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Domande più richieste esame di Scienza Politica - Capano, Piattoni, Raniolo Verzichelli, Appunti di Scienza Politica

Domande più richieste dal Prof. Andretta e assistenti + Schemi presi dal testo e spiegati

Tipologia: Appunti

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Scarica Domande più richieste esame di Scienza Politica - Capano, Piattoni, Raniolo Verzichelli e più Appunti in PDF di Scienza Politica solo su Docsity! Domande orali Scienza Politica. Manuale 1) Differenze tra regime Autoritario e Totalitario; regime totalitario e democrazia autoritaria 3 parliamo di opinione pubblica 2) Sistemi monocamerali e bicamerali; distinzioni e tipi di monocameralismo e bicameralismo; Diversi tipi di bicameralismo; sulla base di cosa distinguiamo i due bicameralismi? 3) Sistemi elettorali: cosa sono e come si distinguono; Sistemi elettorali: plurality e majority; cap. partiti punto 4 4) Burocrazia: differenza tra amministrazione burocratica e politica; burocrazia e pubblica amministrazione; Burocrazia nella concezione weberiana e in quella moderna (new public management) 5) Forme di governo. forma di governo parlamentare; come si formano i governi parlamentari; modalità rappresentativa 6) Gruppi di interesse 7) Teoria dei cleavages in relazione alla nascita dei partiti; teoria dei cleavages — approccio top down e bottom up; 8) Politiche pubbliche, tipi di agenda 9)Neocorporativismo / (modalità di rapporti dei gruppi di pressione con le istituzioni) / modello neocorporativo vs modello di pluralismo degli interessi 10) Rapporti tra partiti e gruppi di pressione/gruppi di interesse 11) Partiti di massa; Classificazione dei partiti 12) Articolazioni interne dei parlamenti (+ articolaz interne parl.democratico) 13) Quali partiti si organizzano a partire dalla rivoluzione industriale 14) Ancoraggio democratico; consolidamento democratico nel tempo 15) Regimi non democratici ? 16) Sistemi di governo 17) Tipi di parlamento 18) Movimenti sociali > cosa sono e come si formano (es. movimento ambientalista); teorie principali sulla formazione dei movimenti (perché si creano forti movimenti?) 19) Teorie sulla comunicazione politica e sulle opinioni pubbliche 20) Partecipazione politica: che cos’è? Partecipazione elettorale; altre forme di partecipazione sia in forma individuale che collettiva (come i partiti ripropongono la centralità della partecipazione politica es: movimentoSstelle) 21) Regimi politici: elementi fondamentali 22) Concetti e variabili 23) Teoria dell’agenda setting e esempi con l’attualità 24) Distinzione fra scienza politica, economia, filosofia... 25) Lijphart. Democrazie consensuali e maggioritarie 26) Metodi e strumenti nella ricerca. Strategie della ricerca: variabili dipendente/indipendente/di contesto/intervenienti.; La variabile interveniente nella metodologia 27) Metodo comparato. Metodo statistico. Metodi qualitativi e quantitativi 28) Cos’è l’operalizzazione dell’oggetto 29) Differenze tra la democrazia maggioritaria e consensuale; perche gli USA non sono un esempio lampante di democrazia maggioritaria? 30) Fasi di formazione di uno stato. 31) Policy. Politics. Polity: differenze 32) Multi level governance Risposte 1) DIFFERENZA tra regime AUTORITARIO e TOTALITARIO. REGIME AUTORITARIO: sistema con pluralismo politico limitato e non responsabile senza un’elaborata ideologia guida, ma con mentalità caratteristiche, senza mobilitazione politica estesa o intensa e con un leader o un piccolo gruppo dirigente che esercita il potere entro i limiti formalmente mal definiti, ma abbastanza prevedibili nella realtà (Francisco Franco). - A differenza dei regimi totalitari, i leader dei regimi autoritari non rispondono a un’organizzazione ferrea che funge da vestale ideologica e giustifica l’uso estremo del potere e della violenza, ma piuttosto a una serie di mentalità caratteristiche ad es. il mito della patria o della famiglia o del quieto vivere. I limiti del potere nel regime autoritario sono formalmente mal definiti ma prevedibili, mentre invece, nel regime totalitario sono non prevedibili. Autoritarismo: leggero pluralismo (limitato)* Totalitarismo: monismo assoluto (un leader) * Pluralismo limitato = attori istituzionali (esercito, burocrazia, partito unico) e attori sociali (chiesa, gruppi industriali e finanziari, proprietari terrieri, sindacati...) che non sono politicamente responsabili secondo il modello delle liberal-democrazie di massa, ovvero tramite le elezioni. Se c’è responsabilità: a livello di politica invisibile nei rapporti reali tra i diversi attori e forme di consultazione elettorale plebiscitaria per legittimazione, espressione di consenso e sostegno a favore del regime. Le assemblee pluralistiche hanno vissuto percorsi complessi e diversificati, che non hanno riguardato solo i loro poteri formali e la loro collocazione in un sistema di regole, ma anche la loro credibilità. Un processo di istituzionalizzazione avviene quando una serie di valori e comportamenti di un determinato organismo si consolidano e si mostrano universalmente accettati, cristallizzandone le azioni e il ruolo. L’organismo in questione diventa così un’“istituzione”, perdendo i caratteri di provvisorietà e mutevolezza, e acquisendo una forma stabile e generalmente riconosciuta. Tratti comuni presentati dalle istituzioni assembleari delle attuali democrazie: - Natura assembleare: i membri hanno pari dignità - Natura rappresentativa: tale caratteristica è garantita dal legame con la dimensione comunitaria della politica - Pluralismo interno: le voci (dei membri) sono plurali - Permanenza dell’istituzione rappresentativa: connotazione dell’esigenza della sua continuità storica, ma anche della sua capacità di autoconvocazione (prima l'assemblea era convocata dal Re) - Potere legislativo: benché assai diverse nel loro reale impatto nei processi concreti di produzione di norme, tutte queste istituzioni si propongono come organi legislativi e associano a tale facoltà una serie di importanti funzioni. Secondo queste coordinate, arriviamo a una definizione operazionale: Definizione operazionale del Parlamento + è un organo legislativo elettivo, formato da una pluralità di rappresentanti dei soggetti (partiti) che si occupano di selezionare il ceto politico e che vengono organizzati in modo assembleare. Rappresentanza partitica, circuiti alternativi e approcci individualistici. Sistema dei partiti: i partiti sono divenuti il fulcro del sistema politico, perché sono stati in grado di sviluppare circuiti della rappresentanza sociale, rendendo gli attori collettivi (gruppi di interesse e movimenti sociali) presenti nella società in larga misura dei fiancheggiatori del proprio establishment > rappresentanza partitica. La rappresentanza partitica prevede come condizioni fondamentali il pieno controllo da parte di queste organizzazioni sia sulla fase di selezione del personale da destinare alle assemblee rappresentative, che sulla disciplina dei rappresentanti eletti. Domanda: differenze tra modello neocorporativo e modello di pluralismo. Si hanno dei circuiti alternativi (modelli alternativi) al predominio dei partiti. 1. Assetto neocorporativo > tipico delle democrazie nordiche. Questo assetto è determinato da una articolazione di interessi che consente di produrre rilevanti decisioni attorno ad un tavolo governativo, al quale ha accesso una gerarchia ordinata e chiusa di attori sociali. (es: rappresentanti d’industria e del sindacato generale). Al parlamento partitico, è lasciato un compito notarile di validazione degli accordi. Il neocorporativisimo finisce per incidere inevitabilmente sul funzionamento delle istituzioni rappresentative, che si trovano ad agire “a valle” e non più “a monte” delle decisioni. 2. Assetto pluralista > modello di rappresentanza degli interessi basato su una società estremamente aperta e frammentata in tanti gruppi sociali tra loro in competizione (es. USA). Può tuttavia condurre al declino del ruolo dei partiti. Nel modello pluralista, i singoli rappresentanti eletti possono essere portati ad “assomigliare” o addirittura “inseguire” il proprio universo sociale di riferimento, tralasciando la mediazione partitica, prendendo strade diverse a Es. Congresso USA > è un sistema di ruoli all’interno del quale i rappresentanti mostrano ambizioni incompatibili tra di loro. Domanda: Parlamenti e sistemi elettorali. I sistemi elettorali costituiscono una variabile fondamentale per capire il funzionamento dei moderni parlamenti SISTEMI PROPORZIONALI: 1. Sistema proporzionale puro. Olanda e Israele. Si ha una camera eletta con metodo di lista e voto di preferenza, i cui seggi sono ripartiti tra i partiti in misura del risultato riportato a livello nazionale. 