratteristica è di essere un metodo a-metodico, ovvero un metodo che prende forma nel divenire dell’esperienza. A-metodico non significa casuale ma caratterizzato da azioni, disposizioni, attenzioni utili a sorreggere l’esperienza in cui si incarna. Il rigore del metodo dipende quindi dalla capacità di pensare quello che sta succedendo e che si sta facendo ma anche di esprimere tutto ciò in discorsi che sappiano spiegare le motivazioni delle decisioni prese, delle proposte avanzate, delle azioni sviluppate. Così il rigore del metodo sostiene la creatività come competenza necessaria. 4. Spiegare la parte dell’ideologia e del dialogo (Freire) Insegnare esige di riconoscere che l’educazione è ideologia. Un sapere fondamentale per la pratica educativa dell’insegnante è quello che riguarda la forza dell’ ideologia, ovvero il complesso di valori, credenze, opinioni e rappresentazioni che ha a che fare con l’occultamento della verità dei fatti, con un uso del linguaggio volto a oscurare la realtà e al tempo stesso a renderci “miopi”. L’ideologia, nel renderci “miopi”, nega anche la nostra umanità, il nostro essere “esseri sociali” curiosi e pensatori. L’insegnante deve essere consapevole del potere dell’ideologia e deve esercitare una resistenza critica nei suoi confronti. Quanto più ci si relaziona con le differenze, senza paura, senza pregiudizi, tanto meglio si impara a conoscersi e a costruire il profilo di se stessi. Insegnare esige la disponibilità al dialogo. È nel rispetto delle differenze con l’altro e nella coerenza tra quello che si dice e quello che si fa che ci si incontra con esso. La sicurezza non si fonda sul fatto di pensarsi superiore e di sapere tutto ma si fonda sull’essere cosciente della propria incompiutezza e di sapere che molte cose ancora non si sanno e bisogna ricercarle per impararle. In altre parole, la propria sicurezza non deve essere usata per conquistare gli altri, ma piuttosto per avere un idea ed essere convinti di quello che si sta dicendo/facendo. Sentirsi sicuri di quello che si dice/fa permette di aprirsi al mondo invece che restare sempre fermi sulla propria idea. 5. Caratteristiche dell’educatore (Santerini) L’educatore ha un ruolo “interdisciplinare”, è in grado di affrontare problemi su vari versanti. Pierpaolo Triani individua quattro caratteristiche specifiche dell’agire dell’educatore: 1. Centratura sul cambiamento: L’aspetto legato al cambiamento indotto da ogni azione educativa può essere considerato un fattore identitario molto importante, volto allo sviluppo del singolo. 2. L’intenzionalità: l’intenzione di agire conferisce “potere” all’educatore. È un potere che giustifica le scelte e l’asimmetria educativa. 3. Conoscenza di sé: costituisce un fattore centrale nella gestione dell’azione educativa. Atteggiamenti e comportamenti di ogni persona derivano dal suo mondo interiore, fatto di esperienze e incontri. Gli educatori agiscono in un contesto influenzato da molteplici fattori, in una complessità disordinata. La crescita dei bisogni educativi crea paradossalmente una grande domanda di educazione ma non necessariamente di educatori. 4. Quotidianità: la quotidianità caratterizza l’educatore rispetto ad altre professioni perché essi lavorano in contesti in cui la continuità è fondamentale per accompagnare gli individui. Sono quindi accanto ai bambini, ai giovani, alle persone, in contesti di accoglienza in cui il dialogo e la comunicazione sono veri strumenti di lavoro. 6. Spiegare una frase della Santerini “Non esiste l’educazione se non dentro una cultura, creata e prodotta dall’uomo all’interno di una società” La cultura comprende tutte le forme di vita di un gruppo e permette di superare ed elaborare la pura realtà organica “naturale”. Attraverso la cultura l’uomo si sviluppa come essere umano. Ogni cultura presenta una struttura simbolica attraverso cui i membri trovano i loro punti di riferimento; essa sviluppa diverse forme di trasmissione attraverso l’educazione. Il termine cultura racchiude due significati - classico-umanistico: la realizzazione dell’humanitas (perfezionamento dell’uomo) - antropologica: dimensione descrittiva; secondo questa accezione “cultura” è l’insieme dei modi con cui le persone danno senso al mondo in cui vivono. Solitamente si tende a considerare la cultura nel suo aspetto oggettivo ma importante è anche l’aspetto soggettivo, cioè il senso che la persona attribuisce ai fatti, tradizioni, valori e comportamenti. Il primo ci permette di indagare le culture dall’esterno, il secondo ci permette di studiare come le persone pensano e vivono la loro cultura dall’interno. Considerare ambedue i versanti porta a mettere in relazione una prospettiva sulla cultura e una prospettiva nella cultura. La cultura è una totalità complessa, soggettiva ed evolutiva, permeabile alle influenze esterne e tendente a mutare nel tempo, trasformandosi attraverso scambi e reciprocità, quindi trasmessa come rete connettiva. È sociale per definizione, nel senso che è frutto di continue interazioni e rielaborazioni tra persone e individui, è un processo dinamico.
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