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Domande per esame di Letteratura spagnola III, Appunti di Letteratura Spagnola

Documento con le domande più frequenti aggiornate per l'esame scritto di Letteratura spagnola III divise per argomenti e ben sviluppate

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 22/09/2022

elisa116
elisa116 🇮🇹

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Scarica Domande per esame di Letteratura spagnola III e più Appunti in PDF di Letteratura Spagnola solo su Docsity! Domande frequenti letteratura spagnola Parte 1 - Don Quijote 1) Chi è l’autore del Quijote? Nonostante sia certo che Cervantes abbia scritto l’opera, egli non si dichiara mai direttamente come autore, anzi, si pone come intermediario tra la storia ed il lettore. Egli adotta il motivo del manoscritto ritrovato (estremamente diffuso nella letteratura del tempo) e finge di raccontare una storia sistemata e tradotta da un vecchio manoscritto. Nella seconda parte del 1615, Cervantes indicherà Cide Hamete Benengeli come autore dell’opera: egli ci racconta di aver trovato a Toledo, nella bancarella di un ragazzo che vende carte e vecchi fogli, un manoscritto in arabo (tradotto da un interprete morisco) il cui titolo riportava ““Historia de Don Quijote de la Mancha, escrita por Cide Hamete Benengeli, historiador arábigo”. Cide Hamete dunque ci viene presentato come uno storico, il quale proprio per questo dovrebbe raccontare la verità. Nella società del tempo però, i mori erano considerati bugiardi per natura, per cui non sappiamo se la storia sia effettivamente vera o no. 2) Chi è Cide Hamete Benengeli? Cide Hamete Benengeli è l’autore fittizio dell’opera, personaggio in cui in realtà si sdoppia Cervantes. Quest’ultimo ce lo presenta nella seconda parte dell’opera del 1615 anche se fin da subito aveva dichiarato di non essere il vero autore, ma solo un tramite tra la storia ed il lettore. Nella seconda parte infatti, Cervantes racconta di aver trovato a Toledo, nella bancarella di un ragazzo che vende carte e vecchi fogli, un manoscritto in arabo (tradotto da un interprete morisco) il cui titolo riportava ““Historia de Don Quijote de la Mancha, escrita por Cide Hamete Benengeli, historiador arábigo”. Cide Hamete dunque ci viene presentato come uno storico, il quale proprio per questo dovrebbe raccontare la verità. Nella società del tempo però, i mori erano considerati bugiardi per natura, per cui non sappiamo se la storia sia effettivamente vera o no e lo stesso Benengeli mette più volte in dubbio la veridicità di quanto sta raccontando. 3) Come si collega la novela del cautivo con Cervantes? La “Novela del Cautivo” è una delle cosìdette Novelas intercaladas presenti nel Don Quijote. Il testo può essere considerato sia una novela morisca (igenere minore inventato da Jorge de Montemayor in cui vengono narrate storie con protagonisti i mori) sia un racconto autobiografico romanzato dell’autore. Essa infatti narra la storia di un cristiano che, dopo aver combattuto nella Battaglia di Lepanto, viene fatto prigioniero e portato ad Algeri. Qui viene poi liberato da una giovane mora, Zoraida, la quale ha il desiderio di convertirsi al cristianesimo e per questo, chiede aiuto all’uomo in cambio della libertà. Parliamo di autobiografia perché lo stesso Cervantes fu un soldato al servizio dell’esercito regio durante la battaglia di Lepanto, per poi essere catturato da dei pirati e rinchiuso ad Algeri. Ovviamente qui tutto viene romanzato ma, nel racconto, Cervantes ci offre un quadro storico ben preciso di quanto stava accadendo nel mediterraneo (eventi da lui vissuti in prima persona) per cui il testo, rappresenta un connubio di prosa e cronaca. 4) Che cos’è il prospettivismo? L’ideale del prospettivismo è uno dei concetti fondamentali sul quale Cervantes basa il Don Quijote. Secondo tale ideale non esiste una visione unica e comune delle cose ma ognuno interpreta la realtà in maniera diversa. Nel Don Quijote ogni personaggio ha una propria maniera di vedere ed interpretare il mondo, portando spesso a degli scontri tra i diversi punti di vista. Il prospettivismo dunque serve anche per spiegare e giustificare il perché di determinate azioni che apparentemente sembrano assurde. Non a caso, Cervantes, anche quando presenta personaggi come delinquenti, assassini ecc non li giudica mai, essendo convinto che dietro ogni comportamento ci sia una spiegazione data da un preciso modo di vedere la realtà. Un esempio rappresentativo di tale concetto è l’episodio dell’elmo di Mambrino (personaggio dell’Orlando innamorato). Don Quijote si lancia in battaglia contro un barbiere per togliergli quello che gli sembra essere l’elmo di Mambrino mentre Sancho vede una semplice bacinella. I due, nel capitolo 45, intavoleranno una discussione proprio riguardo questo elmo perché entrambi sono convinti di ciò che vedono. Sancho dunque, conierà il termine baciyelmo durante un discorso in cui sintetizza l’intero concetto del prospettivismo. 