2. Proporzionalismo più temperato. - Caso della Germania. Può essere garantito attraverso varie forme di correzione del sistema elettorale. Bundestag > l’elezione del parlamento tedesco prevede un doppio tipo di voto, dovendo i cittadini esprimersi per un candidato all’interno di una competizione uninominale e una lista partitica. Questo secondo voto è decisivo per la composizione finale della Camera, assicurando il bilanciamento proporzionale a livello nazionale attraverso l’attribuzione della metà dei seggi in misura della cifra elettorale nazionali di ogni lista, tenuto di conto dei seggi già incamerati dai partiti attraverso la competizione uninominale. Elemento per limitare il proporzionalismo > soglia elevata del 5% che comporta l’esclusione di vari partiti. - Caso della Spagna. L'obiettivo, come in Germania, è quello di limitare il proporzionalismo. Non viene aggiunto un secondo livello di voto, ma vengono moltiplicate le circoscrizioni (province) > in pratica, i partiti piccoli, vengono esclusi dall’elevata soglia implicita, alla quale si aggiunge una soglia circoscrizionale del 3%, che ha un qualche effetto nelle popolose province metropolitane. - Caso dell’Italia. Dopo la lunga stagione proporzionale della I Repubblica (1946-1992) sono stati introdotti dei correttivi per garantire maggiore stabilità di governo. Dal 1994 al 2001 si ha un sistema misto > che combinava l’uso dei collegi uninominali (75%) con liste circoscrizionali che garantivano un qualche bilanciamento proporzionale (25%). Dopo il 2006 si ha un sistema proporzionale + che garantisce, con la logica del premio di maggioranza, un minimo del 55% dei seggi alla coalizione maggioritaria a livello nazionale. (=correzione maggioritaria) Perché si limita il proporzionalismo puro? Si limita per evitare cadute troppo frequenti di governo (ingovernabilità) 3 perché troppi partiti con troppe idee diverse minano le fondamenta del governo. (come è successo con Italia viva). In UK e USA tagliano la testa al toro utilizzando il sistema maggioritario, che è meno rappresentativo, ma assicura governi più stabili. SISTEMI MAGGIORITARI: - Maggioranza relativa. UK. Il sistema britannico si risolve semplicemente con la vittoria del candidato più votato in ogni collegio - Maggioranza assoluta. Francia. In mancanza di un vincitore, si va al ballottaggio, al quale sono ammessi i candidati con almeno il 12,5% dei voti - Voto alternativo. Australia. Obbligo per gli elettori di ordinare le proprie preferenze sui vari candidati, che consente in caso di mancato raggiungimento della maggioranza assoluta da parte di nessun candidato, la redistribuzione di ulteriori preferenze subordinate. Domanda: Il problema del bicameralismo. I parlamenti possono essere distinti in monocamerali e bicamerali. Storicamente l’articolazione in due o anche più camere rappresentava la necessità di distinguere i ceti sociali ammessi alla rappresentanza, i quali però non potevano Che cos’è un governo? Governo + macchina centrale di ogni sistema politico Il governo è l’espressione della maggioranza parlamentare, cioè della coalizione di partiti che hanno ottenuto il maggior numero di seggi in Parlamento. - Il termine governo indica la struttura e i soggetti istituzionali che esercitano le facoltà fondamentali legislative, decisionali, amministrative e di controllo, nella direzione del sistema politico (politics). “Government” = la parola inglese include tutti gli attori che esplicano le funzioni tipiche in cui si ripartisce il potere: il legislativo, esecutivo, giurisdizionale. Le funzioni fondamentali sono due: esecutiva e amministrativa - Esecutiva, cardine fondamentale nella tripartizione dei poteri dello Stato moderno - Amministrativa, ovvero il perseguimento degli obiettivi pubblici che assicura l’effettiva adozione delle decisioni prese in sede politica e quindi il generarsi delle attese conseguenze di tali decisioni. Il problema del governo > è sempre presente in ogni fenomeno politico perché ogni fenomeno evidenzia la necessità di alcuni soggetti di conquistare una sfera effettiva di autorità e di esercitare le funzioni che ne discendono. Sviluppo del governo democratico: - Prima della formalizzazione delle norme, la struttura dei governi era relativamente semplice: il monarca ne costituiva la componente necessaria e i suoi ministri erano comunque subordinati all’esistenza di un detentore unico della sovranità. - Le cose cambiarono con la formazione del governo costituzionale, seguito alle grandi rivoluzioni borghesi del XIX sec. Durante tale fase si affermò il principio della responsabilità collettiva, in una squadra di governo composta da esponenti di elite accomunati dallo stesso livello di legittimazione, che nelle realtà europee si intrecciò col consolidamento di un legame di fiducia tra parlamento ed esecutivo stesso. - Questo portò all’introduzione di una monarchia parlamentare, per sottolineare la nascita di un governo che favorisce la simbiosi tra governo e parlamento (governo e maggioranza parlamentare) superando il dualismo della fase rivoluzionaria tra parlamento elettivo e governo di nomina regia. Questi fondamentali passaggi hanno accompagnato l’intero percorso della democratizzazione, con conseguenze storiche assai diverse nei vari Stati-nazione. Tali esiti, sono ancora oggi rintracciabili in una miriade di configurazioni istituzionali: come per es. la forma di Stato. Un altro elemento della dinamica degli esecutivi da sottolineare, è che dietro i nuovi assetti di governo si cela una mutazione profonda delle sue stesse funzioni nel contesto democratico. Possiamo riassumere tale dinamica con le tre fasi storiche dello Stato minimo, Stato produttore e Stato sociale. 1. Stato minimo + es. Italia, Savoia diventano sovrani d’Italia 1861. Si parla di Stato minimo per sottolineare la caratteristica propria dello Stato liberale di porsi come unico obiettivo la tutela dei diritti fondamentali. A differenza di quello sociale, lo stato liberale predilige il rispetto e la salvaguardia dell’iniziativa privata in opposizione a ogni tentativo di dirigismo statale. 2. Stato produttore > governo interviene nell’economia. Funzioni importanti come l’intervento nell’economia e la necessità di capillari servizi sociali. È in questo periodo che il governo italiano comincia a pianificare il proprio intervento nell’economia acquistando imprese e costituendo quell’amministrazione parallela fatta di strutture pubbliche che sostituivano l’impresa e l’industria in alcuni settori cruciali. Al contempo, si realizzavano importanti politiche destinate alla cittadinanza: le assicurazioni sociali, sul lavoro e la previdenza sociale, vanti dei governi dei primi decenni del XX secolo. Nascevano le figure di ministri e sottosegretari espressamente dedicati a queste deleghe e con loro anche gli uffici centrali e territoriali che si dovevano occupare di una moltitudine di servizi. 3. Stato sociale + conquista del governo da parte dei partiti di massa. Welfare State. Nato all'indomani della completa democratizzazione e della conquista della sfera del governo da parte dei grandi partiti di massa, corrisponde a uno sforzo più ingente e a un impegno sistematico in tanti settori della spesa pubblica che favoriscono politiche di redistribuzione e di crescita complessiva della società. La salute e la scuola pubblica sono le prime voci di questo nuovo corso, che in Italia si verifica solo negli anni successivi alla guerra e alla caduta del Fascismo. Vengono creati nuovi tipi di assicurazioni sociale e nuovi impegni dello Stato in economia: si ha la nascita di ministeri specifici per le politiche di bilancio e programmazione economica (1947) e per le partecipazioni statali (1956). + nascita di 2 ministeri oggi rilevanti come quello per l’ambiente e per la ricerca scientifica e tecnologica. Anni del big government, già messo in allarme da una crisi di natura globale, cioè quella seguita allo shock petrolifero degli anni 70 3 seguirà poi una crisi fiscale dello Stato. (Smantellamento dello Stato sociale?) I sistemi di governo: 1. Presidenzialismo. Il governo risponde al presidente e non al legislativo. Il Presidente viene eletto direttamente dal popolo. Il mandato ha durata sancita dalla Costituzione. Es. USA 2. Parlamentarismo. Il governo è responsabile di fronte al legislativo e il Presidente non è eletto in modo indipendente o cmq non ha poteri sul governo. Il Capo dell’esecutivo viene eletto dal Parlamento. Il Parlamento può ritirare la delega con il voto di sfiducia. Es. UK. 3. Semipresidenzialismo. È come il Parlamentarismo ma il Capo di Stato elettivo condivide i poteri esecutivi. Governo risponde al legislativo, coerentemente con il Parlamentarismo di stampo europeo. La figura del Primo ministro è solitamente azzerata quando quest’ultimo è dello stesso colore politico del Presidente stesso. Es. Francia V Repubblica 4. Direttorio. Il legislativo attribuisce la presidenza del governo a turno ai leader dei vari partiti. Es. Svizzera 5. Premierato elettivo. (semiparlamentarismo?) Il leader deve essere confermato nel tempo dalla fiducia parlamentare. Non corrisponde a un mandato es. Israele tra il 1996 e il 2003 Cheibub ha proposto una classificazione delle forme di governo a partire da tre semplici domande: 1. Il governo è responsabile di fronte al Parlamento? NO > democrazia presidenziale 2. Il governo è responsabile di fronte al Parlamento? SI > vi è un presidente eletto in modo indipendente? NO > democrazia parlamentare 3. Il governo è responsabile di fronte al Parlamento? SI + vi è un presidente eletto in modo indipendente? SI + Il governo è responsabile di fronte al presidente? SI 3 democrazia mista / NO 3 democrazia parlamentare. Per rendere tutto più preciso, Cheibub trasforma le domande in 2 dimensioni: - Tipo di legittimazione del capo di governo: popolare o indiretta (= mediata dal parlamento); - Termini di durata dell’ufficio del capo del governo: costituzionalmente determinata o indeterminata (= vincolata al persistere di un rapporto fiduciario da parte dell’organo legittimato). Formazione, fiducia e crisi. Vincoli costituzionali e procedurali sul sistema di governo. Blondel e Cotta hanno individuato nel party government 3 sottodivisioni: - Policy making - Nomine - Patronage 6) OPINIONE PUBBLICA, PARTECIPAZIONE e COMUNICAZIONE Gruppi di interesse; movimenti sociali; teorie sulla comunicazione politica; opinioni pubbliche; partecipazione politica e elettorale. Politica orizzontale e opinione pubblica. Con l’età delle rivoluzioni (politiche e industriale) del XVIII e la conseguente massificazione della politica, alla visione verticale della politica si sarebbe sostituita quella orizzontale. I 3 processi che hanno contraddistinto e accompagnato il processo di democratizzazione sono: 1. La formazione dell’opinione pubblica 2. La partecipazione politica 3. La comunicazione politica Opinione pubblica + insieme delle rappresentazioni o immagini che gli individui e i gruppi si formano, più o meno autonomamente, e che ne orientano il comportamento. Ci sono 3 definizioni di opinioni pubblica, seguendo lo sviluppo storico: 1. Classica o liberale. Deriva dall’Illuminismo francese. XIX sec. Opinione pubblica come fonte di vaglio sull’operato dei governi. Fa emergere due elementi: 4. L’opinione presuppone un terreno di cultura riconducibile ai cambiamenti politici ed economici che portarono alla creazione della sfera pubblica > la sfera pubblica è uno spazio intermedio tra stato e società civile composto da nuove istituzioni come i salotti, club, circoli... 5. Nella sfera pubblica l’autorità dell’argomento soppianta l’autorità del rango sociale. La sfera pubblica diventa quindi la sede della critica razionale che fonderà il moderno government by discussion. 2. Collettiva. Fine del XIX sec e primi decenni XX. L’attenzione si sposta sul soggetto, il pubblico, che diventa un fenomeno sociale. Il pubblico è transitorio con organizzazione debole. La formazione di un’opinione pubblica comportava una capacità di pensare e ragionare con gli altri, di convincere e farsi convincere. Ci si pone due domande: 6. Come è possibile distinguere i diversi tipi di pubblico? (Lippmann distingue in attivo e passivo attori e spettatori) 7. Come si forma l’opinione pubblica? 3. Individuale. XXI sec. Si risolve nella mera aggregazione delle opinioni di individui all’interno di una collettività. È osservabile con strumenti come sondaggi e campionamenti. Sartori dice che l’opinione pubblica è tale perché è fatta dal pubblico, non perché è ubicata nel pubblico. Oggi però con l’avvento del web e dei nuovi mass media l’opinione nel pubblico può non essere l'opinione del pubblico (manipolazione). 1. Formazione dell’opinione pubblica Sartori riesce anche a rispondere al secondo quesito su come si forma l’opinione pubblica. Egli individua 3 teorie: 1. Teoria della cascata. La formazione dell’opinione pubblica avviene come una serie di passaggi che mettono in comunicazione vari serbatoi. Deutsch dice che in una democrazia i serbatoi sono 5 e sono: 8. Elite economico-sociali 9. Elite politiche 10. Mezzi di comunicazione 11. Leader di opinione 12. Pubblico di massa Importanti sono i leader di opinione che traducono e trasmettono i messaggi che arrivano dall’alto. 2. Teoria del ribollimento. Punta l’attenzione su un’opinione pubblica che viene dal basso. Può succedere a causa della nuova espansione della professione intellettuale. (correnti/maree di opinioni) 3. Teoria dei gruppi di riferimento. Sposta l’attenzione sulle identificazioni come fattori costitutivi dell’opinione pubblica. Importanti sono quindi i gruppi di riferimento come la famiglia, la Chiesa, il lavoro, etc... Oggi in uno scenario dominato dai nuovi media, i processi di formazione dell’opinione pubblica sono interattivi, autogenerati e autoselezionati. La comunicazione continua ad essere di massa. 2. Partecipazione politica Soprattutto espressione della politica verticale. - Rush sostiene che la partecipazione politica sia il coinvolgimento dell’individuo nel sistema politico a vari livelli di attività, dal disinteresse totale alla titolarità della carica politica. > La partecipazione politica è l’insieme di tutte quelle occasioni in cui, nell’ambito di un certo contesto (Stato, collettività o associazione) del quale si fa parte (dove), donne e uomini, singolarmente o in gruppo (chi), fanno uso di un certo repertorio di azioni, convenzionale o non convenzionale (come) per cercare di influenzare la selezione e le decisioni di chi ricopre cariche pubbliche rappresentative e soprattutto di governo (che cosa) al fine di modificare o conservare il sistema di interessi e di valori dominante (perché). Perché la gente non partecipa? a) perché non possono, a causa di fattori strutturali che impediscono o ostacolano la partecipazione b) non vogliono, in conseguenza degli orientamenti psicologici o soggettivi che spingono o meno un individuo alla partecipazione c) nessuno glielo chiede, a causa dei fattori organizzativi e associativi che supportano la partecipazione. Tipi ideali di cittadino (A/mor * Il cittadino civico. Combina coinvolgimento e mobilitazione attiva assieme con adesione passiva e apatia, comunque, accomunati da una fiducia di fondo verso il sistema e una deferenza per le autor nubbliche (c.d. “cultura civica") * Il cittadino insoddisfatto. Cc esplosione della contestazione studentesca e del m Ipe 1 }, ttadino rispett e istituzioni democratiche e dei suoi protagon | posto o, comunque, viene affianci it no insoddisfatto e protestataric iù attivo politicamente, più democratico, più del partecipante standard * Ilcittadino autoespressivo. Le ondate di protesta che hanno atti ato cietà occidentale lla fine degli anni S ta un lato, le trasformazioni sociali, economiche e culturali che si della società postindustriale e individualizzata, dall’altro, | sformazioni profoi modelli di cultura politica prevalenti at ioni più ebbero sperimentato un indeboliment I alist ere, della sicurezza materiale e della stabilità conomica, a favore dell'e o con i prim atti “postmaterialisti Questo lento intergene nal o alla ribalta temi inusitati e scottanti — la ialità della vita, l'ambiente, il bisc ione, l'affermazione delle identità c genere, il soddisf ni teu come ad una più forte rivendicazi( lemocrazia part ì ne diret di entrami I valori postmaterialist 10) idefinit ne “valori autoespressi * Il cittadino apatico. Ci si riferisce a uomini e donne non necessariamente insoddisfatti m emplicemente disinteressati, poco informati € rsamente attivi Questi cittadini non sono del tutto marginal o d'occhio la sfera politica pi ogliere | le situazioni che m Sono cittadini selettivi, magi osti a fl ssa Que ( k she ma che non appena perce no temi che | ivano per protestar punire questo o qu rit In un certo senso è come se fossero in sta ff ma vigili Comunicazione politica delle domande che emanano dalla società civile > per questo motivo sono diversi dai partiti politici. I gruppi di interesse cercano di influenzare in loro favore le politiche pubbliche, senza pero assumere responsabilità di governo e a tal fine ricorrono a una vasta gamma di - strategie dirette > che investono le istituzioni - e strategie indirette + attraverso i mass media e la sensibilizzazione dell’opinione pubblica. Un altro concetto importante da distinguere è quello di lobby/lobbying > termini coi quali ci si riferisce all'insieme di attività o processi attraverso i quali i rappresentanti dei gruppi di interesse comunicano ai decision makers informazioni circa gli interessi voluti dalle loro organizzazioni. Per quanto riguarda la qualità/efficacia dell’attività o pressione, Almond e Powell sostengono che essa dipenda da varie risorse, prima tra tutte, dalla loro struttura > intesa sia in termini di stabilità nel tempo (organizzazione continua/discontinua), che di livello di formalizzazione (relazioni personali/istituzionali). In base alla loro struttura, per Almond e Powell, si hanno 4 tipi di gruppi di interesse: 1. Gruppi anomici > strutture per lo più spontanee e non formalizzate, che danno voce alla protesta — talvolta anche violenta — nei confronti di ciò che le autorità e i governi fanno o non fanno. 2. Gruppi di interesse non associativi > si basano su legami tradizionali (razza, genere, discendenza, religione, lingua, territorio) o su interessi comunemente percepiti di tipo moderno, ad esempio i gruppi di consumatori; mancano di un’organizzazione specializzata, anche se la loro attività mostra una maggiore continuità nel tempo 3. Gruppi di interesse istituzionali + costituiti da istituzioni globali (Chiesa, esercito, magistratura) o da sottogruppi intra istituzionali (dirigenti degli enti locali, pubblici ministeri, dipendenti pubblici di una particolare regione), svolgono attività di pressione specializzate che comunque non esauriscono le attività delle istituzioni. 