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Domande/Risposte Economia e Gestione PG A-L, Schemi e mappe concettuali di Economia e Gestione Delle Imprese

Nel file ci sono tutte le possibili domande dell'esame di Economia e Gestione sezione A-L ed M-Z; tutti i contenuti sono riferiti al libro del 2022. Voto esame studiando da questo file: 30

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

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Scarica Domande/Risposte Economia e Gestione PG A-L e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Economia e Gestione Delle Imprese solo su Docsity! DOMANDE EGI CAPITOLO 2 - Quali sono i fattori che creano la varietà delle imprese? La diversità delle imprese è influenzata da due tipi di fattori, quelli esogeni e quelli endogeni. I fattori esogeni, sono un insieme di variabili che influenzano l’impresa dall’esterno, mentre i fattori endogeni sono un insieme di variabili che influenzano l’impresa dall’interno. I fattori esogeni fanno riferimento, ad esempio, al contesto istituzionale in cui l’impresa si trova, alle regolamentazioni statali a cui è sottoposta, alla posizione geografica in cui è posizionata. I fattori endogeni fanno riferimento alle circostanze riferibili alle modalità interne relative ai modelli proprietari, alle risorse e alle competenze accumulate storicamente dall’impresa. - Cosa è il paradigma strutturalista? Il paradigma strutturalista tende a spiegare la competitività dell’impresa in funzione dell’ecosistema esterno in cui essa è collocata. L’impresa è inserita in un ecosistema composto dagli stakeholders, cioè tutti i soggetti interessati e comunicanti con l’attività dell’impresa. L’impresa intraprende varie relazioni con l’ecosistema, che di dividono in relazioni formali o informali, relazioni unilaterali o plurilaterali, relazioni con conseguenze intense o deboli, relazioni cooperative o competitive. Perciò il paradigma strutturalista incide fortemente sull’attività e sulla strategia dell’impresa. Ci sono inoltre due contesti che differenziano le imprese dall’esterno, cioè l’ecosistema localizzativo e l’ecosistema settoriale. L’ecosistema localizzativo condiziona l’attività e lo sviluppo dell’impresa tramite il contesto nazionale e territoriale di riferimento. L’ecosistema settoriale influenza l’impresa tramite la diversità dei settori. - Descrivi il capitalismo anglosassone È caratterizzato da: 1) Il ruolo della borsa valori: il mercato azionario costituisce un perno fondamentale per questo capitalismo; esso ha le funzioni di: finanziare con capitale di rischio le imprese, monitorare il loro comportamento, trasferire la proprietà dell’impresa ai vari azionisti. L’obiettivo principale per le imprese, quindi, è quello di quotarsi in borsa. 2) La flessibilità del mercato del lavoro: le imprese sono capaci di assumere e licenziare i dipendenti senza particolari oneri; la liquidazione dei dipendenti non rappresenta un fatto drammatico a livello sociale, a differenza di altri capitalismi. Questo permette alle nuove imprese che hanno un elevato livello di incertezza, di avere minori barriere ad assumere i dipendenti. 3) Il ruolo della concorrenza tra imprese: si tende a promuovere la concorrenza tra le imprese, attraverso la legge antitrust, varata negli U.S.A. alle fine dell’800. Per tutelare i consumatori, sono previste le class action, cioè cause giudiziali collettive contro le imprese che violano la concorrenza o altre normative. 4) Il ruolo della R&S militare: la R&S finanziata del governo federale contribuisce a sviluppare nuove tecnologie avanzate che ricadono ovviamente anche in ambito civile. - Descrivi il capitalismo tedesco Il capitalismo tedesco è caratterizzato da: 1) L’importanza dei settori manufatturieri: esistono dei settori scale intensive, quali l’automobilistico, la chimica, la metallurgia e la meccanica. In questi settori ci sono imprese operanti a livello globale e internazionale, con grandi dimensioni. 2) La centralità della ricerca scientifica a favore dei settori scale intensive: sono presenti i cosiddetti Fraunhofer (laboratori di ricerca), che sviluppano continuamente nuove tecnologie inerenti ai settori scale intensive, per continuare il processo di innovazione in questi settori già rafforzati. 3) La rilevanza, negli organi decisionali delle grandi imprese, delle rappresentanze dei lavoratori: nelle grandi imprese sono presenti i consigli di sorveglianza, costituiti da rappresentanze dei lavoratori, capaci di influenzare le decisioni aziendali, diminuendo la conflittualità con gli organi manageriali. 4) La presenza di banche miste: ci sono banche che erogano credito a favore delle imprese, ma puntano a diventare anche loro azionisti, instaurando forti legami tra banca e impresa manifatturiera. - Descrivi il capitalismo francese È caratterizzato da queste caratteristiche: 1) Il ruolo dello stato nel perseguimento di progetti nazionali di sviluppo industriale: lo stato francese ha promosso importanti iniziative tramite ingenti investimenti pluriennali finalizzati a favorire la creazione di importanti competenze in nuovi campi manifatturieri, creando reti di imprese. 2) Il ruolo dello stato nell’economia tramite la proprietà di imprese operanti in settori strategici: lo stato possiede numerose partecipazioni nel settore dei trasporti e telecomunicazioni. 3) Il ruolo dello stato del proteggere gli assetti proprietari nazionali: il governo francese ha costituito un fondo per finanziare il capitale delle imprese, al fine di evitare l’acquisto di quest’ultime da parte di altre imprese estere. - Descrivi il capitalismo italiano È caratterizzato da: 1) Una specializzazione manufatturiera nei settori tradizionali: c’è una concertazione di risorse e competenze nel settore alimentare, tessile, abbigliamento, calzaturiero, orafo, mobile e ceramico; 2) Dimensione medio piccola delle imprese: il 95% delle imprese è composta da meno di 10 addetti, spesso legati da rapporti di parentela. 3) Un soggetto proprietario delle imprese concentrato, e molto spesso coincidente ad un nucleo familiare: è diffusissima la presenza delle imprese familiari, in cui il socio fondatore è il primo azionista, affiancato dal proprio nucleo familiare. 4) Una specifica regolamentazione bancaria: le banche non hanno partecipazioni nei capitali di rischio delle imprese; quindi, non è diffuso il fenomeno delle banche miste. 5) Un’agglomerazione di piccole imprese nei distretti industriali: nel nord-est e nel centro Italia sono diffusi i distretti industriali, cioè agglomerazioni di molte PM imprese, ciascuna specializzata in una fase della produzione, ma tutte appartenenti alla medesima filiera. 6) Un basso livello di R&S: le imprese industriali e manifatturiere si caratterizzano per ricerche sul design, sulla creatività e sullo stile. Rilevanti innovazioni tecnologiche non vengono sviluppate. - Parla dei distretti industriali I distretti industriali sono delle agglomerazioni di numerose piccole medie imprese, ciascuna specializzata in una fase della lavorazione di un prodotto, ma appartenenti tutte alla stessa filiera manifatturiera. Essi si sviluppano nel nord-est e nel centro Italia, dove non sono presenti grandi imprese come nel nord ovest, o dove non c’è industrializzazione come nel sud. Le caratteristiche principali sono: 1) La complementarità produttiva: la presenza di tante imprese di piccole dimensioni specializzate nella produzione di componenti o nella realizzazione di lavorazioni finalizzate alla produzione di un bene manifatturiero. Ci sono però regole e vincoli che influenzano la libertà dei manager; l’impresa deve assicurare un minimo di utili per distribuire i dividendi e un cash flow di risparmio per l’autofinanziamento degli investimenti. Se i profitti sono bassi, i manager perdono la loro reputazione e la loro autonomia, sino a rischiare la loro sostituzione; quindi, nelle grandi imprese manageriali i manager tenderanno ad evitare le perdite anziché massimizzare i profitti. - Descrivi l’impresa pubblica Essa si caratterizza per avere, nel suo nucleo proprietario, soggetti istituzionali; l’azionista pubblico è in grado di influenzare largamente le decisioni aziendali, detenendo la maggior parte delle azioni/quote. L’esistenza delle imprese pubbliche è presente a causa delle seguenti motivazioni: ● In alcuni settori, caratterizzati da ingenti perdite economiche, le imprese private non intraprendono investimenti, di conseguenza l’impresa pubblica svolge questo compito sostituendosi ai privati ● In settori, dove i saggi strutturali di profitto sono limitati, e i payback time degli investimenti molto estesi, dove i privati non trovano abbastanza redditività. ● Quando in alcuni mercati si creano i monopoli naturali, cioè dove c’è spazio per una sola impresa; per evitare i monopoli privati che diminuiscono la qualità del prodotto, l’impresa pubblica diventa necessaria. ● Dove sono presenti delle diseconomie esterne, che rappresentano degli svantaggi per le imprese private, l’impresa pubblica è l’unica soluzione per evitare tali dinamiche. ● La presenza dell’impresa pubblica trova giustificazione politica; in settori strategici è necessaria per salvaguardare l’obiettivo economico del settore stesso. Inoltre tramite le imprese pubbliche lo stato e i partiti, trovano il modo per inserire il proprio personale all’interno dell’organizzazione d’impresa La finalità dell’impresa pubblica generalmente è il benessere sociale; in un contesto più ampio il benessere sociale è una finalità difficile da operazionalizzare. Sul piano della governance, in una democrazia, la nomina degli amministratori spetta al governo legittimamente eletto. Molto spesso il ruolo dei top manager è ricoperto da individui eletti con il criterio della fedeltà politica, e non secondo le capacità tecniche-manageriali dell’individuo. Per questa motivazione, i risultati economici dell’impresa pubblica possono discostarsi da quelli prestabiliti. Tutto ciò conduce ad una inefficienza di funzionamento dell’impresa pubblica, dovuta a strategie non corrette, ad una scelta inefficacie dei fornitori ecc. - Descrivi l’impresa cooperativa Le cooperative possono assumere varie articolazioni, ma la più rilevante è quella delle cooperative di lavoro. La finalità economica di queste cooperative è quella di tipo mutualistico, cioè quella di offrire le migliori condizioni di lavoro ai soci-lavoratori; perciò, i soci avranno maggiori vantaggi rispetto ad un altro tipo di impresa operante nello stesso settore. I lavoratori offrono la loro attività (il lavoro) e ricevono in cambio un’utilità economica, il diritto di voto nelle decisioni aziendali a prescindere dalle quote versate. Le conseguenze strategiche legate alla cooperativa sono: ● Gli investimenti nella labour saving: esse non tendono ad investire su processi di automazione che limitano il lavoro umano dei soci; ● L’indebitamento è maggiore rispetto ad altri tipi di organizzazione, a parità di capitale investito, ● Ristrutturazione basata sulla riduzione del monte ore per socio-lavoratore ● I costi per il monitoraggio sono minori, in quanto ogni lavoratore è monitor di se stesso e anche degli altri soci. - Descrivi le organizzazioni no-profit Esse sono composte da diverse tipologie di quali fondazioni, associazioni, organizzazioni non governative. Svolgono attività non economiche in settori come lo sport, cultura, educazione ecc. Le organizzazioni no profit erogano beni o servizi dai quali traggono specifici ricavi destinati a coprire i costi, generando un maggior benessere sociale e collettivo. Questa finalità non coincide con quella mutualistica, in quanto i beneficiari dell’attività non sono solo i soci, ma l’intera comunità alla quale è rivolto il servizio. Esse sono finanziate da donatori o volontari, tramite apposite raccolte fondi. Le organizzazioni no profit devono avere un