5) Struttura delle avventure Le avventure nel DQ seguono sempre lo stesso schema, sono molto brevi ed hanno una strutura triadica: 1. si presentano sul cammino dei protagonisti degli elementi o dei personaggi che non sono ben chiari alla vista. Don Quijote dunque interpreta la realtà in un certo modo, basandosi principalmente su quanto letto nei libri di cavalleria e crede di trovarsi davanti ad un’avventura. Sancho, il quale ha una visione più concreta della realtà, cerca di dissuaderlo. Per esempio, DQ vede un esercito o un gigante e Sancho risponde dicendo che vede pecore o mulini. 2. Don Quijote passa all’azione perché lui è convintissimo della sua visione. 3. L’avventura finisce sempre in maniera disastrosa e solitamente con le botte ed è sempre seguita da un dialogo. E’ importante sottolineare che l’azione vera e propria di queste avventure di solito è sempre molto breve poiché esse rappresentano piuttosto un espediente sul quale costruire un dialogo tra Sancho e Don Quijote. I due infatti, dopo ogni evento, intavolano sempre un’accesa discussione in cui ognuno descrive ciò che ha visto veramente e commenta l’accaduto. Solitamente Don Quijote cerca sempre di capire cosa sia successo e giustificare l’equivoco dando la colpa agli incantatori, personaggi che ingannano i cavalieri e trasformano la realtà per ostacolarli. 6) Le donne del Quijote Nel Quijote la presenza femminile è molto forte. Le varie figure incarnano valori ed ideali diversi, alcune si somigliano di più, altre sono l’una l’opposto dell’altra. Prima fra tutte e presenza costante nei pensieri del cavaliere è Dulcinea, la dama alla quale sono dedicate tutte le avventure di Don Quijote. Dulcinea viene continuamente elogiata dal suo cavaliere e viene descritta come una dama dalla bellezza sovrumana e degna di lode. Cervantes critica duramente i libri di cavalleria definendoli bugiardi, essendo che raccontano storie chiaramente false. Secondo lui, infatti, le storie devono essere raccontate in modo chiaro ed ordinato cercando la cosiddetta verosimilitudine, per cui, ciò che viene raccontato deve sembrare plausibile e credibile (questa volontà proviene anche dalla sua educazione erasmista). Per riuscire in questo intento egli utilizza diversi espedienti, primo fra tutti è il prospettivismo, con il quale ci presenta diversi personaggi, ognuno con un punto di vista ed un modo di interpretare la realtà differente (che in realtà rappresentano anche i vari tipi di persone che componevano la società spagnola del tempo), ma anche l’utilizzo dei sogni per narrare cose inspiegabili o l’equivoco di un autore che è uno storico ma allo stesso tempo un moro, per tradizione, bugiardo. Inoltre, in diversi passaggi, Cervantes parla di fatti storici e ci dà un quadro ben preciso della situazione del tempo che, unita ad una toponomastica ed una descrizione dei luoghi ben precisa, convincono sempre più il lettore del fatto che ciò che sta leggendo sia reale. Tutto ciò rappresenta la nascita del romanzo moderno: con i libri di cavalleria, la letteratura si limitava ad essere una finzione, qualcosa di inventato senza importanza. Cervantes trasforma la letteratura in qualcosa che non è storia ma la narrazione ha comunque un fondo di verità, per cui la storia non deve essere necessariamente vera o falsa ma deve essere credibile. Il punto dunque è saper scrivere, narrando in maniera che il lettore si immedesimi con ciò che sta leggendo, creando un mondo proprio e personale che non coincide necessariamente con quello esteriore (proprio come fa il Quijote). 11) Entremeses L’entremes rappresenta un’opera teatrale molto breve di tipo comico o burlesco con uno stile basso e popolare che venivano poste tra una parte e l’altra nelle rappresentazioni maggiori per intrattenere il pubblico Cervantes riprende questi entremeses e si ispira ad essi, non a caso le sue avventure terminano sempre a bastonate (motivo comunissimo in queste opere). Essi hanno come antecedente Los Pasos di Lope de Rueda e si pensa che siano alla base delle novelas intercaladas. Nel Don Quijote, il capitolo 3 ed il capitolo 16 si sviluppano proprio come un entremes. Nel capitolo 3 vdiamo che DQ viene nominato cavaliere dal locandiere, il quale si prende gioco di lui insieme alle due ragazze “distratte” (ovvero molto libertine). Nel capitolo 16 DQ e Sancho si trovano sempre nella locanda e appare il personaggio di Maritornes insieme alla locandiera e alla sua bellissima figlia di cui DQ si innamora scambiandola per una principessa. Entrambe le scene sono molto comiche anche se il personaggio del cavaliere viene ridicolizzato. Tutto si basa sulla confusione, l’ironia e l’equivoco. 