4. Gruppi di interesse associativi > caratteristici delle democrazie pluraliste. Sono strutture altamente formalizzate e differenziativi, volte a rappresentare e tutelare gli interessi specifici di un gruppo particolare (sindacati, associazioni di categoria, associazioni di vario tipo, imprese, lobby). Molti gruppi nascono in seguito a decisioni pubbliche, attraverso il riconoscimento formale dei gruppi. Offe distingue così tra: - gruppi di interessi economici > imprese, sindacati, associazioni padronali. Sono dei partecipanti al mercato, che riflettono l’organizzazione di classe e la divisione sociale del lavoro. Il loro principale obiettivo è influenzare le politiche pubbliche che incidono sulla posizione relativa che i loro membri hanno sul sistema economico. - gruppi fruitori delle politiche pubbliche > nascono come conseguenza dell’intervento statale e molto probabilmente non esisterebbero nemmeno senza tale intervento (categorie di pensionati, cassintegrati, lavoratori socialmente utili, in genere i beneficiari di qualche aiuto pubblico). Salisbury poi distingue tra i gruppi sezionali o economici, gruppi promozionali e gruppi istituzionali 3 che possono perseguire beni pubblici, la tutela di identità collettive o interessi territoriali. Un altro aspetto fondamentale nei gruppi di interesse è il cosiddetto appannamento dei confini > questo rappresenta una differenza cruciale rispetto ai movimenti sociali ed è molto importante anche per definire il rapporto tra interessi e politica. - esterno = società - interno = istituzioni Questo ha comportato un’analisi delle funzioni dei gruppi di interesse. Morlino in questo campo aveva già trovato molti aspetti funzionali che erano stati ricondotti alla nozione di gate-keeping/filtraggio/regolazione dell’accesso, che implica: - il controllo dell’accesso alle sedi decisionali - capacità di fissare l'agenda dei temi rilevanti da affrontare - determinare i risultati decisionali Riprendendo la questione del rapporto tra interessi e istituzioni, questi sono stati compendiati in modalità specifiche che prevedono una graduazione di controllo- autonomia degli interessi nei loro rapporti con le istituzioni e i partiti. 1. il dominio partitico 2. simbiosi tra partiti e gruppi ideologicamente affini 3. collaborazione volta alla tutela di interessi per lo più di natura economica 4. lo scambio tra consenso e decisioni favorevoli 5. la subordinazione che permette al gruppo di interesse di sponsorizzare la formazione del partito politico 20) I MOVIMENTI SOCIALI I movimenti sociali sono delle reti di relazioni prevalentemente informali, basate su credenze condivise e solidarietà, che danno luogo a una mobilitazione di tipo conflittuale attraverso il ricorso a varie forme di protesta. 1. Perché nascono i movimenti? Secondo Tilly i movimenti sono sempre il prodotto delle asimmetrie nella distribuzione del potere e delle lotte tra gruppi per il riequilibrio che ne conseguono. Melucci precisa che quelli che si ribellano per primi non sono i gruppi oppressi e disgregati, ma coloro che sperimentano una contraddizione intollerabile tra un’identità collettiva esistente e i nuovi rapporti sociali imposti dal mutamento > i movimenti sono quindi il prodotto indesiderato del mutamento sociale e politico e, soprattutto, del disagio prodotto dal contrasto tra i vincoli oggettivi e le aspettative soggettive. Alberoni dice che i movimenti nascono dalla delusione. Egli riesce a distinguere tra i soggetti che danno inizio a un movimento e coloro che si avvantaggiano dei risultati conseguiti dall'azione conflittuale. 2. L’attivazione e l’efficacia dei movimenti sociali dipende anche da una serie di aspetti complementari > cioè da veri e propri meccanismi di facilitazione dell’azione collettiva. Il primo di questi è riferito al fatto che i movimenti sono dei networks, delle reti di reti, più o meno strutturati e dispersi. Tarrow sostiene che i movimenti che sembrano grandi, in realtà sono assai più simili a un intreccio di piccoli gruppi. Ed è proprio da questo carattere disperso che deriva la centralità della mobilitazione delle risorse, ed è sempre da lì che deriva il problema del coordinamento dell’azione collettiva. Una risposta a questo problema deriva dall’enfasi sul ruolo del leader e della leadership, che viene considerata come capacità di comunicazione e influenzamento. In questo modo risaltano 3 caratteristiche della leadership: - Personali > qualità individuali del leader - Strumentali > le risorse politiche e organizzative a disposizione - Situazionali > il complesso dei vincoli e opportunità storicamente dati che definiscono il contesto di azione. 2. Commercializzazione > quando il movimento si trasforma in una specie di impresa sociale che eroga servizi commerciali (cooperative sociali, gruppi d’acquisto, consumo alternativo) 3. Involuzione o orientamento alla convivialità > il movimento diventa uno spazio di socialità che fornisce servizi e attività ludiche agli aderenti e simpatizzanti 4. Radicalizzazione > quando il movimento si avvita su sé stesso, esaspera i tratti conflittuali e antisistemici. La sfida viene rivitalizzata assumendo anche caratteri violenti. CAP. 8. Amministrazione e burocrazia. Performance, delega e ACCOUNTABILITY: L’accountability burocratica rappresenta l'esigenza che le amministrazioni rendano conto del loro operato in modo trasparente e continuativo ai responsabili politici. (accountability = responsabilità) I governi spesso delegano delle competenze decisionali alle burocrazie. La questione dell’accountability, quindi, è anche il prodotto di strategie e di delega. Le deleghe alle amministrazioni comportano però due rischi: 1. azzardo morale, vi è il rischio che gli apparati amministrativi utilizzino la discrezionalità per perseguire fini propri, incoerenti con quelli previsti 2. selezione avversa, consiste nel rischio di sbagliare nella scelta della burocrazia a cui affidare determinati compiti. L’accountability burocratica si inserisce in uno specifico regime di accountability che è caratteristico di ogni sistema politico. In ogni regime di accountability esistono degli specifici strumenti coi quali si cerca di assicurare l’accountability burocratica. Essi possono essere distinti in: a) Strumenti di tipo legale-giudiziario. Vanno dalla giustizia amministrativa in alcuni paesi dell’Europa continentale alla rule of law dei paesi anglosassoni, nei quali non esiste un diritto particolare per gli apparati pubblici e quindi ogni cittadino può aderire alle corti di giustizia qualora si senta discriminato dall’azione amministrativa. b) Strumenti valutativi. sono tipici delle nuove tecniche manageriali: lav alutazione delle performance istituzionali e individuali, la balance score cards... c) Strumenti informativi. legati a obblighi di trasparenza e riconducibili alla presentazione di report periodici sulle proprie attività e all’ auditing — cioè l’attività di valutazione, da parte di un terzo, della conformità contabile e procedurale di un’attività amministrativa e la sua corrispondenza sostantiva agli obiettivi prefissati. d) Strumenti rappresentativi e partecipativi. riguardano sia quelle pratiche di democrazia deliberativa, sia la presenza di burocrazie rappresentative della composizione della popolazione (per genere, lingua, razza, religione...) 11) PARTITI 1. Definizione minima. Caratteristiche necessarie. Sartori > un partito è un qualsiasi gruppo politico identificato da un’etichetta ufficiale che si presenta alle elezioni, ed è capace di collocare attraverso le elezioni (libere o non) candidati alle cariche pubbliche. 2. Definizione estesa. Obiettivi > i partiti sono associazioni di donne e uomini, più o meno organizzate, ma comunque in grado di durare nel tempo, che competono per i voti popolari (vote seeking) al fine di far accedere i loro leader e aderenti alle cariche pubbliche (office seeking) e quindi cercare di influenzare le scelte collettive (policy seeking). Vote seeking = ricercar dei voti Office seeking = assegnazione delle cariche pubbliche Policy seeking = controllo delle politiche pubbliche. I partiti svolgono molteplici attività, che possono essere raggruppate in due macroambiti: 1. Bottom up = funzioni di input o rappresentative. 3. Integrazione e mobilitazione dei cittadini > idea di una più ampia comunità politica, che implica un'attività di socializzazione e di filtraggio delle domande che urgono dal basso. Tale attività comporta l’integrazione, cioè la capacità di creare collegamenti stabili tra centro-periferia, tra elettori-istituzioni, governanti- governati. 4. Strutturazione del voto > attività di electioneering, cioè la formazione degli orientamenti politici e delle opinioni degli elettori. Uso della propaganda. Necessità di assicurare un collegamento tra candidati e partiti e con l’organizzazione delle campagne elettorali. 5. Aggregazione degli interessi + funzione con cui si entra nel cuore del processo di rappresentanza politica. Con essa, le molteplici domande trasmesse al sistema politico vengono trasformate in alternative politico- programmatiche generali. * Questa funzione implica l’esercizio di un gatekeeper (filtro), cioè controllare l’accesso dei gruppi di interesse e delle élite alle sedi decisionali e nello stabilire la priorità degli interessi rispetto alle diverse domande. *2 funzione che differenzia i partiti politici dai gruppi di pressione 2. Top down = funzioni di output o di governo 6. Reclutamento dei leader e del personale politico 3 come conseguenza del processo di democratizzazione e di elettoralizzazione, i partiti hanno finito per controllare in modo quasi esclusivo il reclutamento del personale per le cariche pubbliche. Meccanismi di reclutamento = competizione elettorale e fedeltà al partito, mentre prima c’era l’eredità. 