certo livello di redditività nel m-l periodo, almeno per coprire i costi dell’attività svolta. L’unico vincolo è che i ricavi non devono direttamente remunerare i promotori dell’organizzazione. - Cosa è il paradigma della resource-based theory? La resource-based theory crea un nesso tra, da un alto, le risorse, le conoscenze, le capacità e le competenze storicamente maturate dall’impresa e, dall’altro, i suoi comportamenti strategici. Le risorse dell’impresa sono costituite da beni tangibili (fisicamente verificabili), che non creano varietà di imprese in quanto sono accessibili a tutti, e beni intangibili (conoscenze, competenze ecc..), che costituiscono un carattere di specificità dell’impresa. La conoscenza appartiene ai singoli individui, ma con schemi e procedure, può essere trasmessa a tutti e diventare patrimonio dell’impresa. La conoscenza può essere esplicita, cioè basata tu fatti ed esplicitabile in dati che si possono trasferire attraverso strumenti come i libri, e può essere tacita, cioè non esprimibile con dati e non trasferibile con i normali mezzi di apprendimento, in quanto, appartiene all’individuo (es. l’esperienza). Un aspetto fondamentale riguarda i processi di creazione di conoscenza organizzativa tramite l’interazione fra quella tacita e quella esplicita. Un modello definito a spirale facilita la crescita virtuosa della conoscenza; La capacità è data dalla capacità dell'impresa nell’impiegare le risorse che sono state integrate organizzativamente per ottenere un risultato finale desiderato. Le capacità si sviluppano in coerenza con il modello organizzativo scelto; infatti, a volte è necessario modificare i modelli organizzativi per migliorare le capacità dell’impresa. Le competenze chiave sono combinazioni di risorse, conoscenze e capacità al fine di conseguire i vantaggi competitivi firm-specific attribuiti ai prodotti. Così l’impresa dispone di un vantaggio competitivo con 4 caratteristiche: 1) Valuable: ha un valore capace di neutralizzare la concorrenza 2) Rare: ossia non possedute da altre imprese 3) Not replaceable: la non sostituibilità dipende dall’assenza di input equivalenti sul piano strategico 4) Expensive to imitate - Descrivi la grande impresa. La grande impresa è costituita da almeno 250 addetti, oltre 50 milioni di fatturato, o un volume di bilancio di oltre 43 milioni. Nelle grandi imprese il controllo è nelle mani del consiglio di amministrazione integrato con i dirigenti; i manager sono coloro che hanno un rapporto di lavoro dipendente con l’impresa. Ci sono diversi modelli proprietari per la grande impresa: ● Imprese governate da proprietari e manager: sono imprese familiari in cui il capitale sociale e le decisioni sono controllati da un singolo nucleo familiare. ● Imprese con proprietà assenteista: imprese in cui c’è un frazionamento dell’azionariato; mancano gli azionisti di maggioranza, che lasciano la governance ai manager. ● Imprese con proprietà organizzata dai manager: imprese in cui la maggioranza delle partecipazioni è detenuta da fondi di investimento, che condizionano il comportamento dei manager. La grande impresa rivela un’elevata capacità di organizzazione dei fattori produttivi, che si traduce con i grandi investimenti in R&S, nella formazione e nell’acquisizione di capitale. Le grandi imprese hanno anche il potere di influenzare l’ambiente esterno, indirizzando l’orientamento delle altre imprese e dei consumatori; possono anche condizionare le P.A. attraverso la gestione dell’offerta occupazionale. Diverse grandi imprese, negli ultimi anni, si sono unite in gruppi, con un capo manager che aiuta a gestire creatività, innovazione ed espansione delle imprese stesse. Il successo delle grandi imprese è spiegato da alcuni fattori critici: 1) La possibilità di economie di scala a livello di impianto e impresa che realizzano una divisione del lavoro 2) La gestione integrata di più attività di R&S 3) La convenienza ad aumentare il grado di specializzazione 4) La riduzione dei rischi legati all’incertezza di mercato, con la creazione di un mercato interno 5) La possibilità di influenzare il funzionamento del mercato. - Descrivi la piccola impresa Le imprese di piccola dimensione sono quelle con un numero di dipendenti tra 10 e 49, un fatturato tra i 2 e i 10 milioni. Le caratteristiche sono: ● L’assetto istituzionale di matrice imprenditoriale: l’imprenditore fondatore spesso gestisce direttamente l’impresa; c’è quindi coincidenza tra controllo proprietario e gestione dell’impresa. ● L’accentramento dei processi decisionali: i processi decisionali sono nelle mani di pochi individui, controllati strettamente dall’imprenditore capo (se c’è la presenza di manager, molto spesso assenti in queste realtà) ● L’operare in reti di relazione interaziendali: spesso molte piccole imprese concentrate in un’area geografica, sono legate da rapporti imprenditoriali. ● La semplicità della struttura organizzativa: le strutture sono semplici, con organi poco sviluppati e ciò velocizza i processi decisionali - Descrivi le economie di scala. Le economie di scala consistono nella riduzione del costo medio totale causato dall’aumento della scala dimensionale degli impianti; perciò, il rendimento della funzione di produzione cresce all'aumentare della scala di produzione delle attività di trasformazione. Le economie di scala comportano una riduzione dei costi medi totali al crescere della potenzialità produttiva dell’unità economica considerata. Si realizzerà un vantaggio di costo a favore dell’impresa con maggiori dimensioni rispetto ad un'altra di dimensioni ridotte. Le economie di scala relative ad aspetti gestionali fanno riferimento alla riduzione del costo medio totale per effetto della scala dimensionale maggiore relativa al marketing, all’attività finanziaria e al management. Le economie di scala di tipo tecnologico, si riferiscono alla scala dimensionale degli impianti produttivi dell’impresa. Le diseconomie di scala invece, si verificano quando c’è un incremento del costo medio totale associato ad un aumento della scala dimensionale. Le economie di scala possono essere di lungo e di breve periodo, caratterizzate da due tipi di grafici diversi della struttura del costo medio tot: Breve periodo Lungo periodo Nel breve periodo, all’aumentare della scala di produzione, cioè la dimensione dell’impianto, il costo medio totale diminuisce. Ogni curva è la curva dei costi medi totali di ogni impianto (in questo caso 5 impianti); il grafico di b.p permette di trovare la quantità che per ogni impianto lo rende minimo. Unendo tutti i punti minimi degli impianti, si otterrà la curva dell’andamento del costo medio totale di lungo periodo; in Xe c’è la capacità produttiva ottima, dove tale scala permette di ridurre al minimo i costi; questo punto è chiamato dimensione efficiente minima (DEM). Il costo medio totale, nel lungo periodo, dopo aver raggiunto il punto minimo, cioè la scala di produzione + efficiente, può assumere andamenti differenti: ● Può aumentare per scale di produzione superiori a quella efficiente; ci sarà un unico punto di minimo del costo medio tot, e la curva sarà a forma di U. ● Può rimanere costante a tale livello per scale di produzione superiori o multiple di X; l’impianto di capacità ottimale potrà essere ridotto; a tale impianto possono aggiungersi altri impianti uguali; la curva sarà a forma di L. ● Oltre certe soglie dimensionali, si creeranno diseconomie di scala. I fattori che spiegano le economie di scala sono: ● L’esistenza di una soglia minima di impiego di una determinata risorsa produttiva; in certi casi una risorsa può essere usata in una quantità minima non modificabile. ● L’uso ripetitivo di una risorsa produttiva senza oneri aggiuntivi; l’utilizzo di queste risorse, avviene in modo ripetitivo, senza spese. ● Lo sfruttamento del livello di impiego ottimale di risorse combinate, il cui impiego è frazionabile; se un processo produttivo viene realizzato tramite più macchinari aventi capacità produttiva diversa, lo sfruttamento completo di ogni macchinario è la condizione per avere un costo medio unitario minore. Ciò implica la necessità di creare una scala di produzione pari al minimo comune multiplo della capacità produttiva delle singole macchine. ● La dinamica dell'area-volume di certi input produttivi; infatti, il costo per la realizzazione di un impianto, è proporzionale alla superficie di materiale utilizzata, ma il rendimento è collegato al suo volume. ● Forme di autoassicurazione: l’impresa con maggiori dimensioni genera molti eventi statisticamente indipendenti, le cui variazioni generano forme di autoassicurazione. Gli effetti delle economie sono l’aumento del livello di concentrazione di un settore economico, e l’esistenza di barriere all’entrata in un determinato settore. Per quanto riguarda le diseconomie di scala, esse sono causate da: ● Eccessiva burocratizzazione delle attività aziendali ● Numerosità dei livelli gerarchici per coordinare l’attività ● Scarsa motivazione al lavoro dei dipendenti. - Descrivi le economie di gamma Le economie di gamma (economies of scope) consistono nella riduzione del costo medio tot. Per effetto della produzione congiunta, nella stessa impresa, di due o più beni, comparativamente alla loro produzione disgiunta in imprese diverse. c (y1; y2) < c (y1; 0) + c (0; y2) C= costo medio totale; y1 = prodotto 1; y2 = prodotto 2 Dalle economie di scala derivano delle strategie di differenziazione dei prodotti, o una diversificazione dell’offerta. La presenza di economies of scope comporta la presenza di vantaggi di costo derivanti dall’utilizzo di una risorsa in più attività svolte congiuntamente. Attraverso la condivisione di diverse unità di business, si riescono a creare economie di gamma, consentite dalle tecnologie, dalle reti di distribuzione e dalla forza lavoro. Le economie di gamma, dunque, sono risparmi di costo ottenuti da un incremento della varietà dei prodotti. - Descrivi le economie di esperienza Le economie di esperienza consistono nella riduzione del costo medio tot. Per effetto dell’apprendimento che si realizza nei metodi e nei processi di produzione economica di un certo prodotto. La realizzazione ripetuta di uno stesso prodotto consente l’apprendimento di tecniche più efficienti. Tramite questo tipo di economie, la competitività in termini di costo discende dalla natura ripetitiva del corso del tempo di una attività. Qualsiasi impresa, beneficia delle economie di esperienza, a causa della produzione cumulata che realizzano negli anni. Per questo, le economie di esperienza sono uno dei vantaggi assoluti di costo, cioè di una competitività di costo a prescindere dal volume di produzione. Con questa motivazione, per effetto dell’esperienza a parità di ogni altra condizione, un’impresa con una produzione più longeva presenta costi medi totali più bassi rispetto ad un’impresa recente. L’effetto esperienza si ha anche in altre attività, come il marketing, l’amministrazione e la finanza. Le economie di esperienza sono economie interne, che però possono essere alimentate dai rapporti con i fornitori e con i soggetti esterni. Nell’asse delle ascisse è presente il costo medio totale di produzione, nelle ordinate la quantità cumulata di esperienza; il costo aumenta con l’aumentare della produzione e dell’esperienza. La differenza tra Cd e Ca è chiamata differenziale di competitività, che viene generato dall’esperienza. - Descrivi le economie di elasticità Il confronto tra due impianti, può fondarsi anche sulla capacità di reazione dei loro costi medi totali a fronte di una variabilità periodica della domanda dei loro prodotti. Con una domanda molto variabile, conviene dotarsi di un impianto con elevata elasticità produttiva. L’impresa che si dota di un impianto più elastico è in grado di ottenere economie, dette di elasticità, perché le oscillazioni della