12) Perché Cervantes scrive una “storia” e non un “romanzo”? - vedi sopra domanda 10 13) Chi è l’amico di cui si parla nel Prologo? Cervantes si presenta indirettamente come autore del prologo. Egli confessa di essersi trovato molto in difficoltà durante la stesura di quest’ultimo cosa che lo rende estremamente malinconico (come si evince dal suo famoso autoritratto in cui è con il gomito poggiato, la guancia sulla mano e la piuma sull’orecchio). Tale difficoltà deriva anche dal fatto che mentre qualsiasi libro ha una quantità i sonetti, epigrammi, elogi posti all’inizio e scritti da altri autori, Cervantes non riesce a trovare nessuno che scrivesse per la sua opera (essendo rimasto sempre abbastanza fuori dalla scena letteraria ) ed ha dovuto fare tda solo. Proprio per questo egli inventa un alter-ego che entra nel prologo come suo amico ma in realtà altro non è che l’autore stesso sdoppiato (proprio come Cide Hamete). L’amico gli dà una serie di consigli su come scrivere il prologo, dicendogli di sfruttare l’imitazione: egli deve dare una nuova disposizione ad elementi classici e diffusi nelle varie opere. 14) Passo del baciyelmo con una breve introduzione dell’opera -- Riguardo il prologo: 15) Dove scrisse Cervantes il Chisciotte? Quale fatto viene usato come Captatio Benevolentiae del lettore che deve perdonare i possibili difetti del romanzo? Cervantes nel prologo dell’opera afferma di volere che il libro sia figlio del suo ingegno ma fin dall’inizio si pone in una posizione umile. Egli afferma che non chiederà al lettore di fingere di non vedere gli errori e le mancanze del suo libro perché è ben consapevole della loro presenza. Egli cerca di giustificarli descrivendo la stesura come “un parto” poiché era avvenuta in una situazione di difficoltà, ovvero mentre si trovava in carcere. In realtà però non sappiamo se ciò sia accaduto veramente: Cervantes aveva effettivamente trascorso diverso tempo prigioniero, soprattutto ad Algeri dopo essere stato rapito da dei pirati durante il viaggio di ritorno dopo aver partecipato alla battaglia di Lepanto. Bisogna però considerare che il motivo dell’autore che scrive la sua opera mentre è rinchiuso in carcere (molto spesso metaforico) era estremamente diffuso nelle opere letterarie del tempo per cui non possiamo definire tale fatto vero al 100%. 16) Irridere gli autori che pubblicano i propri libri provvisti di numerosi testi d'eugio fatti da amici e poeti, ha una precisa finalità? Aveva trovato Cervantes qualche scrittore famoso che ne scrivesse uno per il suo romanzo? - 17) Il buon stile: consigli dell'amico di Cervantes per fare che l'opera sia gradevole Abbiamo poi una definizione del buen estilo: Cervantes critica i libri cavallereschi perché hanno un cattivo stile, sono troppo scuri o sovraccarichi. Le cose, infatti, dovrebbero essere raccontate in modo ordinato; cercando la verosimilitudine. Le cose vanno raccontate in modo chiaro, ordinato, secondo un criterio di bellezza classica. In questo modo, ciò che viene raccontato (l'invenzione), anche se non è vero, sarà plausibile, e corrisponderà, letteralmente, a ciò che è vero (ovvero, a ciò che è l'oggetto della storia) suscitando ammirazione . Parte 2 - Teatro 1) El arte nuevo de hacer comedias El arte nuevo de hacer comedias viene scritta da Lope de Vega nel 1609 ed è un poema di 389 versi endecasillabi dedicato alla Real Accademia. Per la stesura, l’autore si ispira a Robortello e l’opera può essere considerata sia una difesa delle “commedie nuove” teorizzate da Vega, sia una guida pratica per i drammaturghi che desideravano accontentare i gusti di un pubblico esigente. In essa, vengono riprese le teorie di Aristotele ed Orazio su come scrivere teatro ma non sempre viene seguito il loro pensiero. Innanzitutto, per Lope de Vega, è possibile mescolare tragedia e commedia (ottenendo il tragicomico) perché, riprendendo le teorie di Guarini, il miscuglio è giustificato perché anche in natura cose diverse e contrarie si uniscono, generando bellezza. Egli poi, è d’accordo nel dover rispettare l’unità di azione ma non è necessario seguire anche quelle di tempo e di luogo, anzi, le opere (ad eccezione di quelle storiche) dovrebbero essere abbastanza brevi e suddivise in tre atti che seguono le nozioni tipiche di: protasi (esposizione), epitasi (nodo) e catastrofe (soluzione finale). Per quanto riguarda il finale però, Lope de Vega dichiara che l’autore deve essere in gradi di ingannare il lettore per creare suspence e sorprenderlo. Per lui, la scena non deve essere mai lasciata vuota e, affinché il pubblico non si spazientisca, è necessario inserire gli entremeses. Fondamentale è la verosimilitudine che non è per forza legata alla prospettiva storica ma è data dal modi di parlare dei personaggi, presentato attraverso la polimetria: a seconda del tipo di personaggio che sta parlando e dell’argomento affrontato deve essere utilizzato uno specifico tipo di metro (es, le sono per le lamentele, l’ottava è tipica del re ecc). Importante per la verisimilitudine è anche il modo di vestire dei personaggi, rappresentativo della loro condizione sociale. Secondo l’autore le questioni sull’onore sono le più rivelanti e particolarmente importante è l’uso della retorica che coinvolge il pubblico. L’essenza del teatro di Lope di Vega è che esso è per il vulgo ma senza essere volgari e banali. Egli distingue bene tra il gusto ed il giusto: è importante che si creino opere interessanti in grado di dare anche insegnamenti, segue il principio del Deleitar aprovechando per una scrittura non elitaria ma pensata per essere compresa da tutti e che contenga una morale. 