7. Organizzazione e conduzione del governo + i partiti svolgono una funzione costituente e fondante che richiede la capacità di canalizzare e socializzare il conflitto sul controllo del regime democratico. I partiti non solo integrano i cittadini e coordinano i candidati nei distretti elettorali, ma coordinano anche gli organi costituzionali e le istituzioni di vertice del sistema politico. 8. Influenza delle politiche pubbliche + funzione che ha a che fare con la capacità di problem solving = i partiti cioè cercano di trovare soluzioni ai problemi collettivi e di controllare il policy making, cioè la formulazione e anche l’implementazione delle politiche pubbliche. Problem solving: partiti cercano di trovare soluzioni ai problemi collettivi dei cittadini TIPOLOGIE DI PARTITI 3 1. Partiti di élite “aristocratici” e borghesi / conservatori e liberali / di notabili. XIX sec. Si affermano prima in UK e USA poi nel resto d’Europa. Si limitano a svolgere una funzione di rappresentanza individuale 3 trasmettono le domande che emanano da segmenti ristretti di elettori socialmente omogenei. La loro unità organizzativa elementare è formata dal comitato elettorale, costituito da gruppi ristretti di persone scelte per cooptazione (o eredità). 2. Partiti di massa. In seguito all’allargamento del suffragio e alla prima democratizzazione nacquero i partiti di massa > democrazia dei partiti Questi mutamenti istituzionali cambiano sia le strutture organizzative che le funzioni dei nuovi partiti. Secondo Duverger, il partito di massa cerca per prima cosa di dare un’educazione politica alla classe operaia e ai ceti popolari (i nuovi elettori). Lipset e Rokkan identificano 4 tipi fondamentali di fratture interpretati come prodotti delle due maggiori rivoluzioni del 19 sec (valida per l'Europa occidentale) 3 Rivoluzione nazionale (1: frattura Stato-Chiesa e 2: centro-periferia) e Rivoluzione industriale (3: frattura capitale-lavoro Marx e 4: urbano-rurale) RIVOLUZIONE PERIODO DIVISIONI SOCIALI —MATERIEDEI TIPI DI PARTITO CONFLITTI Nazionale XIX sacolo Centro vs periferia Centralizzazione Nazionali vs regionali (prima metà) territoriale Religioni ve laici Stato vs Chiesa secolarizzazione Industriale XIX secolo Città ve campagna Sviluppo industriale, -—Uberallvsagrari (seconda metà) —imprenditorivs operai P'oteilone soc Borghesi vs operai Internazionale XX secolo Divisione interna alla Ritarma, rivoluzione, —Socialisti vs comunisti (o comunista) {imizi) classe operaia reazione Reazioni di destra Fascisti Postindustriale e XXsecolo Valori materialisti vs Vecchiae nuova Verdi e libertari vs poststatuale (fine) postmaterialisti economia tradizionalisti Estabiishment vs antiestablishment Pro-Europa va anti-Europa Vecchia e nuova politica Crisi dello Stato Nuovi partiti (populîsti, territoriali. antisuropeisti) Fin qui lo schema di Rokkan suggerisce la possibilità della comparsa di sistemi partitici di cinque o sei partiti posizionati sul continuum destra-sinistra: un partito conservatore, un partito agrario, un partito liberale, un partito confessionale, un partito socialista. Il formato del sistema si complica dopo la rivoluzione industriale del 1917, in quei casi dove si registra l'aggiunta di partiti antisistema di origine comunista o fascista. Per quanto riguarda il periodo successivo alla Seconda guerra mondiale, secondo la tesi del congelamento dei sistemi di partiti europei, alcune fratture, come quella Stato-Chiesa e operai-datori di lavoro, hanno lasciato tracce profonde sulle altre e hanno acquistato una maggior importanza politica dando l'impronta alla competizione politica democratica. Es. distinzione destra-sinistra. Oggi, in generale, le cose sono molto diverse e le fratture mutano in uno dei seguenti modi o loro combinazione: 1. Perdita di rilevanza delle fratture tradizionali > declino elettorale dei partiti storici — classisti e religiosi — es. Democrazia Cristiana 2. Riattivazione di fratture latenti > comparsa dei partiti etno-regionalisti e di partiti fondamentalisti 3. Attivazione di nuove linee di divisione > formazione di partiti ecologisti, populisti o antieuropeisti In tempi più recenti, si sono delineate nuove linee di divisione e di conflitto politico, dalla divisione tra “politica” ed “antipolitica”, alla riattivazione di vecchie fratture come quella religiosa (es. nuovi conflitti tra Stato e Chiesa su temi ad alta valenza simbolica come aborto, eutanasia, unioni omosessuali...) Inoltre, si è registrata una riattivazione dei conflitti centro-periferia spesso collegata all’integrazione europea e alla divisione tra “europeisti” e “antieuropeisti” e soprattutto, al revival della frattura territoriale con la formazione i» un po’ in tutta europa di partiti di volta in volta definiti “etnici”, “nazionalisti” e “regionalisti”. Di recente, Clark e Golder, hanno introdotto una seconda prospettiva (la prima era quella primordiale) per lo studio dei partiti 3 la prospettiva strumentale (0 top- down), per la quale i partiti “sono squadre di persone interessate ad ottenere cariche pubbliche”. > stando a questo approccio dall’alto, la comparsa dei partiti diventa il frutto dell’azione di elite politiche e imprenditori politici che interpretano e manipolano le domande degli elettori, ne attivano gli interessi creando dal nulla le linee di divisione. Ciò non significa che i leader di partiti creino dal nulla le divisioni sociali, ma che date certe linee di conflitto presenti in una società, si impegnano in complesse strategie volte a definire la loro rilevanza e ampiezza sempre più utilizzando i mass media, coinvolgendo e mobilitando i sostenitori e il pubblico, costruendo alleanze e coalizioni. “Poiché lo sviluppo delle fratture è un eccellente strumento di potere, il partito che è in grado di imporre la sua definizione delle questioni, probabilmente conquisterà il governo”. 3) I partiti come istituzioni pubbliche e i SISTEMI ELETTORALI: Un sistema elettorale è una serie di leggi e di regole di partito che disciplinano la competizione elettorale tra e all’interno dei partiti. (Cox) 3 Questa definizione pone l’accento su 2 aspetti: 15. Enfatizza la dimensione strategica della competizione politica: i sistemi elettorali fissano le regole del gioco che definiscono i vincoli e le opportunità peri giocatori (elettori, partiti, candidati, leader) in campo. 16. Tali regole non sono solo quelle poste dalla legislazione, ma possono anche derivare dai regolamenti e statuti dei partiti (es. elezioni primarie di partito) 1) SISTEMI MAGGIORITARI: Nei sistemi maggioritari vale la regola elementare che il partito più forte del singolo collegio vince il seggio in palio. (collegi uninominali) I sistemi maggioritari si possono distinguere sulla base della regola che utilizzano per definire la maggioranza che vince il seggio > 17. Sistema plurality se questa è data dal numero di voti più alto senza altri requisiti, possiamo parlare di maggioranza relativa o maggioranza semplice Il candidato che ottiene anche un solo voto in più degli altri, viene eletto immediatamente (first past the post): ne consegue che il sistema plurality è a turno unico, quindi è un sistema a turno unico in collegi uninominali. Problema + col sistema plurality, può arrivare a vincere il seggio un candidato poco rappresentativo (causa: astensionismo) > come risolverlo > sistema majority 18. Sistema majority stabilisce che per ottenere il seggio in palio occorre conseguire la maggioranza assoluta (50%+1). Problema > Che succede se dopo che gli elettori hanno votato nessuno dei candidati raggiunge la soglia richiesta dalla maggioranza assoluta? 2 soluzioni: 1. Sistema a doppio turno > al secondo turno l’elettore deve trovare un numero ridotto di candidati, in genere i primi 2 > ballottaggio; o i primi 30 4. Si può anche aggiungere una soglia percentuale di voti per passare al secondo turno (Francia 12,5%). 2. Sistema del voto alternativo > vigente in Australia. Invece di chiedere all’elettore di tornare alle urne, si chiede di esprimere un voto ordinale oltre a quello principale, ovvero di ordinare per preferenza tutti i candidati presenti nel collegio. Se nessuno ottiene la maggiorana assoluta di prime preferenze, il candidato meno votato con le prime preferenze viene eliminato e si procede a distribuire tra i candidati rimasti i suoi voti, sulla base delle seconde preferenze indicate nelle schede. E così via ad oltranza, fino ad ottenere la maggioranza assoluta e il candidato ottiene così il seggio. 