domanda sono meglio attutite, comportando un minor costo medio totale. La minimizzazione del costo medio tot corrisponde alla quantità prodotta X con l’impianto B; però, con una domanda molto variabile negli intervalli Qx-Y e Qx-Y, l’impianto a ha un costo medio tot minore rispetto a B. - Descrivi le economie di adattabilità Il concetto di adattabilità, è simile a quello di elasticità, ma permette di confrontare due impianti con dimensioni produttive differenti. La variabilità della domanda può far sì che con una dimensione produttiva inferiore sia da preferire rispetto ad un impianto con dimensione produttiva superiore, in virtù delle sue variazioni. ● Istituire delle certificazioni in relazione alla qualità dei prodotti - Descrivi le economie di localizzazione Le economie di localizzazione consistono nella riduzione del costo medio totale da parte dell’impresa, per effetto della sua localizzazione. Dipendono quindi dal contesto localizzativo che può risultare funzionale alle esigenze dell’impresa. Le economie di localizzazioni possono dipendere da: ● La possibilità di beneficiare di contributi pubblici per effetto dell’insediamento in una certa area. ● L’esistenza di un costo del lavoro inferiore rispetto ad altre aree. ● La presenza di minori prescrizioni normative sui temi dell’inquinamento ecc. ● Minori costi della rendita fondiaria ● Minori costi di acquisizione delle materie prime per la vicinanza alle loro fonti di approvvigionamento ● Maggiori competenze e professionalità ● Minori costi logistici ● Maggiori vantaggi connessi all’infrastruttura del territorio ● La maggiore trasparenza della pubblica amministrazione Le diseconomie di localizzazione invece, comportano l’esistenza di aree che non agevolano l’impresa alla riduzione dei costi. CAPITOLO 5 - Descrivi il processo di analisi strategica L’analisi strategica è il processo mediante il quale viene acquisita ed elaborata conoscenza utile per la formulazione delle scelte strategiche. Questo processo è costituito da diverse analisi degli aspetti che caratterizzano l’azienda; si parte con l’analisi della situazione aziendale per rilevare possibili asimmetrie. Si continua con un’analisi esogena ed endogena dell’impresa, per poi passare ad una valutazione culturale dell’azienda, che permette di scegliere i business plan più validi. Si passa poi all’attualizzazione delle strategie ed a un costante controllo delle stesse. Verifica preliminare aziendale Rilevazione asimmetrie Analisi esogena Identificazione startegie potenziali Analisi endogena Definizione alternative strategiche Valutazione culturale e intersoggettiva Scelta business plan Valutazione della fattibilità - Descrivi l’analisi della performance economica La ricchezza economica che crea l’impresa in un certo periodo può essere misurata attraverso il capitale netto o attraverso il capitale economico. Il capitale netto è determinato dalla somma dei conferimenti dei così + utile, perdita degli esercizi, + riserve + prelievi dei proprietari. Esso deriva anche dal totale delle attività meno i debiti totali; questo parametro però ha dei limiti, per cui, è necessario procedere al calcolo del capitale economico. Esso si calcola con la somma dei flussi futuri al netto del valore attuale dei flussi pagati ai finanziatori, cioè la differenza tra valore d’impresa e valore del debito. - Cosa è la matrice del Boston Consulting Group? La matrice del BCG è una delle matrici di portafoglio che forniscono una rappresentazione di sintesi della struttura strategica dell’impresa, per fornire ai manager indicazioni circa le strategie da intraprendere e i criteri di allocazione delle risorse. La matrice BCG permette di classificare in aree strategiche di affari (ASA/SBU); può essere usta per fare un’analisi statica o dinamica. La matrice viene rappresentata con due variabili che misurano il livello di attrattività del mercato e il livello di competitività dell’impresa. L’attrattività è misurata con il tasso di sviluppo del mercato, la competitività con la quota di mercato relativa all’azienda. Il tasso di sviluppo del mercato viene misurato considerando il volume di mercato attuale comparato a quello del periodo precedente (%). La quota di mercato relativa viene calcolata con riferimento al concorrente più pericoloso; è il rapporto tra quota di mercato dell’impresa rispetto alla quota di mercato del concorrente. Da quest’analisi vengono fuori 4 tipi di prodotti: ● Question Mark: area strategica d’affari caratterizzata da uno sviluppo del mercato elevato, ma senza una quota rilevante del mercato stesso. L’incertezza sulla crescita di tali prodotti, li rende rischiosi per l’impresa, che investirà capitali ingenti per il loro sviluppo. Il comportamento consigliato è quello di investirci e sviluppare tali prodotti. ● Prodotti star: hanno una quota di mercato elevata e un tasso di sviluppo alto; generano molta liquidità nel medio-lungo termine. Quando il loro sviluppo decresce, diventeranno cash cow; il consiglio per l’impresa è quello di mantenerli. ● Prodotti cash cow: area strategica d’affari che porta elevati flussi di cassa, ottenuti al prezzo di pochi investimenti in nuove tecnologie; essi però si trovano in un mercato il declino che non ha grandi prospettive. Nonostante ciò, essi sono i prodotti che con grandi cash flow finanziano lo sviluppo degli altri prodotti. ● Prodotti dog: hanno un tasso di sviluppo basso e una quota di mercato bassa; sono gli unici in cui l’azienda dovrebbe disinvestire. - Descrivi la matrice General Electric La matrice General Electric è una delle matrici di portafoglio che forniscono una rappresentazione di sintesi della struttura strategica dell’impresa, per fornire ai manager indicazioni circa le strategie da intraprendere e i criteri di allocazione delle risorse. Essa si basa su una analisi multicriterio; viene costruita impiegando variabili aggregate che sintetizzano i diversi fattori alla base della competitività del business. Questo, tuttavia, rende maggiormente soggettive le valutazioni, creando un limite. I criteri per definire i parametri della matrice sono dunque soggettive e legate alle caratteristiche del settore. Le fasi per la costruzione della matrice sono: ● Individuazione dei fattori più rilevanti per valutare l’attrattività e la competitività ● Valutazione del peso dei vari fattori (da 0 a 1) ● Stima del punteggio da assegnare ai fattori selezionati ● Calcolo del punteggio ponderato Così facendo si ottengono i valori che consentono di individuare la posizione dell’offerta aziendale. - Descrivi la matrice dei vantaggi competitivi La matrice dei vantaggi competitivi è una delle matrici di portafoglio che forniscono una rappresentazione di sintesi della struttura strategica dell’impresa, per fornire ai manager indicazioni circa le strategie da intraprendere e i criteri di allocazione delle risorse. La matrice dei vantaggi competitivi è composta da 4 sezioni fondate su due variabili: redditività, competitività. I valori delle variabili vanno calcolati in relazione al settore, ai concorrenti e al tempo (trend). Il parametro della redditività è espresso dal reddito operativo; la competitività è espressa dalla quota di mercato. Essa è molto utile per delineare i punti di forza e debolezza dell’impresa; infatti, è capace di combinare l’importanza dei criteri decisionali e di performance relative dei singoli concorrenti: i vantaggi competitivi consistono in performances superiori sui criteri di maggiore importanza. - Descrivi la struttura concorrenziale delle 5 forze di Porter: La concorrenza in un ASA risulta da più forze variabili che creano una struttura concorrenziale allargata, studiata da Porter nel 1980. Le 5 forze sono: ● La rivalità tra concorrenti diretti: riguarda gli attori che offrono prodotti o servizi sul mercato rivolti a soddisfare la stessa funzione d’uso; l’intensità della rivalità dipende dal numero di attori, dal potere di mercato, dal grado di soddisfazione. Determinanti: differenziazione offerta, identità brand e struttura dei costi ● La minaccia di nuove entrate: fa riferimento ad attori potenziali interessati allo stesso business dell’impresa e quindi capaci di entrare nel settore con un’offerta di valore per il consumatore. La minaccia dipende dalle barriere all’entrata nel contesto in cui è inserita l’impresa. Determinanti: economie di scala, fabbisogno di capitale, vantaggi di costo assoluti ● I fornitori di prodotti/servizi sostitutivi: sono gli attori che propongono al mercato un’offerta che svolge la stessa funzione di quella dell’impresa, ma con tecnologie diverse. I prodotti sostitutivi possono ridurre i profitti dell’impresa e la quota di mercato. Determinanti: propensione del cliente alla sostituzione, fedeltà dei clienti, innovazione prodotti. ● I fornitori possono incidere sulla rivalità competitiva in due modi: se intraprendono strategie di integrazione verticale possono divenire concorrenti; se hanno un forte potere contrattuale possono accrescere la rivalità tra imprese. Determinanti: numero fornitori, esclusività fornitura, servizio fornito ● I clienti incidono sull’intensità competitiva a seconda del loro potere contrattuale definito dal volume degli acquisti, dal grado di differenziazione del prodotto. Determinanti: impatto qualità prezzo, volume fatturato x cliente, prodotti sostitutivi. I limiti del modello della concorrenza allargata sono: • Richiede un’analisi accurata e dettagliata dei settori contigui all’impresa, con molte implicazioni, tra cui la difficoltà nel reperire informazioni. • I manager chiedono delle analisi focalizzate sulla loro impresa, non dell’intero settore o di settori contigui; quindi questa analisi risulta poco utile per una strategia focalizzata sulla singola impresa. - Descrivi l’analisi focalizzata della concorrenza e i raggruppamenti strategici Per l’analisi della struttura di un’ASA è utile raggruppare le imprese in relazione alla loro strategia, con una mappa dei raggruppamenti strategici. Si ceca di restringere il campo di analisi, riducendo la concorrenza alle caratteristiche firm-specific. Un raggruppamento strategico identifica un insieme di imprese le quali, all’interno di un settore, perseguono strategie simili. La concorrenza intra-settoriale è data da: ● La numerosità di imprese nel raggruppamento ● La limitatezza numerica dei raggruppamenti in un settore ● L’assenza di barriere di mobilità ● La limitata distanza strategica tra raggruppamenti. Per l’analisi della struttura interna è utile creare la mappa dei raggruppamenti strategici, introdotta da Porter con la Cluster Analysis, che può essere rappresentata da una matrice a 2 variabili: la specializzazione e l’integrazione verticale. Tale configurazione permette di posizionare la concorrenza e di rilevare cambiamenti settoriali che possono influire sugli attori presenti. Consente le seguenti attività: ● Qualificazione delle barriere alla mobilità; ● Identificazione dei gruppi marginali; ● Delineazione dei percorsi strategici verso cui l’impresa si sta muovendo nel contesto competitivo; ● Previsione delle reazioni delle imprese a determinati eventi; Sono state fatte delle critiche alla cluster analysis tra cui: • L’utilizzo di questo metodo presuppone l’esistenza dei raggruppamenti quindi l’unico problema sarebbe quello di dimostrate che esistano; quindi, la cluster analysis crea i raggruppamenti ma non li scopre. Si passa dunque all’approccio cognitivo: • I raggruppamenti strategici sono realtà sociali e non strutture di analisi • L’ambiente è costruito e non percepito; sono i soggetti a generare le dimensioni dell’ambiente Questo approccio si basa su dei criteri chiave: • Selezione di poche variabili caratteristiche • Rappresentazione delle imprese con figure geometriche • Utilizzo variabili non aggregate • Tenere conto che in un settore possono crearsi più mappe di raggruppamenti - Descrivi