2) L’onore in Peribañez, ¿el comendador es verdaderamente malo? Nella società spagnola dei primi anni del 1600 (periodo in cui viene scritta l’opera), tra i diversi valori religiosi e morali spiccava in particolar modo il concetto di onore, definito in spagnolo “honra” (diverso dunque da “honor”). La honra rappresentava il valore dell’uomo, l’opinione che la società aveva di lui e ne decretava la rispettabilità. Perdere la honra significava morire socialmente macchiando e rovinando anche il nome di famiglia. Moltissime opere letterarie trattano questo tema, considerato da Lope de Vega il migliore per scrivere testi teatrali. La figura del commendatore viene rappresentato come un prevaricatore, arrogante ed egoista che pensa solo ai suoi scopi. Egli è convinto di poter conquistare Casilda perché, essendo una contadina, avrebbe ceduto subito alle avances di un cavaliere valoroso. Peribanez dunque si trova a dover difendere l’onore della sua amata ed il comendador verrà colpito da quella giustizia poetica estremamente presente nelle opere di Vega. Nonostante ciò, in punto di morte egli avrà comunque il tempo di pentirsi, ammettere i suoi errori e chiedere perdono a Peribanez, possibilità che altri personaggi all’interno dell’opera non avranno. Capiamo dunque che l’autore, pur condannando questo personaggio, in un certo senso lo sta perdonando, o quantomeno giustificando perché tutto ciò che ha fatto, lo ha fatto per amore. Egli con un solo sguardo si è innamorato di Casilda e da lì in poi ha agito con il puro scopo di conquistarla. L’autore stesso viene ricordato per le sue diverse ed intense storie d’amore e proprio per questo, in parte, comprende le azioni del commendatore. 3) Monólogos de Segismundo Segismundo è uno dei personaggi principali dell’opera “La vida es Sueno” di Calderon de la Barca. La storia viene sviluppata in tre atti (ognuno rappresentativo di un giorno” in cui il personaggio compie un percorso di trasformazione che lo porta ad una presa di coscienza di sé stesso e della sua identità di uomo. Il primo monologo ci viene presentato quasi ad inizio opera, quando Rosaura e Clarin entrano nella grotta in cui Segismundo è rinchiuso ed ascoltano i suoi lamenti. Egli, attraverso un processo di seminazione e raccolta tipico della poesia barrocca, si pone domande sul perché della sua prigionia e sulla sua identità. Nel testo di Lope de Vega viene ripresa questa leggenda, tant’è che il cavaliere ha fin da subito sensazioni negative riguardo la sua partenza e poco prima di arrivare ad Olmedo sente in lontananza una voce recitare tale canzone popolare per cui capisce che sta andando verso la morte. Anche nel Burlador de Sevilla abbiamo una sorta di annuncio iniziale della fine che Don Juan farà. Nella scena vediamo l’uomo mentre cerca di ingannare la duchessa Isabela ma la donna, dubbiosa, accende la luce e capisce di non essere in compagnia del suo futuro sposo. Don Juan reagirà dicendo “mata la luz!” per cui, attraverso il verbo “uccidere”, il pubblico capisce già che la storia finirà con la morte. 14) lo sfondo politico di Peribanez e Burlador - -- questione dell’onore 15) Rosaura vs Dorotea 16) El caballero de Olmedo di Lope e la Celestina Lope de Vega per scrivere “El caballero de Olmedo” scrive un’opera che un omaggio a “La Celestina”, utilizzando l’elemento del destino per mantenere quella suspense che tanto cercava nelle sue opere. Egli presenta questa coppia di innamorati che sarebbe potuta essere felice ma va incontro ad un destino tragico perché sbagliano tutto fin dal principio. Quando il Cavaliere vede Dona Ines e con un solo sguardo si innamora, invece di andare subito dal padre della giovane per chiedere la sua mano, chiede aiuto ad una mezzana che intercede con lui ma che, per pura avidità, crea un equivoco tale che porterà alla fine tragica del cavaliere e dell’amore della coppia. Il rimando alla Celestina è palese anche se in questo caso, la mezzana Fabia si presenta maggiormente come una sorta di strega, più di quanto non faccia la Celestina, tant’è che Tello, servo del cavaliere, la definisce “Celestina”. elemento della catena 17) El burlador de Sevilla ed il rapporto tra Don Juan e il padre - 18) SImilitudini tra burlador e la Vida es Sueno - -rapporto del padre e dell’autorità, questione dell’onore, 19) El condenado por desconfiado – la figura di Don Juan - 20) Politica e messaggio di Tirso de Molina -tri 21) Figura di Rosaura Parte 3 - Poesia 1) El matrimonio de Tristana Tristana è un personaggio estremamente particolare e complesso che si distingue dalle classiche figure femminili del tempo. La giovane non insegue il classico ideale dell’amore, dell’incontro amoroso che culmina in un matrimonio ma rivendica la sua libertà personale; essa non vuole sposarsi perché vede tale unione come una forma di schiavitù che costringe le donne al servizio dei proprio mariti. Il suo obiettivo è quello di realizzarsi come donna e artista, rivendicando la sua indipendenza. Tale rifiuto è condiviso dal suo amante/padre Don Lope, il quale altro non è che un Don Giovanni amante delle donne e del piacere carnale. In un certo senso, anche attraverso questo ideale condiviso è possibile vedere l’influenza ed il potere che quest’uomo esercita sulla giovane Tristana. Alla fine però, entrambi i personaggi si troveranno a tradire le loro convinzioni ed accettano la proposta dei familiari di don Lope che, in cambio di denaro, gli chiedono di sposarsi passando il resto della vita insieme. 