2) SISTEMI PROPORZIONALI: i seggi in palio nelle circoscrizioni (plurinominali) sono suddivisi tra i partiti in proporzione alle quote di voti ottenute. Nonostante si parli di sistema o rappresentanza proporzionale al singolare, va precisato che i sistemi proporzionali variano molto fra loro e si possono distinguere in base al grado di dis-proporzionalità introdotto dai diversi 2. La democrazia è un regime politico caratterizzato dalla continua capacità di risposta (responsiveness) del governo alle preferenze dei suoi cittadini, considerati politicamente uguali. (Dahl) Schumpeter. La prima definizione enfatizza due elementi: il forte collegamento tra inclinazione democratica e presupposti della competizione elettorale, e l’inevitabile delega a una classe politica, chiamata tra un’elezione e l’altra, a esercitare un potere di fatto non bilanciabile in alcun modo dall’azione della “gente comune”. Dahl. La seconda definizione coglie la dinamica di trasformazione della democrazia contemporanea, focalizzando le garanzie della permanenza e dell’effettività di quella libertà di scelta che formalmente distacca il cittadino di una comunità democratica rispetto al suddito di un qualsiasi regime illiberale. Il regime democratico è un regime che presenta: a) Un suffragio universale maschile e femminile effettivamente esercitato, tramite b) Elezioni libere, competitive, ricorrenti e corrette c) Più di un partito e d) Diverse e alternate forme di informazione. Varianti ed effetti della prima democratizzazione Rokkan mise a fuoco la sequenza di circostanze storiche che hanno caratterizzato la ricorrenza del processo di democratizzazione. Egli definì tale sequenza attraverso il superamento di 4 soglie: 1. Legittimazione > ovvero l’effettivo riconoscimento delle libertà 2. Incorporazione 3 ovvero l’espansione della cittadinanza politica 3. Rappresentanza è ovvero l’allargamento del circuito elettorale e istituzionale a tutti i tipi di partito, espressione del nuovo pluralismo sociale 4. Democratizzazione del potere esecutivo + ovvero la fissazione delle regole che ancorano l’esistenza di un governo legittimo ad un organico principio di scelta elettorale. I fattori determinanti per il superamento delle soglie storiche disegnate da Rokkan sono: a) I tempi di consolidamento territoriale di un dato paese b) L'esistenza di tradizioni di rappresentanza premoderna che avevano fatto una differenza “a monte”, determinando la reputazione e l’efficacia delle istituzioni rappresentative c) L’indipendenza più o meno antica delle istituzioni nazionali, elemento che differenziava la storia dei paesi europei in modo evidente d) Lo status internazionale di un dato paese, emerso nella storia prima con i fenomeni del mercantilismo e poi con il colonialismo e) I rapporti di forza tra paese dominante e subordinato. Il lavoro di Rokkan era interamente focalizzato sulla spiegazione della ricca diversità presente nella storia dello Stato-nazione, tenendo assieme gli elementi fondamentali della teoria weberiana (incentrata sul ruolo delle culture etnoreligiose nel vecchio continente) con le teorie più recenti basate sulla nozione di cittadinanza, che collegavano l’estensione e il perfezionamento dello status di cittadino alle capacità di intervento necessarie per ridurre la diseguaglianza e intervenire positivamente sulla società. Mutamento dei regimi e dinamiche di democratizzazione. Mancato consolidamento e crisi democratica nella prima metà del XX secolo. Il processo di prima democratizzazione ha presentato un’estrema variabilità, non solo nei tempi ma anche negli esiti. Consolidamento democratico è Morlino. il consolidamento democratico è il processo di formazione delle strutture democratiche nei suoi caratteri essenziali e di adattamento in quelli secondari, innescato anche dal trascorrere del tempo. La sua prima componente logica è la legittimazione + cioè la messa in opera e mantenimento del compromesso democratico, ovvero il modo in cui viene accresciuta, mantenuta e ricreata la legittimazione democratica. Questo processo non è né lineare né facilmente prevedibile. Nei primi vent'anni del XX secolo gran parte dei paesi europei aveva sperimentato un processo di democratizzazione. L’unica parziale eccezione è la Russia 3 che passò da un regime ancora arcaico alla dittatura del proletariato nella versione leninista, che aprì la strada al totalitarismo staliniano. Nei regimi europei di stampo liberale il destino del consolidamento democratico ha portato a 2 esiti opposti: 26. Continuità democratica 27. Crollo della democrazia Il caso italiano ha portato ad un esempio di crollo di democrazia (vicende italiane tra il 1918 e l’avvento del fascismo) ANCORAGGIO DEMOCRATICO Alla fase della legittimazione segue una più complessa serie di meccanismi che Morlino ha denominato “ancoraggio democratico” Teoria dell’ancoraggio > quanto minore è la legittimità goduta da un certo assetto democratico, tanto più forti e sviluppate devono essere una o più ancore, in una o più delle loro diverse forme. E al contrario, se esiste o si sviluppa gradualmente un’ampia legittimazione, allora le ancore possono rimanere deboli e non sono essenziali al consolidamento. Le 4 ancore tipiche sono: 1. Lo sviluppo di una serie di partiti e soggetti politici all’interno di un sistema sufficientemente robusto da non lasciare spazio a nuovi cambiamenti rivoluzionari 2. L’assestamento di un sistema pluralistico costruito su rapporti stabili tra i partiti stessi e gli interessi organizzati 3. Lo sviluppo di un sistematico, ma limitato numero di rapporti clientelari — in cambio di imprenditori, sindacati, stato — di limitate erogazioni di risorse pubbliche 4. Lo sviluppo di una serie di accordi triangolari che consentono la stabilizzazione del regime trovando soluzione in ampi e cruciali settori del policy-making attraverso le pratiche neocorporative. Rinascita democratica e le ONDATE DI DEMOCRATIZZAZIONE. Huntington ha fatto il punto sul successo delle democrazie nei regimi contemporanei, avanzando alcune spiegazioni circa la natura e la tempistica delle ondate che hanno caratterizzato l’allargamento dell’area interessata a questo fenomeno. Tali ondate possono essere riassunte come: 1. Prima ondata: 1820/1929 circa. Il periodo interessato a quest’ondata è compreso nei 100 anni che vanno dai primi moti democratici degli anni del XIX secolo alla Grande depressione. Si tratta della trasformazione democratica collegata alla modernizzazione e alla rivoluzione industriale, che ha interessato praticamente tutto l’emisfero nord-occidentale, sia pure con tempi differenti, diversi casi di crisi e periodi di riflusso. 2. Seconda ondata: 1943/1962. Questa ondata si sarebbe collegata essenzialmente a fattori di ordine politico e militare, quindi alla trasformazione di una serie di paesi (principalmente europei, ma anche latinoamericani ed ex colonie) con la fine di una serie di esperienze dittatoriali ed autoritarie. 3. Terza ondata: 1974/... iniziò durante la fase delicata di riorganizzazione su sacala globale delle democrazie, impegnate allora a superare la crisi fiscale attraverso la globalizzazione economica e il consolidamento di varie organizzazioni sovranazionali. A seguito di questa ondata, molti regimi del terzo e quarto mondo, legati proprio ai processi di globalizzazione, avrebbero aperto una nuova prospettiva democratica, portando appunto il numero delle democrazie a un livello mai raggiunto prima. In questa ondata ha giocato un ruolo fondamentale il crollo dei regimi comunisti legati all’ex URSS, molti dei quali hanno attraversato un rapido processo di nuova democratizzazione. La legittimità serve a “umanizzare e addolcire” le relazioni tra gli individui e chi detiene il potere politico. Il sistema politico per Farneti. In un sistema politico complesso quale quello che si forma nel corso dello sviluppo della società industriale e dell’avvento del potere in una borghesia prima indipendente e poi in larga parte manageriale, si possono distinguere tre strutture portanti della realtà politica: 1. La società civile + per società civile si intendono i rapporti di potere di fatto — potere dell’uomo sull’uomo — per l’approvazione, riproduzione e distribuzione di risorse. Anche rapporti di intimità e solidarietà propri della struttura familiare e associativa 2. La società politica 3 raccoglie tutto ciò che è espressione di volontà politica non statuale: si pone come concorrente al monopolio del politico da parte dello Stato. 3. Le istituzioni 3 sono forse il complesso più eterogeneo delle tre sfere e di indagine che abbiamo individuato. Si trovano nella sfera istituzionale la burocrazia centrale e locale, la magistratura e l’esercito. Cap. 10: PROCESSI DECISIONALI e POLITICHE PUBBLICHE Processi decisionali. Decidere deriva dal latino “de-caedere”, cioè tagliar via. La decisione in quanto tale è la punta dell’iceberg, che cela un complesso intreccio di azioni e interazioni che necessita di essere ordinato descritto e spiegato. Qui viene in aiuto l’analisi delle politiche pubbliche che concettualizza la politica in azione come politica pubblica. Di certo, le politiche pubbliche non sono leggi, non sono procedimenti amministrativi, non sono decisioni: anche se è ovvio che gli attori di policy prendano decisioni, le politiche sono qualcosa di più grande, di più articolato di una decisione singola o di un insieme di decisioni. Vi sono dei punti in positivo su cui, vi è una sufficiente condivisione tra gli studiosi: - In primis, il fatto che le politiche sono caratterizzate da un’intenzionalità perseguita dagli attori coinvolti, che sono i veri protagonisti delle politiche - In secondo luogo, le politiche sono un fenomeno dinamico e processuale, che si sviluppa nel tempo. Questi 3 elementi (attori, intenzionalità e dinamicità) sono stati utilizzati nelle proposte di definizione avanzate in letteratura. Per ordinare questa varietà è utile dividere le definizioni in due tipi a) Ristrette: che focalizzano quindi l’attenzione sul ruolo del governo o comunque su quello dell’autorità pubblica. 