l’analisi SWOT L’analisi SWOT permette di evidenziare i punti di forza e di debolezza dell’impresa rispetto alle minacce e opportunità. Essa si configura come una conclusione delle analisi esterne e interne; è espressa da una griglia in cui vengono classificati i punti di forza (strenghts) e di debolezza (weakness), unitamente alle opportunities e alle threats. L’analisi permette ai manager di minimizzare l’impatto delle minacce e di valorizzare al massimo le opportunità. L’analisi SWOT si compone di quattro fasi: 1) Identificazione delle variabili importanti per l’analisi strategica, interne ed esterne 2) Qualificazione delle variabili in riferimento ai concorrenti 3) Ponderazione delle variabili in base all’importanza che hanno competitivamente 4) Deduzione delle implicazioni per il processo strategico. Limiti della Swot Analysis sono la discrezionalità soggettiva della ponderazione delle diverse variabili (differenti giudizi a seconda dell’analista) e la necessità di una conoscenza approfondita della concorrenza, che è difficile da raggiungere per i componenti prospettici. CAPITOLO 6 - Cosa sono le strategie di corporate? Le strategie di corporate riguardano lo sviluppo del campo complessivo di azione dell’impresa attraverso la scelta delle attività in cui operare. L’obiettivo di queste strategie è l’ottimizzazione dell’uso delle risorse aziendali e l’acquisizione di una crescente forza nei confronti di clienti, fornitori, concorrenti, distributori ecc. Si dividono in: ● Integrazione orizzontale ● Integrazione verticale ● Diversificazione produttiva Le imprese non possono contemporaneamente seguire tutte e tre queste traiettorie di sviluppo; una traiettoria risulta vincente se è coerente sia con il cambiamento del mercato, sia con le competenze organizzative storicamente accumulate. Durante la vita dell’impresa può succedere che vengano cambiate le traiettorie, a seconda dell’andamento del mercato e delle conoscenze acquisite dall’impresa. - Descrivi l’integrazione orizzontale. L’integrazione orizzontale è una strategia di corporate, che riguardano lo sviluppo del campo complessivo di azione dell’impresa attraverso la scelta delle attività in cui operare. L’obiettivo di queste strategie è l’ottimizzazione dell’uso delle risorse aziendali e l’acquisizione di una crescente forza nei confronti di clienti, fornitori, concorrenti, distributori ecc. L’integrazione orizzontale si configura come l’espansione delle attività dell’impresa a prodotti processi appartenenti alla filiera produttiva già esistente. La crescita mono-settoriale a livello orizzontale si basa sulla capacità di exploitation del business esistente. Questa traiettoria consente di sfruttare al massimo le conoscenze, le esperienze e le risorse in un business nel quale l’impresa è già specializzata. La reputazione dell’impresa è già consolidata, le decisioni scorrono agevolmente grazie a procedure decisionali consolidate. Il rischio di questa traiettoria è dato dal fatto che l’impresa è mono-business, con le conseguenze che possono derivare dalle innovazioni dei competitor. L’integrazione orizzontale può essere effettuata con diverse strategie: ● Penetrazione del mercato: l’impresa opera con i prodotti attuali nei mercati attuali; questo posizionamento conviene quando il mercato non richiede modificazioni dei prodotti. • Si è in presenza di condizioni di crescita del mercato statiche e certe • Si presentano ottime occasioni di mercato I limiti dell’integrazione verticale sono: • Aumento dei costi fissi dovuti alle attività di coordinamento • Rischio di blocco dell’apprendimento • Limiti alla flessibilità - Descrivi la diversificazione produttiva La diversificazione produttiva è una strategia di corporate, che riguardano lo sviluppo del campo complessivo di azione dell’impresa attraverso la scelta delle attività in cui operare. L’obiettivo di queste strategie è l’ottimizzazione dell’uso delle risorse aziendali e l’acquisizione di una crescente forza nei confronti di clienti, fornitori, concorrenti, distributori ecc. La diversificazione produttiva consiste nella realizzazione, da parte dell’impresa, di prodotti appartenenti a business diversi e nuovi, ma non appartenenti alla stessa filiera, per rafforzare la propria posizione nel mercato in cui già opera. Le strategie di diversificazione produttiva attivano una forma di nuova concorrenza, quella multisettoriale. La diversificazione non implica necessariamente la conservazione dell’attività nei settori precedenti. La diversificazione produttiva è caratterizzata da tre tassonomie: ● Diversificazione orizzontale. È quella meno rischiosa perché si realizza quando le nuove produzioni sono inserite nel segmento di clientela già servito, mentre lo sviluppo di nuovi prodotti è effettuato con le tecnologie preesistenti. ● Diversificazione correlata: processo di inserimento in un diverso settore che però conserva caratteristiche dei prodotti simili al precedente. Essa si manifesta attraverso due tassonomie: - Diversificazione correlata dell’offerta: attiene all’utilizzo di particolari risorse per l’ottenimento dei prodotti diversificati. Essa comprende la diversificazione della tecnologia, del marketing e della ricerca in R&S. - Diversificazione correlata della domanda: è connessa all’esistenza di cluster di consumatori con elevati gradi di fedeltà; se tali consumatori esprimono le loro preferenze tra tali prodotti, l’impresa può avere l’incentivo a seguire strategie di diversificazione. ● Diversificazione conglomerata: inserimento in un nuovo settore completamente nuovo a tutti i punti di vista. Le determinanti di questa diversificazione sono: - Il legame tra la maturità del proprio business, gli elevati cash flow e l’esigenza di perseguire nuovi investimenti. - L’espansione intra-settoriale può trovare limitazioni con le leggi antitrust - Una logica di diversificazione e ripartizione del rischio tra attività non collegate, cioè quelle la cui profittabilità non è influenzata reciprocamente - l’attrattività di settori prima dominati da ex monopoli pubblici. La diversificazione conglomerale ha anche delle vulnerabilità: - Sul piano organizzativo essa si associa a processi di crescita per vie esterne, che portano alla formazione di holding finanziarie di controllo delle attività industriali; le business unit operano in ambito manageriale e l’attività di corporate è solo a livello finanziario. - Questo assetto pone molti problemi di coordinamento, perché la direzione delle holding spesso non ha competenze specifiche per coordinare le attività nuove, estranee all’impresa. Ne deriva una asimmetria strutturale informativa tra i manager delle holding e quello delle imprese acquisite. Per ciò che riguarda il modello organizzativo delle imprese, tradizionalmente si pensava che la strategia di diversificazione conduca processi di crescita interni ed esterni: ● La crescita interna è possibile grazie alla presenza di risorse ridondanti all’interno dell’impresa, coerenti con il nuovo settore; in questo caso l’impresa assume un modello organizzativo multi- divisionale che consente il controllo sulle diverse attività. ● La crescita esterna si connette a strategie di diversificazione conglomerale oppure correlata alla domanda; il modello organizzativo è quello della holding che controlla finanziariamente le diverse imprese dei vari settori. Gli obiettivi della diversificazione sono: • Crescita nel mercato • Aumento della redditività • Diminuzione dei rischi di mercato La diversificazione è vantaggiosa quando: • L’azienda si trova in un settore ormai in declino • L’azienda ha un eccesso di risorse non sfruttate. • Si vuole accrescere il volume delle vendite I limiti sono: • Tempi molto lunghi dovuti alla scarsa conoscenza del mercato • Rischi manageriali dovuti alla sottovalutazione dei rischi di mercato. CAPITOLO 7 - Cosa è una strategia di business? Le strategie di business sono formulate con riferimento ai singoli ambiti di business in cui l’impresa opera; esse sono l’insieme integrato di decisioni e azioni volte a costruire un vantaggio competitivo duraturo in uno specifico business. Le strategie di business ruotano intorno al triangolo clienti-concorrenza-competenze o triangolo strategico. - Cosa è il vantaggio competitivo e la catena di valore? Il vantaggio competitivo di un’impresa è costituito dall’insieme di fattori che le consentono di conseguire risultati migliori, solitamente in termini di profitto rispetto alla media dei suoi concorrenti diretti nel mercato di riferimento, in un arco temporale definito. Per poter individuare le fonti del vantaggio competitivo c’è Porter rappresenta un modello che indica un insieme di attività generatrici di valore per i clienti e connesse da legami e da un margine che si lega a quanto l’impresa sia capace di offrire un prodotto/servizio per il quale i clienti sono disposti a pagare una somma di denaro superiore. Impresa/competenze distintive Clienti/mercato Concorrenza L’insieme delle decisioni e delle azioni conseguenti che vengono avviate da un’impresa al fine di realizzare e mantenere gli effetti del vantaggio competitivo sui concorrenti, prende il nome di gestione del vantaggio competitivo. Per poter individuare le fonti del vantaggio competitivo, occorre utilizzare uno strumento chiamato catena di valore. La catena di valore si distingue per 5 attività primarie cioè sono quelle strettamente connesse alla creazione fisica del prodotto, alla commercializzazione, alla consegna e all'assistenza post-vendita. Esse sono: ● La logistica in entrata che comprende tutti i processi di gestione dei flussi dei beni materiali all'interno dell’organizzazione; ● L'attività operativa e struttura di prodotto che fa riferimento alle attività strettamente legate alla produzione di beni e servizi; ● La logistica in uscita che si riferisce alle attività che gestiscono il flusso dei materiali all'esterno dell'organizzazione; ● Il marketing e le vendite cioè attività di promozione e di gestione del processo di vendita; ● I servizi post-vendita che supportano il cliente in caso di necessità. Oltre alle attività principali è composta da 4 attività di supporto che permettono all'azienda di aumentare il vantaggio competitivo, e sono: 1) Gli approvvigionamenti ovvero le attività che permettono di acquistare le risorse necessarie per produrre prodotti/servizi e che consentono il funzionamento dell'azienda; 2) La gestione delle risorse umane cioè l’insieme di tutte le attività di gestione dei dipendenti di un'organizzazione; 3) lo sviluppo delle tecnologie cioè i processi indispensabili per migliorare i prodotti e i processi di produzione; 4) le attività infrastrutturali ovvero la pianificazione, la contabilità finanziaria, l'organizzazione, gli affari legali e tutte le attività legate all'infrastruttura. - Descrivi la strategia di leadership di costo Con la leadership di costo l’impresa mira a diventare il fornitore, che secondo il mercato, è in grado di fornire un’offerta analoga a quella dei concorrenti, ma a un prezzo più basso. Con questa strategia l’impresa ha un vantaggio economico in una determinata ASA perché, riesce ad operare a condizioni di costo tali da poter applicare prezzi inferiori rispetto ai concorrenti. La leadership di costo implica la capacità di impostare l’insieme dei processi che compongono l’ASA in modo tale da avere un’offerta con un valore comparabile a quello medio della concorrenza, ma mantenendo il costo dei prodotti al di sotto di quello medio dei rivali. Così facendo l’impresa può resistere meglio alla guerra dei prezzi, agli eventuali aumenti imposti dai fornitori e all’entrata di nuovi concorrenti nel mercato in cui opera. Le fonti che rappresentano un vantaggio competitivo basato sui costi ci sono: Le strategie di turnaround in questa fase richiedono operazioni straordinarie, che hanno effetto sugli stakeholder dell’impresa. 