2) Elementos cervantinos en Tristana Galdos si ispira moltissimo a Cervantes e ne riprende le tracce (soprattutto nello stile e nel tema della disillusione),ponendosi come il padre del realismo moderno in Spagna. In “Tristana” molti sono i rimandi all’autore e al Don Quijote, a partire dall’inizio e dal modo in cui viene introdotto Don Lope, uno dei personaggi principali. Galdos si pone come un “narrador testigo” che parla direttamente ai suoi lettori (proprio come fa Cervantes) e ci presenta Don Lope allo stesso modo in cui viene presentato Don Quijote: ci viene descritto il luogo dove vive, ovvero Chamberi, nella periferia del centro di Madrid e veniamo a sapere che il vero nome è Lope de Sousa ma lui si gira solo quando viene chiamato Don Lope Garrido, come se volesse affermare una nobiltà che non possiede (esattamente come il cavaliere cervantino). Seguendo la stessa indeterminazione di Cervantes ci descrive la vita dell’uomo, la sua occupazione, come veste, cosa mangia e con chi vive ma non abbiamo moltissimi dettagli, né sappiamo se le fonti siano vere o no. Nonostante le varie somiglianze, l’incipit dell’opera viene considerato un recupero del DQ in negativo: Don Lope (il cui nome rimanda al celebre Lope de Vega, famoso per le sue intense e molteplici storie d’amore) è un vecchio Don Giovanni che si atteggia a cavaliere ma vive una vita sedentaria tra casinò e bordelli nettamente in contrasto con l’immagine di cavalleria andante e attiva presentata nell’opera cervantina. Un punto di incontro tra i due però è visibile anche nella madre di Tristana, la quale, dopo il lutto del marito diventa folle, perde il contatto della realtà e non ha più il controllo su di sé. La donna però, in punto di morte, vivrà un momento di ritorno alla realtà in cui si renderà conto delle sue follie e ammettendo la sua condizione proprio come farà Don Quijote. 3) Rosaura e Tristana – donne offese moralmente da due uomini Tanto Rosaura quanto Tristana sono donne moralmente offese e private del loro onore. Le modalità in cui ciò accade sono diverse. Rosaura, proprio come sua madre, viene sedotta e abbandonata dal duca Astolfo con la promessa di un matrimonio segreto tra i due ed è per questo che decide di concedersi. Una volta scoperto che l’uomo è fuggito però essa parte verso la Polonia con l’intento di recuperare il suo onore e celebrare tale matrimonio, cosa che riuscirà ad ottenere. Tristana invece è vittima delle manipolazioni di Don Lope, è una giovane donna violentata dall’uomo che avrebbe dovuto proteggerla. Consapevole di essere stata disonorata e sapendo bene le conseguenze di ciò, rifiuta il matrimonio e desidera solamente realizzarsi in quanto donna e artista, attraverso una vera e propria ribellione personale. Nonostante ciò però, a seguito della malattia e dell’amputazione della gamba, vive una trasformazione sia fisica ma soprattutto mentale che trasforma e la sua determinazione in accettazione passiva della richiesta di matrimonio che i familiari di Lope fanno ai due in cambio di soldi. Vediamo dunque che le donne, partendo da una condizione iniziale comune, nonostante i diversi percorsi, vanno in contro allo stesso destino. Entrambe inoltre vivono una ricerca sé stesse comune: Rosaura appare sempre come non è (es. vestita da uomo) mentre Tristana viene manipolata continuamente da Don Lope. Tutte e due, pur provandoci, falliranno nella prova di affermazione della propria identità. 4) Lettere di Tristana e figura della donna L’elemento delle lettere in Tristana è fondamentale e viene ripreso dalla tradizione dei romanzi sentimentali (ai quali anche Cervantes s’ispira) dove vengono narrate le storie d’amore tra i cavalieri e le dame ed in cui, l’elemento dello scambio epistolare è sempre presente. Nel caso di Tristana, le lettere che la giovane si scambia con il pittore Horacio ci permette di vedere lo sviluppo della loro storia d’amore, dalla fase iniziale di innamoranto, attraverso la scoperta delle loro idee e progetti futuri, fino al graduale allontanamente e accettazione di un amore finito. Nelle lettere poi Tristana parla di sè, della sua vision ecc ed introduci tema della donna che vuole affermarsi ecc ecc cosa del fatto che si innamora di Horacioo non tanto per lui ma per la sua arte ecc. 5) Realismo