3 Le definizioni ristrette riconducono la politica pubblica ad una prospettiva tradizionale, intendendola come un fenomeno molto simile alla decisione politica o comunque all’attività processuale degli attori pubblici. Si tratta di una prospettiva assolutamente legittima e utile che, però, non consente di cogliere alcuni aspetti decisivi dei processi decisionali (es. quali attori partecipano, quali interazioni sussistono tra gli attori, quali le poste in gioco) Definizioni “ristrette” di politica pubblica: - Ogni cosa che i governi scelgono di fare o non fare - Deliberata coercizione, cioè un insieme di statuizioni finalizzate a fissare i propositi, i mezzi, i soggetti e gli oggetti della coercizione - Il prodotto dell’attività di un’autorità dotata di potere politico e legittimità a governare. b) Ampie: che mirano a includere maggiore variabilità di attori ed eventi. 3 Le definizioni ampie di politica pubblica consentono di includere una pluralità di dimensioni e di elementi rilevanti per un processo decisionale. Si tratta di definizioni che non solo assumono una dinamica processuale delle decisioni di policy, ma anche la presenza di una pluralità di attori che agiscono col fine di risolvere problemi collettivi o percepiti come tali. Le definizioni ampie di politica pubblica consentono una visione più realista dei processi decisionali, perché cercano di comprendere come si intersecano nella quotidianità della loro dinamica la ricerca del potere con l’attività di decifrazione della realtà al fine di dare certezze alla collettività. Definizioni “ampie” di politica pubblica: - Un corso di azione intenzionale di una persona, gruppo o governo all’interno di un dato ambiente che presenta opportunità e vincoli che la policy si ripromette di utilizzare e superare nello sforzo di raggiungere un fine o realizzare un obiettivo o un’intenzione. - Un particolare oggetto o gamma di oggetti che sono intesi concernere un desiderato corso di eventi, una selezionata linea di azione, una dichiarazione di intenti e una implementazione degli intenti - L’insieme delle azioni compiute da un insieme di soggetti, che siano in qualche modo correlate alla soluzione di un problema collettivo — e cioè, un bisogno, un’opportunità o una domanda insoddisfatta — che sia generalmente considerato di interesse pubblico. Traendo origine dalla proposta di Lasswell di ordinare funzionalmente le attività che si manifestano nel corso dei processi di policy, gli studiosi delle politiche pubbliche hanno disegnato una modellistica finalizzata ad ordinare la complessità di tali processi: Queste proposte suddividono le dinamiche processuali delle policies in alcune fasi: - La costruzione dell’agenda > che comprende l’emergere del problema, la sua definizione e il suo inserimento nell’agenda; - La formulazione del programma di policy > fase in cui, dopo aver considerato le alternative possibili, la decisione viene presa; - L’implementazione del programma statuito; - La valutazione; - L’eventuale estinzione della politica stessa. La formazione dell’agenda. La fase di formazione dell’agenda ha un ruolo centrale nell'analisi delle politiche pubbliche. È infatti proprio nella costruzione dell’agenda che si struttura quella selezione delle alternative che è lo strumento supremo per l’esercizio del potere. La strategicità dell'agenda setting risiede nel fatto che la posta in gioco delle dinamiche che si manifestano in questa fase è costituita proprio dal decidere ciò su cui si deve decidere. La struttura dell’agenda setting. È opportuno distinguere tra agenda sistemica, agenda istituzionale e agenda decisionale. 1. Agenda sistemica > insieme delle questioni che una comunità politica ritiene meritevoli, seppur con diversa variabilità e variabile intensità, di una qualche attenzione. 2. Agenda istituzionale > insieme dei problemi, chiaramente definiti, che vengono tenuti in esplicita considerazione dagli attori decisionali. 3. Agenda decisionale > insieme dei problemi sui quali gli attori preposti alle decisioni agiscono attivamente al fine di prendere una decisione. Il movimento dall’agenda sistemica all’agenda decisionale, passando per quella istituzionale, è fortemente influenzato dalle caratteristiche del sistema politico- istituzionale, dalla cultura politica di un determinato paese, dalla contingenza storica e dalla capacità degli attori di perseguire i propri obiettivi pro o contro l’emergere di una questione rispetto a un’altra. La dinamica dell’agenda setting. Neanche gli assunti di incertezza cognitiva e di sequenzialità nella definizione delle soluzioni proposti dal modello cognitivo riescono a risolvere il problema fondamentale dei modelli razionali, cioè l'assunto di unitarietà del decisore. Si tratta di un problema teorico di non poco conto, laddove nei processi decisionali la differenza delle preferenze degli attori, spesso configgenti tra loro, e le divergenze logiche di azione appaiono di strutturale evidenza. Proprio per risolvere questo strutturale problema dei processi decisionali, sono stati proposti dagli altri due modelli decisionali: il modello incrementale > si basa sul fatto che i processi decisionali siano caratterizzati dall’interdipendenza di una pluralità di attori partigiani (cioè portatori di specifici interessi e visioni del mondo). La natura partigiana degli attori è fonte intrinseca di un potenziale conflitto che in qualche modo gli attori stessi devono risolvere mediante la negoziazione e la contrattazione. La possibile asimmetria delle risorse rende la negoziazione più o meno complessa/vantaggiosa per un attore rispetto all’altro. (es: negoziazioni tra partner di una coalizione di governo, negoziazione tra governi a livello di UE). Il modello incrementale coglie la natura fortemente politica dei processi decisionali e il suo intrinseco pluralismo partigiano. La decisione politica, in questa logica, non può che essere il prodotto del compromesso o della contrattazione tra una pluralità di attori e pertanto non può che basarsi su un accordo partigiano. il modello del bidone della spazzatura > offre una prospettiva radicalmente diversa dai tre precedenti. Esso, infatti, si basa sull’assunto di una sostanziale irrazionalità dei processi decisionali stessi. Essi, secondo il garbage can model, sono caratterizzati da una significativa aleatorietà della partecipazione degli attori dell’area decisionale, dalla rottura della logica “definisco il problema e trovo la soluzione” > le soluzioni preesistono ai problemi e anzi aiutano a definirli. Si tratta di un modello decisionale che assume la sostanziale “casualità” dei processi decisionali e del contenuto della decisione politica. È un modello che enfatizza come l’azione e le preferenze degli attori decisionali siano intrinsecamente fluttuanti e incerte se non ancorate a valori e pratiche istituzionalizzate. b) Il contesto politico-istituzionale > il processo formulativo che porta alla formalizzazione di una decisione politica si dipana all’interno di uno specifico contesto politico-istituzionale che ne influenza la dinamica. Caratteristiche come la forma di Stato, la forma di governo, la struttura e la dinamica dei sistemi di partiti, i cleavages persistenti, costituiscono il contesto sistemico all’interno del quale la dinamica decisionale si sviluppa. Le diverse strutture dei sistemi politico-istituzionali incalano i processi decisionali rendendo più o meno possibili alcune configurazioni. Due concetti possono catturare l’influenza aggregata dei fattori politico- istituzionali: 1. la teoria dei veto players individua le capacità di un attore di bloccare qualsiasi cambiamento perseguito in un processo decisionale. Ciò significa che nella dinamica decisionale quanto più numeroso sarà il novero degli attori capaci di azioni efficaci di veto, tanto più probabile che il processo si concluderà o con un nulla di fatto o con un incrementalismo minimo. 2. il concetto di policy stile cerca di cogliere l’influenza del contesto politico-istituzionale costruendo una tipologia basata sull’attitudine dei governi ad avere una propensione ad anticipare i problemi o a reagire a essi sulle caratteristiche delle loro relazioni con gli altri attori di policy. È un concetto utile per cogliere il modo in cui le decisioni vengono prese in un determinato contesto politico. c) La posta in gioco > le caratteristiche della posta in gioco influenzano fortemente la dinamica della formulazione della decisione: è utile immaginare la dinamica decisionale come un’arena in cui gli attori si muovono perseguendo dei vantaggi. Le caratteristiche dell’arena decisionale strutturano le caratteristiche della posta in gioco, quindi il comportamento degli attori > le caratteristiche delle situazioni decisionali individuano i vantaggi e gli svantaggi che gli attori partecipanti possono ottenere. L’analisi della posta in gioco può essere sviluppata primariamente attraverso 3 approcci teorici: 1. L’approccio tipologico > risale ai contributi di Lowi, il quale assume che le caratteristiche della policy in gioco determinino quali attori siano i protagonisti del processo decisionale, quali siano le loro relazioni e ovviamente quale sia il contenuto della decisione. La proposta tipologica di Lowi si basa sulla dicotomizzazione del criterio fondante la sua definizione di “politica pubblica”: la coercizione. Il prodotto di questo esercizio classificatorio è la quadripartizione delle politiche in: - distributive, quelle in cui gli attori partecipanti ottengono tutti qualche vantaggio - redistributive, spostano benefici e spettanze da un macrogruppo sociale ad un altro - regolative, mirano a modificare il comportamento degli individui/gli specifici attori collettivi/gruppi di interesse mediante obblighi e sanzioni; - costituenti, quelle che stabiliscono le regole del gioco di un determinato settore di politica pubblica. 