3) Insolvenza: se la crisi si protrae l’impresa può arrivare ad uno stato di incapacità di pagare regolarmente i propri debiti. La patologia è così forte che solo specifiche strategie che mobilitano i creditori possono rallentare il processo di crisi. In alcuni casi la sopravvivenza dell’impresa è resa possibile solo dall’ingresso nell’impresa di un soggetto finanziatore che garantisce i crediti. 4) Dissesto: quando lo stato di insolvenza diviene generalizzato, si manifesta il dissesto, ovvero la cessazione dell’impresa e la liquidazione del patrimonio per soddisfare i creditori. - Descrivi le strategie di risanamento (breve periodo) È una strategia di fronteggiamento della crisi con effetti di breve periodo che agisce sui sintomi ritenuti più evidenti e maggiormente critici. Queste azioni possono generare nel breve periodo miglioramenti come un incremento della liquidità, un minor costo del lavoro, la riduzione del costo degli approvvigionamenti e minori interessi bancari. Per conseguire questi risultati l’impresa agisce su: il licenziamento dei lavoratori o la cassa integrazione; l’ottenimento di dilazioni di pagamento da parte dei creditori; l’erogazione di incentivi ai propri agenti al fine di sollecitare le vendite ai clienti; la riduzione delle scorte esistenti di prodotti finiti di magazzino. Le grandi imprese, inoltre, possono fare leva sulle istituzioni pubbliche in modo da ottenere benefici economici immediati, che tuttavia possono non bastare per risanare i problemi dell’impresa. - Descrivi le strategie di turnaround (medio/lungo periodo) Le strategie di fronteggiamento di m/l periodo tendono a istituire nessi forti e diretti tra le cause della crisi da un lato, e dall’altro, le necessarie soluzioni per rimuoverle in modo definitivo. Il piano delle azioni strategiche deve evidenziare i diversi livelli di analisi e di intervento, identificando i seguenti punti: ● I soggetti del capitale umano coinvolto e responsabilizzato: 1) Il soggetto proprietario: deve essere coinvolto al fine di delineare i percorsi di risanamento che possono portare nuovi soggetti proprietari più competenti. 2) Il management: può essere assoggettato a cambiamenti al fine di acquisire nuove competenze essenziali per il fronteggiamento della crisi; può essere utile l’innesto dei temporary manager capaci di realizzare le giuste strategie. 3) I lavoratori dipendenti: essi possono essere chiamati a svolgere nuovi compiti, tramite nuovi piani di coinvolgimento dei lavoratori con maggiori livelli di motivazione. ● Un’idonea riconfigurazione della corporate strategy: 1) La strategia di riconversione: impostare azioni mirate a ridurre la numerosità dei settori in cui l’impresa opera secondo logiche di diversificazione; infatti, l’impresa può essere presente in settori ormai in declino. Un ridimensionamento dei confini dell’attività può risultare fondamentale. 2) La strategia di riposizionamento nel mercato: serie di azioni volte a definire un nuovo posizionamento di mercato in termini di prodotti offerti, clienti serviti o di tecnologie utilizzate. 3) La strategia di ridimensionamento: serie di decisioni volte a portare una contrazione del livello della capacità produttiva complessiva, facendo ricorso all’esternalizzazione delle lavorazioni ● I singoli processi aziendali coinvolti devono assecondare la volontà strategica del risanamento e del turnaround; l’impresa deve perseguire opportune strategie di ristrutturazione, tra cui 1) Le ristrutturazioni organizzative 2) Le ristrutturazioni finanziarie 3) Le ristrutturazioni manifatturiere CAPITOLO 9 - Quali sono i soggetti dell’innovazione? I soggetti dell’innovazione sono: ● Inventori: coloro che hanno una nuova idea o conoscenza grazie alle quali realizzano nuove soluzioni a specifici problemi o bisogni. L’invenzione può essere frutto dell’agire di un singolo individuo (cosa molto diffusa fino al secolo scorso), o di un team di persone specializzate. L’idea dell’innovazione individuale è meno realistica nei tempi moderni, dove la ricerca scientifica coinvolge squadre organizzate di persone, spesso legate tra loro dall’appartenenza alla stessa azienda. La conoscenza scientifica astratta è specialistica, ma accessibile a tutti coloro che possiedono la capacità intellettiva di comprenderla. ● Innovatori: l’innovazione è lo stadio successivo all’invenzione e consiste nel trasformare un’invenzione in qualcosa di economicamente utile. L’innovazione è qualcosa di originale che altri operatori economici non possiedono. L’innovazione non genera solo effetti competitivi positivi per l’impresa che la introduce, ma ne traggono vantaggio tutti gli utilizzatori della stessa innovazione. Secondo Schumpeter non è lo stato a fare innovazione, ma sono le imprese; l’innovazione, infatti, genera profitti maggiori per l’impresa e l’imprenditore, che si trovano ad operare in un monopolio temporaneo. La temporaneità dell’innovazione è dovuta al fatto che prima o poi altre imprese riescono a creare nuove innovazioni che superano le precedenti. Secondo Schumpeter, dunque, l’economia non è un fatto statico, ma è dinamico, con fasi di turbolenza, nelle quali si crea e si distrugge. Schumpeter inizialmente sosteneva che l’innovazione proviene sempre dall’idea di un imprenditore; è però evidente che con l’evoluzione dei mercati, l’imprenditore non possiede sempre gli adeguati capitali per finanziare lo sviluppo dell’innovazione. Entrano in gioco così le grandi imprese, che con grandi masse di capitale e lavoro, sviluppano innovazione. Esse possiedono anche la conoscenza scientifica e tecnologica capace di sviluppare conoscenze o addirittura di crearne alcune totalmente nuove. Gli innovatori, dunque, sono sia le piccole start-up, che le grandi imprese. Andando oltre questa classificazione, le innovazioni seguono le fasi di vita di un settore che sono tre: 1) La fase iniziale, dove ci sono molte start-up ad alta tecnologia, pronte a sviluppare la conoscenza/innovazione migliore; è una fase di grande euforia dove si mobilitano grandi energie pubbliche e private. 2) La fase selettiva, dove emergono le imprese che hanno mostrato di saper conseguire i vantaggi competitivi di tipo innovativo grazie ai brevetti; si cominciano ad intravedere le differenze tra i winners e i losers. 3) La fase dell’emergere dei leader globali, dove le start-up diventano grandi leader globali, o le grandi multinazionali, comprendendo i vantaggi che le innovazioni possono portare, acquisiscono le nuove imprese innovative. ● Imitatori: sono le imprese che svolgono una funzione economica di imitazione. La loro funzione è quella di erodere la rendita da innovazione di cui beneficia l’impresa innovatrice; le imprese imitatrici contribuiscono ad abbattere il monopolio da innovazione, alimentando la concorrenza, contribuendo quindi al benessere sociale. Però c’è anche la necessità di tutelare l’impresa innovatrice, senza la quale non si avrebbero processi di investimento rischiosi a monte per creare l’innovazione stessa. I brevetti sono forme di prevenzione utili a tutelare le innovazioni, sanzionando le imprese imitatrici. Il brevetto ovviamente ha una sua durata, altrimenti ci sarebbe un monopolio che si trasformerebbe in un abuso di mercato, e inoltre i consumatori dovrebbero pagare un prezzo sempre più alto per tale innovazione, a causa del monopolio. Si può sostenere quindi che: 1) C’è un processo di imitazione legale, per tutti i prodotti non brevettati o per quelli il cui brevetto è scaduto. 2) C’è un processo di imitazione illegale, che utilizza strumenti quali la contraffazione per imitare innovazioni e prodotti tutelati da brevetti. - Descrivi le tassonomie dell’innovazione L’originalità dell’innovazione consiste nell’offrire qualcosa che in precedenza non esisteva nel mercato; è utile analizzare l’innovazione sul piano tassonomico. Una prima distinzione si ha tra le innovazioni demand-pull e technology push. ● L’innovazione demand pull è trainata dalla domanda di mercato, mentre la technology pull viene dalle conoscenze scientifiche/tecnologiche. Esistono quindi due diverse determinanti dell’innovazione: il mercato da un lato e la ricerca scientifica e tecnologica dall’altro. L’innovazione demand-pull sia attiva grazie all’identificazione di nuovi bisogni e referenze dei clienti. ● L’innovazione technology push si basa sull’investimento nel campo della R&S, sulla dotazione di laboratori interni ecc. Una seconda distinzione si ha tra le innovazioni radicali e quelle incrementali ● Le innovazioni radicali consistono in prodotti o servizi non presenti nel mercato, mentre quelle incrementali riguardano l’implementazione di soluzioni innovative a prodotti e servizi esistenti. ● Le innovazioni incrementali prevedono miglioramenti, aggiornamenti e adattamenti di prodotti già esistenti. L’ultima distinzione si ha fra le innovazioni organizzative, tecnologiche, di mercato e di prodotto/servizio. ● Le innovazioni organizzative sono quelle che modificano gli assetti dei processi decisionali, dei meccanismi di acquisizione e della conoscenza. ● L’innovazione tecnologica riguarda la trasformazione delle tecnologie per la produzione e la distribuzione dei prodotti e dei servizi. ● Le innovazioni di mercato consistono nell’adozione di nuovi format distributivi e di servizi. ● Le innovazioni di prodotti e servizi sono quelle visibili concretamente nel mercato da parte degli acquirenti finali. Esiste un legame tra innovazioni organizzative, di mercato e di prodotto/servizio: tanto più l’innovazione si genera dalla combinazione di queste 4 tipologie, tanto meno i competitors possono appropriarsi della medesima. CAPITOLO 11 - Cosa è la performance competitiva? 6) Natura e appropriatezza della cultura organizzativa rispetto alla strategia aziendale: la cultura organizzativa rappresenta un fattore capace di guidare i comportamenti delle persone verso gli obiettivi organizzativi, ma può rappresentare un ostacolo quando è fortemente radicata nel tessuto organizzativo senza essere in sintonia con le finalità aziendali. - Cosa è la performance economico-finanziaria? Essa è un’analisi che permette di verificare la capacità dell’azienda di migliorare nel tempo e mantenere in equilibrio le performance reddituali ed economiche; infatti, si misura attraverso le analisi dei bilanci. L’analisi ha due aspetti, quello oggettivo che si riferisce agli strumenti di investigazione utilizzati, e quello soggettivo, legato allo svolgimento e al procedimento svolto dall’analista. La valutazione migliore dell’equilibrio economico si ha quando si assume un riferimento temporale che comprende l’intera vita dell’impresa. Si ha invece equilibrio finanziario quando si è in grado di ricercare e mantenere un’adeguata omogeneità tra impieghi e fonti. L’analisi di secondo gli indicatori di bilancio si fonda sul seguente schema: - Quali sono gli indici della performance economica? ● Indicatori di struttura del capitale e di indebitamento: mettono in evidenza sia il peso che le diverse categorie di capitale hanno, in percentuale, sullo stesso capitale investito, sia il peso delle diverse fonti finanziarie sul totale delle fonti di finanziamento. Una struttura patrimoniale è elastica se possiede un’elevata attitudine a variare la composizione qualitativa e quantitativa delle risorse.Gli indicatori sono: Indice di indebitamento 𝐶𝑎𝑝. 𝑡𝑒𝑟𝑧𝑖 𝐶𝑎𝑝. 𝑝𝑟𝑜𝑝𝑟𝑖𝑜 Segnala la misura in cui l’impresa utilizza capitale di credito rispetto ai mezzi propri. Gestione Bilancio Lettura Redditività complessiva Gestione corrente Gestione non corrente Informazione Metodologia Natura delle info Termini di raffronto Sintomi e indirizzi Indice di leva finanziaria 𝐶𝑎𝑝. 𝑖𝑛𝑣𝑒𝑠𝑡𝑖𝑡𝑜 𝐶𝑎𝑝. 𝑝𝑟𝑜𝑝𝑟𝑖𝑜 Indica quante risorse sono investite per ogni unità di mezzi. Grado di copertura degli oneri finanziari 𝑈𝑡𝑖𝑙𝑒 𝑛𝑒𝑡𝑡𝑜 + 𝐼𝑚𝑝𝑜𝑠𝑡𝑒 + 𝑂𝑛𝑒𝑟𝑖 𝑓𝑖𝑛𝑎𝑛𝑧𝑖𝑎𝑟𝑖 𝑂𝑛𝑒𝑟𝑖 𝑓𝑖𝑛𝑎𝑛𝑧𝑖𝑎𝑟𝑖 Misura la capacità dell’impresa di fronteggiare il pagamento degli oneri finanziari. Indice di intensità del capitale 𝐶𝑎𝑝. 