in Galdos Galdos viene considerato il padre del realismo moderno sulle tracce di quanto già proposto prima di lui da Cervantes. Secondo Galdos, la principale fonte di un romanziere deve essere la realtà circostante ed i costumi tradizionali. Egli prende spunto dal naturalismo francese di Balzac e da Dickens ed è convinto che le opere debbano riprodurre l’immagine della vita. Il narratore resta fuori dalla narrazione se non per qualche commento ironico ed abbiamo descrizioni molto ampie in cui ciò che risalta è la psicologia dei personaggi ma viene presentata anche la realtà geografica e storica. Galdos cerca di rappresentare casi tipici del suo tempo, i personaggi cambiano a seconda delle situazioni e sono rappresentativi (soprattutto attraverso il linguaggio) di tutte le classi sociali allora esistenti, dalla nobiltà al popolo, passando per il clero ed i cavalieri. Un esempio del realismo di Galdos ci è dato dal romanzo Tristana: tutto excursus psicologico, figura della donna ecc + scelta del finale → non vince tristana perché nella realtà non era cosi ecc 6) Romanzo di Galdos Tutto quello sopra + fatto che Galdos è molto attento alle questioni di denaro e si concentra su come le persone vivono a Madrir, entrando nelle famiglie e nella relazioni personali: cosa mangiano, quanto guadagnano, come prestano denaro ecc. 7) Don juanismo in Tristana: paragone tra Don Lope e Don Juan - 8) Poesía di Gongora 9) Poesía di Quevedo, poesia su roma 10) Poesia barocca - Conceptivismo e culteranismo Il 17esimo secolo (1600) si caratterizza per la crisi politica ed economica che causano un notevole malessere nella popolazione che impregnerà le produzioni letterarie con un forte carattere pessimista. La poesia barocca dunque, nasce nell’ambito di questo sentimento e, non a caso, i principali temi sono: la disillusione davanti la promessa di un mondo florido e glorioso, la brevità della vita vista come una lotta costante, l’insoddisfazione. l'amore ed il dolore causato da questo sentimento. I poeti del barocco spagnolo conducono un profondo rinnovamento del linguaggio poetico che porta allo sviluppo di due tendenze: il Concettismo ed il Culteranismo. I poeti del culteranismo danno più importanza alla forma poetica, trionfa l’immagine e la novità del mettere insieme termini che possono essere molto distanti tra loro attraverso un gioco puramente lirico. Essi compiono una latinizzazione del linguaggio e del vocabolario, abusano dell’uso di iperbati e di paronimi e si concentrano su temi prettamente mitologici. Tale poesia ovviamente non era accessibile a tutti ed il suo maggior esponente è Luis de Gongora, tanto che il movimento prende anche il nome di Gongorismo, termine che allude all’incomprensibilità dell’opera dovuta ai diversi artifici utilizzati. Nel concettismo invece trionfa la volontà di veicolare significati e la scrittura poetica è motivata da un’intenzione filosofica, ripresa dalla poesia del ‘400. Anche in questo caso i poeti utilizzano moltissime figure retoriche, soprattutto di indole semantica il cui grado di difficoltà dimostra l’ingegno intellettuale del poeta. La figura che più distacca all’interno di questo gruppo è senza dubbio Francisco de Quevedo. Nonostante le differenze nell’intenzione, non sempre è possibile distinguere i due movimenti ed in entrambi i casi, la produzione lirica è rivolta ai nobili e a persone colte anche se, tanto Gongora quanto Quevedo, hanno comunque un punto popolare grazie alle poesie burlesche, dove si utilizza un linguaggio meno colto ma sempre molto inverosimile e comprensibile a tutti. coloro che parteciparono alla battaglia come, ad esempio, Cervantes. La Spagna aveva finalmente liberato la cristianità da un oppressore potente e don Giovanni d’Austria venne visto come l’eroe crociato e un uomo che aveva operato grazie all’aiuto del Signore. 4) ¿Qué pasa en Flandes? Nelle Fiandre, a partire dal 1566, fu combattuta la cosiddetta Guerra degli Ottanta anni. Le province olandesi sotto il potere spagnolo si erano riunite per ottenere l’indipendenza in un periodo in cui la Spagna stava vivendo una forte crisi economica e religiosa. Non a caso, la ribellione che diede inizio a tale guerra fu portata avanti da folle di calvinisti che misero a sacco le chiese. Quest’ultimi erano visti come sovvertitori dell’ordine costruito e furono grandi attrattori per il popolo in un periodo così incerto e difficile. Filippo II si trovò a dover decidere le modalità di repressione di tale ribellione diviso tra due possibilità: - attuare una politica diplomatica portata avanti dal principe di Eboli, rappresentativo della famiglia Ribera; -un’azione militare promossa dal duca d’Alba e dalla famiglia Ayala; Il re scelse la seconda opzione ed inviò il duca D’Alba nel territorio olandese insieme ad un esercito, impegnando buona parte delle precarie finanze della Corona. Nel 1573, dopo 7 anni di repressione violenta, fu palese il fallimento del duca che fu sollevato in favore di un’azione di pacificazione e riconciliazione