2. La teoria dei giochi > rileva sottolineare come i diversi possibili schemi di gioco decisionale si basino sulla percezione degli attori, cioè a seconda che essi reputino che il gioco sia a somma positiva o a somma zero. Nel primo caso gli attori tenderanno a collaborare (avendo la certezza di ottenere dei vantaggi), nel secondo caso a confliggere (poiché per ottenere dei vantaggi dovranno arrecare degli svantaggi ad altri attori.) 3. L’analisi relazional-istituzionale > in questo approccio le caratteristiche della posta in gioco — e quindi delle possibili logiche di azione degli attori — sono strutturate da un complesso insieme di fattori (le decisioni prese precedentemente, le caratteristiche del bene in gioco, le regole istituzionali, le caratteristiche culturali/sociali/economiche della comunità di riferimento). Si tratta di un approccio molto articolato che, sostanzialmente, assume come la situazione decisionale sia fortemente prestrutturata e, pertanto, vincoli gli attori decisionali in modo fortemente costrittivo ad accettare la logica della posta in gioco. Il contenuto della decisione. Ma cosa si decide quando si decide? Si decide come cercare di raggiungere degli obiettivi politici individuando strategie di politica pubblica. Le strategie di policy > sono costrutti teorici mediante i quali alcuni valori di fondo dei decisori vengono perseguiti attraverso la scelta di una specifica definizione del problema e specifici strumenti di politica pubblica. Uno strumento di policy > è un metodo o meccanismo mediante cui viene indirizzata l’azione collettiva al fine di raggiungere un effetto desiderato. Hood ha individuato 4 tipi generali di strumenti: a) Nodality b) Authority c) Treasury d) Organization + L’implementazione è l’insieme delle azioni dirette al raggiungimento di obiettivi posti da precedenti decisioni di policy. Processi decisionali tra GOVERNMENT e GOVERNANCE: 28) Metodi e strumenti della ricerca. Nella formulazione di un’ipotesi o nella verifica di una teoria è necessario decidere quanti casi studiare e come. Bisogna innanzitutto distinguere tra analisi che mirano a spiegare un singolo evento e analisi che spiegano una classe di eventi. Successivamente, bisogna porci in un’ottica prospettiva o retrospettiva. Si può distinguere tra variabili dipendenti, indipendenti, intervenienti e di contesto. 1) Variabile dipendente. Si chiama variabile dipendente il fenomeno o evento che intendiamo spiegare (y) 2) Variabile indipendente. Sono variabili indipendenti (x1,x2....xn) quelle condizioni o circostanze che, separatamente o congiuntamente, determinano il verificarsi dell’evento che vogliamo spiegare. Queste variabili saranno effettivamente indipendenti se il verificarsi dell’una è indipendente dal verificarsi dell’altra. 3) Variabile interveniente. Sono variabili intervenienti quelle variabili che alterano l’intensità o addirittura il segno delle altre variabili indipendenti. 4) Variabile di contesto. Sono variabili di contesto quelle variabili che definiscono le circostanze in cui l’analisi comparata ha luogo. 29) Metodo comparato. Metodo statistico. Metodi qualitativi e quantitativi. Il numero di variabili indipendenti potenzialmente rilevanti e il numero di casi di cui si dispone determinano insieme il tipo di strategia di analisi da utilizzare. Se il numero delle variabili indipendenti rimane inferiore al numero dei casi di studio, potremo scegliere se utilizzare il metodo comparato (qualitativo) oppure il metodo statistico (quantitativo). Ovviamente, più crescono le variabili e i casi (+ di 5 casi) più dovremo utilizzare il metodo statistico, perché non potremmo più gestire qualitativamente i dati. 1. Metodo comparato. QUAL Lijphart. Si basa su una selezione giudiziosa dei casi: per limitare il numero potenzialmente elevatissimo di variabili indipendenti, è possibile selezionare i casi in modo da “controllare” alcune variabili indipendenti, cioè non farle variare. I risultati di questa strategia di analisi sono significativi ma non possiamo attribuire un valoro alla loro validità. Per esempio. Per spiegare la forza elettorale del PCI in Italia nel secondo dopoguerra, si potrebbe scegliere di comparare l’Italia ad un paese come la Francia, che condivide molte sue caratteristiche. In questo modo molte variabili indipendenti non varieranno nei due casi (come ad es. il rapporto tra PCI e PSI) e quindi potremmo sperare di isolare quelle pochissime variabili indipendenti che possano spiegare il diverso radicamento dei due partiti comunisti come misurati. Genera risultati significativi, perché le nostre conoscenze dei casi sono approfondite 2. Metodo statistico. QUANT Bisogna studiare un numero ben più alto di casi. Cioè avremmo dovuto analizzare un numero maggiore di partiti comunisti (es.) e di sue possibili determinanti. Avremmo anche dovuto necessariamente includere nel nostro campione sistemi politici molto diversi fra loro e avremmo dovuto raccogliere dati su molte variabili. Le procedure statistiche ci permettono di attribuire un valore all’effetto di ciascuna variabile indipendente sulla variabile dipendente. Genera risultati affidabili, perché i dati su cui poggiano sono molti e le procedure con cui vengono elaborati sono rigorose. 33) MULTILEVEL GOVERNANCE cap XI La nozione di governance multilivello ci dice che il modo in cui i problemi e le politiche gestite è fluido e comporta il coinvolgimento di più livelli di governo — sovranazionale, nazionale e subnazionale — così come della società civile organizzata anch'essa a vari livelli — locale, nazionale e transnazionale. Il modello di governance multilivello è caratterizzato dalla interazione di soggetti pubblici nazionali e sovranazionali e dalla frequente partecipazione o coinvolgimento di istituzioni finanziarie dallo status giuridico disparato (banche centrali, sistema delle banche centrali, enti erogatori, istituti di rating, etc.) che incidono sulle scelte politiche (sia in sede di elaborazione normativa che in sede esecutiva). L’impatto sul territorio dei processi di governance multilivello è sempre più rilevante, condizionando a fondo le dinamiche economiche territoriali ed incidendo su scelte una volta demandate ad organi politici con maggiore connessione con il livello locale. Ma è la nozione stessa di territorio a risultarne modificata, oltre al suo legame con i soggetti che lo abitano I processi di governance fanno essenzialmente riferimento a poteri attribuiti dagli stati nazionali alle organizzazioni sovranazionali ed a complessi meccanismi di individuazione ed allocazione delle competenze sovrane nei quali un ruolo sempre maggiore viene assunto dalle Corti supreme, dai Tribunali costituzionali, dalle giurisdizioni sovranazionali e dagli organismi arbitrali, per restare a logiche di tipo giurisdizionale oltre che a istituzioni economiche e finanziarie, sia con status pubblicistico che, financo, privatistico. DIFFERENZE TRA GOVERNMENT E GOVERNANCE Government + sistema di governo di un paese Governance + insieme dei processi e degli assetti istituzionalizzati mediante i quali le decisioni sono formulate e implementate. Approfondimento alcuni termini trovati nel testo: 31) Polity. Politics e policy La scienza politica è la disciplina che studia i fenomeni politici al fine di comprenderne la natura e spiegarli mediante l’adozione delle metodologie proprie delle scienze empiriche. Polity = definizione dell’identità e dei confini della comunità politica organizzata. La polity è la definizione dell’identità e dei confini di una comunità politica. Una comunità politica non ha dimensione definita e immutabile, bensì variabile nel tempo anche se più lentamente di altri aspetti della politica. L’aspetto dei confini ha influenza diretta sulla polity 3 se cambia il territorio cambia anche la comunità politica, ma la polity comprende anche le strutture e i processi di mantenimento e cambiamento della comunità. Lo stato nazionale è una forma di polity che consente il controllo centralizzato di ampi territori, ma esistono anche polities multinazionali (ad es. l’impero austro-ungarico o l’attuale Svizzera.) Politics = insieme delle architetture del potere, dei processi e degli attori. Problema del potere e delle istituzioni: è il principale aspetto dello studio della politica, l’analisi della sfera del potere. Cioè la natura del potere, la sua legittimazione e il modo di utilizzarlo. Chi lo detiene e come si stabilisce chi ne è il titolare, il problema di come viene esercitato e limitato Policy = decisioni, provvedimenti che interessano individui, gruppi o interi settori della società. Soluzione dei problemi (problem-solving collettivo) Politica nella società: si tratta dei programmi d’azione, proposti dagli attori politici e decisi nelle sedi politiche, i cui effetti influiscono sulla vita quotidiana dei cittadini. In questo modo la politica mostra il suo aspetto di governo, cioè il modo di affrontare e risolvere i problemi della comunità, dirigendosi verso l’esterno. Si può dire che le policies sono il prodotto della politica.
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