𝑖𝑛𝑣𝑒𝑠𝑡𝑖𝑡𝑜 𝑓𝑎𝑡𝑡𝑢𝑟𝑎𝑡𝑜 Indicano il peso in % di singole voci sul totale dei ricavi. ● Indicatori dell’equilibrio finanziario orizzontale: l’equilibrio finanziario orizzontale esprime il grado di coerenza che esiste tra il profilo di liquidabilità e quello di esigibilità delle fonti. L’equilibrio finanziario può essere di breve periodo (equilibrio monetario) o li lungo periodo (equilibrio finanziario). Gli indicatori sono: Liquidità corrente 𝑎𝑡𝑡𝑖𝑣𝑖𝑡à 𝑎 𝑏𝑟𝑒𝑣𝑒 𝑝𝑎𝑠𝑠𝑖𝑣𝑖𝑡à 𝑎 𝑏𝑟𝑒𝑣𝑒 Capacità dell’impresa di onorare i debiti a breve con le attività circolanti Liquidità secca 𝑎𝑡𝑡𝑖𝑣𝑖𝑡à 𝑏𝑟𝑒𝑣𝑒 − 𝑠𝑐𝑜𝑟𝑡𝑒 𝑝𝑎𝑠𝑠𝑖𝑣𝑜 𝑎 𝑏𝑟𝑒𝑣𝑒 Capacità di onorare gli impegni finanziari a breve con la liquidità totale Capitale circolante netto attività a breve- debiti a breve Attitudine dell’impresa a fronteggiare il fabbisogno finanziario del circolante lordo con mezzi a breve Margine di tesoreria (attività a breve – scorte) – debiti a breve Esprime il grado di solvibilità a breve dell’impresa Durata media dei crediti 𝑐𝑟𝑒𝑑𝑖𝑡𝑖 𝑏𝑟𝑒𝑣𝑒 − 𝑎𝑛𝑡𝑖𝑐𝑖𝑝𝑖 𝑐𝑙𝑖𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑥 360 𝑟𝑖𝑐𝑎𝑣𝑖 𝑑𝑖 𝑣𝑒𝑛𝑑𝑖𝑡𝑎 Dilazione media concessa alla clientela Durata media dei debiti 𝑑𝑒𝑏𝑖𝑡𝑖 𝑏𝑟𝑒𝑣𝑒 − 𝑎𝑛𝑡𝑖𝑐𝑖𝑝𝑖 𝑓𝑜𝑟𝑡𝑛𝑖𝑡𝑜𝑟𝑖 𝑥 360 𝑎𝑐𝑞𝑢𝑖𝑠𝑡𝑖 Tempo medio tra il sorgere del debito e il pagamento Margine di struttura Capitale netto- Immobilizzazioni Differenza tra capitale netto e le imm. Al netto dei fondi amm. Indice di copertura 𝑐𝑎𝑝. 𝑛𝑒𝑡𝑡𝑜 𝑖𝑚𝑚𝑜𝑏𝑖𝑙𝑖𝑧𝑧𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑛𝑒𝑡𝑡𝑒 Indice del margine di struttura ● Indicatori di redditività: valutano l’equilibrio economico aziendale ed esprimono la capacità dell’impresa di produrre redditi. Sono: ROE 𝑟𝑖𝑠𝑢𝑙𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑛𝑒𝑡𝑡𝑜 𝑐𝑎𝑝𝑖𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑛𝑒𝑡𝑡𝑜 Return on Equity: rendimento del capitale netto, ossia del capitale di rischio ROI 𝑟𝑒𝑑𝑑𝑖𝑡𝑜 𝑜𝑝𝑒𝑟𝑎𝑡𝑖𝑣𝑜 𝑐𝑎𝑝𝑖𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑖𝑛𝑣𝑒𝑠𝑡𝑖𝑡𝑜 Return on investment: capacità dell’impresa di impiegare efficacemente le risorse e misura la redditività del cap. investito ROS 𝑟𝑒𝑑𝑑𝑖𝑡𝑜 𝑜𝑝𝑒𝑟𝑎𝑡𝑖𝑣𝑜 𝑟𝑖𝑐𝑎𝑣𝑖 𝑑𝑖 𝑣𝑒𝑛𝑑𝑖𝑡𝑎 𝑛𝑒𝑡𝑡𝑖 Return on sales: la redditività caratteristica delle vendite, cioè la capacità di reddito dell’impresa. Tasso incidenza della gestione extra caratteristica 𝑟𝑖𝑠𝑢𝑙𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑛𝑒𝑡𝑡𝑜 𝑟𝑖𝑠𝑢𝑙𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑜𝑝𝑒𝑟𝑎𝑡𝑖𝑣𝑜 Misura l’impatto delle scelte attinenti alla gestione extra caratteristica sulla formazione del reddito. ● Indicatori di produttività: esprimono valutazioni sul grado di efficienza dell’utilizzazione dei fattori produttivi, rapportando quantità di input e output. Sono: fatturato per dipendente, valore aggiunto per dipendente, produttività aziendale, produttività capitale investito, rotazione capitale investito, rotazione immobilizzazioni tecniche, rotazione attività nel breve. Le fusioni, infatti, non rappresentano solo un’analisi di bilancio, ma anche un confronto tra culture e visioni aziendali spesso diverse, che vanno analizzate. La fusione può avere impatti finanziari o no: ● Fusione tramite scambio di azioni: l’impresa che acquista paga il valore dell'impresa da fondere tramite azioni dell’impresa stessa; si ha un allargamento dei soggetti proprietari e una minore dispersione di conoscenze tacite. ● Fusione tramite investimento finanziario: l’impresa acquirente si fonde con l’impresa da acquisire, pagando il valore di quest’ultima tramite cash dell’impresa. Si ha un fabbisogno finanziario addizionale, e il nucleo proprietario rimane lo stesso - Descrivi l’acquisizione L’acquisizione è quell’operazione attraverso la quale un’impresa acquista, dietro corrispettivo, la proprietà totale o parziale di un’altra impresa. Le motivazioni che portano ad un’acquisizione possono essere: ● Ridurre i costi in ambito operativo, tramite le economie di scala e l’integrazione tra imprese ● Controllo di maggiori quote di mercato, attraverso le acquisizioni di concorrenti locali e internazionali ● Ampliamento dell’offerta di beni/servizi, grazie all’integrazione dell’impresa acquistata ● Possibilità di accedere a nuove competenze tecnologiche ● Possibilità di entrate in breve tempo all’interno di settori emergenti. Le modalità di realizzazione delle operazioni di acquisizione, si distinguono in: ● Acquisizioni ostili: presentano un’elevata conflittualità fra il vertice aziendale acquirente e il management dell’impresa acquisita. ● Acquisizioni amichevoli: presentano una maggior cooperazione fra le parti. Nel complesso anche le acquisizioni sono operazioni difficili, che richiedono la pianificazione precisa delle operazioni per supportare il management, per ridurre al minimo i rischi e per ridurre eventuali difficoltà della fase post-acquisitiva. Il processo di pianificazione è composto da cinque fasi: 1) Definizione dei fabbisogni di sviluppo da soddisfare tramite l’acquisizione: l’impresa acquirente identifica le linee strategiche, valuta le opzioni a disposizione ed effettua la elezione dell’opzione acquisitiva. 2) Valutazione dell’acquisizione: l’impresa definisce i criteri di acquisizione, identifica i potenziali candidati e seleziona l’impresa target, definisce il prezzo massimo di acquisto, definisce la strategia negoziale da seguire. 3) Acquisizione: l’impresa, scelti tutti i parametri, procede con l’acquisizione vera e propria. 4) Integrazione dell’acquisizione: si procede alla pianificazione del processo di integrazione fra le due imprese, identificando le necessità di integrazione. Esistono quattro approcci all’integrazione sulla base di due variabili: ● Esigenza di interdipendenza strategica: relativa al trasferimento della capacità strategiche per la creazione di valore. ● Esigenza di autonomia dell’organizzazione: relativa al mantenimento di un certo grado di potere decisionale dell’impresa acquisita. La combinazione tra queste due dimensioni porta alla generazione di quattro tipologie di acquisizione: ● Holding: caratterizzata da alta esigenza di autonomia organizzativa e bassa esigenza di intraprendenza strategica; l’impresa acquirente non ha intenzione di avviare integrazioni per creare valore se non dal punto di vista finanziario e di condivisione del rischio. ● Acquisizione per assorbimento: bassa esigenza di autonomia organizzativa e alta esigenza di interdipendenza strategica. Sono forme di acquisizione finalizzate a rafforzare l’abito competitivo, conseguire economie di scala e accrescere il potere di mercato. C’è la necessità di integrazione totale delle attività, dell’organizzazione, e della cultura delle due imprese ● Acquisizione per conservazione: bassa esigenza di autonomia organizzativa e bassa esigenza di interdipendenza strategica. Finalizzate a esplorare nuovi contesti competitivi. Necessità di proteggere la fonte di benefici dell’impresa acquisita, rafforzando il suo patrimonio e salvaguardando le caratteristiche. ● Acquisizione per simbiosi: alta esigenza di autonomia organizzativa e alta esigenza di interdipendenza strategica. Anche se le due imprese sono separate, con il tempo la loro interdipendenza deve aumentare per trasferire conoscenze. 5) Risultati dell’acquisizione: i management delle imprese dovranno valutare il processo di integrazione e raccogliere informazioni generate dall’acquisizione. - Cosa sono gli accordi di collaborazione? Gli accordi di collaborazione tra imprese sono degli accordi tramite i quali le imprese, con l’unione di conoscenze e competenze, riescono ad essere più competitive nei mercati o riescono ad entrare in nuovi mercati. Il principale fattore che spinge le imprese a stipulare questi accordi è la limitata capacità di presiedere in modo autonomo i mercati e le conoscenze chiave, soprattutto in abito tecnologico. È presente una grande varietà nell’intensità e nelle forme degli accordi, che fanno emergere diverse tipologie di reti di collaborazione. I tipi di accordi si dividono a seconda della: ● Tipologia di partner: si dividono in accordi verticali (fornitori e clienti), accordi orizzontali (concorrenti), accordi trasversali (imprese diverse, università o laboratori di ricerca) ● Configurazione proprietaria: accordi equity (controllo di quote dell’altra impresa), accordi equity joint venture (costruzione di una nuova impresa) ● Rilevanza strategica: possibilità di trasformare l’accordo in un’alleanza strategica, ad esempio per aumentare la competitività ed i profitti nel lungo periodo delle imprese partner. Le motivazioni che portano agli accordi sono: ● Il perseguimento di maggiore efficienza ● La creazione di barriere ai concorrenti ● La possibilità di accedere a nuovi mercati ● Il rafforzamento della reputazione aziendale ● L’integrazione di risorse complementari - Cosa sono le reti collaborative? Negli ultimi anni per sviluppare e rafforzare la competitività delle imprese, si sta affermando una maggiore propensione a perseguire in modo deliberato forme di collaborazione tra più imprese. Le grandi imprese, o le PMI, cercano di promuovere delle reti formali di imprese, attraverso l’unione di più imprese tramite i consorzi o stipulando contratti di rete. Le reti collaborative sono caratterizzate dai seguenti elementi: ● La complementarità delle risorse ● La convergenza di obiettivi strategici ● Le forme di governance e coordinamento efficaci Le reti collaborative possono essere temporanee, come ad esempio i progetti internazionali nel campo della tecnologia, oppure possono coinvolgere più reti simultaneamente. Le reti collaborative hanno come principale caratteristica la formalità, sia dei rapporti che delle attività ma, spesso, le reti formali si intersecano con quelle informali che sono in grado di deviare e condizionare l’evoluzione o il risultato. La gestione dei progetti complessi implica lo sviluppo di capacità relazionali, che si attuano tramite organi e procedure organizzative ad hoc, con sistemi IT e con il coinvolgimento di attori e collaboratori esterni. - Cosa sono i processi di spin-off? Le imprese spin off nascono dall’iniziativa di una parte del personale precedentemente inserito in un'altra azienda o organizzazione. L’impresa spin-off diventa una modalità di implementazione delle strategie se è frutto di un’iniziativa proattiva e deliberata dell’impresa madre, che può sostenerla con il trasferimento di attività e conoscenze e ovviamente risorse finanziarie. Le imprese spin-off possono essere realizzate secondo una logica di innovazione e sviluppo oppure di ristrutturazione. In tutti e due i casi lo scopo è di permettere all’azienda madre di dedicare le proprie risorse su tutte le attività ritenute importanti all’interno del business, e di perseguire una maggiore efficienza nella realizzazione e nel coordinamento dell’attività. CAPITOLO 13 - Cosa è la progettazione organizzativa? Essa è l’insieme delle scelte dirette a predisporre l’ordine delle attività, dei processi e delle decisioni in modo da migliorare il risultato desiderato in un contesto variamente vincolato. Da questa definizione si evidenzia il carattere strumentale delle scelte di progettazione organizzativa e il rapporto mezzi-fini che ne è alla base. Le scelte organizzative coordinano e controllano l’insieme di persone e attività rispetto al risultato che si intende raggiungere. Il tema della progettazione organizzativa è affrontato seguendo questi livelli: ● Scelta di progettazione dell’organizzazione del lavoro delle persone (1) ● Scelta di progettazione dei processi di lavoro (2) ● Scelta di progettazione della configurazione organizzativa formale (3) ● Scelta di progettazione dei confini organizzativi. (4) ● L’obiettivo della qualità non riguarda solo i prodotti/servizi ma anche i processi che devono essere costantemente monitorati, come