portata avanti dalla fazione dell’Eboli che impose lo scioglimento del Consiglio dei Torbidi e l’abbandono della tassa del 10% sulle vendite, garantendo inoltre la preservazione delle leggi e delle libertà tradizionali. La politica di pacificazione però risultò fallimentare a causa dell’insurrezione dell’esercito che, essendo privato dei sovvenzionamenti militari, marciò su Anversa e dopo che il Re dichiarò bancarotta la saccheggiò. Venne dunque mandato un nuovo pacificatore, Giovanni d’Austria, il quale inizialmente tentò di rispettare i principi pacifisti senza ottenere risultati per cui diede vita ad un nuovo scontro con i ribelli che durò anni mettendo ancora più in difficoltà le finanze spagnole. I conflitti furono risolti solo quando l’esercito fu affidato ad Alessandro Farese che sfruttò le differenze religiose, culturali e linguistiche tra province settentrionali e meridionali, aizzando i nobili locali l’uno contro l’altro. La situazione si risolse nel 1609 con la firma della Tregua dei 12 anni. 5) Armada invencible Nell’ultimo ventennio del XVI secolo l’economia spagnola ebbe un enorme aumento delle entrate grazie all’aprirsi di un nuovo commercio: quello dell’argento, la cui disponibilità incrementò grazie ad una tecnica che prevedeva l’uso di un amalgama di mercurio durante la raffinazione. La Spagna aveva la funzione di intermediaria tra il Nuovo Mondo ed i paesi che richiedevano questo prodotto e ne ricavò moltissimo guadagno. Questa nuova fonte di entrata permise a Filippo II di passare all’attacco sul piano internazionale e fu per questo che allestì questa potentissima flotta navale, conosciuta come Armada Invincible, in grado di competere con l’Inghilterra per il controllo dei mari. Nonostante le diverse vittorie portate avanti dall’armata, il suo allestimento mise in ginocchio la situazione finanziaria spagnola già indebolita da altri eventi (es. lotta religiosa al protestantesimo, conflitto olandese ecc). Nel 1588 poi avvenne la disfatta finale dell’Invincibile Armada da parte della potenza inglese che segnò lo spartiacque tra la Spagna gloriosa dei primi due asburgo e la Spagna decadente e disillusa che caratterizzò l’inizio del 1600. 6) Erasmismo - Quando Carlo V sale sul trono, inevitabilmente i rapporti tra Spagna e Paesi Bassi si irrobustiscono (bisogna ricordare che il nuovo sovrano era cresciuto nelle Fiandre e si era circondato da consiglieri fiamminghi) comportando la diffusione di correnti spirituali olandesi nel territorio spagnolo. Desiderio Erasmo fu il principale esponente della tradizione spirituale fiamminga ed in nessun altro paese dell'Europa i suoi scritti ebbero una simile popolarità ed una così ampia diffusione dovuta, probabilmente, ai tanti conversos presenti nella società spagnola. Se nella prima parte del secolo l’impero vedeva nell’universalismo erasmiano un valido supporto all’idea imperiale dal 1530 si diffuse un odio profondo nei confronti di tale movimento dettato dal fatto che esso rappresentava una corrente forestiera. Erasmo era il simbolo di una nuova cultura affascinante e cosmopolita che la Chiesa non vedeva di buon occhio poiché esso propugnava un compromesso tra il protestantesimo e il papato, criticava la corruzione del clero e gli aspetti esteriori della religiosità cattolica (culto dei santi, reliquie, etc.) a favore di una religiosità interiore e spirituale. Se nei primi 30 anni del 1500 gli erasmiani furono protetti dall’arcivescovo Manrique, dopo la sua partenza per l’Italia, essi furono accusati dagli anti-erasmiani di simpatie illuministiche e luterane e condannati dall’Inquisizione. La reclusione e condanna di Juan de Vergara, amico di Erasmo, mise fine a tale movimento nel territorio spagnolo ma il fervore religioso che era stato alla sua origine trovò modo di emergere in maniera irresistibile attraverso canali nuovi negli ultimi decenni del secolo. 7) Annessione del Portogallo L’annessione del Portogallo del 1580 fu possibile solo dopo il disastro di Alcazarquivir. Il re infatti era morto e l’unico erede era il cardinale Enrico, troppo anziao per prendere il suo posto ed oltretutto diventato ormai uomo di Chiesa. Ciò rappresentò la possibilità perfetta per raggiungere l’obiettivo tanto agognato del re Filippo: unificare l’intera penisola iberica sotto la stessa corona. Per fare ciò era innanzitutto necessario conquistare la simpatia del cardinale, il quale si pronunciò a favore di Filippo come futuro erede solamente qualche giorno prima della sua morte. Ad ostacolare l’ottenimento della corona però c’erano i vari rappresentanti delle città portoghesi che, motivati da un profondo sentimento anti-castigliano, si dichiararono a favore del priore Crato, pericoloso rivale del sovrano spagnolo. Il re dunque ritenne necessario l’intervento dell’esercito che, capeggiato dal duca d’Alba, in breve tempo conquistò i diversi territori portoghesi. Mentre i nobili ed i mercanti portoghesi si schierarono a favore di Filippo II (essendo interessati principalmente al commercio dell’argento), il popolò non accetto di buon grado l’annessione con la Castiglia. Per favorire l’unione, Filippo assunse l’impegno di preservare tutte le leggi e le libertà tradizionali portoghesi, passò molto tempo nel territorio, istituì un Consiglio del Portogallo ed affidò tutte le cariche più importanti a rappresentanti del posto che si occuparono di gestire il paese in sua assenza. 