anche la qualità. Da punto di vista organizzativo ciò porta ad un’organizzazione determinata dal ciclo PDCA: ● Le condizioni organizzative ritenute adatte a ottenere la collaborazione delle persone sono rappresentate da: formazione, soddisfazione, incentivi monetari e strumenti di gestione così come metodo kaizen. Il limite del modello TQM è la standardizzazione che genera il rischio di burocratizzazione dei processi aziendali. - Descrivi il Business Process Reegeneering (2) Il BPR è l’insieme delle tecniche e degli strumenti di analisi o intervento volti a ripensare la catena di attività aziendale in una logica di processo, a partire dal recupero della performance aziendale. Il processo è una sequenza di operazioni concatenate che possono attraversare diverse funzioni, e sono riferibili a obiettivi specifici che hanno un valore per i clienti. Le motivazioni alla base del ridisegno del processo sono collegate alla considerazione che un approccio di gestione orientato ai processi porti ad una maggiore focalizzazione sugli obiettivi. L’intervento di riprogettazione può riguardare: i confini, la struttura organizzativa, l’organizzazione del lavoro. Gli approcci di reingegnerizzazione sono 2: ● Business process reengeneering incrementale: l’obiettivo è l’ottimizzazione dei processi aziendali eliminando le anomalie e inefficienze. ● Business process reengeneering radicale: l’obiettivo è realizzare un cambiamento radicale rispetto alla situazione corrente dell’impresa per ottenere un miglioramento nella performance e nella qualità. - Descrivi i principi di progettazione della struttura classici e contingenti (3) La struttura prevista dai principi della scuola classica è a forma gerarchico-funzionale. Alcuni classici principi della teoria dell’amministrazione di Faylol , un membro della scuola classica, prescrivono: ● Specializzazione funzionale cioè dividere la struttura per funzioni; ● Separazione funzionale dei poteri; ● Accentramento del potere decisionale e da qui distribuito ai vari organi aziendali attraverso processi di delega e nel rispetto del principio scalare; ● Ampiezza di controllo cioè la definizione di un numero massimo di dipendenti che ogni funzione può comandare; ● Divisione tra organi line, cioè di controllo, e staff, cioè di supporto. La teoria delle contingenze afferma invece che la struttura è scelta dal management sulla base delle caratteristiche dei seguenti fattori contingentisti: ● Dimensione, misurata sulla base del numero di dipendenti; ● Ambiente, in quanto se l'impresa deve competere in un mercato dinamico dovrà avere una struttura flessibile mentre, se un mercato è statico, può dotarsi di una struttura rigida; dunque, le caratteristiche del contesto competitivo sono importanti; ● Tecnologia in quanto a gradi diversi di sviluppo tecnologico corrispondono diverse modalità di progettazione dell’organizzazione aziendale; ● Strategia in quanto le strutture vengono presentate come modelli utilizzati in relazione alle scelte strategiche e al contesto ambientale di riferimento. - Descrivi la struttura organizzativa funzionale (3) Quando si parla di strutture organizzative si devono citare i due criteri contingentisti che permettono di creare le strutture organizzative: A) Scelta dei criteri: a) Criteri di raggruppamento (scelte del disegno delle strutture organizzative). 1) Raggruppamento per funzioni: in base alle attività svolte o alle conoscenze e capacità possedute 2) Raggruppamento in base all’output: in base ai risultati dell’attività (prodotto), ai destinatari dell’attività, all’area geografica in cui l’attività è svolta o i prodotti sono collocati, i processi b) Criterio di distribuzione del potere decisionale: con il raggruppamento viene creato il sistema di autorità formale o gerarchica. Da queste decisioni derivano il grado di accentramento/decentramento del potere decisionale, il numero di livelli gerarchici e la definizione di due unità: ● Unità di line: collocate lungo la gerarchia, dotate di autorità per dare ordini ad altri individui ● Unità di staff: collocate all’esterno della gerarchia, prive di autorità formale. B) Scelta del metodo indicato per procede alla valutazione comparata delle alternative strutturali che meglio si adattano alle esigenze della impresa. La struttura funzionale si caratterizza per l’adozione di raggruppamento su base funzionale delle unità di primo livello, definite funzioni, e l’assegnazione di responsabilità gerarchiche funzionali separate. Al vertice spettano le decisioni strategiche e vengono delegate ai dirigenti funzionali le decisioni di tipo direzionale e operativo. Tale struttura è vantaggiosa in quanto favorisce l’efficienza in condizioni di stabilità ambientale, lo sviluppo di conoscenze specialistiche, la creazione di economie di scala al suo interno e la riduzione dei costi In controparte presenta degli svantaggi legati alla rigidità strutturale dovuta al sovraccarico informativo e decisionale al vertice, che non consentono di operare in un contesto dinamico; un altro svantaggio è legato alle difficoltà di comunicazione tra unità funzionali, che porta ad una discrepanza tra gli obiettivi e i risultati effettivi. Per questi svantaggi si è pensato di sviluppare strutture funzionali modificate, e tali modifiche consistono nell’inserimento di posizioni di collegamento di tipo commerciale, tecnico e produttivo, nell’istituzione di organi di integrazione; l’unico punto critico in questo caso è che le unità di collegamento non dispongono di autorità gerarchica. La struttura funzionale può essere rappresentata come segue - Descrivi la struttura organizzativa divisionale (3) Quando si parla di strutture organizzative si devono citare i due criteri contingentisti che permettono di creare le strutture organizzative: C) Scelta dei criteri: c) Criteri di raggruppamento (scelte del disegno delle strutture organizzative). 3) Raggruppamento per funzioni: in base alle attività svolte o alle conoscenze e capacità possedute 4) Raggruppamento in base all’output: in base ai risultati dell’attività (prodotto), ai destinatari dell’attività, all’area geografica in cui l’attività è svolta o i prodotti sono collocati, i processi d) Criterio di distribuzione del potere decisionale: con il raggruppamento viene creato il sistema di autorità formale o gerarchica. e) Da queste decisioni derivano il grado di accentramento/decentramento del potere decisionale, il numero di livelli gerarchici e la definizione di due unità: ● Unità di line: collocate lungo la gerarchia, dotate di autorità per dare ordini ad altri individui ● Unità di staff: collocate all’esterno della gerarchia, prive di autorità formale. D) Scelta del metodo indicato per procede alla valutazione comparata delle alternative strutturali che meglio si adattano alle esigenze della impresa. È una tipica struttura raggruppata in base all’output; le unità organizzative di primo livello (divisioni) vengono costituite raggruppando le attività collegate ad uno specifico prodotto, svolte in una sola area geografica e destinate ad un solo mercato. Il vertice delega ai responsabili le decisioni strategiche ed operative legate alle singole divisioni, ma mantiene le seguenti decisioni: elabora una strategia complessiva dell’impresa, definisce il sistema di controllo delle divisioni, alloca le risorse finanziarie. Si tratta di una struttura decentrata, in quanto c’è la delega da parte dei dirigenti di alcuni compiti, ma il decentramento può variare a seconda della forma decisionale scelta. Il principale vantaggio è l’opportunità di focalizzare le decisioni e le competenze del management in attività differenziate consentendo una maggiore adattabilità e flessibilità. Gli svantaggi sono: problemi di inefficienza dovuti alla duplicazione delle attività, rischi di conflittualità tra le divisioni e lo staff, difficoltà di controllo da parte dei direttori verso le divisioni, problemi di comunicazione tra le divisioni, scarsa capacità di innovazione e difficoltà nello sfruttamento di economie di scala. La struttura a holding rappresenta una delle più diffuse strutture divisionali. - Descrivi la struttura organizzativa a matrice (3) Quando si parla di strutture organizzative si devono citare i due criteri contingentisti che permettono di creare le strutture organizzative: E) Scelta dei criteri: f) Criteri di raggruppamento (scelte del disegno delle strutture organizzative). Questo insieme di decisioni e fattori porta alla definizione di produzione, cioè quel processo di trasformazione di input e output da impiegare in altre produzioni o da destinare al consumo finale. Perciò, per inquadrare il management del processo produttivo, vanno comprese tutte quelle fasi che compongono un processo produttivo: ● Approvvigionamento: acquisizione degli input ● Vendita: distribuzione degli output. In una visione più ampia il management riguarda una serie più complessa di decisioni in riferimento: ● Al vantaggio competitivo perseguito ● Alle interconnessioni tra i business scelti che derivano dai legami tra fornitori, clienti e consumatori. - Descrivi le scelte che compongono il sistema produttivo Il sistema produttivo è soggetto a due ordini di scelte: ● Scelta di progettazione del sistema di produzione: scelta dei processi produttivi e progettazione impianti ● Scelta di programmazione e controllo della produzione: ottimizzazione fattori produttivi. - Descrivi i 4 modelli di produzione o tipologie di processi produttivi Si possono distinguere 4 tipologie di processi produttivi: ● Processo produttivo su progetto: sistema adottato per la produzione di beni per unità distinte, orientato al soddisfacimento di un ordine preciso del cliente in cui una commessa singola è progettata in maniera unica ● Processo produttivo su modello: tipico di una produzione per unità, ma le commesse sono ripetitive, cioè riguardano modelli che rimangono nell’offerta dell’impresa per un tempo sufficiente a consentire la riproduzione dei cicli produttivi. ● Processo produttivo intermittente a grandi lotti: tipico delle grandi produzioni di massa differenziate, in cui il ciclo di produzione viene diviso in due fasi 1) Fabbricazione dei componenti su previsione della domanda e finalizzata all’alimentazione di un magazzino intermedio 2) Assemblaggio del prodotto finito con i componenti all’interno del magazzino, personalizzando l’offerta a seconda delle specifiche del cliente ● Processo produttivo continuo: tipico delle produzioni di massa standardizzate, in cui c’è un prodotto unico in cui la produzione è per grandi flussi di massa o continua Ai diversi tipi di processo produttivo si possono associare tre tipologie di cicli di lavorazione: 1) Produzioni unitarie: il ciclo produttivo è organizzato in base alle specifiche del singolo prodotto 2) Cicli intermedi (a lotti): produzione organizzata in sequenze di lotti differenti 3) Cicli continui: gli impianti sono gestiti con un’unica macchina in cui entrano materie prime ed escono prodotti finiti - Descrivi la progettazione dell’impianto L’impianto è l’insieme di beni materiali e immateriali nei quali l’impresa investe per lo svolgimento della propria attività; l’impianto comprende tutti i macchinari, sistemi di trasporto e di magazzino. La progettazione dell’impianto può essere scomposta in una serie di scelte che riguardano il processo di trasforme. La capacità produttiva dell’impianto costituisce l’unità più elementare della capacità produttiva, in base alla quale vengono poi costruite quelle dei processi e dell’azienda. L’individuazione della capacità ottima trova la sua fonte nella dimensione e nella variabilità della domanda, nell’andamento delle economie e diseconomie di scala. Le scelte di layout sono le decisioni relative alla disposizione di aree, strutture, impianti e attrezzature secondo i criteri di ottimizzazione di materiali e prodotti. Si distingue tra layout dell’impianto e dello stabilimento, cioè il luogo che comprende tutte le strutture tecniche dell’impianto, il capannone industriale, gli uffici e i depositi. Il layout dell’impianto definisce la collocazione dei finisce la collocazione di macchine e uomini nella sequenza ottimale richiesta dal tipo di produzione. I tipi di layout dell’impianto sono: ● Layout in linea: linearità dei flussi di produzione, tipico delle produzioni standardizzate. Le macchine sono collocate in base alla sequenza delle operazioni richieste dall’unico ciclo produttivo effettuato. L’obiettivo è la produzione di un certo flusso produttivo nell’unità di tempo. Il fabbisogno di ciascuna macchina dipende dai tempi delle lavorazioni richieste a ciascuna di loro dal processo. Il problema organizzativo principale è il bilanciamento della linea di produzione. ● Layout per reparto: associato alla produzione su modello, in cui la fabbrica viene divisa in reparti con diverse funzioni. L’obiettivo è rispettare determinate scadenze a seconda delle quantità di input di prodotti da ottenere. Il fabbisogno di ciascuna macchina dipende dall’insieme di cicli di lavorazione che si stima di svolgere nell’impianto Il problema che si presenta è la determinazione più conveniente per posizionare i reparti. ● Layout a postazioni fisse: il prodotto non si muove durante il processo. ● Layout per gruppi tecnologici: i mezzi necessari alla trasformazione sono raggruppati per gruppi di prodotti. La scelta della tecnologia riguarda le decisioni del livello di flessibilità e automazione dell’impianto, e può essere vista dal punto di vista economico e tecnico. Il grado di flessibilità economica è la capacità dell’impianto di rimanere competitivo anche in condizioni di parziale utilizzo. Il grado di flessibilità tecnica è la capacità dell’impianto di adattarsi a produrre beni differenti senza incorrere a costi troppo alti. I processi di automazione, negli ultimi anni hanno portato ad una maggiore efficienza degli impianti, creando economie di scopo che derivano dal rapporto tra efficienza produttiva e struttura dell’impianto. - Descrivi la programmazione della produzione e la gestione delle scorte La programmazione e il controllo della produzione (PCP) è l’insieme delle procedure e degli strumenti che vengono utilizzati per determinare cosa produrre e in quali quantità, con l’obiettivo di ottimizzare i flussi delle risorse in entrata e i flussi in uscita. Le PCP sono divisibili in 4 fasi: 1) Preparazione lavoro 2) Costruzione del programma di lavorazione 3) Avvio della lavorazione 4) Controllo esecuzione Le scelte di PCP possono hanno due logiche di base: ● Logica push ● Logica pull A queste logiche sono collegati due criteri di gestione del flusso di risorse: ● Criterio dello stock control ● Criterio del flow control Con la logica push si applica il criterio dello stock control in cui il sistema produttivo lavora in base ai metodi della gestione del magazzino, a rilevanti scorte pari a un lotto di input da acquistare. Lo scopo è quello di mantenere una scorta di materie prime sufficiente ad alimentare le macchine nel tempo necessario al riapprovvigionamento; le macchine sono perciò in grado di far fronte ad una variazione della domanda. Nel sistema push la produzione è avviata sulla base dei livelli di scorta a valle, nei tempi richiesti da un determinato programma produttivo, per bilanciare il rapporto carico macchina/capacità impianto. Per la produzione non ha rilievo l’informazione sull’effettivo fabbisogno della fase a valle, ma conta solo lo stock control. Con lo stock control la produzione viene spinta in avanti da un centro produttivo al successivo. Con la logica pull, si applica il criterio del flow control, che si basa sui flussi degli ordini effettivi; i centri di produzione sono attivati a partire dalle lavorazioni finali; sia agisce sul controllo del flusso. La gestione dei flussi si basa sulle previsioni attendibili e sulla quantificazione del fabbisogno effettivo. In questo metodo ha grande importanza il Lead Time (LT), cioè il tempo che passa tra il lancio dei primi ordini al momento in cui il prodotto finito è disponibile sul mercato. Il LT dipende dal tempo di giacenza delle materie prime e dei semilavorati. I metodi di programmazione scaturiti dalla logica pull sono: ● Material requirement planning (MRP): gli ordini vengono trasformati in bisogni previsti, poi tradotto in bisogni effettivi. Le aprti sono ordinate solo quando lo richiede il programma principale; la domanda che si è manifestata in passato non è rilevante e le scorte non sono aggiornate quando raggiungono un livello basso. L’MRP è supportato sempre da tecnologie informatiche per facilitare l’applicazione. Occorre fare attenzione alla distinta base e al calcolo dei pezzi necessari. È applicato soprattutto nei sistemi line a grandi lotti, per ammortizzare meglio i costi. ● Just in time (JIT): il flusso di materiali viene attivato attraverso l’uso di schede che rendono possibile la predisposizione dei flussi; qualsiasi scorta è quindi uno spreco. Un centro di produzione richiede il prodotto mediante l’invio del “Kanban” o cartellino; questa scheda costituisce il documento che provoca la richiesta di rimpiazzo della parte utilizzata. Le parti vengono movimentate solo nel momento in cui se ne manifesta la necessità. Il controllo della produzione è l’ultima fase del processo produttivo, in cui vengono controllati i risultati. Con il controllo di economicità si mira ad ottimizzare l’uso delle risorse ed evitare operazioni di spreco. Con il controllo di efficienza si controlla l’avanzamento della produzione in modo da ottimizzare la produttività. Con il controllo di qualità si verifica la rispondenza dei prodotti alle specifiche funzionali prestabilite o eventuali difetti di produzione. CAPITOLO 17 - Cosa è il supply chain management? La logistica ha una grande importanza strategica per la competitività aziendale; essa negli ultimi anni si è evoluta nel supply chain management, con le modifiche che hanno portato i diversi periodi storici. Nella 2° rivoluzione industriale si parlava di logistica che riguardava solo i flussi di materiale in uscita e entrata dal magazzino. Negli anni 70 e 80 si è passati ad una prospettiva di logistica integrata, anche grazie alle nuove tecnologie informative. ● Acquisto strategico: situazioni in cui l’azienda riconosce il ruolo di primaria importanza degli approvvigionamenti e nello stesso tempo ha difficoltà nello scegliere fornitori adatti. Per ogni classe è necessario individuare una politica di gestione delle scorte che deve tener conto del problema principale da affrontare cioè, la coniugazione fra due esigenze concomitanti e contrastanti: • È necessario garantire un flusso di risorse che permette la continuità della produzione in ogni momento • È necessario che non ci siano disponibilità di scorte troppo alte che farebbero innalzare i costi di stoccaggio e di mantenimento delle scorte. - Descrivi le fasi del processo di acquisto Sono: 1) Fasi strategiche ● Definizione delle specifiche dei prodotti/servizi di cui l’impresa necessita ● Ricerca dei fornitori potenziali e l’acquisizione delle offerte: predisporre una lista di fornitori e attivare un processo di qualificazione. ● Selezione dei fornitori e negoziazione con questi: sulla base dei criteri di qualificazione si arriva ad una selezione dei fornitori e delle offerte più interessanti. 2) Fasi operative ● Emissione di ordini ai fornitori selezionati ● Monitoraggio e controllo della performance dei fornitori. - Descrivi la gestione delle scorte e i vari indici Le tecniche di gestione delle scorte consentono all’impresa di due decisioni in relazione allo stock di un certo articolo; la prima è quando è necessario reintegrare le scorte, la seconda quanto sia necessario ordinare. Esistono due tipi di gestione delle scorte: ● Tecniche look-back: quantitativi di riordino fisso ● Tecniche look-ahead: metodo a tempo fisso La tecnica look-ahead è meno utilizzata e alternativa; consiste nel controllare il magazzino a scadenze fisse, la cui durata dipende dal tipo di prodotto, ordinando la quantità variabile mancante rispetto a un livello prefissato. La tecnica look-back è la più utilizzata, che si traduce come quella a quantitativi di riordino fisso. La caratteristica chiave è la scelta di effettuare riordini sempre della stessa quantità, così da minimizzare il costo totale di gestione delle scorte (CT), che è costituito da: ● Costo d’ordine (CO): spese che l’azienda sostiene a seguito dell’emissione di un ordine ● Costo di mantenimento scorte (CM): l’onere sostenuto dall’azienda per il fatto di detenere un quantitativo di merce in magazzino. La dimensione del lotto di acquisto è fissa, mentre varia l’intervallo tra un ordine e il successivo, che viene emesso quando la disponibilità è pari ad un determinato livello minimo (punto di riordino) Al fine di calcolare la dimensione del lotto capace di minimizzare il costo totale della gestione delle scorte, bisogna calcolare il Costo d’ordine totale (CO): 𝐶𝑂 = 𝑛 𝑥 𝐶𝑜(𝑐𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑒 𝑢𝑛𝑖𝑡𝑎𝑟𝑖𝑜) = 𝐷(𝑑𝑜𝑚𝑎𝑛𝑑𝑎) 𝑄(𝑜𝑓𝑓𝑒𝑟𝑡𝑎) 𝑥 𝐶𝑜 La relazione tra CO e la dimensione del lotto (Q) è: CO Q La relazione tra il lotto Q e il costo totale annuo di mantenimento delle scorte (CM), si usa la seguente formula: Cm = i (tasso di obsolescenza) x V (Valore unitario della merce) La giacenza media (GM) nell’intero periodo può essere calcolata con la formula: 𝐺𝑀 = 𝑆𝑐𝑜𝑟𝑡𝑎 𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 + 𝑆𝑐𝑜𝑟𝑡𝑎 𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒 2 = 𝑄 2 Adesso si può calcolare il costo totale di mantenimento delle scorte (CM) 𝐶𝑀 = 𝐶𝑚 𝑥 𝐺𝑀 = 𝑖 𝑥 𝑉 𝑥 𝑄 2 Il costo totale di gestione delle scorte sarà quindi la somma tra costo totale di mantenimento e costo d’ordine totale: 𝐶𝑇 = 𝐶𝑀 + 𝐶𝑂 Per stabilire quando è necessario emettere un ordine di reintegro, occorre calcolare il punto di riordino, ovvero la quantità di merce presente in magazzino appena sufficiente per soddisfare il fabbisogno del bene durante il periodo impiegato dal fornitore per la consegna. 𝑝𝑢𝑛𝑡𝑜 𝑑𝑖 𝑟𝑖𝑑𝑜𝑟𝑖𝑛𝑜: 𝑇𝐶 (𝑡𝑎𝑠𝑠𝑜 𝑐𝑜𝑛𝑠𝑢𝑚𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑏𝑒𝑛𝑒 ) 𝑥 𝑇𝑎 (𝑡𝑒𝑚𝑝𝑜 𝑎𝑝𝑝𝑟𝑜𝑣𝑣𝑖𝑔𝑖𝑜𝑎𝑛𝑒𝑚𝑛𝑡𝑜) - Descrivi gestione della logica distributiva Le attività di gestione della logistica riguardano tutte quelle azioni dirette alla gestione del processo logistico, a partire dall’organizzazione dei depositi e magazzini, fino ad arrivare alla capacità di soddisfare le richieste del cliente in relazione ai quantitativi richiesti, ai tempi e ai luoghi di consegna. Gli elementi che caratterizzano la distribuzione fisica sono: ● Gestione dei magazzini ● Gestione dei trasporti ● Packaging ● Sistemi informativi Il processo di distribuzione fisica rappresenta un’interfaccia tra azienda e mercato, e individua le principali caratteristiche che compongono il sistema logistico dell’impresa. Il primo livello di progettazione del livello logistico è costituito dalle scelte strategiche riguardanti il livello di servizio al cliente. Maggiore è il livello di servizio della clientela, più è alto il costo del livello logistico; le scelte relative a questo trade-off, sono connessi alla struttura della rete distributiva. La rete distributiva è l’insieme di nodi logistici che attraversa il prodotto per arrivare in mano al cliente. Il tema della numerosità dei nodi, porta ad individuare: ● Reti polarizzate: unico punto di stoccaggio; i costi sono più elevati; il vantaggio è che tenere tutte le scorte in un unico magazzino, consente di compensare eventuali incrementi della domanda; ovviamente il costo di trasporto non deve essere troppo oneroso da subire perdite. Lotto più economico che minimizza il costo totale 𝐿𝐸 = √ 2 𝑥 𝐷 𝑥 𝐶𝑜 𝑖 𝑥 𝑉 PUNTO RIORDINO
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