8) Alumbrados -vedi domanda 11 9) Economía di Carlo V La nomina di Carlo V come imperatore alimentò il malcontento generale del popolo che non accettava di buon grado re proveniente da una dinastia straniera. Tale nomina infatti comportava un consistente aumento delle imposte fiscali, volte a finanziare i numerosi viaggi del sovrano ed i suoi progetti di creare un impero sotto l’egemonia asburgica. L’economia spagnola infatti si reggeva in gran parte sugli incassi di tali imposte e si basava su tre commerci principali: -quello di Siviglia verso il Nuovo Mondo e viceversa: la città, attraverso la Casa de Contratacion, si fece da tramite tra i commercianti stranieri ed il nuovo mondo che esportava principalmente oro e argento, metalli estremamente ricercati dagli altri paesi. -quello della Castiglia settentrionale con le Fiandre e l’europa del Nord; -quello di Aragona, ancora ampiamente impegnata nel mediterraneo; Mentre Siviglia, proprio per il suo ruolo nel commercio del Nuovo Mondo, subì una crescita demografica che aumentò anche la disponibilità di manodopera, in Castiglia, l’apertura dei commerci internazionali, permise la crescita delle attività manufattoriere. L’economia castigliani si fondava principalmente sul commercio della lena e di materiali di lusso come ceramiche e seta. Tutto ciò portò però ad una crisi dell’agricoltura che non riusciva a tenere il passo con la domanda sempre più crescente e ad un progressivo aumento dei prezzi dei generi alimentari e di prima necessità. L’economia spagnola soffrì moltissimo della forte concorrenza straniera, le cui merci erano meno care e proprio quest’ultima riuscì ad aprirsi una strada verso il mercato castigliano e americano. Inoltre, le diverse guerre intraprese e il mantenimento della vita di corte causò dei problemi alla finanza imperiale, che fu costretta ad aumentare le imposte e chiedere alle Cortes di aumentare l’encabezamiento, chiedendo anche prestiti ai banchieri. Sopraffatto dalla crisi economica, Carlo V continuava a sperperare denaro e quando morì non era ancora stato in grado di ripagare i prestiti – lasciando a Filippo II un paese in bancarotta. 10) Rivolta dei comuneros La nomina di Carlo V come legittimo erede del trono di Spagna da parte di Ferdinando II suscitò il malcontento del popolo. Carlo veniva visto come il re di una dinastia straniera che poco sapeva della tradizione spagnola e che si era circondato principalmente di consiglieri fiamminghi e francesi che stavano rubando al paese. La sua nomina ad imperatore del Sacro Romano Impero non migliorò la situazione, anzi. Essa comportò un generale aumento delle imposte e presagiva lunghi periodi di assenza del re, elementi che furono alla base della rivolta portata avanti dai cosiddetti comuneros nel 1520. La protesta ebbe origine a Toledo, a partire dallo scontro delle storiche fazioni dei Ribera e degli Ayala, fino a diffondersi in molte città. I protestanti chiedevano che il re abitasse in castiglia, che non si circondasse solamente di consiglieri fiamminghi e che mantenesse la condotta dei Re Cattolici. La rivolta ebbe il suo culmine con l’incendio di Medina del Campo che comportò la distruzione del principale centro finanziario e commerciale del regno ed un’ondata di sdegno in diverse città. I consiglieri dell’imperatore decisero di dare alcune concessioni ai rivoltosi per cui sospesero l’esazione del servizio e tolsero le cariche castigliane ai forestieri. I comuneros persero gradualmente la simpatia della nobilta castigliana a causa del loro crescente radicalismo e, proprio per questo, si animarono di un forte spirito anti- aristocratico. La loro rivolta cominciò a mutarsi in lotta sociale contro la nobiltà ma essa, ormai diventata una rivoluzione sociale, terminò con la battaglia di Villalar del 1521 in cui le truppe imperiali sconfissero il popolo ed giustiziarono i leader. 11) Conflitti religiosi di Carlo V - I conflitti religiosi caratterizzarono il regno di Carlo V ed in generale tutto il secolo. Due anni prima la sua elezione imperiale, in Germania, Lutero aveva pubblicato le sue famose tesi con le quali condannava pubblicamente la vendita delle indulgenze e mise in discussione i puntini centrali della dottrina cattolica. Le sue idee si diffusero rapidamente, appoggiate da molti sovrani tedeschi che mal sopportavano il controllo della Chiesa di Roma. Una volta salito al potere, Carlo V chiese a Lutero di ritrattare le sue tesi e, a seguito del suo rifiuto, fu pubblicato l’editto di Worms che lo metteva al bando e giudicava eretica la sua dottrina.
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